L'universo parallelo

di Adish
(/viewuser.php?uid=456216)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Risveglio ***
Capitolo 2: *** Dove eravamo rimasti ***



Capitolo 1
*** Il Risveglio ***


 
Spazio Ignoto
Galassia: Sconosciuta
Settore: Sconosciuto
Anno terrestre: Ignoto


A distanza di anni luce, Osiride rilevò un puntino sulla mappa spettrale, la prima volta dopo anni nel Vuoto. In quel frangente non poté prevedere che quel puntino fosse appena collassato su sé stesso, causando un'incredibile esplosione che li avrebbe presto coinvolti.
Il protocollo era semplice. Avviare una routine di calcoli predefiniti al fine della classificazione della stella, controllare la rotta spaziale correggendola verso il punto spettrale. Il risultato venne archiviato nel settore della Galassia D8WH2, nuovo polo spaziale. La rilevazione venne corretta due secondi dopo, e dopo il terzo mutamento di forma, la nave spaziale tornò completamente in funzione.
Le luci della cabina di pilotaggio si accesero, un sistema automatizzato controllò il funzionamento del Centro Operativo, che ritornò perfettamente in funzione. Osiride avviò il sistema di gestione emergenza, la probabilità di una Supernova di Tipo II era considerata una calamità spaziale L3, potenzialmente letale. Il procedimento di sveglia dell'equipaggio della navicella era stato già avviato, ma anche nelle condizioni di emergenza, richiedeva tempo che la nave non aveva.
Osiride calcolò tre possibile rotte sicure, intanto i rilevatori di materia fecero partire il countdown. Cinque minuti e trentasette secondi per attuare uno degli ultimi tre salti possibili dalla nave.
Venne avviata la procedura di salto di approssimativamente quaranta mila anni luce. I propulsori di accelerazione si spensero mentre un grosso cannone si allungò sulla prua della nave. Nessuno degli occhi umani poteva vedere l'apertura di una finestra di lancio, Osiride aveva appena ordinato uno squarcio nella dimensione. L'astronave oltrepassò il varco dimensionale, pochi minuti prima che l'onda esplosiva investii l'area circostante.


Il primo a oltrepassare la porta del sonno criogenico, fu il capitano Burges. La capsula si orientò verticalmente, e infine il guscio si aprii su sé stesso, rilasciando il corpo del capitano nella stanza. Si mise a quattro zampe in attesa che gli occhi si abituassero alla flebile luce nella camera di criogenia, un forte odore chimico pervadeva la stanza, e la sensazione di nausea prese il sopravvento.
Si alzò dopo qualche minuto, constatando che anche gli altri si erano risvegliati. Il pavimento non ancora illuminato era ricoperto di una sostanza fangosa molto appiccicosa, dopo che si abituò al forte odore, si ricordò che era preferibile rispetto a quello di vomito e dei corpi umani dopo il sonno criogenico.
Mise la mano istintivamente sulla parte inferiore del guscio, e tirò fuori la boccia di acqua, poggiò la cannuccia sulle labbra screpolate e aspirò goccia per goccia cercando di lenire la secchezza della gola. Dopo qualche minuto fu anche in grado di parlare, sentendo i grugniti e i lamentii degli altri.
“State tutti bene, ragazzi?” sussurrò strizzando gli occhi. Le forme e i colori erano più chiari ma non riusciva a mettere completamente a fuoco.
In tutta risposta ricette altri grugniti, e sentii una figura femminile tossire vomitando. Fece i primi passi verso lei, e si inginocchiò per aiutarla a bere qualche sorso d'acqua. Successivamente, un'altra figura si avvicinò aiutando il capitano ad alzare la ragazza.
“Aumentate luce, temperatura e diminuite la gravità” disse con voce roca il Capitano.
Un terzo accese un display, alzò la luminosità della stanza, e rese a tutti più facile stare in piedi. Cinque corpi nudi camminavano a tentoni in una stanza tonda. Il Capitano Burges e una donna sorreggevano ancora la ragazza che pareva svenuta.
“Bentornati alla realtà signori” esordì un giovane di colore, seduto ancora nel guscio. Accanto a lui, un uomo calvo annui solenne.
“Silvia ci penso io ad Anna, la porto in infermeria e poi vi raggiungo” rivolgendosi alla donna che lo aiutava. “Avete trenta minuti per sistemarvi e mangiare, poi vi voglio nel Centro Operativo per il punto della situazione” continuò volgendo gli occhi sul resto della squadra.


Sollevò delicatamente il corpo della ragazza, sforzandosi a causa dei muscoli atrofizzati, e s'incamminò verso la porta circolare che riconobbe la presenza del capitano. Passando per il corridoio notò subito le luci rosse, segno che non erano ancora arrivati a destinazione, ma che il loro risveglio era dovuta ad una emergenza. Diede un occhio alla seconda stanza criogenica, che manifestò i primi segni di vita.
Nella stanza medica l'uomo posò la ragazza nella macchina incubatrice, impostò il guscio che si chiuse in sé stesso. Si soffermò per qualche secondo ad osservare il corpo della ragazza, e si rasserenò dal fatto che schiuse subito gli occhi.
“Alberto arriverà presto. Riposati finché non ti sentirai meglio, poi ti voglio a rapporto sulle tue condizioni sanitarie” sentenziò duramente guardandola negli occhi.
Ritornò sui sui passi e prese l'ascensore verso gli alloggi, percorse la strada illuminata fino ad arrivare ad una porta su cui scritto: Alfred Burges, capitano dell'Astronave Osiride.
Nella stanza, illuminata caldamente, predominava un grosso letto, accanto alla porta era incassato un grosso armadio a due ante. Sopra il comò era stato posto un piccolo oblò, l'uomo incuriosito si avvicinò, rimase piacevolmente stupito osservando una maestosa nebulosa gialla, sembrava un mare infinito su sui sorgeva un'imponente torre dorata. Per un attimo quest'immagine gli fece dimenticare i suoi compiti, ma ritornò subito in sé. Ancora frastornato si diresse verso il suo bagno privato, dove uno specchio rivelava un volto scavato e trasandato. I capelli e la barba bianche argentate erano disordinati, sembro un veterano di guerra e sono allo stesso tempo così giovane.
Dopo un bagno, sfoltii la barba e indossò la sua divisa. Si diresse verso il comparto mensa, dove dei pacchetti di carni liofilizzati erano stati già disposti per il pasto. Già seduto ad aspettarlo c'era un uomo sulla quarantina di colore con folti baffi argentati, aveva disposto perfettamente il suo vassoio, le posate e i tovaglioli; e lo stesso aveva fatto per il posto davanti al suo. Silenziosamente Burges scelse la carne di pollo, e se lo porto al posto. Si trovo faccia a faccia con l'uomo, si scambiarono un occhiata, ed iniziarono a mangiare. Il pasto consisteva in un composto giallo, simile ad un budino, che teoricamente conteneva tutte le proprietà nutrienti utili ad una persona adulta, ovviamente al gusto di pollo.
“Non siamo ancora arrivati, vero Navigatore?” disse ad un tratto Burges.
“Temo di no, capitano. Emergenza di pericolosità L3, siamo vivi per miracolo. Osiride ha iniziato a compilare un rapporto di tutto quello che è successo...” rispose l'uomo.
“Quanto tempo?” lo interruppe con tono aspro.
“Direi settantasei anni terrestri, almeno” dichiarò l'uomo baffuto. “Sapremo di più al meeting dopo, gli altri stanno bene?”.
“Anna è svenuta, e l'ho portata in Medica, gli altri credo che stiano relativamente bene; nell'altra stanza invece?” disse mangiando.
“Leo non si è svegliato dal sonno”.
La risposta fece tentennare il capitano, che poso il cucchiaio e guardò negli occhi l'amico. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Dove eravamo rimasti ***


Capitolo 2 – Dove eravamo rimasti


Si dice che durante il sonno criogenico non si sogni mai, anzi è un po' come affacciarsi sulla finestra della morte, allora ciò che ho visto è l'inferno. Leo aprii gli occhi due giorni dopo il risveglio dell'equipaggio, riconobbe subito il luogo in cui si trovava, una culla di Medica. Il corpo completamente atrofizzato non dava segni di vita, l'intero corpo doleva per lo shock del risveglio.
Muovendo lo sguardo incrociò lo sguardo del medico, Alberto. I lineamenti duri dell'uomo non riuscivano a nascondere il sollievo.
“Speravo non ti svegliassi più”, disse sforzandosi ironicamente, “riesci a muovere i muscoli facciali?”.
“...sete”, sibilò Leo, costringendosi a muovere le labbra screpolate.
Al tocco della culla la capsula si schiuse, e la fredda luce della sala accecò gli occhi di Leo, tanto che dovette ripararsi con una mano. Il dottore lo aiutò ad alzare il busto, ma fitte di dolori lancinanti trapassarono i fianchi del ragazzo e penetrarono dentro la carne; non poté trattenere imprecazioni.
Tremante senti la freschezza dell'acqua inumidire lentamente la bocca, e infine la gola per scendere con un brivido di freddo nelle interiora. Nonostante il dolore si dovette piegare in due per crampi allo stomaco.
“Presto mangerai, stamattina ho staccato l'alimentazione venale affinché tu non te la prendessi troppo comoda. Ti aspettano alcune settimane di duro lavoro.” spiegò, inumidendosi le labbra continuò, “Ci siamo svegliati tutti due giorni fa, tranne te, abbiamo creduto che eri morto ma fortunatamente il tuo cervello a cominciato a rispondere alle grosse dosi adrenalina in seguito ad una sessione di scossa”.
Leo continuò a bere attraverso la cannuccia più acqua possibile, ad ogni sorso si sentiva meglio, nonostante il retrogusto acido che gli saliva in gola. “Stavo sognando”, sibilò staccando la cannuccia, “ero bloccato in un posto terribile, c'erano tutti...”, girò il volto incrociando lo sguardo del medico, “...anche tu”.
Il giorno dopo varcò la porta della sala con un foglio di dimissioni in mano, e una rigida sequenza di esercizi ed una dieta speciale a base di oli liofilizzati. Il giorno precedente aveva avuto l'occasione di salutare tutto il team in visita, tranne una persona che aveva intenzione di incontrare. Incrociò il Navigatore che lo avvisò di una riunione straordinaria in cui sarebbe stato informato di cosa stesse succedendo, la notizia che il motivo del risveglio fosse da attribuirsi ad una grave emergenza giunse anche alle sue orecchie, ma nemmeno Jack, il primo pilota nonché amico di Leo, era a conoscenza di ulteriori dettagli. L'unica cosa che era riuscito a capire, era che Burges e il Navigatore stessero nascondendo qualcosa, ma forse quella sera avrebbero saputo di più. Nonostante gli anni passati insieme, il Capitano osservava rigidamente ogni singola voce del codice.
Passando per il corridoio, venne attirato da dei rumori familiari, stavano risvegliando qualcuno dell'equipaggio supplementare ipotizzò immediatamente. Spinto dalla irrefrenabile curiosità, entrò nella stanza. La scena che si ritrovò ad assistere era abbastanza divertente, una donna dai capelli rossi alta quanto la stanza stessa, aveva appena vomitato sulla testa di Marc, biologo e planetologo della nave, che quando non aveva nessun compito, veniva impiegato come tuttofare.
“Odio questo lavoro, odio questa nave...”, aveva iniziato uno soliloquio che interruppe alla mia presenza, “e tu prova a ridere, e giuro che ti avveleno durante il tuo prossimo ciclo”, sentenziò con quel suo accento dolce e morbido.
“Giuro che mi dispiace”, continuò a scusarsi con un vocione la donna gigante. L'aveva vista solo una volta, durante la colonizzazione di Kròl.
La donna si girò e venne incontro a lui, notando la decisione di Marc di ignorarla. Leo impallidì incontrando i seni poderosi che gli arrivavano al mento, e notò dalla sesta capsula, un altro uomo seguirla. Si spostò dall'entrata e si presentò gentilmente, ma venne sorpreso dal fatto che entrambi ricordavano perfettamente chi fosse nonostante il lungo ciclo.
Non fece tempo di girarsi che notò una terza presenza grazie all'odore familiare che emanava, la riconobbe subito. “Anna!”, disse girandosi.
Lo squadrò con uno sguardo severo, “Sei sopravvissuto allora, ciao Leo”, disse senza mostrare alcuna emozione incontrandolo. Deve essere proprio arrabbiata, pensò.
Anna si risolse subito agli altri due, “Wiliam, Kate, bentornati. Vi prego di seguirmi ma intanto prendete questi accappatoi, com'è stato il sonno?” esordì, ignorando Leo.
Non seguii più la conversazione e presto li vide andare via, rimasto deluso dal comportamento della ragazza rimase impalato pensante.


Una fila a semicerchio di poltrone delimitava la sala meeting del modulo di comando della stazione, mentre al centro sorgeva un ampio tavolo bianco su cui era stata proiettata la mappatura spaziale, e verosimilmente la nostra attuale posizione. Il Capitano silenzioso camminava circospetto davanti a tutti, il nervosismo era palpabile e l'aria che si respirava non era una delle migliori. Tutti erano in piedi, in attesa dell'ultimo membro del personale.
Il familiare rumore delle porte preannunciò l'arrivo del Navigatore. Il capitano scambiò un occhiata con lui, e con un cenno, tutti si misero a sedere. La riunione iniziò.
Dopo convenevoli e la presentazione dei due ingegneri incaricati, il Capitano lesse il suo rapporto.
“...La nave ha effettuato il salto d'emergenza in occorrenza dell'esplosione di una Supernova che ci avrebbe investito letalmente, tuttavia il fatto che Osiride non abbia rivelato anticipatamente il pericolo, mi fa presumere che ci siano dei malfunzionamento. Dunque, ora ci sono delle notizie buone e cattive notizie, dove volete che parta?” chiese con il solito tono severo.
“Smettila di girarci attorno, ci siamo persi” sbottò Silvia, con una espressione che mostrava tutti i suoi anni biologici.
“In realtà non esattamente”, il Navigatore fermò il Capitano pronto a risponderle. “Il Salto è stato effettuato due volte; il primo prevedeva l'arrivo nel sistema di Fenice Rossa, nelle zone periferiche di Andromeda, la posizione della nostra sonda esplorativa più distante, a circa 40 anni luce. Purtroppo siamo finiti in una tempesta di asteroidi, e qui viene il bello. Oltre ai danni ricevuti allo scafo, il secondo salto ha destabilizzato il tracciatore temporale, facendoci uscire dal flusso, e siamo finiti decelerando e consumando tutta l'energia raccolta in nove anni. Siamo fuori da Andromeda, ma Pegasi, zona di quarantena”, con dei gesti della mano ingrandì l'immagine, “Siamo a pochi giorni da una luna di un pianeta dove è stata impiantata una Cellula sette secoli fa; Ho trovato in archivio le informazioni su di essa, dopo che il progetto è stato definitivamente abbandonato dopo i numerosi fallimenti, l'osservazione dello sviluppo di questa civiltà è stato dimenticato. L'ultima volta era scaturita un'epidemia che ha colpito il 70% della popolazione, ma è ancora probabile che ci sia della vita. Io e il Capitano siamo giunti alla conclusione che il nostro viaggio finisce qui, dopo più di 78 anni terrestri di servizio, Osidire è arrivato a destinazione e ha realizzato il suo obiettivo di colonizzazione universale. E' tempo per tutti di ritornare alla civiltà, ma prima dobbiamo atterrare in quel pianeta, e poi penseremo come contattare la Terra.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3666831