L'Erede della Luce di Jo The Strange (/viewuser.php?uid=648977)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Una ragazza poco comune ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Un Nuovo Mondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: La Libertà Di Essere Se Stessi ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: La Spada d'Argento ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Un Posto da Chiamare Casa ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5: In Fuga dagli Orchi ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Ombre dal Passato ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: La Profezia ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Confessioni ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: La Trappola Delle Montagne Nebbiose ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10: La Battaglia Dei Tuoni ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: Dalla Padella Alla Brace ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: Te Lo Hanno Mai Detto Che Sei Un Incosciente? ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: Dubbi E Domande ***
Capitolo 16: *** Capitolon 15: Il Segreto Della Luce ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: Una Misteriosa Creatura ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: Una Notte Tra Incubi E Malinconia ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
PROLOGO:
Avete
mai la sensazione che le persone che amate non vi
dicano la verità? Che vi tengano nascosto qualcosa per anni
e anni?
Beh,
io la ho da quando ero una bambina: sguardi fugaci,
parole non dette, discorsi mozzati o deviati erano comuni nella mia
famiglia.
Ma allora ero troppo piccola, troppo spensierata per capire appieno la
situazione.
Nemmeno
nei miei sogni più remoti avrei potuto immaginare
quella che era stata la storia dei miei genitori, delle loro vite.
Iniziai
ad avere dei dubbi a soli dodici anni, quando mia
madre morì: la avevo sempre considerata come un libro
aperto, una donna della
quale poter capire tutto semplicemente guardandola. Eppure compresi
presto che
anche lei aveva dei segreti, eccome se li aveva.
La
ricordo ancora, stesa sul letto dell’ospedale, con il
volto spento e consumato, i capelli dorati un tempo luminosi, ora
ridotti a
stoppa scolorita, mentre respirava flebilmente, chiamandomi accanto a
sé e
sfilandosi dal collo un ciondolo, quello stesso che sin da quando ho
memoria le
avevo visto indosso.
Ricordo
che a quel gesto mio padre aveva risposto con uno
sguardo allarmato, che pareva dire “Che diavolo stai
facendo?!”.
Mi
disse che un giorno, esso mi avrebbe condotta in un
mondo nuovo, in cui sarei stata libera di essere chi ero veramente. Il
punto
era proprio questo: chi ero io? Una normalissima ragazzina di dodici
anni,
troppo preoccupata di vedere la propria madre mentre si congedava da
questa
vita piuttosto che di prestare attenzione alle sue parole
così enigmatiche.
Per
molti anni ripensai a ciò che mi aveva detto e solo
quando fui abbastanza grande mi posi una domanda fondamentale riguardo
a tutte
quelle parole non dette e quei segreti rimasti nascosti: e se la mia
vita si fosse
basata su una menzogna?
Si,
una grande, perfetta menzogna.
Dopotutto,
c’erano fin troppe cose insolite nella mia
vite che non quadravano granché: per prima cosa, non
conoscevo nessun parente
dei miei genitori: NESSUNO. In secondo luogo non sapevo un accidenti
della vita
dei miei genitori prima della mia nascita; non avevano nemmeno una foto
del
loro matrimonio, di una vacanza al mare o qualcosa del genere. E per
concludere, mio padre portava un incomprensibile rancore verso il
ciondolo
della mamma.
Eppure
alla fine tutto si fece chiaro come la luce del
sole e scoprii che le ultime parole di mia madre non erano state
buttate al
vento. Aveva ragione, alla fine ero riuscita a trovare un posto in cui
essere
me stessa, e di questo non le sarò
mai grata abbastanza.
Mi
presento, sono Aranel, figlia di Othar.
E questa è la mia
storia, anche se sono certa che farete
molta fatica a credermi…
Spazio Autrice:
Ciao
a tutti!
Dopo la flashfic pubblicata qualche giorno fa sono ritornata per
cominciare una nuova avventura, questa volta a più capitoli.
La mia storia sarà ambientata durante Lo Hobbit e
cercherò di seguire la trama originale cinematografica,
talvolta con dialoghi presi proprio dal libro e dal film, pur
prendendomi qualche licenza e aggiungendo scene nuove o modificandole.
Altrimenti che divertimento ci sarebbe?
La storia di Aranel mi è venuta in mente qualche anno fa ma
tra tutti i vari impegni non ho mai trovato il tempo per creare davvero
qualcosa. Spero finalmente di poter portare alla luce una bella storia
che faccia emozionare voi come emoziona me mentre la scrivo.
Questo era solo un prologo e penso che pubblicherò il primo
capitolo già domani, fatemi sapere cosa ne pensate nei
commenti, i quali per me sono ESSENZIALI per capire se quello che
scrivo è apprezzato o se c’è qualcosa
che non va. Io vi ringrazio per essere arrivati fin qui e vi aspetto al
prossimo capitolo!
Un Bacio,
Jenny
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Capitolo 2 *** Capitolo 1: Una ragazza poco comune ***
CAPITOLO
1: UNA RAGAZZA POCO COMUNE
Quando
uscii dall’aula, nei corridoi c’era un caos
allucinante: centinaia di studenti si erano riversati lì per
poter andarsene
finalmente a casa.
“Perfetto”
pensai: non ero un’amante dei luoghi
affollati, ma odiavo sicuramente di più quelli in cui vi era
poca gente, poiché
sapevo che finiva sempre allo stesso modo, ovvero che la gente iniziava
a
fissarmi.
Quella
situazione andava avanti così sin da quando
piccola, dall’asilo: le persone non riuscivano a concepire
l’idea che io avessi
le orecchie diverse dalle loro,
tutto
qui. Proprio come mia madre, infatti, non le avevo tonde e piccole, ma
erano a
punta e ciò in più di un’occasione mi
aveva causato l’attribuzione di
soprannomi idioti, quali “Elfo”,
“Folletto” o peggio ancora
“Orecchieapunta”.
Iniziai
quindi ad incamminarmi verso l’uscita, ma
puntualmente le persone che mi passavano di fianco si bloccavano,
iniziando a
sussurrarsi cose all’orecchio e indicandomi: possibile che
anche
all’università, dove si presume che le persone
siano mature, quel piccolo
difetto doveva essere oggetto di scherno?
Sbuffando
uscii a grandi passi da quella bolgia,
dirigendomi verso casa: abitavo nel quartiere di Kensington, a Londra,
lontano
dall’eccessivo traffico del centro. Mentre camminavo,
un’idea si fece largo nel
mio cervello, distraendomi abbastanza da rischiare di andare a sbattere
contro
un palo: quel giorno era l’anniversario della morte della
mamma…
Con
tutto il caos dell’università e lo studio mi era
completamente uscito di mente: arrivata a casa, trovai mio padre seduto
sulla
poltrona del salotto, intento a fissare quello che poteva sembrare una
grossa
pergamena…
-Buonasera
pà – lo salutai con un sorriso, seppur tirato.
Non volevo che mi vedesse mai giù di morale.
Lui
parve non essersi accorto del mio arrivo, tanto che
sobbalzando, si preoccupò subito di riporre ciò
che aveva in mano.
-Ciao
tesoro – rispose lui alzando gli angoli della
bocca.
Io
però avevo visto bene ciò che teneva in mano,
tanto
che lo obbligai a mostrarmelo: era sul serio una pergamena, simili a
quelle che
si vedono nei libri di storia. Sembrava molto antica e su di essa vi
era
disegnata alla perfezione l’immagine dei miei genitori al
carboncino, la mamma
sempre la stessa, papà molto più giovane.
Indossavano degli abiti strani, quasi
d’epoca e in basso a sinistra vi era una dedica che prima non
avevo notato.
“Ad
Othar e Lilith auguro una lunga vita serena, piena d’amore e
di fortuna, e che
insieme possano crescere la piccola Aranel. Con affetto e stima,
Girion”
Guardai
mio padre con aria interrogativa: -Chi è Girion,
Pà? –
Lui
sospirò, con gli occhi velati di tristezza: -Un
vecchio amico… -
Fissai
ancora per qualche secondo la bellissima
riproduzione sulla pergamena: -Certo che era bravo a maneggiare le
matite… era
un pittore? – domandai curiosa.
Lui
sorrise debolmente: -No tesoro, era solo molto bravo.
Lui… - sospirò –aveva una grande
passione per le armi. –
Mi
sembrava triste sentendo parlare di questo Girion,
così sviai il discorso.
-Comunque, ti
ricordi
che giorno è oggi? – chiesi sfiorando con le dita
il ciondolo che portavo al
collo.
-Come
potrei dimenticarlo… - disse papà arrotolando la
pergamena e riponendola nella libreria.
Appena
mi vide maneggiare la collana alzò gli occhi al
cielo, palesemente irritato –Dovresti sapere ormai che
detesto vedere quel
ciondolo… vallo a posare –
Non
mi piacque per nulla quel tono autoritario, ma decisi
comunque di tenergli testa: -Papà, sono otto anni che ripeti
sempre la stessa
cosa – sbuffai - Il punto è: perché?
Cosa può fare di male un ciondolo? Capisco
che ti ricorda la mamma, ma proprio per questo dovresti essere felice
di avere
un suo oggetto privato come memoria… -
Speravo
con tutto il cuore che papà non rimanesse zitto
come tutte le altre volte che glielo avevo chiesto: -Porterebbe solo
guai –
rispose secco. Andò in cucina, iniziando a tirare fuori il
necessario per la
cena. Mi ignorava, lo faceva sempre.
Io
strabuzzai gli occhi per la sorpresa, seguendolo a
grandi falcate: -Oh insomma, che cos’è? Uno strano
ciondolo porta sfortuna? –
Lui
mi guardò impassibile: -Te lo ha detto tua madre a
cosa serve… ma non voglio che tu vada… -
-Ma
andare dove?!?! – gridai esasperata. Mi sembrava che
papà avesse perso il senno, accidenti.
-Andare
ad… non importa. Non voglio litigare proprio il
giorno dell’anniversario della morte della mamma, ok? Quindi
finiamola qui –
disse stancamente passandosi una mano sugli occhi.
Io
non stetti quasi a sentirlo e a passi pesanti mi
diressi in camera mia, preoccupandomi di sbattere bene la porta. Una
volta lì
mi lasciai cadere sul letto, iniziando a giocherellare con il ciondolo.
Era
una catenina leggerissima, composta da minuscoli
anellini finemente incastrati tra di loro, in oro. Al centro
troneggiava un
ciondolo anch’esso d’oro, lavorato a mano, a forma
di sole. Su ciascuno dei
numerosi raggi erano incastonati delle piccolissime pietre luccicanti,
simili a
diamanti.
Quella
catenina aveva sempre avuto un certo fascino su di
me: oltre a ricordarmi la mia adorata mamma mi piaceva immaginare che
fosse
qualcosa di particolare e “sovrannaturale”, come si
vede nei film. La smisi di
fare simili congetture solo quando superai l’adolescenza, ma
mai di rimanerne
affascinata.
Passai
quel che rimaneva del pomeriggio sdraiata in
camera, immersa nei miei pensieri, dimenticandomi addirittura di
studiare per
l’esame che avrei sostenuto la settimana dopo, fino a quando
papà non mi chiamò
per la cena. Anche lì non vi fu un grande scambio di parole:
solo qualche
accenno al cibo e il rumore delle stoviglie di sottofondo.
Dopo
cena uscii con mio padre in giardino, dove c’era la
tomba della mamma: prima di morire infatti aveva chiesto espressamente
di non
essere sepolta in un cimitero comune, ma nel giardino di casa, in modo
che
potessimo sentirla più vicina.
Alla
vista di quella grossa lapide di marmo, la
discussione che avevo avuto con papà poche ore prima si
dissolse dalla mia
mente, lasciando spazio solo a tanta malinconia.
-Papà?
– dissi io con un sussurro, voltandomi a
guardarlo.
-Dimmi
tesoro –
-Ti
voglio bene – dissi gettandomi tra le sue braccia,
stringendolo forse.
-Anche
io Aranel, anche io – rispose lui, dandomi un
bacio sulla fronte. Tirò su con il naso, cercando di
ricacciare indietro le
lacrime.
-Ora
sarà meglio che io vada a dormire… domani mattina
ho
lezione presto! – dissi sbadigliando.
-Certo,
dormi bene stellina- disse lui con un sorriso.
Prima
di andare in camera, passai nel salotto, prendendo
la pergamena di papà dalla libreria, nascondendola nella
tasca della camicia da
notte. Volevo dare meglio un’occhiata a quel ritratto.
Alla fine
mi
sdraiai sul letto stringendo tra le mani il ciondolo della mamma.
Giurai a me
stessa di aver visto un bagliore proveniente dalla collana, forse un
riflesso
della luna proveniente dalla finestra, poi mi addormentai, cadendo in
un sonno
tormentato da strani sogni e da un’inquietante sensazione di
cadere nel vuoto.
Spazio
Autrice:
Ciao
a tutti!
Spero che qualcuno dopo il prologo abbia deciso di
iniziare a leggere la storia vera e se siete arrivati qui, allora vi
ringrazio
fin da subito. Questo è l’unico capitolo che si
svolge nel nostro mondo e mi
serviva fondamentalmente per introdurre il personaggio di Aranel e la
situazione in cui vive. Come avete potuto notare non è
affatto una ragazza
comune, anzi… ma lei ancora non lo sa, quindi tempo al tempo.
Per questa settimana è tutto, ringrazio di cuore chi
legge, recensisce o aggiunge ai preferiti e tutti coloro che seguiranno
quest’avventura insieme a me e ad Aranel.
Alla prossima, un bacio!
Jenny
>
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Capitolo 3 *** Capitolo 2: Un Nuovo Mondo ***
CAPITOLO 2: UN NUOVO MONDO
-Guardate
si sta svegliando! –
-Ma
dite che è un’Elfa? –
-Che
te ne importa, è molto carina! –
Intorno
a me udivo delle voci lontane, come dei rimbombi, voci che non avevo
mai sentito prima. Sentivo un dolore lancinante alla testa, come se
avessi preso una botta. Facevo fatica ad aprire gli occhi, ma alla
fine, con un notevole sforzo spalancai le palpebre, cercando di capire
a chi appartenessero quelle strane voci.
-Ma
cos… - sussurrai debolmente, mettendo a fuoco la scena. Mi
sollevai di qualche centimetro, ma sentendo il dolore scivolare dalla
testa a tutto il resto del corpo rinunciai subito, tornando sdraiata.
Quando
finalmente riuscii a vedere nitidamente ciò che mi
circondava, per poco non mi venne un infarto: non ero più
nella mia stanza.
Mi
trovavo sdraiata su un giaciglio di paglia, all’ombra delle
rovine di legno bruciato di quella che un tempo doveva essere stata una
casa. Attorno a me c’erano dei prati verdeggianti e una
miriade di alberi, oltre che una dozzina di facce sconosciute che mi
fissavano con aria curiosa.
-Buongiorno
e ben svegliata! Ti sei fatta una bella dormita eh? – disse
uno dei presenti, togliendosi il buffo cappello che portava sulla testa.
-Dove
diavolo mi trovo? – domandai, mettendomi a sedere. Diedi una
rapida occhiata in giro, ignorando il mio mal di testa e la domanda
postami.
-Ci
troviamo vicino ai confini delle Terre Selvagge – rispose
quello –Ti sei per caso persa? –
-Terre
Selvagge?? – Non ci stavo capendo nulla.
-Oh
si, siamo al confine con le zone ospitali. Superate quelle non
sarà facile trovare posti abitabili –
Considerando
il fatto che stavo parlando con un perfetto sconosciuto, che non mi
trovavo più nella mia stanza e che tuttavia ero sveglia,
giunsi ad una semplice conclusione: -Ho capito, sto sognando-
Un
uomo anziano, con una lunga barba grigia e un cappello assurdo mi
guardò con tenerezza: -Non credo proprio, fanciulla.
Piuttosto, ti senti bene? Ci hai fatto prendere un bello spavento
–
Non
sapevo più cosa pensare, se fosse realtà o solo
la mia fantasia, così stetti al loro gioco: -Come sono
arrivata qui? –
Uno
di loro, dalla barba rossa e ispida alzò le spalle: -Ah se
non lo ricordi tu… sappiamo solo che ti abbiamo trovata
svenuta questa mattina. Davvero non ricordi nulla? –
Io
scossi la testa, per poi guardare loro: somigliavano tutti a degli
uomini normali ma erano più bassi, robusti, armati e avevano
lunghe barbe crespe. Sembravano nani, di quelli delle favole, ovviamente
tranne quel vecchio strambo con il cappello, che era alto quasi il
doppio rispetto a loro.
-Qual
è il tuo nome? Sei un elfo per caso? – mi
domandò il nano col cappello e in un secondo mi venne voglia
di prenderlo a pugni.
-Nemmeno
mi conoscete, come potete permettervi di chiamarmi così?
–
Quello
abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa per avermi dato
dell’elfo: -Perdonami non volevo offenderti. Solo…
somigli moltissimo a loro, ecco tutto –
-E
voi allora? Cosa siete per caso? Nani? – sbottai io. Ero
davvero arrabbiata.
-Eccome
se lo siamo e della stirpe dei Durin – ringhiò uno
di loro con la testa tatuata e uno sguardo arcigno.
Mi
stavano prendendo in giro, era chiaro. Ma ancora non riuscivo a capire
dove diavolo mi trovassi e che cosa volessero quegli strani tipi da me.
A causa di tutta quell’insensatezza iniziai a pensare davvero
che fosse un sogno, o peggio, un incubo.
-State
scherzando? E’… è uno scherzo per caso?
Sono finita in qualche candid camera? –
Quelli
si guardarono straniti, non capendo. Il “nano” con
la testa tatuata mi guardò con uno sguardo di fuoco: -Ti
pare che stia scherzando? Anche il più idiota della Terra di
Mezzo riconoscerebbe un nano –
-Beh
io no! E non so nemmeno cosa diavolo sia questa Terra di Mezzo di cui
parli. Voglio solo tornare a casa e svegliarmi da
quest’incubo –
Il
vecchio con la barba si avvicinò, posandomi una mano sulla
spalla. Non lo respinsi. Tra tutti mi sembrava quello più
mite e aperto.
-Tu
fanciulla ci sei dentro alla Terra di Mezzo. Giù fino al Mar
Belegaer tutto quello che vedi è la Terra di Mezzo. Da dove
vieni per non sapere queste cose? –
-Da
Londra, Inghilterra, pianeta Terra – risposi secca.
-E
dove si trova questo posto? E’ lontano? – mi chiese
un giovane con gli occhi a palla e i capelli rossicci.
-Direi
di sì… nel mio mondo siamo tutti umani e non
abbiamo nani… o qualunque cosa voi siate –
Quelli
iniziarono a parlottare sottovoce, lanciandomi occhiate strane, quasi
schifate.
-Deve
essere un posto molto curioso – continuò il
vecchio saggio – Qui invece abbiamo razze molto diverse:
nani, come i qui presenti, elfi, uomini e hobbit, come il nostro Mastro
Baggins –
Da
quell’ammasso di nani fece capolino un esserino poco
più basso di loro, i capelli ricci dorati, uno sguardo
simpatico e… due piedoni enormi. Mi salutò con un
cenno, sorridendo.
-A
proposito, non mi sono presentato. Mi chiamo Gandalf, il grigio e sono
uno stregone – disse il vecchio porgendomi la sua mano rugosa
per stringerla. Poi indicò i nani che mi circondavano
– E loro sono i nani della compagnia di Thorin
Scudodiquercia, principe di Erebor –
I
nani fecero un cenno di saluto, che ricambiai. Mi sentivo un
po’ stupida per averli aggrediti in quel modo. Dopotutto
l’intrusa lì ero io.
-Io
sono Aranel, piacere –
-Aranel
figlia di… – domandò lo stregone.
-Prego?
–
-Qui
siamo soliti ricordare il nome dei nostri genitori, per lo meno del
padre, quando ci presentiamo – mi spiegò con un
sorriso, come fanno di solito le maestre a scuola.
Per
quanto strana come usanza, risposi: -Sono Aranel, figlia di Othar e
Lilith –
Appena
pronunciai il nome dei miei genitori calò un silenzio
tombale. L’espressione di Gandalf e dei nani si fece
attonita, come se avessero visto uno spettro.
-C’è
qualcosa che non va? Ho detto qualcosa di sbagliato? –
domandai preoccupata. All’improvviso mi ricordai che avevo in
tasca la pergamena con il ritratto di mamma e papà,
così la porsi a Gandalf: -Ecco, sono loro –
Si
accalcarono tutti per guardare e quando lo stregone prese la pergamena
con mani tremanti giurai di aver visto una lacrima solcare il suo
volto: - Ed’
i’ear ar’ elenea! *-
I
nani lo guardarono come se avesse parlato in una lingua sconosciuta,
eppure io lo capii perfettamente: - Naa
rashwe? **- domandai.
-Come
conosci l’elfico? – la voce di Gandalf era rotta
per l’emozione.
Spalancai
gli occhi per la sorpresa: - Elfico? Me lo ha insegnato mia madre. Lo
chiamava Sindarin e diceva che era un dialetto parlato nei luoghi della
sua infanzia –
-Beh,
tua madre aveva ragione, il Sindarin è una lingua elfica
molto diffusa qui – Gandalf mi restituì la
pergamena – Tua madre era una donna meravigliosa –
Le
sue parole mi accesero un fuoco dentro: -La conoscevate? Viveva qui?
– Era assurdo che degli sconosciuti avessero le risposte a
quelle domande a cui mio padre non aveva mai voluto rispondere.
Gandalf
sorrise malinconicamente, come tutti i nani presenti: -Credo che
nessuno nella Terra di Mezzo non conosca la storia di Lilith. Ma non
spetta a me raccontartela se non la conosci –
-Vi
prego, allora ditemi dove posso trovare qualcuno che me ne
parli…- li supplicai.
-Il
nostro viaggio è lungo e sulla strada sono certo che
incontreremo qualcuno che ha le risposte che cerchi. La domanda
è: sei disposta a seguirci? – domandò
Gandalf, con sguardo solenne. I nani nel
frattempo si lanciavano occhiate allarmate. Evidentemente non avevano
considerato la possibilità che al loro gruppo si aggiungesse
una piantagrane sbucata dal nulla…
-Certo
che lo sono – dissi immediatamente. Era tutta la vita che
aspettavo di sapere chi fosse mia madre e quali fossero i suoi segreti
e un’occasione del genere non mi sarebbe capitata mai
più.
-Bada
bene, è un viaggio pericoloso, in cui ti troverai a
fronteggiare cose che nel tuo mondo forse nemmeno esistono –
mi avvertì un nano anziano, con una lunga barba bianca
biforcuta, simile a quella
di Gandalf. Intorno a lui i suoi compagni continuavano a cicalare
animatamente.
-Non
mi importa, ho bisogno di sapere la verità –
Gandalf
sorrise, allungandomi una mano per farmi alzare: -Allora, Aranel figlia
di Lilith, benvenuta nella compagnia! –
*₌ Per
il cielo e le stelle!
**₌ C’è
qualche problema?
Spazio Autrice:
Ciao a tutti e bentornati!
Finalmente Aranel (non si sa
come, non si sa perchè) è giunta nella Terra di
Mezzo.
"Che bello!Che gioia" penserete voi, ma il suo punto di vista
è un po' diverso, credetemi...
Come avete potuto constatare,
la signorina ha un bel caratterino verso gli sconosciuti, ma poche
parole del saggio Gandalf (sia lodato Tolkien per averlo creato) sono
sufficienti per farla tornare tranquilla e invitarla addirittura a fare
il suo viaggio con la compagnia. E fin da subito non sembra scorrere
buon sangue con il buon vecchio Dwalin eheh...
Vi avviso che
userò il Sindarin ogni volta che ci sarà una
buona occasione per farlo, dal momento che trovo che sia una lingua
bellissima e che conferisca maggiore verosimiglianza al'insieme della
storia. (Don't worry, non lo userò per TUTTI i dialoghi in
elfico, sarebbe troppo pesante anche per me).
Ora è giunto il
momento dei ringraziamenti: ringrazio tutti i lettori silenziosi (ma vi
prego, esprimete i vostri pensieri, sono importanti per me!!), chi
recensisce e segue (Thranduil_Laufeyson)
e chi ha aggiunto la storia tra i preferiti (Odette kahwamura, Nobody
Noemi2806, Elanorstella, Lucson89). GRAZIE, GRAZIE!
Noi ci vediamo settimana
prossima con un altro capitolo, un bacio
Jenny
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Capitolo 4 *** Capitolo 3: La Libertà Di Essere Se Stessi ***
CAPITOLO 3: LA LIBERTA' DI
ESSERE SE STESSI
-A
questo punto ritengo doveroso fare delle presentazioni
– disse Gandalf sfregandosi le mani – Dunque mia
cara, loro sono Balin e Dwalin
– disse indicando il vecchio nano con la barba bianca e
quello arcigno con la
testa tatuata.
-Fili
e Kili – due nani molto giovani, uno biondo e
l’altro moro ma con le stesse espressioni beffarde stampate
sul viso. I due
fecero un profondo inchino, quasi toccando terra con la testa.
-Oin
e Gloin – un nano dalla barba ispida e color fuoco e
uno un po’ strambo con un cornetto acustico piantato
nell’orecchio mi fecero un
cenno con la mano.
-Bifur,
Bofur e Bombur – notai con orrore che il primo
aveva un’ascia conficcata nella tempia destra, il secondo era
quello con il
cappello buffo che mi aveva dato dell’elfo mentre il terzo
assomigliava ad una
montagna, dal tanto era massiccio.
-Nori,
Dori e Ori- uno aveva una capigliatura molto
strana, l’altro uno sguardo cordiale ed educato, mentre il
terzo era giovane e aveva
gli occhi molto grandi con un leggero strabismo.
-E
per ultimo, ma non ultimo – riprese Gandalf in tono
più serio – voglio presentarti il capo di questa
spedizione: Thorin
Scudodiquercia, figlio di Thrain, principe dei nani di Erebor
–
Quello
era rimasto nella penombra per tutto il tempo e non
aveva proferito parola: capii immediatamente che era un nobile solo dal
modo in
cui camminava e teneva il mento alto. Non era superbo, affatto, solo
fiero:
aveva una barba scura, più corta rispetto a molti degli
altri nani e una
zazzera di capelli dello stesso colore, tenuti indietro sul davanti con
delle
treccine. Gli occhi di ghiaccio avevano un’aria penetrante.
Sul viso aveva
un’espressione vissuta, tipica di quelle persone che hanno
visto orrori
inimmaginabili, velata però da un certo orgoglio.
-Lieto
di conoscervi Lady Aranel – disse lui, baciandomi
il dorso della mano e accennando una smorfia simile ad un sorriso.
Quel
gesto mi fece arrossire: mai vista tanta galanteria
sulla Terra. Poi mi ricordai che era un principe, così mi
inchinai goffamente:
-Il piacere è mio, Vostra Maestà –
-Niente
maestà, vi prego. Sono solo Thorin Scudodiquercia
– disse lui, facendomi segno di alzarmi.
Mi
sentivo un’idiota e il fatto di essere in camicia da
notte di fronte ad un principe non aiutava affatto. Per fortuna Gandalf
lesse
l’imbarazzo sul mio viso e si precipitò a darmi
una mano: -Bene mia cara, credo
che ti servirà qualcosa di più caldo di quella
maglia per il nostro viaggio! –
Tutti
i nani tirarono fuori dalle loro sacche qualche
capo di ricambio e in men che non si dica mi ritrovai ad essere vestita
come
loro sebbene la casacca e i pantaloni di pelle mi stessero un
po’ larghi. Ero
piuttosto esile di corporatura ma il fatto di non essere
particolarmente alta
aiutò molto, vista la bassa statura dei nani. Bombur si
offrì di regalarmi il
suo mantello, ma dovetti declinare, dal momento che era grande quanto
una tenda
da campeggio.
In
breve tempo il sole tramontò e la notte calò su
di
noi. Thorin ordinò che venisse acceso un fuoco e preparata
la cena. Bofur si
mise subito al lavoro, maneggiando pentole malandate e quel poco che
avevano da
mangiare per preparare una minestra. Non appena fu pronto tutti si
accalcarono
attorno al fuoco, ognuno con una scodella e un cucchiaio in mano.
Ringraziai
Bofur quando mi passò una ciotola colma di
zuppa fino all’orlo e mi misi a mangiare silenziosamente,
mentre gli altri
chiacchieravano animatamente.
Ad
un tratto la voce di Kili ruppe il cicaleccio che si
era venuto a creare: -Ehi Aranel, parlaci del tuo mondo! –
esordì il giovane
nano agitando il cucchiaio.
Io
sospirai, alzando le spalle: -Beh, non credo ci sia
molto da dire… Come vi ho anticipato la razza dominante
è quella degli uomini.
Elfi, nani e stregoni non esistono, sono solo delle leggende
– lanciai
un’occhiata a Bilbo – E credo che ignorino
completamente cosa sia uno Hobbit-
-Non
sembra un posto molto accogliente… - intervenne Ori
timidamente, beccandosi addosso le occhiate di tutti.
Io
accennai un sorriso: -Non è così male…
La città da cui
provengo, Londra, è un luogo meraviglioso, ricco di storia e
arte. L’unico
problema sono le persone – abbassai lo sguardo, prima di
riprendere a parlare –
Spesso non sanno accettare le diversità- dissi,
accennando alle mie orecchie.
Mentre
parlavo mi tornarono in mente i giorni passati
dietro i banchi di scuola, dall’asilo fino
all’università, dove non c’era stata
una sola persona che non fosse scoppiata a ridere guardandomi. Sentii
le
lacrime montare, ma cercai di ricacciarle indietro.
Balin,
seduto di fianco a me, mi pose una mano sulla spalla
con un sorriso pieno di affetto: -Qui non c’è
motivo di preoccuparsi: per noi è
normale vedere gente con le orecchie a punta. Dopotutto gli Elfi sono
ovunque
qui! – mi rassicurò Balin.
-Ehm,
purtroppo… - disse Dwalin, fingendo di tossire e
continuando a mangiare la zuppa. Gandalf gli tirò una
gomitata nelle costole,
che però non mi passò inosservata.
-Non
ci sono buoni rapporti tra Elfi e Nani? – domandai
io, pur immaginando la risposta.
-Diciamo
che ci sono screzi millenari che vengono portati
avanti ancora oggi – disse Balin, cercando di addolcire la
pillola, ma il
cipiglio severo di Thorin mi fece capire che era qualcosa di molto
più grave.
–Sarei
curioso di sapere come vedrebbero noi nel tuo
mondo – disse Fili, cambiando completamente discorso.
Probabilmente aveva
notato che l’atmosfera stava iniziando a farsi tesa.
Io
risi di gusto, finendo l’ultima cucchiaiata della
minestra: -Credo che vi considererebbero subito dei mentecatti!
–
-Ma
noi siamo mentecatti! – disse Kili con sguardo
sornione, iniziando a beccarsi insulti dalla maggior parte dei
presenti,
soprattutto da Nori che gli fece eco con un sonoro “Ehi,
stupido a chi?!”.
Il
resto della cena passò in maniera spensierata,
all’insegna delle risate, fino a quando fu l’ora di
andare a dormire.
-Posso
farvi una domanda? – chiesi prima che i nani si
coricassero.
-Spara-
disse Kili con noncuranza.
In
mezzo a tutto il trambusto di quella giornata mi ero
completamente dimenticata di porgere loro la domanda più
banale: -Per quale
motivo siete in viaggio? –
All’improvviso
gli occhi di ciascuno di loro si fecero
umidi e un’espressione malinconica si impossessò
dei loro volti. Fu Thorin a
prendere la parola per primo: -E’ una storia molto
lunga… -
Così
mi raccontò di come il drago Smaug fosse sopraggiunto
dal nord molti anni prima e avesse distrutto completamente la
città di Dale
degli uomini e occupato
Erebor, la
Montagna Solitaria, sede del regno dei Nani. Thorin e il suo popolo
avevano
vagato a lungo, senza ricevere aiuti da nessuno per trovare una nuova
terra in
cui vivere. Ora erano in viaggio per riconquistare la loro casa,
ciò che
apparteneva loro di diritto e io in quel momento li ammirai molto.
Nessuno
sulla Terra avrebbe mai fatto una cosa simile per la propria casa.
-E’
di questo che parla il Canto del Fuoco? – mi
ritornò
alla mente una vecchia canzone che mia madre mi cantava sempre da
bambina.
-Lo
conosci? – domandò Bofur con gli occhi spalancati
per
la sorpresa.
Io
annuii: -Me la cantava la mia mamma nei giorni di
pioggia. Ho sempre odiato le giornate uggiose, così per
migliorare il mio umore
lei iniziava a cantarla accompagnata dall’arpa –
sospirai a quel bellissimo
ricordo – La sua voce sembrava quella di un angelo -
-Ti
andrebbe di cantarla per noi? – domandò Bofur, con
gli occhi lucidi, impugnando un flauto traverso di legno.
Inizialmente
fui titubante all’idea, poi però alla vista
di quegli sguardi supplicanti cedetti. Mi schiarii la voce, mentre
anche Fili
si preparò per suonare: estrasse dalla tasca del mantello
una piccola arpa
dorata e iniziò ad accordarla. Poi iniziammo.
"Oh Misty Eye of the Mountain below
Keep careful watch of my brothers
soul
And should the sky be filled with
fire and smoke
Keep watching over Durin's
Son"
Il
suono melodioso dell’arpa e quello del flauto crearono
un’armonia dolcissima, ma allo stesso tempo malinconica:
mentre cantavo, vidi
chiaramente qualche lacrima spuntare negli occhi dei presenti,
soprattutto di
Balin, che più di una volta si strofinò con un
lembo della tunica purpurea.
"Now I see fire, inside the
mountain
I see fire, burning
the trees
And I see fire,
hollowing souls
And I see fire,
blood in the breeze
And I hope that
you'll remember me"
Quando
finimmo, un silenzio tombale cadde su di noi.
-Per
un momento ho creduto di avere di nuovo di fronte la
bella Lilith – sussurrò Gandalf, asciugandosi le
lacrime – E’ come se una parte
di lei fosse ancora qui –
-Lei
è qui – dissi a Gandalf, indicando il mio cuore
–
Lei sarà qui per sempre –
Lo
stregone annuì, accennando un sorriso: -Ora è
tempo di
dormire. Domattina ripartiremo all’alba –
Salutai
i miei nuovi compagni e mi coricai a fianco delle
braci quasi spente del fuoco, godendo del lieve tepore che ancora
emanavano e
sentendo rimbombare nella mia testa le ultime parole di mia madre.
"Un giorno sarai in
un mondo migliore, in cui sarai libera di essere chi sei veramente"
Spazio Autrice:
Buonsalve!
Cosa dire di questo capitolo? Per la mia gioia ( e spero anche per la
vostra) Aranel ha conosciuto l'Allegra Brigata e (cosa imperativa) ha
conosciuto *sospira* Thorin.
Come
potete aver notato è bastato passare cinque minuti in loro
compagnia che il bel caratterino diffidente che aveva nello scorso
capitolo è svanito del tutto. La mia principale intenzione
per questo capitolo era quella di mettere a confronto il nostro mondo,
un luogo in cui Aranel non riesce a vivere appieno, e la Terra di
Mezzo, una terra Nuova, ma che subito offre tante speranze alla nostra
protagonista.
E
non preoccuppatevi, vi prometto che dal prossimo capitolo inizieremo ad
entrare nel cuore dell'avventura, con capitoli più
emozionanti. Per chi se lo stesse chiedendo ( ma è
così palese che ci sia arriva anche da soli) il "Canto del
Fuoco" non è altro che "I See Fire" di Ed Sheeran, colonna
sonora del secondo film della trilogia.
Vi
avverto fin da ora che essendo una grandissima amante della musica,
inserirò spesso qualche canzoncina, perchè
diciamocelo, cos'è una storia senza la sua colonna sonora?
Anche
per questa settimana credo di avervi detto tutto, perciò
passerei subito ai ringraziamenti: ringrazio tutti i miei lettori
silenzioni (ma per Durin, fatevi sentire!), tutti quelli che aggiungono
ai preferiti, ai ricordati e ai seguiti.
Un
ringraziamento particolare va alle nuove recensiste Lola1991 e Nobody Noemi2806.
Noi ci vediamo la
prossima settimana con un nuovo capitolo, un bacione!
Jenny
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Capitolo 5 *** Capitolo 4: La Spada d'Argento ***
CAPITOLO 4
CAPITOLO 4: LA SPADA D'ARGENTO
Fuoco,
morte e distruzione.
Erano
queste le uniche cose che riuscivo a vedere attorno
a me. L’aria era satura di fumo denso e scuro, mentre
tutt’intorno risuonavano
solo grida di terrore, pianti e una campana d’allarme. La
gente correva da ogni
parte, cercando di mettersi in salvo dalle fiamme che divoravano ogni
cosa.
Io
me stavo impalata su un pontile, osservando impotente
la macabra carneficina che si consumava davanti ai miei occhi. Sulla
sponda
opposta del ponte una bambina di una decina di anni piangeva, chiamando
il nome
della madre. Stringeva tra le braccia una bambola di pezza logora,
annerita
dalla cenere.
La
vedevo girarsi verso di me, con occhi supplichevoli e
imperlati di lacrime: -Ti prego aiutami! – gridava con tutto
il fiato che aveva
in corpo. Io però non riuscivo a muovermi, era come se fossi
bloccata al
terreno. In un secondo, una vampata incandescente mi si parava davanti
agli occhi,
travolgendo come un’onda quella povera bambina e bruciandola
viva.
Mi
svegliai di colpo, gridando e ansimando spaventata.
Avevo la fronte imperlata di sudore e lungo la schiena sentivo scorrere
un
brivido gelato.
Era
solo un incubo, un incubo ricorrente, lo sapevo bene.
Eppure ogni volta che vedevo quelle fiamme rimanevo terrorizzata come
se fosse
stata la prima.
Mi
misi seduta, asciugandomi il sudore dalla fronte con
una manica, quando all’improvviso sentii dei passi
avvicinarsi. Temevo di aver
svegliato qualcuno con le mie urla, ma per fortuna non fu
così.
Thorin
si avvicinò con sguardo preoccupato, la mano già
stretta saldamente sull’elsa della sua spada: -Aranel state
bene? – domandò,
dando un’occhiata in giro.
Io
annuii, ancora evidentemente scossa: -Si sto bene, non
preoccupatevi. Vi hanno svegliato le mie urla per caso? –
domandai. In tal caso
avrei fatto una bellissima figura da idiota.
-No,
ero di turno per la guardia. Vi ho sentita gridare e
temevo che qualcosa vi avesse attaccata -
disse lui lasciando la presa dalla spada.
-E’
solo un incubo ricorrente, nulla di più – dissi
io,
cercando di sembrare di essere più forte di quanto fossi in
realtà.
-Me
ne volete parlare? Potrebbe aiutarvi a stare meglio –
disse Thorin, sedendosi di fianco a me.
Rimasi
stupita da un tale comportamento, dal momento che lo conoscevo solo da
poche ore, ma qualcosa dentro di me mi convinse a raccontarglielo. Gli
parlai a lungo del mio incubo e lui non aprì bocca
fino a quando non ebbi terminato. Rimase a fissarmi con sguardo serio,
senza
mai sghignazzare. In fin dei conti avrebbe potuto benissimo ridermi
dietro per
i miei deliri notturni, invece non lo fece.
-Io
credo – disse alla fine, puntandomi addosso quegli
occhi di ghiaccio – che il vostro sia un ricordo del
passato… un’immagine che
vi è rimasta impressa perché spaventosa
–
Io
lo guardai stranito: -Io non ricordo di aver visto una
città in fiamme… - Feci mente locale se qualche
volta a Londra era stato appiccato un fuoco violento, ma non mi venne
in mente nulla. Anche perchè ero più che certa
che la città che vedevo nel mio incubo non fosse affatto
Londra.
-Forse
la Aranel di adesso no – disse lui – Ma la Aranel
neonata
di sicuro… -
Con
quelle parole enigmatiche Thorin si alzò, facendomi
segno di seguirlo. Oramai era praticamente l’alba ed era
giunto il momento di
mettersi in marcia. In poco tempo svegliammo tutti gli altri e fummo
pronti per
partire. L’aria era fresca e frizzante e un sole caldo e
luminoso iniziava a
fare capolino in un cielo senza nubi.
-Thorin!
– chiamò Gandalf, avvicinandosi al nano
– I
troll dell’altro giorno devono essere scesi dagli Erenbrulli
– lo avvertì.
Io
lo guardai stupita, credendo di aver sentito male: -Hai detto troll??
–
-Eh
sì e di quelli brutti – intervenne Kili con una
smorfia –Siamo incappati in loro due giorni fa. Non
è stata una bella
esperienza – concluse il nano, fingendo di rabbrividire.
Non
bastavano nani, elfi, hobbit e stregoni, adesso ci si
mettevano pure i troll… Avevo il timore che da un
momento all'altro tutto ciò che mi circondava potesse
sparire, vista l'assurdità della situazione.
Thorin
si fece scuro in volto: -Da quando i troll di
montagna si avventurano così a sud? –
Gandalf
scosse la testa: -Di certo non da un’era. Non da
quando un potere più oscuro regnava in queste terre. Non
possono essersi mossi
alla luce del sole –
Thorin
si guardò intorno con circospezione: -Deve esserci
una grotta nelle vicinanze –
Subito
ci mettemmo in cammino seguendo Thorin e Gandalf
in mezzo ad una boscaglia. Gli alberi erano verdi e pieni di vita,
anche se con qualche accenno dell'autunno che si avvicinava, striando
foglie sporadiche del color del tramonto. Proprio come aveva detto
Thorin, poco dopo sbucammo
vicino ad una grotta di pietra, ben nascosta dalla luce del sole. Nori,
Bofur,
Gloin e Dwalin seguirono Gandalf e Thorin mentre io decisi di rimanere
fuori
con gli altri. Mi ero avvicinata abbastanza alla grotta e
l’odore di marcio e
putrefazione che fuoriusciva da quel buco era stato sufficiente per le
mie
narici.
Mi
avvicinai a Fili e Kili, i quali erano intenti ad
affilare le loro spade con delle pietre appuntite: -Cosa ci
può essere di tanto
interessante in una caverna di troll? – chiesi curiosa.
-I
troll sono amanti dell’oro e delle ricchezze – mi
spiegò Fili, affilando per bene la lama della sua daga
– Se trovi una loro
caverna è molto probabile che dentro siano nascosti
gioielli, armi preziose e
forzieri di monete –
Poco
dopo vedemmo Thorin e gli altri uscire dalla
caverna, praticamente a mani vuote. Alla faccia di ricchezze e
tesori…
-Aranel!
– sentii Gandalf chiamarmi da lontano. Teneva
tra le mani un involucro, ma non riuscivo a vedere bene di cosa si
trattasse –
Sai usare una spada? – mi domandò, come se fosse
la cosa più naturale del
mondo.
Io
inarcai un sopracciglio: -Beh, so tirare di scherma
ma… non so quanto possa essere uguale – ammisi io.
Mio padre era uno spadaccino
formidabile e fin da bambina mi aveva insegnato a tirare con il
fioretto. Ripensando
a lui mi venne un attacco di nostalgia.
Tuttavia
la spada che mi porse Gandalf non era affatto
come un fioretto. Aveva una lama lunga d’argento splendente,
sormontata da
un’elsa d’ossidiana pura, intarsiata da un
materiale che non conoscevo. Sembrava argento, ma era
più lucente.
La
presi in mano, soppesandola e facendola ruotare nel
palmo: -Deve essere una lama molto importante vista la splendida
fattura –
ipotizzai io. Ad ogni movimento la lama vibrava nell’aria,
disperdendo un suono
cristallino.
Gandalf
annuì, sorridendo: -E’ probabilmente una delle
spade elfiche più antiche, vista l'elsa d'ossidiana e
mithril - Ecco cos'era quel metallo lucente - Di quelle forgiate dagli
Alti Elfi della Prima Era,
come tua madre –
Quelle
parole per me furono come una pugnalata: -Mia… mia
madre? Mia ma… madre era un Elfo?? – domandai
confusa.
-Pensavo
lo avessi compreso – disse Gandalf, ghignando –
Ti ha insegnato il Sindarin, la lingua elfica e il suo aspetto
fisico… beh,
ammettilo, non somigliava affatto a quello di un umano. E nemmeno il
tuo –
-Pensavo
solo che venisse da un mondo diverso, tutto qui
– dissi io per giustificarmi. Non ci potevo credere
– Quindi se mia madre era
un’Elfo e mio padre un umano, questo fa di me una…
-
-Mezzelfa
– concluse Gandfalf per me – Questo spiega le
orecchie a punta, i capelli quasi bianchi e il fisico snello. Non mi
spiegò però come
mai tu sia così bassina… –
Abbassai
lo sguardo sul mio corpo, sulla spada, per poi
lanciarlo ai nani in lontananza che si preparavano a ripartire: -Credi
che mi
odino? Per il fatto che ho una metà elfica? –
domandai timorosa. Avevo appena
trovato le prime persone che non avevano riso di me per il mio aspetto
fisico,
non volevo perderle subito a causa di stupidi pregiudizi millenari.
-Non
credo proprio, mia cara Aranel – mi consolò
Gandalf
dandomi un buffetto sullo zigomo – Ognuno di loro conosce
molto bene la tua
storia, più di quanto ne sappia tu stessa. Sono onorati di
poter condividere un
viaggio insieme a te, figlia di Lilith. E lo stesso vale per me: vedo
nei tuoi
occhi lo stesso bagliore che brillava negli occhi di tua madre e sono
certo che
sarebbe fiera di te, della donna che sei diventata –
-Grazie
Gandalf – sussurrai, gettandogli le braccia al
collo. Lo conoscevo a malapena da un giorno, eppure era riuscito a
farmi
sentire amata e apprezzata in un battibaleno. Quando ci sciogliemmo
dall’abbraccio lo vidi accennare ad una spada di dimensioni
ridotte che teneva
in mano.
-Sarà
meglio che dia questa al signor Baggins – disse
sventolando l’arma – Anche lui farebbe meglio ad
avere qualcosa con cui
difendersi –
Ero
ancora parecchio sotto shock, quando sentii la voce
di Thorin rimbombare: -Arriva qualcosa! Tutti pronti, prendete le armi!
–
Raggiunsi immediatamente gli
altri, sguainando la mia
nuova arma e stringendo forte l’elsa. Da lontano si sentiva
un forte scalpitio,
rumore di rami spezzati e uno strano fruscio. Mi affiancai a Kili e
Bofur,
pronta ad usare la spada se fosse stato necessario, quando davanti ai
miei
occhi si presentò la figura più improbabile che
avessi mai visto.
Spazio Autrice:
Buonsalve
cari lettori!
Finalmente
siamo entrati appieno nel viaggio. Come potete
notare ho ripreso pari passo il dialogo tra Thorin e Gandalf presente
nel film
dopo l’attacco dei troll, riadattandolo (ovviamente) alle
esigenze della mia
storia.
Abbiamo
scoperto che Aranel ha delle visioni, in
particolare quella di una città in fiamme. Che cosa
sarà mai? (Vai con la banalità)
Chi indovina riceverà in regalo dei biscotti fatti in casa.
Ho inserito anche
una parte molto importante con il mio adorato nano dagli occhi blu, in
modo
tale da lasciare intendere che comunque Thorin, pur conoscendo la
storia di
Aranel, e quindi la sua natura, non ha assolutamente dei pregiudizi sul
suo
conto e che anzi, è molto propenso al dialogo con lei.
La
scena in cui Gandalf consegna una spada alla
protagonista è tutta farina del mio sacco: volevo inserire
uno spazio per un
personaggio che reputo fondamentale in questa storia, ovvero Gandalf.
Lo ho
sempre visto come una sorta di nonno per tutti, sia ne Lo Hobbit che ne
Il
Signore degli Anelli, perciò ho pensato di rimarcare questa
cosina anche con
Aranel.
La
nostra protagonista (madò se è ingenua) scopre
anche
che la madre era un Elfo e che questo fa di lei una Mezzelfa. Tuttavia
mettendomi nei suoi panni probabilmente nemmeno io avrei concepito
l’idea che
mia madre potesse essere un Elfo, perciò non commento.
Dopo
aver detto una marea di stupidaggini mi conviene
passare ai ringraziamenti: come sempre ringrazio in primis tutti i miei
lettori
(e vi esorto a esprimere i vostri pareri, in italiano, in inglese, in
sindarin
o khuzdul, come preferite), coloro che recensiscono, seguono e
aggiungono ai
preferiti.
Ringrazio
in maniera particolare la nuova recensista ThorinOakenshield
che ha anche aggiunto
la storia tra le seguite e in quest’ultima categoria
ringrazio anche Elanorstella, Valepassion95 e FastDivergent156.
GRAZIE, GRAZIE!
Per
questa settimana è tutto, ci vediamo al prossimo
capitolo! Un bacione,
Jenny.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6: Un Posto da Chiamare Casa ***
J
CAPITOLO
6: UN POSTO DA CHIAMARE CASA
Paradiso.
Probabilmente
è questo l’unico termine che può
rendere
giustizia a quel posto.
Una
città di pietra bianca con tetti spioventi color del
tramonto si ergeva sul fianco di una montagna fino a valle,
mimetizzandosi con
la roccia marmorea della montagna stessa. Gli edifici erano collegati
tra loro
da lunghi ponti e ovunque sgorgavano piccole cascate d’acqua
cristallina che mi
fecero venire una gran sete al solo scrosciare. Sbucavano tutte in un
fiume
stretto a valle, il cui tragitto si perdeva poi a Est. Ovunque fioriva
una
vegetazione verde e lussureggiante e il profumo dei fiori era tale da
far quasi
girare la testa.
-Questa
è la valle di Imladris – disse Gandalf,
affiancandosi a me – Nella lingua corrente viene chiamata con
un altro nome –
-Granburrone
– concluse Bilbo con il mio stesso
scintillio negli occhi. Nemmeno lui doveva aver mai visto un posto
così bello.
-E
meraviglioso – sussurrai, guardando lo stregone con
sguardo sognante – Sembra di essere in una favola –
Lui
mi sorrise di rimando, accennando poi a Thorin e agli
altri: -Non tutti però la pensano come te – I nani
infatti avevano tutti un’espressione
schifata e furente, come se trovarsi lì per loro fosse quasi
un affronto. Mi
ricordai poi dei dissapori che correvano tra nani ed elfi e subito mi
fu chiaro
il perché del loro comportamento. Non potei però
fare a meno di sentirmi presa
in causa: una parte di me era ancora convinta che in fondo quei nani
non
fossero ben contenti della mia presenza.
Soprattutto
Thorin.
Mi
scrollai immediatamente, solo pensando quel nome. In
fondo non doveva importarmi che cosa pensasse, giusto?
-Stai
tranquilla, fanciulla – intervenne Gandalf,
immaginando cosa passasse nella mia mente – Lui ha
un’ottima opinione di te.
Non crucciarti per nulla –
-Ma…
ma io, cioè lui… - balbettai io, riprendendomi.
Probabilmente le mie guance dovevano aver assunto un bel color cremisi,
ma
sperai che non si notasse.
Gandalf
mi fece un sorriso beffardo: -Sappiamo entrambi
di chi stiamo parlando e sappiamo entrambi il perché ti
importa tanto la sua
opinione – lo stregone mi fece un occhiolino, per poi
portarsi in testa al
gruppo e intimarci di seguirlo.
Camminammo
per un bel po’ lungo quei candidi ponti che
avevo visto dall’altura. Io e Bilbo continuavamo a guardarci
attorno
emozionati, mentre gli altri proseguivano con passo svelto, gli occhi
fissi
dinnanzi a loro e un’espressione imbronciata sul volto.
Arrivammo in una
piazzetta di ciottoli, circondata da alte statue di bronzo e poco dopo
ci venne
incontro un giovane elfo dai lunghi capelli castani e dal fisico
slanciato che
salutò caldamente Gandalf.
-State
all’erta – sussurrò Thorin
all’orecchio di Dwalin.
Io alzai gli occhi al cielo, non capendo quali pericoli potessero
venire da un
popolo che sembrava così mite. Il mio popolo, a quanto
pareva.
In
lontananza si sentì un suono di trombe, molto simile a
quello che avevamo sentito questo pomeriggio. Vidi arrivare da lontano
un
manipolo di cavalli bianchi, cavalcati da meravigliose creature
slanciate dai
lunghi capelli setosi e la pelle candida.
-Serrate
i ranghi! – gridò Thorin, imprecando in khuzdul,
la lingua dei nani. In due secondi mi ritrovai schiacciata tra Thorin e
Nori,
mentre i cavalieri elfici ci osservavano con aria sprezzante.
-Gandalf
– disse un elfo bruno, dall’aria saggia e mite.
-Re
Elrond! – lo salutò lo stregone, andandogli
incontro –
Mellonen! Mo evìnedh?* - domandò.
-Farannem ‘lamhoth
i udul o charad. Dagannem rim na lant Vedui** –
rispose il re,
raggiungendolo – Strano per gli orchi avvicinarsi
così tanto ai nostri confini.
Qualcosa o qualcuno deve averli attirati – concluse,
lanciando un’occhiata
eloquente a Gandalf.
Re
Elrond puntò poi gli occhi sul nostro gruppetto, i
nani ancora con le armi in mano sul punto di attaccare. Solo io e Bilbo
avevamo
le spade nel fodero.
-Benvenuto
Thorin, figlio di Thrain – disse riferendosi
al principe, il quale gli rispose più volte in maniera
piuttosto scortese. Io
gli lanciai un’occhiataccia, ma non mi diede retta. Per
fortuna il re Elfo non
parve scaldarsi, anzi, mantenne sempre quell’espressione mite
che aveva sin da
quando era arrivato.
-Posso
chiedere cosa ci fa una giovane Elfa in mezzo ad
un gruppo di nani? – domandò Elrond, rivolgendosi
direttamente a me.
Gandalf
si avvicinò a me, posandomi una mano sulla
spalla: -Re Elrond, permettetemi di presentarvi Lady Aranel, la figlia
di
Lilith. Ha delle domande che cercano risposte–
Gli
occhi del re si spalancarono per la sorpresa, mentre
anche tra i cavalieri dietro di me iniziò a diffondersi un
brusio stupito. Il
re mi prese la mano, stringendola alle sue in segno di rispetto: - Arwen en amin, saesa omentien lle.
Vanimle
sila tiri***
-
Per
la seconda volta in poco tempo mi ritrovai dinnanzi
ad un reale, così feci un inchino, cercando di non mostrare
quanto sgraziata in
realtà fossi: - Suilad Elrond Hir.
Valin
ie echo lyaa su hanya!****
- risposi con un sorriso, onorata delle sue
parole.
Lanciai
di sfuggita un’occhiata a Thorin e vidi
chiaramente nei suoi occhi quanto gli desse fastidio non capire un
accidente.
Re
Elrond si rivolse a tutti: - Nartho i noer,
tholto i viruvor Boe i annam vann a nethail vin*****
– Io annuii, ringraziandolo silenziosamente.
I
miei amici però non furono dello stesso avviso: -Che
sta dicendo? Quello ci sta offrendo insulti? –
ringhiò Gloin, l’ascia già in
pugno.
-No
Gloin, ci sta solo offrendo del cibo – dissi io,
scuotendo la testa. La loro espressione cambiò
immediatamente. Si misero a confabulare
tra di loro, ma alla fine cedettero, accettando l’offerta.
-Farò
preparare per voi delle stanze e un bagno caldo. Sarei
felice di avervi qui con noi per cena – concluse, con un
gesto elegante della
mano.
Un
paggio mi invitò a seguirlo all’interno della
reggia e
mi condusse nella mia stanza. Appena spalancai la porta mi
sembrò di essere
finita in qualche storia dei fratelli Grimm: un letto a baldacchino
dalle
lunghe tende bianche troneggiava al centro, mentre appoggiata alla
parete vi
era una scrivania con un grande specchio appeso alla parete, la cornice
intarsiata d’argento. Accanto al letto c’era un
piccolo comodino in legno scuro
e una sedia a dondolo, mentre un grande armadio occupava
un’intera parete. In
fondo alla stanza, era incavato un elegante camino in cui scoppiettava
un fuoco
ardente e di fianco era pronta una vasca d’acqua calda fumante.
Mi
liberai immediatamente della mia cintura, dove tenevo
legata la spada e mi buttai sul letto a pancia in giù,
godendomi la morbidezza
di quel materasso in piume. Poco dopo mi svestii e mi immersi
nell’acqua
bollente della vasca. Fu un vero sollievo tanto che rimasi ferma
immobile,
immersa fino alle orecchie per almeno quindici minuti.
Il
mio momento di pace si concluse quando sentii qualcuno
bussare alla porta della mia stanza.
-Aranel
siete dentro? – domandò Thorin
dall’esterno.
Merda.
Imprecai
sottovoce, cercando invano gli asciugamani. Li
avevo lasciati sul letto dannazione.
-Si
ci sono. Entrate pure – dissi rassegnata,
nascondendomi più che potevo sott’acqua, la quale
però era comunque
trasparente.
-Re
Elrond ha chiesto che vi sediate al tavo… - le sue
parole morirono in bocca quando mi vide completamente nuda nella vasca.
Mi
guardò imbarazzato, poi guardò la porta
– Non è un buon momento, scusate –
Io
accennai un sorriso più imbarazzato del suo: -Oh no,
non importa. Ditemi pure – Tanto oramai il danno era fatto.
-Re
Elrond ha chiesto di unirvi a noi al tavolo d’onore
–
farfugliò cercando di guardare altrove –Scusate
per l’interruzione –
Io
lo ringraziai con una mano e Thorin si avviò verso
l’uscita a grandi falcate, l’imbarazzo ancora
palese sul suo viso.
Quando
fui sicura che avesse chiuso la porta sprofondai
di nuovo nell’acqua. Mi sentivo veramente
un’idiota, anzi peggio una
deficiente. Avevo appena fatto una pessima figura di fronte al principe
dei
Nani. Di nuovo.
“Oramai
penserà che sono una facile che invita la gente
nelle proprie stanze mentre fa il bagno” pensai, appoggiando
il capo tra le
mani. Non riuscivo a immaginare con che coraggio sarei andata poi a
cena e mi
sarei seduta di fianco a Thorin.
Finii
di lavarmi, insaponandomi per bene e sciacquando i
capelli dalla schiuma colorata del sapone e poi uscii, lasciando
pozzanghere
d’acqua per tutta la stanza. Mi asciugai alla meno peggio e
spalancai il grande
armadio: c’erano più abiti lì che in
quello che avevo a casa.
Dopo
diversi tentativi optai per un abito semplice
azzurro si seta leggerissima. Aveva le spalle scoperte, mentre le
maniche si
congiungevano a metà avambraccio per arrivare fino a terra.
La gonna era liscia
e toccava il pavimento a malapena, mentre sul petto erano ricamate
delle
passamanerie in oro. Allacciai comunque alla vita la cintura con la
spada,
sicura che anche i miei amici si sarebbero presentati armati di tutto
punto.
Indossai
anche il ciondolo di mamma, che sembrava fatto
apposta per quell’abito.
Rifiutai di rimettermi i
pesanti stivali di cuoio che mi
aveva regalato Bofur e optai invece per un paio di sandali argento, a
mo’
d’infradito. Mi pettinai per bene i capelli, districando una
non piccola mole
di nodi e alla fine, pur con un po’ d’imbarazzo, mi
diressi sulla terrazza per
la cena.
* = Amico mio!
Dove sei stato?
** =
Stavamo inseguendo Orchi che venivano dal Sud. Ne abbiamo
abbattuti diversi presso l'Ultimo Ponte
*** = Mia
signora, è un piacere conoscerti. La tua bellezza risplende
intensamente
**** = Salve
Signore Elrond, è un piacere fare la tua
conoscienza.
***** = Siano
accesi i forni, preparato il miruvor. Dobbiamo rifocillare i nostri
ospiti! (Il Miruvor è un cibo prodotto dagli Elfi in
occasione delle feste che dona rigenerazione e vitalità al
corpo. Non si conosce la composizione ma si pensa che sia fatto con il
miele dei fiori eterni del giardino di Yavanna)
Spazio Autrice:
Buonsalve
a tutti! Come state?
L'aria
d'estate e il fatto che domani sia l'ultimo giorno di scuola mi stanno
illuminando l'anima, ma a parte questo direi di concentrarci sul
capitolo.
La
nostra cara Aranel è arrivata a Imladris, dove vi comunico
fin da ora che rimarrà per diversi capitoli. Si
intuisce già un po' quello che la nostra protagonista prova
per il bel Principe di Erebor, ma tempo al tempo. E quale modo migliore
per iniziare ad interagire con la persona che le piace se non con una
bella figura di mer.... ?
Ho
inserito questa scena comica apposta, per mostrare il lato "terrestre"
di Aranel, molto lontano dalla solennità e
dallì'austerità del carattere degli Elfii. In
questo modo è davvero facile rispecchiarsi in lei,
perchè ammettiamolo: chi di noi non ha mai fatto certe
figure?
Mi
scuso se il capitolo non è lunghissimo, ma vi prometto che
il prossimo lo sarà di più e soprattutto
accadranno cose molto importanti.
*Voce
fuori campo* Ma basta con questi spoiler Jenny! *Zittisco la voce e me
ne torno in un angolino*
Spero
inoltre che vi siano piaciute le frasi in elfico! Alcune sono tratte
dal film, mentre quelle inserite durante la conversazione tra Aranel e
Re Elrond sono di mia invenzione (Seguendo il Sindarin ovviamente).
Adesso
è il momento dei ringraziamenti: questa settimana una
menzione speciale va alla nuova recensista Roxy_Quill, la quale
ha anche aggiunto la storia tra le preferite insieme ad Ankoku10. Un'altra
menzione importante va a FantasyAnimeManga96
che ha aggiunto la storia alle seguite. Ovviamente
ringrazio tantissimo anche le mie fedeli recensiste, chi segue,
preferisce e legge la storia. GRAZIE, GRAZIE!
Per
questa settimana è tutto, vi aspetto mercoledì
per un nuovo capitolo. Buone Vacanze a chi le inizia!
Un
bacione,
Jenny
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 5: In Fuga dagli Orchi ***
CAPITOLO
5: IN FUGA DAGLI ORCHI
-Ladri! Fuoco! Assassinio! –
Un
omino alquanto strano sbucò fuori dalla vegetazione in
testa ad una slitta trainata da conigli. Vestiva con abiti logori,
inossava uno
strano cappello di feltro e sulla tempia destra era coperto da quello
che
sembrava sterco di uccello.
Per
la prima volta notai con piacere che la mia non era
la sola espressione allibita: tutti i nani infatti fissavano quello
strano
individuo da capo a piedi, valutandone il grado di
pericolosità.
-Radagast!
– gridò ad un certo punto Gandalf, abbassando
la spada e conficcandola nel terreno –E’ Radagast
il Bruno! – Tutti noi
abbassammo le armi e io riposi la mia spada nel fodero legato alla mia
cintura.
Lo
stregone si avvicinò al nuovo arrivato con sguardo
indagatore: -Che cosa ci fai qui? –
-Ti
stavo cercando Gandalf – disse Radagast preoccupato
–
C’è qualcosa di sbagliato! Qualcosa di
profondamente sbagliato! – Sembrava
davvero agitato, eppure l’espressione di Gandalf era delle
più scettiche.
-Ma
davvero? – disse infatti, quasi ironico.
Radagast
fece per parlare, più di una volta, ma nessun
suono uscì dalla sua bocca. Si grattò la testa,
sbuffando: -Oh, dammi solo un
momento… Avevo un pensiero e ora l’ho perso!
– si lamentò lo stregone – Lo
avevo qui, sulla punta della lingua! – disse indicando la
bocca, dal quale uscì
un insettino minuscolo, piuttosto innocuo a dire il vero, ma che
mescolato alla
scena mi diede comunque il voltastomaco.
-Insetto
stecco – disse Gandalf, prendendolo e posandolo
sul suolo, mantenendo sempre quell’espressione tra il serio e
il divertito.
Radagast
lo trascinò lontano da noi per discutere di
chissà quale faccenda importante.
-Secondo
voi di che parlano? – domandai io, sedendomi su
una roccia liscia nelle vicinanze.
-Di
sicuro non è qualcosa della massima importanza –
biascicò Dwalin, appoggiandosi alla sua ascia conficcata nel
terreno
-Altrimenti Gandalf non avrebbe quel sorrisetto stampato in faccia -
I
minuti passavano veloci eppure Gandalf non si muoveva.
Era tutto impegnato nella sua conversazione con Radagast e i miei
compagni
iniziavano ad essere infastiditi. All’improvviso
però un ululato selvaggio ci
scosse da capo a piedi.
-E’
stato un lupo? – domandò Bilbo impaurito
– Ci sono
lupi qui intorno? –
Mi
alzai immediatamente, pronta ad usare la mia spada se
necessario: non mi erano mai piaciuti gli animali feroci, nemmeno allo
zoo.
Sembravano sempre pronti ad uccidere con quelle loro zanne spaventose.
-Lupi?
Non credo ci siano lupi qui – sussurrò Bofur,
brandendo un grosso martello.
Sentii
un ringhio più forte alle mie spalle e l’ultima
cosa
che vidi fu il braccio di Thorin che mi spingeva a terra, prima di
essere
attaccato da una sottospecie di lupo gigante dal lungo pelo grigiastro.
Battei
la testa sul terreno e un fitto dolore si propagò per tutto
il corpo. Mi
massaggiai la zona colpita, prima di rimettermi in piedi barcollando.
Vidi che
un altro di quegli esseri giaceva morto ai piedi di Dwalin, il quale
doveva
avergli dato una bella lezione.
-Stai
bene? – mi domandò Thorin avvicinandosi.
Io
annuii, ignorando il mal di testa: -E’ solo una botta
–
Lui
sospirò, gettando un’occhiata di disprezzo al
grosso
lupo: -Un mannaro ricognitore. Un branco di orchi non è
molto distante –
concluse.
Gli
occhi di Bilbo si fecero più grandi di quelli di Ori:
-O… orchi hai detto? – La mia espressione era
identica alla sua. Era bello però
non sentirsi l’unica fuori luogo in quella situazione.
Gandalf
avanzò furente, la fronte solcata da profonde
rughe per la rabbia: -A chi hai parlato della missione oltre che alla
tua
famiglia? –
-A
nessuno – rispose neutro Thorin.
-A
chi lo hai detto?! – insistette Gandalf, con la voce
più stridula.
-A
nessuno, lo giuro – ribadì Thorin, impassibile
– In
nome di Durin, che sta succedendo?? –
-Vi
stanno dando la caccia –
“Ottimo”
pensai. Mi trovavo in una terra selvaggia, insieme
a dei nani, braccata da un pugno di orchi. Non poteva esserci
situazione
migliore. O più credibile, dipende dai punti di vista.
-Dovremmo
andarcene – proposi io, indicando il bosco con
il pollice.
-Non
possiamo – la voce di Ori sopraggiunse preoccupata
–
I pony non ci sono più! –
Ed
ecco un’altra ottima notizia! La giornata proseguiva
di bene in meglio. Bilbo sembrava della mia stessa opinione, visto che
continuava a sospirare nervosamente. A quanto pareva, nemmeno lo Hobbit
doveva
essere esperto di fughe, combattimenti e missioni suicide.
-Voi
andate – disse Radagast, salendo sulla sua slitta
–Li depisto io –
Gandalf
scosse la testa profondamente contrariato:
-Questi sono mannari di Gundabad, ti raggiungeranno! –
Radagast
lo fissò con aria di sfida, inforcando le
redini: - E questi sono conigli di Rhosgobel. Vorrei che ci provassero
– in un
secondo, lo stregone partì, lasciandosi dietro una scia di
polvere e foglie
secche.
Sentimmo
gli ululati farsi più lontani e lo scalpiccio di
zoccoli diminuire. Gandalf si mise in testa al gruppo, ordinandoci di
seguirlo.
-Qualunque
cosa succeda, resta dietro di me, siamo
intesi? – mi disse Thorin, afferrandomi la mano. Non mi diede
nemmeno il tempo
di rispondere che mi ritrovai a correre come una forsennata in mezzo ad
una
landa semi deserta, dove c’erano solo grossi massi di pietra
e qualche ciuffo
di erba rinsecchita.
I
posti per nascondersi scarseggiavano, così fummo
costretti a spostarci da un masso all’altro alla
velocità della luce, con il
rischio di essere scoperti. Ad un tratto vedemmo la slitta di Radagast
strisciare davanti a noi e fu in quel momento che mi accorsi delle
schifose
creature che cavalcavano quelle bestie immonde. Sembravano uscite da
quei
videogiochi super violenti per playstation che vedevo nei negozi di
Londra.
-Restate
uniti! – gridò Gandalf, facendoci fare
dietrofront per non essere scoperti.
Avevo
il cuore che batteva a mille, non solo per la
stanchezza, ma anche per l’emozione. Non avevo mai pensato di
poter correre un
pericolo del genere e non ero nemmeno sicura di comprendere appieno la
gravità
della situazione in cui mi trovavo.
In
fin dei conti, la probabilità di rimanerci secca era
parecchio elevata.
Dopo
esserci spostati per almeno una decina di volte,
Gandalf ci ordinò di accucciarci dietro ad un masso
più grande degli altri. Un
tonfo mi fece capire che uno degli orchi era balzato sopra di noi.
Mi
morsi il labbro per evitare di urlare e di essere
scoperti. Thorin fece un cenno a Kili, il quale in un secondo
balzò allo
scoperto e colpì il mannaro e l’orco con una
freccia. Quelli iniziarono a
dimenarsi come dei forsennati, ringhiando e attirando
l’attenzione dei loro
compagni su di noi, fino a quando Dwalin e Bifur non li finirono.
Ricominciammo
a correre per quelle lande desolate, fino a
quando capimmo di essere circondati. Orchi e mannari si avvicinavano
lentamente
a noi, ghignando. Io sguainai la spada, restando però sempre
dietro a Thorin.
-Dov’è
Gandalf? – domandò Ori preoccupato. Mi guardai
attorno e in effetti dello stregone non c’era più
traccia. Che se la fosse
svignata?
Stavo
già iniziando a pensare che lo stregone
ci avesse
abbandonato quando fece capolino da una roccia concava: -Da questa
parte
stupidi! – gridò.
In
un secondo mi buttai nell’incavo, seguita da tutti i
miei compagni, mentre Thorin, Fili e Kili restavano fuori a difenderci.
-Venite
giù! – gridai io. Temevo che gli orchi avrebbero
potuto far loro del male. Per fortuna dopo pochi secondi li vidi
scivolare
nella roccia tutti e tre, perfettamente integri, e tirai un sospiro di
sollievo.
In
lontananza si sentì uno squillo di tromba e un rumore
di zoccoli equini crescente. Si susseguirono clangori di spade e sibili
di
frecce, fino a quando il cadavere di un orco rotolò ai
nostri piedi, infilzato
come uno spiedino da una lunga freccia d’argento.
-Elfi
– abbaiò Thorin, estraendo la freccia.
La
voce di Dwalin però richiamò
l’attenzione di tutti: -
Non vedo dove finisce questo sentiero. Lo seguiamo o no? –
domandò indeciso,
accennando ad una stretta stradina in fondo alla grotta.
-Lo
seguiamo, certamente – disse Bofur, annuendo.
Ci
mettemmo tutti in fila e iniziammo a seguire Dwalin
lungo la strada. Era così stretta che non ci si poteva
passare in due e difatti
Bombur si bloccò più di un volta, necessitando
dell’aiuto di Bifur per
disincastrarsi. Ci trovavamo diversi metri sotto terra eppure si vedeva
chiaramente la luce del sole che splendeva sopra le nostre teste.
Quando finalmente, dopo
un’interminabile camminata,
uscimmo da quella minuscola stradina mi ritrovai davanti ad un
paesaggio
mozzafiato che ancora oggi mi fa battere il cuore al solo ricordo.
Spazio Autrice:
Salve a tutti, anime belle!
Rieccoci qui con un
nuovo capitolo: come avrete notato questa scena è
presa pari passo da quella del film, alla quale ho semplicemente
aggiunto il personaggio di Aranel (Odiatemi o amatemi, ma io
credo che una scena così bella non possa essere troppo
modificata). La nostra protagonista inizia sempre di più
a comprendere i reali rischi del nuovo mondo che la circonda:
povera fanciulla, già si preoccupa per un paio di mannari e
di orchi che la rincorrono, cosa farà quando
incontrerà il Drago?!
Chi
lo sa, lo scopriremo più avanti. Per questa settimana credo
di non avere più nulla da dirvi, tranne che fa un caldo boia
e che ciò non aiuta la mia mente a partorire nuovi capitoli.
Ringrazio
tutti quelli che continuano a leggere, recensiscono, mettono tra i
preferiti e seguono. Vi aspetto mercoledì prossimo!
Un
bacione,
Jenny
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 7: Ombre dal Passato ***
CAPITOLO 7: OMBRE DAL PASSATO
Il
termine più adatto per descrivere quella cena
probabilmente è uno solo: SCEMPIO.
La
serata era già partita male quando Thorin mi aveva
visto completamente nuda nella vasca da bagno ed era proseguita di male
in
peggio.
Arrivai
sulla terrazza dove si sarebbe tenuta la cena in
perfetto orario, guadagnandomi i complimenti dei miei compagni per il
mio
vestito. Le loro parole mi fecero davvero tanto piacere, anche
perché nessuno,
a parte i miei genitori forse, mi aveva mai fatto dei complimenti. La
mia
espressione passò da serena a paonazza non appena vidi
Thorin arrivare insieme
a Gandalf e Re Elrond.
Non
appena incontrai il suo sguardo, lo rivolsi
immediatamente altrove e notai che anche lui fece altrettanto. Doveva
sentirsi
imbarazzato almeno quanto me.
Re
Elrond mi invitò a sedermi al tavolo d’onore
insieme
Thorin e Gandalf, mentre gli altri occupavano due lunghi tavoli alle
nostre
spalle. Avevo una fame da lupi, dal momento che non avevo
più toccato cibo da
quando Bofur aveva cucinato quella fantastica minestra, la prima sera
in cui
ero arrivata, ma quando vidi arrivare i servitori con le portate il mio
stomaco
si chiuse su se stesso come un riccio.
Verde.
Verde e ancora verde.
Evidentemente
gli Elfi dovevano essere vegetariani:
arrivarono diverse portate, tutte a base di lattuga, radicchio, spinaci
e
cetriolini. Sentii i miei amici da dietro lamentarsi per la mancanza di
carne e
il grugno arcigno di Dwalin e l’espressione sconsolata di Ori
furono la
conferma che nemmeno loro gradissero il pasto.
Nel
frattempo Gandalf e Re Elrond chiacchieravano
animatamente, sorseggiando vino rosso e non accorgendosi del
malcontento
generale, mentre io e Thorin ci guardavamo con aria disgustata,
riferendoci al
cibo.
“Per
lo meno abbiamo superato l’imbarazzo” pensai.
Non
appena arrivò una cesta di pane iniziai a ingozzarmi
come un animale, cercando di mantenere però un minimo di
decoro.
-Siete
molto affamata a quanto vedo – disse il Re,
probabilmente ironizzando sul mio comportamento poco consono.
Misi
giù la mezza pagnotta che tenevo in mano, pulendomi
le labbra con un tovagliolo: -Molto – risposi semplicemente,
onde evitare di
dire qualche idiozia.
-Portate
con voi delle spade di fattura elfica se non
erro – proseguì re Elrond, spostando lo sguardo da
me a Thorin, lasciando
intendere di voler dare un’occhiata.
Il
principe slegò la sua spada dal fianco e la porse con
riluttanza a Elrond, il quale iniziò a osservarla con
attenzione: - Questa è Orcrist, la
Fendi Orchi. Una lama
famosa, forgiata dagli Alti Elfi dell’Ovest –
gliela riconsegnò con un lieve
sorriso – La mia famiglia. Possa servirti bene –
gli augurò. Thorin fece un
cenno di ringraziamento, questa volta privo di irriverenza.
-E
questa è Glamdring
– proseguì Re Elrond, sfoderando la spada di
Gandalf –La spada del Re di
Gondolin –
A
quel punto slacciai anche io la mia spada dalla cintura
e gliela consegnai, curiosa di sapere quale fosse il nome della mia
spada:
-Questa invece, Lady Aranel, è Endacil,
la vittoriosa, spada di Ingwë, capostipite della stirpe degli
Amanyar, la
famiglia di tua madre –
Mi
sentivo estremamente onorata di portare una spada così
importante, appartenuta un tempo alla famiglia della mia mamma, ma non
appena
Re Elrond me la riconsegnò, mi sembrò di cadere
nel vuoto e un bagliore dorato baluginò
dal ciondolo che portavo al collo, quasi bruciandomi per il calore.
L’ultima
cosa che ricordo furono le forti braccia di Thorin che accorsero per
evitare
che battessi la testa.
Poi
il buio.
Vidi
davanti a me un susseguirsi di immagini rapide e
confuse, prive di qualsivoglia significato. Mi sembrava di trovarmi in
mezzo ad
una volta stellata, e davanti a me c’erano due alberi
immensi, uno d’oro e uno
d’argento, che splendevano come soli. Irradiavano una strana
energia, un
qualcosa che sentivo scorrere in ogni parte del mio corpo, dalla punta
dell’alluce all’ultimo capello.
L’immagine baluginò immediatamente, mostrandomi
una splendida nave che solcava il mare all’ombra del
tramonto, poi un guerriero
in armatura splendente che brandiva la mia spada e infine una donna dal
volto
coperto che tendeva il suo braccio verso di me, chiamandomi per nome.
La sua
voce appariva lontana, eppure non avevo bisogno di vedere il suo volto
per
sapere di chi si trattasse.
Era
lei, era la mia mamma.
Quando
aprii gli occhi iniziai a respirare in maniera
irregolare, come se fossi appena riemersa da una vasca piena
d’acqua. Sbattei
le palpebre rapidamente per mettere a fuoco la scena e notai che tutti
i miei
amici erano lì attorno a me, con sguardi preoccupati.
-Aranel,
Aranel guardami, va tutto bene. Va tutto bene –
mi disse Thorin, stringendomi una mano. Teneva il suo braccio sotto la
mia nuca
e i suoi occhi di ghiaccio erano puntati nei miei, ancora pieni di
spavento.
Strinsi di rimando la sua mano, tremando come una foglia.
-Io…
Io ero… Gli Alberi…. La nave –
farfugliai, conscia
del fatto che le mie parole non avessero senso, ma il dolore alla testa
era
così forte da impedirmi di creare un discorso serio.
-Ci
dirai tutto più tardi – mi disse Thorin,
passandomi
una mano sulla fronte. Lo sentii dire qualcosa a Re Elrond, ma i miei
sensi
erano troppo storditi per captare il suono della loro voce.
Così mi lasciai
andare alla stanchezza e mi addormentai con la testa sul petto di
Thorin.
Ma
ancora una volta, quella lunga serie di immagini senza
senso tornò a riempire la mia mente, lasciandomi nel cuore
una profonda
nostalgia della mia mamma.
Mi
svegliai molto più tardi: ero nel letto della mia
stanza e il cielo scuro tempestato di stelle e rischiarato da una
pallida luna
mi fece intendere che la notte era sorta da un pezzo. Una quiete
surreale
regnava su Imladris, una calma così silenziosa che sulla
Terra non si sarebbe
potuta mai trovare.
Mi
stiracchiai tra le soffici lenzuola e sentendo che il
sonno mi aveva abbandonato mi alzai e mi diressi verso la terrazza
più vicina
per prendere un po’ d’aria fresca. Nei corridoi non
c’era un’anima e l’unico
rumore che si sentiva era lo scrosciare delle cascate della montagna.
Raggiunsi
una piccola terrazza poco lontana dalla mia
camera, fatta completamente di marmo bianco, sulla quale erano disposte
in
maniera casuale alcune eleganti sedie di legno chiaro. Mi appoggiai
alla
ringhiera, osservando il meraviglioso paesaggio della valle. La pace di
Imladris mi trasmise subito una sensazione di ordine e
tranquillità che per un
breve momento mi fece dimenticare le strane immagini che avevo visto
quella
sera.
-E’
una notte meravigliosa, non trovi? – una voce
cristallina, chiara e dolcissima mi distrasse dai miei pensieri,
facendomi
voltare di scatto.
Una
donna alta e snella dall’incarnato diafano, gli occhi
blu come l’oceano e lunghissimi capelli color della luna mi
guardava con
un’espressione bonaria, le mani in grembo in una postura
rigida. Era
probabilmente la creatura più bella che avessi mai visto,
superava addirittura
la mia mamma.
-Vi
ho disturbata per caso? – domandai io, timorosa di
rovinare quell’aura di perfezione che aveva intorno
–Non mi sembrava che ci
fosse qualcuno. Chi siete? –
Lei
mi raggiunse, mantenendo sempre quella posizione
rigida e il dolce sorriso sul volto: -Io sono Lady Galadriel, la Dama
di
Lòrien, sposa di Celeborn. E vedo che tu Aranel, figlia di
Lilith, porti
tristezza e paura negli occhi. Cosa ti turba? –
Non
mi stupii che conoscesse il mio nome e qualcosa in
lei mi spinse a farle le tanto agognate domande che mi portavo dentro
da quando
ero piccola. Aveva una strana scintilla negli occhi, un barlume di
profonda
saggezza e conoscenza che la rendeva quasi simile ad una dea.
-Conoscete
la storia di mia madre? – le chiesi,
guardandola fiduciosa negli occhi color zaffiro –Se si vi
prego parlatemene –
-Conosco
una parte della storia di Lilith – disse,
guardando un punto imprecisato davanti a se – Il resto
sarà compito tuo
scoprirlo –
-Lilith
era una degli Alti Elfi Amaynar, la stirpe di
Ingwë. Fu una dei pochi a cui fu concesso l’onore di
salpare verso Valinor, le
Terre Immortali e di vedere la luce e la grandezza dei Due Alberi. La
sua
famiglia si stabilì in quelle terre definitivamente, ma
l’amore di Lilith per
la Terra di Mezzo superava qualunque meraviglia concessa dal potere di
Valinor.
Fu così che, insieme ad un esiguo gruppo di Elfi, decise di
tornare indietro. I
Valar furono talmente colpiti dal suo coraggio e dalla sua scelta che
le fecero
dono di due pendenti, i quali racchiudevano una piccola parte della
luce e
dell’immenso potere dei due Alberi, così da
ricordare che avrebbe sempre avuto
con se una luce, anche nei momenti più bui –
accennò alla collana che indossò
–E noto con piacere che uno è stato donato a te
–
Spostai
lo sguardo sul ciondolo e istintivamente lo
strinsi: -E’ il ricordo più caro che ho di lei-
dissi con un velo di malinconia
– Cosa accadde dopo? –
Lady
Galadriel tornò a fissare l’orizzonte: -So che
dopo
la Guerra dell’Anello si unì in matrimonio a
Thranduil, re degli Elfi Silvani di
Boscoverde il Grande. Non so di più, mi spiace –
Io
annuii, ringraziandola mentalmente per quelle preziose
informazioni. Non avrei mai immaginato che prima di mio padre la mamma
avesse
potuto sposare un re. La sua storia si stava rivelando assurda e io non
avevo
la minima idea di come scoprire il resto.
-Non
preoccuparti giovane Aranel – disse Lady Galadriel,
quasi leggendo i miei pensieri – Troverai Thranduil sul tuo
cammino e a quel
punto potrai sapere il resto della storia –
La
sua voce soave e rassicurante non fecero altro che
alimentare il mio cuore di speranza e di gioia: -Vi ringrazio di cuore
Lady
Galadriel – dissi, facendo un inchino per congedarmi.
Stavo
per tornare nella mia stanza, quando la Dama di
Lòrien mi richiamò: -Un’ultima cosa,
mia cara – mi voltai curiosa, vedendo la
sua espressione mutare in un sorriso quasi materno – Non
crucciarti per ciò che
sei: se quello che provi per il giovane principe è vero
amore, nulla potrà
impedire che si avveri –
La
guardai con gli occhi spalancati e sentii un rossore
pervadere le mie guance: questa cosa del leggermi nella mente mi stava
inquietando non poco. Eppure sentivo che voleva solo aiutarmi.
-Io
non sono sicura di quello che provo – biascicai,
guardando per terra, mentendo più a me stessa che a lei
–E so che nel profondo
Thorin odia gli Elfi. Non credo che potrebbe mai nascere qualcosa-
Lei
mi accarezzò una guancia e mi sentii come se dei
petali di rose avessero solcato il mio viso: -Nel suo animo lui prova
un grande
risentimento nei confronti degli Elfi, questo è vero. Ma nei
tuoi confronti
Thorin Scudodiquercia sente qualcosa di più di semplice
senso di protezione e
affetto. E sono certa che al momento giusto tutto questo
sboccerà –
-Presumo
di dovermi fidare di voi per scoprirlo… -
sussurrai, guardandola.
Lady
Galadriel annuì e con un dolce sorriso esattamente
come era arrivata, svanì.
Mi lasciò
lì, sulla terrazza, sola a ripensare alle sue
parole e a quei meravigliosi occhi di ghiaccio che oramai ero certa si
fossero
impossessati del mio cuore.
Spazio Autrice:
Buongiorno
a tutti!
Cosa ne pensate? Finalmente abbiamo aggiunto al puzzle un tassello
sulla storia di Lilith così la nostra Aranel può
cominciare a scervellarsi per trovare le risposte. Cosa avrà
scatenato in lei quelle visioni? E per quale motivo ha visto certe
immagini? Lo scopriremo nel prossimo capitolo, tranquilli.
La
storia della spada di Aranel e di Lilith è completamente di
mia invenzione, perciò graziatemi se più avanti
dirò qualche fesseria, ma mi serve per la trama della storia!
Oggi
sono un po' di fretta, quindi passerei subito ai ringraziamenti di
questa settimana: ringrazio sempre tutti coloro che in
qualche modo mi supportano (leggendo, recensendo etc,) e faccio una
menzione particolare a mangamylove,
michela30 e Sabry_Ace_Will_Never_Die
per aver aggiunto la storia alle seguite. Grazie di cuore!
Io
vi mando un bacione e vi aspetto al prossimo capitolo!
Vi
avviso che settimana prossima sarò al mare e non
potrò aggiornare, perciò vi aspetto al mio
rientro domenica 25.
Un
bacione,
Jenny
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 8: La Profezia ***
CAPITOLO
8: LA PROFEZIA
La
mattina dopo, quando mi svegliai, il sole era già
alto. La comodità del letto e il piacevole tepore delle
coperte mi impedivano
di alzarmi, ma dopo un po’, con una buona dose di
volontà, mi decisi a uscire
da lì e ad andare a fare colazione.
Indossai nuovamente l’abito azzurro
della sera precedente
e dopo essermi sciacquata e pettinata uscii dalla stanza: il sole
splendeva
radioso su Imladris e una fresca brezza mattutina levava ogni traccia
di sonno dal
viso.
Mentre
camminavo per i corridoi marmorei del palazzo,
vidi avvicinarsi quell’elfo bruno che il giorno prima aveva
salutato Gandalf:
-Lady Aranel, Re Elrond vi attende nella sala delle riunioni per
parlare con
voi – mi disse pacatamente, facendomi segno di seguirlo.
Io
annuii, conscia del fatto che il mio stomaco
brontolante avrebbe dovuto attendere. Probabilmente volevano sapere che
diavolo
era successo la sera prima, e in tal caso da me non avrebbero ottenuto
nessuna
risposta, dal momento che non ne avevo la più pallida idea.
Seguii
l’elfo – che scoprii portava il nome di Lindir
–
fino ad un grande portone di legno chiaro, intarsiato con motivi
floreali. Qui
mi lasciò e in pochi secondi la porta maestosa si
aprì, rivelando un ampia
terrazza bianca al centro della quale troneggiava un piccolo gazebo di
legno
bianco, coperto con tende pallide di seta color avorio. Lì
erano radunati Re
Elrond, Thorin e Gandalf e non appena mi sentirono arrivare mi
rivolsero un
cenno di saluto.
-Buongiorno
Lady Aranel – cominciò il Re –mi auguro
che
la notte vi abbia recato riposo –
Io
annuii, sorridendo: -Molto, vi ringrazio –
-Credo
che sappiate perché vi abbiamo convocata – riprese
Re Elrond, camminando lentamente come un avvoltoio –Quello
che è successo ieri
ci ha spaventati non poco –
Io
lo guardai negli occhi e lessi una profonda
preoccupazione. Lanciai un’occhiata anche a Gandalf e Thorin,
i quali
sembravano dello stesso avviso. Non capivo però come mai
avessero così tanta
paura, infondo ero solo svenuta.
E
avevo visto cose senza senso.
-Vogliamo
solo sapere se ti ricordi qualcosa di ciò che
hai visto ieri – disse Thorin, cercando di sdrammatizzare la
situazione – E’ un
fardello avere delle visioni, specie se incontrollate –
Re
Elrond mi fece segno di accomodarmi su una delle
panchine nel gazebo, offrendomi una tazza di the nero fumante. Mi
sedetti di
fronte ai miei tre interlocutori, tenendo la tazzina di porcellana in
grembo.
-Allora,
cosa hai visto di preciso? Dopo che ti sei
ripresa, ieri sera, hai iniziato a farneticare parole a casaccio
– mi domandò
il Re, sorseggiando la bevanda calda dalla sua tazza.
-Io…
Beh, insomma… - non riuscivo a trovare le parole per
descrivere ciò che avevo visto –Io ho…
ho visto una volta stellata con due
alberi immensi che brillavano come soli. Mi sentivo come travolta
dall’energia
che emanavano – dissi, cercando di essere più
chiara possibile.
-Gli
Alberi di Valinor – sussurrò Gandalf –
Tu hai visto
la gloria di Telperion e Laurelin. E’ un privilegio che pochi
hanno avuto nella
Terra di Mezzo, tra cui tua madre – Mi tornarono alla mente
le parole di Lady
Galadriel, quando mi aveva narrato la storia della mia mamma.
-Cosa
hai visto d’altro? – Domandò Re Elrond,
che non mostrava
alcun segno di stupore o meraviglia.
-Ho
visto una nave salpare al tramonto, un uomo che
brandiva la mia spada e… - la malinconia montò
nel mio cuore come se si fosse
acceso un interruttore – la mia mamma –
Sentii
Thorin, Gandalf e Re Elrond parlottare sottovoce,
ma mi trovavo troppo lontano per sentire che cosa stessero dicendo.
-L’ipotesi
più plausibile – riprese Re Elrond –
E’ che tu
abbia avuto una visione del passato. Hai visto il momento in cui Lilith
e la
sua stirpe salparono per le Terre Immortali e videro la luce degli
alberi di
Valinor –
Quindi
avevo visto in diretta la vita della mia mamma. Mi
sembrava una cosa assurda, ma evitai di dirlo, ricordandomi che in quel
mondo
le cose funzionavano in maniera piuttosto diversa.
Inoltre
il fatto che non sembrassero sorpresi che non
ponessi domande in merito a ciò che avevano appena detto mi
lasciò dedurre che
dovevano aver mandato loro Lady Galadriel a parlare con me, la sera
prima.
-Non
è la prima volta che vedi un evento passato –
aggiunse Thorin –Ricordi l’incubo di qualche notte
fa? E’ anch’esso una visione
del passato –
-Come
ti ho già detto, non ricordo di aver visto nessuna
città in fiamme – ribadii a Thorin, scuotendo la
testa.
-E
invece si, mia cara – si intromise Gandalf –
L’ultima
volta che Lilith fu vista, fu durante l’assalto alla
città di Dale da parte del
drago Smaug. La città bruciava sotto il ruggito della bestia
e del suo fiato
infuocato. Tua madre era lì con te, che eri solo una neonata
in fasce. Eppure
la tua mente ha serbato un ricordo di quel terribile giorno –
concluse lo
stregone.
Mi
sembrava ancora più assurdo di quanto detto prima.
-Ipotizzando
che quello che voi dite sia vero – iniziai
io – Sarei in grado di avere delle visioni di eventi passati
della mia vita –
Quelli
annuirono, seguendomi nel mio ragionamento.
-Allora
come ho fatto a vedere quello sprazzo della vita
di mia madre? – domandai.
-Qualcosa
deve aver catalizzato il ricordo dalla mente di
Lilith alla tua – rispose Gandalf prontamente –E
credo di sapere che cosa – Lo
stregone indicò con il suo bastone di legno il mio petto,
esattamente dove
pendeva il ciondolo della mamma.
-Se
la gemma che porti è ciò che penso, sono
più che
certo che si tratti del tramite tra i tuoi ricordi e quelli di Lilith
–
Solo
allora, osservando il ciondolo a forma di sole, gli
occhi di Re Elrond si spalancarono: -Non è
possibile… - sussurrò con voce
tremante – La leggenda dice che andarono perduti migliaia di
anni orsono –
Come
di consueto non stavo capendo più di tanto. Il fatto
che parlassero sempre come se io fossi informata su tutto mi dava i
nervi. E
quello mi lasciava sempre più basita era la
quantità esorbitante di misteri e
stranezze che circondavano la vita di mia madre.
-Potreste
essere così gentili da spiegare qualcosa anche
a me, per cortesia? – domandai io, con il tono più
educato di cui ero capace.
-Il
ciondolo che porti, nella lingua degli Elfi viene
chiamato Elanor, la stella del sole
–
disse Re Elrond -E’ uno dei due Galathìl,
i monili che racchiudono la luce di Valinor. Furono donati dai Valar a
tua
madre, quando decise di tornare nella Terra di Mezzo – Mi
ricordai subito della
storia di Galadriel.
-Quello
che possiedi tu racchiude l’energia di Laurelin,
l’albero d’oro – continuò
Gandalf, malinconicamente – Ma esiste anche un suo
gemello, il cui nome è Ithilbor,
il
fedele alla luna, che detiene il potere di Telperion,
l’albero d’argento –
Gandalf
e Re Elrond si lanciarono un’occhiata complice,
poi il mago riprese la parola: -Tutti pensavano che i due Galathìl fossero andati
perduti migliaia di anni fa, ancor prima
della Guerra dell’Anello –
Ma
vi pare che io sapessi cosa fosse la Guerra
dell’Anello? Ovviamente
no, ma per loro
non sembrava essere un problema, così continuai ad
ascoltarli, pur avendo mille
domande.
-Eppure
a quanto pare la gemma del Sole è sempre rimasta
con Lilith, che la ha donata a te – disse Re Elrond,
alzandosi e ricominciando
a camminare in maniera nervosa – Credi che tua madre potesse
avere ancora anche
la gemma della Luna? –
A
questo punto oramai non sapevo più a cosa credere: fino
a pochi giorni prima pensavo che mia madre fosse una semplice donna,
una
persona comune, mentre ora venivo a sapere che era legata a Elfi, Nani,
Stregoni e ad Alberi che reggevano l’equilibrio
dell’universo.
-Non
ho mai visto mia madre portare un ciondolo del
genere – dissi io sinceramente – L’unico
che indossava sempre e che ha donato a
me dopo che è morta è questo –
Re
Elrond annuii, evidentemente deluso: -Quel gioiello è
stato donato dai Valar a tua madre ed ora è giusto che lo
tenga tu, ma devo
avvisarti: in esso è racchiuso un potere immenso, qualcosa
che forse nel tuo
mondo non ha mai trovato il modo di esprimersi, ma che qui
farà sicuramente.
Fanne buon uso ed evita che cada nelle mani sbagliate – Quel
tono solenne e
severo mi fece accapponare la pelle, tanto che abbassai lo sguardo.
All’improvviso
però il portone di legno della terrazza si
spalancò e un Oin tutto trafelato fece il suo ingresso.
-Thorin!
Thorin! E’ successo di nuovo – gridò,
riprendendo fiato per la probabile lunga corsa che doveva aver fatto
–Ne ho
vista un’altra! Questa notte, nei sogni! –
Thorin
gli si avvicinò, consigliandogli di calmarsi e di
riprendere fiato, se non voleva rischiare di rimanerci secco: -Che cosa
è
successo? Cosa hai visto? –
Nel
frattempo io, Gandalf e Re Elrond ci guardavamo con
un’espressione interrogativa.
-Una
profezia! Una profezia su di noi! – disse Oin,
strabuzzando gli occhi. Estrasse una piccola pergamena dalla tasca e la
mostrò
a Thorin, che la lesse ad alta voce.
“Il sangue dei Durin bagnerà la diafana
terra
Quando
l’acqua e il fuoco saranno uniti in un abbraccio.
Il
Tre e il Due si affronteranno lasciando dietro di se una nera scia
Dopo
che la Terra sputerà la stirpe dell’Inferno del
Nord.
Solo
la luce potrà risanar l’antica ferita,
Riportando
l’onore sui suoi passi.
E
quando la luna piena brillerà alta nel cielo
Ciò che era sempre
stato, svanirà in eterno”
Spazio Autrice:
Buonasera anime mie!
Sono tornata oggi da
una piccola vacanza e come promesso eccomi qua con un nuovo capitolo:
in questa occasione vengono dette mooooolte cose e alcune spiegate (in
parte ihihi). Ma non temete, c’è ancora tanto da
scoprire!
Vorrei precisare che
tutta la storia legata alle gemme racchiudenti la luce di Valinor
è una mia invenzione, anche se Tolkien aveva scritto
qualcosa di simile ne “Il Silmarillion” che
tuttavia ho preferito non riprendere. I nomi utilizzati per i due
monili sono presi dall’Elfico e il loro significato
è esattamente quello spiegato nella storia.
Oggi però,
piuttosto che sul capitolo in sé, ci terrei a soffermarmi su
qualcos’altro: da qualche settimana ho notato che
c’è stata una drastica diminuzione di letture e di
recensioni, perciò ho iniziato a farmi qualche domanda.
Ho sbagliato qualcosa?
Mi piacerebbe che me
lo diceste se la storia ha qualcosa che non vi piace o qualche aspetto
che vorreste fosse approfondito perché la storia
è mia quanto vostra, dal momento che siete i miei lettori e
vorrei migliorare sempre di più.
Giuro che non mi
offendo se mi fate notare qualcosa di negativo, anzi, lo prendo come
spunto per imparare, anche per la stesura di storie future.
Questa volta sono
davvero ansiosa di sentire i vostri pareri perciò vi invito
caldamente a commentare, a lasciare un messaggio privato o se siete
più comodi anche corvi e segnali di fumo!
Oggi ci terrei a fare
un ringraziamento molto speciale a
ThorinOakenshield (o meglio Lucri) per la sua costante
presenza e per le bellissime parole che mi riserva ogni settimana.
Davvero, grazie di cuore!
Per questa settimana
credo di aver detto tutto (e forse di essermi dilungata un
po’ troppo), perciò senza ulteriori indugi vi do
appuntamento a settimana prossima!
Vi aspetto, un bacione!
Jenny
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 9: Confessioni ***
CAPITOLO 9: CONFESSIONI
Con
poche brevi parole Re Elrond mi congedò, mentre si
accingeva a discutere sulla profezia insieme agli altri. Il fatto che
non mi
volesse tra i piedi mi fece intendere che riguardava qualcosa di molto
importante che io non avrei mai potuto capire.
Passai
il resto della mattinata a zonzo per Imladris,
insieme a Bilbo, osservando sale luminose e splendidi arazzi istoriati.
Lo
Hobbit infatti mi aveva raggiunto dopo che i nani avevano deciso di
andare a
farsi un bel bagno nella fontana di Re Elrond, cosa che gli era parsa
assolutamente inappropriata.
Pranzammo
insieme e dopo aver chiacchierato del più e del
meno ci ritirammo nelle nostre stanze per quella che Bilbo
definì “Una bella
dormitina post pranzo”. Mi buttai a peso morto sul letto,
desiderosa di farmi
un bel riposino, dal momento che quella notte avevo dormito male e
veramente
poco.
Ero
sul punto di dormire quando il mio sguardo cadde ai
piedi del letto, dove avevo lasciato la spada donatami da Gandalf. La
lama
brillava, colpita dai raggi del sole che penetravano dalla finestra,
producendo
un bagliore argentato.
Fu
in quel momento che realizzai che non sapevo usarla.
Certo, come avevo detto allo stregone sapevo tirare di scherma, ma ero
più che
certa che una lama elfica non sarebbe stata facile da utilizzare.
Abbandonai
immediatamente l’idea di fare un sonnellino e,
allacciata la spada alla cintura dell’abito, mi diressi
fuori, in cerca di un
posto in cui esercitarmi ad usarla. Mi venne in mente che vicino alla
piazzetta
bianca dove ci avevano condotto gli Elfi quando eravamo arrivati, si
trovava
una stradicciola che portava a valle. Poteva essere un posto perfetto
per
imparare ad usare la mia spada.
Non
ci pesai due volte e in pochi minuti raggiunsi la mia
destinazione e svoltai per la stradina di marmo e ciottoli bianchi che
conduceva
direttamente ai piedi del fiume. La strada era un po’ ripida
e dopo alcuni
minuti di camminata mi ritrovai a valle, mentre Imladris si ergeva in
tutta la
sua bellezza davanti ai miei occhi in uno spettacolo meraviglioso.
Attorno
a me l’unico rumore udibile era il forte scroscio
dell’acqua fluviale che cadeva dalle cascate e
nient’altro. Ero solo io e la
natura. In quel momento ripensai a quanto quel posto,
quell’atmosfera fossero
così diverse dalla frenesia e dai forti rumori di Londra.
Sguainai
la mia spada, la lama splendente per il riflesso
della luce pomeridiana: era passato davvero tanto tempo
dall’ultima volta che
avevo tirato di scherma con papà e questo mi aprì
una grande ferita nel cuore.
Mi mancava tanto e mi dispiaceva essere sparita in quel modo. Speravo
solo che
prima o poi sarebbe riuscito a trovarmi.
Mi
scossi dai quei malinconici pensieri e mi concentrai
sull’arma: la feci roteare nella mia mano più
volte e tentai qualche affondo.
Mi sentii subito un’idiota: era completamente diverso da un
fioretto.
Impugnai
l’elsa e iniziai a lanciare fendenti nell’aria,
muovendo le gambe repentinamente, come vedevo fare nei film di guerra.
Non
avevo la minima idea di come si facesse a combattere, ma ero
più che sicura che
quello non fosse il modo giusto.
-Sbagliate
a impugnarla – una voce profonda mi colse di
sorpresa alle mie spalle. Thorin era appoggiato con la schiena ad uno
degli
alberi vicino al fiume e mi guardava con l’aria di chi
è abituato a vedere
gente incapace con le armi.
-Oh…
- sillabai io, dando un’occhiata alla lama che
tenevo in mano -Cosa ci fate qui? – domandai, cercando di
sembrare
disinteressata. In realtà sentivo il cuore battere a mille
dentro al petto e
pregai che le mie guance non stessero diventando rosse.
-Stavo
tornando alla mia stanza, dopo la riunione con Re
Elrond, quando vi ho vista prendere la strada per il fiume –
disse pacatamente.
-Mi
state seguendo per caso? – domandai piccata.
Thorin
sogghignò, pur mantenendo quell’espressione seria
e composta che lo contraddistingueva: -Non seguendo – disse,
avvicinandosi
-Direi piuttosto controllando. Non vorrei che vi capiti qualcosa mentre
siete
sola, come ieri sera –
In
quel momento sentii una stretta al cuore. Non di paura
o dolore, ma di pura felicità. Il fatto che qualcuno si
preoccupasse per me mi
fece capire che finalmente avevo trovato un posto in cui stare bene per
davvero.
-Comunque,
se me lo permettete, mi piacerebbe insegnarvi
un paio di cose –
Io
annuii, riprendendo la spada che nel frattempo avevo
conficcato a terra: -D’accordo, ma credo che dovreste
smetterla di darmi del voi. Mi fa
sentire strana… -
Thorin
accennò un sorriso: - Lo stesso vale per v… Te,
Aranel –
Risposi
con un sorriso silenzioso e mi preparai a
duellare: impugnai l’elsa con due mani, divaricando le gambe
per tenere una
posizione più stabile.
-Non
devi tenerla con due mani – disse il nano –
E’ una
lama leggera. Con una mano sola saresti più veloce e
più precisa – mi spiegò,
passandosi Orcrist da una mano all’altra.
-Ma
è pesante da tenere in una mano sola! – protestai
io,
constatando l’effettivo peso della lama nel palmo della mia
mano.
-Questo
perché non sei abituata. Con il tempo diventerai
molto abile, te lo assicuro – affermò Thorin
-Dunque, cominciamo dalle basi… -
Non
so per quanto tempo mi esercitai con Thorin, né
rimembro il numero di volte in cui mi ritrovai a terra, colpita da un
affondo o
da una stoccata. L’unica cosa di cui sono certa è
che la luna splendeva nel
cielo quando decidemmo di fare una pausa. Ero sudata dalla testa ai
piedi e il
bellissimo abito azzurro che indossavo si era ridotto a un mucchio di
stoffa
sgualcita e sporca di terra.
-Non
credo di aver mai fatto nulla del genere – dissi io
alla fine, ancora con il fiatone per lo scontro -Ma devo ammettere che
mi sono
divertita –
Thorin
mi guardò compiaciuto, anche lui stanco ma
soddisfatto: -Ne sono felice. Era da molto tempo che non insegnavo a
combattere
a qualcuno – Lanciò uno sguardo verso Imladris,
dove dalle grandi lampade
accese, deducemmo che gli altri stavano cenando -Gli ultimi sono stati
i miei
nipoti, Fili e Kili –
-Sono
fortunati ad avere uno zio come te – mi resi subito
conto di aver detto una grandissima stupidaggine, così
tentai in ogni modo di
riparare – Volevo dire che sono fortunati ad aver imparato a
combattere da te.
Sei un grande maestro –
Thorin
accennò un sorriso, scuotendo la testa: -Eppure
mia sorella fu contraria sin dall’inizio: aveva il terrore
che se li avessi
addestrati sarebbero potuti perire in battaglia o peggio –
lanciò un’altra
occhiata alla città degli Elfi -in una spedizione come
questa. E io mi sento in
colpa ogni giorno per averli trascinati qui –
Senza
pensarci, gli misi una mano sulla spalla: -Non devi
fartene una colpa. Io credo che Fili e Kili siano abbastanza adulti e
maturi
per decidere del loro futuro – Lo guardai negli occhi,
cercando di non perdermi
in quell’oceano blu – Se hanno il tuo stesso amore
per Erebor, per quella terra
che tanto bramate di riconquistare, io penso che nulla li avrebbe
convinti a
restare a casa –
-Forse
hai ragione – sospirò Thorin, passandosi una mano
sugli occhi -Ti ringrazio Aranel, per poche ore sei riuscito a farmi
dimenticare tutto ciò che sta succedendo –
Il
nano si guardò attorno e con aria stanca si alzò
da
terra: -Sarà meglio andare a riposare… domattina
dovremo partire presto –
-Ma
certo – sussurrai io, alzandomi e riponendo Endacil
nel fodero – Posso farvi una domanda? – chiesi
timidamente. Avevo quel pensiero
in testa dall’inizio della nostra conversazione.
-Dimmi
–
-Avresti
mai preferito avere una normale famiglia
piuttosto che guidare l’intero popolo dei Nani? -
Thorin
abbassò lo sguardo e giurai di aver visto un’ombra
di tristezza solcare il suo viso: -Probabilmente avrei avuto una
famiglia e dei
figli a quest’ora… se solo Smaug non fosse mai
arrivato –
Mi
sentii una cretina, un’insensibile. Avevo praticamente
riaperto una ferita.
-Mi
dispiace, sono stata molto scortese, non volevo
recarti dolore – mi scusai, abbassando la testa,
maledicendomi per la mia
stupida curiosità.
-Non
preoccuparti, non è colpa tua – fece esattamente
ciò
che avevo fatto io qualche sera prima, quando avevo avuto il mio solito
incubo.
Mi raccontò tutto, non preoccupandosi di apparire debole o
sdolcinato. E io
rimasi ad ascoltare ogni singola parola, fino a quando non ebbe finito.
-A
quel tempo ero più giovane di Kili. Un giorno giunse
ad Erebor un gruppo di Nani proveniente dai Colli Ferrosi, guidati da
mio
cugino Nàin. Tra la folla scorsi una fanciulla meravigliosa,
dalle lunghe
ciocche castane e gli occhi color dell’avorio. Il suo nome
era Malyan ed era la
più bella creatura che avessi visto fino a quel momento
– Sentendolo parlare
così di una donna mi salì qualche punta di
gelosia, ma non lo diedi a vedere
-Con il passare del tempo feci la sua conoscenza e capii che mi stavo
innamorando di lei. Trascorrevo ogni momento libero in sua compagnia e
un
giorno le promisi che ci saremmo sposati con l’avvenire della
primavera. Ma non
fu così: Smaug sopraggiunse dal Nord durante
l’inverno e in pochi secondi
distrusse tutto ciò che dinastie di Figli di Durin avevano
creato. Malyan
rimase intrappolata in uno dei saloni, per poi essere bruciata dalla
furia del
drago –
A
quel punto vidi palesemente delle lacrime cristalline
rotolare lungo le sue guance: -Quel giorno non persi solo degli amici,
dei
parenti e un popolo. Persi una parte del mio cuore –
Non
avevo parole per rispondere ad una tale sofferenza,
così mi limitai a fare ciò che mi venne
più istintivo: lo abbracciai. Lo
strinsi forte, gettandogli le braccia attorno al collo fino a quando
non sentii
le sue ampie mani cingermi la schiena. Rimasi lì, in quella
posizione per
diversi secondi, fino a quando non mi sciolsi dall’abbraccio.
In
quel momento le parole furono superflue, ogni gesto
vano, perché capii che il Principe di Erebor aveva solo
bisogno di qualcuno che
gli dicesse che sarebbe andato tutto bene.
Spazio
Autrice:
Buonsalve
a tutti!
Pensavate
fossi sparita anche io nella Terra di Mezzo? (Purtroppo) non
è così, solo una miriade di cose da fare che
questa settimana non mi hanno dato tregua e non mi hanno permesso di
aggiornare, perciò mi sento in dovere di scusarmi.
Per
farmi perdonare ho deciso di portarvi un nuovo momento di
tranquillità e riservatezza tra queste due anime: la scena
della lezione della spada è PALESEMENTE ripresa
dall'episodio 1x3 di Game of Thrones, in cui la piccola Arya Stark
impara ad usare la spada con il suo maestro d'armi Syrio (Sigh, quanto
mi manca!)
Inoltre
ho pensato di concedere al povero Thorin il beneficio di essersi
innamorato almeno una volta nella vita, prima della catastrofe di
Erebor: ammettiamolo, nessuno di noi se lo immagina tutto solo nella
Montagna senza uno straccio di fanciulla....
Passando
alla questione ringraziamenti, questa settimana vorrei
ringraziare stella del
vespro 5 per aver recensito e aggiunto ai preferiti la
storia, elanorstella per
averla aggiunta alle ricordate e michela30
per averla aggiunta alle seguite!!
Per
questa settimana credo di avervi detto tutto e sperando che il caldo
non vi sciolga come ghiacciolini vi auguro una buona settimana! Noi ci
vediamo settimana prossima con un nuovo capitolo!
Un
bacione,
Jenny
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 11: La Trappola Delle Montagne Nebbiose ***
CAPITOLO
11: LA TRAPPOLA DELLE
MONTAGNE NEBBIOSE
-Dannazione,
temevo che vi avessimo persi – disse Dwalin,
tirando un sospiro di sollievo, accennando a me e Bilbo.
Eravamo
sdraiati a terra, terrorizzati ma sani e salvi.
Per fortuna mi ero solo fatta qualche graffio e anche Bilbo mi sembrava
ridotto
abbastanza bene.
-Lui
si è perso -grugnò Thorin, guardando lo Hobbit
con
aria sprezzante -Abbiamo quasi perso Aranel per colpa sua. Non
c’è posto per
lui tra di noi –
Lo
guardai allibita, credendo di aver sognato quelle
parole. Era ingiusto che Thorin si comportasse così:
-E’ stata colpa mia –
dissi, rialzandomi – Sono scesa io per aiutarlo –
L’espressione
di Thorin non mutò di una virgola e si
diresse verso un’insenatura insieme a Dwalin. Io e gli altri
li seguimmo,
giungendo alla fine in un’enorme caverna, calda e asciutta.
Thorin
diede l’ordine di controllare e di accamparci lì
per la notte. Saremmo partiti all’alba del mattino dopo.
-Non
dovremmo aspettare Gandalf? – domandò Balin a
Thorin.
Il
Principe scosse la testa con cipiglio severo: -Il
piano è cambiato –
Ci
accampammo alla meno peggio, cercando di far sciugare
i vestiti fradici per la pioggia. Mi accoccolai in un angolino, lontano
dalle
pareti umide della montagna. Mi stesi, ma per quanto fossi stanca e per
quanto
cercassi di farlo, non riuscivo ad addormentarmi. Mi ronzavano ancora
in testa
le parole di Thorin su Bilbo.
Mi
ero quasi del tutto assopita quando sentii dei passi
dietro di me: di scatto mi alzai e vidi lo Hobbit, bastone in mano e
spada al
fianco che… se ne stava andando.
-Bilbo!
– sussurrai -Che diavolo stai facendo?! –
Lui
mi guardò con aria stufa, sospirando nervosamente:
-Me ne vado. Torno a Imladris –
Non
ero sicura di aver sentito bene. E se avevo sentito
correttamente sperai intensamente che fosse solo uno stupido scherzo.
-Non
puoi andartene – dissi io, liberandomi dalle coperte
che mi avvolgevano -Loro hanno bisogno di te! Io ho bisogno di te!
–
-Io
non credo proprio – rispose seccamente lo Hobbit –
Sono un peso, Thorin è stato molto chiaro. E se per caso ti
succederà qualcosa
darà nuovamente la colpa a me –
Io
scossi la testa, cercando di farlo ragionare: -Thorin
era solo molto spaventato e ha detto una marea di idiozie. Tutti ti
adorano,
sei il loro scassinatore, non puoi abbandonarli –
-Invece
è proprio quello che farò –
Non
ero mai stata una persona molto paziente e in quel
momento lo Hobbit mi stava seriamente facendo girare le scatole.
-Bilbo
Baggins – tuonai, scura in volto -Se c’è
una cosa
che ho capito degli Hobbit è che vengono da prati
verdeggianti, case
accoglienti e letti soffici e caldi. Vivono in un mondo idilliaco,
privo di
qualsivoglia pericolo – Abbassai la voce per paura di
svegliare qualcuno
-Mentre riguardo ai Nani ho capito che non hanno un posto da chiamare
casa da
molto tempo e che questi tredici che vedi sdraiati per terra, pieni di
fango,
di pioggia e di lividi sono gli unici nel loro popolo che hanno avuto
il
coraggio di mettersi in gioco per riprendersela. Non vorresti che anche
loro
vivessero sereni come te nella Contea? –
Bilbo
non mi rispose, si limitò solo ad abbassare il capo
e ad osservarsi i piedi.
-Io
sono sicura che nel profondo del tuo animo tu ti sia
affezionato a loro – ripresi, obbligandolo a guardarmi negli
occhi -Come loro
hanno aiutato te a non cadere in quel dirupo, tu aiutali a
riconquistare Erebor
–
Bilbo
rimase a fissarmi per qualche secondo, poi vidi una
lacrima solitaria scivolare lungo le sue guance. Lasciò
cadere a terra il
bastone e mi venne incontro per abbracciarmi. Io lo strinsi, dicendogli
di
calmarsi e che aveva fatto la scelta giusta.
-Aranel
sono stato così stupido – disse piagnucolando,
estraendo il suo emblematico fazzoletto da taschino – Stavo
per commettere un
errore madornale –
Io
sorrisi, asciugandogli una lacrima: -Finché starai al
loro fianco, sarà sempre la strada giusta –
Stavo
per dirigermi nuovamente al mio giaciglio, quando
un rombo proveniente dalle viscere della montagna fece sussultare me e
tutti i
miei compagni: il terreno sabbioso iniziò a franare, come se
venisse
risucchiato e prima che potessimo renderci conto in quale terribile
situazione
ci trovavamo, sprofondammo tutti nel vuoto.
Fu
una caduta tremenda. Non so per quanto tempo scivolai
verso il basso, ricordo solo che quando caddi a terra Bofur, Kili e
Nori volarono
sopra di me, schiacciandomi. In pochi secondi vidi avanzare verso di
noi delle
creature ripugnanti, alte poco meno di Bilbo, sporche e dalla pelle
verdastra.
-Sono
i Goblin – gridò Dwalin, tirando una testata ad
uno
di loro e mettendolo ko.
Questi
iniziarono a colpirci, a graffiarci e ci
costrinsero a seguirli. Ne spintonai lontano alcuni, ma più
ne allontanavo più
ne arrivavano. Lanciai uno sguardo spaventato a Thorin, il quale mi
rispose con
un cipiglio che mi intimava di rimanere calma.
I
Goblin ci trascinarono per quelle loro squallide
stradine per un po’ fino a quando giungemmo dinnanzi ad una
creatura oscena,
grassa oltre ogni misura, con un enorme rigonfiamento sul mento: il
loro Re.
-Chi
è così sfrontato da entrare armato nel MIO regno?
-gracchiò quella creatura -Spie? Ladri? Assassini?
–
I
Goblin ci ordinarono di buttare a terra le armi e a
malincuore fui costretta ad abbandonare Endacil.
-Nani,
vostra Malevolenza – rispose uno degli orchetti –
E un’Elfa. Li abbiamo trovati nel portico anteriore
–
Il
Re sorrise schifosamente, mostrando una doppia fila di
denti marci: -E cosa diavolo ci fanno dei Nani e un’Elfa
sulle Montagne
Nebbiose? – domandò, senza ricevere alcuna
risposta.
Io
ero nel panico e avevo la netta sensazione che non
saremmo usciti integri da quella maledetta caverna. Il Re degli Orchi
diede
l’ordine di perquisirci e in due secondi mi ritrovai addosso
una marea di
Goblin. Riuscii a nascondere Elanor, il ciondolo che portavo, pochi
istanti
prima che uno degli orchetti si mettesse a frugare nelle mie tasche
alla
ricerca di armi.
-Toglimi
le mani di dosso, lurido essere schifoso –
gridai, tirandogli un pugno. Vidi che i miei amici non erano messi
meglio:
Fili, che era armato fino ai denti, era stato privato di ogni lama o
stiletto
che nascondeva nei posti più impensabili e al povero Oin
avevano completamente
schiacciato il cornetto acustico.
-Dunque,
ve lo richiedo – disse mellifluo, il Re – Cosa
ci fate qui? –
Noi
ci guardammo tutti negli occhi, ma nessuno osò
fiatare.
-Molto
bene, se non volete parlare, allora vi faremo
strillare! – gli orchetti intorno a lui iniziarono a
esultare, applaudendo con
le loro luride mani -Portate il maciullatore! Portate lo spezzaossa!
–
-Cominceremo
dall’Elfo! – Quando il Re puntò
l’indice
verso di me, giurai di essere sul punto di svenire. Due Goblin mi
afferrarono
per le braccia, tenendomi stretta. Ero più che sicura che mi
sarebbero spuntati
dei bei lividi violacei.
-Fermo!
– gridò Thorin, facendosi largo tra la folla e
avanzando verso il Re.
Il Goblin
sghignazzò: -Bene, bene. Guardate un po’ chi
abbiamo qui! Thorin, figlio di
Thrain, figlio di Thror. Re sotto la Montagna – gli fece il
verso, fingendo di
inchinarsi – Oh, dimenticavo. Tu non hai una montagna e non
sei un Re. Il che
fa di te NESSUNO –
Thorin
stava lì impalato, lo sguardo fiero, cercando di
non mostrarsi debole dinnanzi agli stupidi insulti del Goblin. Eppure
vidi
chiaramente quanto stesse soffrendo.
-Smettila!
– gridai a quel punto, ricevendo una
strattonata da parte degli orchetti che mi tenevano per le braccia -Sei
un
vile, una creatura immonda che si rifugia qua sotto per paura di
affrontare i
grandi popoli che stanno là fuori! Non meriti nemmeno di
essere chiamato Re –
Il
Goblin divenne nero in volto e si diresse a grandi
falcate verso di me: -Chi ti credi di essere per dare ordini a ME nel
MIO
regno?! – mentre mi parlava, sputacchiò e dovetti
fare appello a tutte le mie
forze per non vomitare – Credi di essere coraggiosa a
difendere questo nano? Ti
farò passare la voglia di fare l’eroina, te lo
assicuro –
Il
Re fece un cenno ai due orchetti al mio fianco:
-Spezzatele un braccio. Voglio sentirla urlare –
-No!
– gridò Thorin, lanciandosi verso di me, ma
venendo
subito bloccato dai Goblin.
-E
per quanto riguarda te – disse il Re, rivolgendosi a
Thorin – Conosco qualcuno, un vecchio nemico tuo che
sarà felice di ricevere la
tua testa. Solo la testa senza nulla attaccato. Sai di chi sto
parlando, no?
-fece quello sghignazzando, ma Thorin rimaneva impassibile, preoccupato
che i
Goblin potessero farmi del male -Un orco pallido, a cavallo di un
bianco
mannaro –
Thorin
si rabbuiò: -Azog il Profanatore è stato
annientato tempo fa –
-Così
credi che i suoi giorni da Profanatore siano
finiti? – Il Re Goblin ridacchiò, ordinando di
mandare un messaggio a questo
Azog, il quale a quanto pareva voleva Thorin morto.
-Ma
adesso basta perdere tempo -riprese serio – Fatela
soffrire, voglio sentire il rumore delle sue ossa da Elfo che si
maciullano -
Io iniziai a dimenarmi,
spaventata a morte, mentre anche
gli altri cercavano di intervenire. Non ricordo bene cosa accade dopo.
Vidi
solo un orchetto avanzare verso di me con un enorme martello stretto
fra gli
artigli e pochi istanti dopo la mia mente divenne nera, ottenebrata da
un
dolore insopportabile, qualcosa di straziante che non avevo mai provato
prima.
Svenni per il colpo ricevuto e tutto quello che sentii attorno a me fu
un
violento clangore di spade.
Spazio
Autrice:
Buongiorno a Tutti, miei
lettori!
Mi
scuso in anticipo per il mio super ritardo, ma mi sono completamente
persa per una Challenge di Fanwriter.it..... Invoco il vostro perdono!!
Tornando
alla nostra storia, in questo capitolo probabilmente ho sfiorato la
soglia della "Mary Sueaggine" (scusate il termine ahah) con Aranel, ma
dopo tanti capitoli in cui viene solo aiutata o non comprende la
gravità della situazione in cui si trova, mi sembrava
più che giusto concederle un capitolo in cui tirare fuori il
suo lato da eroina. La scena del dialogo con Bilbo nella grotta
è probabilmente una delle mie preferite in cui possiamo
vedere per la prima volta un lato un po' più profondo della
protagonista.
Per
quanto riguarda le sequenze nel regno dei Goblin, come potete notare,
ho preferito mantenere i dialoghi originali del film, dal momento che
mi sembravano già perfetti e ho modificato solo qualche
battuta per permnettere ad Aranel di inserirsi nel discorso.
Mi
raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate delle mie scelte
"stilistiche", così da potermi migliorare sempre di
più!
Ora,
passando ai ringraziamenti, oggi vorrei ringraziare Thorin78 che ha
recensito la storia, la aggiunta alle preferite e alle seguite! GRAZIE
MILLE PER QUESTA COMBO!!!
Per
questa settimana il mio compito è terminato, ma vi aspetto
prossimamente per un nuovo capitolo!
Un
bacione a tutti e buone vacanze a chi parte!
Jenny
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 10: La Battaglia Dei Tuoni ***
CAPITOLO 10: LA
BATTAGLIA DEI TUONI
Un
tonfo sordo mi fece aprire gli occhi nel bel mezzo
della notte. Qualcuno era entrato nella mia stanza, ma non riuscivo a
distinguerne la sagoma. Quando si avvicinò, realizzai che si
trattava di
Thorin.
-Aranel,
svegliati! – disse sottovoce, in tono concitato.
Io
mi stropicciai gli occhi per il sonno: -Che succede? –
sbadigliai -Che ci fai qui? –
-Dobbiamo
andarcene e alla svelta – disse ritornando già
verso la porta -Hai cinque minuti. Raggiungici alla piazzetta
–
Così
come era entrato, Thorin se ne andò. Non conoscevo
la ragione di tanta fretta, ma senza pormi troppe domande feci come mi
era
stato detto: in pochi secondi sgusciai giù dal letto,
indossai i miei vestiti
da viaggio, allacciai la spada al fianco e andai alla piazzetta.
Fuori
era notte fonda e una miriade di stelle luminose
splendevano in un cielo scuro. Quando giunsi al punto di ritrovo, notai
che
mancavamo solo io e Gandalf. Un Bilbo dall’aria estremamente
assonnata mi fece
un cenno con la mano, prima di iniziare a seguire Thorin e ad
allontanarci da
Imladris.
Camminammo
senza fare rumore per un bel po’ di tempo –
forse qualche ora – fino a quando Granburrone non si ridusse
solo ad una sagoma
lontana. Nel frattempo l’alba stava sorgendo e un sole
tiepido fece capolino da
est.
-Per
quale motivo siamo partiti nel bel mezzo della
notte? – domandai allo Hobbit, il quale camminava di fianco a
me – E senza
Gandalf per giunta! –
Il
fatto che lo stregone non fosse con noi mi dispiacque
moltissimo: senza di lui avevo come il sospetto che saremmo incappati
in
diversi guai.
Bilbo
si guardò attorno, assicurandosi che nessuno dei
presenti stesse origliando: -Ieri sera io e Thorin stavamo girando per
Granburrone quando ci siamo imbattuti in Gandalf e Re Elrond mentre
discutevano
– Lanciò un’occhiata a Thorin,il quale
però era in testa al gruppo e non poteva
sentire nulla -Stavano… in poche parole stavano considerando
l’ipotesi che
Thorin potesse diventare pazzo a causa del tesoro di Erebor, proprio
come era
già successo a suo nonno. Credo che questo lo abbia ferito,
anche se è
consapevole del rischio –
Quelle
parole mi spiazzarono: non pensavo che quei due
volessero mettere i bastoni fra le ruote a Thorin e alla sua spedizione.
-Ma
c’è di più –
continuò Bilbo, vedendo il mio sguardo
dispiaciuto –Gandalf alla fine ha convinto Elrond
dell’importanza della
missione di Thorin, ma solo per uno stupido motivo strategico
–
-Cosa?
– domandai io, sempre più allibita -In che senso
strategico? –
-Vogliono
che i Nani riconquistino Erebor per avere una
fortezza benefica ad Est – disse Bilbo, sottovoce –
Nel caso in cui dovesse
esserci una guerra –
Io
sgranai gli occhi, sollevando le spalle: -Perché mai
dovrebbe esserci una guerra? –
-Ah,
non ne ho idea… A quanto ho capito è quello che
hanno dedotto dalla profezia di Oin –
Non
feci in tempo a ribattere che dalla testa del gruppo
risuonò tonante la voce di Thorin: -Copritevi bene! Ci
stiamo avvicinando alle
Montagne Nebbiose –
In
effetti Thorin non aveva tutti i torti: a mano a mano
che ci avvicinavamo alle montagne, l’aria si faceva sempre
più fredda e secca,
tagliente come una lama.
Col
passare dai giorni mi accorsi che il paesaggio
attorno a me stava mutando drasticamente: i prati verdi e le secche
brughiere
lasciarono ben presto il posto a lande desolate e speroni di roccia
nuda,
coperta qua e là da spruzzi di neve.
Le
notti passavano insonni a causa del freddo e camminare
di giorno diventava sempre più difficile per la stanchezza.
Quando giungemmo
sulle cime delle Montagne Nebbiose, iniziò la parte
più dura: il vento gelido
ci costringeva ad avanzare molto lentamente e la neve che cadeva a
cumuli si
infilava sotto i pesanti abiti, facendoci tremare.
Mentre
camminavo, mi portai il cappuccio sulla testa,
coprendomi il più possibile, senza però
migliorare di granché la situazione: il
mio mantello era fradicio per la neve e il cappotto che indossavo non
era per
nulla adatto alle gelide temperature delle Montagne Nebbiose.
-Hai
tanto freddo? – mi domandò Thorin, raggiungendomi
-Stai tremando –
Io
scossi la testa, anche se in realtà stavo ibernando:
-Non importa, è solo un po’ di freddo. Sto bene,
non ti preoccupare – Le mie
labbra viola e le grandi occhiaie scure che portavo sotto gli occhi
raccontavano un’altra storia però.
-Non
mi sembra proprio – bofonchiò lui, togliendosi
dalle
spalle un grande mantello di pelliccia scura e porgendomelo
-Così eviterai di
gelare –
-Oh
non posso accettare – dissi, respingendo il gesto di
Thorin – Gelerai tu senza quel mantello! –
Lui
accennò un sorriso, appoggiandolo sulle mie spalle:
-Mi sottovaluti, mia cara. Ne hai molto più bisogno tu
–
Lo
ringraziai sentitamente e mi strinsi in quel caldo
ammasso di pelliccia: finalmente risentii la mia temperatura corporea
risalire
e continuai a camminare tenendo il passo con gli altri.
La
camminata proseguì tranquillamente fino a sera, quando
giungemmo su delle vette rocciose e scivolose: la neve era sparita e al
suo
posto batteva una pioggia torrenziale gelata. Il cielo era coperto da
nubi
temporalesche e ovunque risuonava il potente boato dei tuoni, preceduto
sempre
dai bagliori dei lampi.
Camminavamo
da ore lungo un minuscolo sentiero a
strapiombo sulla montagna, rischiando ogni secondo di cadere a causa
del
terreno scivoloso, quando udii la voce di Thorin sovrastare il rumore
del
temporale: -Dobbiamo trovare riparo! –
-Le
Montagne Nebbiose sono piene di caverne e grotte –
disse Balin, strizzandosi il cappuccio fradicio per il diluvio
-Troviamone una,
per Durin! –
In
lontananza si sentì un boato improvviso, molto
più
forte rispetto ad un comune tuono: -Attenzione! –
gridò Dwalin, indicando il
cielo. Dall’alto piombò verso di noi un masso di
pietra gigantesco, per poi
sfracellarsi poche decine di metri sopra le nostre teste, facendo
tremare il
terreno e cadere una miriade di sassi più piccoli.
-Questo
non è un semplice temporale -gridò Balin,
reggendosi alla parete della montagna per evitare di cadere
-E’ una battaglia
fra tuoni! –
Ancora
oggi sono più che convinta di non aver mai visto
nulla di così assurdo e spettacolare come quella notte:
delle creature enormi,
mastodontiche – ma che dico – grandi quanto le
montagne stesse apparvero dinnanzi
ai nostri occhi. Erano fatte completamente di pietra e si stavano
affrontano in
una battaglia, scagliandosi sassi.
-Che
mi venga un colpo – disse Bofur, osservando la scena
con occhi spalancati – Giganti! Giganti di Pietra!
– Lo stupore negli occhi di
tutti era palese, mescolato all’angoscia di essere annientati.
-Ma
siamo seri?? – gridai io, in preda al panico -Pure i
Giganti?! –
Uno
di quei Titani staccò un enorme masso dalla montagna
e lo scagliò nella nostra direzione, colpendo un suo simile
che si trovava alle
nostre spalle. Poco dopo iniziai a sentire il terreno sgretolarsi sotto
i miei
piedi e in pochi secondi una voragine spaccò il terreno in
due, dividendoci.
Fili cercò di trascinare il fratello verso la sua parte
inutilmente, tanto era
grande il divario che si era formato.
Guardai
Thorin negli occhi per capire ciò che stava
succedendo, ma vi lessi solo tanta paura. Mi fece cenno di guardare
verso
l’alto e finalmente capii in che enorme guaio ci eravamo
cacciati: ci trovavamo
sulle ginocchia di uno dei Giganti.
Questo
venne violentemente colpito da uno dei suoi simili
e sbalzato all’indietro. Potete immaginare la nostra
situazione, abbarbicati
alla meno peggio alle sue gambe, e come ci potessimo sentire. Quel
forte colpo
però fu anche fonte di salvezza: io e gli altri che ci
trovavamo sul ginocchio
sinistro riuscimmo infatti ad allontanarci dal corpo del gigante e a
saltare su
un fianco della montagna che non era coinvolto nella battaglia dei
Tuoni.
-Correte,
sbrigatevi! – gridò Thorin, rimanendo per
ultimo. Quando anche lui saltò, tirai un sospiro di
sollievo, che tuttavia durò
poco. Gli altri infatti, erano rimasti intrappolati sul ginocchio del
Gigante
ed erano troppo lontani per poterci raggiungere.
Il
Gigante sul quale i miei amici erano aggrappati fu
colpito a tradimento da un terzo, sopraggiunto da dietro: un enorme
masso lo
raggiunse al capo, facendogli saltare la testa. Il suo corpo
iniziò ad
afflosciarsi a terra, come un burattino al quale hanno reciso i fili.
Vedemmo i
nostri amici scorrere davanti a noi, terrorizzati di seguire il gigante
nella
sua caduta.
-Saltate,
coraggio! – gridò Thorin, pur consapevole della
grande distanza che c’era tra noi e loro – Saltate!
–
Ma
il Giagante non cadde e si sfracellò sul fianco della
montagna sul quale ci trovavamo: vidi Kili, Bofur e gli altri
schiacciati sotto
un masso e il mio cuore perse un battito. Non poteva essere finita
così, non
potevano essere morti per colpa di una stupida battaglia di Giganti.
Thorin
gridò distrutto e si precipitò verso i compagni,
chiamando il nome del nipote. Nel frattempo il Gigante cadde nel vuoto,
disfacendosi in miriadi di pietre e sassi. Quando però vide
che tutti stavano
bene, sorrise, visibilmente sollevato.
Mi
guardai attorno, osservando se eravamo tutti salvi, quando
mi accorsi che qualcuno mancava all’appello: -Bilbo!
Dov’è Bilbo? – domandai
preoccupata.
-E’
laggiù – disse Bofur, indicando il bordo della
montagna. Lo Hobbit penzolava pericolosamente nel vuoto, aggrappato a
stento.
In
quel momento non pensai, agii. Presi la rincorsa e
raggiunsi Bilbo sul bordo, allungandogli la mia mano per tirarlo su:
-Coraggio,
afferra la mia mano – gli dissi -Tienila stretta –
Da
dietro, Bofur e Dwalin mi diedero una mano a tirarlo
su, tirandomi per la vita. Dopo diversi sforzi riuscimmo a mettere in
salvo
Bilbo., il quale nel frattempo era morto di paura. Avevo ancora il
fiatone per
la fatica, quando il pezzetto di terra sotto ai piedi franò
e io caddi
rovinosamente verso il basso.
Non
so con che genere di riflessi mi aggrappai ad uno
sperone di roccia, evitando di cadere. Ma la mia presa era debole ed
ero certa
che in pochi secondi sarei finita nel vuoto.
-Vi
prego aiutatemi! – gridai, con le lacrime agli occhi.
Non riuscivo a pensare a nulla, se non al buio che avevo sotto di me e
al
terrore che percorreva ogni fibra del mio corpo.
-Ci
sono io, Aranel, non ti preoccupare – gridò
Thorin,
aggrappandosi con un braccio al bordo e scendendo verso di me
-Andrà tutto
bene, devi solo prendere la mia mano –
Mi
allungai per prenderla, ma era troppo lontana: -Non ce
la faccio – gridai, oramai piangendo.
-Si
che ce la fai Aranel – disse lui serio -Afferra la
mia mano –
Raccolsi
tutto il coraggio che avevo in corpo e con uno
slancio afferrai la mano di Thorin, il quale in un secondo mi spinse
verso
l’alto, risalendo poco dopo.
Ero ancora sopraffatta dalla
paura, ma per lo meno ero
salva.
Spazio
Autrice:
Buonsalve
anime mie!
Come
state? Mi scuso per l'ora indecente in cui aggiorno, ma oggi sono stata
tutto il giorno al Castello Sforzesco di Milano per l'evento di Game of
Thrones e sono tornata più tardi del previsto.
Cooooomunque,
cosa ne pensate del capitolo?
I
nostri eroi hanno finalmente lasciato Imladris per proseguire il loro
viaggio, ma ahimè sono incappati nella battaglia dei
Giganti.... E la cara Aranel ci ha quasi rimesso le penne! Ma per
fortuna il Principe di Erebor è pieno di risorse...
Questa
settimana, per quanto riguarda i ringraziamenti, volevo dare un piccolo
spazio ad Another_brick_in_the_wall
per le milllemila recensioni lasciate in pochissimi giorni. GRAZIE,
GRAZIE, GRAZIE!
Per
questa settimana ho detto tutto. vi aspetto domenica prossima con un
nuovo capitolo tutto da scoprire! Ora vado a fare un riposino, visto
che alle 3,00 c'è la diretta con l'America dell'episodio 7x1
di Game of Thrones e devo essere bella arzilla!
Un
bacione,
Jenny
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 12: Dalla Padella Alla Brace ***
CAPITOLO
12: DALLA PADELLA ALLA BRACE
Quando
aprii gli occhi vidi un lampo luminoso squarciare
il buio della caverna. Credevo di sognare o che fosse
un’allucinazione dovuta
al lancinante dolore che pervadeva tutto il mio corpo, a partire dal
braccio
sinistro, il quale era gonfio e pieno di ematomi blu, neri e violacei.
Quando
la luce si diradò notai un’alta figura di fronte a
me, con un grande cappello grigio: Gandalf era tornato. Sorrisi
debolmente,
felice che lo stregone fosse finalmente giunto in nostro aiuto. Nella
mano
destra stringeva il suo inimitabile bastone, mentre nella sinistra
aveva
Glamding, la Battinemici.
-Prendete
le armi e combattete! – gridò, incitando i miei
amici.
Io
tentai di alzarmi per cercare la mia spada, ma il
dolore era insopportabile. Intorno a me i miei amici si erano
riappropriati di
asce e spade e stavano affrontando gli orchetti valorosamente. Vidi
Bombur
buttarne nel vuoto alcuni, spingendoli con la sua enorme pancia, mentre
Fili e
Kili combattevano schiena contro schiena.
Thorin
con un fendente spinse giù dalla struttura il Re
Goblin e in pochi secondi mi fu accanto: -Ti fa molto male? –
domandò, ma
osservando gli ematomi si rispose da solo.
-Ce
la faccio, devo solo prendere la mia spada – dissi,
soffocando una fitta violentissima al braccio.
-La
tua spada la ho io -disse serio Thorin – E tu non
devi muoverti. Cerca di tenere il braccio più fermo che
puoi, al resto ci penso
io –
Cogliendomi
completamente di sorpresa, Thorin mi prese in
braccio, sorreggendomi con un braccio e stringendo la spada
nell’altra.
-No,
fermo, ma che fai?! – dissi io -Così ti rallento e
basta –
-Ti
salvo la vita, ecco cosa faccio – disse lui,
accennando un sorriso che per qualche secondo mi fece scordare del
dolore -Dopo
mi ringrazierai -
-Seguitemi!
– gridò Gandalf, sopraggiungendo dal fondo
della stradina.
Iniziammo
a correre, seguendo lo stregone in fila
indiana. Il trambusto sulla struttura di prima doveva aver attirato
l’attenzione di tutti gli altri Goblin della Montagna, che in
breve tempo ci
furono addosso. In testa al gruppo, Dwalin si impossessò di
un lungo palo e
iniziò ad avanzare spingendo decine di orchetti alla volta
giù dai ponti e
dalle strade, per poi attaccare a mano libera.
Io
osservavo Thorin e gli altri abbattere i nemici in
maniera eccezionale, senza mancare un colpo. Pur con il mio peso
addosso,
Thorin si muoveva con una grazia degna di un principe, uccidendo i
Goblin con
fendenti perfetti.
Bofur,
alle nostre spalle, tagliò una delle corde che
sorreggevano la struttura dinnanzi a noi, la quale si disfò
su se stessa,
afflosciandosi e portando nel baratro tutti gli orchetti che vi erano
sopra.
Kili
afferrò una scala e spinse giù molti nemici, i
quali, armati di frecce cercavano in ogni modo di ucciderci. Saltammo
poi su
una grande altalena e dopo qualche tentennamento giungemmo a terra, non
senza che
il mio braccio si facesse sentire. Gandalf scagliò un enorme
masso contro i
Goblin grazie al suo bastone magico, spianandoci la strada fino ad un
ponticello traballante.
Stavamo
per attraversarlo, quando il Re dei Goblin
comparve dal nulla, sbarrandoci la strada: in pochi secondi fummo
circondati
dagli orchetti, perdendo ogni possibilità di fuga. Erano
centinaia, bassi,
brutti e armati di bastoni e pugnali.
-E
così credevi di avermi sconfitto? – disse il Re
Goblin, riferito a Gandalf -Dimmi, cosa credi di fare ora? –
In
tutta risposta lo stregone lo colpì con due fendenti
perfetti: -Sarò sconfitto – disse quello in modo
arrendevole, prima di morire.
Il peso del suo corpo spezzò i sostegni della struttura
sulla quale ci
trovavamo, facendola collassare su se stessa.
Scivolammo
per diversi metri nel vuoto fino a quando la
struttura rallentò e si fermò definitivamente.
-Poteva
andarci peggio! – disse Bofur sarcastico,
constatando che nessuno di noi ci aveva rimesso le penne.
All’improvviso
però il corpo del Re Goblin piombò
dall’altro, schiacciando quelli di noi che erano rimasti
incastrati, me
inclusa.
-Vuoi
scherzare?! -gridai io a Bofur, mentre per
l’ennesima volta ero sul punto di impazzire per il dolore al
mio braccio
spezzato.
-Oh
no -disse Kili, osservando un’orda di Goblin che
sopraggiungeva dalle grotte sovrastanti -Ci raggiungeranno! –
-L’unico
modo per sopravvivere è la luce del giorno –
disse Gandalf, aiutando gli altri che erano rimasti incastrati
– Seguitemi! –
Thorin
mi prese di nuovo in braccio e iniziammo a seguire
lo stregone attraverso delle strette gallerie buie fino a quando in
lontananza
vedemmo una luce, la luce del giorno.
Quando
misi la testa fuori da quel focolaio di Goblin mi
sembrò di rinascere: l’aria era fresca, la luce
del sole calda e accogliente e
persino la mia ferita sembrava far meno male.
Corremmo
ancora per un po’ fino a quando non fummo più
che sicuri che i Goblin non ci stessero inseguendo. Thorin mi
poggiò a terra,
palesemente sfinito per aver corso tanto a lungo con la mia zavorra.
-Gandalf
devi aiutarla – lo supplicò lui -Le hanno
spezzato un braccio, non può proseguire così
–
Diedi
un’occhiata al mio braccio e constatai che era
messo veramente messo male: era gonfio il doppio rispetto a prima e
ovunque era
coperto di lividi neri, mentre del sangue scuro era raggrumato nei
punti in cui
avevano calato il martello.
-Posso
solo ricomporle le ossa – spiegò lo stregone,
osservando le mie ferite – I lividi dovranno guarire in modo
naturale
-Ti
prego, fai tutto ciò che puoi – lo pregai io. Non
avrei resistito un minuto di più in quelle condizioni.
Gandalf
prese il suo bastone e lo fece passare sopra il
mio braccio, borbottando parole in una lingua che non conoscevo. Sentii
svanire
il dolore lentamente, le ossa ricomporsi e le lesioni interne svanire.
Quando
ebbe finito sentivo solo un leggero fastidio
causato dei lividi, nulla a confronto con ciò che avevo
provato fino a pochi
istanti prima.
-Ti
ringrazio di cuore Gandalf – dissi io abbracciandolo.
-Attenta
però – mi ammonì lui, guardandomi
dritto negli
occhi -Non calcare troppo la mano. Ha bisogno di un po’ di
riposo –
Io
annuii, mentre Thorin mi consegnava la mia spada e la
riponevo nel suo fodero. All’improvviso però notai
che all’appello mancava
qualcuno: -Dov’è finito Bilbo? –
domandai, guardandomi intorno alla ricerca
dello Hobbit -Qualcuno lo ha visto? –
-Credevo
fosse con Dori! – disse Dwalin.
-Non
date la colpa a me -ribattè l’accusato, con aria
offesa.
Tutti si misero a fare supposizioni, fino a quando Thorin non si
intromise.
-Ve
lo dico io cosa è successo. Il signor Baggins ha
visto la sua occasione per tornare a casa e la ha colta – il
suo sguardo era
pieno d’odio e questa cosa mi dispiacque molto -Cercarlo
sarebbe solo tempo
sprecato. Oramai sarà già lontano… -
-In
realtà non è vero – Bilbo fece la sua
comparsa,
perfettamente integro.
L’espressione
di tutti -eccetto quella di Thorin e Dwalin
– si allargò in un ampio sorriso. Io gli andai
incontro e lo abbracciai
stretto. Ero felice che almeno lui non si fosse fatto male.
-Ti
davamo per disperso! -disse Kili – Ma come hai fatto
a evitare i Goblin? –
-Già…
come? – gli fece eco Dwalin con un’espressione
molto scettica.
Lo
Hobbit non rispose, si limitò solo a infilarsi
qualcosa che non riuscii a distinguere nelle tasche del gilet: -Ma che
importanza ha? E’ tornato, questo è
l’importante – disse Gandalf, con uno
strano sorriso.
-Ha
importanza -lo rimbeccò Thorin, cupo -Perché sei
tornato? –
Bilbo
mi lanciò un’occhiata che valeva più di
mille
parole: -Perché qualcuno mi ha aperto gli occhi –
io risposi con un sorriso -Io
ho una casa che mi attende al ritorno, un letto soffice e una buona
cena. Voi
non la avete, una casa. Vi è stata portata via. Per questo
motivo voglio
aiutarvi a riconquistare Erebor: in questo modo capirete anche voi cosa
vuol
dire poter dormire al caldo la notte e sentirsi a CASA –
Bilbo si rivolse a
Thorin -E lo so che dubiti di me, insomma, lo hai sempre fatto! E
figurati,
anche io dubito di me. Ma se in qualche modo posso aiutarvi, sappiate
che lo
farò con piacere –
A
quel punto Thorin abbassò lo sguardo, probabilmente
sentendosi un idiota per aver attaccato Bilbo in quel modo. Eravamo
tutti
commossi dalle parole dello Hobbit e addirittura Ori iniziò
a tirar su con il
naso, mentre Balin si asciugava qualche lacrimuccia.
All’improvviso
però un ululato sinistro ci riportò alla
realtà. I mannari e gli orchi non erano lontani.
-Maledizione
-imprecò Thorin, cercando di capire da che
punto provenissero gli ululati -Siamo finiti dalla padella… -
-…Alla
Brace – concluse Gandalf per lui -Prendete le
vostre armi e correte! –
E così
ancora una volta fummo costretti a fuggire dagli
orchi.
Spazio
Autrice:
Buonsalve a tutti, miei cari lettori!
Lo so, questa volta sono in anticipo,
ma per una semplice ragione: questa notte partirò per le
vacanze alla volta delle Marche e poi della Grecia e per tutto questo
tempo non riuscurò ad aggiornare... Mi
sembrava cattivo lasciarvi per dieci giorni senza uno
straccio di capitolo, così mi sono preparata in anticipo.
Dunque, cosa ne pensate? Ci avviamo
sempre di più verso la fine della prima parte della storia,
visto che mancherà un capitolo, al massimo due. Anche in
questo capitolo ho mantenuto intatti diversi dialoghi, mentre alcuni
sono stati modificati per introdurre la nostra bella protagionista!
Questa settimana sarò
breve visto il caldo allucinante che sta pervadendo la mia casa, vi
ringrazio di cuore, ogni singolo lettore, per la vostra continua
presenza e vi do appuntamento al mio ritorno (all'incirca il 17) per un
nuovo capitolo....
Ringrazio gli dei per avermi concesso
una piscina in giardino e detto ciò corro subito a farmi un
tuffo!
Un bacione,
Jenny
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 13: Te Lo Hanno Mai Detto Che Sei Un Incosciente? ***
CAPITOLO
13: TE LO HANNO MAI DETTO
CHE SEI UN INCOSCIENTE?
L’ululato
dei Mannari era sempre più vicino e per
l’ennesima volta mi ritrovai a pensare cosa diavolo ci stessi
facendo io in
quella situazione. In un paio di settimane la mia vita era stata
stravolta e da
comune ragazza londinese ero diventata una Mezzelfa in viaggio con una
compagnia di Nani insieme a un Hobbit e ad uno Stregone.
Quella
corsa disperata mi distrasse dai miei pensieri e
mi concentrai per evitare di finire in trappola. Scendemmo rapidi
giù sul
fianco della montagna, senza mai voltarci, fino a quando dinnanzi a noi
scorgemmo uno strapiombo.
Non
potevamo fuggire, eravamo bloccati. Thorin e Dwalin
rimasero indietro per assalire le bestie, affinché non ci
attaccassero.
-Dobbiamo
metterci in salvo – gridò Dori, tutto
preoccupato -Signor Gandalf, hai qualche idea? –
Lui
alzò gli occhi al cielo e indicò gli alberi
dinnanzi
a noi: -Salite sugli alberi! Presto! –
Seguii
il suo consiglio e aiutai Fili a tirare su Bombur.
Poco dopo vedemmo tornare anche Thorin e Dwalin, le spade impregnate
del sangue
dei Mannari. Io tirai un sospiro di sollievo nel vedere che stavano
bene e in
pochi secondi si arrampicarono anche loro.
-Dov’è
Bilbo? – domandai a Thorin, non vedendolo intorno.
-E’
laggiù! – gridò il principe. Bilbo
correva più veloce
che poteva, cercando di lasciarsi alle spalle un enorme Mannaro nero.
-Presto
Bilbo, sali sull’albero -gridai io, tendendogli
una mano. Lui la strinse saldamente, pur avendo la mano sudaticcia e in
pochi
secondi lo tirai su proprio mentre i Mannari stavano per raggiungerlo.
All’improvviso
sopraggiunsero degli orchi e tra loro ne
avanzò uno imponente, dalla pelle pallida con profonde
cicatrici e con una mano
monca. Cavalcava un Mannaro albino e nel suo sguardo potei leggere un
odio
ancestrale.
Allo
scorgere di quella creatura Thorin sbiancò e per
poco non rischiò di cadere dall’albero: -Azog!
– gridò lui.
L’Orco
Pallido sghignazzò e iniziò a parlare in una
lingua a me sconosciuta, ma che Thorin sembrava comprendere
perfettamente. Le
uniche parole che capii furono “Thorin figlio di
Thrain”. Thorin era
paralizzato, il suo volto era una maschera di sgomento e continuava a
ripetere
che non era possibile che Azog fosse vivo.
Lanciò
più volte un’occhiata disperata a Balin, il quale
rispose con altrettanto sgomento. Anche Dwalin sembrava sconvolto,
mentre altri
-come Bilbo, Ori, Fili e Kili – avevano la mia stessa
espressione, incapaci di
capire.
Azog
puntò la sua mazza di pietra contro di noi e per la
prima volta da quando era arrivato parlò nella lingua
corrente, così che
potessimo capire: -Lui è mio – disse, indicando
Thorin – Uccidete tutti gli
altri! –
Al
suo ordine, i Mannari corsero verso di noi, saltando
verso i rami per azzannarci. Mentre Azog li incitava nella loro lingua,
uno di
loro saltò su un ramo e cercò di uccidere Bilbo,
così gli piantai la mia spada
dritta nel cranio, per poi salire sempre più in alto.
-Grazie
Aranel – mi ringraziò lo Hobbit, sudando freddo.
Io gli feci un cenno, quando mi accorsi che sotto di noi i Mannari
stavano
sradicando l’albero: in pochi secondi saremmo caduti.
-Saltiamo
sugli altri alberi! – gridai, prendendo la
rincorsa e lanciandomi verso uno dei rami dell’albero a
fianco. Non so dirvi
con che coraggio riuscii a saltare e arrampicarmi manco fossi una
ginnasta
professionista, l’unica cosa di cui sono certa è
che sentivo scorrere
l’adrenalina in ogni parte del mio corpo.
Saltammo
di albero in albero, fino a quando ci ritrovammo
tutti quanti sull’ultimo, quello che dava sullo strapiombo:
-Dobbiamo
allontanarli o sradicheranno anche questo – gridò
Thorin a Gandalf.
A
quel punto lo stregone ebbe una delle sue idee geniali.
Prese una pigna dai rami e con il suo bastone le diede fuoco, per poi
lanciarla
dritta in testa ai Mannari, i quali a quanto capii, erano terrorizzati
dal
fuoco. Seguimmo tutti il suo esempio e iniziammo a scagliare pigne
infuocate
contro Orchi e Mannari.
In
pochi istanti ai nostri piedi si formò un vero
inferno, dal quale quelle creature immonde scappavano. Esultammo per
questa
piccola vittoria, vedendo la rabbia montare sul volto sfigurato di Azog
e i
Mannari fuggire terrorizzati. All’improvviso però
anche le radici dell’albero
su cui eravamo abbarbicati cedettero e ci ritrovammo a penzolare nel
vuoto.
Evitai di guardare verso il basso, ma ero ben consapevole del buio che
stava
sotto di me. Mi strinsi ad un ramo, cercando di mantenere la presa
più stretta
che potevo.
Vidi
Azog ridacchiare e Thorin alzarsi in piedi, per
prepararsi ad affrontarlo.
-Thorin
no! – gridai -Ti prego non farlo! – Ero
terrorizzata. L’Orco Pallido lo avrebbe sicuramente ucciso e
io non avrei
potuto far nulla per evitarlo. Il Principe non mi diede retta e
impugnato un
ramo di quercia come scudo avanzò verso Azog, la spada
sguainata e lo sguardo
fiero.
-Non
ti devi preoccupare mia cara – mi disse Balin
-Thorin sa bene quello che fa –
Tuttavia
non riuscii a fidarmi appieno delle sue parole: Azog
si scagliò contro Thorin e lo investì in pieno
con il suo Mannaro al galoppo.
Si rialzò quasi subito, ma l’Orco Pallido lo
colpì in pieno volto con la sua
mazza ferrata. Cadde rovinosamente a terra, privo di forze.
-Dobbiamo
aiutarlo! – gridai, con le lacrime agli occhi –
Cosa stiamo aspettando? – Gli altri però non mi
sembravano intenzionati ad
affrontare l’Orco Pallido.
-Andiamo,
allora – fu Bilbo, l’unico a rispondermi. Con
uno sguardo pieno di gratitudine sguainai la spada e gli feci cenno di
seguirmi.
Scendemmo
dall’albero giusto in tempo per vedere il
Mannaro di Azog che azzannava Thorin tra le sue fauci, dilaniandogli la
carne,
per poi gettarlo a terra.
-Portami
la sua testa – gridò Azog a uno dei suoi Orchi.
-Ehi
tu! -gridai io -Lascialo stare –
Quello
mi guardò stupito, distratto abbastanza a lungo da
permettere a Bilbo di trafiggerlo con la sua spada. Corsi subito verso
Thorin e
notai con mio terribile dispiacere che aveva perso i sensi.
-Thorin
sono qui – gli sussurrai, sollevandogli la testa
-Devi svegliarti, dobbiamo andare – Non riuscivo
più a parlare, solo a piangere
-Thorin ti prego… -
Non
avevo più percezione di ciò che stava accadendo
attorno. Vidi solo Azog avanzare verso di noi con la mazza in mano,
mentre
Bilbo cercava di difenderci.
-Andate
via! – Non so dirvi cosa fosse, fatto sta che dal
ciondolo che portavo al collo si sprigionò
un’ondata di luce, un’energia
travolgente che mise in fuga Orchi e Mannari. Le Montagne Nebbiose si
illuminarono come se fosse giorno, persino il fuoco appiccato da noi si
spense
tale era l’energia che si liberò. Sentii quella
stessa energia che avevo
provato al cospetto di Laurelin e Telperion, poi più niente,
chiusi gli occhi e
mi accasciai a terra, sfinita.
Quando
li riaprii, vidi che mi trovavo a cavallo di
qualcosa di morbido e piumato… e stavo volando. Si trattava
di un’aquila,
un’aquila immensa. Nei suoi artigli giaceva Thorin, ancora
privo di sensi. A
fianco a me, su altri volatili, c’erano tutti i miei amici,
sani e salvi.
-Gandalf
– lo chiamai -Cos’è successo? –
Lui
sorrise, felice che mi fossi svegliata: -Quella tua
esplosione ci ha salvati – disse grato -E le Grandi Aquile
hanno fatto il resto
–
-E
Azog? –
-E’
in fuga con i suoi complici – rispose.
-Dove
ci stanno portando? – domandai allo stregone. Le
Aquile volavano veloci e sperai che ci stessero portando direttamente a
Erebor.
-Ci
lasceranno al Picco del Carrock. Da lì dovremo
proseguire a piedi –
Sperai
che le Aquile raggiungessero la nostra meta in
fretta perché la paura che Thorin fosse morto mi stava
logorando: avevo visto
Azog colpirlo parecchie volte, il suo Mannaro azzannarlo e alla fine
battere
violentemente la testa su quel grosso macigno.
Non
appena mi resi conto che ero arrivata sulla cima del
Carrock saltai giù dal dorso dell’Aquila e corsi
incontro a Thorin che era
stato appoggiato a terra con delicatezza dalle Aquile.
-Gandalf!
– urlai, chiamando lo stregone -Devi salvarlo.
Fa qualcosa, fa la stessa magia che hai usato per ricompormi le ossa o
qualcosa
di più forte, ma ti prego, lo devi salvare – Le
lacrime ricominciarono a
coprire il mio viso, alternate da singulti. I miei compagni ci
accerchiarono,
preoccupati tanto quanto me.
-Farò
tutto ciò che è in mio potere, mia cara, te lo
prometto – Mi inginocchiai a fianco del principe e gli
strinsi una mano. Era
gelida, come se la vita fosse scivolata via da essa. Gandalf si
avvicinò e
passando una mano sul corpo di Thorin iniziò a mugugnare
parole in elfico che
non riuscii a comprendere per l’agitazione.
-Ti
prego, ti prego, ti prego – sussurrai io, in preda al
panico.
Furono
secondi lunghi quanto un’eternità, ma quando
Gandalf ebbe finito, con mia somma gioia Thorin aprì gli
occhi e ricominciò a
respirare profondamente, osservando disorientato il paesaggio. Intorno
a me
vidi tutti sorridere sollevati, solo io non riuscivo a smettere di
piangere.
Non
avevo mai provato così tanta paura per la perdita di
una persona e pur vedendo che Thorin stava bene i miei occhi non davano
segno
di voler smettere di lacrimare: -Te lo hanno mai detto – gli
dissi io tra un
singulto e l’altro -Che sei un vero incosciente, Thorin
Scudodiquercia? –
Lui
sorrise, gli occhi lucidi: -Oh Aranel, me lo dicono
in molti –
D’istinto
mi avvicinai al suo viso e premetti le mie
labbra sulle sue: lo sentii ricambiare il bacio, mentre il sapore
salato delle
lacrime si mescolava in quel meraviglioso momento. Fu come se un peso
grande
quanto un macigno si fosse finalmente dissolto dal mio cuore. Intorno a
noi non
c’era più nulla, eravamo solo noi due e la
consapevolezza che nemmeno Azog
sarebbe mai riuscito a distruggerci.
Fu
solo quando ci staccammo che finalmente smisi di
piangere: -E questo cosa significa? – mi domandò
Thorin, accennando un sorriso.
-Credo
che tu lo abbia compreso da solo – gli dissi -Ora
dovresti ringraziare Bilbo, è lui che ci ha salvato. Ha
distratto l’Orco
Pallido e i suoi compari giusto in tempo perché Elanor
facesse il suo dovere… o
qualunque cosa abbia fatto –
Thorin
si alzò di scatto, andando incontro a Bilbo che
per tutto il tempo era rimasto in disparte: -Tu! Cosa credevi di fare?
– Il
tono di Thorin divenne improvvisamente cupo e severo, ben diverso da
quello
dolce che aveva usato con me pochi istanti prima -Ti sei quasi fatto
uccidere!
–
-Ma
zio, non dovresti… - cercò di intervenire Fili,
non comprendendo
il comportamento dello zio.
-Taci
tu! -sbraitò quello -Non ti avevo detto che saresti
stato un peso? Che non saresti sopravvissuto alle Terre Selvagge? Che
non c’è
posto per te nella compagnia? –
-Non
mi sono mai sbagliato tanto, in vita mia – D’un
tratto Thorin gettò le sue braccia attorno a Bilbo, il quale
rimase impalato
come uno stoccafisso, non capendoci più nulla -Scusa se ho
dubitato di te –
-No…
anche io lo avrei fatto. Non sono un eroe, né uno
scassinatore – farfugliò Bilbo, ancora sotto shock.
Tutti
applaudimmo contenti e io strinsi forte Gandalf,
ringraziandolo ancora una volta per il suo prezioso aiuto. Ad un tratto
lo
sguardo dei miei amici fuggì lontano, verso
un’ombra all’orizzonte: il profilo
di un’immensa montagna.
-E’
quello che penso? – domandai, raggiungendo Thorin.
Lui
annuii, le lacrime agli occhi e un sorriso radioso
sul viso: -Erebor, casa nostra –
Non so se la gioia altrui sia
in grado di influenzare il
tuo umore, tuttavia, per la prima volta dopo tanto, tanto tempo, mi
sentii
finalmente felice.
FINE
PARTE I
Spazio
Autrice:
Buonsalve miei cari autori e buon Ferragosto! (In stra ritardo, ma ok)
Come state? Io sono rientrata ieri dopo quattro giorni di mare ed una
settimana di tour della Grecia antica che mi ha fornito non poca
ispirazione. Oltretutto mi sono praticamente INNAMORATA dei paesaggi
montuosi della Grecia, tanto che per tutto il tempo mi sono messa a
cantare "Far over...
The Misty Mountains Cold..."
Tornando al nostro capitolo, che dire: Boooom!!!!
Finalmente è scoppiata la scintilla tra questi due! E in
questo modo igli shippers di questa coppia dovrebbero essere contenti.
I fans di Bilbo invece non me ne vogliano se ho introdotto Aranel in
una delle scene più importanti e simboliche, ma fa tutto
parte di un disegno molto più complesso e in quell'istante
avevo bisogno che anche Aranel facesse la sua parte...
Detto ciò, cosa sarà successo alla nostra
protragonista? Cosa avrà scatenato quell'ondata di luce? Lo
scopriremo nei prossimi capitoli!
Non spaventatevi da quel "Fine parte I": la storia andrà
avanti regolarmente ma questo intermezzo mi serviva assolutamente. La
storia inesorabilmente si evolve e anche i personaggi e in questo modo
per me è molto più facile segnare tali
cambiamenti.
Passando ai ringraziamenti, oggi vorrei ringraziare in modo particolare
mangamylove come
nuova recensista, Lolamars
che ha aggiunto la storia alle preferite e Thorin78 per avermi
aggiunta tra gli autori preferiti!
Grazie, grazie e ancora Grazie! I vostri piccoli gesti migliorano
sempre le mie giornate!
Detto ciò, non credo ci sia più nulla da
aggiungere. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e in questo caso vi
invito a farmelo sapere con un bel commento!
Io vi aspetto la settimana prossima!
Un bacione,
Jenny
|
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Capitolo 15 *** Capitolo 14: Dubbi E Domande ***
PARTE
II
CAPITOLO 14: DUBBI E DOMANDE
Avete
presente quando siete sott'acqua, l'ossigeno inizia a scarseggiare e
non appena
tornate in superficie e prendete una bella boccata d'aria vi sembra di
rinascere?
Ecco,
questa
è la sensazione che ho provato io quando mi sono ritrovata
sulla cima del
Carrock, a miglia di distanza da Orchi e Mannari con la consapevolezza
che
Thorin stava bene e non era morto.
Mi
sentivo
felice, al sicuro.
Inoltre
il
fatto che Thorin e Bilbo si fossero finalmente riappacificati non
potè che
farmi enormemente piacere: adoravo lo Hobbit, in lui rivedevo me
stessa.
Insicuro e non incline alle avventure. Anche lui come me era estraneo a
spedizioni segrete, combattimenti all'ultimo sangue e riconquiste di
tesori.
Quel
giorno
decidemmo di rimanere sulla cima del Carrock per riposarci un po': la
disavventura nelle miniere ci aveva sfiniti e l'incontro con l'Orco
Pallido
aveva terrorizzato tutti i miei amici. Non ricordavo granchè
di quei momenti,
solo – con mio grande rammarico – le fauci di un
enorme Mannaro chiuse sul
corpo esanime di Thorin e una violenta ondata di luce sprigionatasi dal
mio
ciondolo.
Raccogliemmo
le poche cose che ci erano rimaste e ci accampammo sul picco. In poco
tempo
sopraggiunse il tramonto e con lui le sue mille sfumature: dalla cima
del
Carrock si potevano vedere centinaia di miglia di terreno boscoso e
verdeggiante affiancato dal profilo delle montagne sull'orizzonte. Non
vedevo
un tramonto così splendido da quando avevo lasciato Imladris
tanto che a
Gandalf non sfuggì uno dei miei soliti sguardi incantati.
-Mia
cara
fanciulla, ti brillano gli occhi lo sai? – mi disse bonario,
affiancandomi. Ero
seduta sul bordo del picco, osservando l'orizzonte e la sagoma sbiadita
della
Montagna Solitaria.
-Lo
so… -
risposi io con un sorriso – Da dove vengo io non ci sono tali
meraviglie della
natura –
-Ricorda
sempre Aranel, che è questo il posto da cui vieni- mi disse
lo stregone,
facendomi l'occhiolino, pur capendo cosa intessi dire.
-Gandalf
ho
bisogno di chiederti una cosa… - iniziai io, diventando
immediatamente più
seria, tuttavia la voce di Bofur in lontananza lasciò
intendere che la cena era
pronta, così ci avviammo entrambi verso un fuocherello
scoppiettante a fianco
degli altri. Feci segno a Gandalf che ne avremmo riparlato
più tardi e mi
sedetti a fianco a Thorin.
Mangiammo
del pane raffermo con un po' di zuppa insipida: avevo i crampi allo
stomaco per
l'appetito, ma non volevo sembrare schizzinosa in quella situazione
così
complicata. Vidi che anche i miei amici, per quanto felici di essere
sani e
salvi almeno per un momento, avevano i visi solcati da un profondo
terrore e da
un'enorme stanchezza.
Soprattutto
Thorin: l'incantesimo d Gandalf lo aveva salvato ma le ferite e i
lividi
faticavano a rimarginarsi comunque. Per tutto ciò che aveva
subito a quest'ora
sarebbe dovuto essere morto e la sola immagine del suo corpo privo di
vita mi
fece accapponare la pelle così tanto da rabbrividire.
Mi
strinsi nel
mantello che mi aveva donato Thorin e mi beai di quel suo profumo
così
famigliare.
-Brutti
pensieri? – disse lui distraendomi dalle brutte immagini
prodotta dalla mia
mente. Io lo guardai stranita, stupendomi di come avesse intuito cosa
mi
passasse per la testa.
-Non
fare
quella faccia – disse lui, quasi divertito – Oramai
credo di conoscerti
abbastanza: quando sei preoccupata hai sempre quello sguardo fisso nel
vuoto-
Io mi
avvicinai a lui, stringendogli la mano: -Ho solo immaginato cosa
sarebbe successo
se Gandalf non ti avesse curato in tempo – la sua mano era
calda, piena di vita
– E non oso pensare a quante volte ancora ci troveremo in
situazioni così
pericolose –
Thorin
mi
strinse a se e io appoggiai la testa sulla sua spalla: -Non devi
pensarci – mi
sussurrò, accarezzandomi i capelli – Fin quando
non saremo giunti alla Montagna
Solitaria saremo sempre in pericolo. Ma siamo insieme e questa
è la cosa più
importante: senza di te e Bilbo io sarei morto. Ma se staremo tutti
untiti
vedrai che ce la faremo-
Rincuorata,
fissai il mio sguardo sulle fiamme crepitanti del fuoco dinnanzi a me.
Era come
se danzassero l'una attorno all'altra e per qualche istante mi parve
quasi di
discostarmi dalla realtà. Fu la timida voce di Ori a
richiamare la mia
attenzione.
-Aranel
puoi
cantarci una canzone? –
Sinceramente
con tutto quello che era successo cantare era l'ultima cosa che avevo
voglia di
fare, ma gli occhioni a palla di Ori e lo sguardo supplicante degli
altri
alaalla fine mi convinsero.
-E va
bene –
dissi io, iniziando a pensare a cosa cantare. All'improvviso mi venne
in mente
una canzone tratta dalla colonna sonora di uno dei film che avevo
adorato da
piccola e ripensando al testo constatai che fosse azzeccato per la
situazione
on cui ci trovavamo.
Così
iniziai a cantare:
“You're not alone,
together we stand
I'll be by your side, you know I'll
take your hand.
When it gets cold, and it feels like
the end
There's non place to go, you know I
won't give in.
No, I won't give in"
Mentre
cantavo lanciai un'occhiata a Thorin e gli strinsi la mano e lui di
rimando
accennò un sorriso. Sentivo gli occhi di tutti su di me e
devo ammettere che mi
sentii un po'j come Biancaneve quando cantava per i sette nani. Solo
che nel
mio caso erano più del doppio ed erano più
avventurosi.
“Keep holding on
‘Cause you we'll make it
trough, we'll make it through.
Just stay strong
‘Cause you know I'm here
for you, I'm here for you.
There's nothing you could say,
There's nothing you could
do
There' s no other way when it comes
to the truth"
Quando
finii di cantare fui felice di constatare che l'espressione sui
volti dei miei amici era nettamente migliorata e che quasi tutti
mostravano un
bel sorriso. Fili e Kili sghignazzavano tra di loro e persino Dwalin
pareva
sorridere.
-Vi
ringrazio, tutti voi- dissi io, mentre loro applaudivano.
Dopo
di ciò
i miei amici si diressero ai loro giacigli mentre io rimasi seduta di
fronte al
fuoco per fare il primo turno di guardia. Thorin mi lanciò
un'occhiata il cui
significato era “Stai attenta". Adoravo il modo in cui si
preoccupava
sempre degli altri, soprattutto di me.
Poco
dopo
che i miei amici si furono coricati, Gandalf mi raggiunse e si sedette
al mio
fianco: - Allora mia cara di che cosa volevi parlarmi prima?
– mi domandò
curioso.
Io
fui molto
contenta che se ne fosse ricordato, anche perché quei
pensieri mi giravano
nella testa da quando avevamo affrontato gli Orchi: -Ho bisogno di
sapere cosa
diavolo è successo quando l'Orco Pallido ci ha attaccati
– dissi io seria
-Quella luce… è fuoriuscita dal ciondolo come un
uragano! -
Ancora
una
volta mi tornò alla mente quella notte mentre un'ondata di
luce travolgeva
Orchi e Mannari e li metteva in fuga. Persino l'Orco Pallido era
rimasto
spiazzato da quel fenomeno e aveva preferito fare marcia indietro.
-Devo
ammettere che anche io ci ho riflettuto molto: che gli Orchi temono la
luce è
risaputo, ma sono più che sicuro che quella non fosse una
semplice luce –
Io
ripensai
a ciò che mi avevano detto lui e Re Elrond mentre ci
trovavamo a Granburrone:
-Credi che si trattasse della luce di Laurelin? –
Gandalf
sorrise annuendo: - Credo proprio di sì, mia cara Aranel-
accennò poi al
ciondolo della mia mamma – Qualcosa in te ha sprigionato il
potere di Elanor.
Non so dirti cosa però… Credo che lo scopriremo
in futuro-
Rimasi
piuttosto sconcertata dalle sue parole: il fatto che nemmeno Gandalf
sapesse
con esattezza cosa mi era successo non mi lasciava presagire nulla di
buono.
Tuttavia ero più che determinata a scoprire ogni segreto di
quel ciondolo per
imparare a domarne l'energia. Dal momento che non ero molto abile con
la spada
questo trucchetto ci sarebbe potuto tornare molto utile.
-Avrai
tutto
il tempo per rendere tuo il potere di Elanor – disse Gandalf
bonariamente,
quasi leggendomi nel pensiero -La tua forza di volontà
è grande, giovane Elfa.
Vedrai che con il giusto esercizio un giorno sarai in grado di domarlo-
Sapevo
che
Gandalf voleva incoraggiarmi, tuttavia dentro di me sentivo una certa
fretta di
imparare e conoscere. Ero impaziente di poter dare finalmente un
contributo
concreto e non solo in maniera casuale e purtroppo sapevo bene di non
poter
fare granchè con la spada.
-Sarà
meglio
che dia il cambio a Bofur- dissi infine alzandomi. Ero rimasta
così tanto tempo
persa nei miei pensieri e a chiacchierare con Gandalf che non mi ero
resa conto
che il tempo era volato.
Il Mago mi
augurò la buonanotte, mentre estraeva dalla sua lunga veste
una pipa e del
tabacco. Io svegliai Bofur e lo convinsi a prendere il posto si
guardia, dopodiché
mi sdraiai poco lontano dal fuoco e steso il mio giaciglio a terra
caddi in un
sonno profondo in cui per qualche ora sarei stata lontana da Orchi e
Mannari.
Spazio
Autrice:
Heilà, salve a tutti!
Sì, sono tornata (anche se
con due giorni di ritardo...). Avrei dovuto aggiornare ieri ma per la
prima volta in vita mia sono stata colta da un'emicrania e la cosa mi
ha parecchio spaventata (lo so, sono ipocondriaca)... cielo, voi che la
avete tutti i giorni come fate a soportarla???
Comunque, cambiando discorso, ecco
iniziata la seconda parte di questa storia subito con una bella scena
totalmente di mia creazione: che ne pensate? Il rapporto tra i nostri
due protagonisti sta iniziando ad evolversi e poter finalmente scrivere
qualcosina di https://www.youtube.com/watch?v=_Gcrx2Ab0FMpiù
romantico su di loro mi piace da matti.
La canzone che ho scelto di
introdurre in questo capitolo si chiama "Keep Holding On" di Avril
Lavigne e se siete nerd tanto quanto lo sono io vi ricorderete che fu
una delle principali tracce della colonna sonora del film "Eragon" ,
anche se a differenza della nostra protagonista lo ho letteralmente
odiato, tranne che per la musica. Lascio il link per coloro che non la
hanno mai sentita e sono curiosi ( https://www.youtube.com/watch?v=_Gcrx2Ab0FM
)
Detto ciò non mi resta
altro da fare che ringraziarvi tantissimo come sempre e darvi
appuntamento alla prossima settimana!
Un bacio,
Jenny
|
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Capitolo 16 *** Capitolon 15: Il Segreto Della Luce ***
CAPITOLO 15: IL SEGRETO DELLA LUCE
Dormii
pochissimo, praticamente nulla.
Mi
girai e rigirai nel mio minuscolo giaciglio per ore,
senza mai riuscire ad addormentarmi sul serio: il fatto di essere
lì, sprecando
il mio tempo a dormire piuttosto che ad imparare a controllare il
potere del
ciondolo mi dava i nervi e mi faceva sentire oltremodo inutile.
Stufa
di quello stato di dormiveglia, mi alzai risoluta e
cercando di fare meno rumore possibile mi allontanai dal nostro
accampamento.
Ori era di guardia e il fatto che si terrorizzasse per ogni singolo
rumore non
aiutò per niente la mia fuga clandestina.
La
luna splendeva alta in un cielo calmo e sereno, il che
mi aiutò a non inciampare a terra. Il Picco del Carrock era
abbastanza
illuminato da permettermi di muovermi senza problemi, così
in pochi minuti
trovai una zona riparata e lontana dagli occhi dei miei amici.
Mi
sedetti a gambe incrociate sull’erba tenera e umida di
rugiada notturna, sfilandomi il ciondolo di mia madre dal collo. Il
monile a
forma di sole dorato e i piccoli cristalli incastonati brillavano alla
luce
della luna, conferendogli – se possibile –
ulteriore fascino.
Lo
rigirai più volte nelle mani, cercando di percepire un
qualche segno della sua energia luminosa.
Zero
assoluto.
Era
solo un normalissimo ciondolo a forma di sole, tutto
qui. Eppure avevano visto tutti ciò che era riuscito a fare,
me compresa.
Ripensai
con ordine a tutto ciò che era accaduto di
insolito da quando mia madre mi aveva consegnato il ciondolo, quando
ero una
ragazzina.
Dunque,
sulla Terra era filato tutto liscio: niente
bagliori, niente lampi o scariche di energia… Solo una
fastidiosa reticenza a
parlare di esso da parte di mio padre. E solo in quel momento mi resi
conto che
in effetti aveva ragione. D’altra parte, chi non cercherebbe
di proteggere la
propria figlia da un mondo parallelo popolato da Orchi, Goblin, Nani ed
Elfi?
Ripensando
alla Terra, non riuscii in alcun modo a
evitare un forte attacco di nostalgia: la mia casa a Londra mi mancava
da
morire, mi mancava la mia quotidianità, ma soprattutto mi
mancava mio padre.
Volevo vederlo, volevo che mi spiegasse tutto ciò che mi
aveva nascosto per
anni.
Volevo
solo sapere la verità.
Scossi
la testa violentemente, tornando a concentrarmi
sul ciondolo: allora, i problemi erano di certo cominciati quando avevo
messo
piede nella Terra di Mezzo e su questo non c’erano dubbi. Il
primo bagliore si
verificò a Imladris, quando Re Elrond mi consegnò
la mia spada, mentre la volta
successiva fu proprio durante l’attacco di Azog.
Mi
sforzai di trovare un collegamento tra i due eventi,
ma non giunsi ad alcuna conclusione: la prima volta quel lampo di luce
aveva
funto da catalizzatore con i ricordi di mia madre, mentre la seconda
volta aveva
quasi provocato un’esplosione per proteggere Thorin dai
Mannari di Azog.
Rinunciai
subito a capire il senso di quelle onde
d’energia e mi adoperai per imparare ad evocarle io stessa:
in questo modo
sarebbe stato molto più facile generarle in caso di
pericolo, e soprattutto
controllarle.
Posi
il ciondolo davanti a me e chiusi gli occhi: mi
concentrai, cercando di visualizzare nella mia mente quella scarica di
energia
che avevo percepito osservando con i miei occhi il grande Laurelin.
Immaginai
minuscoli fili d’oro, luce pura che fuoriusciva dal ciondolo,
illuminando il
paesaggio intorno a me, cercai di sentire ogni singolo granello di
energia, il
loro calore, l’immensa potenza racchiusa in ognuno di essi.
Quando
riaprii gli occhi fui molto delusa nel constatare
che non era successo un bel niente: Elanor stava lì,
immobile, esattamente
nella stessa posizione in cui lo avevo lasciato prima. Imprecai
mentalmente ma
mi rimisi subito al lavoro.
Dopo
svariati tentativi fallimentari, tuttavia, iniziai a
sentirmi piuttosto stanca e una sensazione di pesante sconforto mi
pervase: non
ero in grado di fare assolutamente niente, avevo un immenso potere tra
le mie
mani ma non ero in grado di gestirlo. Per di più mi sentivo
un peso nella
compagnia, come se la mia presenza stesse distraendo i miei amici dal
loro
obiettivo finale.
A
causa di questo turbinio di emozioni, scoppiai in un
pianto silenzioso, cercando di trattenere i singulti per non svegliare
i
ragazzi.
-Cosa
sono queste lacrime? – una voce calda e profonda mi
colse di sorpresa, facendomi tremare come una foglia.
Io
mi voltai, asciugandomi le lacrime per evitare di
farmi vedere in quelle condizioni pietose, ma oramai il danno era fatto.
-Niente
di importante – biascicai io, tirando su con il
naso -Davvero non c’è nulla da vedere –
Thorin
sorrise dolcemente, asciugandomi le ultime lacrime
con le sue mani forti: -Ancora ti ostini ad essere così
rigida? – mi alzò il
mento delicatamente, costringendomi a guardarlo negli occhi -Sai
benissimo che
non mi puoi nascondere nulla, mia cara… -
-Hai
ragione – sospirai io, baciandogli la mano e
avvicinandomi a lui. In breve tempo gli spiegai tutto ciò
che mi passava per la
testa, ogni dubbio e ogni preoccupazione.
Thorin
mi ascoltò in silenzio per tutto il tempo, come
faceva sempre, senza mai intervenire, nemmeno per sdrammatizzare la
situazione.
-…
Vorrei poter controllare l’energia del ciondolo, ma
non ne sono in grado – dissi alla fine, concludendo il mio
racconto.
Solo
a quel punto Thorin parlò: -Perché non mi hai mai
detto nulla? –
Io
alzai le spalle, torcendomi le mani: -Non lo so… tu
avevi già troppe cose a cui pensare: la Compagnia, Azog, la
profezia di Oin…
Non mi sembrava il caso di appesantire ulteriormente questo fardello
–
-Tu
per me non sarai mai un fardello, ricordatelo –
A
quelle parole il mio cuore perse un battito e feci
davvero fatica a trattenermi dallo scoppiare a piangere di nuovo.
-Comunque,
mi è venuta in mente un’idea –
continuò
Thorin, prendendo in mano Elanor -Hai mai pensato a cosa accomuna le
scariche
di energia avvenute? –
Io
annuii: -Certo che sì, ma mi sembra che siano fin
troppo diverse… Cosa possono avere in comune
l’evocazione di vecchi ricordi e
una sottospecie di campo di protezione? –
Thorin
sorrise sornione, riappoggiando il ciondolo a
terra: -Io credo di saperlo, ma voglio che sia tu a dirmelo –
In
quel momento mi sentii un’idiota: io avevo passato ore
a rimuginare sulle cause e gli effetti di quei fenomeni e in pochi
minuti
Thorin era riuscito a trovarne la Chiave di Volta.
-Ovviamente
le mie sono solo supposizioni, ma vorrei fare
un tentativo. Ora chiudi gli occhi –
Feci
come mi era stato detto e sentii Thorin mettere le
mie mani a coppa rovesciata, presumibilmente sopra Elanor.
-Bene,
ora concentrati sulla luce – mi disse -Vedi di che
colore è, che forma può assumere, se è
calda o fredda… Ma mi raccomando, non
aprire gli occhi per nessuna ragione -
Visualizzai
il tutto nella mia mente, esattamente come
avevo fatto prima, pur non capendo dove volesse andare a parare Thorin.
Riuscivo
a percepire il calore sprigionato da Laurelin,
quando all’improvviso sentii le labbra ruvide del principe
sulle mie. Quel
gesto mi colse all’improvviso, ma feci come mi aveva detto e
non aprii gli
occhi, anche se avrei voluto…
-Ora
apri gli occhi – disse Thorin, staccandosi
dolcemente -E guarda tu stessa –
Non
appena spalancai gli occhi rimasi come folgorata: una
piccola sfera di pura luce dorata giaceva nelle mie mani, fuoriuscendo
direttamente dal ciondolo.
-Co…
come ci sono riuscita? – domandai per la sorpresa,
ancora incredula -Che cosa è successo? –
Thorin
mi chiuse le mani sopra quella minuscola sfera e
io ne percepii ancora di più l’energia.
-La
chiave per domare il potere di Laurelin… -
-…
Sono le emozioni – conclusi io, sorridendo come un
ebete.
Mi
infilai nuovamente il ciondolo al collo, facendo
svanire quel piccolo segno d’energia: -Non so come avrei
fatto senza di te –
dissi a Thorin, avvicinandomi e baciandolo di nuovo, questa volta con
più
trasporto.
-Ce
la avresti fatta comunque – sussurrò il principe,
tra
un bacio e l’altro -Ora però sarà
meglio riposare, domani dovremo riprendere il
viaggio –
Non
accennò nemmeno a tornare all’accampamento: Thorin
si
stese sull’erba e mi invitò a stendermi accanto a
lui. Con le guance in fiamme
mi accoccolai accanto al suo petto, mentre le sue braccia possenti mi
stringevano a sé.
Thorin
mi coprì con il suo mantello affinché non
prendessi freddo, ma evitai di dirgli che in quelle condizioni avrei
rischiato
più di soffocare per il caldo…
Prima di addormentarmi gli
lasciai un altro dolce bacio a
fior di labbra, per poi cullarmi con il respiro del suo petto.
Spazio Autrice:
Buonsalve
a tutti, miei cari lettori!
Come
state? Io sono piuttosto in crisi perchè
è appena finita la settima stagione di Game of Thrones e
dovrò aspettare altri due anni per vedere la prossima, ma
allo stesso tempo sono contenta perchè finalmente sono
maggiorenne anche io, yeeee!!
Parlando
della nostra storia, COLPO DI SCENA! Aranel ha finalmente iniziato
capire qualcosina del potere di Laurelin, soprattutto grazie all'aiuto
di un bel nano di mia
conoscenza... Alzi la mano chi pensava che ci fosse sotto un'oscuro e
arcano segreto che permetteva ad Aranel di usare il potere della
luce... Nessuno? Sicuri?
Brava
Jenny, viva l'originalità!
Spero
che per voi non sia un problema se ogni tanto, con questi capitoli
soprattutto, mi prendo qualche libertà e devio dalla trama
principale: queste piccole scene mi servono per caratterizzare meglio
la protagonista e, perchè no, arricchire la storia.
Detto
ciò, vorrei segnalarvi una bellissima pagina facebook,
chiamata Fanwriter.it :
io lo definirei il paradiso per tutti coloro che hanno la passione
della lettura e della scrittura. Queste ragazze organizzano dei contest
a tema, a seconda del periodo (per esempio adesso è attivo
un contest sul ritorno a scuola, chiamato Back to School)
perciò se siete curiose vi invito davvero a passare!
In
conclusione, io viringrazio come sempre per il vostro tempo che
dedicate a questa storia e vi do appuntamento alla settimana prossima!
Un
bacione e a presto!
Jenny
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 16: Una Misteriosa Creatura ***
CAPITOLO
16: UNA MISTERIOSA CREATURA
-Woo
oh! Complimenti zio! –
-Dovresti
insegnarci qualche trucchetto! –
La
mattina, alle prime luci dell’alba fui svegliata da un
paio di voci fin troppo arzille, per i miei gusti. Quando aprii gli
occhi, vidi
Fili e Kili in piedi davanti a me, con le braccia incrociate e un
sorriso
malizioso stampato in faccia.
Solo
in quel momento mi resi conto che non ero tornata
all’accampamento
la notte precedente e che Thorin dormiva a fianco a me, stringendomi.
-Se
non ve ne andate entro due secondi giuro che vi
disintegro – disse Thorin con una calma disarmate. Tuttavia
la minaccia
funzionò a dovere, tanto che Fili e Kili se la diedero a
gambe levate.
Io
divenni paonazza per l’imbarazzo e iniziai a
riflettere su come avrei fatto quel giorno a guardare i miei amici in
faccia
senza morire di vergogna.
-Buongiorno
– disse Thorin, mutando completamente il tono
di voce.
-Buongiorno
– E gli stampai un bacio sulle labbra.
-Perdona
i miei nipoti – riprese il principe -A volte
sono degli idioti. O forse lo sono sempre –
Io
scoppiai a ridere, stiracchiandomi per bene e
assaporando la fresca aria mattutina.
-Ora
ci conviene raggiungere gli altri –
A
quel pensiero iniziai a sentirmi male, ma evitai di
proferire parola.
E
come previsto, una volta messo piede nell’accampamento
una dozzina di sguardi ambigui e maliziosi piombarono su me e Thorin.
Ovviamente tranne quelli di Bilbo – che grazie al cielo aveva
ancora un minimo
di decoro – e quello di Gandalf, tutto occupato a preparare
la partenza per
accorgersi che io e Thorin eravamo spariti nel bel mezzo della notte.
-Dobbiamo
muoverci – iniziò lo stregone – Avremo
anche
seminato gli Orchi una volta, ma nulla impedisce loro di raggiungerci,
quindi
sbrigatevi! –
Affiancai
lo stregone, aiutandolo a raccogliere le poche
cose che ci erano rimaste. In verità avevo un disperato
bisogno di parlare con
lui riguardo la mia scoperta della sera precedente. Magari mi avrebbe
potuto
aiutare a controllare quell’energia, o meglio, ad usarla per
aiutare i miei
amici.
-Gandalf
io… -
-Non
ora mia cara – mi rispose lui, brusco -Ho detto che
dobbiamo darci una mossa e ti assicuro che non stavo scherzando.
Parleremo dopo
–
E
dopo essere stata liquidata in quel modo non potei fare
a meno che unirmi all’Allegra Brigata e mettermi in marcia.
-Scenderemo
dal Carrock, dopodiché proseguiremo il nostro
cammino nelle pianure – avvisò Gandalf, scendendo
già i primi scalini -E prestate
attenzione, non sarà affatto facile -
Non
a caso, la discesa dal Carrock fu probabilmente una
delle camminate più estenuanti della mia vita: i gradini
erano ripidi e
scivolosi, costituiti da quel tipo di rocce che a furia della continua
erosione
diventano lucide come specchi, il che non aiutò per niente
la nostra impresa.
Non
sto ad elencarvi il numero di volte in cui vidi
Bombur in procinto di scivolare e investirci tutti con la sua dolce
mole, ma
nemmeno io posso vantarmi di essere stata un’eccellente
escursionista, viste le
diverse volte in cui il mio sedere cadde rovinosamente sul terreno.
-Come
fanno ad esserci degli scalini scolpiti nella
roccia? – domandò Kili ad un certo punto
-E’ una cosa innaturale! –
-Vedi
mio caro Kili, qualcuno tempo fa, molto prima che
gli Orchi scendessero dal Nord, aveva fatto di questo picco la sua roccia e aveva deciso di rendere la
sua scalata più agevole per lui e per la sua famiglia
– spiegò Gandalf, pur non
rallentando il passo -Era il suo rifugio, un posto tranquillo in cui
stare
quando… beh quando aveva delle esigenze particolari
–
-E
chi era costui? – domandò Ori, sempre con la sua
vocina timida.
-Qualcuno
che spero non dovrete mai incontrare. Sapete,
prova un certo astio nei confronti dei nani… - concluse
Gandalf, lasciando
cadere il discorso.
Scendemmo
ancora per diversi metri, quando iniziai a
sentire un fastidioso dolore alle caviglie. Notai che anche i miei
amici erano
piuttosto provati da quell’estenuante discesa, soprattutto
Thorin, le cui
ferite non erano ancora perfettamente guarite.
Mi
affiancai a lui con sguardo preoccupato: -Ehi, tutto
bene? –
-Sto
bene, non preoccuparti – mentì Thorin, ma le sue
smorfie e le membra livide dicevano tutt’altra cosa.
Non
insistetti oltre e accelerai il passo per raggiungere
Gandalf, in testa al gruppo.
-Gandalf,
adesso dobbiamo proprio parlare –
Lui
mi sorrise, dandomi la mano per scendere da un
gradino più grande degli altri: -Sono
tutt’orecchi, ragazza mia –
E
così gli raccontai tutto – o quasi –
ciò che era
successo la sera precedente e di come fossi riuscita a evocare la luce
di
Laurelin. Gandalf fu molto sorpreso del fatto che ce l’avessi
fatta e si
congratulò con me, pur ammettendo di non essere in grado di
aiutarmi a fare
pratica.
-Vedi,
mia cara – mi spiegò –
Quest’energia… questa luce
è per me una grande novità. So solo che ad una
persona era stato concesso
l’onore di possederla e solo quella persona era stata in
grado effettivamente
di domarla –
Per
me fu un brutto colpo non poter contare sull’aiuto di
Gandalf, ma d’altra parte iniziai a comprendere la grandezza
e il potere di
quell’energia e l’importanza del compito che mi
aveva lasciato mia madre con il
ciondolo.
Poco
tempo dopo giungemmo finalmente ai piedi del Carrock
e con somma gioia per le nostre caviglie proseguimmo la strada in
pianura: le
distese pianeggianti verdeggiavano e gli alberi alti e massicci ci
permettevano
di mimetizzarci alla perfezione con il paesaggio. In lontananza si
riusciva a vedere
il profilo delle Montagne Nebbiose, coperte da uno spesso strato di
nuvole e
nebbia.
Era
quasi l’ora del tramonto quando nell’aria
risuonò un
violento boato che ci fece accapponare la pelle.
“No,
non di nuovo” pensai io, immaginando Azog a cavallo
del suo Mannaro albino darci la caccia.
-Cosa
diavolo è stato? – gridò Kili,
allarmato, estraendo
subito la spada.
Ori
divenne una maschera di terrore: -Siamo spacciati… ci
hanno trovato –
-Non
credo, non possono essere così vicini –
bofonchiò
Gandalf, irritato – Ma sarebbe meglio controllare. Bilbo!
–
Al
solo suono del suo nome lo Hobbit sobbalzò
terrorizzato: -Devi andare in avanscoperta! Sei quello con il passo
più
leggero, nessuno ti sentirà arrivare – disse
Gandalf – Noi ti aspetteremo
vicino allo strapiombo, così saremo nascosti dalle rocce
–
Il
Mago non gli lasciò nemmeno la possibilità di
obiettare, così il povero Bilbo si incamminò da
solo verso gli peroni più alti
della rupe, tremando come una foglia.
-Non
farti uccidere – gridai io, prima che sparisse del
tutto, mentre i miei compagni ridacchiavano sottovoce. La fifa di Bilbo
era
probabilmente una delle cose più spassose che ci capitava di
vedere in quei
momenti così carichi di tensione.
Per
fortuna però qualche minuto dopo lo Hobbit fece
ritorno tutto trafelato e con uno sguardo preoccupato sul viso: -Il
branco è
troppo vicino, un paio di leghe non di più –
inspirò rumorosamente per prendere
fiato – Ma questa non è la parte peggiore.
C’è una strana creatura là fuori!
–
-Che
forma ha assunto? – domandò Gandalf, pensieroso
-Quella di un orso? –
Bilbo,
seguito da noi tutti, sgranò gli occhi, non
capendo: -Si… sì, ma era molto più
grosso di un orso –
Gandalf
si voltò risoluto: -E tu sapevi di questa
bestia?! – strillò Bofur, -Io propongo di fare
marcia indietro –
Io
incrociai le braccia, alzando gli occhi al cielo: -Non
essere sciocco, gli Orchi ci braccherebbero subito! –
I
miei amici iniziarono a litigare su quale fosse
l’opzione migliore, quando all’improvviso la voce
di Gandalf li zittì tutti:
-C’è una casa, poco lontano da qui, dove noi
potremmo… si insomma, potremmo
trovare riparo –
-Di
chi è la casa? Amico o nemico? – Nemmeno Thorin
sembrava molto favorevole all’idea di Gandalf.
-Nessuno
dei due. Lui ci aiuterà o ci ucciderà –
Thorin
mi sembrava ancora molto titubante, così
intervenni per convincerlo: -Thorin, che scelta abbiamo? –
-Nessuna
–
Un
altro terrificante boato ci costrinse a correre
nuovamente e questa volta a perdifiato: eravamo braccati non solo da un
manipolo di orchi, ma anche da una gigantesca bestia feroce che per
qualche
strana ragione Gandalf conosceva.
Corremmo
verso l’entroterra, superando rigagnoli d’acqua
e prati fioriti, fino a quando, in mezzo alla boscaglia, il ringhio
dell’animale si fece più violento e solo in quel
momento ci rendemmo conto di
quanto fosse vicino.
-Bombur,
coraggio dobbiamo andare! – gridai io al mio
compagno, impalato per un attacco di panico -Corri! –
Usciti
dal bosco, vidi in lontananza una piccola oasi in
mezzo ad un immenso campo brullo, con una casa racchiusa da alberi e
cespugli
immensi e curati: -Ecco la casa! – gridò Gandalf
– Muoviamoci –
Ma
in quello stesso istante vidi la belva spuntare fuori
dal bosco, sbraitando e correndo ad una velocità spaventosa.
Corsi più veloce
che potei, pur sentendo le caviglie andare in fiamme e i polmoni sul
punto di
esplodere.
-Aprite
la porta, presto! – gridò Thorin, sopraggiungendo
tra gli ultimi.
Non
appena entrammo nell’oasi, tutti i miei amici si
fiondarono sul massiccio portone di legno, cercando di sfondarlo. Non
avevano
di certo visto che c’era una semplice serratura.
-Per
l’amor del cielo, fate largo – urlai io, facendomi
spazio in quella bolgia. Spinsi il catenaccio e in un secondo ci
fiondammo
dentro e richiudemmo la porta, proprio mentre quella creatura tentava
di
varcare la soglia. Con tutta la forza di cui eravamo dotati spingemmo
il
portone per cacciarlo via e alla fine riuscimmo nell’impresa,
afflosciandoci
sul pavimento come marionette per la stanchezza.
Spazio
Autrice:
Buonsalve a tutti! Come
state?
Prima di parlare della storia volevo
fare una piccola parentesi su una cosa che mi è successa
giovedì, anche se non ve ne frega una mazza ahahaha : in
poche parole, giovedì sera ho festeggiato i miei diciotto
anni e ho visto arrivare i miei amici con un pacco gigantesco. Inutile
dire che la mia curiosità era alle stelle, ma non appena
l'ho aperto sono letteralmente schizzata in piedi per urlare: ORCRIST.
Mi hanno regalato la riproduzione ufficiale della spada di Thorin, vi
rendete conto?!' Adesso l'ho appesa al muro della mia stanza e ogni
volta che la guardo la mia espressione è peggio di quella di
Gollum con l'Anello....
Ma chiudiamo questa inutilissima
parentesi che è meglio.
Che ne pensate del capitolo? Piano
piano sto introducendo una figura che io reputo importantissima nel
libro di Tolkien, ovvero Beorn: trovo che sia un alleato e un aiuto
molto prezioso per la compagnia e cercherò di dargli
maggiore rilievo rispetto al film, dove a parer mio è stato
un po' messo da parte.
Questo è stato solo un
capitolo di transizione, ma vi prometto che nel prossimo ci
sarà qualcosa in più!
Vi aspetto e buon rientro a scuola
per chi, come me, martedì ricomincia l'incu... ehm volevo
dire la scuola!
Un bacio,
Jenny
|
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Capitolo 18 *** Capitolo 17: Una Notte Tra Incubi E Malinconia ***
CAPITOLO
17: UNA NOTTE TRA INCUBI E MALINCONIA
-Quello
cos’è? – con gli occhi fuori dalle
orbite più che
mai, Ori era sull’orlo dell’infarto. Come tutti
noi, del resto.
-Il
nostro anfitrione – disse Gandalf pacatamente - si
chiama Beorn. È molto forte ed è un mutatore di
pelle-
Io
lo guardai con aria interrogativa, dal momento che
ignoravo totalmente che cosa potesse essere un mutatore di pelle.
L’unica cosa
simile al termine “mutatore di pelle” che mi venne
in mente furono i serpenti,
che dopo la muta lasciavano le loro carcasse di pelle morta in giro.
E
la cosa mi fece un po’ schifo…
Eppure
anche questa volta non fui l’unica a non sapere un
accidente: - Cosa? un pellicciaio che spaccia le pelli di coniglio per
pelli di
scoiattolo? - chiese Bilbo sconvolto.
-Per
tutti i Valar, certo che no» disse Gandalf burbero -Non
essere sciocco, signor Baggins e per carità non pronunciare
di nuovo la parola
pellicciaio a meno di cento miglia di distanza dalla sua casa!
È un mutatore di
pelle. Muta la sua pelle: talvolta è un grosso orso nero,
talvolta è un uomo
forte dai capelli neri con due grosse braccia e una gran barba
–
Anche
con questa accurata descrizione non riuscii a
capire che diavolo fosse un mutatore di pelle ma non diedi troppa
importanza
alla cosa, anche perché avevo la netta sensazione che lo
avremmo incontrato
molto presto.
Mi
concentrai invece sulla casa: non avevo mai visto un
posto così in tutta la mia vita. Era tutto gigantesco, come
se ci abitasse il
Gigante della fiaba “Jack e il fagiolo magico”, le
travi e le colonne erano di
un bellissimo legno chiaro, intarsiate con motivi floreali e altri
disegni
bellissimi. Era un posto tranquillo, ordinato e accogliente che
trasmetteva un
senso di protezione e sicurezza. Un odore dolce di miele, cera
d’api e legno
impregnava ogni cosa.
Respirai
a pieni polmoni quell’aria, sentendomi
finalmente al sicuro, almeno per qualche ora.
-Bene,
ora mettetevi tutti a dormire – ordinò Gandalf,
intimandoci di raggiungere quella parte della casa adibita a
mangiatoia, dove
l’aria era più calda e c’era del soffice
fieno su cui sdraiarsi. Così, dopo
esserci diretti lì, presi posto vicino al mio amico Hobbit e
in pochi minuti mi
addormentai.
Quando
aprii gli occhi, il terrore pervase il mio corpo e
la mia mente.
Ti
prego, non di nuovo, non di nuovo…
L’accogliente
casa di Beorn era sparita e attorno a me
regnava il caos più assoluto: case che andavano a fuoco,
gente che urlava e
piangeva e l’agghiacciante verso di un drago che risuonava
nell’aria.
Sai
benissimo che è un sogno, devi solo svegliarti, mantieni la
calma.
Eppure
non riuscivo a muovermi: era come se tutto ciò che
avevo intorno fosse reale, come se anche io facessi parte di quel
panorama
apocalittico. Sentivo la voce di una bambina chiedermi aiuto, la sua
leggera
voce, come un sussurro, che tante volte avevo già sentito. E
puntualmente
accadeva l’inevitabile: la bimba veniva bruciata viva dalle
fiamme diaboliche
del Drago davanti ai miei occhi, insieme a molti poveri altri innocenti.
A
questo punto mi svegliavo. Ma non stavolta.
Ero
ancora lì, immobile, in mezzo alla Desolazione di
Smaug: il terrore di non essere più nella casa di Beorn e di
essermi persa nei
meandri dei miei incubi non fece altro che spaventarmi di
più. Mi guardai
intorno, il cervello completamente offuscato, cercando di trovare un
modo per
andarmene di lì.
Ma
in tutta quella baraonda non riuscivo a pensare a
niente se non alla carneficina che si stava consumando davanti a me.
Sentii la
terra tremare sotto i miei piedi per il violento ruggito del Drago,
bambini
disperati che piangevano accucciati vicino alle macerie delle loro case.
E
io ero immobile. Qualcosa, non solo la paura o il
terrore mi impediva di muovermi. Era come essere circondata da una
barriera
invisibile.
Ero
solo una spettatrice.
Ad
un tratto, qualcosa catturò la mia attenzione,
qualcosa che mi lasciò a bocca aperta: lunghi capelli del
color della luna
celati da un pesante mantello scuro ed Endacil, la Vittoriosa stretta
in una
mano troppo piccola per essere quella di un uomo. Correva, tenendo tra
le
braccia un bambino che piangeva disperatamente.
Non
vedevo il suo volto, ma ero sicura che si trattasse
di mia madre. E quel bambino dovevo essere io.
La
chiamai a gran voce più di una volta, dal momento che
mi era impossibile muovermi. Urlai fino a sentir bruciare la gola. Il
desiderio
di vederla viva, così reale era così forte che
ero sicura che sarei svenuta per
l’emozione.
Un
grido più forte degli altri forse la raggiunse
perché
la vidi bloccarsi. Stava per girarsi verso la mia direzione, stava per
guardarmi, quando una violenta luce bianca prese il posto di quel
triste
paesaggio ed io ebbi come la sensazione di cadere nel vuoto.
Non
ora, ti prego…
Spalancai
gli occhi, ma ciò che vidi mi lasciò
amareggiata: la casa di Beorn era sommersa da un silenzio quasi
surreale e i
miei amici dormivano sereni tra le enormi balle di fieno della
mangiatoia. A
fianco a me, Bilbo ronfava a bocca aperta, russando non poco.
Sorrisi
tristemente per quello spettacolo e mi diressi in
cucina. Con non poca fatica mi issai su una seggiola gigantesca e dopo
aver preso
una ciotola mi servii del latte fresco che troneggiava in
un’enorme caraffa al
centro del tavolo.
Quel
piccolo gesto mi fece tornare in mente quando ero
piccola e mi svegliavo nel bel mezzo della notte per un temporale o per
un
incubo e andavo a svegliare mia madre. Dopodiché lei mi
portava giù in cucina e
mi riempiva un bicchiere di latte.
“Te
lo hanno mai raccontato che tutte le paure svaniscono di fronte alla
dolcezza
del latte? – domandò Lilith.
Io
scossi la testa: -Secondo me te lo sei inventata! –
-Amore lo sai che
non ti dico bugie! Bevi qualche sorso e vedrai che ti sentirai meglio!
–
Il
ricordo della mia mamma e il fatto di non essere
riuscita a vederla, anche solo per un secondo, in quella visione,
sgretolò
anche l’ultima briciola di forza che avevo in corpo e iniziai
a piangere come
una bambina: mi mancavano i miei genitori, la mamma, papà
che probabilmente a
Londra stava impazzendo dal dolore per la mia scomparsa.
Da
una piccola tasca interna del mio cappotto tirai fuori
la pergamena che avevo sottratto da casa mia: la stirai per bene e
iniziai a
fissarla. Mio padre era quasi irriconoscibile con quei lunghi capelli
castani e
la barba incolta, mentre mia madre era sempre la stessa, con i suoi
occhi
dolci, il viso roseo e i capelli biondissimi.
-Un
po’ di nostalgia, bambina mia? – La voce di Balin
mi
fece sobbalzare.
-Direi
parecchia… - sussurrai io, asciugandomi le
lacrime. Mi soffiai il naso e lo invitai a sedersi accanto a me.
-E’
normale avere nostalgia delle persone che amiamo –
continuò il nano – Quando non sono vicino a noi
è come se ci mancasse qualcosa,
come se non tutti i pezzi fossero al loro posto. Anche a me manca molto
la mia
famiglia, sai? –
-Hai
lasciato tua moglie e i tuoi figli per questa
missione? – domandai io.
Balin
scosse la testa, accennando un sorriso del tutto
privo di gioia: -No mia cara, purtroppo non ho né moglie
né figli. Io e Dwalin
abbiamo lasciato nostra sorella Lynn sui Monti Azzurri, con i nostri
nipotini…
loro sono l’unica famiglia che ci resta e più di
una volta mi sono ritrovato a
domandarmi se effettivamente stessi facendo la cosa giusta –
-Io
penso di si. State facendo qualcosa di grandioso,
un’impresa che nessuno in questo strano mondo ha mai pensato
di fare. E’ dura,
certamente, ma sono più che convinta che sia la cosa giusta
e che per me sia
stata una grande fortuna essere capitata in questa compagnia –
A
Balin vennero gli occhi lucidi e mi fece segno di
abbracciarlo. Lo strinsi forte a me e gli feci un gran sorriso: per la
prima
volta nella mia vita mi sembrò quasi di parlare con un nonno
e pensai a come
sarebbe stata la mia vita se li avessi avuti con me.
-A
proposito, mia cara… - accennò Balin,
sciogliendosi
dall’abbraccio – Hai avuto qualche incubo? Ti ho
visto agitarti parecchio nel
sonno –
Evitai
di raccontargli la verità. Balin pareva così
contento che mi sarebbe dispiaciuto rovinargli il sorriso per un mio
sciocco
incubo: -Niente di che, solo qualche brutto sogno –
Lui
annuì, augurandomi la buona notte e si diresse verso
la mangiatoia. Lo seguii poco dopo, ma invece di tornare al mio
giaciglio
raggiunsi Thorin e mi accoccolai tra le sue braccia, stringendomi al
suo petto.
-Mmmh…
Aranel, sei tu? – domandò Thorin, sbadigliando.
Io annuii silenziosamente:
-Voglio solo stare lontana
dagli incubi per qualche ora -
Spazio
Autrice:
Salve a tutti, miei cari lettori!
Lo so, sono una persona orribile e
meschina, ma vi supplico non linciatemi! Il fatto di aver ripreso la
scuola e di essere (finalmente) all'ultimo anno non mi aiuta per niente
nella stesura di questa storia, a causa del poco tempo libero che mi
rimane tra studio e allenamenti di pattinaggio. (Vedi la mia
prof di italiano che il primo giorno entra in classe
proclamando ad alta voce: "Ragazzi, mancano esattamente
279 giorni, 20 ore e 2 minuti alla maturità" MA
GRAZIE OH!)
Comunque, tornando alla nostra
storia, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Chi ha colto che la
descrizione di Beorn fatta da Gandalf è la stessa del
libro?? Immagino tutti... ma vabbè. Gli incubi di Aranel
tornano di nuovo a turbarle il sonno anche se questa volta succede
qualcosa di strano e la visione cambia... Che cosa sarà
successo? SEGRETO!!! La seconda parte, quella con Balin è
stata forse una di quelle che ho adorato di più scrivere in
assoluto! (Precisiamo che la storia della sorella e dei nipotini
è del tutto inventata da me).
Per quanto riguarda i ringraziamenti,
vorrei fare una mezione particolare a LaViaggiatrice che
ha aggiunto la storia alle preferite, alle seguito e mi ha omaggiata
con una bellissima recensione! Ringrazio anche la mia super diletta ThorinOakenshield che
mi rimane sempre fedele! SIETE FANTASTICHE!
Per questa settimana è
tutto e (teoricamente ahaha) vi aspetto la settimana prossima per un
nuovo capitolo!
Un bacione,
Jenny
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