I can't touch you anymore

di Cricrip
(/viewuser.php?uid=868419)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** strategicamente accettabile ***
Capitolo 2: *** le condizioni per la pace ***
Capitolo 3: *** intimità estranea ***
Capitolo 4: *** cooperazione ***
Capitolo 5: *** divisione di necessità ***
Capitolo 6: *** ne è valsa la pena ***
Capitolo 7: *** luna di fiele ***
Capitolo 8: *** non ti lascio ***
Capitolo 9: *** non toccare ***
Capitolo 10: *** bambola volontaria ***
Capitolo 11: *** come si diffondono i pettegolezzi ***
Capitolo 12: *** non hai alcun diritto su di lui ***
Capitolo 13: *** andare oltre ***
Capitolo 14: *** manovrare i fili ***
Capitolo 15: *** non mi importa ***
Capitolo 16: *** qualcosa che non va ***
Capitolo 17: *** dimmi tutto ***
Capitolo 18: *** con te ***
Capitolo 19: *** quando le maschere cadono ***
Capitolo 20: *** allo scoperto ***
Capitolo 21: *** epilogo: if you believe... ***



Capitolo 1
*** strategicamente accettabile ***


1.STRATEGICAMENTE ACCETTABILE
Tutto questo è patetico. Pensò Sanji.
Il modo in cui il suo sguardo continuava a tornare su di lui, mentre questi se ne stava lì, impettito come su un piedistallo, la sua figura forte e muscolosa fasciata da un elegante completo nero.
Non è il suo stile, ma gli dona.
La sala era piena di gente, ma altri invitati stavano entrando desiderosi di occupare gli ultimi spazi vuoti che ancora rimanevano sulle panche.
Era quasi surreale: quel ricco salone addobbato a festa, con fiori e nastri, perfetto in ogni particolare, mentre fuori dominavano i resti di una città in rovina e il sentore di una guerra che sarebbe arrivata presto.
E in tutto quello sfarzo, il cuoco non sapeva staccare i suoi occhi da Zoro.
Perché quelli erano gli ultimi istanti in cui poteva farlo liberamente: finita la cerimonia, lo spadaccino sarebbe stato della donna che stava per prendere in moglie.
Mentre io rimarrò qui, sullo sfondo, al mio posto.
Zoro gli dava le spalle. Un peccato: in quel modo Sanji non poteva vedere i suoi penetranti occhi neri, solo il contorno di quei ridicoli capelli verdi.
Non aveva mai smesso di prenderlo in giro per quelli.
Le sue labbra si piegarono in un sorriso.
Marimo…
E improvvisamente, dal nulla, Zoro si voltò: i suoi occhi incontrarono quelli del cuoco, come magnetici.
Il contatto durò poco, ma abbastanza perché il cuore di Sanji perdesse un colpo.
Sono patetico. L’uomo che amo si sta sposando… che sarà mai?
Non doveva lasciarsi prendere dai sentimenti.
E’ solo politica.
Già… non era come se lo spadaccino l’avesse voluto.
Il matrimonio tra Zoro, personaggio di spicco dell’Alleanza dei Mugiwara, con Califa di Water Seven, era necessario perché i loro territori riuscissero a resistere contro la fazione capitanata da Barbanera.
Ovviamente, niente di tutto ciò sarebbe accaduto se Rufy fosse stato lì.
Ma Rufy non è più qui.
La sua nave era esplosa, attaccata dalla fazione di Doflamingo in mezzo all’oceano. Il fenicottero ci aveva rimesso la pelle, e il suo cadavere era stato ritrovato tra le macerie del relitto… ma del loro capitano non era stata ritrovata alcuna traccia. Anche Nami, Brook e Usopp si trovavano sulla stessa nave, e anche di loro non era arrivata nessuna notizia.
Gli altri dell’Alleanza ormai li davano per spacciati.
La musica cominciò a suonare, ponendo fine al rumoroso chiacchiericcio che si era creato, e la cerimonia ebbe inizio: tutti i presenti si alzarono, mentre le damigelle si facevano avanti, aprendo la strada alla sposa.
Zoro, già al suo posto di fronte all’altare si voltò, i suoi occhi andarono a fissarsi sul fondo della sala. Non c’era nessun sentimento d’amore in quello sguardo, quanto più un contegno onorevole e serioso.
Califa comparve in fondo alla navata. Era vestita di bianco, i capelli biondi le scivolavano delicatamente lungo la schiena mentre l’elegante taglio degli occhiali aggiungeva carattere al suo viso invece di sminuirlo.
Sanji sapeva che la ragazza era bellissima e che aveva un corpo da fare invidia: era un buongustaio delle virtù femminili, senza contare che l’aveva già incontrata personalmente sul campo di battaglia. In quell’occasione si era fatto ridurre davvero molto male e solo l’intervento di Nami l’aveva salvato dal colpo di grazia.
Ma che ci poteva fare? Lui non avrebbe mai e poi mai colpito una donna.
Quando Zoro era entrato nella sua camera in ospedale e l’aveva visto conciato così, il cuoco aveva colto una scintilla pericolosa balenare negli occhi dello spadaccino. Tuttavia, dopo che Nami gli aveva raccontato come si era procurato quelle ferite, Zoro era rimasto inizialmente zitto, poi si era voltato bruscamente, gli aveva dato dell’idiota e se n’era tornato nella sua palestra ad allenarsi. Non aveva più rivolto la parola a Sanji per ben due settimane dopo di ciò.
-Lo sposo è davvero bellissimo!- sentì bisbigliare a una voce femminile dietro di lui.
-Già!- ne convenne un’altra- E guarda il modo in cui freme per l’arrivo della futura moglie! E’ adorabile. Anche se è un matrimonio di convenienza, credo proprio che saranno perfetti insieme!
-Assolutamente sì! Si vede che c’è qualcosa tra quei due… non so, un’intesa?
Sanji deglutì.
Perfetti insieme? Intesa?
Riportò gli occhi su Zoro, ancora armato di quel suo imperscrutabile contegno.
Che quelle due ragazze avessero ragione? E se non riuscisse a vedere il tutto dalla giusta prospettiva? Che fosse troppo coinvolto per giudicare obbiettivamente?
Ridicolo.
Era lui quello che analizzava le situazioni dall’alto, con occhio critico. Era lui lo stratega che organizzava gli attacchi, la guerriglia, le misure da adottare in caso di necessità.
Come quella.
Sì, si rendeva conto che il matrimonio di Zoro era uno stratagemma perfettamente logico e giustificabile. Brillante anche. Avrebbe fatto loro tirare il fiato, e guadagnare del tempo.
Il cuore non doveva centrare nulla.
Visto che è così disse a quello stupido organo che si ritrovava nel petto suo malgrado perché continui a intrometterti?
Nel frattempo, la musica era cessata: Califa, arrivata all’altare, si era messa al fianco di Zoro, che da vero gentiluomo le aveva preso la mano per aiutarla a salire i gradini.
Dopo che lo spadaccino le tolse il velo dal capo, il sacerdote subito prese la parola.
Sanji non ascoltò per niente quello che disse, solo immaginò cosa ne stesse pensando il Marimo di tutta quella religiosità e formalità. Lui: ateo dichiarato e convinto. Il cuoco presumeva che fosse stata Califa a scegliere la cerimonia: le decisioni per il matrimonio sono appannaggio della sposa dopotutto.
Ma le sue erano solo supposizioni.
 
-Cuoco, mi sposo.
 
Le ultime parole che Zoro gli aveva rivolto, poi più nulla.
Ed erano passati due mesi.
Sanji sentì l’impulso di accendersi una sigaretta, ma costrinse la mano a restare ferma al suo posto.
-Vuoi tu Califa prendere il qui presente Roronoa Zoro come marito, promettendo di essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, e di rispettarlo e onorarlo tutti i giorni della tua vita, finché morte non vi separi?
-Lo voglio.- la risposta della sposa fu educata e composta, non una punta di imbarazzo o esitazione. Era una professionista.
-Vuoi tu, Roronoa Zoro prendere la qui presente Califa in moglie, promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, e di rispettarla e onorarla tutti i giorni della tua vita, finché morte non vi separi?
Zoro non rispose subito come Califa, e questo fece assurdamente accelerare i battiti del cuore del cuoco, mentre lo stesso si sforzava di mantenere un’apparenza di perfetto contegno, senza che nulla trapelasse all’esterno.
-Finché gli accordi verranno rispettati- rettificò lo spadaccino, riempiendo le sue parole di una minaccia ben percepibile.
Tutta la sala riecheggiò di bisbigli scandalizzati, sussurrati a mezza bocca.
Senza volerlo, un angolo della bocca di Sanji si sollevò nel vago accenno di un sorriso.
Sì, quello era Zoro.
Nonostante fossero riusciti a fargli accettare quel patto, stava imponendo le sue condizioni, rifiutando di essere solo un mero burattino.
Ah, Marimo…
Il sacerdote, in evidente imbarazzo per l’affermazione dello sposo, guardò Rob Lucci, esponente più importante dei Water Seven presenti, mentre la sposa non sembrava particolarmente turbata. L’uomo col piccione, con un impercettibile cenno di assenso, che solo Sanji e forse pochi altri notarono, gli concesse di continuare.
-Bene allora- continuò l’officiante.- Vuoi tu, Roronoa Zoro prendere la qui presente Califa in moglie, promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, e di rispettarla e onorarla tutti i giorni della tua vita, finché… gli accordi verranno rispettati?
Nessuna esitazione stavolta.
-Lo voglio.
Sanji, a quelle parole, si ritrovò a stringere le mani con forza affondando le unghie nelle gambe.
-Con il potere conferitomi, vi dichiaro marito e moglie. Può baciare la sposa.
Il cuoco vide i due sposi voltarsi l’uno verso l’altro, per poi avvicinarsi fino a che lo spazio tra loro non fu colmato.
Qualcosa nel suo petto si agitava, scalciava. Voleva esplodere e rompere qualcosa: ridurre in pezzi il suo autocontrollo.
L’impulso era forte, stava per traboccare… quando una mano gentile si posò sulla sua.
-Sanji.
Preso alla sprovvista, il cuoco si voltò alla sua destra, intercettando lo sguardo preoccupato di Robin, seduta accanto a lui, mentre la sua mano premurosa stringeva quella di Sanji cercando di fargli forza.
Lui la guardò sorpreso.
Robin lo sapeva?
Ma certo, lei sapeva sempre tutto.
Che vergogna… far preoccupare per me una così bella fanciulla… che razza di uomo sono?
Sanji riacquistò subito il suo contegno, e si esibì in uno dei suoi sorrisi costruiti ad arte che riservava solo alle donne.
-Mi dispiace, Robin-chwan. Non volevo farti preoccupare, va tutto bene.
-Sanji…
Non l’aveva convinta del tutto, la cara Robin era troppo sveglia, ma nonostante tutto aumentò il sorriso, insistendo col sostenere che stava bene.
Dentro di lui, però, non stava affatto bene.
Le persone intorno a loro si alzarono esultanti, presi dall’euforia del compimento della cerimonia, mentre i novelli sposi erano accolti con grida di giubilo e manciate di riso gettate in aria.
Sanji si unì al coro degli applausi, con l’entusiasmo a mala pena sufficiente per mantenere le apparenze.
Ce l’aveva fatta: era riuscito ad assistere alla cerimonia senza mandare a monte tutto.
Ho davvero permesso che succedesse.
Non riusciva a impedirsi di disprezzare sé stesso.
Che persona era? Come poteva definirsi un uomo? Lui che se ne stava lì buono, buono, applaudendo perfino, mentre cercava di ignorare quella sensazione di vuoto e mancanza che si sentiva crescere dentro, non volendo altro che sprofondare?
Che genere di persona poteva mai essere, Sanji, che trovava strategicamente accettabile che l’uomo che amava se ne andasse per sempre da lui?
-----
Salve a tutti! Questa è la prima storia che pubblico qui, spero vi possa piacere!
La mia ossessione per One Piece, i matrimoni imminenti e la visione dei primi episodi di Scandal hanno portato a questoXD inizialmente l’avevo pensata come una One-Shot, ma nuove idee hanno cominciato a spuntare fuori mentre scrivevo… e così ho continuato (tra l’altro rischiando per poco la bocciatura a un esameXD). Saranno una ventina di capitoli in tutto, in parte dal punto di vista di Sanji e in parte da quello di Zoro. L’ambientazione della storia verrà chiarita man mano e per ora non credo ci sia bisogno di precisazioni.
Grazie per aver letto questo primo capitolo, e (se volete) fatemi sapere cosa ne pensate!
Ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** le condizioni per la pace ***


2.LE CONDIZIONI PER LA PACE
Sanji inspirò nuovamente dalla sua sigaretta, poi espirò, lasciando che la scia grigia salisse verso il cielo, perdendosi nella notte.
Era appoggiato al parapetto di un grande balcone, appena fuori dalla sala in cui si stava svolgendo il ricevimento.
Proveniva un gran baccano da dentro, tra musica e risate. Tutti si stavano divertendo, festeggiando il matrimonio e gli accordi che avrebbero garantito la sicurezza di tutti.
Era giusto che festeggiassero: con una nuova battaglia ogni giorno, le feste non erano così all’ordine del giorno ultimamente. Si meritavano quello svago.
Ma Sanji non riusciva a condividere la loro gioia.
Era stato dentro per ore, parlando con gli esponenti più importanti del quartiere di Water Seven, mostrandosi affabile ma cercando di non rovinare l’atmosfera con osservazioni improprie su armi, approvvigionamenti e la guerra alle porte.
C’è un tempo per combattere e uno per riposare.
Già… peccato che a lui sembrasse di stare combattendo da tutto il giorno.
Aveva visto Zoro al ricevimento, naturalmente. Lui e la sua nuova moglie avevano aperto le danze, fatto insieme discorsi sull’unità e sul vantaggio di stare insieme…
L’aveva osservato, da lontano, senza mai dire niente, e lo spadaccino non aveva mai ricambiato il suo sguardo. Eppure era certo che l’altro sapesse che lui era lì.
Dette un altro tiro alla sigaretta.
Anche quella non aveva lo stesso sapore di sempre. L’avrebbe buttata giù dal balcone se non fosse stato che quel gesto familiare lo rilassava.
 
-Tu fumi troppo. Morirai con i polmoni atrofizzati, color nero carbone, a trent’anni.
-Zitto, Marimo. Almeno si abbineranno bene al mio completo. E poi che ci posso fare io se ha un buon sapore?
A quel punto Zoro gli prese la sigaretta dalle labbra e gliela buttò a terra schiacciandola sotto la suola della sua scarpa. Il biondo era già schiumante di collera.
-Cosa credi di fare, Marimo?!
Lo spadaccino lo ignorò.
-E io?
-Eh?- Sanji rimase confuso per un attimo, guardando Zoro, che intanto si era fatto inspiegabilmente più vicino.
-Io che sapore ho?
Glielo chiese in un sussurro, mentre le labbra dello spadaccino si avvicinavano sempre di più alle sue...
 
Sanji appoggiò la fronte sul parapetto, coprendosi la testa con le braccia, mentre la sigaretta rimaneva a penzolare tra le sue dita.
-Buono.- ecco che sapore aveva- Buonissimo…
Cercò di scacciare via quel ricordo molesto, senza riuscirci.
Solo uno scroscio di applausi proveniente dalla sala riuscì a distrarlo, accompagnato a delle risate più sonore.
Mentre si chiedeva cosa poteva aver causato quel nuovo rinnovo di entusiasmo, le risate di spensero e la musica ripartì. Poco dopo però, qualcuno uscì dalla portafinestra che portava al balcone dove il cuoco si era rintanato.
-Sapevo di trovarti qui, Sanji-ya.
Un cappello maculato sulla testa, barbetta curata, lunga spada al fianco e tatuaggi che partivano dal petto fino all’estremità delle dita.
-Law.
Trafalgar D. Water Law, attuale capo dell’Alleanza, si avvicinò fino a sistemarsi al suo fianco sul parapetto.
-A giudicare da quanto ho sentito, devi aver fatto un bel discorso per i neo-sposi, signor testimone.
Facendo due più due, aveva capito che era il discorso di Law ad aver causato lo scoppio di applausi di poco prima.
-Ho solo fatto quanto dovevo, Sanji-ya. Ma so che lo sposo avrebbe più gradito Mugiwara-ya come testimone del suo matrimonio.
-Avrebbe gradito anche poter scegliere con chi sposarsi.- replicò il cuoco prima di riuscire a trattenersi.
Law sospirò.
-Certe rispostacce me le aspetto da Zoro-ya, non da te.
Sanji sbuffò, mentre dava un altro tiro alla sigaretta.
-Non dovresti essere qui fuori.- disse Law.
-Avevo bisogno d’aria.- ribatté secco il cuoco.
-Hai mancato il discorso del testimone.- continuò l’altro senza battere ciglio- Qualcuno potrebbe averlo notato.
Che lo notino pure! E che vadano tutti al diavolo! Avrebbe voluto gridare Sanji.
-Mi dispiace.- disse solo, sentendosi sconfitto.
Law gli mise una mano sulla spalla.
-Sai che è importante.
-Se lo so?- Sanji riusciva a mala pena a controllare la sua voce per non urlare- Mi da il voltastomaco per quanto lo so!
-Allora non dovrei essere io a ricordartelo- replicò Law impassibile- L’accordo è chiaro: non possiamo permetterci di violarne le clausole. O devo ricordarti cos’è successo a Ace-ya?
Un colpo basso.
Il fratello di Rufy era accorso in loro soccorso sapendo di un attacco improvviso, ben conscio che erano più vulnerabili in assenza del capitano. Ma si era rivelato un inganno: un trucco meschino che aveva permesso a Barbanera di lanciare un attacco in forze contro Barbabianca, il cui fianco era sguarnito per l’assenza di uno dei suoi comandanti (Ace, appunto). Grazie anche all’appoggio ricevuto da alcuni ufficiali della Marina corrotti, Teach era riuscito ad avere la meglio su Barbabianca, uccidendolo e assumendo il suo titolo e i suoi possedimenti. Appena saputo ciò, Ace non ci aveva visto più: si era lanciato contro Barbanera prima che loro riuscissero a fermarlo.
Era morto nel tentativo.
Tutto questo era successo perché Ace aveva lasciato il suo posto. E aveva lasciato il suo posto perché loro erano troppo deboli.
L’accordo con Water Seven li avrebbe fatti diventare più forti, così nessun altro dei loro ci avrebbe rimesso.
-E’ tutto a posto.- disse Sanji, a denti stretti- farò quel che è necessario.
Law annuì.
-Lo so che è chiedere molto,- si azzardò a dire il chirurgo- ma c’è un’altra cosa che devi fare.
Questo non presagiva nulla di buono.
-Devi rientrare e congratularti di persona con gli sposi.
-Che cosa?!
Stavolta controllare il suo tono di voce era stato un’impresa.
Congratularsi? Congratularsi?! Oh, che bello, che fantastico imperdibile stupendo momento! Aveva un’idea precisa di dove il dottorino poteva mettersele le sue congratulazioni del…
-Sei il più importante membro dei Mugiwara dopo Zoro-ya- rispose senza scomporsi Law- Sei famoso. Sei temuto. Un personaggio del tuo calibro non passa in osservato e vedere il tuo pubblico appoggio al matrimonio tranquillizzerà Water Seven, in particolare i membri della Galley-La.
Gli lanciò un’occhiata significativa.
-Non lo ho già fatto? Ho partecipato alla compilazione del contratto matrimoniale, ho presenziato alla cerimonia, ho stretto la mano ad ogni fottutissimo rappresentate di Water Seven!
-Sanji-ya!- il suo tono stavolta era più di un rimprovero, era un ordine- E’ importante. Non deve esserci nemmeno l’ombra di un sospetto.
A denti stretti, il cuoco buttò la sigaretta a terra, calpestandola con tutta la forza che aveva.
-E va bene.- accettò esausto.
Avrebbe parlato di nuovo con Zoro dopo mesi. Sebbene parte di lui ne provava un’irrazionale piacere, la parte restante si sentiva addosso un macigno.
 
Il vociare dentro era perfino peggiore di quando Sanji l’aveva lasciato. Forse a causa della quantità di alcool.
Si chiese quanto avesse bevuto il Marimo. Di solito era peggio di una spugna e dopo una festa riusciva anche a dormire per un’intera giornata se qualcuno non lo svegliava. Di solito questo compito spettava proprio al cuoco: un calcio ben assestato e lo spadaccino finiva a terra con un bel bernoccolo (ormai perfettamente sveglio), per poi rialzarsi subito dopo con le sue tre spade in mano, lanciando insulti e minacce di morte.
La solita routine.
La vecchia routine. Si ritrovò a considerare Sanji.
Lui e Law avanzavano tra la folla festeggiante, fino a bordo della pista da ballo. Individuò subito la coppia di novelli sposi: erano vicini, Califa si stringeva al braccio di suo marito, mentre parlava amabilmente con l’amico di vecchia data Kaku. Uno strano tipo col berretto e il naso squadrato, inoffensivo a vedersi, ma che in battaglia era capace di fendere con le sue due lame intere file di nemici.
-Scusate se mi intrometto.- prese la parola Law- Vi ho portato qualcuno che vuole salutare gli sposi.- lo disse con formalità, con però un accenno di sorriso per alleggerire il tutto.
-Oh, Gamba Nera!- lo riconobbe Califa.
Lo sguardo di Zoro si spostò da Law a Sanji, ma dalla sua espressione non trapelò niente, e la sua bocca rimase chiusa.
-Non balli stasera?- chiese amabilmente la sposa.- Si dice che tu sia un ottimo ballerino.
-Temo di non aver trovato una dama che mi degnasse delle sue attenzioni, purtroppo- si scusò il cuoco.- E credo di essermi anche perso il discorso del testimone, spero mi scuserete, mademoiselle.
Sanji si inchinò di fronte alla sposa, prendendole delicatamente la mano e lasciandovi un piccolo bacio sopra.
Doveva recitare la sua parte giusto? In questo la sua celeberrima fama da donnaiolo giocava a suo favore.
-Ma permettetemi di dirvi che siete ancora più bella del solito, e l’abito da sposa non fa che esaltare il vostro fascino e la vostra purezza. Mi scuso del ritardo, ma faccio a entrambi le mie più sincere congratulazioni per la vostra felice unione.
-Grazie.- Un timbro basso, vibrante. Che Sanji avrebbe riconosciuto ovunque.
Le prime parole che gli rivolgeva dopo mesi, ed erano una bugia.
Oh, bé, lo erano state anche le sue.
-Già, grazie infinite, sei stato molto gentile e sono contenta di entrare nella vostra famiglia.- Califa gli sorrise, stringendosi a Zoro ancora di più. Questo causò un senso di nausea nel cuoco, ma lo mascherò alla perfezione.
-Una volta ti ho quasi ucciso.- aggiunse Califa, anche se sembrava più una constatazione che una richiesta di perdono.- me ne dispiaccio.
-Sono sempre pronto ad andarmene da questa vita, se è un angelo che mi ci invia- disse Sanji con galanteria, inchinandosi di nuovo.
-Sei troppo gentile, Gamba Nera. Spero che questa alleanza ci porti nuovi amici, oltre che benefici.
-Tale è anche la mia speranza.
-Scusa, Califa, ho sete.- proruppe Zoro improvvisamente, brusco- Vado a prendermi qualcosa per rinfrescarmi la gola.
La sposa sorrise.
-Figurati, conosco bene la tua reputazione di bevitore incallito.
Zoro non rispose, semplicemente annuì, scostandosi dalla moglie.
Si diresse verso il bar, dove un gruppo di uomini della Franky Family stava facendo una gara di bevute. Caso volle tuttavia, che Sanji si trovasse proprio con le spalle rivolte al bar. Lo spadaccino si volse nella sua direzione, senza però incrociare il suo sguardo. Sanji si scostò per farlo passare. Mentre Zoro lo superava però, il cuoco sentì la mano dello spadaccino sfiorare inavvertitamente la sua. Le loro dita si ritrovarono a strofinarsi le une sulle altre…
Il tutto durò un attimo, un breve istante in cui però un brivido, partendo dalle terminazioni della mano, si diffuse in tutto il corpo di Sanji, risvegliando i suoi sensi e dando un nuovo fremito a quelle emozioni che si sforzava di sigillare.
Il contatto finì presto.
Zoro si diresse verso il bar come se niente fosse, mentre Sanji rimase lì immobile, cercando di tornare in controllo delle sue azioni, mentre la sua mente continuava a porsi stupide domande.
L’aveva fatto apposta? Perché? Qualcuno lo aveva visto?
Di sicuro Law l’aveva fatto, perché lo stava inchiodando col suo sguardo.
Merda.
Incapace di dire una frase piena di fronzoli e moine come al solito, trovò una scusa per allontanarsi.
Uscì in fretta, cercando di non correre come le sue gambe erano portate a fare. Si impose di non guardare nemmeno una volta nella direzione del bar, dove era sicuro che Zoro stesse facendo fuori la scorta di sakè del catering. Si ritrovò di nuovo sul solito balcone, ma non si fermò lì. Saltò oltre la balaustra, atterrando nel giardino di sotto.
-Merda, merda, merda.
Cominciò a calciare il pavimento di pietra con la gamba destra, fino a che sotto di essa non si aprì una voragine.
Sperò che nessuno alla festa se ne fosse accorto, ma considerata la musica, la confusione e l’alcool si disse di no.
Stava per prendere a calci qualcos’altro quando il battito di un paio d’ali lo distrasse. Alzò lo sguardo e vide un familiare piccione planare dall’alto. Il pennuto restò a svolazzare sopra la sua testa, in attesa.
Sanji sorrise involontariamente.
-E’ tempo di pagare.
No, Law non era l’unico ad averlo visto.
Seguì il piccione, che prese a fargli strada non appena si mosse, fino all’ala est, un edificio in parte staccato dalla residenza dell’edificio di Water Seven che ospitava il ricevimento. Era disabitato perché malmesso e pericolante, e il cuoco immaginava fosse stato scelto perché lontano da occhi e orecchie indiscrete.
Seguì il pennuto all’interno, fino a che non giunsero in una stanzetta non troppo grande, il cui mobilio, rovinato, era accatastato in un angolo. Fu lì che il piccione scomparve nell’ombra, per poi ricomparire pochi secondi dopo sulle spalle del proprietario, che uscì dal suo nascondiglio di tenebre.
Rob Lucci era un tipo scenografico.
-Allora ci sbrighiamo?- disse Sanji, con fare annoiato, accendendosi una sigaretta.
-Hai fretta?- disse un’altra voce, che comparve sulla soglia da cui il cuoco era entrato poco prima: Kaku.- I due sposi si sono ormai ritirati per la prima notte di nozze. Abbiamo fino all’alba.
Dette un tiro alla sigaretta, spostando lo sguardo fuori dalla finestra.
-Accidenti,- disse Sanji in tono melodrammatico, continuando a fissare il paesaggio- sto cominciando a credere che mi abbiate portato qui solo per il piacere della mia compagnia.
Il primo calcio arrivò da Kaku. Lo colpì in pieno stomaco, mandandolo contro il muro, che si crepò. Scivolò seduto sul pavimento, con la schiena appoggiata alla parete.
Aveva visto il colpo arrivare, naturalmente, lui e il naso quadrato erano quasi alla pari, ma non aveva fatto nulla per schivarlo.
Questi sono i patti.
Poi fu il turno di Lucci.
-Cosa non hai capito di stare lontano da lui?
Lo afferrò per i capelli, sollevandolo. Il cuoco non si oppose. L’uomo col piccione lo scaraventò a terra, ripetutamente, facendo però attenzione a non colpire la faccia: era l’unica parte che Sanji esibiva in pubblico, il resto coperto dai suoi eleganti completi neri, e visto che questa cosa non doveva divenire pubblica, non potevano lasciare lividi o segni sulla faccia. Con tutto il resto però, potevano fare quello che volevano.
-Califa è una cara collega e un’amica. Il suo matrimonio è vitale per questi accordi, e tu non lo manderai a monte.
Sanji non protestò. Non emise un suono quando Kaku lo colpì di nuovo con il suo calcio, spedendolo sul soffitto per poi farlo ricadere a terra, né quando lo attaccò ripetutamente alla schiena frantumando il terreno.
Il cuoco era ridotto ad una bambola muta e passiva nelle loro mani.
Dopotutto, aveva accettato queste condizioni durante le trattative tra i Mugiwara e Water Seven.
Chissà come, quelli della Galley-La avevano scoperto del rapporto tra lui e Zoro, di cui nemmeno gli amici più stretti erano al corrente. Così, per tutelare l’accordo avevano aggiunto un’ulteriore clausola, di cui nessuno, fatta eccezione di Law, era a conoscenza.
Ma la cosa non dispiaceva a Sanji. Mentre quei colpi calavano su di lui, si sentiva quasi sollevato dalle angosce di quella giornata.
Il dolore del suo corpo smorzava quello del suo cuore.
La prima notte di nozze.
Faceva comunque male, il pensiero non scompariva del tutto, ma era ovattato, confuso, appannato.
-Questo è un avvertimento Gamba Nera.- sussurrò al suo orecchio Lucci, mentre lo tirava su per la camicia, preparando il colpo finale con la mano rimasta libera- Il nostro accordo è chiaro: non devi toccare Roronoa. Se lo farai, saremo di nuovo qui.
L’attacco finale di Lucci – il suo micidiale shigan – lo perforò come un colpo di pistola.
Senza dire una parola di più, i due della Galley-La lo lasciarono lì, a terra e sanguinante, e se ne andarono.
Rimase lì per diverse ore, senza alzarsi, senza muovere un muscolo, col viso premuto contro il pavimento, assaporando il dolore che lo pervadeva. Doveva concentrarsi solo su quello per non impazzire, mentre sotto di lui una macchia di sangue scuro si allargava riempiendo lo spazio sotto di sé.
Devo farmi vedere al più presto da Chopper…
Un pensiero errante, che però non fu sufficiente per farlo alzare.
Doveva restare lì, così non avrebbe pensato ancora a lui.
Zoro…
------
Ciao a tutti! Eccoci arrivati alla fine di questo secondo capitolo. Povero Sanji:( Inanzittutto un grazie a tutti quelli che hanno seguito la storia, e in particolare a Bluly e alla sua splendida recensione! Ho aggiunto negli avvertimenti "Violenza" per la fine di questo capitolo: forse è un po' eccessivo, ma volevo andare sul sicuro. Il fatto che Rufy sia fuori dai giochi (almeno per ora) ha una sua motivazione, in parte dovuta al fatto che non ce la vedo proprio questa situazione avvenire sotto il suo comando (voglio dire, è di RUFY che stiamo parlando!). Per il prossimo capitolo ci sposteremo verso il punto di vista di Zoro, scoprendo cosa ne pensa il nostro spadaccino di questo "matrimonio"...
Grazie a tutti,
Ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** intimità estranea ***


3.INTIMITA’ ESTRANEA
Zoro era steso sul suo letto matrimoniale, incapace di dormire.
La sua nuova moglie – solo questa parola bastava a dargli il voltastomaco – dormiva al suo fianco, nuda sotto le coperte.
Lo spadaccino si tirò su a sedere, non sopportando più quella vicinanza, quell’intimità forzata che non aveva né chiesto né voluto.
Si alzò, infilandosi i pantaloni, per poi camminare verso la finestra, in cerca di aria.
Era quasi l’alba, ormai. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte, sebbene fosse stata una giornata estenuante, passata a dover far stare in piedi quella farsa che era il suo matrimonio.
Lo sguardo di Trafalgar lo aveva seguito per tutto il tempo, come se fosse certo che Zoro  avrebbe fatto qualche sciocchezza, mandando all’aria tutto. Che cosa credeva? Che fosse una qualche sottospecie di donnicciola? Lui era uno spadaccino, un guerriero: aveva dato la sua parola, e non si sarebbe tirato indietro. No, sarebbe andato fino in fondo, per quanto ridicolmente assurda fosse la situazione.
Era stata dura per lui portare a termine i suoi doveri coniugali quella notte: non ne aveva ricavato alcun piacere, solo un profondo disprezzo per sé stesso.
Non che Califa fosse brutta o altro. Si era dimostrata favorevole a quel matrimonio di convenienza, e nei suoi confronti era stata disponibile e affabile, pronta a fare il suo dovere per la sua fazione.
Eppure quella donna non gli piaceva.
C’era qualcosa in lei che non lo convinceva del tutto, qualcosa da cui il suo istinto lo metteva in guardia. Era una sensazione precisa, la stessa che senti in battaglia, nel mezzo del combattimento, quando avverti la presenza di un pericolo, di una minaccia imminente: di quando percepisci, senza ombra di dubbio, che il nemico è proprio lì alle tue spalle, in procinto di colpire.
Malgrado però quella chiara sensazione che lo avvisava di stare lontano da quella donna, Zoro era ben consapevole che questa sua avversione poteva non essere dovuta da un pericolo proveniente da lei... ma ad altre cause che dipendevano unicamente dallo spadaccino. E ciò era frustrante.
C’erano infatti almeno due motivazioni che si mettevano in mezzo, minacciando di offuscare il suo giudizio e fuorviarlo: la prima era certamente quel ridicolo matrimonio che gli era stato imposto e che era l’ultima cosa che avrebbe desiderato; e la seconda… la seconda era quello stupido cuoco.
L’aveva visto, prima del matrimonio. I loro sguardi si erano incrociati per un breve attimo. Era seduto su una delle panche centrali, vicino a Robin: il solito sopracciglio a ricciolo, lo stesso ciuffo di capelli che gli copriva metà del viso…
Viso sul quale era dipinta un’espressione imperscrutabile.
Che cosa gli frullava in testa sotto quella zazzera bionda? Che fosse toccato dalla cosa o assolutamente indifferente era impossibile da stabilire. Zoro sperava che almeno fosse soddisfatto del risultato.
Dopo la cerimonia non l’aveva più visto, circondato com’era da persone sconosciute che ci tenevano tanto a fargli le congratulazioni.
Congratulazioni di cosa? Di aver venduto la sua libertà? Di essersi legato a una donna la cui sola presenza gli faceva ribrezzo?
Ricordava ancora quando Trafalgar gliel’aveva detto. L’aveva convocato d’urgenza, e già quello aveva instillato nello spadaccino il sospetto che ciò che lo aspettava non era nulla di buono.
Aveva avuto ragione.
 
-Puoi scordatelo, Trafalgar!- gli urlò dietro Zoro furibondo, appena capì cosa il chirurgo voleva che lui facesse.
-Zoro-ya, non è il caso di arrabbiarsi.- replicò l’altro senza scomporsi, seduto sulla sua poltrona.- Discutiamone da persone civili.
-Fottiti!
Trafalgar sospirò.
-Barbanera è una minaccia concreta. Dopo che ha sconfitto Kaido, l’unica nostra speranza era ritrovare Shanks, ma ora che i nostri sono dispersi…
-Rufy tornerà…- liquidò la faccenda Zoro, con fede certa.
-Mugiwara-ya non è qui adesso.- replicò però il chirurgo, implacabile- E questa è la situazione. Abbiamo bisogno delle loro armi, della loro tecnologia avanzata per poter sopravvivere fino a quando il tuo capitano non tornerà. Ci serve tempo, e Water Seven può darcelo. Siamo deboli.
Ace.
Zoro tacque appena quel nome tornò a riaffacciarsi alla sua mente.
Ace era morto, già. E Rufy, disperso da qualche parte, ancora non lo sapeva. Per quanto allo spadaccino non piacesse, Trafalgar diceva la verità: loro erano deboli. Troppo deboli.
-Capisco il bisogno di questo accordo con loro.- disse infine Zoro, più accondiscendente- ma perché mai dovrebbe esserci bisogno di un matrimonio?
Pronunciò quell’ultima parola riempiendola di tutto il disprezzo che sentiva in quel momento.
-Water Seven è una fazione tradizionalista. Crede in antichi e solidi principi. Vogliono essere certi che rispettiamo le loro credenze e che non verremo meno alla loro parola. Un matrimonio dà loro questa garanzia.
-Perché proprio io?
-Sei famoso. Rinomato, temuto. Conosciuto per essere ligio al dovere, un protettore della tua fazione, un combattente con pochi eguali. Senza contare che sei uno dei più alti in grado dell’Alleanza dei Mugiwara.
-E che mi dici di te allora?
-Sfortunatamente non sono un’opzione. La mia reputazione non è esattamente immacolata, senza contare che Eustass-ya se ne avrebbe a male se improvvisamente mi sposassi…
Eustass “Captain” Kidd era il capo di un’altra fazione, un’alleanza che aveva formato insieme a Hawkins e uno strano tizio dalle lunghe e improbabili braccia. Un tempo loro accanito rivale, la situazione era cambiata quando Trafalgar e il rosso avevano cominciato ad andare a letto insieme: ora tra le loro due fazioni c’era, se non proprio una pace, una sorta di accordo implicito di non aggressione. Ma era chiaro che se Trafalgar avesse preso moglie, Eustass non se ne sarebbe stato buono.
-Comunque- continuò il chirurgo, con uno strano sorrisetto- se non vuoi farlo tu, ci sarebbe anche Sanji-ya da considerare…
-No.- Zoro lo disse senza esitare. Il solo pensiero gli aveva fatto salire un brivido lungo la schiena, e una sensazione di gelo.
-Bene- disse Trafalgar soddisfatto- anche perché non sarebbe stato possibile: la sua fama di donnaiolo lo precede: Water Seven non lo avrebbe mai accettato.
Lo spadaccino gli rivolse un’occhiata feroce, che durante le battaglie faceva scappare file e file di nemici. Ma il chirurgo non si lasciò impressionare, continuando a fissarlo con tranquillità.
-Io non…- cominciò Zoro, aggressivo, ma Trafalgar lo interrompe.
-C’è bisogno che ti ricordi della promessa che tutti noi abbiamo fatto a Mugiwara-ya?
Certo che la ricordava.
Avevano, tutti loro, promesso al capitano che si sarebbero occupati di tutto fino a quando non fosse tornato… che avrebbero tenuto tutti al sicuro…
Abbassò lo sguardo, stringendo i pugni.
 
Quella promessa.
L’unico motivo per cui aveva acconsentito a quella pagliacciata.
Se avesse pensato davvero che sarebbe durata per sempre…
Ma Rufy sarebbe tornato vittorioso, assieme agli altri, per cui era solo una questione di tempo e poi quell’incubo sarebbe finito.
Politica!  Pensò disgustato.
Lui odiava la politica. Era un uomo fatto per il campo di battaglia, per abbattere il nemico davanti a lui, e, una volta sconfitto quello, passare al successivo. Non per strategie, tattiche e accordi sotto banco.
C’era il cuoco per quello.
Cuoco…
Istintivamente, si toccò il dorso della mano. Là dove ancora sentiva l’eco della pelle del biondo sulla sua, nel punto in cui le loro dita si erano sfiorate quasi impercettibilmente.
Che cosa stupida da fare: fingere di voler andare improvvisamente al bar a bersi qualcosa solo per avere una scusa per potergli passare a fianco…
La sua mano poi si era mossa da sola, verso quella dell’altro, fino a toccarla… non è che l’avesse fatto apposta.
Nonostante quello che aveva dovuto fare durante quella prima notte di nozze, non aveva permesso alla donna che era diventata sua moglie, anche solo di sfiorarla quella mano. Per quale ragione? Non lo sapeva nemmeno lui… solo non aveva voluto che Califa cancellasse l’eco di quel tocco leggero che ancora sentiva vibrare sulla sua pelle.
Scosse la testa.
Sì, era stato un idiota. Con buona probabilità quel damerino non se n’era nemmeno accorto…
Meglio così. Si disse.
Non aveva certo dimenticato perché si era rifiutato di parlargli per quei due mesi precedenti…
 
Di fronte alle ferree e inoppugnabili argomentazioni di Trafalgar, Zoro si era ritrovato a capitolare.
Non che avesse reso la cosa facile a quel chirurgo tatuato… ma il risultato era quello. Abbassò la testa, rilassando i pugni che si sarebbero voluti scagliare su Trafalgar fin dall’inizio della conversazione.
Aveva preso la sua decisione, ma non poteva ancora dirlo a Trafalgar.
Se doveva fare quella “cosa” allora prima…
-Lascia almeno che…- cominciò, incerto su come proseguire- Dovrei prima dirlo a…
-Sanji-ya sa già tutto.- lo anticipò Trafalgar, sorprendendolo.
Zoro lo guardò con gli occhi sgranati.
-Cosa?
-E’ stata una sua idea.
 
Quel ricordo gli fece ribollire la rabbia.
Non gli importava che fosse la scelta più logica.
Non gli importava che fosse la soluzione più sensata, che avrebbe risolto tutto.
Il cuoco lo aveva trattato come un semplice strumento, un ingranaggio posto nel punto giusto per dare vita ad un’altra delle sue strategie perfette.
Complimenti a lui.
E non si era nemmeno sprecato a dirglielo prima.
Digrignò i denti.
Stava per allontanarsi dalla finestra, quando qualcosa lo interruppe.
D’improvviso, sentì un calore avvolgerlo da dietro, mentre una mano fine e delicata gli sfiorava il braccio, distogliendolo dai quei pensieri.
-Ti sei svegliato?- gli chiese la donna che era sua moglie. Califa l’aveva raggiunto, avvolta solo nel loro lenzuolo.
Doveva essersi alzata senza che lui se ne accorgesse, troppo distratto com’era da quei ricordi molesti.
-Sì.- le rispose, brusco.
-Tranquillo, so che è una cosa nuova.- la donna gli sorrise accondiscendente, prendendo ad accarezzargli l’avanbraccio con le dita- Staremo bene insieme, una volta che ci saremo abituati l’uno all’altra.
Zoro non rispose.
Califa si allungò verso di lui per un breve bacio sulla guancia, al quale lui dovette farsi forza per non scostarsi.
Poi si allontanò da lui, e lo spadaccino non poté che esserne felice.
-Vado a farmi una doccia.- continuò la donna- Stamattina ci aspetta il primo briefing come coppia, e dobbiamo fare una buona impressione.
Mentre però raggiungeva il bagno, Zoro vide la donna fermarsi tutt’a un tratto davanti alle sue tre katane, appoggiate con cura ai piedi del letto e pronte per essere afferrate in ogni momento.
-Ho sentito parlare di queste- disse, chinandosi verso di loro- Sono famose quasi quanto l’uomo che le impugna. Ho sempre desiderato vederle da vicino…
Califa allungò la mano, ma prima che potesse toccarle, lo spadaccino era già accanto a lei: si era spostato in meno di un battito di ciglia, e adesso teneva con presa salda il polso della donna. Non così forte da farle male, ma abbastanza per impedirle di avvicinare ancora la mano.
-Nessuno tocca le mie spade.- la sua stessa voce era una lama affilata.
L’avvertimento era chiaro, e la donna sembrò coglierlo: fece per ritirare la mano, e Zoro la lasciò andare.
-Scusa. E’ chiaro che per certe cose ci vuole tempo…
-Sono d’accordo.- concordò Zoro, senza che il suo tono si facesse meno inflessibile.
Mi ci vorrà del tempo per liberarmi di te.
Lo spadaccino la vide andare verso il bagno. Poco dopo che la porta si era richiusa alle sue spalle, sentì partire lo scroscio d’acqua della doccia.
Più rilassato, Zoro tornò a guardare verso l’alba fuori dalla finestra.
Si ripeté tra sé quelle stesse parole che aveva detto a Trafalgar, quando aveva infine acconsentito al matrimonio.
Finché Rufy non torna.
-----
Ciao a tutti! Questo terzo capitolo è stata una sofferenza... ad un certo punto non solo mi si è cancellato sulla chiavetta, ma poi io ho anche avuto la brillante idea di sostituire la copia di sicurezza che avevo messo sul computer con un file vuoto: che dire, geniale. Lasciando stare il dramma interiore che ne è seguito, sono riuscita a riscriverlo più o meno come il precedente (anche se sto ancora pregando per non aver dimenticato nulla).Comunque spero che il mio Zoro vi sia piaciuto:) ringrazio tutti quelli che stanno seguendo la storia e in particolare Bluly (davvero, adoro le tue recensioni!). Prossimo capitolo ancora dal punto di vista di Zoro!
Alla prossima, ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** cooperazione ***


4.COOPERAZIONE
Quando Zoro e Califa entrarono nella sala riunioni, li accolse uno scroscio di applausi.
Lo spadaccino cercò di non mostrarsi seccato quanto si sentiva, considerato anche che la donna gli era rimasta arpionata al braccio da quando erano usciti dalla loro stanza.
Avevano dato l’immagine dei perfetti sposini a chiunque avevano incontrato: almeno per questo Trafalgar non aveva nulla di cui lamentarsi.
Molti di coloro che dovevano presiedere al briefing erano già arrivati e avevano preso posto attorno alla tavolata.
Anche Zoro si unì ad essi, sedendosi al suo solito posto, di fianco a Trafalgar e di fronte ai massimi esponenti di Water Seven, che lo spadaccino già conosceva in parte dalle trattative, in parte dal giorno prima: per la maggior parte erano funzionari o costruttori, solo alcuni di loro potevano dirsi combattenti, e tra essi spiccavano Rob Lucci e Kaku.
Si sorprese quando si accorse che Califa non si era messa (come aveva fatto fino a quel momento) accanto ad Iceburg, il sindaco di Water Seven e capo della Galley-la: invece, la donna aveva preso posto vicino a suo marito.
Ciò provocò in Zoro un fastidio sottopelle immediato. Certo, aveva tutto il diritto di mettersi lì e le era stato assegnato quel posto per dimostrare a tutti che l’accordo tra le loro fazioni era stabile ma…
Quello era il posto del cuoco.
Al suo fianco.
Zoro ingoiò l’ennesimo boccone amaro, lanciando un’occhiata a Trafalgar con cui sperò di fargli capire che quando quella storia fosse finita – perché sarebbe finita – gliel’avrebbe fatta pagare. Come al solito il capitano degli Hearts lo ignorò.
In attesa che i ritardatari arrivassero (una cosa nuova per Zoro quella: lui era di solito l’ultimo ad arrivare, dopo aver vagato per un tempo imprecsato, perso, tra i corridoi di quello stupido edificio labirintico in cui sembrava impossibile orientarsi) il suo sguardo fu attirato da Rob Lucci, il tizio col piccione, seduto di fronte a lui. Non sapeva bene cosa, ma c’era un non so che di strano in lui quella mattina… una sorta di aura di soddisfazione.
Lo spadaccino lo squadrò sospettoso.
Che fosse per il matrimonio? Era stato tra quelli più puntigliosi nel redigere il contratto, quindi immaginava potesse essere contento della riuscita del suo lavoro. Eppure…
Aveva sempre percepito qualcosa di sadico in lui, nel suo sguardo. Un qualcosa che portava Zoro a controllare per bene che tutto quello di cui a lui importava fosse al sicuro.
D’istinto si voltò alla sua destra, dove Califa occupava il posto del cuoco.
Ma lui dov’era?
Un brutto presentimento cominciò a farsi strada dentro allo spadaccino... fino a che il portone si aprì nuovamente, per far entrare gli ultimi due ufficiali: Chopper e il cuocastro.
Zoro lo osservò attentamente mentre prendeva posto. Notò la sua figura slanciata, le sue movenze eleganti mentre avanzava a passi decisi nella sala, quei capelli dorati che risplendevano nella luce del mattino…
Ma qualcosa non andava.
Mancava una certa fluidità in quei movimenti, la stessa che gli permetteva in battaglia di schivare gli attacchi più improbabili e sorprendere sempre l’avversario.
Cosa c’era di sbagliato?
Zoro spostò il suo sguardo su Chopper, la piccola renna a capo della delegazione dei medici di Drum che gli zampettava al fianco: stava osservando il cuoco con occhi pieni di apprensione, la stessa che mostrava ogni volta che qualcuno ignorava le sue prescrizioni in seguito a delle gravi ferite.
Lo spadaccino tenne gli occhi addosso al biondo finché questi non si avvicinò al tavolo, ma il cuoco doveva essere sovrappensiero, perché non si accorse che il suo abituale posto era occupato fino a quando non fu ad un centimetro dalla sedia: a quel punto notò Califa. Rimase lì, con la sua tipica espressione da pesce lesso e la sigaretta fumante tra le labbra a guardare la donna.
Zoro vide la realizzazione nel suo sguardo quando capì, poi però quel cuoco da strapazzo abbassò la testa e anche il suo unico occhio visibile scomparve sotto la massa di capelli biondi.
Lo spadaccino, a braccia incrociate, strinse la presa attorno al proprio avambraccio, reprimendo l’istinto di assaltare il cuoco e immobilizzarlo per vedere che espressione gli stesse nascondendo.
Ma il biondo si riprese in fretta, il momento di incertezza durato poco meno di un istante: poi era già tutto sorridente, pronto a fare moine alla donna che era sua moglie.
-Ti prego di scusarmi, cara Califa- disse educato, accompagnando il tutto con uno stupido inutile inchino.- L’abitudine. E’ chiaro che il posto di un uomo è a fianco della propria moglie, specialmente se questa è bella quanto lo sei tu.
Zoro provò l’impulso di prenderlo a pugni, ma si trattene, limitandosi a fissarlo con uno sguardo truce.
Già non sopportava la galanteria del cuoco verso le donne in condizioni normali, figuriamoci adesso.
-Cuoco, piantala di flirtare con mia moglie e siediti.- lo ammonì con tono di sufficienza- Ci stai facendo perdere tempo, e sei già in ritardo.
Il biondo finalmente incrociò il suo sguardo, ma la sua espressione era indifferente.
No.
Non era quella l’espressione che avrebbe dovuto avere. Dov’era il fuoco con cui il cuoco lo affrontava ogni volta? Quella scintilla di passione capace di stupirlo sempre?
-Taci, Marimo.
In quegli occhi non vi era riflessa alcuna emozione, tant’è che Zoro si rifiutò di portare avanti la discussione, come abitualmente faceva. Se ne restò zitto, guardando davanti a sé mentre il cuoco prendeva il suo posto a fianco di Califa.
Ora sua moglie si trovava proprio in mezzo tra lui e il biondo.
Molto appropriato.
Trafalgar sospirò.
-Scusateli, fanno sempre così- disse con nonchalance- Possiamo cominciare?
Iceberg annuì, cominciando ad illustrare le nuove misure che Water Seven aveva pensato per rendere sicuro il confine, e che avrebbe esteso ai territori dei Mugiwara.
-Franky, ha progettato delle nuove… invenzioni, che permetteranno di tenere il confine con solo la metà degli uomini. Abbiamo stabilito di condividerle con voi, sebbene devo avvertirvi che gran parte di esse non sono state ancora ultimate. Il genio di Franky è di tipo… eccentrico. Perciò vi proporrei di andare lì di persona a controllare di cosa si tratta. E’ stato piuttosto vago con me…
Sebbene Iceburg fosse formalmente a capo dell’intera Water Seven, la divisione interna tra Galley-la e Franky Family restava, e quest’ultima manteneva una certa autonomia rispetto all’altra.
-E’ stato predisposto tutto perché a uno di voi sia consentito l’accesso al suo laboratorio.- continuò il sindaco- Il nostro treno lo condurrà direttamente lì.
-Capisco.- disse Trafalgar in tono riflessivo.-Sanji-ya, te ne occupi tu?
Il cuoco si prese il tiro di una sigaretta per rispondere.
-Certo, andrò subito oggi.- accettò in tono piatto.
-Molto bene.- concordò Iceberg- Ora rimane la questione…
-I nostri uomini sono pronti per partire.- lo anticipò Trafalgar- Raggiungeranno Water Seven entro questa giornata e ne presiederanno i confini, come già avevamo concordato.
-Mi sembra ottimo.- approvò Iceburg- ma vi ricordo che è essenziale che Roronoa Zoro e Califa li accompagnino. E’ la tradizione, e in nome dei miei concittadini non posso contravvenire.
Stupido paese tradizionalista.
Lo avevano già fatto sposare con quella e adesso doveva pure andare in passerella per farsi vedere.
-Non l’ho dimenticato, Iceburg-ya.- disse Trafalgar tranquillamente.- Zoro-ya guiderà la squadra. E’ già stabilito un viaggio di due settimane.
-I cittadini di Water Seven saranno soddisfatti- approvò Califa, in tono professionale, dandosi una sistemata agli occhiali.
-Bene.
Merda.
Zoro era fregato. Due settimane in compagnia forzata di quella donna a fare la bella statuina per le masse.
Digrignò i denti.
Dannato Trafalgar!
Lo sapeva già e non gli aveva detto niente. Inoltre, aveva scelto proprio il cuoco per la visita alla Franky Family: l’aveva fatto apposta. Robin sarebbe stata altrettanto qualificata per quel compito, senza contare che, con la reputazione di Franky, il biondo si sarebbe messo a litigare in tempo zero, scatenando un parapiglia che non sarebbe stato di nessun aiuto.
E non l’avrebbe visto per due settimane.
La discussione continuò su altri punti, in particolare i sistemi di logistica e di trasporto. Zoro ascoltò solo distrattamente: stava ancora ripensando al cuoco, a come gli era sembrato quando era entrato e a come si era rivolto a lui… doveva parlargli.
Prestò di nuovo attensione a quello che gli altri stavano dicendo solo quando Robin prese la parola: fece il punto della situazione sulle notizie che le erano trapelate attraverso la loro rete di spionaggio, di cui lei era a capo. E per un buon motivo: quella donna sembrava avere occhi e orecchie ovunque. Non c’era molto che già non sapevano: l’unica novità fu la notizia di un certo movimento intorno a Sabaody, ma con l’entrata del quartiere dell’Isola degli Uomini Pesce nell’Alleanza quello non era più un punto caldo.
Una volta finita la riunione, Zoro si alzò di corsa, congedandosi in maniera sbrigativa dalla sua appiccicosa moglie con una scusa.
Doveva trovarlo e parlargli prima della partenza. Ma il cuoco era stato veloce: il tempo di voltarsi e non era più in vista.
Zoro lo cercò per un po’ invano, scostando tutti i tentativi di coloro che cercavano di fermarlo (probabilmente per fargli gli ennesimi stupidi complimenti per il matrimonio), poi individuò Chopper.
Lo spadaccino lo chiamò, attirando l’attenzione della piccola renna parlante.
-Ciao, Zoro!- lo salutò il dottore felice- Mi dispiace di non essere potuto venire al matrimonio…
Sono io che non avrei voluto esserci.
-Non preoccuparti, Chopper. Hai visto il cuoco?
-Mm…- sul musetto della renna si dipinse un’espressione imbarazzata e incerta.- Sanji…
-Gli è successo qualcosa?
-N-no… perché lo chiedi?
Il medico stava mentendo: come Rufy, anche la renna non le sapeva dire le bugie.
-Chopper- la voce di Zoro si fece tagliente- Dov’è il cuoco?
-Zoro, lui…- incapace di sostenere l’intensità dello sguardo dello spadaccino, il medico capitolò- E’ uscito da quella porta un attimo fa.
Zoro corse verso la porta indicatagli prima che fosse troppo tardi: se il cuoco si fosse inoltrato troppo in quel labirinto, non l’avrebbe più raggiunto.
Una volta nel corridoio, lo spadaccino vide il profilo del biondo che camminava via svelto.
-Oi, cuoco!- lo chiamò senza troppe cerimonie.
Quello non si voltò, ma lo spadaccino vide le sue gambe fermarsi.
-Marimo- disse quello buttando la sigaretta per terra e schiacciandola sotto il piede con forza- non dovresti lasciare sola la novella sposa.
-Che si fotta.- fu la risposta piccata di Zoro- che ti è successo?
Un momento di silenzio.
-A che ti riferisci?
-Non mi prendere per il culo. Che ci facevi con Chopper?
-Mm… niente di ché.
Ok, Zoro si stava incazzando. Avanzò a grandi passi verso il cuoco ancora di spalle.
-E guardami quando ti parlo!
Fece per prendergli il braccio e voltarlo verso di lui, ma il biondo si scostò di scatto, non permettendo all’altro di toccarlo.
-Scusa, Marimo, non ho tempo: devo andare.-disse il cuoco, sempre senza voltarsi- Goditi la luna di miele!
Che cosa???
-Io adesso ti…- le mani dello spadaccino erano già sulle sue katane, quando una voce femminile li interrupe.
-Zoro!
Merda.
Era Califa.
Comparve sulla soglia del corridoio, e Zoro si ricompose.
-Dobbiamo andare, la spedizione sta per partire.
Stupido viaggio. Stupido matrimonio. Stupido…
-Bene, non ti trattengo allora, Marimo- si congendò il cuoco, allontanandosi a grandi passi- Hai dei doveri a cui attendere...
Il biondo scomparve appena girato l’angolo.
Maledizione.
Aveva voglia di fare a pezzi qualcosa.
Spero che attacchino. Non mi interessa chi. Li farò a pezzi.
Rinfoderò le katane, e con quei pensieri in testa raggiunse sua moglie.
-----
Ciao a tutti! Questo era il quarto capitolo! I nostri due protagonisti hanno ricominciato a parlarsi... a modo loro. Un grazie a tutti coloro che stanno continuando a leggere la storia (in particolare a Orfeo_kun per averla messa tra le preferite e a Alle97 e cassandra76 per averla messa tra le seguite). Nel prossimo capitolo torneremo al punto di vista di Sanji...
Alla prossima! Ciaociao!:)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** divisione di necessità ***


5.DIVISIONE DI NECESSITA’
-Sanji, che hai fatto?!- gridò Chopper alla vista delle bende ricoperte di sangue.
-Le ferite si sono riaperte.- replicò semplicemente il cuoco.
-Ti avevo detto di restare a riposo!- lo rimproverò la renna, lavorando intanto per fermare la fuoriuscita di sangue.
-Mi dispiace.
Si era mosso troppo in fretta per scostare Zoro, e poi aveva corso fino al tetto senza fermarsi e senza sapere bene perché. Si era accorto solo dopo che le ferite avevano ricominciato a sanguinare.
-Sanji, ma chi ti ha ridotto così?
-Chopper, non è niente. A volte le trattative di pace sono… complicate.
Il medico lo guardò con due occhi da cucciolo. Il cuoco suo malgrado si intenerì,  e lo accarezzò sulla testa.
-Non ti preoccupare, piccoletto, sto bene.
-E Zoro?
Un guizzo al cuore.
Sanji guardò la renna fingendo un’aria noncurante.
-Zoro cosa?
-Ecco... So che mi hai detto di non dirgli che sei stato ferito però… oggi mi è sembrato triste…
Stupido spadaccino.
-E’ tutto a posto Chopper, sai com’è fatto: quel Marimo deve abituarsi a tutta la faccenda dell’essere sposato: è un cavernicolo, non sa come va trattata una donna.
-Anche tu sei triste.
Poche parole dirette e sincere, dette con un’innocenza che colpiva al cuore.
Sanji non rispose subito.
Dopo un tiro alla sua sigaretta, posò la mano sulla spalla del medico.
-Andrà tutto bene, Chopper. Staremo bene.
Che pietosa bugia.
Sanji sorrise, e la renna, fiduciosa, sorrise a sua volta, finendo di rifare la fasciatura e intimandogli di restare a riposo, per stavolta.
Gli promise che l’avrebbe ascoltato e uscì dal suo studio.
Accidenti, non intendeva far preoccupare Chopper. D’altra parte lui aveva mantenuto la promessa che aveva fatto al medico quella mattina prima di presentarsi al briefing: nonostante la tentazione, si era sottratto al tentativo di Zoro di toccarlo, evitando così una nuova “punizione”.
Si mise la mano sull’addome, dove l’ultimo colpo di Lucci ancora faceva sentire i suoi effetti: doveva essere conciato peggio di quello che pensava, perché nonostante avesse cercato di dissimularlo, Zoro si era reso conto che qualcosa non andava.
Era stato stupido da parte sua non andare da Chopper subito dopo il fatto, invece di starsene sdraiato in quell’edificio cadente fino all’alba.
Ah, bé, ormai è fatta.
Non ne provava davvero rimorso.
E questo era grave.
Si incamminò verso il piano terra del quartier generale. Trafalgar e Robin erano lì, e stavano parlottando tra loro: dalle loro espressioni, sembravano preoccupati.
-Tutto bene?- chiese avvicinandosi.
-Un nuovo rapporto dai confini:- lo informò Law- Thriller Bark sta preparando qualcosa.
-Pensavo che la situazione con loro fosse risolta.
-Perché Brook era diventato un membro della cerchia interna.-gli ricordò Robin- La sua assenza prolungata sta creando scompiglio.
-Mm… forse è meglio se mi dirigo lì.- si propose il cuoco- Da Franky può andarci Robin. Vedermi farà passare loro la voglia di attaccare, ad Absalom in particolare.
Sanji gli aveva dato una bella batosta l’ultima volta, ed era certo che quell’ibrido pervertito biondo se la ricordasse.
-No- disse Law perentorio.
-Perché il confine con Thriller Bark è vicino a Water Seven?
Silenzio.
Sanji e Law si fronteggiarono con lo sguardo, per un lungo momento carico di tensione.
Il cuoco sapeva che il chirurgo l’aveva voluto incaricare dell’incontro con Franky per essere sicuro che lui e Zoro rimanessero lontani l’uno dall’altro. Razionalmente lo capiva, eppure si sentiva furioso.
Ci pensò Robin a far cessare quel confronto.
-Non ti preoccupare Sanji, mi occuperò io della questione di Thriller Bark, lo sai quanto adoro quel posto.
Bastò il sorriso della donna per far capitolare il cuoco.
-Tutto quello che vuoi, carissima Robin. Ma stai attenta, ho come la sensazione che ci sia qualcosa sotto, più di quello che appare.
-A che ti riferisci?- domandò Law.
-Non so, intuito.
-Sai che mi fido del tuo intuito, Sanji. Analizzerò la faccenda per bene,-gli sorrise- e poi lo sai: noi di Oahra, scaviamo a fondo.
Robin gli fece l’occhiolino, per poi andarsene.
Rimase solo con Law, che lo soppesò con lo sguardo.
-Non gliel’hai detto. A Zoro-ya.- solo una constatazione.
-No.
-Dovresti.
-No.
-Perché?
-Sono una persona fondamentalmente egoista.
Law sospirò.
-Intanto per queste due settimane siamo a posto. E prima che tu dica qualcosa: non voglio che si ripeta quello che è successo ieri notte.
Il cuoco sbuffò.
-Non era chissà che.
Law lo inchiodò con quei suoi occhi grigi incorniciati da pesanti occhiaie nere.
-Non farti ammazzare, Sanji-ya.
 
Due ore dopo Sanji era sul treno per la Franky House, sede della Franky Family, che altro non era se non un’immensa fabbrica sotterranea. Già il solo poterci entrare era indice della fiducia che Water Seven accordava loro.
Un altro punto a favore di quell’odioso matrimonio.
Quando fu a destinazione, alla stazione era già pronta ad attenderlo, seduta su di una vecchia panchina, la vecchia Kokoro, un ex-sirena ubriacona con tanto di nipotina pestifera e coniglio a carico. Il cuoco la conosceva dalle negoziazioni, ed era forse l’unico abitante di Water Seven a non essere collegato né alla Galley-la né alla Franky Family: il suo ambito era legato all’eccezionale rete ferroviaria che si diramava per tutta Water Seven, e che con gli accordi si sperava di poter estendere anche ai territori dei Mugiwara.
Avere un sistema efficiente di trasporto era di vitale importanza, non solo per la mobilitazione di truppe, ma anche (e questo era un ambito particolarmente caro a Sanji) per il vettovagliamento: era inutile avere armi e soldati al fronte, se poi li facevi morire di fame.
-Cuoco, cuoco, cuoco, c’è il cuoco!- strillò la bambinetta bionda appena lo vide.
Sanji la salutò con un sorriso.
-La nonna adesso ti porta subito dallo zio Franky!
Kokoro scoppiò a ridere, per poi scolarsi un altro sorso della sua bottiglia di vino.
-Sei ancora più triste dell’ultima volta che ti ho visto, cuoco!- lo apostrofò lei- Su con la vita!
Ci mancava solo lei a farmi la predica. Pensò Sanji.
-Felice di rivederti.- la salutò, senza alcun particolare entusiasmo.
A quelle parole la vecchia rise di nuovo e si rovesciò un altro po’ di liquore nello stomaco. Poi saltò su in piedi e prese a fargli strada.
Water Seven era sempre pieno di attività, sembrava un enorme cantiere senza fine, in cui venivano tirate su le cose più diverse, da edifici a immensi cannoni o torrette.
La Franky House era visibile a una considerevole distanza, visto l’enorme cartello colorato che ci stava sopra.
Quando furono davanti al portone, Sanji ordinò ai suoi uomini di rimanere fuori: Franky aveva accettato la visita di una sola persona, quindi il cuoco sarebbe entrato da solo.
Lui e Kokoro (e ovviamente la ragazzina e il coniglio) entrarono dal portone, per finire in quello che il biondo scoprì essere un ascensore: quando il portone si chiuse alle loro spalle infatti, l’intera stanza cominciò a scendere verso il basso.
Quando alla fine si fermò e le porte si riaprirono, Sanji ebbe l’impressione di trovarsi di fronte ad una discarica: il pavimento era completamente nascosto da mucchi e mucchi di rottami e marchingegni strani (alcuni che mandavano sospettose scintille) mentre bottiglie vuote di Cola erano appoggiate ovunque.
Sanji uscì dall’ascensore un po’ titubante, e si accorse troppo tardi che Kokoro e gli altri due non erano scesi con lui e che le porte già si stavano richiudendo.
-Hey aspettate!
-Vai sempre dritto!- gli urlò Kokoro- è facile trovarlo!
Poi le porte si chiusero, con l’eco delle risate della ragazzina e del coniglio.
Ma dove sono finito?
Scoprì presto che la vecchia aveva ragione: un’esplosione attirò la sua attenzione, e presto vide un uomo con una camicia hawaiana mezza bruciacchiata e un ciuffo azzurro uscire di corsa da un macchinario in fiamme.
Lo strano tizio inciampò nel tentativo di correre lontano dal fuoco e ruzzolò sgraziatamente fino ad atterrare ai piedi del cuoco.
-Hey stai bene?-gli chiese Sanji.
Ciuffo blu si voltò verso di lui, studiandolo.
-Ci conosciamo?
-Sanji Gamba Nera.- si presentò- Sono stato inviato dall’Alleanza dei Mugiwara…
Prima che potesse continuare, ciuffo blu lo assordò con un urlo.
-Suuuuuper!- lo strano tizio si esibì poi in una posa ridicola- Io sono Franky, vieni con me ti faccio vedere!
E così dicendo, afferrò il cuoco per un braccio trascinandolo con sé.
------
Ciao a tutti! E questo era il quinto capitolo... lo so, non è successo molto, ma ancora un po' di pazienza e la storia entrerà nel vivo;) Un grazie a tutti quelli che continuano a leggere (in particolare a killer_joe per averla messa tra le preferite, a meiling1988 per averla messa tra le seguite e ovviamente a Bluly per la recensione). Nel prossimo capitolo conosceremo meglio Franky e vedremo che cosa avrà preparato per i Mugiwara:)
Alla prossima! Ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** ne è valsa la pena ***


AVVISO SPOILER: potrebbe esserci un piccolo spoiler per chi non ha ancora letto la saga di Zou, ma è solo un nome... il resto a riguardo è inventato o "politicamente" sbagliato, quindi secondo me potete leggerlo con tranquillità, ma lo dico per sicurezza:)

6. NE E’ VALSA LA PENA

Sanji aveva sentito che Franky era un tipo eccentrico, ma conoscendolo meglio si era convinto che le voci non gli rendevano giustizia.
Oltre ad urlare invece di parlare, oltre ad essere un inventore eccezionale, il cuoco scoprì che era anche un cyborg.
E la cosa era strana: mostri, animali parlanti e persone con incredibili qualità fisiche erano comuni nel loro mondo (almeno in quella realtà creatasi in seguito al Disastro Ancestrale, che aveva portato alla fine della vecchia epoca e l’inizio della presente), ma non aveva mai incontrato un uomo fatto in parte di metallo.
-Mi sono costruito da solo- spiegò Franky, sempre urlando- ho avuto uno spiacevole incontro con un treno quand’ero più giovane… mi ha quasi ucciso. Così mi sono ricostruito da capo. E migliore.- aggiunge con un ghigno.
Sanji scoprì anche che era facile andarci d’accordo. Certo, il carpentiere si infiammava facilmente, ma il cuoco aveva iniziato bene la reciproca conoscenza: dopo un breve combattimento, gli aveva spaccato il naso con un calcio ben assestato, guadagnandosi il rispetto del cyborg.
-Sei forte- si complimentò Franky, mentre lo conduceva per quella discarica di metallo verso l’obbiettivo della sua visita.
-Anche tu.- dovette riconoscere il biondo. Era riuscito ad evitare uno dei suoi pugni volanti per un soffio: se fosse andato a segno, avrebbe riaperto le ferite, e stavolta Chopper l’avrebbe tenuto sotto sedativi per un mese.
-Eccoci arrivati.
Franky l’aveva condotto in un’immensa sala con mantici in funzione e metallo arroventato.
-Che stanno facendo?
-Creando le nuove armi ovviamente! Sono geniali! Sono così Suuuuuper.
Franky gli spiegò per filo e per segno in cosa consistevano quei nuovi congegni che aveva ideato: ce n’erano di tutti i tipi, compresi dei pacchi-bomba di sale che avrebbero decimato l’esercito di Thriller Bark e dei sensori di rilevamento sofisticati, che da soli potevano attivare a distanza una serie di armi ad essi collegate.
Sanji fece dei test per conto suo, per vedere se questi ultimi funzionassero, e dovette ammettere che anche lui fu quasi colpito, nonostante la sua velocità.
Certo non avrebbe avuto effetto sui comandanti degli eserciti, ma i soldati semplici se la sarebbero vista brutta e non avrebbero potuto passare.
Sì, era un congegno dalle grandi potenzialità. Illustrò a Franky le varie situazioni in cui avrebbe potuto essere usato, e se il programma poteva essere modificato per apportare migliorie relative a situazioni più delicate.
Franky fu eccitatissimo alle idee del cuoco, e subito si misero a lavorare insieme.
Almeno ne è valsa la pena… Il matrimonio di Zoro.
Stiamo proteggendo i nostri cari… ne è valsa la pena giusto?
Giusto?
Meglio non indugiare in quei pensieri. Si concentrò invece sui marchingegni con cui lui e Franky stavano armeggiando.
Sanji doveva ammettere che era piacevole lavorare al suo fianco.
-Quindi tu sei uno stratega?- gli chiese a un certo punto il cyborg.
-No, sono un cuoco.- lo corresse subito- Solo che è capitato io fossi anche intelligente. Sono cresciuto a Baratie, che poi ho portato nell’Alleanza dei Mugiwara quando ho deciso di unirmi a loro.
-Quando Iceberg mi ha parlato di voi il nome non mi ha detto niente. Dove si trova Mugiwara? Scusa ma non mi intendo molto di politica, sono sempre qua sotto…
Sanji quasi rise.
-Non è un luogo. E’ il nome del mio capitano: inizialmente non aveva territori, si è fatto strada a suon di pugni e man mano sempre più quartieri si sono posti sotto la sua protezione. Adesso siamo un bel po’.
-Suuuper! Il tuo capitano dev’essere un tipo suuuper!
-Lo è.  Anche se adesso è scomparso…
-Morto?
-No.- sostenne Sanji deciso- Ma è disperso. E’ partito per cercare Shanks il Rosso, ma lungo il tragitto è caduto in una trappola. Lo stiamo aspettando.
-E’ per la sua assenza che siete stati costretti a stringere un accordo con noi?
-In parte. Più siamo, meglio è: ci siamo sempre alleati con i quartieri, ma in tutti quei casi ce l’avevano sempre chiesto loro. Questa è la prima volta che trattiamo dal basso, chiedendo aiuto, ma la minaccia di Barbanera ci impone di farlo. Tuttavia non vi tratteremo diversamente: vi proteggeremo da tutto e da tutti, qualunque cosa accada. Questo è il credo del mio capitano.
-Mi piace già. Spero di riuscire ad incontrarlo un giorno…
-Gli piaceresti.- disse Sanji con un ghigno- adora le cose strane.
-Non sono strano io. Sono suuuuuper.
-Certo, certo.
-Anche noi di Water Seven faremo la nostra parte,- Franky storse il naso- sebbene quelli della Galley-la siano dei tradizionalisti con la puzza sotto il naso. Però non si può negare che colpiscano davvero forte.
Questo il cuoco lo sapeva bene.
-Ma a quel vostro spadaccino è andata bene.- continuò il cyborg- Si è beccato il matrimonio con Califa! Credo sia la ragazza più bella di tutta Water Seven…
-Mm…
-Oi- cominciò Franky già sul piede di guerra, con il suo pugno d’acciaio sguainato- Non penserai che non sia una bella donna?
-Cosa?- lui che non vedeva la bellezza di una donna? Mai- No! Califa è bellissima. Anche se personalmente penso che le carissime Nami e Robin siano molto più belle…
Franky sembrò acquietarsi.
-E allora perché quel verso?
Sotto lo sguardo indagatore e curioso del carpentiere, Sanji dovette rispondere suo malgrado.
-In realtà stavo pensando più a… lui.
Si pentì subito di averlo detto.
-Roronoa? Perché? Che tipo è? Suuuper?
-Ecco lui è…- cercò qualcosa da dire, e alla fine optò per la verità- un tipo particolare. Burbero, tutto dedito al suo ruolo di comandante, pigro, disorientato, di poche parole… e ovviamente è un Marimo.
Franky alzò un sopracciglio.
-Non riesco a capire se ti stia simpatico o no.
Ah, bella domanda.
Non lo sapeva nemmeno lui. E poi la simpatia aveva davvero a qualcosa a che fare coi sentimenti?
-Litighiamo tutto il tempo.- continuò Sanji in tono neutro, cercando di non sbilanciarsi- E’ buono solo a combattere.
-Buon per noi allora che Califa se lo sia preso!- rise Franky,- giusto?
Sanji tacque.
Che Califa se lo sia preso…
Un istinto improvviso, forte, di mandare all’aria tutto e andare ad afferrare Zoro per un braccio, allontanandolo dalla donna.
Lui è mio.
-Hey, biondo tutto bene?
Ma ovviamente, loro avevano delle responsabilità.
-Sì, a posto.- rispose brusco.
-Amico non ti conosco, ma penso che tu non sia del tuo umore migliore oggi, eh?
-Ieri è stata una brutta giornata.- si limitò a rispondere il cuoco, inspirando dalla sua sigaretta.
-Capisco.- fece Franky pensieroso- questioni di cuore?
Per poco Sanji non si strozzò col fumo.
-Assolutamente no!
Il cyborg sghignazzò.
-Dev’essere davvero suuuuper questa ragazza per ridurti in questo stato.
Prima che potesse finire la frase, Sanji lo mandò a terra con un calcio, forte, poi lo minacciò troneggiando su di lui con una delle sue gambe a mezz’aria.
-Non voglio sentirti parlare ancora dell’argomento, chiaro?
Franky annuì, non tanto perché fosse spaventato, quanto più sentendosi un po’ in colpa.
-Vieni,- gli disse infatti, una volta rimessosi in piedi- andiamoci a bere una Cola. Così ti tirerai suuuu…per. A proposito, hai detto che vieni da Baratie, giusto?
-Cosa? Sì.
-Non sembri uno dì lì.
Ogni quartiere aveva le sue caratteristiche, e una di queste poteva essere spesso la fisionomia degli abitanti. A Baratie di solito le persone erano basse, dalla carnagione e i capelli scuri: Sanji era esattamente l’opposto della norma.
-No.- rispose felice del cambio di argomento- Sono nato nel territorio di Big Mom, nel quartiere dei Vinsmoke.
-Vinsmoke?- si stupì Franky, riconoscendo il nome- Uuh, brutto posto quello, vero?
Sanji non rispose. L’unica cosa che il cyborg riuscì a strappargli in merito fu:
-Lì non cucinano.
 
Sanji passò diversi giorni in compagnia di Franky, cominciando anche a conoscere meglio il funzionamento di Water Seven. I due trascorrevano le giornate chiusi nel bunker del cyborg, cercando di sistemare, grazie alle intuizioni del cuoco, le invenzioni che ancora non funzionavano correttamente e quelle che esplodevano senza motivo (vale a dire la maggior parte).
Dopo però una settimana e passa a mangiare pizza e a bere Cola, Sanji decise che ne aveva avuto abbastanza. Già era dura per lui: da quando Rufy e gli altri erano scomparsi era stato talmente impegnato da non avere più il tempo di cucinare, e se anche l’avesse avuto non avrebbe potuto farlo perché le loro risorse alimentari erano limitate e per lo più ridotte a razioni di guerra vista la situazione di emergenza, e il biondo non se la sentiva di sprecarle solo per sentirsi di nuovo vivo, per essere di nuovo alle prese con quei fornelli che gli mancavano così tanto.
Viste le lamentele del cuoco, quel giorno il cyborg decise di uscire a mangiare in un posto particolare, un bar che a lui piaceva, gestito da un certo Blueno.
Si sedettero e ordinarono. Il proprietario sembrava un toro, non solo per la corporatura ma anche per la strana capigliatura.
Il cuoco dovette ammettere che il suo amico aveva ragione: si mangiava proprio bene, e già gli erano venute alcune idee per alcune nuove ricette.
Ovviamente, per quando avrebbe cucinato di nuovo.
Poi però, un gruppo di uomini entrò nel locale schiamazzando, rovinando l’atmosfera serena e pacifica. Erano almeno una ventina, carpentieri a giudicare da come erano vestiti, ma a Water Seven lo erano praticamente tutti. Si sedettero in un tavolo riservato per loro: dovevano essere degli abitudinari che staccavano per la pausa pranzo.
-Guardate qui, ve lo dicevo io!- disse uno.
Sanji lanciò un’occhiata nella loro direzione, scorgendo la foto sul giornale che quell’uomo stava mostrando ai suoi compari.
-Ve l’avevo detto io che non ci si poteva fidare di loro! Guardate la sua faccia! Si capisce a occhio!
Zoro.
Stavano parlando di Zoro.
-E’ un famoso killer a sangue freddo!
-Alcuni pensano sia un demone!
-Se fosse solo quello!
-Che intendi?
-Ma non vedi il suo sguardo? Si vede a occhio che non ha alcun rispetto per l’istituzione matrimoniale!
Bé, su quello quel tizio, chiunque fosse, aveva proprio ragione.
-Non capite? Ha preso due piccioni con una fava! Le nostre armi e la nostra bellissima Califa! Ovvio che non si è opposto alle nozze: avrà pensato fosse il modo più rapido per infilarsi tra le sue lenzuola. Altro che guerriero! Loro lo negano, certo hanno bisogno di noi, ma sono certo che avrà uno stuolo di puttane ad aspettarlo fuori dalla porta. Appena avrà finito con Califa, o magari insieme…
Dal tavolo si levarono delle risate, miste ad alcune esclamazioni di indignazione.
Zoro. Stavano parlando di Zoro.
Sanji si accese una sigaretta. Con calma.
-Basta una parola e sono pronto a suonargliele- si propose Franky, scrocchiando le mani.
-Perché?- fece il biondo, con calma serafica- Sono già diretti all’ospedale più vicino…
Il cuoco si alzò, con l’eleganza di un sangue blu, e si diresse al tavolo di quegli uomini schiamazzanti.
Zoro.
-E tu che vuoi, damerino? Non ti conosco… ma certo! Sei uno di loro!
-Sì, sono uno di loro.
La sigaretta gli sfuggì dalle labbra mentre il primo calcio veniva vibrato. Caddero a uno a uno tutti. Il cuoco li fece volare per tutto il locale e schiantarsi sul bancone, sui tavoli e sul ripiano degli alcolici, mentre la gente tutt’intorno urlava e si precipitava fuori in preda al panico.
Una volta che anche l’ultimo di loro fu a terra con almeno cinque costole incrinate e il naso rotto, le gambe di Sanji si fermarono. Restò lì in piedi con quegli uomini a terra tutt’intorno a lui, mentre con calma si accendeva scocciato un’altra sigaretta.
Quando ebbe tirato la prima boccata, sospirò.
-Law non ne sarà contento.
Ma ne era decisamente valsa la pena.
-----
Ciao a tutti! Pubblicato sul filo del rasoio ma ce l'ho fatta coi tempi lo stessoXD Il sesto capitolo è finito. Grazie a tutti quelli che continuano eroicamente a leggere.Ringrazio in particolare a alessiamarleni per aver messo la mia storia tra le preferite, e alla fedele Bluly per la recenzione! Ci rivediamo mercoledì, dove torneremo a vedere come se la sta cavando Zoro:)
Ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** luna di fiele ***


7.LUNA DI FIELE
Zoro era arrivato al punto non solo di non sopportarla più, ma di odiarla.
Erano passate quasi due settimane da quelle dannate nozze, e lui e Califa avevano quasi finito quel loro tour di Water Seven.
Che si fotta, l’opinione pubblica.
Ma finché loro due si trovavano in luoghi pubblici poteva controllarsi, era l’intimità il suo problema: quella donna sembrava volersi infiltrare in ogni angolo della sua vita. Come una serpe. Una serpe profumata e insaponata certo, ma con la stessa pelle viscida.
Ad ogni suo tocco sentiva il bisogno di farsi una doccia e lavare via la sua presenza. Se avesse potuto, avrebbe cancellato anche i segni di quelle loro notti insieme che svettavano troppo evidenti sulla sua pelle.
Avrebbe evitato volentieri quei momenti, ma Trafalgar aveva messo in chiaro le cose ancora prima che il matrimonio fosse preparato.
 
-Dovrai consumare questo matrimonio, Zoro-ya.
Lo spadaccino, che già aveva pensato di lasciare in bianco quella donna non solo la prima notte di nozze, ma in tutte quelle avvenire, si arrabbiò.
-Come sarebbe a dire che devo? Se non voglio, non lo farò.
-A Water Seven i matrimoni sono sacri, e per essere validi devono essere espletati in tutti i suoi aspetti.
Zoro storse il naso: non gli piaceva per niente.
-Allora solo la prima! Poi quella dovrà lasciarmi in pace.
-E’ tradizione che per almeno il primo anno di nozze gli sposi si diano da fare ogni notte per dimostrare il reciproco impegno e devozione.
Zoro era basito.
-E’ assurdo! Devozione verso… quella? Come diavolo posso provare devozione per qualcuno che non ha fatto nulla per meritarsela?!
-Sai, molti uomini pagherebbero per avere una donna di quella bellezza come quella nel letto ogni notte.- commentò Trafalgar con un ghigno.
-Li pagherei io per prendere il mio posto in quest’incubo!- ribatté Zoro furioso.
Appena Nami mi presta i soldi aggiunse poi mentalmente.
-Comunque non è la cosa peggiore, Zoro-ya.
-Che altro c’è, ancora?!
Trafalgar sospirò.
Il chirurgo lo stava trattando come un bambino, e questo faceva infuriare lo spadaccino ancora di più.
-Sono due le cose centrali in un matrimonio, secondo la tradizione di Water Seven.
-Le catene e il collare?- sbuffò lo spadaccino.
Trafalgar lo ignorò.
-La prima è la fedeltà.
Zoro non ribatté con niente di sarcastico stavolta, ma l’espressione sul suo volto si fece piatta.
-Sì, questo l’avevo già immaginato.
Tra lui e il cuoco non ci sarebbe stato più niente, questo gli era chiaro.
E il cuoco, sveglio com’era, lo sapeva già. Dopotutto era stato lui a proporlo no?
-Per essere chiari: nessuna relazione, nessun flirt, nessuna notte di passione e nemmeno uno sguardo ammiccante. Non ci dev’essere nemmeno l’ombra dell’ombra di un’insinuazione.
Zoro annuì, mesto.
-E la seconda?
 
La donna si mosse al suo fianco, schiacciandosi ancora di più su di lui.
Dopo la prima notte, in cui dopo l’amplesso si erano messi ai due lati del letto, separati, lei aveva cominciato a pretendere poco a poco di più, e adesso era lì, accoccolata su di lui, le dita fini che sfioravano il suo petto.
E che a lui parevano disgustose.
Non erano quelle dita delicate che avrebbe voluto su di sé, non era quello il respiro che voleva sentire soffiargli sul collo, non era quello il cuore che voleva battesse al suo fianco.
Cuoco…
Il tocco, il sapore, l’odore erano completamente diversi.
Chiuse gli occhi.
Cercò di riportarli alla mente, come aveva fatto tante altre volte, magari in quei momenti in cui si annoiava, ad una delle tante riunioni o al fronte, quando la battaglia tardava ad arrivare, oppure nelle notti in cui non riusciva a prendere sonno… ricordò di aver immaginato quell’odore di nuovo su di sé, inebriarlo…
Nel buio della stanza Zoro riaprì gli occhi di scatto, tirandosi su a sedere. I battiti del cuore presero a farsi più veloci mentre il panico cominciava a montare.
Non lo ricordava. Non ricordava più il cuoco.
Rammentava ancora la sensazione che il suo tocco gli provocava, quella marea montante che risvegliava tutti i suoi sensi.
Ma il suo odore… no.
Era confuso, sbiadito. Come se fosse sul punto di afferrarlo ma gli sfuggisse.
No, non poteva stare succedendo.
-Zoro… stai bene?
Accidenti, l’aveva svegliata.
-Tutto bene…- fece lui cercando di levarsela dai piedi- torna a dormire.
-Siamo marito e moglie, adesso.- ribatté lei, avvicinandosi e circondandogli da dietro il collo con le braccia- Dobbiamo condividere tutto: dimmi cosa ti turba.
Condividere tutto.
Un vincolo che non aveva mai chiesto e che ora rischiava di soffocarlo. E di portargli via cose di sé che non voleva assolutamente gli fossero sottratte.
-Niente- rispose- Solo mi sono appena accorto di essermi dimenticato una cosa.
-Qualcosa di importante?
-Sì.
La donna gli si fece più vicina, solleticando il suo collo col tocco lieve delle sue labbra.
-Non ti preoccupare, ci sono io.
Il profumo di Califa gli invase le narici, facendogli dimenticare qualsiasi altro odore. Era un odore strano, di sapone e bagnoschiuma, che aveva la capacità di annullare il resto.
Era così allora? Era quella donna la causa per cui aveva dimenticato?
Le mani di Califa si allungarono, esplorandogli il petto, percorrendo le numerose cicatrici che il suo corpo aveva collezionato in tutti quegli anni di battaglie.
Non voleva. Cos’altro gli avrebbe portato via?
Quando la donna reclamò le sue labbra, fece per ritrarsi.
-Rilassati. Ci siamo insieme in questa cosa. Sai che è nostro compito fare in modo che l’accordo tra le nostre due fazioni rimanga stabile giusto?
 
-Mi dici cos’è questa seconda cosa così importante? Sto aspettando!
Trafalgar per qualche motivo sembrava volerla tirar per le lunghe.
-Sai come funziona un matrimonio? Per quale motivo due persone normalmente si sposano?
-E io che ne so? Non ho mai né pensato, né immaginato il matrimonio. Non mi è mai importato e non ne ho mai visto la necessità.
-Il punto è costruire un’unione, una famiglia…
-E quindi?- chiese lo spadaccino con aria annoiata.
Trafalgar perse la pazienza.
-Zoro-ya, da questo matrimonio deve nascere un figlio.
 
A quanto gli aveva spiegato il chirurgo, a Water Seven dopo appena un anno di matrimonio quasi tutte le coppie avevano già un figlio e un altro era in arrivo.
Cercare di descrivere l’orrore che quel pensiero gli aveva provocato era impossibile.
Cos’era lui, uno stallone da monta?
Pian piano che le labbra di Califa si avvicinavano alle sue, Zoro si sentì sempre più rinchiuso. Messo all’angolo.
Una tigre in gabbia.
Per fortuna, un improvviso bussare alla porta interruppe il momento, e Califa si spostò appena in tempo… prima che lui la graffiasse.
-Avanti.- disse, quasi ringhiando.
Un soldato semplice, un po’ intimorito si fece avanti.
-M-mi dispiace disturbarvi…
Per Zoro, poteva farlo tutte le volte che voleva.
-Cosa c’è?
-Un’emergenza, signore. Sul confine di Thriller Bark.
Lo spadaccino non poteva chiedere di meglio. Aveva bisogno di affettare, colpire e combattere.
-Un attacco?- domandò prontamente, infilandosi la maglietta e fissando le tre katane alla cintola.
-Massiccio.
-Sul confine dell’Isola degli Uomini Pesce o di Water Seven?
-Water Seven.
-Bene.- Era più vicino.- Portami lì.
-----
Ciao tutti! Eccovi anche il capitolo 7:) Ora che avete uno scorcio sulla vita matrimoniale di Zoro, secondo voi chi se la passa peggio, Sanji o lo spadaccino? Io opto per il povero ZoroXD Grazie a tutti quelli che sono arrivati fin qui! Prossimo capitolo: battaglia contro Thriller Bark!
Ala prossima! Ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** non ti lascio ***


8.NON TI LASCIO
Arrivarono sul confine quando ormai le difese stavano per cedere.
Zoro doveva riconoscere che i macchinari che Water Seven usava come difesa erano davvero efficaci: una serie di mitragliatrici tempestava di sale gli zombie di Thriller Bark, rallentandone l’avanzata, in modo che i vari cecchini riuscissero a centrarli in bocca ed esorcizzarli. Tuttavia questo non funzionava con i più forti e veloci, che stavano evitando i proiettili per poi risalire il muro di ferro che fungeva da barriera tra i due quartieri. Il muro stesso era una struttura complessa, attraversata da canali che gli uomini appostati in cima usavano per riversare olio bollente sugli aggressori, aprendo gli sbocchi posizionati in punti strategici.
Ma anche quei meccanismi non riuscivano a fermare gli zombie più forti dell’esercito di Moria, che avevano ormai scavalcato la barriera, riuscendo a distruggere alcune delle mitragliatrici.
Appena Zoro fu in prossimità delle mura, diede l’ordine di attacco.
Lui fu il primo ovviamente a lanciarsi in combattimento, a spade sguainate, la benda nera sulla fronte, e lo sguardo di un predatore. Saltò oltre il muro, buttandosi tra la folla dei nemici.
Le sue spade rotearono, micidiali come sempre.
I suoi tagli affettavano gli zombie, tagliandoli in due: non poteva ucciderli così, solo il sale riusciva a farlo, ma se non altro li rendeva incapaci di muoversi.
Tsk, zombie…
Creature fastidiose. Nascevano dal sottosuolo di Thriller Bark, a causa del suolo modificato in seguito al Disastro, e Moria e i suoi uomini ne avevano col tempo perfezionato la crescita, imparando a potenziarli e controllarli.
I Mugiwara avevano dato loro una bella batosta, tempo fa, ma Moria aveva rinfoltito il suo esercito da allora, almeno a sentire le notizie di Robin. A quanto Zoro vedeva però, non sembrava che le truppe di cui la donna aveva parlato fossero al completo.
Perché attaccare Water Seven? Perché adesso?
A Zoro non interessava. Quello era un problema per Trafalgar, Robin e il cuoco. Lui adesso era in battaglia, quindi nel suo campo, per fare ciò che era bravo a fare: sbranare i nemici facendoli a pezzi senza pietà.
In poco tempo la situazione si era ribaltata: il fronte dei combattimenti si era ormai spostato oltre il muro. Lui e i suoi uomini avevano recuperato terreno, e le sorti della battaglia stavano volgendo in loro favore, ma Zoro sapeva che non era finita lì.
Poco dopo infatti, annunciati da un coro di trombe, arrivarono i generali zombie.
Lo spadaccino sorrise: finalmente una vera sfida.
Affettò gli ultimi zombie attorno a lui scagliandosi contro i generali.
Il primo andò giù troppo velocemente per i gusti di Zoro, ma gli altri si rivelarono più impegnativi. Ne stava affrontando tre insieme, quando un altro si aggiunse allo scontro: un certo samurai-zombie, che lo spadaccino aveva già incontrato, e che sapeva di non dover sottovalutare. Sembrava essersi perfettamente ripreso dal loro ultimo combattimento.
Zoro ghignò.
-Ti sconfiggerò ancora, samurai.
-Forse sì.- ammise lo zombie, perfettamente calmo e padrone di sé stesso.- Ma perderai lo stesso questa battaglia.
-Che cosa?!
Confuso, Zoro si guardò intorno, e vide i suoi uomini, che l’avevano seguito oltre le mura, circondati da una nuova ondata di zombie che erano spuntati dal terreno.
Ed erano troppo distanti per essere protetti dalle mitragliatrici e il sale di Water Seven.
Maledizione. Era stato troppo avventato ed ora i suoi uomini rischiavano di essere sopraffatti.
Già immaginava la voce del cuoco che lo rimproverava, dandogli dell’imbecille troglodita senza cervello.
Tanto non è qui.
Già, non era lì…
Un fendente lo ferì alla guancia di striscio.
Maledizione, si era distratto.
Rispose con un fendente particolarmente potente, che costrinse il samurai-zombie ad una schivata precipitosa. Approfittò del momento per girarsi, e con un colpo a distanza sbaragliò le prime file degli zombie che avevano circondato il resto dell’esercito.
Gli altri generali però lo incalzarono subito. Ne sistemò un paio, ma il samurai era di tutt’altra pasta.
Zoro prese ad alternare attacchi diretti ai generali, contro fendenti a lungo raggio per aiutare i suoi uomini, mentre i tizi di Water Seven ne approfittavano per mettere di nuovo in funzione le difese che erano state abbattute in precedenza.
Ma i generali lo incalzavano. A loro si era aggiunto anche Absalom, un tipo strano, una sorta di ibrido di diversi animali, che era sceso sull campo di battaglia sbraitando. I generali e quest’ultimo l’avevano pian piano accerchiato e allontanato sempre di più dal resto dell’esercito.
Merda, si era fatto fregare.
Un esercito è un corpo che ha bisogno della testa per funzionare. In quanto comandante era a lui che spettava questo ruolo, ma aveva mandato tutto all’aria per la foga della battaglia.
Rinforzò la presa sulle sue katane, pronto a dar sfogo a tutta la sua forza, quando una serie di esplosioni scossero tutto il campo di battaglia, centrando in pieno i punti in cui gli zombie erano più concentrati. Zoro si guardò intorno e si accorse che sbuffi di fumo bianco salivano dalle zone colpite, facendo cadere gli zombie al suolo, esorcizzandoli.
Nuvole di sale.
Lo spadaccino guardò verso la barriera, su cui qualcuno aveva sistemato delle nuove strutture di metallo, simili a catapulte, che lanciavano a ripetizione strane capsule bianche.
E ai piedi di una delle macchine c’era il cuoco.
I capelli che nascondevano gli occhi scompigliati dal vento, le mani intente ad accendersi l’ennesima stupida sigaretta, il profilo slanciato…
Anche a quella distanza, era sicuro si trattasse di lui.
Al suo fianco c’era un uomo alto e muscoloso, dal prominente ciuffo blu e in mutande.
Doveva essere il Franky che gli aveva descritto Califa.
Vide il cuoco fare un cenno di intensa al carpentiere in camicia hawaiana, poi il biondo si piegò sulle gambe e spiccò un salto che gli permise di sorvolare l’intero campo di battaglia, per poi atterrare agile sopra la testa di un generale zombie.
-Cucu- fece il cuoco, prima di scatenare un vortice nero di calci che spazzò via tutti gli zombie presenti entro una decina di metri.
-Marimo- disse poi tornando in piedi, nella sua posa da damerino.- Sempre a fare casini.
-Sei in ritardo- ribatté Zoro, non volendo dargliela vinta.
Il biondo riportò la sigaretta alle labbra, che si aprirono in un ghigno.
Lo spadaccino non vedeva quell'espressione spontanea e irritante su quel viso da quella che sembrava un'eternità… la cosa lo elettrizzò.
Prima che potesse dire qualcos’altro Absalom li interruppe.
-Gamba Nera! Grr- ringhiò l’ibrido- Stavolta me la paghi!
In un attimo erano accerchiati, con gli zombie che premevano su di loro. D’istinto si avvicinarono, come avevano fatto decine di volte in decine di battaglie prima di quella, fino a che le loro spalle non parvero sfiorarsi.
Zoro avvertì chiaramente l’odore della sigaretta del cuoco, quel sapore di tabacco misto ad un aroma speziato.
Lo spadaccino fu colpito dall’impulso di sentire, annusare più a fondo.
L’aveva quasi dimenticato, quella notte, e non poteva permettere che un simile evento potesse ripetersi.
Dimenticandosi della battaglia, si girò, afferrando il polso del cuoco.
Il biondo lo guardò per un attimo con stupore, mentre il suo sguardo color zaffiro si legava a quello nero dello spadaccino, intensamente.
Zoro si avvicinò ancora. Era troppo distante: l’odore della battaglia, del sangue, del sale e degli zombie lo ostacolava.
-Oi, Marimo!- gli gridò il biondo, divincolandosi e facendo un passo indietro.- Che stai facendo?
Lo spadaccino strinse la presa, scocciato dall’atteggiamento del cuoco. Ricordò l’ultima volta che si erano visti, dopo il briefing. Ricordò il biondo muoversi veloce solo per evitare il suo tocco.
Non poteva permetterglielo.
-Sta un po’ fermo, torciglio!
-Levati!- gli ringhiò l’altro, mettendogli un piede sul petto per allontanarlo. Ma Zoro era testardo, e avrebbe avuto ciò che voleva: spinse il polso del cuoco ancora più verso di sé, mentre l’altro dava più forza alla sua gamba. Non ci volle molto perché finissero entrambi a terra, senza che nessuno dei due mollasse la presa, mentre il secondo piede del biondo finiva sulla faccia dello spadaccino.
-Marimo! Lasciami andare!
-No.
-Brutto idio… dietro di te!
Zoro si era quasi dimenticato di essere in un campo di battaglia circondato dai nemici.
Riuscì a schivare il pugno di Absalom, che frantumò il terreno sotto di loro. Tuttavia non lasciò andare il biondo.
-Marimo ti è saltato anche l’ultimo neurone che avevi in quella testa d’alga essiccata? Molla la presa!
Ma Zoro non lo fece. Non voleva lasciarlo andare. Doveva ricordare la sensazione di averlo lì, tra le sue mani, com’era stringerlo… e il suo odore! Mancava ancora quello!
I generali zombie però li avevano accerchiati. Zoro prese a schivarli senza lasciare il cuoco, concentrando però di più l’attenzione sul non farlo liberare.
Intanto il biondo stava dando fondo a tutti i suoi insulti verso lo spadaccino.
Mentre Zoro schivava una serie di colpi in sequenza dei generali, il samurai si fece avanti, brandendo la sua spada nera.
-Zoro!
Solo in quel momento il biondo si decise a usare il suo nome per avvertirlo.
Lo spadaccino stava per muoversi per schivare il colpo in arrivo, ma per farlo avrebbe dovuto lasciare il cuoco…
No.
Invece di lasciare la presa, si girò, per affrontare la lama di petto.
Una ferita alla schiena è un disonore per uno spadaccino.
Poi la spada gli penetrò nella carne.
-----
Ciao a tutti! Siamo al capitolo 8, e questo significa che è quasi un mese che pubblico... mi sento navigata:) Qui le cose cominciano a smuoversi... spero che chi voleva un po' di azione sia soddisfattoXD Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo la storia (in particolare un grazie a tomi per averla aggiunta tra le preferite e a lilibera111 per averla aggiunta tra le seguite) e Bluly che la recensisce con regolarità (detto questo, se qualcun altro volesse aggiungersi per farle compagnia... giuro che non lo mangioXD) Prossimo capitolo… no, non vi anticipo niente, ma la palla passa a Sanji!:)
Alla prossima! Ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** non toccare ***


9.NON TOCCARE
Sanji era appoggiato alla parete proprio di fianco alla porta.
Le sue mani armeggiavano vicine alla bocca, impegnate ad accendersi una sigaretta. Senza successo.
Le dita sembravano scivolare e quello stupido accendino non voleva saperne di funzionare.
O forse la colpa era delle sue mani, che tremavano?
Il Marimo era dentro quella stanza d’ospedale ormai da ore, con accanto Chopper, intento a salvargli la vita.
Stupido. Idiota.
L’ennesimo tentativo di accendere la fiamma fallì, e Sanji scagliò l’accendino lontano, in preda alla frustrazione.
-Sanji? Tutto bene?
Si accorse che Franky era appena arrivato nel corridoio, con i capelli ancora sporchi dalla battaglia e il ciuffo azzurro più afflosciato del solito.
-Questa dannata sigaretta non si accende.- si lamentò il cuoco, tenendo gli occhi bassi, nascosti dai capelli biondi che gli invadevano il viso.
Il cyborg senza dire nulla si fece avanti e avvicinò la sua mano alla sigaretta: la parte alta del suo indice si aprì, rivelando una piccola fiammella rossa che Franky usò per accendergli la sigaretta.
Appena Sanji fece il primo tiro, si sentì subito più calmo.
-Grazie, Franky.
Era sincero.
-Figurati! Lo so com’è, stare male per un compagno d’armi. Com’è messo?
-La lama è penetrata in profondità. Ma lui è forte, ha visto di peggio.- disse il cuoco con una noncuranza  incrinata- Ce la farà.
Marimo, non azzardarti a morire. Sarebbe un modo vergognoso per passare all’altro mondo.
-Io devo tornare ad aiutare gli altri con le difese, ci sono ancora zombie rimasti.- si scusò Franky- Fammi sapere se si riprende, ok? L’ho visto combattere solo per poco ma sembrava una belva! Era davvero suuuper… con tre spade poi!
Le labbra di Sanji si curvarono involontariamente verso l’alto.
Eh, sì, Zoro non si risparmiava mai durante uno scontro. Era magnifico da guardare, il suo modo di combattere ti teneva inchiodato a fissarlo.
-Ma neanche tu sei stato da meno!- continuò Franky su di giri- Il modo in cui hai fatto piazza pulita di tutti i nemici sul campo di battaglia! E tutto per vendicare un compagno caduto!
Vendicare? No, non era stato nulla del genere.
Quando Zoro era caduto, Sanji semplicemente non ci aveva visto più.
Aveva calciato il samurai più forte che poteva contro un muro lì vicino, poi in due balzi l’aveva riagguantato per ficcargli in gola, da bravo cuoco, una pietanza tutta per lui a base di sale. Absalom aveva cercato di intervenire per salvare uno dei loro zombie migliori, ma Sanji se n’era accorto, e con agilità aveva sollevato le gambe all’indietro, stringendo il collo dell’ibrido in una presa mortale, mentre le mani si assicuravano che il sale esorcizzasse lo zombie.
Una volta fuori gioco quei due, gli altri non avevano avuto scampo con i suoi calci rotanti, senza contare l’aiuto dei suoi uomini e delle macchine di Water Seven.
L’attacco era stato bloccato in maniera perfetta…
Ma Zoro era rimasto a terra.
Franky salutò il cuoco andandosene e lasciandolo lì nella sua attesa febbrile. Voleva entrare, buttare giù quella stramaledetta porta a calci, ma Chopper gli aveva intimato di aspettare fuori, che sarebbe stato meglio per lo spadaccino se ci fosse stata calma attorno a lui.
E Sanji in quel momento era tutto tranne che calmo, almeno all’interno: esteriormente era l’immagine della compostezza nonostante il lieve tremore alle mani.
Forse Chopper aveva solo paura che si mettessero a litigare, come facevano sempre. E in effetti il cuoco non poteva giurare che non sarebbe accaduto.
In quel momento la porta si aprì, e il medico ne venne fuori zampettando.
-Come sta?- si informò subito Sanji.
-E’ a posto, non preoccuparti. Zoro è forte!- disse con entusiasmo la renna- ho richiuso la ferita, e sono certo che non si infetterà, ma ha perso molto sangue e ha bisogno di riposo. Meglio non disturbarlo per stanotte…
Il cuoco annuì.
-Non sarebbe meglio ci fosse qualcuno con lui?
In quel momento la porta tornò a riaprirsi, e ne emerse una figura snella dal seno prosperoso, con morbidi capelli biondi.
-Ci sono io con lui, Gamba Nera, puoi stare tranquillo.- gli disse la moglie dell’uomo che amava, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. La sua acconciatura, il trucco e i vestiti erano impeccabili come sempre, nonostante fosse rimasta per ore al capezzale del marito in fin di vita. Sul volto aveva un’espressione neutra e professionale- Lo veglierò per tutta la notte. Vai pure a riposarti, starà bene.
-Sei sicura, mia cara? Non è di nessun disturbo per me.
-Ma Sanji!- si intromise il medico- Anche tu hai riportato delle brutte ferite dalla battaglia. Devi riposare!
No, non era durante la battaglia che si era procurato le ferite a cui Chopper si riferiva…
-Sto bene, non è niente.
-Credo dovresti dare ascolto al dottore, Gamba Nera- disse Califa con tono preoccupato. Si avvicinò al cuoco, prendendo con tocco leggero ma deciso la mano con cui stava reggendo la sigaretta, per poi tirare indietro la manica della giacca: facendolo, scoprì il livido marcato che Sanji aveva sul polso, in cui si poteva  intravedere la forma delle dita di una mano.
Era di Zoro quell’impronta. Gliel’aveva lasciata quando durante la battaglia l’aveva stretto così forte come se volesse staccargli la mano.
O non lasciarlo andare.
La presa era rimasta salda anche dopo che era stato ferito, e Sanji era stato costretto ad aprirgli a forza le dita per liberarsi e disfarsi così dei nemici.
-Mi pare che tu abbia davvero bisogno di riposo.
Califa gli lasciò andare il braccio, e il cuoco fu svelto a rimettere la manica al suo posto.
-Se me lo chiedi tu, non posso che umilmente congedarmi,- disse Sanji con un inchino, mentre Chopper alzava gli occhi al cielo come a dire: “non cambierà mai”.
Se ne andò con il medico, buono buono, con stampato in faccia un falso sorriso e un passo forzatamente leggero.
Ma non poteva lasciarlo lì. Non senza prima vederlo.
 
Appena si separò da Chopper tornò sui suoi passi, stando attento a non essere visto da nessuno.
Erano state messe delle guardie di Water Seven sia nei corridoi che all’esterno. Non volevano che nessuno potesse accedere allo spadaccino senza che questi fosse in grado di difendersi: dopotutto, dalla sua vita dipendeva l’accordo con i Mugiwara.
Tuttavia non potevano competere con Sanji.
Scivolò tra le guardie esterne senza problemi, e tutto andò liscio fino alla porta del corridoio di Zoro. Due uomini erano appostati ai lati, e non c’era verso di aggirarli.
Il cuoco aspettò che Califa uscisse dalla stanza di Zoro. La sentì allontanarsi lungo il corridoio per poi svoltare a destra, verso le scale. Quando i passi della donna furono abbastanza lontani, senza farsi troppi problemi mise fuori gioco le guardie con due calci ben assestati: non fecero in tempo a rendersi conto di cosa li avesse colpiti.
Poi Sanji aprì la porta, richiudendosela alle spalle una volta entrato.
Dentro la stanza era buia. L’unica, tenue, fonte di illuminazione era la luce di un lampione che penetrava dentro la finestra. C’era un unico letto nella stanza, occupato da una figura umana che lui ben conosceva. Aveva gli occhi chiusi, e sembrava dormire. Non indossava alcuna maglia e i pettorali tonici svettavano nonostante metà del suo torace fosse ricoperto di bende.
Sì avvicinò un po’… abbastanza perché la fievole luce gli mostrasse i marchi che Califa aveva disseminato sul corpo dello spadaccino.
Avevano un chiaro messaggio: “lui è mio”.
Il cuoco strinse i denti, chiudendo le mani a pugno.
Provò l’improvviso impulso di avvicinarsi e cancellarli. Un mero impulso irrazionale. Inutile.
Sanji restò a guardarlo un po’ in silenzio. I suoi pensieri, che mulinavano in direzioni contrastanti, erano la cosa più rumorosa della stanza.
Strano. Di solito era al profondo russare dello spadaccino che spettava questo onore…
-Puzza.
Sanji sobbalzò, portò lo sguardo sul volto di Zoro, che pian piano aprì gli occhi scuri, puntandoli su di lui.
-Uhn?
-La sigaretta.- specificò lui con un’espressione di fastidio.
Sanji lo ignorò, continuando a fumare imperterrito.
Si fissarono per un lungo momento: l’azzurro mare che incontrava il nero dell’ossidiana.
-Oi, cuoco.
-Che vuoi, Marimo?
-Sistemami i cuscini.- chiese con noncuranza lo spadaccino
-Scordatelo.- fu la risposta piccata.
-Mi danno fastidio.- insistette.
-Abituati.
Sanji sapeva benissimo cosa stava cercando di fare lo spadaccino, e non intendeva cadere nei suoi stupidi tranelli.
-Sono malato e mi fa male dappertutto!- protestò l’altro fingendosi indignato- Si deve aver cura dei malati, cuocastro!
-Fatti tuoi.
-Credo si sia riaperta la ferita…
-Arrangiati.
Zoro sollevò un sopracciglio.
-Insensibile da parte tua, considerato che è tutta colpa tua se sono ridotto così…
Sanji provò l’improvvisa voglia di prenderlo a calci e sbatterlo contro un muro. Ma si trattenne: gli era chiaro che il Marimo aveva cambiato tattica, e invece di farlo avvicinare con una scusa voleva provocarlo.
-Se ti fa piacere crederlo.- disse in tono piatto.
E stavolta fu Zoro ad essere arrabbiato. Mise da parte tutti i trucchetti e andò dritto al punto:
-Cuoco, toccami.
Sanji, ostentando una calma che dentro non sentiva, prese tempo con un tiro alla sigaretta.
-No.
Lo sguardo dello spadaccino si fece furioso, e fece per alzarsi. Le sue condizioni però non glielo permettevano, così si limitò a tirarsi su a sedere, già con il fiato corto.
-Perché?
-Perché ora sei sposato.
-Quindi non mi toccherai mai più? Nemmeno per combattermi?
Il cuoco non si era mai tirato indietro a una sfida con Zoro, ogni occasione era buona per battibeccare.
-No.
-Ho una moglie, non la peste.- ringhiò lo spadaccino.
Sanji si strinse nelle spalle.
-Questo è ridicolo!
Zoro lo fissò intensamente, truce, e il cuoco poté vedere un’idea formarsi in quelle iridi scure, ma non fu abbastanza svelto per anticiparla.
Prima che potesse fare qualcosa, lo spadaccino si avventò su di lui. Sanji lo schivò, ma poi Zoro emise un verso di dolore e il cuoco pensò che potesse essersi aperta una delle ferite, così non si scostò del tutto. Ma era proprio quello che lo spadaccino voleva: ne approfittò, si voltò e fece per muoversi contro di lui ancora. Sanji indietreggiò d’istinto, tuttavia la sua schiena sbatté contro la parete.
Senza accorgersene era finito con le spalle al muro, al quale prontamente Zoro lo inchiodò.
-Rilassati, cuoco.- la voce dello spadaccino aveva una sfumatura pericolosa, e Sanji, sebbene fosse buio, poteva vedere bene il ghigno che l’altro aveva dipinto sul viso.- Non ti sto toccando giusto?
Diceva la verità. Aveva le mani aperte, appoggiate sul muro proprio ai lati della testa del cuoco, e un ginocchio si era insinuato nello spazio tra le gambe.
Era vero, non lo toccava, ma di fatto il biondo era impossibilitato a muoversi.
-Marimo, levati!- ringhiò Sanji minaccioso.
Il ghigno di Zoro si allargò ancora di più.
-No.
-Ne ho abbastanza.- ribatté il biondo- E ti si stanno pure riaprendo le ferite, idiota!
Le bende sul petto di Zoro si erano tinte di rosso, ma allo spadaccino sembrava non importare.
-Devo fare prima una cosa.- disse.
-Sei sposato, Marimo. Te lo devo ricordare io? Lasciami andare!
Sebbene non lo toccasse direttamente, sentiva il calore che le braccia di Zoro e tutto il suo corpo emanavano.
-Ho detto che devo fare una cosa.- ripeté testardo.
-E io che non mi puoi toccare.
-Non ti toccherò.
Questo fece bloccare Sanji. I suoi occhi e quelli dell’altro si incatenarono ancora. Cosa aveva in mente? Era la stessa cosa da cui sembrava così ossessionato nella battaglia?
-Lo prometto.- il cuoco sapeva che Zoro non era il tipo da promettere alla leggera, e quando si prendeva un impegno, lo faceva fino in fondo.- Non ti toccherò. Ma tu stai fermo.
Il suo viso si avvicinò a quello dell’altro.
Sanji trattenne il respiro mentre i suoi battiti acceleravano, e la sigaretta gli scivolò dalle labbra, cadendo a terra.
-Zoro…
Si schiacciò ancora di più contro il muro, per allontanarsi dallo spadaccino, che non accennava a fermarsi. Il suo viso era leggermente piegato, a un niente dal collo del cuoco.
-Se davvero non vuoi che ti tocchi, non muoverti.- gli intimò Zoro.
Sanji deglutì. Sentiva il fiato caldo dell’altro solleticargli il collo, mentre un calore familiare gli invadeva le vene.
Lo spadaccino si avvicinò ancora, fino all’incavo del collo.
-Eccolo.- disse poi, inspirando.- E’ questo…
Sanji sbatté le palpebre, sorpreso: non sapeva cosa pensare. Il suo odore? Era per questo che aveva…
Era davvero innamorato di un’idiota troglodita.
-Sanji…
Zoro pronunciò il suo nome in un sussurro, e il cuoco strabuzzò gli occhi.
L’aveva chiamato con il suo nome?
Non usava mai il suo nome per chiamarlo, non l’aveva mai fatto. Perfino nella sua testa Sanji era certo che lo spadaccino si riferisse a lui solo come “cuoco”, “idiota” o “torciglio”.
Perché adesso?
-Marimo, si può sapere che hai?
Zoro non rispose subito, prima inalò ancora una volta, quasi beandosi di quell’odore.
-Pensavo di averlo dimenticato.- disse in un sussurro- Pensavo…- il viso di Zoro percorse l’intera lunghezza del collo, il naso che gli sfiorava i capelli, solleticandogli la pelle e provocando nel cuoco una serie di brividi.- Pensavo di non sentirlo più…- glielo sussurrò appena dietro l’orecchio, per poi percorrere la linea della mascella del biondo, fino alle sue labbra.
Il tutto senza toccarlo.
Sanji non osava muovere un muscolo, per timore che il suo corpo potesse tradirlo.
Stupido Marimo.
Aveva tenuto le distanze per mesi, e ora quello se ne usciva così, con quei gesti e quelle parole…
Zoro non era uno da perdersi in romanticherie, o sprecarsi in false dimostrazioni d’affetto. Quello che faceva o diceva era diretto, senza sotterfugi. Dire parole come “ti amo” era troppo sofisticato per un buzzurro come lui. Eppure c’era bellezza e passione in quella rudezza… e il suo corpo in quel momento ne era fin troppo consapevole.
-Zoro…
Un avvertimento poco convincente.
Sanji colse un guizzo negli occhi dello spadaccino, che puntarono da qualche parte alla sua destra.
-Non chiederò scusa per quello.- chiarì lo spadaccino, riferendosi al livido sul polso del cuoco, di nuovo visibile a causa della posizione in cui era costretto- Non sono dispiaciuto.
Ovvio che non lo era, o non sarebbe stato più lui. Un uomo che fa le cose più azzardate ma che non si pente.
Il suo uomo.
Lo spadaccino portò il corpo più vicino a quello di Sanji. Le loro labbra erano a poco più di un sospiro di distanza.
Sapeva che l’altro non si sarebbe avvicinato, ma se l’avesse fatto lui…
-Zo…
La sue facoltà razionali tornarono quando il verso molesto di un volatile raggiunse il suo udito: quello di un piccione.
Spostò lo sguardo verso la finestra e vi vide appollaiato l’animale di Rob Lucci.
Ci controllano in ogni momento.
Sanji tornò alla realtà: stava facendo una sciocchezza. I suoi sentimenti si erano messi in mezzo, troppo, di nuovo.
-Lasciami, Zoro- stavolta il tono era deciso e perentorio, anche se sofferto.
Lo spadaccino allontanò il viso da Sanji, per guardarlo quindi prima con un’espressione ferita, poi furente.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma in quel momento ci fu un vociare fuori dal corridoio.
Sembrava che qualcuno si fosse accorto delle guardie svenute davanti alla porta.
-Ma cosa…?
Il cuoco approfittò della distrazione dello spadaccino per sfuggirgli.
-Devo andare.
Prima che Zoro potesse riacciuffarlo, Sanji si era già lanciato fuori dalla finestra del terzo piano e, dopo un atterraggio elegante e silenzioso, era sparito nell’oscurità della notte.
-----
Ciao a tutti! Per prima cosa ditemi: non lo odiate anche voi quel dannato piccione?XD Il capitolo è più lungo del solito, spero abbiate gradito:) Purtroppo devo dare una brutta notizia: le mie vacanze sono finite e devo ricominciare a studiare per i miei esami (sigh), perciò non avrò più così tanto tempo per scrivere, e di sicuro non riuscirò a mantenere il ritmo che ho tenuto fino adesso. Continuerò a cercare di farne uscire almeno uno a settimana, ma nel caso rallentassi di più vi chiedo scusa in anticipo. Ringrazio tutti i fedeli lettori che sono giunti fin qui (in particolare Vio19 per aver aggiunto la storia tra le preferite, e ad Arcadia per la recensione!).
Miraccomando, recensite e fatemi sapere cosa ne pensate! (nel bene e nel male)
Alla prossima!
Ciaociao

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** bambola volontaria ***


10.BAMBOLA VOLONTARIA
A pezzi.
Ecco come si sentiva Sanji. E non solo perché il suo corpo gli faceva male ovunque…
Erano passati alcuni giorni.
Aveva sentito da Chopper che Zoro stava ormai più che bene. Solo la prima notte le ferite si erano riaperte, ma il cuoco non aveva menzionato la sua parte di colpa in quella faccenda. C’erano state voci di una figura misteriosa – nient’altro che un’ombra – che si era introdotta nell’edificio e aveva messo fuori gioco le guardie… tuttavia, dato che niente di grave sembrava essere successo, nessuno aveva dato gran peso alla cosa.
Sanji non aveva più rivisto lo spadaccino da quella notte.
Gli erano giunte solo notizie di seconda mano, a sentire le quali Zoro si era ripreso in tempi sorprendentemente rapidi (quindi per lui nella norma) e ora andava in giro come se niente fosse, anche se, sempre secondo le voci, il Marimo appariva più scorbutico e pronto alla rissa del solito.
Sanji sapeva che avrebbe dovuto dimenticare quella notte. Lo sapeva, eppure non ci riusciva. La voce, il respiro, il tocco solo suggerito di Zoro… il suo calore…
Basta.
Il cuoco scosse la testa, accendendosi furioso una sigaretta. Tornò a concentrarsi sul suo lavoro.
Si trovava in quello che poteva definirsi il suo ufficio, e stava ricontrollando i rapporti riguardanti l’attacco di Thriller Bark a Water Seven: stando a quanto aveva scoperto Robin, esso era stato causato dal patto appena stipulato dalla fazione dei costruttori con i Mugiwara, che Moria credeva sarebbe andato a discapito del suo quartiere.
Ma a Sanji quella motivazione puzzava. Era stato un attacco strano, blando quasi. Era vero che avevano messo in campo i generali, il samurai e Absalom… ma perché Perona e Moria non si erano visti? E gli altri esseri decisamente più mostruosi che brulicavano sotto Thriller Bark? E come avevano fatto a indovinare il punto esatto del confine in cui le loro difese non erano al meglio?
C’era qualcosa sotto, Sanji poteva intuirlo, ma per ora non riusciva a vedere ancora con chiarezza. E questo per colpa delle continue immagini che la sua mente gli riproponeva…
Stupido Marimo.
In più, per i pochi momenti in cui la sua memoria gli dava un po’ di respiro, ecco che arrivava l’ennesimo giornale di Water Seven, che a Franky piaceva leggergli, in cui almeno due pagine erano dedicate alla felice coppietta di novelli sposi che erano scampati alla tragedia della prematura dipartita di Zoro.
Se lo spadaccino fosse morto, il patto sarebbe saltato, e questo faceva gola a molti. Non tutti a Water Seven erano a favore delle nozze. C’era diffidenza nei confronti dei Mugiwara, che avevano fama di essere degli scapestrati distruttori incuranti delle regole.
Fama più che meritata per la verità.
-Hai finito con quelle scartoffie Sanji?
Il cuoco alzò lo sguardo verso Franky.
L’amicizia fra i due uomini si rafforzava sempre di più con il passare dei giorni: ormai si incontravano ogni giorno, una volta nella fabbrica di Franky e una da Sanji, nel quartiere generale dei Mugiwara.
-Eh? Immagino di sì.- in realtà non stava cavando un ragno dal buco.
-Zoro si è ripreso?
Il cuoco si scrollò nelle spalle, ostentando indifferenza.
-A quanto ho sentito…
Franky non disse nulla, ma i suoi occhi indagatori erano su di lui.
-Cambiando argomento- disse poi, e Sanji notò nell’altro un certo nervosismo- Hai presente Nico Robin?
Il cuoco represse a stento un sorrisetto.
Robin era venuta a parlargli una volta in ufficio, e lì aveva trovato il cyborg, che era rimasto imbambolato a fissarla per almeno due minuti buoni prima di poter ritrovare l’uso della parola.
-Sì. Perché?
-E’ libera?
Stavolta il sorriso furbo di Sanji si allargò su tutto il suo viso.
-Difficile dirlo.- raccontò il cuoco- Svolge un lavoro complicato, che la porta ad agire quasi sempre nell’ombra… ma a quello che so, sì: è libera e disponibile. Ma se mi chiedi qualcosa sui suoi gusti in fatto di uomini, non saprei proprio cosa risponderti: da quando la conosco non è mai uscita con nessuno… se escludiamo Crocodile, ma quelli erano affari.
Franky si fece pensieroso.
-Capisco…
In quel momento qualcuno bussò alla sua porta, e un soldato semplice entrò titubante, portando un plico di scartoffie con sé.
-Che roba è?- chiese Sanji storcendo il naso.
-Costi e tasse, signore.- disse il nuovo arrivato, scaricando quanto aveva portato sulla sua scrivania- Mentre qui invece ci sono i documenti per l’approvvigionamento alimentare.
Bé, quest’ultimo era già più il suo campo… ma da quando Nami era dispersa anche le faccende “monetarie” rientravano nelle sue incombenze. E, poteva aggiungere, stava facendo anche un lavoro migliore della donna, visto che gran parte del denaro, Nami l’imboscava per lei.
Sanji sospirò, immaginando tutto il lavoro d’ufficio che gli sarebbe toccato.
-Ah,- aggiunse il soldato semplice- il capitano Trafalgar mi ha mandato a dirle che la vuole vedere subito.
Sanji si irrigidì.
Oh-oh.
Credeva di sapere bene di cosa Law volesse parlargli. E la conversazione non sarebbe stata affatto piacevole.
-Ho capito, grazie, puoi andare.
Il soldato si defilò in fretta.
-Che vorrà?- chiese Franky.
-Se mi va bene, uccidermi.
 
Quando entrò nell’ufficio, Law era seduto sulla sua poltrona, le gambe incrociate sul tavolo e le mani dietro la testa, mentre il cappello maculato gli ricadeva sugli occhi.
Sanji rimase in piedi davanti alla scrivania.
-Volevi vedermi?
-Sei abbastanza intelligente da capire da solo che cosa ci fai qui, vero?- disse Law, inchiodandolo con quei suoi occhi grigi cerchiati di nero.
-Non ricapiterà.- liquidò la faccenda il biondo.
Per tutta risposta il chirurgo fece un sorriso sarcastico.
-Come no. L’unica cosa a cui stai pensando adesso è quando sarà la prossima volta.
Non era una domanda.
-Ti sbagli.- rispose lo stesso Sanji, dovendo però distogliere lo sguardo da quello di Law.
-Non potete continuare così.- affermò perentorio il capitano degli Hearts.- Prima la rissa in quel bar di Water Seven – sì, l’ho saputo – e poi certe scenate sul campo di battaglia che quasi ci facevano perdere il confine, nonché la credibilità con i nostri nuovi alleati.
-La situazione si è completamente risolta mi pare- volle puntualizzare il biondo, pur sapendo benissimo cosa l’altro intendesse.
-Già, una risoluzione davvero esemplare!- commentò Law ironico- Uno dei nostri uomini migliori, quello che di più incute timore nell’Alleanza, che ha la fama di un demone… che quasi si fa ammazzare da uno stupido zombie solo perché non vuole lasciare andare la mano del suo compagno.
D’istinto, Sanji tornò a coprire con la manica il suo polso, dove il livido lasciatogli da Zoro ancora svettava sulla sua pelle pallida.
-Io non c’entro niente con questo. Ha fatto tutto da solo.
-Se gli avessi detto tutto dubito che ci avrebbe anche solo provato.- ribatté inflessibile l’altro.
-Non glielo dirò, Law.
Gli occhi del chirurgo si assottigliarono.
-Spogliati.- ordinò al cuoco.
Sanji non si mosse.
-Spogliati- ripeté minaccioso- O vengo lì a farlo personalmente.
Dopo un momento di indecisione, le dita del biondo erano sulla sua giacca nera per aprirla. Una volta che questa fu slacciata, fu il turno della camicia azzurra. Allentò prima la cravatta, poi i bottoni cominciarono a sfilarsi uno dopo l’altro, rivelando il petto muscoloso ma asciutto di Sanji, martoriato da lividi e ferite, che si estendevano anche a braccia e gambe.
-Sembra peggiore di quello che è- si giustificò il cuoco. Ma era una scusa debole, e lo sapeva.
-Ti stanno uccidendo.- replicò Law impassibile.- Vi state entrambi autodistruggendo e questo non lo posso permettere. L’Alleanza non se lo può permettere. Sembrate stare facendo a gara a chi si suicida prima, o nel modo più lento e doloroso possibile nel tuo caso. E se Mugiwara-ya tornasse, cosa penserebbe trovandovi in questo stato?
Sanji spalancò gli occhi.
-Rufy non…
-Cosa? Non farebbe niente? Se ne starebbe lì a guardare? Non credo proprio.
-Se Rufy fosse qui non ci sarebbe bisogno di tutto questo!- gridò Sanji, mandando in pezzi la scrivania di Law con un calcio pieno di frustrazione.
Il chirurgo non si scompose, ma alzò un sopracciglio.
-E’ proprio di questo che stavo parlando.
Sanji, stringendo i pugni, non disse niente.
-Spero ti renderai conto della necessità di misure drastiche da adottare…
Il cuoco sbuffò.
-Mi manderai dall’altro capo dell’Alleanza?
Law scosse la testa.
-Siamo in guerra, se non l’avessi notato. Devi andare dove serve, sei troppo prezioso per allontanarti  senza un valido scopo. D’altra parte bisogna tenervi lontano: servite entrambi vivi e in grado di combattere.
-E quindi?
Sanji non aveva proprio idea di dove l’altro volesse andare a parare.
Law si alzò dalla poltrona, e calpestando i resti della sua distrutta scrivania si avvicinò al biondo.
-Lui pensa che sia stata tua l’idea di tutto.- rivelò a bruciapelo.
Sanji spalancò gli occhi.
-C-cosa?
-Gli ho detto che sei stato tu a proporre il suo matrimonio politico con Water Seven.
Il cuoco restò lì a fissarlo a bocca aperta, per un attimo senza parole.
-E perché l’avresti fatto?- la voce di Sanji era calma quanto pericolosa.
-Per ottenere un effetto che poi si è effettivamente verificato.
I pensieri del cuoco vorticavano veloci, recuperando e collegando fra loro frammenti di memoria.
Quel “Cuoco, mi sposo” detto con noncuranza mentre passavano l’uno accanto all’altro in un anonimo corridoio, senza che lo spadaccino nemmeno si fermasse… Quei due mesi prima del matrimonio in cui non gli aveva rivolto una parola, senza fare alcun tentativo per avvicinarlo…
Aveva pensato che l’avesse fatto perché aveva deciso che la sua vita sarebbe andata in quella direzione… e quindi Sanji sarebbe dovuto rimanere indietro.
Perciò gli era apparso irragionevole quel modo di comportarsi dello spadaccino dal matrimonio in poi. Quel suo continuo cercare di avvicinarsi, come per assicurarsi che il cuoco fosse ancora lì.
Stupido Marimo. Dove pensava che sarei andato?
-Una parte di me vorrebbe prenderti a calci.- disse infine Sanji.
-Ma l’altra sa che ho fatto bene, non è vero?
Il cuoco non rispose.
-Ha funzionato bene per un po’- continuò Law, avvicinandosi a Sanji sempre di più- ma adesso siamo al punto di rottura. E bisogna pensare a qualcos’altro.
-Cosa hai in mente?
Formulò quella domanda, ma il cuoco era sveglio, aveva cominciato già a capire cosa aveva escogitato il chirurgo per fermare i tentativi di Zoro e insieme convincere la Galley-la che lui non rappresentava un pericolo per il matrimonio.
Law si fermò ad un centimetro di distanza dal cuoco, invadendo il suo spazio personale.
-Questo.
Mani tatuate lo afferrarono per la camicia ancora sbottonata, attirandolo verso il loro proprietario. La bocca di Law si avventò sulla sua, reclamandola per un bacio irruente e pretenzioso.
Dopo un attimo di indecisione, in cui l’immagine di Zoro gli comparve davanti, Sanji si lasciò andare, assecondando il movimento del chirurgo.
Mi dispiace… disse alla figura dello spadaccino, i cui contorni si facevano sempre più sfocati Abbiamo fatto tutti e due una promessa a Rufy, lo sai. Non è come se potessimo venire meno…
Quando il chirurgo si staccò, leccandosi le labbra, Sanji si ritrovò a chiedere:
-Kidd non si arrabbierà per questo?
Law rise.
-A Eustass-ya ci penso io.- disse sicuro- Tu invece vedi di toglierti quell’espressione di sofferenza dalla faccia: non bacio così male.
No, Law non baciava affatto male… solo che aveva un incorreggibile difetto: non era Zoro.
-La cosa deve essere credibile, Sanji-ya. Devono vederti entusiasta, e devono vederti sorridere.
-Non preoccuparti: lo sai che sono bravo a fingere.
-Bene, allora abbottonati la camicia. Ci serve un posto più affollato per questo.
Non ci volle molto a Sanji per essere presentabile. Poi si lasciò trasportare da Law fuori dalla stanza in cerca del perfetto palcoscenico per il teatrino che dovevano mettere su, mentre in faccia si stampava un sorriso falso.
Come quello di una bambola.
-----
Ciao a tutti! Bé, come si dice? Se le cose vanno male… facciamole andare ancora peggio XD Lo so sono cattiva. Allora ve l’aspettavate questo cambio di rotta? Vi soddisfa? Oppure volete linciarmi perché non scriva più abomini del genere? Poco male, tanto io continuo. Ringrazio tutti quelli che ancora seguono questa storia, spero vi stia piacendo:) Un grazie particolare a akiralovemanga kimhimchan che hanno messo la storia tra le preferite, e poi a Bluly che con le sue recensioni continua a darmi speranza per questa storia;) E ora: come reagirà Zoro quando saprà della cosa? Leggete e scopritelo.
Alla prossima! Ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** come si diffondono i pettegolezzi ***


11.COME SI DIFFONDONO I PETTEGOLEZZI
Zoro si svegliò presto quella mattina.
Da quando aveva cominciato la sua vita matrimoniale non amava più stare nel letto fino a tardi, ed ogni scusa era buona per allontanarsi e uscire.
Per prima cosa si fece una doccia, ansioso di liberarsi dei ricordi e degli odori della notte trascorsa. Usò perfino uno a caso delle miriadi di saponi e saponette che sua moglie aveva allineato nel bagno perché l’effetto fosse più efficace.
Quando uscì dalla stanza, stette bene attento a non svegliare Califa: dal giorno in cui era stato ferito, la donna gli era continuata a ronzare attorno anche più di prima, come una specie di infermiera fastidiosa, e non aveva voglia di rispondere ad altre domande sulla sua salute o anche solo di rivolgerle la parola.
Chiuse la porta con cura dietro di sé.
Finalmente libero, se ne andò dritto ad allenarsi in palestra, dove rimase per tutta la mattinata.
Cominciò subito i suoi esercizi senza risparmiarsi, sollevando pesi che per il numero di kg avrebbero fatto cadere la mascella a terra a qualsiasi persona normale che li avesse visti. Zoro si limitava sempre ad ignorare gli inutili sguardi e le ridicole espressioni di sbigottimento che quelli che lo osservavano allenarsi gli rivolgevano, mantenendo la concentrazione.
Il bilanciere scendeva e saliva con regolarità stretto nella presa ferrea dello spadaccino: il suo corpo si era completamente ristabilito, nonostante lui avesse come al solito ignorato le noiose raccomandazioni di Chopper sul non fare sforzi eccessivi per almeno una settimana.
Zoro era colui che un giorno avrebbe sconfitto Mihawk: non poteva rimanere a poltrire.
Doveva diventare più forte per essere in grado di battere tutti i nemici che gli si sarebbero parati davanti: Rufy sarebbe tornato, nessun dubbio su questo, ma Zoro non avrebbe accettato un altro compromesso come quello che già aveva dovuto subire con Water Seven.
Se fosse stato più forte, non sarebbe stato necessario. Se fosse stato più forte, avrebbe riso in faccia a Trafalgar Law. Se fosse stato più forte, Ace non sarebbe morto. Se fosse stato più forte, allora il cuoco…
Decise che l’allenamento non era abbastanza duro: rimise al suo posto il peso da 300 kg, prendendo quello da 400.
Il ricordo della notte in ospedale era scolpito nella sua memoria. L’odore del biondo in cui si era immerso era ancora lì: un misto di fumo, spezie e vino.
Buffo che sapesse ancora della sua amata cucina, visto che dalla scomparsa di Rufy e gli altri non aveva più cucinato. Non ne aveva avuto più né il tempo né la possibilità. Conoscendolo, doveva mancargli molto…
Gli venne un’idea assurda: riuscire a far tornare il cuoco ai suoi amati fornelli anche solo per una volta. Era sempre di un umore irritantemente buono quando trafficava nella sua cucina… Lo spadaccino avrebbe potuto rinunciare ad alcune delle sue razioni e richiedere qualche alimento fresco da Baratie: una volta trovatosi con dei cibi che altrimenti sarebbero stati sprecati sotto il naso, l’altro non si sarebbe certo potuto rifiutare di cucinarli.
Zoro scosse la testa, sentendosi ridicolo. Non era da lui fare simili pensieri.
Se il biondo cucinava o no, cosa gli interessava? Non era mica la sua balia lui…
Inconsapevolmente, rallentò il ritmo dei sollevamenti.
Però…
Quegli occhi velati di tristezza mentre spiccava il volo e scompariva nella notte… no, non se li era immaginati.
Ma che cosa poteva farci? Era il cuoco che aveva deciso arbitrariamente di non toccarlo più. Perché poi?
Lo spadaccino era anche fin troppo consapevole di dovere fedeltà a sua moglie, che assecondare ciò che voleva fare – ciò che un bisogno istintuale lo portava a volere – era fuori questione.
Aveva preso un impegno preciso con quella donna, e non si sarebbe tirato indietro.
Zoro era un uomo d’onore.
Ma non volere addirittura che lui lo sfiorasse… in che modo poteva essere considerato un tradimento?
Oppure il problema era un altro?
Lo spadaccino non era bravo a pensare. Era bravo a combattere, a dormire, a perdersi (questo però non l’avrebbe mai ammesso), ma ragionare, fare pensieri complessi e tortuosi… non era nelle sue corde. Lui agiva per istinto.
Era l’istinto che l’aveva portato ad attrarre a sé il cuoco, su quel campo di battaglia insanguinato, per la prima volta, ben due anni prima.
Lo ricordava bene.
 
Lo scontro era finito da un pezzo, e il paesaggio che li circondava  non era altro che una landa desolata di edifici abbandonati e distrutti. I corpi dei caduti erano stati recuperati, i feriti portati in infermeria… il campo era deserto, e Zoro e il cuoco erano gli ultimi rimasti.
Si erano attardati sul luogo della battaglia dopo essersi assicurati di coprire il rientro alla base senza intoppi dei loro soldati e ora stavano litigando, come al solito, dandosene di santa ragione senza esclusione di colpi: calci e spade mulinavano e si scontravano spazzando via ogni cosa ci fosse attorno tranne loro. Uno scontro dei tanti, inutile… eppure, come sempre, elettrizzante. C’era qualcosa che continuava inevitabilmente a portarli l’uno contro l’altro, l’uno verso l’altro.
Il combattimento durò fino a sera, risolvendosi come sempre in un nulla di fatto: solo insulti lanciati a vuoto e in gran parte senza significato.
Dopo l’ultimo colpo sferrato, erano entrambi caduti a terra, vicini e ansanti, senza nemmeno il fiato necessario per gli ultimi improperi…
 
Zoro non sapeva di preciso cosa ci fosse stato di diverso quella volta, non sapeva perché quel giorno andò in modo differente dagli altri.
Il momento prima stavano cercando di uccidersi a vicenda senza risparmiarsi, e quello dopo Zoro era chinato in avanti per catturare le labbra del cuoco con le sue.
Così. Semplicemente. Un istinto naturale.
Ed era stato sempre l’istinto che l’aveva riportato dal cuoco altre e altre volte ancora: dopo una sessione d’allenamento, in una delle tante notti passate al fronte… Non è che ci fosse mai stata l’intenzione mi mantenerla segreta quella “cosa” che avevano, solo… era capitato.
Quando sentivano la voce del capitano, di Usopp, Chopper e chiunque altro balzavano via l’uno dall’altro o semplicemente si nascondevano. Erano affezionati alla loro routine: alle litigate, all’atteggiamento sprezzante e superiore di Zoro mentre il cuoco andava in giro dietro alle ragazze…
Era la normalità, e andava bene.
Perché cambiarla?
 
-Oi Marimo, domani mi sveglio presto.
-Allora dormi e non rompere- ribatté svogliatamente Zoro, con la voce impastata dal sonno, stringendosi ancora più al cuoco.
Erano nella camera dello spadaccino: i vestiti sparsi lungo il percorso dalla porta al letto e i loro corpi nudi sotto le lenzuola testimoni della loro notte insieme.
-Devo tornare nella mia stanza, Marimo. Ho detto a Nami di passare da me all’alba prima della sua partenza. Chissà cosa andrà a pensare se non mi trova! Lasciami…
Lo spadaccino non lo ascoltò e se lo portò ancora più vicino.
-Domani mattina.
-Adesso.- lo corresse il cuoco.
-Non rompere, torciglio. Sto bene così. E voglio dormire.
-Come sarebbe a dire? Hey…
Ma Zoro si era già addormentato, e non sentì più nessuna delle lamentele del biondo. Tuttavia, quando sì svegliò la mattina dopo, il cuoco era ancora tra le sue braccia.
 
Zoro non aveva mentito: stava davvero bene in quell’abbraccio.
Era giusto così: addormentarsi e svegliarsi col cuoco… era semplicemente così che doveva essere.
Ma non lo è più.
In un impeto di rabbia, Zoro strinse la presa sul peso e lo lanciò contro la parete… che andò in frantumi per la potenza del colpo.
Un povero soldato, che aveva i propri alloggi proprio di fianco alla palestra, emerse col torso dal buco che si era aperto sconvolto e terrorizzato, con ancora il pigiama addosso.
-Bé?- fece Zoro, lanciandogli un’occhiata assassina.
Il soldato urlò e fuggì via.
Lo spadaccino andò a riprendersi il peso e lo rimise al suo posto, agganciandolo alla struttura in acciaio, per poi uscire senza darsi pensiero per il buco nella parete.
Doveva sbrigarsi.
Quel tizio di Water Seven, Pauly, che Zoro aveva avuto modo di conoscere piuttosto bene durante le due settimane di tour, lo aspettava al confine per controllare che l’integrazione dei due eserciti stesse continuando senza intoppi.
L’uomo era un tipo strano: con degli occhiali da lavoro sempre sulla testa e un sigaro in bocca, ce l’aveva con ogni donna in minigonna o con la camicetta scollata. Tutte le volte che vedeva Califa le faceva una ramanzina che non finiva più: lei la maggior parte delle volte sembrava ignorarlo, ma in alcune occasioni aveva guardato Zoro con un’occhiata maliziosa.
-Mi spiace Pauly, ma sono certa che mio marito mi apprezzi esattamente così. Nulla di quello che vede lo disturba…
Per quanto riguardava lo spadaccino, quella donna poteva andare in giro con un vestito da panda obeso: non avrebbe comunque fatto differenza.
Ci mise un po’ per arrivare a destinazione. Quel quartiere era una confusione unica…
Pauly lo aggredì appena mise piede sulla muraglia.
-Sei in ritardo, Roronoa!
-Non rompere…- cercò di liquidarlo Zoro. Non era proprio in vena per le sue grida assurde: era già abbastanza di malumore.
-Come sarebbe a dire?! Ho chiamato Califa, e lei mi ha detto che eri uscito prestissimo! Non la starai mica tradendo, eh??
Lo spadaccino lo fissò con uno sguardo inceneritore, mentre la mano scivolava verso le sue katane.
-No, non lo sto facendo. Ora dì qualcos’altro a riguardo e passerai il resto della giornata a cercare la tua testa mozzata sul fondo di questo muro, capito?
Pauly lo fissò inizialmente con l’aria di voler attaccar briga nonostante la disparità palese di forze, ma poi il suo atteggiamento cambiò.
-Scusa.- disse, grattandosi il retro del collo, incerto- Lei è mia amica…
Zoro tolse la mano dall’elsa della katana e la sua aura minacciosa scomparve.
-Lo capisco.- prese a camminare per raggiungere i suoi uomini. Pauly lo seguì buono. Pensò di lasciar cadere il discorso, poi però si ritrovò a aggiungere:- Non la sto ingannando, tradendo o altro che ti possa venire in mente. Non la amo, se è questo di cui vuoi accusarmi… maa non penso nemmeno che lei ami me. L’amore non ha mai c’entrato niente nel nostro matrimonio fin dall’inizio, quindi non vedo perché dovrei mentire a riguardo.
E con quella frase, chiuse la conversazione e cominciarono il loro lavoro.
 
Si fermarono per la pausa pranzo in mezzo agli operai, gustandosi un semplice ma grosso panino. Non era troppo saporito, ma in tempi di guerra ci si doveva accontentare: Baratie faceva di tutto per dar loro cibi sani ma che allo stesso tempo potessero bastare per tutti, tuttavia non si poteva pretendere che il gusto fosse dei migliori.
Mentre si apprestava a dare l’ennesimo morso, una conversazione arrivò casualmente al suo orecchio.
-Non può essere!- stava squittendo una vocetta femminile stridula.
-Ti dico che è vero, l’ho visto con i miei occhi!- ribatté una maschile, più profonda.
-No, non ci credo! Avevo sentito dire che fosse un don Giovanni incallito! Che non ci fosse un solo essere di sesso femminile in tutto il globo che non ricevesse le sue avance!
Buffo pensò Zoro senza dare troppa importanza alla cosa sembra la descrizione del cuocastro…
-Ti dico che li ho visti- ripeté l’uomo spazientito.- Proprio nella mensa del quartier generale! E non si stavano certo nascondendo, avevano gli sguardi di tutti addosso! Mi sorprende che ci sia ancora qualcuno che non lo sappia!
-Ma sei proprio sicuro che stavano…
-Non si poteva certo fraintendere che cosa facevano credimi! Erano preliminari piuttosto espliciti.
-Io credevo che lui stesse con Eustass Kidd! Ora cosa faremo? Ci attaccherà?
Uh? Trafalgar se l’è spassata con qualcuno nella mensa?
Che strano, Zoro era certo che nonostante le sue provocazioni il chirurgo fosse fedele al capitano col braccio metallico… Bah, per lui Trafalgar poteva fare tutto quello che voleva, bastava solo che non gli causasse un’altra gatta da pelare come la guerra con Eustass…
-Ma sei sicuro che fossero proprio loro?
-Per chi mi hai preso? Certo che ne sono sicuro! Erano proprio loro: Trafalgar Law… e Sanji Gamba Nera!
Zoro si bloccò.
-Hey spadaccino che ti prende? Lo finisci o no quel panino?- la voce di Pauly in quel momento era di quanto più irrilevante ci potesse essere sulla faccia della terra.
Il tempo di un battito di ciglia, e lo spadaccino si era già mosso verso il suo obbiettivo: una delle sue katane era fuori dal fodero, puntata alla gola dell’uomo che aveva sentito parlare.
-Hey ma cosa fai sei pazzo! Levamela di dosso!- urlò l’uomo, mentre la ragazza con cui stava parlando strillava terrorizzata.
-Taci.- gli intimò Zoro. L’aura che sprigionava in quel momento avrebbe potuto mettere in fuga eserciti e perfino i Re del Mare che presidiavano Raftiel.
Il poveretto non osò dire altro, mentre tutte le altre persone presenti si erano già zittite dalla paura.
Le parole successive, lo spadaccino le scandì bene, lentamente, assicurandosi che fossero ben comprese.
-Ora tu mi ripeterai la storia che stavi raccontando alla tua amica per filo e per segno. E assicurati che quanto esca dalla tua bocca sia la verità, perché se scopro che mi hai mentito nemmeno Trafalgar riuscirà a rimettere insieme tutti i pezzi in cui ti ridurrò. Hai capito?
-----
Ciao a tutti! Non vi fa un po' pena questo povero malcapitato ignaro di tutto? Bé, si spettegola a proprio rischio e pericolo. Ho approfittato di questo capitolo per scavare un po' nel passato della nostra coppia e svelare alcuni retroscena che spero siano riusciti a chiarire alcuni punti oscuri della vicenda. Non tutti ovviamente: sarebbe troppo facileXD Mi scuso per il piccolo ritardo nell'aggiornamento: avevo il capitolo già pronto ieri sera, ma visto che era tardi mi sono presa un giorno per ricontrollare tutto per bene:) Un grazie per tutti quelli che hanno letto fino a qui e tengono duro! Ed ora i ringraziamenti speciali: a gio_84 e ScarletPuppet per aver aggiunto la storia tra le preferite, a AlexisSlyterin per averla aggiunta alle ricordate e a Bluly per averla recensita! Ci risentiamo tra una settimana... secondo voi cosa farà il nostro Marimo adesso che ha scoperto di Sanji e Trafalgar?
Alla prossima! Ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** non hai alcun diritto su di lui ***


12.NON HAI ALCUN DIRITTO SU DI LUI
Zoro non uccise quell’uomo solo per una ragione: il suo obbiettivo era qualcun altro.
Si diresse verso il comando centrale come una furia, ignorando i numerosi tentativi di Pauly e degli altri di fermarlo.
Corse senza risparmiarsi.
Sentiva tutti i suoi muscoli in tensione mentre qualcosa dentro di lui premeva per uscire e distruggere tutto quello che gli capitava a portata di mano.
Quella rabbia ceca che sembrava pervaderlo però, non servì a non farlo perdere in quell’intrigo di viuzze che sembravano muoversi per conto proprio.
Non ho tempo per questo.
Impugnò le sue katane e cominciò a tagliare ogni edificio che gli ostruiva la strada.
Non si curò della gente che intorno a lui urlava e gridava aiuto, o che lo pregava di fermarsi.
A Zoro in quel momento importava solo una cosa: uccidere Trafalgar Law.
Le parole di quell’operaio gli rimbalzavano nella mente, tornando e tornando, evocando immagini che solo ad immaginarle lo marchiavano a fuoco.
 
-Non hanno detto niente, ero troppo distante- raccontò l’uomo titubante, con ancora la lama alla gola- Bé, sono entrati, insieme, poi… non lo so esattamente ero distante… credo che Trafalgar abbia spinto Gamba Nera contro il muro e… ecco, lo stava… gli stava praticamente divorando la faccia. Gli faceva scivolare le mani dappertutto insomma… sembravano molto presi e poi… si sono ritirati, ma da quello che si poteva vedere… è chiaro che abbiano finito quello che avevano iniziato ecco… E’ tutto quello che so lo giuro! Per favore non mi uccida!
 
Mani dappertutto… Molto presi… Finito quello che avevano iniziato…
Il cuoco… e Trafalgar.
No.
Semplicemente no.
Zoro tagliò un altro palazzo in due. Ormai non ragionava più. Tutto ciò che vedeva era il rosso.
Quando l’edificio del comando centrale gli apparve davanti, lo spadaccino era pronto per una strage.
Dei soldati erano appostati di guardia davanti all’ingresso, così come lungo tutto l’edificio: si misero sull’attenti non appena si accorsero del pericolo in arrivo.
-C-comandante Roronoa?- si stupì uno degli uomini, appena lo riconobbe.
I soldati si guardarono tra loro incerti, non sapendo come comportarsi: provare a fermare quel demone che si stava dirigendo con furia omicida verso di loro oppure lasciare passare quello che era il loro superiore? Quei poveretti stavano già tremando al solo pensiero di confrontarsi con lui.
Zoro avrebbe potuto farli fuori senza troppo sforzo, ma non si prese nemmeno la briga di considerarli: entrare nell’edificio e prendere le scale sarebbe stata solo una perdita di tempo.
Appena fu abbastanza vicino saltò, ignorando i soldati che si limitarono a seguirlo con lo sguardo, le bocche spalancate: atterrò direttamente e con agilità sul balcone del quarto piano. Da lì con un altro balzo arrivò al decimo, e poi al quindicesimo: proprio dove stava Trafalgar.
Un fendente di spada, e la finestra andò in pezzi.
-Trafalgar!- ruggì.
Zoro entrò nello studio, facendo scricchiolare i vetri rotti sotto di sé. Lo vide immediatamente: il chirurgo era comodamente seduto sulla sua poltrona con un libro in mano, mentre la scrivania che aveva davanti era stranamente distrutta.
Trafalgar lo stava guardando con un sopracciglio inarcato e un vago sorriso a increspargli le labbra.
Appariva fin troppo tranquillo per uno che si era appena ritrovato una belva scatenata irrompere dalla finestra.
-Zoro-ya. Entra pure.- disse sardonico- ti vedo un po’ alterato.
-Io ti ammazzo.
Una calma glaciale in quelle parole. Le intendeva davvero.
Gli occhi di Trafalgar si assottigliarono leggermente: non si aspettava quella reazione forse? Irrilevante.
Lo spadaccino lo attaccò senza esitazione, e Trafalgar riuscì a schivare il fendente appena in tempo, mentre la poltrona sulla quale si trovava un attimo prima veniva tagliata in due.
Zoro non si trattenne: sapeva che il chirurgo era ben in grado di tenergli testa. Era un capitano dopotutto, e c’era un motivo per cui era a capo dell’Alleanza in assenza di Rufy: infatti Trafalgar, sguainata la sua lunga katana, bloccò con abilità il suo successivo attacco.
-Non vuoi almeno sapere cos’è successo?
-E’ vero?
Era l’unica cosa che importava.
-Cosa? Devi essere più specifico, Zoro-ya.
La sfumatura ironica e divertita di quelle parole alimentò la furia dello spadaccino.
Voleva attaccarlo di nuovo, ferirlo. Voleva mandare in pezzi quella compostezza esibita che sembrava farsi beffe di lui… ma doveva saperlo.
-L’hai baciato?- una domanda fatta a denti stretti.
-Se ti riferisci a Sanji-ya, la risposta è sì.
Zoro non si trattenne più: si lanciò in un affondo improvviso, che perforò il muro alle spalle dell’avversario, ma che ancora non riuscì a penetrare la sua guardia.
Maledetto.
-Pensavo che Eustass “Captain” Kidd non fosse il tipo da condividere le sue cose.- disse lo spadaccino sprezzante.
Trafalgar fece un’espressione di disappunto.
-Non sono una proprietà di Eustass-ya.- chiarì il chirurgo- Sebbene lo stesso Eustass-ya sia spesso propenso a dimenticarsene.- un altro di quei suoi sorrisi fastidiosi gli increspò le labbra- Sono libero, posso fare quello che voglio con la mia vita e con il mio corpo…
-Sei morto.
Altri fendenti e parate si susseguirono veloci: in breve tempo, l’ufficio fu devastato.
I pacchi di documenti, prima bene in ordine sugli scaffali, si sparpagliarono per tutto il pavimento; il mobilio e i pochi soprammobili furono fatti a pezzi, mentre le pareti continuavano a riempirsi di numerosi squarci.
Lo spadaccino non staccava gli occhi dal suo avversario. Voleva affondargli una spada nel petto e guardare dall’alto il suo corpo ricoperto di sangue.
Lo incalzò finché non si ritrovarono l’uno a un passo dall’altro: le reciproche spade premevano l’una sull’altra, vibrando per la quantità di forza esercitata da coloro che le impugnavano.
-Riflettici, Zoro-ya.- cercò di nuovo di farlo ragionare Trafalgar, approfittando del momento di stallo- Ha davvero qualcosa a che fare con me questa tua furia omicida? Dopotutto, non ti sei mai dimostrato interessato alla mia vita sessuale fino ad ora. Mi domando cosa sia cambiato…
-Perché lui?!- lo spadaccino impresse maggior forza alle sue katane.
-Ah, vedi che è Sanji-ya, e non io, quello che ti interessa?
Se uno sguardo fosse bastato per uccidere, il chirurgo sarebbe morto.
Si separarono e tornarono a lanciarsi assalti.
-Ti ho fatto una domanda.- sibilò tra i denti Zoro,
Trafalgar sbuffò annoiato.
-Perché Sanji-ya me l’ha chiesto.- rispose con semplicità- E io non ho rifiutato.
Zoro si bloccò.
Era stato il cuoco?
Era stato lui che…
-Perché?- chiese, fermando sul nascere il prossimo attacco.
-Perché no?- ribatté l’altro- Sai se è impegnato con qualcuno al momento?
Zoro non rispose.
Sentiva l’improvviso bisogno di sradicare palazzi e tagliare montagne: l’avversario di fronte a lui in confronto sembrava improvvisamente piccolo e insignificante.
-Che brutta cosa la gelosia, non è vero?- commentò casualmente Trafalgar.
Di nuovo nessuna risposta, mentre un fremito continuava a scuotere le mani che impugnavano le katane.
-Hai accettato di sposarti Zoro-ya, e l’hai fatto.- proseguì il chirurgo- E lui è rimasto a guardare. Il tuo matrimonio sta andando bene, sembrate una coppia affiatata, osannata da tutti… Cosa avrebbe dovuto fare secondo te?
-ASPETTARE!!!- tuonò Zoro, mentre un colpo dettato dalla rabbia e dal dolore che si nascondeva in essa colpiva, passando attraverso la finestra distrutta, un edificio a caso nei paraggi facendolo crollare.- Aspettare- ripeté, e la sua voce stavolta sembrava più fragile, incrinata.- Finché Rufy non torna. Era questo il patto…
Abbassò le spade, usandole per puntellare il pavimento, come se improvvisamente avesse bisogno di un appoggio per sostenersi.
-Mugiwara-ya non è qui.
-E’ una ragione sufficiente?!
-Zoro-ya.- il tono di Trafalgar si fece più gentile, pur rimanendo inflessibile- Sei sposato, trascorri le notti in compagnia della tua bella mogliettina. Non l’hai mai reclamato: non hai alcun diritto su lui.
Zoro strinse i denti.
No! Non è così…
C’era una parte di lui, racchiusa nel petto, che gli diceva che il chirurgo si sbagliava. Che gli diceva che il cuoco era suo. SOLO suo.
Ma il cuoco non l’aveva aspettato.
Era stato lui a proporre il matrimonio. Zoro si era infuriato quando l’aveva scoperto, considerandolo un tradimento. Ma la cosa aveva un senso, e se il cuoco era convinto della scelta allora lo spadaccino era sicuro che fosse per il bene di tutti e poteva accettarlo… sebbene fosse a suo discapito.
Non aveva comunque rivolto la parola al cuoco fino al matrimonio: una ripicca. Piuttosto infantile forse, però… voleva fargliela pagare, ferirlo come l’altro aveva ferito lui. Il biondo non si era sprecato nemmeno a dirglielo in faccia, lasciando a Trafalgar lo scomodo compito di informarlo. Vigliacco.
Tutti quei crucci e quel risentimento però erano pian piano sfumati nei giorni dopo il matrimonio fino a sparire del tutto: l’unica cosa a essere rimasta era una sensazione di mancanza profonda, dilaniante quasi.
Nonostante la rabbia e il silenzio di quei mesi, Zoro non aveva mai smesso di credere che tutto si sarebbe sistemato, che una volta che Rufy fosse tornato allora le cose sarebbero tornate come prima. Ci sarebbe voluto del tempo certo, forse molto, ma era certo che malgrado tutto, il cuoco… l’avrebbe aspettato.
-Io l’avrei fatto.
Zoro avrebbe aspettato anche anni se i ruoli fossero stati invertiti, lo sapeva.
Ma non il cuoco.
Pensava che provassero le stesse cose, pensava che quello che c’era tra loro fosse… condiviso. E invece no.
 
-Rufy vuole che io vada ad Alabasta domani. Starò via per un mese almeno. La situazione alimentare è grave. E le incursioni della Baroque Works non si sono fermate come speravamo con la sconfitta di Crocodile.
-Mm…- fece Zoro, per niente interessato.
-Marimo, ho detto che starò via per un mese.
-E allora?
Perché doveva farla così lunga per una stupida mansione di lavoro? Sapeva che era abbastanza forte da occuparsi di quel branco di predoni senza problemi.
Il cuoco sospirò.
-A volte mi domando proprio cosa io ci trovi in te.
-E questo cosa c’entra?- ribatté annoiato.
-Dico solo che potrei trovarmi qualcun altro…
-Pff! Ma se sei a mala pena sopportabile! Mi domando chi altro potrebbe volerti…
-Taci, Marimo!
 
Avevano cominciato a litigare, insultandosi a vicenda e combattendo. Poi, non era certo di come, le loro bocche si erano trovate ed erano finiti nella camera del cuoco a togliersi i vestiti in tutta fretta.
Zoro non aveva più pensato alle parole del biondo, fino a quel momento, considerandole solo una delle sue tante sciocchezze.
Ora però gli erano tornate alla mente, e lo spadaccino si chiese se non avesse frainteso tutto. Se il suo istinto l’avesse ingannato.
In quel momento, risuonarono dei veloci ed agili passi in corridoio, che Zoro riconobbe senza difficoltà.
Era il cuoco.
Aprì la porta con un calcio, entrando nell’ufficio devastato di Trafalgar, probabilmente attirato lì dallo scontro ormai interrotto.
-Law si può sapere che sta succedendo?! Cosa…
Ma il cuoco si bloccò non appena vide e riconobbe l’intruso.
-Zoro…
Lo spadaccino non si preoccupò che la voce del cuoco sembrasse al suo orecchio strana, indecisa, fragile: si avventò su di lui, colpendolo alla mascella con un pugno che lo scaraventò contro il muro.
La parete, già gravemente danneggiata, si crepò.
Prima che il biondo potesse ricadere a terra, Zoro l’aveva già agguantato per la camicia.
-Abbiamo chiuso.- gli sussurrò a denti stretti, lasciando che trapelasse tutto il disprezzo e la rabbia che provava dentro, cercando invece di tenere ben nascosti la delusione e il dolore.- Fai quello che vuoi, stai con chi ti pare. Ma non azzardarti a venire vicino a me ancora.
Lo lasciò cadere a terra, non curandosi delle sue condizioni ed uscì, sbattendo la porta.
-----
Ciao a tutti! Se ve lo state chiedendo, sì: la porta è l’unica cosa che è rimasta intatta XD Zoro in questo capitolo mi fa una tenerezza *.* Spero che la sua reazione vi abbia soddisfatto a dovere… anche se ve l’ho fatta un po’ sudare;) Quanto a Law, direi che ha infierito senza pietà eh? Poveri i miei due protagonisti, sempre a soffrire… tranquilli, prima o poi si risalirà da questo abisso nero di drammaticità... ma ci sarà da aspettare ancora un po'.
Grazie a tutti voi che avete letto fin qui e spero mi accompagnerete fino alla fine!:)
Adesso che lo spadaccino ha deciso di non volerne più sapere di Sanji cosa ne sarà del nostro cuoco? Prossimo capitolo: il ritorno in scena di un certo piccione… a voi le supposizioni!
Se volete, fatemi sapere cosa ne pensate e se qualcosa non vi è piaciuto o non vi ha convinto... Siete i benvenuti:)
Alla prossima! Ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** andare oltre ***


13.ANDARE OLTRE
-Sanji-ya, stai bene?
Il cuoco non rispose.
“Non azzardarti a venire vicino a me ancora”
Le parole riecheggiavano in quell’improvviso vuoto che sentiva essersi creato intorno a lui.
C’era silenzio, interrotto solo dagli scricchiolii del legno spezzato e dal fruscio che i pezzi d’intonaco producevano staccandosi dai muri e cadendo a terra.
Dopo che Zoro gli aveva ringhiato contro quelle ultime parole, per poi lasciarlo cadere a terra senza degnarlo più di uno sguardo, Sanji non si era mosso.
Non poteva impedirsi di rivedere davanti a sé lo spadaccino, come era stato qualche attimo prima: il suo volto, la tensione del suo corpo…
Sanji non l’aveva mai visto così.
Scoperto.
Vulnerabile.
Ogni pensiero ed emozione riflessi in quegli occhi di solito scuri quanto insondabili, che, feriti, lo accusavano.
“Abbiamo chiuso”
Chiuso con lui e con tutto quello che c’era stato tra loro. Chiuso con un passato trascorso insieme e con un futuro di cui non avevano mai veramente parlato.
E Sanji non aveva potuto dire niente: era rimasto in silenzio, fermo, senza reagire, nemmeno per cercare di evitare il pugno con cui l’altro l’aveva colpito.
Zoro…
Si lasciò andare in una risata dal sapore amaro.
Guardandosi intorno, fece vagare lo sguardo per l’ufficio di Law, ormai completamente distrutto.
I vetri rotti, i fogli sparsi, i mobili a pezzi… se si fosse alzato appena di poco avrebbe potuto vedere, al di là del balcone, la scia di edifici distrutti che Zoro si era lasciato dietro nella foga di raggiungere il quartier generale.
Law, in piedi al centro dell’ambiente devastato, era a mala pena scomposto: a ricordo del combattimento con lo spadaccino, erano rimasti solo un paio di tagli superficiali sul viso e qualcuno in più sulla felpa gialla, ma di cui il chirurgo non sembrava curarsi.
-Se può farti stare meglio, direi che questo è interesse.- disse.
-Non pensavo avrebbe fatto tanto trambusto.- commentò Sanji, quasi come una scusa, mentre estraeva dalle tasche un pacchetto di sigarette- La volta in cui gli ho detto che avrei potuto trovare un altro non si è minimamente scomposto, come se non gli importasse.
-Non è così grave.- continuò Law pensoso, lanciandosi un’occhiata intorno e poi anche fuori dalla finestra.- Possiamo trovare una buona scusa, credibile, per questo. Sebbene quei palazzi da ricostruire siano una vera seccatura…
Preoccupazioni inutili: sarebbero riusciti a coprire tutto, senza troppo sforzo. Aveva già un’idea precisa di cosa la gente avrebbe pensato…
Il cuoco rimase per un po’ in silenzio, sempre a terra, con la schiena contro il muro crepato, armeggiando con l’accendino.
Quando riuscì ad accendersi la sigaretta, il suo sguardo si perse nel vuoto.
-Sai…- iniziò, mentre il fumo bianco saliva verso l’alto- penso che questo sia il nostro limite: non tornerà da me…
-Quando sarà finita e gli spiegherai tutto, si dimenticherà di questa faccenda. Non è così stupido.
-L’ho deluso.- spiegò Sanji, con uno strano distacco nella voce- Ho tradito la sua fiducia… e più tempo passerà, più mi biasimerà. Non mi guarderà più allo stesso modo.
Law scosse la testa.
-Sei un uomo troppo romantico, Sanji-ya.
Il cuoco sorrise mesto.
-Forse.
-Come è possibile che tu sia finito con uno come lui?
Il sorriso si ampliò.
-Proprio tu lo chiedi? E Kidd?
Law sollevò un sopracciglio.
-A che riguardo?
-Non so… ho sempre pensato che in te ci fosse più una vena sadica che masochista.
Il chirurgo si esibì in un sorriso malizioso, da mettere i brividi.
-Ah, per questo… temo dovrai chiedere a Eustass-ya.
Sanji lo guardò sospettoso, ma prima che potesse chiedergli altro, vide Law irrigidirsi.
Il cuoco aggrottò la fronte.
-Tutto bene?
-Certo, Sanji-ya- disse il chirurgo camminando verso di lui fino ad arrivargli accanto, per poi abbassarsi in modo da avere il cuoco di fronte.
-Law?
Cosa gli era preso all’improvviso?
Dalla bocca del chirurgo non uscì alcun suono, ma le labbra si mossero chiare e sicure, articolando un’unica parola.
“Piccione”
Sanji intuì subito che il pennuto maledetto di Lucci doveva essere nelle vicinanze. Strano.
Di solito seguiva Zoro, non lui. Perché stavolta no?
Assecondando la recita di Law, sorrise ammiccante, mentre afferrava la felpa gialla del chirurgo portandoselo più vicino.
-Bé, Zoro è andato.- affermò, a voce abbastanza alta perché fosse ben udibile- Noi che facciamo?
Law non si fece pregare, e portò le mani tatuate alla sua cintura, infilando quelle sue lunghe dita affusolate sotto la camicia.
-Diamo un po’ di spettacolo.
 
La giornata fu vuota di qualsiasi altro avvenimento.
Sanji si chiuse nel suo ufficio subito dopo aver finito con Law, evitando così di incrociare fastidiose e invadenti occhiate da quelli che avrebbe incontrato. Sapeva bene di essere ormai sulla bocca di tutti, ma dopo quanto successo con Zoro… non era dell’umore giusto: avrebbe affrontato quanto doveva il giorno dopo, ma in quel momento voleva essere lasciato solo.
Passò la maggior parte del tempo a lavorare su resoconti dal fronte e bilanci vari, sforzandosi di non indugiare in pensieri molesti, sebbene lo sguardo e le parole dello spadaccino non erano facili da scacciare dalla mente.
Solo di tanto in tanto riusciva a distrarsi… magari passando in rassegna diversi e variegati modi per cucinare al meglio la carne di un certo piccione: la situazione lo rendeva particolarmente fantasioso a riguardo.
Il sole era ormai tramontato, e Sanji sapeva che presto quell’uccello del malaugurio si sarebbe nuovamente presentato alla sua finestra.
La sua mascella doleva ancora per il pugno di Zoro, che si era scagliato contro di lui con tutta la sua forza: se il cuoco fosse stato un essere umano normale, probabilmente sarebbe morto.
Ma pugno o no, lo spadaccino l’aveva comunque toccato, quindi si sarebbe presto resa necessaria una nuova sessione di “punizione” con Lucci e Kaku.
In un certo senso, sentiva di meritarsela.
Chissà in che posto l’avrebbero portato quella sera. Cambiavano ogni volta, ma la routine era sempre la stessa: seguiva il piccione, Lucci e Kaku lo massacravano di botte fino a quando non cadeva esangue sul pavimento, poi se ne andavano. Il tutto condito con tiritere senza fine su quanto il matrimonio e l’onore fossero importanti.
Un tantino ripetitivo. E vagamente irritante.
Il cuoco aveva la netta sensazione che quei bastardi si divertissero ben più del dovuto in quelle notti. Di sicuro non si lasciavano sfuggire nessuna occasione per prendersela con lui.
Ma per quanto li trovasse personalmente insopportabili, stavano facendo tutto quello per un’amica, e Sanji non poteva che rispettarli per questo. Anche lui sarebbe stato protettivo con Nami o Robin in una circostanza del genere…
Comunque, con un po’ di fortuna e un paio di altre sceneggiate con Law, si sarebbero del tutto convinti che il biondo si era lasciato Zoro alle spalle e avrebbero smesso di preoccuparsi, allentando la presa.
Quando finalmente il piccione si presentò alla sua finestra, attirando la sua attenzione con insistenti beccate sul davanzale, Sanji si mise la giacca pronto ad uscire, chiedendosi in quale stamberga fatiscente sarebbe stato condotto.
Con sua sorpresa però, stavolta il pennuto non indicò fuori dalla finestra, bensì la porta.
-All’interno dell’edificio?- si stupì il cuoco.
Il piccione annuì con vigore, tubando.
Questo era decisamente diverso dal solito.
Sanji aprì la porta, lasciando che il pennuto gli facesse strada nel corridoio deserto.
Era tardi, il continuo via vai delle ore diurne completamente sopito.
Lo condusse in un’ala del quartier generale riservata a Water Seven, dove nessuno dei Mugiwara, eccettuato Zoro, aveva il permesso di accedere. Geloso di mantenere la propria autonomia e indipendenza nonostante il patto vigente, il quartiere dei carpentieri voleva che i confini rimanessero ben chiari.
Visto che comunque era il piccione a guidarlo, Sanji pensò non ci dovessero essere problemi e ignorò il divieto.
Lo seguì, memorizzando il percorso che avrebbe dovuto fare al ritorno: arrivò presto in un corridoio poco usato, senza finestre, con macchie scure di dubbia provenienza sulle pareti e un forte odore si stantio. Lo percorse in breve tempo, raggiungendo il volatile grigio che già lo attendeva appollaiato sullo stipite di una porta metallica. Sembrava deriderlo mentre lo guardava dall’alto, senza più emettere un suono o tentare di attirare l’attenzione.
A quanto pareva, erano arrivati.
Sanji entrò premendo sulla maniglia. La porta era spessa e di metallo, resistente e quasi nuova: non aveva niente a che fare col resto del corridoio.
Gli dava una vaga sensazione di inquietudine, e pericolo.
Oltrepassata la soglia, si ritrovò in uno spazio non troppo grande, malamente illuminato, di un grigio spento ma perfettamente pulito e in ordine, completamente privo di mobilio tranne che per una sedia d’acciaio in mezzo alla stanza, agganciata al pavimento.
Il cuoco rimase a fissare quel nuovo ambiente perplesso.
La porta dietro di lui venne chiusa all’improvviso, e Sanji scorse con la coda dell’occhio le due figure nere dietro di lui.
-Siediti.- ordinò la voce, glaciale, di Rob Lucci. Senza perdersi in preamboli inutili.
Mentre l’uomo usciva dall’ombra seguito da Kaku, Sanji fece come gli veniva ordinato.
-Cambiamo ricetta oggi?- chiese il cuoco, con espressione divertita, mascherando bene il suo sconcerto di fronte a quella nuova situazione- allora non ero l’unico che si stava stancando del solito repertorio…
Né l’uno né l’altro ribatterono.
Cosa sta succedendo?
-Metti le braccia dietro lo schienale.- continuò Lucci, il viso che come al solito non tradiva alcuna emozione.
Sanji eseguì, e subito sentì i suoi polsi venire stretti da pesanti manette di metallo.
No, non era decisamente come le altre volte.
-Sembra che ti sia trovato una nuova fiamma.- asserì Kaku in tono neutro.
Ah: lui e Law. Ecco a cosa era dovuto il cambiamento.
Ma anche intuendo questo, Sanji non riusciva a decifrare il loro comportamento.
La sedia? Le manette? Aveva immaginato sarebbero stati contenti… o almeno vagamente sollevati.
-E’ sempre un piacere constatare la vostra attiva partecipazione nelle mie faccende private.- li prese in giro- Non ditemi che siete gelosi… Vi secca avere perduto l’occasione?
Un calcio lo colpì direttamente allo stomaco, facendogli sputare sangue.
Kaku sembrava non aver gradito la sottile allusione.
Certo, sarebbe stato forse più saggio tenere la bocca chiusa… ma Sanji aveva avuto davvero una pessima giornata.
-Oh, scusa, ho urtato la tua sensibilità?
Il ragazzo da naso squadrato era pronto per un nuovo calcio, ma…
-Fermo.- gli intimò Lucci- Basta così.
Basta??
Perché dirgli di fermarsi se erano lì per quello? Qualcosa non quadrava, e ciò non faceva che aumentare il nervosismo di Sanji.
Kaku emise un verso di stizza, poi tornò a posizionarsi dietro di lui, finendo di agganciare le manette alla sedia, a cui adesso il cuoco si trovava bloccato.
-Bene, ora ce ne andiamo.- lo informò Lucci.
-Dove?
-Niente che ti riguardi.- fu la risposta- Goditi lo spettacolo.
Il cuoco era sicuro di aver visto un ghigno maligno e sadico comparire sul volto dell’uomo, prima che questi si voltasse e insieme a Kaku sparisse oltre la porta di metallo, chiudendosela alle spalle.
-Hey!- gli urlò dietro Sanji, rimasto solo nella stanza vuota- Che diamine vuol dire questo? Hey!
Volevano tenerlo lì tutta la notte? Sfinirlo a colpi di noia? Cosa avevano in mente?
Si stava ponendo interrogativi del genere… quando all’improvviso delle luci si accesero.
Sanji si accorse solo in quel momento che al centro della parete di fronte alla quale l’avevano posizionato era incastonato un grande vetro. Trasparente, sembrava essere una sorta di ampia finestra, attraverso la quale il cuoco aveva una perfetta visuale di una stanza attigua a quella in cui si trovava.
Quel nuovo ambiente che si scorgeva era una camera da letto. Gli sembrava più grande di quelle che avevano normalmente al quartier generale; pulita, ben curata… e con un elegante letto matrimoniale posto al centro, come in bella mostra.
Sulle prime, il cuoco non capì.
Poi sentì delle voci che parevano provenire dall’altra parte. Non da dentro la camera, ma da oltre una porta, che consentiva l’accesso ad essa.
Un terribile sospetto cominciò a farsi strada dentro di lui, e quando poi quella stessa porta si aprì, e due persone fin troppo familiari vi entrarono, Sanji si immobilizzò.
Erano Zoro e Califa.
-La riunione di questa sera è stata molto noiosa.- commentò la donna, appoggiando la chiave della camera sul tavolo vicino all’ingresso e togliendosi la giacca.
Zoro le rispose con un grugnito.
Sanji lo guardava con gli occhi spalancati.
La camera. Quella camera era la loro camera da letto.
Lo spadaccino percorse l’ambiente a grandi passi, avvicinandosi alla parete che le due stanze avevano in comune, per poi girarsi nella direzione del cuoco, che trattenne il respiro.
Ma Zoro mantenne la stessa espressione, guardando dritto davanti a sé e cominciando ad allentarsi la cravatta che aveva dovuto indossare probabilmente per un ricevimento ufficiale indetto da Water Seven.
Non può vedermi… si rese conto Sanji.
Doveva esserci uno specchio dall’altro lato.
Lui poteva vedere loro, ma loro non potevano vedere lui.
-Zoro!- provò a chiamare, ma lo spadaccino non cambiò espressione. Ripeté il suo nome diverse volte, con tutti gli appellativi che era solito rivolgergli, sempre più forte, ma nessuna reazione faceva pensare che lo spadaccino lo sentisse.
Non mi vedono e non mi sentono. Realizzò Sanji. Mentre lui poteva fare entrambe le cose.
-Cosa è successo oggi?- domandò intanto Califa, con tono professionale, ma allo stesso tempo intimo, come di una confidenza.- Ho saputo che con Trafalgar…
-Niente che ti possa interessare.- rispose Zoro in modo brusco.
La donna non se la prese, ma si avvicinò a lui lentamente, posandogli una mano sulla spalla.
Levala. Il cuore di Sanji prese a battere più intensamente Non è tuo. Leva quella mano.
-Sembri diverso dal solito.
-Ho avuto una pessima giornata.- ribatté lo spadaccino- E non voglio parlarne.
Sanji poteva avvertire ogni sfumatura della voce di Zoro, riconoscerne le incrinature più nascoste. La linea della mascella era indurita, lo sguardo affilato fisso davanti a sé: anche se lo spadaccino non poteva vederlo, il cuoco era certo che fosse rivolto proprio a lui.
C’era tradimento in quegli occhi. Una scintilla oscura.
“Non ti perdonerò mai”
Questo dicevano. Quegli occhi volevano attaccare, ferire. La parte animalesca dello spadaccino era a un passo dalla superficie: Sanji poteva vederla, scorrere sottopelle… pronta per quando fosse venuto il momento di uscire.
-Anzi- si corresse Zoro, la sua voce era profonda, e il cuoco distinse chiaramente il ghigno che increspava le sue labbra, mentre afferrava il polso di Califa- Non voglio parlare affatto.
Sanji vide con orrore lo spadaccino che attirava la moglie a sé, sollevandola per i fianchi fino a farla sedere su di un mobile che il cuoco non vedeva, e che doveva probabilmente essere posizionato poco al di sotto dello specchio.
Poi Zoro si avventò sulle labbra della donna, schiacciando il suo corpo tra il proprio e la parete.
-No!- il grido di Sanji cadde nel vuoto. Provò a liberarsi, ma le gambe gli tremavano, e le mani erano saldamente attaccate alla sedia metallica. E non importa che situazione fosse: come cuoco, non poteva ferire le sue preziose mani.
Ma mai come in quel momento avrebbe voluto poterle usare… per tapparsi le orecchie e impedirsi di ascoltare i gemiti sempre crescenti che era costretto a sentire.
Sanji vide Zoro avventarsi sul collo di Califa, strappandole dapprima un brivido e poi un urlo di piacere quando lo spadaccino cominciò a lavorare sulla sua pelle con la bocca. La morse e la assaporò con trasporto, e la donna non ne sembrava dispiaciuta.
-Zoro… fermati.
Un attimo dopo lo spadaccino era di nuovo sulla bocca della donna, mentre le sue mani cominciavano a svestirla della giacca e della camicetta bianca. Gli occhiali di lei caddero a terra frantumandosi per colpa dell’irruenza di Zoro, che finì di togliere gli ultimi indumenti di Califa con uno strappo netto. La donna emise un piccolo gesto di protesta, ma poco convinto: era troppo presa dal cercare di sbottonare la camicia di suo marito.
Zoro però non glielo permise. Le prese i polsi, bloccandoglieli sullo specchio.
-Fermo, Zoro- stavolta le parole di Sanji uscirono non più forti di un sussurro- Fermati…
Ma Zoro non poteva sentirlo.
Lo spadaccino lasciò la presa sui polsi della donna, poi la sollevò bruscamente e la condusse vicino al letto, dove la gettò senza delicatezza.
Sanji lo vide restare in piedi a fianco del letto, mentre furiosamente si levava la giacca, buttandola per terra con malagrazia, seguita a ruota dalla camicia.
Il cuoco poteva vederlo solo di schiena adesso, quella stessa schiena piena di vecchie cicatrici. Vedeva quelle spalle capaci di sopportare il peso di qualsiasi fatica, ma che adesso sembravano… sofferenti.
No, Zoro non poteva vederlo, né sentirlo, né sapere in alcun modo che lui era lì. Ma era per lui che lo stava facendo. Voleva punirlo, fargli del male, e il pugno con cui l’aveva colpito prima non era minimamente sufficiente per ripagarlo di ciò che Sanji gli aveva fatto.
-Ti prego…
Zoro si portò le mani alla cintura, slacciandola, poi salì sul letto con Califa.
-Fermati…
 
Sanji non riuscì a spostare lo sguardo.
Era la sua punizione in fondo.
Il cuoco sentiva una pugnalata al cuore ogni volta che Zoro e Califa si avvicinavano, ogni volta che le mani dello spadaccino percorrevano il corpo della donna che era sua moglie, e ogni volta che lei lo faceva con lui.
Sanji percepì ogni respiro, ogni parola sussurrata. Sentì chiaramente Califa chiamare Zoro più e più volte, mentre dalla bocca dello spadaccino venivano fuori solo versi rochi e inarticolati.
Il ritmo dei movimenti aumentò, essi si fecero più scomposti…
Quando finì, ogni pensiero razionale era sparito dalla mente di Sanji, tutto quello che era rimasto era un gelo profondo e pungente, che gli era penetrato fin nelle ossa.
Osservò il contorno dei capelli di Zoro, mentre questi si spostava dalla moglie per sdraiarsi dalla sua parte del letto. Guardò il torace andare su e giù, mentre il respiro tornava regolare. I suoi occhi erano chiusi.
Non sembra stare bene. Fu il pensiero che affiorò alla mente di Sanji, dolorosamente spontaneo.
Poi Califa si strinse a lui, come a reclamarlo.
Le avrebbe gridato ancora di togliergli le mani di dosso, se la gola non fosse stata incapace, in quel momento di articolare un solo suono.
Dopo qualche minuto, il respiro di Zoro si calmò: il dolce oblio del sonno l’aveva reclamato in fretta.
Fu allora che Sanji notò un cambiamento in Califa.
La donna, che prima era sembrata sul punto di addormentarsi insieme al marito, di colpo gli parve sveglia e per niente stanca. Un sorrisetto le increspò le labbra mentre con mano volutamente lasciva percorreva con la mano i muscoli del braccio di Zoro… poi i suoi occhi si spostarono verso lo specchio, incrociando lo sguardo di Sanji.
E il cuoco seppe, con assoluta certezza, che lei sapeva. Non solo che lui era lì. Lei sapeva tutto: dell’accordo con la Galley-la, di quello che c’era stato tra lui e Zoro… lei lo sapeva. Fin dall’inizio.
“E’ mio adesso” mimò con le labbra. Sanji era assolutamente certo di non aver frainteso quelle parole.
Lanciandogli un ultimo sorrisetto maligno, la moglie dell’uomo che amava, percorse ancora una volta il petto di Zoro, con quelle dita sottili che al cuoco sembravano artigli, poi la sua mano si staccò dal corpo dello spadaccino, per andare all’interruttore della luce.
Lo spense, e così come era comparsa, la visione della camera da letto sparì davanti ai suoi occhi.
Come in uno spettacolo perfettamente orchestrato, la porta dello stanzino si aprì, e Kaku e Lucci rientrarono.
-Questo- disse Sanji a denti stretti, con voce incrinata, mentre gli occhi, coperti dai capelli, erano inaccessibili alla vista- Questo non faceva parte dell’accordo.
-Invece sì.- rispose prontamente Lucci- L’accordo riguardava il dolore, giusto? Se non stai soffrendo, sentiti libero di esprimere il tuo disappunto: vorrà dire che ci siamo sbagliati.
Ma Sanji non disse niente. Non ci riusciva.
-Non provare a ingannarci di nuovo- continuò l’uomo col piccione- Sarebbe inutile.
Sempre tenendo lo sguardo nascosto, Sanji si alzò non appena Kaku ebbe liberato i suoi polsi dalle manette. Erano leggermente arrossati: doveva essersi dimenato più di quanto si fosse reso conto.
Ignorò le due paia di sguardi pieni di derisione, malcelato divertimento e soddisfazione che sentiva addosso, e uscì dallo stanzino senza aggiungere un’altra parola, richiudendosi poi la porta di metallo alle spalle.
Cominciò a camminare per i corridoi.
Non aveva una meta né una direzione. I suoi passi erano pesanti, e l’aria gli sembrava soffocante… o era lui che non riusciva a respirare per qualche motivo? Sentiva e vedeva in maniera ovattata… l’ambiente che gli stava intorno gli appariva sfocato. Un piede dopo l’altro, ancora e ancora.
-Sanji?
Quando quella familiare voce lo raggiunse, non aveva idea di dove fosse. E non gli importava.
-Robin.- la riconobbe, ma la propria voce parve piatta alle sue stesse orecchie.
Che strano.
La sua voce non era mai piatta quando si rivolgeva ad una donna…
-Sanji che cos’hai?- la donna corse subito da lui, preoccupata. Doveva essersi accorta che qualcosa non andava: non erano molte le cose in grado di sfuggire a quei suoi occhi attenti- Stai bene?
Si avvicinò fino a prendergli il viso tra le mani, e la sua espressione si fece allarmata quando vide lo sguardo spento del cuoco.
-Sanji…
-Scusami tanto cara Robin.- le disse, mentre un sorriso forzato e vuoto gli si dipingeva sul volto- Ti sto facendo preoccupare…
-Oh, Sanji…
La donna lo strinse a sé in un abbraccio. Il cuoco se ne sorprese: Robin non si lasciava mai andare a effusioni di quel tipo, il contatto fisico era qualcosa che solo raramente concedeva, a causa del suo passato… Anche la più blanda carezza per lei aveva un grande valore.
Senza pensarci, rispose all’abbraccio.
Buffo…
Robin era sempre così esile e delicata… ma stavolta era Sanji che si sentiva fragile.
Protetto da quel calore amico, si lasciò andare, seppellendo il suo viso nella spalla della donna.
-Grazie…
-----
Ciao a tutti! Comincio col dire che mi sento un pochino in colpa per questo capitolo… non odiatemi. Dopo il più buio momento di Zoro, era giusto riequilibrare le parti e dare del suo anche a Sanji. Mi piacerebbe proprio sapere cosa pensate di Califa adesso… Tranquilli comunque: siamo arrivati al punto più basso e cupo dell’intera storia, quindi da qui le cose potranno solo migliorare!
Recensite, e fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!
Mi scuso per aver tardato a caricare ma ho avuto parecchie cose da fare e questo era un capitolo piuttosto lungo e complesso… spero di non aver fatto errori e che tutto sia stato chiaro.
Grazie a tutti per essere arrivati alla fine di un altro capitolo! Un grazie particolare a arcadialife per aver messo la storia tra le seguite, e a Puffola88 killer_joeScarletPuppet e Bluly per le loro recensioni (che ho adorato): mi avete davvero viziato questa volta XD
Prossimo capitolo: nuovi problemi in vista, riusciranno i Mugiwara a farvi fronte nonostante la crepa creatasi tra Sanji e Zoro?
Alla prossima, ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** manovrare i fili ***


14.MANOVRARE I FILI
Dopo quella notte, i rapporti tra Sanji e Zoro si interruppero bruscamente.
La tensione tra i due era palpabile e percepita da tutti: impossibile tenerla segreta dopo il putiferio scatenato dallo spadaccino intorno e dentro al quartier generale.
Tuttavia, come il cuoco aveva presagito, nessuno sospettava la verità.
Se infatti era chiaro che il fattore scatenante era stata la relazione spudoratamente pubblica tra Sanji e Law, il motivo per il comportamento di Zoro non veniva attribuito tanto al biondo, quanto all’altro polo della coppia: secondo la teoria più diffusa, lo spadaccino temeva le ripercussioni che il coinvolgimento sentimentale del chirurgo avrebbe potuto causare tra i Mugiwara e la fazione capeggiata da Eustass Kidd.
E considerando anche che Zoro si era sposato proprio per salvaguardare la pace… la sua rabbia era comprensibile e sostenuta da tutti.
Tutti tranne naturalmente coloro che già sapevano la ragione.
Nonostante ormai l’elite della Galley-la l’avesse smascherato, Sanji non interruppe la farsa con Law.
-Lo sanno.- si era limitato a dire al chirurgo, la mattina successiva a quella notte.
L’altro, forse percependo che qualcosa non andava, si era astenuto dal fare domande e il cuoco non aveva aggiunto altro: quella era una notte che non avrebbe mai raccontato.
Si era fatto prendere di sorpresa come un idiota… anche se, ripensandoci, non sarebbe comunque riuscito ad anticipare un simile colpo basso.
Oh, erano stati bravi.
Una mossa semplice, immediata, tale da non richiedere un grande disturbo ma indiscutibilmente efficace.
La possibilità di imbrogliare quelli di Water Seven e di portarli a desistere dal loro ferreo controllo erano sfumate subito, e Sanji non aveva osato azzardare un altro stratagemma.
Tuttavia c’era ancora Zoro da ingannare, nonché la popolazione, perciò lui e Law avevano continuato: si trovavano ogni giorno, esibendosi in brevi quanto espliciti siparietti che contribuivano ad animare pettegolezzi e preoccupazioni.
Visto che tutti quelli che dovevano se l’erano bevuta, il cuoco non aveva granché da temere che qualcuno scoprisse le vere ragioni dietro quegli incontri… fatta eccezione per due persone.
Un certo cyborg impiccione e una donna dagli occhi profondi e scrutatori.
La seconda era stata particolarmente sollecita.
Robin, dopo la notte in cui l’aveva trovato in quell’anonimo corridoio, sul punto di spezzarsi, andava a trovarlo tutte le volte che le era possibile… forse per accettarsi che fosse ancora intero. La donna doveva aver capito subito che fra lui e Law non c’era niente di reale, ma non gli aveva mai chiesto niente a riguardo, forse intuendone, a linee generali, il motivo. Questo tuttavia non significava che non fosse preoccupata o non cercasse di far aprire il cuoco.
Ma Sanji aveva un ottimo controllo sulle proprie azioni: già la mattina successiva si era comportato come se nulla fosse successo. Aveva indossato uno dei suoi eleganti completi neri e una camicia azzurra, chiudendola con l’immancabile cravatta: un’impeccabile aspetto sotto il quale seppellire… tutto.
Né Robin né Franky riuscirono a scalfire quella corazza.
I tentativi dei due di strappargli qualche informazione si erano conclusi con qualche battuta impertinente e moine da parte del cuoco, che li aveva portati a desistere.
Gli dispiaceva trattare così i suoi amici… ma non c’era altro che potesse fare.
Una nota positiva era almeno che Franky aveva avuto la possibilità di passare più tempo con Robin, e Sanji trovava che dietro al solito atteggiamento controllato della donna ci fosse un non so che di diverso dal solito… come se gradisse la compagnia del cyborg e fosse lusingata delle sue attenzioni.
Il cuoco si augurava che non se lo stesse immaginando: se almeno quella situazione avesse portato qualcosa di buono sarebbe stata più facile da sopportare.
Si sentiva avvinto, completamente legato… come se non fosse in grado di muovere un passo senza che dei fili lo costringessero da ogni lato, permettendogli solo determinati e prefissati movimenti: tutto quello che poteva fare era assecondare il tutto, per quanto frustante fosse.
Mantenne le sue distanze da Zoro e lo spadaccino fece altrettanto nei suoi confronti.
Non parlavano più, non si guardavano più.
Riunioni, campi di battaglia, eventi mondani, semplici e casuali incontri nei corridoi: semplicemente si ignoravano, come se l’altro non esistesse.
Tutto era andato proprio come Law si era augurato: senza più alcun tentativo da parte di Zoro di un contatto con il cuoco e nessuna visita indesiderata di un certo stupido piccione.
Di queste ultime, Sanji non sentiva la mancanza.
Tuttavia, avendo ora la certezza che Califa sapeva, non poteva trattenersi da lanciare una fuggevole occhiata ogni volta che le mani di quella donna sfioravano Zoro.
Lo stomaco si chiudeva, la pelle formicolava come se i fili si facessero improvvisamente troppo stretti.
Provava sentimenti contrastati nei confronti di Califa.
Fin dall’inizio non ce l’aveva mai avuta con lei: in parte ciò era dovuto al fatto che fosse una donna, ma era solo una parte della ragione. La verità era che il cuoco poteva capirla: una persona intelligente e bella, giovane e dalle grandi capacità, costretta improvvisamente per ragioni politiche ad un uomo burbero e intrattabile, che non aveva nemmeno per un momento provato a far funzionare le cose tra loro, e, ciliegina sulla torta, innamorato di qualcun altro…
Il tutto era ancora peggiore, tenendo in considerazione il modo in cui Water Seven vedeva il matrimonio: qualcosa di sacro e inviolabile, che valeva per tutta la vita e che rappresentava l’inizio di una famiglia.
Non poteva del tutto biasimarla per quello che gli aveva fatto: Califa stava solo difendendo il suo matrimonio dalla persona che l’aveva insidiato fin dall’inizio.
Sebbene proprio in quel momento Sanji avesse appena compiuto un passo indietro, allontanandosi dallo spadaccino…
Il cuoco cercava di far finta di niente quando li vedeva insieme… poi i ricordi di quella notte gli ricomparivano davanti agli occhi e lui distoglieva lo sguardo.
Ma non avrebbe dovuto lasciare che i suoi pensieri vagassero troppo in quella direzione, distraendolo dai suoi compiti… non con i pericoli che l’Alleanza stava affrontando.
Due mesi erano passati dal giorno in cui Zoro aveva distrutto l'ufficio di Law e la situazione politica e bellica non era rimasta affatto tranquilla: lungo tutti i confini di Mugiwara, Water Seven compresa, era infatti cominciata una lunga successione di attacchi.
Sanji aveva avuto ragione nel sollevare dubbi a riguardo dell’attacco di Thriller Bark, che si era rivelato solo l’inizio di qualcosa che stava mettendo a dura prova la sopravvivenza stessa dell’Alleanza.
Sulle prime sembrarono attacchi casuali data la grande distanza che li separava e dai diversi quartieri che li lanciavano... tuttavia non ci volle molto prima che si cominciasse a intuire uno schema: erano attacchi mirati, organizzati in modo da colpire i punti più vulnerabili della linea difensiva, dove c’erano meno uomini a presidiare, oppure dove le macchine di Water Seven non erano ancora state istallate. In più le incursioni avvenivano sempre quando i comandanti di grado più alto (Zoro, Sanji, Law) e i loro uomini si trovavano impegnati su un altro fronte, o comunque erano abbastanza lontani da non poter intervenire tempestivamente.
-A meno che tutti i nostri nemici abbiamo improvvisamente fatto un salto di qualità nel loro sistema di spionaggio, tutti nello stesso momento e in maniera esponenziale, è impossibile che non ci sia qualcosa dietro- commentò Sanji, depositando i documenti relativi agli attacchi sulla nuova scrivania di Law.
Il cuoco si trovava alla riunione indetta dal chirurgo per far fronte alla nuova situazione di crisi: la tensione che riempiva la stanza era palpabile e Sanji sentiva il bisogno urgente di fumare una sigaretta.
Non c’era la solita folla delle riunioni normali: erano argomenti troppo delicati  per essere discussi in pubblico e divulgati, richiedevano una fiducia che andava al di là dell’alleanza politica.
Non si poteva correre il rischio che quelle informazioni trapelassero all’esterno: quella era una questione che andava discussa tra nakama.
Solo Sanji, Law e Robin vi avevano preso parte in quella particolare occasione: Chopper era al fronte con gli altri medici per curare i feriti, mentre Zoro era ancora in prima linea ad arginare l’ultimo attacco al loro territorio portato avanti da Punk Hazard e le sue strane creature.
-Sono d’accordo- fu l’opinione di Robin, seduta a fianco del cuoco. La donna aveva le gambe incrociate e il suo sguardo era attento e concentrato.- Non può essere una coincidenza: sono troppo organizzati. Qualcuno sta giostrando gli attacchi tenendosi nell’ombra.
-Qualche indizio su chi possa essere?- domandò Law, guardando la donna.
-No.- dovette ammettere Robin, l’usuale pacatezza incrinata da una punta di preoccupazione- Non riesco a trovare nemmeno una pista… e dagli interrogatori dei prigionieri non siamo riusciti ad ottenere niente di utile.
-Era comunque improbabile.- intervenne Sanji- Un complotto di queste dimensioni può avere luogo senza che niente trapeli solo se rimane ristretto alle alte sfere…
Se l’informazione di un alleato segreto fosse stata comune, la manovra sarebbe stata troppo palese per avere efficacia.
-Dobbiamo individuare chi c’è dietro questi attacchi- disse Law senza mezzi termini- E scoprire soprattutto da dove prendono informazioni così dettagliate su di noi…
Il tempo era quasi agli sgoccioli: Barbanera era sempre più minaccioso e quei continui attacchi stavano rallentando i preparativi per accoglierlo: la linea ferroviaria che avrebbero dovuto estendere da Water Seven a tutta l’Alleanza non riusciva a proseguire, la collocazione delle armi ad alta tecnologia aveva avuto una brusca interruzione, mentre la fortificazione dei confini in vista della battaglia con Teach sembrava quasi impossibile da portare a termine.
-Terrò d’occhio i vertici delle catene di comando.- promise Robin.- Spero di avere presto fortuna.
Law annuì, anche se non totalmente soddisfatto: era evidente che aveva sperato in qualcosa di più.
-Non fatene parola con nessuno- si raccomandò  e la riunione fu sciolta.
Robin li salutò composta, per poi uscire e tornare al suo lavoro nell'ombra.
Rimasti soli, il chirurgo si rivolse a Sanji.
-Mi dirigo ad Amazon Lily.- gli comunicò.
Il cuoco alzò un sopracciglio.
-Di nuovo?
Law storse il naso, in un’espressione infastidita.
-Sembra che Boa Hancock stia avendo l’ennesima crisi per l’assenza del suo “amato”.
Sanji annuì.
Da quando Rufy era scomparso, la sovrana delle Kuja aveva recitato la parte della vedova inconsolabile a più riprese, e visto che Law era l’unico a parte Rufy ad avere il permesso di entrare nel suo territorio, toccava a lui l’incombenza di rassicurare la donna più bella del mondo che il suo adorato “quasi marito” (come lo definiva Hancock) stava bene e che sarebbe tornato presto da lei.
-Mm…- cominciò il cuoco, che già sapeva il perché dello sguardo insistente del chirurgo- Non potrei andarci io?
Law si limitò a fissarlo.
Negli anni precedenti, Sanji aveva provato più di una volta, insieme a Brook, di penetrare nell’Isola delle Donne per ammirare le bellezze del luogo, e tutte le volte avevano rischiato di rimetterci la vita senza ottenere nulla. L’unico risultato era che i due erano diventati i ricercati numero uno di quel quartiere, e le Kuja avevano il permesso di ucciderli a vista.
Ma ora come ora, il cuoco aveva un altro motivo per preferire quella meta e il suo interlocutore l’aveva già capito.
-Sanji-ya, sai benissimo che se io vado lì Zoro-ya avrà bisogno di qualcun altro come supporto.
Il cuoco cercò di evitare di agitarsi sulla sedia.
-Law…- cominciò a disagio- lo sai che io e Zoro non combattiamo più bene insieme.
Ci avevano provato, quand’erano cominciati gli attacchi, ma erano scoordinati, si intralciavano a vicenda vanificando i rispettivi colpi.
-E’ un handicap che non posso più tollerare- disse il chirurgo senza mezzi termini- Siete due dei componenti più importanti del nostro esercito: voi dovete combattere insieme. Trovate il modo per riuscirci.
Il suo tono non ammetteva repliche: Sanji sarebbe andato sul confine con Punk Hazard a dare man forte a Zoro e riconquistare i territori perduti.
 
Lasciato Law, Sanji sapeva di dover andare dritto dai suoi uomini e avvertirli della partenza imminente, ma decise di aspettare.
Percorse il corridoio fino alla tromba delle scale, dove, invece di procedere verso il basso, prese la direzione opposta.
La sua mente indugiava sull’incontro appena concluso.
Un tempo quelle riunioni erano molto più divertenti: con Rufy non ci si poteva annoiare, anche se in fatto di intelligenza e reale abilità strategica lasciava molto a desiderare; poi c’erano Usopp e le sue assurde storie, la carissima Nami che riusciva a illuminare con la sua bellezza ogni luogo e Brook, naturalmente, comico per eccellenza del gruppo.
Di solito Chopper si sarebbe messo tra Rufy e Usopp, di tanto in tanto chiedendo a Robin spiegazioni per qualche discorso che non capiva, mentre Zoro e il cuoco si sarebbero lanciati insulti e frecciatine fino ad arrivare alle mani.
La nostalgia lo investì.
Il cuoco salì un gradino dopo l’altro, fino ad arrivare sul tetto: non c’era mai nessuno lassù, era un ottimo posto per starsene in pace e pensare.
Era spoglio e abbandonato, pieno di cianfrusaglie.
Sanji si accese una sigaretta mentre percorreva lo spiazzo lentamente, per poi raggiungere la ringhiera che ne delimitava il confine. Vi si appoggiò con i gomiti, incrociando le mani sotto il mento, e restò lì.
Mentre lo sguardo vagava sul panorama dei ruderi della città sotto di lui, il suo occhio fu inevitabilmente attirato in un punto preciso dell’orizzonte: quello in cui i suoi compagni erano scomparsi alla ricerca di Shanks. Lo stesso in cui lui, Zoro, Chopper e molti altri avevano visto la loro nave esplodere in una nuvola di fiamme e detriti.
 
Il sole splendeva alto quel giorno, in mezzo ad un cielo azzurro senza nemmeno una nuvola in vista, mentre una brezza leggera faceva ondeggiare le vele della nave attraccata al molo, pronta a partire.
Se il tempo era tranquillo però, lo stesso non si poteva dire della piccola folla che si era radunata intorno allo scafo della Merry, la caravella scelta per affrontare la traversata.
-Partiamo per un’avventura!- un grido che risuonava in continuazione.
Il capitano non stava più nella pelle: saltellava da un angolo all’altro della nave come una scimmia, tutto eccitato per la partenza e con un sorriso a trentasei denti stampato in faccia, nonostante la gravità che aleggiava intorno al viaggio che stavano per intraprendere.
-Per l’ultima volta Rufy- sospirò Nami- questa è una cosa seria!
-Certo che lo è:- rispose il capitano sempre sorridendo- l’avventura è una cosa serissima!
La rossa scosse la testa sconsolata.
-Cerca almeno di non distruggere la nave prima della partenza!
La neoeletta navigatrice smise di far caso a Rufy e tornò a dirigere la fila di uomini che faceva avanti e indietro dalla nave, portando a bordo provviste e le altre cose necessarie per la traversata.
Nami, malgrado la sua bellezza non si oscurasse mai, poteva essere una creatura spaventosa quando ci si metteva, e nessuno osava disobbedirle, tranne il capitano, ma questo perché lui faceva sempre e comunque quello che voleva. Per il resto Nami aveva ai suoi piedi ogni persona si trovasse al momento sulla nave: nessuno era bravo come lei a dare ordini e a farli rispettare.
Sanji era ben lungi dal lamentarsi, anzi era più che contento di eseguire le sue istruzioni alla lettera e controllare che la cambusa fosse piena per il viaggio che aspettava i suoi compagni.
Non era sicuro di quanto fosse prudente dividersi in questa circostanza, per di più con Doflamingo che ancora li minacciava così da vicino e che era ben lungi dall’essere sconfitto.
Ma non potevano rimandare.
Da quando Shanks era partito per Raftiel, l’isola di Gol D Roger e capitale del vecchio mondo, non se ne era più avuta alcuna notizia.
I recenti scontri con Doflamingo avevano portato alla luce un complotto, a cui aveva preso parte anche la Marina, volto ad attirare il Rosso a Raftiel e tenerlo lontano, permettendo così a Barbanera di invadere i suoi territori indisturbato: circostanza che si era verificata giusto qualche giorno prima.
Così Rufy aveva deciso di intervenire, andando a riprendere Shanks personalmente.
La partenza era stata organizzata in modo frettoloso, ma erano riusciti comunque a fare un buon lavoro nei preparativi, nonostante nessuno di loro fosse un esperto di navigazione: la Grand Line era l’unico mare ancora esistente nel loro mondo, per il resto occupato dalle rovine di un’enorme città. Non erano molti quelli che osavano solcarne le acque, visti i terribili mostri marini che le abitavano, i Re del Mare, e l’unica navigazione praticata abitualmente era quella lungo la costa.
Quei pochi che si dirigevano al largo avevano un’unica meta: Raftiel.
-Saaaaanji!- lo chiamò in quel momento Rufy, distogliendolo dai suoi pensieri. Il capitano atterrò davanti al cuoco, ad un palmo dal suo naso- Hai caricato abbastanza carne, vero?
-Non ci sarà mai abbastanza carne per il tuo stomaco…- borbottò Sanji, cercando di ignorarlo- vedi di non finirla tutta il primo giorno solo perché non ci sono io a controllarti!
Ma il capitano, incurante delle sue parole, aveva già allungato le sue braccia verso le cibarie… cosa che gli valse un bel calcione sul fondoschiena che lo spedì all’esterno facendolo schiantare contro uno degli alberi della nave, che tremò sensibilmente.
-Aiho…
A sentire il rumore, Usopp accorse immediatamente armato di martello, con i capelli tutti in disordine e i vestiti sporchi di olio e altri liquidi strani: sembrava pronto a riparare qualsiasi danno fosse stato apportato alla nave, donata loro proprio dal suo quartiere d’origine. Non c’era stata persona più felice di lui nel sapere che Zoro e il cuoco sarebbero rimasti a terra.
-Che state facendo, disgraziati!?
-Ci stiamo divertendo!- rispose innocentemente Rufy.
Se in quel momento Nami non avesse intimato loro di tornare al lavoro, il cuoco era certo che Usopp avrebbe inchiodato il capitano all’albero maestro pur di evitare eventuali incidenti futuri.
-Smettetela di perdere tempo!- continuò la ragazza- Dobbiamo partire finché il vento ci è favorevole!
-Ritira gli artigli, strega.
A quella frase, Sanji distolse inevitabilmente lo sguardo dal suo compito per osservare il proprietario di quella voce inconfondibile: Zoro stava salendo in quel momento sulla nave, portando un paio di grosse casse di legno da mettere nella stiva.
Lo spadaccino era l’unico che non si faceva scrupoli a lamentarsi di Nami o almeno l’unico che si permetteva di farlo proprio di fronte a lei.
Ma la ragazza non fece caso più di tanto: si limitò ad ignorare il suo commento tornando a comandare a bacchetta prossimi poveri malcapitati, ben sapendo che Zoro avrebbe fatto comunque quello che lei voleva.
-Fai quello che ti dice e non lagnarti, Marimo.- intervenne Sanji, sebbene non ce ne fosse bisogno: era più forte di lui, non poteva fare a meno di stuzziacarlo tutte le volte che gli era possibile.
Lo spadaccino gli lanciò la sua solita occhiataccia infastidita.
-Sei tu il suo servo, non io.- puntualizzò.
-Io lo faccio con grande piacere.
-Certo, perché sei un idiota.- ribatté Zoro, facendo roteare gli occhi- Ora fammi spazio.
Sanji si scansò senza protestare, lasciando libera la via di accesso per il sottocoperta.
-Attento a non inciampare.- lo avvertì.
-So guardare dove vado anche da me, Torciglio.
-Ne sono sicuro…
Seriamente, ciò che accade dopo, Zoro avrebbe dovuto aspettarselo.
Il cuoco si limitò a far scivolare la sua gamba leggermente verso destra… e tanto bastò allo spadaccino per capitombolare a terra e rovesciare le casse che stava portando sul pavimento.
-L’hai fatto apposta!- lo accusò lo spadaccino furente, mentre si alzava.
-Se tu non sai stare in piedi…- replicò il cuoco sorridendo gongolante.
Sanji non poteva trattenere se stesso dal prenderlo in giro e fargli perdere le staffe tutte le volte che poteva.
In tempo zero Zoro aveva estratto una delle sue katane menando un fendente che il cuoco abilmente parò alzando la gamba.
-Te ne farò pentire, cuocastro.- lo minacciò lo spadaccino.
-Libero di provarci, Marimo.- rispose il biondo senza accennare a far sparire il sorrisetto di sfida che aleggiava sulle sue labbra.
Un lampo attraversò gli occhi dello spadaccino, uno che Sanji ormai aveva imparato a riconoscere molto bene negli ultimi due anni.
Se fossero stati soli probabilmente avrebbero continuato, ma erano sotto lo sguardo di tutti e Zoro semplicemente ritirò la sua arma, voltandosi a recuperare le sue casse dal pavimento borbottando un paio di insulti tra sé.
Sanji rimase un po’ a guardarlo, leggermente infastidito eppure abituato a quella reazione.
Aveva già provato di tutto: sottili allusioni, discorsi mirati, frecciatine… niente sembrava poter scalfire quel concentrato di ottusità che si era rivelato essere Zoro, tuttora inconsapevole dei tentativi del cuoco.
Sanji non pretendeva molto (di certo non si aspettava una dichiarazione d’amore, che sarebbe sembrata quanto mai inquietante in bocca allo spadaccino!), ma quanto meno un indizio che all’altro… importasse. Invece niente: lo spadaccino non era geloso, né possessivo, né vagamente preoccupato che il cuoco potesse lasciarlo. Non aveva fatto nemmeno un accenno all’eventualità di uscire allo scoperto e smettere di nascondersi. Sanji non avrebbe avuto alcun problema a riguardo, ma Zoro era imperscrutabile: malgrado la semplicità di come funzionava la testa del Marimo, era davvero difficile capire cosa frullasse dentro di essa.
Certo, la parte più razionale del cuoco si rendeva bene conto che avrebbe semplicemente potuto affrontarlo e parlargli chiaro… peccato che quella fosse la parte di lui che funzionava di meno vicino a quella testa di pigna. No, dopo aver confessato quello che provava per l’altro (cosa di cui si era pentito immediatamente, vista la sua reazione) si rifiutava di umiliarsi di nuovo.
Che facesse quello che preferiva.
Sanji era certo irritato della cosa, ma non voleva farne un dramma: non correva loro dietro nessuno e il tempo non mancava. Magari questa partenza di Rufy e gli altri avrebbe smosso qualcosa, chi poteva saperlo?
Sospirò.
Stupida Alga.
Il cuoco finì l’inventario delle provviste e si affrettò a riferirlo a Nami, che ne rimase soddisfatta.
Terminato il suo compito, si trattene ancora un attimo per dare alcune direttive generali al cuoco che aveva scelto per il viaggio, poi percorse la passerella e scese dalla nave, pronto per assistere alla partenza dei suoi compagni.
Law e Robin erano stati troppo impegnati a tenere sotto controllo i movimenti di Doflamingo per essere presenti, ma Chopper era riuscito a farcela. Sanji riconobbe il familiare musetto della renna, in piedi sul molo, con a fianco l’alta e slanciata figura di Brook, il quale però sarebbe partito presto.
Il giovane dottore stava tirando sul col naso, con aria triste, mentre il musicista cercava di tirarlo su.
-Yohohoho, su con la vita, Chopper-san! Non essere così afflitto…
-E se qualcuno si ammalasse?- disse sconsolato- Dovrei andare anch’io…
-Sono sicuro che il dottore a cui li hai affidati sia in grado di occuparsi perfettamente della loro salute.- intervenne Sanji, dopo averli raggiunti- Lo sai che abbiamo bisogno di te qui… credi che io non volessi partire? O Zoro? Ma non possiamo andare tutti, altrimenti chi rimarrebbe a proteggere il forte?
Chopper sembrò convincersi.
-Non vi deluderò!- affermò con decisione.
-Yohohoho! Sono certo che andrà tutto per il meglio!
In quel momento risuonò la voce squillante di Nami, che sovrastò tutte le altre.
-Siamo pronti a salpare!
Un urlo di entusiasmo percorse la folla assiepata sul molo e intorno alla nave
-Yohohoho! Sembra che sia arrivato il momento di salire a bordo.
Brook si congedò da loro con un breve inchino e una battuta, per poi voltarsi e salire sulla nave canticchiando, proprio nel momento in cui invece Zoro ne scendeva. Lo spadaccino salutò il musicista con un cenno e raggiunse il cuoco e Chopper sul molo.
Per una volta non ci furono litigi né prese in giro: stavano per salutare i loro amici, e non sapevano quando li avrebbero rivisti.
Usopp e Nami si sporsero in quel momento oltre il parapetto unendosi agli altri dell’equipaggio che già stavano salutando quelli che rimanevano a terra.
-Non distruggete il quartier generale!- si raccomandò Usopp.- E non entrate per nessun motivo nel mio laboratorio sono stato chiaro? Capitan Usopp vi saluta!
-Sanji-kun, se manca anche solo un Berry nel mio rimborso spese aggiungerò sul debito di Zoro!
-Cosa?! Perché?- cercò di protestare lo spadaccino, inutilmente.
La ragazza si limitò a far loro la linguaccia, e poco dopo sia lei che Usopp sparirono alla vista.
Fu il turno di Rufy per salutare.
Li guardò intensamente, con un sorriso sulle labbra appena accennato.
-Ho piena fiducia in tutti voi!- gridò- E io vi prometto che torneremo presto, quindi aspettateci!
Ognuno ha la sua promessa da mantenere. Pensò Sanji, annuendo in direzione del suo capitano insieme a Zoro e Chopper, mentre il resto della folla esplose in un applauso accompagnato da saluti urlati e ripetuti.
Lo scafo cominciò lentamente a scostarsi dalla banchina. Tutti quelli rimasti a bordo si davano da fare per far uscire la caravella dal porto verso il mare aperto.
Le vele furono spiegate, la rotta fu impostata e presto la nave prese velocità.
Ed erano tutti lì, a guardare la Going Merry diventare niente più che un semplice puntino all’orizzonte… quando accadde.
 
Il flusso dei ricordi si interruppe di colpo.
Dal momento di quella dannata esplosione, tutto era precipitato. Ricordare come le cose erano prima di quell’istante e come da lì si erano evolute per diventare quelle che erano adesso, faceva male.
Erano passati parecchi mesi ormai, da quel giorno in cui Sanji aveva visto il capitano e gli altri per l’ultima volta.
Non era certo un segreto che il mondo credesse che fossero morti.
Perfino nell’Alleanza molti stavano cominciando a perdere la speranza, nonostante dovessero a Rufy la vita e la libertà. Era difficile capire cosa ne pensasse Law: le sue azioni e le sue parole sembravano propensi alla speranza, ma era difficile capire cosa credesse realmente.
Invece loro non avevano mai dubitato che i loro compagni sarebbero tornati: lui, Zoro, Robin e Chopper erano certi che avrebbero rivisto i loro amici tornare, riportando un’allegria e una speranza di cui Sanji sentiva di avere bisogno.
Muovetevi a tornare, ragazzi.
-----
Ciao a tutti!
L’ennesima fatica è compiuta! Questo doveva essere solo un capitolo di passaggio, ma alla fine si è evoluto fino a diventare qualcosa di più.
Il flashback finale ha mostrato un po’ la vita dei nostri nakama prima dell’inizio della nostra storia. Questa volta ho cercato di non incentrarmi solo su Sanji e Zoro e di dare spazio anche agli altri poveri membri della ciurma, che poverini non hanno avuto molto spazio fino a d’ora… Vi è piaciuto? Spero di non avere esagerato e che adesso vi manchino un po’ di più;) E cosa ne pensate del complotto che sembra essere in atto ai danni dei Mugiwara?
Voglio ringraziare tutti quelli che hanno letto questo nuovo capitolo, compresi quelli che hanno aspettato pazientemente che uscisse.
Ringrazio in particolare Night_Angel per avere aggiunto questa storia tra le seguite e Puffola88 per averla aggiunta tra le preferite, e naturalmente coloro che mi hanno lasciato i loro pensieri su questa storia: ScarletPuppetPuffola88 e Bluly.
Volevo poi aggiungere un grazie a due mie amiche, che nonostante non seguano one piece hanno accettato di leggere la mia storia. Grazie ragazze! A Nada dovete l’interpretazione “buona” di Califa, che davvero non mi era venuta in mente ma che calzava a pennello in questo capitolo. A Je invece volevo dedicare le parti di Rufy, visto che è dal primo capitolo che voleva vedere il nostro capitano in azione.
Ultimo ma non ultimo, un ulteriore grazie a Bluly per i suoi consigli sottobanco e l’aiuto in momenti di crisi. (Ah, se sono qui a pubblicare a quest’ora di notte con litri di caffè in circolo lo dovete a lei che mi ha fatto promettere di postare il capitolo entro stasera XD)
Prossimo capitolo: torniamo da Zoro. Come se la starà cavando il nostro Marimo a Punk Hazard?
Alla prossima! Ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** non mi importa ***


15.NON MI IMPORTA
Zoro era impegnato su un altro fronte quando Kyros aveva lanciato l’allarme.
La situazione a Dressrosa era drammatica: se infatti lungo gli altri confini il cordone di sicurezza era riuscito in linea di massima a resistere agli assalti, l’attacco di Punk Hazard aveva invece sfondato le loro difese e invaso il quartiere di Rebecca.
Non sarebbe dovuto succedere.
Con il gas velenoso che accompagnava abitualmente le truppe di Caesar ovunque andassero, i loro soldati avevano in dotazione normalmente maschere e altre protezioni per agire anche in un’atmosfera tossica… ma il magazzino dove l’equipaggiamento veniva tenuto era esploso misteriosamente proprio il giorno precedente al primo attacco: senza, il gas aveva impedito alle loro truppe di contrattaccare e la ritirata era stata precipitosa.
Zoro e i suoi uomini, accorsi tempestivamente, non avevano potuto fare molto di più se non attendere l’arrivo delle nuove attrezzature da Water Seven. Tuttavia, con la linea ferroviaria ancora in costruzione, la spedizione aveva richiesto più tempo del previsto, permettendo a Punk Hazard di avanzare indisturbato.
Era stata un’attesa irritante per lo spadaccino. L’inattività lo rendeva inquieto, facendolo rimuginare su cose… non necessarie. Si sarebbe lanciato all’attacco infischiandosene dei rischi se Chopper non fosse stato presente e non l’avesse trattenuto.
Ma appena le maschere antigas erano arrivate, Zoro non aveva perso tempo, conducendo i suoi uomini in un’offensiva massiccia che aveva posto un freno all’avanzata nemica.
Era ormai il terzo giorno di combattimenti e avevano già riguadagnato molte delle posizioni perdute, ma la riconquista procedeva lentamente e Trafalgar sarebbe dovuto arrivare a breve con i rinforzi.
Lo spadaccino era in prima fila come al solito, intento a mulinare le sue katane facendo strage di nemici attorno a sé, abbattendoli uno dopo l’altro senza risparmiarsi: la sua specialità.
Se c’era un quartiere che gli era più fastidioso di Thriller Bark, quello era Punk Hazard: era pieno di strane creature, ibridi potenziati e mischiati insieme dagli esperimenti del boss Caesar Clown, la cui specialità erano però armi biologiche e gas letali.
Lo spadaccino doveva ammettere che quel nuovo equipaggiamento contro le esalazioni velenose era molto più comodo ed efficiente di quello usato negli incontri precedenti: le maschere erano leggere e la bombola per l’ossigeno non intralciava né rallentava i movimenti.
Quel Franky sapeva fare il suo lavoro.
Ibridi e sottoposti umani vestiti in sgargianti tute gialle e informi continuavano a presentarsi davanti a lui, ostruendogli la strada e mettendolo più in difficoltà del dovuto contro Mone, la donna-uccello simile a un’arpia che l’aveva ingaggiato in combattimento.
Zoro era calmo e concentrato mentre le sue emozioni si incanalavano nei fendenti aumentandone l’efficacia, ritrovando quel piacere di immergersi nello scontro che nelle ultime settimane aveva avuto di nuovo occasione di assaporare.
Quella serie di attacchi sfiancanti e improvvisi che si erano succeduti uno dopo l’altro lungo i confini erano stati una manna dal cielo per lui: gli avevano permesso di concentrarsi solo sulla battaglia, sulle sue spade che falciavano i nemici e sul suo corpo perfettamente in sintonia con ognuno dei suoi movimenti.
Non avrebbe potuto chiedere di meglio.
Certo non guastava il fatto che l’emergenza di guerra in cui si trovavano lo costringesse a restare al fronte per giorni interi e a volte anche settimane… permettendogli così di prendere una boccata d’aria e starsene lontano da Califa, la quale rimaneva al quartier generale a svolgere le sue mansioni di segretaria presso Iceburg.
Spesso Zoro si chiedeva perché mai fosse relegata a quel compito visto che la sua forza d’attacco era notevole, ma non gliel’aveva mai chiesto: non gli importava sapere cosa facesse sua moglie, o perché. La donna stessa per lui non aveva interesse.
L’unica volta in cui aveva messo un pezzo di sé in quella loro relazione forzata e mai voluta era stata quella notte, ma la passione che aveva dimostrato non era rivolta certo a lei. Nella testa aveva tutt’altra immagine…
Parò una lama di vento della donna-uccello e rispose con efficacia, facendola volare via, per poi incalzarla di nuovo.
Doveva smettere di pensarci.
Il cuoco aveva fatto la sua scelta. Era inutile tormentarsi su cosa avrebbe voluto che facesse: il biondo era libero… e aveva deciso in piena libertà.
Per lui, Zoro non era abbastanza importante per essere aspettato.
Improvvisamente dei rumori di spari rimbombarono nell’aria, vicini, sorprendendo lo spadaccino che si spostò subito di lato per schivare i proiettili. La sua avversaria approfittò di quell’attimo di distrazione per superare la sua guardia e ferirlo al fianco. Zoro non vi badò: il taglio non sembrava essere troppo profondo e lo ignorò come faceva di solito. Poi, con una sequenza di colpi ben assestata, si liberò una buona volta di Mone.
Non fece nemmeno in tempo a guardarsi intorno per controllare come proseguiva la battaglia che avvertì un qualcosa di veloce, forte e pericoloso che veniva verso di lui: si voltò di scatto, alzando le spade appena in tempo per parare il calcio che si abbatté su di lui.
Riconobbe facilmente il suo assalitore: Vergo.
Come molti altri, il subordinato di Doflamingo dopo la morte del tiranno si era rifugiato a Punk Hazard, mettendosi al servizio di Caesar.
Zoro sorrise: finalmente un avversario che fosse in grado di dargli davvero del filo da torcere.
Si affrettò a dare istruzioni ai suoi uomini perché continuassero l’avanzata, dopodiché poté concentrare tutta la sua attenzione verso il comandante nemico.
-Roronoa Zoro.- lo apostrofò Vergo- E’ passato molto tempo..
-L’ultima volta stavate scappando con la coda tra le gambe, se ricordo bene.- ribatté lo spadaccino.
L’espressione sul volto di Vergo rimase imperscrutabile: difficile decifrarla con gli occhiali scuri e la maschera che l’uomo indossava.
-Speravo di incontrare l’altro: il cuoco. Sarebbe stata una perfetta occasione per regolare i conti…
Zoro sapeva bene a cosa si riferiva. Era accaduto tempo prima, quando la guerra contro Doflamingo ancora infuriava: la linea del fronte sembrava invalicabile da entrambe le parti dopo mesi e mesi di combattimenti in cui non aveva fatto che ondeggiare avanti e indietro senza mai una vittoria o una sconfitta che potesse dirsi significativa. Il despota di Dressrosa aveva conquistato e raso al suolo molti quartieri in passato, grazie anche alla sua alleanza con Caesar e agli accordi con Kaido e la Marina, eppure i Mugiwara riuscivano a resistere ai suoi attacchi a oltranza senza che la loro forza venisse intaccata… e questo era dovuto in gran parte alle capacità strategiche del cuoco. Grazie infatti alle informazioni di Robin e l’alleanza con i Tontatta, il biondo aveva reso gli intrighi e le manovre perpetrati da Doflamingo inutili, rispondendo tattica con tattica, stratagemma con stratagemma.
In quei giorni il cuoco era diventato la più grande spina nel fianco del tiranno, così questi aveva ideato un piano per eliminarlo dai giochi, sfruttando la più grande e famosa delle sue debolezze: la passione per le donne.
Violet era sembrata la scelta perfetta: bella, intraprendente, passionale… il cuoco non avrebbe avuto scampo.
Peccato che le cose non fossero andate come previsto: il biondo si era distratto sì, ma non abbastanza perché la donna riuscisse a ucciderlo. Al contrario, la sua attenzione ai dettagli e l’ossessione di voler trovare qualcosa di buono in ogni esemplare di sesso femminile avevano finito non solo per smascherare Violet, ma erano costati a Doflamingo la sua supremazia: grazie a quanto appreso dalla donna, Usopp aveva potuto guidare un’incursione alla prigione controllata da Sugar e  liberare la famiglia reale tenuta in ostaggio dal tiranno, nonché le persone che negli anni avevano osato alzare la testa contro di lui. Tutti si erano uniti ai Mugiwara, permettendo loro di conquistare almeno metà di Dressrosa.
Non era difficile quindi immaginare perché Vergo fosse ansioso di vedersela con il cuoco.
-Dovrai accontentarti di me.- rispose però Zoro.
Il biondo non sarebbe venuto: Trafalgar gliel’aveva assicurato.
Lo spadaccino caricò il suo avversario senza esitazioni, sebbene sapesse di essere in svantaggio: dopotutto era già stato ferito e con la maschera addosso, poteva utilizzare solo due delle sue tre spade.
Era già pronto a colpire Vergo… quando qualcosa lo spinse a fermarsi: infatti, proprio in quel momento, una gamba nera entrò improvvisamente nel suo campo visivo, per poi colpire allo stomaco il subordinato di Caesar.
Cuoco.
Vergo accusò il colpo e cadde all’indietro, ma l’uomo era un osso duro e subito si rimise in posizione di attacco.
-Gamba Nera… ti aspettavo.
Zoro guardò il biondo atterrare pochi metri a fianco a lui, il suo caratteristico odore di tabacco inavvertibile per via della maschera e del gas velenoso.
Con la coda dell’occhio lo spadaccino vide che le truppe al seguito del cuoco si erano unite alla battaglia spalleggiando le sue contro i nemici.
-Trafalgar… aveva detto che sarebbe venuto lui.- disse Zoro.
Una semplice asserzione, impersonale. Non aveva infranto la regola del silenzio.
-Boa Hancock.- fu la stringata quanto esauriente risposta del cuoco.
Non si dissero altro: partirono all’attacco.
Normalmente la loro potenza combinata sarebbe riuscita a togliere di mezzo Vergo senza sforzo, ma tra loro non c’era più quell’intesa che li aveva caratterizzati in passato.
Zoro la sentiva: scorreva tra loro, potente e invitante come l’aveva sempre percepita… ma faceva apposta a non lasciarsene trasportare. Non ci doveva essere più niente tra loro e lo scontro, la lotta, l’adrenalina che scorreva nelle vene… era stato questo a unirli in primo luogo. Ed era stato un errore. Uno stupido, misero errore che non intendeva ripetere.
Zoro provò ad agire indipendentemente dall’altro, attaccando Vergo con tutta la potenza del suo nitoryu. Ma il loro avversario era un combattente esperto: aveva capito in fretta quel era la loro debolezza e la stava sfruttando appieno, facendo in modo che le spade di Zoro e i calci del cuoco si rivolgessero l’uno contro l’altro.
Dopo una serie di colpi andati male, stavano rischiando di perdere la battaglia: i loro uomini erano in difficoltà e sarebbero stati annientati se non si fossero liberati in fretta di Vergo.
Stupido cuoco.
-Tsk, se fossi da solo avrei già finito.- commentò a un certo punto lo spadaccino, frustrato per come si stavano mettendo le cose.
Zoro sentì lo sguardo dell’altro fissarsi su di lui.
-I nostri uomini sono in difficoltà…- fu tutto quello che disse il cuoco.
Lo spadaccino strinse i denti.
L’orgoglio e quella stupida fitta al cuore che non voleva passare, lo portavano a fregarsene del resto e mandare il biondo a quel paese, ma c’erano i loro compagni d’armi… e la promessa di Rufy.
Non disse niente, limitandosi ad annuire.
Ricominciarono a combattere, insieme stavolta: fendenti e calci che si orchestravano insieme in una combinazione perfetta, letale per chi ne fosse la vittima designata.
A quel punto Vergo non riuscì più a tener loro testa: un piccolo errore nell’evitare un colpo del cuoco e si ritrovò con una delle spade di Zoro che gli penetrava nel petto.
Con il comandante nemico fuori gioco, fu facile per loro sbarazzarsi degli ibridi rimanenti: al calar del sole, l’avamposto era ormai totalmente di nuovo nelle loro mani.
Avevano vinto.
 
Zoro ignorò il cuoco per tutto il tragitto di ritorno al centro operativo, verso le tende che erano state approntate come infermeria per i feriti.
Una volta all’interno, vennero subito indirizzati verso Chopper.
-Zoro! Sanji! Che bello che siate qui tutti e due!- li accolse il dottore con la solita gaiezza, non appena li vide.- Sanji, quando sei arrivato?
-Durante la battaglia. Punk Hazard si è ritirato verso posizioni più protette…
-Sono così contento!- esclamò la renna, poi la sua attenzione fu attirato dallo spadaccino- Ma Zoro tu sei ferito!
-Uhn?
Lo spadaccino, impegnato com’era stato nel rifiutarsi di riconoscere la presenza del cuoco, si ricordò solo in quel momento della ferita al fianco procuratagli da Mone, da cui era già fuoriuscita una copiosa quantità di sangue.
-Razza d’idiota!- lo rimproverò il dottore- Siediti qui. Sanji, tienigli premuto questo sulla ferita… io vado a prendere il necessario per non farlo morire dissanguato! Come sempre…
Alla richiesta di Chopper, Zoro vide il cuoco irrigidirsi.
Ancora con questa storia?  Pensò stizzito Eppure dovrebbe aver risolto il problema spassandosela con Trafalgar no?
-Faccio da solo, Chopper- disse lo spadaccino duro.
-Zitto, cretino!- sbraitò la renna- Decido io cosa può fare o non fare un mio paziente! Sanji muoviti!
Il cuoco prese il panno che il medico gli stava passando e si avvicinò a Zoro, il quale evitò di incrociare il suo sguardo, fissando ostinatamente di fronte a sé.
Quando le dita del biondo incontrarono la sue pelle però, lo spadaccino non poté impedire a un brivido di propagarsi per tutto il suo corpo.
Strinse i denti, per impedire all’altro di accorgersene.
Maledizione, non può farmi quest’effetto. E’ finita.
-Ti fa male?- la domanda era formulata in tono distaccato, eppure Zoro pensò di aver intercettato una certa preoccupazione nella voce del cuoco, come un’incrinatura. Forse si era accorto di quella sua reazione.
-Non parlo con te.- rispose brusco lo spadaccino e l’altro non fece nessun ulteriore tentativo di conversazione: si limitò a restare lì, con le mani premute contro il suo fianco, mentre Zoro si sentiva confuso da quel tocco che voleva assaporare e respingere con la stessa intensità… finché Chopper non tornò con i suoi strumenti, dicendo al biondo che poteva bastare.
A quel punto il cuoco prese congedo dal medico e se andò via.
Zoro lo osservò allontanarsi: il peso che sentiva sul petto in quel momento era così vivido da provare il desiderio di strapparselo via.
Non aveva senso che provasse quello che stava provando.
Era finita. Finita.
Non gli importava più niente di lui…
 
Chopper finì di curarlo abbastanza in fretta, ricoprendolo di bende come al solito… bende di cui lo spadaccino si liberò non appena il medico fu fuori dalla sua vista.
Si toccò il fianco, avvertendo ancora l’eco delle dita del cuoco su di sé.
Stupido.
Cercando di levarsi dalla testa quant’era accaduto, finito di cenare decise di fare due passi per schiarirsi le idee.
Il centro operativo era localizzato all’interno delle loro linee, in una posizione protetta, anche se provvisoria. La notte era tranquilla: non si aspettavano rappresaglie imminenti e i soldati di guardia erano rilassati.
Zoro camminò per un po’, senza pensare davvero ad una meta… e, ovviamente, quando arrivò il momento di tornare verso gli alloggi degli ufficiali, non aveva la minima idea di dove fosse finito.
Stupide strade confusionarie.
Si guardò un po’ intorno, grattandosi la testa: niente, gli edifici gli sembravano tutti uguali, e non aveva voglia di chiedere informazioni a qualcuno dei suoi uomini.
Bah... prima o poi tornerò.
Continuò a percorrere quelle strade sconosciute, svoltando a caso quando gli sembrava di riconoscere un edificio familiare. Questo finché, all’ennesima svolta, una figura slanciata ed elegante catturò la sua attenzione.
Lo riconobbe immediatamente.
Era il cuoco: camminava con la sua sigaretta in bocca per la strada nella notte, con passo svelto, ignaro della sua presenza. Allo spadaccino sembrò di scorgere il movimento di un volatile intorno a lui, ma era buio e non fu certo di aver visto bene.
Restò dove si trovava, in completo silenzio, ad osservare il biondo.
Dov’era diretto? Perché gli sembrava che sul suo viso ci fosse qualcosa che non andasse?
No.
Scosse la testa. Non doveva importargli di cosa facesse quello.
Distolse lo sguardo cominciando a camminare nell’esatta opposta direzione del cuoco.
Lanciò solo un’ultima occhiata al biondo, proprio mentre questi spariva all’angolo della strada…
Non mi importa di lui.
 
Dopo quell’incontro, Zoro riuscì a trovare relativamente in fretta la via del ritorno e godere di qualche ora di meritato riposo.
Il mattino arrivò presto però e lo spadaccino si svegliò che era passata da poco l’alba.
Visto che mancava ancora un paio di ore al consiglio di guerra, Zoro ne approfittò per tornare da Chopper a far controllare la ferita.
Sapeva che non ce n’era bisogno, ma se non si fosse presentato il medico l’avrebbe inseguito urlando per tutto il giorno.
-Hey, Chopper…- lo salutò di malavoglia, entrando nel suo studio senza bussare…
E poi si bloccò di colpo, trovandosi davanti qualcosa che assolutamente non si aspettava.
Il cuoco era lì davanti a lui, senza giacca, con la camicia slacciata, il petto coperto di sangue e squarciato in più punti da quelli che apparivano a prima vista dei fori di proiettile.
-Zoro!- gridò Chopper, e il suo tono non era tanto di sorpresa, quanto di colpa- Avresti… dovuto bussare!
Lo spadaccino ignorò il medico, soffermando il suo sguardo sul biondo seduto sul lettino, che stava ricambiando la sua attenzione con gli occhi spalancati. Non si muoveva, sembrava come immobilizzato.
Zoro non sapeva cosa pensare. Non riusciva a capire. L’aveva lasciato la sera prima che… come ci era finito conciato così? E soprattutto…
-Chi?- lo sguardo dello spadaccino si era assottigliato, mentre il tono con cui aveva pronunciato quella sola parola era tagliente come una lama.
Il cuoco distolse lo sguardo dal suo. Si alzò e cominciò a riallacciarsi la camicia.
-Non ti riguarda.- disse solo.
-Fermo Sanji!- lo implorò Chopper- Devo finire di fasciarti!
-Lo farai dopo, non è così grave. E poi hai da fare col Marimo… tornerò dopo.
-Non dire sciocchezze, Sanji! Devo curarti subito, Zoro può aspettare.
-No, Chopper, non è…
-Cosa diamine è successo?!- lo spadaccino aveva urlato stavolta: si mosse in avanti, sbattendo di nuovo il cuoco sul lettino prendendolo per il collo. Dopodiché rimosse la mano… solo per sostituirla con una delle sue katane, che posizionò in modo tale che la sua lama tagliente sfiorasse minacciosa la gola del cuoco e lo tenesse inchiodato alla superficie sulla quale si trovava.
-Ho detto che non è niente che ti riguardi.- ripeté il biondo.
-Dimmelo.- insistette Zoro
-E’ accaduto stanotte,- rispose l’altro con voce perfettamente calma e controllata- ero sovrappensiero e mi sono fatto prendere di sorpresa, ok?
Stava mentendo. Zoro lo capiva solo guardando quegli occhi profondi, dello stesso colore dell’oceano, che lo stavano fissando a loro volta, sfidandolo a ribattere.
Cosa aveva fatto ieri notte? Dove era andato?
Il suo primo istinto aveva avuto ragione: c’era qualcosa di strano nel suo comportamento della sera prima. Ma allora perché…?
-Chopper. Io lo tengo fermo, tu guariscilo.
La piccola renna annuì.
Lui e il cuoco continuarono a guardarsi negli occhi per tutta la durata della medicazione.
Quanti segreti nascondeva? Di quante cose non si era accorto?
Zoro si perse in quello sguardo in cui era annegato mille e mille volte, che attirava il suo anche nel mezzo della battaglia, mentre erano circondati da mille altri visi di nemici e compagni, tra sangue e spade.
-Cosa è successo?- il tono dello spadaccino stavolta era più intimo, come una richiesta sussurrata a mezza voce, a tu per tu.
Ma il cuoco non rispose. Non emise più alcun suono fino a quando Chopper non ebbe finito.
Solo a quel punto Zoro lasciò che si alzasse e il cuoco ringraziò la renna per l’aiuto con un gesto del capo.
E senza interrompere quell’ostinato silenzio se ne andò.
-----
Ciao a tutti! Eccoci alla fine del quindicesimo capitolo.Che ve ne pare? Soddisfatti? Temo di essermi lasciata un po' trascinare nella parte di guerra, ma volevo che fosse più chiara e realistica possibile. Spero comunque di essermi fatta perdonare con le interazioni tra i nostri protagonisti! Il caso ci ha messo del suo, ma sembra proprio che Zoro cominci ad avere i primi dubbi... come si comporterà adesso? Curiosi?
Ci stiamo avviando ormai verso la conclusione della storia: 5 capitoli alla fine più l'epilogo!
Ringrazio tutti voi che siete di nuovo qui, nonostante il mio tremendo ritardo nell'aggiornamento. Grazie in particolare alle mie recensitrici Puffola88 e Bluly (sapete che vi adoro vero?), a giglio16 per aver aggiunto la storia tra le preferite e alessiamarleni e Dragonite per averla aggiunta tra le seguite!
Prossimo capitolo: Zoro sa che Sanji gli nasconde qualcosa... che farà?
Alla prossima! Ciaociao!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** qualcosa che non va ***


16.QUALCOSA CHE NON VA
Il consiglio di guerra sembrò durare un’eternità per Zoro.
Era lì seduto al suo posto, a braccia conserte, sforzandosi di rimanere immobile… mentre i suoi pensieri si agitavano tempestosi.
Kyros stava aggiornando il cuoco e gli altri ufficiali arrivati al suo seguito sugli ultimi movimenti del nemico conosciuti, servendosi dell’accurata carta disegnata da Nami che ricopriva tutta la superficie del grande tavolo attorno al quale erano radunati.
Rebecca e Violet erano anch’esse presenti, in ansia per il futuro del loro quartiere, e proprio accanto a loro stavano Lucci e Kaku. Lo spadaccino non si aspettava di trovarli lì quella mattina, visto che la successiva spedizione da Water Seven era stata prevista per il giorno dopo… ma non dette troppo peso alla cosa: aveva decisamente altro per la testa, e il quartiere dei carpentieri non era il suo argomento preferito.
Una volta che l’eroe di Dressrosa ebbe finito il suo discorso, fu il turno di Leo di prendere la parola e comunicare le nuove notizie ricevute dai Tontatta penetrati di nascosto nel territorio nemico.
Zoro non ascoltò una parola.
 
-Dimmi cosa sai, Chopper.- cominciò senza preamboli.
Il piccolo dottore abbassò la testa, come se si vergognasse.
-Mi dispiace… io non volevo mentirti. Ma Sanji mi aveva fatto giurare di non dirti niente…
-Chi è stato?
-Non me l’ha mai voluto dire. Viene solo da me ogni tanto con quelle tremende ferite. Quando gli chiedo qualcosa a riguardo non mi risponde. Mi ha giurato che non era in pericolo di vita…
Lo spadaccino annuì.
Nemmeno Chopper sapeva niente quindi.
-Mi dispiace tanto, Zoro.
-Non è colpa tua.
 
Il cuoco era seduto all’altro capo del tavolo: prevedibilmente aveva ignorato lo spadaccino da quando era entrato nella stanza, fingendosi troppo intento ad ascoltare quanto veniva detto.
 
-Non ti riguarda.
 
La mano di Zoro si strinse con forza sull’avambraccio.
Come? Perché? Chi?
Avrebbe voluto poter tirargli fuori a forza le risposte che cercava. Ma sapeva bene quanto il cuoco potesse essere ostinato.
Zoro cercava a sua volta di non curarsi dell’altro. O almeno di non darlo a vedere: non staccargli gli occhi di dosso, sperando che ciò servisse in qualche modo a far sputare al cuoco qualsiasi cosa gli stesse nascondendo…. sapeva bene che non avrebbe funzionato.
No, per scoprirlo doveva agire diversamente.
-Zoro tu cosa ne pensi?
Lo spadaccino si riscosse dai suoi pensieri.
-Eh?- rispose in automatico, vagamente infastidito, reagendo al suo nome.
Tornando alla realtà e guardandosi intorno, si accorse che tutti lo stavano fissando in attesa.
Bè, tutti tranne uno.
Il cuoco era l’unico con lo sguardo verso il basso, fisso sulla cartina.
Represse l’irritazione.
-Ehm, Zoro… Kyros ti stava chiedendo la tua opinione sul deposito degli Smile di Caesar…- lo informò Chopper, sottovoce, dal posto accanto al suo.
-Smile?
Lo spadaccino sapeva che gli Smile erano l’arma biologica più potente e distruttiva di Caesar, ma per il resto cadeva dalle nuvole.
-I Tontatta hanno saputo del luogo esatto in cui Punk Hazard ha spostato gli Smile che progetta di usare contro di noi, Marimo.- riassunse il cuoco, con tono monotono, senza nemmeno accennare ad alzare lo sguardo dal tavolo.- Kyros ti ha appena chiesto cosa dovremmo fare di questa informazione.
Zoro gli lanciò un’occhiata penetrante.
Scoprirò cosa mi nascondi.
-Attacchiamo.- rispose, rivolgendosi agli altri- Distruggiamo il deposito e le sue armi.
Ci furono cenni di assenso.
Il cuoco non parlò più, limitandosi a riportare la sigaretta alle labbra con un movimento fluido, senza più accennare a parlare.
 
L’idea di Zoro fu approvata.
Sarebbe stata un’azione veloce e precisa, giusto un piccolo manipolo di uomini: il numero sufficiente per un’infiltrazione. La base nemica era troppo ben protetta per un attacco frontale e c’era il rischio che gli Smile fossero messi in sicurezza prima che loro potessero avvicinarsi.
Tutti quelli scelti per l’operazione si affrettarono verso il nuovo deposito non appena la missione fu comunicata.
L’intero luogo era stato circondato da guardie: la sicurezza per il controllo dell’equipaggiamento antigas era stata triplicata dopo la distruzione del precedente in un incidente che di casuale aveva ben poco.
Ancora non c’era traccia del responsabile.
Era fastidioso pensare che avessero un traditore tra loro.
Zoro non si era mai preoccupato molto di talpe o spie nemiche… di solito il cuoco e Robin riuscivano ad individuarle prima che riuscissero a fare danni. Ma stavolta era diverso.
Stava per allacciarsi la strumentazione sopra la divisa, quando un paio di scarpe nere ben lucidate entrò nel suo campo visivo.
-Possiamo parlare?
Lo spadaccino alzò lo sguardo, incrociando un paio di familiari occhi azzurri.
Cuoco.
Non si aspettava di vederselo lì davanti.
Aveva ripreso colore, notò Zoro ora che poteva osservarlo da vicino: se non fosse stato testimone in precedenza di che razza di ferite si era procurato, non avrebbe mai pensato ci fosse qualcosa che non andasse sotto quegli abiti perfettamente curati.
Ripensò alla mattina dopo il suo matrimonio, al modo in cui il cuoco era sembrato ferito, nonostante non ne avesse avuto alcun motivo… c’era un collegamento?
-Perché?- chiese fintamente disinteressato, mostrandosi intento a sistemare la bombola per l’ossigeno.
-Riguarda quanto successo prima nello studio di Chopper…- disse il cuoco, cauto, quasi tentasse di sondare il terreno.
Zoro lo guardò attentamente. Avrebbe davvero vuotato il sacco?
-Non so cosa tu abbia pensato- continuò il biondo- ma non è niente di cui preoccuparsi. C’era questa ragazza a cui…
Bugiardo.
Il suo istinto non aveva dubbi.
Era venuto per quello? Per rifilargli una scusa realistica e verosimile con cui avrebbe potuto abbindolarlo senza problemi?
Bè, non questa volta.
-Non mi interessa.- lo interruppe bruscamente lo spadaccino.- Quello che fai non è affar mio.
Aveva parlato secco e deciso, senza lasciare all’altro il tempo per rispondere… e mentire.
Gli voltò le spalle e si incamminò per uscire senza un’ulteriore parola. Sentì lo sguardo del cuoco su di lui finché non uscì dal deposito, ma Zoro proseguì deciso.
Mi dispiace cuoco, ma se non vuoi dirmi la verità, la scoprirò da solo.
 
L’attacco a sorpresa andò come previsto.
L’idea era stata dei Tonatta: la tribù conosceva bene il quartiere, sin nei più piccoli anfratti, e avevano indicato loro un passaggio sotterraneo, nient’altro che un vecchio scolo fognario dimenticato, che li aveva condotti direttamente nel luogo dove gli Smile erano stipati.
Non incontrarono nessuna rilevante resistenza: sabotarono ad uno ad uno i siti, con la specifica sostanza elaborata da Water Seven per disattivare il gas, mettendo fuori gioco solo un esiguo numero di guardie che non fece in tempo a dare l’allarme.
Zoro si tenne alla larga dal cuoco per tutto il tempo: combatteva, badava ai suoi uomini e pensava alla missione. Solo, con la coda dell’occhio, di tanto in tanto lo guardava: era pur sempre ferito, sebbene non lo desse a vedere.
Ma quelle poche occhiate fuggevoli erano l’unica cosa che lo spadaccino si permetteva: non voleva che quello stupido damerino troppo sveglio capisse cosa aveva in mente.
Una volta infatti che la missione fu egregiamente portata a termine e tutti furono tornati al quartier generale senza problemi, lo spadaccino non si unì agli altri nei festeggiamenti per quella nuova vittoria…
Rimase in disparte invece, abbastanza per potersi defilare al momento giusto senza che nessuno lo notasse.
Perché quando quella notte il cuoco uscì di nuovo, Zoro questa volta non esitò e lo seguì.
Si nascose tra le ombre, silenzioso, senza perdere mai il contatto visivo.
Se il biondo fosse scomparso alla vista, lo spadaccino si sarebbe perso. E non poteva permetterselo.
Doveva capire cosa gli fosse successo, chi fosse stato a ridurlo in quello stato e perché.
Era preoccupato.
Solo il pensiero lo infastidiva: il cuoco l’aveva tradito, lasciato indietro,  dimenticato… e lui era ancora lì che non riusciva a fare anche solo finta che non gli importasse.
Non si era mai sentito più ridicolo.
Però…
Cosa poteva aver ridotto così il cuoco? Doveva saperlo.
Continuò a seguirlo mentre si inoltrava nel dedalo di viuzze che si allargavano dal quartier generale, allontanandosi sempre di più dal centro di comando e dagli alloggi dell’esercito.
Ogni volta che coglieva lo sguardo del cuoco, rivedeva quell’espressione strana, che non gli tornava.
Cosa mi stai tenendo nascosto?
Ad un certo punto lo vide fermarsi di fronte ad un sudicio locale. Doveva trattarsi di un bar.
Perché venire in un posto lurido e dimenticato come quello? Doveva incontrare qualcuno?
Stava per avvicinarsi ed entrare nel bar anche lui, quando si fermò.
Magari si era sbagliato, magari non c’era niente di strano e il cuoco era davvero coinvolto in qualche drammatica vicenda con qualche donna in pericolo.
Non era il tipo che si faceva colpire senza reagire, e quando combatteva scatenava un putiferio: impossibile non accorgersene. Ma se si fosse trattato di una donna, Zoro era certo che quell’idiota si sarebbe fatto colpire senza nemmeno emettere un verso di dolore: non sia mai che una donna si sentisse in colpa per colpa sua!
Scosse la testa.
No, doveva esserne certo.
Abbandonò qualsiasi esitazione e seguì il cuoco.
Quando entrò nell’edificio, si guardò attentamente intorno ma non riuscì a scorgere il biondo da nessuna parte, così ignorando i vari sguardi che si erano posati su di lui si diresse verso l’uomo corpulento che stava dietro al bancone.
-Dov’è andato?- chiese subito senza perdersi in chiacchiere.
-Chi?- domandò a sua volta il barista, confuso.
-Il cuoco.
L’uomo continuò a guardarlo senza capire.
-Alto come me, biondo, sopracciglio a ricciolo, idiota, vestito come un damerino.
-Oh.- dal suo sguardo Zoro capì che l’aveva riconosciuto, ma il barista o voleva badare alla privacy dei suoi clienti o gli era stato detto di tenere la bocca chiusa- Io non credo di averlo visto…
Bastò che la mano dello spadaccino si muovesse minacciosa sull’impugnatura delle sue spade, perché l’uomo ritrattasse.
Contrariamente a quanto si aspettava, il barista gli indicò una piccola porticina laterale.
Senza dire altro, Zoro vi entrò, ritrovandosi in uno stretto corridoio, sporco, l’unica luce che si vedeva era quella che proveniva dal contorno della porta socchiusa che intravedeva alla fine del lungo corridoio… da cui provenivano degli strani rumori.
Tonfi, il rumore di qualcosa che veniva sbattuto contro il muro, il suono chiaro e inconfondibile della pietra che si crepava sotto un urto troppo forte.
Cosa…?
Si lanciò in avanti, percorrendo il corridoio in poche falcate per poi aprire la porta con un calcio. Non appena vide la scena davanti a lui… Zoro si immobilizzò.
Il cuoco era di fronte a lui, steso sul pavimento su cui era stato sbattuto così forte da spaccarlo, mentre una macchia di sangue si allargava sotto di lui.
Due uomini lo stavano sovrastando: riconobbe i loro volti immediatamente.
Questi si accorsero dello spadaccino non appena entrò.
Le facce di Kaku e Lucci rimasero impassibili, nonostante Zoro poté intuire che non si aspettavano di vederselo capitare lì.
L’assoluto stupore sul volto del cuoco invece, non era per niente dissimulato.
-Marimo…
-Fossi in voi me ne andrei subito.- asserì Zoro, la sua voce di ghiaccio, mentre la mano aveva già estratto una delle katane.
-Non puoi interferire- gli disse Lucci, calmo.
-Non ci contare.
Kaku caricò un calcio verso il cuoco e lo spadaccino si mosse fulmineo: in un attimo si posizionò tra i due, le spade sguainate, puntate alle loro gole, mentre il suo corpo era a protezione del compagno a terra.
-Osate muovere un altro muscolo e vi taglio la gola.- li avvertì.
-Non ti impicciare, Zoro!- disse il cuoco, ancora a terra. Sputando sangue.
Lo spadaccino lo guardò a bocca aperta, confuso e stupefatto.
-Cosa diavolo stai dicendo? E perché ti stai facendo colpire senza reagire? Non sai più come è fatta una donna per caso?
Zoro rimase ancora più incredulo quando sentì il cuoco ridere.
-Le troppe botte ti hanno dato alla testa?
-Non ti intromettere, Roronoa.- disse Kaku- Queste sono le regole.
Il ragazzo dal naso squadrato fece per avvicinarsi al cuoco, ma Zoro non faceva minacce a vuoto e stava già per vibrare il suo colpo, quando inaspettatamente il cuoco si mise in mezzo: alzatosi velocemente da terra, nonostante lo stato pietoso in cui era ridotto, ora era in piedi di fronte a lui, le mani affusolate e abili che si frapponevano tra le katane e i suoi aggressori.
Zoro si bloccò di colpo, allontanando di scatto le lame: rischiava di tagliargli le mani.
Le sue mani.
Quelle mani che proteggeva più della sua stessa vita.
Guardò il cuoco basito: teneva la testa bassa, i capelli che gli coprivano il viso e ne nascondevano l’espressione.
-Perché?
Il cuoco non rispose.
-Ti ho chiesto perché, Torciglio, rispondimi!- insisté rabbioso.
Non riusciva a capire…
Conosceva il cuoco. Sapeva che non avrebbe messo in pericolo le sue mani per nessuna ragione: se le aveva frammesse tra Zoro e le sue vittime era perché era sicuro che lo spadaccino si sarebbe fermato.
Ma non era solo quello.
Voleva dirgli qualcosa.
-Ormai non ha più senso mantenere il segreto- commentò Lucci con tono annoiato, guardando il cuoco. Poi si rivolse a Zoro- Come ha detto Kaku, queste sono le regole che sono stati stabilite: lui deve lasciarci fare. Tranquillo, non ci rimetterà la vita…
-Di che “regole” stai parlando?- sibilò Zoro.
-Quelle del tuo matrimonio, naturalmente.
-Matrimonio?- ripeté: non aveva alcun senso- Che diamine significa?!
Kaku emise un verso di disgusto.
-Credevi che ti avremmo fatto sposare Califa cosicché tu potessi disonorarla spassandotela ogni notte con il tuo amichetto?
Zoro si immobilizzò. Sapevano di lui e il cuoco fin dall’inizio?
-Non l’avrei fatto.- disse, ed era sincero- Le ho promesso fedeltà…
Kaku storse il naso.
-Non potevamo basarci solo sulla tua parola: ha ben poco valore. Così ci siamo premuniti di conseguenza, arrivando a un patto soddisfacente con Gamba Nera…
-E che patto sarebbe?
Fece quella domanda, ma già sentiva di saperlo.
-Ogni volta che vi toccate, noi ci divertiamo. E il biondino qui non può reagire né opporsi. Vedi?
Fulmineo, Kaku scagliò un calcio potente sul cuoco, il quale venne scagliato contro la parete alle sue spalle.
-TU!- Zoro fece per attaccare il ragazzo dal naso squadrato, furioso, ma la voce del cuoco lo bloccò.
-Fermo!
-Non ci penso nemmeno!
-Non puoi interferire con questo.- insisté il biondo- E’ la regola.
-Sai cosa me ne faccio delle regole!
-Zoro.- Il cuoco si alzò a fatica, il sangue che gli colava dalla fronte.- Fatti da parte. Era previsto fin dall’inizio. Ricordi la promessa giusto?- una domanda retorica- Questa è la mia parte.
Zoro strinse i denti, ancora combattuto, ma abbassò le lame.
-Perché non ne sapevo niente?
-Gamba Nera ha voluto così.- ripose Lucci.
Guardò il cuoco.
-Perché?
Vide un sorriso sghembo aprirsi sotto quella cortina bionda.
-Mi conosci: sono un egoista.
Non aveva alcun senso… no, forse lo aveva. Ma non gli importava. Non così tanto come avrebbe dovuto.
Tuttavia…
Le sue mani.
Nonostante tutto quello che era accaduto tra loro, il cuoco si era fidato che Zoro non le avrebbe messe in pericolo. Che Zoro avrebbe capito.
E’ questo che vuoi dirmi? Di fidarti di te come tu hai fatto con me? Di non fare niente? Lasciare che…
Con estrema lentezza, lo spadaccino rinfoderò le katane.
-Fate quello che dovete e sbrigatevi allora!- urlò loro.
I due di Water Seven non se lo fecero ripetere.
Vessarono il cuoco con calci e pugni, distruggendo la stanza insieme alle sue ossa. Zoro dovette usare tutto il suo autocontrollo per non tirare fuori nuovamente le spade e farli a pezzi.
Ogni volta.
Quello che stava succedendo adesso si era ripetuto ogni volta che si erano toccati. Ripensò ad ogni episodio in cui ciò era accaduto: erano tutti scolpiti nella sua memoria.
Tutte le volte, come quella, era stata una sua responsabilità.
Lucci e Kaku continuarono la loro opera per molto tempo. Usarono anche la loro specialità, lo shigan: ecco spiegati i fori che aveva visto quella mattina. Penetrarono nella carne del cuoco in più punti, più volte, con il cuoco che continuava incassare senza ribellarsi.
Ogni tanto Zoro vedeva Kaku guardarlo con un sorriso di scherno. Lo spadaccino digrignava i denti, con le mani chiuse a pugno per evitare di usarle.
Quando l’ultimo shigan di Lucci andò a segno, il cuoco si accasciò al suolo inerte.
-Per stavolta abbiamo finito- dichiarò Lucci, soddisfatto.
Zoro si controllò appena per non tagliargli la giugulare.
-Posso portarlo via adesso?- ringhiò.
-Se vuoi.- rispose l’altro, disinteressato- Ma se lo tocchi, domani notte torneremo.
-Questo è ridicolo!- urlò Zoro, ma Lucci non se ne curò.
-La scelta è tua.
I due se ne andarono, lasciando lo spadaccino immobile sopra il corpo del compagno.
-Stai facendo un casino per niente, Marimo.- disse il cuoco, le cui parole furono interrotte da un colpo di tosse che gli fece sputare sangue per l’ennesima volta- Non sono così debole.
Zoro lo vide alzarsi a tentoni, con fatica, prima un piede e poi l’altro.
-Torniamo indietro dai.- continuò il biondo, ma perse l’equilibrio e per poco non ricadde a terra.
Lo spadaccino riuscì a trattenersi a stento dal soccorrerlo.
-Povero Chopper,- ridacchiò tra sé il cuoco- lo costringerò agli straordinari di nuovo…
-Smettila di ridere!- sbottò Zoro.- Ti sembra divertente?
Per tutta risposta l’altro soppresse un altro risolino.
-Scusami tanto, Marimo.- disse per niente dispiaciuto, mentre a fatica si accendeva una sigaretta- Ma un po’ è divertente, sì.
Ora Zoro l’avrebbe volentieri ucciso con le sue mani.
Era stato costretto a vederlo essere pestato a sangue, inerte. Potendo fare qualcosa… ma senza fare nulla.
Si trattenne, sia dal ribattere che dal mettergli le mani addosso. Poi seguì l’altro che già si incamminava fuori dalla stanza.
Uscirono da quell’edificio in silenzio, con il cuoco che zoppicava, mentre dietro di lui si formava una scia di sangue.
-----
Ciao a tutti! Lo so… sono in terribile ritardo, ma dopo tanto eccoci qua con il nuovo capitolo finalmente caricato:)
Che dire di questo nuovo capitolo se non che provo una gioia perversa nel far soffrire i miei personaggi?
Almeno abbiamo fatto dei passi in avanti… Zoro ha preso Sanji in contropiede e finalmente è riuscito a scoprire dell’accordo del suo cuoco con Water Seven, e spero che il momento non vi abbia deluso.
Avevo dei dubbi all’inizio sul particolare delle mani di Sanji… ma c’era bisogno di qualcosa di davvero efficace e d’impatto per convincere Zoro a fermarsi, e quello era perfetto.
Grazie a tutti quelli che continuano a leggere questa storia (spero con piacere) e in particolare ringrazio  tata3lella per averla aggiunta tra le seguite.
Prossimo capitolo: Sanji dovrà dare delle spiegazioni…
Alla prossima! Ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** dimmi tutto ***


17.DIMMI TUTTO
Quando i due arrivarono da Chopper, il povero medico ebbe quasi un colpo nel ritrovarseli davanti.
Fece entrare subito Sanji, costringendolo a sdraiarsi sul lettino e dando a tutti e due degli idioti, più volte.
-Ti avevo detto di non fare più nulla di sconsiderato per almeno una settimana!- si lamentò il dottore.
Aprì la camicia del cuoco, rivelando le ferite e le costole incrinate.
-Non è niente Chopper…- cercò di minimizzare Sanji.
-Non è niente un corno!- ribatté la renna mentre analizzava con sguardo critico ma frenetico il corpo martoriato del cuoco.- Questo…
-Chopper.- li interruppe Zoro, serio, guardando il medico negli occhi- Non ricapiterà mai più. Hai la mia parola.
Non ricapiterà mai più…
Già, Sanji sapeva che lo spadaccino avrebbe detto così una volta scoperto tutto.
Anche se un po’ titubante, la renna assentì con il capo: era ben conscia che quando lo spadaccino dava la sua parola, la manteneva.
-Almeno dammi una mano.- Chopper gli passò un panno in malo modo, proprio come aveva fatto con Sanji un paio di giorni prima, mentre si affannava intorno per prendere gli strumenti necessari per curare il ferito- prendi questo e tienilo qua sopra come…
Alla richiesta di toccare il cuoco, gli occhi di Zoro si spalancarono.
-No!- si oppose subito, allontanandosi d’istinto.
Chopper lo guardò, comprensibilmente confuso.
-Cosa c’è?
-Non posso farlo.- affermò lo spadaccino perentorio.
-E’ solo un attimo, non fare storie!- protestò la renna, inconsapevole di quello che sarebbe accaduto nel caso Zoro avesse assecondato la sua richiesta.
-Ho detto di no, Chopper!
Il medico non sapeva che cosa dire o cosa pensare, così Sanji intervenne.
-Non ti preoccupare. Chopper.- gli prese dalle mani lo straccio e se lo premette sulle ferite nel petto- Ci penso io.
-Ma Sanji…
-Lascia stare.- disse il cuoco, mentre un sorriso spento gli comparve sul viso.- fai quello che devi fare. Marimo, non ti sforzare troppo: sono in buone mani adesso, puoi andare a dormire…
-Zitto, io faccio quello che mi pare, torciglio.- dichiarò Zoro- Io resto qui.
Sanji si sforzò di ignorare l’improvviso, intenso calore che quelle parole avevano fatto scaturire in lui.
Chopper lo curò e lo fasciò, ordinandogli di restare a riposo, di non muoversi e un sacco di altre raccomandazioni che Sanji sapeva avrebbe ignorato appena il dottore non fosse stato più nei paraggi.
-Va bene.- disse il cuoco alla fine.
Il medico sbuffò.
-Come se voi due mi deste ascolto per una volta!- Chopper scese dalla sua sedia e si incamminò verso la porta.- Zoro vieni, deve riposare.
Lo spadaccino non si mosse.
-Io resto qui.- ripeté quello, testardo.
-Deve riposare… Se ti lascio qui litigherete!- protestò la renna- E saremo daccapo…
-Non faremo niente del genere Chopper!- gli assicurò Zoro- Dobbiamo solo parlare.
-Mm… d’accordo…
Chopper si lasciò convincere e se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.
Rimasero solo loro due nella stanza, in silenzio.
Silenzio che si prolungò per diversi minuti.
Sanji guardava Zoro con la coda dell’occhio, notando la tensione nella figura dello spadaccino, in piedi di fronte al letto, con le braccia incrociate davanti a sé.
-Dimmelo.- proruppe Zoro ad un certo punto.
-Cosa?- chiese il cuoco, fingendo noncuranza.
-Tutto.
Sanji si prese dalla tasca una sigaretta, accendendosela in tutta calma.
Zoro fece una smorfia appena il primo sbuffo di fumo si levò nella stanza.
-Metti via quell’affare. Chopper ha detto niente fumo, no?
Il cuoco proseguì come se lui non avesse parlato.
-Cuoco, ti ho detto di piantarla.
Sanji incontrò il suo sguardo, sfidandolo.
-Se vuoi che la smetta, vieni qui e toglimela.
Vide lo spadaccino irrigidirsi e il cuoco sbuffò, distogliendo lo sguardo dall’altro.
Sapeva di non poter più tacere… non da quando Zoro era entrato in quella stanza fatiscente e sporca dove il piccione l’aveva condotto.
No, forse già da prima.
Si era solo illuso di poter nascondere ancora la verità allo spadaccino dopo che questi l’aveva trovato sanguinante nello studio di Chopper.
Era stato incauto.
Sia quella mattina dal medico, sia quando quella sera si era allontanato dal quartier generale: avrebbe dovuto accorgersi che Zoro lo stava seguendo. Avrebbe dovuto prestare più attenzione agli sguardi insistenti, seppure combattuti, che lo spadaccino gli aveva rivolto quella mattina.Era stato ingenuo da parte sua credere che Zoro potesse starsene buono e bersi quella ridicola storiella che si era inventato… non senza accertarsene. Forse avrebbe potuto scamparla se lo spadaccino non l’avesse sorpreso con Lucci e Kaku…
Scosse la testa tra sé: ormai era tardi. Nascondere ulteriormente cos’era accaduto non aveva più alcun senso ora che Zoro aveva visto con i suoi occhi.
L’ora della verità…
-Perché non me lo hai detto?- la voce di Zoro infranse di nuovo il silenzio. Il tono era risentito, ma anche fragile.
Il cuoco continuò a guardare da un’altra parte, nascondendo il suo viso sotto il ciuffo dei capelli.
Si prese il suo tempo prima di rispondere.
-Se te l’avessi detto- cominciò,- tu non mi avresti più toccato…
Vide Zoro spalancare gli occhi, mentre le sue mani, appoggiate sugli avambracci, si chiudevano a pugno.
-Che razza di motivazione è?!- gli gridò addosso, alterato- Ovvio che non l’avrei fatto!
-Lo so.- rispose sicuro: era impensabile per lui che lo spadaccino avrebbe consapevolmente permesso che messo in pericolo. Sanji lo guardò di sottecchi- Volevo che almeno ci provassi…
-Perché?
-Hai la memoria corta Marimo?- lo rimbeccò il cuoco, sforzandosi di mantenere il suo tono perfettamente neutrale.- Tu… ti sei sposato. E io volevo che se fosse successo… anche per sbaglio… almeno ti avrei potuto avere ancora vicino. Anche solo per…
Zoro colpì improvvisamente un tavolo vicino a sé, sparpagliando sul pavimento le ampolle di Chopper che vi erano appoggiate sopra, le quali si ruppero appena toccarono terra, sparpagliando pezzi di vetro per tutto il pavimento dello studio.
-Cosa stai dicendo?! Non ha nessunissimo senso!- gli disse urlando, investendo Sanji con il fiume di parole che doveva essersi tenuto dentro da mesi- Sei TU che l’hai voluto! TU che hai pensato a tutta questa storia del matrimonio! E’ stata una TUA idea, TU hai deciso di farmi sposare con quella, mandando Trafalgar a dirmelo! Sei TU quello a cui non è mai importato! Altrimenti… avresti aspettato. Tsk! Se volevi liberarti di me non dovevi ricorrere a uno stupido pretesto come la politica!
Lo spadaccino si fermò da quelle accuse solo per prendere fiato.
La replica arrivò flebile ma inconfondibile.
-Non sono stato io…
Zoro, sul punto di ricominciare a inveire contro di lui, si bloccò di colpo.
-Cosa?- la voce dello spadaccino si era fatta improvvisamente più incerta.
-L’idea… del matrimonio…- confessò il cuoco- non è stata mia. Sono stati quelli di Water Seven che…
-Cosa?
Zoro lo guardava con gli occhi sbarrati.
-Non sono stato io ad avere l’idea, Zoro.- continuò Sanji- Law me l’ha detto solo dopo aver parlato con Iceburg e gli altri. E sì: era la soluzione migliore… sono uno stratega no? Il migliore di noi, giusto? Eppure niente, una soluzione così semplice e pulita, senza troppi costi ma dai risultati ottimali… niente, non mi era nemmeno venuta in mente…
Il cuoco emise una risata spenta.
-Ma…- protestò lo spadaccino- Trafalgar, lui aveva detto che…
-Ha mentito.- disse Sanji senza mezzi termini- Law sapeva che tutto poteva funzionare solo se ti fossi tenuto alla larga da me… e ha pensato che se ti avesse detto che ero stato io…
Non finì la frase, ma Zoro capì lo stesso: Sanji vide chiaramente l’espressione dello spadaccino cambiare mentre le conseguenze di quanto gli era appena stato rivelato lo investivano.
-Ma io… io pensavo che… io non ti ho parlato… per mesi…
Un sorriso comparve sulle labbra del cuoco, triste.
-Sì, me li ricordo bene quei due mesi. Ricordo quando mi hai detto che ti sposavi per poi ignorarmi.- Sanji non poté evitare la punta di amarezza nelle sue parole- Pensavo che ormai avessi deciso… che la tua vita fosse andata avanti. E’ così che fai quando hai raggiunto un obbiettivo, no? Verso la nuova meta.
-Cosa stai dicendo…?- ora Zoro appariva confuso più che arrabbiato- Quella donna… io… obbiettivo? Tu non sei un obbiettivo! E quella donna, come potevi pensare che io volessi stare alla larga… per lei…
Una buona domanda.
-Io non sapevo che Law ti avesse mentito! Me l’ha detto solo dopo…
-Non lo sapevi?
-No.
-Quindi hai pensato che io… avessi cosa? Voltato pagina??
-Pensavo che avessi deciso di farlo, sì.- ammise- Di stare alla larga, di lasciarmi indietro.
-Io credevo che fosse colpa tua.- cercò di spiegare lo spadaccino- Stavo… cercando di fartela pagare. Non sapevo…
-Lo so, Zoro. Ma lo so adesso. Così ho accettato quell’accordo con Water Seven. Visto come stavano andando le cose, pensavo che quasi non ce ne sarebbe stato bisogno… anche se lo speravo.
-Speravi di essere picchiato a morte senza reagire?
-Ne sarebbe valsa la pena.
-Tsk! Sei impazzito?
-Ti stavi per sposare… cos’altro avrei dovuto fare?
-Usare quelle cellule cerebrali di cui ti vanti tanto!! E dirmelo.
-Non mi avresti più toccato.- replicò il cuoco con semplicità.
-Certo che no!
-Appunto.
Zoro guardò Sanji come se volesse colpirlo con tutta la forza che aveva, spaccandogli la mascella con un pugno ben assestato… per poi avvicinarlo a sé e baciarlo.
Sì, era già successo.
Sanji lo ricordava bene.
Adorava quello sguardo.
-Quando l’hai saputo?- chiese poi lo spadaccino- Quand’è che te l’ha detto?
-Oh.- fece Sanji, aspirando dalla sigaretta.- Dopo. Ricordi quando mi hai afferrato in mezzo alla battaglia facendoti quasi ammazzare come un cretino?
Zoro bofonchiò qualcosa di incomprensibile, che fece scappare al cuoco una breve sincera risata.
-Water Seven ovviamente ha reclamato la sua parte del patto, più del solito direi. Law era preoccupato… se avessimo continuato così, rischiavamo di far uscire tutto allo scoperto e mandare all’aria l’accordo.
-Vuoi dire il mio matrimonio.
-Entrambi: non c’è l’uno senza l’altro. Law aveva trovato un modo per sistemare le cose… e per convincermi me l’ha detto. Visto come avevi reagito in quel frangente, sperava che la cosa si ripetesse, e aveva ragione: quando hai saputo della farsa tra me e lui non mi hai più nemmeno guardato, no?
Vide gli occhi di Zoro spalancarsi.
-Cosa intendi dire per farsa?
Sanji sbuffò. Possibile che ancora non ci fosse arrivato?
-Era una recita.- rivelò-  Lui e io non siamo mai stati insieme. Era per le telecamere, diciamo così, e per quel piccione maledetto.
-Piccione.- ripeté Zoro, che però sembrava non seguirlo più. Sanji ignorò la cosa e continuò.
-Sì, il piccione di Lucci. Ci spia continuamente dal giorno del tuo matrimonio…
Per un lungo momento, non sembrò riuscire a fare altro che fissarlo in silenzio.
Pensieri, emozioni sembravano succedersi così velocemente nei suoi occhi che Sanji non riusciva a coglierli.
Era frustrante.
Il cuoco presto si spazientì: gli aveva appena detto di non averlo tradito, che il motivo per cui lo aveva ignorato era inconsistente, che tutto quello l’avevo sopportato solo per avere la “speranza” di poterlo toccare…
Tutto molto umiliante ora che ci ripensava, specialmente con lo spadaccino che continuava a guardarlo con quella strana espressione.
-Hey, Marimo!- sbottò alla fine- Hai perso la lingua?
L’espressione di Zoro si fece truce.
-Trafalgar aveva detto che non avevo più alcun diritto su di te.
-Pff…- Sanji, infastidito, spostò lo sguardo verso la finestra.- Tu hai il mio cuore, la mia anima e la mia vita, si può sapere che altro vorresti ancora?
Zoro non rispose.
Il cuoco guardò di nuovo verso di lui per vedere l’espressione sul suo volto dopo quell’ammissione, ma il viso dello spadaccino era imperscrutabile.
Poi, Zoro di colpo si voltò.
-Sei un idiota, cuoco.
Solo quelle poche parole.
Così dicendo lo spadaccino si incamminò verso la porta e senza neanche una parola o uno sguardo, uscì dalla stanza lasciandolo solo.
-----
Ciao a tutti! Incredibile, sono davvero riuscita a farvi un aggiornamento per la fine del 2016! Ora posso iniziare il nuovo anno soddisfattaXD
Come avrete visto, non è molto lungo, e spero non sia stato eccessivamente melenso o scarno, o noioso. Gran parte delle cose rivelate in questo capitolo le sapevamo già, ma immagino che alcuni di voi abbiano notato che non tutto è stato ancora detto;) Fatemi sapere se vi è piaciuto!
Un grazie a tutti quelli che mi hanno seguito quest’anno fino a qui. In particolare ringrazio Bluly e Puffola88 per le loro recensioni,  I am Kakashi Hatake per aver raggiunto la storia tra preferite, seguite e ricordate, e __Dreamer97 per averla aggiunta tra le preferite!
Prossimo capitolo: ora che Zoro sa tutto, come si comporterà?
Un saluto a tutti, e auguri di buon anno!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** con te ***


18.CON TE
A Sanji bastò una notte di riposo perché il suo fisico si riprendesse. Non era guarito del tutto ma almeno poteva tornare al lavoro e combattere.
Certo, per altre ferite la ripresa era più difficile.
Dopo che Zoro si era chiuso la porta alle spalle, non era più tornato.
Il cuoco era preoccupato: ora che l’intero castello di bugie e inganni era caduto temeva la reazione dello spadaccino… e Zoro era sempre stato imprevedibile.
Dopo quella notte, Sanji si era subito reso conto non era più necessario mantenere la farsa con Law: con Water Seven che sapeva, l’intero scopo della cosa veniva a mancare. Eppure non aveva detto niente allo spadaccino, sebbene fosse molto più che tentato di farlo. Avrebbe potuto… ma a che scopo? Il danno con Zoro era fatto… e Law aveva ragione: la pace e la possibilità di tenere a bada Barbanera erano appese a un filo. Se Sanji avesse tenuto la bocca chiusa, lo spadaccino avrebbe continuato ad ignorarlo e ciò più di tutto avrebbe mantenuto integro l’accordo con Water Seven… Sì, era stata la cosa più giusta da fare.
Ma ora tutto era a rischio.
Adesso come allora, Sanji non aveva idea di come Zoro si sarebbe comportato. Non pensava che avrebbe volutamente messo in pericolo gli accordi, però… chi lo sa che cosa si sarebbe potuto inventare?
Più il cuoco ci pensava e più si sentiva un vero imbecille.
E non soltanto per la questione dell’alleanza.
 
-Tu hai il mio cuore, la mia anima e la mia vita, si può sapere che altro vorresti ancora?
 
Era stato un così tale idiota per avergli detto quelle cose… gli aveva rivelato tutto. Chissà cosa frullava adesso in quella testa d’alga.
Zoro non era un tipo da sdolcinatezze.
L’ultima volta che aveva provato a fargli un discorso vagamente romantico era finita con lo spadaccino che gli lanciava un’occhiataccia e lo lasciava come un fesso per andarsene a scolare del saké in un bar.
Marimo.
Appena Sanji era uscito a convincere Chopper a lasciarlo andare, aveva preso a vagabondare in giro, tenendo bene aperte le orecchie nel caso di novità improvvise, ma tutto appariva tranquillo: l’unica preoccupazione rimaneva ancora la guerra. Il cuoco però cominciava a farsi irrequieto, incerto se continuare ad aspettare o andare direttamente a parlare di nuovo con Zoro. Alla fine non ebbe occasione di decidere, perché presto i Mugiwara furono chiamati a rispondere ad una nuova offensiva di Punk Hazard.
Fu un combattimento breve, ma che si risolse a loro favore.
Sanji era riuscito a vedere Zoro sul campo di battaglia, ma erano stati troppo lontani, e quando la piccola scaramuccia era finita lo spadaccino non era già più in vista.
Non aveva fatto alcun accenno a voler parlare o interagire con lui, e questo il cuoco non sapeva se ritenerlo un buono o un cattivo segno.
Quella piccola vittoria fruttò comunque loro la ripresa di un paio di posizioni favorevoli di Dressrosa, tanto che Kyros e gli altri progettarono un attacco per quel pomeriggio per sfruttare subito il vantaggio e cogliere impreparato il nemico. Appena Sanji l’ebbe approvato, cominciarono i preparativi.
Il cuoco fu impegnato a lungo, e stava giusto facendo una passeggiata per schiarirsi le idee dopo aver fatto un breve inventario delle truppe, quando una voce femminile lo chiamò.
-Gamba Nera!
Si voltò, e quello che vide fu una familiare minigonna nera, accompagnata da occhiali e capelli biondi.
Califa.
Quella era forse l’unica donna di cui non avrebbe fatto commenti galanti o si sarebbe perso in sdolcinatezze, non più almeno. Non dopo quella notte.
Era insieme a Pauly e Iceburg della Galley-la.
-Non pensavo di vedervi qui.- disse loro appena si avvicinarono.
-Stiamo per approntare le nostre armi anche su questo fronte.- riferì Iceburg- Nel caso di ulteriori attacchi. Abbiamo appena finito il confine di Alabasta.
-E’ un’ottima notizia.
Almeno i rimanenti della Baroque Works non ci avrebbero più causato danni. Alabasta era un mercato importante: forniva materiali da cava, vetro e fibre naturali. Vivi era probabilmente la principessa più ricca dell’Alleanza, insieme a Shyraioshi.
-Nuovi attacchi da Punk Hazard?- si informò Pauly.
-Stamattina,- rispose Sanji- ma è stato facile avere la meglio.
Ora che gli Smile di Caesar erano stati messi fuori gioco, era solo questione di tempo per riconquistare Dressrosa, ma ciò per il cuoco era una buona notizia solo in parte: presto sarebbe arrivata un’offensiva da un'altra fazione confinante, Sanji ne era certo.
Come avrebbero fatto a prepararsi all’imminente attacco di Barbanera se erano impegnati su tutti quei fronti? Le voci dicevano che era ad un passo dallo sconfiggere Big Mom, l’ultimo loro vero scudo contro di lui.
-Meglio per noi- disse Califa, poi gli chiese gentilmente- Sai dirmi dov’è Zoro?
Era un’attrice davvero molto brava. Non c’era sarcasmo nel suo tono, nessuna presa in giro, ma visto che lui sapeva che lei sapeva, e lei sapeva lo stesso di lui, non poté non percepire dell’ironia dietro quelle parole all’apparenza educate.
-Non lo vedo dalla battaglia di questa mattina.
-Capisco.- sembrava delusa- Vieni con me a cercarlo?
L’ultima cosa che avrebbe voluto fare era unirsi a lei per cercare Zoro. Poteva anche comprendere in parte le motivazioni della donna, ma questo non rendeva quello che gli aveva fatto meno meschino. Siccome però nonostante tutto restava un galantuomo, e sarebbe sembrato strano e scortese non accettare, le offrì gentilmente il braccio.
-Certo.
La donna accettò più che volentieri, appoggiandogli la mano sul gomito.
-Sei così gentile, Gamba Nera.
-E’ un piacere.
Dovette davvero mettere su uno dei suoi sorrisi più finti perché quelle parole risultassero vagamente credibili di fronte a Pauly e Iceburg.
Salutarono i due con cortesia, per poi incamminarsi insieme lungo il corridoio, verso l’infermeria.
-E’ passato un po’ dall’ultima volta che ci siamo visti.- esordì la donna, appena si furono allontanati abbastanza da non essere più udibili.
-Già.- si limitò a rispondere Sanji, chiedendosi quale fosse il vero motivo per cui Califa aveva voluto che lui la accompagnasse.
-Ho sentito che ieri sera le cose sono un po’ sfuggite di mano…
E così Lucci e Kaku non avevano perso tempo a comunicare la novità.
-Non è niente di cui preoccuparsi.- mentì Sanji, sperando di avere ragione- Non è cambiato nulla.
-Lo spero…- disse Califa, lanciandogli un’occhiata penetrante, che il cuoco cercò di ignorare.- Lo sai- continuò la donna- avevamo molte altre opzioni sulle nostre alleanze. Abbiamo vagliato a lungo le nostre possibilità prima di decidere. Big Mom era una tra queste e anche la Marina… erano molti quelli interessati alla nostra tecnologia, e, sebbene alcuni si opponessero con fervore alla cosa, tra tutti abbiamo scelto voi. Tuttavia il nostro aiuto non è senza impegno: sarà un bene per tutti se Zoro si comporterà a modo, e i Mugiwara non ci metteranno in imbarazzo… non sarebbe una cosa gradita.- sottolineò quell’ultimo termine con enfasi- Sarebbe un peccato porre fine a una così proficua collaborazione… non vorrei essere costretta a prendere misure drastiche per risolvere la faccenda.
Sanji incrociò lo sguardo della donna cercando di mantenere un’espressione neutra, mentre cercava di capire cosa la donna intendesse.
-Cosa…
-Io tengo a quest’alleanza, Gamba Nera.- rimarcò, e il suo tono aveva un che di definitivo- E so che anche tu ci tieni. Il mio è solo un avvertimento: tieni Zoro in riga. Non mi interessa cosa dovrai fare: spezza il suo cuore, spezza lui. Altrimenti lo farò io.
Sanji la guardò ma non rispose.
Tutta la comprensione che aveva provato per la donna era scomparsa. In quel momento gli sembrò di vedere la vera Califa, quella che fino ad allora aveva solo intravisto: fredda e calcolatrice.
-No.- disse.
Non l’avrebbe fatto. Non gli importava delle minacce della donna: niente più giochetti o bugie… adesso la scelta era di Zoro.
Califa, insoddisfatta di quella risposta, sembrò pronta ad aggiungere altro, ma non ne ebbe l’occasione: in quel momento infatti, varcarono la soglia dell’infermeria, la quale si rivelò piena come al solito di soldati feriti e dottori che si prodigavano per curarli.
Zoro era lì.
Seduto su uno sgabello sbilenco, aveva un’espressione concentrata mentre lucidava le sue katane e chiacchierava con Chopper, impegnato nel fare un’iniezione a uno dei suoi pazienti.
-Zoro!- lo chiamò Califa appena lo vide.
Alla voce della donna, le mani del Marimo si fermarono. Lo spadaccino alzò lo sguardo con un’espressione decisa, la stessa che di solito aveva quando si prefiggeva un obbiettivo importante. Espressione che non mutò quando registrò la presenza delle due persone che aveva davanti… e anzi essa sembrò intensificarsi nel momento in cui il suo sguardo fu attirato dal punto in cui il braccio di Sanji toccava quello di Califa.
-Pensavo che i matrimoni di Water Seven includessero solo due persone- disse guardando i due- Non ero stato informato di una terza.
Sanji non poté che spalancare gli occhi dallo stupore di fronte a una tale affermazione.
Zoro era… geloso di Califa?
La donna rise gioiosa, mentre si staccava svelta dal cuoco per raggiungere il marito.
-E’ così.- disse piegandosi per dare un bacio casto sulle labbra dello spadaccino, bacio che in Sanji ebbe l’effetto di un pugno nello stomaco.- Ci siamo solo noi due.
-Bene.- disse soddisfatto Zoro non appena le loro labbra si divisero.- Rimani a dormire qui?
-Sì, ripartirò in mattinata.
-Ottimo- commentò lo spadaccino.- Avremo tutta la notte per noi.
Anche Califa sembrò sorpresa di quell’atteggiamento da parte di Zoro, ma se in lei tale sorpresa sembrava accompagnarsi a un certo compiacimento, il cervello di Sanji era andato completamente in tilt.
Cosa significava quello? Dopo quanto gli aveva rivelato la sera prima? Aveva deciso di metterci una pietra sopra e semplicemente dimenticarsi di lui?
-Vieni ti mostro dove mi hanno messo- disse Zoro, porgendo il braccio alla moglie, in un gesto che risultava possessivo visto il modo in cui la donna e il cuoco erano entrati poco prima. Califa accettò volentieri.
Se ne andarono insieme, senza neanche darsi pensiero di salutare gli altri… compreso Sanji.
Il cuoco rimase a fissarli finché non sparirono dalla porta principale, turbato e confuso, con il cuore sospeso in uno strano limbo.
-Sembra che Zoro abbia cambiato idea su sua moglie, eh? Sono così uniti! Penso che cominci un po’ ad amarla no? Era così geloso di te…
-Scusa Chopper, devo andare.
Non poteva davvero sopportare l’innocenza della piccola renna al momento.
 
La sera arrivò più presto di quanto Sanji si aspettasse. Il resto della giornata era stato un totale disastro per lui: i Mugiwara avevano sferrato la loro offensiva contro Punk Hazard, ma il cuoco era stato talmente distratto che si era fatto prendere di sorpresa da uno dei subordinati più insulsi dell’intera fazione nemica. Per poco non si faceva uccidere, e tutto per colpa di quella stupida scenetta stucchevole tra marito e moglie.
E con lui faceva tante storie…
Borbottò per tutta la strada fino alla sua camera, ripetendo tra sé e sé svariati “Marimo” e insulti vari e ancora quando fu dentro, mentre si toglieva la giacca e si slacciava la camicia per andare a dormire.
Non aveva una gran voglia di mettersi giù, infatti sapeva che appena toccato il materasso si sarebbe messo a pensare a cosa stava accadendo in un’altra camera da letto di quello stesso edificio… o che era già successo. Aveva visto Zoro prendere per mano Califa e uscire dal refettorio prima degli altri…
Come una fuga d’amore.
Stupido Marimo.
Le sue mani, che stavano per arrivare al terzo bottone, si fermarono.
Questa è la tua risposta? Pensò triste, lo sguardo fisso nel vuoto.
Improvvisamente qualcuno bussò, distogliendo momentaneamente il cuoco da quei pensieri. Senza preoccuparsi di riallacciare i bottoni, Sanji si diresse verso la porta per aprire, chiedendosi chi mai potesse essere a quell’ora. Si aspettava quasi un altro attacco da Punk Hazard, o peggio da qualche altra parte.
Se non altro non avrebbe avuto il tempo di rimuginare.
Aprì senza farsi troppi problemi… ma quando vide l’altra persona davanti alla porta, si bloccò.
Rimase immobile a fissare quel viso familiare, i tre pendenti all’orecchio, l’immancabile haramaki e le tre spade al fianco, come se non li avesse mai visti prima d’ora.
-Z-zoro?- fu l’unica cosa che riuscì ad articolare.
Lo spadaccino era lì davanti a lui, vestito, con i capelli verdi bagnati freschi di doccia, che lo guardava con impazienza.
-Allora cuoco, mi fai entrare?- chiese scocciato, facendosi avanti senza aspettare la risposta.
Sanji lo fece passare, l’unica cosa che era ancora in grado di fare era guardare basito l’altro mentre sistemava le spade a fianco del letto e si toglieva haramaki, scarponi e maglietta.
-Z-Zoro?
Sanji sembrava non essere in grado di dire o fare nient’altro.
-Bé, cuoco? Che fai, non chiudi la porta?
Sanji chiuse la porta di riflesso, osservando lo spadaccino che si sistemava comodamente su un lato del suo letto, con le braccia incrociate dietro la testa ignorando il cuscino già presente.
Il cuoco camminò verso il proprio letto, fermandosi ad un passo da esso.
-Zoro, che ci fai qui?
-Resto.- disse con un tono di sufficienza, come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo.- Resto qui con te.
Un fremito sotto la pelle. Un improvviso calore in mezzo al petto.
-Ma Califa…
-Non ha nulla di cui lamentarsi- lo interruppe bruscamente Zoro- Ho espletato i miei doveri coniugali come prescritto, perciò mi ritengo libero di fare quello che voglio. E quello che voglio è dormire nel tuo letto.
Sanji si limitò a fissarlo, ancora troppo scioccato.
-Non puoi toccarmi.
-Lo so.- le parole suonarono come un ringhio.
-Sei appena stato con tua moglie.
-Mi sono fatto una doccia.- replicò annoiato l’altro.
Sanji continuò a rimanere immobile.
-Allora?- gli fece lo spadaccino seccato- Non riesco a dormire con te che mi fissi dall’alto con quell’espressione da ebete. Dormi e non rompere, torciglio.
Ma sentilo.
Ora in Sanji la rabbia aveva preso il posto dello stupore.
-Levati dal mio letto, Marimo!- ringhiò.
-No.
-Levati o ti prendo a calci.
-Non puoi.
Il cuoco si morse le labbra.
-Tsk!
Lo mandò a quel paese e si diresse a grandi falcate verso il bagno, continuando a inveire contro Zoro. Prese il lavandino a calci, rompendolo. Poi afferrò un asciugamano e tornò di là, lanciandolo dritto sulla faccia fastidiosamente soddisfatta del Marimo.
-Hey!- protestò questi.
-Levati quel sorrisetto compiaciuto e asciugati i capelli: mi bagni il cuscino.
-Pff!- sbuffò lo spadaccino, però se li asciugò. Una volta finito si risistemò comodo sul materasso e chiuse gli occhi- Finito con le sciocchezze?
-Non darmi ordini. Questa è la mia camera, Marimo.
Fece per entrare nel letto, quando un occhio di Zoro si aprì, scrutandolo.
-Dormi vestito?
-Preferiresti nudo?
Nessuna risposta.
Al che fu il turno di Sanji a ghignare, per poi mettersi sotto le coperte a fianco dello spadaccino.
I due si ritrovarono uno accanto all’altro, sdraiati; i corpi divisi, ma pericolosamente vicini. Il cuoco riusciva a sentire il braccio di Zoro a un niente dal suo, gli sembrava perfino di poter percepire il suo calore.
Non era facile per Sanji non ricordare cosa avessero fatto l’ultima volta che si erano ritrovati insieme nello stesso letto.
Per qualche minuto, nessuno dei due disse niente. Ma entrambi erano ben lontani dall’addormentarsi.
-Dov’è tua moglie?- chiese infine il cuoco.
-A letto. Pienamente soddisfatta se è quello che stai chiedendo.
Le immagini di quella notte gli tornarono davanti agli occhi, e il cuoco scostò la testa di lato, nell’opposta direzione di Zoro
-No.- disse- Non mi interessa.
-Lei ci è dentro insieme a loro, vero?- continuò poi lo spadaccino- E’ d’accordo con Lucci e Kaku. Lo sa.
Sanji spalancò gli occhi.
-Come lo…?
-E’ diabolica. E non nello stesso senso di Nico Robin. Fin dall’inizio avevo percepito in lei qualcosa di sbagliato, ma fino a ieri ero troppo preso da te per vederlo.
-Da me?
-Perché sei un idiota. Avresti dovuto dirmi tutto. Ora che so, non ho intenzione di dargliela vinta. Quindi io resto qui. E ci resterò tutte le notti. Resto con te.
-Zoro…
-Finché non ti tocco non dovrebbero avere nulla di cui lamentarsi giusto?
-Bé, sì. Ma se qualcun altro scoprisse che…
-Non lo scoprirà nessuno. Così siamo a posto, e finché dividerò il letto con lei ogni notte, il resto della notte potrò stare qui.
-Non è esattamente questo che vuol dire “matrimonio”.
-Non mi importa: se vogliono la loro alleanza e le loro apparenze intatte, si dovranno adattare.- dichiarò senza esitazione- Non ho intenzione di stare con lei per tutta la vita, è una donna vile e spregevole: tutto quello di cui le importa è il suo lavoro.
Buffo, entrambi erano giunti alla medesima conclusione riguardo a Califa. Ma se il cuoco ci era arrivato grazie a prove e ragionamenti, allo spadaccino era bastato l’istinto.
-Ho intenzione di liberarmi di lei non appena sarà possibile- continuò Zoro- Ma nel frattempo non ti permetterò di fare quello che vuoi.
-Non ci stiamo dando un po’ troppa importanza, Marimo?- chiese Sanji infastidito.
-No,- rispose quella faccia tosta, sorridendo- tu sei mio.
-Idiota.
-E’ vero.- replicò l’altro, poi il suo tono si fece più duro- E la storia con Trafalgar finisce qui.
-Non avrebbe senso nemmeno continuarla.- gli fece notare il cuoco, scocciato dalle assunzioni egocentriche (ma non per questo meno vere) che lo spadaccino stava facendo.
-Bene.- grugnì l’altro.
-Quindi il tuo atteggiamento di oggi era una messinscena.- indovinò Sanji.
Zoro storse il naso.
-Cercavo di tenermela buona per sbrigarmela in fretta, così sarei potuto arrivare qui prima. Per non farle sapere quello che penso ora che so tutto.
-Sorprendentemente intelligente da parte tua, Marimo. Ma visto che il piccione ci sta osservando anche adesso, lo verrà a sapere.
-Meglio. Se penserò alla sua faccia in quel momento sarò ancora più contento.
Sanji adorò l’espressione dello spadaccino in quel momento: una soddisfazione sadica e predatrice.
Il suo viso si avvicinò istintivamente a Zoro.
-Vorrei tanto baciarti, ora come ora, sai?- lo disse ad alta voce solo perché non poteva mettere in pratica l’atto.
Sentì lo spadaccino irrigidirsi e girare il viso dall’altra parte.
-No- disse deciso.
-Non lo sai?- lo prese in giro Sanji, d’improvviso di buon umore.
Zoro era lì, con lui. Non più in qualche camera o con qualcun altro dove non poteva raggiungerlo. Baciarlo non era l’unica cosa che voleva fare.
Al diavolo Lucci e Kaku. Poteva sopportare qualunque cosa gli avrebbero fatto se significava stringere di nuovo Zoro a sé.
-Piantala cuoco. Sai benissimo cosa intendevo.
Ma lo spadaccino aveva fatto un giuramento a Califa, e non gli avrebbe chiesto di tradire il suo onore.
-Va bene, va bene…
Ed era vero: andava bene così. Gli bastava averlo lì al suo fianco. Sorrise, mentre si girava nel letto. La sofferenza e il peso di quei mesi sembrò scivolargli via dalle spalle.
Erano di nuovo insieme, e quello che sarebbe accaduto l’avrebbero affrontato spalla a spalla. Niente più sotterfugi, bugie. Dopo mesi di solitudine, tra di loro si era ristabilita quella familiare complicità che c’era sempre stata.
Era come essere tornati a casa.
E se ripensava a Barbanera, agli amici lontani, alla guerra e agli attacchi che…
Sanji saltò su a sedere.
Un’idea improvvisa. Un’associazione di elementi, ricordi… episodi che prima non avevano senso ora si intrecciarono in un quadro completo.
Quello che prima Zoro aveva detto era vero: erano stati troppo distratti l’uno dall’altro per vedere chiaramente.
Ma ora la nebbia si era dissipata, e Sanji aveva capito: nessun caso, nessun destino avverso… solo un piano ben congegnato di qualcuno senza scrupoli né coscienza.
Era stato cieco. O meglio… era stato accecato.
-Hey che ti prende adesso, cuocastro?- si lamentò lo spadaccino, per quel movimento repentino del compagno.
Sanji si voltò verso di lui e sorrise. Con rapido ed abile colpo di reni cambiò posizione, portandosi sopra lo spadaccino. Senza toccarlo ovviamente, anche se aveva davvero una gran voglia di farlo tant’era euforico. Portò il suo viso e il corpo a meno di un filo da Zoro.
-Ho capito tutto, Marimo.
-----
Ebbene sì. Questo capitolo è arrivato e non è un miraggio! Chiedo scusa per l’enorme ritardo, gli esami di questa sessione mi hanno completamente bloccato e sono riuscita a riprendere in mano la storia solo di recente… :(
Molti di voi si aspettavano una reazione da parte di Zoro… spero non siate rimasti delusi!
Sembra che finalmente qualcosa si sia smosso. Che dite, l’intuizione di Sanji sarà giusta? E sarà la volta buona per cui i nostri protagonisti riusciranno a tornare insieme?
Ringrazio tutti quelli che continuano a leggere questa storia! In particolare Kimky e pandamore per aver messo la storia tra le preferite e gengy, Kimky, Perrii e _Sof_ per averla messa tra le seguite.
Un altro grazie va a pandamore, Perrii, Bluly e Puffola88, per le loro recensioni che mi hanno restituito la speranza per questa storia in questi mesi!:)
Prossimo capitolo: Sanji comunica a Zoro quello che ha scoperto… cosa escogiteranno?
A presto,
Ciaociao!

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** quando le maschere cadono ***


19.QUANDO LE MASCHERE CADONO
-Ho capito tutto, Marimo.
Dannato cuoco.
Che cosa gli prendeva tutto d’un tratto?!
Un attimo prima non voleva nemmeno farlo restare lì, e adesso lo sormontava, guardandolo dall’alto con quel sorrisetto furbo che Zoro odiava tanto quanto adorava… e che non vedeva da mesi sul volto del biondo.
Quello e l’improvvisa vicinanza del corpo dell’altro, provocò un’immediata quanto prevedibile reazione del suo (specialmente in un punto specifico), e un impulso ad andargli più vicino... che lo spadaccino subito represse.
-Capito cosa?- chiese, distratto.
Come se riuscisse a pensare in quel momento, con il biondo sopra di lui, la pelle dell’altro a meno di un soffio dalla sua.
-Tutto.- rispose il cuoco senza esitazione- Ora so cosa è successo, tutto ha senso adesso. Non è mai stato un caso.
-Stai delirando, torciglio. Levati.
Normalmente l’avrebbe preso per il colletto della camicia e l’avrebbe spinto via. La qual cosa però avrebbe incluso parecchio contatto fisico, specie se il cuoco avesse reagito come suo solito. E Zoro non lo poteva permettere: non avrebbe assistito di nuovo a quella scena, il biondo che subiva colpo su colpo senza opporsi mentre lui osservava senza impedirlo.
-Se le mie ipotesi sono corrette, il tuo matrimonio finirà molto presto…- il sorrisetto del cuoco si allargò, mentre i suoi occhi luccicavano di malizia.
Zoro spalancò gli occhi.
-Cosa…?
Era vero? Poteva liberarsi di quella donna? Di cosa stava parlando? E perché così all’improvviso?
-Avevi ragione. Siamo stati troppo distratti l’uno dall’altro per riflettere. Sono stato davvero un idiota a non arrivarci prima. E la colpa è tua. Chiuderemo questa storia…
Sentì che il cuoco, già vicinissimo a lui, si avvicinava ancora. Zoro fremette. Dovette usare tutta la sua volontà per restare immobile.
-Smettila.
Il cuoco si fermò all’istante, per poi arretrare.
-Scusa, me l’ero dimenticato. Hai ragione il piccione è ancora qui e se vogliamo che tutto vada come vogliamo nessuno deve sospettare nulla. Tu devi tornare da tua moglie. Io invece parlerò con Trafalgar…
Zoro lo incenerì con lo sguardo, al che il cuoco ridacchiò.
-Geloso, Marimo?
Lo spadaccino borbottò qualcosa che l’altro non sentì.
-Non esserlo. Devo parlare anche con Robin. Per i prossimi giorni tutto deve continuare com’è stato finora. Torna da tua moglie, ma falle intuire che vorresti essere qui con me.
Non una cosa difficile. pensò Zoro, ma senza dirlo: il cuoco in quel momento sembrava già troppo compiaciuto di sé stesso per i suoi gusti.
-Sarà meglio che funzioni.- lo avvisò, guardandolo male.
-Fidati, Marimo- il sorrisetto tornò a farsi marcato. Il biondo avvicinò ancora a Zoro per lasciargli un bacio a fior di labbra, senza toccarlo, che scatenò nello spadaccino la voglia di afferrarlo e coinvolgerlo in uno ben più approfondito.- Ho tutta l’intenzione di fare in modo che funzioni.
 
L’edificio era scuro, anonimo e spoglio. Nient’altro che un vecchio capannone di metallo ormai arrugginito. Nessuno vi entrava mai, tanto più che era pericolante e malmesso… ma quella sera era un’eccezione.
L’aria era fredda e tuttavia Zoro a mala pena ci faceva caso, preso com’era dal non togliere gli occhi di dosso a quella figura scura, incappucciata, che stava seguendo da quando questa era uscita dal quartier generale. Era abile, lo si poteva capire osservando il modo che aveva di muoversi confondendosi fra le ombre: se Zoro fosse stato meno bravo, non l’avrebbe neanche notata.
Erano passate due settimane dalla notte in cui lo spadaccino si era presentato alla porta del cuoco. Due settimane frenetiche eppure lentissime per lui, mentre il cuoco indagava e pianificava.
Ma ora l’attesa era finita: quella notte avrebbe deciso tutto.
Zoro era appostato sul tetto di un edificio lì vicino: osservava attento ogni movimento dell’individuo incappucciato che avanzava, rimanendo abbastanza distante per non rischiare di essere scoperto.
Non poteva rischiare di mandare tutto all’aria.
L’oscurità era fitta, quasi tutte le luci in quella zona erano spente, alcune non emettevano altro che un flebile alone luminoso che faticava a restare acceso.
L’individuo esitò prima di entrare nell’edificio, guardandosi intorno, forse per assicurarsi di non essere seguito.
Precauzione inutile.
Quando poco dopo varcò la soglia, lo spadaccino lo seguì, cauto, in modo che non si accorgesse della sua presenza.
Il tetto del vecchio magazzino era in più punti divelto, e Zoro vi scivolò dentro senza problemi. All’interno, il soffitto era retto da una serie di impalcature di ferro, alcune pericolanti ma per la maggior parte stabili: lo spadaccino si aggrappò ad una di queste ultime, stando bene attento a non fare rumore e a non perdere di vista il suo obbiettivo.
L’individuo in nero intanto stava camminando in quel grande ambiente vuoto, pieno solo di polvere e ruggine. C’era qualcuno che lo stava aspettando: un’altra figura, incappucciata anch’essa ma decisamente più corpulenta. Lo spadaccino osservò i due avvicinarsi, fino ad arrivare a poca distanza l’uno dall’altro: non si sprecarono in parole di commiato, limitandosi a scambiarsi quella che sembrava una busta ben sigillata.
Così non va bene… si disse, ma fu solo una preoccupazione passeggera.
Prima che potesse fare qualcosa, Zoro vide l’individuo che aveva seguito fin lì irrigidirsi e voltarsi.
-Ma bene- disse, e la sua voce, di donna, gli era disgustosamente familiare- sembra che tu abbia deciso di unirti a noi… Gamba Nera.
Dopo pochi secondi, la figura snella e slanciata del cuoco uscì da un angolo buio, con passo lento ma non esitante, fermandosi proprio di fronte ai due.
-Califa.
La donna che aveva parlato si tolse il cappuccio, rivelando la sua identità.
-Sei molto distante da dove avresti dovuto essere questa sera.- commentò la donna.
Con la situazione a Dressrosa parzialmente risolta, Zoro aveva potuto fare ritorno al quartier generale, ma, a quanto ne sapevano tutti, il cuoco doveva trovarsi ancora lì.
-Anche tu.- ribatté il biondo.
Califa sorrise.
-Allora è una fortuna che abbia portato qualcuno con me…
Subito, in parte dalle ombre del magazzino e in parte da fuori, entrarono nuove figure incappucciate. Zoro rimase immobile senza farsi vedere mentre queste, con una lentezza studiata, si avvicinavano al cuoco fino a circondarlo, togliendogli ogni via di fuga.
Se lo aspettavano. Pensò lo spadaccino. Era l’unica spiegazione.
Il biondo non si scompose.
-Potete mostrare il volto,- disse- so perfettamente chi siete, CP9.
CP9. Il servizio segreto di infiltrazione della fazione della Marina, un organo che rispondeva direttamente ai livelli più alti del loro governo. Si pensava che molte nazioni cadute sotto il loro controllo dovevano la loro disfatta proprio ad esso. Una di esse era Ohara, il quartiere natale di Robin, ormai completamente spazzato via.
-Intuizione corretta, mi congratulo,- disse Robb Lucci, togliendo il proprio cappuccio. Gli altri lo imitarono: tra loro, Kaku non poteva mancare, ma Zoro poté riconoscere altri che non aveva mai incontrato di persona, ma di cui aveva sentito parlare. Jabura doveva chiamarsi uno di loro, mentre di un altro, uno strano uomo-palla, lo spadaccino non ricordava il nome.
-Mi perdonerete se ci ho messo troppo tempo a capirlo- continuò il cuoco- a mia discolpa posso dire che avete elaborato un piano molto accurato…
-Pensi di aver capito tutto?- chiese Kaku con tono di scherno al cuoco.
Zoro osservò il biondo mantenne la calma, ignorando la provocazione. Entrambi sapevano che era una situazione pericolosa, ma avevano degli assi nella manica: tre di essi erano ai propri posti, nei foderi che gli pendevano al fianco, pronti per essere usati. Non era stato facile liberarsi di quel piccione che gli avevano messo alle calcagna, ma alla fine lo spadaccino era riuscito nel suo intento e ora quel pennuto era rinchiuso al sicuro nel suo bagno, incapace di poter riferire al CP9 i suoi spostamenti.
-Ero venuto qui solo per averne conferma.- rispose il cuoco al ragazzo dal naso squadrato- E ora, direi che le vostre azioni parlano da sole. Non è stato facile capirlo, lo devo ammettere… insomma, avrei potuto sospettare di un paio di voi, ma l’idea che foste tutti coinvolti era quanto mai difficile da credere. Però, avendovi colti sul fatto mentre contrabbandate le nostre informazioni segrete non lascia più dubbi sul fatto che avessi ragione…
Ci fu un momento di silenzio e di attesa.
-Ragione su cosa?- il tono di Lucci era calmo quanto minaccioso, eppure, anche vagamente interessato.
Erano arroganti, quelli del CP9. I volti che circondavano il biondo apparivano divertiti, sicuri di sé: dei predatori pronti a giocare con la loro preda ormai messa all’angolo.
Il cuoco non fece una piega: con tutta calma, si mise la mano in tasca e si accese una sigaretta.
-Lucci, Califa, Kaku - usò la sigaretta per indicarli uno ad uno,- voi tre vi siete infiltrati a Water Seven, insieme a un altro dei vostri… Blueno, se devo tirare a indovinare, il gestore del bar della capitale del quartiere. La sua presenza sul campo ma in una sede dislocata vi permetteva di deviare i sospetti in situazioni particolarmente delicate o di sospetto. Molto furbo, ma dalla fama che circonda il vostro nome c’era da aspettarselo.
-Sei molto intelligente Gamba Nera.- disse Califa, sempre con quel sorriso compiaciuto di qualcuno che pensa di avere comunque la situazione in pugno- Hai indovinato. Sul principio la nostra assegnazione riguardava solo la Galley-la, dovevamo spiare Iceberg…
-Perché proprio lui?
Quella era una parte che nemmeno il cuoco era riuscito a capire.
-Eravamo stati informati che era lui in possesso di progetti di alto valore,- continuò Kaku- Forse ne hai sentito parlare… dopotutto si tratta di una delle tre armi che hanno portato alla distruzione del vecchio mondo.
-Vuoi dire le tre armi ancestrali?- Zoro poteva sentire la sorpresa nella voce del cuoco.
Quelle tre armi erano una leggenda. Il vecchio mondo, sulle cui macerie la loro società si era costruita, aveva raggiunto un livello tale di tecnologia che aveva avuto il suo apice in quelle tre armi leggendarie. Sfortunatamente, la loro attivazione aveva causato una rovina tale che il mondo come era conosciuto fino ad allora aveva cessato di esistere. Dalla città globale che avevano costruito, i sopravvissuti rimasti avevano ricominciato a vivere, creando pian piano i quartieri e organizzandosi in fazioni, dando così vita al sistema in cui loro ancora oggi vivevano: un sistema sempre in precario equilibrio, basato sulla potenza militare e la sopraffazione dei più deboli. Almeno era stato così fino a Rufy: con lui e Shanks le cose stavano cominciando a cambiare. Se fossero riusciti a sconfiggere Barbanera, avrebbero assicurato una pace vera, e un nuovo modo di vivere.
Il cuoco avrebbe potuto fare nella vita ciò che voleva davvero: cucinare.
Ma se una delle armi ancestrali fosse caduta nelle mani della Marina e del suo Governo ipocrita e corrotto, tutto quello in cui speravano non si sarebbe mai potuto realizzare.
-Proprio loro- continuò Califa.- Crediamo che quella in possesso di Iceburg sia Pluton. Non ne siamo sicuri certo, però che i progetti siano in mano sua è un fatto. Purtroppo- le labbra della donna si piegarono in una smorfia- dopo tutti questi anni non siamo ancora riusciti a metterci le mani sopra. Molto frustrante. Ma sapevamo sarebbe stato un lavoro a lungo termine…
Il cuoco tacque, il tempo per riportare la sigaretta alle labbra.
-Ora ha tutto più senso.- commentò.- E mentre eravate impegnati in questa missione… siamo arrivati noi.
Lucci annuì.
-Quando abbiamo saputo della scomparsa di Cappello di Paglia e della vostra proposta di accordo con Water Seven ci siamo mossi immediatamente: non potevamo farci scappare una simile opportunità. Il vostro capitano ha dato vita in poco tempo alla compagine di quartieri più grande mai esistita, considerando soprattutto che non ha dovuto assoggettare quei paesi, ma che essi hanno accettato liberamente la sua autorità. Il nostro governo non può permettervi di continuare, specialmente data la parentela che Cappello di Paglia intrattiene con quello che da anni rappresenta la sua spina nel fianco…
Dragon il Rivoluzionario.
Zoro sapeva che Rufy non aveva contatti col padre, ma capiva come il fatto potesse impensierire quelli del governo.
-Così avete favorito l’accordo con la nostra Alleanza, fingendovi però riottosi ad accettarla.- indovinò il cuoco.
Kaku si strinse nelle spalle.
-Ci serviva un modo per assicurarci il controllo una volta che l’affare fosse concluso, perciò abbiamo fatto leva sulle tradizioni di Water Seven, costringendo Roronoa ad accettare il compromesso di sposare Califa.
-Lei l’avrebbe tenuto d’occhio,- completò per lui il biondo- inoltre, dato che eravate perfettamente a conoscenza della relazione intima tra di noi, questo vi ha permesso di prendere due piccioni con una fava: tenerci occupati, con la mente rivolta ad altro, mentre il vostro governo riceveva le vostre informazioni e convinceva i nostri vicini ad attaccarci per conto loro in zone chiave, in cambio di denaro. Ho fatto controllare i loro conti da Robin. Non è riuscita a capire da dove proveniva quel denaro in più, ma la risposta mi sembra ovvia ormai.
-Certo, proveniva dalle tasche del nostro governo- rispose Califa,- Che posso dirti? Sapevamo che c’era la possibilità che avresti capito il nostro gioco, per quanto fosse oscuro e ben nascosto… la tua fama ti precede. Dovevamo escogitare qualcosa… ma ammetto che non è tutta farina del nostro sacco: è stato Doflamingo a darci l’idea.
La storia di Violet. Indovinò lo spadaccino: la donna che il fenicottero aveva mandato per sedurre il cuoco e distrarlo, visto che gli attentati alla sua vita erano tutti miseramente falliti.
-Ovviamente Doflamingo aveva sbagliato i mezzi- proseguì la donna con un sorriso diabolico- D’altra parte non aveva idea di cosa davvero ti stesse a cuore…
Il cuoco rimase impassibile.
-Nessuno aveva mai sospettato niente su di noi a Water Seven, ma se volevamo portare avanti il nostro piano per distruggervi, dovevamo assicurarci che il grande stratega non ci scoprisse… quale modo migliore dello sposare il suo amante segreto?
Zoro avrebbe volentieri infilato la lama di Wado nella gola di Califa fino all’elsa a quel punto, ma sapeva di dover aspettare ancora.
-Dovevamo tenerti impegnato, sempre a pensare al tuo spadaccino perduto. Ha funzionato anche meglio di quanto avevamo previsto…
Certo. Pensò Zoro, perché vi abbiamo dato una mano noi.
Il cuoco, lui stesso e Trafalgar avevano fatto il loro gioco: non parlandosi, nascondendosi le cose a vicenda. Il biondo gli aveva raccontato che la notte in cui lo spadaccino l’aveva seguito scoprendo tutto, avevano temuto che qualcosa potesse cambiare e perciò Califa si era affrettata a minacciarlo per tenerlo ancora sulle spine. Ma poi doveva essersi subito calmata, la donna, vedendo l’atteggiamento accomodante tenuto da Zoro verso di lei quella mattina.
Lo spadaccino strinse i denti: non vedeva l’ora di porre fine a quella storia come si doveva.
-Perché non ucciderci?- domandò intanto il cuoco- Avete avuto molte occasioni…
-Non potevamo rischiare, non subito.- rispose Kaku, dal suo tono traspariva un disappunto per niente velato- Dovevamo prima consolidare la nostra posizione nella vostra Alleanza… e molti hanno provato ad uccidervi prima di adesso, fallendo.
Il biondo non rispose.
-Sei davvero sbile, Gamba Nera.- intervenne Califa- Nessun altro avrebbe messo insieme i pezzi così facilmente. Ma sei stato incauto… davvero pensi che non ci saremmo accorti di tutte le domande che sei andato in giro a fare nelle ultime settimane? Quest’intero incontro era una trappola. Nonostante il tuo intuito e la tua bravura… per te è stato molto stupido venire qua da solo stanotte. Anche sapendo tutto non potresti dimostrare che siamo coinvolti: le nostre coperture sono troppo ben fatte e, se lancerai accuse infondate, Water Seven vi si rivolterà contro e dovrete combattere una guerra con loro. Guerra che non potete permettervi ora che Barbanera ha sconfitto Big Mom…
-Sconfitto?- si stupì il cuoco.
Quella era nuova.
-Non vi era ancora arrivata la notizia? È successo ieri mattina: la vecchia era troppo presa dal matrimonio di una delle figlie… non avrebbe dovuto sottovalutare Teach. Appena sarà in forze, voi sarete il suo primo obbiettivo. Ma non ti preoccupare per quello. Non vedrai mai la sconfitta della vostra Alleanza: morirai qui, stanotte, per mano nostra.
Mentre parlavano, il cerchio del CP9 attorno al cuoco si era fatto più stretto.
-Questo sarà da vedere.- commentò il cuoco, sicuro di sé.
Zoro, ancora nascosto in alto, fra le travi di metallo del tetto, appoggiò la mano sulle sue katane, pronto ad entrare in azione appena il CP9 avesse attaccato.
Erano forti, soprattutto Lucci, ma non dovevano sconfiggerli, solo uscire di lì vivi.
-Sei molto coraggioso Gamba Nera, ma non puoi vincere contro di noi. Nemmeno se… mio marito calasse improvvisamente dall’alto per accorrere in tuo aiuto.
Lo sguardo di Califa puntò verso l’alto, proprio nel punto in cui si trovava Zoro.
Sa che sono qui.
Tanti saluti a tutti gli sforzi che avevano fatto per catturare il piccione e metterlo a tacere…
Non aveva più senso aspettare. Lo spadaccino fece per saltare giù e affrontare i nemici al fianco del cuoco, quando sentì, improvvisamente, una sensazione strana, una specie di formicolio camminargli su tutta la pelle, partendo dalle terminazioni. I suoi muscoli persero forza, tutto il suo corpo sembrò d’improvviso più debole. Senza rendersene conto, perse la presa sulla spada, che scivolò fuori dal fodero cadendo sul pavimento con un rumore metallico, proprio accanto ai piedi di Califa.
-Zoro!?
Riconobbe la voce del cuoco, era preoccupata.
Cosa gli stava succedendo? Lo spadaccino perse la presa sulla trave su cui era appollaiato, e cadde giù a peso morto, incapace di muoversi per atterrare come si deve o anche solo di piegare un muscolo.
Si sentiva come un pupazzo.
Prima di schiantarsi terra però, sentì delle mani sicure che lo afferravano.
-Hey, Marimo che ti succede?
Il cuoco l’aveva preso prima che cadesse a terra, per poi adagiarlo in parte sul pavimento: ora erano entrambi circondati dal CP9.
-N-non riesco a muovermi.- disse Zoro a denti stretti. Faceva fatica anche ad articolare le parole.- La mia pelle…
Che cosa aveva la sua pelle che non andava? C’era qualcosa di sbagliato nel modo in cui le mani del biondo lo toccavano, come se ci fosse qualcosa tra l’uno e l’altro… una specie di impedimento.
Toccare…
Le mani del cuoco che lo toccavano di nuovo… ormai senza nessuna ragione perché ciò non potesse accadere.
-Marimo, che ti succede? Che cos’ha la tua pelle?
-Ti stupisce, Gamba Nera? Non penserai che con tutte quelle notti a mia disposizione non ne abbia approfittato vero?- sul viso di Califa si dipinse un sorriso malevolo.
-Cosa mi hai fatto, puttana?!- le gridò lo spadaccino, cercando inutilmente di muoversi.
-Non è un titolo carino da affibbiare a tua moglie, lo sai?- commentò la donna fintamente offesa- E non è nemmeno piacevole vedere il proprio marito farsi una doccia per lavare via dalla pelle tutto ciò che gli è rimasto di te…
-Dovevo:- ribatté Zoro- era nauseante.
-E per lavarlo tutto hai dovuto faticare, vero? Ogni giorno dovevo cambiare il sapone nella doccia… Ma qui viene il bello: ogni volta che cercavi di togliere la mia presenza da te con quel sapone, più io mi insinuavo dentro di te.
Distese il braccio nudo in avanti, mentre con l’altra mano lo percorreva: dove le sue dita toccavano la pelle, si formava una piccola linea di schiuma e bolle di sapone.
-Non credo siate a conoscenza del mio particolare trucco vero? Mi ci sono voluti anni per perfezionarlo… la chimica è una disciplina difficile che necessita di estrema precisione e accuratezza, e tuttavia se usata correttamente può essere un’ottima arma… specialmente se unita alle più avanzate sperimentazione del nostro governo. Usarlo tutti i giorni come hai fatto tu… è stato anche troppo facile. Ti senti stanco? I tuoi muscoli non rispondono? Scivoli ad ogni tocca che tocchi?
-Chiudi il becco.- la interruppe Zoro, tentando inutilmente di rialzarsi- Almeno adesso non devo più fingere di portare del rispetto per te. La tua sola vista è rivoltante.
-Sai è un vero peccato che sia finito tutto così… sarebbe stato così facile se aveste semplicemente continuato a struggervi l’uno per l’altro senza crearci fastidio, lasciando che la vostra Alleanza cadesse pezzo dopo pezzo senza fare tante storie…
-Avrei dovuto dare retta al mio istinto fin da subito: ucciderti la notte del matrimonio e farla finita.- disse Zoro con convinzione- Solo il pensiero di averti toccato mi fa vomitare.
-Oh?- Califa storse il naso per un secondo, ma poi il sorriso tornò, più cattivo- Dici così? Ma non sempre vero? Per esempio quella notte… la tua foga mi ha sorpreso, era davvero intensa.
Zoro sapeva a quale notte si riferiva: quella in cui aveva scoperto della relazione che allora credeva vera tra Trafalgar e il cuoco. Era così deluso… e arrabbiato. Non era lei a cui pensava, certo: era stato un modo per sfogarsi, una maniera insensata per punire il cuoco di non averlo aspettato. Di averlo rimpiazzato alla prima occasione, come se per lui lo spadaccino non contasse nulla.
Era tutta una recita, ma lo sapeva solo ora.
-Era diverso.- disse a Califa- quella notte…
-Non cercare di negare,- lo interruppe la donna- dopotutto non servirebbe: il tuo amante era lì ad assistere, appena dietro il muro certo, ma ti assicuro che ha visto e sentito ogni cosa.
Zoro spalancò gli occhi. Aveva sentito bene? Per quanto quella sostanza che aveva sulla pelle glielo consentisse, spostò lo sguardo sul cuoco, che però stava volutamente tenendo lo sguardo da un’altra parte.
-È vero?- chiese.
Il biondo non rispose.
-È vero, Sanji?!
A sentire il suo vero nome, il cuoco sobbalzò.
-Era la loro punizione. Mi avevi toccato, sebbene con un pugno… così mi hanno messo in una stanza dove ho potuto vedere tutto.- confermò il cuoco riluttante, poi però aggiunse- ma non l’hanno fatto per me o per te. Volevano vedere se ancora ci tenessi a te abbastanza da offuscare il mio giudizio e la mia intelligenza, in modo che non capissi cosa stavano facendo.
Il cervello di Zoro era in tilt. Il cuoco era lì? Gli avevano fatto vedere che…
-Sanji, io… io non…
-È tutto ok, Marimo. Ho capito. So perché l’hai fatto.
Zoro sapeva che era sincero e che non dava la colpa a lui. Tuttavia il pensiero che il biondo avesse visto tutto, che l’avessero costretto a farlo… un misto di vergogna per sé stesso e una furia cieca lo invase.
-Li farò a pezzi.- disse, ed era una promessa.
Il cuoco rise.
-Prima troviamo il modo di levarti questo dannato sapone, se davvero vuoi essere di alcuna utilità.
Giusto. Ecco perché non si era ancora avventato su quella donna per tagliarla in due.
Stupido sapone.
-Non ci riuscirete- disse Califa annoiata- sarete morti prima di aver anche solo capito come fare. Tranquilli, sarà una morte onorevole: tutti penseranno ad un’imboscata, assicurerò che avete lottato fino alla fine, e che siete almeno riusciti a salvare me. Sarò una vera vedova inconsolabile. Dovresti essere fiero della lealtà di tua moglie, Roronoa Zoro.
-Fottiti.
Califa non fece caso al commento.
-Uccideteli- ordinò.
-----
Eccoci qui. Chi l’avrebbe mai detto che Lucci, Kaku e Califa facessero parte del CP9? Ok, vado a nascondermi per la mia poca originalità… diciamo che ho rispolverato un po’ un vecchio classico, e in questa situazione era davvero troppo perfetto per non usarlo. Spero comunque che non sia stato troppo ovvio😊
Chiedo scusa per l’enorme ritardo, tra la tesi e tutto qui mi sta un po’ sfuggendo di mano ogni cosa☹
Ringrazio comunque quelli che tengono duro e mi spingono a non demordere per arrivare alla fine: tutti i miei lettori ovviamente, e in particolare ilfalco75 e lilibera111 per aver aggiunto la storia tra le preferite e DianaSwan04 per averla aggiunta tra le seguite, poi ovviamente ringrazio Puffola88, lilibera111 e arcadialife per le loro recensioni! (a tal proposito, scusate ancora per l’imbarazzante ritardo della mia risposta…)
Il grande mistero è stato svelato, e ormai siamo agli sgoccioli di questa storia. E se i nostri protagonisti sopravviveranno, forse ci sarà anche un lieto fine😉
Alla prossima! Ciaociao

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** allo scoperto ***


20.ALLO SCOPERTO
Il CP9 si mosse fulmineo, scattando verso di loro non appena Califa ebbe dato l’ordine, con il chiaro intento di ucciderli il più velocemente possibile. Ma il cuoco fu rapido a reagire: schivò abilmente il primo calcio di Kaku e l’artigliata di Jabura, nonostante Zoro, nelle sue mani, non fosse altro che una zavorra.
Quello poteva essere un problema per il loro piano.
Lo spadaccino imprecò tra sé, maledicendosi per essere stato così stupido dall’essersi fatto mettere nel sacco in quel modo.
Il cuoco continuò a schivare attacchi con agilità, sfruttando al meglio la sua velocità e ben attento a non abbassare la guardia, consapevole, come il compagno, che se anche uno solo di quei colpi fosse andato a segno, sarebbero stati fregati. Zoro sapeva che l’altro non avrebbe potuto resistere a lungo contro tutti loro insieme, specialmente con il peso dello spadaccino che si portava dietro.
-Usciamo, cuoco.- disse, trovando la sua stessa voce ancora strana, soffocata per colpa della sostanza con cui Califa l’aveva immobilizzato.
-Ci sto provando, Marimo.- gli rispose il cuoco irritato.
Nonostante la Zoro-zavorra (Zovorra?), il biondo presto trovò un’opportunità in quel furioso attacco: all’ennesimo colpo di Jabura, invece di evitarlo, sorprese l’avversario saltando sulle sue spalle e sfruttando l’appoggio riuscì a darsi la spinta necessaria per lanciarsi contro il tetto, mandando in frantumi il vetro di una finestrella ancora intatta.
L’impatto fu duro, schegge di vetro schizzarono dappertutto, mentre loro volavano fuori dal magazzino. Rotolarono entrambi lungo il tetto, ma l’urto li aveva fatti separare. Zoro, impossibilitato a muoversi, proseguì senza poter fare nulla per impedirlo, fermandosi solo quando il suo corpo arrivò al cornicione. Non sentì l’impatto: l’involucro di sapone che sembrava avvolgerlo aveva almeno un lato positivo. Solo quello però.
Il cuoco invece era riuscito ad arrestare la caduta, ma aveva subito appieno l’urto con la finestrella. Diversamente da Zoro, non aveva avuto alcuna protezione contro le schegge di vetro, che gli avevano procurato dei tagli rossi sul viso e sulle mani, strappando il suo completo nero in più punti. Ma il biondo era forte, si sarebbe rimesso in piedi in un attimo… se qualcosa non gliel’avesse impedito.
Lo spadaccino dalla sua posizione poté vedere distintamente i membri del CP9 uscire dal magazzino e atterrare con grazia sul tetto, circondando il cuoco.
Prima che lui riuscisse ad alzarsi, un piede lo aveva bloccato a terra per la gola. Zoro sapeva che normalmente il biondo avrebbe calciato via chiunque fosse, accompagnando il colpo dai peggiori improperi, ma siccome il piede era di Califa e Califa era una donna, non lo fece.
Stupido cuoco-gentiluomo mentalmente menomato. Lo insultò lo spadaccino, cercando inutilmente di muoversi e di aiutarlo. Ma niente, il suo corpo non rispondeva.
-Troppo tardi, Gamba Nera.- disse la donna, premendo sulla gola del biondo con la punta del suo tacco a spillo- Tu e il mio maritino sarete uccisi, in modo da non poter risalire a noi.
-Law e Robin lo scopriranno.- sussurrò il cuoco quel tanto che la pressione esercitata sulla sua gola gli permetteva.
-Forse.- rispose Califa- Copriremo bene le nostre tracce. Robin è ancora troppo terrorizzata dalla faccenda di Ohara per ricondurre a noi la colpa. E Law non rischierà una guerra: io sarò l’unica cosa che ancora reggerà la pace tra i Mugiwara e Water Seven, in quanto vedova affranta… non oserà toccarmi. E poi non sarà per molto: una volta messe le mani sul progetto dell’arma ancestrale, il nostro scienziato Vegapunk sarà in grado di costruirla.- la donna sorrise- A quel punto la nostra fazione potrà imporre la sua egemonia senza impedimenti: creeremo un’era di pace e sicurezza, eliminando per sempre questo ciclo continuo di guerre insensate.
Se non avesse bene in mente che razza di persone fossero quelli della Marina e del loro governo, Zoro avrebbe anche potuto crederci. Ma se l’arma fosse caduta davvero nelle loro mani, l’unica pace che avrebbero avuto era quella della distruzione, come già era accaduto la prima volta che un’arma di quella portata era stata attivata.
-Muori, Gamba Nera.
Califa stava per vibrare l’ultimo colpo, troncando di netto il collo del cuoco, quando d’improvviso tutti i lampioni nei dintorni si illuminarono.
-Ferma, Califa.
La donna si bloccò, sconcertata, sapendo bene a chi apparteneva quella voce.
Zoro non poté fare a meno di sorridere.
-I-Iceburg?
Il sindaco di Water Seven e capo della Galley-la era lì, su di uno dei tetti vicini, e accanto a lui Pauly e altri della loro fazione, sparsi tutt’intorno, tra cui Franky e la Franky Family. A loro si aggiungevano anche molti dei Mugiwara, compresi Trafalgar e Nico Robin.
-Sanji, Zoro!- urlò Franky- Siete stati Suuuuuper!
Califa e gli altri del CP9 erano troppo stupiti per controbattere, e il cuoco ne approfittò per levarsi dalla traiettoria della donna, afferrare Zoro ancora immobilizzato e allontanarsi con lui verso i loro alleati.
-Abbiamo anche una suuuuper registrazione non è vero Iceburg?
-Sì.-  confermò il sindaco,- ed è già stata inviata al quartier generale.
-Registrazione?- ripeté Lucci, stringendo gli occhi.
-Colpa mia.- disse il cuoco, sbottonandosi la camicia quanto bastava per rivelare il piccolo microfono attaccato alla pelle.
-Ci avete teso una trappola!- indovinò Kaku, furioso.
-Davvero pensavate che saremmo stati così stupidi da non prendere precauzioni e venire senza avvertire nessuno?-li sbeffeggiò Zoro.
Gli occhi di Califa lampeggiarono.
-Voi siete morti!
-Fossi in voi non farei tante storie.- disse Trafalgar, estraendo la sua lunga katana con un sorriso sadico sul volto.- non avete più nulla da fare né qui né a Water Seven.
I membri del CP9 si scambiarono sguardi carichi di tensione, lanciando occhiate valutative alla folla intorno a loro: stavano decidendo se azzardare un attacco, o scappare.
-Mi avete molto deluso.- disse poi Iceburg, facendo vagare il suo sguardo su tutti quelli che fino a pochi giorni prima aveva creduto essere suoi fedeli collaboratori, fermandosi sulla donna- soprattutto tu, Califa.
-Eravate nostri amici!- urlò Pauly al suo fianco, schiumante di rabbia. Dalla sua voce trasparivano delusione e amarezza- Non ci volevo credere quando me l’hanno detto!
-È solo lavoro.- replicò impassibile la donna.
-Giusto.- convenne Iceburg, il suo tono freddo quanto il suo nome- Eravate a Water Seven per i progetti di Pluton giusto? Sappiate che non sono mai stati in mano mia. Tom non li ha mai affidati a me.
-Infatti ce li ho io.- intervenne Franky, aprendo il suo torace e tirandone fuori un mucchio di vecchi fogli logori.- Tom voleva che decidessimo noi come usarli, e insieme ad Iceburg abbiamo deciso che le armi ancestrali non possono essere riportate in questo mondo. Perciò…
Bastò una fiammata uscita dalla bocca del cyborg per ridurre in cenere tutti i progetti.
-No!- gridò Kaku.
-Hai appena mandato all’aria gli sforzi di anni.- disse Lucci, la sua normale pacatezza incrinata dalla rabbia.
-Non penserai che la cosa mi dispiaccia vero?- lo sbeffeggiò Franky.- Avete tradito tutti noi.
-Non possiamo tornare a casa a mani vuote!
-Tranquilli: non ci tornerete.- dichiarò Robin.
Ohara avrà la sua vendetta. Ghignò tra sé e sé Zoro.
E i membri della CP9 partirono all’attacco.
Lucci riuscì a ferire gravemente una ventina dei loro prima che Trafalgar l’intercettasse. I due iniziarono una lotta furiosa. A Califa ci pensò Robin, visto che era perfetta negli attacchi a distanza. Pauly e Franky si scagliarono invece contro Kaku, che li metteva in difficoltà con le sue due lame, mentre Fukuro e Jabura, non avendo nessuno del loro livello con cui confrontarsi, presero a combattere contro chiunque capitasse loro a tiro.
Zoro strinse i denti, maledicendosi per non poter combattere.
Intanto, il cuoco aveva portato lo spadaccino nelle retrovie.
-Sanji! Zoro!- li chiamò una voce familiare.
-Chopper!- gridò il cuoco.- Vieni, il Marimo ha bisogno di aiuto!
-Hey!- protestò Zoro.
Tutta colpa di quella strega…
La renna li raggiunse correndo.
-Tranquilli so cosa gli serve!- disse sicuro il dottore- Me l’ha detto Robin, anche se non è certa che funzionerà.
Chopper estrasse una borraccia dal suo zainetto e ne sparse il contenuto sullo spadaccino, che subito sentì i muscoli tornare sotto il suo controllo e quella specie di velo che lo separava dagli altri sparire. Ora sentiva distintamente le dita del cuoco su di lui… ed era bello come lo ricordava.
-Che cos’è, Chopper?- chiese il biondo, guardando il liquido usato dal medico.
-Semplice acqua- rispose la renna, poi si rivolse al suo paziente, preoccupato- Come ti senti, Zoro?
Lo spadaccino storse il naso.
-Non mi farò mai più una doccia in tutta la mia vita.- dichiarò.
-Non osare.- replicò il cuoco, mettendogli un piede in faccia e spingendolo con forza. Zoro reagì subito prendendogli il piede per la caviglia e diminuendo la pressione. Buffo, doveva essere infastidito da quanto il biondo stava facendo, e lo era, ma non poté fare a meno di abbozzare un sorriso appena realizzò che stava davvero bisticciando con il cuoco di nuovo.
-Altrimenti?
-Altrimenti non metterai più piede nella mia camera.
-Perché dovrebbe entrare nella tua camera?- chiese Chopper innocentemente.
Alla domanda della renna, entrambi tacquero.
Già… la registrazione era stata ascoltata in diretta solo da Iceburg, Franky Pauly e pochi altri, perciò il loro “segreto” non era stato divulgato.
Ci risiamo pensò Zoro infastidito di nuovo a far finta che tra noi non ci sia nient’altro che rivalità e cameratismo…
-Penso sia ora di unirci alla battaglia, Marimo.- disse poi il cuoco, accendendosi una sigaretta e ignorando la domanda di Chopper.
Per tutta risposta lo spadaccino si alzò in piedi e avvolse la sua bandana intorno al capo, impugnando le sue due katane (la terza era rimasta nel capannone).
-Riuscirò a sconfiggere il mio avversario prima di te, cuoco.- disse, rivolgendo all’altro un sorriso beffardo, a cui il biondo rispose con un’occhiata infastidita.
-Non sperarci, Marimo.
Un attimo e si lanciarono nella mischia.
Il cuoco si avventò su Jabura, coinvolgendo il lupo in un corpo a corpo feroce. Zoro invece si frappose tra le lame di Kaku e Franky, che si trovava in difficoltà, mentre Pauly era già stato messo al tappeto.
-Di lui mi occupo io- disse lo spadaccino,- tu sconfiggi quell’altro.
-Suuuuper!
Franky andò a sistemare Fukuro, mentre Zoro si preparò a combattere contro Kaku.
-Abbiamo un conto in sospeso.- dichiarò lo spadaccino.
-Per quello che ho fatto al tuo ragazzo?- lo prese in giro l’altro.
-Sì.
E le lame cozzarono.
Fu una dura battaglia per tutti gli opponenti: il CP9 non cadde senza lottare. Ci furono feriti, anche gravi, e Chopper ebbe molto con cui tenersi occupato, ma alla fine Lucci, Califa, Kaku e gli altri furono sconfitti.
Zoro ne uscì praticamente illeso, solo con qualche graffio provocato dalle lame di Kaku e un colpo più sofferto alla tempia per via di un calcio. Per il resto, il ragazzo dal naso squadrato non era riuscito a penetrare le sue difese e lo spadaccino l’aveva attaccato senza risparmiarsi, restituendogli tutto quanto Kaku aveva dato al cuoco, con gli interessi.
Si era fermato solo quando l’altro era stramazzato a terra perdendo conoscenza: a quel punto si era tolto la bandana dalla fronte, riallacciandola al braccio e aveva lasciato che gli uomini di Water Seven lo incatenassero e lo portassero via.
Zoro poi aveva approfittato della fine della battaglia per recuperare la katana che era rimasta nel magazzino e rimettersela al fianco, promettendole che la prossima volta non si sarebbe persa la battaglia: era stato strano combattere senza di lei.
Quando lo spadaccino tornò dagli altri, trovò Trafalgar, Robin e il cuoco che parlottavano tra loro, con Iceburg e Franky poco distanti: stavano discutendo sul destino degli agenti del CP9, che erano ormai tutti quanti incatenati e tenuti d’occhio da almeno una ventina di soldati.
Zoro si mise a fianco del cuoco, ascoltando il diverbio senza particolare interesse: ciò che gli premeva era altro.
Alla fine fu deciso che sarebbero stati più al sicuro che i prigionieri fossero affidati ai Mugiwara. Sarebbero stati utili con tutte le informazioni che potevano avere: Robin li guardava con una luce pericolosa negli occhi. Lo spadaccino immaginava si sarebbe divertita durante gli interrogatori.
-È finita.- disse soddisfatto Trafalgar, una volta che i prigionieri furono portati via.- Sembra proprio che non abbiamo più nulla da fare qui…
-Aspettate- intervenne Zoro, sorprendendo tutti. Ma lo spadaccino non si curò degli sguardi interrogativi intorno a lui e si rivolse direttamente ad Iceburg- voglio l’annullamento del mio matrimonio!
Alle sue parole seguì il silenzio, tranne per l’accenno di una risata da parte del cuoco, che fu però subito soffocata.
Il sindaco di Water Seven si grattò la testa, come in imbarazzo.
-Bé,- cominciò- siccome abbiamo scoperto che Califa è una traditrice… immagino che sia accettabile…
Non ci fu nessuna protesta, ma Zoro non era ancora soddisfatto.
-E gli accordi tra Water Seven e i Mugiwara?- proseguì incalzante.
-Mm… non credo che potranno continua…
-Continueranno!- si oppose Franky con veemenza.- I Mugiwara ci hanno reso un grande servizio smascherando quei traditori. Non serve un matrimonio per sancire il nostro accordo!- ci furono cenni di assenso da parte dei carpentieri di Galley-la e Franky Family- Ci siamo conosciuti e abbiamo iniziato a fidarci gli uni degli altri. Loro sono suuuper e ce l’hanno dimostrato! Prima accettando le nostre condizioni nonostante quanto costasse loro- il cyborg lanciò un’occhiata a Zoro e il cuoco- e poi aiutandoci a scoprire questo cancro che si era insediato così in alto nella Galley-la. Vuoi forse negarlo Iceburg?
L’uomo sospirò.
-No.- alzò la voce, e si rivolse a tutti i presenti- Domani trasmetteremo la registrazione a tutta Water Seven, in modo che nessuno abbia dubbi sulla colpevolezza di quelle spie.
-A cui faremo alcuni tagli- aggiunse sottovoce Trafalgar, in modo che solo Zoro, il cuoco e Robin potessero sentirlo.- La vostra certo tormentata storia d’amore è meglio non venga diffusa, specialmente particolari poco piacevoli. Obiezioni?
Sia lui che il biondo scossero la testa.
-Il matrimonio è annullato- continuò Iceburg,- per indegnità da parte nostra, perciò dichiaro che gli accordi siglati tra noi rimangano in vigore!
Ci furono esclamazioni di giubilo da parte della folla, ma non di Zoro, che continuava a fissare il sindaco in cagnesco.
-Quindi non ho più alcun obbligo nei vostri confronti o nei suoi?
-Come marito, no…- rispose Iceburg, confuso da quelle insistenze.
-Quindi ogni mio comportamento da qui in avanti sarà libero e non causerà una catena di eventi irreversibile che porteranno le più tremende disgrazie?
-Assolutamente no.- ripeté il sindaco- Perché…?
-Bene.- disse Zoro soddisfatto- Perché non ho intenzione di essere intrappolato di nuovo in un inferno del genere.
Poi senza preavviso, Zoro afferrò il cuoco per un braccio e lo trasse a sé, avvicinandolo come mille volte avrebbe voluto fare in quei mesi di lontananza. Solo che adesso non c’era alcun motivo per trattenersi.
Avvicinò i loro visi senza dare tempo al cuoco di potersi scostare. Non l’avrebbe permesso.
Lo baciò lì, davanti alla folla, che si ritrovò divisa tra versi di stupore, sbigottimento e giubilo. Fu un bacio profondo, assaporato, lento.
Zoro stava reclamando il suo compagno davanti a tutti, in modo che non ci fosse più alcun dubbio: era suo.
Se Trafalgar avesse osato avvicinarsi ancora a lui, gli avrebbe tagliato le mani. E con lui, tutti quanti ci avessero provato. Non voleva più sentir parlare di ragioni politiche, mani legate, o “è necessario che”.
Mai più.
L’unica persona che avrebbe avuto vicino a lui nel suo letto sarebbe stata quella che adesso stava stringendo a sé con forza, non volendo permettere che si allontanasse. Non che il cuoco ci stesse provando: dopo un momento di sorpresa e protesta iniziale (per i modi rozzi, avrebbe scommesso Zoro), si era lasciato trasportare e ora era coinvolto in quella loro nuova unione con tutta la passione che il cuoco metteva in ogni cosa che faceva.
Quando si staccarono, stavano entrambi respirando pesantemente.
Il cuoco gli sorrise, gli occhi pieni di una gioia intensa e un desiderio profondo. Lo spadaccino adorava quegli occhi, quello sguardo, quei capelli ancora in disordine per la battaglia appena avvenuta, perfino il rosso delle ferite di poco conto che gli solcavano la pelle.
Con me.
Sempre.
Zoro ascoltò a mala pena i commenti degli altri, il sorriso malizioso ma contento di Robin, la frase pungente e sarcastica di Trafalgar, gli occhioni pieni di sorpresa ma felici di Chopper, le urla di giubilo di Franky: tutto ciò che importava al momento allo spadaccino, era trascinare il cuoco nella sua stanza, strappargli quegli stupidi vestiti da damerino di dosso, e recuperare tutto il tempo che avevano trascorso separati.
E assicurarsi che non ricapitasse più.
-----
Ed eccoci qui! Siamo ormai giunti quasi alla fine di questa storia. Ormai il grosso si è risolto, manca giusto ancora una cosuccia chiamata guerra…
Grazie a DianaSwan04 e Zekken per aver aggiunto la storia tra le preferite, a Hijiri per averla aggiunta tra le seguite.
Ci vediamo settimana prossima con l’epilogo!
Ciaociao

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** epilogo: if you believe... ***


EPILOGO: IF YOU BELIEVE…
La CP9 aveva detto il vero: Barbanera aveva effettivamente sconfitto Big Mom, e presto rivolse l’attenzione verso l’Alleanza dei Mugiwara, a cui ormai Water Seven si era ormai unita a tutti gli effetti.
Marshall D. Teach ci aveva impiegato due settimane per risistemare i suoi domini e il suo esercito, poi si era mosso.
Loro si erano dati da fare: avevano preparato le armi (la tecnologia di Franky aveva dato loro una grande mano in questo), radunato l’esercito e mandato richieste d’aiuto a tutti i loro alleati.
Ora i soldati erano schierati sul confine, una landa desolata di terra di nessuno, piena di edifici distrutti, inabitata: quello sarebbe stato il campo di battaglia. L’esercito dei Mugiwara era al completo: le scaramucce di confine erano state abbandonate, e tutte le truppe erano state radunate lì, in attesa che l’esercito di Barbanera arrivasse.
Fremiti di paura e impazienza serpeggiavano fra i soldati, mentre le ore passavano.
Sanji era in cima ad uno degli edifici più alti, sulla prima linea difensiva. Fu il primo a vederli arrivare.
Dette l’allarme, e presto videro l’esercito di Barbanera cominciare a schierarsi di fronte a loro: era immenso.
Sanji guardò Zoro, in piedi sul tetto di un edificio sulla sua stessa linea: scrutava davanti a sé, con espressione seria e concentrata. Molto diversa da quella che il cuoco gli aveva visto solo poche ore prima, quando dormiva tranquillo, con le mani incrociate dietro la testa, sulle labbra un sorrisetto di irritante soddisfazione dovuto alla notte passata insieme.
Le sue mani erano sull’elsa delle spade, pronte per essere sguainate.
Quando lo spadaccino si voltò nella sua direzione e incrociò lo sguardo si Sanji, i due non si dissero niente, limitandosi a scambiarsi un cenno d’intesa: quella volta, non erano sicuri di potercela fare.
Presto la battaglia cominciò.
Tutti gli alleati dei Mugiwara combatterono senza risparmio. A loro si erano uniti anche Kidd e i capitani a lui affiliati.
La tecnologia di Franky fu decisiva: le sue mitragliatrici di precisione crearono un fuoco continuo di colpi, impenetrabile, mentre le sue trappole, accuratamente sistemate, esplodevano facendo a pezzi interi reparti dell’esercito nemico.
La battaglia si prolungò per giorni.
Poi scese in campo Barbanera stesso.
Law, Zoro e Sanji dovettero attaccarlo insieme per poterlo tenere a bada, ma non riuscivano a penetrare la sua difesa: ogni colpo sembrava sparire nel nulla.
Ad un certo punto, il cuoco si ritrovò ad intercettare un colpo che avrebbe decimato metà del loro esercito, ma, nel farlo, venne colpito in pieno e sbattuto poi a terra da un’altezza considerevole.
Sanji cercò di rialzarsi tra le macerie. Era stato un colpo davvero forte.
Si guardò un attimo intorno: gli bastò poco per rendersi conto che stavano perdendo. Erano stati costretti a cedere terreno, e gli ufficiali di Barbanera stavano facendo una strage: la loro potenza era eccezionale e i colpi erano devastanti. Il loro cecchino stava colpendo ad uno ad uno i nostri uomini appostati sugli edifici più alti, e con essi alcune delle macchine di Franky. I loro resistevano, ma per quanto ancora potevano farlo?
Sanji si rialzò imprecando, e veloce tornò a combattere insieme a Zoro e Law.
Colpi su colpi, attacchi e parate si susseguivano senza che nulla cambiasse, in quello che appariva un lento gioco di logoramento portato avanti dalle truppe nemiche… e che i Mugiwara stavano perdendo.
-Ho paura che questa volta non ce la faremo, Marimo.- riuscì a dire il cuoco, mentre insieme allo spadaccino respingeva un pugno di Barbanera, riuscendo a guadagnarsi un attimo di respiro.
-Ti vuoi arrendere, torciglio?- gli domandò Zoro con sfida.
-Non dire sciocchezze.
Stavano per tornare a combattere con rinnovata energia, quando un’improvvisa serie di colpi esplosero in faccia a Barbanera, che fu costretto ad indietreggiare.
-Chi è stato?- chiese Sanji, guardandosi intorno senza capire chi potesse essere stato. Quando trovò il responsabile, cominciò a sorridere.- Marimo guarda lassù.
-Eh?
Lo spadaccino si voltò, prendendo a scrutare il cielo verso ovest dove il cuoco stava indicando. Pian piano, delle macchioline cominciarono a essere visibili, più grandi a mano a mano che si avvicinavano, fino a che si iniziarono a vederne con esattezza i contorni: erano delle specie di macchine volanti, che somigliavano a piccoli dirigibili.
-Ma che…?
-HEEEEEEEEY!- cominciò a gridare una voce allegra, entusiasta e familiare- SIAMO TORNATI!
-Ma quello è… RUFY!- esclamò Zoro.
Il ragazzo dal cappello di paglia si trovava appollaiato sul tetto del primo dirigibile, sbracciandosi per attirare l’attenzione. Sempre sullo stesso veicolo, c’era Shanks, inconfondibile per i suoi intensi capelli rossi e la triplice cicatrice sull’occhio, che sorrideva guardando avanti.
Rufy ce l’aveva fatta.
L’assurda, pazza missione che tutti avevano bollato come impossibile era stata portata a compimento. Cappello di Paglia aveva affrontato la Grand Line, l’enorme quartiere ricoperto d’acqua protetto dai Re del Mare, ed era riuscito ad arrivare a Raftiel e a tornare con Shanks, l’ultimo imperatore.
-Sei in ritardo, capitano!- gridò Sanji, stupito e felice.
-Il solito ritardatario!- commentò Zoro, ma un sorriso incontrollato si stava facendo strada sul suo viso.
-Shishishi! Mi siete mancati ragazzi!
Non avevano mai dubitato che il loro capitano ce l’avrebbe fatta, che sarebbe tornato vivo e vincitore.
Dall’intero esercito dei Mugiwara si udirono grida e urla di gioia, sospiri di sollievo, mentre il nome di Rufy Cappello di Paglia cominciava a echeggiare ovunque, come un grido di battaglia e speranza.
Su un dirigibile appena dietro, c’erano Nami, Brook e Usopp, il quale aveva già cominciato a tempestare i nemici con colpi di precisione: era lui che era riuscito a colpire Barbanera, nonostante l’eccezionale distanza.
-Scusate il ritardo!- gridò Nami, sorridente, mentre tirava fuori il suo Climattack, pronta a combattere.
-Yohohohohoh!
La flotta dei dirigibili arrivò presto sopra di loro, prendendo a lanciare colpi dall’alto verso le truppe di Barbanera.
Nami cominciò a scagliare i suoi fulmini, mentre Usopp colpiva con precisione tutto ciò che vedeva nel suo mirino. Brook si era lanciato dal dirigibile cominciando a prendere a colpi di scherma i nemici, che cadevano a terra senza nemmeno accorgersi di essere stati colpiti.
Rufy e Shanks si gettarono di sotto appena furono in prossimità di Barbanera, col quale ingaggiarono una lotta furiosa.
Lasciando il loro capitano, il rosso e Law a vedersela con l’imperatore, Sanji e Zoro si occuparono dei subordinati più forti, che presto furono messi al tappeto.
L’intero esercito dei Mugiwara cominciò a combattere con rinnovato entusiasmo, impegnandosi fino in fondo e con tutte le forze che gli rimanevano.
Entro sera, Barbanera venne sconfitto e il suo esercito annientato.
Seguirono urla di esultanza, abbracci, ricordi condivisi del tempo passato distanti. Il tutto portò alla proclamazione da parte di Rufy della vittoria, e ovviamente la necessità primaria e irrinunciabile che a ciò doveva seguire: una festa.
Fu organizzata lì, poco distante dal campo di battaglia. Quantità enormi di cibo furono fatte portare, mentre da tutti i quartieri dell’Alleanza la gente accorreva per celebrare insieme agli altri.
Sanji non aspettava altro. Dopo mesi, finalmente riprese in mano i suoi attrezzi da cucina, ora che non c’era niente di cui preoccuparsi o qualcosa da fare urgentemente, ora che non c’erano più compagni dispersi o guerre imminenti.
Ci sarebbe stata la pace. Per un po’ almeno.
-Sanji, carne!
Il cuoco si assicurò che tutte le scorte di cibo venissero portate a lui. Sistemò la carne su enormi griglie infuocate, le quali non fecero in tempo ad essere pronte che subito quanto c’era su di loro finì nello stomaco senza fondo del suo capitano.
Law, Sanji e Zoro gli avevano parlato di quello successo a Ace, ma Rufy si era limitato ad annuire, dicendo che lo sapeva già. Tuttavia, era evidente che la ferita era più profonda di quello che stava mostrando: conoscendo il rapporto che c’era tra lui e suo fratello, il lutto che aveva dovuto affrontare doveva essere stato devastante. Ora però Rufy sorrideva, dicendo che Ace sarebbe stato fiero di tutti loro, ma che ora non era il tempo di piangere, ma di festeggiare.
E in questo, i Mugiwara erano bravissimi.
Sanji poteva vedere Usopp che straparlava della sua avventura, facendo ridere tutti e stupire Chopper, mentre Nami sembrava troppo felice per correggerlo. Brook animava la festa suonando un allegro motivetto al piano, con i saltuari complimenti “super” di Franky, che stava intanto chiacchierando allegramente con Nico Robin. Law era sparito, ma il cuoco credeva che la sua assenza avesse a che fare con l’improvvisa scomparsa di Eustass Kidd.
Zoro invece…
Hun?
Che strano, Sanji era certo di aver visto il Marimo al tavolo degli alcolici intento in una gara di bevute con alcuni carpentieri. Ma i suoi avversari ora erano riversi a terra boccheggianti, e lo spadaccino era sparito.
Prima che il cuoco potesse chiedersi dove fosse finito, un paio di braccia calde e muscolose lo avvolsero, facendogli quasi cadere dalle mani gli strumenti per cucinare che teneva in mano, per la sorpresa e l’improvviso fremito che l’aveva attraversato.
-Hey!- protestò.
Lo spadaccino lo ignorò, avvicinandosi fino a far aderire i loro corpi, affondando il mento nell’incavo del suo collo.
-Cucini di nuovo.- constatò Zoro.
Che commento insolito da parte sua pensò Sanji. Non si era mai interessato al suo lavoro…
-Sì.- rispose cauto- Perché?
Si scrollò nelle spalle.
-Niente… solo sembri di buon umore.
-Tu no?
-Molto.- Zoro lo strinse di più, facendo scivolare le sue labbra lungo l’arco del suo orecchio, come a solleticarlo. La cosa sembrò scaldare il sangue nel corpo del cuoco, che a stento contenne un sospiro di piacere. Sanji si lasciò andare sotto le mani di Zoro, che percorrevano il suo corpo limitandosi a sfiorarlo, lungo le braccia, sui fianchi, giù fino alle cosce.- Posso toccarti ora…
Le labbra dello spadaccino presero a tormentargli il collo, lasciandogli una scia di baci, provocandogli una serie di brividi sulla pelle.
Sanji aprì gli occhi che non ricordava di aver chiuso, e osservò di fronte a sé i visi sorridenti e appagati, vide Luffy parlare animatamente con Franky: come si aspettava, i due stavano andando molto d’accordo. Il cuoco non si sarebbe stupito se presto il cyborg fosse entrato a tutti gli effetti nella cerchia ristretta della “ciurma”.
-Siamo di nuovo insieme…- disse guardando i suoi compagni divertirsi e gioire della vittoria e del loro ritorno.
-Sì…- disse lo spadaccino, costringendo l’altro a voltare il capo verso di lui, catturando la sua bocca e lasciandola solo per dire poche brevi parole prima di riavventarsi su di essa di nuovo- Sì, lo siamo.
 
THE END
 
-----
Ed eccoci qui, è finita sul serio! Sono davvero contenta di essere riuscita ad arrivare fino in fondo, regalandovi una storia completa.
Tutto è finito per il meglio, anche troppo sdolcinato per i miei gusti, ma siamo sinceri: dopo che quello che ho fatto passare a questi due, si meritavano un finale come questo!
Spero vi sia piaciuto il finale e l’intera storia, e che non vi abbia deluso. È stata la mia prima fanfiction e devo dire che mi sono divertita molto a scriverla, a leggere i vostri commenti e i vostri consigli.
Tutto era nato da una piccola sfida con me stessa: provare a creare qualcosa che vi tenesse attaccati allo schermo, desiderosi di vedere cosa avrebbero fatto i protagonisti nonostante non si potessero toccare: insomma, farvi spasimare anche per un singolo bacio… che poi è tutto quello che vi ho concesso.
Se almeno un po’ ci sono riuscita, potrò ritenermi soddisfatta.
Grazie a tutti per essere arrivati fino in fondo! Sarò felicissima di leggere qualsiasi commento o recensione che vorrete lasciarmi: fatemi sapere se questa storia vi è piaciuta o no, consigli o qualunque commento che possa aiutarmi a migliorare😊
Alla prossima!
Ciaociao
PS: tornerò presto con una nuova storia, stavolta rossa😉

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3493999