Gelosia!

di jmc
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Avvicinamento ***
Capitolo 2: *** Possesso ***
Capitolo 3: *** Che battutaccia! ***
Capitolo 4: *** Controllo! ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Avvicinamento ***


Ormai erano passati tre giorni da quando si erano spostati nel vecchio castello che una volta fungeva da base per la legione esplorativa. Eren ce la stava mettendo tutta per dimostrare alla squadra e al suo Caporale che lui non era un mostro e che credeva fortemente nella salvezza dell’umanità. Levi era rimasto assai sorpreso dalla scintilla che aveva visto negli occhi del ragazzo; una scintilla che ormai era assai difficile rivedere in tutto quel branco di soldati che aveva perso ogni speranza e che partiva per le spedizioni aspettando solo la propria morte.
Per Eren non era facile la permanenza al campo perché era costantemente sorvegliato e la cosa lo metteva assai a disagio; inoltre non aiutava il fatto che i suoi allenamenti spesso o non riuscivano o si trasformavano in situazioni di pericolo. Nella sua memoria era impresso il ricordo di quando non era riuscito a trasformarsi in gigante subito ma solo dopo, quando nessuno se lo aspettava; Levi aveva dovuto utilizzare tutto ciò che era in suo possesso per calmare gli animi dei suoi sottoposti e questo eren lo sapeva. Gliene era grato, ovviamente, ma un velo di delusione si era disteso sui suoi occhi nel constatare la reazione dei compagni, se di compagni si può parlare dato che si sentiva una mina vagante che tutti avrebbero fatto saltare da un momento all’altro.
Quella stessa sera Levi si recò personalmente alla prigione dove il ragazzo riposava e decise di fare il turno di guardia completo nonostante la preoccupazione dei suoi ragazzi. Lo trovò seduto a gambe incrociate sul letto che dava le spalle alle inferriate. Quando aprì la porta con la chiave, il suono metallico fece sussultare la schiena e Levi potè facilmente notare l’imbarazzo e la velocità con cui le due braccia si strusciavano contro ogni centimetro del volto: Eren stava piangendo e il Caporale, che aveva previsto la scena, si avvicinò delicatamente, sperando di dargli abbastanza tempo per asciugarsi gli occhi. Non gli piaceva fare da balia ai mocciosi.

Moccioso mi spieghi che sta succedendo?          

Il ragazzo si mosse giusto quel poco che bastava per riuscire a fissare le gambe del Caporale.

Nulla signore. Non riesco a dormire bene in questo posto quindi gli occhi mi lacrimano spesso.
Trova una scusa migliore. Magari qui non siamo tutti padri di famiglia ma sappiamo forse meglio di tutti loro cosa sono le lacrime, il dolore e la disperazione. Non intendo chiedertelo ancora, cos’hai?

La rabbia crebbe in Eren:                            
Si è risposto da solo. Sto provando dolore e disperazione. Solo che quello che provo io non deriva dalla perdita di persone, né da giganti impazziti; quello che provo io nasce dal non avere un posto dove stare. Sono stato obbligato a venire qui, a prescindere dalla mia volontà, e non riesco a smettere di pensare che finalmente avevo trovato qualcuno che credeva in me.

Levi odiava le persone che non lo guardavano in faccia, soprattutto quando gli rispondevano con tanta sfrontatezza. Vide gli occhi brillanti e verdi del ragazzo inumidirsi di nuovo e cercare un appiglio nel vuoto; allo stesso tempo capì la situazione:

Ragazzo, non stiamo giocando. Qui le persone muoiono. Cosa pensavi? Pensavi che ti avremmo portato qui a mangiare salame e pesce? Combattiamo i titani da un secolo ormai; sono il nostro peggiore nemico. E tu diventi un titano dal nulla. La tua presenza cambia tutte le carte in tavola. Allo stesso tempo non possiamo fidarci. Tu devi solo accettare la situazione.

Niente. Nessuna reazione. Eren aveva continuato a fissare il vuoto, con aria di sfida e questo non era contemplabile. Levi non poteva vederlo così, dopotutto era il suo tutore ed era suo compito impartirgli la disciplina: lo girò verso di lui e lo costrinse a sedersi con le gambe in giu leggermente divaricate; allo stesso tempo gli bloccò i polsi con una mano e con l’altra gli prese il mento, avvicinandolo a sé. Notò un leggero rossore sulle guance del ragazzo e scoprì che questa cosa gli piaceva; era come poter tenere in pugno quel ragazzino viziato. Le iridi dei due si incontrarono e entrambi non poterono fare a meno del notare quanto fossero belli gli occhi dell’altro. Il problema era che eren sembrava essere in preda a una tempesta ormonale; cominciava a girargli la testa e levi doveva averlo capito dato che aveva aumentato la presa su di lui.

Vedi di farti valere nei prossimi allenamenti, invece di lamentarti come una nullità, altrimenti le conseguenze potrebbero essere letali. Ora vai a dormire.

Inutile dire che eren era quasi curioso di sapere quali potessero essere quelle conseguenze.

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Capitolo 2
*** Possesso ***


Nei giorni seguenti la situazione con quelli della squadra era migliorata e finalmente si fidavano a lasciarlo dormire senza alcuna guardia. Eren aveva accolto questa cosa come un evento sensazionale, quasi come se avessero trovato il modo per sconfiggere i giganti. Il suo umore era migliorato parecchio e Hanji era particolarmente felice perché Eren la lasciava sperimentare fino a tarda serata, cercando di sfruttare tutto il tempo possibile a loro disposizione.
C’era solo un piccolo dettaglio che non se ne andava dalla sua mente: da quando Levi gli aveva fatto battere il cuore così tanto, aveva cominciato a vederlo in modo diverso. Ovviamente quando si trattava di allenarsi prendeva tutto con serietà e non si lasciava distrarre ma quando l’allenamento finiva, quando le casacche della divisa venivano tolte, quando durante le pause lui lo sfiorava, il suo cuore faceva dei salti nel vuoto incredibili; e questo Levi lo sapeva, eccome se lo sapeva. Levi provava un insolito piacere nel vedere gli occhi del ragazzo attendere per capire se si sarebbe seduto vicino a lui o meno e poteva quasi toccare la sua delusione quando non lo faceva. Aveva giocato con il ragazzo in questo modo per 3 giorni di fila e la sera andava sempre a trovarlo. Si maledisse per questa cosa dato che, lo sapeva, si stava affezionando, forse troppo. Ogni sera notava che il morale di eren era sempre meglio e quest’ultimo lo accoglieva con sorrisi sempre più maestosi che più di una volta lo avevano lasciato senza parole.
Levi stava creando una routine abbastanza romantica che gli permetteva di avere sempre la situazione del ragazzo sotto controllo. Quando arrivava sgridava Eren per aver lasciato sporco (spesso c’erano camicie e biancheria intima sparse sul terreno vicino al letto); prendeva la sedia di legno e si sedeva a cavalcioni su di essa, in modo da poggiare il gomito sinistro sullo schienale e, a sua volta, la guancia sulla mano. Non gli piaceva parlare, ma con questa posizione avrebbe potuto stare ore ad ascoltare quello che il ragazzo aveva da raccontargli e non gli dispiaceva per niente.
Aveva scoperto tante cose: sapeva chi erano suo padre e sua madre, chi erano Armin e Mikasa e cosa era successo con il movimento tridimensionale la prima volta che lo aveva indossato.

Non che ora tu lo sappia usare meglio moccioso.

Lo aveva detto apposta, conoscendo come avrebbe reagito Eren: il giovane si accigliò subito e subito si difese:

Non è vero Caporale! Sono diventato davvero abile, magari non come lei ma non si può dire che non lo sappia usare!

Era talmente bello vedere Eren arrabbiarsi e fare il broncio che continuò a canzonarlo

Chi è che due giorni fa si è arrotolato su se stesso mentre cercava di uccidere una sagoma di cartone?

Cercò di giustificarsi

Non è colpa mia se Lei usa le spade in quel modo così idiota.

Ok. No. Questo forse non doveva dirlo. Perché lo sguardo di levi si incupì a tal punto che se eren fosse stato titano non sarebbe comunque riuscito a muoversi. I movimenti del più gramde furono veloci e repentini: si alzò dalla sedia e prese Eren per il colletto della casacca. Cominciò a mordergli il collo, completamente cosciente del fatto che la temperatura corporea del ragazzo aveva preso in pochi secondi qualche grado in più. Quando il collo non fu più considerato un obiettivo valido si spostò davanti al viso solo per gioire di quella visione. Eren era rosso, ansimante e soprattutto completamente inerme sotto le possenti braccia del Caporale.
Levi non poteva esserne più felice. Era difficile per lui trattenersi quando si trattava di quel ragazzo.spesso sentiva il bisogno di affondare le dita nella sua schiena, solo per fargli capire chi comandava.
Era anche ovvio che eren sapesse benissimo quale fosse il suo ruolo in tutto quello; ma anche volendolo, non sarebbe riuscito a muoversi di un millimetro. Voleva solo che il caporale andasse più a fondo: lo voleva sentire vicino; voleva sapere che lui c’era. E levi, dal canto suo gli mostrava questo suo lato completamente nuovo; un lato dove il comando non era quello duro e grezzo che metteva in pratica sul campo. I suoi comandi servivano solo a far capire al più giovane che lui era suo e nessuno glielo doveva portare via.
Una sera Eren gli chiese se per lui fosse soltanto un gioco tutto quello. La risposta lo sorprese

Se lo fosse sarei andato avanti già da tempo moccioso. Non sono qualcuno che prende le cose così tanto alla leggera. Non posso consumarti; non ora anche se vorrei. Voglio che prima di tutto tu sia mio; perché non so quanto riuscirò a trattenermi quando succederà. Puoi solo essere certo che non ti lascerò andare via per nessuna ragione.

La risposta di Eren rovinò il momento magico e Levi capì di dover stare attento a non perdere la sua preda

Ma io sono già tuo… credo.

Non erano tanto le parole quanto i movimenti a turbare Levi. Eren aveva girato la testa quando aveva pronunciato quel "credo" e la cosa aveva fatto infuriare il capitano. Con forza e probabilmente, facendogli del male, quest’ultimo afferrò la mandibola del ragazzo e lo costrinse a guardarlo negli occhi.
Ok; adesso Eren non sapeva proprio come spiegare le cose.
Cosa intendi dire, signorino?
Pronunciò queste parole con prepotenza e Eren adesso aveva davvero paura.
Nulla… è che…
non sapeva proprio cosa inventarsi
Mi stai dicendo che non mi apparterrai perché sei già di qualcuno?
Levi ora era furibondo e Eren fece la prima cosa che gli venne in mente: lo baciò. Fu un bacio statico dove le due parti ci misero diversi secondi a lasciarsi andare. Levi non lo ricambiò completamente ma lo strinse nelle sue braccia per fargli capire che era solo arrabbiato.
Non parlarono più per quella sera a parte la buonanotte.
E Levi tornò in camera assai irritato: forse c'era qualcuno? avrebbe dovuto lottare per avere Eren?
Non era un problema; avrebbe lottato.
 

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Capitolo 3
*** Che battutaccia! ***


Eren stava sistemando i cavalli nella stalla quando sentì delle voci estremamente familiari. Riconobbe Connie e Sasha che stavano litigando, probabilmente perché lei gli aveva rubato qualcosa da mangiare, e Armin che cercava, inutilmente, di placare il vociare acuto e stridulo dei due compagni. Chiese a Oluo se poteva raggiungerli e non appena il suo superiore accettò si fiondò fuori dalla stalla, riconoscendo anche la camminata lenta e altezzosa di Mikasa.          
Li chiamò molto eccitato poiché gli sembrava di essere tornato, anche se solo in parte, alla normalità del passato. Era estasiato dal fatto che tutti loro avessero preso la strada della Legione Esplorativa e li ringraziò infinitamente di essere ancora tutti vivi.

“Eren la devi smettere di prenderci per dei rammolliti”, aveva detto Connie poggiandosi sulla spalla di Armin e sfregando le unghie della mano stretta a pugno sulla camicia; “dopotutto siamo i sopravvissuti alla battaglia di Trost”.

Armin alzò gli occhi al cielo sapendo quello che stava per succedere. Connie continuò:
“mi ricordo proprio quel titano, stava per raggiungere Sasha e io l’ho a…”
Un pugno. Sulla testa di Connie si formò un bernoccolo enorme provocato dal pugno di Reiner:” abbracciato.”

“Cosa?!?!? Non è vero!” provò a replicare il ragazzo più basso mentre tutti ridevano. “Se non ci fossi stato io Sasha non sarebbe qui”.

Allora Eren, divertito, si girò verso di lei che visibilmente imbarazzata non sapeva cosa dire. Subentrò Armin:
“Smettila di vantarti dato che te la stavi facendo sotto!”
Connie, offeso nel suo orgoglio disse che non avrebbe più parlato con nessuno di loro; cosa che ovviamente nessuno prese in considerazione.            
Eren stava ancora ridendo e rideva tanto, talmente tanto che tutti lo seguirono. Mikasa cominciò a pensare che lo avessero maltrattato a tal punto da fargli perdere la felicità. Poi capì che a lui serviva solo un momento dove non dover essere il ragazzo-titano e rise anche lei.

Quando Eren ritrovò il contegno parlò: “Quindi gli unici che non hanno scelto di unirsi sono Annie, Marco e…”
“Marco è morto.” Una voce lo raggiunse da dietro e il cuore di Eren perse un battito: in quel momento il suo cervello stava lavorando davvero troppo velocemente: aveva pensato a Marco e le lacrime avevano cominciato a farsi sentire negli occhi; si sentiva uno stupido egoista dato che aveva appena perso un amico ma il suo cuore si stava concentrando su altro. Guardò il ragazzo che gli aveva parlato negli occhi: era Jean; era proprio lui.
“Ti sei unito anche tu allora!”. Lo stupore ben visibile negli occhi esattamente come il rossore sulle sue guance (che Jean notò con fierezza). “Non pensavo che potessi prendere una decisione simile”.
“Per chi mi hai preso eh?! Ti ricordo che qui l’essere strambo che diventa un titano sei tu”. Jean cominciò a torturare Eren, prendendo la sua testa sotto il braccio sinistro e scompigliandogli i capelli con il braccio destro.

Risero tutti mentre Eren fingeva di non respirare e cercava di atterrare Jean.

Qualcuno, in un angolo, invece cominciava a capirci qualcosa.
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Eren era talmente di buonumore quella sera che trovò il coraggio di chiedere ai superiori di ritardare il coprifuoco. Durante la cena, il ragazzo presentò la squadra speciale ai suoi compagni. Petra era stranita da questa cosa perché non aveva mai visto Eren in quelle condizioni. Hanji pensò addirittura di farlo trasformare in quel momento, giusto per capire se il suo umore avrebbe influito sulla sua mente titanica. Levi le impose di non farlo: anche lui non sapeva bene cosa pensare vedendo Eren in quello stato di euforia massima; era felice di vederlo sorridere ma al contempo aveva paura di non averlo mai reso felice. Pensava di essere fondamentale per quel ragazzo ma quella sera neanche una volta gli aveva rivolto lo sguardo e mai le loro pupille si erano incontrate.

O meglio…

Più volte Levi si era concentrato e aveva cercato la situazione giusta per rimanere con Eren. La realtà era che il ragazzo non riusciva a stargli vicino; tremava e aveva paura di qualcosa. Era in allerta sulla sua presenza come se fossero in battaglia. Questa cosa dava al più grande davvero tanto fastidio. Un fastidio che aumentò grandemente quando il ragazzo si dimenticò di presentarlo. Levi guardò, allora, la ragazza con i capelli corvini che doveva aver capito tutto e sembrava davvero felice di questo fatto. Continuò comunque a sorseggiare il suo tè mentre il vociare dei ragazzi stava diventando intollerabile per la sua mente così abituata alla calma. Osservò uno per uno tutti i compagni: si ricordò del biondo e della ragazza e probabilmente i due ragazzi possenti dovevano essere quelli che avevano aiutato Eren con l’utilizzo della manovra tridimensionale.

E poi c’era quel ragazzo con la faccia allungata, un certo Jean. Lo squadrò con una tale rabbia che il ragazzo si sentì quasi costretto a girarsi e così si accorse di lui. Tolse una delle due gambe che stavano sotto la panca e si mise a cavalcioni su di essa, girato frontalmente verso Eren che era seduto di fianco a lui. Richiamò l’attenzione del compagno mettendogli un bracciò intorno alla schiena, nella parte bassa; nello stesso momento lo tirò più vicino a se. Le guance di Eren andarono a fuoco e Levi se ne accorse… eccome se se ne era accorto. 
“E quello chi è?” chiese. Eren spostò lo sguardò, sempre con il cuore che batteva incredibilmente forte, e capì di chi stava parlando. Ebbe un fremito, poi uno spasmo, poi la voce gli si fermò in gola quando, a causa dello spostamento, gli occhi incontrarono quelli del Caporale. Guardò in basso e disse:

“Si chiama Levi. È il Capitano della squadra d’élite ed è il mio “tutore” se così possiamo chiamarlo.”

Le parole gli uscirono veloci ma adesso non sapeva cosa fare; non sapeva se guardare il vuoto e impazzire per le dita di Jean che lo stavano solleticando su un fianco o se concentrarsi su qualcosa a caso che non fossero gli occhi del suo Caporale che in quel momento non desiderava altro che guardare. Optò per la prima opzione, cosa che non gli fece affatto bene. Era arrossito così tanto che si sentiva andare la faccia in fiamme; mise una mano per coprirsi gli occhi e Jean, che si era accorto di tutto gli sussurrò nell’orecchio:” ho capito Eren stai tranquillo” disse ritirando la mano “ma non mi dispiace vederti così”; sorrise ghignando quando alla fine riuscì ad infilare per poco la mano sotto la maglia a sfiorare il basso ventre.

“Eren stai bene?” la preoccupazione di Christa (seguita dallo sguardo di Ymir) lo risvegliò da quel momento e, alzando la testa cercando di ritrovare un minimo di contegno, cercò di dire qualcosa di intelligente (che di intelligente non aveva nulla:

“Si con i miei allenamenti sto facendo passi da gigante!”


Che cosa aveva appena detto, pensò. Si guardò intorno e tutti avevano sgranato gli occhi compreso il Caporale; probabilmente erano tutti incerti sul da farsi ovvero se ridere o piangere. Fatto sta che erano bloccati e lo rimasero finchè Jean non lo spinse giu dalla panca: quel movimento diede il via a una serie di calci e pugni che tutti, a turno, diedero a Eren.

Levi si riprese dal ghiaccio che aveva congelato il suo corpo grazie a quella battuta e si “risvegliò” fissando la sua squadra che rideva a crepapelle. Non riuscendo più a vedere Eren lo cercò e vide che era seppellito dal corpo dei suoi compagni e sottomesso alla rissa che si era creata.

“Deficiente! Ti sembrano battute da fare?!” gli ripetevano i compagni che alla fine ridevano più di lui.

Fu in quel momento che notò una cosa:
Eren era stato bloccato per essere dovutamente picchiato dai suoi compagni. Ora però da una persona in particolare ovvero Jean. In quel momento lo aveva inchiodato al terreno e si era seduto a cavalcioni su di lui; con le gambe gli aveva bloccato gli arti inferiori mentre con le braccia lo costringeva a tenere la posizione seduta mentre ormai la battaglia si era trasformata in solletico. Era ovvio: l’istinto di Eren, preso dal ridere, lo portava a stringersi verso il petto del compagno e a stringere la sua camicia, come fosse un’ancora di salvezza. E Jean non gli stava facendo il solletico: lo stava abbracciando. Quando Eren se ne accorse assunse un colorito incredibilmente rosso e questo per Levi fu davvero troppo.

“Ora basta mocciosi, andatevene a letto. E tu vieni con me” disse ad alta voce rimproverandoli e fissando il piccolo con uno sguardo affilatissimo.
Nessuno osò proferire parola, soprattutto il nostro giovane protagonista che solo ora aveva cominciato a capire il perché della rabbia del Caporale e gli si stava gelando il sangue. Una morsa allo stomaco, o forse 100. Le sentì tutte, soprattutto quando il corpo di Jean si staccò dal suo.

Poi accaddero due cose bellissime… O no? Jean stava infilando le mani sotto la zona ascellare di Eren per alzarlo e i due si guardarono. Eren era imbarazzato ma trovò comunque la forza di parlare.

“Graz…” non fece in tempo a finire la frase che un braccio lo prese nello stesso punto in cui si trovavano le mani dell’amico. Eren ci mise ben poco a capire cosa stava succedendo:
Il caporale lo stava tirando su.  
Con un braccio solo.      
Stava guardando Jean con una faccia che non avrebbe riservato nemmeno al titano Colossale.

Tutti gli amici ormai erano usciti dalla stanza quindi Eren non trovò nessun modo per cambiare discorso o sviare la mente dei due che si fissavano senza parlare.
“Moccioso vattene anche tu. Lui deve tornare nei sotterranei” il suo tono non ammetteva repliche.

Jean mollò la presa incerto perché non sapeva se Levi lo stesse davvero reggendo (con una sola mano poi). Fece un sorrisetto strano a Eren che nessuno riuscì a decifrare e mentre si stava rialzando accarezzò il femore dell’amico.

“Buonanotte” disse poco prima di andarsene sorridendo: i battiti di Eren erano aumentati e tutti e 3 in quella stanza lo sapevano; Levi e il suo braccio in particolare.
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Dopo essere stato rialzato, il ragazzo era stato violentemente spinto a camminare verso la porta. Voleva dire qualcosa ma ogni volta che ci provava, e i suoi occhi incontravano quelli del capitano e ogni suo pensiero o non si completava e non aveva più senso. Arrivarono in silenzio alla cella e poco dopo l’apertura della porta, Levi lo spinse dentro senza alcun avvertimento. Inutile dire che il ragazzo cadde in malo modo sul terreno di pietra dura.

“Ahia, ma le sembrano i modi questi???” chiese massaggiandosi la testa.

“Evidentemente si” fu l’unica risposta che Eren sentì prima che la porta si richiuse con un suono secco e feroce.

Già, perché la porta si era richiusa. No aspetta; cosa voleva dire che si era richiusa?!
Eren balzò in piedi guardandosi intorno; lui non c’era. Pensò di chiamarlo ma se l’avessero sentito avrebbero potuto pensare che fosse successo qualcosa. Si sentiva tremendamente solo e in colpa, a tal punto che qualche lacrima cominciò a inumidirgli gli occhi. Si sedette sul letto che di colpo era diventato troppo grande. Non si trattenne più e cominciò a singhiozzare.
“Caporale” diceva “dov’è andato?”
Non era difficile capire quanto gli facesse schifo quella situazione; non aveva pianto nemmeno per Thomas o altri; però in quel momento stava piangendo perché il suo Capitano non c’era. Si sentiva tremendamente stupido…

Passò del tempo indefinito e il suono della chiave nella porta lo fece sobbalzare come anche la sacca fredda che venne posata sulla sua testa. Siccome Eren era seduto con la schiena verso la porta non capì subito chi fosse quella persona ma il tocco caldo e l’abbraccio che seguirono lo fecero stare bene e smettere di piangere.

“Stavi piangendo?”
 
 
 
 
 
Ciao a tutti!
Non sono molto brava a scrivere… ho molte idee in testa e spesso non riesco a redigere un buon testo! Spero comunque che il seguito vi piaccia e che continuerete a seguire la storia. Non ho molto tempo a casa quindi scrivo in università tra una materia e l’altra; direi che sta diventando una sorta di terapia anti stress! Grazie a tutti per i consigli e le recensioni positive!!
A presto!

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Capitolo 4
*** Controllo! ***


La voce inconfondibile del Capitano riecheggiò all’interno della cella nonostante fosse naturalmente molto bassa ed Eren non sapeva se fosse meglio fingere o meno nella risposta ormai dovuta.
“Si Capitano ma ora è passato, lo giuro”, disse mentre si asciugava le ultime lacrime rimaste libere sulle guance. Onestamente non sapeva nemmeno lui il motivo per cui avevano cominciato a cadere: paura, abbandono, solitudine… Poteva essere tutto. L’unica cosa che percepì con chiarezza fu la sensazione di sollievo che si era diffusa in tutto il suo corpo non appena ebbe sentito la voce del Superiore.
“Levi. Quando siamo noi devi chiamarmi Levi”, proferì il Caporale sbuffando leggermente quando vide Eren sgranare gli occhi ad una simile affermazione, quasi come se gli avesse chiesto di uccidere un cucciolo di cane appena nato. “è inutile che fai questa faccia idiota, obbedisci e basta!”.              
Eren, dal canto suo, non poté fare altro che affondare la faccia, ormai di un rosso molto acceso, nelle proprie mani chiedendosi se sarebbe mai riuscito a non reagire così di fronte a quella voce così calda, bassa ed eccitante. Sentì poi i propri polsi forzati all’apertura e poco dopo, le iridi dei suoi occhi non poterono fare altro che scontrarsi con quelle dell’altro che continuò: “Allora, mi dici perché stavi piangendo?”.
Eren si girò definitivamente verso Levi, ponendosi a bordo del letto con le gambe a penzoloni leggermente divaricate, lasciando all’altro la possibilità di inserirsi, anche se in piedi, al centro di esse. Abbassò definitivamente le braccia mantenendo comunque il contatto con le mani del più grande e prese un gran respiro cercando di trovare parole che non uscirono mai; non gli era mai piaciuto aprirsi con le altre persone e quando questo accadeva, quando sentiva di dover parlare di sé, di solito finiva per alzare la voce o litigare con qualcuno passando a metodi molto più violenti. Levi sembrava aver capito la situazione: chi meglio di lui poteva capire quanto fosse difficile fidarsi degli altri, mettendo i propri sentimenti a nudo nelle mani di chi avrebbe potuto spifferarli al mondo intero.
“Facciamo così mocci…”
“Eren! Se io la devo chiamare con il suo nome allora lei mi deve chiamare Eren!”, rispose prontamente il più piccolo, allontanandosi leggermente quando si accorse di aver appena ordinato qualcosa ad un suo superiore.
“Faccio finta di non aver sentito il tono irriverente con cui l’hai detto, Eren!” disse sottolineando il suo nome con un tono così freddo che l’altro tremò. “E comunque non l’hai ancora usato ma a questo ci arriveremo dopo… Cerca di fidarti di me Eren” disse stringendo un po’ di più le mani del giovane che non le aveva mai spostate “non siamo in vacanza ma è importante che ti fidi di me e di noi tanto quanto dei tuoi amici. Siamo rimasti quasi scioccati stasera vedendoti così su di giri come se negli ultimi giorni ti avessimo costretto a mangiare vermi. Ho dovuto bloccare Hanji più volte che era già pronta con un coltello ad infilzarti per vedere come il tuo gigante avrebbe reagito al tuo umore positivo”. Eren rise immaginandosi la scena, chiedendosi anche lui se davvero la sua forma titanica potesse reagire alla scarica di adrenalina umana che il suo corpo aveva avuto nelle ore precedenti. Il suono della risata del ragazzo fece calmare il Capitano che, nonostante non lo desse molto a vedere, era sempre un po’ preoccupato quando vedeva delle lacrime rigare quelle guance che tanto agognava mordere.
“Ti fidi di me Eren?”
Il ragazzo sospirò tremando leggermente: “Si”, disse con uno sforzo non indifferente ma voltando lo sguardo verso il muro.
Il Capitano allora scostò la mano destra portandola al mento dell’altro, forzando leggermente perché i loro occhi potessero entrare di nuovo in contatto. Il calore che quella mano sprigionava non era nulla in confronto a quello che Eren stava sviluppando nelle viscere e il Capitano sembrò accorgersene, non riuscendo a nascondere un moto di orgoglio nel vedere quanta poca indifferenza ci fosse tra di loro.
“Ti propongo una cosa che potrà esserci utile anche durante gli allenamenti”, disse come se il suo sottoposto avrebbe mai potuto tirarsi indietro ad una proposta del Superiore, “quando ti dirò la parola “controllo”, non importa cosa tu stia facendo, dovrai dirmi che sentimenti stai provando in quel momento. Non ti chiederò di analizzarli o altro, solo cosa stai provando. Hai capito?”. Un po’ confuso Eren annuì e l’altro potè continuare “in questo modo non avrai bisogno di aprirti più di tanto ma invece noi sapremo cosa è meglio per te anche durante gli esperimenti”.
Si aveva senso, pensò Eren, affondando nella mano destra del più grande e lasciando ingenuamente scoperta gran parte del collo.
“Benissimo allora facciamo una prova…”. Disse con un ghigno eccitato il più grande sfruttando la presa sul suo mento e fiondandosi sulla pelle libera del più giovane mentre con l’altro braccio avvicinava quel corpo a sé, afferrandone il fianco destro. Eren gemette a quel nuovo contatto intriso di piacevole sottomissione. Le sue mani, ormai libere da quelle del Capitano, afferrarono le possenti spalle dell’altro in modo spontaneo, tendendosi a causa dello sforzo prolungato dovuto alla costante ricerca di un contegno ormai perso: versi, e gemiti sempre più osceni uscirono dalla sua bocca, manifestando così un desiderio carnale ormai ben visibile anche dal cavallo dei suoi pantaloni.
Controllo” disse Levi beandosi della visuale che il volto di Eren gli concedeva. Il più piccolo, quasi spaventato ma anche eccitato dal momento, balbettò di fronte al ghigno divertito dell’altro: “I- imbarazzo”.
Allora Levi, felice della sincerità riposta in quella parola, si calmò e abbracciò Eren con una dolcezza che quest’ultimo non credeva possibile e che lo fece sciogliere; lui ricambiò l’abbraccio preso da un calore diverso, stringendosi all’altro e affondando nelle sue braccia, consapevole che questo nuovo sentimento provato era ben diverso da un semplice desiderio carnale. Si staccò quasi di getto, impaurito che il Capitano potesse imporgli nuovamente di rivelare le sue sensazioni: sapeva che non avrebbe potuto mentirgli. Levi, a sua volta, era particolarmente sorpreso da queste sensazioni e si mise ad accarezzare i capelli di Eren, chiedendosi come facesse quel ragazzo ad essere così bello quando era imbarazzato.
Si ritrovò a pensare che nessun altro avrebbe dovuto gioire di quella visuale e il suo volto si incupì, preso dalla gelosia: si avvicinò alle sue labbra e lo baciò con avidità, obbligandolo quasi a scendere dal letto. Eren approfittò del momento per avvicinare il proprio bacino, nuovamente rigonfio, al Capitano, sorpreso di incontrare lo stesso dall’altra parte.
“Dannati adolescenti, è sempre così: vi emozionate per un solo bacio!” disse con una punta di nervosismo Levi, respingendo il più piccolo seppur con riluttanza. Eren sembrava un cane bastonato a cui avevano appena tolto il gioco migliore del mondo. Ma nel suo sguardo c’era anche altro, una oscurità nuova, e il più grande se ne rese conto: “Che hai Eren? Non è il momento questo, tutto qui.” Ma Eren non rispondeva perciò si ritrovò a giocare la carta migliore.
Controllo, Eren”.
Come se si fosse ripreso da un tunnel di pensieri, Eren trasalì, piagnucolando un poco: “non so se mi va più questa cosa della parola”; Levi alzò un sopracciglio mantenendo però il suo classico sguardo vitreo che non ammetteva repliche ai suoi ordini. E allora Eren lo disse fissando con insicurezza gli occhi dell’altro: “gelosia”. Poiché Levi non rispondeva, confuso, Eren continuò: “Bacia spesso degli adolescenti?”. Il Capitano si ridestò dopo essersi incantato a guardare quello sguardo impaurito palesemente colmo di amore per lui.
“Eren, non c’è nessuno” Disse fermamente cercando di calmarlo poiché sembrava sull’orlo delle lacrime “E comunque gli adolescenti mi piacciono solo se sono bombe a orologeria che possono diventare titani da un momento all’altro” proseguì cercando di farlo ridere, prendendogli il viso tra le mani. Ci riuscì.
”Al contrario però, qui in questa schifosa prigione c’è qualcuno che si lascia toccare un po’ troppo dagli altri” riferì prendendogli entrambe le guance e cominciando a tirare con una punta di pura rabbia nello sguardo.
“ahia C-Capitano! Mi faccia spiegare” piagnucolò Eren.
“Scusa non ho sentito puoi ripetere?” Disse il maggiore stringendo la presa.
“Scusa…” con gli occhi pieni di imbarazzo lo disse “Scusa L-Levi, fammi spiegare!”.
Poi il ragazzo si spaventò: era stato sollevato da terra e riposto malamente sul letto. Ma che forza ha quest’uomo, pensò Eren eccitandosi ancora di più di quanto già non fosse. Poi i suoi pensieri smisero di esistere, la sua mente smise di pensare e tutto il sangue si concentrò in un unico punto (facilmente intuibile): Levi si era messo sopra di lui bloccando tutti gli arti. Eren si ritrovò incapace di proferire alcuna parola, limitandosi a muovere la bocca senza emettere alcun suono.
“Quindi Eren spiegami. Spiegami perché credi di essere mio e non sei convinto di esserlo. Spiegami perché dovrei condividerti con qualcun altro. Spiegami perché questa sera mi hai evitato. Spiegami perché hai permesso che qualcun altro ti solleticasse la pancia.     
Spiegami Eren.”
Il tono di Levi era perentorio ma anche scherzoso; lui stava giocando, lo stava stuzzicando perché alcune cose voleva sentirsele dire da lui.
“Il tuo silenzio potrebbe parlare per te. Forse devo dedurre che non sono io quello che ti interessa” disse con finta malinconia e una fiamma ardente negli occhi.
“No!” urlo Eren, quasi impanicato, tirandosi verso l’alto con i gomiti, sorprendendo l’altro. “Avevo paura che scherzassi e non mi volessi perché sono quello che sono. E Jean… Bè…”
non sapeva come affrontare il discorso…
“Jean si è dichiarato qualche mese fa quando ha scoperto che non sono etero e io non sono mai stato in grado di rifiutarlo. Ma ti giuro che non provo nulla per lui”
Eren sembrava urlare quelle parole spinto da un calore innaturale… Troppo innaturale, forse dovuto alla sua mano che, liberandosi dalla presa, era andata ad incontrare gli addominali del maggiore?
“Durante la fine dell’addestramento da reclute entrava nel mio letto al mattino sapendo quali reazioni avrei avuto. Entrava sempre in doccia nel mio turno. Mi solletica sempre i fianchi e le gambe, non è stato un caso quello di stasera…” il respiro affannato ed eccitato allo stesso tempo a causa della pressione continua sul suo ventre.
Levi provò una fitta intensa al solo pensiero che qualcuno potesse toccarlo in momenti tanto delicati.
“te lo giuro” sospirò alla fine il ragazzo con gli occhi umidi, trattenendosi per non sembrare davvero un moccioso e tremando.
“E quindi cosa vorresti fare Eren?” soffiò seducente il maggiore chinandosi verso di lui e divaricando ancora un po’ le gambe in modo da premere maggiormente il bacino del più piccolo che gemette grazie a quel contatto, sollevandosi leggermente per avvicinarsi ma continuando a tremare.
“V-Voglio stare con te Levi, voglio essere tuo” riferì “E voglio che tu sia mio”. Quest’ultima frase lasciò entrambi molto sorpresi a tal punto che il viso di Eren raggiunse un colorito troppo rosso, troppo caldo e troppo febbricitante… L’eccitazione di Levi, prese totalmente il sopravvento sulla ragione e, incurante delle conseguenze non riuscendo più a trattenersi a causa di quel viso così tenero e dolce, si fiondò sul più giovane prendendo a baciarlo con foga facendosi strada sotto ai suoi vestiti. Quanto era bello ai suoi occhi quel ragazzo! La maglia venne sollevata e tolta in un soffio ma, mentre la bocca continuava a stuzzicare il collo, le mani di Levi bloccarono quelle di Eren in procinto di abbassargli i pantaloni.
“L-Levi, Dio, sento che sto per esplodere” rispose Eren gemendo con rabbia, lamentandosi.

Bastò quella frase a far rinsavire il più grande che sbarrando gli occhi si allontanò in tempo per vedere una porzione di pelle fumare leggermente. Fu un istante: Levi vide un bagliore leggerissimo, durato forse un millesimo di secondo provenire dalla mano che ancora lo toccava.
“Cazzo, Eren non adesso!” Levi si lanciò giu dal letto mentre il più piccolo cercava di regolarizzare il respiro impedendo una trasformazione che ormai sembrava inevitabile. Eren si sedette sul bordo del letto, ansimante, incerto sul da farsi e abbastanza spaventato perché Levi non era scappato ma anzi si stava avvicinando a lui.
“Non avvicinarti Levi vai via!” urlò.
“Eren, dammi la mano” ma il più piccolo si rifiutava spaventato, fissando le sue membra ancora in tiro. “Dammi la mano Eren!” Disse allora il capitano con più foga. Al secondo rifiuto comandò:
Controllo!”, ormai vicinissimo all’altro che, esitante, rispose
“ho paura e…” E Levi la vide: la lussuria negli occhi di Eren. Lo aveva portato allo sfinimento non concedendosi mai a lui nonostante il continuo gioco che stava portando avanti. Il corpo adolescente di Eren aveva accumulato così tanta frustrazione che non avrebbe avuto bisogno di una ferita per istigare la trasformazione. Eren voleva lui e nessun altro.
E allora cominciò a baciarlo per calmarlo, a stringerlo, a dargli tutto ciò che voleva perché alla fine lo voleva anche lui.
Passarono così secondi, minuti, ore, finchè, sfiniti, si abbracciarono. Ad un certo punto Eren sbucò dalle braccia dell’altro che lo sovrastavano e disse
“Levi… ti prego non lasciarmi mai”
Levi, dall’alto (perché erano sdraiati eh) della sua posizione non potè far altro che sciogliersi di fronte a quello sguardo così dolce. “Mai, te lo prometto”
Non stava sorridendo ma c’erano solo sereno e sincerità nel suo sguardo e questo calmò il più piccolo che si rintanò nuovamente nelle possenti braccia, abbandonandosi al sonno.

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


“Ohi Eren ci siamo divertiti stanotte eh?”
“Ahahahahahah Eren ma nemmeno al campo reclute c’era qualcuno ridotto così”
“Mi sa proprio che i passi da gigante tu li abbia fatti stanotte… O forse adesso non riesci nemmeno a farli i passi” Connie, Sasha, Reiner continuarono così per una buona mezz’ora di fronte ad un Eren spaesato.
Mikasa era in un angolo rabbuiata e furente, pronta con il Movimento tridimensionale a far fuori chiunque.
E poi entrò Jean pronto a fare colazione. Subito si diresse verso Eren abbracciandolo da dietro ma non appena quest’ultimo si girò rimase imbambolato sul posto. Quasi come un automa si allontanò sedendosi il più lontano possibile dal ragazzo.
La squadra di Levi era ormai piegata in due dalle risate. “Armin ma che cazzo succede, perché dicono e fanno ste cose” chiese all’amico.
“Eren ma ti sei visto stamattina? Disse questo. “No ero di fretta!” “E perché eri di fretta??????” Urlò Ymir da un angolo provocando sonore risate da tutti tranne Jean e Mikasa.
“STATE ZITTI” urlò Eren implorando Armin di fargli capire. L’amico lo prese per un braccio e lo trascinò in bagno. Arrivati allo specchio Eren sgranò gli occhi per la sorpresa: il colore rosso prevalente sotto al suo viso; almeno 3 morsi; succhiotti che partivano da sotto l’orecchio e arrivavano sino alla base del collo. Si toccò la pelle imprecando perché ci avrebbero messo giorni a tornare normali e oggi doveva pure incontrare il Comandante Erwin.
Armin ormai rideva perché tanto non c’era alcuna necessità di fingere e tutti avevano capito. Lo spinse nuovamente in sala da pranzo dove altre battute e altre risate lo accolsero in modo poco dignitoso.
bè ci sono tanti modi per insegnare che una cosa che non ci appartiene non va toccata”, disse Hanji.
“Si allora tu dovresti fare succhiotti a tutti i titani che uccidiamo” rispose Erd.
“Che schifo!” disse Petra.
Gli occhi di Eren incontrarono solo per un attimo quelli del Capitano. Si sarebbe vendicato ma aveva come l’impressione che Levi non aspettasse altro che quel momento.
FINE

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