Kiwi

di creamkisses
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno. ***
Capitolo 2: *** Due. ***



Capitolo 1
*** Uno. ***


L'ultima campanella della mia vita da liceale aveva appena smesso di suonare, mentre tutti gettavano appunti e compiti all'aria uscii da quell'istituto per l'ultima volta e giurai di non metterci mai più piede.

Quella scuola era letteralmente un inferno, non servivano bulli o bimbi viziati a renderla tale, bastava la falsità che aleggiava nei corridoi tra i sorrisini e le risatine scambiate tra i vari amici a convenienza, non esisteva persona in quell'istituto con un'amicizia vera e questo mi intristiva da morire; possibile essere così vuoti e superficiali su cose importanti come l'amicizia? A quanto pare lo era.

Tornai a casa a piedi, volevo lasciarmi il passato alle spalle e prendere l'autobus non avrebbe aiutato, Wolverhampton era troppo piccola e, di conseguenza, abitavamo tutti nello stesso quartiere, cresciuti insieme e rimasti soli insieme.

Mi bastò sbattere la porta di casa per ritrovarmi mia madre davanti; due occhioni sgranati mi osservavano attentamente in attesa di sentire di sentire qualche novità, che puntualmente non arrivava mai.

"Vado su, preparo le valige" fu l'unica cosa che dissi a mia madre prima di precipitarmi al piano superiore, chiudendomi a chiave nella mia stanza; adoravo stare da solo in silenzio, amavo stendermi sul letto e pensare a tutte le cose positive che la mia nuova vita mi avrebbe portato; amicizie, pace, magari amore.

Non avevo mai avuto una ragazza, sinceramente non mi ero nemmeno mai interessato ad averne una, in una piccola città come questa tutti sono stati con tutti, tranne che con me.

Dopo una ventina di minuti disteso sul letto mi alzai, dirigendomi a passo stanco verso il grande armadio a quattro ante della mia stanza; non mi sarei portato nemmeno la metà di tutti i vestiti che mia madre continuava a comprarmi, alcuni erano talmente osceni che avevano ancora il cartellino.
                                                                                 

   ********** 

"Sono pronto!" urlai dal piano superiore, sapendo che i miei genitori e le mie sorelle mi aspettavano con ansia al piano inferiore, mia mamma già piangeva e le mie sorelle sghignazzavano, seppur fossero più grandi erano proprio delle bambine e non vedevo l'ora di lasciarmi alle spalle anche loro.

Scesi le scale con molta flemma, portandomi appresso la grande valigia piena di abiti e due borsoni pieni di cose che mai avrei potuto lasciare lì; la mia musica, i miei libri, la mia macchina fotografica e il mio pc.

                                                                                   

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"Chiamaci quando ti sistemi!" urlarono in coro i miei genitori, scaricandomi come un cane abbandonato sul ciglio della strada, ad una decina di metri dal centro informazioni del college; non ero mai stato così contento di vederli andare via.

Annui facendo poi un piccolo gesto della mano, accennando un sorriso sforzato per convincerli ad allontanarsi e a non imbarazzarmi ancor di più, non potevo iniziare la mia nuova vita passando già per uno sfigato.


**********
 

"Liam Payne", dissi alla signorina seduta dietro alla scrivania del reparto smistamenti.

Avrei preso la chiave della mia stanza e mi ci sarei chiuso dentro per le dodici- o forse venti- ore successive.

Avevo un'estate davanti prima di iniziare il college, mi sarei ambientato facilmente arrivando lì ben tre mesi prima, e a quanto pareva non ero l'unico ad averla pensata così, viste le duecento persone in fila dietro di me.

"Stanza 17, due letti e un bagno. Divertiti!" disse la signorina porgendomi gentilmente le chiavi della mia stanza, che un po' simboleggiava la mia nuova vita.

                                                                                        ***************

La trovai quasi subito, era vicina al centro informazioni e al supermercato del college; una posizione abbastanza strategica e comoda, me la sarei fatta andar bene.

Aprii la porta della stanza con qualche difficoltà, dopotutto avevo una valigia e due borsoni con me e la serratura era difettosa, 'iniziamo bene' pensai prima di varcare la soglia.

La stanza era carina, due letti all'apparenza comodi, un bagno abbastanza spazioso, una tv sospesa al centro della stanza e due armadi  doppi; dopotutto era accogliente, mi ci sarei abituato.

Ero solo, quindi scelsi per primo il letto, abbandonandomi a peso morto su quello a destra, lasciando cadere a terra valigia e borsoni.

Non feci in tempo a chiudere gli occhi che sentii la porta aprirsi; quello doveva essere il mio compagno di stanza.

"Ciao, sono Liam!" esordii con un sorrisone alzandomi con un balzo dal letto, raggiungendo il giovane per stringergli la mano.

"Zayn" mormorò gettando le sue valige e i borsoni sul letto su cui poco prima ero disteso.

Restai in silenzio, ero un attimo scosso da quel che era appena successo e non avevo nemmeno le forze di dirgli che quello era il mio letto, così presi da terra le mie cose e le posai sul letto a sinistra, sdraiandomici sopra poco dopo; quella sarebbe decisamente stata una difficile convivenza.

 

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Capitolo 2
*** Due. ***


Erano passate solo poche ore dal mio incontro con il mio coinquilino e già avevo voglia di cambiarlo, magari con uno più socievole e gentile.
Ero ormai abituato alla gente scorbutica, appunto per questo nella mia "nuova vita" non volevo persone di quel genere; avrei dovuto porre dei limiti a quel tizio, ovviamente non mi sarei fatto trattare come un cane bastonato.

Ormai vagavo per il campus da una quarantina di minuti, avevo visto la piscina coperta, il campo da tennis, la piazza centrale, la caffetteria, una piccola discoteca, gli edifici con le aule, la palestra e la sede centrale di tutto il college; era così bello essere in un posto dove nessuno sapeva il mio nome o la mia storia, avrei potuto dire di essere un milionario di ventisette anni di nome Edward Pryceroyal e mi avrebbero creduto.

Finalmente avevo la possibilità di essere qualcuno.

Entrai a passo lento dentro il piccolo supermercato del campus, acquistando due bottiglie di acqua frizzante -fin troppo rara in Inghilterra- e quattro barrette di cioccolato bianco, il mio preferito.
Pagai con un sorrisone prima di uscire in fretta e furia, correndo verso la mia stanza per mettere il mio prezioso cioccolato nel piccolo frigobar, non potevo permettere alla mia unica fedele  fonte di nutrimento di sciogliersi sotto i 37 fastidiosi gradi di giugno.

Entrai di scatto, spingendo la porta con una spalla e trovandosi davanti uno Zayn intento a cambiarsi; in quel momento non solo il cioccolato si stava sciogliendo.

Sotto sotto avevo sempre saputo di essere gay e in meno di trenta secondi Zayn me lo aveva confermato, nessuno se ne era mai accorto e io non avevo mai sentito il bisogno di dirlo, dopotutto una persona va vista per quello che è, non per quello che le piace.

Scossi appena il capo per scacciare dalla mente quei pensieri, tornando a concentrarmi su quel che avevo davanti; un meraviglioso ragazzo scorbutico, maleducato e dalla pelle ambrata ricoperta di tatuaggi all'apparenza privi di senso.
Balbettai qualcosa di incomprensibile prima di voltarmi, chiudendo la porta dietro di me, raggiungendo poi il frigobar come se nulla fosse, aprendolo per posarci dentro tre delle mie quattro fedelissime barrette.

Ne scartai una, sedendomi sul mio letto prima di addentarla ad occhi chiusi, godendomi la dolcezza di quella meravigliosa pietanza che, seppur quasi liquida per il caldo, restava una delle mie preferite.

"Sta gocciolando" disse Zayn ridacchiando appena, mordicchiandosi la lingua fra i denti prima di gettare l'ennesima maglietta sul letto, provandone un'altra.

Portai immediatamente la mano all'altezza del cavallo dei pantaloni, sbirciando con la punta dell'occhio per vedere quanto grande fosse la figura di merda che avevo appena fatto.
Ma solo quando notai una chiazza di cioccolato bianco sciolto a terra capii che non ero io a "gocciolare", ma il cioccolato.

Risi ad alta voce, facendo voltare Zayn con aria confusa e infastidita.
"Cosa ti diverte così tanto?" domandò con tono ironico, alzando appena il sopracciglio destro prima di voltarsi nuovamente verso la valigia, estraendo l'ennesima maglietta da provare.

Rimasi in silenzio, era una di quelle domande che non avevano bisogno di una risposta.


 

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