Puro come il sangue

di Alise13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sophie ***
Capitolo 2: *** Dal paradiso all'inferno ***



Capitolo 1
*** Sophie ***


Era stranamente tranquillizzante vedere come le persone vivessero le loro vite ignare di ciò che gli gravitava intorno. 
Ero seduta sul cornicione di un grosso palazzo ad osservare la folla di gente che si riversava nella grande strada, una leggera brezza mi scompiglió i lunghi capelli corvini portando con se un misto di odori di fine estate e un odore di zolfo. Demoni.
Erano tra noi, vivevano tra gli umani cibandosi della loro energia vitale. Ce ne erano di tanti tipi ed esisteva una gerarchia che li suddivideva in categorie, il più potente di tutti, Lucifero, l'angelo ribelle, il più bello che Dio avesse mai creato e che per spregio aveva creato creature orribile, regnava negli inferi, sovrano e padrone delle anime corrotte; poi c'erano i principi, demoni purosangue come Azazel, Astraroth, Belzebù, Abbadon, e Lilith, creati per primi, così potenti  che non si vedevano dall'alba dei tempi sulla terra e che ormai era leggenda.
I grattacieli erano il mio luogo preferito, amavo tutto, la sensazione di poter toccare il cielo, la brezza che soffiava a quell'altezza e l'adrenalina, erano una droga a cui non riuscivo resistere. Era bello evadere dalla quotidianità ed avere qualcosa di mio, un posto dove non importava chi fossi o cosa facessi. Con la faccia rivolta al cielo cobalto osservavo le nuvole che si spostavano lente, avrei voluto prolungate quel momento, ma era tardi e dovetti scappare ispirando una scorta di aria di libertà per la giornata.
Arrivata al Pantheon, il locale dark -punk con la grande scritta al neon rossa fiammeggiante, mi ritrovai Magnus all'entrata con le braccia strette al petto e le gambe divaricate. Sembrava in assetto da guerra. Magnus era come un padre, mi aveva adottata quando ero piccola togliendomi dal sistema delle famiglie affidatarie dandomi un tetto sopra la testa. Era un omone di due metri, con un ampio petto e i capelli che gli arrivavano poco sotto le spalle, erano di un nero pece e la folta barba gli ricopriva gran parte della faccia, all'estremità una piccola treccina fermata da una specie di perlina color oro che era per lui, il suo portafortuna.
"Sei in ritardo" grugnì.
"Lo so" dissi passandogli di fianco e superandolo, non era una novità la mia non puntualità, ma non era dovuta ad un difetto caratteriale, semplicemente dopo la scuola mi andava di starmene da sola sul tetto di qualche grattacielo.
"Sai quanto sia importante l'allenamento" aveva un tono rassegnato e con una sfumatura di comprensione, sapeva bene quanto fosse dura per me, non ero una cacciatrice come lui e mai lo sarei diventata, ma vivere con i cacciatori voleva dire avere un bersaglio puntato sulla schiena , e a differenza loro, io, dovevo andare al college per assicurarmi una parvenza di futuro in questo mondo. capivo Magnus  lui voleva solo proteggermi e rendermi in grado di proteggermi nel caso in cui non avesse potuto farlo lui. Magnus era un cacciatore, una razza discendente dagli angeli della morte, metà angeli e metà uomini. Io invece ero una semplice umana, un'orfana senza radici che era stata salvata da un destino crudele quando, nel breve periodo in cui stetti in una casa famiglia, un'assistente sociale, che in realtà era un demone che si nutriva di bambini, cercò di uccidermi, avevo visto i suoi occhi cambiare forma, la pelle rangrizzirsi come se un fuoco invisibile la stesse consumando. Avevo urlato così tanto da perdere il fiato, il demone, un pazuzu, cercó di attaccarmi, ma dal nulla arrivò Magnus che prese il demone e lo eliminò lontano dalla mia vista, salvandomi non solo dal mostro, ma anche dal futuro che mi attendeva. Ero profondamente legata a Magnus, gli dovevo la vita, gli dovevo tutto.
Entrai nel Pantheon dove Salazar puliva il bancone con uno straccio che si lanciò sulla spalla quando mi vide.
"Ragazzina tutto bene?" Piegò la testa di lato.
Salazar era lo stratega dell'allegra combriccola, era molto magro con un groviglio di riccioli color carota. Aveva lo strano dono di leggere le carte, diceva sempre che nei suoi antenati c'erano dei negromanti una sorta di outsider, una razza che non si schierava da nessuna parte, ma che in passato aveva mosso fili dietro le quinte per i propri interessi. Non erano ben visti e non ci si poteva fidare e Salazar per primo denigrava quelle creature, ma la sua abilità ci era utile e gliene eravamo grati.
"Come al solito Sal, com'è andata la serata?" Il Pantheon era il quartiere generale dei cacciatori di New York, si ritrovavano per rilassarsi, per scambiarsi informazioni o per prendere nuovi casi, era il punto di riferimento anche per chi veniva da fuori e aveva bisogno di un appoggio o stare semplicemente in compagnia dei propri simili. A me era proibito andar lì di sera, i cacciatori anche se combattevano dal lato buono erano persone impulsive, irascibili  , ed erano un potenziale pericolo per gli umani, come me. Di giorno invece era difficile che i cacciatori si facessero vivi, visto che era la notte che si svolgeva il loro lavoro, la loro vita, perché per quanto i demoni ci fossero anche di giorno, non era facile farli fuori davanti a folle di persone, i demoni assumevano forma umana sulla terra ed era difficile spiegare un omicidio, perché era quello che vedeva un umano, un omicidio. 
Afferrai una mela rossa, ma prima che potessi addentarla con un movimento fulminino Sal me la tolse di mano rimettendola nella piramide.
"Non si tocca il cibo, lo sai bene." Mi rimproverò. 
"Ma non le mangia mai nessuno" piagnucolai.
Sbuffò profondamente.
"Ragazzina sono le regole che ti piaccia o no, il cibo non si tocca"
"Carne da macello" quella voce. La pelle mi si accapponò. Non era possibile. 
"Laurel dacci un taglio" 
La seconda voce invece per poco non mi fece cadere dallo sgabello.
Merda!
"Guai in arrivo" bofonchiò a denti stretti Sal andando a prendere le scatole di alcolici sul retro.
Laurel e Jeremy erano due cacciatori di un gruppo che militava a Philadelphia, era normale che venissero a farci visita ogni tanto, più che altro perché Roy, il capo del gruppo nonché loro padre era uno degli amici più cari di Magnus e ogni tanto ci spediva i figli per qualche sessione di allenamento extra o qualche pattugliamento sotto sorveglianza. Loro sapevano da sempre di me e per quanto Roy non fosse convinto della scelta di Magnus di prendermi con se decise di fidarsi di lui in nome del legame fraterno che li univa. Jeremy era bello, alto, muscoloso con labbra piene e zigomi alti i suoi capelli ramati si schiarivano sotto i raggi del sole e i suoi occhi azzurri erano un mare cristallino in cui mi sarei voluta annegare molto volentieri. Laurel la sua dolce gemella era semplicemente un dito nel culo, fin da piccine mi aveva sempre derisa e bullizzata davanti agli altri cacciatori del loro gruppo, la principessina che additava la stracciona senza sangue di cacciatore. E nessuno mi difendeva, perché fin da piccoli ai cacciatori veniva insegnato a cavarsela da soli e anche se io ero umana questa regola valeva anche per me. Un giorno però  Magnus mi trovò a piangere nello scantinato, mi disse di asciugarmi le lacrime e con voce dura mi disse:
"alzati e reagisci ragazzina, non risolverai mai niente piangendo" la voce era autoritaria, ma mi infuse grinta; tornai al piano di sopra mentre Laurel mi beffeggiava chiamandomi carne da macello, si vantava di avermi fatta scappare. Quando mi vide un sorriso sadico le si allargò sul viso angelico, pronta a qualche nuova cattiveria, ma prima che potesse dirmi altro le scoccia un destro in pieno viso. L'occhio nero le rimase per un paio di settimane e ogni volta che mi incrociava scappava con qualche stupida scusa. Era stata una bella rivincita.
Laurel stizzita dopo il rimprovero del fratello se ne andò verso il retro del locale con il suo caschetto biondo cenere. Era odiosa e brutta dentro, ma esteriorimente per mia sfortuna dovevo ammettere che era una bella ragazza, una bellezza  nord europea, slavata con occhi celesti come il fratello, lei incarnava perfettamente l'ideale dell angelo della morte, bella come un angelo e crudele come la morte.
"Mi dispiace" bofonchiò Jeremy prendendo lo sgabello accanto al mio e buttandocisi sopra, le spalle che si abbassavano rilassate, la maglia con lo scollo a V faceva intravedere i pettorali sodi. 
Giocherellai con le dita, scrostando piano piano lo smalto nero dalle unghie.
"Come te la passi Sophi?" 
Il suo sorriso era sempre un bel vedere, era dolce e quella fossettina che gli veniva poco lontano dalla guancia era sexy.
"Come sempre. Te Jeremy? So che ora sei ufficialmente un cacciatore" 
I cacciatori giovani prima di poter essere presenti in pianta fissa sul campo dovevano superare una specie di prova. Come nelle tribù indigene avevano un rito di passaggio all'età matura. Gli facevano organizzare una battuta di caccia in solitaria controllato a distanza da un altro cacciatore che fungeva da testimone e nel suo caso l'onore era toccato a Magnus che ne aveva tessuto le lodi. Infine il rito si concludeva con una cerimonia in cui veniva tatuato sulla pelle del nuovo cacciatore il simbolo che attestava che lo era a tutti gli effetti. Il tatuaggio era un serpente disposto a cerchio che si mordeva la coda, simbolo di eternità, perché morto un cacciatore ce ne sarebbe stato un altro che avrebbe preso il suo posto, era una vita precaria la loro, un giorno eri su questa terra il giorno dopo non lo sapevi. Era una cosa che mi angosciava, l'idea di perdere Magnus, Sal o Jeremy mi faceva venire un nodo alla gola.
Il petto di Jeremy si gonfió, fiero di quel traguardo.
"Si, è stato davvero emozionante e la caccia in solitaria..." i suoi occhi si accesero di una luce ardente "è stata una scarica di adrenalina pazzesca" lo ascoltavo rapita dal suono della sua voce, dal racconto di quella notte, me lo immaginavo combattere con il demone impugnando il suo pugnale di ferro, doveva essere stato un bel vedere. Mentre lo osservavo notai che Jeremy era davvero diverso, sembrava più maturo, non era più il ragazzino dal viso angelico, era più mascolino, aveva messo su più massa muscolare e una leggera barbetta bionda gli adornava il viso, lo faceva sembrare un po' più rude, più uomo. Con i muscoli che guizzavano ad ogni scatto ad ogni movimento del corpo, il mio cuore mancava un colpo. 
Poi improvvisamente si interruppe quasi a disagio.
In un primo momento non capii il perché, sperai che non si fosse interrotto perché mi aveva vista sbavare sull'immagine di lui che combatteva , ma poi ci arrivai, era per la mia umanità, aveva paura che il racconto mi ferisse, perché per quanto mi allenassi, per quanto vivessi con i cacciatori  io non lo ero e non lo sarei mai stata, non sarebbe mai arrivato quel rito per me. In passato la cosa mi faceva soffrire, le discussioni e le lacrime che avevo versato con Magnus non erano servite a niente, ma con il tempo ci avevo fatto il callo e mi ero rassegnata, avevo capito.
"Non è giusto" borbottò. "Tu sei una cacciatrice quanto noi, e sei anche più forte e agile di tanti altri cacciatori" 
"Stupide regole" forzai un sorriso cercando di sdrammatizzare e cambiare discorso. Mi assecondó sorridendo, ma si vedeva che fremeva per dire la sua, per prendere le mie parti, e amavo quel suo lato protettivo, lo amavo per tutto il suo essere Jeremy.
"Sophi.." sussurrò il mio nome in una maniera tale da farmi fremere, incrociai il suo sguardo, intenso, e mi sfiorò la mano, il cuore cominció a martellarmi nel petto e prima che Jeremy potesse vedere il rossore che si era diffuso sul mio viso Sal chiamó
"Ragazzina!" Urlò . 
Grazie a Dio pensai, per quanto quel toccó mi mandasse in estasi non ero pronta a palesare i miei sentimenti a Jeremy.
"Immagino che ti debba lasciar andare" il suo viso si ridistese e il suo sguardo tornò quello di sempre con gli occhi che sorridevano. "Resteremo qua una  settimana" fece una piccola pausa "se ti va potremmo prendere un caffè uno di questi giorni" gli feci un rapido segno di assenso con la testa e corsi da Sal.
"Ci conto" lo sentii dire mentre mi allontanavo con uno stupido sorrisetto dipinto in viso.

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Capitolo 2
*** Dal paradiso all'inferno ***


 
Arrivata in aula mi lasciai cadere sulla sedia buttando le braccia sul banco.
"Sei il ritratto della disperazione"
La voce di Rachel era divertita.
Girai la testa per guardarla ma prima che potessi risponderle rincarò la dose "ritratto sei un fottuto zombie" in effetti non avevo dormito molto la notte precedente e amavo la sua sincerità, ma in quel momento avevo così i nervi a fior di pelle che l'avrei strozzata.
"A che serve una migliore amica se non per farti notare quanto sei zombie la mattina. Grazie. Ti voglio bene anch'io."
"Dovere" sghignazzò. 
"Allora si può sapere che ti è successo?"
"Ti dico solo una parola Laurel" la sua bocca formò una O ed emise uno strano gridolino.
"Malefica è tornata!"
Nascosi la testa tra le braccia ancora distese sul banco.
"È un incubo" ripensai alla sera precedere alla villa. La casa di Magnus, la casa in cui ero cresciuta, era poco fuori la città ed era immersa in qualche acro di terra verde. Amavo quel posto, amavo poter avere delle piante da accudire, anche se l'idea di vivere all'ultimo piano di un grattacielo sarebbe stata una valida alternativa. Nella villa c'era una vera palestra di ultima generazione, niente a che vedere con quella piccola e polverosa nascosta sul retro del Pantheon. Il gruppo di Philadelphia che sapeva della mia esistenza era il benvenuto alla villa e quando accadeva sembra di stare in un ostello della gioventù. I cacciatori erano chiassosi, e sguaiati a qualsiasi età. La sera precedente però rimpiansi i momenti dell'ostello della gioventù perché c'era qualcosa di peggio, Laurel. La principessina non faceva altro che lamentarsi e girovagare per la villa urlando e sbraitando ordini ai poveri disgraziati che ci lavoravano. Maria, la signora che gestiva le pulizie sembrava sempre sul punto di darle una padellata in testa e potevo giurare di averla vista in più occasioni trangugiare ibuprofene come se fossero caramelle. Quel che non capivo però era l'atteggiamento di Magnus, era il suo padrino, era la figlia del suo miglior amico, ma il fatto che non vedesse quel che tutti vedevano era sconvolgente, lui non vedeva un'arpia, un mostro che spruzzava veleno ad intervalli brevi e regolari, no, lui vedeva un angelo e avevo qualche sospetto che avesse pure l'aureola nel suo ideale. Delle volte sembrava rimbambito e non ero certo mancata nel farglielo notare. E non era gelosia la mia, non ero l'unica a subire la sua presenza.
"Ma questo vuol dire che c'è anche quel gran pezzo di Figo del suo gemello?" Mi chiese Rachel. 
Annuì.
Rachel non sapeva dei cacciatori, e così doveva continuare, non mi sarei mai perdonata se le fosse successo qualcosa. Lei era la mia migliore amica, l'unica amica vera che avessi mai avuto e l'avevo incontrata al college, a lei raccontavo tutto ciò che mi passava per la testa tralasciando i dettagli sull'altra vita, non era facile nasconderle quella parte, la voglia di sfogarmi con qualcuno che fosse più vicina alla mia natura, che mi volesse bene era forte. 
Emise un gridolino che fece girare le persone sedute intorno a noi che puntualmente ignorò.
Rachel era quella che ai giorni d'oggi veniva definita curvy, ma una vera curvy, era morbida sui fianchi, con un seno prosperoso, era soda e compatta una bomba sexy, quando poi prendeva il sole sembra una latina, accanto a lei mi sentivo una bambina sfigata, o meglio mercoledì della famiglia Adams. Non avevo un seno generoso come il suo ed ero magra che non mi faceva avere fianchi morbidi e dolci come i suoi, ma non mi potevo lamentare sul mio giro vita che era stretto e mi donava in prospettiva più forme di quante ne avessi in realtà. Grazie agli allenamenti intensi a cui Magnus mi sottoponeva il sedere era tondo e ritto, però a differenza di Rachel io non vestivo in modo tale da mettere in evidenza i miei punti forti, anzi, li nascondevo accuratamente sotto magliette larghe e jeans senza arte né parte. Era difficile occuparsi di moda o anche solo avvicinarsi a quel mondo quando vivevi con un cacciatore. Non gli avevo mai dato importanza perché non mi era stato mai insegnato a dargli peso o ad annoverarlo tra le mie priorità, per non parlare del trucco. Tutte cose che Rachel non mi perdonava e che mi rinfacciava tutte le volte che poteva.
"Ti prego" sussurrò 
"Ti prego cosa?" 
"Posso darti una sistemata? Non ce la faccio a pensare che sarai a stretto contatto con quel gran pezzo di ragazzo di Jeremy conciata così" e mi indicò come se stesse indicando un povero verme spiaccicato sull'asfalto.
"Farò finta di non averti sentito" l'idea di andare a fare shopping per negozi mi terrorizzava avevo una sorta di fobia, la shoppingfobia e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea nemmeno Rachel.
"Sei una donna orribile sappilo" mise il broncio.
"Lo so, sono una perfida nemica della moda" 
"Sei così bella, la gente pagherebbe oro per avere il tuo viso, il fisico è una cosa così volubile, ma un viso bello come il tuo.. è una fortuna che nemmeno ti immagini" sospirò "tu stai sputando su un dono amica mia, un dono del cielo". E apri le braccia con i palmi rivolti all'insù. Per fortuna iniziò poco dopo la lezione che fu abbastanza impegnativa.
Finita la lezione tornammo sul discorso Jeremy.
"Per quanto resterà questa volta?"
"Una settimana ha detto"
"In una settimana possono succedere tante cose sai?" Mi fece l'occhiolino. 
"Mi ha invitata a prendere un caffè" dissi così disinvolta che li per li Rachel non afferrò la notizia gli ci vollero ben quattro secondi per inchiodare in mezzo al corridoio, fissarmi nelle palle degli occhi e urlare un urrà che le fece guadagnare occhiate scioccate da mezza università. Le misi prontamente una mano sulla bocca e la trascinai da un lato cercando di calmarla, ma in quel goffo tentativo urtai qualcuno che , strano ma vero, riuscì a zittire la mia amica. Era rimasta letteralmente a bocca aperta e non erano molte le situazioni che l'avrebbero potuta ridurre al silenzio totale; per una frazione di secondo vagliai le varie possibilità chiedendomi se non ci fosse un mostro marino alle mie spalle pronto a mangiarmi o peggio il rettore dell'Università. Quando mi girai mi ero già affrettata a chiedere scusa, ma le parole mi morirono in gola.
Un ragazzo di un metro e ottanta dai capelli rossi sangue ci stava fissando, dovevamo sembrare due ebeti, ma quello era davvero una cosa che non capitava spesso. Il ragazzo aveva gli occhi grigi chiari e labbra carnose, alzò un sopracciglio non capendo cosa stesse succedendo, o almeno così interpretai io, era dannatamente bello, ma non una bellezza comune, aveva lineamenti particolari, la mascella ben definita, il petto scolpito sotto la t shirt aderente, la pelle leggermente ambrata, come baciata dal sole era così bello che ti veniva la malsana voglia di toccarlo per vedere se era reale. 
Alla fine dopo essermi asciugata metaforicamente la bava riuscii a soffiare fuori uno scusa. Il ragazzo si portò una mano chiusa a pugno davanti alla bocca e rise. Che bella risata pensai tra me e me. Mentre la mia mente si imprimeva ben bene quell'immagine, incrociai il suo sguardo e per qualche strana ragione un'ora strano formicolio alla nuca mi scosse.
Ad interrompere quell'imbarazzante momento fu Jeremy che a sorpresa si presentò all'università. Non era la prima volta che veniva a prendermi a scuola, ma quella mattina proprio non me l'aspettavo; sapevo che era stato tutta la notte fuori a cacciare e perlustrare la città e solitamente quando faceva il turno lungo il giorno dopo si concedeva una bella dormita.
 Mi sembrava di essere in un sogno, era una situazione surreale e mi rincuorò sapere che anche Rachel stava assistendo a tutto ciò perché altrimenti ero abbastanza sicura che non  mi avrebbe creduta.
"Ciao Sophie" disse alzando la mano e socchiudendo poco gli occhi mentre sorrideva con la sexy fossetta che gli spuntava sul bel viso. 
"Rachel!" 
La mia amica che era un passo dietro di me spostò gli occhi a desta e a sinistra e poi la sentii sussurrare un "sono morta e sono finita in paradiso, non c'è altra soluzione" 
Quando Jeremy arrivò davanti a noi la sua espressione cambiò il suo bel sorriso si era spento, la mano era corsa veloce dietro la schiena dove sapevo teneva il pugnale di ferro. Una scossa elettrica mi percosse la schiena. Rachel non si era accorta di nulla ancora imbambolata dalla situazione.
Jeremy serrò i denti, ero improvvisamente passata dal paradiso all'inferno, vedere Jeremy prepararsi ad uno scontro mi fece nascere una paura tremenda nel petto. Quello davanti a me non era più Jeremy il ragazzo di cui ero innamorata, il ragazzo che mi parlava con voce dolce, che mi prendeva la mano quando ero spaventa, no, era il cacciatore che aveva puntato la preda. Rachel fortunatamente lavorava come baby sitter e dopo aver visto l'ora squittì correndo via lanciandomi un bacio e salutando Jeremy, ma non se ne andò senza tirare un'altra squadrata al bel rosso .
Sentii Jeremy ringhiare.
"Che diavolo sei?" Rivolto al bel tizio. Forse avevo capito male ma non gli aveva chiesto chi fosse, ma cosa fosse?
Il ragazzo rise, una risata roca, sexy e pericolosa.
"Jeremy cosa succede?" Mi prese per un braccio e mi fece scivolare con disinvoltura dietro la sua schiena.
"Ma guarda un po' un cacciatore, affascinante. Me li ricordavo più.." fece finta di pensarci su portandosi l'indice al mento "più uomini, ora vedo che arruolano anche i bambini" Jeremy ringhiò ancora spostando il peso su entrambe le gambe come pronto a fare un balzo e saltargli al collo.
"Cosa vuoi fare? Tagliarmi la testa qua davanti a tutti? Non era contro le regole palesarsi davanti agli umani? Ma aspetta un secondo..."
I suoi occhi si posarono nuovamente su di me, quel grigio chiaro bruciava più del fuoco, il suo sguardo mi fece avvampare, una cosa di cui mi vergognai profondamente vista la situazione.
"Lei è umana... interessante" si passò la lingua sulle labbra inumidendole un poco.
"Non ti azzardare nemmeno a guardarla"
Il ragazzo rise di nuovo "sennò che mi fai Bambi? Mi prendi a calci nel culo?"
"Oh non sai quanto mi farebbe piacere.."
Poi come se niente fosse successo lo sconosciuto girò sui tacchi e si incamminò lontano da noi, ma non prima di aver avuto l'ultima parola. 
"Ci vediamo a giro Sophie" e mi fece l'occhiolino sparendo nella folla di studenti.
Con un rapido movimento Jeremy mi prese per il polso, strinse così forte che ero sicura avrei avuto un bel livido, ma non dissi niente mentre lo guardavo prendere il cellulare e digitare in fretta un numero, il telefono fece si e no due squilli poi una voce rispose.
"Sono io, è come ci hanno detto, c'è un sangue puro a New York"
Ci fu una pausa " ne sono sicuro, l'ho appena visto. Ci ho parlato" calò un silenzio di tomba e poi la voce disse qualcosa che non capii. Eravamo arrivati alla macchina di Jeremy che mi fece cenno di salire. Il tragitto fino al Pantheon fu un misto di imbarazzante silenzio e... paura. Non capivo cosa stesse succedendo era tutto così assurdo. Avevo voglia di urlare, ma non avrei saputo che dire e non ero abituata a vedere Jeremy in quello stato così decisi di aspettare di arrivare al Pantheon.
Quando arrivammo Jeremy sembrava di poco più rilassato come se mettere una bella distanza tra noi e quello che era successo lo facesse nuovamente respirare. Si passò una mano tra la chioma ramata.
"Perdonami" sembrava in imbarazzo.
E poi indicò il polso.
"Non ti preoccupare " il mio sguardo però si fece più duro, più soldido.
"Hai intenzione di dirmi cos'è appena successo?"
Si appoggiò alla macchina con la schiena, le spalle alte, tese.
"Ti ho detto che eravamo venuti qua per un lavoro.."
Sembrava combattuto se dirmelo o no " continua, voglio sapere, quel tizio a cui stavi per staccare il collo davanti ad una folla di umani conosceva il mio nome ho il diritto di sapere che cacchio sta succedendo" 
"Ci hanno mandato qua per verificare un'informazione che ci è stata data da un demone" quando diceva "data" intendeva "costretto sotto tortura"
"Ha detto che uno dei principi dell'inferno, è tornato sulla terra. Ovviamente nessuno gli ha creduto, ma un'informazione del genere non si può nemmeno prendere alla leggera. Nessuno vedeva un purosangue da secoli Sophie, nessuno, pensavamo che fossero una leggenda, ma quando l'ho visto l'ho sentito subito" i cacciatori avevano un dono quello di sentire e vedere cose che a noi umani era impossibile percepire.
Quindi quello che avevo urtato era un principe degli inferi, un puro sangue, la prima stirpe del male, i primi ad essere stati creati da Lucifero. Questa si che era bella, avevo appena pensato che quel tizio fosse il più bel ragazzo mai visto, ovviamente esclusi i presenti. Porca paletta e sapeva il mio nome! Perché sapeva il mio nome? Jeremy mi guardò come se avesse sentito la mia domanda. Stavo andando in iperventilazione, ma non volevo perdere il controllo, se anche era vero che non potevo essere una cacciatrice niente mi impediva di comportarmi come tale.
"Non so perché sapesse il tuo nome. Tutto questo non ha senso. Sta succedendo qualcosa di grosso Sophie, qualcosa che va oltre l'immaginazione" 
Si staccò dalla macchina fermandosi a pochi centimetri da me, senza che me ne accorgessi ero appoggiata al suo petto solido, il contatto con il suo torace mi fece perdere un battito. Un profumo di lavanda mi inebriò. Le sue braccia mi cinsero i fianchi mentre le mani si intrecciarono dietro la schiena. Quel contatto mi fece avvampare e ringraziai Dio di aver il volto nascosto nel suo petto.
Appoggiò il mento sulla mia testa, un gesto che faceva spesso quando eravamo piccini, quando ero terrorizzata da qualcosa.
"Non ti accadrà niente finché ci sarò io. È una promessa."

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