Le notti di Beacon Hills

di ElyJez
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Buon Natale, Jackson ***
Capitolo 2: *** Alla fine anche i licantropi sentono freddo ***
Capitolo 3: *** Lydia, Stiles, bentornati a Beacon Hills ***
Capitolo 4: *** I fratelli Gecko sono tornati ***
Capitolo 5: *** Motel Glen Caprì ***
Capitolo 6: *** Motel Glen Caprì - seconda parte ***



Capitolo 1
*** Buon Natale, Jackson ***


Buon Natale, Jackson

Beacon Hills non mi era mai sembrata un granché, ma ora, dopo dieci anni trascorsi in Europa potevo affermarlo con certezza: quel posto era un buco.
La stessa gente noiosa, con i suoi problemi noiosi e le loro vite noiose; l’ex ragazza petulante, il coach esaltato, sempre pronto a dare una possibilità ai perdenti -soprattutto se uno di questi si chiama Scott McCall- e i vicini strani. Insomma, Beacon Hills non mi era mancata affatto. Se poi ci aggiungiamo la storia del kanima e del nonno psicopatico di Allison si può comprendere bene il perché della mia assenza prolungata.
Allora c’era soltanto una domanda da farsi: perché Jackson Whittemore dovrebbe fare ritorno a casa? Me lo chiedevo pure io mentre aspettavo mio padre fuori dall’aeroporto. Gli omega non hanno vita facile, aveva detto McCall per convincermi a non partire, ma io me ne ero fregato altamente.
Non mi importava di far parte del branco, e non volevo neanche crearmene uno tutto mio. Volevo solo godere di tutti i benefici che il morso comportava, ma a quanto pare quell’idiota aveva ragione.
Così, quando a Londra un altro branco aveva iniziato ad avanzare pretese, decisi che era giunto il tempo di tagliare la corda.
I miei dal canto loro non so dire se fossero contenti o no, semplicemente non mi interessava.
Durante il viaggio verso casa, mio padre parlò del più e del meno spaziando da argomenti banali – se continui ad impegnarti potrai sfondare con il lacrosse- ad altri che non meritavano neanche commenti.
Svoltammo verso il lungo viale che ormai conoscevo a memoria e che avevo percorse mille volte con la Porsche.
Le case, nella loro tranquillità mostravano a tutti coloro che passavano lo spirito natalizio degli abitanti. Per me il Natale era solo una buona scusa per appendere qualche luce colorata, ricevere regali costosi e sembrare più buoni di altri.
Tra le tante villette decorate soltanto una rimaneva spoglia e grigia: la stessa casa sulla quale c’era affisso il cartello VENDESI.
Mi voltai verso mio padre.
<< Che fine ha fatto Isaac Lehey? >>
Domandai guardando spuntare sul viso dell’uomo un’espressione stupita.
<< Ho sentito dire che si è trasferito in Francia. Anche il signor Argent è partito per Parigi; dopo la morte di sua figlia era comprensibile che non volesse rimanere in questo posto>>
Improvvisamente ebbi un conato di vomito. Non potevo far altro che fissarlo sperando di aver capito male, che stesse in qualche modo scherzando, ma non c’era alcun segno di divertimento in lui.
I suoi occhi erano fissi sulla strada
<< Povera ragazza, era così giovane. Non hanno mai trovato il colpevole, sai?>>
Abbassai lo sguardo tenendolo ancorato alle dita intrecciate tra loro. Sul mio stomaco era stato appena piantato un macigno che spingeva senza alcuna pietà contro il diaframma non facendomi respirare.
Mio padre parcheggiò nel vialetto di casa, scendendo dall’auto, sistemandosi il bavero della giacca.
Lo seguii, ma ad ogni passo muovevo arti di piombo.
Feci uno sforzo immane per riuscire a dire quelle poche parole. La gola in fiamme, bloccata.
<< Torno più tardi>>
Mormorai. Mi disse qualcosa, ma non lo ascoltai. Ogni suono mi arrivava vago e confuso. Tutto quello che riuscivo a sentire erano i miei passi sulla neve fresca e qualcosa di molto più profondo che mi stava urlando contro, tormentandomi.
Il vento si faceva sempre più forte, ovattandomi le orecchie, sputandomi in faccia il freddo e le ultime foglie secche, sferzandomi addosso come una frusta.
Non facevo altro che pensare allo sguardo di McCall quando mi aveva implorato di accompagnare Allison al ballo. “Sei suo amico anche tu, lo sei. Tutto il tempo che hai passato con lei, non dirmi che non hai ancora imparato a conoscerla. È Allison, è impossibile che non ti piaccia, non puoi dirmi che non t’importa se si fa male
“E se mi facessi male io?” “Ne varrebbe la pena”
Dritto davanti a me, dietro ad un mazzo di rose bianche, la tomba della ragazza mi fissava silenziosa.
Nella mia testa solo poche parole. Parole che ero abituato a dire, e che forse avevo ripetuto anche troppe volte, ma che ora mi buttavano a terra calpestandomi.
“ Non per me”

Angolo dell'autrice:
Salve a tutti
In realtà questa storia doveva contenere più capitoli, ma sono una persona abbastanza pigra e volubile, quindi alla fine ne ho buttato giù soltanto uno =P
Spero che la storia vi sia piaciuta ugualmente
Se volete, lasciate qualche commento per dirmi che ne pensate,
Ciao, ciao

Ciao, Ciao  =)

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Capitolo 2
*** Alla fine anche i licantropi sentono freddo ***


Secondo capitolo

Alla fine anche i licantropi sentono freddo

Non sapevo neanch'io da quanto tempo stessi fissando quella lapide.
La neve continuava a scendere finissima, e il tempo si era bloccato, lasciandomi lì con quelle poche parole incise sulla pietra. Improvvisamente una mano mi afferrò la spalla.
Sapevo chi fosse ancora prima di voltarmi: ne avevo riconosciuto l'odore.
<< Jackson?>>
Quando mi girai, mi ritrovai davanti l'espressione confusa di McCall.
Sembrava quasi che quegli anni non fossero mai trascorsi, che il tempo passato a Londra fosse solamente un'illusione ben costruita, e che avessi ancora tante cose da fare.
Restare uno di quelli che contano, diventare un licantropo, arrabbiarsi per l'esito di una partita, versare sudore e sangue durante gli allenamenti. Ora, mentre guardavo la faccia di Scott, mi rendevo conto che quello che avevo giudicato importante, vitale, in realtà era una grandissima cazzata.
<< Che ci fai qui? Quando sei tornato?>>
<< Stamattina>>
Dissi puntellando i piedi in mezzo alla neve gelida. Alla fine, anche i licantropi sentono freddo.
<< Mio padre mi ha detto di Allison>>
Quando si piegò in avanti per riporre i fiori che aveva in mano calò il silenzio.
Avevo sempre pensato che tra di loro non sarebbe durato, che prima o poi avrebbero trovato qualcuno e si sarebbero dimenticati l'uno dell'altro. Guardando l'espressione di McCall mi resi conto che sbagliavo.
Per un attimo ripensai a quella ragazza coi capelli rossi che ogni giorno con sicurezza passava per i corridoi della scuola; quella stessa ragazza che ogni volta mi costringeva a vedere “Le pagine della nostra vita” e che avevo lasciato in modo brusco.
Ma fu solo per un attimo. La mia attenzione cadde nuovamente su Scott.
<< Com'è successo?>>
<< è una lunga storia>>
Si strinse nelle spalle. Qualcosa in lui mi diceva che non erano stati dei semplici rapinatori ad ucciderla. Allison era troppo brava per morire così.
C'incamminammo verso l'uscita: ormai non avevamo più niente da fare lì.
Ne approfittai per guardarlo meglio. Il tempo era stato clemente con lui.
Aveva sempre gli stessi occhi dolci e la faccia da fesso. I capelli erano più corti: finalmente aveva tagliato quella specie di pagliaio informe che aveva in testa preferendo una pettinatura più ordinata.
<< Allora, pensi di restare?>>
<< Sì, almeno per un po'>>
<< Potremmo organizzare una cena in onore dei vecchi tempi>>
Mi fermai. Eravamo appena usciti dal cimitero ed ora l'aria era più respirabile, leggera.
<< Una cena, con chi?>>
<< Io, tu, Stiles, Lydia>>
<< Senza offesa McCall, ma noi due non siamo mai stati amici>>
Sorrise per un attimo, cominciando ad allontanarsi verso una moto nuova di zecca.
<< In realtà, Jackson, credo di essere uno dei pochi amici che tu abbia mai avuto>>
Detto questo se ne andò lasciandomi lì da solo.

Angolo dell'autrice:
Salve a tutti!
Ok, diciamoci la verità: io non so darmi pace. Prima doveva essere una raccolta di one shot, poi un capitolo singolo ed ora è una storia con più capitoli uno legato all'altro. Speriamo di non cambiare di nuovo idea.
Allora, spero che la storia vi stia piacendo. Nei prossimi capitoli spero di dare quella sfumatura misteriosa che cercate.
Ai prossimi cap

Ciao, ciao

 

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Capitolo 3
*** Lydia, Stiles, bentornati a Beacon Hills ***


Lydia, Stiles, bentornati a Beacon Hills

 
Quando arrivammo stava ancora nevicando.
Ogni volta che si avvicinava il periodo natalizio io e Stiles prendevamo il nostro meritato periodo di ferie e lo trascorrevamo lì, nella vecchia casa sul lago mezza scorticata dagli anni e dagli artigli di Malia.
Avevamo imparato tutti a caro prezzo quanto fossero preziosi i ricordi e ormai ci tenevamo stretti anche la più insignificante cianfrusaglia nella consapevolezza che un giorno ci avrebbe fatto venire in mente il tempo passato.
Per questo motivo era impensabile togliere le unghiate che Malia aveva lasciato nell'abitazione. Facevano parte di lei, ma soprattutto facevano parte della nostra storia.
<< Credo che anche quest'anno Beacon Hills possa sopravvivere senza di noi>>
Disse Stiles scendendo dalla Jeep e sbattendo lo sportello con la massima delicatezza possibile.
Fu inevitabile ripensare a dieci anni prima, quando se ne stava con una torcia in bocca ed un cacciavite in mano nella speranza di far ripartire il motore. Ehi, non abbandonerò mai questa jeep, aveva esclamato con gli occhi pieni di convinzione. Cercai a stento di reprimere un sorriso.
<< Parla quello che ogni giorno bombarda Scott di chiamate per avere notizie>>
Lo seguii scendendo dall'auto. Era quasi un anno che non mettevo piede da quelle parti.
Quando era stato il giorno del Ringraziamento Noah e mia madre erano approdati a Washington lasciando la centrale sotto la supervisione di Parrish. Con i membri del vecchio branco ci eravamo limitati a scambiare gli auguri per telefono: sapevamo che a Natale ci saremmo tutti ritrovati.
<< Beh, un uomo deve pur avere degli hobbies e poi ... un buon amico si tiene sempre informato>>
Sospirai roteando gli occhi al cielo.
<< Un buon amico ti lascerebbe dormire alle due di notte invece di svegliarti per chiedere se c'è stata qualche morte sospetta o dei rapimenti alieni>>
<< Devi ammettere però che la teoria degli alieni non era completamente da scartare>>
In effetti a Beacon Hills mancava solo E.T.
Aprì il bagagliaio scolorito tirando fuori due borsoni. Feci per prenderne uno ma mi bloccò.
<< Niente oggetti pesanti per le future mamme. Ecco, tieni questa>>
Mi passò la busta di plastica in cui avevamo infilato i resti del suo big mc e il contenitore di alluminio con le foglie dell'insalata ancora appiccicate. Corrugai la fronte.
<< Che fai mi prendi in giro?>>
<< Solo quando la situazione me lo permette>>
Sorrise mostrando una fila di denti bianchissimi. Non potei fare a meno di imitarlo: in un modo o nell'altro riusciva sempre a spuntarla lasciandomi ogni volta un sorriso abbozzato sulle labbra.
<< D'accordo, ma vorrei ricordarti che sono incinta non invalida>>
<< Ok, scusa se tengo alla tua salute e a quella del bambino>>
Borbottò, ma non gli diedi tanto retta. Ero già davanti la porta a avevo lasciato scivolare la copia delle chiavi dentro la toppa.
Finalmente eravamo tornati.
La casa con gli anni non era cambiata di una virgola.
Le tende erano state lavate e riappese con cura, le cornici delle fotografie lucidate e sistemate al loro posto, i ciocchi di ginepro addossati al grande camino di pietra. Tutti i mobili erano stati spolverati e riportati a nuova vita; i cuscini, la tappezzeria in tweed del divano e il tappeto erano stati aspirati.
Il vaso sopra al tavolino di vetro era stato riempito con dei fiori freschi. Orchidee per il vostro fagottino di gioia.
Improvvisamente sentii un tonfo sordo provenire da dietro le mie spalle.
Quando mi voltai, trovai le valigie abbandonate sul parquet. Stiles si stiracchiò.
<< Ah, eccoci arrivati>>
Lo guardai per un attimo. Nella sua espressione si combattevano nostalgia e stanchezza.
<< Dicevi sul serio prima?>>
<< Riguardo cosa?>>
<< Credi davvero che Beacon Hills possa fare a meno di noi ?>>
Ci pensò su per un po'. Sapevo perfettamente che tra tutti noi Stiles era quello che aveva sofferto di più la mancanza della vecchia cittadina. Sebbene ogni giorno si confrontasse con serial killer e dinamitardi non riusciva a trovare quella scintilla che lo aveva accompagnato nella sua lotta contro il soprannaturale e che la notte lo faceva restare sveglio alla ricerca di risposte. Alla fine annuì tentando di nascondere lo scontento.
<< Beh, fino ad ora Liam e Mason se la sono cavata bene, no?>>
<< Sì, però noi eravamo più bravi>>
<< Questa è la sacrosanta verità>>
Ridacchiò riprendendo in mano le valigie. Chiusi la porta di casa.
Tutto intorno sembrava dire "Lydia, Stiles, Bentornati a Beacon Hills".

Angolo dell'autrice:
Salve a tutti!
Aggiorno la storia con un bel periodo di ritardo. Scusate, è tutta colpa mia. So che la storia sta andando un pò a rallentatore ma spero che vi piaccia lo stesso.
Non sono brava con i convenevoli quindi non mi trettengo oltre.
Ciao, ciao =)

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Capitolo 4
*** I fratelli Gecko sono tornati ***


I fratelli Gecko sono tornati

Malia

 
Il vento continuava ad infuriare contro le finestre della stazione di polizia facendo sussultare gli agenti ad ogni singolo colpo, ma di questo me ne resi conto soltanto dopo. In quel momento la mia unica preoccupazione era la lattina di cola e il piccolo cartone bianco ordinato al ristorante cinese più vicino: il piatto del giorno era pollo in agrodolce e spaghetti con carne alla piastra.
<< Là fuori c'è un tempo da lupi>>
Disse l'agente Lamb entrando nella stanza e sfregandosi le mani per il freddo.
Io e Parrish ci lanciammo un'occhiata veloce tentando di rimanere neutri. Tempo da lupi, o da lupi mannari?
<< Brutto vizio il fumo, eh?>>
Commentò il vicesceriffo indicando il pacchetto di Pall Mall che fuoriusciva dal taschino della donna.
Clara Lamb passava quasi tutta la sua pausa pranzo fuori dalla stazione della polizia con in mano una sigaretta e un bicchiere grande di caffè, uno di quelli che vendevano al bar di fronte al modico prezzo di cinque dollari e settanta.
Io facevo poche storie e mi accontentavo di quello mezzo bruciato del distributore.
<< Se continua così prima o poi dovrò smettere oppure mi cadranno le dita a terra>>
Gettò il bicchiere dentro il cestino stracolmo di cartacce. Le sue mani erano rosse fuoco.
<< Non può nevicare per sempre>>
Borbottò Jordan riordinando la sua scrivania.
<< Che cos'è, una variante del "Corvo"?>>
Commentai buttando giù una forchettata di spaghetti alla piastra.
Durante gli ultimi anni di scuola Stiles si era impeganto a farmi recuperare tutti quelli che secondo la sua modesta opinione erano i capolavori del cinema americano. "Il corvo" interpreatato da Brandon Lee era tra quelli sulla lista.
Non feci neanche in tempo a parlare che la lucetta rossa del fax iniziò a lampeggiare.
Il rumore della carta che veniva stampata si diffuse all'interno della stanza catturando l'attenzione di tutti i presenti.
<< Ecco il nostro identikit caldo, caldo di stampante>>
Parrish si alzò dalla sua sedia girevole nel tentativo di recuperare il fax, ma fui più veloce e riuscii ad afferrarlo per prima.
<< Però, ti tieni in forma>>
Osservò Lamb soffiandosi sulle dita.
Non le prestai attenzione: le facce stampate sul foglio erano molto più interessanti. Gli inidiziati erano due uomini ed una ragazzina che aveva a malapena raggiunto la maggiore età.
Uno aveva gli occhi scuri, probabilmente neri stando all'intensità del carboncino, un accenno di barba e delle fiamme tatuate che gli risalivano lungo il collo.
L'altro era diverso. Aveva il colletto della camicia abbottonato fin sopra la giugolare, cosa che lo faceva somigliare molto di più a un predicatore che a un criminale, i capelli lisciati all'indietro e un paio di occhiali dalla montatura rotonda che diventavano un tutt'uno con le sopracciglia folte ed arcuate.
La ragazza invece sembrava uscita da uno di quei teen drama che trasmettono in prima serata. Aveva il viso paffuto e gli occhi grandi. Più la guardavo più mi convincevo che lei con quei due ci era capitata per sbaglio.
<< é arrivato il fax? >>
Chiese lo sceriffo Stilinski facendo capolino dal suo ufficio.
Mi avvicinai passandogli il foglio. Lui annui. Alla fine Parrish parlò.
<< E quindi queste sono le facce dei rapinatori che hanno svaligiato la National Bank di Los Angeles ... uhm, buono a sapersi>>
<< A quanto pare ... >>
Cominciò Noah appendendo l'identikit alla parete con un pezzo di scotch trasparente, per poi farsi indietro e guardare meglio.
<< ... i fratelli Gecko sono tornati>>

Angolo dell'autrice:
Salve a tutti =)
Prima di tutto: che ne dite di Malia in veste da poliziotto? Vi piace come idea?
Secondo ,,, cosa ne pensate del cross-over? So che la storia sta procedendo lentamente e probabilmente ci vorrà un pò prima di arrivare alle scene più movimentate, ma spero che per ora vi stia piacendo lo stesso. Un'ultima cosa, per chi non l'ha seguito, nei prossimi capitoli ci saranno degli SPOILER su From Dusk Till Dawn.
Fatemi sapere cosa ne pensate

Ciao, ciao =)

 

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Capitolo 5
*** Motel Glen Caprì ***


Capitolo quattro
Motel Glen Caprì

Quando si è ricercati dalla polizia di ogni singolo stato prima o poi ci si abitua alla vista dei motel, ed ora, guardando quella struttura sporca resa stabile da calce e saliva, mi era difficile realizzare che la mia vita fosse cambiata nell'esatto momento in cui avevo messo piede in un posto simile.
<< Motel Glen Caprì ... carino>>
Commentò Richie guardando l'insegna luminosa da dietro la montatura dei suoi occhiali. In faccia aveva stampata la parola SARCASMO a caratteri cubitali.
<< Cosa c'è, già ti mancano la giacca da camera e i sigari?>>
Domandò Seth dandogli una pacca sulla schiena, per poi oltrepassarci. Alzai gli occhi al cielo: ecco che ricominciavano. Quei due non perdevano occasione per litigare eppure non si sa per quale motivo formavano un'ottima squadra, il problema era che se ne accorgevano sempre troppo tardi.
<< Non mi mancherebbero se ogni volta non dovessi prendermi le pallottole al posto tuo>>
<< Per Kate lo fai e non ti lamenti>>
Mi lanciò una rapida occhiata. Distolsi lo sguardo: nonostante stesse nevicando avevo le guance in fiamme.
<< Certo, lei non detta ordini come te e poi ...>>
Non riuscì neanche a finire il suo discorso che il più piccolo dei due fratelli era già entrato dentro il motel lasciandoci nel parcheggio. Mi sistemai meglio lo zaino sulla spalla: nessuno doveva rimanere indietro.
<< Beh, grazie per le pallottole>>
Abbozzò un sorriso.
<< Ma figurati>>
Detto questo facemmo anche noi il nostro ingresso all'interno di quella bettola.
Seth stava già alla receptionist, o meglio, stava già davanti ad una specie di gabbia fatta di legno e vetro cercando di ottenere l'attenzione dell'albergatrice. Dopo aver rinunciato a chiamarla, iniziò a sbattere il pugno sulla lastra trasparente. Quella donna aveva di certo gravi problemi di udito.
<< Scusami ragazzo non ti avevo sentito>>
Borbottò con voce granulosa, simile al suono di un biscotto che si sta sgretolando. Era un donnone di circa settant'anni, forse qualcosa in meno, con una sciarpa legata intorno al collo ed una forcina arrugginita tra i capelli grigi.
Lasciai vagare lo sguardo oltre le sue spalle larghe, fino a soffermarmi su una serie di numeri appesi alla parete. Le cartelline segnavano 257.
<< Ma davvero? >>
<< Potrebbe darci due camere? Una singola e una doppia per favore>>
La donna si volse verso di me. I suoi denti erano completamente ingialliti a causa del fumo.
<< Certo cara ... siete sicuri di non volere una matrimoniale voi due?>>
Questa volta si rivolse ai due uomini alle mie spalle.
<< No grazie>>
Declinò Seth con voce ferma.
<< Che cos'è quel numero lì?>>
Chiese Richie cercando di smorzare la tensione che si stava creando. Non capivo bene il motivo, ma da quello che mi avevano raccontato, Seth aveva sempre avuto dei problemi con i tizi della receptionist.
<< Vedi giovanotto è una cosa alquanto interessante. Il Glen Caprì non sarà un granchè ma ha un record molto particolare: dall'apertura, rispetto a tutti gli altri motel in California, ha registrato il numero più alto di clienti suicidi>> A quelle parole mi sentii paralizzata ma poi una vocina si fece lentamente strada nella mia testa. Hai affrontato cose peggiori, no?
<< E Norman Bates dove lo tenete giù in cantina?>>
<< Ci scusi un attimo>>
Li trascinai entrambi qualche metro più in là per non far ascoltare le nostre parole alla donna anche se mi resi conto di non dover fare poi tanta strada.
<< Che c'è?>>
<< Voi siete sicuri di voler passare la notte quì?>>
Seth sbuffò, per poi guardarmi con estrema sicurezza.
<< Kate, i fantasmi esistono solo in Ghost Buster>>
<< Già, e questo vale anche per i culebras, no?>>
Non potei fare a meno di reprimere l'acidità. Prima di trascorrere un'intera nottata lì dentro volevo prima valutare tutte le opzioni.
<< Anche se fosse questo è l'unico motel nel raggio di chilometri. Potremmo dormire in macchina ma fuori sta nevicando e sai che io ho qualche problemino con le basse temperature>>
Il suo discorso non faceva una piega, eppure continuavo a fissare quel numero. 257. In cuor mio speravo solo che non giungesse a 260.

Angolo dell'autrice:
Salve a tutti =)
Scusate se ci ho messo un pò di tempo per aggiornare la storia ma ho avuto da fare =P
Che dire di questo capitolo? I fratelli Gecko e Kate si stanno avvicinando piano, piano a Beacon Hills. Cosa succederà? O cosa sta già accadendo? Ma soprattutto come verrà turbato il delicato equilibrio che si è creato nella cittadina? Vi lascio con questi interrogativi fino al prossimo capitolo
Ciao, ciao =)

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Capitolo 6
*** Motel Glen Caprì - seconda parte ***


Motel Glen Caprì - seconda parte

Kate
Guardai l'ora sul display del telefono: erano passate da poco le due di notte.
Per quanti sforzi facessi non riuscivo a prendere sonno. C'era qualcosa nell'aria, un senso di oppressione che non mi permetteva di chiudere gli occhi e di riposare in santa pace.
Mi misi a sedere sul letto a gambe incrociate e presi un bel respiro.
Sei stata debole, Kate.
Conoscevo quel suono, era la mia voce. Era la voce di Amaru.
Cercai di reprimerla.
Ti ricordi di me, Kate? Avresti potuto fermarmi, avresti potuto combattere e invece che cosa hai fatto? Mi hai lasciato vincere. Sei così patetica.
Mi alzai dal letto poggiando i piedi sulla moquette bordeaux.
Dovevo fare qualcosa altrimenti sarei caduta nella depressione più totale e nessuno mi avrebbe potuto aiutare, lo sapevo bene.
Non era la prima volta che succedeva. Di solito la mia coscienza provava gusto a tormentarmi quando ero da sola al buio.
La luce tendeva a scacciare via le tenebre e i cattivi pensieri.
Cosa c'è, hai paura di rimanere da sola? Sei troppo debole per affrontare i tuoi errori, piccola e dolce Kate?
Aprii il cassetto del comodino. Non sapevo con esattezza cosa stessi cercando, ma quando me la ritrovai davanti mi sentii più tranquilla. Una bibbia. Piccola, rossa e con dei vecchi fogli di giornale infilati dentro a mo’ di segnalibro.
Ne presi uno in mano.
<< Uomo di ventotto anni si toglie la vita al famigerato Glen Caprì>>
Ora si che ero più tranquilla. Seth e Richie avevano cercato di sdrammatizzare la situazione, se così si può dire. Il primo aveva passato gran parte del tempo ad insultare la vecchia pazza, come l’aveva chiamata lui. Il secondo con spirito e buon senso aveva detto che qualsiasi cosa ci fosse in quel motel non avrei avuto problemi ad affrontarla. In caso contrario bastava fare uno squillo di telefono e loro sarebbero venuti in soccorso.
Arrivati a quel punto non so come i due fratelli avrebbero potuto salvarmi da me stessa.
Sfogliai la bibbia, iniziando a leggere le prime pagine della Genesi.
<< Cosa hai fatto Kate?>>
MI girai di scatto verso l’angolo buio della camera.
Non era più Amaru, ma soprattutto non era più nella mia testa.
Il cadavere di mio padre avanzò nella mia direzione illuminando la sua faccia deturpata sotto la luce calda della camera.
<< Come hai potuto permettergli di uccidere così tante persone? Come hai potuto essere così debole?>> Indietreggiai.
Non era reale, non era reale.
Toccai con le spalle la tastiera del letto. Chiusi gli occhi prendendomi la testa tra le mani.
Nel cervello mi rimbombavano le grida di tutti coloro a cui Amaru aveva strappato la vita.
Sbattei le palpebre e guardai fissa davanti a me. Lo spettro di mio padre era ancora lì.
Mi strinsi le ginocchia al petto dino a che non provai dolore. Stavo lentamente uscendo fuori di senno.
Ero in trappola. Lui continuava ad avanzare.
Nelle mani stringeva il paletto con cui lo avevo trafitto anni prima.
Provai a parlare, a darmi forza, ma l’unica cosa che riuscii a dire in un filo di voce fu:
<< No, papà ti prego>>
Ma lui avanzò ugualmente con il paletto in mano.
<< A che serve una persona che non ha la forza di aiutare il prossimo?>>
Domandò con la bocca secca e spaccata. Mi afferrò per il piede tirandomi verso di lui. Gridai.

Seth
Quella notte riesaminai il piano per l’ennesima volta facendo avanti e dietro per quella dannatissima stanza coi pannelli di legno.
<< Allora, ripetiamo: domani andiamo a Beacon Hills, incontriamo il nostro uomo, lo paghiamo, prendiamo i documenti falsi e poi via dritti in Europa con il primo volo. In Svizzera ci aspetta il secondo soldatino che ripulisce il denaro della banca e paaam, vivremo una lunga vita felici e contenti>>
Richie non si girò neanche a guardarmi. Stava sdraiato sul letto, fissando il soffitto da circa mezz’ora come se l'intonaco bianco nascondesse qualche messaggio da decriptare.
<< Sembri un disco rotto Seth. é la decima volta che lo ripeti, non sono idiota>>
<< Sì, lo so, ma che cazzo! Questo motel non mi fa chiudere occhio>>
Si mise seduto, recuperò gli occhiali da sopra il comodino e pulì le lenti con il bordo della camicia. Ormai con i suoi super-sensi alla Spiderman doveva essersi conto anche lui che qualcosa non andava.
<< Vado a vedere se a Kate serve una mano>>
Borbottò infilandosi la giacca e sistemandosi la montatura sopra il naso.
<< Buona idea, intanto mi faccio una doccia, magari mi rilasso un po' >>
Stava per uscire quando si bloccò di colpo.
<< Una doccia, davvero? Seth una delle poche cose che ci ha insegnato Psycho è "non farsi mai la doccia in luoghi sinistri", e tu vuoi lavarti in un motel in cui sono morte 257 persone?>>
Alzai gli occhi al cielo. Sì, quel luogo era raccapricciante, ma questo non significava che fosse infestato o roba simile. I fantasmi non esistevano: erano solo storielle inventate per non far dormire i ragazzini.
<< Oh, per la miseria quella vecchia era mezza matta. Per non parlare poi del fatto che hai la brutta abitudine di credere a tutte le stronzate che la gente dice>>
<< Fai come ti pare, tanto parlare con te è inutile>>
Sbuffò aprendo la porta. Prima di richiuderla dietro di sé borbottò "stai attento".
Non appena fu uscito mi liberai dei vestiti, gettandoli sopra il pavimento per poi andare in bagno e iniziare a trafficare con la manopola della doccia.
Quando i getti caldi dell'acqua cominciarono a colpirmi le spalle riuscii finalmente a rilassarmi.
Questa volta ci eravamo messi in un bel casino. Avevamo affrontato di certo cose peggiori, ma avere la polizia alle calcagna era sempre una rogna. Se qualcosa fosse andato storto, se ci fosse stato un piccolo imprevisto, se qualcuno ci avesse tradito e venduto agli sbirri avremmo passato i prossimi trent'anni in carcere. O almeno sarebbe stato così per me e Richie.
Kate se la sarebbe cavata. L'avrebbero fatta uscire prima per buona condotta, per non parlare poi del fatto che lei non aveva delle condanne di omicidio sulle spalle.
A pensarci bene forse anche a Richie sarebbe andata di lusso. Una bella perizia psichiatrica e lo avrebbero sbattuto in qualche clinica con il condizionatore e giardino.
<< Pensi sempre a cosa sarebbe meglio per tuo fratello, non è vero?>>
Mi voltai di scatto. Dovevo aver avuto un'allucinazione. Erano quasi le tre di notte, a volte capita qualche svista. Sbattei le palpebre più volte per cacciare via le gocce d'acqua che si erano incastrate tra le ciglia. Anche se dentro di me speravo ancora che fosse lo stress, sapevo benissimo che quello che vedevo era reale.
Sonja era davanti ai miei occhi. Abbassai lo sguardo: in mano stringeva un coltello da cucina.
A pensarci bene, magari serviva anche a me una perizia psichiatrica.
<< Oh, merda! La vecchia aveva parlato di suicidi non di pazze uscite dall'oltretomba>>
Non appena ebbi realizzato l'intera situazione, mi fiondai fuori dalla doccia nella speranza di riuscire a seminare quello che sembrava a prima vista lo spirito vendicatore di una ragazza che avevo ucciso qualche anno prima.
Nella corsa recuperai un asciugamano che legai stretto in vita. Non potevo di certo girare nudo per il motel con la temperatura sotto lo zero, inseguito da una donna morta con un coltello da macellaio in mano.
<< Non mi hai neanche dato una sepoltura decente! Questo perché per Seth Gecko esiste soltanto il suo caro fratellino>>
Ringhiò gettandosi su di me.
Schivai il colpo per miracolo. Non potevo permettermi di morire in quel modo, non dopo che Richard mi aveva avvertito. Già me lo immaginavo al mio funerale, dritto davanti alla bara, con in faccia stampata l'espressione "Te l'avevo detto, idiota".
Finalmente riuscii ad aprire la porta del bagno e ad uscire fuori. Dovevo trovare qualcosa per combatterla, sempre se nel mondo reale fosse possibile mandare via uno spirito.
<< Cosa c'è, hai paura di me?>>
<< Tesoro, quando eri in vita non hai mai pensato di fare una visita dallo strizzacervelli?>>
Domandai indietreggiando. Se fossi sopravvissuto quella notte sarebbe stato il primo posto dove sarei andato.
Alla fine la vita era così: il momento prima dici che non esistono i fantasmi, quello dopo vieni aggredito da uno di loro. Feci un passo falso ed inciampai sui vestiti che avevo gettato sul pavimento. Alzai gli occhi al cielo: non in un momento come questo!
Ne approfittò per attaccarmi. Rotolai su un fianco, schivando per un pelo una coltellata dritta al braccio. Mi tirai su con un po' di fatica, reggendo stretto tra le mani l'asciugamano.
Ragiona, ragiona. Cosa potevo fare? Cosa avrebbero fatto Sam e Dean al mio posto?
Forse con del sale l'avrei mandata via, peccato che non l'avevo. Infondo, chi andrebbe in giro con una saliera?
<< Seth, non puoi affrontarmi>>
Magari dell'argento. Ok, non avevo mai avuto dell'argento in vita mia. Cosa potevo fare? Cosa? Presi l'unica cosa che avevo a disposizione per difendermi.
<< Seth ...>>
<< Oh, 'fanculo>>
Dissi prima di scaricargli tutto il caricatore della pistola contro.
 
Richie
Mentre mi dirigevo verso la stanza di Kate non potevo fare a meno di pensare a Seth. Sebbene facessi fatica a credere ai fantasmi, c'era qualcosa in quel motel che mi faceva rabbrividire: sembrava quasi che l'atmosfera fosse impregnata di qualche sostanza velenosa, una serie di emozioni negative che ti si infilavano nel cervello e non se ne andavano più.
Mi strinsi nella giacca. Vai in California, dicevano, lì fa caldo. In quel momento la neve era così spessa da sembrare cemento ovattato. Niente venticello caldo, neppure una zanzara fuori stagione: solo freddo e ghiaccio. Improvvisamente sentii un urlo.
<< Kate!>>
Gridai con tutta la voce che avevo in corpo.
Mi scapicollai su per le scale, facendo attenzione a non scivolare sui gradini gelati. Ogni passo che facevo sembrava troppo lento: non potevo permettere che le accadesse qualcosa. Lo avevo già fatto una volta ed era successo un gran casino.
Non appena mi ritrovai davanti alla porta la buttai giù con una spallata. Era lì, sul letto, tutta rannicchiata. Non l'avevo mai vista così terrorizzata.
<< Ti prego, papà, no!>>
Urlò nuovamente.
<< Kate, sono io, non c'è nessuno>>
Sembrò non darmi retta. Era persa in una specie di limbo, uno stato di trance in cui le mie parole non riuscivano ad arrivare.
<< Kate!>>
Dissi con voce più alta, afferrandola per le spalle e scuotendola.
<< Richie? Dov'è? Dov'è mio padre?>>
La guardai fissa negli occhi. Sul volto cadaverico aveva stampata un'espressione stralunata. Sì, pernottare in quel posto era stata una pessima decisione.
<< Sta tranquilla. Mi dispiace dirtelo ma qui ci sono soltanto io>>
Lasciò vagare lo sguardo per la stanza per accertarsi che stessi dicendo la verità. Scrollai le spalle: non ero un granché in quelle situazioni.
<< Prima era qui, te lo giuro>>
Disse afferrandomi il bavero della giacca. Annuii. Non c'era motivo per dubitare di lei, non dopo tutto quello che avevamo passato. Che io avevo passato.
<< Ti credo sulla parola Kate, ora stai tranquilla, ci sono io>>
Per quanto cercassi di essere convincente, sapevo benissimo che se ci fosse stato una specie di fantasma in giro per il motel non avrei potuto fare un bel niente. Come aveva detto Seth non eravamo in Ghost Buster ed io non ero Peter Venkman.
L'abbracciai cercando di rassicurarla. In quel momento sembrava più piccola e indifesa di quanto non lo fosse mai stata. Se da una parte mi sentii arrossire, dall'altra mi maledissi per la pessima decisione che avevamo preso.
<< Prendi le tue cose, recuperiamo Seth e ce ne andiamo>>
Suggerii qualche minuto dopo, prendendo lo zaino che aveva abbandonato sopra ad una poltrona.
Restò ferma per un attimo, fissandosi le mani.
Non so di preciso a cosa stesse pensando, ma quando rialzò gli occhi il suo sguardo era cambiato.
La ragazzina terrorizzata di poco prima era stata sostituita con una versione più determinata. Quella era la Kate che conoscevo.
S' infilò di corsa le converse e il piumino. Le passai lo zaino.
<< Andiamocene via da qui >>
Lasciata la stanza avevamo solo una missione da portare a termine: recuperare Seth e portarlo via con la forza se necessario.
La prima cosa che notai non appena aprimmo la porta fu l'odore della polvere da sparo.
Seth se ne stava seduto sul letto intento ad allacciarsi le scarpe.
Il mio sguardo si spostò dai suoi capelli ancora fradici ai fori di proiettile sulla parete.
<< Ma che cazzo è successo qui?>>
<< Mi sono ritrovato Sonja dentro la doccia. Speravo che fosse tornata per rivivere i vecchi tempi ma invece voleva ammazzarmi>>
Tagliò corto. La cosa bella di Seth era che nonostante fosse completamente ottuso, riusciva a metabolizzare presto le novità. Esistono i culebras? Ok, colpiamoli con paletti di legno. Credo di aver visto un fantasma? Gli sparo contro. << Ma non mi dire, dentro la doccia, eh?>>
<< Sì, lo so, lo so. Sei un genio ed avevi ragione>>
Mi strinsi nelle spalle. Come al solito del resto.
<< Ragazzi potreste rimandare per un altro momento?>>
Suggerì Kate. Non avevamo tempo da perdere, il problema era dove potevamo andare. Non c'erano altri motel nel raggio di chilometri ed i culebras non sopportavano le basse temperature. Dannato freddo.
<< Kate ha ragione. Fratello, non pensavo che l'avrei mai detto, ma vedo la gente morta>>
Disse allacciandosi la cinta.
<< Sai, io non credo che fossero fantasmi. Da quello che so gli spiriti infestano determinati luoghi, non saltano fuori così a caso>>
<< Allora cosa sono?>>
Chiese la ragazza cercando di recuperare la nostra roba. Presi il borsone con i soldi del colpo, e la pistola che Seth aveva usato poco prima.
<< Manifestazioni della nostra psiche, probabilmente. Credo che in qualche modo le cariche negative contenute in questo posto si siano connesse con i vostri cervelli, proiettando così le immagini distorte di Sonja e di tuo padre>> << Bella teoria Richie, ma ora credo che sia il caso di andare>>
Detto questo prese la nostra unica valigia ed uscimmo fuori dalla stanza. Non c'era bisogno di andare dai proprietari: quando ci eravamo registrati non avevano voluto nemmeno i nostri documenti. Al momento delle firme avevamo scritto: Lorraine Baines, Marty McFly, ed Emmett Brown. Era un peccato che non ci fosse nel parcheggio una DeLorean pronta a spiccare le 88 miglia orarie.
<< Ma perché proprio loro?>>
<< Beh, probabilmente avete fatto qualcosa che ne ha risvegliato il ricordo. Ad esempio fare la doccia>>
Seth alzò gli occhi al cielo. Sapeva che glielo avrei rinfacciato per tutta la vita.
<< Io stavo leggendo la bibbia>>
Mormorò Kate tra sé e sé.
Mentre stavamo per salire in macchina, tra la tempesta di neve, tuonò quello che sembrava essere il grido di una donna. Mi tappai le orecchie. Pareva che mille campane funebri stessero suonando contemporaneamente ed ora mi stavano perforando i timpani.
Se la morte avesse avuto una voce sarebbe stata quella.
Alzai lo sguardo verso la boscaglia. Qualcuno nella mia testa mi stava sussurrando: vai a Beacon Hills.

Angolo dell'autrice:
Salve a tutti =)
So di essere mancata per un pò di tempo ma ho avuto parecchio da fare.
Allora, per cominciare vi annuncio che dal prossimo capitolo gli eventi verranno narrati nuovamente da un personaggio di Teen Wolf. Chi sarà? é una sorpresa.
Spero che per ora la storia vi stia piacendo. Come al solito fatemi sapere quello che pensate con una recensione
Ciao, ciao =)

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