La tua ombra

di FunnyYoungMe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 

La musica alta è assordante, le finestre tremano così come il pavimento. Tutto attorno a me è caotico; la folla di persone che balla seguendo il ritmo, riunita al centro della pista, le sedie rivolte verso tutte le parti, i tavolini sporchi e pieni di bicchieri e piatti.

Sono seduto in un angolo della stanza, non lontano dalle persone ma ad una distanza di sicurezza, guardando la scena che mi si presenta davanti. Mi domando per la centesima volta cosa stia facendo lì. Voglio dire, non sono un festaiolo, anzi, se qualcuno dovesse cercarmi qualunque venerdì sera, mi troverebbe sdraiato sul letto con il pigiama e facendo qualcosa abbastanza da nerd.

Sì, sono una persona noiosa, ma è quello che sono e non posso cambiare, nemmeno se Lui me lo chiedesse. E per 'Lui’ non intendo Dio.

Kim Jongwoon è colui che mi ha portato qui. Lui è il mio migliore amico. Uno dei suoi colleghi d'università ha organizzato​ una festa e lo ha invitato, per cui il mio amico ha esteso l'invito anche a me. Il perché non lo saprò mai.

L'unica cosa che so è che mi sto nascondendo nell'ombra della stanza mentre lui è da qualche parte facendo chissà cosa, magari anche parlare con qualcuno. Sì, definitivamente qualcosa che non farei. Com'è che siamo amici, se lui è così diverso da me? Non gli ho mai chiesto di portarmi qui né di farmi sperimentare qualcosa di 'incredibile e divertente’. Tsk, incredibile e divertente.

Mi piacerebbe sapere perché i ragazzi dell'università pensano perlopiù a fare feste, a sbronzarsi… Spero solo di non diventare come loro l'anno prossimo, quando sarò una matricola e mi troverò a vivere quell'ambiente.

Prendo un sorso dal mio bicchiere pieno di succo d'arancia prima di sistemarmi gli occhiali sul naso e lasciare che i miei occhi vaghino sulla folla di persone, cercando i capelli neri e scompigliati di Jongwoon.

Appena sono arrivato è venuto a parlarmi, ma quando la festa è cominciata sul serio, è sparito e non lo vedo da allora. Certo che gli è abbastanza rapido dimenticarsi del suo amico.

Conosco tutte le persone che sono qui, ma non ci ho mai parlato e non intendo cominciare ora. No, non perché sono arrogante, ma perché non mi piace parlare a 'sconosciuti’. Strano, lo so.

“Sorridi! Siamo ad una festa… e c'è gente messa peggio di te”, urla un mi amico chiamato Heechul, indicando una ragazza con un'espressione triste in viso seduta nell'angolo più lontano e buio della stanza.

“Dovremmo fare amicizia”, rispondo ancora osservando la rossa. “Potrei conoscere qualcuno con cui condividere la mia frustrazione.”

Detto questo, mi alzo e mi avvicino alla ragazza, sperando che non mi neghi la sua compagnia. Ho davvero bisogno di qualcuno con cui parlare e Jongwoon è fuori questione.

“Ciao”, le dico sedendomi sulla sedia davanti alla sua.

La ragazza inarca un sopracciglio e nei suoi occhi scorgo un velo di tristezza.

“Cosa vuoi?”

“Oh… Ci conosciamo?”

“Sei scemo? Sono Minha, la migliore amica di Jongwoon”, risponde arrabbiata.

Il risentimento che colgo nella sua voce smuove qualcosa dentro di me, ma non riesco a capire cosa. Mi metto a pensare se qualche volta le ho fatto un dispetto o un torto, senza riuscire a trovare una spiegazione al suo tono.

“Scusa, non sono bravo coi suoi amici…”

“Oh be’, neanche lui lo era.”

Intuisco del sarcasmo nelle sue parole e non mi è scappato l'uso del passato. La guardo negli occhi e li vedo spenti, vuoti, come se tutta la felicità che una volta c'era fosse sparita… Come se avesse perso qualcosa di molto prezioso.

“È tutta colpa tua. E anche se gli altri mi dicono di lasciarti stare, io non lo farò. Meriti di provare il nostro stesso dolore, se non quadruplicato… Le tue mani sono intrise del suo sangue e la tua coscienza è sporca”, sibila lanciandomi sguardi di fuoco.

Non capisco nulla di quello che ha detto. Cos'ho fatto? Di chi è il sangue? Per quanto mi sforzi di ricordare, non mi viene nulla in mente.

Allora faccio per chiederle spiegazioni, ma quando alzo il volto da terra la sedia davanti a me è vuota. Mi guardo intorno, però non riesco a scorgerla da nessuna parte.

Sospiro e distendo le gambe sotto al tavolino.

“Ehi, ti stai annoiando?” Sento domandare da dietro le mie spalle.

Mi volto e mi trovo davanti Jongwoon, tutto sorridente e allegro. Mi domando come faccia a mantenersi così fresco dopo aver passato le ultime due ore a ballare.

“A dir la verità, sì.”

Lui annuisce e prende posto di fianco a me, passando un braccio sulle mie spalle e posando la testa contro di me.

“Su con la vita, Kyunnie. Si vive una volta sola, approfittane", dice quasi mormorandomi all'orecchio.

“Appunto. Non esiste solo il divertimento, ci sono altre cose, probabilmente molto più importanti.”

“Siamo noi stessi che diamo valore alle cose. Se non vivi ora, quando non ci sarà più tempo per farlo, quando la vita giungerà al suo termine… allora proverai rimorso per quanto non hai potuto fare perché troppo impegnato in altre cose che non ti hanno dato la felicità.”

Perché mi sta facendo questi discorsi filosofici? Non è da lui farli. Giro la testa verso di lui e lo vedo sorridermi tristemente e nemmeno questo è da lui.

“Stai bene, Jongwoon?”

“...” Alza lo sguardo dal pavimento e mi fissa negli occhi. Riesco a scorgere in quei pozzi neri la tristezza e… il rimpianto? “Starei meglio, se avessi fatto quello che avrei dovuto fare tempo fa”, risponde in maniera misteriosa.

È da un paio di settimane che Jongwoon mi dà questa sensazione di distacco, solitudine e rimorso. Non capisco a cosa sia dovuto e lui, se premo sull'argomento, evita di rispondermi. Non si fida più di me?

 


 

“Ehi, Kyuhyun!” Mi sento chiamare da una voce squillante.

Mi volto verso la persona che mi cerca e la osservo. È un ragazzo di qualche centimetro più basso di me, i lineamenti del viso molto affilati e degli zigomi alti e pronunciati. Lo riconosco. È uno dei ragazzi che si siede sempre al primo banco durante le lezioni di letteratura, di fianco a Jongwoon.

“Ciao…” Non ricordo il nome. Perché faccio sempre queste figuracce?

“Sono Ryeowook”, risponde prontamente lui, per niente sorpreso del fatto che non ricordassi come si chiama. “Vuoi sederti vicino a me?”

Lo guardo stranito perché, insomma, quel posto è di Jongwoon, non mio.

“No grazie, Woonie potrebbe arrabbiarsi.”

“Wo-Woonie?” Noto che è impallidito e che ha gli occhi lucidi, come se stesse per piangere. “Ma lui è m…”

“Kyu! Andiamo a lezione che il prof ci aspetta”, lo interrompe Donghae correndomi incontro per gli ultimi passi che ci separavano.

Osservo Ryeowook mentre guarda il nuovo arrivato come se fosse un pazzo. Okay che Donghae può sembrare un tantino… tonto, ma non è pazzo… Credo.

“Vieni anche tu, Ryeowook?”

“Ehm, sì…”

Insieme ci incamminiamo a lezione, Ryeowook con il capo chino e ogni tanto lanciandomi degli sguardi di incredulità e Donghae parlando di Hyukjae e del loro anniversario.

 


 

“Kyuhyun.”

Mi alzo di scatto urlando, guardandomi intorno per capire dove mi trovi. Quando scorgo la porta piena di poster di StarCraft mi tranquillizzo, cercando di ricordare cosa stessi sognando ma l'unica cosa che mi viene in mente è una voce che continua a mormorare il mio nome.

Alzo le mani per passarmele tra i capelli, ma qualcosa in esse richiama la mia attenzione. Sono scure, come se fossero sporche, ma ricordo bene di essere andato a letto pulito. Ne allungo una per accendere la lampada nel comodino di fianco al letto.

Urlo. Urlo come un ossesso mentre cerco di pulirmi le mani sulle lenzuola, ma il sangue continua ad esserci. Sto per uscire dal letto per correre in bagno quando mia madre entra nella mia stanza, fiondandosi di fianco a me. Mi prende tra le sue braccia e mi carezza i capelli, cullandomi fino a quanto smetto di singhiozzare. Non mi ero neanche accorto di aver cominciato a piangere.

Quando il mio respiro torna regolare, lei mi asciuga le lacrime e mi sistema di nuovo sotto le lenzuola, che mi accorgo sono intonse, come se non avessi cercato di pulirmici qualche minuto prima. Mi guardo le mani e le trovo pulite, senza nemmeno una traccia di quel liquido scarlatto.

“Mam-”, provo a chiamarla, ma lei mi posa un dito sulle labbra.

“Va tutto bene, tesoro. È stato solo un brutto sogno, niente di più.”

“Le mie mani… erano rosse, come se ci fosse del…”

“Sangue. Lo so, me l'hai già detto ieri. Non preoccuparti, era solo un incubo”, cerca di tranquillizzarmi.

Rimaniamo abbracciati per un bel po’, forse anche un'ora, e alla fine la rassicuro che può tornare da papà. Lei annuisce e, datomi un bacio sulla fronte, esce dalla camera, lasciandomi solo con i miei pensieri.

Ora che riesco a pensare lucidamente, riconosco la voce che chiamava il mio nome. Anche se era intrisa di angoscia e affetto, so con certezza chi mi chiamava. La domanda però resta. Perché Jongwoon continua a chiamarmi nei sogni?

 


 

Cammino come fossi uno zombie verso la scuola, senza prestare attenzione a ciò che mi circonda.

Ultimamente le mie mattine sono solitarie; Jongwoon da un po' di tempo ha smesso di accompagnarmi come facevamo agli inizi, visto che la sua università si trova nei dintorni della mia scuola.

Sospiro, cercando di ricordare il sogno di ieri sera che mi ha impedito di riaddormentarmi, ma l'unica cosa che mi viene in mente è la voce disperata di Jongwoon che mi chiama.

“Kyuhyun.”

Ecco, la sento anche se non dormo. O sono troppo stanco o sono pazzo, ma vorrei evitare andare a farmi qualche seduta da uno psichiatra.

“KyuKyu.”

Mi fermo. Il Jongwoon dei sogni non mi chiama mai per soprannome.

Mi volto lentamente e me lo trovo di fronte che sorride e in quel momento mi sembra di vedere un angelo. Si è tinto i capelli di biondo, come li aveva qualche anno fa, e indossa un pantalone bianco stretto abbinato ad una maglia beige. Il sole dietro di lui gli dà un'aria mistica, eterea.

“Jongwoon!” Strillo prima di stringerlo in un abbraccio.

“Ehi, ci siamo visti alla festa, la settimana scorsa… Ti sono mancato così tanto?” Ridacchia accarezzandomi i capelli.

Annuisco. “Dove sei stato?”

“Ho avuto delle procedure da sbrigare…”

“Per la tua borsa di studio?” Domando allontanandomi per dargli dello spazio.

Esita prima di rispondere. “Uhm, sì, sì certo.” Mi passa un braccio sopra le spalle. “Ti accompagno a lezione oggi.”

E insieme ci avviamo verso la mia scuola. Mentre camminiamo, continuo a parlare e lui mi sta ad ascoltare, ogni tanto accarezzandomi i capelli. Se non fosse per questo gesti, non sentirei nemmeno la sua vicinanza. È quasi come se non ci fosse.

“Bene, siamo arrivati. Ci vediamo, okay?” Annuncia Jongwoon quando si ferma davanti al cancello dell'edificio.

“Buona lezione, hyung!”

“Anche a te piccolo”, e detto questo, si allontana mentre io continuo a guardare nella sua direzione, almeno fino a quando non gira l'angolo.

Mi mancava moltissimo camminare con lui. Soffro molto la nostra distanza fisica e, ultimamente, anche quella emotiva. Sembra quasi mi abbia chiuso fuori e non mi voglia più raccontare nulla.

Entro nell'atrio e mi avvio al mio armadietto quando un gruppo di ragazzi, fermo di fronte all'aula di scienze, attira la mia attenzione. Heechul, che non dovrebbe nemmeno trovarsi qui, gesticola forsennatamente indicando ogni tanto il mio armadietto mentre Hyukjae e Donghae scuotono la testa sconsolati.

Sto per avvicinarmi, quando sento il ragazzo effeminato pronunciare il mio nome. Curioso, mi avvicino a loro senza farmi notare. So che è sbagliato ascoltare le conversazioni altrui, ma il fatto che ci sia di mezzo io non mi piace.

“Sta peggiorando. Dobbiamo dirlo ai suoi genitori”, mormora Hyukjae mentre accarezza la schiena al suo migliore amico.

“L'ho già fatto. Mi hanno detto che gli hanno aumentato le dosi… però io credo sia ora di dirglielo”, risponde il maggiore, girando lievemente la testa.

I nostri occhi si incontrano e nei suoi vedo passare la paura. Ma di cosa? Perché prima stavano parlando di me e ora di… qualcuno a cui stanno somministrando qualcosa?

“Kyuhyun!” Mi saluta Heechul avvicinandosi a me. Gli altri due lo seguono a ruota.

“Ehi… Uhm, che ci fai qui? Non hai lezione?”

“Passavo di qui per avvisare i ragazzi che stasera si guarda il film a casa mia”, mi informa senza smettere di sorridere. “Sei invitato anche tu, ovviamente.”

“Oh grazie, così passerò del tempo con Jongwoon; è da un sacco che non parliamo”, rifletto ad alta voce notando lo sguardo triste di Heechul.

“Heenim, credo che la tua lezione stia per…” Comincia a dire Donghae, ma viene interrotto da una voce amareggiata, intrisa di odio.

“Perché non glielo dite? Non è giusto che noi siamo gli unici che soffrono mentre lui vive nel suo bel mondo!” Commenta spregevole la migliore amica di Jongwoon, comparsa all'improvviso.

“Minha, non dovresti essere a lezione?” Ribatte seccamente Hyukjae.

“Jungsoo mi ha detto di venire a recuperare Heechul.”

“Bene. Ora che mi hai trovato, puoi tornare in aula.”

“Non senza di te. Vieni o spiffero a Kyuhyun tutto.”

Vedo le spalle dei miei amici irrigidirsi e i loro sguardi spaventati. Vorrei sapere cosa mi stanno nascondendo, ma Heechul, senza dire una parola, se ne va, portandosi dietro la castana.

Mi volto a guardare Donghae e Hyukjae, già pronti ad andare a lezione mano nella mano.

“Non mi state nascondendo nulla, vero?”

Fermano i loro passi e il maggiore dei due si gira, senza però guardarmi negli occhi ma piuttosto dietro di me.

“No.”

“E allora cosa intendeva Minha?”

“Oh. Abbiamo preparato una sorpresa per stasera…”

Mi sta mentendo, lo colgo dal tono della voce, dal suo sguardo sfuggente, ma evito di farglielo sapere. Investigherò per conto mio.

 



Salve gente!
Sono tornata con questa fanfic che, personalmente, adoro. Voglio dire, sta facendo uscire di testa due ragazze che mi fanno da cavie ;) Che poi... grazie, topsvoice e rebycloud97 perché state seguendo con interesse questa ff malata ahahahah
Vorrei tanto leggere vostri pensieri, delle teorie su quello che sta succedendo; chissà che possa trovare ispirazione o che davvero azzecchiate cosa sta accadendo.
Detto questo, vi saluto. Vi aspetto al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


I pensieri sono le ombre delle nostre sensazioni: sempre più oscuri, più vani, più semplici di queste.
- NIETZSCHE -

 


 
 

A quest'ora la casa dovrebbe essere vuota. Mia madre aveva menzionato qualcosa su un club del cucito o una roba simile, Ahra mi ha detto che sarebbe stata con le sue amiche per studiare e papà è al lavoro.

Apro la porta d'ingresso e poso a terra il mio zaino, poi mi metto a guardare in ogni stanza, in cerca di… non so neanche io di cosa. Forse qualcosa di strano.

Entro in cucina e controllo ogni armadio, mensola, dispensa, ma oltre alle pentole, alle stoviglie e al cibo non c'è nulla che richiami la mia attenzione. Faccio la stessa cosa in salotto e nelle stanze, ma non trovo nulla. Sto per fermarmi nella mia ricerca quando mi accorgo che c'è un posto dove non sono entrato.

Mi avvicino alla porta del bagno dei miei genitori. Di solito non ci entro perché tanto ho il mio personale però, se i miei genitori dovessero nascondere qualcosa da me, questo sarebbe il luogo perfetto.

Entro e punto subito all'armadietto di fianco al lavandino, aprendo ogni sportello ma dentro, oltre ai normali cosmetici di mia madre e i prodotti di mio padre, niente mi sembra che non c'entri nulla. Mi giro allora verso la specchiera, dove ci sono due ante, e controllo bene.

“Ma che…?” Tiro fuori uno dei tanti flaconcini bianchi e cerco di identificare il nome, ma è sconosciuto. Scatto una foto con il cellulare e rimetto via le pillole prima di uscire dal bagno.

“Devo andare da un medico… Ora!” Corro al piano terra e, senza la minima cura, esco da casa correndo, diretto alla farmacia che c'è nel quartiere.

 


 

Questo è uno psicofarmaco. Viene somministrato ai pazienti che soffrono di deliri e allucinazioni.

Continuo a ripetermi queste parole in testa. Un medicinale da dare a chi crede di vedere cose che non ci sono, che confonde la fantasia con la realtà. E lo teniamo in casa nostra. A quanto pare, i miei lo stanno dando a qualcuno. Se Heechul e gli altri parlavano al maschile, di certo non si riferivano ad Ahra.

Sono pazzo. Sono fottutamente pazzo! Come faccio a non sapere cosa mi succede? In che modo i miei mi somministrano le pillole? Cos'è che confondo come reale?

Uscito dalla farmacia non riesco a muovermi. Sono paralizzato sul posto, in dubbio su tante cose e spezzato. Non capisco perché mi tengono nascosta la cosa, né perché i miei amici sanno tutto. Mi sento tradito e isolato da chi dovrebbe volermi bene.

Sento qualcosa di bagnato scivolare lungo le mie guance e quando le tocco, mi rendo conto che sto piangendo. Non m'importa che la gente che passa mi guardi impietositi o indifferenti; mi accuccio a terra e mi abbraccio le gambe, sfogando quel dolore, quella disperazione che mi hanno assalito.

“Kyuhyun?!” Sento una voce continuare a chiamarmi, ma io non reagisco. Come potrei, se non so cosa è reale e cosa no?

“KYUKYU!” Strilla questa volta mentre mi scuote per le spalle.

Alzo il capo, riconoscendo quella voce ma avendo bisogno di vedere con i miei occhi che è lui, che è Jongwoon quello che mi chiama.

Sento le mani del mio amico asciugarmi gli occhi mentre continua a mormorare parole di consolazione. Ma per chi? Per una persona che non sa nulla?

“Kyuhyun, che è successo? Perché piangi? Chi ti ha fatto male?”

Sospiro di sollievo, avendo la certezza che è Jongwoon e che, come ogni volta che ne ho bisogno, c'è lui a consolarmi.

Lo abbraccio e nascondo il viso nell'incavo del suo collo, inalando il suo profumo, cercando qualcosa che mi possa calmare. Lui si lascia fare e prende ad accarezzarmi i capelli, cullandomi come se fossi un bambino che, in effetti, è quello che sono ora.

Non so quanto tempo sia passato da quando sono uscito, ma quando sono del tutto calmo, Jongwoon mi consiglia di andare a casa e anche se non voglio, accetto. So che ho visto quello che non dovevo vedere, ma i miei genitori non lo sanno e non voglio dirglielo. Almeno non fino a quando avrò capito appieno la situazione.

“Sei un ragazzo forte, Kyuhyun, e niente può buttarti giù. Lotta sempre, anche quando credi che la tua battaglia sia terminata. E non preoccuparti: io sarò sempre al tuo fianco”, mormora Jongwoon prendendomi per mano e cominciando a camminare verso casa mia.

“Hyung, mi spiace che tu sia venuto da me anziché andare dove dovevi andare”, sussurro guardandolo di sottecchi.

“Tranquillo, ero venuto comunque per te”, replica lui sorridendomi.

Sono contento sia stato lui a trovarmi, ad aiutarmi in questo crollo perché altrimenti, sarei ancora a terra davanti alla farmacia. Con solo la sua presenza è riuscito a tranquillizzarmi, a placare il mio senso di disperazione. Ma nonostante ciò, c'è una cosa che mi lascia perplesso: come faceva a sapere dove mi trovavo, se non l'ho detto a nessuno?

 


 

Devo parlare con qualcuno di questa scoperta. Insomma, non è una cosa da prendere alla leggera, soprattutto se stiamo parlando della mia sanità mentale.

I miei genitori sono fuori questione e così anche mia sorella. Non posso neanche fidarmi dei miei amici perché ci sono dentro anche loro.

“Jongwoon”, penso all'improvviso prima di uscire di corsa da scuola e dirigermi verso la sua università appena la campanella suona, indicando la fine delle lezioni.

Quando arrivo fuori dai cancelli, comincio a guardarmi intorno per accertarmi che nessuno mi veda. Scorgo la chioma bionda del mio hyung di fianco ad un salice, nel giardino esterno dell'edificio.

Vado da lui correndo, sollevando qualche risatina di scherno dai ragazzi più grandi e anche degli sguardi curiosi. Non m'importa nulla. Ora voglio solo sfogarmi con Jongwoon e sentire un suo parere.

“Kyuhyun”, mormora appena mi vede di fronte a sé con le guance arrossate per la corsa e il caldo.

“Hyung”, rispondo prima di sedermi contro il tronco dell'albero e respirare profondamente.

“Come mai sei qui?” Domanda mentre prende posto al mio fianco.

Seduti spalla contro spalla, all'ombra del salice, sembra di essere tornati a un paio di mesi fa, prima che tutti cambiasse. Prima dei miei incubi e del distacco tra noi due.

Mi volto a guardarlo e gli sorrido. Con lui trovo sempre una grande pace, qualunque situazione io stia affrontando.

“Sai hyung, credo di essermi perso.” Solleva un sopracciglio, incuriosito dalla scelta delle mie parole. “Non so chi sono, o chi sono gli altri, se per questo.”

“Perché…?”

Ma non lo lascio terminare la frase. “Ieri pomeriggio ho scoperto nel bagno dei miei dei farmaci, per l'esattezza, degli psicofarmaci. Non li prendono né loro né mia sorella. L'unico rimasto sono io.”

“O li hanno lì da un bel po’ e non li prende più nessuno”, consiglia lui. Sempre buono il mio hyung. Pensa sempre il meglio di tutto.

“No. Ne sono certo. Ieri mattina ho sentito il mio nome e la parola 'medicinali’ nella stessa frase. Ho chiesto ad un farmacista a cosa servissero quei farmaci e mi ha risposto che sono per le persone che hanno dei disturbi seri, tra i quali allucinazioni e deliri”, replico con certezza. “Non so più niente, hyung. Non so cosa sia reale e cosa frutto della mia immaginazione. Tutto questo che mi circonda esiste, o è solo un prodotto della mia mente malata?” Mi prendo la testa tra le mani e sospiro.

Jongwoon resta in silenzio, probabilmente concedendomi il tempo di calma, di quiete di cui ho bisogno in questo istante. Mi passa un braccio sopra le spalle e mi stringe a sé. Potrei giurare che è come stare abbracciando l'aria. Sorrido al pensiero. Sì, sono proprio andato.

“Kyuhyun… Hai mai pensato che i pazzi fossero loro e non tu? Insomma, tu sai di essere normale o almeno lo pensavi fino a ieri l'altro. E se tutto questo fosse stato pianificato per farti impazzire? Magari, non ti vogliono nella loro vita. Me l'hai raccontato anche tu, di come i tuoi litigassero perché non avrebbero voluto averti. E anche di come i tuoi amici non ti sopportino, soprattutto quando dimostri di essere un genio. Come si stanno comportando in questo periodo con te? Cosa continuano a fare?”

“Loro… mi ignorano. O almeno, evitano di parlare quando ci sono io nei dintorni. I miei genitori ultimamente li vedo solo a cena, e spesso, neanche quello. Mia sorella è sempre fuori casa, non la vedo mai. E i miei amici… Ma hyung, mi sembrano preoccupati per me.” Lo guardo prima di riprendere a parlare.

“Voglio dire, mia mamma, quando ho gli incubi, viene a farmi riaddormentare. Heechul continua ad invitarmi a casa sua, anche quando non voglio uscire. Hyung, non possono volermi male.”

“E Minha? Non è sempre quella che mostra il suo odio per te? Kyuhyun, non sei tu il problema; sono loro”, dice serio mentre guarda in lontananza.

Perché riesco a sentire così tanto odio verso il mondo provenire da lui? Non era così, qualche mese fa. Rideva, sorrideva e non si lamentava mai. Ora invece sembra che voglia vendicarsi. Però, è da un po' che non mi parla di lui. Perché? Non ha proprio niente da dirmi?

 


 

“Kyuhyun, cosa succede? Perché ci ignori? È da una settimana che hai smesso di parlarci, che non vieni più alle nostre serate…” Mormora Eunhyuk posando una mano sulla mia spalla e voltandomi verso di lui.

Siamo nel mezzo del corridoio di scuola che porta alla mensa. In questi sette giorni ho evitato come la peste di entrare in quel posto, ma stamattina non ho mangiato la colazione che mi ha dato mia madre e non ho neanche preso il pranzo che mi aveva preparato.

Posso negare quanto voglio con Jongwoon, ma le sue parole hanno cominciato a fare il loro lavoro, gettandomi nel dubbio profondo. Non mi fido più di quello che cucinano i miei per me; devo vedere con i miei occhi che i miei piatti vengano riempiti dalla stessa pentola in cui c'è il cibo della mia famiglia. Evito i miei amici e le loro chiamate, e quando li vedo nelle mie vicinanze, tiro dritto, facendo finta di non vederli.

Jongwoon non l'ho più visto, ma ogni giorno mi scrive, chiedendomi come sto. Non ha più accennato a quanto mi ha detto, ma so che dalle mie risposte capisce cosa mi abbia procurato.

Guardo torvo Eunhyuk prima di scrollarmi di dosso la sua mano e allontanarmi da lui e da Donghae.

“Oh, adesso esprimete apertamente la vostra preoccupazione per me?! Non sono un bambino, se avete delle cose dalle quali volete proteggermi, ditemelo! Siete solo dei falsi amici perché quelli veri ti dicono le cose come stanno e non ti lasciano da solo a brancolare nel buio!”

Il mio scoppio di ira li ha sorpresi e davanti ai loro sguardi confusi sorrido beffardo. Non ho mai desiderato così tanto vedere qualcuno soffrire tanto quanto sto facendo io.

Loro non sanno cosa significa sentirsi tradito, smarrito e sofferente. Voglio che provino questi sentimenti che da una settimana mi stanno facendo compagnia.

“Kyu-Kyuhyun… io…”

“Risparmiati il fiato, Donghae”, gli lancio uno sguardo di disapprovazione. “Pensavo di poter sempre contare su di voi, ma a quanto pare mi sbagliavo. Jongwoon aveva ragione.”

“Cosa c'entra Jongwoon?” Domanda stranito Eunhyuk.

“Mi ha detto la verità. Mi ha rivelato che non mi sopportate e ora lo vedo chiaramente”, rispondo acido.

“Ti ha detto la verità, eh? E come avrebbe fatto, sentiamo…” Noto che Donghae sta stringendo il braccio del suo ragazzo, forse timoroso di qualcosa, magari che mi possa picchiare. Eunhyuk si libera dalla sua presa in modo violento. “No Hae, non mi fermerò oggi. Crede che lo stiamo prendendo in giro, lasciandolo perfino da solo! Vuole che gli diciamo la verità? Bene, gliela dirò!” Dice ad alta voce prima di girarsi verso di me.

“Dopo quello che ti dirò, voglio vedere a chi crederai. Se al 'tuo Jongwoon’ o ai tuoi amici.” Prende fiato e mi guarda serio, facendomi rabbrividire. “Non credo che Jongwoon abbia potuto dirti quelle cose su di noi, né che sia riuscito a dirti la verità, visto che è cominciato tutto dopo quel giorno.”

“Quel giorno? Di che cosa…” Non riesco a finire la frase perché i ricordi mi affiorano alla mente, inondandomi di immagini raccapriccianti di me, inginocchiato a terra in mezzo ad una strada, con la testa di Jongwoon sulle mie gambe e il resto del suo corpo disteso

Quello che mi fa venire voglia di urlare, di piangere e di vomitare è la pozzanghera di sangue che si trova sotto i nostri corpi. Comincio ad annaspare in cerca di aria.

“Kyuhyun, è ora che tu lo sappia, che tu ricordi cosa è successo tre mesi fa… Jongwoon è morto”, mormora Eunhyuk prima di abbracciarmi e scoppiare a piangere.

Io non mi muovo. Sono paralizzato dalle sue parole, ma soprattutto dai miei ricordi. Il suo sangue... il sangue di Jongwoon, sulle mie mani mentre gli urlo di non lasciarmi, di tornare indietro da me, maledicendo il cielo di avermi tolto l'unica persona capace di farmi sentire felice, vivo; di avermi tolto il mio angelo.

 


 

“Stai meglio?” Domanda preoccupato Donghae, facendomi sedere a terra, vicino agli armadietti, con Eunhyuk che mi segue a ruota.

Come posso rispondere, se quello che mi ha rivelato il suo ragazzo è devastante? Ho scoperto che il mio migliore amico è morto, probabilmente tra le mie braccia se i miei ricordi sono chiari, e che in tutto questo tempo ho parlato al… vento.

Sento che Eunhyuk ha pronunciato qualche parola prima di venire interrotto da un nuovo arrivato, che preferirei non fosse apparso.

“Che diamine gli è successo? Perché si trova in quello stato?!” Strilla Heechul, accovacciandosi di fronte a me e scostandomi i capelli dalla fronte.

“Kyu, tutto bene? Vuoi qualcosa?”

“...” Apro bocca ma nessun suono esce.

“Perché è così? Cos'ha?” Lo sento domandare ai due ragazzi con noi.

“Io… Stavamo… discutendo e gli ho… Gli ho detto la verità", spiega Eunhyuk.

“TU COSA?!” Torna a guardarmi, mi prende una mano e comincia ad accarezzarla. “Kyuhyun, andrà tutto bene. Tu…”

“Casa”, sussurro, destando l'attenzione dei miei amici che mi guardano speranzosi. “Da solo… Voglio che mi lasciate da solo”, aggiungo rapidamente.

“...” Li vedo guardarsi negli occhi. “Certo Kyu, adesso ti portiamo a casa. Vieni”, replica Donghae tirandomi su e portando un mio braccio attorno alle sue spalle mentre mi cinge la vita.

Camminiamo fuori da scuola, sotto lo sguardo sorpreso dei nostri compagni. Cosa mi importa ormai di quello che pensano, se tanto mi hanno visto parlare da solo? Digrigno i denti. Avrebbero dovuto dirmelo prima, evitando di rendermi lo zimbello dell'intero corpo studentesco, se non anche degli insegnanti.

Ho vissuto per tre mesi al buio, come un cieco che non vede nulla. Certo, non per volere mio, ma perché i miei cari hanno deciso di privarmi della vista, dell'unica cosa che avrebbe potuto far sì che vivessi l'ultimo anno di scuola in modo dignitoso.

Mi sono fidato del mio istinto e di quello che credevo vedere, ma in realtà era tutta un'illusione. Sono sempre stato solo e agli occhi degli altri, tentennavo nell'oscurità, incapace di vedere dove stessi andando.

Di chi potrò mai fidarmi, se chi pensavo mi amasse si sono rivelati degli egoisti? E l'unica persona che aveva la mia più totale fiducia è… scomparsa.

 


 

“Non beve, non mangia… Il dottore ha detto di aspettare, che è normale reagire così… Non so più che fare e tu non ci sei mai in casa!”

Sono tre giorni che non esco dalla mia stanza. Tre giorni in cui la mia unica compagnia sono gli uccellini che cinguettano sull'albero davanti alla finestra di camera mia. Sono tre giorni in cui mia madre e mio padre non fanno altro che litigare, provocando scoppi d’ira a mia sorella, abbastanza stressata dalla situazione in casa e a scuola.

I professori, e perfino alcuni miei compagni, chiamano spesso per sapere come sto. Tsk, ipocriti. Non gliene è mai importato nulla di me, né prima né dopo l'incidente. Sono come avvoltoi che volano intorno agli animali morenti, in attesa che si riducano ad una carcassa senza vita. Ma non darò a loro questa soddisfazione. A nessuno.

Sì, sono ferito, sofferente e fragile, ma mi rimetterò in sesto e quando lo farò, me ne andrò via da questo covo di predatori egoisti. Non sono pazzo e glielo dimostrerò.

“Se allora non vuoi tornare per me, fallo per tuo figlio! Ha bisogno di suo padre!” Strilla mia madre dal piano di sotto.

Sento bussare alla mia porta e come al solito, non rispondo. Lo so che è mia sorella, e so anche cosa vuole.

“Kyu, tutto bene? Non devi ascoltarli… Tutto tornerà come prima e noi… tu tornerai a sorridere”, mormora Ahra dal corridoio.

Sorrido amaramente. “Sai noona, ho sempre pensato che la famiglia fosse un posto sicuro, dove potevi essere chi volevi, rifugiarti quando ne avevi bisogno…” Mi asciugo una lacrima, l'ennesima da quando sono rinchiuso qui. “Ma non è così. I fatti dimostrano il contrario, e lo sai quanto io sia fissato con le prove, come un vero scienziato… Smettila di dire che andrà tutto bene, perché non sarà così. Continuerete a pensare che sono pazzo e alla fine mi ricovererete in una casa per malati mentali. Mamma e papà non smetteranno di litigare e si separeranno. Tu te ne andrai per la tua strada, lasciando indietro questa famiglia. E sai cos'è la cosa buffa? Che vi incolperete gli uni agli altri, ma alla fine c'è solo una persona che ha la colpa: io. Se non avessi obbligato Jongwoon ad uscire di casa anche con la tempesta di neve… Se non fossi stato così egocentrico… lui sarebbe ancora vivo e noi una famiglia unita. Mi dispiace, Ahra, per averti privato della gioia di avere una famiglia normale”, mormoro tutto d'un fiato, asciugandomi le lacrime.

Dall'altro lato della porta non sento più le urla di mia madre, solo i singhiozzi di mia sorella che mi chiama, che mi prega di lasciarla entrare. Perché dovrei farlo, quando loro stessi mi hanno rinchiuso?

 



Lo so cosa starete pensando: ha già aggiornato?
Vi capisco perché in effetti ho aggiornato molto rapidamente... Comunque, ho deciso di terminare così il capitolo perché Kyuhyun ha scoperto dei farmaci e vediamo come reagisce e, a parer mio, è tanto per un unico capitolo.
Ora, la vera domanda è: chi è Jongwoon? Perché sembra ce l'abbia a morte con chi sta vicino a Kyuhyun, Minha compresa? E perché Kyuhyun non ha mai, per un secondo, messo in discussione l'esistenza del suo migliore amico? Se vi va, rispondete alle domande nelle recensioni.
Ora, non so quando tornerò ad aggiornare perché, ahimé, l'Università chiama, e così anche gli esami che mi porto dietro da tipo due anni... Già, bella situazione.
Anyway... Spero vi sia piaciuto il capitolo e che continuiate a leggermi :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



 

“Kyuhyun, svegliati…” Sento qualcuno che mi sussurra all'orecchio, interrompendo il sonno nel quale ero caduto dopo aver sentito le suppliche di mia sorella.

Apro gli occhi di scatto, ricordando che la porta della camera era chiusa a chiave da dentro. Nessuno sarebbe potuto entrare.

Volto la testa a sinistra e mi trovo faccia a faccia con Jongwoon che mi sorride.

“Ciao, Kyu.”

“... 'Ciao, Kyu’?! Ma mi prendi in giro?” Mi tiro su di scatto dal letto evitando di guardare nella sua direzione.

Non è reale, è nella mia testa. Altrimenti, come avrebbe fatto ad entrare in camera?

“Andiamo Kyu, lo sai che io sono sempre serio.”

Eri sempre serio. Tu… Tu sei morto e sei solo un'illusione, un prodotto della mia mente malata.”

“Io sono reale. Sono qui, vivo e vegeto. Sei tu che stai allucinando altro”, afferma stringendosi nelle spalle.

“Cosa?”

“Scusa?”

“Cos'è che starei allucinando?”

“Tu sveglio, la tua famiglia, i tuoi amici… la mia morte.”

“Sono abbastanza sicuro di essere sveglio”, sbuffo contrariato.

Perché Jongwoon è qui? Nonostante tutto, le medicine le prendo, allora perché lo vedo ancora? Cosa vuole da me?

“E io sono sicuro di essere vivo, come la mettiamo?” Inarca un sopracciglio con aria arrogante.

Questo non è lui. Non mi parlerebbe mai in questo modo; non lo faceva neanche quando si stancava delle mie prese in giro.

Mi dirigo al bagno e tiro fuori un flaconcino del farmaco prescritto, prendo una pillola e la ingoio, mantenendo il mio sguardo su quello del… fantasma.

“Credi davvero a quello che ti hanno detto? Kyuhyun, perché dovrei mentirti? Perché dovrei desiderare di vederti impazzire e volerti vedere isolarti dal mondo?”

“Non lo so, dimmelo tu”, rispondo tornando a letto e coricandomi sotto le lenzuola. “Sei solo un'illusione, non esisti più. Se sei qui perché ti chieda perdono… Lo so che ho sbagliato e quando potrò, verrò sulla tua tomba a chiederti perdono. Per ora, lasciami da solo; mi hai già rovinato abbastanza la vita.” Chiudo gli occhi, sperando con tutto me stesso che non insista e che mi lasci stare.

“Io e te siamo reali. Ma chi ha detto che gli altri lo siano? Tu non mi hai ucciso perché non c'è stato nessun incidente. Non so cosa ti abbiano detto, ma niente di tutto ciò è finto. Anzi, solo una cosa lo è. Le persone vicine a te”, mormora Jongwoon poco lontano da me, probabilmente dirigendosi alla porta.

“Oh, e un'ultima cosa. Controlla il cellulare; io ci sono ancora”, e detto ciò, sento la porta chiudersi e so per certo di essere da solo.

 



“Dai cazzo, Kyuhyun apri!” Esclama Heechul dal corridoio.

Sono passate due settimane da quando mi sono rinchiuso in camera. Mia sorella dopo il giorno in cui ha pianto non si è più fatta sentire, così come mia madre o mio padre. I miei amici hanno continuato a chiamarmi sul cellulare ma, dopo aver scoperto che i messaggi di Jongwoon ci sono ancora, l'ho spento.

Il mio amico aveva ragione: lui c'è ancora. O almeno, il suo cellulare. Ma non penso esista qualcuno abbastanza cattivo da mandarmi messaggi con il suo telefono solo per farmi impazzire… O sì?

Quindi i miei dubbi sono aumentati. Sono davvero pazzo? I miei cari mi vogliono bene quanto dicono di volermene? Jongwoon… è vivo o è morto?

Per quanto mi sforzi di capire qualcosa, non ce la faccio. E questo pur prendendo i farmaci.

Per questo, ieri ho deciso che sarei tornato a scuola, magari tornare alla normalità mi servirà a qualcosa.

“Se non apri la porta… La sfondo!” Strilla la diva.

Scuoto la testa e mi guardo un'ultima volta allo specchio. Sono dimagrito parecchio, tanto che i vestiti mi stanno larghi, ho le occhiaie e le borse sotto gli occhi. In più, ho la pelle pallida. Fantastico. Torno a scuola che sembro un incrocio tra uno zombie e un vampiro affamati.

Sospiro e proprio nel momento in cui Heechul mi sta minacciando di chiamare Youngwoon per sfondare la porta, la apro ed esco.

Insieme a lui ci sono anche Eunhyuk e Donghae, che presumo siano rimasti in silenzio solo per non farmi arrabbiare, e tutti e tre mi guardano sorpresi, come se stessero vedendo un fantasma.

Be’, non che sia lontano dalla verità…

“Kyu, noi…” Mormora Eunhyuk grattandosi imbarazzato la nuca.

“Credevo foste venuti per portarmi a scuola. Andiamo?” Lo interrompo mentre mi incammino verso le scale e comincio a scenderle.

Dietro sento loro seguirmi, bisbigliando tra loro e continuando a fissarmi la schiena, facendomi sentire maledettamente osservato.

“Avete finito di squadrarmi da capo a piedi?!” Stizzito, mi giro verso di loro guardandoli torvo.

“SÌ!” Risponde spaventato Donghae, alzando le mani in segno di resa.

E senza indugiare oltre riprendiamo a camminare con loro che cercano di inserirmi nei loro discorsi, con scarsi risultati.

Devo trovare qualcuno che mi spieghi che sta succedendo. Sto vivendo una vita sdoppiata: da una parte quella dove prendo i farmaci e i miei cari mi aiutano, dall'altra quella che vede i messaggi di Jongwoon e crede che sia vivo. In entrambi i casi, sono comunque pazzo e non posso cavarci un ragno dal buco senza un piccolo aiuto.

Il problema è che non so a chi chiedere. La mia famiglia e i miei amici potrebbero stare tramando contro di me, e quindi volere che io rimanga matto. Di Jongwoon non posso più fidarmi perché non so se è vivo o morto.

Dovrei trovare qualcuno che sia estraneo alla faccenda, ma non del tutto. Deve essere a conoscenza del mio passato e del mio presente solo grazie a dei terzi.

Quando finalmente trovo la persona alla quale potrei fare qualche domanda, sento una mano posarsi sulla mia spalla e riportarmi coi piedi per terra.

Mi volto e vedo lo sguardo preoccupato di Eunhyuk e Donghae; di Heechul neanche l'ombra.

“Tutto bene, Kyu?” Domanda titubante Donghae.

“Sì.”

“Oh… Okay. Siamo arrivati a scuola… E Heechul è già andato in uni.”

“Bene”, replico prima di varcare il cancello della scuola.

Sento su di me lo sguardo di tutti i presenti, che non cercano minimamente di non farsi notare. Ma non m'importa; osservino quanto vogliono, alla fine sarò io a guardarli come dei fenomeni da baraccone.

Nessuno cerca di fermarmi né di salutarmi ed è meglio così. Non sono qui per fare amicizia, per rispondere a delle domande le cui risposte non conosco nemmeno io. Sono venuto a scuola per finire i miei studi, continuare  con l’università e diventare qualcuno talmente famoso e importante che loro stessi cercheranno di avvicinarsi a me.

Nessuno avrà mai più l'onore e il piacere di conoscere il Cho Kyuhyun degli anni prima della morte di Jongwoon. Quello, ormai, è il mio fantasma. Di lui non restano altro che ceneri.

 


 

“Hyung, ho bisogno del numero di Minha”, dico senza giri di parole a Heechul per telefono.

“Ciao anche a te… A cosa ti serve?” Domanda e posso sentire la curiosità nel suo tono di voce, oltre a della preoccupazione. Sbuffo mentalmente e conto fino a dieci prima di rispondergli in malo modo.

“Devo parlare con lei. Devo fare un questionario a delle ragazze e potrei cominciare da lei”, mento, sapendo bene che gli basterebbe chiedere conferma a Donghae e a Hyukjae per smascherare la mia bugia, ma non m'importa.

“Uhm, un questionario…”

“Se non vuoi aiutarmi, fa niente; la aspetterò fuori dall'Università”, commento contrariato, conscio del fatto che non mi vuole vicino a quel posto perché mi potrebbe fare ricordare cose spiacevoli, come Jongwoon, ad esempio.

“D'accordo! Adesso te lo mando per messaggio… Solo, non farle domande se non c'è nessuno con-”

Lo interrompo mettendo giù. Nessuno può dirmi cosa fare o meno; sono io il padrone della mia vita, gli altri non sono altro che meri personaggi secondari. Nessuno escluso.

Immerso nei miei pensieri, fatico a sentire il cellulare che mi notifica l'arrivo di un messaggio ma la vibrazione mi riporta coi piedi per terra. Apro il messaggio e salvo il numero di Minha, chiedendole anche se può incontrarmi.

Mi risponde subito con un secco “Blue Bar fra dieci minuti”, e comincio subito a prepararmi un discorso, tenendo bene a mente quello che voglio chiederle.

Sarà difficile parlare con lei, visto che credo di aver capito che mi odia per quello che è successo, dandomi la certezza che è solo colpa mia. Sospiro profondamente e mi incammino verso il locale, sperando ardentemente che possiamo discutere pacificamente, senza che lei mi incolpi apertamente.

Arrivo al bar ed entro, guardandomi intorno per vedere se lei è già arrivata e se ha preso posto. Sorrido lievemente quando trovo Minha seduta ad un tavolo in un angolo, nascosta dagli altri clienti grazie ad una pianta. La raggiungo e mi siedo di fronte a lei, notando subito che ha uno sguardo teso, quasi preoccupato.

“Ciao”, la saluto cordialmente. Devo almeno cercare di non farmi odiare ulteriormente, altrimenti addio risposte alle mie domande.

“...” Si porta una mano in viso per spostarsi la frangia indietro e umettandosi le labbra. “Ciao”, mormora a bassa voce.

Mi aspettavo di peggio, sinceramente. Non che mi tirasse una sedia, ma neanche che fosse così… remissiva.

Faccio per aprire bocca, ma vengo interrotto dall'arrivo del cameriere che posa di fronte a noi due frappè alla fragola e due ciambelle ai frutti rossi. Inarco un sopracciglio e la guardo.

“Ho ordinato mentre ti aspettavo”, specifica addentando il dolcetto.

Mi trattengo dal chiederle se è una coincidenza il fatto che sia la bibita che il dolcetto siano ai miei gusti preferiti.

Visto che lei è intenta a mangiare, faccio anche io la stessa cosa. Magari, in questo modo, saremo rilassati per poter parlare. O, semplicemente, sarà di migliore umore.

Sto finendo l'ultimo sorso del frappè quando lei si passa un fazzolettino sulle labbra, per togliere eventuali briciole o schiuma, e mi fissa seria.

“Sei qui per parlare, giusto?” Spezza il silenzio, osservando ogni minimo gesto da parte mia, ogni reazione.

“Sì”, rispondo tranquillamente posando il bicchiere.

“Perché me?”

Me l'aspettavo la domanda. D'altronde, perché scegliere di parlare con una persona che non conosco, quando potrei rivolgermi ad altri? È una cosa insensata.

“Perché sono sicuro tu mi dica la verità. Non vedo perché tu debba mentirmi: se è scomoda e brutta, soffro e tu gioirai del mio dolore, no?”

“Mi credi così insensibile?”

“Dopo i nostri incontri precedenti, sì.”

“La mia è rabbia, perché tu sei vivo e lui no, perché tu non ricordavi nulla mentre noi dobbiamo vivere con questa consapevolezza da quel giorno”, precisa stringendo le mani davanti a sé sul tavolino.

“...” La guardo negli occhi, cercando qualche segno di resistenza, ma l'unica cosa che vedo è rimpianto. “Raccontami tutto dall'inizio”, la incito, preparandomi al peggio che, sono sicuro, accadrà solo a causa mia.

Minha mi squadra prima di annuire. “Quel giorno nevicava…”

 

Flashback

 

Mi guardavo intorno, alla ricerca di un segno che mi indicasse che Jongwoon era passato davanti a casa mia.

Quella mattina, prima che la neve cominciasse a cadere così copiosamente, mi aveva detto che aveva un regalo per il suo piccolo e che glielo avrebbe dato quel giorno stesso. Avevo cercato di dissuaderlo, dicendogli che ci sarebbe stata una bufera e che era meglio se fosse stato a casa. Ovviamente lui non mi ascoltò.

Alle sette di sera mi mandò un messaggio, dicendomi che si sarebbe incamminato a casa di Kyuhyun perché questi aveva insistito di volere il suo regalo in quell'istante e lui, gentile come sempre, lo aveva tranquillizzato.

Preoccupata, provai a chiamarlo più volte, però non mi rispondeva, quindi decisi di uscire; per andare a casa di Kyuhyun sarebbe dovuto passare davanti a casa mia. Quando notai che mezz'ora era passata e che non avevo visto nessuno, mi incamminai verso casa del minore, pregando che fosse arrivato sano e salvo.

Girato l'angolo, però, mi trovai di fronte una scena che avrei voluto non vedere. Seduto a terra, con il corpo di Yesung addosso alle sue gambe, c'era Kyuhyun, che urlava con la testa rivolta verso il cielo e le lacrime che scendevano lungo il volto.

Non riuscivo a capire cosa stesse dicendo, ma il sangue ai loro piedi mi diede un'idea di quello che potesse star urlando. Mi avvicinai lentamente a loro, senza staccare lo sguardo dal corpo senza vita di Jongwoon.

Quando giunsi davanti a Kyuhyun, mi inchinai e presi la mano di Jongwoon, sentendo subito che era fredda. Qualcosa scattò in me, annebbiandomi la mente. Mi girai verso il castano e cominciai ad urlare che era colpa sua, che a causa della sua infantilità e il suo egoismo lui era morto.

Avrei dovuto fermarmi quando vidi che Kyuhyun non reagiva, ma la rabbia era maggiore e il senso di perdita mi aveva colpito il cuore più di qualunque altra cosa.

Le mie urla, più forti del lamento di Kyuhyun, richiamarono l'attenzione delle persone dentro la casa più vicina e queste chiamarono subito un'ambulanza appena videro tre figure a terra.

Qualcuno mi allontanò da Kyuhyun e Jongwoon, ma non smisi di strillargli contro che era solo colpa sua.

 

Fine flashback

 

Minha si asciuga le lacrime che le sono scappate durante il racconto mentre io rimango immobile.

Sono stato davvero io ad ucciderlo. Non sarò stato il conducente dell'auto che l'ha colpito in pieno, ma se non gli avessi chiesto di darmi il regalo, lui non sarebbe morto.

Il mio stomaco si contorce e le mani si spostano tra i miei capelli, stringendoli in una presa ferrea mentre mi mordo la lingua per evitare di urlare, per non crollare ancora una volta.

Minha si agita nel suo posto e allunga le mani verso le mie, per afferrarle e posarle sul tavolo.

“Io… Tu non hai nessuna colpa dell'incidente. Chi guidava probabilmente ha perso il controllo dell'auto e…”, balbetta cercando di calmarmi.

“E Jongwoon era dove non doveva essere al momento sbagliato", termino per lei. Ridacchio e la guardo negli occhi. “Strano che tu mi stia consolando, quando fino a poco tempo fa mi incolpavi di tutto.”

La vedo trattenersi dal dire qualcosa e questo mi basta per capire che lei nemmeno crede alle sue parole. Per Minha sarò sempre quello che le ha portato via Jongwoon.

“Prima che me ne vada… devi rispondere a delle domande”, le ordino tetro, fregandomene del personale al bancone che ci guarda incuriositi.

Senza aspettare una sua parola, vado avanti.

“È vero che sono andato da un medico che mi ha prescritto degli psicofarmaci?”

“Che li prendi, ne sono certa… Ma che te li abbiamo prescritti non lo so, non c-”

La interrompo. “Chi è che ha detto che non mi si poteva dire nulla, ma che avrei dovuto capirlo io da solo?”

“I tuoi genitori ci hanno avvisato che era meg-”

Di nuovo non la lascio finire.

“Se Jongwoon è davvero… morto, perché i suoi messaggi mi continuano ad arrivare e lui lo vedo?”

Lei spalanca occhi e bocca, probabilmente sentendosi in colpa per il fatto che la mia sanità mentale non c'è più. Comincia a piangere e non faccio nulla per calmarla; non riesco a farlo con me, figuriamoci con lei.

Pensavo che parlare con Minha mi avrebbe schiarito le idee, mi avrebbe aiutato a scegliere quale delle due vite condurre e invece…

Digrigno i denti per la frustrazione e dò libero sfogo al mio dolore, cominciando a piangere senza ritegno. I miei genitori, quelli che dovrebbero volermi bene, che dovrebbero pensare al mio benestare, sono stati quelli che mi hanno condotto fino a qui. Mi stanno dando farmaci che non si sa chi mi ha dato il permesso di assumere. Hanno vietato ai miei amici di dirmi la verità, facendomi credere che Jongwoon fosse ancora qui con me. Per colpa loro, mi sembra di vedere il mio amico dappertutto e di leggere i suoi messaggi, quando invece questi non esistono. Sono pazzo e la colpa non è di nessun altro se non mia.

Solo una cosa non mi torna in tutto ciò. Ricordo sì di aver desiderato che Jongwoon venisse a casa mia quel giorno, ma non di aver mandato alcun messaggio.
 


Sì, sono tornata con un nuovo capitolo. E sì, sono cattiva, l'avrete notato. Insomma, CHI STA DICENDO LA VERITà?!? Ma in realtà ciò che mi preme è sapere chi sta dalla parte di Kyuhyun. Sinceramente, in tutto questo caos, l'unico che avrebbe detto la verità è Jongwoon ma, stando a quanto ha detto Minha, lui DAVVERO è morto... Sarà così sul serio o lei ha mentito? Spero solo che Kyuhyun riesca a cavrci un ragno dal buco, perché pure io sono confusa \^^/ Parecchio normale come autrice, vero?
Su dai, lasciate commenti. Datemi questa piccolissima soddisfazione (visto che l'Università non me la dà e neanche la mia family ;P )

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Mi ero illuso che la vita fosse una storia a lieto fine, mentre era soltanto un palloncino gonfiato dai miei sogni e destinato a esplodermi sempre fra le mani.

- MASSIMO GRAMELLINI -


 

“Kyuhyun, devi fare colazione”, mormora Ahra dal corridoio.

Guardo impassibile la porta della mia stanza, sperando sia che riesca ad aprirla che non ce la faccia, lasciandomi solo con i miei pensieri.

Mentre mia sorella continua a pregarmi che vada a mangiare qualcosa tiro fuori il mio cellulare, lo sblocco e apro la mia chat con Jongwoon. Se voglio capirci qualcosa in tutto questo… macello, devo cominciare dall'inizio. Risalirò al primo messaggio al quale arriva la conversazione.

C'è qualcosa che non quadra. La nostra conversazione comincia dal mese scorso, quindi il periodo precedente è come se non esistesse. Possono esserci due opzioni: ho cancellato la nostra conversazione dopo che è morto; ho cambiato cellulare, senza fare alcun backup per mantenere le mie chat. Ma il punto è che… me ne sono completamente dimenticato. Non ricordo nulla.

 


 

“Tu lo sai cosa sta succedendo”, una voce mormora nel silenzio della mia stanza.

Apro gli occhi di scatto e mi guardo ai lati, in cerca di una presenza che so già non troverò. Mi passo una mano sul viso, esausto per tutto questo pensare e dormire poco. Non ce la faccio più, voglio farla finita con tutto.

Guardo la sveglia e noto che sono le cinque e mezza del mattino; è inutile che torni a dormire, tanto non ce la farei e inoltre, dopo devo andare a scuola.

Prendo il cellulare per giocare, ma vedo l'icona di un nuovo messaggio. Apro e leggo.

 

Da: Jongwoon-hyung

A: Kyuhyun

 

Allora, scoperto niente? Sempre convinto io sia morto? Dammi una piccola soddisfazione e dimmi che credi a me, la persona che non ti ha mai mentito.

 

Okay, su questo ha ragione: mi ha sempre detto la verità, anche quando questa faceva male.

 

Da: Kyuhyun

A: Jongwoon-hyung

 

L'unica cosa di cui sono certo è che non posso fidarmi di nessuno e non mi piace. Sì, hai ragione a dire che non mi hai mai mentito, ma è anche vero che ti noto diverso. Se quell’incidente c'è stato e tu non sei morto, allora ti ha fatto qualcosa. Dimmi la tua versione della storia.

 

Devo raccogliere qualche informazione e poi vedere se ce n'è qualcuna che combacia.

 

Da: Jongwoon-hyung

A: Kyuhyun

 

Passo a prenderti tra mezz'ora.

 

Mi alzo dal letto e comincio a prepararmi, sia vestendomi sia pensando a cosa succederà dopo questa conversazione. Quella con Minha mi ha lasciato qualche dubbio, nuove incognite che ho evitato di porle perché non mi fido.

Quando passano i trenta minuti, puntuale come un orologio, Jongwoon mi fa uno squillo, il segnale che avevamo concordato anni prima per indicare che ci trovavamo sotto la casa dell'altro per farci sbrigare ad uscire. Scendo le scale senza fare il minimo rumore, timoroso di svegliare qualcuno e dover rispondere alle loro domande. Esco di casa e mi avvio verso la macchina di Jongwoon, ferma davanti al marciapiede.

“Ciao…” Mormoro entrando in auto e allacciandomi la cintura.

“Ehi”, risponde prima di mettere in marcia. “Andiamo al nostro solito bar, d'accordo?” Annuncia mantenendo lo sguardo fisso sulla strada.

“Va bene.”

Il silenzio cala in macchina e l'unico rumore che si sente è quello sommesso che proviene dalla radio. Di altre auto, in giro, neanche l'ombra, rendendo l'atmosfera quasi irreale.

Non parliamo fino a quando arriviamo davanti al locale dove ogni tanto io e lui facevamo colazione prima di andare a scuola o, nel suo caso, in università.

Il posto non è nulla di moderno, i muri esterni sono ricoperti da listelli di legno, i marchi delle finestre sono dello stesso materiale ma di colore verde. Davanti ai vetri ci sono dei vasi con gardenie variopinte. Sembra di trovarsi in montagna e non nel bel mezzo di una città.

Entriamo nel bar e la commessa ci saluta con il sorriso sulle labbra mentre esce da dietro il bancone e ci accompagna ad un tavolino di fronte alla vetrata posteriore da dove si può ammirare il giardino del locale. Un paradiso terrestre in una giungla di cemento.

“Siete già venuti qui o vi do il menù?”

“Siamo già venuti. Io prendo un caffè lungo e una torta alla frutta”, risponde Jongwoon distogliendomi dai miei pensieri.

“Io un cappuccino e una brioche ai frutti rossi”, la informo sorridendole leggermente.

“D'accordo”, replica mentre annota sul taccuino i nostri ordini.

Appena si allontana, fisso il mio sguardo su quello di Jongwoon. I suoi occhi, solitamente espressivi, sono vacui, dandomi l'impressione che non mi trovi davanti al mio migliore amico, bensì ad un robot, privo di emozioni.

“Dobbiamo aumentare il dosaggio”, sento dire da una voce, ma quando mi guardo intorno, noto che non c'è nessun altro nel bar oltre a noi due e ai dipendenti in cucina.

Scaccio il pensiero di avere delle allucinazioni uditive e concentro la mia attenzione sul mio amico.

“Ti prego, Jongwoon, spiegami cosa sta succedendo. Io… Io ho paura”, ammetto abbassando lo sguardo, vergognandomi della mia debolezza, della mia fragilità. Non sono più Kyuhyun, il ragazzo forte e indipendente che ero fino a qualche mese fa. Sono una sua proiezione.

“Kyuhyun, non è semplice. Niente di tutto questo casino lo è. A volte, temo anche per la mia salute mentale”, confessa e nel suo tono colgo l'amarezza.

“Tu temi per la tua? Cosa dovrei dire io, che mi trovo in mezzo a due fuochi? Che devo capire se sono pazzo o se gli altri lo sono?”

“Be’, in ognuno di noi si nasconde una vena di follia.”

“Per favore, Jongwoon, risparmia il fiato per queste cazzate filosofiche”, ribatto esasperato. “Dimmi la verità o potrei finire per fare qualcosa di molto drastico.”

“Cosa intendi dire?!” Domanda preoccupato, ma quando nota che non risponderò, sospira frustrato. “Non fare stupidaggini, okay? Ti dirò quello che so… e cosa sta succedendo. Ma per favore… non lasciare prevalere la pazzia”, aggiunge, destando la mia curiosità.

Di cosa sta parlando? Mi sta dicendo che sto davvero impazzendo? Insomma, le sue parole posso solo interpretarle così.

Faccio per chiedergli delle spiegazioni, ma delle urla mi distraggono.

“Smettetela di imbottirlo di farmaci! Sta solamente peggiorando!”

Questa voce… la riconosco. È quella di Heechul. Il problema è che… non si trova qui, in questo bar. Cosa mi sta succedendo?

Jongwoon nota la mia distrazione e sorride malinconico, quasi come se sapesse che sto sentendo delle voci.

“È da tre mesi che si trova in questo stato vegetativo, e insistete a dargli pillole! Non è matto, cazzo!” Urla ancora Heechul.

Porto le mani alle orecchie, cercando di scacciare via le allucinazioni, ma non ce la faccio. Il cuore comincia a battere all’impazzata e il mio respiro si fa irregolare. In sottofondo riesco a sentire il suono intermittente di un macchinario farsi più rapido mentre dei flash bianchi mi colpiscono gli occhi.

“Kyuhyun?” Sento domandare da Jongwoon in quella cacofonia insistente.

“Jongwoon!” La voce di Heechul riecheggia nella mia testa, facendomi serrare gli occhi per la frustrazione e il dolore alla testa.

“Basta… Lasciatemi stare….” Mormoro con il fiato corto e la voce spezzata.

“Ecco a vo… Si sente bene?!” Domanda preoccupata la cameriera.

“Aiutatelo, vi prego!” La voce nella mia testa comincia a supplicare prima di scoppiare a piangere.

Porto le mani tra i miei capelli, afferrando forte la testa e lasciando scivolare lungo il mio viso lacrime di dolore. Sento la testa sul punto di scoppiare, come se si stesse spezzando in due.

L'ultima cosa che sento è qualcuno che mi afferra una mano e che mi prega di restare con lui, di non lasciarlo più solo.
 


 

Sento una fitta alla testa e gli occhi bruciare, come se stessi guardando il sole senza una lente che funga da filtro. Con la mano tasto la superficie sulla quale sono sdraiato e capisco di essere su un materasso o comunque qualcosa di morbido e comodo. Probabilmente Jongwoon, dopo che sono svenuto, mi ha portato nella stanza da riposo dello staff del bar.

“Si sta riprendendo, però consiglio la massima cautela. Potrebbe avere una ricaduta e non svegliarsi per un po’, com'è successo in questi giorni”, sento che una voce maschile nella stanza parla, ma non capisco a chi si stia riferendo.

“Certo”, lo rassicura un'altra voce più vicina a me rispetto alla prima.

Sento che le due persone si salutano prima che la porta si apra e dei passi si allontanino da qui. Uno dei due deve essere rimasto in stanza perché sento la presenza di qualcuno alla mia destra.

“Mi senti?”

Cerco di parlare, ma la gola è secca e mi fa male, come se avessi parlato o urlato per delle ore senza sosta.

La persona prende la mia mano e la posa sulla sua.

“Se mi senti, stringi.”

Chiudo le mie dita attorno al suo polso, calmando la mia respirazione grazie alla regolarità del suo battito. La sua mano libera mi accarezza i capelli e la mia mente comincia a cercare di identificare il suo tocco, senza però riuscirci.

“Non riesci ad aprire gli occhi perché… perché la luce ti dà fastidio. Il dottore ha detto che a breve potrai tornare a vedere e che non hai subito gravi danni”, mi informa lui. A questo punto mi rendo conto che non è Jongwoon chi mi sta parlando, ma Heechul e ciò mi confonde. Dov'è finito? Era con me quando sono svenuto, no?

“Sono… ugh… Sono solo s-svenuto”, biascico con difficoltà.

“Solo svenuto? Tu… Sai dove ti trovi?” Domanda e nella sua voce riesco a cogliere preoccupazione.

“Presumo nel-nella sta-st-stanza del perso-personale.”

“Merda!” Lo sento esclamare prima di mormorare a denti stretti ogni sorta di imprecazione.

“Tutto bene, hyung?” Faccio scivolare la mano serrata sul suo polso verso il basso, stringendogli la sua mano, come a volerlo rassicurare.

“Insomma…”

Faccio per chiedergli cosa intende dire, ma vengo interrotto da un singhiozzo. Incuriosito, sollevo la mano, spostandola verso dove intuisco si trovi il suo viso, e quando tocco quella che credo sia la guancia, sento qualcosa di bagnato.

“Stai piangendo?”

In tutti i miei anni passati come amico di Heechul, non l'avevo mai visto piangere. Nemmeno quando il suo gatto preferito qualche tempo fa scappò di casa. E lui adora i felini.

“Cosa… Perché?”

“Avrei dovuto evitarlo. Tu… È tutta colpa nostra!” Mugola tra un singhiozzo e l'altro.

Mi tiro su a sedere, ma delle fitte lungo il corpo mi obbligano a tornare a sdraiarmi. Mi sento impotente, incapace di consolare il mio amico nella sua crisi.

Non so cosa volesse dire con le sue parole, però non sono così insensibile da chiederglielo quando non riesce nemmeno a smetterla di singhiozzare.

“Hyung, puoi… puoi avvicinarti a me?” Odio mostrarmi così debole, soprattutto quando qualcuno a me caro ha bisogno di essere consolato.

Lo sento mormorare qualcosa prima di captare un movimento nell'aria e una presenza accanto a me, alla mia destra. Mi prende una mano, però io gli stringo anche l'altra, volendo comunicargli che nonostante tutto, sono qui con lui.

Gli lascio il tempo di calmarsi, senza mettergli pressione per fargli spiegare perché sono in ospedale e farmi dire dove si trova Jongwoon. Ogni tanto accarezzo con i pollici i dorsi delle sue mani, sentendo affievolirsi i singhiozzi.

Quando capisco che ha smesso di piangere, porto le mani sulle sue guance e con molta cura, usando le maniche di quello che presumo sia il camice d'ospedale, gli asciugo le lacrime.

“Grazie”, mormora.

Sicuramente starà arrossendo perché non è un tipo che ringrazia facilmente, perciò sorrido, immaginandolo mentre cerca di ricomporsi.

“Senti, io…” Comincia a dire titubante.

“Dimmi quello che vuoi; prometto di non arrabbiarmi o reagire in malo modo.”

“Non è una cosa facile da dire. Non in queste condizioni…”

“Dove sono i miei genitori, hyung?”

“Ah, loro? Sono a lavoro, ma tranquillo, gli ho avvisati che ti sei svegliato, per cui verranno dopo.”

“E mia sorella?”

Lo sento trattenere il fiato e lo interpreto come un brutto segno. Molto brutto, a dire la verità.

“Cosa le è successo?” Domando preoccupato e cominciando ad agitarmi.

“È questo il punto… Tu… Tu non hai una sorella, ma un fratello…”

No. L'ultima volta che ho controllato, chi abitava sotto lo stesso tetto insieme ai miei genitori e a me aveva il seno e di sicuro non aveva nulla di strano tra le gambe.

“Sono sicuro che Ahra sia femmina.”

Lo sento sospirare prima di stringermi forte la mano. “Ahra è la sorella di Kyuhyun. Kyuhyun… Lui è… era… nostro amico.”

“Ehm, sono io Kyuhyun”, affermo sicuro.

“Kyuhyun è… è morto tre mesi fa. Tu, Jongwoon, hai cercato di salvarlo dall'impatto, ma non ci sei riuscito, finendo per sbattere la testa contro il cemento della strada.”

Non è assolutamente possibile. Chi è morto tre mesi fa, secondo i miei stessi amici, è stato Jongwoon, non me. Jongwoon è morto cercando di salvarmi. Sono io che piange la sua morte, non il contrario.

“Non è vero. IO sono Kyuhyun. Jongwoon è morto dopo avermi spinto lontano dall'auto", esclamo portandomi una mano tra i capelli.

“Woonie… So che è tutto difficile da accettare, ma è così. Dovevate incontrarvi per dargli il suo regalo di compleanno, ma mentre attraversavi la strada, una macchina ti stava venendo incontro a gran velocità e non avrebbe avuto il tempo di frenare. Kyuhyun, che ti stava aspettando dall'altra parte, si è buttato in mezzo alla strada per spostarti ma… non ce l'ha fatta ad uscirne illeso. Tu, a causa dell'impatto, hai perso conoscenza e lui… Lui è morto poco prima che arrivasse l'ambulanza.”

Sono paralizzato. Non riesco a credere alle sue parole perché… perché sono un mostro. Io… Io l'ho lasciato morire da solo. Per colpa mia ha perso la vita. Io l'ho ucciso.

“Lasciami da solo”, sussurro.

“No, non…”

“Ti prego, ho bisogno di solitudine”, ribatto alzando leggermente la voce.

“No, non me ne vado.”

“TI VOGLIO FUORI! SUBITO!”

Riesco a sentirlo mentre si allontana da me, a passo lento e cercando di sentirmi dire di fermarsi e di farmi compagnia. Ma non lo farò. Devo davvero pensare e stare da solo. Ho vissuto tre mesi di coma come se non fosse successo nulla, anzi, credendomi Kyuhyun e pensando che io fossi morto. Mi sono creato un mondo di bugie, illusioni e speranze, desiderando che chi fosse morto fossi stato io e non lui.

“Prima di uscire voglio dirti che non è stata colpa tua. Il tizio alla guida era ubriaco e andava ad una velocità più elevata rispetto a quella consentita. E Kyuhyun… ha voluto solo che tu stessi bene”, mormora prima di aprire la porta e uscire.

Sento i suoi passi allontanarsi e mi concedo di crollare, dando libero sfogo alle lacrime che sto reprimendo da quando mi ha dato la notizia. Affondo il viso tra le mani mentre mi porto le ginocchia al petto.

Non voglio che sia vero. Non voglio essere vivo al posto di Kyuhyun. Io dovevo morire, non lui. Perché avevo così tanta fretta di dargli un cazzo di regalo, ignaro che gli sarebbe costato la vita stessa?!
 


Ciao, sono finalmente tornata! Probabilmente il prossimo capitolo lo pubblico la settimana prossima, va bene?
Ora, le cose si sono complicate un bel po' e sono sicura che gran parte dei dubbi sono stati chiariti, o almeno spero.
Non so cos'altro dire se non che spero lasciate commenti dicendomi se avete azzeccato la trama con le vostre teorie.
Alla prossima ;)

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Fai attenzione alla tua ombra. Ogni uomo ha un fratello che è la sua copia esatta. È muto e cieco e sordo ma dice e vede e sente tutto, proprio come lui. Arriva nel giorno e scompare la notte, quando il buio lo risucchia sottoterra, nella sua vera casa. Ma basta accendere un fuoco e lui è di nuovo li, a danzare alla luce delle fiamme, docile ai comandi e senza la possibilità di ribellarsi. Sta disteso per terra perché glielo ordina la luna, sta in piedi su una parete quando il sole glielo concede, sta attaccato ai suoi piedi perché non può andarsene. Mai. Quest'uomo è la tua ombra. È con te da quando sei nato. Quando perderai la tua vita, la perderà con te, senza averla vissuta mai.
GIORGIO FALETTI - 



“Come sta?”

“Non molto bene. Non vuole mangiare, perciò gli abbiamo dato la flebo. Inoltre, rifiuta ogni tipo di contatto e quando non rispettiamo il suo volere, comincia ad urlare; ieri ha persino lanciato il piccolo vaso che era sopra il tavolino contro la parete, a qualche spanna dalla testa dell'infermiera.”

Sono davvero convinti che io non li senta parlare, nonostante non si trovino in camera ma in corridoio? Sono stanco di stare qui in ospedale dove mi trattano come un demente che non riesce a fare nulla per conto proprio.

Sono tre giorni che ho appreso la notizia di Kyuhyun e ancora non me ne capacito. Non aiuta il fatto che non mi abbiano ancora tolto 'sta cavolo di benda da sopra gli occhi, altrimenti mi sarei già guardato allo specchio per appurare se quanto mi avesse detto fosse vero.

I miei genitori sono venuti ieri, ma non è servito a nulla, anzi, mi sono solo alterato, finendo per lanciare un cavolo di vaso che ho trovato sul tavolino di fianco al mio letto da qualche parte della stanza. Volevo che uscissero e mi lasciassero solo perché dovevo assimilare ancora le parole di Heechul.

“Jongwoon, come stai oggi?”

“Starei meglio, dottore, se mi togliesse la benda e smettesse di parlare alle mie spalle”, replico piccato, incrociando le braccia e volgendo la testa verso dove presumo si trovi lui.

“Sono i tuoi genitori e non vedo perché debba nascondergli le cose.”

“Non sono i miei genitori. Io… Io sono…” Ma mi mordo il labbro.

Non posso dire ad un dottore che non sono chi lui dice che io sia, altrimenti so già dove andrei a finire una volta dimesso da questo posto e non credo di voler essete rinchiuso in un manicomio. Però è anche vero che non so chi sono. Fino a qualche giorno fa ero convinto di essere una persona che scopro essere morta; non è facile da digerire questa notizia.

“Dicevi?”

“Niente”, rispondo. “Piuttosto, quando mi dimette?” Aggiungo quando lo sento armeggiare con i macchinari ai quali sono attaccato.

“Be’, i tuoi parametri, così come i tuoi valori, sono stabili e normali, perciò non c'è alcun motivo per cui dobbiamo trattenerti ancora.”

“E la mia vista?” Domando, preoccupato che una volta tolta la benda, io non veda più nulla.

“L'abbiamo controllata più volte mentre eri in coma, ma è tutto a posto ed è uno dei motivi per cui sono qui ora.”

“Come?” Domando sorpreso.

All'improvviso sento delle mani dietro la testa che cominciano a srotolare la benda. Quando finalmente mi leva l'ultimo strato, sotto istruzione del medico di stare attento, apro gli occhi lentamente. Mi sorprende notare che la stanza si trova al buio e che l'unica fonte di luce proviene da quella che arriva dalla porta aperta.

Riesco ad intravedere un tavolino dall'altra parte della stanza appoggiato contro la parete con un divano posizionato alla sua destra. Giro il capo e mi trovo a fissare il viso di un uomo sui cinquant'anni coi capelli brizzolati e dal sorriso gentile.

“Mi vedi?”

“S-sì.”

“Se hai bisogno di altro, chiama pure l'infermiera. I tuoi genitori sono andati a firmare le carte per la dimissione.”

“Grazie”, mormoro abbassando lo sguardo sulle mie mani strette in grembo.

Con la coda dell'occhio vedo l'uomo uscire e lasciarmi da solo. Non che mi dispiaccia, visto che devo fare ancora una cosa. Devo farlo per togliermi il dubbio, anche se ho già visto le mie mani e non sono…

Mi alzo dal lettino e vado nel bagnetto attiguo, accendendo la luce e trovando quello che mi serve alla mia sinistra. Mi ci avvicino con gli occhi chiusi e, quando poso le mani sul lavabo, lentamente apro gli occhi.

La mia smorfia riflette il mio disappunto, ma soprattutto il mio dolore. Davanti a me, ad osservarmi, c'è un volto dai lineamenti delicati, dalle labbra leggermente sottili, dagli occhi neri e profondi… e dai capelli neri.

Una lacrima mi scivola lungo la guancia e mi porto la mano su di questa per asciugarla, notando che lo specchio riflette i miei gesti. Ed è in quel momento, in cui crepo la superficie vitrea con la mano, che sento il mio cuore spezzarsi di fronte alla realizzazione di quanto mi è stato detto. Kyuhyun è morto, e io sono Jongwoon.
 



Domani esco dall'ospedale e i miei genitori verranno a prendermi. Peccato non sappiano che non mi troveranno qui in camera.

È mezzanotte e dopo aver indossato dei vestiti che ho trovato nell'armadietto della stanza, sporgo la testa in corridoio, guardandomi bene ai lati. Non c'è anima viva in giro oltre all'infermiera seduta al banco informazioni del reparto.

Cerco un cartellino che mi indichi dove si trova l'uscita e una volta trovato, mi incammino verso di esso accucciato a terra, cercando di non farmi beccare dalla ragazza che in quel momento sta fissando lo schermo del computer.

Gli unici rumori che si sentono sono dei lievi mormorii provenire da alcune stanze e il picchiettare dei tasti prodotto dall'infermiera. Mantenendomi nascosto dalla sua visuale e strisciando i piedi per non fare rumore, vado verso l'uscita, continuando a ripetermi nella testa di stare calmo.

Sono sicuro che una volta dimesso, i miei genitori mi avrebbero portato a casa e non mi avrebbero lasciato fare quello che sto facendo, probabilmente preoccupati della mia sanità mentale. Per questo sto scappando dall'ospedale, perché così posso raggiungere quel posto e… e ricordare. Voglio affrontare il mio dolore a testa alta, senza nascondermi dietro le rassicurazioni dei miei famigliari, dei miei amici, e vedere con i miei occhi quel fatidico posto. Potrà essere una cosa scema, ma non credo di poter vivere senza farlo, devo almeno questo a Kyuhyun. Lui mi ha protetto e voglio ripagarlo in qualche modo.

Tra un pensiero e l'altro sono riuscito ad arrivare al piano terra e devo ammettere che è stato abbastanza semplice scendere. La parte difficile sarà uscire, dato che nell'atrio c'è la reception, alla quale ci sono tre persone in questo momento, e alcune guardie disposte ai lati delle porte d'ingresso.

Capisco che da qui non posso uscire, per cui mi dirigo verso le scale di emergenza per scendere nel garage sotterraneo, evitando di utilizzare l'ascensore dove ci sarà sicuramente una telecamera. Scendo le scale ancora cercando di fare silenzio, rallegrandomi che ormai è fatta e che finalmente sarò fuori da lì.

Pensavo che le gambe, dopo qualche minuto a camminare, si sarebbero stancate, visto che è da un po' che non le usavo per lungo tempo, ma in questi pochi giorni ho fatto della terapia e credo stia dando i suoi frutti.

Una volta arrivato al parcheggio, mi dirigo correndo verso la rampa d'uscita e continuo fino a quando non sento che mi manca l'aria. Mi fermo in mezzo al marciapiede e mi guardo intorno, cercando di capire dove mi trovo e come arrivare dove voglio andare.

L'ospedale si trova ad un centinaio di metri alle mie spalle e intorno a me ci sono degli edifici, alcuni che riconosco. Sorrido quando mi rendo conto che non sono molto lontano da quel posto e allora riprendo a camminare, mantenendo la testa china di modo che, se dovessi incontrare qualcuno che conosco, questi non noti che sono io.

Cammino per una mezz'ora e arrivo al posto che volevo raggiungere. Guardo la strada e noto dei segni a terra, probabilmente che indicano dove è accaduto l'incidente. Alla mia destra si trova l'appartamento dove abita la famiglia di Kyuhyun e dall'altra parte si trovano i cespugli davanti ai quali mi ero fermato prima di attraversare la strada e raggiungere lui.

Raggiungo gli arbusti e mi siedo sulla panchina, guardando la palazzina dove abitava Kyuhyun. In quel momento i ricordi mi assalgono.

 

Flashback

 

Quella mattina avevo deciso che l'avrei fatto, che avrei detto a Kyuhyun cosa mi stava passando per la mente in quel periodo in cui non volevo vederlo. Sapevo che una volta fatto, non mi avrebbe più parlato, ma non potevo vivere con quel segreto ancora per molto e dovevo approfittare di quel giorno per fargli un regalo, perché per me lo era, era un dono. Stavo donando il mio cuore ad un ragazzo che sicuramente mi avrebbe odiato da quel giorno in poi.

Kyuhyun non lo sapeva, non era a conoscenza del fatto che ero bisessuale, ma solo perché non avevo mai avuto il coraggio di ammetterlo, né a lui né alla mia famiglia e ai miei amici. Approfittando il suo compleanno, in cui compiva finalmente diciotto anni, avrei fatto coming out ed ero pronto a qualunque scenario, anche a quello in cui lui mi avrebbe dato un pugno e mandato al diavolo. Ma cosa potevo farci? L'amore rende stupidi ed io lo ero.

Mi piaceva Kyuhyun nonostante lui non avesse mai fatto nulla perché accadesse, perché io sviluppassi dei sentimenti per lui. Alla fine dei conti, era un ragazzo riservato, chiuso e alle volte anche arrogante, ma il mio cuore era andato oltre a queste caratteristiche, accettandole e desiderando che queste sarebbero cambiate una volta mi fossi avvicinato a lui. Ed è stato così.

Anche se non ci somigliavamo affatto ed eravamo l'uno l'opposto dell'altro, eravamo riusciti a far nascere un'amicizia sincera, in cui ci sostenevamo a vicenda ed era bello, ma volevo di più. Volevo che i suoi sorrisi da innamorato fossero per me e non per qualunque ragazza, che le sue carezze e i suoi baci fossero destinati solo a me.

Tutti sogni, i miei, ma erano ciò che mi dava gioia e che mi rallegrava, facendomi dimenticare l'odio che avrei sentito sulla mia pelle una volta ammesso di essere attratto da entrambi i sessi.

Feci uno squillo a Kyuhyun, come eravamo soliti fare ogni volta che ci aspettavamo a vicenda fuori dalla casa dell'altro e presi un respiro, pregando perché le cose andassero bene. Quando lo vidi uscire dalla porta della palazzina, sorrisi e cominciai a camminare verso di lui dopo aver guardato ai lati.

Ero già a metà strada quando sentii Kyuhyun urlare qualcosa e quando voltai la testa verso destra, vidi due fanali venirmi incontro. Sentii qualcuno spintonarmi prima di colpire con la testa il cemento e vedere tutto nero.

 

Fine flashback

 

Sento una lacrima scivolarmi lungo la guancia e mentre l’asciugo, noto una busta bianca nascosta tra i rami dei cespugli. Sporgo la mano e prendo la lettera, stringendola forte al petto e cominciando a piangere.

Mi fa male il cuore e la testa comincia a pulsarmi e in mezzo a questo dolore, sento qualcuno che mi chiama. Mi volto verso la voce, dall'altra parte della strada, e vedo una figura nascosta nell'ombra.

“Jongwoon hyung”, mi chiama la voce.

Guardo la figura, cercando di capire chi sia ma non è possibile perché si mantiene lontana dalla luce del lampione.

Quando mi vede esitare, la figura si avvicina al cono di luce. Riconosco la persona e sorrido come non mai. Mi alzo da dove mi ero accucciato e comincio a camminare verso quella persona, una mano stretta al petto con la lettera tenuta tra le dita.

Con la coda dell'occhio vedo delle luci e sento il suono di un clacson, ma non m'importa. L'unica cosa che voglio ora è raggiungerla, avvicinarmi e abbracciarla per non lasciarla più andare.

Lo vedo sorridermi e trovo il coraggio di dirgli quelle parole.

“Ti amo, Kyuhyun.”

Il mio corpo viene colpito e batto la testa a terra. Il buio mi avvolge e l'unica cosa che sento è la voce di Kyuhyun che mi risponde.

“Ora sei con me.”


Ed eccomi qui, ne approfitto che sto usando il computer per pubblicare l'ultimo capitolo.
Cosa dire? Spero vi sia piaciuta nonostante la fine. Sinceramente, non sapevo come farla finire all'inizio e non mi convince nemmeno questo finale, ma ahimè, così ho deciso e fatto.
Scriverla non è stato facile, specie perché sarebbe la mia prima long angst e ammetto che il cuore mi si è spezzato durante l'intera stesura, soprattutto per la fine che hanno avuto...  Mi spiace tantissimo per entrambi i protagonisti, però non volevo qualcosa di così scontaro, anche se alla fine lo è comunque...
Vabbè, finisco con questa nota... Spero commentiate e mi diciate come vi è sembrata la storia, se vi è piaciuta, se avreste preferito un'altra fine ecc.; ci tengo tantissimo :)
Alla prossima! ;)

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