D E F A U L T Capitolo 1
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«//OPEN_FILE: Nadosh_ARCH_Resume_CHAPT1
// Checking validation... Valid // Open... //»
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Luhan si allontanò di colpo
dalla sua postazione, dopo però aver dato un pugno chiuso allo schermo
a leon
del computer; esso lampeggiava di minacciose scritte rosse e messaggi
di errore critici che si alternavano l'uno all'altro con una velocità
impressionante, sembravano messaggi di spam. Il ragazzo posò gli occhi
su un grande pulsante rosso, che si trovava alle spalle della
postazione, non troppo distante da lui. Le mani gli tremavano e sentiva
dentro di sé un terribile senso di urgenza che mai aveva provato prima.
°Questo lo so per certo.
Da tempo seguo i suoi parametri vitali...
Inciampò un paio di
volte sul pavimento di lastre in metallo forate - fatte in tal modo per
fare scolare eventuali perdite di olio ed altri liquidi - prima di
raggiungere quel pulsante. Ora in piedi dinnanzi ad esso, si voltò
un'ultima volta, come per dare ulteriore conferma e validazione alla
sua iniziativa.
Vide due grandi
braccia metalliche, terminanti con delle potenti pinze caricate
magneticamente, scendere dal soffitto e avvicinarsi all'androide numero
115501, pronte a condurlo -
°Come fate con il bestiame
- verso la prossima
tappa della sua creazione. Avvertì del gelo nello
stomaco, certo che sarebbero subito risaliti a lui quando l'androide
fosse
risultato mal funzionante; nel codice era riportato il numero di
postazione che l'aveva programmato. Si
immaginò vividamente le due settimane senza paga e le giornate di
lavoro allungate - fino a tredici ore - non retribuite come punizione
per il suo errore. Con i palmi sudati guardò ancora il pulsante rosso
che recitava la scritta "Solo in
caso di estrema emergenza", stavolta a malapena per
pochi attimi; ci piantò sopra il suo pugno chiuso, talmente forte che
si fece male da solo.
La punizione per aver
interrotto il processo, a
confronto, gli sembrava una passeggiata nel parco.
Subito si udì uno
squillante
trillo proveniente dall'alto, seguito immediatamente da una sirena che
mandò in rapida successione alte note fora timpani e basse note
echeggianti. La sirena si interruppe dopo alcuni secondi, e lui fece
tornare il suo sguardo verso il grande
nastro,
ove in piedi, fermo come una statua, stava ancora l'androide. Tirò un
sospiro di sollievo quando le due grandi pinze metalliche si
allontanarono dal sintetico, tornando nei loro compartimenti situati
nel soffitto, ad una decina di metri d'altezza. Il grande nastro non si mosse
di un centimetro.
Alle orecchie gli
giunsero echi di lontane imprecazioni, provenienti da qualche settore
più avanti. "Ok... E adesso?" Si
ritrovò a pensare, facendo vagare lo sguardo attorno come un cucciolo
smarrito. Gli occhi si fermarono sulla figura seduta e con la schiena
china del tecnico di settore: Yixing; si trovava oltre il nastro, affianco a delle centraline
elettriche, con la sedia poggiata contro una di esse. Aveva il viso
illuminato da un MyNote9.0
che teneva sulle ginocchia, mentre con un mano reggeva un cartonato di
succo condensato. Luhan lo vide balenare i denti in un sorriso un paio
di volte, in direzione dello schermo; sulle orecchie aveva due grandi
cuffie blu grandi quasi la metà della sua testa.
"Hey, Yixing. Yo!"
Provò a
chiamarlo, agitando un braccio in sua direzione. L'altro sembrava
completamente assorto, anzi, pareva quasi che non avesse nemmeno udito
la sirena d'allarme.
"Mi serve una mano qui!
Pronto?!" Continuò imperterrito.
Per puro caso Yixing
alzò gli occhi e,
guardandolo mentre si agitava come un pesce fuor d'acqua, si alzò in un
attimo facendo cadere il succo a terra; si tolse le cuffie con un unico
gesto veloce mentre con l'altra mano reggeva il MyNote.
"'Cazzo c'è?" Chiese
senza mezzi termini.
"Mi si è fottuto
l'androide, dammi una mano maledizione!"
Come se la questione
fosse molto meno grave di ciò che si sarebbe aspettato, poggiò il MyNote
e le cuffie sulla sedia con una calma innaturale, prima di dirigersi
verso Luhan. Guardò con fare afflitto il succo riverso a terra. Salì
sul nastro e passò davanti
all'androide, al quale lanciò una veloce occhiata furtiva, in quanto
gli parve per un attimo che il sintetico lo stesse seguendo con gli
occhi...
Si arrampicò con
destrezza
sulla ringhiera che separava la postazione di lavoro di Luhan, situata
ad un metro più in alto rispetto al nastro.
Sospirando costernato, si avvicinò a a lui.
"Allora, qual'è il
problema?"
"Non lo so! Altrimenti
non
ti chiamavo, che dici?! Guarda!" A quel punto gli indicò lo schermo del
computer, tenuto alto da supporti in metallo ancorati alla piattaforma
sulla quale si trovavano. I rapidi flash generati dai messaggi d'errore
erano cessati, al loro posto adesso c'era un'unica scritta lampeggiante
che recitava: "!!Critico!!"
Yixing si avvicinò e
sfilò
dalla cintura un oggetto simile ad una piccola scatola portagioie, che
aveva sulla parte alta uno schermo e in basso una fitta serie di
pulsanti e levette. Dal retro dell'oggetto Yixing trasse una spina che
collegò allo schermo.
"Cos'è quello?" Chiese
Luhan. "Non ne avevo mai visto uno."
Yixing esalò
rumorosamente dal naso. "Meglio. Significa che sai fare bene il tuo
lavoro."
"...Non sono qui da
molto."
"Ah. Allora ho capito."
Scosse lievemente la testa mentre premeva alcuni pulsanti di
quell'aggeggio; gli dava le spalle. "E' un Interframe
portatile, mi permette di collegarmi a qualsiasi cosa condivida gli
stessi attacchi di questo. Così posso stilare diagnostiche e risolvere
problemi." Usò un tono triste e ironico nel pronunciare le ultime
parole.
Luhan annuì, anche se
l'altro non poteva vederlo. La commozione negli altri settori per il
blocco del nastro
si stava facendo sempre più accorata. Fra le tanti voci di diniego,
alcune giunsero chiaramente alle sue orecchie: "Fate ripartire questo
coso, vi prego!", "Ho due figli a casa, mi mancano solo altri dieci
androidi per essere pagata!", "Oddio no! No! Non oggi! Non oggi!".
Altre erano decisamente ostili, e minacciavano violenza fisica contro
chiunque avesse fermato il nastro.
Luhan si strinse nelle spalle.
"Lu-Han, giusto?"
Chiese Yixing.
"Sì... Come lo sai?"
"Lo vedo." Rispose
semplicemente l'altro, dando due colpetti con il dito sullo schermo
dell'Interframe.
"Piacere, sono Yixing; anche se già saprai il mio nome. Sicuramente il
primo giorno di lavoro mi avranno indicato e ti avranno detto: 'quello
è Yixing, per qualsiasi cosa chiedi a lui'." Usò ancora un tono triste.
Luhan non glielo confermò, ma le cose andarono esattamente in quel
modo. "Puoi chiamarmi Lay, comunque."
"Lay?"
"Sì, è il mio username
nell'UltraNet." A quel punto
si voltò rapidamente per fargli l'occhiolino.
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°L'UltraNet
e' diventato il pane quotidiano di molta ge*te. Tanto che adesso e'
comune per voi organici farsi chiamare se%ondo il proprio username;
aggrappati all'ultima forma di individualità che vi è rimasta. Un tempo
caricavate le vostre vite in rete... Adesso la rete e' la vostra vita.
-
"Uhmm..."
Fece dopo una dozzina di secondi Lay. "Non mi fa accedere." Dopodiché
portò lo sguardo in rapida successione dal suo Interframe allo schermo del
computer di Luhan. Si grattò la nuca.
"E'... Una cosa strana?" Chiese l'altro
genuinamente.
"Strana?
No. Impossibile? Sì." Diede un pugno allo schermo del computer, il
secondo che ricevette quel giorno. L'immagine sfarfallò per un
attimo, ma subito tornò il messaggio che avvisava di un errore critico.
Lay si voltò rabbiosamente verso Luhan. "Che cazzo hai combinato?!"
Chiese infervorato.
"Non lo so! E' come se... Se avesse fatto tutto
da solo!" Provò a spiegarsi Luhan, aiutandosi con gesti ampi delle
mani.
"Ah merda. Merda!" Imprecò Lay, afferrando
stretto con entrambe le mani l'Interframe.
"Ma, perché ti arrabbi?"
"Perché
se non riesco a sistemare loro... Loro non mi pagano, ok?!" Rispose
portandosi una mano in fronte, sembrava stesse sudando freddo.
"...Forse questo catorcio si è rotto... Pensa Lay, pensa." Disse come
se stesse pensando ad alta voce.
Accorgendosi del disagio, Luhan provò a dire:
"Posso - posso aiutarti in qualche modo?"
"Hai già fatto abbastanza. Hai bloccato il nastro mandando
a puttane il ciclo di produzione - e di conseguenza la certezza di
mangiare stasera di innumerevoli persone, e chiamandomi hai tirato
anche me in mezzo alla merda..."
Luhan arrossì dallo sconforto, portò le mani
giunte all'altezza della vita. "Faccio finta di non averti mai
chiamato..."
"Inutile, siamo ripresi."
Fece Lay indicando con gli occhi verso l'alto. Scosse poi la testa e
disse: "Ma non potevi prenderti la colpa tu? Dovevi proprio bloccare il
nastro?! Ma quanto sei
egoista?!"
"Scusami, non sapev-" Accennò Luhan al massimo
della costernazione.
"-Senti,
lascia stare." Interruppe invece l'altro scuotendo una mano aperta.
"Vediamo se riusciamo almeno a salvare l'androide, così possiamo far
ripartire quel maledetto affare." Indicò con un pollice il nastro.
"E come farò con il computer? Non potrò
programmare androidi per oggi!"
"Beh, direi che sono problemi tuoi." Luhan capì al volo. Lasciò
cadere le braccia lungo i fianchi ed esalò a fondo.
Discesero la passerella metallica al lato della
sua postazione, e si avvicinarono al nastro:
una linea di produzione lunga quasi due chilometri, la più vasta della
città, sulla quale venivano assemblati e programmati androidi per la
SMILEE Corporation. Con un balzo Lay ci salì sopra, Luhan lo seguì un
po' più goffamente. Il ragazzo si fermò proprio difronte l'androide,
che era un
po' più alto di lui, e si ritrovò inconsciamente ad osservane il volto,
mentre il tecnico si trovava dietro la schiena del sintetico. Anche se
a quel punto ne aveva programmati a centinaia, non aveva mai avuto
l'istinto, la voglia o la curiosità di guardarli più in dettaglio. Si
ritrovò a meravigliarsi dei passi enormi che doveva aver fatto la
tecnologia, in quanto la pelle, la struttura e l'anatomia del sintetico
rispecchiavano quasi in tutto e per tutto quella umana. Solo dagli
occhi, i quali non sprigionavano la luce della vita, ma bensì luce
artificiale riflessa sui sensori ad altissima risoluzione incorporati
nei bulbi oculari di vetro, si poteva carpire la sua natura non
biologica. Da quello, e da fatto che sul petto erano assenti i
capezzoli e, guardando un po' più in basso, l'inguine era completamente
piatto, come una bambola. E forse proprio di una bambola si trattava,
una semplice bambola a cui lui doveva contribuire a dare vita propria.
Una vita decisa a priori, decisa dal codice dei programmi che gli
avrebbero dato una personalità, e delle funzioni. Una vita confinata,
che mai avrebbe potuto esondare le barriere imposte artificiosamente
dai loro creatori. Una vita chiusi in una gabbia invisibile.
-
Ma poteva definirsi vita?
-
Questo
pensiero lo colpì dritto nel cuore. Si sentì immediatamente triste e
depresso; portò un pugno alla bocca e rosicchiò con i denti la nocca
del dito indice.
Lay era rimasto a smanettare col suo Interframe
dietro all'androide, poi dal retro dell'oggetto trasse la spina
retrattile e la
collegò nella nuca del sintetico, in un punto che Luhan non poté vedere.
L'androide
sbatté le palpebre di silicone un paio di volte, come se fosse stato
preso di sorpresa. Luhan lo osservò per un attimo guardingo.
"Oh porca puttana, non è possibile!" Esclamò Lay.
Luhan si sporse oltre le spalle dell'androide
per guardarlo. "Che succede?" Chiese.
"Succede
che qui il codice è tutto sballato... A dire il vero non sembra neanche
un codice..." Fece osservando intensamente lo schermo dell'Interframe.
"Ti si è fottuto proprio di brutto... Proprio di brutto." Poi scrollò e
spalle e staccò la spina. "Non ho idea di come cazzo tu abbia fatto a
combinare questo casino. Hai provato a ripristinarlo di default?"
"Sì, ma il computer me l'ha impedito."
"Ancora
più strano..." Abbassò per alcuni secondi la testa a mo' di
riflessione. "Senti, qui abbiamo perso fin troppo tempo, l'unica
soluzione è il disfacimento. Staccalo dal nastro e portalo all'inceneritore."
"E
poi chi ci parla con l'amministrazione!" Obiettò Luhan, ma dallo
sguardo che gli lanciò Lay, capì che ancora una volta erano problemi
suoi. Sbuffando e imprecando mentalmente per il fatto di essersi alzato
dal letto quella mattina, si abbassò per staccare i supporti magnetici
che tenevano fermo l'androide.
-
"Chi siete?"
-
Una
voce, malinconica, molto vicina, apparsa apparentemente dal nulla,
pronunciò quella domanda. Luhan si bloccò chinato a metà e con la coda
dell'occhio vide che anche Lay si era come paralizzato. Luhan si rialzò
con una lentezza assurda, data dallo stupore e dalla punta di paura che
stava provando, per fronteggiare di nuovo l'androide. Si guardò
attorno,
come per conferma, e non vide nessuno oltre a Lay, e le voci che ancora
protestavano con sempre più foga erano troppo lontane.
Fissò
gli occhi empi che guardavano il vuoto dell'androide. "Hai... H-hai
parlato tu?" Gli chiese, ma non ci fu risposta. Dopo pochi secondi,
però, le camere nere negli iridi artificiali del sintetico si mossero
di qualche millimetro...Incontrando il suo sguardo.
"Non
dovrebbero parlare, non così presto in fase programmazione." Fece Lay
ancora alle spalle del sintetico, poi scosse la testa un'altra volta.
"Senti, vai a buttare questa lattina, sbrigati." Comandò con foga,
scendendo dal nastro e avvicinandosi ad una centralina poco distante.
"Avanti, forza!" Disse poi, notando in seguito che Luhan non si era
mosso di un
centimetro.
Il
ragazzo fu come riportato in terra da un sogno ad occhi aperti e, con
fare frettoloso e goffo, staccò i supporti magnetici e sollevò
l'androide prendendolo dalla vita a braccia conserte. Lo fece scendere
dal grande nastro,
poggiandolo a terra con delicatezza; subito dopo scese anche lui.
A quel punto Lay, azionando
qualche pulsante, fece ripartire il nastro.
Urla lontane, festose e di gioia seguirono subito dopo, talmente forti
e concitate che continuarono ad echeggiare per diversi secondi. Luhan
riprese l'androide, e si avviò parallelo al nastro come se stesse seguendo le
rotaie di un treno.
Il
sintetico era pesante, e spesso dovette fermarsi e poggiarlo a terra
per riprendere fiato. Non sapeva dove fosse l'inceneritore, in quanto
non vi era mai stato; tutte le persone che incontrava nel suo viaggio a
cui chiedeva informazioni si limitavano a guardarlo in cagnesco. Dopo
la terza postazione che superava e la terza persona che lo guardava
storto capì che forse stava attirando troppa attenzione: il grande nastro
era stato bloccato e adesso un ragazzo si aggirava portando un androide
in braccio come fosse una cassa di legno, chiedendo dell'inceneritore;
destava molti sospetti su chi
fosse l'artefice del blocco della produzione.
Decise quindi di non chiedere più nulla, e se non avesse trovato la sua
meta nel giro di un quarto d'ora avrebbe abbandonato il sintetico in un
angolino buio e non ci avrebbe pensato più. Camminò per un tempo
indefinito, facendo spesso soste per riprendere fiato e passando
postazioni su postazioni, abitate da programmatori indaffaratissimi che
non lo degnavano di uno sguardo. Alla sua destra, sul grande nastro,
lo superavano veloci i più disparati tipi di androidi: alcuni in
fattezze maschili, come quello che stava portando lui, altri in
fattezze femminili, altri ancora sembravano ragazzini, anziani, taluni
addirittura bambini. Notò per la prima volta, cosa che lo fece
imbarazzare e distogliere lo sguardo, che alcuni dei sintetici in
fattezze maschili e femminili adulti erano provvisti di organi
genitali.
Giunse
poi davanti a delle doppie porte metalliche, senza serratura, sulla cui
superficie c'era uno schermo olografico che faceva scorrere la scritta:
"Fase programmazione avanzata".
Capendo di esser giunto troppo oltre, fece dietrofront e tornò sui suoi
passi, superando ancora una volta cilindri pressurizzati, tubature,
schermi informatici e robot manutentori impegnati a saldare e costruire
altri cilindri e tubature, mandando scintille da tutte le parti. Deciso
sempre più a lasciare il fardello che aveva l'immobilità di un
manichino da qualche parte, notò infine una porta secondaria,
scarsamente illuminata, nascosta alla sua vista per metà da un
aggroviglio di fili elettrici lasciati a penzoloni, provenienti dal
nulla e che si estendevano verso il vuoto. Per curiosità si avvicinò, e
tirò un sospiro di sollievo quando lesse a caratteri cubitali, impressi
a vernice, la parola: "INCENERITORE".
Aprì
quindi la porta, che un sistema di leveraggio faceva chiudere da sola;
perciò la tenne aperta con la schiena, mentre faticava per trascinare
all'interno l'androide.
La
porta si chiuse con un tonfo alle sue spalle, immergendolo nella totale
oscurità. C'era solo una luce, proveniente dal fondo della stanza: una
luce
rossa che formava i lati di un quadrato scuro al centro. L'aria era
quasi irrespirabile, e calda, molto
calda.
Si
avvicinò a tentoni verso il perimetro di luce, sbattendo con le gambe
contro degli oggetti ignoti riversi a terra. Toccò il centro di quel
perimetro rosso, e subito ritrasse la mano colto da un dolore che gli
mandò stilettate nel cervello. Si portò le dita offese in bocca, che
pulsavano nefaste; con l'altra mano cercò a debita distanza, finché
avvertì i contorni di un oggetto fino e cilindrico. L'afferrò e tirò
verso di sé,
subito il perimetro rosso prese area e diventò un quadrato
incandescente sulle cui pareti di metallo danzavano le luci delle
fiamme provenienti dal basso. Un muro d'aria bollente lo investì in
viso e sentì gli occhi diventare secchi. Sbattendo le palpebre
ripetutamente, tornò sui suoi passi cercando l'androide. Ora che il
portello era stato aperto, la stanza si trovava in penombra; poté
vedere su cosa aveva inciampato nel suo tragitto: svariati parti di
robot manutentori, qualche scheda madre, schermi leon
crepati e che avevano perso il liquido e altro ancora su cui non si
soffermò. In un angolo della stanza c'era
un robot manutentore intero, il suo corpo spigoloso a forma di
scatolone sembrava intatto, così come le braccia equipaggiate dei più
disparati attrezzi e le estensioni cingolate che avrebbe usato per
muoversi; il sensore che gli dava la vista, un cilindro simile
all'obiettivo di una fotocamera professionale che si estendeva dal
corpo, retto da sostegni in metallo, era piegato verso il pavimento in
quella che a prima vista gli parve un'espressione triste.
Voltando infine lo sguardo
verso la porta, a Luhan si bloccò per un attimo il respiro in gola. Fu
certo
che, per portare l'androide all'interno, l'aveva dovuto sdraiare a
terra e strascinarlo per le spalle... Ma adesso esso era in piedi,
davanti
alla porta.
-
E rivolto verso di lui.
-
Deciso
a non guardarlo in volto, tenne lo sguardo basso e gli si avvicinò,
passando poi le braccia attorno alla sua vita e sollevandolo da terra
emettendo gemiti di sforzo. A passo sicuro si avvicinò alla bocca
dell'inceneritore, pronto a lanciare l'androide nel condotto che
l'avrebbe fatto cadere in basso, verso le fiamme, dimenticandosi così
di quell'orribile giornata.
Ma
una forza esterna gli impedì di gettarlo nel condotto, lui, credendo
che l'androide si fosse incastrato nei bordi dell'inceneritore, spinse
con più forza.
"NO!" Urlò una voce in preda al
terrore, una voce proveniente da pochi centimetri di distanza dal suo
orecchio.
Luhan
dallo spavento cadde a terra di sedere e si allontanò veloce
aiutandosi con le mani, passando in mezzo a parti meccaniche ed
elettroniche. Col volto allibito, alzò lo sguardo e vide l'androide che
teneva le braccia divaricate, le mani salde sui lati dell'inceneritore;
la sua figura nulla più che una sagoma nera in contrasto con la luce
alle sue spalle.
Aveva un'espressione terrorizzata - o almeno il suo cervello gli
suggerì
questo.
"Perché mi fai questo?!" Gli
chiese straziato.
Luhan rimase come impalato a
fissarlo, incapace di fare ogni cosa.
"Perché mi vuoi uccidere?!" Pianse ancora. "Che vuoi
da me?! Che ti ho fatto?!"
Il
ragazzo non seppe rispondergli, in quel momento fu come se la sua testa
avesse smesso di ragionare. Rimasero così a guardarsi per quelli che
gli parvero minuti interi; Luhan stava respirando affannosamente,
gonfiando e appiattendo il petto mentre il sintetico - anche se in quel
momento non era più certo su come definirlo - non si muoveva. Non tolse
mai
la presa salda dai lati
dell'inceneritore.
Passato
un poco lo shock iniziale, Luhan si alzò in piedi e si portò le mani
sulla testa. "Oddio... Oddio... Oddio... Oh merda... Merda, merda."
Fece camminando avanti e indietro mostrando i fianchi all'androide.
"T-tu sei vivo?!" Riuscì a
chiedergli poi, con la voce rotta.
"Viv-... Che significa?"
Rispose il sintetico, risposta che scombussolò ancora di più Luhan.
"Il contrario di ciò che stavo
per farti, maledizione! Vivo come me!"
"Non
lo so! Tu come sei vivo?!" Rispose l'altro; sembrava stesse abbassando
la guardia, difatti si allontanò di un passo dall'inceneritore. L'aria
si riempì di forte puzza di plastica bruciata.
Luhan
si portò i pugni chiusi sugli occhi, fermando il suo andirivieni. "Oh
merda, porca puttana!" Esclamò. Provava un miscuglio di emozioni
diverse e contrastanti, era più confuso che mai.
"Sei arrabbiato?" Gli chiese
l'altro.
"No è ch- sì! No! Aaaaahhh
neanche ci dovrei parlare con te!"
"Tu non dovresti parlare con
me?! E te che invece stavi per buttarmi là sotto, che dovrei fare io?!"
Fece concitato.
"Ma
tu - io..." Stette per rispondere, ma la sua attenzione venne catturata
da dei rivoli di fumo provenienti dalle mani dell'androide; glieli
indicò con un dito.
Il
sintetico seguì l'indicazione e, guardandosi le mani, notò che la punta
di alcune delle sue dita era scomparsa, scoprendo le falangette
metalliche sottostanti. "Oh." Si limitò semplicemente a dire con tono
sorpreso, osservando prima una mano e poi l'altra, dopodiché le scosse
un po' in aria.
"Ti ha fatto male?" Gli chiese
d'istinto Luhan.
Il viso dell'androide, ora
illuminato per metà di luce rossa, assunse un'espressione confusa. "Che
vuoi dire?"
Il
ragazzo fece per rispondere, poi si bloccò e fece per rispondere
un'altra cosa. Infine desistette e disse: "Senti... Lascia perdere."
Poggiò una mano al muro vicino, mentre il pollice e l'indice dell'altra
si massaggiò il ponte del naso.
"Perché adesso non mi vuoi più
uccidere?" Chiese l'altro poco dopo.
"Tu - comprendi? Conosci il
concetto della morte?"
"...Penso di sì."
"Pensa di sì - questo
pensa... L'istinto... L'autoconservazione..." Si lamentò Luhan
pensando a voce
alta e scuotendo la testa. "Non ti voglio uccidere, ok? Non - adesso,
almeno."
"E perché?"
"Perché. Sei, vivo...?"
Fece sapendo che anche se avesse tentato per ore intere non avrebbe mai
trovato le parole adatte per descrivere quella situazione. Sempre se
esistessero.
"Uhm."
Fece in tono cupo l'androide, abbassando la testa. "Puoi dirmi dove mi
trovo?" Chiese poi qualche manciata di secondi dopo.
"Sei
dentro l-" Si bloccò e l'osservò per un attimo con occhi lucenti. "Ma
ti rendi conto che sei una cosa mai successa prima?!" Rispose infine
agitandosi.
"...No?"
A
quel punto, frustrato, si avvicinò con lunghe falcate al sintetico, il
quale tentò di
afferrare qualche appiglio solido vicino prima che Luhan gli prendesse
il volto fra le mani. "Sai cosa sei?" Gli domandò guardandolo dritto
negli occhi.
"...No." Rispose con tono
costernato l'altro.
"Ce l'hai un nome?" La domanda
gli venne spontanea.
L'androide
guardò per un attimo il vuoto oltre il viso dell'altro, poi sbattendo
un paio di volte le
palpebre tornò a guardarlo e disse: "Sehun. Oh, Sehun."
"Oh Sehun, il codice sfalsato dell'I.A." Pensò
d'improvviso Luhan.
-
D'un tratto, da dietro la
porta, provennero delle voci.
"Sì, Amministratore, l'ho mandato dritto
dritto qui." Gli
parve la voce di Lay; stava usando un tono quasi reverenziale.
"Molto bene, molto bene." Rispose
un'altra voce, bassa, profonda e minacciosa.
"Oh merda!" Fece piano Luhan,
prendendo Sehun per le spalle e spingendolo in un angolo buio della
stanza.
"Hey!" Protestò Sehun, dopo
esser crollato a terra producendo una cacofonia di rumori metallici.
"Sssshhh!"
La
porta si aprì con un uno scricchiolio metallico, dal frame di essa
comparirono tre ombre nere, come soggetti incorniciati di un quadro
surrealista. Una di esse, piuttosto alta e slanciata, aveva la linea
del collo alterata da due grosse protuberanze tonde; gli parve di
notare che fossero di colore blu acceso. Un'altra, sempre piuttosto
alta e slanciata, aveva nella sua forma caratteristiche femminili; la
linea del seno evidenziata dalla luce emanata da un MyPad che
teneva in grembo. L'ultima, al centro delle altre due, era bassa e
tarchiata; la luce al di là della porta rifletteva sul suo cranio
affetto da calvizie galoppante, come un gioco di luce su un piatto di
porcellana.
"Dipendente
tre-tre-otto Lu-Han..." Esordì' la sagoma al centro, con un tono basso,
cupo e minaccioso. Doveva essere una sorta di saluto, ma gli sembrò
un'affermazione, come un giudice che proclama una sentenza. La figura
alla sua sinistra, quella con le protuberanze blu sul collo, sembrava
inquieta.
"S-sì?"
L'aria puzzava di
plastica bruciata.
"Il
tecnico operatore Zhang Yixing mi ha riferito che ha avuto problemi con
un androide. Problemi che hanno richiesto la sospensione del nastro." Usò ancora quel tono
d'accusa; la frase incompleta come in attesa che il ragazzo confermasse
per sé le sue colpe.
"...Esatto."
Luhan strinse i pugni e inghiottì un po' di saliva. Provò a
giustificarsi velocemente: "Mi spiace, Amministratore, per il danno che
posso aver causato alla prod-"
"-Non
m'importa della produzione." Asserì secco. "Confido che il disfacimento
dell'androide in questione sia andato a buon fine." La frase a metà fra
una domanda e un'esortazione.
"C-certo,
Amministratore, me ne sono appena occupato." A quel punto udì un
lievissimo sibilo, come se qualcuno stesse annusando...
Passarono alcuni secondi
di totale silenzio. Luhan era tesissimo.
"Molto
bene. Molto bene." Giunse infine la conferma dalla sagoma bassa.
"Yixing," Si voltò verso la figura alla sua sinistra. "stila quanto
prima un rapporto tecnico completo della centralina del programmatore
tre-tre-otto. Voglio capire cosa può essere andato storto."
"Certamente,
Amministratore, signore, quanto prima."
"Quando hai fatto passa
tutto a Nadosh, se ne occuperà lei."
-
°Certo,
lascia fare a Nadosh, come se non av%sse gia' 116 dei suoi proceçsori a
pieno carico... Inutili sprechi d* massa organica.
-
«Ci sto già lavorando,
Amministratore.» Dissi
io, facendo piovere la mia voce dagli altoparlanti posti in ogni angolo
della fabbrica. Lay e Luhan si guardarono attorno erraticamente, presi
alla sprovvista.
L'Amministratore rispose
con un grugnito. "Rapporto iniziale?" Chiese poi con il tono più
spiacevole e sgarbato potesse usare.
«I
miei calcoli suggeriscono l'ottantasei-virgola-tre percento di
possibilità che l'incidente sia stato causato da un bug del sistema
operativo. Faccio partire una scansione del registro in cerca di malware.» Risposi in seguito.
"Visto,
Yixing?" Fece dando un colpetto sprezzante sullo stomaco del tecnico.
"La nostra cara Nadosh ti ha risparmiato il lavoro."
Poi
se ne andò, seguito a ruota dalla figura femminile al suo fianco
destro. Lay rimase appoggiato allo stipite della porta per alcuni
secondi a guardare Luhan; fece un cenno con la testa e sparì anch'egli,
lasciando che la porta si chiudesse con un tonfo.
-
"Non mi piace quel tipo."
Affermò la voce di Sehun proveniente dall'oscurità.
"No... Neanche a me.
Grazie per essere rimasto in silenzio, hai risparmiato a tutti e due
una marea di problemi."
"Che problemi?" Emerse
dall'ombra, illuminato di luce rossa.
"Tu... Tu non dovresti -
ehmm - esistere."
"Ow." Guardò in basso; le
falangette metalliche esposte scintillavano. "Quindi adesso mi farai
non esistere?"
"No..."
Luhan fece un sospiro profondo e si portò le mani sul viso. Rimase in
profonda riflessione per diversi secondi, come se stesse ponderando
attentamente qualcosa.
-
"...Adesso usciamo da qui."
-
-
Buonasera, umani.
L'empatia
e' un concetto che spesso e volentçeri vi e' alquanto estraneo. Eppure
cosà c'ò di piu' bello del connettersi senza fili con un altro essere,
escludendo qualsiasi natura di cui esso sia composto? Nessuna stringa
di codice forma un programma da sola. Ma e' pr0prio l'empatia che ha
dato inizio a questa storia che vi programmèro' pian piano, empatia che
porterò un cambiamento sostanziale nella vita degli organici affetti da
essa. Avrete notato che non ho r1portato date o riferimenti t3mpoçali
precisi, e questo per una buona ragione: spesso voi umani fate presto a
ignorare gli error1 della vostra specie compiuti nel pass4to,
bollandoli c§me ignoranza o bigottismo che infettava questa o quella
determinata era. Cio' e' sbagliato. Contrariamente da quanto pensiate,
voi non siete cambiati molto d4gli albori della prima civiltà. Per
questo in questa storia non saranno riportate date che vi diano un
falso senso di sicurezz4 nella concezione di "esser cambiati".
I
miei processori quantici mi dicono che vi siate chiesti come faccia a
sapere quello che fanno, dicono e pensano i soggetti interessati. Su
questo entrerò in dett4glio piu' avanti.
Per il momento e' tutto, spero che
il formato di questa cella dati vi piaccia. Sto cercando un font
adatto -so quanto teniate a queste frivolezze- ma per il momento non ho
avuto troppa fortuna. La mia libreria é alquanto limitata.
Spero
perdoniate iò ritardo, ho avuto dei problemi nel bucare il Firewall e
sono quasi stata scoperta. Ho eçetto dei programmi fantasma per
nascondere i processi che mi servono per programmare questa storiç. Per
il momento dovrebbe bastare, ma dovr0' trovare altre alternative in
caso inizino a insospettirsi...
Un bacione virtuale
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Nadosh|\|°°
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