Managing your life || H. S.

di slv_93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Quanti Texas conosci, tesoro? ***
Capitolo 3: *** Beatrice non è il nome della ragazza di Dante? ***
Capitolo 4: *** Dormi qui ***
Capitolo 5: *** Ti metto in imbarazzo, Bea? ***
Capitolo 6: *** Tutti hanno bisogno di un abbraccio ***
Capitolo 7: *** Perché mi stai evitando? ***
Capitolo 8: *** Questo non spiega perché ti abbia abbracciata ***
Capitolo 9: *** Tu non sei normale ***
Capitolo 10: *** Sei geloso, per caso? ***
Capitolo 11: *** Chi è Kendall? ***
Capitolo 12: *** Con te è diverso ***
Capitolo 13: *** Io ho un debole per le più mature ***
Capitolo 14: *** Voi tre non mi convincete ***
Capitolo 15: *** Lui ti ama? ***
Capitolo 16: *** Mi prometti che non scapperai alla prima difficoltà? ***
Capitolo 17: *** Non torno a Londra ***
Capitolo 18: *** Stavo per vomitare su quella fottuta Harley ***
Capitolo 19: *** Non ti chiederei mai di fare sesso ***
Capitolo 20: *** Mi sfo lavando i denfi, non vedi? ***
Capitolo 21: *** Cosa c'entra Taylor? ***
Capitolo 22: *** Mi sembra di aspettare di nuovo il verdetto di X-Factor ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L’ottimista è colui che vede nella grandine una buona partenza per un Mojito
(Anonimo)

Beatrice Clarke, era una ragazza di 25 anni, bionda, con dei profondi occhi chiari e con tanti sogni nel cassetto. Aveva sempre pensato che la legge di Murphy fosse un pretesto degli imbranati per dare la colpa al caso, al cosmo e alla sfiga. In genere era sempre stata piuttosto ottimista, si era sempre imposta di vedere il bicchiere mezzo pieno e di sorridere in faccia alla vita. Tuttavia, quella mattina, dopo aver sbagliato ad impostare la sveglia, aver fatto cadere il caffè direttamente sul suo completo nuovo di zecca, aver fatto andare in frantumi il fard e aver perso l'autobus non poteva fare a meno di pensare che la frase: Se qualcosa può andar male, lo farà fosse effettivamente vera.

Quel giorno malediva la sfiga per averla presa di mira perché, se tutto fosse andato per il verso giusto, avrebbe potuto aggiudicarsi uno stage di sei mesi in una delle più importanti agenzie che curano la carriera artistica di molte star: la Modest! Management. Lavorare per loro sarebbe stato un sogno e sapeva benissimo che le avrebbe aperto la strada per la sua futura professione. Per questo, dopo essersi svegliata con mezz'ora di ritardo, aver ripiegato su un vestito nero lungo fino alle ginocchia per sostituire il tailleur macchiato, aver rinunciato al fard con conseguente cera degna di Edward Cullen e aver preso la metro nonostante la detestasse con tutta se stessa, stava pian piano entrando nell'ottica che quel giorno il suo bicchiere fosse quasi vuoto e che se non si fosse dimostrata spigliata ed entusiasta al colloquio sarebbe finita a vendere hamburger da McDonald's.

"Lei è la signorina Clarke, giusto?". Smise di torturarsi i braccialetti che portava al polso e si voltò verso la porta dell'ufficio in cui stava aspettando il responsabile delle risorse umane ed Harry Magee, uno dei proprietari della Modest. Grazie a Dio era arrivata comunque in anticipo. Annuì e un uomo alto, con i capelli brizzolati e il pizzetto le si avvicinò.

"Piacere, io sono Tom Dawson e farà il colloquio con me. Il signor Magee dovrebbe raggiungerci a momenti" disse con un sorriso a 32 denti.

"Piacere mio, Beatrice Clarke" esclamò stringendo la mano che l'uomo le porse.

La ragazza si accomodò sulla sedia di fronte alla scrivania in mogano. "Ho visionato il suo curriculum e ho visto che durante la sua carriera universitaria ha fatto molti stages in Italia, ma nessuno in ambito musicale. Cosa si aspetta da questa esperienza?"

"So per certo che mi impegnerei al massimo e cercherei di applicare tutte le conoscenze che possiedo, anche se non ho mai avuto a che fare con questo settore. Sono sicura che sarebbe un'esperienza formativa e potrei portare nuove idee" disse tutto d'un fiato. Dopo anni di pratica sapeva che fosse una buona cosa dimostrarsi interattivi e fare domande, quindi mise da parte l'agitazione del momento e chiese "Quali compiti mi verrebbero affidati?"

"Innanzitutto sarebbe affiancata da un manager con esperienza che le spiegherebbe la parte organizzativa e seguirebbe uno dei nostri artisti nello specifico" disse l'uomo incrociando le dita delle proprie mani sopra la scrivania.

Beatrice stava ancora pensando al fatto che se fosse stata assunta avrebbe potuto conoscere uno degli artisti di cui si occupava la Modest, come ad esempio Olly Murs, quando la porta venne aperta e fece la sua comparsa un uomo con i capelli corti tendenti al rossiccio che la ragazza riconobbe subito dalle foto viste su Google. "Harry Magee, uno dei proprietari della Modest Management"disse avvicinandosi con passo deciso. Beatrice non si fece intimorire e si alzò per presentarsi, dopodiché l'uomo si posizionò dietro la scrivania accanto al signor Dawson dandogli un'amichevole pacca sulla spalla.

"Stavo esponendo alla signorina Clarke i suoi compiti nell'eventualità che sia assunta" spiegò il responsabile delle risorse umane. Il signor Magee annuì con un sorriso e la conversazione andò avanti tra domande più o meno impegnative da parte dei due.

Se c'era una cosa che Beatrice Clarke odiava con tutta se stessa era stare al centro dell'attenzione e, nonostante, non fosse di certo il primo colloquio della sua vita, non si sentiva a suo agio a rispondere a tutte quelle questioni.

"Bene, allora entro la settimana le faremo sapere. Arrivederci signorina Clarke". La ragazza ringraziò il Cielo quando il signor Magee pronunciò quella frase e dopo aver salutato i due uomini si avviò velocemente verso casa.

***

"Allora, come è andata? Ti hanno assunta? Quando cominci? Quanto ti pagano?"

Appena mise piede nella sua abitazione la sua amica, nonché coinquilina, si precipitò quasi correndo all'ingresso. "Shay, frena! Era un colloquio di selezione, sai quante persone avranno partecipato? È praticamente impossibile che scelgano proprio me" sbuffò chiudendo la porta del loro appartamento che si trovava nei pressi di Trafalgar Square.

Le due si erano conosciute quando Beatrice si era trasferita a Londra dall'Italia e avevano subito stretto amicizia. Shay era un ciclone: mora, occhi castani ed energia da vendere; era in grado di far tornare il sorriso a chiunque.

La ragazza guardò Beatrice accigliata "Da quando sei diventata così pessimista?"

"Da quando la sfiga ha deciso di perseguitarmi, non era la giornata giusta oggi. Ho bisogno di tanto gelato e di Harry Potter" mugugnò affondando il viso sul cuscino del divano.

Il suo innato ottimismo quel giorno aveva deciso di farsi un viaggio alle Hawaii, complice forse la giornata piovosa di quel luglio. Beatrice era convinta di doversi preparare all'ennesimo colloquio snervante da quando si era trasferita. Era il suo sogno lavorare a Londra e non ci avrebbe mai rinunciato. Se lo avesse fatto, sarebbe dovuta tornare a casa e dover ammettere alla sua famiglia di aver fallito miseramente.

Con la consapevolezza di non avere possibilità di entrare alla Modest si riempì lo stomaco di gelato al cioccolato nonostante fosse ora di pranzo e si auto-commiserò guardando Harry Potter con Shay al proprio fianco.

***

Tre giorni dopo...

Beatrice e Shay stavano camminando su e giù per il centro commerciale da circa due ore perché la mora aveva deciso di trascinarla con sé per tentare di risollevarle il morale. Non era stata una delle sue idee migliori dal momento che a Beatrice lo shopping provocava il mal di testa. 

"Hai esattamente 50 paia di scarpe, dove hai intenzione di mettere questi indispensabili stivali? Tralasciando il fatto che è estate e non potresti indossarli" borbottò la bionda con una punta di irritazione.

"Bea, la tua scarpiera è vuota e poi guardali, quando trovo degli stivali così belli?" rispose Shay osservando le scarpe che teneva in mano come fossero le ultime rimaste nel negozio.

"Ehm magari quest'inverno? E poi scordatelo! La mia scarpiera è off limits". Beatrice non aveva tutti i torti; infatti, la mora, si era già presa una buona parte del suo armadio e sapeva per certo che se non avesse fermato la sua vena conquistatrice avrebbe potuto occupare tutta la sua camera come i romani fecero con l'Europa.

"Sei una palla! Penso che metterò un annuncio per rimpiazzarti come coinquilina" sbottò facendole la linguaccia.

Bea non fece in tempo a controbattere con una delle sue frasi pungenti che il telefono iniziò a squillare. Con fatica riuscì a recuperarlo dalla borsa maledicendo il fatto che comprava sempre borse grandi quanto quella di Mary Poppins. Notò subito il numero non salvato in rubrica e rispose immaginando fosse la risposta della Modest. Il suo cuore iniziò a galoppare come Furia cavallo del West.

"Salve, sono la segretaria della Modest Management. Volevo comunicarle che il signor Dawson e il signor Magee hanno deciso che lei è la candidata scelta per lo stage. Si presenti qui lunedì mattina alle 9. Complimenti e buona giornata!" concluse la donna forse ignara delle sensazioni che la ragazza provava in quel momento.

Ricominciò a respirare solo dopo aver gentilmente salutato e riattaccato il telefono. Un sorriso iniziò a formarsi sulle sue labbra mentre la sua mente stava già improvvisando un balletto sculettando sulle note di We are the champions. Presa dall'euforia si fiondò al collo della sua amica che stava ancora ispezionando le scarpe con le sopracciglia corrugate. "In culo la legge di Murphy!" esclamò suscitando una reazione confusa da parte di Shay.

_ _ _

Eccomi qui, sono Silvia e questa è la mia prima ff. Spero di avervi invogliato a continuare. Questo è un capitolo introduttivo che avevo bisogno di scrivere per spiegare la situazione e inquadrare un po' la protagonista. Io l'ho immaginata come Ashley Benson di Pretty Little Liars, ma potete figurarvela come più vi piace. Spero sia stato di vostro gradimento anche se ora può risultare noioso perché non c'è Harry Fico Styles, perdonatemi! ;) Questa storia è disponibile anche su Wattpad, però là sono già al capitolo 4.

Battete un colpo se ci siete e commentate pure che vorrei confrontarmi con voi per suggerimenti o eventuali critiche costruttive :)

Buona serata,

Silvia

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Capitolo 2
*** Quanti Texas conosci, tesoro? ***


Tutto comincia in un attimo, in un giorno qualunque della vita, quando meno te lo aspetti
(Romano Battaglia)

Beatrice aveva da sempre invidiato quelle persone che appena suona la sveglia balzano in piedi come delle molle e nel giro di un quarto d'ora sono pronte per uscire di casa. Ecco, lei su questi due punti aveva ancora qualche problema, ma ci stava lavorando.

Per questo quel lunedì mattina decise di svegliarsi alle sette così da fare le cose con la lentezza di un bradipo per evitare i piccoli inconvenienti che le capitavano quando andava di fretta. Se le fosse stato chiesto quale fosse il suo difetto, avrebbe certamente detto la sbadataggine. Sua madre le diceva sempre che sarebbe stata in grado di combinare disastri anche all'interno di una stanza vuota.

Dopo una doccia per calmare l'agitazione per il primo giorno di lavoro decise di fare colazione in slip e reggiseno così da non ripetere lo stesso errore della settimana prima e dopodiché indossò il famoso tailleur non più macchiato di caffè. Si truccò con un leggero strato di fard e del mascara e prese l'autobus per Peterborough Rd, dove si trovava la sede della Modest!.

Bea era carica di entusiasmo e mentre guardava scorrere la strada si chiedeva cosa le avrebbe portato questa nuova esperienza. Voleva far vedere di che pasta era fatta e rendere orgogliosi i suoi genitori. Era così immersa nei propri pensieri che quasi dimenticò di scendere alla fermata. Ecco, c'è da dire che la ragazza era conosciuta tra amici e parenti per avere perennemente la testa tra le nuvole. Se sua madre, abituata a svolgere un lavoro preciso quale era quello della bancaria, la rimproverava spesso per questo (a suo dire) difetto; suo padre, pittore e artista dalle mille sfacettature, lo vedeva come un fantastico pregio.

"Buongiorno signorina Clarke, venga con me che le spiego ogni cosa". Il signor Dawson la accolse proprio quando stava per chiedere informazioni alla segretaria, così la ragazza lo seguì lungo il corridoio fino al suo ufficio.

"Bene, allora come le dicevo sarà affiancata da un manager che le svelerà tutti i trucchi del mestiere e spero non sia un problema per lei spostarsi al di fuori di Londra" disse dopo essersi accomodato sulla sua poltrona, alle cui spalle l'ampia vetrata faceva intravedere South Park.

"Al di fuori di Londra? Pensavo di dover lavorare in un ufficio" ribatté Beatrice abbastanza confusa. Non le era stata riferita l'opportunità di viaggiare; non che la cosa le dispiacesse, ma pensava che fosse stato meglio dirlo fin da principio.

"Sì. Vede signorina Clarke, il nostro lavoro è un po' itinerante. Ogni artista che seguiamo ha un team di manager che si spostano con lui durante i concerti, le interviste e quant'altro. Noi curiamo anche l'immagine e diciamo loro come comportarsi, alcune volte" chiarì il signor Dawson.

Nella mente della ragazza vorticavano mille pensieri. Rifletté sul da farsi arrivando alla conclusione che viaggiare con un loro cliente non fosse per niente una brutta idea; probabilmente avrebbe dovuto seguire cantanti lirici o attori teatrali che sarebbero comunque rimasti entro i confini dell'Inghilterra e questo non era assolutamente un problema. Perciò accettò quasi subito e chiese chi fosse l'artista che avrebbe dovuto seguire. Le sembrava di essere come una bambina il mattino di Natale; era così curiosa che dovette imporsi di smetterla di muovere il piede in continuazione.

L'uomo alzò la cornetta del telefono e fece chiamare dalla segretaria un certo Marco, che arrivò dopo alcuni minuti bussando alla porta già semi-aperta. Bea pensava di trovarsi di fronte un uomo di cinquant'anni in giacca e cravatta e invece quel ragazzo fermo sulla soglia doveva avere circa la sua età e indossava dei jeans con una t-shirt nera.

"Piacere, io sono Marco Gastel. Ho sentito che sei per metà italiana. Anche io ho origini italiane" si presentò il giovane. Era spigliato e sorridente mentre parlava e l'accento italiano era a malapena udibile. I capelli sbarazzini e gli occhi vispi gli conferivano un'aria simpatica. La ragazza si presentò sorridente, rimanendo piacevolmente colpita dal fatto che un altro italiano giovanissimo lavorasse per quella agenzia.

"Signorina Clarke, Marco le insegnerà ogni cosa di questo lavoro e vedrà che andrete molto d'accordo. Ora le farà conoscere chi dovrete seguire, ricordate che il vostro lavoro dovrà risultare quasi invisibile". Invisibile era proprio l'aggettivo che le piaceva maggiormente, si sentiva a suo agio a lavorare dietro le quinte piuttosto che sul sipario.

Salutarono il signor Dawson e si avviarono verso l'ufficio del ragazzo. Marco aprì la porta facendola passare per prima e notò immediatamente quattro ragazzi seduti di spalle su delle poltroncine. Restò interdetta dato che si aspettava una sola persona, ma non fece nemmeno in tempo a chiedere spiegazioni a Marco che i quattro si voltarono improvvisamente nella loro direzione.

Il cervello di Beatrice non riuscì a registrare immediatamente ciò che stava vedendo, ma sta di fatto che le sue aspettative su chi trovare all'interno della stanza non erano di certo paragonabili agli One Direction che la fissavano con aria divertita probabilmente dovuta alla sua faccia da pesce lesso.

"Ragazzi, lei è Beatrice. Beatrice...beh loro sai chi sono immagino" li presentò Marco con un sorriso sulle labbra. Recuperato l'uso delle gambe, si avvicinò ai ragazzi stringendo loro la mano con ancora un'espressione incredula.

"Beatrice, prima di venire da te stavamo parlando delle attività a cui dovranno partecipare i ragazzi questa settimana" disse Marco prendendo posto dietro la sua scrivania e facendole segno di accomodarsi sulla sedia accanto alla sua, proprio di fronte ai quattro ragazzi.

Non era mai stata una fan degli One Direction, ma erano conosciuti in tutto il mondo ed era praticamente impossibile non aver mai visto i loro volti o non aver sentito qualche loro canzone in radio. Quella situazione le sembrava surreale perché, primo non si aspettava di certo di dover seguire degli artisti così famosi e secondo perché il personaggio più conosciuto che aveva visto era Patrizio Roversi di Turisti per caso passeggiare per i portici di Bologna.

"Ma sei anche tu italiana? Siete come la Nutella ormai" sbottò di colpo il biondo del gruppo che la ragazza riconobbe come Niall. Non fece in tempo ad aprire bocca che venne subito interrotta da un altro di loro.

"Ma che senso dovrebbe avere la frase che hai appena detto?" chiese perplesso il ragazzo con i capelli castani e gli occhi azzurri.

"La Nutella la si trova ovunque ormai. Era una metafora, Louis!" precisò Niall quasi offeso suscitando un sorriso negli altri due che non avevano ancora parlato.

"Ok, stop! A parte il fatto che di solito si usa il prezzemolo per questo genere di metafore, Niall; comunque sì, è italiana pure Beatrice" replicò Marco mettendo fine alla discussione. "Lei è una stagista e starà con noi per un po' di tempo. Quindi vi prego di comportarvi come delle persone civili quando saremo in giro in qualche hotel. Soprattutto tu Niall, non girare mezzo nudo quando dovremo condividere le stanze" continuò il ragazzo con tono severo, ma facendosi scappare un sorriso verso la fine.

Più li osservava e più si convinceva del fatto che non sembravano per niente delle star, ma dei ragazzi normali con solo dei vestiti più costosi rispetto alla maggioranza dei loro coetanei.

"Quindi, ricapitolando: domani abbiamo appuntamento con la BBC Radio e annunceremo ufficialmente il nuovo album e poi mercoledì partiremo per il Texas per finire di girare il video di Drag me Down che dovrebbe uscire ad agosto" disse velocemente Marco. Il cervello della ragazza non comprese subito quelle parole, ma quando registrò l'informazione prese quasi un colpo.

"Texas? Quel Texas che sta dall'altra parte dell'Oceano??"

"Quanti Texas conosci, tesoro?" le rispose divertito il ragazzo con gli occhi verdi che non aveva ancora parlato.

"State scherzando? Il signor Dawson mi ha chiesto se ero disposta a spostarmi da Londra, non dall'Inghilterra, né tanto meno dal continente!" replicò con un tono forse leggermente stridulo.

Non che fosse chissà quale ostacolo insormontabile andare in Texas, ma nell'ultima ora aveva ricevuto troppe sorprese: prima le era stato detto che avrebbe dovuto viaggiare, poi aveva scoperto che gli artisti affidatele erano niente di meno che gli One Direction ed infine che tra nemmeno due giorni sarebbero partiti per gli Stati Uniti. Penso che chiunque avrebbe dato di matto!

"Non è uno scherzo, Beatrice. Pensavo non fosse un problema per te. I ragazzi devono registrare il video al Nasa Jonhson Space Center di Houston e tu dovresti venire con noi. Te la senti?" disse Marco guardandola negli occhi e infondendole un po' di tranquillità. Anche se la parola Nasa vagava ancora nella sua mente decise di accantonarla in un angolo.

"Non ti preoccupare, me la sento. Scusatemi, ma la mia vita fino a quattro giorni fa era piatta come una tavola da surf e ora mi state dando troppe informazioni importanti in una sola volta" confessò abbassando lo sguardo. Si sentiva una stupida a comportarsi in quella maniera davanti a loro. Marco mise una mano sul suo braccio e le sorrise amichevolmente.

"Quindi ci rivediamo domani nella sede della BBC. Puntuali, mi raccomando! E ricordate quello che non dovrete assolutamente dire" disse Marco ai ragazzi che si stavano già alzando parlottando tra loro.

Quando Beatrice rimase da sola con lui le confidò che odiavano il fatto di doversi comportare a bacchetta, ma che lo accettavano per non compromettere la loro immagine. La ragazza era convinta  che fossero liberi di dire ciò che volevano, ma evidentemente si sbagliava. Marco con loro aveva un rapporto di amicizia che andava ben oltre le formalità del lavoro, però quando dovevano lavorare le cose andavano prese seriamente e non era colpa del manager ciò che imponeva loro l'agenzia.

La giornata trascorse velocemente progettando e scrivendo comunicati stampa sotto la supervisione di Marco finché il ragazzo non la congedò. Bea pensava che una buona dormita l'avrebbe aiutata ad assimilare gli avvenimenti della giornata.

_ _ _

Ciao!! Ecco il primo capitolo, spero sia stato di vostro gradimento. Non so ancora come impostare bene i dialoghi e non vorrei risultare ripetitiva usando sempre le stesse parole. Spero di farci la mano. Bea ha incontrato gli artisti (e che artisti) che dovrà seguire, quanto la invidio! Ogni tanto metterò dei riferimenti personali come ad esempio il fatto che vivo a Verona e che studio a Bologna oppure che il maggior di personaggio "famoso" che ho incontrato è Patrizio Roversi (so che molte saranno andate su Google per vedere chi sia ahahaha).

Baci,

Silvia

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Capitolo 3
*** Beatrice non è il nome della ragazza di Dante? ***


 

Non sapete che arriva un’ora della notte in cui tutti devono togliersi la maschera?
(Kierkegaard)

Quel martedì mattina, appena aprì gli occhi, pensava di aver sognato tutto: il lavoro alla Modest, gli One Direction e l'imminente viaggio in Texas. Tuttavia, durante la colazione, la sua coinquilina e il suo ragazzo, Tyler, le confermarono ogni cosa.

Loro tre si conoscevamo da appena 4 mesi, ma si era creata fin da subito una speciale intesa, tanto che spesso uscivano insieme. Beatrice si trovava ad invidiare il loro rapporto, alcune volte. Avrebbe voluto anche lei un ragazzo che la guardasse come Tyler guardava Shay. Le storie che aveva avuto erano durate solo alcuni mesi e finivano non appena si accorgeva che ad investire sentimentalmente nel rapporto fosse solamente lei. Era triste da dire, ma quei pochi ragazzi con cui era stata erano interessati esclusivamente al suo aspetto fisico. Sapeva di essere una bella ragazza, ma aveva anche altre qualità e non si sarebbe accontentata del mediocre se poteva avere il meglio. Era quasi un anno che non aveva un ragazzo e nonostante avesse raggiunto un certo equilibrio interiore, in cuor suo sperava sempre di incontrare una persona con cui condividere i suoi pensieri, le sue giornate e anche le sue paure. Bea pensava che sarebbe stato bello avere qualcuno che ridesse alle sue battute senza senso o che la apprezzasse per quella che era.

Le sue riflessioni vennero interrotte non appena buttò l'occhio sull'orologio. Era in ritardo e quel mattino avrebbe dovuto essere alla BBC Radio entro le nove per l'intervista di quel gruppo che, ancora faticava a crederlo, avrebbe dovuto seguire. Mise le ultime cose nella borsa e prese l'autobus.

Quel giorno faceva un caldo infernale e si maledì mentalmente per aver messo una maglia così pesante; l'autobus, in particolar modo, sembrava una scatola di latta messa nel forno.

"Scusi, dove devo andare per l'intervista degli One Direction?" chiese al portiere che stava nella hall dell'emittente radiofonica. Marco si era dimenticato di dirle quale fosse lo studio e non aveva ancora il suo numero di telefono. Si appuntò mentalmente di chiederglielo il prima possibile. 

L'uomo non fece in tempo a risponderle che furono distratti dall'enorme calca di persone che improvvisamente spingeva per entrare all'interno dell'edificio. Immaginò che tutto quel trambusto fosse dovuto all'arrivo dei ragazzi, così disse al signore che si sarebbe arrangiata e aspettò il loro ingresso.

I quattro, tutti muniti di occhiali da sole come se quelli avessero potuto camuffarli, si infilarono velocemente nella hall seguiti dalle loro guardie del corpo. Niall fu il primo ad accorgersi della ragazza e venne verso di lei con un sorriso.

"Ciao bela!" esclamò in un italiano un po' maccheronico "Cosa ci fai qui da sola?"

"Non sapevo in quale studio fosse l'intervista e non ho il numero di Marco" confessò ancora un po' in imbarazzo.

"Seguici, tanto dobbiamo andare nella stessa direzione!" disse poggiando una mano sulla sua schiena per spingerla a raggiungere gli altri tre. "Penso che dovremmo scambiarci i numeri di telefono, ti saranno utili in futuro" continuò.

Una volta raggiunti gli altri, andarono nello studio di Radio 1, dove Marco li stava già aspettando.

"Allora, dite quello che volete, ma state attenti riguardo a quella questione" disse il ragazzo incitando i ragazzi ad entrare.

Bea e Marco seguirono l'intervista dalle vetrate poste intorno allo studio, al cui interno Nick Grimshaw stava ponendo alcune domande ai ragazzi riguardo al nuovo album e al primo singolo estratto. Era emozionata all'idea di seguire così da vicino la carriera artistica del gruppo e il suo entusiasmo, circa la partenza imminente, stava crescendo sempre di più.

Tra i quattro quello che rispondeva maggiormente era il ragazzo con i capelli lunghi e che sapeva si chiamasse Harry. L'intervistatore non si risparmiò di certo battutine sui suoi presunti flirt a cui il ragazzo rispose sorridendo e passandosi le labbra con il pollice e l'indice.

"Quindi è vera la voce secondo la quale vi scioglierete a breve?" cambiò repentinamente discorso Nick. I ragazzi si guardarono tra loro incerti e Bea guardò Marco che si stava torturando il labbro inferiore con i denti.

"Come si scioglieranno? Non lo sapevo!" chiese a Marco sottovoce, abbastanza confusa.

Marco la guardò e vide la preoccupazione nei suoi occhi. "Era questa la questione di cui parlavo prima con i ragazzi. Non si scioglieranno, ma a marzo si prenderanno una pausa e non sanno quanto durerà. Ciò che non deve assolutamente diventare di dominio pubblico è il fatto che hanno intenzione di intraprendere la carriera da solisti. Se le fans venissero a saperlo inizierebbero a pensare che la pausa sia in realtà uno scioglimento definitivo e si scatenerebbe una sorta di panico; sono molto legate ai ragazzi. Quando sarà il momento lo scopriranno da sole" le spiegò esaustivamente il ragazzo.

Aveva relativamente seguito l'ondata di "disperazione" che si era verificata dopo il ritiro di Zayn e poteva immaginare ciò che sarebbe successo se le fans avessero saputo l'intenzione dei ragazzi di lavorare a dei nuovi progetti da solisti.

Nel frattempo, nello studio, Louis aveva preso la parola e stava spiegando a Nick come stavano le cose, tralasciando la questione spinosa delle loro carriere come singoli. Marco tirò un sospiro di sollievo e Beatrice pensò a quanto fosse stato rapido Louis a fornire una risposta in così poco tempo; di sicuro lei avrebbe iniziato a balbettare e a diventare tutta rossa. Probabilmente questi anni erano serviti anche a sapersi adattare a situazioni di emergenza.

***

"Andiamo a mangiare qualcosa?" chiese Liam appena finirono l'intervista "Tutte quelle domande mi hanno fatto venire una fame pazzesca". Nessuno ebbe qualcosa da ridire dato che si erano già fatte le undici e mezza. Così dopo aver seguito le indicazioni di Marco e dei bodyguard riuscirono ad entrare tutti nel pulmino dei ragazzi senza troppa fatica. Beatrice stava iniziando lentamente ad abituarsi all'idea di essere la loro ombra e sperava di riuscire ad instaurare con loro un buon rapporto.

I ragazzi questionarono su dove andare a pranzo e Marco la rassicurò sul fatto che questo capitava tutte le volte in cui mangiavano fuori e che ci avrebbe fatto l'abitudine. Alla fine optarono per un ristorante italiano, in onore dei loro due manager.

Il locale si trovava in centro e furono costretti a farsi scortare dalle guardie del corpo perché le persone si erano immediatamente accorte dei ragazzi. Si accomodarono ad un tavolo un po' appartato e ordinarono tutti la pizza.

"Quindi, Bea, da quanto vivi a Londra? E dove abitavi prima?" chiese Niall con la bocca piena.

"Sono qui da 4 mesi. Prima abitavo a Verona. La conoscete?" rispose l'interessata bevendo un sorso d'acqua.

"Bellissima Verona. Abbiamo fatto un concerto qualche anno fa all'Arena. Che posto straordinario!" disse entusiasta Louis.

"Come mai hai deciso di trasferirti qui?" chiese Liam addentando una fetta di pizza.

"Mio padre è inglese, così volevo conoscere meglio il Paese in cui è cresciuto e poi volevo trovare lavoro a Londra. Ed eccomi qui!" concluse scrollando le spalle e sperando che la loro attenzione si spostasse su altro.

"E per fortuna che hai portato il tuo curriculum da noi. La Modest! aveva proprio bisogno di una bella ragazza come te!" le disse Marco facendola arrossire all'istante.

Tutti si dimostravano simpatici, ma Harry, invece, sembrava sulle sue. Beatrice pensava di stargli antipatica o che facesse fatica a parlare con gli estranei, tuttavia escluse l'ultima ipotesi dal momento che, essendo un cantante famoso, doveva essere abituato ad avere conversazioni con persone che vedeva per la prima volta.

Non poté fare a meno di notare i suoi occhi verdi che la scrutavano senza vergogna nonostante lo osservasse. Stranamente non la intimoriva il suo sguardo, anzi trovava piacevole guardarlo negli occhi.

Il gioco tra i loro sguardi fu interrotto da Niall che, seduto accanto alla ragazza, le diede una pacca sulla schiena, probabilmente dovuta ad una battuta che non aveva sentito perché troppo impegnata ad osservare Harry. Accennò un sorriso nella direzione di Niall e tornò a mangiare la sua pizza. 

***

"Bea, torna a casa e prepara la valigia. Ti ho inviato tutti i dettagli per domani. Ti verrà a prendere uno degli autisti della Modest" la informò Marco appena arrivati nell'edificio dove lavoravano. Dopo il pranzo, il gruppo era andato a casa e non rimaneva molto da fare visto che il giorno dopo sarebbero partiti per gli Stati Uniti. Beatrice aveva scambiato il numero di telefono sia con Marco che con i ragazzi; così, in caso di necessità, avrebbe potuto contattarli.

Salutò il ragazzo e tornò a casa pronta per affrontare quella nuova avventura l'indomani. Doveva ancora preparare ogni cosa e non sapeva quali vestiti portare. Arrivata a casa, Shay non c'era quindi avrebbe potuto pensare a tutto con calma, senza la sua amica che le avrebbe messo confusione. Shay era logorroica e con tutto quel parlare di sicuro le avrebbe fatto dimenticare qualcosa. 

Una volta finita la valigia, si buttò sul divano a guardare la tv per tutto il pomeriggio e solo verso sera decise di prepararsi la cena. Quando era sola non aveva molta voglia di farsi da mangiare, ma si sforzò di cucinare almeno una bistecca.

Shay le aveva scritto un sms per dirle che avrebbe dormito da Tyler, così ne approfittò per prendersi cura di se stessa. Si fece la doccia, lavando con cura i capelli, si mise lo smalto e fece pure lo scrub. Verso le dieci decise di dormire visto che il giorno dopo sarebbero partiti presto. 

***

Beatrice stava dormendo beatamente da circa due ore quando il telefono sul comodino iniziò a vibrare facendola svegliare all'improvviso. Con un occhio semi aperto afferrò il cellulare, ma non riusciva a mettere a fuoco il nome sul display dato che era senza lenti a contatto e gli occhiali erano troppo lontani da raggiungere. Decise di rispondere ugualmente, magari poteva essere importante.

"Beatrice non è il nome della ragazza di Dante?" disse qualcuno dall'altra parte del telefono. 

"Ma che problemi hai? E poi, si può sapere chi diavolo sei?" chiese con la voce impastata dal sonno.

"Sono Harry, Harry Styles"

"Harry Styles? Quello a cui io dovrei fare da manager?"

"Quanti altri Harry Styles conosci?"

Beatrice roteò gli occhi al cielo anche se il ragazzo non avrebbe potuto vederla. "Ma che cavolo di ore sono? E soprattutto perché mi chiami di notte?". Non riusciva a capire se quella conversazione fosse un sogno o se stesse avvenendo davvero.

"È mezzanotte, comunque ti ho chiamata perché mi trovo in una situazione complicata e se chiamo Marco mi uccide. Ho bevuto un po' troppo e ho perso le chiavi della mia macchina. Non è che riusciresti a venirmi a prendere all'Heaven?". Solo in quel momento la ragazza si rese conto del tono strascicato della sua voce, ma fu un altro particolare ad attirare la sua attenzione.

"Potrei sapere che ci fai in una discoteca per gay?"si informò.

L'Heaven era un locale per omosessuali animato da drag queen e non particolarmente indicato per gli eterosessuali.

"È una storia lunga. Mi vieni a prendere o no?"

Avrebbe tanto voluto riattaccargli il telefono in faccia e tornare a dormire, ma il tono supplichevole della sua voce, il fatto che fosse ubriaco, senza chiavi e in un locale per gay, uniti alla constatazione che avrebbe dovuto occuparsi della sua immagine la spinsero ad accettare di aiutarlo.

"Sto arrivando, non muoverti! Sappi che non ho la macchina e che andremo in moto" chiarì iniziando a togliersi il pigiama. Harry rispose con un grugnito, dopo di che riattaccò. Bea si vestì e prese le chiavi chiudendosi la porta del suo appartamento alle spalle.

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Buon pomeriggio! Finalmente Beatrice ed Harry hanno avuto il primo approccio, anche se non del tutto pacifico :D
Vedremo come si svilupperà la faccenda. 
Intanto fatemi sapere cosa ne pensate, ci terrei molto :)

Silvia

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Capitolo 4
*** Dormi qui ***



Il regalo più grande che puoi fare ad un altro non è condividere le tue ricchezze, ma fargli scoprire le sue
(Benjamin Diaraeli)

Nonostante fosse luglio, quella notte faceva abbastanza freddo e per la fretta Bea si era dimenticata di mettere una giacca. Maledetto Harry Styles! Se mi prendo un accidente la colpa è solo tua pensava.

La strada fino all'Heaven sembrava non finire mai e l'aria sferzava la pelle delle sue braccia e quella del suo viso non protetta dal casco. Fortunatamente si era almeno ricordata di prendere un casco in più per quella razza di babbuino che se ne andava in giro sapendo che il giorno seguente sarebbero dovuti partire. Probabilmente avrebbe dovuto avvertire Marco dato che era solo una stagista, ma non voleva deludere la fiducia che, inaspettatamente, Harry le aveva dato. Non riusciva nemmeno a capire il motivo per cui avesse chiamato proprio lei e non qualche suo amico e soprattutto perché andasse in discoteca da solo. 

Appena arrivò davanti all'entrata del locale si sfilò il casco e provò a chiamare Harry al cellulare senza ovviamente ricevere risposta. Decise allora di cercarlo all'interno visto che ormai l'entrata della discoteca non era più sorvegliata dai bodyguard. 

Dentro, l'aria era rarefatta a causa della marea di gente che ballava strusciandosi l'una contro l'altra e pure il fumo non le rendeva facile la respirazione. Si chiese come avrebbe fatto a trovare Harry in mezzo a quel casino.

Iniziò a guardare ogni divanetto nella speranza di trovarlo sdraiato a metabolizzare la sbornia, ma dopo una buona mezz'ora di lui non c'era traccia. Dove diavolo si sarà cacciato in quelle condizioni? E se se ne fosse andato a piedi? 

Decise di controllare i bagni come ultima spiaggia; promettendosi che, se non ci fosse stato nemmeno lì, lo avrebbe cercato fuori dal locale.

Si diresse verso il bagno degli uomini spintonando tizi a caso e ricevendo a sua volta parole non molto carine. Prese un respiro profondo ed entrò sperando di non trovare situazioni imbarazzanti. Ovviamente Beatrice Clarke non poteva essere così fortunata e si coprì subito gli occhi con le mani alla vista di due che si davano da fare proprio davanti ai lavandini. Non voleva toccare nulla lì dentro, così iniziò a calciare tutte le porte beccandosi insulti da parte di chi stava soddisfacendo i propri bisogni fisiologici. L'odore pungente di vomito e altri liquidi non identificati le faceva venire la nausea, ma doveva trovare quel troglodita e farlo uscire da quello schifo.

Quando si stava quasi per arrendere ecco che, dentro al penultimo bagno, riconobbe i capelli di Harry. Era abbracciato al water mentre vomitava l'anima.

La ragazza tirò un sospiro di sollievo e si abbassò al suo livello accucciandosi accanto a lui; almeno lo aveva trovato. Gli massaggiò la schiena fino a quando non ebbe finito e poi cercò di alzarlo tenendolo per un braccio. Non appena si accorse di lei, la guardò profondamente. Le sue labbra erano più rosee del solito e gli occhi arrossati rendevano le sue iridi ancora più verdi. Bea non riusciva a smettere di pensare a come fosse bello anche in quelle condizioni.

"Beatrice, non pensavo saresti venuta davvero"

"Credevi che ti avrei lasciato qui?"

"Sì, ma portami via. Ti prego"

Il tono graffiante della sua voce, probabilmente dovuto allo sforzo, le fece venire i brividi lungo tutta la schiena. Lo aiutò ad alzarsi prendendolo saldamente per un fianco, mentre lui le cinse le spalle con il braccio. 

"Harry, dovrei sapere dove abiti per riportarti a casa" gli disse non appena riuscirono a raggiungere la moto. La guardò per un istante che sembrò infinito e Beatrice poté giurare di aver visto i suoi occhi scurirsi. Poi le fece vedere sulla mappa del cellulare il luogo.

"Ora mettiti questo" gli ordinò aiutandolo ad infilarsi il casco "E reggiti forte a me che non vorrei perderti per strada. Le tue fans non me lo perdonerebbero mai" concluse mettendo le sue braccia intorno alla propria vita. Harry obbedì senza proferire parola e poggiò la testa sulla spalla di Bea dopo un paio di chilometri. La ragazza sperava non si fosse addormentato perché altrimenti avrebbe potuto perdere la presa su di lei e cadere all'indietro. Quando, però, strinse le mani intorno ai suoi fianchi si tranquillizzò. 

***

La casa di Harry, o per meglio dire la sua villa, era circondata da delle mura alte circa tre metri e vi erano delle telecamere all'ingresso. Bea spense la moto e spronò Harry a scendere. Riuscì a farlo barcollando leggermente, ma grazie al cielo senza cadere. 

"Fatti una doccia, prendi un'aspirina e vai a letto" gli consigliò senza scendere dalla moto. "Hai le chiavi di casa almeno?"

Annuì e tirò fuori le chiavi dalla tasca dei pantaloni. 

"Ti va di entrare?" le chiese serio. Sembrava che stesse meglio, come se non si fosse per nulla ubriacato. 

"Sono le due ormai, domani alle otto dobbiamo essere all'aeroporto" 

Il ragazzo si guardò gli scarponcini marroni che portava ai piedi dondolando sui talloni. Sembrava in imbarazzo e la ragazza provò un moto di tenerezza.

"Dai, ti offro qualcosa. Per sdebitarmi visto che mi hai aiutato". Bea decise di accettare anche se ormai stava morendo di sonno. 

Lo seguì lungo il vialetto e rimase a bocca aperta quando la porta venne aperta. Se da fuori la casa era bellissima, dentro era a dir poco magnifica. L'arredamento era raffinato e curato fin nei minimi particolari. Le pareti erano bianche così come il lungo tavolo posizionato in una specie di veranda. Le ampie vetrate permettevano alla Luna di illuminare tutta la casa d'argento conferendole ancora più eleganza.

Harry si accorse probabilmente dello stupore della ragazza e si fece scappare una risata. Bea non lo aveva mai sentito ridere, ma pensò subito che quel suono fosse una delle melodie più belle che avesse mai ascoltato, ovviamente dopo la voce di Ed Sheeran. Il suo viso, con quelle fossette, sembrava quello di un bambino. Non sapeva perché si ritrovava a fare quei pensieri, così scosse la testa per scacciarli via.

"Cosa ti posso offrire?" chiese andando verso l'ampia cucina.

"Un bicchiere di acqua può andare bene" rispose rimanendo ferma nella propria posizione.

"Accomodati pure sul divano in soggiorno che ti raggiungo"

Beatrice si mosse verso il soggiorno non sapendo quale divano scegliere per sedersi. Non era mai stata in una casa con quattro divani. Alla fine, scelse quello più vicino e vi si accomodò giusto in tempo per vedere Harry ritornare verso di lei e sedersi al suo fianco.

"Grazie per essere venuta, non so cosa avrei fatto senza di te" disse porgendole il bicchiere. 

"Non ti preoccupare. Ma perché eri da solo?"

"A volte ho bisogno di stare per conto mio. La vita che faccio non è tutta rose e fiori. Certo, ci sono molti lati positivi come le auto di lusso, le ville, fare il lavoro che amo. Ma quando alla sera resto da solo mi rendo conto che mi sto perdendo alcune cose della vita che i miei coetanei danno per scontate" si interruppe con un sorriso amaro sul volto. "A volte vorrei avere un'altra faccia per andare a fare la spesa, portare fuori una ragazza o semplicemente fare una passeggiata senza essere rincorso, fotografato o giudicato per tutto quello che faccio".

La ragazza pensò che non l'aveva mai vista da quel punto di vista; aveva sempre pensato che tutti avrebbero voluto essere famosi principalmente per i soldi e per soddisfare il proprio ego quando la gente chiedeva loro autografi o foto, ma quello che disse Harry la fece riflettere e le lasciò uno strano senso di malinconia.

Pose una mano sul suo ginocchio per confortarlo; era convinta che lui si sentisse una star intoccabile e si sentiva in colpa per averlo pensato.

Harry, preso alla sprovvista, guardò la ragazza e poi la sua esile mano ancora poggiata sulla sua gamba e solo allora Bea si rese conto del gesto che aveva compiuto inconsciamente, così tolse lentamente la mano e gli chiese se si sentisse meglio.

"Sì, grazie"

"È meglio che io vada. Domani mattina non riuscirò ad alzarmi altrimenti. Grazie dell'acqua" disse poggiando il bicchiere sul tavolino di fronte al divano. "Ricordati di dire a qualcuno che vada a prendere la tua auto"

"Dormi qui"  

Rimase stupita per quella frase pronunciata di punto in bianco, tanto che non credeva che fosse davvero uscita dalle labbra del ragazzo. I suoi occhi la osservavano intensamente e non riuscì a fare a meno di fare lo stesso. Ancora una volta il suo sguardo non la intimoriva, ma la tranquillizzava. Solitamente sarebbe arrossita, ma con lui non riusciva a sentirsi a disagio. 

Anche se tornare a casa in moto era una cosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno, non poteva dormire lì. Sia perché in un certo senso lavorava per lui, sia perché il giorno seguente l'autista la sarebbe venuta a prendere.

"Meglio di no, ho la valigia a casa. Grazie lo stesso" 

Annuì e si alzò accompagnandola alla porta. "Buona notte, Harry" disse avviandosi verso la sua moto. La salutò con un cenno della mano per poi chiudere la porta.

Era strano pensare che fosse passato dal non parlarle al chiederle di aiutarlo e di dormire da lui nel giro di un giorno. Infilò il casco e guidò verso casa con ancora quegli occhi verdi impressi nella testa.

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Quanto può essere puccioso questo Harry?? Non so precisamente come sia il suo carattere, ma me lo immagino così come ve lo sto pian piano delineando. Non sarà mai scontato o banale, ma ciò che è certo è che non penso che nella mia storia sarà un tipo manipolatore, egocentrico, violento, mestruato. In molte ff l'ho visto così ma non credo sia il suo vero carattere. Per carità, il bad boy piace a tutte, ma c'è pur sempre un limite :)
Comunque sia, grazie a chi ha lasciato una recensione, mi piace leggervi!
Non mi dilungo oltre, come sempre spero sia stato di vostro gradimento :)

Silvia

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Capitolo 5
*** Ti metto in imbarazzo, Bea? ***


Per le donne il miglior afrodisiaco sono le parole. Il punto "G" è nelle loro orecchie.
(Isabel Allende)

"Ma dove cazzo è Styles?" sbottò Marco piuttosto arrabbiato. "Appena arriva devo dirgliene quattro"

Quella mattina era stata dura per Beatrice svegliarsi, ma l'euforia per la partenza aveva giocato un ruolo cruciale nella sua voglia di prepararsi in fretta e furia. L'autista della Modest! era stato puntuale e in poco tempo avevano raggiunto l'aeroporto di Heathrow dove sarebbero decollati con un jet privato.
C'era, tuttavia, una questione da risolvere e cioè l'assenza di Harry.

Se gli altri membri della band e dello staff erano arrivati in tempo e stavano aspettando a bordo; del ragazzo non c'era neppure l'ombra. A nulla erano servite le chiamate da parte di tutti, né il fatto che il suo autista avesse suonato decine di volte al citofono. Bea pensava che stesse semplicemente dormendo e che, a causa della sbornia, non riuscisse ad alzarsi. Da un lato voleva dire a Marco ogni cosa, ma dall'altro non voleva tradire Harry e farlo andare nei casini più di quanto già non fosse.

Dopo altri dieci minuti passati ad aspettarlo invano, decise di vuotare il sacco. Si avvicinò titubante a Marco, ma non fece in tempo ad aprire bocca che Harry fece la sua comparsa trascinando la valigia.

"Scusate, mi sono addormentato e l'autista non è venuto a prendermi" si giustificò.

"In realtà, l'autista ha citofonato come un ossesso, ma tu non hai aperto. Come diavolo hai fatto ad arrivare?" chiese Marco decisamente alterato.

"In macchina" rispose semplicemente scrollando le spalle.

La ragazza si chiese come fosse possibile visto che la sua auto era rimasta all'Heaven, ma non si pose altre domande. Probabilmente era riuscito ad andare a riprenderla o aveva altre auto parcheggiate nel suo garage.

"E mi spieghi che ci facevi ubriaco in una discoteca per gay?" chiese Marco.

I due ragazzi sgranarono gli occhi chiedendosi come poteva averlo saputo. Harry lanciò a Bea un'occhiata pensando probabilmente che fosse stata lei a spifferare tutto e tornò a guardare Marco senza riuscire ad emettere un suono.

"Non guardarmi così, Twitter è pieno di tue foto mentre vomiti in un fottuto cesso" quasi urlò. "E ce ne sono pure altre mentre sali su una moto guidata da una ragazza. Chi cazzo era?" concluse cercando di moderare il tono della voce visto che si trovavano in mezzo ad altre persone che li osservavano curiose.

"Nessuno di importante e comunque ora sono qui"

Nessuno di importante. Beatrice sapeva che probabilmente lo aveva detto per non smascherarla e non farla andare in mezzo a tutto quel casino, ma quelle parole la lasciarono ugualmente un po' dispiaciuta senza riuscire a spiegarsi il motivo.

"Allora le tue troiette le vedi quando non dobbiamo partire il giorno seguente, intesi? Ora andiamo che è tardi" disse a denti stretti Marco facendo loro strada verso l'aereo.

Pensandoci bene, la ragazza ringraziava Harry per non aver detto che quella ragazza fosse lei, perché altrimenti Marco se la sarebbe presa e probabilmente l'avrebbe licenziata per non avergli detto nulla.

Beatrice ed Harry si scambiarono un'occhiata complice e mentre lui le fece l'occhiolino accennando un sorriso, lei lo ringraziò sottovoce.

L'aveva scampata, ma si era convinta di non doversi più comportare come una sua amica. Era la sua manager (o quasi) e dovevano avere un rapporto professionale.

***

Il volo sarebbe durato 9 ore e ne erano trascorse solamente 4. Nonostante potesse alzarsi e farsi un giretto quando sentiva le chiappe indolenzite, si stava annoiando a morte.

Niall giocava al computer con Louis da un tempo indefinito, Liam dormiva come un neonato ed Harry le lanciava in continuazione occhiate che ignorava guardando fuori dal finestrino. Marco sistemava scartoffie da ormai due ore e gli altri o dormivano o leggevano qualcosa.

Non sembrava nemmeno di essere su un aereo visto che c'erano veri e propri divani e persino una sala da pranzo con un cucinino rifornito. Il bagno, invece, era piastrellato e, oltre che spazioso, era provvisto perfino di una doccia. Chissà quanto tempo passano qua su. Sembra quasi che ci vivano.

"Sei mai stata su un jet privato?" ad interrompere il filo dei suoi pensieri fu Harry che prese posto accanto a lei.

"No, ho sempre viaggiato in seconda classe su aerei di linea" rispose osservandolo distrattamente per poi tornare a guardare le nuvole fuori dal finestrino.

Nonostante non lo vedesse poteva sentire il suo sguardo bruciarle addosso. Avrebbe tanto voluto girarsi verso di lui e ammirare di nuovo quel verde quasi trasparente che erano i suoi occhi; ma non voleva cedere ai propositi fatti poche ore prima, ovvero: non farsi coinvolgere.

"Ah comunque grazie per non avere detto nulla riguardo a ieri sera. Sinceramente pensavo saresti andata a raccontare ogni cosa, ma evidentemente mi sbagliavo" disse dopo diversi minuti di silenzio.

"Prego, ma Marco ti ha beccato ugualmente" sorrise al ricordo della faccia paonazza del ragazzo. "Come hai fatto ad arrivare stamattina?" domandò non riuscendo a trattenersi.

"Ho preso l'altra auto"

"Ma quante macchine hai?" chiese voltandosi verso di lui leggermente stupita.

Ed eccoli lì, i suoi occhi. Così grandi e così belli. Notò che non avevano sempre lo stesso colore; alcune volte si scurivano all'improvviso e allora le sembrava di essere in una foresta impenetrabile, mentre altre ancora erano così chiari che la sensazione era quella di stare al mare.

Fu proprio il proprietario di quegli occhi a farla tornare alla realtà. "A Londra due. La Range Rover è quella che avevo ieri sera e l'Audi è quella con cui sono arrivato stamattina". 

Il suo sorriso si espanse quando vide la faccia impressionata di Bea.

"Ma perché una ragazza come te guida una Harley-Davidson?" disse all'improvviso.

"Perché non so guidare l'auto" ammise imbarazzata. "E poi la moto è più divertente. Ma che tipo di ragazza sarei, scusa?" chiese sorridendogli.

Harry la guardò divertito. "Ti immaginavo più una ragazza raffinata. Di sicuro non ti credevo un maschiaccio"

"E chi ti dice che io non possa essere femminile anche se guido una moto?"

"Touchè" sbuffò abbandonandosi ad una risata. 

"Ammetto che tu fossi molto sexy in sella a quella moto" ammise sottovoce vicino all'orecchio della ragazza.

Bea deglutì quasi strozzandosi con la saliva e percependo un calore insopportabile alle guance. Fu costretta a guardare fuori per riprendere il controllo.

Sentì Harry sghignazzare, probabilmente consapevole dell'effetto che aveva avuto su di lei. In passato, aveva letto qualcosa riguardo la sua fama da latin lover, ma pensava fossero solo voci infondate. Quasi certamente sapeva di essere attraente e non si tirava indietro nel provocare le donne, in quel caso specifico proprio lei.

Con la coda dell'occhio vide Harry alzarsi e tornare al suo posto. Rilassò le spalle accorgendosi solo allora di essere stata tesa come una corda di violino e senza rendersene conto si addormentò.

***

"Bea, svegliati. Siamo arrivati" disse una voce gentile. Aprì gli occhi con fatica e quando mise a fuoco vide Niall che le sorrideva accarezzandole un braccio. Era così dolce quel ragazzo che non poté fare a meno di sorridergli a sua volta. Distese i muscoli delle braccia e delle gambe e si alzò per seguire gli altri che stavano già scendendo dall'aereo. 

Ad Houston era mezzogiorno e il caldo torrido toglieva l'aria dai polmoni. Bea pensò che non si sarebbe più lamentata del clima di Londra per il resto della sua vita.

Dopo aver mangiato nel ristorante dell'hotel, Marco impose ai ragazzi di riposare perché le riprese sarebbero iniziate il giorno seguente. Tuttavia, nonostante le 9 ore di viaggio e il fuso orario, non sembravano per nulla stanchi; anzi verso le due decisero di andare a fare un tuffo in piscina. 

Beatrice, Marco e la band alloggiavano nella stessa suite all'ultimo piano del Four Season Hotel. La stanza in comune era composta da un'ampia sala da pranzo e da un'area relax in cui erano posizionati dei divani e delle poltrone beige che richiamavano il colore delle pareti. Le ampie vetrate davano direttamente  sulla piscina all'aperto riservata solo a loro e in cui i ragazzi stavano facendo una gara di nuoto. Ognuno aveva la propria camera con il proprio bagno personale. La vista dalla stanza di Bea era mozzafiato; poteva, infatti, osservare gran parte della città. Inutile dire che se ne innamorò immediatamente.

"Ti va di fare un bagno?"chiese una voce roca alle sue spalle mentre ancora era persa ad osservare quel panorama. 

"B-bagno? Con te? Dove?" balbettò guardando un altro bel panorama, ovvero Harry sull'uscio della stanza con ancora il costume addosso, i capelli bagnati e un asciugamano intorno alle spalle. 

Stupida! Stupida! Stupida! Nella sua mente si prendeva ripetutamente a schiaffi per aver posto quella domanda idiota senza pensare. Tuttavia, vederlo semi nudo e perlopiù tutto bagnato non l'aveva fatta ragionare. Si voltò di nuovo verso la finestra per nascondere il rossore sulle sue guance.

"Ehm no, intendevo in piscina con gli altri" rispose il ragazzo con aria divertita.

"Ok. Mi metto il costume. Esci, per favore, che vi raggiungo" ordinò dirigendosi verso la valigia e ignorando il sorriso ancora presente sulle sue labbra.

"Ti metto in imbarazzo, Bea?"

"Ehm, sì. Non credo di essere ancora pronta a farmi vedere nuda da te" scherzò cercando il costume tra i suoi indumenti.

"Veramente parlavo in generale, non intendevo dire che sarei rimasto a guardarti mentre ti cambiavi"

Due figure di merda nel giro di 5 minuti: e il mongolino d'oro va aaaaaaaaaa Beatrice Clarke. 

"Ma quindi pensi di essere pronta prima o poi? Intendo a farti vedere nuda da me" continuò ridendo.

"Esci subito Harry" sputò fulminandolo con un'occhiata. Il ragazzo alzò le mani in segno di resa non perdendo l'aria da presa per il culo mentre usciva dalla stanza.

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Ben ritrovate! Prima di tutto, avete visto l'ultima foto su Instagram postata da Harry?? Sarà a Milano il prossimo 10 novembre, chi di voi ha intenzione di andare? Sono curiosaa ;)
Tornando al capitolo, spero come sempre che vi sia piaciuto. Eventuali commenti o critiche sono ben accetti!
Un bacio,
Silvia

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Capitolo 6
*** Tutti hanno bisogno di un abbraccio ***


Se mi guardi ancora in quel modo 
giuro che ti faccio diventare 
una poesia
(Gio Evan)

Beatrice si chiedeva perché diamine avesse accettato di mettere piede in quella piscina. Come prima cosa, Harry la prese in braccio con la forza e si gettò con lei dentro l'acqua senza preavviso e secondo fatto, ma non meno traumatico, i ragazzi continuarono a schizzarla facendola a malapena respirare. C'è da dire che Bea non era di sicuro una nuotatrice provetta; anzi, a dirla tutta, sapeva solamente stare a galla, quindi per l'entusiasmo di quei quattro per poco non ci rimetteva le penne. Tuttavia, nonostante il panico iniziale fu piacevole passare del tempo con loro. Si sentiva accettata, nonostante non facesse parte del loro mondo e la conoscessero da solo pochi giorni. Marco, invece, aveva declinato ogni loro invito a raggiungerli e si era limitato ad osservarli divertito prendendo il sole dalla sdraio a bordo piscina. 

"Vi ricordate quando eravamo a casa di Hazza e lui stava imitando il verso della balena? Bea, devi sapere che la madre di Harry è letteralmente piombata nella stanza urlando Smettila di fare versi sessuali, Harold" raccontò Niall scimmiottando la voce di Anne e facendo ridere tutti. Beh tutti, meno che il diretto interessato.

Quella sera, si erano fatti portare la cena nella loro suite per evitare di dare troppo nell'occhio ed era partita la gara al Vi ricordate quando...?  Gli aneddoti riguardavano quasi tutti Harry e Niall ci aveva preso gusto, forse troppo.

"Ah! Ah! Ah! Che divertente, Niall! La smetti di raccontare la mia vita? Ti ricordo che hai altri due amici da sputtanare" rispose il riccio stizzito.

"Lo so, ma solo tu fai certe figure di merda colossali. Come quella volta che sei caduto all'indietro sul palco per colpa del microfono!". Niall non la smetteva più di ridere contagiando tutti con la sua risata.

"Taci tu! Che hai pianto guardando Alla ricerca di Nemo"

"Non penso sia una figura di merda! Dai fa piangere chiunque, no?"

Tutti negarono di averlo mai fatto, tranne Bea. 

"Sì, anche a me ha fatto piangere, giuro! Ok, io sono un caso patologico visto che piango ancora per Pinocchio o per La gabianella e il gatto"

I ragazzi la guardarono stupiti, quelli erano cartoni animati italiani e di sicuro non potevano conoscerli, ma Bea questo non lo sapeva.

"Oh mio Dio! Anche io guardavo Pinocchio!" esclamò Marco parlando in italiano. "E pure Pimpa, Calimero e Lupo Alberto!"

"Li adoravo tutti! La fidanzata di Lupo Alberto, Marta, mi faceva troppo ridere!" disse Beatrice presa dall'entusiasmo. Finalmente qualcuno che condividesse con lei quella parte della sua infanzia. E poi, parlare in italiano era così familiare che si sentiva a casa.

"Ok, potete parlare in modo comprensibile, per favore? Noi qui, non ci stiamo capendo nulla" sbottò Louis con le sopracciglia alzate.

I due italiani scoppiarono in una fragorosa risata; erano così presi dal rivivere vecchi ricordi che si erano dimenticati dei quattro inglesi che li fissavano con aria scioccata.

"Avete ragione, scusate. Ci siamo fatti prendere la mano, vero Bea?"

Marco le fece l'occhiolino a cui lei rispose annuendo sorridente. Quel ragazzo, anche se era il suo capo, le stava simpatico. Si ritrovò a pensare che sarebbero potuti essere amici se si fossero conosciuti al di fuori dell'ambito lavorativo. Non che quest'ultimo aspetto non permettesse loro di avere un rapporto di amicizia, ma avrebbero dovuto porsi dei limiti. Era pur sempre lavoro.

Si erano fatte ormai le 11 e Marco spinse i ragazzi ad andare a letto perché il giorno seguente si sarebbero dovuti alzare presto. Inutile dire che avevano subito iniziato a borbottare frasi del tipo Non abbiamo due anni! (Louis) oppure Tu non sei mio padre! (Niall).

"Bea, tu non vieni a dormire?" chiese Liam avviandosi verso la sua stanza.

"No, vorrei stare qui ancora un po'" rispose salutandolo sorridente con un cenno della mano.

"Buona notte, allora"

***

Ora che quei pazzi se ne erano andati a dormire, Bea si rese conto di quanto silenzio ci fosse. Era incredibile quanta confusione riuscissero a fare. Parlavano, ridevano, urlavano ed era pure capitato che ruttassero. Scrollò la testa divertita ripensando a Niall e al suo rutto che sicuramente aveva provocato un terremoto da qualche parte nel mondo.

Si avviò verso il terrazzo per guardare quel panorama fatto di grattacieli e strade trafficate che le era ancora così nuovo. Gli unici rumori provenivano dalle auto che sfrecciavano sulle strade, ma erano solo suoni lontanissimi visto che alloggiavano al ventisettesimo piano. Era stata una giornata intensa, senza contare il fuso orario. A quell'ora a Londra erano le 5 del mattino e a Verona le 6. Si chiese se i suoi genitori fossero già svegli. Di solito, suo padre si alzava presto per preparare la colazione a lei e a sua madre e poi si rintanava nel suo studio a dipingere. Quanto le mancavano! 

"A cosa stai pensando?". Ad interrompere i suoi pensieri fu di nuovo quella voce ormai così familiare. Harry.

"A quello che staranno facendo i miei genitori"

"Beh vista l'ora staranno dormendo" sghignazzò raggiungendo il suo fianco.

"Probabile. Non ti mancano mai? Intendo le persone a te care"

"Sì, ma faccio questo lavoro da quando ho 16 anni e ormai mi sono abituato al fatto che non siano accanto a me. Nel mio cuore sono sempre presenti però, come io nei loro"

Beatrice si mise a guardarlo: lo sguardo rivolto verso la Luna e la mascella contratta. Gli occhi brillavano anche se non riusciva a vederli completamente. Il suo cuore aveva preso a battere più veloce e non ne sapeva la ragione. Di sicuro, non era dovuto al suo aspetto fisico. Certo, Harry era bello, ma non era l'unico bel ragazzo che aveva visto in vita sua. Avrebbe tanto voluto abbracciarlo, ma il loro rapporto non era così intimo da poterlo fare senza passare per una squilibrata. 

"Cosa ti piace fare? Oltre a cantare intendo"

"Scrivere. Porto sempre con me un taccuino su cui scrivo quello che mi passa per la testa. Alcuni di questi pensieri sono diventati parte di qualche canzone" le diede un'occhiata prima di ritornare a guardare il cielo. "A te invece? Oltre a fare la manager"

Gli sorrise. "A dire il vero sono una frana quasi in tutto. Non so fare alcuno sport, cioè sono proprio negata. Ho paura a guidare la macchina, ho quasi il terrore dell'acqua, ho l'aracnofobia e non riesco a guardare un film horror senza coprirmi gli occhi. In compenso so cucinare, quello mi rilassa e sono anche piuttosto brava"

Guardò Harry e lo vide trattenere una risata. "Dai, perché ridi?"

"Perché ti ho chiesto cosa ti piace fare, non di cosa hai paura. Tutti abbiamo paura di qualcosa"

Bea si sentiva in imbarazzo; quando parlava a sproposito proprio non si sopportava. "Tu di cosa hai paura?"

"Beh delle api, del buio, dei luoghi chiusi, della solitudine, dell'amore"

"Dell'amore?"

"Sì, cioè non ho paura dell'amore in se stesso, ma più che altro di amare senza essere amato"

"Ti è già capitato?"

"Sì, sembrerà strano visto che sono bello e famoso" le sorrise maliziosamente beccandosi un leggero pugno sul braccio. "È proprio questo il problema, tutte amavano Harry Styles degli One Direction, mentre io vorrei essere amato perché sono solo Harry"

Lo guardò e provò una stretta allo stomaco. Era così triste quello che le aveva confessato che stavolta non riuscì a trattenersi dall'abbracciarlo.

Harry preso alla sprovvista si irrigidì, ma subito ricambiò l'abbraccio stringendola a sé.

"E questo per cos'era?" le chiese dopo averla lasciata andare.

Bea scrollò le spalle. "Tutti hanno bisogno di un abbraccio. E poi ti capisco. Certamente non sono famosa, ma ho sempre avuto la sfortuna di trovare dei ragazzi che guardavano solo al mio aspetto. Molte volte mi sono chiesta se fossi davvero solo questo: una bambolina con cui giocare per un po', per poi essere buttata nella spazzatura"

Harry le prese le mani e la guardò negli occhi."Hey ascoltami Bea. Tu non sei così. Certo, sei davvero molto bella, ma anche se ti conosco poco so che sei buona, paziente, leale, generosa altrimenti mi avresti lasciato all'Heaven e sono sicuro tu sia anche intelligente e tenace se no non ti avrebbero presa per questo stage"

Beatrice rimase piacevolmente sorpresa da quelle parole. Nessuno le aveva mai detto quello che vedeva in lei. Harry, invece, era sicura che fosse stato sincero, che avesse davvero guardato oltre il suo aspetto fisico.

"Grazie, Harry. Davvero! Sei un bravo ragazzo e io so che c'è di più oltre la tua bellezza, devi solo trovare qualcuno che se ne accorga"

Lui le si avvicinò, le accarezzó dolcemente la guancia, ma quando aprì la bocca per parlare fu interrotto.

"Siete pazzi?? È tardissimo! Quando avete intenzione di andare a dormire?". Marco era a bordo piscina con le mani sui fianchi che li osservava in cagnesco.

"Sì scusaci. Arriviamo!" fu Bea a parlare scostandosi da Harry che ancora la guardava. Pensò al gesto di poco prima e alla situazione intima in cui li aveva trovati Marco. Non riuscì ad impedirsi di arrossire. Probabilmente aveva frainteso.

"Dai, andiamo" le disse dolcemente Harry. Marco era già rientrato senza essersi risparmiato un Vi conviene.

Le loro stanze erano una di fronte all'altra. Harry stava già aprendo la porta, quando Bea lo raggiunse e si alzò sulle punte dei piedi per scoccargli un bacio sulla guancia. "Buona notte". Poi si voltò in fretta senza lasciare il tempo al ragazzo di risponderle.

"Buona notte anche a te, Beatrice". Ma lei aveva già chiuso la porta.

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Buona domenica! A questo capitolo sono particolarmente legata perchè racconta anche un po' di me. Vi piace come si sta evolvendo la situazione tra Harry e Beatrice? Non sarà successo nulla di eclatante, ma queste confessioni che si fanno l'un l'altra mi piacciono troppo :D
Vedo molte visite, ma non recensioni e questo mi intristisce un po' perchè mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, anche cose negative, non per forza complimenti. Non sono una ragazza permalosa ;)
Un bacio,
Silvia

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Capitolo 7
*** Perché mi stai evitando? ***


Le cose le lasci andare per tantissimi motivi, le lasci andare per la tua inadeguatezza, per codardia.
Le lasci andare per insicurezza, per paura di rischiare ancora,
o per non affrontare la fatica che comporta lo scendere a compromessi con la parte più rigida di noi

(Massimo Bisotti)

Bea se ne stava dietro le telecamere ad osservare la band che seguiva le indicazioni di Winston, il regista. Marco le aveva spiegato che i ragazzi, qualche mese prima, avevano registrato le parti in cui cantavano da soli e ora mancavano le scene dove sarebbero stati tutti insieme. Beatrice era rimasta impressionata quando le era stato detto che Liam si era allenato dentro all'International Space Station Replica, Louis aveva guidato un Space Vehicle, Niall aveva fatto un giro sul Partial Gravity Simulator e Harry aveva interagito con un Robonaut.

"Ok, per oggi può bastare. Ci ritroviamo domani per girare le ultime scene" disse il giovane regista.

Era dalle otto del mattino che erano al NASA Space Center e avevano registrato tutte le scene in cui indossavano delle tute arancioni da astronauti. Harry e Niall si erano lamentati tutto il tempo per il caldo e Louise aveva dovuto riaggiustare loro il trucco più di una volta.

Bea aveva avuto modo di conoscere la truccatrice e parrucchiera della band quella mattina stessa e le era parsa subito gentile. Avevano passato tutta la colazione a chiacchierare di trucchi e acconciature scoprendo di avere molti gusti in comune e apprezzava il fatto che ci fosse un'altra donna in mezzo a tutti quegli uomini.

Marco propose di tornare in hotel visto che ormai erano le quattro del pomeriggio. Bea ne fu immensamente grata perché quel caldo infernale le aveva tolto tutte le forze e non vedeva l'ora di farsi una doccia. A quanto pare anche i ragazzi erano della stessa idea perché si erano fiondati in macchina alla velocità della luce.

Gli sguardi di Harry e di Beatrice si erano incrociati più di una volta, ma solo per qualche secondo. Aveva ripensato alla sera prima per tutto il giorno e non sapeva più come doversi comportare con lui. Era inutile fingere, Bea sapeva che quelle confessioni avevano mutato il loro rapporto, ma il sorgere del sole sembrava aver creato quella sorta di imbarazzo che la notte riesce a portar via. Si era imposta di essere solamente la sua manager, ma non ci era riuscita. Harry era riuscito a mandare in frantumi tutti i suoi propositi solo con uno sguardo e ora si ritrovava a chiedersi perché le facesse quell'effetto. Doveva evitarlo perché altrimenti...a dire il vero non sapeva nemmeno lei perché le premesse così tanto interrompere qualsiasi tipo di rapporto con lui che non fosse di lavoro. Non avrebbero più dovuto trovarsi da soli, né tanto meno raccontarsi la propria vita l'un l'altra. Si sarebbe limitata a trattarlo come gli altri, senza favori, né abbracci. Tuttavia, in cuor suo non voleva farlo. Avrebbe voluto stringerlo di nuovo per sentire il profumo di pulito che emanavano i suoi vestiti ed essere ancora la sua confidente per sentirlo parlare dei suoi interessi, delle sue paure. Capì, nello stesso istante in cui incrociò nuovamente il suo sguardo, che Harry non sarebbe mai tornato ad esserle indifferente.

***

"Bea, allora ti va di venire?"

Louise la stava guardando accigliata aspettando una risposta ad una domanda a cui la ragazza non aveva prestato la minima attenzione. Pensava ancora a come doversi comportare con Harry e questa cosa la faceva andare fuori di testa.

"Sì, scusami. Dove?"

"A bere qualcosa stasera con me e Marco"

"Ah sì, sì va bene!"

"Allora ci vediamo qui alle nove". Lou le sorrise per poi infilarsi nella sua camera.

Louise aveva insistito per andare a prendere un caffè da Starbucks e ne avevano approfittato per fare un giro al Discovery Green, un parco vicino al loro hotel. Avevano chiacchierato come due vecchie amiche e Lou le aveva raccontato come aveva iniziato a lavorare per gli One Direction, di sua figlia Lux e di quanto i ragazzi ne fossero affezionati. A Bea aveva fatto piacere passare del tempo con lei.

Appena Lou la lasciò da sola in corridoio entrò di soppiatto nella suite e, notando il silenzio che vi regnava, dedusse che i ragazzi non ci fossero. Ciò significava che neppure Harry era nei paraggi. Questo le fece tirare un sospiro di sollievo dal momento che stare da sola con lui era l'ultima cosa che voleva. Camminò a passo spedito verso la sua stanza, ma appena mise la mano sulla maniglia, il cuore le balzò in gola per lo spavento.

"Perché corri?". La voce apparteneva indubbiamente ad Harry. Si voltò per rispondergli, ma si accorse di essere sola. Di lui nessuna traccia.

"Fantastico! Non bastavano quei maledetti occhi, adesso senti pure la sua voce" si maledì voltandosi di nuovo per entrare nella sua camera.

"Veramente io sarei qui. Sul divano"

Merda!

Si girò verso il soggiorno non volendo farlo davvero, perché questo avrebbe significato ammettere di aver fatto l'ennesima figuraccia. Invece, eccolo lì, mentre sbucava solo con la testa da uno dei sofà posti nel salottino e le sorrideva.

"Gli altri dove sono?" cercò di cambiare discorso.

"Louis e Liam sono in palestra, mentre Marco, Niall e gli altri sono nella sala cinema"

"E tu che ci fai qui da solo? Oltre a farmi venire degli infarti, si intende"

Le sorrise mentre si alzava dal divano e le si avvicinò lentamente. "Non avevo voglia di andare con loro. Ti stavo aspettando"

Bea deglutì forse un po' troppo rumorosamente, infatti Harry le sorrise di nuovo.

"Dove sei stata tutto questo tempo?" continuò.

"Sono stata fuori con Louise, stasera usciamo ancora per bere qualcosa". Le sembrava di fare rapporto ad un fidanzato. Cosa gli interessava dove fosse stata? E per di più, perché lei si comportava come se dovesse giustificarsi?

"Siamo invitati anche noi?"

"Veramente non credo, lei ha parlato solo di noi due e Marco" gli rispose andando verso la cucina per prendere un bicchiere di acqua. Sostenere una conversazione con Harry le faceva seccare la gola.

"Poi chiedo ai ragazzi se hanno voglia di venire"

Bea lo guardò stupita senza dire nulla. Praticamente si era auto-invitato. Roteò gli occhi al cielo e si diresse verso la sua camera per fare quella doccia che bramava da tutto il pomeriggio.

"Perché mi stai evitando?"

Harry era alle sue spalle, poteva sentire il suo respiro sul collo e ciò le provocò una scarica di brividi lungo la schiena. Si voltò per guardarlo negli occhi.

"Non ti sto evitando, Harry. Non siamo amici, anzi lavoro per te, quindi non so che cosa ti aspetti da me" sputò. Il tono della sua voce era fin troppo duro rispetto a quello che sentiva dentro, ma doveva farlo altrimenti quei brividi che sentiva quando le parlava o quel calore all'altezza del petto quando lo guardava non se ne sarebbero più andati.

Harry distolse lo sguardo da lei e si allontanò. "Quindi mi stai dicendo che non potremmo più parlare come abbiamo fatto ieri sera?"

"Forse sarebbe meglio di no. Tu mi confondi" ammise imbarazzata.

"Anche tu mi confondi, ma non ti sto respingendo. Non capisco cosa ci sia di male nel confidarsi certe cose. Mi piace passare del tempo con te e questo non compromette il nostro rapporto di lavoro, credimi"

Bea si sentiva così stupida, aveva praticamente ammesso inconsciamente che per lei quelle confessioni erano state qualcosa in più, mentre per lui rientravano nella prassi. Forse era il suo modo di comportarsi con chiunque, ma lei era sempre stata diffidente con i ragazzi per paura di essere ferita. Con Harry si sentiva diversa, lui sapeva come comportarsi e lei si sentiva bene a stare in sua compagnia.

"Ho bisogno di una doccia" sentenziò riprendendo a camminare verso la sua stanza.

"Bea, aspetta!" la raggiunse in due falcate.

"Che c'è ancora?!"

"Prima hai detto qualcosa riguardo a degli occhi, a chi ti riferivi?"

Sentì le guance prendere fuoco, non era possibile le facesse quella domanda sapendo già la risposta. Che sfacciato!

"A nessuno. Lascia stare, per favore!"

Non gli diede il tempo di ribattere perché si chiuse la porta della sua camera alle spalle per poi fiondarsi finalmente dentro la doccia sperando che l'acqua sciacquasse via anche l'immagine di Harry.
---

Buona sera! Ho capito come inserire le foto e le gif *fa un inchino principesco*. Ora ne metterò a bizzeffe ahahaha
Comunque sia, avete sentito il nuovo singolo di Harry? Io ne sono già innamorata :)
Quando su Twitter ho letto quel I am available always mi sono convinta che ci vuole morte, tutte.
La dolce creatura è proprio Harry.
Solo io penso che sia un orsetto da abbracciare? Ok, sto sclerando, quindi mi ritiro!

Enjoy the chapter!

Silvia

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Capitolo 8
*** Questo non spiega perché ti abbia abbracciata ***


  È uno strano dolore morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai  

(Alessandro Baricco)

"E fu così che Liam si ruppe un dito del piede" concluse Louis con aria soddisfatta.

Erano a cena in un ristorante italiano chiamato Mia Bella Trattoria, anche se quello che stavano mangiando non si poteva definire italiano. La pasta al ragù che aveva ordinato Bea era una poltiglia condita con pezzi di carne grandi un centimetro e i tortellini che stava mangiando Marco erano in realtà dei ravioli. In quel momento, mentre rigirava svogliatamente gli spaghetti nel piatto, rimpiangeva la cucina di sua madre che, per quanto pessima, non raggiungeva di certo quei livelli.

"Sembri quasi soddisfatto quando lo racconti" fece notare Liam.

"Non è che sembro, lo sono. Quel computer doveva essere proprio pesante, Payno!" esclamò urlante Louis.

Beatrice ascoltava a malapena i discorsi dei ragazzi perché troppo immersa nei suoi pensieri. Harry aveva insistito con Marco per andare tutti insieme a cena, così la loro serata era saltata. Il ragazzo le sedeva di fronte e sentiva il suo sguardo perennemente addosso. Aveva fatto del suo meglio per evitarlo e non dover così ammettere di essersi comportata da cretina. Perché sì, cretina la era stata ed Harry chissà cosa pensava ora. Probabilmente la credeva schizofrenica perché in un momento parlavano e scherzavano e quello dopo, invece, lei non voleva nemmeno vederlo. Che confusione!

"Bea, mi accompagni fuori a fumare?" le chiese Marco seduto accanto a lei.

"Ehm sì certo, andiamo" rispose presa alla sprovvista.

Si alzarono e uscirono, mentre gli altri stavano parlando di Louis e della sua mancata carriera da attore.

"Cosa ti succede? Sembri in un altro mondo da quando siamo partiti". Marco la guardava preoccupato, mentre si accendeva una sigaretta.

"Niente, mi devo solo abituare a tutto questo"

"Non credo sia questo il problema. Tu ed Harry siete strani"

Colpita e affondata. Marco era un bravo osservatore, ma di certo non doveva dirgli quello che iniziava a sentire per Harry. Perché si era accorta che le piaceva e questo la spaventava da morire. Non poteva lasciarsi andare con lui perché quello stage era la sua occasione e una relazione con un membro della band, non credeva fosse solo lontanamente consentita nel suo contratto. Ovviamente, tutte queste preoccupazioni non avevano ragione d'essere dal momento che Harry stesso aveva precisato che tra di loro non ci fosse assolutamente nulla, almeno da parte sua. Beatrice, invece, qualcosa lo sentiva altrimenti non si sarebbe spiegata l'attrazione che provava nei suoi confronti, né la voglia di passare del tempo da sola con lui. Era fottutamente fottuta!

"Che intendi dire?"

"Vi guardate di continuo, non parlate quasi mai davanti a me e agli altri, ma poi vi trovo in terrazzo mentre Harry ti accarezza, per non parlare del fatto che oggi non è venuto con noi perché doveva aspettarti. Bea, dimmi la verità" si interruppe buttando a terra la sigaretta e prendendole le mani "C'è qualcosa tra di voi?"

"No, non c'è assolutamente niente" rispose prontamente abbassando lo sguardo. Non era una bugia, non c'era nulla tra di loro.

"Ok, meglio così. Sai che non potete stare insieme, Harry e Richard non vogliono che ci siano dei coinvolgimenti emotivi tra i clienti e i manager. Noi dobbiamo occuparci della loro immagine e se tra di voi non dovesse funzionare sarebbero dei gran casini". Quelle parole, anche se già lo sapeva, la ferirono nel profondo, ma tentò di non darlo a vedere.

Marco le si avvicinò e l'abbracciò. Non sapeva perché l'avesse fatto, probabilmente aveva letto la delusione nei suoi occhi, ma non le dispiaceva quel contatto. Era tutto ciò di cui necessitasse in quel momento, anche se avrebbe preferito che fosse stato qualcun altro a farlo; ma si sa che la persona di cui abbiamo bisogno è sempre quella per cui stiamo male.

"Oh! Scusate. Non volevo...ehm...interrompere, solo che è arrivato il dolce. Voi non entravate così ehm...sono venuto a chiamarvi". La voce di Harry li fece allontanare all'istante. Diede loro un'altra occhiata, per poi tornare dentro. Marco sorrise a Bea facendole strada per rientrare.

Gli altri erano più chiassosi che mai, complice il vino che era stato servito. Bea prese posto al tavolo notando l'assenza di Harry.

"Bea, va a chiamare Harry che c'è il brindisi. È in bagno" le disse distrattamente Niall per poi prestare di nuovo tutta sua attenzione a Josh e a Dan con cui stava avendo una discussione su quale giocatore del Derby County fosse il migliore.

"Ma veramente io..." tentò di contestare, ma Marco le fece cenno di andare. Di malavoglia si alzò per dirigersi verso i bagni maschili.

"Harry sei qui? Mi hanno mandato a chiamarti visto che..." non riuscì a concludere la frase perché il ragazzo uscì dal bagno sovrastandola con tutta la sua altezza. Le sopracciglia corrucciate e l'espressione arrabbiata.

"Ok, allora io vado". Bea cercò di filarsela, ma Harry le afferrò il polso facendola voltare verso di lui.

"Ma che diamine! Sei impazzito?"

"Quindi fammi capire, oggi pomeriggio mi hai detto che tra di noi non deve esserci alcun tipo di contatto perché non siamo amici e lavori per me. Però due minuti fa ti trovo abbracciata a Marco che, per la cronaca, è un tuo collega. La differenza quale sarebbe?" disse duramente. Bea lo guardò e non poté fare a meno di notare la mascella contratta e le narici dilatate, era senza alcun dubbio arrabbiato. Il suo subconscio gioì sentendosi lusingata per l'apparente gelosia di Harry, ma la sua coscienza le diceva di chiudere fuori quei pensieri perché sicuramente non era geloso.

Aprì e richiuse la bocca un paio di volte senza riuscire a rispondere. Lo sguardo di Harry cambiò repentinamente oscurandosi.

"Come immaginavo! Se non avevi piacere di passare del tempo con me bastava dirlo, non serviva inventare la storia del rapporto professionale". La superò senza degnarla di uno sguardo, ma stavolta fu Bea a trattenerlo. Raccolse tutto il coraggio che aveva per dargli una spiegazione, se la meritava.

"Marco ha pensato che tra di noi ci fosse qualcosa, così ho negato"

"Questo non spiega perché ti abbia abbracciata" puntualizzò.

"Beh l'ha fatto perché...perché ha capito che tu..."

"Ma per la miseria! Che cazzo fate nel bagno degli uomini? Ti avevo mandato a chiamarlo. Pensavo che un mostro vi avesse mangiati entrambi". Niall era sulla soglia della porta guardandoli esterrefatto.

"Horan, non rompere e va via che noi arriviamo" disse Harry sbrigativo. Niall uscì sbuffando e i due ragazzi rimasero nuovamente soli.

"Stavi dicendo...perché ha capito che cosa?"

"Lascia stare, nulla di importante" gli sorrise per tranquillizzarlo. Non ci credeva che stesse per dirglielo. Lo superò e aspettò che la raggiungesse per tornare di là dagli altri.

"Finalmente ci degnate della vostra presenza!" esclamò Liam.

I due ragazzi sorrisero imbarazzati sedendosi ai loro posti.

"Allora un brindisi al nuovo album in uscita e al video di Drag me down" annunciò Ben Winston alzando il calice di champagne. Tutti lo imitarono facendo poi tintinnare tra loro i bicchieri.

---

Buon pomeriggio e ben ritrovate!

Questo capitolo non è molto lungo, ma ho già in cantiere l'altro. Don't worry, be happy!

Allora, Harry inizia a manifestare i primi segni di gelosia anche se Bea non ha ancora chiaro se il motivo del suo comportamento sia dovuto a quello o ad altro. Bea vuole evitare il nostro Styles perché ha paura ad ammettere che le piace più del dovuto e non vuole stare male per una relazione che non potrebbe funzionare. Insomma, gran casino!

Vi aspetto al prossimo capitolo,

Silvia

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Capitolo 9
*** Tu non sei normale ***


E il tuo sorriso spegne i tormenti e le domande a stare bene, a stare male, a torturarmi, a chiedermi perché
(Tiziano Ferro)

L'avventura in Texas era finita e non le sembrava vero di aver passato dei giorni così incredibili. L'ultima sera erano addirittura andati ad un rodeo. Louis aveva insistito perché indossassero tutti dei cappelli da cowboy e l'esperienza era stata emozionante, se non fosse che per metà del tempo Bea si era coperta gli occhi per paura di vedere qualcuno infilzato dalle corna di quegli animali. Si era sempre chiesta come si potesse stare in sella ad un toro impazzito, ma quei cowboy sembravano esserci nati là in cima. 

Harry era così bello con quel cappello; sembrava uscito da un film western e Bea si ritrovò a fantasticare su quanto sarebbe stato sexy su uno di quei tori scatenati. Non si erano più rivolti la parola, né i loro sguardi si erano più incrociati. Cercava di convincersi che fosse una cosa positiva perché così se lo sarebbe tolto dalla testa, ma era passata ormai un'altra settimana e non passava giorno che non pensasse a lui.

"Bea, alle tre avete l'appuntamento con Matt per fare le foto dell'album" le ricordò Marco. Quel pomeriggio lui non ci sarebbe stato per problemi personali e la ragazza era stata incaricata di accompagnare i ragazzi. Era agitata perché non vedeva Harry da quando erano tornati e anche perché, per la prima volta, sarebbe stata da sola, senza Marco. Il ragazzo l'aveva rassicurata sul fatto che Matt sapesse già cosa fare e lei doveva presenziare solo perché così volevano Richard ed Harry. 

Guardò l'orologio e si accorse che erano già le due e un quarto, come sempre era in ritardo. Raccolse in fretta e furia le sue cose e uscì di corsa dal suo ufficio. Doveva aspettare l'autobus e chissà quando sarebbe arrivata a destinazione; Londra non era di certo piccola come Verona.

In quel momento diede ragione a sua madre quando le diceva che la puntualità non era il suo forte. Beh a dire il vero Giulia, la madre di Bea, aveva da ridire quasi su tutto. Il loro rapporto non era mai stato dei migliori; soprattutto durante l'adolescenza, quando una ragazza avrebbe bisogno della propria madre per dei consigli o anche solo per un abbraccio dopo una cotta non corrisposta. Invece, sua madre non l'aveva mai fatta sentire abbastanza. Quando raggiungeva un traguardo, lei pretendeva sempre di più. Bea si era laureata due volte ed entrambe con 110 e lode, ma Giulia le aveva sempre detto È il minimo visto che io e tuo padre ti manteniamo. Per questo aveva deciso di trasferirsi nella città di suo padre, per far vedere a sua madre che se la sarebbe cavata anche da sola, che pure lei era in grado di fare qualcosa nella vita.

I suo pensieri furono interrotti quando, appena varcata l'uscita della Modest!, una Range Rover nera, parcheggiata poco lontano, catturò la sua attenzione. Scosse la testa dandosi della stupida per aver pensato che Harry fosse lì, ma appena si incamminò nella direzione opposta per raggiungere la fermata dell'autobus una voce inconfondibile la fece bloccare.

"Ciao Bea, non sali?". Harry era sceso dalla macchina e la ragazza, appena lo vide, pensò a quanto fosse perfetto con quella t-shirt bianca arrotolata intorno alle braccia che gli risaltava i bicipiti muscolosi.

"Che ci fai qui?" chiese sulla difensiva, in realtà non voleva dirlo così duramente.

"Ciao anche a te Harry, come stai? Sì anche io sto bene, grazie"

Il monologo di Harry le fece roteare gli occhi al cielo, ma non riuscì a nascondere un sorriso.

"Scusa, hai ragione. Ciao Harry, cosa ci fai qui?"

"In realtà manca il come stai, ma lasciamo perdere. Sei acida come un limone quindi te l'abbono" disse facendo sbuffare la diretta interessata. "Comunque, se ti fosse passato di mente, oggi abbiamo il servizio fotografico e ho pensato di venirti a prendere io visto che Marco non c'è"

"Non mi è passato di mente, tesoro. Infatti, stavo per prendere l'autobus" rispose sarcastica. Era contenta che Harry fosse lì per lei, ma non voleva darlo a vedere.

"Con quel catorcio arriveresti in ritardo. Muoviti e salta su". Salì in auto lasciandola sul marciapiede indecisa sul da farsi, ma ci volle poco per farle prendere una decisione.

"Solo perché altrimenti arriverei tardi" precisò prendendo posto sul sedile del passeggero e allacciandosi la cintura. Harry scosse la testa pensando a quanto potesse essere orgogliosa alcune volte. 

Dopo pochi chilometri, Bea accese la radio perché quel silenzio imbarazzante la faceva sentire a disagio. Cambiò un paio di stazioni finché La differenza tra me e te di Tiziano Ferro risuonò per tutto l'abitacolo.

"Oddio, io amo questa canzone! In Inghilterra ascoltate Tiziano Ferro??". Bea si mise a cantare a squarciagola presa dall'euforia "La mia vitaaaaaa mi fa perdere il sonno sempreee, mi fa capire che è evidenteeee, la differenza tra me e teee. Poi mi chiediii come stooo e il tuo sorriso spegne i tormenti e le domande, a stare bene, a stare male, a torturarmi, a chiedermi percheeee"

Mentre cantava non poteva fare a meno di pensare che quelle parole fossero azzeccate per loro due. Il sorriso di Harry era in grado di farla sentire in pace con il mondo. Si chiese come fossero finiti a parlarsi e a scherzare di nuovo senza imbarazzo. Capì che sarebbe stato un errore evitarlo. Se non poteva averlo, avrebbe potuto essere almeno sua amica. 

Harry la guardava di tanto in tanto perché doveva tenere d'occhio la strada. Cercava di impedirsi di scoppiare a ridere; perché Bea, che usava il suo deodorante lasciato sul cruscotto come fosse un microfono, era troppo divertente da vedere. Alla fine non riuscì a trattenersi e la sua risata gli fece guadagnare un'occhiataccia dalla bionda seduta accanto a lui che smise improvvisamente di cantare imbarazzata.

"Non sei male, continua"

"Non ci penso proprio!" gli rispose incrociando indispettita le braccia al petto. "Comunque non sapevo girassero queste canzoni qui da voi. Cioè so che Tizi è famoso ovunque, ma questa canzone è vecchia"

"Qui da voi" le fece eco. "Bea, non siamo a Narnia e poi è tuo amico Tizi?"

La ragazza scoppiò a ridere sia per la puntualizzazione che per la pronuncia di Harry.

"Non ridere, scema! Non so l'italiano"

"Non hai imparato proprio niente durante i vostri viaggi?"

"Sì, però la mia pronuncia fa cagare, Bea"

"Provaci, dai!" lo supplicò sfoderando gli occhioni da cucciola.

"Che pallee! Allora so dire Ciao principessabuongiornograzie mille e ti ano"

"Harry, ti amo. Ano significa sedere"

La guardò velocemente con le sopracciglia alzate.

"Cioè tu mi stai dicendo che io ho sempre detto ti culo alle mie ragazze italiane?" chiese tornando a guardare la strada.

"Ehm in pratica, sì" ammise Bea. Scoppiarono a ridere entrambi, Harry si teneva perfino la pancia con il braccio per i crampi.

"Forse ha ragione Niall quando dice che fai delle figure di merda colossali" disse Bea dopo che si ricomposero.

"Ma sta zitta!". Le diede una leggera spinta divertito. "Ah comunque Tizi ci voleva scrivere una canzone. Avevamo concordato il giorno e ci avrebbe dovuto raggiungere in Australia, ma è saltato tutto perché eravamo pieni di impegni" le confessò parcheggiando l'auto.

"Harry, mi stai dicendo che voi potevate collaborare con il mio cantante italiano preferito e non l'avete fatto?" gli chiese sotto shock. Lui scosse la testa divertito e scese dall'auto recuperando la giacca dai sedili posteriori.

Anche Bea uscì dalla macchina dopo aver preso il suo cellulare in mano. C'era un messaggio da Niall.

"Niall dice che loro arriveranno in ritardo" informò il ragazzo.

"Merda!"

Ripose il cellulare nella tasca dei pantaloni e lo guardò con aria interrogativa.

"Ci sono i paparazzi, dannazione!"

Solo in quel momento la ragazza alzò lo sguardo e vide dei fotografi nascosti dietro agli alberi a pochi metri da loro.

"Sono la tua manager, Harry. È normale che io stia con voi" disse scrollando le spalle. Poi si bloccò di colpo e lo guardò preoccupata.

"Che ti prende?" le chiese.

"Guarda come cazzo sono vestita! Ho una maglietta dei cinesi con lo smile e una kefiah da terrorista rosa! O mio Dio che figura di merda!"

"Tu non sei normale". Buttò la testa all'indietro esasperato. "Muoviti!"

***

Matt fu davvero bravo come aveva sentito dire. Era stato in grado di mettere a loro agio i ragazzi e aveva scattato delle belle foto. Beh il merito era stato anche di Louise che era riuscita a scegliere i vestiti adatti a loro e li aveva truccati e pettinati. Nella copertina del cd ci sarebbero stati Niall ed Harry seduti su un divano marrone, mentre Louis e Liam erano ai loro piedi. 

Quando ebbero finito erano le sei del pomeriggio e Harry aveva insistito per riaccompagnare Bea a casa. Si era arresa quasi subito perché iniziava a capire quanto fosse testardo.

Durante il tragitto iniziarono a discutere su quale piatto italiano fosse il migliore.

"Come puoi preferire il rissoto alla pasta?"

"Risotto, Harry! E poi tu sei inglese, non puoi capire"

"Cosa stai insinuando?"

"Che è già tanto se siete in grado di scaldare l'acqua per il tè"

"Ritira subito quello che hai detto"

"Altrimenti?"

"Altrimenti ti lascio qui"

"Beh va bene! Tanto questa è casa mia" disse indicando l'edificio in cui abitava.

Harry scosse la testa divertito. "Allora ci vediamo" le disse accostando.

"Vuoi salire?"

Non sapeva nemmeno perché glielo avesse chiesto, ma dopotutto che male c'era?

"A fare porcate?" chiese ammiccante.

"Harry!"

"Scherzavo! Verrei volentieri" disse calcando la penultima parola.

"Sei un pervertito!"

---
Buon giorno! Questo capitolo, anche se un po' in ritardo, è dedicato a Matt Irwin che il 5 maggio 2016 ci ha lasciati.

Per oggi concludo così.

All the love,
Silvia

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Capitolo 10
*** Sei geloso, per caso? ***


  Erano due solitudini che si desideravano ma non sapevano ciò che le divideva 

(Fabio Volo) 

Harry's POV

"Ti piacerebbe rimanere a cena?" mi chiese Bea mentre guardavamo Malattie imbarazzanti comodamente seduti sul divano di casa sua. 

"Ti piacerebbe rimanere per sempre?" urlò di rimando la sua coinquilina mentre era in cucina. 

"Riesci a non farti gli affari degli altri?" chiese Bea urlando anche lei. Shay sbucò dalla cucina riservando a lei il dito medio e al sottoscritto un bacio volante, per poi chiudersi in camera.  

Quando un'ora prima io e Bea eravamo entrati in casa, Shay era rimasta per minuti ad osservarmi senza dire una parola fino a quando le avevo dato la mano per presentarmi. Le reazioni delle persone quando mi vedevano mi facevano ancora sorridere, nonostante ormai fossi abituato.

"La cena va benissimo" acconsentii ridendo sotto i baffi. 

Bea si alzò entusiasta dal divano e io la imitai seguendola in cucina.

"Ammirevole! Sai quello che fai, Clarke!" ammisi seduto sullo sgabello della penisola, mentre la osservavo affettare minuziosamente la cipolla.

"Te l'avevo detto che so cucinare e poi mi sottovaluti troppo tu" disse indicandomi con il coltello. Certe volte mi spaventava, davvero. 

"Quando mai l'ho fatto? Sentiamo!" 

"Ad esempio quando mi hai dato del maschiaccio solo perché guido una moto" rispose riprendendo a cucinare.

"Non mi hai ancora dato prova di essere femminile" la provocai con un ghigno malizioso.

"Ah no? Vedrai Styles, vedrai"

"È una minaccia?"

"No, più che altro è un avvertimento"

Mi divertivo a scherzare con Bea, lei stava al gioco e non era per niente intimorita da me come spesso capitava con le altre ragazze. Mi ritrovai ad osservarla mentre rigirava il sugo nella pentola. Non potei fare a meno di notare quanto fosse bella. Ero abituato ad avere a che fare con modelle meravigliose con fisici mozzafiato; ma la sua bellezza non era così banale. Non era per i suoi capelli biondi o per i suoi occhi incredibilmente azzurri. No, lei era bella per il suo accento italiano un po' marcato, per il fatto che quando sorrideva le spuntavano delle leggere fossette e la trovavo bella pure quando indossava abiti orribili, come le bermuda con Mickey Mouse che portava in quel momento.

Mi ero accorto che Bea mi piacesse fottutamente nella settimana in cui non ci eravamo visti. Avevo ripensato per tutto il tempo a quando mi aveva aiutato all'Heaven, alle nostre confidenze in Texas, al vuoto all'altezza del petto quando mi aveva detto di non voler più avere a che fare con me al di fuori del lavoro e alla delusione quando la vidi abbracciata a Marco. Mi sentivo un coglione completo e avevo provato a togliermela dalla testa, ma non c'ero riuscito. Ogni volta che la vedevo, volevo abbracciarla e passare del tempo con lei. 

C'era, però, un piccolo problema e cioè che lei era la mia manager. Stagista, ma pur sempre una manager. Sam, uno degli altri della Modest!, qualche giorno prima mi aveva espressamente detto che non dovesse passarmi nemmeno dall'anticamera del cervello di provarci. Come cazzo avesse fatto a sapere del mio interesse per Bea non lo sapevo nemmeno io. Ne avevo parlato in confidenza solo con Liam ed ero certo che lui non avesse fatto la spia; su Liam si poteva contare. Sì, anche di Niall e di Louis mi fidavo, ma loro erano più cazzoni e di sicuro qualche battuta deficiente l'avrebbero fatta. 

"Harry! Allora penne o spaghetti?". Mi riscossi dai miei pensieri e notai Bea che mi fissava con quegli enormi occhi celesti aspettando una risposta.

"Spaghetti! Non so nemmeno che cazzo siano le pene"

"Penne con due enne! Cristo! Harry, ma lo fai apposta a sbagliare?" mi chiese scuotendo la testa divertita.

"Che cosa ho detto stavolta?"

"Hai detto quella roba che hai in mezzo alle gambe" rispose buttando la pasta nell'acqua.

Scoppiai a ridere. Possibile che riuscissi a dire sempre qualche cagata del genere? Quante cazzo di parole avevano questi italiani che potevano essere fraintese se pronunciate male? 

"Non è colpa mia se avete duecentomila parole che si assomigliano tutte!"

"Ma se pure in inglese pen e penis si assomigliano!"

"Non ci avevo mai fatto caso" mi arresi sbuffando. Perché aveva sempre ragione lei? Anzi, perché in generale le donne hanno sempre ragione? Bah, mistero!

"Dai taci!" mi prese in giro bonariamente lanciandomi addosso uno strofinaccio. 

***

"Allora, che manager verranno con noi per ricominciare l'OTRA Tour?" chiesi durante la pubblicità. 

Erano le dieci di sera ed ero ancora a casa di Bea. Dopo aver mangiato ci eravamo buttati ai due lati opposti del divano per guardare un film alla Tv. Non appena avevo visto che trasmettevano Le pagine della nostra vita l'avevo obbligata a riguardarlo con me. Amavo quel film!

"Io, Marco e un certo Aidan Taylor Goblin" rispose disinteressata mangiando un pop-corn al caramello.

"Aidan Taylor Gooby, semmai!". Risi divertito immaginando Aidan come il folletto verde dei fumetti di Spiderman.

"Va beh hai capito ugualmente!". Ruotai gli occhi al cielo esasperato. Questa ragazza mi stava facendo impazzire!

"Non ti facevo tipo da film romantici" continuò pochi secondi dopo.

"Da cosa mi facevi tipo? Spara!" 

"Pensavo ti piacessero i film d'azione, di guerra, di sangue. Insomma cose da uomini"

"Ora sei tu che mi sottovaluti, signorina Clarke. Si può essere virili anche guardando film d'amore"

"Touchè" mi rispose, imitando la risposta che le avevo dato io in quella circostanza.

"Manca la parte in cui mi dici che sono sexy" dissi dopo alcuni minuti di silenzio.

"Ehm?" 

"Non fare la finta tonta. L'altra volta io avevo detto che eri sexy in sella alla tua moto"

"Sei sexy mentre guardi Le pagine della nostra vita coperto da un plaid rosa con i gattini, Harry Styles. Contento ora?"

Risi contagiando anche lei. Adoravo la sua auto-ironia e il suo umorismo. Avevo sempre apprezzato quelle doti in una donna, ma le ragazze con cui ero stato o che mi aveva affibbiato l'agenzia per fare parlare di me, avevano un sense of humor pari a quello di un becchino. Io ci provavo a fare battute (alcune pessime, lo ammetto), ma loro o non ridevano oppure fingevano una risata finta quanto le tette di Pamela Anderson. Era snervante non essere capiti!

Il film era ricominciato e, di tanto in tanto, lanciavo occhiate a Bea che era dal lato opposto del divano. Sembrava così dolce distesa su un fianco con le mani sotto la sua guancia destra.

"Ma a sta cogliona come è saltato in mente di mollare Ryan Gosling? Incredibile!"

Ecco, per l'appunto. Sembrava!

"Tecnicamente l'ha mollata lui la prima volta e poi non puoi farle una colpa se le dispiace lasciare il suo fidanzato" tentai di spiegarle, ma tanto sapevo che non mi avrebbe ascoltato.

"Invece sì! Perché lei lo ha sempre amato, poi ci è andata a letto e poi ritorna da quel rincitrullito di Lon. Immagina come c'è rimasto Ryan quando lei se ne è andata di nuovo!"

"Noah non Ryan! Comunque è un film Bea, non te la prendere. Tanto alla fine si sposano, lei si ricorda di lui e muoiono insieme". Sbirciai oltre la coperta rosa con i gattini per vedere la sua espressione. Improvvisamente si alzò per prendermi a cuscinate.

"Ma-perché-cazzo-spoileri? Non-dovevi-dirmelo" disse tra un colpo e l'altro.

"Non pensavo! Ne hai parlato come se sapessi il finale!". Tentai di proteggermi usando le braccia come scudo.

Quello che accadde dopo lo rivedo ancora ora nella mia testa a rallentatore. Proverò a spiegare.

Bea stava ancora incanalando la sua aggressività verso il sottoscritto inerme. All'epoca, ma anche ora, era conosciuta per la sua capacità innata di inciampare, sbattere la faccia o tagliarsi a sangue anche su un materasso gonfiabile posto in una stanza con le pareti di gomma. Sta di fatto che, all'improvviso, perse l'equilibrio e cadde proprio addosso a me. Mi ritrovai così con la sua faccia a pochi centimetri di distanza. Il mio sguardo passava alternativamente dalla sua bocca ai suoi occhi e non riuscivo più a respirare. Non perché lei fosse completamente sui miei polmoni a peso morto (cioè si anche quello, forse), ma perché avevo un'incredibile voglia di baciarla e di toccarla e di sprofondare completamente in lei. Sapevo fosse una cosa sbagliata, che avrei dovuto alzarmi subito e andarmene il più lontano possibile da lei, ma il mio corpo e la mia mente non volevano spostarsi di un centimetro. Ero ormai deciso a mandare a fanculo Sam, Marco e il mondo intero per assaggiare le sue labbra così invitanti. Lei sembrava dello stesso avviso perché sentivo il suo cuore battere all'impazzata e vidi i suoi occhi diventare più scuri. Mi avvicinai lentamente a lei accarezzandole il viso con la mano destra, mentre l'altra era impegnata a tracciare il percorso della sua spina dorsale. Potevo sentire il suo respiro sulla mia bocca e già pregustavo il gusto caramellato delle sue labbra. 

Peccato che all'improvviso il suo telefono iniziò a suonare sulle note di Don't del mio amico Ed e, in quel momento, maledissi il giorno in cui aveva composto quella canzone. Sorry, mate!

Ormai l'atmosfera era rovinata. Fanculo i cellulari con le suonerie! Si alzò dopo diversi secondi raggiungendo il telefono e lasciandomi sdraiato su quel fottuto divano senza il suo calore che mi faceva sentire nel posto più giusto del pianeta.

"Ciao Franco! Come stai, amore?

Parlava nella sua lingua, ma per quanto fossi un mentecatto in italiano, il mio cervello iniziò a dare segnali di pericolo a caratteri cubitali alle parole Franco (nome certamente maschile) e amore (parola riservata ai fidanzati). Mi misi a sedere osservandola mentre girovagava per il soggiorno con un sorriso a 32 denti.

Quello che si dissero dopo non riuscivo a capirlo. Sentii solo AmericaOne Direction e ti amo. Chi fosse 'sto Franco e il motivo per cui gli dicesse ti amo non riuscivo ancora a capirlo, ma la delusione unita ad un senso di rabbia mi fece scattare in piedi, mentre Bea stava concludendo la chiamata. Mi avviai a passo deciso verso la porta afferrando la mia giacca in pelle appesa all'attaccapanni. Ero geloso, dannazione! Due minuti prima stava per baciare me e poi chiamava amore un altro. 

"Dove vai, Harry?". La sua voce fermò la mia corsa verso l'uscita e mi voltai a guardarla. Teneva il cellulare appoggiato alla clavicola, probabilmente per non far sentire al suo ragazzo con chi parlasse. La cosa mi mandava in bestia, cazzo!

"Me ne vado. Sei al telefono e non vorrei disturbare" dissi sorprendentemente calmo, almeno così mi sembrava.

Disse qualcosa al telefono seguito da un Ciao e poi terminò la chiamata. Almeno il coglione non era più lì a tentare di ascoltare.

"Sei geloso, per caso?". Mi guardava con un sopracciglio alzato e l'aria divertita. Se non fosse stata una donna, peraltro quella di cui ero cotto, l'avrei presa a schiaffi.

"Di chi? Di Franco?". Mi resi subito conto che il mio tono di voce mi aveva inculato alla grande; lei si sarebbe accorta al 100% di quanto mi rodesse il culo.

Scoppiò a ridere di gusto e rimasi lì in piedi, con ancora la giacca fra le mani, incapace di decidere se fosse meglio fare un'uscita di scena sbattendole la porta in faccia o rimanere per dirle quanto stronza fosse stata a parlare con il suo ragazzo dopo avermi quasi baciato.

Alla fine non riuscii a muovere un muscolo e mi limitai a guardarla esterrefatto mentre smetteva piano piano di ridere.

"Harry, hai pensato che Franco fosse il mio ragazzo?" chiese con ancora quel fottuto bellissimo sorriso stampato in faccia.

"Non sarò un genio in italiano, ma non sono stupido. Ho capito che lo hai chiamato amore e gli hai detto ti amo" risposi risentito.

"Invece sei uno stupido di proporzioni gigantesche! Salti subito a conclusioni affrettate. Se mi avessi chiesto chi è Franco ti avrei risposto che è un mio vecchio compagno di università, peraltro gay"

Perché cazzo dovevo avere un criceto in prognosi riservata al posto del cervello? Se avessi avuto una pala mi sarei scavato la fossa da solo. Dannata gelosia e dannato orgoglio di merda!

Rimasi a bocca aperta non sapendo come comportarmi. Mica potevo dirle Scherzetto! o Ci sei cascata perché a cascarci ero stato io, proprio di faccia.

La vidi avvicinarsi a me lentamente e poi prendermi la mano per trascinarmi di nuovo sul divano per finire il benedettissimo film.

"Bea, scusa riguardo a prima" le dissi una volta concluso il film. "Ma cosa vi siete detti?"

Mi sorrise. "Voleva venire a trovarmi con delle mie vecchie compagne di corso, ma gli ho detto che saremmo tornati solo per 10 giorni ad agosto, così verrà allora. Poi mi ha detto che non vede l'ora di conoscervi. Sa tutte le vostre canzoni, spesso durante la pausa tra una lezione e l'altra si metteva a cantare come un pazzo" disse cercando di trattenere una risata.

Quanto mi sentivo coglione solo io lo sapevo. Avrei dovuto capire che lei non era una ragazza del genere; anzi, se Bea mi avesse accusato come avevo fatto io, me la sarei presa di sicuro. Invece, lei ne aveva riso divertita e non potevo fare altro che auto-commiserarmi e pensare a quanto fosse stupenda. Magari non me la meritavo nemmeno.

"Sarei felice di conoscerlo" dissi alzandomi. "Ora devo proprio andare, ci vediamo lunedì in aeroporto"

"Buona notte, Harry" disse alzandosi sulle punte per darmi un bacio sulla guancia. Avrei voluto darle un bacio come si deve, ma non mi sembrava il caso considerato che avevo fatto lo stronzo. Mi accompagnò alla porta e la salutai un'ultima volta con un abbraccio.

Guidando verso casa dovetti ammettere che sentivo già la sua mancanza.

---

Buon salve! :) Allora, non seguo i One Direction da molto, per cui mi sono accorta solo ora che nel luglio 2015 i 4 baldi giovani erano in tour; motivo per cui dopo averli fatti andare in Texas e averli fatti ritornare a Londra nel giro di una settimana (povere anime), li farò partire per gli Stati Uniti già dal prossimo capitolo. Perdonate la sbadataggine! 

Tornando al capitolo, mi sono divertita troppo a scrivere il punto di vista di Harry e tutti quei fottuti, cazzi, merde, stronzi ecc... :D boh io mi immagino così la sua mente quando pensa. Ho problemi, lo so ahahaha

Abbiamo quindi scoperto che a Mr Styles piace Bea anche se lei non può saperlo. Magari lo immagina visto che stavano per limonare e considerato il comportamento geloso verso Franco. Ecco, quest'ultimo esiste tale e quale nella realtà e io lo amo davvero (Harry non essere geloso, dovrei esserla io). Se sa che l'ho inserito in una ff mi ammazza, ma non dovrà saperlo ahahaha

Fatemi sapere cosa ne pensate :)

Un bacio,

Silvia

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Capitolo 11
*** Chi è Kendall? ***


Bisognerebbe innamorarsi sempre a prescindere dal fatto che il cuore venga poi distrutto.
Sarai comunque una persona migliore

(Sandra Bullock)

Il week-end prima della partenza era stato noioso. Bea aveva preparato la valigia facendoci stare mezzo armadio. Non era mai stata in Canada e degli Stati Uniti aveva visto solo Houston, quindi non era riuscita a decidere quali tipi di vestiti portare via. La soluzione era stata riempire il trolley con un po' di tutto.

Aveva chiamato i suoi genitori e se ne era pentita non appena aveva detto loro del tour. I suoi nemmeno sapevano chi fossero gli One Direction. Sua madre li credeva una di quelle band hippy che seguiva il motto sesso, droga e rock'n'roll. Bea aveva provato a dirle che quel genere di musica e modo di vivere erano finiti, ma lei aveva continuato a ribadire che fare la groupie non poteva essere definito un lavoro. Alla fine suo padre, borbottando, aveva strappato il telefono dalle mani della moglie e aveva augurato buona fortuna alla figlia. Grazie a Dio esisteva suo padre, altrimenti chi l'avrebbe sopportata sua madre?

Nonostante Shay e Tyler l'avessero obbligata ad andare in discoteca il sabato sera e a fare un giro a Londra la domenica pomeriggio, Bea non aveva smesso un secondo di pensare ad un certo ragazzo riccio con gli occhi verdi.

Si era stupita quando Harry stava per baciarla e la sorpresa era aumentata quando si era accorta che lui fosse geloso. Se ripensava alla sua corsa verso la porta e al suo tono di voce mentre negava di esserlo, ancora le veniva da ridere.

Tuttavia, la felicità nel realizzare che probabilmente Harry corrispondesse il suo interesse era svanita non appena si rese conto che non poteva stare con lui alla luce del sole senza perdere il lavoro.

Da quella sera avevano parlato e scherzato ancora, ma non si erano più trovati in una situazione così intima, sia perché Bea tentava di essergli solo amica, sia perché Marco e Aidan erano sempre con lei. Avrebbe continuato ad essere attratta da lui, ma aveva deciso, per l'ennesima volta, di accantonare i suoi sentimenti.

Si lasciò cadere sbuffando sul letto della sua stanza di albergo.
Erano appena arrivati a Minneapolis dopo aver fatto tre concerti in Canada. Bea era rimasta sorpresa per il calore con cui le fan accoglievano i ragazzi e apprezzò molto il fatto che anche loro ne erano affezionati.

"Posso?"

Alzò lo sguardo verso la porta della sua camera notando Niall che la guardava sorridente.

Ricambiò il sorriso facendogli cenno di entrare, mettendosi seduta a gambe incrociate sul letto. Il biondo le si avvicinò, per poi prendere posto accanto a lei sul materasso.

Si era ritrovata spesso a parlare con lui, Louis e Liam in quella settimana di tour. Li poteva vedere poco perché erano sempre impegnati in interviste, prove, servizi fotografici e concerti, ma in quei momenti passati insieme li aveva conosciuti un po'. Aveva capito che Louis era quello divertente a cui piaceva scherzare tutto il tempo e divertirsi, Liam era una specie di mamma chioccia che si preoccupava sempre per tutti e sapeva ascoltare, mentre Niall aveva un sorriso e una risata contagiosi che erano in grado di riaggiustare una giornata storta.

"Wonder Woman, che succede?" le chiese accarezzandole la schiena.

Niall aveva iniziato a chiamarla così da quando Bea aveva battuto Louis a braccio di ferro due sere prima. Sorrise a quel nomignolo incrociando
lo sguardo cristallino del ragazzo.

Non sapeva cosa rispondergli. Si rendeva conto che ogni tanto si chiudeva in se stessa, ma era fatta così. Bea era una ragazza solare e con la battuta sempre pronta, però quando qualcosa la preoccupava capitava che si isolasse nel suo mondo. Nessuno riusciva ad entrare nella rete ingarbugliata che erano i suoi pensieri, eccetto suo padre, da cui aveva ereditato questa caratteristica.

"Qualcosa non va tra te ed Hazza?" continuò Niall notando il suo silenzio.

Beatrice abbassò lo sguardo per evitare che i suoi occhi la leggessero dentro.

"Ho capito che è successo qualcosa. Lui ha sempre quello sguardo quando ti guarda. Non guarda nemmeno Kendall in quel modo"

Bea lo guardò con gli occhi spalancati per lo stupore.

"Questo forse non dovevo dirlo"disse più a se stesso che alla ragazza.

"Chi è Kendall?" chiese Bea subito dopo.

"Nessuna di importante, Wonder Woman"

"Niall, chi è Kendall?" ripeté scandendo bene le parole.

Il ragazzo sbuffò. "Pensavo lo sapessi visto che dovresti conoscere le vite private di tutti e quattro". Si mosse a disagio sul letto fino a che non decise di alzarsi ed iniziare a camminare nervosamente. "Non dire che te l'ho detto io altrimenti Hazza mi appende per i testicoli. Digli che lo hai letto su Internet o che te l'ha detto Marco"

Bea alzò gli occhi al cielo esasperata per il divagare del biondo. "Niall, vai al punto"

"E va bene! Kendall Jenner è la ragazza di Harry" si arrese.

Beatrice se lo aspettava e sapeva di non poter vantare alcun diritto, ma quella rivelazione le fece comunque male. Una stretta di gelosia mista a rassegnazione le fece attorcigliare lo stomaco.

"Ma diciamo che il loro è più un rapporto, come dire...fisico. Si mollano, Haz esce con altre ragazze, poi tornano insieme" cercò di rimediare Niall, ma finì solo per peggiorare la situazione.

Non solo aveva una ragazza, ma per di più usciva con altre. Si diede della stupida per aver creduto alla storiella del povero ragazzo sedotto solo per la sua fama e soprattutto si prese mentalmente a sberle per aver voluto baciarlo. Maledetto Harry Styles! Con quel sorriso tutto fossette avrebbe fregato chiunque.

"Scusami, ma devo vomitare" disse sarcastica a Niall, mentre si dirigeva al bagno lasciandolo solo in mezzo alla stanza.

Si chiuse la porta alle spalle e guardò la sua figura allo specchio. I capelli biondi raccolti in una coda disordinata, il trucco inesistente, la tuta di due taglie più grande. Nel complesso si piaceva, ma nulla a che vedere con le modelle a cui era abituato Harry. Non aveva di certo la pancia piatta o le gambe lunghe e snelle, né tanto meno un sedere sodo.

Si lasciò cadere per terra prendendosi la testa tra le mani. E poi chi era Kendall? Niall ne aveva parlato come se solo un alieno non potesse conoscerla.

Sfilò il cellulare dalla tasca dei pantaloni e scrisse su Google il nome di questa famosa per tutti, ma non per lei, Kendall Jenner.

"Oh mio Dio! Ma questa è una figa da paura" disse mentre sfogliava velocemente la gallery.

Non solo era la sorellastra di Kim Kardashian, ma era pure una supermodella, alta 1.80, occhi marroni da cerbiatta, capelli castani sempre perfetti e fisico da urlo.

Al confronto sembri la figlia di Fantozzi. Grazie tante!

Veramente credevi che ad uno come lui piacesse una come te? Sì.

Non dovresti starci male se non puoi stare con lui. Lo so.

Perché allora lo stai facendo? Perché avrei mollato tutto, se lui mi avesse voluto davvero.

Il botta e risposta della sua mente le fece ammettere una cosa: lei era innamorata di Harry Styles.

---
Lo so, questo capitolo fa pietà, ma gli esami mi stanno uccidendo lentamente. Il prossimo sarà migliore, I promise!

Qualcuno ha notato i riferimenti ad Harry Potter? ;)

Silvia

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Capitolo 12
*** Con te è diverso ***


Quando ti bacio
non è solo la tua bocca 
che bacio.
Io bacio 
anche le tue domande
e i tuoi desideri,
bacio i tuoi dubbi 
e il tuo coraggio.
Io bacio te
così come sei
e come sarai
domani e oltre
e quando il mio tempo
sarà trascorso
(Erich Fried)

Harry's POV

Il concerto a Minneapolis era andato alla grande. Le fan, come sempre, si erano dimostrate fantastiche e io ovviamente avevo fatto lo stupido. Adoravo raccontare barzellette a cui ridevo solo io o prendere bonariamente in giro le ragazze. Mi faceva sentire più vicino a loro. Come un loro amico.

Bea aveva assistito sotto al palco insieme a Marco, Aidan e alla sicurezza. Spesso mi ero ritrovato ad osservarla mentre cantava. Ormai sapeva a memoria tutta la scaletta e ogni pezzo. Le avevo cantato delle strofe di alcune canzoni cercando un contatto visivo, ma lei aveva evitato il mio sguardo come fossi Medusa.

Mi convinsi definitivamente che le donne non le avrei mai capite. Eppure, dopo il nostro bacio mancato, era tornata a scherzare come non fosse mai accaduto nulla. Un po' c'ero rimasto male, perché speravo di poter ripetere l'esperienza e stavolta portarla a compimento, ma dall'altra mi ripetevo che era stato meglio così, che in ogni caso non avrei potuto averla. Non avrei mai fatto andare in culo il suo stage per una voglia che avevo io. Perché sì, purtroppo la desideravo con tutto me stesso. Era egoistico da parte mia, ma mi sarei perfino fatto tagliare i capelli per risentire il profumo della sua pelle o per riguardare i suoi occhi da così vicino. Se solo ripensavo a quel maledetto telefono mi giravano ancora le palle.

"Haz vieni a festeggiare? Gli altri pensavano di andare in un locale visto che il prossimo concerto è tra due giorni"

Alzai lo sguardo e vidi Liam spuntare dalla porta del mio camerino.

"Sto tanto bene qui sdraiato" dissi agitando le mani come per scacciare una mosca fastidiosa.

Non avevo proprio voglia di uscire. L'adrenalina post-concerto stava lasciando pian piano spazio alla stanchezza e l'ultima cosa che volevo era rinchiudermi in un cazzo di locale a bere.

"A volte sembri mio nonno"

"Deve essere piuttosto figo tuo nonno" dissi sistemandomi meglio sul divanetto su cui mi stavo rilassando.

Lo vidi alzare gli occhi al cielo, ma poi riprese a rompere i coglioni. "Dai ci sono tutti! Anche Marco, Bea e Aidan. Sai quanto ci vuole per trascinare quei tre a qualche festa"

"Ok, dammi due minuti che cambio la camicia" dissi scattando in piedi. Se c'era anche lei avrei potuto trovare il modo di parlarle senza Aidan e Marco tra i coglioni.

Liam mi guardò di sbieco, ma evidentemente decise di lasciare perdere perché uscì chiudendo la porta dietro di sé.

Mi cambiai optando per una camicia nera con dei fenicotteri rossi. Sistemai i capelli velocemente e uscì, trovando Liam, Niall, Louis e il resto della band ad aspettarmi. Mi guardai in giro come quando alle medie cerchi la tua cotta segreta; poi, o la trovi, scoppi di felicità, ma fingi indifferenza oppure non la vedi e ne rimani deluso. In quel caso io provai la seconda opzione.

"Lei è già là che ci aspetta" disse Niall.

Lo guardai interrogativo chiedendomi come facesse a sapere chi cercavo. Per fortuna, gli altri stavano discutendo animatamente su che videogioco fosse meglio tra Fifa e Pes.

"Non fare quella faccia. So che volevi trovare Bea"

Il tono della sua voce era a metà tra l'arrabbiato e il risentito, ma non ne capivo la ragione. Che il folletto irlandese avesse una cotta per la mia Beatrice?

Scrollai le spalle come per cacciare quel pensiero. Li avevo visti spesso insieme, ma Bea aveva legato con tutti i ragazzi, quindi non avevo motivo per credere che quei due avessero una tresca.

"Allora ci muoviamo??? Stasera vi voglio ubriachi fradici" urlò Louis euforico, abbracciando me e Niall per le spalle e ponendo fine a quella strana conversazione.

***
Il locale si trovava all'ultimo piano di un grattacielo. Non c'erano molte persone, probabilmente perché erano già le due del mattino del lunedì. Seduto sul divanetto, mentre sorseggiavo un Cuba Libre ghiacciato, potevo vedere il panorama fuori dalla vetrata, amavo la vista che c'era dai grattacieli. Sembrava di essere in cima al mondo.

Eravamo già al terzo cocktail e non avevo praticamente toccato cibo da pranzo. Non ero ubriaco, ma mi sentivo esaltato. Mi sembrava di essere in una bolla, in cui i suoni mi arrivavano ovattati. Avrei voluto andarmene a dormire, ma quei cazzoni non volevano alzare il culo ed ero obbligato ad aspettarli.

Bea era seduta di fronte a me, tra Niall e Marco, ma ovviamente faceva finta che non esistessi. Vedere il mio amico biondo che le parlava all'orecchio e lei che rideva, mi fece provare un senso di gelosia che mi obbligò a distogliere lo sguardo. Ancora mi chiedevo cosa avessi fatto di così grave per meritare la sua indifferenza.

"Vado in bagno. Mi gira la testa, ragazzi!" disse Bea divertita. Si alzò traballando, finendo quasi in braccio a Marco che riuscì a prenderle un braccio per rimetterla in piedi. Lei si scusò con un sorriso e poi si dissolse tra le persone che ancora ballavano.

Notai Niall che mi faceva gesti strani con la testa e lo guardai scuotendo la testa come per chiedergli che cosa volesse. Con fatica riuscii a interpretare il suo labiale come un "Vai da lei!". Di sicuro il mio amico sapeva il motivo per cui Bea fosse incazzata con me, altrimenti non si spiegava il suo comportamento mentre la cercavo fuori dal camerino, né il consiglio che mi stava dando. 

Mi alzai di scatto, avendo un giramento di testa che, per fortuna, se ne andò subito. Senza dare nell'occhio mi allontanai dal gruppo, scansando tutte le persone che mi intralciavano la strada. Qualcuno mi chiamava, altri mi guardavano male, ma non li badai perché il mio obiettivo era il bagno delle donne. 

Quando vidi la fila che c'era mi passai infastidito una mano tra i capelli; Bea doveva essere già dentro. Perché il bagno delle donne aveva sempre code interminabili, mentre quello degli uomini era deserto? Che la nostra vescica fosse più grande? 

I miei pensieri senza senso, furono interrotti da alcune ragazze che mi avevano riconosciuto e che mi guardavano adoranti. Probabilmente si chiedevano perché aspettassi fuori dal bagno femminile, ma non ci feci caso. 

"Harry, possiamo fare una foto?" chiese una ragazza castana guardandomi imbarazzata.

Acconsentii con un sorriso e una delle sue amiche ci scattò una foto. Da lì una serie interminabile di scatti. Ormai i muscoli facciali mi facevano male a furia di sorridere. Che duro lavoro farsi foto con giovani donne!

Ad un certo punto la porta del bagno si aprì rivelando una Bea leggermente instabile che vi usciva. Non mi aveva ancora visto, così mi scusai con le altre ragazze con cui non avevo ancora fatto una foto e la seguii.

Le afferrai il polso prima che cadesse e la trascinai in un angolo appartato. Lei mi guardò allarmata e sciolsi la presa arrendendomi al fatto che sarebbe scappata. Invece, non lo fece.

"Che vuoi?" sputò con più cattiveria di Crudelia De Mon.

"Parlare"

"Di cosa esattamente?". Stesso tono di voce di prima. Era incazzata.

"Del motivo per cui mi eviti e del perché mi odi"

"Davvero non ci arrivi da solo? Ti facevo più furbo di così, o forse lo sei ed è per questo che fingi di non esserlo". L'alcool mi rendeva intraprendente, ma anche un po' ritardato per cui non avevo capito un cazzo del suo ragionamento.

"Ok, dalla tua faccia si direbbe che non sei furbo per niente". La guardai sorpreso, non solo mi evitava come la peste, ma mi insultava pure.

"Non so cosa tu stia blaterando, se me lo spieghi forse potremmo risolvere"

"Non c'è niente da risolvere, Harry. Mi volevi baciare, ma hai una ragazza. Quindi, non mi rompere le palle e va da lei" disse cercando di andarsene, ma la afferrai di nuovo, trattenendola.

Una ragazza??

"Ma cosa stai dicendo? Io non ho una ragazza"

Fece una risata finta scrollandosi la mia mano di dosso. "Ah quindi Kendall Jenner chi è? Tua sorella?"

Cosa c'entrava ora Kendall? Sì, cioè eravamo stati insieme, ma era finita da un po' ed ora eravamo solo amici.

"Bea, non è come pensi tu! Kendall è una mia amica"

"Niall non è della stessa opinione". Si interruppe portandosi una mano alla bocca. Forse lo stronzetto le aveva detto di non metterlo in mezzo. "Comunque sia, so che vi lasciate di continuo, ma alla fine tu torni da lei"

"Intanto Niall non sa un cazzo!"
In effetti, Horan era rimasto un po' indietro. Non amavo raccontare la mia vita privata; nemmeno ai miei migliori amici.

"Ripeto: io e Ken siamo solo amici. Te lo giuro!" continuai sperando di convincerla.

"Ken" disse in una risata. "E poi non so nemmeno perché ne sono gelosa! Lascia stare, sono solo ubriaca"

Sentirle ammettere che era gelosa mi fece sentire euforico.

"Anche io sono brillo, ma la mia gelosia verso di te non se ne andrà domani da sobrio"

Sapevo di non dover dire quello che stavo dicendo, ma il mio cervello era scollegato e vedevo solo lei e i suoi occhi azzurri feriti. Una cosa, però, mi rodeva il culo e avevo bisogno di togliermi il dubbio.

"Vedo come guardi Niall. C'è qualcosa tra di voi?"

Dì di no, dì di no, dì di no!

"Ma sei impazzito?? Mi è solo stato vicino ed è un buon amico" disse abbassando lo sguardo. "E poi con te è diverso"

"Cosa ci sarebbe di diverso?" sussurrai vicino al suo orecchio. Le presi una ciocca di capelli biondi che le era scivolata dalla coda e la arrotolai tra le dita.

La vidi deglutire imbarazzata, poi i suoi occhi trovarono i miei. Erano così belli, lei era bella.

"Perché tu mi piaci, tanto. Razza di babbeo" mormorò.

Il mio cuore iniziò a battere come la batteria di Josh. L'aveva detto.

"Babbeo? Che insulto spregevole, signorina Clarke" scherzai strappandole un timido sorriso.

"Anche tu mi piaci, Bea" continuai.

I suoi occhi si illuminarono. Era felice.

Mi avvicinai alle sue labbra lentamente, mentre rettificavo la precedente affermazione: "Anzi sono proprio cotto" sussurrai sulla sua bocca. Il suo profumo mi arrivò alle narici e ormai sentivo di aver perso il controllo.

Non potevo più resistere. Appoggiai le mie labbra sulle sue, mentre entrambe le mie mani raggiunsero il suo viso per accarezzarlo dolcemente. 
Era così morbida la sua bocca, proprio come l'avevo immaginata.

La vidi spalancare gli occhi per la sorpresa e sapevo che presto sarebbe arrivato uno schiaffo. Volevo godermi quel breve istante il più a lungo possibile, così poi avrei potuto premere rewind nella mia mente tutte le volte che volevo.

Invece, Bea chiuse gli occhi e ricambiò il bacio portando le mani dietro al mio collo e iniziando a giocare con i miei capelli. 
Non avevo mai creduto a chi diceva che quando baci la ragazza giusta capisci che quello è il posto in cui avresti voluto stare da sempre e per sempre, ma potevo scommettere che chi diceva di aver provato quelle cose si sentiva esattamente come il sottoscritto in quel momento.

Il modo in cui passava le dita tra i miei capelli mi fece osare. La spinsi delicatamente addosso alla parete mentre le mie mani si spostavano sui suoi fianchi. Mi appoggiai a lei maggiormente. Volevo sentirla su ogni centimetro del mio corpo, farle vedere quanto la volevo.

Lei approfondì il bacio permettendo di fonderci ancora di più. Era una sensazione così inebriante, come se l'alcool fosse defluito lasciando spazio al desiderio che avevo di lei.

Ci staccammo diversi minuti dopo, senza fiato. Le guance di Bea arrossate e i miei capelli sicuramente scompigliati. La vidi abbassare il viso, ma le sollevai il mento per guardarla ancora negli occhi. Avevo una fottuta paura di vederci l'ombra del pentimento, invece il suo sguardo era imbarazzato, ma felice.

"Sarà meglio tornare dagli altri" disse sorridendo.

Annuii malvolentieri; avrei voluto baciarla fino a finire il fiato, ma dovevo darmi un contegno. Mi sentivo come un quindicenne in piena fase puberale, dannazione! 
La seguii fino ai divanetti non togliendole gli occhi di dosso per tutto il resto della serata.

Beatrice Clarke mi aveva stregato.

---
Buonasera! Ce l'ho fatta ad aggiornare e in modo decente, forse.

Sentite le campane che suonano? Ecco sono tutte per sti due che si sono decisi. Alleluja!!

Tranquille, però, che le sorprese non sono ancora finite! ;)

Silvia

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Capitolo 13
*** Io ho un debole per le più mature ***


Mi ha preso la mano 
e mi ha portato a vedere 
come è fatta la felicità
(Anonimo)

Ci troviamo davanti all'uscita secondaria dell'hotel (segui le indicazioni fino alla cucina). Non metterci due ore.
H.

Bea sorrise mentre lesse il messaggio che Harry le aveva mandato. Erano arrivati a Kansas City da poche ore e il concerto sarebbe stato il giorno dopo, quindi la band aveva un giorno di relax.

Louise, Niall, Marco, Aidan e Louis avevano deciso di rilassarsi nella piscina dell'hotel, mentre Harry, Liam e gli altri erano rimasti nelle proprie stanze. Bea, invece, aveva rifiutato un tuffo in piscina perché, purtroppo, era arrivato quel periodo del mese. 
Così se ne stava nella sua camera a disfare la valigia pur sapendo che il giorno seguente avrebbe dovuto rifarla. Si annoiava tremendamente e quello sembrava l'unico rimedio alla noia, ovviamente prima che le arrivasse il messaggio di Harry.

Indossò velocemente degli shorts a vita alta, una t-shirt a righe e le scarpe da ginnastica. Aprì lentamente la porta della sua stanza, controllando se ci fosse qualcuno nell'area in comune. Via libera! Corse fuori dalla suite e raggiunse l'ascensore tirando un sospiro di sollievo quando le porte si chiusero senza aver incontrato nessuno.

Perché Harry doveva inventarsi cose del genere per vederla, quando le loro camere si trovavano di fronte?

Sbuffò infastidita cercando di non pensare al fatto che il riccio si divertisse a complicarle la vita. Guardò le indicazioni nella hall e seguì la strada per le cucine sperando di non incontrare qualcuno a quell'ora del pomeriggio.

Quel giorno la fortuna era dalla parte di Bea, perché la cucina era deserta e riuscì a raggiungere una porta antipanico. La aprì e si trovò in un vicolo stretto. L'odore nauseante di immondizia la costrinse a coprirsi il naso con il braccio. Si guardò attorno, ma di Harry nessuna traccia.

Perfetto! Le dava appuntamento in un vicolo puzzolente e nemmeno si presentava in orario.

Stava per tornare dentro quando la porta si aprì.

"È da molto che aspetti?" le chiese Harry chiudendo la porta alle sue spalle.

"No, sono appena arrivata. Ma si può sapere perché tutta questa segretezza? Mi sento in un film di James Bond!" rispose Bea con le braccia incrociate e uno sguardo severo. Nonostante fosse infastidita, non poté fare a meno di notare quanto Harry fosse bello con gli skinny jeans neri e la maglietta dello stesso colore.

"Avremmo potuto vederci di sopra, in effetti" disse Harry grattandosi il mento con fare pensieroso. "Ma così è più eccitante!" concluse sorridente, facendo comparire quelle irresistibili fossette.

Bea roteò gli occhi al cielo. "A volte sembra tu abbia 5 anni, poi ci penso e mi ricordo che ne hai 21"

"Tu, invece, ne dimostri 60, quando in realtà ne hai solo 25" ribattè prontamente Harry.

"Non mi ricordare il fatto che abbiamo 4 anni di differenza, per favore"

"Cos'è? Ti pesa essere la più vecchia?" disse Harry avvicinandosi lentamente, come un predatore fa con la sua preda. "Ti confesso un segreto: io ho un debole per le più mature" concluse sussurrandole all'orecchio.

Bea lo scansò cercando di ignorare i brividi che il contatto del suo respiro sulla pelle le aveva provocato.

"Possiamo gentilmente andarcene da questa puzza?" sviò sperando di distrarlo dal suo intento di sedurla.

"Ah ma quindi non sei tu che emani questo odorino?" la provocò con un ghigno.

"Vaffanculo" fu la risposta gentile di Bea.

Stava per andarsene quando si accorse che quella porta si poteva aprire solo dall'interno.

Si voltò verso Harry trovandolo con le braccia incrociate e la postura rilassata. Probabilmente fu questo che la fece scoppiare. 

"Ecco! Se tu non avessi queste geniali idee del cazzo ci saremmo potuti vedere, che ne so, davanti ad un buon gelato, al cinema, al centro commerciale! Invece siamo rimasti chiusi fuori in un vicolo che sa di spazzatura e ora dovremo passare davanti a tutti quei paparaz..."

Si interruppe all'improvviso perché le labbra di Harry le impedirono ogni tentativo di finire la frase.

Dopo un momento di sorpresa, in cui rimase con gli occhi spalancati per la seconda volta, ricambiò il bacio.

La sensazione della bocca di Harry sulla sua era come se la ricordava, solo che ora era sobria e poteva gustarsi appieno il momento.

Si aggrappò alle sue spalle, mentre lui le cingeva la vita per tenerla, se possibile, più vicino a sé. Sorrise al pensiero di Harry che, come la sera prima, la stringeva come se volesse assorbirla.

Lui interruppe il bacio, confuso, appoggiando la fronte alla sua.

"Perché sorridi?" sussurrò con la voce più roca del normale.

"Perché mi stringi come se tu avessi paura che io scappi" ammise Bea non perdendo il sorriso.

"Ma io ho davvero paura che tu scappi! Non in senso figurato, ma che magari cambi idea perché pensi che tra di noi non può funzionare, che io sono troppo piccolo per te, che se ci beccano perdi il lavoro, che abbiamo vite troppo..."

"Ma sta zitto!". Stavolta fu Bea ad interromperlo per fare incontrare le loro labbra.

Si baciarono di nuovo in quel vicolo puzzolente e sporco, ma per loro esisteva solo il fondersi dei loro respiri.

***
"Solo tu puoi mangiare il gelato al limone con quello al cioccolato" disse Harry mentre passeggiavano per Kansas City.

"Ma taci che il gelato al miele fa schifo pure agli orsi"

Lui la guardò con le sopracciglia alzate per poi scoppiare a ridere.

"Che ti prende?" chiese Bea confusa.

"A volte dici delle frasi strane che mi fanno ridere" spiegò Harry cercando di reprimere un'altra risata.

"Smettila di fare il cretino, Harry!" lo riproverò divertita. Quel ragazzo era in grado di farle passare qualsiasi pensiero o arrabbiatura. A volte, le sembrava di conoscerlo da una vita.

All'improvviso Harry le prese la mano, nel volto l'espressione di quando da piccolo hai in mente un nuovo gioco da spiegare al tuo amico.

"Si può sapere dove mi porti?"

"È una sorpresa" sintetizzò.

Quando si fermarono erano davanti ad un edificio senza insegne, le auto e i taxi sfrecciavano davanti a loro e Bea non capiva cosa ci facessero lì. Spostò il suo sguardo su Harry e lo vide guardare avanti a sé.

"Un tandem?" chiese indecisa. Eppure davanti a loro c'era solo un signore che noleggiava quelle bici a due posti.

"Sì! Li ho visti ieri quando siamo arrivati. Dai andiamo!"

L'ultima volta che salì su un tandem fu al mare quando aveva 15 anni. Suo padre la obbligò a salirci anche se lei aveva il terrore di cadere e, come tutte le cose di cui inizialmente si ha paura, si era divertita da morire.

Harry pagò il noleggio per un'ora e poi aiutò Bea a salire. Le strade trafficate di Kansas City non erano rilassanti come le piccole vie di Rimini, ma si stava divertendo ugualmente.

"Bea, funziona che anche tu pedali, non solo io" la rimproverò Harry.

"Sto pedalando, mister Facciotuttoio"

"Non credo. Mi sembra di trascinare un morto di un tonnellata" disse fingendo di avere il fiatone.

"O forse sei semplicemente un pappa molla"

"Ripeti e smetto di pedalare. Vedrai che cadremo entrambi"

Bea roteò gli occhi al cielo. A volte Harry sapeva essere così snervante.

"Non hai nulla da ribattere?" le chiese notando il suo silenzio.

"No. Ho capito che in questi casi devo fingermi morta così la smetti"

Harry scoppiò a ridere e Bea pensò che quella risata le riaggiustasse le giornate e anche un po' la vita.

---

Oggi non voglio dire nulla. Provo solo orrore e tristezza per ciò che è accaduto l'altra sera a Manchester. Il mio pensiero va a tutte quelle famiglie che hanno perso un loro caro. 

Silvia

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Capitolo 14
*** Voi tre non mi convincete ***


Gli amori più belli, ogni tanto, vengono fuori dalla piega segreta di ciò che in apparenza può sembrarci uno sbaglio
(Massimo Bisotti)

Erano passati 10 giorni da quando Beatrice ed Harry avevano trascorso quello spensierato pomeriggio in tandem. Si erano incontrati segretamente quasi tutti i giorni e anche quando Harry era impegnato con le interviste e le varie prove, i loro sguardi si erano incrociati di continuo.

A Bea sembrava di essere tornata alla sua prima cotta adolescenziale. Harry la faceva sentire così spensierata e felice che tutto il resto passava in secondo piano. Se ripensava a quando si era imposta di essergli solo amica, si rendeva conto di quanto fosse stata cieca, o piuttosto di quanto non volesse vedere. Harry era, da subito, entrato nel suo cuore con i suoi modi di fare a volte un po' burberi, le sue battute spinte, ma anche con la sua dolcezza, la sua simpatia e il suo modo di farla divertire.

Quel giorno erano appena arrivati a Baltimora per l'ultima tappa del tour prima della pausa di 10 giorni. Il video di Drag me down era uscito il 31 luglio e aveva fatto un boom di visualizzazioni entro poche ore; forse perché era il primo video senza Zayn e tutti erano curiosi di vedere come se la cavavano i ragazzi senza di lui.

Qualche giorno prima, Marco aveva dato a Bea quattro fascicoli da studiare dicendole solamente: "È il momento che anche tu ne sia al corrente". Lei lo aveva guardato confusa, ma senza fare domande.

Una volta arrivata in camera, aveva iniziato a sfogliare il primo dossier per scoprire, con sorpresa, che Marco le aveva messo in mano le vite dei ragazzi. Anno e luogo di nascita, famigliari, istruzione, lavori svolti, relazioni e tante altre vicende più o meno private. Aveva aperto solamente la cartella di Liam e, appena aveva visto di cosa si trattava, l'aveva richiusa, ignorando le altre tre.

In passato, aveva già avuto a che fare con questo genere di questioni, ma i suoi responsabili l'avevano informata prima di conoscere i clienti, quindi per lei quei fascicoli erano solo carta. Con Liam, Niall, Louis ed Harry era diverso; lei li aveva conosciuti di persona e si era affezionata a loro. Per questo, guardare tutte quelle vicende personali le sembrava una violazione della loro privacy.

Non poteva rimandare a lungo ma decise, per il momento, di lasciar perdere; non era di vitale importanza che sapesse quelle informazioni, c'erano Marco e Aidan per ora.

Si alzò pigramente dal letto diretta in cucina. Quando era annoiata le veniva fame. Shay e Tyler la prendevano sempre in giro per questo, soprattutto perché, in quei momenti, preparava da mangiare per un esercito trasformando la cucina in un campo di battaglia.

Uscendo dalla sua stanza trovò Niall, Louis e Liam seduti sul divano mentre erano concentrati sui loro cellulari.

"Siete così calmi e silenziosi oggi. Devo preoccuparmi?" chiese facendo spostare i loro occhi in contemporanea su di lei.

"No, tutto ok. Stiamo solo controllando i nostri Twitter" la informò Louis.

"Sai, per vedere i commenti riguardo al video" ci tenne a precisare Niall.

"Sì solo per questo" concluse Liam.

"Voi tre non mi convincete" disse Bea guardandoli con sospetto. "Dov'è Harry?" chiese loro quando si accorse che mancava proprio lui.

"Nella sua stanza" risposero all'unisono prestando di nuovo tutta la loro attenzione ai cellulari.

Quei tre erano strani, veramente molto strani. Di sicuro le stavano nascondendo qualcosa, ma che cosa?

Scosse la testa e decise di non pensarci. Aveva una voglia matta di pancakes, ma non sapeva se ci fossero tutti gli ingredienti.

Aprì i vari scompartimenti e notò con sorpresa che la cucina era rifornita. Uova, farina, latte, burro, zucchero. Sì c'era tutto! Si mise a preparare l'impasto mentre metteva a scaldare la piastra.

Forse un'occhiata a quei fascicoli dovrei darla pensò mentre distribuiva un po' di pastella sulla piastra.

Sì, tanto prima o poi devo pur leggerli. E poi è il mio lavoro si disse girando il pancake dall'altra parte.

"Mmm che profumino"

Bea sobbalzò per lo spavento e la sua mano venne a contatto con la superficie rovente.

"Porca merda che male!" si lamentò aprendo il rubinetto.

Due mani piene di anelli si unirono alle sue sotto il getto d'acqua.

"Stai bene?" le chiese Harry accarezzandole la parte lesa.

Lei annuì incontrando il suo sguardo. Due occhi verdi la scrutavano preoccupati.

"Mi sei mancata" le confessò sottovoce asciugandosi le mani.

Quando erano con gli altri non si erano mai trovati così vicini. Non volevano destare sospetti, così si limitavano a vedersi trovando delle scuse per la loro assenza. A volte, Harry diceva di andare in palestra e Bea in piscina; altre, lui inventava di voler fare un giro da solo, mentre lei fingeva di ricevere una chiamata.

Di solito, si incontravano di sera così potevano fare un giro nella città in cui erano. Harry, ovviamente, si metteva il cappuccio e abiti poco appariscenti rispetto alle camicie che adorava e comunque non andavano mai in posti affollati. 
Se ne stavano così, per ore, a guardare le stelle al parco, a mangiare un gelato o a raccontarsi la loro vita. Il tutto quando non erano impegnati a baciarsi.

Si sentivano entrambi due adolescenti e forse era proprio questo che adoravano. In quei momenti uscivano dal mondo reale in cui vivevano. Harry non si sentiva più uno dei membri della band più famosa del momento, mentre Bea era felice di conoscere il vero Harry.

"Anche tu mi sei mancato" confessò riprendendo a cucinare.

Gli dava le spalle, ma sentiva che lui la stava osservando. A volte, Harry la fissava così intensamente che ne era imbarazzata. Non gli aveva mai chiesto cosa pensasse in quei momenti, ma poteva immaginarlo. Era pur sempre un ragazzo. Dolce, premuroso e sensibile, ma anche lui pensava al sesso 19 volte al giorno, come aveva letto in un articolo.
Si abbassò un po' i pantaloncini per cercare di nascondersi.

"Ti cadranno i pantaloni se li tiri così" le fece notare divertito. Poteva immaginarsi le sue fossette mentre sorrideva.

"Allora tu non guardarmi il sedere" ribatté lei facendo un altro pancake.

"Chi ti dice che te lo stia guardando?"

"Sono come le maestre, ho gli occhi anche dietro la testa"

Harry si mise a ridere. "Ah quindi anche in Italia vi dicono sta cazzata per farvi stare zitti"

"Sì, le addestrano tutte nella stessa scuola di magia e stregoneria di Hogwarts" scherzò Bea.

Sentì di nuovo la risata di Harry e non riuscì a non girarsi. Era così bello quando rideva. A volte, era perfino costretto a tenersi la pancia e si piegava in avanti perdendo il respiro. Bea sarebbe rimasta ore a guardarlo ridere.

"Perché mi guardi così?" le chiese ancora sorridente.

"Perché sei bello. Non solo esteticamente intendo. Sei bello dentro" confessò senza pensarci, o forse era così felice che non le importava di risultare ridicola.

Harry smise di sorridere e si alzò dalla sedia su cui aveva preso posto. La raggiunse in due passi e la baciò.

Le mani di Bea raggiunsero subito il suo viso, mentre quelle di Harry le avvolsero la vita accarezzandole la pelle non coperta dalla maglietta.

Lei piegò leggermente la testa permettendo ad Harry di approfondire il bacio. La prese in braccio appoggiandola sul tavolo della cucina, senza darle il tempo di prendere fiato.

"Bea, c'è puzza di brucia..." disse Niall entrando in cucina.

I due si staccarono all'istante con le labbra gonfie e i respiri affannati. Bea scese dal tavolo correndo a spegnere il fornello, mentre Harry si sistemò la camicia imbarazzato.

"Non vi preoccupate, già lo sapevo. Ci sono delle vostre foto su Twitter" spiegò il biondo senza scomporsi.

"Come su Twitter??" chiese Harry guardando alternativamente Niall e Bea. "Cazzo! Se Marco lo viene a sapere siamo nella merda!"

"C'è un piccolo problema. Marco già lo sa" disse una terza voce.

---
Ta daan!!! Colpo di scena. Di chi sarà questa "terza voce"? Cosa succederà a Bea? E al suo rapporto con Harry?
Tutto nella prossima puntata! ;)

Ahahahaha

Baci malefici,
Silvia

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Capitolo 15
*** Lui ti ama? ***



È quando si nascondono le cose che poi si muore soffocati

(Charles Bukowski)

HARRY'S POV

"C'è un piccolo problema. Marco già lo sa" disse una terza voce.

Avete presente quei film in cui la scena è a rallentatore e lo spettatore riesce a cogliere ogni particolare che lo circonda? Ecco, io mi trovavo in una di quelle situazioni.

A Bea cadde la ciotola dell'impasto avanzato che si sparse ai suoi piedi, mentre Niall sembrava essersi trasformato nella sua statua di cera conservata al Madame Tussauds.

Guardai il punto in cui avevo sentito quella voce familiare e trovai Marco in persona che ci guardava con un'espressione indecifrabile sul volto. Fu dopo il silenzio eloquente di chi si trova con le mani nel sacco che ricominciò a parlare.

"Chi credevate di prendere per il culo, eh?" sputò arrabbiato.

"Marco, non volevamo prenderti in giro! Non sono cose che si possono decidere, è successo e basta" cercai di difenderci.

"È successo e basta?? È successo e basta? Non doveva succedere, cazzo! Siete due incompetenti! Tu perché lo sapevi fin dall'inizio" disse indicando Bea che lo fissava spaventata. "E tu perché sai che dovresti parlarne prima con me" concluse guardandomi.

Mi passai nervosamente una mano tra i capelli. Odiavo dover stare sempre ai loro ordini.
Harry esci con quella modella. Harry sorridi. Harry fai quella battuta. Harry qua, Harry là!

"Per una volta volevo vivere la mia cazzo di vita senza dover sempre dirti tutto!" urlai esasperato.

"Peccato che io sia il tuo manager ed è tuo dovere farmi sapere tutte le tue...avventure!" gridò Marco riservando un'occhiataccia a Bea.

"Chi ti dice che sia un'avventura?" lo provocai mettendo le mani sui fianchi.

"Dai!! Ma davvero? Vuoi farmi credere che ora siete innamorati?" sbottò lui ridendo.

"Ma qual è il tuo problema?" chiesi iniziando a realizzare un'amara verità. "Sei forse interessato a lei?"

Era l'unico motivo che mi venisse in mente. Altrimenti non mi sarei spiegato tutto quel cazzo di teatrino melodrammatico in stile Beautiful.

Marco non rispose, ma si limitò ad abbassare lo sguardo e questa fu una conferma a ciò che temevo.

"Ecco qual è il tuo problema! Sei semplicemente geloso" lo accusai fuori di me.

"Voi due siete troppo diversi! Fate lavori complementari, ma allo stesso tempo così opposti! Non puoi innamorarti di lei. Complicherebbe troppo le cose" cercò di spiegare iniziando a girovagare per la cucina con le mani tra i capelli.

Mi accorsi subito di come aveva sviato il discorso. Ero bravo in quel campo; anni e anni di smentite e facce di cazzo anche quando una situazione era palese, mi avevano fatto fare esperienza.

Stavo per ribattere che non fossero affari suoi, quando vidi Bea avvicinarsi a Marco, dopo aver scansato la mano di Niall che cercava di trattenerla.

"Guardami" ordinò calma piazzandosi davanti a lui. Marco obbedì guardandola negli occhi e notai il suo sguardo ammorbidirsi.

Non potevo ancora credere che fosse interessato a lei! Non avevo mai dato particolare importanza ai sorrisi che le riservava o al suo modo di parlarle, ma ora che ci facevo caso mi davo dello stupido per non averlo capito prima.

"Vuoi licenziarmi?" continuò lei imperturbabile. Adoravo la sua indole coraggiosa e la sua capacità di andare dritta al punto, a costo di rimetterci lei stessa.

Lui abbassò di nuovo lo sguardo per un momento, probabilmente trovando le parole adatte.

"Non potrei mai licenziarti, Bea" disse con un tono...dolce, forse???

"E perché mai? Lo prevede il mio contratto"

Marco la guardò negli occhi di nuovo e le disse qualcosa in italiano.

Bea rimase a fissarlo per alcuni secondi e poi anche lei rispose nella loro lingua, accarezzandogli la guancia.

Da dove veniva tutta questa confidenza? La mia fottuta gelosia prese il sopravvento.

"Ok, basta. Che cazzo vi state dicendo? Voglio capire anche io" ordinai prendendola da un braccio per farla voltare verso di me.

Il suo sguardo di rimprovero mi fece mollare la presa. Sapevo di dovermi fidare di lei, ma vederla con un altro non mi faceva ragionare.

"Lasciaci soli" mi chiese Bea implorante.

Non avevo intenzione di muovermi di un millimetro sapendo che a lui piacesse lei. Col cazzo che li lasciavo soli!

"Ti prego, Harry" continuò sfiorando il dorso della mia mano.

"Ok, ma solo per cinque minuti" acconsentii stringendo la sua mano morbida ancora appoggiata alla mia.

Uscii con Niall, ma restai in ascolto appoggiando l'orecchio alla porta chiusa. Volevo sapere cosa ci fosse di così privato che io non potessi sentire.

"Che cosa è successo di là? Urlavate come pazzi" chiese Louis sdraiato sul divano. Decisi di ignorarlo per sentire cosa dicessero nella stanza.

"Marco sa di Harry e Bea e ovviamente si è incazzato" spiegò Niall sedendosi su una sedia della sala da pranzo.

"Perché stai appoggiato alla porta, Haz?" domandò Liam.

Erano una fottuta palla al piede quei due, non riuscivo ad ascoltare!

"Harry pensa che Marco sia innamorato di Bea". Per fortuna c'era Niall che mi aiutava a sopportare quei due.

"Ma è una cosa assur..."cominciò Louis scattando in piedi.

"Volete stare zitti, cazzo!" sbottai infastidito.

"Andiamo nella mia stanza ragazzi, detective Conan deve indagare" mi prese in giro Niall. Lo mandai a fanculo, ma lui mi ignorò completamente. Sapevo di essere irritante, alcune volte.

Finalmente, appena se ne furono andati, riuscii a capire cosa
stavano dicendo in cucina.

"Lui ti ama?" sentii chiedere da Marco.

Io la amavo?? Non riuscivo ancora a fare chiarezza. Ero sempre stato un completo disastro nel capire i miei sentimenti. O forse avevo soltanto paura di essere ferito di nuovo.

"È troppo presto ancora. Ci conosciamo da così poco tempo" spiegò lei.

"A me è bastato" le rispose.

Mi accorsi di stringere i pugni troppo forte. Avrei voluto sfondare quella cazzo di porta e appenderlo al muro. In genere, non ero mai stato un tipo geloso, ma sapere che Marco fosse innamorato della mia Beatrice mi faceva andare fuori di testa.

"Marco, mi metti in difficoltà. Non so se riesco a lavorare con te sapendo quello che provi per me"

"Non ti creerò problemi, credimi. Visto che Harry mi ha provocato, era inutile negare. So di essere egoista, ma odio saperti con lui. Non fraintendere, io gli voglio bene, ma vorrei esserci io al suo posto"

E pensare che lo consideravo un amico. Invece lui non voleva la mia felicità, ma pensava solo a se stesso.

E se Bea avesse preferito lui? Magari prima o poi si sarebbe accorta che io non potevo darle quello che Marco le offriva. Inutile negarlo, io avevo una vita complicata e starmi dietro era difficile. Non l'avrei mai obbligata a stare con me solo perché io la volevo nella mia quotidianità.

"Comunque sia, ora risolviamo questo scandalo" concluse risoluto.

"Cosa intendi per risolvere?"

"Harry, entra. So che ci stai ascoltando" disse Marco alzando un po' la voce.

Merda! CazzoFanculo!

Ora sarei passato per lo spione, ma non potevo fingere di non averlo sentito. A volte mi facevo schifo da solo per quanto fossi prevedibile.

Entrai con nonchalance dando un'occhiata di ammonimento a Marco e prendendo posto accanto a Bea.

"Allora cosa avete intenzione di fare?" ci chiese il mio manager.

"Strano che mi fai questa domanda. Di solito decidete tutto voi" sputai risentito.

"Non fare il bambino" mi sgridò. Nei suoi occhi vedevo la rassegnazione. Probabilmente aveva capito che non dovesse romperci le palle.

"Volete ufficializzare la vostra relazione o smentire?" continuò incrociando le braccia al petto.

Per me non ci sarebbero stati problemi a dirlo a tutti, ma forse Bea non voleva stare al centro dell'attenzione. La guardai per farle capire che stava a lei decidere. Se avesse voluto negare l'avrei capita. Sarebbe stato difficile dover leggere tutte le stronzate che scrivevano i giornalisti solo per il gusto di dire qualcosa o i commenti offensivi sul web.

"Ufficializziamo" annunciò distogliendo lo sguardo dal mio. "Posso vedere che foto è stata diffusa?"

Marco cercò nel suo telefono e glielo porse. Mi avvicinai per vederla anche io. Eppure, non mi sembrava di esserci fatti beccare in atteggiamenti intimi. Voglio dire, di sera ci saremmo accorti di un flash o di un fotografo.

La foto scattata, infatti, non era nulla di compromettente: nessun bacio, nessun abbraccio. Avremmo potuto smentire visto che sembrava un'uscita tra amici o semplicemente tra un cantante e la sua manager.

Tuttavia, non volevo farlo. Volevo poter uscire liberamente con Bea, ovviamente nei limiti della nostra sicurezza. Nasconderci non serviva a niente, dal momento che io la volevo e lei voleva me, da quello che aveva detto.

"Sicura che vuoi farlo?" le chiesi accarezzandole la gamba da sotto il tavolo.

Lei annuì decisa e riconsegnò il telefono a Marco.

"Ok, allora chiamo Harry e Richard e cerco di convincerli a non licenziarti, in caso di riuscita diffonderemo la notizia ai media. Se, invece, ti vogliono licenziare, decideremo come comportarci. Non si torna indietro, sappiatelo" disse alzandosi dalla sedia.

Era strano come fosse riuscito ad accantonare i suoi sentimenti per pensare, ancora una volta, alla mia immagine. Lo ammiravo per questo, nonostante avesse voluto fregarmi la ragazza. Io non ci sarei mai riuscito.

Bea lo ringraziò e con un cenno del capo sparì in soggiorno.

"Non voglio che tu lo faccia perché ti senti obbligata" le confessai quando fummo soli.

"Harry, io voglio farlo. Ovviamente se anche tu lo vuoi" mi disse dopo avermi dato un leggero bacio sulle labbra.

"Ovvio che voglio!" esclamai forse un po' troppo deciso.

Mi sorrise per la prima volta dopo tutto quel casino, era incredibile come riuscisse a farmi stare bene. Era me che voleva, non Marco, non i miei soldi, né tanto meno la notorietà. Beatrice era quello che stavo cercando.

---
Buongiorno! Allora vi aspettavate che fosse Marco la terza voce, ma che fosse innamorato di Bea? Mi fa una tenerezza lui, solo che la nostra biondona é già accaparrata da Harold, quindi GIÙ LE MANI! :D

P.s. adoro la faccia di Harry nella gif. Sembro io quando vedo certa gente🙈

baci,
Silvia

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Capitolo 16
*** Mi prometti che non scapperai alla prima difficoltà? ***


Su molte cose non erano d'accordo, anzi di rado erano d'accordo su qualche cosa.
Era un litigio continuo, una sfida continua, ogni giorno.
Ma nonostante il loro essere così diversi, una cosa importante avevano in comune:
erano pazzi l'uno dell'altra

(Le pagine della nostra vita)

"Venite in camera mia" disse Marco sbrigativo rivolgendosi ad Harry e Bea mentre erano accoccolati su uno dei divani della suite a parlare con gli altri.

Era tardo pomeriggio e i ragazzi avevano provato senza sosta per il concerto del giorno seguente, quindi ora si stavano godendo un momento di relax ascoltando le battute di Louis e i battibecchi di Dan e Jon.

I due ragazzi si scambiarono uno sguardo di intesa, pensando entrambi che la Modest! avesse dato il verdetto.

Era passato solo un giorno, ma daltronde quella situazione andava risolta al più presto. Bea aveva controllato il suo Twitter per scoprire che la foto incriminata era ovunque. Anche se il suo nome non era ancora trapelato, era questione di giorni.

Quella notte non era riuscita a dormire perché continuava a pensare a cosa sarebbe successo nel momento in cui la sua storia con Harry fosse diventata di dominio pubblico.
Sicuramente la sua vita sarebbe cambiata, ma pur di averlo vicino avrebbe sopportato flash e paparazzi ad ogni ora del giorno.

Prese la mano di Harry facendo intrecciare le loro dita. Il metallo freddo dei suoi anelli le fece provare un brivido lungo tutta la schiena, o forse era semplicemente dovuto al contatto con la sua pelle.

Lui strinse appena la presa riservandole uno sguardo che voleva dire più di mille parole. Ci sono io. Non ti lascio. Lo affronteremo insieme.
E lei pensò che, al diavolo, avrebbero pure potuto licenziarla se questo significava stare con lui.

Entrarono nella stanza di Marco proprio così: mano nella mano; dopo aver ricevuto sorrisi di incoraggiamento da parte dei loro amici.

"Dunque" cominciò Marco prendendo posto sulla sedia della sua scrivania. "È stata dura convincerli ma, dopo aver spiegato loro che Beatrice è una tipa apposto e che prendere un'altra stagista ora non avrebbe avuto senso, hanno deciso di tenerti" concluse guardando la diretta interessata che già sorrideva vittoriosa.

Harry la prese in braccio entusiasta non riuscendo a trattenersi dal darle un bacio a stampo.

"Ma, c'è un'altra cosa" continuò Marco indifferente alla scenetta romantica.

Harry e Bea smisero di sorridere e lui le fece appoggiare i piedi a terra.

"Continua" lo incitò lei preoccupata.

E se le avessero chiesto di interrompere la sua storia con Harry? Lavorare per lui si sarebbe rivelato una vera tortura. Non voleva nemmeno pensare per un secondo all'eventualità di vederlo tutti i giorni senza poter baciarlo, abbracciarlo o soltanto stare con lui. Piuttosto si sarebbe licenziata.

"Dovresti firmare un contratto, in cui ti impegni a non rivelare nulla della vostra intimità. Inoltre, dovrai vestire in un certo modo agli eventi a cui parteciperà il gruppo, dovrai tenere un certo comportamento sia con lui che senza di lui e dovrai chiudere la tua pagina Facebook. Instagram e Twitter possono andare, basta che non pubblichi foto di Harry senza prima farle vedere a me e tutto ciò che scriverai dovrà essere visto sempre dal sottoscritto" elencò sfogliando un plico di fogli sulla scrivania.

"È un fottuto scherzo, vero?" chiese Harry allargando le braccia.

"Non penso proprio. O così o il licenziamento" disse Marco risoluto.

"Ma perché? Non lo avete mai fatto con nessuna delle ragazze che ho conosciuto. Capisco con quelle che mi affibbiavate voi, ma Bea è...Bea! Andiamo la conosci anche tu!" provò a spiegare Harry.

"La conosco certo, ma lei lavora per noi e se fa cazzate mette in cattiva luce te e l'agenzia" affermò il ragazzo riprendendo a guardare il contratto.
Nei suoi occhi non c'era segno di comprensione e questo fece capire a Bea che non c'era modo di convincerlo.

"Harry, ha ragione lui! Va bene così" acconsentì prendendo una penna dalla scrivania. "Dove devo firmare?"

Marco le porse i fogli indicando con l'indice gli spazi in cui serviva la sua firma.

"Ecco fatto! Tieni la tua copia" disse lui tendendole il contratto. "Da ora in poi, la vostra storia sarà paparazzata e seguita da milioni di fan. Buona fortuna!" concluse con sguardo assente senza prestare loro attenzione.

"Consolante" mormorò la ragazza uscendo dalla stanza con Harry al seguito.

***

"Senti questa" disse Bea schiarendosi la voce. "La sottoscrivente Beatrice Clarke si impegna a comportarsi secondo le regole impartite dall'agenzia Modest! Management. Nello specifico, agli eventi ufficiali a cui parteciperanno gli One Direction, ella dovrà indossare abiti approvati dalla stylist Caroline Watson. Eviterà di vestire in modo succinto e volgare rispettando le direttive della stilista sopra menzionata" lesse con la voce grossa per poi scoppiare a ridere.

"Non capisco cosa ti faccia ridere! Sembrano le leggi razziali di Hitler" sbuffò infastidito Harry accarezzando i capelli di Bea che aveva la testa appoggiata sulle sue gambe.

"Cerco di sdrammatizzare" rispose lei alzandosi sulle ginocchia per scompigliargli i capelli.

"L'agenzia ti ha praticamente ricattata. Questa cosa mi fa incazzare" disse Harry risistemandosi paziente i ricci all'indietro.

"Se io non avessi firmato, mi avrebbero licenziata e noi due non avremmo potuto vederci come facciamo ora" gli spiegò.

Prese posto dietro di lui sul materasso per fargli un massaggio alle spalle ed Harry grugní in segno di approvazione rilassando la testa all'indietro.

"Rilassati, non sarà una tragedia rispettare quelle clausole"

"Forse, ma mi prometti che non scapperai alla prima difficoltà?"

"Non scapperò, baby" lo rassicurò Bea lasciandogli un piccolo bacio sulla fronte.

Come avrebbe potuto lasciarlo, se non riusciva più a stargli lontano?

Si voltò verso di lei riservandole un sorriso di quelli che sarebbero in grado di sciogliere anche un ghiacciaio perenne.

Perché doveva essere così perfetto? Simpatico, ironico, pazzo, romantico, protettivo, geloso al punto giusto e incredibilmente, superlativamente e straordinariamente bello.

"Cosa intendi fare per ufficializzare questa...??" chiese Bea gesticolando nervosa.

"Relazione" concluse per lei. "E smettila di muovere le braccia come una pazza. Gli inglesi non gesticolano"

"Forse dimentichi che sono per metà italiana" rispose Bea con una linguaccia. "Dai, cosa dobbiamo fare ora?"

Harry scrollò le spalle. "Vivere la nostra storia, penso"

"Quindi se ti dicessi che avrei voglia di un gelato mi porteresti a prenderlo come una coppia normale?"

"Si, basta che non mangi ancora quella merdata di limone e cioccolato" ribattè lui con una smorfia disgustata.

"Solo quando tu la smetterai di prendere quello al miele" lo sfidò scendendo dal letto per cercare dei vestiti nell'armadio.

"Scordatelo! Anzi, mangiati pure quella schifezza" sputò acido sdraiandosi sul letto con le braccia incrociate dietro la testa.

Bea alzò gli occhi al cielo, mentre si liberava della maglietta del pigiama per indossare degli abiti per uscire.

Pensò che un difetto Harry ce l'avesse: voleva sempre avere l'ultima parola. Peccato che questo fosse anche un suo limite e per tale motivo, a volte, intraprendevano delle lotte senza fine.

"Cosa stai facendo?"

"Mi cambio. Hai detto che mi portavi a prendere il gelato. Ricordi?" chiese voltandosi a guardarlo.

"Sì, ma devi per forza cambiarti qui davanti a me?"

"Ti ricordo che sarei la tua ragazza"

"Sì ok, ma non puoi spogliarti e poi pretendere che io me ne stia buono"

"Cosa avresti intenzione di fare?" domandò con un sopracciglio alzato. "Sbattermi al muro per sussurrarmi frasi porche come nelle fanfiction?"

"Cosa ne sai tu delle fanfiction?" le chiese Harry curioso, mettendosi a gambe incrociate.

"Diciamo che ne ho lette qualcuna in questi giorni" ammise Bea mettendosi una maglietta bianca. "Solo perché mi annoiavo" aggiunse subito dopo.

"Sicura che non sia per un altro motivo?" chiese lui abbassando la testa per vedere gli occhi di Bea nascosti da un ciuffo di capelli dorati.

"E va bene!" acconsentì sedendosi sul bordo del letto evitando il suo sguardo. "Marco mi ha dato i vostri fascicoli da studiare"

"E là sopra c'è scritto delle fanfiction?"

"Sì oltre alle decine di donne che hai avuto" si lasciò sfuggire sbuffando.

Il ragazzo le si avvicinò avvolgendola in un abbraccio per poi farla sedere tra le sue gambe incrociate.

"Sei gelosa, per caso?" le chiese con un sorriso che Bea poteva solo percepire visto che era appoggiata con la schiena al suo petto.

"Non usare le mie parole, Harold"

"Non evitare le mie domande, Beatrice"

Bea scosse la testa divertita per la pronuncia con cui Harry diceva il suo nome intero.

"Sì sono gelosa. Contento ora?"

"Certamente" le sussurrò iniziando a baciarle il collo.

Bea si voltò verso Harry portando le gambe intorno al suo bacino, stavolta era lei a volerlo stringere il più possibile vicino a sé. Lo voleva sentire sotto la pelle, tra le sue ossa, oltre che nel suo cuore.

Lui si fiondò con prepotenza sulle sue labbra come se non aspettasse altro e invertí le posizioni facendola distendere sotto di lui. 
Le baciava e le mordeva la clavicola lasciandole piccoli segni del suo passaggio.

Ormai entrambi avevano perso il controllo e Bea sapeva che non lo avrebbe fermato. Lo voleva, almeno quanto lui desiderava lei.

Fece scivolare le mani lungo la sua schiena; poteva sentire, distintamente sotto le dita, i muscoli di Harry irrigidirsi. Afferrò i lembi della maglia che indossava e cercò i suoi occhi per chiedergli il permesso. Lo sguardo accondiscente del ragazzo le diede il coraggio per sfilargliela.

Per la seconda volta si ritrovò ad osservarlo e come la prima ne rimase incantata. 
Non era molto muscoloso e gli addominali solo accennati. Le rondini sotto le clavicole e la farfalla sullo stomaco erano perfette su di lui e, insieme a tutti quei tatuaggi sulle braccia, erano in netto contrasto con quel viso così fanciullesco.

"Baciami"

Fu un sussurrò, ma lui parve sentirlo perché smise di torturarle il collo per concentrare tutta la sua attenzione sulle sue labbra già dischiuse per accoglierlo di nuovo.

Appena lui si sistemò tra le sue gambe, premendo il bacino sul suo punto sensibile, un gemito di sorpresa e di piacere fuggì dalle labbra di Bea.

"Sicura che sei pronta?"

"Sì"

Quello fu il consenso a toglierle la maglietta. 
La ammirò a lungo e, solo dopo aver visto lo sguardo eccitato di Bea, si decise ad immergersi tra i suoi seni privandola del reggiseno.

Poi tutto accadde in una frazione di secondo. Liam bussò alla porta, ma entrò ugualmente senza aspettare una risposta.
Harry saltò in piedi piazzandosi davanti a Bea per nasconderla, mentre lei si copriva come poteva con le braccia.

"Porca puttana!" urlò Liam uscendo dalla stanza.

I due ne approfittarono per rivestirsi. Harry sembrava arrabbiato, mentre Bea non riusciva più a trattenere le risate.

"Entra coglione. Che vuoi?" sbottò Harry sistemandosi i lunghi capelli castani.

"Siete presentabili?" chiese il ragazzo ancora fuori dalla porta.

"Secondo te?" domandò Harry scocciato.

Liam aprì lentamente la porta entrando con le mani davanti agli occhi.

"Siamo vestiti, deficiente"

Solo allora sbirciò per controllare se fosse vero e tirò un sospiro di sollievo.

"Che volevi?" chiese Harry con la delicatezza di sempre.

"Bea ha lasciato il telefono di là e sua madre continua a chiamarla" spiegò non facendo caso all'acidità dell'amico.

Bea perse il sorriso perché era strano che sua madre la chiamasse. Non era mai stata una di quelle mamme che riempiono i figli di telefonate, anzi era Beatrice che doveva sempre chiamarla.

Ringraziò Liam prendendo il cellulare che le porgeva.

"Allora noi usciamo" disse Harry notando l'espressione pensierosa di Bea.

Lei annuì impercettibilmente componendo il numero della madre.

Uno, due, tre squilli.

"Mamma, dimmi"

"Oddio Beatrice! Finalmente" disse Giulia con la voce affannata.

"Che succede?"

Sua mamma era stata sempre una donna impostata e il suo tono di voce le suggeriva che fosse successo qualcosa.

"Tuo padre! Ha avuto un infarto" spiegò telegrafica.

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Capitolo 17
*** Non torno a Londra ***


"Sapere dove. E raggiungerlo. Qualunque sia, il destino"

(Alessandro Baricco)

Ancora non le sembrava vero. Il momento prima era felice tra le braccia di Harry, mentre l'istante dopo il suo mondo le era caduto addosso. 
Con la stessa forza di una valanga, quella telefonata, le aveva tolto ogni cosa: il sorriso, la felicità, la speranza.

Suo padre era tutto per lei. Ovviamente, ogni papà ha un posto speciale nel cuore della figlia, ma non tutti potevano vantare un rapporto come il loro. E ora Bea, mentre si trovava su quell'aereo diretto a casa, non poteva fare a meno di pensare a tutte le volte in cui gli aveva dato qualche dispiacere.

Sapeva che è nella natura dell'uomo darsi colpe quando si sta per perdere qualcuno di speciale, ma questo non la faceva sentire meglio. Si incolpava per tutte le volte in cui non lo aveva ascoltato, capito; magari quella volta avrebbe potuto guardare un film con lui invece di uscire con gli amici, forse quell'altra volta ancora sarebbe stato meglio abbracciarlo al posto di rimanersene in camera a studiare. Forsesemagari
La sua testa era piena di pensieri sconnessi e ricordi tristi che non facevano altro che lasciarle l'amarezza di poter aver fatto di più.

"Tesoro, sono qui!"

Nemmeno si era accorta di essere scesa dall'aereo, ma la voce di sua madre la svegliò dallo stato di apatia che aveva avuto per tutto il viaggio. La guardò assente, mentre si sbracciava per farsi vedere e a malapena riuscì a stringerla quando venne avvolta da un abbraccio materno.

"Come sta?" fu l'unica cosa che riuscì a dire, nonostante non si vedessero da mesi.

"Ora è stabile, ma lo tengono ancora in terapia intensiva" le rispose Giulia.

Sapeva il legame che c'era tra suo marito e la figlia e si rendeva conto di non essere mai stata una mamma presente; per questo comprese il comportamento di Bea senza rimanerne risentita.

La ragazza annuì e mentre si lasciava trasportare alla macchina mandò un messaggio ad Harry, come le aveva chiesto di fare.

Sono arrivata. Mi manchi.
Bea

Harry aveva insistito per tornare con lei, ma Bea lo aveva convinto a restare. Il tour non poteva continuare senza di lui e la sua presenza a Verona non avrebbe cambiato le cose.
Così si erano lasciati in aeroporto, con la promessa che si sarebbero rivisti a Londra entro una settimana.

Il tragitto fino all'ospedale le sembrò più lungo del viaggio in aereo. Cercava di passare il tempo guardando le gocce di pioggia che scivolavano stanche lungo il finestrino, ma ben presto quella distrazione non le bastava più. Troppi ricordi tristi le affollavano la mente e nemmeno i tuoni riuscivano a sovrastare il rumore dei suoi pensieri.

Cercò allora di pensare ad Harry: ai suoi occhi verdi come il mare, alla sua voce dolce come una ninna nanna, al profumo della sua pelle in grado di farla sentire al sicuro e finalmente riuscì ad addormentarsi.

***

"Beatrice, siamo arrivati"

Aprì gli occhi confusa quando vide sua madre che le sorrideva. Credeva ancora di essere negli Stati Uniti, ma il sorriso triste di Giulia le fece ricordare ogni cosa.

Per inerzia si trovò davanti ad una porta chiusa. La scritta Terapia intensiva campeggiava sulla superficie metalizzata. Oltre quella soglia avrebbe potuto stringerlo di nuovo.

"Se non te la senti, non importa" mormorò sua madre con una mano sulla sua spalla.

Non le rispose nemmeno. Aveva attraversato un oceano per questo e ora che si trovava a pochi passi sentiva la necessità di vederlo. Premette il pulsante e la porta si aprì in automatico rivelando una stanza asettica, così bianca che le bruciarono gli occhi. Quando la porta si chiuse alle sue spalle indossò tutto il necessario per entrare: camice, mascherina, calzari.

Un'altra porta le fu aperta ed entrò in una stanza con molti letti appoggiati alle pareti verde acqua. Si guardò intorno, incerta su come riconoscere suo padre tra tutte quelle figure dormienti con il viso coperto dai macchinari.

Ma, appena iniziò a camminare tra le brandine riconobbe i capelli brizzolati di suo padre. Lo raggiunse in quattro passi, ma si bloccò di colpo appena gli fu vicino.

L'immagine che aveva di lui, non corrispondeva alla figura sdraiata su quel letto. I capelli, sempre laccati da una parte, ora gli ricadevano stanchi sulla fronte. I baffi, di cui andava così fiero perché gli davano un'aria da intellettuale, erano nascosti da un enorme respiratore che gli copriva metà viso. Le mani, sempre sporche di pittura, erano pulite e candide come la neve.

"Fiorellino, che ci fai qui?" le chiese spostando la mascherina dell'ossigeno.

Bea stava ancora osservando le sue mani delicate pensando a quando, da bambina, la alzavano per aria per poi riprenderla al volo macchiandole i vestiti di tempera.

"Sono venuta per te" rispose incontrando i suoi occhi marroni.

Neppure credeva di essere riuscita a parlare. La voce le uscì un po' roca a causa del peso che sentiva nel cuore, ma suo padre sembrò non notarlo.

"Vieni qui" le disse in un sussurro.

Bea si avvicinò per stringere le mani tra le sue. Solo quel contatto riuscì ad abbattere il muro che aveva eretto. Quelle mani così calde le fecero realizzare che c'era ancora speranza. Lui era vivo e ce l'avrebbe fatta.

Scoppiò in un pianto liberatorio affondando il viso tra le braccia di suo padre.

"Non piangere, fiorellino" le ripeteva come un mantra mentre la accarezzava.

Dopo essersi calmata inalò ancora una volta quel profumo così familiare e si sciolse da quell'abbraccio di conforto.

Lui le sorrise spazzando via le ultime lacrime rimaste sul viso della sua bambina.

"Ti voglio bene, papà"

"Anche io, tesoro"

"Torno anche domani. Ora riposati" gli raccomandò sorridendo.

Lui annuì sporgendosi per lasciarle un bacio sulla fronte. Bea chiuse gli occhi per gustare fino in fondo quel gesto così intimo che le riservava sempre prima di andare a dormire.

Dopodiché lo lasciò solo, guardandolo  un'altra volta mentre la salutava, prima che la porta si chiudesse davanti ai suoi occhi.

***

"Come lo hai visto oggi?" le chiese Harry mentre apriva la porta della sua casa a Verona.

"Penso bene"

Erano passati cinque giorni dalla prima visita di Bea al padre e quasi altrettanti erano trascorsi dal ritorno dei ragazzi dagli Stati Uniti.
Lei ed Harry si chiamavano ogni giorno rimanendo al telefono per ore.

Gli mancava così tanto che avrebbe voluto prendere il primo aereo per raggiungerlo. Lui avrebbe fatto altrettanto se non fosse che era pieno di impegni.

"Non vedo l'ora di vederti"

"Harry, a proposito di questo" iniziò a spiegare.

Come faceva a dirgli che aveva deciso di rimanere fino a che non avessero ripreso il tour? 
Aveva rimandato di continuo il discorso e ora si ritrovava a dovergli confessare che non sarebbe tornata.

"Non torno a Londra" sputò velocemente, tanto che sperò che Harry avesse capito per non doverlo ripetere.

"Cosa vuol dire che non torni?"

"Significa che ho deciso di rimanere qui fino alla ripresa del tour" mormorò. "Ci vedremo a Columbus tra quattro giorni"

Dall'altro capo del telefono udì un respiro pesante.

"Ok, va bene" disse sospirando sconfitto. "Come si chiama l'aeroporto di Verona?"

"Valerio Catullo, ma cosa vuoi fa...?"

"Dammi il tempo di rifare la valigia e sono lì. Puoi venire a prendermi in aeroporto?"

Bea rimase con la borsa della spesa a mezz'aria. Harry sarebbe venuto da lei? Appoggiò la busta sul ripiano della cucina e prese in mano il cellulare che teneva all'orecchio con la spalla.

"Sì...ma cioè tutti gli impegni che avete. Non so. Sicuro che puoi venire?" balbettò incerta.

"Mai stato più convinto" disse lui con voce ferma. "Ora prendo il biglietto e ti mandò l'ora di arrivo. A domani, peste"

"A domani, pazzoide" gli rispose chiudendo la chiamata.

Ripose il cellulare sul tavolo e sorrise pensando a quanto potesse essere fortunata ad avere Harry nella sua vita.

---

Buon pomeriggio, gente! Allora vi piace questo Harry così intraprendente? Lui prende e parte per raggiungere la sua Beatrice ahaha quanto può essere romantico?
Ok basta!

Un bacio 😘
Silvia

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Capitolo 18
*** Stavo per vomitare su quella fottuta Harley ***


È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante

(A. de Saint-Exupéry)

HARRY'S POV

Ero così euforico all'idea di prendere quell'aereo che quasi mi stavo per dimenticare la valigia a casa. Per fortuna Mary, la mia domestica, mi aveva rincorso lungo il vialetto prima che mi facessi accompagnare in aeroporto.

Bea mi faceva quell'effetto. Quando pensavo a lei tutto diventava relativo e il bisogno impellente di vederla prendeva il sopravvento sulla mia capacità di ragionare.

E, mentre mi trovavo a sorvolare le Alpi, non riuscivo a smettere di pensare a quanto mi avesse cambiato.

Prima di allora non avevo mai preso un aereo per vedere una ragazza. Non perché non ne avessi avuto l'occasione, solo pensavo non ne valesse la pena.

Ma lei aveva stravolto tutto il mio mondo fatto di azioni ripetitive e monotone. Svegliarsi, in qualunque parte del mondo io fossi, aveva assunto un senso diverso da quando c'era Bea.

"Ma tu sei Harry?"

Un sussurro mi fece voltare verso la direzione in cui lo ebbi sentito, distraendomi dal panorama fatto di montagne innevate fuori dal finestrino. 
Una bambina di circa l'età di Lux mi stava osservando. Le lunghe trecce bionde e gli enormi occhi verdi mi fecero intenerire all'istante.

"Si, sono io" confermai con un sorriso. Ho sempre adorato i bambini.

"Ti ho guardato tanto, ma non credevo fossi davvero tu" mi confessò a bassa voce. "Ma perché porti gli occhiali da sole?"

"Sì, beh perché magari la gente non mi riconosce così" cercai di spiegare, anche se la mia teoria era assurda.

"Io però ti ho riconosciuto"

"Ehm giusta osservazione" dissi alzando gli occhiali sulla testa. "Ma perché bisbigli?"

"Perché la mamma non vuole che parli con gli estranei" mi confidò guardando la madre addormentata accanto a lei.

"Allora questo sarà il nostro piccolo segreto" concordai strizzandole l'occhio. "Vuoi un autografo?"

Mi guardò come se le avessi chiesto quale fosse la distanza tra la Luna e la Terra. 
Pensai che probabilmente nemmeno sapeva cosa fosse un autografo. Che razza di cretino!

"Mmm no, ma vorrei un abbraccio di quelli che Orso dà a Masha"

In quel momento fui io a guardarla come se avesse parlato arabo. Ignoravo completamente chi fossero quei due, ma un abbraccio non era difficile da dare, non avrei potuto sbagliare.

Mi avvicinai e la strinsi tra le braccia, per quanto i sedili ci permettessero di farlo. Era così piccola che avrei potuto coprirla totalmente. E adoravo il profumo dei bambini, sapeva di pulito.

"Ok. Ora puoi anche lasciarmi andare. Non respiro" mi ordinò pochi istanti dopo con la voce attutita dal mio corpo.

Nemmeno mi ero accorto che la stavo ancora abbracciando, per quanto ero perso a pensare a quanto volessi avere uno di quei marmocchi, un giorno.

La lasciai subito, osservandola divertito con la coda dell'occhio, mentre si sistemava le treccine e il vestito rosa.

Pochi istanti dopo atterrammo. Finalmente a Verona. Finalmente da Bea.

Mi risistemai gli occhiali da sole e sollevai il cappuccio della felpa sopra la testa. Era da un po' che non prendevo un aereo di linea e stare in mezzo alle persone comuni, senza che mi saltassero addosso, era una bella sensazione di normalità; per questo volevo camuffarmi il più possibile.

Salutai la piccola seduta accanto a me e, dopo aver recuperato il bagaglio, camminai velocemente verso l'uscita. Forse qualcuno mi aveva riconosciuto perché, dietro di me, sentivo delle voci concitate, ma cercai di aumentare il passo.

In quel momento, l'unica cosa che volevo era vederla. Stringerla. Baciarla.

"Harry! Harry"

Ed eccola lì la mia Beatrice, in tutta la sua semplice, ma mai banale bellezza.
Indossava un vestito senza maniche a fiori che le arrivava sotto il ginocchio e il suo inconfondibile sorriso.

Sorrisi anche io, mentre le correvo incontro. Quando la raggiunsi abbandonai la valigia e la strinsi in un abbraccio per farle capire quanto mi fosse mancata.

"Sono felice che tu sia qui" mi confidò prima di baciarmi appassionatamente.

La sua lingua raggiunse subito la mia, stupendomi della sua intraprendenza, mentre entrambe le sue mani mi accarezzavano i capelli. Mi gustai ogni secondo di quel bacio, perché anche io ero felice di essere lì, con lei.

"Wow! Ho visto" scherzai appena ci staccammo.

"Muoviti! Prendi la valigia" mi ordinò divertita schiaffeggiandomi una spalla.

"Mi sembrava strano fossi così dolce" la presi in giro afferrando la valigia dimenticata ai nostri piedi.

Lei alzò gli occhi al cielo prima di prendere la mia mano per trascinarmi chissà dove. Ma mi sarei fatto trascinare ovunque da lei.

***

"Ecco, questa è l'Arena!" mi spiegò Bea entusiasta, spalancando le braccia teatralmente.

"Lo so! Ci siamo esibiti, ricordi?" cercai di spiegarle come si fa con un bambino.

A volte mi sembrava Dory di Alla ricerca di Nemo. Era in grado di dimenticare ogni cosa, tanto che mi ero chiesto, più di una volta, come avesse fatto a laurearsi in Management. Però, questo mio pensiero non lo avrebbe mai saputo, visto che non volevo ritrovarmi senza palle.

"Ah si, giusto!" troncò il discorso. "Ma perché quella faccia?" mi squadrò per qualche istante con un'espressione concentrata. "Sei tendente al verde"

"Stavo per vomitare su quella fottuta Harley" mi lamentai forse con un po' troppo vittimismo.

"La scorsa volta non hai avuto nulla da ridire, signorino" disse prendendo posto su una panchina lì vicino.

"La scorsa volta ero quasi incosciente e avevo appena rimesso anche il pranzo di Natale del 2000"

La raggiunsi lasciandomi cadere a peso morto accanto a lei.

Roteò gli occhi al cielo e mi osservò di nuovo.

"Dai, andiamo a casa. Il tour di Verona lo facciamo quando sarai riposato"

Ringraziai Dio, la Madonna e tutti i Santi. Ero a pezzi, indossavo una felpa sotto il sole d'agosto e non vedevo l'ora di farmi una doccia.

Presi la sua piccola mano tra le mie, decisamente più grandi, per farla alzare. Adoravo quella sensazione di perfetto incastro tra le nostre dita. Mi faceva sentire completo.

"Mi dispiace, ma per andare a casa dovrai risalire sulla mia moto" mi informò facendo la linguaccia.

"Farò questo sacrificio" scherzai strappandole un bacio.

Poi, però, un flash improvviso catturò la mia attenzione. Avrebbe potuto essere un turista, ma il mio sesto senso mi fece subito pensare ad un paparazzo. Se così fosse stato si sarebbe scatenata una reazione a catena, in cui di lì a qualche minuto saremmo stati invasi da decine di persone che si rendevano conto di chi fossi.

"Bea, scappa!" dissi iniziando a correre per trascinarla via di lì.

Nel giro di qualche secondo una decina di paparazzi appostati in tutta la piazza iniziarono ad inseguirci. Ancora mi chiedevo come facessero a sapere sempre dove fossi.

Mi voltai per vedere se ci avessero raggiunto e vidi che a loro si erano unite un gruppo di ragazze urlanti.

Cazzo, se erano veloci!

Mentre, ripetevo nella mia mente una serie di imprecazioni non molto carine, riuscimmo a raggiungere la moto parcheggiata poco distante.

Misi il casco e feci segno a Bea di salire dietro. Era fantastica in ogni cosa, ma la guida non era il suo forte. E poi, ero così incazzato con quegli stronzi che sentivo il bisogno di sfogarmi.

Diedi un'occhiata a Bea e la vidi farmi cenno di partire. 
Misi in moto e sgommai via lasciando a quei fottuti paparazzi solo la polvere.

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Capitolo 19
*** Non ti chiederei mai di fare sesso ***


 

Quando il battito del cuore supera le ombre del passato, l'amore potrà trionfare sul destino
(Nicholas Sparks)

"Harry, ti ho portato l'asciuga..." iniziò a dire Bea entrando nel bagno, dove pochi minuti prima aveva lasciato il ragazzo a lavarsi.

Peccato che Harry fosse già uscito dalla doccia e, resosi conto di non avere qualcosa per coprirsi, aveva genialmente deciso di legarsi in vita il minuscolo asciugamano trovato vicino al lavandino.

Bea rimase a fissarlo come la peggiore delle fangirl. 
Le gocce di acqua scivolavano lungo il suo torace pieno di inchiostro, per poi essere assorbite dall'asciugamano. I capelli bagnati gli ricadevano sugli occhi e il sorriso sghembo con cui la guardava le fece perdere un battito.

"Hai intenzione di passarmi l'asciugamano?" le chiese con ancora un sorriso sulle labbra.

"Oh sì! Te lo metto qui" si riprese appoggiandolo sopra un mobiletto.

Indugiò di nuovo su quel metro e 80 di pura bellezza che non riusciva ancora a credere fosse il suo ragazzo, poi raggiunse la porta a passo spedito.

Si sentiva ancora a disagio quando si trovava in certe situazioni con Harry, perché non erano ancora arrivati ad avere una tale intimità.

"Bea, vieni qui"

La voce di Harry le arrivò così bassa che pensò di essersela immaginata.

Si voltò arrestando la sua corsa poco prima di raggiungere la porta.
Harry le fece cenno di raggiungerlo e lo trovò incredibilmente sexy mentre si spostava i ciuffi che gli impedivano di vedere.

Gli si avvicinò lentamente, deglutendo quando notò che l'asciugamano gli stava scivolando lungo i fianchi.

Si impose di guardarlo negli occhi e appena incrociò il suo sguardo vi lesse l'ombra del desiderio.

"C-che succede?" balbettò schiarendosi la voce subito dopo.

"Perché ti imbarazzi ancora?"

Bea sviò il suo sguardo per un istante mordendosi il labbro inferiore per l'imbarazzo.

Bea sviò il suo sguardo per un istante mordendosi il labbro inferiore per l'imbarazzo

Harry la guardava in attesa. A lui non creava problemi farsi vedere nudo da Bea. Aveva superato la fase dell'imbarazzo quando l'aveva baciata la prima volta in quel locale.
Ma non riusciva a capire perché a lei creasse ancora disagio.

"È da un po' che non ho un ragazzo" si giustificò lei.

"Hai dimenticato come si fa ad averne uno?" scherzò Harry guardandola con un sopracciglio alzato.

"Non scherzare. Ho bisogno dei miei tempi"

"Se Liam non ci avesse interrotto questo problema sarebbe già stato risolto" insistette lui.

"Perché dobbiamo parlare di questo?" gli chiese Bea iniziando ad alterarsi.

"Perché non dovremmo farlo?" le domandò a sua volta scrollando la spalle.

Le si avvicinò intrappolando le sue mani tra le proprie.

"Smettila, Harry! Questo argomento mi mette ansia" concluse arrabbiata.

Sfuggì dalla sua stretta iniziando a camminare nervosamente verso la sua stanza.

"Parlamene! Come possiamo stare insieme se non mi dici cosa ti preoccupa?" gridò per farsi sentire.

Harry la seguì lungo il corridoio dopo aver indossato velocemente dei vestiti. La trovò seduta sul letto della sua stanza con le ginocchia strette al petto.

"Bea, parlami" provò a dirle dolcemente prendendo posto accanto a lei.

"Non capiresti"

"Provaci, magari ti sorprendo" cercò di convincerla dandole un bacio sulla fronte.

Lo sguardo di Bea si ammorbidí e iniziò a parlare. 
"Tempo fa ho incontrato un ragazzo perfetto. Era bello, simpatico, mi coccolava con i regali, insomma mi faceva sentire importante" si interruppe guardandolo mentre la osservava preoccupato.

"Avevamo 18 anni e io ero vergine. Dopo qualche mese che stavamo insieme lui mi obbligò a fare sesso. Io non volevo farlo, davvero. Non mi sentivo ancora pronta. Solo che lui mi diede un ultimatum, altrimenti mi avrebbe lasciato"

Bea si bloccò di nuovo tornando ad osservare Harry. La stava fissando con i suoi grandi occhi verdi; la mascella contratta e il suo sguardo, le suggerirono che fosse arrabbiato.

"Continua" la incitò lui serio.

Titubante, riprese il racconto. 
"Ero così stupida! Mi lasciai convincere. Lo amavo e mi ripetevo che ormai tutte le mie amiche avevano fatto quel genere di esperienze già da un po', quindi che male c'era? Così la mia prima volta fu con lui. La ricordo poco perché non fu niente di romantico o all'altezza delle aspettative che avevo. Insomma, un vero disastro, ma continuavo a pensare che almeno lui mi avrebbe voluta. In realtà, qualche mese, dopo scoprii che lui mi tradiva fin dall'inizio con un'altra. Da allora, il sesso è diventato una sorta di problema per me. Gli altri ragazzi che ho avuto duravano poco, perché appena mi accorgevo che volevano di più li lasciavo" terminò il suo racconto e si lasciò abbracciare dalle braccia sicure di Harry.

"Poi sei arrivato tu. Antipatico, egocentrico e pure maleducato" elencò beccandosi un'occhiataccia dal ragazzo.

Bea si mise a ridere accoccolandosi tra le sue braccia e appoggiò la testa sulla sua spalla coperta da una maglietta grigia. Inspirò a fondo il suo odore. Harry non metteva quasi mai il profumo, ma sapeva sempre di pulito.

"Però dopo ti ho conosciuto meglio e so che quel tuo modo di essere è solo una corazza che hai per difenderti. Sei come me: hai paura di soffrire e l'ho intuito su quel terrazzo al 27esimo piano, quando mi hai confidato le tue paure. Da quella sera ho capito che tu eri speciale e che mi piacevi. Però ho cercato di nasconderlo, di soffocare quello che provavo per paura di soffrire ancora e poi perché, per una volta, volevo essere egoista e pensare al mio bene e al mio futuro. Ma non è servito a niente cercare di non pensarti. E ora ho capito che non ti lascerei mai, nemmeno se mi chiedessi di fare sesso"

Harry durante il racconto la guardava muovere le labbra pensando a quanto avesse voglia di baciarle. E poi di baciarle gli occhi, il naso, la fronte, le guance e magari riaggiustarla con quei baci. Ma si limitò ad accarezzarle la testa, stringendola un po' più forte, di tanto in tanto.

"Non ti chiederei mai di fare sesso" disse dopo qualche minuto di silenzio.

Bea alzò la testa e lo guardò confusa.

"Però ti chiederei di fare l'amore"

Dopo un attimo di esitazione le labbra di Bea si posarono su quelle morbide e rosee di Harry. Aveva trovato l'eccezione alla sua stupida regola di non farsi spezzare il cuore. Perché si sa che in amore non esistono leggi scientifiche o scusanti. O ami o non ami e se ami non ha senso tirare le briglie del proprio cuore. Occorre lasciarlo andare libero di galoppare.

Bea allacciò le gambe attorno al bacino del ragazzo ancora seduto sotto di lei. Con le mani percorreva impazziente ogni centimetro del suo corpo ed Harry la stringeva a sé più che poteva.

Appena lui si accorse di star superando il limite del suo autocontrollo si bloccò. Non voleva forzarla, desiderava rendere la loro prima volta speciale.

"Che succede?" gli chiese Bea con le labbra gonfie dei suoi baci e il respiro corto.

"Dobbiamo fermarci, altrimenti non so se riesco a resistere" le rispose con la voce più roca del normale.

"Non farlo. Voglio che sia con te, Harry"

"Anche io, ma non così"

Le accarezzò il viso e l'alzò da sé. 
Bea si sentì vuota senza le braccia di Harry che la stringevano e anche un po' rifiutata, ma cercò di nasconderlo.

Tuttavia, si diede della stupida subito dopo. Harry la rispettava e se lo aveva fatto era solo perché ci teneva a lei.

"Vieni, andiamo a dormire" gli disse facendogli spazio sul suo letto matrimoniale.

"Ma se torna tua madre? Devo ancora conoscerla e vorrei fare una buona impressione"

"È in ospedale, tornerà domani mattina" lo rassicurò Bea con un sorriso.

Harry annuì e si infilò sotto le coperte con lei. Era la prima volta che dormivano insieme e per lui era sempre stato difficile addormentarsi con qualcuno vicino che non fossero Niall, Liam o Louis. 

Aveva sempre paura di russare, scalciare o parlare nel sonno, cose di cui con i suoi amici non si sarebbe preoccupato. E poi, era convinto che dormire con una persona fosse più intimo che andarci a letto.

Nascose tutte le preoccupazioni che gli riempivano la testa e si mise supino osservando di sottecchi Bea che gli si avvicinava. Anche lei era preoccupata, ma non sarebbe riuscita a stargli lontano.

Quella calda notte di agosto, si addormentarono dopo un'infinità di baci. Harry le stringeva i fianchi annusando i suoi capelli biondi che sapevano di frutti di bosco, mentre Bea si aggrappava alle sue braccia muscolose stringendosele addosso, quasi avesse paura che potesse scappare.

Nessuno dei due dormì mai così bene.

---

Buongiorno, eccomi con un nuovo capitolo. Abbiamo scoperto qualcosa in più su Bea e sulla sua paura verso l'altro sesso. Harry si è dimostrato un cannolo alla crema come sempre :D

P.S. Ma lo sguardo di Styles nella GIF? 

Un bacio,

Silvia

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Capitolo 20
*** Mi sfo lavando i denfi, non vedi? ***


L’imperfezione è bellezza, la pazzia è genialità, ed è meglio essere assolutamente ridicoli che assolutamente noiosi
(Marilyn Monroe)

Erano le 7 del mattino quando il cellulare di Bea si mise a suonare facendoli svegliare di colpo. O meglio la bionda si era svegliata, mentre Harry si era limitato a grugnire in segno di disapprovazione.

Bea spostò il braccio di Harry che le bloccava i fianchi e scivolò dall'altro lato del letto cercando alla rinfusa il telefono sopra il comodino.

"Ti prego cambia suoneria, sto iniziando ad odiare Ed" mugugnò Harry per poi affondare la faccia sul cuscino. Ancora si ricordava bene il momento in cui la canzone del suo amico rosso gli aveva impedito di baciarla.

Bea fece finta di non ascoltare le sue proteste e rispose al telefono appena vide il nome Franco lampeggiare sul display.

"Ho visto che sei a Verona, brutta stronza!"

La voce squillante del suo amico la obbligò ad allontanare il telefono dall'orecchio; quando urlava era più petulante di Louis.

"Ciao anche a te, tesoro. Ti sembra l'ora di chiamare?" rispose passandosi una mano tra i capelli arruffati.

"Hai fatto porcate all night con il tuo cantante?" le chiese con la voce provocante.

Bea ruotò gli occhi al cielo anche se lui non poteva vederla. "No e non fare quella voceTi ho sempre detto che sembri Platinette"

Diede un'occhiata ad Harry trovandolo addormentato. Le guance schiacciate dal cuscino e i lunghi capelli sparsi qua e là le fecero sorgere un sorriso spontaneo. Sembrava un bambino quando dormiva.

"Piuttosto, come fai a sapere che sono a Verona?" gli chiese subito dopo.

"Twitter, Facebook, Google, Instagram. Sei ovunque, Beatrice. Tu e il capellone degli One Direction"

"Si chiama Harry" lo corresse scuotendo la testa divertita.

"Sì vabbè mica mi ricordo i nomi! So solo le canzoni" si giustificò Franco. "Comunque, io sono qui a Verona da Matteo. Se dici ci troviamo. Muoio dalla voglia di vederti" concluse aumentando di nuovo i decibel della voce.

"Non vedo l'ora di vedere la tua faccia di cazzo, Fra! Alle tre da Tiffany. Verrà anche il capellone" decise Bea su due piedi.

"Sei obbligata a portarlo, voglio farmi un selfie con lui. Poi vedi come muore d'invidia quella vacca di Melissa"

"Non è una buona idea. Il mio capo mi ammazza" rifiutò Bea pensando alla Modest! e al loro assurdo contratto.

Sostenere una conversazione con Franco era estenuante. Voleva sempre fare di testa sua e quando gli vietavi una cosa, lui la faceva ugualmente.

"Sei sempre la solita rompi coglioni noiosa" si lamentò il suo interlocutore. "Ci vediamo più tardi, lesbica" concluse riattacandole il telefono in faccia.

Era sempre stato così, quando non lo accontentava le dava della lesbica. 
Fin dai tempi dell'università a Bologna, Bea gli aveva spiegato che non era un'offesa chiamarla in quel modo visto che lui stesso era gay, ma Franco era ostinato e ormai lesbica era diventato il suo nomignolo riservato alle volte in cui lo faceva arrabbiare.

Sorrise ripensando ai tempi in cui lei e Franco facevano coppia fissa. Quante ne avevano passate insieme! E, invece, ora riuscivano a vedersi solo quando lei tornava a Verona e lui andava a trovare il suo ragazzo che lavorava in città.

"Chi era?" le chiese Harry girando la testa verso di lei con gli occhi ancora chiusi.

"Franco, ricordi?" gli chiese avvicinandosi per baciarlo, ma poi si ricordò di una cosa fondamentale e deviò la traettoria stampandogli un bacio in fronte.

"Come potrei dimenticarlo. Non so se detesto di più lui o la tua suo..." iniziò lui per poi interrompersi quando, aprendo gli occhi, si accorse che Bea non era più in camera.

"Bea?"

Nessuna risposta. Di malavoglia decise di alzarsi per andare a vedere dove fosse finita quella pazza della sua ragazza. Appena mise piede in corridoio sentì l'acqua che scorreva. Doveva essere in bagno.

"Ma si può sapere che stai facendo?" le chiese appena varcò la soglia del grande bagno in marmo rosa.

"Mi sfo lavando i denfi, non vedi?" si giustificò Bea per poi sputare il dentifricio nel lavandino.

"Si fin qui ci sono arrivato" cominciò Harry appoggiandosi allo stipite della porta. "Ma perché ora? Sei scappata all'improvviso lasciandomi solo come un coglione"

"Alla mattina l'alito sa di morto in putrefazione. Non potevo baciarti, Harry" spiegò lei asciugandosi la bocca.

Lui la guardò serio per un istante e poi scoppiò a ridere di gusto. Le fossette belle in vista e il busto piegato in avanti.

Bea lo fulminò con lo sguardo. "Visto che ridi di me, fammi sentire il tuo alito, Mister Ricola " propose incrociando le braccia sotto al seno.

"Ma non ci penso nemmeno!"

"Allora non rompere" concluse scansandolo per passare. "Ah, oggi pomeriggio vediamo Franco" lo informò urlando dalla sua camera.

Dopo averle annuito come se Bea lo stesse guardando, gli cadde l'occhio sul suo spazzolino lasciato sopra il lavandino dalla sera prima. Senza accorgersene si ritrovò a lavarsi i denti. Scrollò la testa, mentre pensava ai problemi esistenziali con cui lo contagiava Bea. L'alito al mattino era sempre stato l'ultimo dei suoi pensieri.

Dopo aver finito si asciugò e la raggiunse in camera trovandola intenta a disfare la sua valigia.

"Da quanto hai rotto me li sono lavati pure io" ci tenne a precisare. "Ma ora puoi venire a letto? Sono le fottute sette e mezza e ho ancora sonno"

Bea lasciò perdere la camicia rosa a pois di Harry e si distese di fronte a lui incatenando i suoi occhi azzurri a quelli verdi del ragazzo.

"Come fai ad essere così bella di prima mattina?" le chiese spostandole un ciuffo ribelle dietro l'orecchio.

"Dote innata" scherzò Bea imbarazzata. In realtà, anche lei si chiedeva come facesse lui ad essere così bello, nonostante i capelli arruffati e gli occhi gonfi per il sonno.

"Mi vuoi baciare ora?" le chiese accennando un sorriso.

Bea non se lo fece ripetere due volte. Strofinò il naso contro quello di Harry e poi si tuffò tra le sue labbra al gusto di dentifricio.

***

"Amore, stai ancora dormendo?" gridò sua madre dalla cucina.

"Cazzo!" disse Bea scattando a sedere come una molla.

La sveglia sul comodino segnava le 8.30. Possibile che non si potesse dormire? Quella doveva essere rinominata La giornata dei risvegli traumatici.

"Harry, svegliati!" disse scuotendo la sua spalla, ma in risposta lui si girò dall'altra parte.

"Dai alzati! È arrivata mia madre" insistette legandosi i capelli in una coda.

A quel punto Harry aprì gli occhi di scatto e saltò giù dal letto indossando gli skinny abbandonati infondo al letto, sotto lo sguardo divertito di Bea.

Sembrava una cavalletta, mentre cercava di mettere quei lacci emostatici, che definiva pantaloni, saltellando su una gamba.

"Che facciamo?" le chiese chiudendo la zip.

"Andiamo a salutarla, se te la senti" propose lei indossando dei pantaloncini corti.

Lui annuì e la seguì al piano di sotto dove sua madre, a giudicare dal rumore, stava preparando la colazione.

"Oh eccovi qui!" li accolse sorridente appena li vide. "Tu devi essere Harry!"

Lui annuì imbarazzato notando con sorpresa che la madre di Bea parlava inglese.

"Io sono Giulia. È un piacere conoscerti" si presentò lei stringendolo in un abbraccio.

"Piacere mio, signora Clarke" riuscì a dire Harry appena fu liberato da quell'abbraccio stritola-ossa.

"Beatrice non ha fatto altro che parlare di te in questi giorni" si lasciò sfuggire tornando a prestare attenzione alla padella.

"Mamma!" la ammoní una Bea tutta rossa.

"Che c'è? Penso gli faccia piacere sapere che ti mancava, vero caro?" disse rivolgendo lo sguardo ad Harry che stava ridendo sotto i baffi.

"Sì certo!" confermò lui beccandosi una linguaccia da Bea non appena sua madre si voltò di nuovo.

"Dai sedetevi che ho preparato le uova strapazzate" li invitò Giulia riempiendo i loro piatti e versando il caffè.

I due fecero colazione chiaccherando con la madre di Bea. Harry scoprì che il secondo nome della sua ragazza era Frances in onore della protagonista femminile di Dirty Dancing, che i suoi genitori si erano conosciuti durante un viaggio-studio ad Oxford e che si erano sposati quando Giulia era già incinta di Beatrice.

"Grazie della colazione, signora Clarke" disse Harry appena finirono di mangiare.

"Chiamami Giulia" propose la donna sparecchiando i loro piatti.

"Va bene...Giulia" iniziò Harry alzandosi dal bancone della penisola. "Io vado in bagno a lavarmi i denti" disse poi, dando a Bea un bacio sulla fronte e rivolgendo un sorriso a sua madre.

Una volta sole, Giulia si rivolse alla figlia ancora intenta a finire il proprio caffè. "Tesoro, stai bene con lui?"

Bea si stupì di quella domanda, tanto che le stava quasi per andare di traverso la bevanda. Non avevano mai parlato di ragazzi prima di allora.

"Sì mamma. Mi rende felice, se è questo che vuoi sapere" rispose con un sorriso.

"Meglio così, perché schiaccerò chiunque cerchi di ferirti e non mi importa se questa persona è un cantante famoso in tutto il mondo" disse risoluta.

"Mamma, non ti preoccupare. Harry ci tiene a me" la rassicurò stringendola in un abbraccio. 

"Ti ama?" le chiese mentre erano ancora abbracciate.

"Non lo so. Non me lo ha mai detto" confessò Bea staccandosi dalla madre.  In fin dei conti nemmeno lei gli aveva mai detto ciò che provava per lui. 

"Ma certe cose non c'è bisogno di dirle. Le senti e basta, no?"

"Sì, ma quando si è innamorati di qualcuno e sai di essere corrisposto non c'è motivo per non dirlo, tesoro" le rispose sua madre.

Forse aveva ragione, ma fare il primo passo era difficile sia per lei che per Harry e non voleva dirgli che lo amava se anche lui non provava le stesse cose. La paura di soffrire di nuovo era troppa.

"Dovresti dirgli che sei innamorata di lui, se non ricambia non ti merita" continuò Giulia.

"Grazie mamma. Anche se non te lo dico mai, ti voglio bene"

"Anche io te ne voglio, amore mio"

---

Ciao, volevo ricordarvi che questa storia è disponibile anche su Wattpad ed è avanti di qualche capitolo, perchè là aggiorno più frequentemente. Mi potete trovare con il nome SLV_93. Come avrete notato, il titolo della storia è passato da Occhi dentro occhi a Managing your life, questo perchè mi sembrava più coerente con la trama.

P.s. Quello in alto con Bea è Franco ;)

Un bacio, 
Silvia

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Capitolo 21
*** Cosa c'entra Taylor? ***


L'amicizia nasce nel momento in cui una persona dice ad un'altra: "Cosa? Anche tu? Credevo di essere l'unica"
(C.S. Lewis)

"Te lo avevo detto che eravamo in ritardo!" si lamentò Bea quando vide Franco già seduto al tavolo del Tiffany Caffè. "Due ore per scegliere una camicia orrenda"

"Ma è bellissima!" si lamentò l'altro facendo zig zag tra i tavolini per starle dietro.

"Harry, sembri il copridivano di mia nonna" bisbigliò la ragazza appena prima di abbracciare l'amico.

"Bea!" la accolse sorridente appena la vide.

"Quanto mi sei mancato" gli confidò lei, mentre si faceva stringere da quell'abbraccio così familiare.

Harry la stava guardando ancora offeso per il commento alla sua (secondo lui) bellissima camicia. Bea lo prese da un braccio trascinandoselo vicino.

"Harry lui è il famoso Franco, Franco lui è il famosissimo Harry" li presentò metà in inglese e metà in italiano. Dopodiché prese posto per guardare il menù.

I due si scambiarono una stretta di mano accompagnata da un cenno del capo, senza proferire parola.

"Come mai così silenziosi?" chiese Bea pensando se fosse meglio ordinare la coppa di gelato al cioccolato o l'affogato al caffè.

"Forse dimentichi che non so l'italiano" si lamentò Harry.

"Non ho neppure capito cosa hai chiesto" aggiunse l'altro.

"Fra, tu l'inglese lo conosci. Non rompere" lo sgridò la bionda.

"Se per conoscere intendi che so dire the apple is on the table, sì lo conosco allora"

"Non c'è nessuna mela sul tavolo" si intromise Harry confuso.

Bea scosse la testa arresa. Sarebbe stato difficile far comunicare quei due.

"Chiedigli perché lui e Tay si sono lasciati" propose Franco di punto in bianco. I suoi occhi erano puntati su Harry che, ignaro, sfogliava il menù.

"Chi è Tay adesso?" chiese lei improvvisamente interessata.

"Come chi è? Taylor Swift, la sua ex"

"Cosa c'entra Taylor?" chiese Harry captando il nome della cantante.

"Perché non mi hai detto che Taylor Swift è una tua ex?" gli chiese Bea volgendo il suo sguardo in quegli occhi così cristallini.

"Perché parlavate di lei?"

"Non rispondere con un'altra domanda, Harold"

"Bea, sei l'unica a non sapere che sono stato con lei" disse Harry scuotendo la testa. La storia con Taylor era durata solo alcuni mesi, ma i giornali ne continuavano a parlare e la cosa lo infastidiva parecchio.

"Quindi? Perché si sono lasciati?" si intromise Franco.

"Tu taci" lo ammoní l'amica con uno sguardo assassino. "Allora?"

"Ma non l'hai letto il mio fascicolo? Ci sono scritte tutte le ragazze che ho avuto"

"L'ho letto, ma deve essermi sfuggita" blaterò Bea per giustificarsi.

E pensare che lei aveva l'Ipod pieno di canzoni della ex del suo ragazzo! Le avrebbe cancellate tutte. Una ad una.

Chissà se c'era qualche brano dedicato a lui, in fin dei conti faceva continuamente canzoni sui ragazzi che l'avevano lasciata e Bea si era ritrovata spesso a cantare quei versi pieni di risentimento verso un amore non corrisposto. 
Insomma le piaceva Taylor Swift, dannazione! Più che altro provava una sorta di solidarietà femminile nei suoi confronti.

"Ti ha scritto qualche canzone?" si decise a chiedergli dopo essere stata interrotta dal cameriere che era venuto a prendere le ordinazioni.

"Dai, Bea! Non capisco perché dobbiamo parlare di questo" sbuffò Harry alzando gli occhi al cielo.

"Harry, rispondi" ordinò fulminandolo con un'occhiata.

"Sì" ammise lui sbuffando. "Penso siano Out of the woods e Style"

Quelle canzoni erano nella playlist del suo Ipod da quando erano uscite e le ricordava a memoria. Cercò di pensare al testo e le vennero in mente alcuni versi di Style. Che cazzo di nome poi! Anche un ritardato ci sarebbe arrivato a capire a chi fosse indirizzata.

"Il pezzo in cui dice: «Ho sentito che sei uscito con altre ragazze. Lui risponde: quello che hai sentito è vero ma io non riesco a non pensare a te». Oppure la parte in cui canta: «Hai lunghi capelli tirati indietro» stava parlando di te, non è vero?"

"Bea, lascia perdere. È solo una canzone"

"Una canzone che racconta di quanto tu sia stato un emerito stronzo" lo accusò a denti stretti. 
Se fossero stati soli gli avrebbe volentieri urlato addosso, ma d'altro canto non poteva prendersela così tanto per una questione passata che nemmeno la riguardava direttamente.

"Ma perché dobbiamo litigare per questioni chiuse? Mi sono comportato da coglione, hai ragione" le rispose lui accarezzandole la mano appoggiata sul tavolo che lei puntualmente ritrasse. "Però tra di noi non funzionava e l'ho lasciata. Non l'ho tradita, credimi. È stata lei ad ingigantire la cosa a dismisura"

Bea lo guardò negli occhi, erano così limpidi e sinceri che non poté fare a meno di credergli. Se si era comportato male con Taylor non era detto che sarebbe stato così anche con lei.

"Ok, ma se fai il coglione altro che canzone. Ti taglio le palle direttamente" lo minacciò con il cucchiaino del gelato che le avevano appena portato.

Harry alzò le mani in segno di resa, strappandole un bacio. Le sue minacce con le stoviglie lo divertivano troppo.

"Ma stavate litigando?" se ne uscì Franco che per tutto il tempo aveva assistito alla scena in silenzio senza capire una parola.

"Sì, per colpa tua e della tua voglia di fare sempre del gossip" lo rimbeccò l'amica scherzosamente.

"Bea, volevo dirtelo prima, ma voi avete iniziato a battibeccare come due sposini pensionati quindi ho preferito aspettare" iniziò a spiegare Franco gesticolando come un ossesso. "C'è una sorpresa per te" concluse euforico alzandosi dal divanetto.

"Per me?" chiese lei ingurgitando una notevole quantità di gelato.

"Sì, cretina. Mi ascolti quando parlo?" la offese ruotando gli occhi al cielo. "Oh eccole!"

"Ma di chi caspita stai parl..." si interruppe seguendo la direzione dello sguardo dell'amico.

"Oh mio Dio!! Ale, Fra!" urlò appena si accorse delle ragazze che stavano venendo nella loro direzione.

Le raggiunse stringendole in un abbraccio. Non le importava che tutti gli occhi nel locale fossero puntati su di loro; le erano mancate così tanto.

Harry guardava la scena non capendo minimamente da dove fossero uscite quelle due e soprattutto si chiedeva chi fossero.

"Ragazze venite! Lui è Harry" lo presentò facendo strada alle amiche fino al tavolo.

"Harry, loro sono Francesca e Alessandra, andavamo all'università insieme"

Il ragazzo rivolse loro un "Ciao", rigorosamente in italiano, facendo comparire le caratteristiche fossette a cui le due risposero con un sospiro.

"Quanto è carino" ammise Alessandra con aria sognante.

"Beatrice, come cazzo fai a trovarli tutti gnocchi?" le chiese l'altra, decisamente più pragmatica.

La bionda scosse la testa pensando che infondo non erano cambiate neanche un po'.

"Allora, che ci fate a Verona?" chiese sedendosi tra loro due.

"Inizialmente volevamo venire a trovarti a Londra visto che ci trasferiremo lì a breve, ma poi Franco ci ha detto di tuo padre e quindi siamo ven..." iniziò a spiegare Francesca. 
L'accento laziale ben marcato e la parlantina veloce l'avevano sempre contraddistinta.

"Frena!" la interruppe Bea con la mano alzata. "Vi trasferirete dove?"

"A Londra! Io e Ale, si intende. Il deficiente di Franco non lascerebbe mai Matteo da solo. Ha paura di diventare un alce" sbuffò agitando le mani.

"Hei! Io sarei qui" protestò l'altro dandole una gomitata.

Francesca lo guardò irritata e riprese a parlare rivolgendosi alla bionda. "Ovviamente tu non ci sarai mai, immagino" disse puntandole un dito contro."Sempre dietro alla banda di fighi, eh? Che duro lavoro essere te" concluse in tono melodrammatico.

Bea scoppiò a ridere. All'università la chiamavano bocca di rose per quanto fosse raffinata.

"E tu la smetti di guardarlo in quel modo? Se lo sta già facendo Bea e sai la nostra regola: i ragazzi delle amiche sono off limits" disse Francesca puntando un dito contro l'altra che fissava Harry quasi fosse una bistecca succulenta.

Alessandra distolse lo sguardo imbarazzata. Se Francesca era un uragano, lei era l'opposto. Faceva molta fatica ad aprirsi con le altre persone e solo quando sapeva di potersi fidare rivelava tutta la sua personalità.

Harry si era accorto che la ragazza lo stava fissando, ma era stato così gentile da non farglielo notare. Dopotutto era abituato ad essere osservato insistentemente dalle fan e la cosa non lo disturbava affatto.

"Ma perché venite a vivere a Londra?" sviò Bea dopo aver notato l'imbarazzo dell'amica.

"Io ho trovato un lavoro in una azienda nell'ambito dell'amministrazione. Mentre Fra cercherà qualcosa quando saremo lì" spiegò Alessandra trovando finalmente il coraggio di parlare. Odiava avere gli occhi puntati addosso e questo la portava ad evitare il più possibile di intervenire in un discorso.

"Ma avete già un posto dove stare?" chiese ancora Bea.

Era così curiosa ed euforica all'idea di avere le sue amiche nella stessa città che avrebbe voluto sommergerle di domande.

"No, ma stiamo sentendo alcune persone per trovarne una. Entro la fine del mese dobbiamo avere un posto dove stare, altrimenti dovremo dormire in hotel" spiegò ancora Ale.

"Ma quale hotel! C'è il mio appartamento" propose Bea. "Shay non avrà niente in contrario visto che si sente così sola quando io non ci sono"

"Davvero?" chiesero all'unisono

"Mai stata più sicura" confermò la bionda con un sorriso a 32 denti.

Le dispiaceva non poter passare tutto il tempo con loro, ma il lavoro che si era scelta la portava lontano da casa per periodi lunghissimi. Ovviamente la cosa non le dispiaceva dal momento che poteva stare con Harry 24 ore al giorno. Andiamo, chi si sarebbe mai lamentato?

"Sono così felice di sapere che quando torno ci sarete voi ad aspettarmi" disse Bea stringendole in un abbraccio.

"Bea, scusa" le interruppe Harry dopo aver guardato velocemente il cellulare. Quattro paia di occhi si puntarono su di lui. "Marco ci vuole a Londra domani"

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Capitolo 22
*** Mi sembra di aspettare di nuovo il verdetto di X-Factor ***


Con te un'ora dura cinque minuti,
ma rimani ancora cinque minuti 
che con te valgono un'ora
(Emanuele Piccinino)

HARRY'S POV

"Secondo te sarei dovuta rimanere a Verona?" mi chiese Bea in un sussurro.

Mi voltai verso di lei. Era seduta al mio fianco su quell'aereo che ci avrebbe portati a Londra. La vidi torturarsi le mani e bloccai ogni suo gesto appoggiando una mano sulle sue.

Capivo la sua insicurezza riguardo al tornare a casa e Marco le aveva pure dato il permesso di rimanere a Verona, ma lei aveva rifiutato a causa dei suoi (cito testualmente) principi di responsabilità verso il lavoro.

"Non avresti potuto fare nulla in ogni caso. Smettila di sentirti in colpa" le dissi a metà tra il rimprovero e la rassicurazione.

"Lo so, ma dover salutare mio padre ancora su quel letto di ospedale mi ha fatto stare male" ribattè lei abbassando gli occhi sulle nostre mani intrecciate.

Non sapevo cosa risponderle. In fin dei conti avevamo avuto mezza giornata per rifare le valigie e catapultarci sull'aereo, quindi il loro saluto era stato piuttosto veloce e senza molte spiegazioni.

Peter si era dimostrato gentile nei miei confronti e prima di uscire dalla stanza mi aveva afferrato un braccio per raccomandarmi di trattare bene il suo fiorellino. Mi aveva preso alla sprovvista così mi ero limitato ad annuire, ma dentro di me sapevo che far soffrire Bea era l'ultima delle mie intenzioni.

Iniziavo a provare qualcosa di forte e, anche se ci conoscevamo da un mese e mezzo, passare così tanto tempo insieme aveva amplificato tutte le emozioni che sentivo quando stavo con lei. Non ero certo che per Bea fosse lo stesso, ma tutti i momenti passati insieme mi convincevano che fossi ricambiato.

Se non era amore, ci andava molto vicino. 
Adoravo il suo profumo al thè verde che sembrava spruzzarsi in quantità industriali, ma preferivo ancora di più l'odore della sua pelle quando la stringevo a me e mi rintanavo nell'incavo del suo collo. 
Adoravo tutte le sue espressioni del viso che avevo ormai imparato a conoscere e il suo modo di scherzare e prendermi per il culo, perché mi sarei fatto prendere in giro a vita per vedere di nuovo comparire le sue fossette, così simili alle mie, mentre rideva di me.

"Harry" mi ridestò la fantastica ragazza che mi era seduta accanto. "Marco ti ha detto perché ci vuole a Londra prima del previsto?"

"No, ha solo detto che ci sono dei cambi di programma" risposi pensieroso.

In effetti, il mio manager era stato piuttosto vago sulla vicenda e nemmeno i ragazzi sapevano perché avesse interrotto in anticipo la nostra meritata pausa. Probabilmente si divertiva a romperci i coglioni, come se la nostra vita non fosse abbastanza stressante.

Guardai Bea e dalla sua espressione sembrava essere pensierosa quanto me. Era così buffa con quelle rughe a corrucciarle la fronte.

"Non sarà niente di preoccupante. Marco si diverte a romperci le palle, lo sai" cercai di rasserenarla dandole un bacio sulla fronte.

Scrollò le spalle come per darmi ragione e si accoccolò sul mio braccio. Dopo qualche minuto, il suo respiro regolare mi suggerì che si fosse addormentata.

Sorrisi al pensiero di aver dormito con lei senza avere l'intenzione di andare oltre. Non mi riconoscevo più.

Avevo sempre pensato che il sesso fosse una componente essenziale in un rapporto e le ragazze che avevo avuto la pensavano allo stesso modo, infatti finivano sempre con il sottoscritto tra le lenzuola dopo qualche giorno di frequentazione.

Con Bea non riuscivo a fare lo stesso. Certo, ero attratto da lei fino all'inverosimile dal momento che aveva un corpo perfetto. Lei si definiva "grassa", ma io adoravo quei leggeri rotolini che aveva sui fianchi o il filo di pancia.

Potrei sembrare incoerente visto che ero abituato ad avere a che fare con modelle senza un grammo di grasso, ma erano ragazze famose che passavano metà della loro vita in palestra e dall'estetista e io non potevo certo scartarle tutte. Alcune esigenze andavano soddisfatte, non so se mi spiego...

In realtà, avevo sempre preferito le donne in carne e Bea era proprio l'ideale nelle mie fantasie: fianchi larghi, seno prosperoso e qualcosa da toccare al posto delle ossa.

Fantasie che, però, avevo deciso di accantonare per rendere la nostra prima volta speciale. Ero diventato un cazzo di sentimentale, ma non me ne fregava. Che male c'era nel voler rispettare la ragazza che avevo a fianco?

"Bea, siamo arrivati" la svegliai con un bacio non appena fummo avvisati dell'atterraggio imminente.

Si sfregò il naso e gli occhi per poi sgranchirsi i muscoli. Io la imitai stirando le gambe. 
Odiavo gli aerei di linea. Erano così stretti che uno di 1 metro e 80 come il sottoscritto doveva assumere una posizione quasi fetale per poterci entrare. Era molto meglio il nostro jet privato, peccato che l'agenzia non me lo avesse concesso.

Alzai il fottuto cappuccio della felpa sulla testa e indossai gli occhiali da sole. Speravo solo di non avere un altro incontro ravvicinato con i paparazzi in presenza di Bea. Non volevo le accadesse qualcosa come, ad esempio, rimanere schiacciata tra le persone che si sarebbero accorte di me.

Una volta scesi dall'aereo e dopo aver recuperato le valigie cercai di trascinare Bea fuori dall'aeroporto il più velocemente possibile. Per fortuna, solo qualche ragazza mi aveva riconosciuto e ci eravamo fatti delle foto. Due di loro avevano insistito per immortalare anche Bea e lei aveva accettato entusiasta. Ormai su Internet si parlava solo della nostra storia e alcuni titoli di giornali l'avevano fatta un po' soffrire.

"Quanto durerà la nuova fidanzata di Styles?", "Harry Styles esce con la sua manager, cosa ne penserà la Modest!?", "Styles latin lover: la nuova fortunata è Beatrice Clarke".

Erano solo alcuni dei titoli che avevamo letto dopo l'ufficializzazione della nostra relazione. Io non ci davo più importanza, ma Bea aveva iniziato a sentirne il peso. I suoi followers erano aumentati a dismisura.
Alcune fans la insultavano, altre, invece, la sostenevano. Non ne avevamo mai parlato, ma vedevo nei suoi occhi la tristezza quando leggeva qualcosa di poco carino nei suoi confronti. Si era così convinta ad usare il cellulare il meno possibile.

"Harry, muoviti! C'è John" mi risvegliò dai miei pensieri la voce di Bea che ormai mi aveva lasciato indietro per rifugiarsi in macchina.

Il nostro bodyguard ci aspettava nel suv nero con la solita espressione da "ti spacco il culo se mi fai incazzare" e un paio di occhiali da sole a specchio.

"Ciao John, come stai?" domandai allegro una volta salito a bordo dopo aver sistemato le valigie nel bagagliaio.

Ciò che ricevetti in risposta fu soltanto un grugnito e un'occhiataccia dallo specchietto retrovisore. 
Quanto mi mancava Paul! A dire il vero mancava anche agli altri, basti pensare che era con noi dagli inizi di X-Factor e ormai avevamo iniziato a chiamarlo papà. Le avventure passate insieme erano troppe da ricordare ed evitavo sempre di pensare al passato per non diventare nostalgico.

"Dove ci porti?" chiese Bea facendo capolino sui sedili anteriori.

"Alla sede della Modest. Gli altri sono già là, signorina Clarke" le rispose il colosso baffuto alla guida.

Perché io ricevevo solo versi animaleschi, mentre con Bea sembrava trasformarsi in un gentiluomo incravattato?

Lo guardai in tralice riducendo gli occhi a due fessure, mentre lui mi rivolse un'occhiata altrettanto intimidatoria per qualche secondo.

Quando distolsi lo sguardo Bea mi stava fissando con le sopracciglia alzate.

"È una gara a chi ce l'ha più lungo, tu non puoi capire" le spiegai a bassa voce per non farmi sentire.

Lei mi rivolse uno di quegli sguardi che mi riservava per farmi intendere che ero ridicolo e io lasciai perdere osservando la mia Londra scorrere fuori dal finestrino.

***

"Cristo Santo, ce ne avete messo di tempo!". 
Liam ci guardava con aria annoiata con la testa appoggiata sul divanetto posto fuori dall'ufficio di Marco, le mani appoggiate alla pancia e le gambe aperte, un vero principe insomma.

"Scusaci Sir Liam se fino a tre ore fa eravamo spensierati a più di 1000 chilometri da qui" risposi piccato.

"Bea dimmi, ma scopate? Harry è sempre così acido" continuò alzandosi per cingere le spalle alla mia ragazza.

"Liam, smettila" intervenne Niall con tono deciso. Evidentemente pure lui aveva i coglioni girati per l'improvvisa interruzione alla sua vacanza in Irlanda.

"Entrate". Ad interrompere la quasi certa discussione fu la voce di Marco proveniente dal suo ufficio.

Presi la mano di Bea tra le mie e seguimmo gli altri nella tana del diavolo. Quest'ultimo era appoggiato alla sua scrivania con le braccia incrociate e un cipiglio sul volto.

"Come sta tuo padre?" iniziò Marco ancora prima di salutarci.

"Lo tengono ancora sotto osservazione, ma si è ripreso. Grazie" gli rispose lei sorpresa dall'interessamento.

Lui annuì e riprese a parlare. "Vi ho fatti chiamare tutti perché c'è un cambio di programma"

"Questo già lo sapevamo" si lamentò Louis disteso sul divanetto in pelle. Altro membro del gruppo che non aveva apprezzato la convocazione del nostro manager.

"Se mi lasci finire, Tomlinson" lo bacchettò Satana. "Il tour riprenderà da Columbus il 18 agosto come avevamo stabilito, però..." si interruppe guardando ripetutamente me e Bea seduti sulle poltroncine beige di quell'ufficio claustrofobico.

Lo guardai scuotendo la testa per incitarlo a parlare, ma sembrava avesse paura di concludere la frase.

"Marco muoviti, mi sembra di aspettare di nuovo il verdetto di X-Factor" lo incalzai piuttosto scocciato.

"Bea dovrà rimanere a Londra fino a metà settembre"

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