Chi sei veramente Harley?

di telesette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Crederci ancora ***
Capitolo 2: *** Fiducia ***
Capitolo 3: *** Festa a sorpresa ***
Capitolo 4: *** L'ombra del Joker ***
Capitolo 5: *** Giocattoli e ricordi ***
Capitolo 6: *** Una infatuazione imprevista ***
Capitolo 7: *** Illusione d'amore ***
Capitolo 8: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 9: *** Verità svelate ***
Capitolo 10: *** La fine... o il principio! ***



Capitolo 1
*** Crederci ancora ***


Chi sei veramente Harley?
immagini tratte da internet


- Sono o non sono grande?
 

Harley Quinn batté le mani con ammirazione, mentre il grande areostato a forma di "testa del Joker" si sollevava nei cieli di Gotham con il nuovo motore a idro-reazione appena rubato dai laboratori delle industrie sperimentali Wayne.

- Con questo bel gingillo, anche una rudimentale mongolfiera come questa potrà concorrere con il BANG supersonico dei più moderni aerei a reazione - gongolò il criminale. - Cosa non darei per vedere la faccia di Batman quando lo saprà...
- Sei fortunato allora, tesoro - esclamò Harley facendo segno con l'indice di guardare giù. - Il pipistrello sta arrivando proprio in questo momento!

Al Joker per poco non saltarono le coronarie, quando si rese conto che la Batmobile stava sfrecciando nelle strade sottostanti per non perdere di vista il mezzo con il quale i due squinternati supercriminali si stavano dando alla fuga. Subito Joker provò ad accendere il motore rubato, in modo da sfruttarne l'energia per seminare lo scocciatore, ma essendo un prototipo ancora in fase sperimentale non poteva generare abbastanza potenza con più di un passeggero a bordo.

- Dannazione, abbiamo troppo peso con noi - imprecò il criminale.
- Ma no, zuccherino, io sto pure facendo la dieta - piagnucolò Harley, tastandosi le proprie curve senza neanche un filo di grasso.

Ignorandola, Joker continuò ad armeggiare col motore, conscio che la Batmobile stava guadagnando terreno e che ben presto il pipistrello si sarebbe lanciato loro addosso con uno dei suoi soliti rampini da aggancio.
Sotto di loro, intanto, Batman stava dando istruzioni a Robin su come gestire il navigatore per puntare la Batmobile dritta sul bersaglio.

- Mantieni la velocità - disse. - Sto per azionare l'espulsore!
- Va bene!

Joker stava digrignando i denti per la rabbia.
Un piano che stava filando liscio come l'olio rischiava adesso di fallire, per una banalissima questione di peso supplementare, a meno che...

- Ehm, Harley cara - sogghignò dolcemente, afferrando la ragazza con violenza per il bavero. - Lo sai cosa fanno le mongolfiere per mantenersi in quota?
- No, zuccherino - rispose lei ingenuamente. - Cosa fanno?
- E' semplice: buttano fuori la ZAVORRA !!!

Ciò detto, Joker scaraventò Harley di sotto da una quota di almeno centoquaranta metri.
La ragazza urlò, agitandosi disperatamente nel vuoto, ma già avvertiva l'inevitabile momento in cui si sarebbe spiaccicata al suolo come una frittella. Joker non batté ciglio nel vederla cadere, accompagnandola con una crudele risata goliardica, mentre lei invocava a squarciagola il suo nome supplicandolo di aiutarla.

- Spiacente, Arlecchina mia - sorrise sventolando un palloncino sgonfio. - Sono finiti i paracadute!
- Nooo... AIUUUTOOO !!!

Dalla sua posizione, attraverso le apparecchiature sofisticate della Batmobile, Batman poté assistere in diretta a tutta la scena e ciò lo riempì di rabbia. Il cinismo del Joker era veramente senza limiti: era addirittura giunto a sbarazzarsi della sua alleata, l'unica donna sufficientemente pazza da amarlo sinceramente fino all'abnegazione, senza alcuno scrupolo e senza neppure un briciolo di rimorso.
Che cosa doveva fare?
Salvarla significava rischiare di perdere il diabolico pagliaccio che, ormai libero da qualsivoglia ostacolo, poteva tranquillamente sfruttare appieno tutte le risorse del motore per sfuggire alla cattura. D'altra parte Bruce Wayne non poteva lasciar morire deliberatamente qualcuno, neppure se questi stava dalla parte opposta della barricata, era questa la regola che si era imposto al momento di indossare la maschera.

- Cambia la sequenza, Dick - ordinò. - Sposta i parametri dalla mongolfiera e imposta il bersaglio di aggancio su Harley Quinn ma presto!
- Ma... Così rischiamo di perdere il Joker! Ormai gli siamo addosso e...
- Fa come ti dico!

Robin ammutolì.
Quando Batman impartiva un ordine categorico non c'era verso di contraddirlo. In men che non si dica la sequenza di aggancio fu invertita sulla velocità di caduta della donna e, fissando gli accessori necessari alla fibbia della cintura, Batman scagliò il rampino su uno dei grattacieli in lontananza e si catapultò fuori dalla Batmobile giusto in tempo per salvare Harley Quinn da una ben misera fine.
Il braccio muscoloso del pipistrello attorno alla vita, togliendole il fiato fin quasi a farla svenire, la riportò alla realtà più in fretta della velocità con la quale era precipitata giù dalla mongolfiera.

- Ehi, dico - esclamò lei contrariata. - Va bene salvarmi la vita, ma non c'è alcun bisogno di "soffocarmi", credo!

Ignorando le sue sciocche proteste, Batman sganciò il rampino e atterrò su uno dei cornicioni onde farle riprendere fiato. Contemporaneamente chiese a Robin la posizione attuale del Joker, pur sapendo che ormai era troppo tardi per riprendere l'inseguimento, e infatti il ragazzo gli spiegò che il segnale della mongolfiera era sparito dal radar e da tutte le altre apparecchiature disponibili.

- Lo immaginavo - mormorò Batman rassegnato. - Telefona al commissario Gordon e digli di mandare qualcuno a prendere Harley Quinn!
- Potresti almeno chiedere cosa ne penso, no? - replicò aspramente l'interessata. - Se non fossi piombato a rovinare tutto, come al solito, io e Mr. J a quest'ora saremmo da Chef Maxime ad assaporare caviale davanti ad una bella coppa di champagne... Invece del menù di Arkham, a base di pane e acqua!

Batman non disse niente.
Semplicemente si limitò a rimettere a posto gli accessori nella cintura, nascondendo il tutto alla vista sotto il mantello, e fissò duramente Harley attraverso le strette fessure triangolari degli occhi.

- Cos'è, ti aspettavi forse che ti ringraziassi o magari che ti buttassi le braccia al collo? Beh, mi dispiace BATS... Decisamente non mi considero una grande sostenitrice del tuo fun-club! 
- Mi accontento di constatare che sei "viva" - rispose Batman atono. - Il resto non mi riguarda!

Harley s'acquietò di colpo, non senza una certa dose di vergogna.
In fin dei conti, Batman le aveva appena salvato la vita mentre Joker, per poco, non gliela faceva perdere.
Chi era il vero "Mostro di Gotham" tra i due, il pagliaccio psicopatico o lo psicopatico uomo-pipistrello?
Harley non sapeva più che pensare, tanto si sentiva triste e vuota, e il pensiero che i suoi sentimenti per Joker non fossero ricambiati era semplicemente troppo difficile da accettare.
Lei lo amava!
Lo amava malgrado tutto, malgrado il fatto stesso che egli avesse appena tentato di ucciderla, e questo non era certo "divertente" come pensava.
Batman era l'unico a nutrire un minimo di interesse per lei, forse pietà o forse solo una qualche forma di compassione, ma di certo non gli era indifferente lasciarla spiaccicare al suolo da centoquaranta metri di altezza.
Forse gli doveva qualcosa, dopotutto.
Anche solo un semplice "grazie", modesto ma sincero, qualcosa doveva pur dirgli.

- Batman - esalò quasi con un singhiozzo. - Ecco, io...

In quella riecheggiarono giù dalla strada le sirene della polizia. Bullock e altri due agenti erano appena giunti a prelevare Harley Quinn per trasferirla al manicomio criminale di Arkham seduta stante.
La ragazza si accasciò rassegnata, aspettando che gli agenti salissero a metterle le manette ai polsi. Tuttavia, prima di andarsene, fu Batman a dirle qualcosa di sincero e confortante allo stesso tempo.

- Ricordo il tuo primo ed unico giorno di libertà vigilata - esclamò lui, un attimo prima di spiccare il volo tra i tetti. - Molti non credevano al tuo ravvedimento, e certo oggi difficilmente ti darebbero un'altra occasione per dimostrarlo, ma se ti può interessare io ci ho creduto per te... e ci credo ancora!
- Eh ?!?

Harley non riusciva a credere alle proprie orecchie. 

( continua )...

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Capitolo 2
*** Fiducia ***


Harley avrebbe scontato un periodo di carcere preventivo di circa otto mesi, senza poter contare sulla libertà provvisoria dietro cauzione ( dal momento che nessuno si sarebbe sognato di sborsare una tale somma di denaro per una poco di buono come lei ). Era una situazione identica a tante altre volte, nulla di eccezionale, eppure Batman continuava a sedere davanti al monitor del computer sito nella Batcaverna senza dire una parola.

- Se posso permettermi un suggerimento, signor Bruce, non credo che le schede della polizia di Gotham siano il genere di letture appropriate per conciliare il sonno - disse Alfred, osservando da dietro le spalle dell'altro i files che comparivano sullo schermo.
- Sto studiando la scheda personale della dottoressa Quinzel - spiegò Bruce senza battere ciglio. - Non so perché ma, nonostante i rapporti dei medici di Arkham, sono sempre più convinto che ci sia qualcosa di "artificiale" in quello che potrebbe definirsi solo uno squilibrio comportamentale del soggetto!
- Oh, capisco!
- Ci sono troppe incongruenze, troppe contraddittorie in quelle che risultano essere le convinzioni della sua architettura mentale... Lo stesso rapporto della dottoressa Callaghan in merito pare confermarlo! Ecco qua: al momento del suo rilascio in Libertà Vigilata, Harleen Frances Quinzel era perfettamente in grado di intendere con le regole sociali la differenza tra "giusto" e "sbagliato"... Eppure, meno di ventiquattr'ore dopo, il suo scoppio di rabbia e il sequestro di Veronica Vreeland le è costato la reintegrazione immediata al manicomio criminale di Arkham, e nonostante Veronica stessa abbia cercato di intercedere per lei presso le autorità non le è stata concessa alcuna attenuante!
- Non può sorprendersi di questo, signor Wayne - fece notare Alfred. - Lo sa benissimo che i trascorsi da criminale spazzano via ogni possibile attenuante dal tavolo della giuria!
- Appunto, Alfred - ribatté l'altro. - E' proprio questo che non torna: Harley avrebbe dovuto rispondere dei danni occorsi alla proprietà cittadina, dal momento che la Vreeland non ha sporto alcuna denuncia, eppure qualcuno ha fatto in modo di commutare il carcere obbligatorio alla sentenza più dura ed inappellàbile!
- E questo cosa vorrebbe dire?
- E' semplice, Alfred: Quinn non è pazza, non del tutto almeno... ma c'è "qualcuno" che sta cercando in tutti i modi di far sì che, agli occhi della società, lei resti tale!
- Qualcuno? - ripeté Alfred sbigottito.
- Qualcuno che non si fa scrupoli nel decidere della vita di una persona... finanche al punto di rovinargliela per sempre!

Risultati immagini per batman animated series gifCosì dicendo, Bruce si accasciò rassegnato davanti al computer.
Tramite la scansione elettronica, basata sui dati immessi nel terminale, l'immagine di Joker appariva più che mai nitida come l'unico punto di riferimento presente nel cervello di quella povera donna.

- Finora tutti erano concordi sul fatto che Joker abbia liberato le inibizioni della Quinzel, dando forma e sostanza a ciò che lei era realmente, invece ha fatto molto più di questo: ha spinto sulle domande e i dubbi di una donna innocente, giocando con la sua mente e con il suo cuore allo stesso tempo, e la cosa più atroce è che le sta negando in tutti i modi anche solo la possibilità di riavere una vita normale... Per lui, lei è solamente un giocattolo!

Alfred tacque.
In un certo senso, ciò che era capitato alla Quinzel somigliava molto a ciò che il signor Bruce era diventato. Il trauma che lo aveva spinto a diventare Batman, smarrendo completamente la possibilità di una "vita" per Bruce Wayne, era il risultato involontario di un criminale che si era immesso con ciò che egli aveva di più caro al mondo.
Batman non sarebbe mai tornato ad essere solo e soltanto Bruce Wayne, questo Alfred lo sapeva bene, così come Harley Quinn forse non sarebbe mai tornata ad essere la dottoressa Quinzel.
Entrambe queste persone erano strettamente "legate" ad un qualche condizionamento, qualcosa che li spingeva ad agire con maschere ed identità separate. A pensarci bene, forse, proprio il fatto che Bruce Wayne fosse in grado di capire e comprendere fino in fondo il "dramma" esistenziale di Harley Quinn poteva essere la chiave per aiutare quest'ultima a rinsavire.

- Dica, signor Bruce - mormorò Alfred con tono più che compassionevole, ponendogli una mano sopra la spalla. - Se lei si trovasse al posto di quella donna, solo e con un'idea fissa in mente, cosa riuscirebbe a farla rientrare in pace con sé stesso?
- Non lo so, Alfred - ammise Bruce. - E' da quando li ho visti morire, senza poter fare nulla, che non mi sento in pace con me stesso...
- Ma lei non è "completamente" solo, signore - fece notare Alfred. - Lei può contare su di me, sul signorino Dick o sulla dottoressa Thompkins... La signorina Quinzel invece, ad essere onesti, non ha nessuno!
- Sarebbe inutile, Alfred - ribatté l'altro bruscamente. - Harley non vuole accettare la realtà, rifiuta la società e i rapporti col prossimo, preferisce difendere le sue illusioni anche a costo di soffrire!
- Certo, perché è tutto quello che "crede" di avere - sottolineò dunque Alfred. - Ma basterebbe poco per convincerla che non è così: una parola gentile, una persona disinteressata su cui appoggiarsi... un amico, per esempio!
- Alfred, per favore, non essere ridicolo - tagliò corto Bruce. - Pensi davvero che Harley vedrebbe Batman come un amico?
- No, certamente - concordò Alfred tranquillo. - Ma potrebbe fidarsi del miliardario benefattore Bruce Wayne!

***

- E' una procedura insolita - osservò più tardi il commissario Gordon, quando Batman giunse a chiedergli il permesso di scambiare qualche parola con Harley Quinn. - Non vuoi proprio dirmi il motivo di questa tua richiesta?
- Si tratta di un dubbio che continua a ronzarmi in testa - spiegò l'altro. - E se è come penso io, forse, per lei esiste ancora una possibilità di ricominciare daccapo!

Gordon sospirò.

- Credimi, anch'io sarei contento di vedere che, una volta tanto, il sistema riesce a "recuperare" qualcuno... Ma temo che Harley sia un caso disperato!

Ciò detto, Gordon mostrò a Batman le immagini riprese dalla telecamera di sorveglianza nella cella di Harley Quinn. Costei aveva strappato lembi bianchi dalle lenzuola per appiccicarli alla parete con del chewing-gum e, mordendosi più volte il polpastrello con gli incisivi, vi aveva disegnato sopra alla meglio delle grosse labbra rossastre.

- Ha sempre il desiderio di riunirsi al suo Joker, non pensa mai ad altro - osservò il vecchio commissario sconsolato. - E pensare che è ancora così giovane, ha solo ventisei anni e tutta una vita davanti, ma la sua mente...
- Lasciami parlare con lei, per favore!

Gordon lo osservò stupito.

- Va bene, se proprio ci tieni, ma continuo a pensare che stai solo perdendo tempo!

Come previsto da Gordon, Harley non fu propriamente "entusiasta" di ritrovarsi il pipistrello dinanzi alla porta aperta della cella. Dapprima anzi, dopo averlo squadrato da capo a piedi, piantò subito un broncio restandosene a braccia conserte con una smorfia piena di evidente fastidio dipinta in volto.

- Che sei venuto a fare? - domandò sprezzante. - Sto facendo la brava, non sto cercando di evadere, e poi tutti i miei appuntamenti fuori di qui sono saltati... Grazie a te!
- Noi due dobbiamo fare una chiacchierata!
- Ah sì, beh mi dispiace ma sei in ritardo, l'orario delle visite è finito da un pezzo!
- Eh-ehm - tossicchiò il commissario Gordon. - In realtà, visti i tuoi precedenti, non ti sarebbe concesso nemmeno il parlatorio... Si tratta di uno strappo alla regola, in via del tutto eccezionale!
- "Eccezionale" un corno - ribatté Harley sputando la chewing-gum per terra. - Dov'è il mio avvocato? Non mi è concesso neanche averne uno d'ufficio?
- Rilassati - fece Batman. - Non è un interrogatorio, voglio solo parlare con te, nient'altro!

Harley era ancora piuttosto diffidente ma, poiché non aveva niente di meglio da fare che guardare le pareti della sua cella, ogni diversivo si presentava più che mai interessante. La ragazza indietreggiò, lasciando che Batman entrasse nei suoi "alloggi" privati, e subito dopo Gordon richiuse la porta della cella con un sonoro CLIK-CLAK della chiave che veniva girata nella serratura.
Batman si guardò attorno.
Nonostante lo spazio angusto dell'ambiente carcerario, Harley era riuscita ad apporre qualche tocco tutto personale alla stanza. Alcune minuscole radici filtrate attraverso le fessure delle pareti avevano messo su dei piccoli fiori, da che Harley si era messa ad innaffiarli ogni giorno con un po' d'acqua ( e forse anche grazie a qualche trucco insegnatole dalla sua amica Poison Ivy ); lo specchio e il lavandino erano puliti e ordinati con molta cura, senza aloni di sporcizia o altro; e nel molto tempo libero che aveva a disposizione si era perfino messa a ricamare un volto sorridente del Joker sulla coperta della branda.

- Mettiti pure comodo, BATS - esclamò beffarda. - Oh, scusa Batman... Dimenticavo che non ci sono sedie qui dentro!
- Sei a conoscenza del fatto che la tua è una detenzione preventiva e che, secondo la legge, puoi tranquillamente beneficiare della libertà su cauzione?
- Sì, me lo hanno detto quando mi hanno arrestata - sbuffò. - Insieme a tutte le altre baggianate sul "diritto di rimanere in silenzio", eccetera eccetera eccetera...

Harley si sedette di traverso sulla branda accavallando le gambe in modo molto sexy, anche a dispetto della castigatissima uniforme carceraria che aveva addosso, tuttavia Batman non era certo lì per ammirare le sue arti da seduttrice.

- Ho un amico che, se glielo chiedo io, non avrebbe alcun problema nel pagarti la cauzione e tutte le altre spese legali...
- Oh, interessante - sorrise Harley rimirandosi le unghie con noncuranza. - E chi sarebbe il fesso?
- Ma c'è una condizione - si affrettò a puntualizzare Batman. - Vale a dire che tu accetti di sottoporti ad un nuovo esame di riabilitazione, seguendo la terapia necessaria, e questo mio amico si assicurerà che tu venga assistita dai migliori specialisti di Gotham anziché il personale medico di Arkham!
- Sééé, come no... E chi sarebbe questo tuo "amico" che fa i miracoli, Gesù Cristo?

Batman tacque un momento, in modo che Harley potesse riflettere bene su quanto le aveva appena detto.
La ragazza era ovviamente dubbiosa e poco convinta. Batman era senza dubbio un guastafeste e la causa di tutti i problemi del suo adorato Mr. J, ma non aveva alcun motivo per ingannarla.
E poi perché avrebbe dovuto?
Forse anche il pipistrello aveva voglia di illuderla, di divertirsi crudelmente facendosi beffe di lei, o forse era davvero in buona fede?
Harley rifletté, lo sguardo assente rivolto verso le sbarre alla finestra della sua cella, e per un attimo le ritornò alla mente un certo ricordo di non molto tempo fa.

***

- Ma c'è una cosa che vorrei sapere - esclamò Harley, rivolgendo a Batman un'occhiata piena di stupore e curiosità. - Perché mi sei rimasto al fianco tutto il giorno, rischiando la pelle per una che non ha fatto altro che procurarti dei guai ?
- So quanto sia difficile ricominciare daccapo - spiegò lui, traendo fuori da una busta il vestito che lei aveva acquistato ai grandi magazzini e porgendoglielo garbatamente. - Perché anche a me andò tutto storto... un giorno! (*)

Harley arrossì commossa.
Nessuno le aveva mai parlato con tanta gentilezza. Batman non solo si era preso la briga di salvarla, bensì si era sinceramente preoccupato per lei. Anche solo il gesto di restituirle quel vestito, un semplice scamiciato da pochi dollari, per lei valeva più che se si fosse trattato di un esclusivo abbigliamento di Armani firmato.
Quello era il SUO vestito, una cosa che le apparteneva, e Batman restituendoglielo le aveva appena dimostrato che non vi erano solo ingiustizie al mondo per quelli come lei.
Forse il pipistrello non era poi così male, dopotutto, se gli stavano a cuore quelli che potevano essere i sentimenti e le lacrime di una poco di buono.
E se Harleen Quinzel aveva commesso degli errori, per quanti e quanto gravi essi fossero, con quel semplice gesto Batman le aveva appena dimostrato di essere davvero disposto a credere in lei...

***

- Qualcosa che non va? - domandò Batman scorgendola quasi sul punto di piangere.
- Eh ?!? No, niente... M... Mi dev'essere entrato qualcosa nell'occhio!
- Hai riflettuto su quello che ti ho detto?
- Dimmi prima una cosa, Batman - mormorò Harley, guardandolo seriamente negli occhi. - L'ultima volta, quando mi hai detto quelle cose sul tetto di quel palazzo... Sì insomma, eri sincero?

Batman annuì.

- Io, ecco... In realtà volevo ringraziarti, per avermi salvato la vita e per tutto il resto, ma il fatto è che... vedi...
- Pensaci sopra con calma - tagliò corto Batman, bussando lievemente alla porta per far cenno a Gordon di aprirgli. - E quando avrai deciso, ricorda che esiste almeno una persona disposta a darti fiducia!
- Batman, aspetta!

L'uomo pipistrello si voltò, tendendole la mano con amicizia.
Harley la osservò, esitando lì per lì se stringerla o meno, ma alla fine si convinse nel credere alle sue parole. Certo Batman non le aveva mai mentito, di questo era assolutamente sicura, e forse gli interessava veramente offrirle quella possibilità di cambiare.

- Io, beh... Tu mi conosci, no? Non sono quel che si dice una "brava ragazza" ma, se tu mi garantisci che quel tuo amico può e vuole aiutarmi, io ti credo!
- Avrai tutto l'aiuto che ti serve - la rassicurò Batman. - A cominciare dal vivere in una casa vera, anziché un covo o un penitenziario di stato, dove nessuno ti giudicherà per il tuo passato... Il resto dipenderà da te!
- Accidenti, BATS - fece Harley, stringendo la mano dell'altro con trasporto. - Se sei così carino con tutte le ragazze che incontri, come fai ad essere ancora scapolo?

Gli occhi lànguidi e la voce seducente di Harley per poco non fecero arrossire Batman che, tossendo nervosamente, si congedò goffamente dalle sviolinate effusioni della ragazza.
Forse Alfred aveva visto giusto.
Forse Harley era davvero in grado di ricominciare tutto daccapo, buttandosi alle spalle la sua tormentata parentesi a fianco del Joker, ma solo il tempo avrebbe saputo dimostrarlo o meno. Dal canto suo, colei che si definiva la "donna" del Joker aveva appena messo spontaneamente la propria fiducia nelle mani del pipistrello.
Già questo, di per sé, costituiva un evento a dir poco straordinario.
Non meno straordinario però, alcuni giorni dopo, fu vedere il signor Wayne firmare alcune pratiche nell'ufficio del commissario Gordon per ottenere il rilascio e la custodia cautelare della dottoressa Quinzel.

continua )...

(*) le frasi sono riprese dalla scena finale tratta dall'81° episodio della serie animata del 1992/1995 - "Libertà Provvisoria"

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Capitolo 3
*** Festa a sorpresa ***


Quando Harley vide la grande villa dei Wayne, malgrado le manette ai polsi e i due agenti assegnati alla sua sorveglianza, non poté fare a meno di ammutolire per lo stupore.
Quella villa era un vero e proprio castello!
Oltretutto la cosa più sorprendente era che, per esplicita richiesta del signor Wayne, alla signorina fosse riservato il diritto di viaggiare dal carcere a Villa Wayne in automobile anziché sul furgone cellulare addetto al trasporto dei detenuti.
Per Harley fu come ritrovarsi in una specie di sogno: il grande viale alberato che conduceva all'ingresso, i poliziotti che facevano scattare via la serratura delle manette, e persino un elegante maggiordomo sulla soglia che le si inchinava davanti chiamandola "signorina" e chiedendole se aveva fatto buon viaggio.

- Se vuole gentilmente concedermi il suo bagaglio, signorina - esclamò Alfred galantemente. - Sarò lieto di mostrarle la camera e, per qualunque cosa lei abbia bisogno, non esiti a chiedere!
- Cavoli, dici sul serio? - fece Harley sbalordita, sventolando la mano dinanzi agli occhi di Alfred. - Posso davvero chiedere tutto, anche una coca-cola ghiacciata con la cannuccia e il bicchiere di vetro lungo?

Alfred batté le palpebre perplesso.

- Beh... Sì, naturalmente - balbettò. - Se è suo desiderio, farò in modo di accontentarla!
- Che forza, fratello, tu sì che sei a posto - squittì Harley, schioccando un bacio affettuoso sulla guancia dell'imbarazzatissimo maggiordomo. - Sei troppo simpatico!

In quella, Bruce Wayne fece la sua apparizione dinanzi alla villa.

- Bene, Alfred, vedo che hai già conosciuto la nostra ospite!
- Con... permesso, signor Wayne - fece Alfred timidamente, cercando di nascondere il vistosissimo segno di rossetto lasciato dalle labbra di Harley. - Porto in camera i bagagli della signorina!
- Fai con comodo, Alfred - sorrise Bruce. - Sono convinto che miss Quinzel abbia bisogno di guardarsi un po' attorno, dico bene?

Harley fece per rispondere ma, prima che potesse dire qualcosa, uno degli agenti addetti alla sua custodia, ricordò al signor Wayne che, per qualunque necessità, lui e il suo collega sarebbero rimasti di guardia nei paraggi secondo gli ordini del commissario Jim Gordon.
La ragazza si incupì.
Ma chi voleva prendere in giro? Quella villa supermagnifica non era altro che un tipo diverso diverso di prigione, una molto più accogliente forse ma sempre una prigione, e la sua cauzione era stata pagata da un miliardario che aveva solo tanti soldi da buttare via.

- Scusi, signor Wayne - gemette lei guardandolo tristemente. - Posso farle una domanda?
- Ma certo - fece lui gentilmente. - Di che si tratta?
- Ecco... Non sono sicura che sia del tutto esatto ma, mentre ero in cella, qualcuno mi ha detto che avrebbe chiesto ad un suo "amico" di intercedere per...
- Infatti è proprio così - spiegò Bruce tranquillo. - Batman mi ha spiegato la situazione e, per quanto mi sarà possibile, ho già predisposto tutto per far sì che la sua riabilitazione venga pienamente riconosciuta!
- Davvero Batman le ha chiesto di fare questo per me?
- Anche Batman è un essere umano, signorina, proprio come me e lei - osservò l'altro. - Forse le sembrerà incredibile, forse persino un po' assurdo, ma le assicuro che quanto le ha detto è la pura verità: d'ora in avanti, potrà abitare qui tutto il tempo che le occorrerà, il mio maggiordomo Alfred sarà a sua completa disposizione per qualunque necessità, e non dovrà preoccuparsi di alcun tipo di spesa!
- Ma lei si fida davvero ad accogliere in casa sua una che, fino a venti minuti fa, stava in un carcere di massima sicurezza?
- Batman si fida di lei - tagliò corto Bruce serio. - E se lui può accordarle fiducia, non vedo perché non debba farlo anche io!

Harley singhiozzò in preda alla commozione.
Non era abituata a piangere sul serio, anche perché nel caso rischiava sempre di disfarsi tutto il trucco, tuttavia una lacrima cominciò a scenderle ribelle lungo la guancia.

- E'... E' buffo - mormorò. - Mi capita di piangere così di rado che, ora che mi servirebbe, non ho nemmeno il fazzoletto!
- Tenga - esclamò Bruce, porgendole galantemente il proprio. - Non ha motivo di sentirsi a disagio, davvero!
- No, non si tratta di questo - spiegò Harley. - E' che faccio ancora fatica a credere che... Insomma, è meraviglioso sapere che delle persone hanno fiducia in te, non è una cosa che capita spesso!

Bruce le sorrise con fare rassicurante.
In quel momento, la "temibile" Harley Quinn sembrava davvero una ragazzina smarrita e spaesata. Per la seconda volta, da che il Joker era entrato nella sua vita, le si presentava l'occasione di cambiare. Batman, il signor Wayne e quel simpatico maggiordomo di nome Alfred... Tutti loro sembravano così sinceri, così onesti nei modi di fare e di parlare, tanto che Harley sentiva di poter veramente ricominciare daccapo con un altro spirito e una rinnovata fiducia nel prossimo.

- So che le occorrerà del tempo, per rimettere ordine nella sua vita, miss Quinzel - esclamò ancora Wayne con un sorriso ancora più smagliante sul volto limpido e generoso. - Ma sono sicuro che farà del suo meglio e, se la cosa può rincuorarla, mi sono permesso di organizzarle una piccola serata tra le persone più facoltose di Gotham per festeggiare il suo reinserimento nella società... Naturalmente sarà lei l'ospite d'onore!

Harley ammutolì per lo stupore.
D'istinto si buttò ad abbracciare il signor Wayne, con tale impeto che questi quasi rischiò di cadere, non trovando parole sufficienti per ringraziarlo. Lui le spiegò che non si trattava proprio di una sua iniziativa bensì di un'altra persona che, sapendo del suo imminente rilascio, si era presa la briga di fare un giro di telefonate pregando appunto Wayne di organizzare la serata nel migliore dei modi.
Harley non riusciva proprio ad immaginare di chi poteva trattarsi.
Continuò a scervellarsi per ore sulla fantomatica persona amica di Wayne e, quando finalmente giunse l'ora stabilita per la festa in suo onore, quasi si sorprese di come ogni miliardario lì presente la fissasse con ammirazione anziché con paura e timore.
Il vestito che indossava ( anch'esso dono dell'anonima amicizia di Bruce Wayne ) le era stato recapitato in un pacco proveniente dalla più esclusiva boutique della città. Si trattava di uno sfarzoso abito da sera, con scollatura vertiginosa sulla schiena e guanti di seta bianchi, che sembrava cucito su misura per lei. Oltre a ciò, Harley aveva anche ricevuto una stupenda collana ed un paio di costosissimi orecchini per un valore complessivo di almeno duecentocinquantamila dollari.
Sembrava una principessa delle favole, con indosso tutti quei costosissimi accessori, e lo stesso Wayne si disse onorato di presentare una fanciulla così leggiadra ed elegante al cospetto delle persone più importanti di tutta Gotham City.
Harley si sforzò di sorridere, tanto era confusa e preoccupata, in un ambiente così diverso e sconosciuto dal proprio. Aveva una gran paura che tutti si mettessero ad urlare o a chiamare la polizia di lì a poco, tanto le mettevano ansia le centinaia di occhi puntati addosso, ma in realtà tutti gli uomini nella sala erano solo irresistibilmente affascinati dalla sua persona.
Senza dubbio, quella sera, Harley era la donna più bella ed affascinante di Gotham.
Bruce le rimase al fianco tutto il tempo, presentandole uno ad uno i vari ospiti, per poi affidarla alle cure di una persona che lei conosceva già molto bene... e che era rimasta tutto il tempo in fondo alla sala ad osservarla compiaciuta.

- Non posso crederci - mormorò Harley incredula, non appena riconobbe la donna sofisticata dinanzi a lei. - La signorina Vreeland o... o forse posso chiamarti Veronica? Non so, io...

La bella Veronica, lasciando il proprio calice di champagne in mano a Bruce, si fece avanti a stringere le mani di Harley tra le proprie.

- Ti vedo bene, Quinn - esclamò. - Non ti vedo da quando... Beh, da quella emozionante corsa in auto che abbiamo fatto insieme quella volta che mi hai sequestrata!
- Oh, te lo ricordi ancora, vero? - gemette Harley.
- Tranquilla - la rassicurò Veronica. - Non sarei certo passata a comprarti il vestito e i gioielli, se ce l'avessi con te, non ti pare!
- Cavolo - scattò subito Harley. - Avrai speso una fortuna...
- Oh, sciocchezze - ribatté Veronica con noncuranza. - Non ho mai speso più volentieri, te lo assicuro, oltretutto vedo con piacere che ho scelto bene... Sei splendida, semplicemente splendida, te lo assicuro!
- Sì, confermo - fece eco Bruce, ritornando lo champagne a Veronica e offrendone una coppa anche ad Harley. - Si impone un brindisi, voi che ne dite?
- Cin-cin - fece Veronica con un sorriso.

Harley accettò con gratitudine, sorseggiando appena il liquido, tossendo perché le bollicine le solleticavano il naso. Sia Bruce che Veronica non riuscirono a trattenere una risatina divertita. Harley arrossì vistosamente, lasciandosi contagiare da quell'atmosfera festosa, in mezzo a delle persone buone che, proprio come aveva detto Batman, non avevano alcuna intenzione di giudicarla solo sulla base del suo passato.
In quel momento, Harley si sentì davvero felice. 

continua )...

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Capitolo 4
*** L'ombra del Joker ***


La festa fu un vero e proprio successone, Harley fu eletta anima della serata anche dalle dame presenti, le sue battute e la sua spontanea vivacità furono apprezzate da tutti. Perfino quel burbero musone del giornalista Robert Flagstary, famoso per il senso dell'umorismo particolarmente esiguo, salutò cordialmente Wayne e la Vreeland con le lacrime agli occhi per il gran ridere.

- Una festa veramente magnifica, Wayne - ridacchiò. - Quella ragazza è veramente uno schianto, le dedicherò un articolo a quattro colonne nella pagina mondana, non mi ero mai divertito tanto prima di stasera!
- Allora Bruce - esclamò Veronica guardandolo con aria saccente. - Ho avuto o no una buona idea, nel voler introdurre la tua ospite nel nostro ambiente?
- Beh, io mi auguro solo che tutto questo possa aiutarla - disse l'altro. - Lo sai anche tu, non ha avuto una vita facile finora e...
- Ah, sciocchezze, sono pronta a scommettere che se la caverà benissimo - tagliò corto Veronica con sussiego. - E' una ragazza brillante, vivace, è molto simpatica!
- Lo è sempre stata, a modo suo s'intende - ironizzò Wayne garbatamente.
- Il tuo sarcasmo, Bruce, è di pessimo gusto - gli fece notare Veronica.
- Ma no, volevo solo dire che...
- Io invece penso che, quando il suo periodo di cura sarà finito, potrei anche presentarla agli amici di mio padre: il Primo Ministro, il Senatore... il Presidente!
- Non ti sembra di correre un po' troppo?
- Sei tu che ti fai troppi problemi, Wayne, io te l'ho sempre detto!
- Ma... io...
- Ma dico, guardati: hai una villa enorme che potrebbe ospitare tipo le famiglie di un intero quartiere di Gotham, eppure ti ostini a viverci solo con Alfred...
- Beh, vive anche Dick con me!
- Certo, quando non studia al college, ma al 90% questa casa è sempre e perennemente vuota!

In quella un forte rumore alle loro spalle, come di piatti rotti, li fece voltare di scatto.
Harley aveva accidentalmente urtato parte della cristalleria da esposizione, provocando una rovinosa reazione a catena, e adesso lei e Alfred non potevano far altro che contemplare il macello di almeno duemila costosissimi esemplari ridotti in briciole sul pavimento.

- Non più, temo - concluse Bruce con un sorrisetto forzato.
- Hmpf - fece Veronica, voltandogli seccamente le spalle e andando dentro a consolare una tristissima Harley Quinn.

La povera Harley non riusciva a capacitarsi del disastro appena commesso, temendo che ciò le sarebbe costato un biglietto di sola andata per Arkham seduta stante, perciò era crollata letteralmente in ginocchio a piangere lacrime di disperazione.

- Ehm, Harley carissima - mormorò Veronica cingendole le spalle per confortarla. - Perché piangi, cosa è successo?
- Sono una guastafeste, ho rovinato tutto - singhiozzò Harley, cercando invano di rimettere insieme due cocci di Murano. - Non troverò mai abbastanza colla per rimediare a questo disastro, il signor Wayne non me la perdonerà di certo, mi cacceranno via...
- Oh no, no che non ti cacceranno, calmati - si affrettò a spiegarle Veronica abbracciandola. - Questa è anche un po' casa tua, adesso, un piccolo incidente può capitare!
- Sì ma i piatti del discount costano pochi centesimi la dozzina - osservò Harley. - Questa, invece, è roba da ricconi che costa un occhio della testa!
- E se ti raccontassi quello che ha combinato Bruce durante il MIO ricevimento di qualche sera fa, quando è inciampato nel tavolo del buffet e ha rovesciato dolci e aperitivi addosso a tutti...
- Sul serio ?!?
- Te lo assicuro, è un tale imbranato che non ti puoi neanche immaginare! La settimana scorsa, ad esempio...

Bruce e Alfred si scambiarono un'occhiata complice.
La Vreeland sembrava proprio essersi presa molto a cuore il destino di Harley Quinn. A vederle così in confidenza tra loro, ridendo e scherzando come due amiche di vecchia data, non si sarebbe mai detto che in passato una era stata "ostaggio" dell'altra.

- La signorina Vreeland sembra avere un grande ascendente sulla signorina Quinzel - osservò Alfred. - Non trova anche lei, signor Bruce?
- Magari, Alfred - replicò l'altro. - Se Veronica le insegnasse a scaricare "legalmente" le mie carte di credito, certo ne sarei più contento che vederla tornare a rapinare negozi e gioiellerie col sorriso sulle labbra!
- E' sulla buona strada, signore - lo tranquillizzò Alfred. - Dobbiamo solo darle tempo!
- Me lo auguro, Alfred, me lo auguro di tutto cuore... per lei, soprattutto!

***

In realtà Bruce non era poi tanto tranquillo.
Sapeva che Harley ce la stava mettendo tutta per cambiare, e che era sincera, ma sapeva anche quanto fosse forte e profondamente radicata in lei l'ossessione per Joker. Quell'uomo era abbastanza folle da contagiare con la sua pazzia l'intero mondo, pur di sembrare normale, e di fatto Harley doveva essere solo una pedina del suo progetto... Una pedina creata e modellata a sua immagine e somiglianza.
Per anni Batman aveva combattuto contro Joker, scontrandosi anche con Harley Quinn, ma non si era mai fermato a pensare se quest'ultima fosse un caso disperato o meno.
A volte però, quando Harley finiva inevitabilmente per scontrarsi con quella che era la natura egoista del Joker, Batman era stato anche testimone silenzioso dei momenti in cui la stessa Harley giaceva a piangere, sola e abbandonata da colui che costituiva tutto il suo mondo.
Per Joker tutto era uno scherzo: la vita, la morte, i sentimenti... niente poteva né doveva essere mai preso sul serio.
Harley era la dimostrazione lampante di questa sua bizzarra teoria.
Da psicologa criminale che era, persona leale e coscienziosa, si era trasformata in una grottesca caricatura femminile. Era diventata una specie di "bambolina", un giocattolo privo di volontà propria, nelle mani di un pazzo sàdico e manipolatore. Harleen Quinzel era diventata Harley Quinn smarrendo praticamente tutto il suo amor proprio, come se la vita non le appartenesse più, e accettando passivamente di eseguire alla lettera ogni ordine dell'uomo che, secondo lei, per primo aveva saputo interessarsi a quelli che erano i "suoi" problemi.
Questo almeno era ciò che pensava.
In realtà Joker aveva solo calcolato più che bene il proprio tornaconto personale: una dottoressa del carcere, giovane ed inesperta, costretta ad ascoltare ogni giorno i problemi di altre persone senza mai il tempo né il desiderio di pensare alla vera sé stessa... una ragazza estremamente fragile, vulnerabile, come un ingranaggio precario all'interno di un meccanismo. Joker sapeva bene che, con una piccola spinta, gli ingranaggi più deboli possono cedere facendo crollare l'intero meccanismo.
Questo era ciò che aveva fatto con Harley, solo una "piccola spinta", niente di più.
Il resto lo aveva fatto da sola, affidandosi a lui e venerandolo come un Dio tra gli uomini, solo perché lui le aveva mostrato come vivere abbattendo le inibizioni create dalla società. Un atteggiamento liberatorio, per una persona cresciuta all'insegna della razionalità. Il punto era che Harley, perdendo il controllo, aveva finito per convincersi che l'unico modo per lei di essere felice fosse quello di dimenticare ogni regola.
Forse poteva guarire, forse no, in ogni caso Batman sperava che dire "addio" al Joker fosse davvero l'inizio di una nuova vita per lei.
Una vita "normale", almeno...

***

- Bruce... Bruce, mi stai ascoltando?

Improvvisamente Bruce si ricordò che Selina gli era seduta a fianco, nella sua automobile, e che lui stesso si era offerto di riaccompagnarla a casa dopo la festa in onore di Harley.

- Scu... Scusami, ero sovrappensiero!
- Questo lo vedo - sorrise lei, scoprendo sinuosamente parte della gonna per accavallare meglio le gambe. - Ma non ha a che fare con me, giusto?
- No - ammise lui con un sospiro.

Selina tacque.

- Bruce - cominciò. - Se stai pensando ad Harley Quinn, lascia che ti dica una cosa: certe persone non vogliono cambiare, altre non possono, altre semplicemente non vogliono e non possono... Non so se mi spiego!
- Sì, capisco cosa vuoi dire!
- No, non credo che tu possa - fece Selina tristemente. - Prendi me, per esempio: ora che tutta Gotham sa che sono Catwoman, sono "costretta" a rigare diritto; devo fare la brava gattina ubbidiente, anziché seguire il mio istinto e fare liberamente ciò che voglio... Perché? Perché non ho altra scelta, perché la società può tollerarmi solo come Selina Kyle e non come la vera me stessa!
- Ma...
- No Bruce, ti prego, risparmiami la tua compassione da ricco viziato - lo interruppe lei. - Senza offesa, ma tu sei troppo diverso da una come me o come Harley Quinn: tu sei Bruce Wayne, un miliardario ipercoccolato, non puoi pretendere di sapere cosa passa nella mente di noi ragazze cattive!
- Ma tu hai anche reso parecchi atti utili alla società... aiutando Batman, per esempio, molte attenuanti ti sono state riconosciute!
- Allora non capisci - rise Selina beffarda. - Quello si chiama "capriccio", e la volubilità di noi donne, non ci piace camminare su un lato sicuro della strada: qualunque sia l'ostacolo che ci viene incontro, dobbiamo camminare costantemente nel mezzo e vedere poi cosa succede!

Bruce non disse nulla.
Selina lo pregò di accostare la macchina al marciapiede, adducendo di avere voglia di proseguire a piedi.

- Non vuoi proprio che ti accompagni, allora?
- Non stasera, Bruce - rispose lei, dandogli un leggero bacio sulla punta delle labbra. - Te l'ho detto: le cattive ragazze sono volubili, oggi ci sono e domani non più... Anche Harley è così, e mi dispiace dirtelo brutalmente, ti conviene non farti troppe illusioni su quello che le riserva il futuro!

Ciò detto, Selina si allontanò senza fretta nei vicoli bui e scomparve nella notte.
Bruce riaccese il motore e prese a guidare senza meta lungo la strada silenziosa. Il pattume delle strade, compresi fogli vecchi di giornale e lattine vuote, sbatteva incessantemente contro il parafango al suo passaggio. Selina gli aveva appena riacceso i dubbi con le sue parole, sia pure in buona fede, come se volesse aprirgli gli occhi di fronte ad una realtà immutabile. La realtà che Harley era e rimaneva la "donna" del Joker, e che nessuno poteva farci nulla, che bisognava semplicemente accettarlo e basta.

- No - mormorò Bruce tra sé. - No, io non posso e non voglio accettarlo, finché esiste anche solo una possibilità per lei di cambiare!

In quella squillò il telefono della macchina.
Era Dick che, dopo aver trascorso giorni e notti intere ad esaminare dati al computer, lo informava di avere rintracciato la posizione attuale del Joker.

- Dimmi dove sei adesso - esclamò Dick. - Con la moto posso raggiungerti subito, così possiamo andare a prenderlo insieme!
- No, Robin - fu la risposta secca dell'altro. - Preferisco muovermi da solo, stanotte, tu e Alfred assicuratevi solo che Harley stia tranquilla e al sicuro nella sua stanza!
- Va bene, ma...

Batman interruppe la chiamata, sterzando violentemente l'auto e indossando il costume che teneva nell'apposito vano nascosto del cruscotto, dopodiché sfrizionò dando acceleratore a tavoletta e puntò deciso verso i capannoni abbandonati della AXIS-CHEMICAL-INDUSTRIES, dove Joker se ne stava attualmente rintanato in attesa che si calmassero le acque.

***

Il diabolico clown, vedendo quanto avrebbe guadagnato nel riprodurre il motore rubato per venderlo su larga scala, stava letteralmente "fondendo" mezza dozzina di calcolatrici una dopo l'altra.

- Duecentosessantatré miliardi ventinove milioni e trecentosessantasettemila, duecentosessantatré miliardi ventinove milioni e trecentosessantottomila, duecentosessantatré miliardi ventinove milioni e trecentosessantanovemil... Ops!

Il Joker imprecò, quando l'ennesima calcolatrice gli si ruppe in mano nel mentre che faceva il riporto.

- Fusa anche questa, maledizione, non si possono più neanche fare DUE conti con queste diavolerìe moderne!

Subito dopo però, passata l'arrabbiatura, si convinse che "contare" i possibili guadagni fosse il problema minore... e che l'importante era riuscire ad ottenerli.
Stava ancora gongolando e danzando euforico, misurando a grandi passi lo spazio vuoto del capannone tra le tante apparecchiature in disuso ammonticchiate intorno, quando improvvisamente venne a mancare la corrente.

- Che diavolo stai combinando con quel generatore, Rocco? - sbraitò Joker mettendo mano alla rivoltella. - Ringrazia che sono sempre di buonumore perché, se non lo ero, ti farei molta più paura di Ba...

Purtroppo, nel momento in cui la corrente venne riattivata, gli mancò il fiato sufficiente a finire la frase.
Batman in persona era lì, davanti a lui, e di certo non era venuto per una visita di cortesia.

- Batman, che sorpresa - esclamò il criminale, cercando di nascondere la rivoltella dietro la schiena. - Qual buon vento ti porta? Hai sete, posso offrirti qualcosa da bere?

Silenzio.
Joker indietreggiò di alcuni passi, sperando che l'altro abbassasse la guardia in modo da sparargli un colpo a bruciapelo, ma Batman continuava a puntargli addosso il suo freddo sguardo minaccioso tanto che al pagliaccio cominciarono a tremargli le ossa.

- E'... E' per via del motore, vero? - balbettò Joker, cercando invano una scappatoia. - A... Andiamo dai, si è trattato solo di uno scherzo: Bruce Wayne è un simpaticone, stavo proprio per rispedirglielo a casa personalmente con un bel bigliettino di scuse!
- Tu - sibilò Batman.
- Oooh, che coincidenza - fece Joker, cercando con ogni mezzo di distrarlo. - Io sono "io", e anche tu sei "tu", è piccolo il mondo vero... Piccolo come una palla in fronte!

BANG !!!

La rivoltella volò in aria, nello stesso istante in cui il Joker premette il grilletto. Batman gliela strappò di mano con una semplice sberla, afferrandolo poi per il bavero e stordendolo con un micidiale cazzotto in pieno volto.

- O... Okay, questo me lo meritavo - biascicò Joker, sentendo il sapore amarognolo del sangue riempirgli la bocca. - Va bene, va bene, mi arrendo: ho appena ritirato il vestito dalla tintoria, con quello che costa... Portami pure dentro e mettiamoci una pietra sopra, d'accordo?

La risposta fu un altro uppercut micidiale sotto il mento, tanto che il Joker andò a sbattere contro una delle tante apparecchiature abbandonate. Batman non sembrava affatto interessato al furto del motore, era piuttosto in preda ad una stranissima ed incontrollabile furia che lo spingeva ad assestare pugni violentissimi su quel buffone paranoico. Da principio Joker pensò di cavarsela con la resa, anche perché sapeva di non poter contrastare il pipistrello sul piano della forza fisica, ma Batman era davvero fuori di sé quella notte.

- Ba... Batman, ma che ti prende? - gemette il clown, tastandosi i lividi sul volto. - Non sai più stare neanche agli scherzi... Che ne è del tuo senso dell'umorismo, eh?
- Guardami - ruggì Batman, afferrandolo violentemente con tutte e due le mani e tenendolo sollevato da terra. - Ascoltami bene, perché te lo dirò una e una volta soltanto!
- Crrr... Mi dispiace, l'utente selezionato non è al momento raggiungibile - gracchiò Joker, come se realmente non gli importasse di fare una brutta fine. - Lasci pure un messaggio dopo il segnale acustico!

Sfortunatamente la trombetta carnevalesca del Joker non ebbe l'effetto sperato, anzi, fece irritare Batman in modo ancora più serio. Questi sbatté duramente Joker contro la parete, facendolo sussultare per il dolore, e nel contempo si assicurò che fosse abbastanza cosciente da recepire il messaggio.

- Finora hai giocato abbastanza, ti sei divertito a prendere quello che volevi, ma ora devi smetterla di giocare con la vita degli altri...
- Ba... Batman, ma che stai dicendo? - chiese Joker mezzo stordito. - Non avrai mica bevuto, fammi sentire l'alito!
- ASCOLTA - ringhiò ancor più ferocemente l'altro. - Harleen Quinzel ha pagato abbastanza per il tuo divertimento: ha perso il lavoro, la carriera e sé stessa... Le hai già tolto tutto, tutto quello che aveva!
- Aaaah, ma allora si tratta di Harley - sospirò Joker un po' più sollevato. - Potevi dirmelo subito, cosa credi, non sono mica geloso...
- Devi lasciarla in pace!
- Beh, ora però mi chiedi un po' troppo, non vorrai mica tenerla tutta per te?
- Lei non è il tuo "divertimento", paranoico farabutto che non sei altro, è un essere umano!
- Ghk... Lo sai, vero, che è una falsa magra? - biascicò Joker, nonostante le dita di Batman serrate attorno alla gola. - Lo so, non si direbbe con i vestiti addosso, ma ti posso assicurare che porta una quinta abbondante!

Così dicendo, il clown trasse fuori di tasca un buffo reggiseno di pizzo rosso e nero con due coppe enormi senza alcuna imbottitura.
Batman gli assestò un altro uppercut, e stavolta lo fece volare dall'altra parte del capannone, dopodiché gli fu addosso e lo fissò dritto negli occhi.
- Ho scoperto il tuo acrònimo, dai documenti registrati all'archivio della polizia di Gotham: l'ultimo trasferimento di Harley Quinn ad Arkham non è partito da Veronica Vreeland, perché non ha sporto denuncia, bensì dalla perizia psichiatrica emessa da John Owens Kendrall Everett Ruster... J-O-K-E-R !!!
- Co... Come hai fatto a capirlo?
- Ti sei inserito negli uffici amministrativi di Arkham, hai creato identità fittizie ognuna con un incarico preciso, sia tra il personale medico che tra gli addetti alla sorveglianza, e te ne sei servito all'occorrenza per rinchiudere o per rilasciare chiunque a tua scelta!
- Beh, sì lo confesso, mi piace elargire vacanze di tanto in tanto... Come si dice, in attesa di rilevare un'agenzia, faccio pratica!
- Te lo dico per l'ultima volta: lasciala in pace - l'ammonimento di Batman fu più che mai categorico. - Quella poverina sta facendo del suo meglio per ritrovare sé stessa, e Dio solo sa l'inferno che le hai fatto passare... Se hai ancora un briciolo di umanità, sotto questo tuo ghigno idiota, dimostralo facendoti da parte e lasciale vivere la sua vita una volta per tutte!

Joker assunse un'espressione differente dal solito.
Il suo ghigno era sempre lo stesso ma diverso, più disteso e rilassato, e le sue mani scostarono piano quelle di Batman senza sforzo.

- Tu credi veramente che io abbia il potere di decidere per gli altri - osservò il clown apparentemente serio. - Vieni qui per dirmi cosa devo o non devo fare e poi parli di "libertà" e di "decidere"... Piuttosto ipocrita, non ti sembra!
- Sai bene a cosa mi riferisco!
- Oh no, sei tu che non hai le idee molto chiare in proposito, Batman: io non ho costretto Harley a fare proprio niente, io l'ho "liberata"... Anzi, avendola vista in un certo senso rinascere, si potrebbe dire persino che sono suo padre!
- Un padre non uccide i suoi figli, buttandoli nel vuoto da centoquaranta metri di altezza!
- Però, detto da uno che alleva mocciosi a svolazzare sui tetti, c'è davvero da imparare come si tira su una famiglia!
- Non cambiare discorso, non ci provare!
- Sta bene, Batman, facciamo un patto - sentenziò Joker guardandolo con aria di sufficienza. - Io mi impegno a non interferire più con Harley, così da verificare chi di noi due ha ragione... Ma se sarà lei a cercarmi, allora, che cosa facciamo?

Batman si bloccò.
Il pugno levato all'indietro stava già per abbattersi sul ghigno beffardo del clown ma, per qualche motivo, la forza gli mancò al momento di colpirlo.
Ormai non vi era più niente da aggiungere, tutto quello che c'era da dire era già stato detto, e Batman non  poté far altro che scagliare il rampino verso l'alto e scomparire nell'oscurità così come era arrivato.
Joker rise, malgrado le ossa doloranti e le lesioni varie su tutto il corpo, e rise talmente di gusto che, anche quando il dolore si fece più acuto, il pensiero che Harley potesse davvero fare a meno di lui gli suonava come la barzelletta del secolo.

- Sei un comico nato, Batman - rise Joker istericamente. - Sul serio, hai sbagliato mestiere... AH-AH-AH !!! 

continua )...

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Capitolo 5
*** Giocattoli e ricordi ***


Durante il periodo della riabilitazione, oltre ad essere brillantemente seguita dal dottor Earl Brainwasley e dalla dottoressa Kathleen Umanhead ( due noti medici specialisti, oltretutto amici fidati della dottoressa Leslie Thompkins ), Harley si ritrovò a contatto con l'ambiente migliore immaginabile. Anziché offrirle una camera degli ospiti, anche per rispetto della sua intimità e privacy, Bruce Wayne aveva infatti messo a disposizione un'intera ala della sua enorme villa solo per lei. In pratica Harley disponeva adesso, a tempo indeterminato, di un alloggio privato e ultralussuosissimo che comprendeva: sei camere da letto, doppio bagno con doccia e vasca idromassaggio, un soggiorno con TV color e impianto stereo Hi-Fi da centosessantamila dollari, una sala di lettura, un salottino per le sedute terapeutiche, una sala da pranzo, una stanza da fitness completa di attrezzature e comfort, e perfino un solarium con lampade abbronzanti ed un lettino per massaggi professionale...
All'inizio si ritrovò comprensibilmente imbarazzata e a disagio, con il timore che il signor Wayne potesse accusarla di "furto" e rispedirla in carcere con la velocità di un pacco postale, ma con il passare dei giorni cominciò pian piano a prenderci gusto.
Secondo il parere dei due medici, l'influenza del Joker non aveva creato danni stabili alla sua psiche. Alle domande di interessamento di Bruce sulla situazione, entrambi rispondevano solo che la signorina Quinzel era attualmente "bloccata" in un'età mentale tra i quindici e i sedici anni. Col tempo e con pazienza, assecondando per quanto possibile le sue stravaganze da adolescente per un certo periodo, sia Brainwasley che la Umanhead sostenevano che la parte "adulta" della donna sarebbe riaffiorata naturalmente senza traumi.
Bruce fu molto sollevato di sentirlo e, sempre secondo consiglio dei due medici, si premurò di regalare ad Harley alcune tra le migliori console sul mercato e i videogiochi più in voga del momento. Sovente, quando non era impegnata a rispondere alle domande durante i colloqui, Harley trascorreva il resto della giornata leggendo e videogiocando, oppure imbrattando decine e decine di fogli di carta con tempere e pennarelli, tappezzando poi l'intera stanza con le sue... opere artistiche.
Alfred e Dick facevano del loro meglio per starle dietro.
Era impressionante la quantità di vestiti che Harley riusciva a sporcare, e altrettanto impressionante la quantità di lavatrici che doveva fare per lei il povero Alfred. Nelle partite ai videogiochi poi, dando sfoggio di un incredibile talento naturale, costei riusciva a battere continuamente Dick senza possibilità di appello.

- Sììì, ho vinto ancora iooo !!!
- Ma dai, non è possibile!
- Facciamo un'altra partita, dai, ancora una!

E così, dando libero sfogo alla sua esuberanza e all'infantile creatività, Harley riusciva poco a poco ad apprezzare fino in fondo il modello comportamentale delle persone attorno a lei. Tutti avevano un'influenza positiva, ciascuno a suo modo: Alfred con la sua pazienza ed il tipico humour britannico, spesso arrossiva quando Harley gli si parava dinanzi senza malizia, logicamente, ma più nuda che vestita; Dick invece andava piuttosto forte come tutore, nel tentativo di riportare il suo interesse ad attività di genere didattico, oltre che ai videogiochi e ai cartoni animati ( gli scacchi ad esempio, oppure la dama, i quotidiani locali, il telegiornale, i fatti di cronaca, etc. ), anche se non sempre con grande successo; Veronica Vreeland poi era solita farle visita spesso, quando si trattava di pettegolezzi e di pomeriggi all'insegna dello shopping di lusso, e agli occhi di Harley lei era diventata un vero e proprio GURU dello svaligiamento.

- Caspita - esclamava, ogni volta che leggeva gli scontrini chilometrici che i commessi battevano al registratore di cassa, quando le due donne uscivano insieme a fare spese. - E' incredibile come tu riesca a portarti via "legalmente" in un giorno quello che io e Mr. J fatichiamo a portarci via in un mese di rapine... Uno di questi giorni devi proprio darmi qualche lezione!
- E' semplice, Harley - sorrideva Veronica in risposta, rimirandosi con noncuranza nello specchietto del portatrucco per aggiustarsi il rossetto. - Il crimine non paga mai... Non quanto una buona scorta di Mastercard ORO, almeno!

Anche Bruce seguiva i suoi progressi con cura e sincero interessamento, non mancando mai di rivolgerle sempre sorrisi colmi di affetto e parole gentili.
Harley era al settimo cielo.
Il signor Wayne era così buono, così diverso dal Joker. Anche lui si interessava dei suoi problemi ma, anziché urlarle contro e minacciarla come era solito fare il clown squilibrato, con lei si comportava da perfetto gentiluomo.
Lo stesso giorno del suo arrivo a Villa Wayne, mentre le faceva fare il giro della casa per ambientarsi, le diede libero accesso ad una stanza semplicemente meravigliosa: piena di giocattoli "vecchio stile", tra cui pagliacci meccanici, pupazzetti a molla e vari animaletti di peluches.
Come ebbe modo in seguito di sapere da Alfred, quella non era altri che la vecchia stanza dei giochi di Bruce quando era piccolo. Era rimasta chiusa per molto tempo, tanto che persino Dick quasi ne ignorava l'esistenza, e ovunque vi era un sottile strato di polvere e qualche piccola ragnatela.
In un angolo, Harley vide qualcosa di tondo e marroncino: un orsacchiotto, più vecchio e consumato rispetto ad altri peluches meglio conservati, con un solo occhio ancora attaccato e un'espressione tenerissima cucita sul morbido muso di stoffa.

- Quello è Bussy - spiegò Bruce. - E' il primo giocattolo che ho avuto: allora non sapevo pronunciare bene il mio nome, così pensammo di chiamarlo con quel buffo nomignolo che emettevo quando avevo quasi un anno... "Bussy!"
- Dolcissimo - fece Harley commossa, picchiettandogli leggermente un dito sul naso.

Poi lo sguardo di lei si spostò al resto della stanza, in particolare su uno dei tanti quadri che Bruce all'epoca non riusciva a guardare senza soffrirne.

- Chi sono quelle persone nel ritratto? - domandò, adducendo ai volti sorridenti di una donna con un bambino in braccio e di un uomo accanto a lei, entrambi verso la quarantina e lui simile nell'aspetto a Bruce Wayne ad eccezione di un folto paio di baffi grigi.

Bruce sospirò.

- Loro sono... Erano i miei genitori - rispose.
- "Erano?" - ripeté Harley. - Vuol dire che...

Silenzio.
Harley si acquietò subito. Era comunque stata una dottoressa in psicologia, anche se non esercitava più ormai da tempo, e comprendeva ancora benissimo il riserbo e il rispetto per il dolore altrui. Per anni Bruce si era costretto a non entrare più in quella stanza, dove tante ore liete erano trascorse in compagnia delle due persone sorridenti raffigurate nel dipinto, tanto che Alfred si vide costretto a chiuderla a chiave per risparmiare al bambino momenti di agonìa indicìbile e lacrime di disperazione durante la notte.

- Mi dispiace - mormorò Harley sincera. - Non lo sapevo, giuro, non immaginavo!
- Va tutto bene - aggiunse Bruce tranquillo. - E' stato... molto tempo fa!
- Ma come è successo?

Harley avvertiva la profonda amarezza dell'altro.
Non poteva trattarsi di una morte accidentale: il respiro ed il battito cardiaco di Wayne erano troppo irregolari, segno che i suoi pensieri correvano ad immagini troppo violente per il sistema lìmbico, oltretutto le lacrime parlavano chiaro.

- E' successo tutto in un attimo, ma ogni giorno è come viverlo all'infinito, un attimo orribile e lunghissimo - fece Bruce con voce rotta dall'emozione e dal pianto. - Ricordo solo che eravamo insieme, quando quell'uomo tirò fuori di tasca la pistola, e un attimo dopo... Un attimo dopo, loro, non c'erano più!

Harley pianse a sua volta, soffiandosi rumorosamente il naso nel fazzoletto che il signor Wayne le aveva offerto appena arrivata. D'istinto avrebbe voluto fare o dire qualcosa per consolarlo, qualunque cosa, ma l'unica cosa che gli venne in mente fu di restituire l'orsacchiotto al suo legittimo proprietario.

- Tenga - gemette porgendogli l'orsacchiotto, come una ragazzina in lacrime che chiede scusa a un adulto. - Anche Bussy avrà sofferto, tutto solo qua dentro... 

Bruce ammutolì, chiaramente commosso dalla delicatezza del pensiero di Harley, e subito tornò a sorriderle.

- Io invece credo che, visto che vi siete appena conosciuti, sarà bene che vi facciate compagnia a vicenda!
- Sul serio - esclamò Harley incrédula. - Posso... Posso tenerlo davvero?
- Ma certo - concluse Bruce, riprendendo dunque il giro delle altre stanze. - Si metta pure a suo agio, questa è anche casa sua adesso! 

continua )...

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Capitolo 6
*** Una infatuazione imprevista ***


Contrariamente a quanto asserito dal Joker, col tempo, la personalità di Harleen Quinzel andava riaffiorando poco a poco.
Nel tempo, infatti, la donna dava segni di miglioramento sempre più evidenti. Un giorno ad esempio, invece del latte e cioccolato che era solita bere ogni mattina, chiese ad Alfred se poteva fare colazione con una brioches vuota e un thé leggero. Dick invece si stupì di vederla guardare un notiziario alla televisione, senza esserci costretta, e ancor più di sentirla rifiutare una partita ai videogames. La stessa Veronica, vedendola interessarsi sempre meno ai vestiti e indossare più volentieri dei volgarissimi indumenti a basso costo, lì per lì pensò che Harley fosse malata.

- Harley - domandò Veronica interdetta, vedendola uscire dal camerino con indosso un banale soprabito da non più di quaranta dollari. - Che ne è del visone che ti ho convinta a comprare la settimana scorsa?
- Ecco, non ti offendere, ma ho preferito restituirlo - spiegò Harley. - Il signor Wayne è già fin troppo gentile con me, non posso approfittare così della sua generosità!

Veronica rimase di sasso.
La verità era che Harley stava a poco a poco ristabilendo il proprio contatto con la realtà, mostrandosi sempre più attenta e contenuta nei modi di fare e nelle spese, e le sedute di terapia stavano mettendo in luce la sua "vera" personalità a lungo sepolta. Evidentemente la Quinzel, prima di abbandonarsi all'infatuazione per Joker, doveva essere una ragazza modesta senza pretese. Ogni giorno si diceva riconoscente dell'ospitalità del signor Wayne, sottolineando coi medici quanto fosse imperativo per lei trovare presto un lavoro e provvedere economicamente a sé stessa in modo da dimostrare tutta la gratitudine verso il suo benefattore.

- Sta migliorando a vista d'occhio, signor Wayne - spiegò il dottor Brainwasley pieno di orgoglio. - Devo farle i miei complimenti, la sua dedizione è stata essenziale per la nostra ospite!
- Ho fatto solo il mio dovere, dottore - disse Bruce. - Mi creda, sapere che Harleen Quinzel tornerà a reintegrarsi con la società è la migliore notizia che io abbia sentito finora!
- Oh, ma lei ha fatto molto di più: le sembrerà incredibile ma, con la sua influenza positiva, ha innescato una specie di processo reversivo!
- Che intende dire?

Brainwasley provò a spiegarsi in modo più chiaro.

- Ecco, lei sa benissimo che, quando la signorina è venuta a vivere qui, era ancora effetta dall'adorazione per quel pagliaccio criminale del Joker!
- Certo, e con questo?
- Con questo, sia io che la Umanhead stiamo piacevolmente constatando che... Ecco, è evidente che miss Quinzel nutre ora grande rispetto ed ammirazione nei suoi confronti: ecco, guardi qui, questi sono gli ultimi disegni che ha fatto!

Bruce osservò attentamente i fogli che il dottore gli mise davanti.
Nei suoi disegni più recenti, Harley aveva messo da parte l'immagine di Joker circondata da cuoricini e aveva eletto come nuova "famiglia ideale" tutte le persone a lei care conosciute a villa Wayne: c'erano Alfred, Dick, Veronica... e ovviamente vi era anche lui, al centro di un grosso cuore colorato di rosa.
Bruce strinse gli occhi.

- Dottore - esclamò preoccupato. - Non mi starà dicendo che il suo miglioramento deriva da un'infatuazione piuttosto che da un'altra?
- Beh, anche se fosse, non può certo definirsi una cosa negativa - tagliò corto il dottore semplicemente. - Insomma, è più che evidente che la ragazza vi ha eletto come suo "nuovo" punto di riferimento: in voi vede la gentilezza, la bontà d'animo, e può anche darsi che l'ammirazione abbia generato in lei ben più di un sentimento d'affetto!

Bruce annuì, anche se con una certa perplessità.
Non aveva proprio previsto che Harley potesse sviluppare un qualche tipo di attrazione verso di lui. Del resto era prevedibile, visto il modo in cui era vissuta accanto al Joker, dove umanità e gentilezza le erano quasi certamente venute a mancare per molto tempo. Ma non immaginava certo che, trattandola come una persona di famiglia, Harley potesse affezionarsi a lui a tal punto.

- Dottore, le confesso che ho qualche dubbio, circa il fatto che ciò sia positivo!
- Beh, con il dovuto rispetto, signor Wayne: la signorina è giovane, avvenente, le sue condizioni migliorano a vista d'occhio; lei pure è un uomo affascinante, scapolo, con un'ottima posizione sociale...
- Non mi riferivo a quello - ribatté Bruce seccato. - La Quinzel ha una visione troppo fiabesca dell'amore: crede nel colpo di fulmine, dove tutti vivono felici e contenti... Ma cosa succederebbe, se si trovasse di fronte a una delusione proprio ora che sta ritrovando il modo di rifarsi una vita onesta?

Il dottore sgranò tanto d'occhi.

- Beh, ecco io, veramente non... Non so che dirle, signor Wayne, davvero... Certo il suo discorso non è affatto privo di logica, anzi, mi stupisce che lei non abbia fatto psicologia!
- Sia sincero, dottore - fece ancora Bruce guardandolo negli occhi. - Pensa sia meglio far finta di niente, oppure è il caso di parlarle direttamente in modo da evitarle qualunque tipo di illusione?

Il dottore si grattò il mento pensieroso.

- Sinceramente, non ne ho idea - ammise. - Che il suo stato sia in costante miglioramento è un dato di fatto, tuttavia... Beh, messa di fronte ad un forte shock emozionale, è difficile stabilire con certezza le possibili reazioni del soggetto!
- Parliamoci chiaro, dottore - puntualizzò Bruce. - Tutti qui vogliamo molto bene a miss Quinzel, e anch'io certo ho a cuore la sua situazione, ma non posso ingannare deliberatamente una persona fingendo di provare per lei qualcosa di più che semplice affetto!
- Certo, mi rendo conto!
- Se lei è in grado di fornirmi un quadro più dettagliato della situazione, posso affrontare la questione per gradi: parlargliene in modo accorto ma sincero!
- Sì ecco, in effetti, penso sia la soluzione migliore - concluse l'altro. - In casi come questo, più tempo si lascia correre più la faccenda rischia di complicarsi... Sono assolutamente d'accordo, signor Wayne, è una questione che richiede tanta priorità quanto estremo tatto!

continua )...

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Capitolo 7
*** Illusione d'amore ***


Le preoccupazioni di Bruce erano fondate.
Da principio Harley si era molto commossa, una volta appresa la triste vicenda sulla morte dei genitori del piccolo Bruce, e d'istinto sviluppò una forte tenerezza sia verso l'orso di pezza Bussy che verso il suo affascinante proprietario. Ma col tempo, fantasticando ed equivocando sui modi affabili e gentili che Bruce Wayne mostrava sempre nei suoi confronti, si era convinta che lo "Scapolo d'Oro" di Gotham City fosse innamorato di lei.
L'idea non le dispiaceva affatto, anzi, dal momento che Bruce era effettivamente un bell'uomo.

- "Oh, Wayne Wayne... Perché sei tu, Wayne?" - gemeva melodrammatica, stringendosi l'orsacchiotto al petto. - Non so se posso amarti, sono una donna impegnata dopotutto, anche se il mio ciccino è un po' "freddino" con me!

Così dicendo, passava continuamente lo sguardo tra due giocattoli: l'orsetto di Bruce e un piccolo clown di gomma molto simile al Joker. Sembrava quasi incerta, se provare lo stesso sentimento per entrambi oppure no, era molto confusa. Da un lato, la sua nota fiamma per Joker non si era ancora spenta del tutto; dall'altro, sentirsi amata e benvoluta da un uomo dolce e pieno di premure come Bruce Wayne le riaccendeva dei sogni legati all'infanzia e ormai quasi del tutto dimenticati.
La favola della principessa che giunge al castello, si innamora del suo principe azzurro, i due si sposano e vivono felici e contenti.
Un tempo, quando era molto piccola, Harley sperava che la sua vita da adulta potesse somigliare anche solo un pochino a quel sogno così bello... Un sogno ben lontano dalla squallida realtà del manicomio e dal suo risicato stipendio come psicologa del penitenziario di stato.
Poi Joker entrò a far parte della sua vita, cambiandola completamente, e Harley si era lasciata ancor più alle spalle quei dolci sogni d'infanzia. L'esperienza le aveva insegnato quanto il mondo possa essere freddo e spietato, sia per le persone oneste che per i criminali, e dunque continuava a ripetere a sé stessa di essere fortunata: una vita mozzafiato, furti impossibili, fughe rocambolesche, emozioni esilaranti e... naturalmente, le imprecazioni e i rimproveri del suo dolce ciccino.
Sembrava passato un secolo, da che aveva attraversato la soglia di Villa Wayne, e il mondo attorno a lei era nuovamente cambiato. Adesso le si presentava l'occasione di una vita dove tutti le volevano bene, dove non era più necessario rubare, e dove "magicamente" il dolce principe dei suoi sogni sembrava tornare a galla dal passato con il volto e il bel sorriso luminoso del signor Wayne.

- Ho deciso - esclamò Harley ad un tratto, lasciando cadere il clown sul pavimento e piroettando al centro della stanza con l'orsacchiotto stretto tra le braccia. - Non è sbagliato pensare un po' di più a me stessa, lo dice anche il mio ciccino, e allora forse faccio bene a voltare pagina!

Silenzio.
Harley sollevò l'orsacchiotto all'altezza del volto e, facendogli fare cenno di "sì" con il capo, prese a parlare cercando il più possibile di imitare la voce del signor Wayne.

- Harley, mia dolce Harley, che ne diresti di vivere qui per sempre?
- Beh, non saprei - fece Harley, passando rapidamente da un tono all'altro, immaginando forse come sarebbe andata la conversazione tra lei e il "vero" Bruce Wayne.
- Ti amo, ti adoro, dal primo istante che ti ho vista!
- Signor Wayne, lei mi confonde...
- Ti prego, sposami, non dare dolore a questo mio cuore!
- Oh, se me lo chiede così, come posso rifiutare... Anch'io credo di essermi innamorata!

Ciò detto, stampò un grosso bacio sul muso dell'orsacchiotto.
Proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta della sua camera, facendola sussultare, e Harley si ricompose all'istante.

- Ehm, ch... chi è ?!?
- Miss Quinzel, sono Bruce - rispose la voce di Wayne fuori della porta. - Mi chiedevo, se le va di prendere una boccata d'aria fresca, potremmo approfittarne per fare una passeggiata assieme!
- Oh, ma certo - fece Harley al settimo cielo, correndo a cambiarsi dietro il paravento alla velocità della luce. - Solo un attimo, giusto il tempo di farmi bella!
- Ehi, faccia pure con calma, in fondo si tratta solo di...

Al povero Bruce mancò il fiato necessario a finire la frase, quando Harley aprì la porta e gli si parò dinanzi con indosso un completino decisamente sexy, con un paio di attillatissimi shorts rossi e una camicetta bianca senza maniche annodata in vita in modo da mettere ancor più in evidenza il decolleté.
Subito costui tossicchiò leggermente, cercando di schiarirsi la voce, ed allentò il nodo della cravatta sperando che l'altra non si accorgesse né del suo imbarazzo né del visibilissimo rossore attorno alle guance. Harley comunque fece finta di niente e, infilando l'orsetto nella borsa, si strinse al braccio del signor Wayne dicendo di essere pronta.

***

Harley e Bruce Wayne fecero un lungo giro di negozi nel centro di Gotham.
Lui fece il possibile per metterla a suo agio, senza badare a spese, ed entrambi si ritrovarono a chiacchierare comodamente seduti al tavolino di un bar. Qui Bruce ordinò un caffé nero, offrendo invece ad Harley una gigantesca coppa di gelato alla fragola con panna e ciliegine di bosco. La ragazza nicchiò, preoccupandosi che tutta quella bomba calorica le finisse inevitabilmente sui fianchi, ma come lui l'ebbe tranquillizzata prese ad assaporare un cucchiaino dopo l'altro.

- Lei è veramente squisito, signor Wayne - disse Harley con occhi lànguidi.
- Beh, anche lei è molto simpatica, signorina - fece eco Bruce sorridendole. - Si sta impegnando molto per ottenere la riabilitazione, sono felice per lei, tutti noi siamo felici di saperla finalmente guarita!
- Lei è stato molto buono con me, davvero - aggiunse lei, allungando goffamente le braccia sul tavolo per stringergli la mano. - Non credevo che esistessero persone tanto generose!
- Tutti hanno bisogno di affetto, signorina - esclamò serio Bruce. - Mio padre diceva che l'affetto verso il prossimo è la prova tangibile che non siamo soli al mondo!

Harley arrossì.
Che l'altro stesse tergiversando solo perché troppo timido?
Era noto che Bruce Wayne fosse un incallito ed inguaribile playboy dongiovanni, questo almeno era quello che la stampa locale scriveva di lui, ma a vederlo sembrava davvero tutto un altro tipo di persona.
Forse doveva prendere lei l'iniziativa, mettendolo a parte dei suoi sentimenti, ma non voleva dargli l'impressione di essere solo una delle tante ragazze in cerca di facili emozioni. Era sicura di provare dell'affetto per lui, forse anche qualcosa di più, ma se tale sentimento era reciproco doveva essere lui il primo ad ammetterlo.

- Dica, signor Wayne - mormorò civettuola. - Che ne pensa di me, come donna intendo... Le piaccio?

Bruce esitò.
Gli occhi della ragazza parlavano chiaro, limpidi e speranzosi come non mai, ma ugualmente doveva sforzarsi di risponderle in modo sincero senza ferirla più del necessario.

- E' molto bella, signorina - ammise.
- Oooh, davvero? Sa, il mio ciccino dice che mi preferisce quando sono truccata, piuttosto che al naturale, per questo non sono tanto abituata a ricevere complimenti...
- Mi creda, non ha motivo di preoccuparsi - la rassicurò l'altro. - Oltre ad essere affascinante, è una ragazza sensibile e generosa; non ha bisogno di un costume o di una maschera, per mostrare al mondo la persona meravigliosa che è!

Accadde tutto in un attimo.
Bruce non ebbe modo di fermarla, tanto lei fu lesta nel suo slancio di effusioni, cosicché rimase rigido ed immobile ad assaporare il bacio che costei gli diede sulle labbra.

- E' strano - pensò Harley. - E' la prima volta che bacio quest'uomo ma, non so perché, ho come la sensazione di averlo già fatto!

Ovviamente Harley non poteva sapere che le labbra di Bruce Wayne e quelle di Batman erano le stesse. Si trattava di due uomini completamente diversi, agli occhi di tutti e quindi anche ai suoi, tuttavia l'istinto le riportò alla mente un lieve ricordo sbiadito che però non riusciva a mettere a fuoco.
Bruce si maledì, pieno di vergogna per quanto stava per dirle, ma la situazione era giunta tristemente al punto che non poteva più fare altrimenti.

Risultati immagini per bruce wayne animated- Harleen - cominciò lui, sciogliendosi bruscamente dal bacio dell'altra. - Mi dispiace, credimi, mi dispiace molto...
- Oh, ma non ne hai motivo, sciocchino - fece Harley ingenuamente. - Che cosa credi, anch'io mi sono innamorata!
- Ecco, è proprio questo il punto... Temo che ci sia un equivoco!

Evidentemente Harley non riusciva proprio ad arrivarci.
Non capiva che l'affetto e la generosità di Bruce non derivavano dall'amore, bensì dalla comprensione, e purtroppo questi dovette spiegarglielo nel modo più diretto e più difficile da accettare.

- Io non ti amo - disse.

Per Harley, quella frase fu peggio di una pugnalata in pieno cuore.
Prima la logica le ripeteva che il suo adorato Joker non ricambiava i suoi stessi sentimenti, sruttandola perlopiù, e ora un altro possibile amore le veniva negato... sempre in nome della logica, in nome di quella dannatissima logica e razionalità che tanto disprezzava.
Possibile che ogni volta fosse quella sbagliata?
Possibile che nessuno riuscisse ad amarla, né come Harleen Quinzel o come Harley Quinn?
Perché Bruce Wayne non era stato chiaro con lei fin dall'inizio, invece di confonderle le idee con i suoi "finti" modi da bravo ragazzo e con la sua "finta" gentilezza?
L'espressione sul volto di Harley mutò rapidamente, da una di sgomento ad una piena di rabbia, e così cadde preda di un incontenibile furore che le fece smarrire del tutto il lume della ragione.

- Sono mortificato - provò a scusarsi Bruce, anche se invano. - Davvero, mi dispiace...
- Ti dispiace... Ti dispiace? - strillò Harley furibonda. - Pensi che basti dire "mi dispiace" ?!?
- Ascoltami, non era mia intenzione ferirti, io volevo solo...
- E' perché sono una criminale, vero!
- Come? Ma no, no niente affatto, tu non...
- La verità è che tutti mi considerate solo una poco di buono - gemette Harley, mentre lacrime amare le scorrevano lungo le guance. - Il ricco e rispettabile signor Wayne non può certo rovinarsi la reputazione con la "donna del Joker"; può averne pietà, certo, ma amarla... Oh no, non sia mai, non si può amare una delinquente!
- Adesso calmati - fece Bruce severo. - Non è così, mi hai frainteso!
- STAMMI LONTANO !!!

Rapida di riflessi, come sempre, Harley fece roteare la borsetta e la calò violentemente sulla testa dell'altro.
Bruce accusò duramente il colpo ma, prima che potesse riprendersi, Harley era già scappata via dal locale. Ancora frastornato, per via della botta alla testa, Bruce si rimise in piedi faticosamente e subito cercò di inseguirla.

- Harleen - gridò. - Harleen, non fare così, aspetta!
- Vai al diavolo!

Harley era sconvolta, tanto da non volersi neppure voltare indietro.
Aveva creduto veramente che Bruce Wayne potesse amarla, come una stupida, e invece non era affatto così. Forse era solo frutto di una "recita" ai suoi danni: le parole gentili, i sorrisi, l'accoglienza principesca in quella enorme villa...
Tutto falso!
Forse anche Alfred, Dick e la stessa Veronica erano tutti d'accordo. Se così allora, se tutti cioé si erano divertiti a prendersi gioco di lei, Harley si convinse che nessuno le aveva mai voluto bene sul serio e che tutto quell'enorme castello di bugie serviva solo a confonderle le idee per farle "credere" che il Joker fosse cattivo.
Magari questi la stava aspettando, senza più il ghigno sul suo adorabile volto, piangendo perché la sua Harley lo aveva abbandonato.

 - Aspettami, zuccherino - singhiozzò Harley, sfregandosi le lacrime dal volto mentre correva. - Vengo a chiederti scusa!
- Harleen, fermati - gridò Bruce disperatamente, cercando di seguirla attraverso il dedalo di strade e viuzze che si perdevano nei vicoli di Gotham.

Sfortunatamente, per quanto potesse correrle dietro, Harley era riuscita a seminarlo.
Bruce provò a cercarla in lungo e in largo, chiamandola disperatamente per nome, ma ormai era come se fosse stata inghiottita dai tetri e lugubri palazzi avvolti nell'oscurità. Purtroppo si stava verificando ciò che il Joker aveva previsto: Harley Quinn stava tornando da lui... perché non poteva fare a meno di lui.

***

- Mi dispiace, ciccino - gemette Harley disperata, rientrando nel covo del Joker come un cane bastonato. - Lo so, sono stata cattiva a non tornare subito... Mi puoi perdonare?

In risposta alle sue suppliche, seguita da un'inconfondibile risata isterica, la bianca faccia del clown emerse dal buio deformata da un ghigno diabolico.

- Ma certo che ti perdono, Harley cara - rise Joker.
- Oh, zuccherino - sospirò Harley sollevata. - Temevo che non mi volessi più vedere, dopo tutto quello che ho combinato!
- L'importante è che sei tornata a casa - cinguettò il criminale, più ipocrita che mai. - La tua cara dolce casa, con il tuo caro dolce ciccino che ti vuole TAAANTO bene... Sapessi come ero preoccupato per te!
- Oh, io lo sapevo che non lo avevi fatto apposta a buttarmi giù dalla mongolfiera!
- Cara, cara, cara la mia piccola - fece Joker, spargendo lacrime di coccodrillo, cercando di coprire alla meglio la cipolla che teneva nascosta col fazzoletto. - Ti sei fatta tanta bua, cadendo da là sopra?
- Oh no, niente affatto, Batman mi ha... Cioé, sì insomma, non mi sono fatta niente!
- Allora dobbiamo proprio festeggiare!

Così dicendo, Joker versò due coppe di vino rosso e ne porse una ad Harley, pieno di soddisfazione.

- Lo sai, Harley, stasera festeggiamo DUE eventi importanti anziché uno!
- Sul serio, zuccherino?
- Ma certo - gongolò l'altro. - Il tuo ritorno a casa, per cominciare... E la prossima caduta di Batman, per finire!

Harley sgranò gli occhi perplessa.

- Perché, hai forse escogitato qualche altra trappola?
- Indovinato, mia cara - squittì Joker, pizzicandola piano per una guancia. - E che tu ci creda o no, ora che sei qui, posso dire con assoluta certezza che TU sarai l'esca!
- Io ?!?
- Precisamente!

La risata di Joker si fece ancor più lugubre e spaventosa tanto che, per la prima volta, persino Harley non riuscì a trattenere un singulto. 

continua )...

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Capitolo 8
*** Sensi di colpa ***


Per quanto estese fossero le ricerche, sia come Bruce Wayne che come Batman, trovare Harley Quinn era come cercare un ago in un pagliaio.
Naturalmente Batman aveva passato al setaccio tutti i possibili luoghi dove costei, in passato, era solita rifugiarsi: sobborghi, vicoli di periferia, vecchi luna-park abbandonati... ma stavolta niente. Nemmeno Poison Ivy, interrogata più e più volte, seppe fornire al Cavaliere Oscuro sia pure una qualche utile informazione.

- Ti ho detto e ti ripeto che non lo so - sbottò Ivy, liberandosi selvaggiamente dalla morsa con cui Batman le serrava il polso. - Non ho idea di cosa passi per la mente a quella ragazza!
- Eppure tu e lei andate molto d'accordo, a quanto mi risulta!

Lo sguardo di Ivy andò verso alcuni vecchi ritagli di giornale spiegazzati.
Nelle foto, ormai ingiallite dal tempo, lei e Harley Quinn venivano descritte dai cronisti come le "Regine di Gotham". Non erano lontani i giorni che le avevano viste insieme protagoniste di grandi rapine di successo, riuscendo a mettere in scacco sia Batman che la polizia e a surclassare in poche settimane gli stessi profitti annuali dell'intera mala di Gotham...
Ma erano comunque ricordi passati.
Anche Poison Ivy aveva finito per affezionarsi a quella adorabile squinternata di Harley, sia pure a suo modo, ma proprio non riusciva a mandare giù quella sua morbosa ossessione per un pagliaccio detestabile come Joker.

- Stai sprecando il tuo tempo, Batman - sospirò lei, lisciando una delle foto agli angoli. - E' da quando sono evasa da Arkham che non la vedo, e comunque non è mai venuta a trovarmi...
- Non hai proprio idea di dove possa essere?
- Vediamo: eh già, è difficile immaginare dove possa andare a cacciarsi la "veneratrice" di un clown psicopatico... Tu che ne dici, Batman?

Batman strinse gli occhi e serrò le dita saldamente nel pugno.
Poison Ivi deglutì, non appena ebbe percepito con chiarezza tutta la tensione e la rabbia che scaturiva attraverso gli occhi dell'altro.
Non gli aveva mai visto quell'espressione.
Mai.
E non appena il suono raggelante di quelle nocche ebbe finito di riecheggiare nella serra, e il pugno di Batman calò violentemente su un vaso vuoto di coccio sbriciolandolo, l'ecoterrorista capì che non era affatto il caso di punzecchiare il pipistrello con l'ironia.

- A... Andiamo, Batman... Non fare così, io... io scherzavo...
- Non sono in vena di scherzi - sibilò l'altro con voce tagliente quanto una lama affilata.
- Davvero, non lo so dove sia Harley in questo momento, te lo assicuro - aggiunse Ivy, mettendo al sicuro una pianticella dalla sua portata. - Sarà tornata da Joker, è evidente, lo sai anche tu che per lei è come una droga!
- Lo so - ammise Batman. - E so anche che Joker non è in città in questo momento, perché sono stato io ad ordinarglielo, l'unica a sapere dove trovarlo in ogni momento è Harley Quinn... E anche se sei sincera, non credo affatto che tu mi stia dicendo tutta la verità!
- Va bene, d'accordo: mi ha piagnucolato "vita" "morte" e "miracoli" di quel buffone fino alla nausea ma, se avessi tenuto a mente tutto quello che andava farneticando su di lui, ora avrei la testa più gonfia di un cactus!
- Ma un piccolo indizio, un particolare di poco conto, qualcosa insomma... Dimmi solo quello che sai, non importa cosa, e io in cambio ti lascerò tranquilla per questa volta!

Poison Ivy rifletté un momento.
Batman era un odioso e detestabile ficcanaso, ma anche un uomo di parola. Se spremersi le meningi su un qualche dettaglio che Harley aveva avuto modo di raccontarle tempo fa era sufficiente a soddisfare la sua curiosità, tanto valeva accontentarlo, così da avere la certezza di toglierselo dai piedi senza colpo ferire.

- Ricordo che Harley accennava spesso agli spostamenti che facevano assieme lei e Joker, quando dovevano assentarsi da Gotham per un certo periodo, le "villeggiature" come le chiamava - spiegò Ivy, non senza un pizzico di acido sarcasmo. - Purtroppo il nome del posto non me lo ha mai detto, o se anche me lo ha detto devo averlo dimenticato, ma ricordo per certo che mi fece una grande rabbia perché il posto di cui parlava era una fabbrica... Uno schifoso e dannatissimo complesso industriale, senza filtri depuratori, i cui scarichi inquinanti hanno lasciato una specie di gigantesca palude melmosa nel bacino idrico a fianco anche quando la fabbrica ha smesso di funzionare!
- Ti ha detto anche la zona approssimativa?
- A sud, mi sembra - rammentò lei. - Nel cuore delle Stonewoodmire, dove la vegetazione ha ceduto il passo a fango e ad alberi scheletrici... Perfino io incontrerei difficoltà a bonificare un posto del genere!
- Ho capito!

Batman non aveva dubbi sulla sincerità di Poison Ivy.
Ella infatti detestava troppo Joker, per potergli reggere il sacco con qualsivoglia bugia, e oltretutto non le conveniva troppo accrescere ulteriormente la collera del pipistrello rischiando così di ritornare ad Arkham con un biglietto di sola andata.
Quando Batman si voltò per andarsene, costei gli disse un'ultima cosa.

- Batman, fammi solo un favore, se puoi - esclamò. - Dà un pugno a quel pagliaccio da parte mia e... Sì, insomma, salutami Harley!

***

Tornato alla Batcaverna, Batman pareva come ossessionato dal rimorso e dai sensi di colpa.
Proprio non riusciva a mandare giù il fatto che, se Harley era tornata a farsi manipolare da Joker, gran parte della responsabilità era sua. La stessa sera in cui Harley era scappata, tornato a casa per raccontare agli altri l'accaduto, Bruce Wayne si era dovuto sorbire infatti uno schiaffo sia fisico che morale da una Veronica Vreeland molto più infuriata del solito.

- Bruce Wayne, se esistesse un premio per la stupidità, tu lo vinceresti a pieno titolo - gli aveva detto allora Veronica in preda alla rabbia.

Bruce non aveva avuto il coraggio di replicare.
Secondo Veronica, se Harley aveva reagito a quel modo, certo doveva essere colpa del noto "milionario playboy" di Gotham City e della sua palese incompetenza in fatto di sensibilità femminile. Logicamente Bruce non poteva spiegarle che quella del playboy era solo una copertura per meglio celare il segreto di Batman. Ciononostante il peso delle parole di Veronica, unito al dubbio di non aver fatto proprio la cosa giusta nei confronti della povera Harleen Quinzel, lo aveva profondamente intaccato.
Neppure Alfred o Dick erano in grado di scrollargli di dosso quell'idea.

Risultati immagini per bruce dick animated- Bruce - mormorò Dick, vedendolo tanto abbattuto. - Per quanto ancora intendi colpevolizzarti in questo modo?

Silenzio.

- Andiamo, non puoi dare tutto questo peso alle parole di Veronica! Lei non sa che...
- Non si tratta di cosa pensi o non pensi Veronica - sottolineò Bruce amaramente. - Harleen stava seriamente ricominciando a farsi una vita, ad avere fiducia nelle persone, ci stava riuscendo... O almeno finché io non ho rovinato tutto!
- Ma non è stata colpa tua - ribatté Dick. - Non puoi dire ad una persona di amarla, se non è vero!
- No, certo - riconobbe l'altro. - Ma in questo modo l'ho praticamente spinta a riavvicinarsi a Joker, cioé proprio quello che più speravo di evitare... Pensi che questo sia meglio?
- Bruce, tutto questo non ha senso - osservò Dick con veemenza. - Ti stai addossando colpe che non sono tue: posso capire che ti dispiaccia, dispiace anche a me per la sua condizione, ma è stata lei a scegliere di tornare a stare con quel pazzo!
- E io ho forse fatto qualcosa per impedirlo?
- Ma come avresti potuto, andiamo, cerca di ragionare!
- No Dick - tagliò corto Bruce. - La verità è che mi ero assunto un impegno: aiutare la dottoressa Quinzel a ritrovare sé stessa, o perlomeno ad allontanarla da quel maniaco squilibrato, ma non sono stato capace di mantenere il mio proposito!

Dick tacque.
Sapeva che era inutile cercare di convincere Bruce, ormai lo conosceva troppo bene, neppure la maschera di giustiziere notturno poteva celare la sua bontà d'animo o la sua grande sensibilità. Bruce era sempre stato dalla parte delle vittime, facendo il possibile e l'impossibile per aiutarle, e certo questo dipendeva dalla profonda  sofferenza che a distanza di anni ancora gli bruciava nel sangue come lava incandescente.
Del resto anche Dick conosceva quel dolore.
Se non fosse stato per Bruce, probabilmente, non ce l'avrebbe fatta a superare il trauma per la perdita dei propri cari. Lui era fatto così: viveva per gli altri e, se il caso lo avesse richiesto, certo sarebbe addirittura morto per gli altri; non era tipo da abbandonare le persone al proprio destino, questo perché lui più di chiunque altro comprendeva il valore della vita umana, perciò gli era così difficile accettare che Harley Quinn finisse i suoi giorni come niente di più che uno strumento in mano a Joker e ai suoi folli progetti.

- Bruce, io...

Ma prima che Dick potesse finire la frase, il Bat-Computer si sintonizzò automaticamente su una frequenza pirata che un misterioso segnale stava trasmettendo in diretta su tutte le reti televisive della città. L'immagine che apparve sullo schermo mostrava una Harley Quinn legata e imbavagliata sopra una gigantesca vasca colma di acido ribollente e, facendo riecheggiare come sempre la sua inconfondibile risata, Joker lanciò pubblicamente un messaggio rivolto a Batman.

- Mi senti, Batman? - esclamò. - Certo che sì, non ho dubbi che tu sia in ascolto in questo momento! Bene, ti comunico che presto avremo il piacere di riprendere il nostro discorso proprio dove lo avevamo interrotto: come promesso, lascerò andare Harley... O meglio, la lascerò andare "definitivamente", giù per lo scarico industriale della vecchia fabbrica abbandonata a sud di Gotham!

Sia Bruce che Dick impallidirono.
Quel demonio era sufficientemente folle da fare una cosa del genere, visto che non aveva avuto alcuna esitazione nel precipitare quella poveretta nel vuoto. A prescindere da cosa avesse in mente di fare, Harley Quinn rischiava comunque di fare una fine orribile, se ciò rientrava nei suoi piani.

- Hai esattamente tre ore di tempo per raggiungermi, dal momento in cui questo messaggio verrà trasmesso a reti unificate, dopodiché... Beh, in effetti ora che ci penso, l'abito nero da lutto lo porti già! AH-AH-AH-AH-AH-AH-AH-AH-AH-AH-AH-AH-AH !!!

La comunicazione si interruppe, lasciando gli schermi della città in preda ad interferenze dovute alla momentanea assenza di ogni altro segnale, tuttavia Batman comprese che non c'era un minuto da perdere. Subito si allacciò in vita la cintura, dando un'occhiata veloce all'arsenale, e si diresse al centro della caverna dove era posteggiata la sua vettura.

- Batman - esclamò Dick. - Non avrai intenzione di andare là da solo, vero? E' chiaramente una trappola, lo capirebbe chiunque!
- Lo so - ammise l'altro. - Ma non posso fare altrimenti: c'è comunque in gioco la vita di una persona...
- Ti sei completamente fuso il cervello? E' Harley Quinn quella nel video, non è una vittima, Joker non le farebbe mai una cosa del genere!
- Joker non è tipo da fare minacce a vuoto - fece notare Batman. - Ha già distrutto la vita e la reputazione di Harleen Quinzel per gioco... Chi può impedirgli dunque di porre termine ai suoi giorni, se la voglia di giocare gli è semplicemente passata?

Dick non seppe cosa replicare.

- Al diavolo - imprecò. - Comunque io vengo con te, volente o nolente, non ti lascerò andare da solo in quella trappola!

Ciò detto, Dick fece per agguantare il mantello e l'arsenale di Robin.
Tuttavia, prima che questi potesse accorgersene, Batman gli assestò un poderoso cazzotto alla bocca dello stomaco per tramortirlo. Dick boccheggiò un attimo per l'improvvisa mancanza di fiato, gli occhi sgranati dallo stupore, dopodiché si accasciò privo di sensi.

- Perdonami Dick - fece Batman, adagiandolo delicatamente sulla poltrona della Batcaverna. - E' una faccenda che devo sbrigare da solo, cerca di capire! 

continua )...

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Capitolo 9
*** Verità svelate ***


- Scusami, piccioncino, ma devo proprio restare legata così ancora per molto?
- E' necessario, Harley cara - replicò Joker con noncuranza. - Dobbiamo pure mettere su una messinscena decente, se vogliamo che il nostro pipistrello abbocchi all'amo!
- Ma è doloroso...
- Su su, più tardi ti darò uno zuccherino, se farai la brava!
- Va bene - gemette Harley rassegnata.

Malgrado i vapori dell'acido ribollente sotto di lei, Harley era ciecamente convinta che mai e poi mai Joker avrebbe inteso farle veramente del male. Dentro di sé continuava a ripetersi che era tutta finzione, che faceva tutto parte di un piano per ingannare Batman, ma non poteva certo immaginare che tipo di trappola aveva in mente il diabolico pagliaccio: la piattaforma cui era legata, infatti, era dotata di un dispositivo che, non appena Batman le si fosse avvicinato a sufficienza, avrebbe sganciato lei e il pipistrello direttamente nel vascone dell'acido.

- Stringi di più quelle morse, Rocco - esclamò Joker, alludendo alle prese metalliche che tenevano assicurato il corpo di Harley Quinn alla piattaforma.
- Ma... Ma sei sicuro, capo?
- Non fare domande stupide!
- Ma capo, se stringo ancora rischio di... Voglio dire, è Harley!
- Lo vedo anch'io che è Harley, sciocco - sbraitò il clown. - Mica sono cieco!
- Non... Non avrai mica intenzione di farle male sul serio, vero?

Joker lo fissò con un ghigno diabolico stampato sulle labbra.

- E' forse un problema per te, Rocco?

L'altro deglutì terrorizzato.

- N... No, certo che no, solo che... Mi fa un certo effetto, credevo che dovessimo solo ingannare Batman...
- Infatti, è proprio quello che stiamo facendo, citrullo - sentenziò Joker, serrandogli la mandibola con le dita lunghe e forti della mano.

Rocco impallidì.
Finora non si era mai parlato di uccidere deliberatamente un membro della banda, Harley era pur sempre una di loro, eppure al capo sembrava non importasse molto né di provocarle dolore fisico né del rischio mortale che la ragazza correva stando lì immobile su quella micidiale piattaforma. Visto che l'energumeno esitava, Joker azionò da solo il macchinario e così facendo i morsetti metallici serrarono ancor più i polsi e le caviglie di Harley strappandole un urlo di dolore.

- Ahio!
- Ancora un po' di pazienza - mentì Joker spudoratamente. - Tra poco sarai libera di correre e cinguettare, non temere!
- Ma amoruccio, le caviglie mi fanno tanto male... Devi proprio stringermi così tanto?
- Eh sì, purtroppo - finse di scusarsi l'altro. - Ma se gridi viene meglio, lo sai che sei la mia attrice preferita!

Harley non replicò.
I polsi le stavano sanguinando, da sotto le maniche del costume, e piccole gocce d'acido le erano schizzate sulla schiena sfrigolando a contatto con il tessuto. D'istinto avrebbe voluto liberarsi, ma non poteva. Più il tempo passava più la sensazione si faceva più estenuante e sgradevole: la sensazione di essere come una crosta di formaggio dentro a una trappola per topi... Una crosta che, se il topo non la mangiava, veniva comunque gettata via perché priva di qualsiasi valore.
I minuti trascorrevano.
Sempre più lenti, sempre più inquietanti, e la sofferenza per Harley aumentava sempre più.
Perché Joker doveva farla soffrire a quel modo?

 - Ancora un po' di pazienza, mia cara - esclamò Joker, controllando distrattamente l'ora sul cipollone che teneva in tasca assicurato con una catenina. - Non manca molto allo scadere delle tre ore!
- E se Batman non arriva in tempo?
- Arriverà - sorrise il clown convinto. - E' troppo stupido per non farlo!

Non aveva neanche finito di dire la frase che, con uno schianto terribile di vetri rotti, Batman fece la sua appariscente incursione nell'edificio.
Subito gli uomini di Joker cercarono di metter mano alle armi. Batman gli lanciò contro un paio di Batarang, disarmandoli, dopodiché si fece avanti per sostenere lo sguardo beffardo di Joker che, dinanzi alla sua espressione truce e minacciosa, si limitò ad applaudire con evidente sarcasmo.

- Finalmente, Batman, sei puntuale - esclamò. - Ancora cinque minuti e saresti arrivato giusto per il dessert di Harley al limone... Invece così, ci possiamo gustare assieme l'intero antipasto!
- Liberala immediatamente - ordinò Batman.
- Ah-ah, Batman... Non stiamo dimenticando qualcosa? Io e te avevamo una scommessa, se non erro!
- Scusate - squittì debolmente Harley, per via della posizione oltremodo scomoda in cui si trovava. - Vi dispiacerebbe molto tirarmi giù? Ho fatto la messa in piega solo tre giorni fa...

Batman osservò attentamente la piattaforma, scorgendo subito il congegno/trappola appositamente piazzato nel bilancino che sosteneva il peso di Harley come un perno da equilibrio, indovinando cosa sarebbe successo se solo avesse provato a liberare la ragazza con metodi convenzionali. Non poteva agire d'istinto, se non rischiando la vita di Harley, dunque doveva fare in modo di convincere Joker a liberarla fingendo di sottostare al gioco di questi.

- Bene bene, Batman - esclamò Joker, misurando il pavimento a passi lenti ed intrecciando fiero le dita dietro la schiena. - Come ti avevo promesso, me ne sono rimasto tranquillo senza cercare di riprendermi Harley in alcun modo, eppure lei ha scelto di ritornare qui di sua spontanea volontà... Sembra che avessi ragione io, dopotutto!
- Hai già ottenuto quello che volevi - sentenziò Batman. - Puoi uccidermi qui, adesso, in questo preciso istante!
- Suona quasi allettante - osservò Joker, sfregandosi le labbra con la lingua. - Ma dimmi, perché dovrei interrompere il mio gioco preferito?

Harley Quinn non riusciva a credere alle sue orecchie.
Di cosa stava parlando? A che gioco alludeva? Forse si riferiva al fatto che, facendo leva sui sentimenti e sul valore che Batman attribuiva alla vita umana, la loro "recita" di fatto stava funzionando... O forse Joker aveva realmente intenzione di buttare anche lei in quella orribile vasca di acido?
No, impossibile!
Non lo avrebbe mai fatto, non poteva volerlo fare davvero, perché lui... lui le voleva bene, in fondo, molto in fondo, un pochino... forse!

- Vedi Batman, mi poni davanti una difficile questione - spiegò Joker, battendogli una mano sulla spalla con confidenza. - Io "potrei" liberare Harley da quell'affare, spararti in testa, e poi tirare fuori una preziosa bottiglia di rosso per celebrare come si deve la tua dipartita ma... Ma c'è un "ma", ed è questo che non mi convince!
- Sarebbe?
- Perché ti interessa tanto di Harley? Sai, proprio non me lo spiego, c'è di meglio in giro!
- HEY, DICO - sbottò furiosa Harley Quinn. - Hai idea di quanti sacrifici abbia fatto per mantenere in forma il mio vitino di vespa ?!?
- A carte scoperte, Batman, non ci prendiamo in giro - sghignazzò dunque Joker. - Tu non sei tipo da fingere interesse per qualcuno, hai il cuore troppo tenero... Che razza di pensieri ti frullano in testa? Se non ti conoscessi bene, potrei anche pensare che tu abbia diverse fantasie sconce sotto quella maschera appuntita!

Batman strinse gli occhi.
Era chiaro che Joker stava facendo di tutto per provocarlo, per indurlo a crollare. Se Batman avesse reagito, lui non avrebbe esitato un solo istante nell'uccidere Harley davanti ai suoi occhi, per poi schiacciarlo sotto il peso della responsabilità e dei sensi di colpa.
Tuttavia Batman non era certo stupido.
Se Joker era convinto di avere il coltello dalla parte del manico, poteva sempre provare a rovesciargli l'impugnatura.

- Dimmi Joker - mormorò Batman, con una smorfia sardònica sulle labbra. - Hai già raccontato ad Harley di quella storia?
- Quale storia, passerottino? - domandò Harley perplessa.
- Ehm, nulla nulla, Harley cara... Non ti preoccupare!
- Tu sei convinto che lei ti ami, vero? - rintuzzò Batman, gettando a sua volta l'esca per impigliare Joker al suo stesso amo. - E probabilmente hai ragione, certo: qualunque donna amerebbe l'uomo che si diverte a farla passare per pazza!

Harley sussultò.

- Tesoro, ma di che cosa sta parlando? Non capisco...
- Non c'è niente da capire, infatti - sbottò Joker infastidito. - E' solo l'ultimo "delirante" tentativo di uno che non sa perdere!
- Forse - sottolineò Batman. - Certo però che è strano... Harley, ti sei mai chiesta perché l'ultima volta ti abbiano rispedita ad Arkham così, di punto in bianco?

Per la prima volta, dopo tanto tempo, Harley fu sopraffatta dal tarlo del dubbio.
Ciò che diceva Batman non era privo di senso: Veronica Vreeland non aveva mai sporto denuncia contro di lei per rapimento... Allora perché l'avevano rispedita al manicomio criminale di Arkham, se la dottoressa che l'aveva in cura l'aveva espressamente dichiarata sana di mente? All'epoca era troppo sconvolta per rendersene conto e, complice qualche sviolinata amorosa da parte del suo adorato ciccino, in men che non si dica aveva completamente dimenticato l'intera faccenda.

- Stando in base alle carte, ti avrebbero rilasciata nel giro di poche settimane - puntualizzò Batman, sbattendo in faccia ai presenti la verità nuda e cruda. - Ma a qualcuno, semplicemente, la cosa non andava giù... E sempre quel "qualcuno", sfruttando i suoi agganci nel sistema, ha mosso i fili a suo piacimento e si è assicurato di decidere della tua vita ancora una volta!
- Te... Tesoruccio - singhiozzò Harley, guardando Joker attraverso un leggero velo di lacrime, non appena cominciò a realizzare. - E'... E' vero quello che sta dicendo?

Joker non rispose né sollevò il capo per sostenere il suo sguardo.

- Non è vero - gemette ancora Harley. - Ti prego, dimmi che non è vero, dimmelo!
- Ho paura che sia vero, ciccina - tagliò corto Joker, illuminandosi nuovamente in volto. - Ma non devi ringraziarmi: in fondo, senza di me, saresti finita a cuocere e servire patatine fritte da qualche parte... Non potevi certo tornare a fare la psichiatra, dopo lo scherzetto che ti ho combinato!

Gli occhi di Harley Quinn si riempirono di lacrime.
La sua vita, il suo lavoro, il suo cuore... Costui si era preso tutto di lei, prendendosi bellamente gioco dei suoi sentimenti, e non si era fatto alcuno scrupolo per questo. Di colpo l'amore reverenziale per Joker fu sostituito da un incredibile odio, tanto che lei stessa si stupì nel mordersi le labbra a sangue. Non vi erano parole sufficienti per esprimere la sua collera, né lacrime per ripagarla di tutto ciò che aveva perduto, ma l'odio che le ribolliva dentro stava crescendo come un incendio dentro al suo cuore.

- Tu - sibilò furibonda. - Tutto quello che mi è successo, quello che mi hai fatto, tutto... E' stata tutta colpa TUA !!!
- Bingo tesoro, finalmente ci sei arrivata - rise Joker sempre più divertito. - In effetti non mi tornava come avessero dato il diploma in psichiatrìa ad una completa cretina come te... Ma se te ne rendi conto adesso, significa che non sei poi così tonta come credevo!
- Aspetta solo che mi liberi le mani e poi... Te la do io la completa cretina!
- E' ora di fare un bagno, Harley cara, addio!
- NO, FERMO !!!

Purtroppo l'urlo di Batman non ebbe modo di fermare Joker.
L'eroe mascherato non perse tempo e, nell'esatto momento in cui Joker sganciò la piattaforma per precipitare Harley nell'acido, sparò un rampino contro il soffitto e si lanciò rapidamente per afferrare al volo la fanciulla e ripararla dalle mortali esalazioni con la speciale stoffa del mantello. Harley tossì violentemente, mentre Batman la tenne giusto al di sopra dell'acido, ed entrambi si ritrovarono al sicuro sulle rampe sopraelevate del laboratorio. Qui Batman liberò i polsi e le caviglie di Harley dalle chiusure metalliche, con l'ausilio di uno speciale congegno laser, ma la ragazza era così furiosa che, una volta libera, scostò via il suo soccorritore e cercò con lo sguardo il bieco aguzzino che stava cercando di porre termine ai suoi giorni per la seconda volta.
Sotto di loro, Joker stava cercando scampo nella fuga.

- Oh no - esclamò Harley. - Non te la caverai così facilmente, te lo posso giurare!
- Harley, fermati - provò a calmarla Batman. - Lascia fare a me, adesso!
- Scusa, Batman - replicò lei, mettendo mano ad un pesante martello appoggiato contro la balaustra. - Ma il mio è un conto personale!

Senza dargli il tempo di ribattere, Harley saltò al pianoterra con una serie di agili mosse ed acrobazie degne di un'artista di circo. In men che non si dica, Joker se la trovò davanti, armata di martello e con un'espressione sulla faccia che non prometteva nulla di buono.

- Su... Suvvìa, Harley cara - balbettò debolmente il clown. - Non vorrai davvero colpire il tuo adorato ciccino con quello, dico bene?
- Sbagliato - rispose lei, sollevando con rabbia il martello sopra la testa. - Penso invece che ti curerò definitivamente dal tuo mal di testa... Vedrai, ho l'impressione che la mia cura ti farà MORIRE !!!
- Sei sempre così premurosa, piccola - singhiozzò Joker, fingendosi commosso. - Ma sei anche stupida, l'ho sempre detto!

Il clown le gettò ai piedi una bomba con una piccola carica esplosiva, sufficiente a creare fumo e basta, e subito ne approfittò per dileguarsi. Harley sventolò il martello alla cieca, cercando invano di colpirlo, ma così facendo assestò invece una botta violenta al generatore dell'impianto elettrico. Le conseguenze furono facilmente immaginabili: a causa del danno, le scintille provocarono un principio d'incendio e, nel giro di pochi istanti, l'intera fabbrica fu come avvolta da un immenso rogo.
Harley crollò in ginocchio, tossendo per via del fumo, ma Batman fu subito al suo fianco per soccorrerla ancora una volta. Nel mentre che la aiutò ad alzarsi, però, l'orso di pezza che la ragazza teneva nella borsa cadde per terra. Harley lo osservò commossa, piangendo lacrime amare al pensiero del signor Wayne, di Alfred, Dick, Veronica... e di tutte le persone che le avevano davvero voluto bene sinceramente.

- Andiamo - esclamò Batman strattonandola. - Dobbiamo uscire di qui, presto!
- No, Bussy - strillò Harley, buttandosi disperatamente a raccogliere l'orsetto. - Non posso lasciarlo, è troppo importante... No!

Batman si accorse all'improvviso delle travi scricchiolanti sopra le loro teste.

- ATTENTA !!!

Con grande prontezza di riflessi, deviò la pioggia di materiale infuocato coprendo sé stesso e Harley con il mantello. Dopodiché afferrò la ragazza, la quale teneva ancora saldamente l'orsetto tra le braccia, e sparando il rampino verso il lucernario si sollevò con lei al di sopra di quell'inferno di fiamme. Una volta all'esterno, liberi di respirare finalmente aria fresca, entrambi si guardarono negli occhi per alcuni istanti.
Harley non resistette all'impulso e lo baciò appassionatamente sulle labbra, prima ancora che lui se ne rendesse conto.

- Non è possibile - mormorò Harley con un filo di voce, non appena riconobbe il sapore di quelle labbra. - Bruce... Wayne ?!?

continua )...

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Capitolo 10
*** La fine... o il principio! ***


- Ma come si è potuto scatenare questo inferno?

Una volta giunto sul luogo dell'incendio, Jim Gordon non poteva credere ai suoi occhi.
La fabbrica era stata completamente divorata dalle fiamme, le esalazioni acide avevano reso l'aria talmente irrespirabile che gli agenti furono costretti ad estendere l'uso delle maschere antigas entro un raggio di oltre due chilometri, e gli uomini del Joker scampati fortunosamente alla morte erano in condizioni tali da non poter essere interrogati in alcun modo. Bullock commentò sarcasticamente che anche un incendio doloso non poteva danneggiare ulteriormente i fondi della compagnia chimica Axis, la quale era già andata in... fumo da un pezzo.

- Risparmiati le tue scemenze, Harvey - fece brusco Gordon, facendogli andare le patatine di traverso. - Assicurati piuttosto che sia rimasto qualcosa da fare avere alla Scientifica!
- Okay okay... Quante storie per un vecchio tugurio bruciato!

Gordon sospirò.
Probabilmente aveva già una vaga idea di "chi" avesse qualcosa a che fare con l'incendio, anche se il "perché" gli sarebbe sempre rimasto ignoto. Alcuni agenti avevano cominciato a rimuovere delle macerie in cerca di indizi e, così facendo, avevano portato alla luce qualcosa di interessante.

- Commissario, venga, qui sotto c'è qualcosa!

Gordon avvicinò lo sguardo e, da sotto i resti di alcune travi annerite e lamiere deformate, spuntarono fuori una sottile mascherina nera da Arlecchino e una inconfondibile tuta rossa e nera con un farsetto bianco e un cappuccio da giullare cuciti assieme.

- Buon Dio - mormorò Gordon. - Che fine orribile, povera ragazza!

***

Nello stesso momento, a molti chilometri di distanza, Harleen Quinzel stava finendo di sciacquarsi il viso dentro una bacinella piena di acqua fresca. Il buon vecchio Alfred si era premurato di portarle gli asciugamani puliti, allorché lei lo ringraziò debolmente, e si disse contento di saperla sana e salva. La Batcaverna non era certo il posto più accogliente ed affascinante del mondo ma, per una ex-criminale fuggitiva, poteva dirsi forse l'unico posto veramente sicuro.

- Suppongo sia un po' troppo tardi per servire la cena - commentò Alfred, osservando l'orologio che segnava mezzanotte passata. - Ma forse la signorina gradirebbe qualcosa di caldo? Un thé, un bicchiere di latte, della camomilla...
- No, grazie Alfred - mormorò Harley riconoscente. - Ho lo stomaco chiuso anche per una goccia d'acqua, in questo momento!
- Come desidera - fece il maggiordomo comprensivo. - Nel caso cambiasse idea, non esiti a chiamare comunque!

Ciò detto, Alfred entrò nell'ascensore collegato ai piani alti della villa, lasciando Harley e Bruce in modo che potessero parlare tranquillamente.

- Ora capisco da dove viene la tua gentilezza - esclamò Harley rivolgendosi a Bruce con un sorriso. - A star insieme con le persone giuste, si impara tutti il modo migliore di stare al mondo!
- No, non si tratta di questo - la corresse Batman. - Certo i buoni amici sono importanti, questo è indubbio, ma chiunque può imboccare una strada cattiva a seconda delle circostanze!

Harley sospirò.
Lei era appena diventata una delle poche persone a conoscenza del segreto dietro all'oscuro Crociato di Gotham. A stento riusciva a credere che un miliardario dolce e remissivo come Bruce Wayne non fosse altro che una necessaria facciata per il rude e aggressivo Uomo Pipistrello. Ora che le lacrime erano andate via, assieme al mascara ed al fondotinta, si sentiva molto più lucida e pronta ad affrontare la realtà, per quanto difficile e dolorosa.

- Non preoccuparti, non ho intenzione di rivelare il tuo segreto - lo rassicurò. - Domattina lascerò per sempre la città, me ne andrò il più lontano possibile da Gotham, e poi cercherò di rifarmi una vita da qualche altra parte!
- Puoi anche rimanere, se vuoi - ribatté Bruce. - Nessuno vuole mandarti via: sei libera di decidere ma, nel caso non te ne fossi accorta, qui troverai sempre delle persone che tengono a te!
- E' per questo che forse dovrei andarmene - osservò Harley tristemente. - Insomma, ammettiamolo: non è certo facile avere a che fare con una come me, giusto?

Bruce non disse nulla, era troppo concentrato su ciò che stava scrivendo al computer, ma Harley interpretò il suo silenzio come un tacito assenso.
L'orso di pezza era ancora lì, nella sua borsa, eppure sembrava così totalmente estraneo a ciò che era presente in quel luogo. Harley lo accarezzò, quasi commossa al pensiero di quanto dura e difficile fosse la vita del suo proprietario, e dentro di sé si domandò se veramente i suoi problemi esistenziali e sentimentali fossero poi così gravi da non poter essere risolti. L'uomo accanto a lei viveva perennemente dentro al proprio inferno, fatto di orrori e violenze di vario genere, ma anziché sfuggirgli aveva preferito affrontare e dominare le proprie paure diventando la paura stessa.

- Prenditi un po' di tempo per riflettere - provò a dirle Bruce. - Hai avuto una gran brutta notte, non dovresti avere fretta su una decisione così definitiva!
- No, suppongo di no - annuì Harley. - Per te come è stato, invece, voglio dire... Quanto hai riflettuto, prima di decidere che ciò che volevi era questo?
- Non l'ho scelto io - sottolineò Batman. - Molti pensano di poter decidere e pianificare il proprio futuro, dando le cose più care ed importanti addirittura come scontate; ma quando anche l'ultimo dei farabutti può disporre della vita delle persone a suo piacimento, arriva un punto in cui non puoi più scegliere... Perché, anche se chiudi gli occhi e provi a convincerti, la verità è che non hai scelto proprio niente e che altri hanno deciso per te!
- Ma non è troppo pesante da portare questa maschera? - domandò allora Harley, alludendo al cappuccio appoggiato a lato del computer.
- Al contrario - rispose l'altro. - E' più pesante toglierla che metterla!
- Scusami, ma non ti seguo...
- La maschera, in sé, non è che un simbolo - provò a spiegarle Bruce. - Tutti noi possiamo scegliere se affrontare una realtà "sporca", una realtà che ci fa male, o se invece voltare la testa dall'altra parte e fingere che nulla sia mai accaduto. Ma quando ti guardi allo specchio, dove la verità fa i conti con il proprio sguardo, la maschera diventa la tua migliore alleata per non costringerti ad osservare il peso del tuo fallimento!
- E' questo che pensi di te, quando sei Bruce Wayne? - chiese Harley perplessa. - E' assurdo, come puoi avere così poca stima di te stesso?
- La stima è ciò di cui hanno bisogno coloro che cercano gratificazione - puntualizzò allora Bruce. - Come Bruce Wayne, come uomo intendo, la sola immagine che riuscirei a dare sarebbe quella di un inutile idealista... Batman è diverso: è il modo per spingere chiunque a identificarsi in lui, un'idea senza un volto, è questo l'unico scopo della sua esistenza!
- Ma hai pensato a cosa succederebbe se... Voglio dire, se tu dovessi morire o...
- Te l'ho detto: per me è indifferente "chi" indossa la maschera, basta che sia qualcuno disposto a tutto, anche all'impossibile, pur di contrastare il crimine alla radice... Quando toccherà a me morire, e certo non mi faccio illusioni riguardo a questo, ci sarà sempre un Batman a combattere per impedire che altri vivano quel dolore!

Harley tacque.
La rettitudine morale di Bruce Wayne era a dir poco sconvolgente. Costui non aveva alcun interesse per la propria vita, bensì per quella degli altri, un concetto che molti faticherebbero a comprendere. Quando ancora faceva la psicologa, Harleen Quinzel si era ritrovata a trattare con pazienti di ogni genere: maniaci depressivi, sadici violenti, vittime di allucinazioni e molto altro ancora... Ma mai le era capitato di conoscere uomini anche solo vagamente somiglianti a Joker e Batman.
Uno rappresentava il perfetto quadro anarchico dell'antisistema: vivere senza inibizioni, elevando il sorriso a qualunque genere di azione, indipendentemente dall'essere malvagio o meno. L'altro, invece, era il suo esatto contrario: serio ed inflessibile, votato alla causa più estrema dell'altruismo, capace di agire sempre nell'interesse degli altri più che per sé stesso.
Ma quale dei due era nel giusto?
Harley era davvero confusa. D'istinto avrebbe voluto abbracciare anche lei quella stessa filosofia, essere d'esempio per qualcuno e soccorrere le persone in difficoltà, ma il suo passato da criminale non era certo un buon biglietto da visita per iniziare quel genere di carriera.
Tuttavia, attraverso le parole di Batman e l'atmosfera elettrica di quel luogo e dei pipistrelli che la circondavano, Harley capì di voler sinceramente entrare a far parte di quella leggenda.  

- Devo andare adesso - esclamò ad un tratto Batman, indossando in fretta la maschera e la cintura. - Giù in città hanno bisogno di aiuto!
- Aspetta, vengo con te!

Prima che Batman potesse impedirglielo, Harley era saltata al suo fianco dentro la macchina.

- Non se ne parla - sentenziò lui brusco. - Scendi immediatamente, è un ordine!
- Non è una scelta, lo hai detto tu - lo schernì lei. - Tu senti il dovere di fare quello che fai, ebbene io sento che voglio aiutarti... che ti piaccia o no!

Batman strinse gli occhi, piuttosto dubbioso, tuttavia mise in moto la Batmobile e partì a tutta velocità.

- Ne riparleremo dopo - esclamò. - Può darsi che mi sbagli, o può darsi di no, in ogni caso questo è il tipo di gioco in cui sono io a dettare le regole: o si fa come dico io o come dico io, non si discute!
- Ma certo, come no - mormorò Harley sottovoce, facendogli le boccacce. - Bleah, antipatico!

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FINE ?

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