Another point of view di WhiteRaven_sSR (/viewuser.php?uid=118215)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - Prologo - ***
Capitolo 2: *** 1.The black crow ***
Capitolo 3: *** 2.Fragments of the past ***
Capitolo 4: *** 3.A night at the...insitute ***
Capitolo 5: *** 4.Children ***
Capitolo 6: *** 5.Choose your poison ***
Capitolo 7: *** 6.mOBSCENE ***
Capitolo 8: *** 7.When the devil caresses you... ***
Capitolo 1 *** - Prologo - ***
ad
Londra,
2015
Frenesia, traffico, il
rumore della metro appena percettibile segnalato dalle vibrazioni del
terreno al suo passaggio. Venditori ambulanti di cibo, odore di
fritto, negozi gestiti da persone di diverse etnie, città
multicuclturale, aperta alle mode e ai cambiamenti.
“Londinium”, ecco
il suo primo, vero, nome.
Ma al tempo Gilbert
Victor
Lefevre non era ancora nato. Giovane, l'aspetto di un venticinquenne
al massimo, vestito di tutto punto in uno dei propri completi di
Armani scuro, come i capelli corvini lucidi al sole di quella serata
comune. Ossidiana in filamenti, osava definirli lui stesso, seppur
non suonasse poi molto moderno, così come il taglio e la
lunghezza
appena sopra le spalle. Tuttavia ogni cosa di lui pareva
impeccabilmentericonducibile a un nobile del novecento, cappello a
cilindro e bastone con pomello a forma di testa di leone, compresi.
Non era un caso che si
trovasse a Westminster, passeggiando per una delle strade con un
indirizzo ben preciso da raggiungere, una vecchia abitazione di
amici. Era stato invitato per prendere parte a una sorta di riunione
privata, sebbene a quanto aveva capito dai vari messaggi di fuoco
inviatigli da entrambi, sembrava che il Conclave fosse già a
conoscenza di ogni cosa.
Nulla di cui
sorprendersi,
insomma. Non era vissuto per ben centocinquantadue anni per
nulla.
Tuttavia la situazione
non
gli era del tutto chiara per come i due amici erano stati vaghi,
quindi non gli restava che raggiungere il luogo d'incontro e
ascoltare ciò che avrebbero avuto da dire.
Non impiegò
molto a
raggiungere l'abitazione, una delle tante della zona, da cui secondo
alcune angolazioni era possibile vedere anche il Big Ben, e una volta
saliti i pochi scalini presenti, un classico delle abitazioni
inglesi, suonò il campanello. Nulla di apparentemente strano
nella
zona o nell'edificio a schiera, con gli appartamenti uno appiccicato
all'altro, a formare una specie di alveare moderno, sebbene gli
edifici non lo fossero poi molto. Il problema non era tanto quanto
gli appartamenti fossero attacati l'uno all'altro, ma quanto li
avessero smatellati e ricostruiti all'interno. Nell'ultimo periodo
infatti era stato registrato un aumento della migrazione della
popolazione dalla campagna alla città e non solo in Gran
Bretagna.
Gilbert decisamente non era abituato tutto quel sovraffollamento.
Storse il naso
nell'attendere che qualcuno gli aprisse la porta, da cui poco dopo
fece capolino un'inserviente, con la classica divisa da cameriera,
tanto di grembiulino tipico dei film.
"Posso esserle
utile?"
fece lei, sorridendo amabilmente.
Se conosceva
abbastanza i
propri amici, gli sarebbe bastato un unico gesto. Per qualche
secondo, dopo essersi assicurato che l'edificio fosse isolato da un
incantesimo di protezione, disattivò il glamour che lo rendeva
umano
agli occhi di chiunque, mostrandosi con il proprio aspetto naturale.
La pelle candida tipica della popolazione caucasica, mutò in
un
rosso Borgogna non troppo acceso e dalla parte alta della fronte,
all'attacatura dei capelli, fecero la comparsa due corna di una
quindicina di centimetri. Gli occhi verdi, dotati di una sottile
eterocromia, poiché il destro verde lime, mentre l'altro
verde erba,
rimasero a fissare la donna, accompagnati da un lieve sorriso.
"Si
accomodi."
Quando lei si fece
gentilmente da parte, Gilbert si decise a varcare la soglia,
percependo un secondo incentesimo di protezione sulla porta. Potente
e sinistro. Ma dai due ragazzi non si sarebbe potuto aspettare
altrimenti.
Laciò che
la donna gli
facesse strada per il secondo piano, dando un'occhiata fugace in
giro, in quel caos di stili e cianfrusaglie. Anni e anni passati a
raccattare cose. Se non altro sembrava tutto pulito. Caotico e
sconclusionato, ma perfettamente pulito. Se al secondo piano era
possibile trovare un vaso Ming accanto a una maschera Maori, man mno
che salivano al secondo piano, l'appartamento si faceva sempre
più
inglese. La carta da parati a fiori, forse degli anni venti, forse di
prima ancora, iniziava ad essere presente per i corridoi del secondo
piano, diviso in tante piccole stanze, di cui molto probabilmente una
era il bagno e una una camera da letto, andando per esclusione.
Tuttavia l'interno sembrava più grande di quanto si potesse
pensare
e stranamente non era dovuto a un incantesimo. Semplice progettazione
di interni, suppose il moro.
Sul lato destro
infatti,
dopo un minuscolo corridoio stretto a angusto con numerose porte, vi
era presente l'ennesima di esse, a cui la domestica posò la
mano sul
pomello tondo. Si fissarono entrambi per qualche secondo, che al
ragazzo parve un'eternità, prima che la donna bussasse alla
porta
con la mano libera. Dall'interno si udì solo un
“fallo entrare”,
poi di nuovo silenzio.
Quando la porta gli
venne
aperta, l'odore della stanza investì Gilbert con quella nota
tipicamente floreale della lavanda, lasciando spazio a un arredamento
molto diverso rispetto al piano inferiore. Sul lato opposto della
stanza rispetto a dove si trovava, il camino acceso era sovrastato da
un gande specchio dalla cornice dorata, in stile romantico, dalla
quale era possibile osservare il riflesso di tutta la stanza. Di
fronte al camino due poltrone e un divano dalla tappezzeria a righe
posti le une di fianco all'altro in modo che tutti i presenti si
potessero vedere in viso, una volta seduti, attorno a un tavolino
basso in legno dello stesso periodo. Il grande tappeto sul fondo
impediva che i passi risuonassero per la maggior parte della stanza e
diversi quadri attaccati alla parete facevano in modo che i presenti
non si sentissero soli. Come se fosse servito a qualcosa. Lo
attirò
particolarmente il ritratto di una giovane donna dai capelli ramati,
le iridi chiare fisse verso il pittore al momento della creazione, in
un sorriso innocente dalle labbra rosee e tiepide. Doveva appartenere
all'epoca pre-rivoluzione. Epoca che lui non aveva visto, con proprio
enorme rammarico.
"Sei in
ritardo."
"Ne
dubito."
La voce proveniva da
una
delle poltrone, rivolta verso il camino per far sì che la
figura ora
seduta gli desse quasi le spalle. Dallo schienale era visibile solo
parte di una manica, con tanto di braccio, certo, la mano a
sorreggere un bicchiere di scotch con ghiaccio. Lui gli aveva rivolto
la parola e Gilbert si era limitato a rispondere alla svelta.
Tuttavia sapeva bene a chi apparteneva quella voce.
Non gli fu difficile
riconoscerlo infatti quando la poltrona venne voltata nella sua
direzione per magia, levitando a un paio di centimetri da terra per
non rovinare il tappeto.
Un sorriso si dipinse
sul
volto del moro, gli occhi verdi rivolti al viso dell'amico dalla
carnagione abbronzata, visibilmente non europeo.
"Sapevo che
saresti
venuto." aggiuse l'altro, accennando al posto sul divanetto di
fronte a lui, come a invitarlo a sedersi.
Gilbert non si fece
pregare
due volte, sorridendo rilassato nell'annuire e prendere posto dove
dall'altro indicato. Il glamour non attivo lo mostrava per ciò
che
era: uno stregone antico quasi quanto la civiltà stessa,
apparentemente mezzo albino, data la carnagione più scura
degli
europei, i capelli quasi bianchi e due occhi rossi e brillanti come
rubini. Nulla a che vedere con l'albinismo vero e proprio, quello era
solo il suo aspetto demoniaco. Colore della pelle a parte. La sua
particolarità infatti non stava tanto nel colore, quanto
nella
presenza di squame più scure in alcune zone. Di quelle
visibili, che
Gilbert sapesse, aveva notato solo il lato destro del collo, appena
sotto all'orecchio. Forse perché lo aveva sempre visto
vestito di
diversi strati, ma come biasimarlo visto il clima caldo in cui era
cresciuto. Avrebbe pure potuto usare un incantesimo, nulla di
più
facile, ma sia lui che l'altro amico del moro avevano un modo tutto
loro di vivere.
"E' sempre un
piacere,
Salem. Dov'è tuo fratello?" chiese quindi il giovane
stregone al
compagno, che semplicemente si limitò ad indicare il
soffitto con
noncuranza, sbuffando seccato.
Ed eccolo
lì il secondo
amico, nonché gemello di Salem, benché in comune
non avessero nulla
salvo l'aspetto. Appeso al soffitto come un vampiro, sfidando la
forza di gravità con la magia, gambe e braccia a sostenersi
per dare
un effetto volutamente terrificante, volta la testa verso il basso
quando viene indicato dal fratello, facendo saettare fuori la lingua
da serpe, color argento. Probabilmente mamma o papà erano un
demone
dai tratti di serpente, era ciò che Gilbert aveva sempre
pensato, ma
non aveva mai saputo nulla sulle loro origini familiari.
"Dannato
babbeo, perché
gli hai detto dov'ero?!"
"Ti avrebbe
visto
comunque..."
"Invece
no!"
"E invece
si..."
Sempre divertente
vederli
battibeccare come due bambini dell'asilo, ma in fondo per Gilbert era
una cosa normale. Gli doveva tutto, specie a Salem con le sue idee
straordinarie e quella calma ostentata in ogni gesto o parola.
L'altro, a differenza sua, sembrava un tornado perenne, costantemente
in cerca di attentioni e divertimento. Tuttavia quella
diveristà e
quel modo di porsi di uno o dell'altro, Gilbert era riuscito a
capirla solo in parte.
Ricordava ancora le
giornate
passate con loro a farsi insegnare i trucchi più semplici,
quando
ancora era un bambino. Doveva essere stato circa il 1870 o
giù di
lì, anno più, anno meno. Solo un bambino, ma
già uno stregone. Non
è una condizione che si ottiene la loro, ci si nasce e
basta. E se
non s'impara in fretta a utilizzare il glamour, gli umani sanno essere
duri e meschini.
La mente lo
riportò al
presente quando Ash, questo il nome dell'altro gemello, scese dal
soffitto con un sonoro tonfo sul pavimento, fortunatamente coperto
dal tappeto.
"Fà
più piano o
distruggerai la casa!" sbraitò Salem, alterato,
sebbene sapesse
controllarsi.
L'altro gli rispose
con una
linguaccia: "Se avessi voluto distruggere casa, mi sarebbe
bastato
schioccare le dita!" Sistemandosi la felpa con cappuccio.
Anche
nell'abbigliamento i
due tendevano a contraddistinguersi: mentre Salem indossava un
completo simile a quello di Gilbert, di un color grigio chiaro,
ricamato, abbinato a scure scarpe laccate, Ash era più un
tipo da
jeans strappati e maglietta, con tanto di scarpe da ginnastica.
Quindi mentre uno poteva sembrare avesse una ventina d'anni,
all'altro glie ne si sarebbe dati attorno ai diciotto. Ma non erano
sempre stati così.
“Londinium”. Loro
c'erano quando i romani avevano ribattezzato la città in
quel modo.
E da parecchio tempo, anche.
"Quindi cosa ci
porta a
questa riunione dei tempi andati, se posso chiederlo?"
esordì
Gilbert, nel vedere i due continuare a battibeccare.
Mentre Salem
sospirò, in
attesa di colmare i dubbi dell'amico, Ash prese posto accanto a lui
sul divano, alla ricerca di qualcosa di divertente da fare, che il
più delle volte consisteva ad infastidire gli altri, con o
senza
magia.
"C'è
stato un omicidio a
Hyde Park qualche giorno fa." Salem si fece serio, riprendendo
poco dopo "La vittima è stata ridotta male, c'erano
parti del
corpo mancanti e diversi simboli..."
"E mi avete
fatto venire
da Parigi per un Mondano morto?"
"Non si tratta
di un
Mondano...ma di un Nephilim."
Calò il
silenzio per
qualche istante. I Mondani, ovvero le persone comuni, senza magia o
capacità particolari dovute al sangue, non erano affar loro.
Ma se
si trattava di un Nephilim morto, era tutta un'altra storia.
"Non avete
pensato a un
demone?"
Ash soffiò
una risata,
tornando a ridacchiare tra sé e sé nella sua
follia. Altra cosa che
Gilbert non aveva mai capito appieno.
"Non si tratta
di un
demone, o almeno non di uno purosangue. Sul corpo sono state trovate
evidenti tracce di magia."
"Un
Seelie?"
A quel punto Ash
scoppiò a
ridere, con conseguente “tch” seccato da parte del
gemello. Fu
quindi lo stesso Ash prendere parola, quasi con le lacrime agli
occhi.
"Proprio non
capisci,
eh?" disse, asciugandosi un occhio con il dorso dell'indice.
"Ogni
stregone lascia una traccia magica di sé, così
come ognuno di noi
può avere i propri incantesimi personalizzati o dei
“marchi” che
lo caratterizzano. E' perfettamente normale, come marchi di fabbrica
o semplicemente una firma. Dovresti saperlo."
A Gilbert parve
divertito,
ma non afferrò subito le sue parole. D'altra parte in
centocinquant'anni di vita, passati per lo più a studiare e
osservare il mondo, non si era mai posto il problema. Soprattutto non
avendo mai avuto a che fare con Shadowhunters in modo diretto.
Qualche contatto c'era stato e aveva preparato diverse pozioni per
loro, ma mai cose complicate. Aveva sentito di stregoni ingaggiati
per malefici, così come era diventato famoso Magnus Bane per
la
questione di memoria riguardante Clary Fairchild, ma per arrivare al
suo livello ne sarebbe dovuta passare ancora di acqua sotto i ponti.
Dire che lo ammirava era poco. Sebbene avesse sempre avuto a portata
di mano i gemelli, ben più vecchi, ma decisamente indisposti
ad
avere a che fare con altri dal punto di vista...pratico. Dei
controsensi viventi, in un certo senso, ma ci sarebbe da parlarne per
ore.
"Sì,
ne ho sentito
parlare. O meglio, capisco a cosa vi state riferendo, ma non il nesso
logico." risprese il moro, spostando lo sguardo prima su uno,
poi
sull'altro, in attesa di delucidazioni.
Mentre Salem
sembrò
fissarlo per diversi secondi, a metà tra il perplesso e il
perso con
la mente chissà dove, Ash emise un risolino a
metà tra l'isterico e
il “ti sto prendendo in giro” non espresso a voce
alta. Chiunque
poteva vedere quanto fosse impaziente. Mise una mano sulla bocca per
non far vedere a Gilbert cosa stesse mimando con le labbra,
lasciandosi scappare dei “diglielo” sussurrati di
proposito, al
fratello. Come se lo stesso Gilbert non stesse notando il suo dito a
indicarlo palesemente. Si divertiva con poco, il gemello pazzo.
Un sospiro.
"Diciamo che il
marchio
sembra appartenga a uno dei nostri amici più intimi, se
così si può
dire. Forse “amici” ora è un po' troppo.
Beh, non ha importanza,
a parer nostro è una persona che conosciamo piuttosto bene,
ma
vorremmo evitare caos con il Conclave." riprese Salem,
portandosi
con il busto in avanti, i gomiti appoggiati alle gambe. Da quella
posizione Gilbert potè notare una cravatta rossa sulla
camicia
bianca, a cui non aveva fatto caso prima, nella penombra della
stanza.
"Un amico? Di
chi si
tratta?"
"BOOOOOOOM!"
Urlo improvviso di Ash
mentre si alzava in piedi, saltando sul posto come fosse a un rave
party. Per poco Gilbert non fece un infarto, spostandosi a lato del
divano, guardandolo con due occhi quasi fuori dalle orbite, il
respiro affannoso. A differenza sua, l'altro sembrava perfettamente
calmo e socciato.
"Prima o poi ti
rinchiudo
da qualche parte, fratello caro. In uno zoo. In uno zoo per scimmie
ammaestrate."
La sua pazienza aveva
un
limite, ma quel limite Gilbert non lo aveva mai visto superato. Si
ricompose quindi sul divano, una mano portata al petto come a
tranquillizzarsi mentre il “fratello sano” compiva
un gesto
rotatorio del polso, per far comparire un gomitolo di lana rosa poco
sopra alla propria mano, in levitazione.
"Tieni, vai a
giocare."
disse poi rivolto al fratello, lanciandolo per la stanza. Inutile
dire che Ash gli corse dietro come un micetto domestico nel vederlo
rotolare amabilmente in quel modo. Cosa ci fosse nella sua testa,
nessuno lo sapeva.
Gilbert parve
perplesso. Lo
ricordava strano, ma non tanto folle. O forse semplicemente i propri
ricordi di bambino erano piuttosto scarsi al riguardo. Insomma,
giocava più volentieri assieme agli altri bambini, piuttosto
che con
loro due, ben poco inclini a certe cose. Salem si era sempre occupato
della parte pratica delle cose, ma in quanto a gestione, aveva dovuto
affidare gran parte delle sue proprietà ad altri, o non
sarebbe mai
riuscito a gestirle da solo. Questo era stato il caso della Casa di
Magia in Francia, quella che aveva accolto lo stesso Gilbert e altri
stregoni abbandonati come lui. Segrete ai Nephilim e al resto dei
Nascosti, erano tutte protette a dovere da incantesimi lanciati
personalmente dai gemelli. Introvabili, inviolabili, infrangibili.
Riservati di loro, non c'era di cui stupirsi se entrambi fossero
pressochè invisibili all'interno della società.
Perfino il Labirinto a
Spirale li aveva fatti chiamare, a quanto aveva sentito, ma loro non
avevano risposto. Andavano dove volevano, facevano ciò che
l'istinto, il cuore o forse l'anima stessa gli diceva di fare, seppur
senza infrangere le leggi del Conclave.
Gli Accordi erano
stati
stesi per garantire la pace tra le razze, oltre che per la protezione
dei Mondani da parte dei Nephilim, loro si erano semplicemente
informati e adeguati. Silenziosi, introvabili, invisibili. Nessuno
era stato capace di trovarli se non fossero stati loro a volerlo.
Come in quel caso.
"Abbiamo un
nome."
riprese quindi Salem, ricomponendosi sulla poltrona, tornando a
osservare l'ospite, mentre il fratello giocava a terra col gomitolo.
"E
sarebbe?"
"Non credo tu
lo conosca,
ma in ogni caso sta venendo qui."
"Ora?"
"Sì,
ora. Ha aperto un
portale da Dio solo sa dove, gli ho dato il nulla osta per uscire
direttamente al piano di sotto, dato che era già stato qui
in
precedenza."
Gilbert parve sorpreso
dalla
notizia. Forse più preoccupato, con tanto di sopracciglia
inarcate
per lo scetticismo. Si fidava di loro e sapere che fossero stregoni
anctichi lo faceva sentire al sicuro, ma invitare un assassino
direttamente in casa gli parve un po' troppo anche per loro.
Sospirò
sconsolato, chiedendosi chi si sarebbe dovuto aspettare entrasse
dalla porta da lì a qualche minuto. L'agitazione era
palpabile,
sebbene come detto in precedenza, si fidasse dei gemelli.
Pregò solo
che non si trattasse di qualche squilibrato. Non poteva certo sapere
che ci sarebbe stato di che divertirsi.
Questi quattro personaggi appaertengono alla
sottoscritta, gradirei che non infrangeste il copyright e non li
riutilizzaste nelle vostre storie, salvo permesso.
L'opera originale "Shadowhunters" e personaggi annessi, sono di proprietà di Cassandra Clare. Ogni riferimento a luoghi, fatti e persone è
puramente casuale, mi scuso in caso di omonimia.
Per chi volesse, sono stati realizzati dei chibi dei personaggi, anch'essi di mia proprietà, li potete trovare qui.
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Capitolo 2 *** 1.The black crow ***
Un
rumore improvviso ruppe il silenzio creatosi per qualche frazione di
secondo all'interno della stanza. Un rumore sordo e breve, come di un
mobile che cade a terra, un tavolo rovesciato o qualcosa di simile. O
almeno questo è ciò che pensò Gilbert
nell'udirlo, dato l'enorme
quantitativo di oggetti presenti al piano inferiore. Era talmente
pieno di cianfrusaglie per quanto aveva potuto constatare, che non si
sarebbe stupito di sentire qualcuno tirare quattro parolacce per
esserci inciampato. Tipico, lui si stesso si sarebbe trattenuto a
forza.
Salem
non proferì parola, limitandosi a sorridere, mentre Ash
sembrava
troppo preso dal proprio gomitolo, neanche fosse un micio domestico,
per accorgersi dell'accaduto. A Gilbert parve di vederlo muovere
appena le orecchie come un animale in ascolto, ma non ne era sicuro,
preferendo lasciar perdere. Chi lo capiva era bravo.
In
poche parole il silenzio sembrò inondare la stanza,
lasciandoli
qualcuno tranquillo e pacato come al solito, qualcuno stupito e
curioso, perfino quando si udirono dei passi per le vecchie scale in
legno, che tuttavia dopo pochi istanti smisero di cigolare. Forse chi
aveva l'orecchio più allenato potè udire un
borbottare fin troppo
eccessivo, seguito da altro silenzio. Almeno finchè non si
udì lo
scatto della maniglia della porta da cui lo stesso Gilbert era
entrato poco prima.
Il
più giovane trattenne il fiato, sperando e forse pregando
che chi
stava per entrare non fosse un pazzo maniaco o qualcosa di simile.
Salem aveva detto che i loro sospetti sembravano ricadere du questa
persona, ci aveva messo ben poco a fare due più due e
collegare il
tutto. Non tratteneva il respiro in quel modo dai tempi di Jack lo
Squartatore.
“Oskaaaaaar!”
gridò Ash non appena la figura mise piede nella stanza,
dandogli a
malapena il tempo di aprire la porta prima di fiondarglisi addosso.
Un bambino troppo cresciuto, ecco cosa sembrava. Di un metro e
ottantacinque o giù di lì, per giunta. In
compenso l'altro sembrava
poco più alto, quindi da quel caos di capelli bianco argento
che gli
si erano lanciati addosso, sbucava qualche ciuffo scuro. Decisamente
scuro.
Da
quell'angolazione Gilbert non poteva vedere granchè,
tuttavia rimase
speranzoso di vedere Ash spostarsi per presentare il nuovo arrivato.
O forse no. Forse era solo curioso, ma in fondo di nuove persone da
conoscere non glie ne importava poi granchè.
“Ash,
fallo entrare, su...” Salem sospirò, rivolgendosi
all'altro come a
un bambino.
Borbottando
seccato il gemello si fece da parte, lasciando che la figura di
questo tanto acclamato Oskar si stagliasse sulla soglia in tutta la
sua prestanza. Non che fosse un armadio di costituzione, ma il fisico
longilineo era ben delineato dal completo che indossava, forse un
Armani, forse qualcosa di simile, vista l'eleganza. Doveva essergli
costato parecchio. Ma la cosa che colpì maggiormente Gilber
fu la
scelta di colori dell'alto, nero da capo a piedi, se non fosse stato
per il suo pallore e quei due occhi color ghiaccio tipici delle
popolazioni nordiche. Un corvo dagli occhi di ghiaccio, in pratica.
Un
sorriso affilato comparve sul volto del nuovo arrivato, mentre il suo
sguardo incontrava quello di Gilbert, facendolo somigliare sempre
più
a un Figlio della Notte, piuttosto che a un Figlio di Lilith. Gilbert
si chiese perché non presentasse tratti demoniaci, ma nello
stesso
istante fu Salem a riprendere il discorso.
“Benvenuto.
Siamo tutti tra amici qui, non c'è bisogno che tu nasconda
il tuo
aspetto...”
Oskar
in risposta, soffiò una risata.
“Sai
bene che non ho bisogno di nascondermi...”
Il
tono suadente la diceva lunga sull'effetto che un tipo simile poteva
avere sulle persone. Misterioso, carismatico, di una bellezza adonica
se così si sarebbe potuta definire, che di certo non
sfuggiva
all'occhio anche di chi non era un'amante del genere. Che avesse
parenti vampiri?
Impossibile.
O meglio, improbabile visto che questi tecnicamente erano morti. Non
morti. La questione gli parve piuttosto complessa, quindi anche in
questo caso Gilbert diede forfait, limitandosi ad ascoltare e
osservare il quarto stregone piombato lì apparentemente dal
nulla,
che sembrò mutare nell'aspetto. Con il glamour rimosso, un
paio di
corna fecero la loro comparsa alle estremità della testa
dello
stregone, prendendo la forma di due mezzelune poste in orizzontale,
quasi gli circondassero la testa come un'aureola spezzata, mentre gli
occhi assunsero una colorazione simile ad esse, di un arancio vivo,
luminoso, come vi fossero poste delle lampadine all'interno. Uno
stregone con corna che brillavano era anche la prima volta che le
vedeva. Tuttavia non disse nulla, limitandosi ad osservare la scena.
“In
ogni caso” riprese Oskar, rivolto a Salem “Fossi in
te rimuoverei
un po' di quelle cianfrusaglie che tieni al piano di sotto, mi sono
inciampato in almeno quattro mobili. E per loro non è stato
divertente...”
Salem
assottigliò lo sguardo, appena sorto. Sospirò
poco dopo, scuotendo
la testa.
“Sapevo
che avrei dovuto svuotare tutto prima del tuo arrivo.”
“Perchè
non l'hai fatto?”
Nel
frattempo si avvicinò non solo all'interlocutore, ma anche a
Gilbert, prendendo posto sul divano, accanto a lui.
“E
questo chi è, uno dei tuoi nuovi cuccioli?”
Salem
si limitò a sventolare la mancina, soffiando dell'aria dalla
bocca a
metà tra la risata e lo scocciato.
“Non
è un cucciolo, è adulto da un pezzo.”
“A
me non sembra, sa di latte.”
Come
se Gilbert non fosse stato nella stanza e non li stesse fissando da
quegli interminabili minuti. Passava lo sguardo da uno all'altro,
ascoltando il discorso come se non fosse stato lì. Sarebbe
rimasto
ad ascoltare se non si fosse sentito preso in giro dalle ultime
parole del nuovo arrivato, per la quale emise una smorfia di sottile
disgusto, sollevando appena il viso, la sguardo con lieve aria di
superiorità.
“Non
è che siccome sono più giovane, hai il diritto di
offendere a
gratis.” disse, creando altro silenzio. Imbarazzante, questa
volta.
Come la reazione sul viso dello stesso Gilbert nel rendersene conto,
di un rosso vivo, appena più marcato del colore del suo
incarnato.
Se
Oskar avesse avuto gli occhi azzurri in quel momento, probabilmente
Gilbert sarebbe raggelato. Quello che gli rivolse fu uno sguardo
folle, abbinato a un sorriso che non prometteva nulla di buono e la
cosa lo fece imbarazzare ulteriormente.
“E'
audace per essere giovane. Dove l'hai preso?” chiese Oskar,
quasi
non curandosi neanche più dell'altro.
“In
Francia...a Bordeaux.”
Perfino
Ash, finora ancora impegnato col gomitolo, scoppiò a ridere.
Li
raggiunse sulla poltrona libera, buttando le gambe su uno dei
braccioli, la schiena appoggiata all'altro, senza riuscire a smettere
di ridere in modo sguaiato. L'unico che sembrava trattenersi era
l'artefice della battuta, un chiaro riferimento alla pelle dello
stregone compagno, ovvero Salem.
Gilbert
si sarebbe voluto sotterrare. Perfino i quadri alle pareti sembravano
essere sul punto di ridere di lui, ai propri occhi, nonostante Salem
gli stesse rivolgendo uno sguardo comprensivo. Forse voleva
comunicargli qualcosa, ma lui non era abbastanza lucido da
afferrarlo, al momento.
“V-Vengo
da Lione!” quasi lo urlò, come a confermare la
propria
provenienza. A loro o a sé stesso, non lo sapeva bene
nemmeno lui.
“Eddai,
non te la prendere.” riprese Salem, smorzando pian piano le
risate.
“In ogni caso lo confermo, è nato a Lione, ma lo
abbiamo portato
con noi in una delle nostre Case di Magia. A Parigi, precisamente.
Diciamo pure che è uno dei miei maggiori successi,
nonostante si
ostini a non voler cambiare cognome.”
Più
che vero. Mentre di norma gli stregoni abbandonati prendevano un
nuovo cognome, lui si ostinava a mantenere quello della propria
famiglia, cioè Lefevre. Forse la storia era più
controversa di
quanto chiunque di loro avesse mai potuto immaginare, per la
mentalità tipica del Mondo Nascosto, quindi non aveva detto
nulla,
tenendo quel piccolo segreto per sé, almeno per ora.
Anche
a quell'osservazione si limitò a un
“hmpf” di circostanza,
mettendo un lieve broncio neanche fosse un bambino piccolo, ma di
proposito, non per infantilismo. Centocinquantadue anni sono
tanti, non c'è spazio per il vero infantilismo in quella
strana
catena alimentare che comprende altre razze singolari.
“Ti
occupi ancora di quei posti?” chiese Oskar, compiaciuto.
L'altro,
ovvero il gemello non intento a osservare il crepitio del fuoco come
fosse la cosa più magica del mondo, si limitò ad
annuire, in un
primo momento.
“E'
una delle poche cose che mi tengono fuori dalla noia quotidiana,
lasciami giocare in pace, dannato corvo.”
Seguì
uno sbuffo, misto a un ridacchiare da parte dell'altro, diretto
interessato. Tutti loro sapevano bene in cosa consistevano le Case di
Magia istituite dai gemelli. Erano semplici luoghi di assistenza per
bambini e ragazzi Figli di Lilith, costruite solo recentemente su
idea di Salem, con l'unico scopo di prendere sotto la loro protezione
coloro che venivano abbandonati o cacciati dalle famiglie in cui
nascevano. Contando che in genere uno dei due genitori era un Mondano
raggirato da un demone, spesso la cosa poteva avere risvolti
violenti, se non disastrosi. Quindi per i due gemelli quello era un
modo come un altro per passare il tempo. Questo almeno è
ciò che
Gilbert aveva sempre ricevuto in risposta quando gli aveva chiesto
perché lo volessero aiutare. Mentre la follia di Ash lo
aveva
portato a ritrovarsi più volte abbracciato e stuzzicato in
modi
diversi, tra cui parole e pizzichi a casaccio su braccia e busto,
l'apatia di Salem aveva agito da freno realista, concedendogli
qualche parola e detta loro più logica come “mi
annoiavo” o “ho
pensato sarebbe stato divertente”. Quale fosse il vero scopo,
sempre ammesso che ce ne fosse uno, nessuno lo sapeva.
“Ma
dubito mi abbiate convocato qui per parlare di voi e dei vostri
progetti o per prendere in giro il bebè.” se ne
uscì quindi
Oskar, venendo al dunque.
In
effetti in quei minuti sembravano tutti aver perso il fulcro di tale
riunione, ovvero l'omicidio del Nephilim. Perfino Ash tacque in quel
momento, spostando lo sguardo dal fratello al corvo, le labbra appena
dischiuse, in quella sorta di criniera di capelli bianco argento a
contornargli il viso per rendere gli occhi rossi ancora più
luminosi
e ora interessati all'argomento. Era come se di tanto in tanto
qualcuno gli tirasse un pugno in testa e lui riacquistasse un po' di
lucidità.
Il
silenzio e la tensione erano palpabili nella stanza, Gilbert
giurò
di poter udire il battito cardiaco di tutti i presenti, mentre i due
stregoni lì presenti si fissavano con una certa
intensità. Non si
capiva bene se volessero sbranarsi da un momento all'altro o saltarsi
addosso per altri, ovvi, motivi. La cosa a Gilbert risultò
quantomeno imbarazzante, tanto da farlo arrossire ancora. Fortuna che
il colore della pelle lo smorzava, almeno quando si trovava senza il
glamour attivo.
“Un
Nephilim è stato trovato morto a Hyde Park. Ne sai
qualcosa?”
chiese Salem senza smettere di fissarlo. Dritto al punto.
Il
corvo sorrise soddisfatto, tornando a quell'espressione di velata
follia, mista a un'aria da presa in giro bella e buona.
“Un
dannato cacciatore muore e la colpa va subito allo stregone oscuro,
eh? La mentalità del Conclave non è cambiata poi
molto negli ultimi
duecento anni...”
“Non
me lo sta imponendo il Conclave di chiedertelo.”
“Certo,
come no.”
“Oskar...”
Oskar
distolse lo sguardo per primo, portando un dito alla bocca, le gambe
accavallate ad esprimere nervosismo. Sembrava avercela spesso con le
proprie mani, piene di segni rossi sul dorso e sulle dita, da
evidenti, piccoli, morsi, forse causati da quei dentini a punta. Non
lunghi come quelli di un vampiro, ma decisamente più
appuntiti di
quelli di un comune Mondano. Da quell'angolazione Gilbert poteva
vedere quanto fossero lunghi i suoi capelli scuri, raccolti in un
minuscolo codino alla base, una decina di centimetri sotto le spalle,
perfettamente lucidi. Se li avesse legati più sopra con un
nastro,
sarebbe somigliato moltissimo a uno di quei nobili francesi dei
dipinti. La cosa gli mise una certa nostalgia, sebbene dall'accento
l'altro non sembrasse francese. E nemmeno dal pallore, forse. Mentre
i gemelli presentavano un incarnato abbronzato sia con, sia senza il
glamour, Gilbert assumeva una colorazione avorio olivastro in presenza
del glamour, rosso Borgogna poco acceso nella sua forma naturale. Oskar
invece rimaneva sempre e comunque pallido come un cencio. Quindi
Gilbert suppose provenisse dall'alta Germania, da uno dei tre paesi
Baltici, se non da più in su ancora.
“Sai
bene quanto io e Ash desideriamo evitare il Conclave. Nessuno se la
sta prendendo con te, ma sul corpo sono stati trovati evidenti segni
di magia nera.” riprese Salem, paziente.
Tuttavia
l'altro non sembrò reagire esattamente bene.
“Perchè
allora non vai a prendertela con qualche sciamano?! Hai la vaga idea
di quanti stregoni ci siano in grado di utilizzare la magia nera? E
che mi dici dei Figli della Notte, tutti santi loro?!”
“Che
c'entrano loro, adesso?”
Il
corvo si sporse verso l'altro, serio, i gomiti puntati sulle gambe a
voler sostenere il peso del busto.
“Lo
sai quanti di loro mi hanno ordinato pozioni e incantesimi? Sono
dannati almeno quanto noi, se ne fregano delle conseguenze. La magia
nera per loro è all'ordine del giorno. Però la
prima persona a cui
si pensa è il caro Oskar, che come voi sbuca quando gli pare
e piace
per far danni in giro.” Sarcasmo nel tono e nel parlare in
terza
persona. “Voi siete vecchi, miei cari, credo che non esista
cretatura o legge al mondo in grado di fermarvi. Siete nati al tempo
degli déi, quando il mondo ancora doveva vedere l'epoca di
spade e
cavalieri, dell'unificazione dei Tre regni in Cina, della scoperta
del nuovo Continente. Quindi vi temono.”
Lo
sguardo di Gilbert passava da uno all'altro, fermandosi ora su Oskar,
che sembrava saperne molto più di lui sull'argomento.
“Ma
che hanno da temere da uno come me? Hanno permesso che uccidessero
Ragnor Fell e non hanno fatto niente!”
“Ti
prego, non ricominciare...” Salem sospirò,
portandosi una mano
alla tempia, visibilmente stanco di tutto quel discorso.
“Non
ti permetterò di continuare a insultarmi in questo
modo!”
Nell'alzare
la voce, uno dei vasi della stanza andò in mille pezzi,
esplodendo
sul posto alle spalle di Ash, ancora interessato all'argomento. Di
nuovo quello sguardo tra i due fece pensare che la stanza avrebbe
potuto prendere fuoco da un momento all'altro.
Di
nuovo fu il corvo a riprendere il discorso, questa volta più
calmo:
“Sono stanco, Salem. Stanco di essere immortale ed essere
trattato
come l'ultimo insetto sulla faccia della terra. Vengono a chiamarci
nel cuore della notte, a cercarci quando vogliamo solo stare in pace
per chiederci protezione, incantesimi, pozioni di qualsiasi tipo. E
quando muore uno dei loro, è ancora colpa nostra. Esistono
Seelie,
djinn, cani infernali, qualsiasi tipo di creatura possibile e
immaginabile, ma la colpa sarà sempre e solo nostra. Non
è solo il
sangue demoniaco, anche i seelie ne hanno. E' la magia. Io non ce la
faccio più, davvero. A volte mi sveglio o mi fermo a fissare
il
vuoto con più dubbi che risposte.”
“Sempre
i soliti?” Salem sospirò. Era evidente quanto si
conoscessero
bene.
Oskar
annuì, abbassando la testa.
“Non
è cattiveria la mia e lo sai, ma mi chiedo se siamo davvero
destinati a essere trattati in questo modo per il resto
dell'eternità.
I
dubbi sorgono quando sono i Nephilim, gli Shadowhunters a fare le
regole per tutti, basandole sulle loro esperienze, tradizioni,
famiglie, punti di vista. Già. Ma che ne è di
noi? Del nostro punto
di vista. Che ne è dei Figli di Lilith che da sempre
risolvono i
loro casini? Anche noi abbiamo le nostre regole. E loro non sono
nessuno per giudicarci!”
Fu
evidente a tutti quanto lui fosse agitato. Non nel vero e proprio
senso della parola, il corpo infatti era perfettamente saldo,
così
come il tono di voce stabile e deciso. Ma quell'anima nera celava
molto di più al suo interno.
Gilbert
potè vedere Oskar leccarsi le labbra, decidendosi poi a
tirare su la
testa per tornare a fissare l'altro, quasi ci fossero solo loro due
nella stanza.
“Ma
non ha importanza al momento. Ciò che conta è che
devo scagionarmi
in qualche modo. Non sono l'unico stregone del mondo a praticare la
magia nera, dopotutto. E il marchio potrebbe anche essere il mio. Mi
hanno commissionato talmente tante cose ultimamente che non saprei da
dove iniziare, guarderò sui miei libri contabili.”
“Capisco...”
Gilbert
si sorprese nel vedere Ash alzarsi e lanciarsi letteralmente ad
abbracciare lo stregone accanto a lui, che sfarfallò le
ciglia con
altrettanto stupore.
“Io
lo so che non sei stato tu.” disse, con gran sorpresa
generale.
“Odi i Nephilim e odi il mondo ma non sei tanto stupido da
fare una
cosa simile. Vedrai che lo prenderemo quel bastardo e mi
occuperò
personalmente di cavargli gli occhi col cucchiaino.”
Sorrise
il gemello folle, di un sorriso tranquillo e innocente, nonstante le
parole impiegate che trasmettavano tutto tranne che innocenza. Un
bambino fin troppo cresciuto, disposto a commettere un genocidio se
qualcuno gli avesse toccato una delle poche persone a lui care.
Così
lo aveva sempre visto Gilbert. E non sapeva se andarne fiero o
tremare.
Questi quattro personaggi appaertengono alla
sottoscritta, gradirei che non infrangeste il copyright e non li
riutilizzaste nelle vostre storie, salvo permesso. L'opera
"Shadowhunters" e personaggi annessi, sono di proprietà di
Cassandra Clare. Ogni riferimento a luoghi, fatti e persone è
puramente casuale, mi scuso in caso di omonimia.
Per chi volesse, sono stati realizzati dei chibi dei personaggi, anch'essi di mia proprietà, li potete trovare qui.
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Capitolo 3 *** 2.Fragments of the past ***
“Levati,
imbecille” riprese Oskar, ridacchiandosela di gusto a quella
reazione del'egiziano.
“Gno”
Ash
era decisamente un tipo singolare. Talvolta dava quelle risposte
infantili, rendendosi un bambino in tutto e per tutto, ma nessuno
aveva capito se lo facesse apposta o meno. Per Gilbert non era altro
che una messinscena creata dal duo per stupire gli altri o mantenere
quel legame unico e inimitabile tipico in questo caso non solo di due
gemelli, ma di due gemelli stregoni. La magia li aveva sempre uniti
in qualche modo, nel bene e nel male, in caso di bisogno e in
circostanze dalle più svariate sfaccettature. Non c'era di
cui
sorprendersi quindi se fossero così attaccati uno all'altro,
sebbene
Salem fosse più restio a dimostrarlo. Un rapporto
particolare, ecco
la definizione forse più appropriata.
Oskar
sospirò, lasciando l'altro appiccicato al proprio corpo come
una
piccola scimmia al ventre della mare, finchè non si sarebbe
stufato.
Ovviamente qualche scherzo come piccole scariche elettriche dalle
dita dello stregone nero, non sarebbero mancate, ma l'altro sembrava
prenerla sul ridere. Migliaia di anni rinforzano le difese magiche e
ad Ash sarebbe bastato uno schiocco di dita per staccare la testa di
netto all'altro senza nemmeno preoccuparsi di nasconderlo, eppure le
loro intenzioni non erano serie. Un corvo fin troppo serio e un folle
declassato a bambino non erano certo un'accoppiata vincente, ma
sembravano avere una certa intesa nelle loro azioni.
Gilbert
pensò fosse douto al loro legame di amici, benché
non ne conoscese
i dettagli. Per quel che ne sapeva potevano conoscersi da sempre,
così come da solo cento o cinquant'anni, non ne aveva idea.
“Quando
avrai finito di fare il marmocchio petulante, andrò a
recuperare i
libri per verificare i miei problemi, di cui tu te ne stai bellamente
fregando...”
Uno
dei tanti modi carini di Oskar per far sentire in colpa il prossimo e
ottenere ciò che voleva. Gilbert forse poteva non saperlo,
ma lo
stregone oscuro era dannatamente bravo in certe cose.
“Perchè
non ti porti dietro Gilbert? Sono sicuro che potresti insegnargli
tante cose. In più io e mio fratello abbiamo delle questioni
da
risolvere, sarebbe meglio se ci trovssimo sul posto.”
incalzò
Salem, passando lo sguardo prima da uno, poi all'altro, poi al
fratello, con una certa intesa. Gilbert potè notare quanto
lo
sguardo di Ash divenne luminoso, un sorriso da folle perso
chissà
dove con i propri pensieri, stampato in viso. Ovviamente Salem aveva
dato per scontato che si sarebbero incontrati al parco, senza
preoccuparsi di chiedere il parere altrui.
Sia
Gilbert che Oskar stavano per rispondergli il primo con imbarazzo
palese, l'altro con un insulto bello e buono già sulla punta
della
lingua, quando Ash li precedette, staccandosi dal corvo per battere
le mani esagitato, pronto a lanciarsi in braccio al fratello. Inutile
dire quanto il suo entusiasmo lo travolse, baci lasciato ovunque sul
suo viso e sul collo, seguiti da una leccata lieve della guancia con
tanto di lingua biforcuta color argento vivo in bella mostra.
L'organo di Jacboson del loro organismo avrebbe ringraziato per quel
gesto.
“Sì!
Sì, sì, sì, sì,
sì, sì, sì, sì! Questioni,
questioni! Kyah!
Giochiamo, fratello...”
Non
si capiva bene di cosa stesse parlando, ma nella sua follia tutti
supposero avesse una logica tutta propria, nessuno fece domande,
mentre Salem si limitò ad assecondarlo, lo sguardo portato
poi sugli
altri due come a invitarli ad andare. Scontato che non ammettesse
repliche. In genere non sorrideva e quell'accenno appena visibile di
buonumore era un modo sottinteso per congedarli, tra gli sbuffi del
corvo e l'ancora ben presente imbarazzo del francese.
“Fammi
da palla al piede e ti spezzo le gambe.” rivolto a Gilbert,
Oskar
non potè essere più diretto.
Non
impiegarono molto a raggiungere un edificio in Greenland road, nel
quartiere di Camden Town, grazie a un portale creato dallo stregone
oscuro. Un perfetto compromesso tra Camden Market e la British
Library, sebbene la location fosse più vicina al primo. Si
ritrovarono direttamente in un piccolo appartamento adibito a studio
da Oskar, posto nella classica struttura a due piani tipica della
città, con tanto di letto matrimoniale o lo stregone avrebbe
fatto i
capricci. Perché sprecare soldi in alberghi quando puoi
avere il tuo
appartamento singolo e arredarlo come vuoi tu grazie alla magia?
Insomma, visti i gusti del corvo, con arredamento in stile new gothic
con tonalità rosse e nere un po' ovunque, i grandi specchi
laccati
alle pareti e le tende color sanguinaccio, andare in albergo si
sarebbe potuto rivelare un problema. Senza contare tutti i libri di
magia e i vari utensili per erboristi e pzioni sparsi per tutto il
tavolo e la cucina. Aveva colorato anche i mobili già
presenti e il
frigorifero, rendendolo di un bel nero lucido. Tanto gli sarebbe
bastato “ridpingerlo” prima di partire di nuovo
alla volta di
chissà quale città. Forse sarebbe dovuto tornare
a Stoccolma per un
po', male non gli avrebbe fatto. Ma di tutto ciò, l'ignaro
Gilbert
non poteva saperne assolutamente nulla, quindi rimase stordito
all'arrivo nell'appartamento.
“Siediti
da qualche parte e resta immobile, ho già abbastanza cose a
cui
pensare.” disse Oskar, avviandosi sin da subito verso una
delle
librerie poste vicino alla grande finestra del soggiorno. In effetti
oltre al piccolo soggiorno, una camera e un bagno, non c'era altro.
Per una persona bastava, in effetti.
“Posso
aiutarti a cercare, se vuoi...” fu la timida risposta del
francese,
mentre prendeva posto sul divano in pelle, anche questo scuro come
una notte invernale senza stelle.
“Non
mi serve il tuo aiuto, devo cercare solo un libro contabile, mica un
lupo mannaro vegano.”
Tagliente
finchè basta, la risposta di Oskar lo fece sospirare. Anzi,
fece
sospirare entrambi.
Visto
che nell'appartamento non sembrava esserci la possibilità di
fare
nulla di interessante, Gilbert decise di rimanere in contemplazione
del luogo per lungo tempo. O almeno quello gli parve a lui, in
realtà
erano passati si e no cinque minuti dalle loro ultime parole.
“Quindi...usi
la magia nera.” riprese per fare conversazione, constatando
l'ovvio.
Chiaramente
Oskar si voltò a guardarlo con un'espressione stupita, come
a
chiedergli se fosse ritardato. Almeno Ash era folle, lui che scusa
aveva?
“Sì”
“E
che tipo di cose sai fare?”
“Tante”
“Anche...malvagie?”
“Sì”
Ben
presto quel botta e risposta lasciò spazio all'ennesimo
silenzio
imbarazzante. Gilbert nella sua timidezza spesso non riusciva a
sostenere una normale conversazione con gli sconosciuti e Oskar non
sembrava esattamente il miglior interlocutore del mondo. Chiudeteli
assieme in una stanza e otterrete questo.
“Trovato!”
esclamò quindi il corvo dopo una decina di minuti, rompendo
il
silenzio creatosi. “Dunque...il Nephilim sembra morto qualche
giorno fa, giusto? Vediamo...”
“Hai
trovato qualcosa? Di che si tratta?” chiese il giovane,
provando
ancora una volta a intavolare un discorso.
L'altro
in risposta sospirò, cedendo un po' a tutti quei tentativi
di
conversazione, seppure non fosse la sua massima aspirazione spiegare
a un novellino certe cose. Si avvicinò quindi a lui,
scattato in
piedi per l'entusiasmo, attento a non dar fastidio con le proprie
corna circolari. Gilbert si chiese se avesse bisogno di accendere la
luce di notte e per un attimo dovette trattenere una risata. Ma nel
vedere l'altro disponibile si mise l'anima in pace, osservando quanto
lui aveva da mostrargli. Oskar infatti indicò una settimana
ben
precisa, quella antecedente alla morte del Nephilim, scorrendo poi il
dito affusolato per tutta la pagina, quindi per tutto il mese prima.
Si poteva notare quanto tenesse al proprio aspetto, tra abbigliamento
e unghie perfettamente curate, molto probabilmente ci stava dietro
regolarmente. Allo stesso modo nell'averlo così vicino,
Gilbert potè
sentire quanto fosse buono il suo profumo: un misto di rosa e muschio
bianco, unito al fresco del pino silvestre. Che fosse una fragranza
naturale, forse tipica del suo luogo di nascita o meno, non lo
sapeva.
“...mi
stai ascoltando?!” lo sentì sbottare poco dopo.
“Dannazione, che
cavolo hai nel cervello, segatura? E saresti uno stregone
tu...”
“Scusami!”
squittì il francese, seppur cercando di mantenere un certo
orgoglio.
Una piccola contraddizione vivente un francese timido, ma a quanto
pareva era possibile.
“Dicevo...mi
hanno ordinato diverse cose. Pozioni di ogni sorta, così
come
incantesimi e rituali. Escludendo a priori tutto ciò che
prevede la
connessione con il regno dei morti e i rituali di purificazione,
direi che rimane ancora troppa roba.”
Gilbert
rimase sorpreso per la semplicità che l'altro usava nel
parlargli di
simili cose oscure. Oskar doveva essere non solo uno stregone
potente, ma anche uno a cui piace giocare con il fuoco, se era tanto
audace da avventurarsi in simili pratiche.
“Quindi...ti
occupi anche di queste cose. Hai provato a guardare nello specifico i
nomi dei clienti? Forse se conosci qualche Nascosto che ce l'ha con i
Nephilim, si potrebbe collegare il tutto”
A
parte lui, ovviamente. L'altro rise, scoprendo i denti appuntiti in
quell'espressione affilata da predatore quale era.
“Esistono
Nascosti che non ce l'hanno con i Nephilim?”
Gilbert
deglutì nervoso, come a confermare un io
muto, tanto l'altro
gli metteva soggezione.
“F-Forse...qualcuno
ha richiesto cose più specifiche, ecco...era questo che
intendevo.”
Per
un attimo il corvo si soffermò a guardare il suo viso,
fissandolo
spudoratamente senza il minimo accenno di sorriso, come fosse alla
annoiata ricerca di qualcosa in lui. Quindi tornò al libro
come
niente fosse, avviandosi al tavolo, facendogli segno di seguirlo con
la mano libera. Preso posto su una delle sedie, imitato dal francese,
prese a cerchiare con la matita recuperata da un portapenne, tutti i
nomi dei vari clienti e le loro ordinazioni specifiche. Non aveva
importanza dove si trovasse prima di giungere a Londra,
poiché
poteva spedire tutto tranquillamente da qualsiasi parte del mondo,
così come era irrilevante qualsiasi Nascosto avesse creato
disordini
negli ultimi tempi e ora figurava tra i suoi clienti. Troppa gente.
Si trattava di magia nera, non di un negozio di caramelle, chiunque
la richiedeva in genere non era esattamente una persona dalla
coscienza o dalla fedina penale pulita.
“Devo
vedere il cadavere” disse a un certo punto dopo l'ennesima
manciata
di minuti di silenzio.
Come
stessero parando del tempo o del pranzo della domenica. Gilbert non
si sorpese troppo della cosa, in fondo si trattava di trovare la
maggior parte delle prove in quel modo, tuttavia sapere che avrebbe
avuto bisogno del corpo non lo rallegrò per nulla. Primo
perché
avrebbero dovuto chiedere il permesso agli Shadowhunters e secondo
perché non era certo di cosa avrebbe potuto farci il corvo.
Per
quanto stregone non negromante, praticava pur sempre la magia nera.
Uno sbaglio e si sarebbero ritrovati tutti in gattabuia.
“Ciò
implica recarsi all'istituto di Londra. Romperò le scatole
ai
Nephilim pur di scagionarmi, di questo puoi starne certo, ma nel caso
non volessi assistere a un pessimo spettacolo...ti consiglio di
tornare a casa.” riprese Oskar, sorridendo in modo per nulla
rassicurante.
Per
quanto Gilbert fosse intimorito da lui e in apprensione per tutta
quella storia, era ora che iniziasse a imparare alcune cose, comprese
le relazioni politiche tra Nephilim, Nascosti, Mondani e demoni. Per
quanto sembrasse assurdo, cercare di evocare i demoni rientrava nei
passatempi più idioti dei Mondani e lui era più
che intenzionato a
fermarli, come un qualunque stregone dotato di buonsenso. Buonsenso
di cui Oskar e i gemelli probabilmente non disponevano.
“Non
credo vorrò tornare a casa, ho ancora molto da
imparare.” rispose
Gilbert, abbassando il capo, fissando il pavimento per un istante fin
troppo lungo. Il suo orgoglio di francese gli impediva di andarsene,
ma c'era ben altro per la sua testa. Giovane, fin troppo giovane per
una creatura immortale e con un passato quasi da recluso a studiare,
era quantomeno ovvio che volesse scoprire altre cose.
In
compenso l'altro lo fissò per tutto il tempo, ancora una
volta senza
porsi il problema di imbarazarlo o farlo sentire a disagio. Gilbert
si chiese se non fosse quella la sua vera specialità magica.
“Smettila
di farti problemi e inizia a darti da fare” duro nel tono,
sventolò
la destra poco distate dal proprio viso, con noncuranza, nel
riprendere il discorso: “Tu sei una di quelle persone che
pensa
troppo e agisce poco. Devi piantarla con queste stronzate e osservare
di più ciò che ti circonda. Non hai fatto caso ai
simboli sparsi
per la stanza, così come non hai notato altre piccole cose
come i
titoli dei testi nelle librerie, gli strumenti sparsi in giro nello
specifico e altre cose. Ti sei concentrato sulle apparenze, come un
poppante qualsiasi. Anche un Mondano saprebbe dire che la mia
specialità è la magia nera, così come
la botanica, la ritualistica
e tutto ciò che concerne il mondo dei morti. Mi chiedo
quindi se sei
davvero uno stregone...”
Il
francese lo guardò inizialmente con fare spaesato, i verdi
occhi
dalle tonalità lievemente differenti a cercare i suoi, la
bocca
dischiusa in un'espressione a dir poco sconvolta per come lo avesse
inquadrato in così poco tempo. Il tutto prima di essere
sbalzato
fuori dalla finestra dall'altro, che con un gesto di entrambe le mani
visibile giusto con la coda dell'occhio, gli aveva fatto infrangere
il vetro, facendolo finire direttamente in strada. Nulla di
eccessivamente potente, se si pensa che avrebbe potuto farlo
esplodere, volendo. Ma il tempo per pensare era limitato. Con uno
sforzo dettato dall'improvvisare, Gilbert si frenò appena in
tempo
con un incantesimo di levitazione, a pochi centimetri dall'asfalto
sottostante. Rimase a mezz'aria per qualche secondo, talmente
spaventato da dimenticare di essere perfettamente visibile ai
Mondani. Benchè la cosa non paresse tale. Essi infatti lo
evitavano
all'apparenza senza rendersene conto. Come se non esistesse. Poi si
sentì come se qualcosa di invisibile gli cingesse la vita,
per
essere riportato all'interno dell'appartamento, sulla stessa sedia su
cui era seduto poco prima. Oskar lo squadrò con aria
annoiata, una
smorfia dipinta in viso e un sospiro a seguire.
“Sì,
ahimè sei uno stregone...”
“Potevi
uccidermi!”
“Se
lo volessi, lo potrei ancora.”
Altro
attimo di silenzio. Gilbert di fronte a lui si sentiva come spoglio.
Messo a nudo da ogni suo sguardo indagatore e da ogni suo silenzio
ipercritico. Con un altro gesto della mano Oskar lo rese di nuovo
visibile a chiunque. Ecco dunque perché i Mondani non lo
vedevano.
“Ascolta
ciò che ti dico e impara dai tuoi errori, poppante. Guardati
attorno
e cerca da solo delle risposte. Le persone non ti diranno mai cosa
fare nella tua inutile esistenza, dovrai capirlo da solo. Quindi
muovi le chiappe e datti da fare. Possibilmente senza fare domande
quando sto lavorando. Io nel frattempo sento i due pazzi e vediamo di
riuscire a ottenere un permesso per l'istituto o dovrò
sfondare la
porta a suon d'insulti...” ennesimo sospiro per lo stregone
oscuro,
prima che si adoperasse a spedire un messaggio di fuoco. Conoscendo
gli altri due, avrebbero cercato di convincere gli Shadowhunters a
farli entrare nell'istituto, ma con il diretto sospettato come
compagno di viaggio, non sarebbe stato affatto facile.
Ma
momentaneamente il problema di Gilbert non era quello di preoccuparsi
per come gli altri due avrebbero reagito, no, aveva ben altro per la
testa. Oskar gli aveva parlato di simboli, titoli dei libri e
strumentazione varia ed effettivamente lui non ci aveva fatto il
benché minimo caso, appena arrivato. Quindi si
concentrò come
riusciva, dando un'occhiata in giro per scoprire con non troppa
semplicità che il corvo aveva piazzato diversi simboli sulle
pareti
della stanza, in una via di mezzo tra le rune degli Shadowhunters e
quelle celtiche. Diversi triangoli sovrapposti su alcuni lati erano
impressi in punti precisi della casa, a partire dalla porta della
camera da letto, accompagnati spesso da una specie di quadrato
orizzontale con le punte allungate a formare quattro cerchi
malformati esterni alla figura, seppur attaccati. Gilbert
potè dire
quasi con certezza che provenissero da una popolazione che poteva
aver subito l'influenza dei celti, ma di celti effettivi forse non si
trattava. Nulla di irlandese o del posto, per lo meno. Oskar aveva
detto di non disturbarlo mentre stava lavorando, quindi gli parve
giusto non fare domande al riguardo. Ma non riuscì a
resistere molto
nel vederlo tranquillamente seduto sul divano a non fare nulla.
“Stai
lavorando?” chiese timidamente.
Tutto
ciò che ottenne fu un'espressione di esasperazione, un altro
dei
suoi no, davvero me lo stai chiedendo? silenziosi e
impliciti.
“Quindi...alcune
cose me le puoi spiegare se...non stai lavorando. E hai voglia. Se
non disturbo troppo, ecco...”
“Piantala
di chiaccherare e siediti”
Sospiri,
sempre più sospiri per il moro oscuro, che fissa l'altro
riportando
ad attivare il glamour, sia per precauzione, sia perché se
fossero
dovuti uscire di lì a poco, sarebbero già stati
pronti. Le corna
sparirono in poco e gli occhi arancio fluorescenti lasciarono spazio
allo sguardo glaciale di sempre. In quel modo metteva ancora
più
soggezione. Lo stesso tuttavia fece Gilbert, facendo a propria volta
sparire le corna, la pelle riportata a un classico color avorio
tipico del centro Europa, le due iridi verdi sempre presenti. Nessuna
variazione nel colore di capelli per entrambi, mori erano e mori
rimanevano, sebbene i capelli di Oskar fossero molto più
lucidi e
curati.
“Dunque
che volevi sapere?” chiese quest'ultimo, forse velatamente
curioso.
“Hai
detto di osservare i simboli e io l'ho fatto. Tuttavia mi occupo di
studi sul mio paese e sulle influenze romaniche o simili, quindi non
sono un esperto di mitologia celtica.”
“Norrena”
lo corresse l'altro.
Un
oh di sorpresa sfuggì a Gilbert. Lui era
francese, di cose
scandinave non poteva saperne più di tanto, aveva impiegato
già
abbastanza tempo per esercitarsi in ciò che sapeva,
figurarsi
studiare tutte le cose del mondo. Inoltre diciamocelo, al momento non
gli era interessato. Fissò Oskar per un tempo quasi infinito
all'apparenza, che tuttavia gli fece capire che era interessato
all'argomento.
“Dunque...partiamo
dal presupposto che gran di parte dei nostri simboli non si conosce
tutt'oggi il significato, detto ciò.” Come fosse
una frase finita
e non lasciata in sospeso come invece sarebbe dovuta essere.
“I
triangoli che vedi sono Valknut, il nodo di Odino.
Non tutti
te lo confermeranno, ma protegge gli spiriti dei morti, non solo
caduti in battaglia come si crede, ma in generale delle anime pure.
Quando evoco uno spirito, è importante che rimanga ben saldo
a
questo mondo, altrimenti Odino lo trasporterà di nuovo
nell'aldilà,
interrompendo la comunicazione, soggiogando le loro menti al proprio
volere.”
E'
chiaro dal suo tono quanto sia convinto dell'esistenza degli
dèi e
ciò che li riguarda. Mentre spiega crea i tre triangoli di
cui sta
parlando con una sottile scia luminosa che fa scaturire dalla punta
dell'indice, disegnando nell'aria, dove rimane tutto perfettamente
sospeso.
“Le
nove punte dei triangoli rappresentano i nove mondi sostenuti da
Yggdrasil, l'albero cosmico, mentre i tre triangoli sono paradiso,
terra e inferno” cerchiando le parti interessate “E
spesso è un
simbolo associato non solo allo stesso Odino, ma anche a corvi e
lupi. L'altro invece è un semplice nodo di protezione, nulla
di
particolarmente elaborato o strano.” Sventolando la mano come
se
nulla fosse, disperdendo il disegno di luce come fumo al vento.
Gilbert
rimase in ascolto, quasi a bocca aperta per tutta la spiegazione.
Quindi forse lui veniva davvero da uno di quei posti tanto a nord che
per diversi mesi all'anno il sole sembra dimenticarsi della loro
esistenza, uno di quei luoghi glaciali di cui solo pochi conoscevano
l'esistenza, nell'antichità. Si fece tante domande al
riguardo.
“Quindi
tu da che paese vieni?” chiese quindi timidamente, cercando
di
evitare l'ennesima ovvietà.
Per
un istante rivide quello sguardo indagatore, come se lui si
aspettasse che la testa del francese esplodesse da un momento
all'altro, squadrandolo dall'alto in basso come farebbe un re crudele
verso il suo popolo. Con quel colore di occhi, velati dal glamour,
metteva ansia. Gilbert si aspettava quasi di morire da un secondo
all'altro. Un istante prima ci sei e quello dopo puff,
sparito. Come se non fossi mai esistito. Che pensiero pessimo.
“Dall'unione
di Kalmar.” rispose l'altro, vago.
Se
non altro aveva risposto. Ma il giovane stregone sembrava ben
più
propenso ad andare oltre alla questione, ormai curioso di capire di
che razza di paese si trattasse. E l'altro sembrò
accorgersene,
emettendo un tch schioccato con la lingua.
“Una
volta si chiamava in questo modo, ora la chiamano Svezia...almeno il
posto da cui vengo io, Kalmar era molto più
grande.”
Non
sarebbe sceso nei dettagli, no, decisamente. E Gilbert fu quasi sul
punto di riprendere con le domande quando arrivò un
messaggio di
fuoco, risposta dei gemelli. Recitava un messaggio semplice e
ordinato: permesso ottenuto. Ci vediamo lì. Salem.
Scritto
come un moderno telegramma.
Oskar
si trasse quindi a sedere, pronto a prendere la porta dopo aver
chiuso e recuperato il libro contabile.
“Andiamo,
poppante, ci aspettano lì. E smettila di fare domande, sei
snervante.”
In
un primo momento Gilbert sembrò rimanerci male, soprattutto
quando
lui si avviò, aprendo la porta, avviandosi per le scale, ma
all'udire un allora, ti muovi? piuttosto
incalzante, sorrise.
Forse tutte quelle domande allo stregone oscuro non dispiacevano...
Questi
quattro personaggi appaertengono alla sottoscritta, gradirei che non
infrangeste il copyright e non li riutilizzaste nelle vostre
storie, salvo permesso.
L'opera originale "Shadowhunters" e personaggi annessi, sono di
proprietà di Cassandra Clare. Ogni riferimento a luoghi,
fatti e persone è puramente casuale, mi scuso in caso di
omonimia.
Per chi volesse, sono stati realizzati dei chibi dei personaggi,
anch'essi di mia proprietà, li potete trovare qui.
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Capitolo 4 *** 3.A night at the...insitute ***
O
forse si sbagliava. Infatti il corvo non solo si era lamentato per
tutto il tragitto, ma aveva trovato ogni pretesto per insultare
qualsiasi Nascosto possibile e immaginabile. Vampiri? Stupidi
succhiassangue capaci di combinare solo guai. Lupi mannari?
Sacchi di pulci ambulanti facilmente irritabili.
Seelie? Un
mix uscito male che non fa altro che mentire con parole diverse dal
solito. E poi era stato il turno dei Nephilim. Solo il
Signore sa
quante parole siano volate nei loro confronti, decisamente non tanto
piacevoli. E Gilbert si era dovuto sorbire il tutto durante il
tragitto dall'appartamento all'istituto, ovunque esso fosse
collocato. Non ci aveva fatto caso, troppo impegnato a trovare un
sistema per fingersi attento mentre la testa era dispersa con i
pensieri verso qualche isola tropicale, dove si sarebbe sicuramente
trovato meglio, oltre che in santa pace. Per essere giovane infatti
non apprezzava troppo il rumore della città o tutto
ciò che andava
oltre a una chiacchierata al bar del quartiere. Forse anche
perché
si trovava in “territorio nemico”, non tanto
riferito ai
Nephilim, quanto alla città stessa. Insomma, un parigino a
Londra
era normale venisse notato e preso in giro, come sarebbe stato ovvio
il contrario.
Tuttavia,
una volta raggiunto l'istituto e visti i gemelli in lontananza, Oskar
si decise a fare silenzio, accennando un saluto con la mano.
Tutt'attorno era abbastanza illuminato, data la ormai grande presenza
di lampioni e luce elettrica in pressochè tutto il mondo. I
tempi
erano cambiati molto da quando il francese era ancora più
giovane e
vedere tutta quella luce elettrica, piuttosto che un quantitativo
enorme di candele, gli faceva ancora un certo effetto.
Se
a lui sembrava ancora strano vedere tutta quella luce elettrica,
è
facilmente intuibile quanto lo fosse in modo esponenziale per i
gemelli. Nati nei tempi bui, scoprire l'elettricità per
l'uomo era
stata una mossa geniale, per loro un po' meno visto l'uso della
magia, ma abituarsi a vedere i Mondani entrare in un edificio e
accendere la luce con il semplice click di un interruttore, era tutta
un'altra storia. Non fu difficile capire quindi perché Ash
se ne
stesse appollaiato al lampione più vicino, le gambe
incrociate
attorno all'asta di metallo, salde nella presa benché in
caso di
caduta sarebbe potuto levitare. Con l'indice della mano stava
battendo piano sul vetro squadrato sulla cima, come un bambino a un
animale dello zoo, in attesa della sua reazione, un sorriso ebete
stampato in volto.
“Spero
che non ci voglia una vita perché sono stanco”
ennesima lamentela
di Oskar, mentre si grattava la testa con lieve sonnolenza. Essere
uno stregone non era facile e dopo tutto quel trambusto aveva bisogno
di dormire.
Gilbert
lo vide squadrare Ash per quel suo comportamento infantile e l'altro
sembrò non accorgersene finchè l'intero gruppo
non decise di
avviarsi all'interno. Ovviamente accedere a un istituto di
Shadowhunters richiedeva alcuni controlli, quindi dopo aver rimosso
tutti il glamour per mostrarsi con il loro vero aspetto anche a loro,
già dotati di Vista, rimasero in attesa nell'ingresso
principale.
Come ogni istituto, prendeva luogo in genere in una chiesa antica o
simile, ma se non altro l'interno era stato rimodernato almeno un
pochino. Niente più carta da parati, nel caso ce ne fosse
stata o
cose fin troppo elisabettiane, solo un edificio semplice in perfetto
stile militare, degno dei Nephilim che lo abitavano. Niente Lightwood
o Morgenstern da dopo il caos creatosi con la guerra della Coppa
scatenata dapprima da Valentine e successivamente perseguita da suo
figlio Jonathan, o per meglio dire Sebastian Morgenstern, da quando
l'istituto era stato rinnovato, erano stati i Lowtower a prenderne il
controllo.
Charles
Lowtower, un uomo brizzolato sulla cinquantina, accompagnato dalla
moglie e il figlio, li accolse una volta raggiunto l'ingresso.
Probabilmente quei capelli erano stati scuri, una volta, ora rimaneva
un color sale e pepe in lieve contrasto con quelli ancora castano
scuro della moglie. Gilbert suppose fossero frutto di una comune
tinta dei Mondani, ma non disse nulla. Particolarità della
famiglia?
Degli occhi verde chiaro tendente all'oro verso l'esterno, capaci di
trasmettere gioia e soggezione allo stesso tempo.
“Buonasera
signori. Sono Charles Lowtower e questi sono mia moglie Margareth e
mio figlio Noah.” disse l'uomo, facendo le presentazioni.
Un
modo carino per metterli in guardia e aspettarsi a propria volta
delle presentazioni complete da parte di tutti. Nessun Nascosto sano
di mente si fidava completamente di uno Shadowhunter. Bisognava
essere pazzi per farlo. E di pazzo lì dentro al momento ce
n'era
solo uno. Così come nessun Nephilim si sarebbe mai fidato
completamente di un Nascosto. Ma Gilbert forse era troppo giovane e
inesperto per capire quale sorta di velata minaccia implicita ci
fosse in quelle presentazioni.
“Abiyshalowm
e Achashverosh Sand, di Alessandria d'Egitto”
cominciò Salem,
presentando sé stesso e il fratello gemello, mostrando la
lingua
biforcuta color argento vivo, l'altro a imitarlo, poco dietro.
“Tsk...Asgeirr
Svart.” tagliò corto invece Oskar, sbuffando, il
marchio già
piuttosto evidente.
In
un primo momento Gilbert non seppe che dire. I gemelli non si erano mai
presentati in quel modo e Oskar...era semplicemente
“Oskar” fino
a due minuti fa. Che diavolo erano tutti quegli appellativi
complicati?! Erano soprannomi? Nomi antichi di famiglia? O forse nomi
altisonanti per stregoni di una certa importanza. Forse. Quindi che
avrebbe dovuto dire lui? Per una frazione di secondo si
sentì tutti
gli occhi puntati addosso, in attesa che dicesse qualcosa.
“Gilbert
Victor Lefevre...” mugolò, sebbene fosse stato
udibile a tutti.
La
cosa sembrò funzionare, dato che tutti tornarono a dov'era
rimasto
il discorso, con il capofamiglia a fare strada verso il luogo in cui
tenevano il cadavere del compagno deceduto. Per la sicurezza di
tutti, si preoccupò di mettere due Nephilim accanto a Oskar,
poiché
principale sospettato del caso.
E
a Gilbert si avvicinò Noah, con nemmeno troppa
preoccupazione di non
farlo notare ai genitori o a chiunque altro.
“Quindi
sei francese. Il tuo marchio sono le corna e la pelle rossa? Posso
toccarti?” chiese, sorridendo con entusiasmo. Sembrava un
ragazzo
particolare in effetti e sebbene quel contatto fosse visto non troppo
male da Gilbert, gli altri tre sembrarono piuttosto intimoriti dalla
cosa.
“Sì,
non mordo...” lasciando la frase in sospeso, come volesse
intendere
altro.
Mentre
Noah si avvicinava per poterlo toccare in viso, unica parte piuttosto
scoperta oltre alle mani, secondo oggetto d'esame, Gilbert
potè
notare come gli altri tre tornarono a celare il loro ver aspetto
sotto al glamour. Notò con piacere che anche i gemelli erano
dotati
di una chioma scura come il carbone, cosa che non si sarebbe mai
immaginato. In genere erano soliti mantenere i capelli chiari,
talvolta biondo platino per pura comodità, ma a pensarci
bene erano
egiziani, più che scuri non sarebbero potuti essere o quasi.
In
compenso anche Oskar, che era svedese, era moro. Smise di farsi tutti
questi problemi per il colore dei capelli, lasciandosi in un qualche
modo esaminare dal giovane Nephilim, che doveva avere attorno ai
sedici anni.
“Noah,
smettila di importunare il signore, per favore.” lo riprese
sua
madre, seppur con scarso successo. Il ragazzo infatti sembrava
più
interessato di prima.
“E
quegli occhi sono un marchio anche quelli?” chiese,
avviciandosi
tanto al viso dell'altro da poterlo praticamente sfiorare. Alto, per
essere un ragazzino. Ai ragazzi di oggi mettono il concime nelle
scarpe, cavolo!
“N-No,
quelli...no...”
“Quanti
anni hai? Che sai fare con la magia, sai aprirli i portali?”
Inutile
dire quanto Gilbert si sentì in imbarazzo. Il Nephilim
continuava a
toccarlo e a fargli domande piuttosto dirette, senza peli sulla
lingua, come fosse stato normale chiedere certe cose. In fondo per
loro che erano europei era ben diverso, ma da quando il gruppo di New
York aveva fatto tanto scalpore, i giovani Nephilim di tutto il mondo
avevano iniziato a interessarsi maggiormente al mondo dei Nascosti.
“Quanti
anni hai, sette? Non hai mai visto uno stregone in vita tua,
poppante?!” sbottò a un certo punto Oskar,
seccato. Era evidente
quanto fosse infastidito dal comportamento del ragazzo, o almeno era
ciò che veniva esternato. Gilbert aveva capito che spesso
diceva
cose che non pensava o non provava, solo per vedere la reazione della
gente.
Il
giovane Nephilim annuì, sorridendo con noncuranza nel
continuare a
seguire il gruppo.
“Ne
ho visti tanti sui libri e sui file del Conclave, ma fino a poco fa
abitavamo a Idris e lì ho studiato tante cose,
però non ho mai
visto uno stregone da così vicino, né ho mai
potuto toccarlo.”
Tutto soddisfatto della propria conquista, una delle mani ancora a
stringere quella di Gilbert quasi volesse tornare al proprio studio
una volta lasciato in pace dall'altro.
Gilbert
dal canto suo, si chiese che tipo di educazione erano soliti ricevere
i Nephilim. Pazienza lui che era rimasto a studiare tutto il tempo o
quasi, ma bastava uscire in un qualsiasi cafè di Parigi per
avere a
che fare con dei Nascosti, non serviva mica andare a cercare
chissà
dove.
Tuttavia
non fece domande, si limitò a osservare Oskar, con il suo
sguardo da
tocca me in quel modo e ti stacco le mani, mentre
gli altri
due facevano strada, confabulando tra loro in arabo, probabilmente.
Non
impiegarono molto a raggiungere la sala in cui era conservato il
corpo, ancora per poco dato che la tradizione dei Nephilim prevedeva
la cremazione, nella maggior parte dei casi. Il signor Lowtower si
mise a spiegare ciò che avevano rinvenuto sul corpo, sebbene
ci
fossero pochi indizi che riportassero a qualcosa di concreto.
Sembrava fosse stato sbranato, nulla di più, nulla di meno.
Sul
collo era presente uno squarcio che lo attraversava verticalmente sul
lato e orizzontalmente in diversi punti, come fossero state impiegate
unghie e denti. Niente dissanguamento per la vittima, quindi i
vampiri erano già stati esclusi a priori. Il popolo fatato
in genere
era solito farsi a fatti propri, ma con l'influenza inglese che
subivano, in numero maggiore rispetto ad altri posti, non si poteva
mai dire. Certo, così a pelle sembrava a tutti gli effetti
un
aggressione da parte di un Figlio della Luna, a giudicare dai segni e
dalla violenza dell'impatto. Probabilmente anche il resto del corpo
era stato martoriato da quelli che sembravano segni di artigli,
tuttavia dal capofamiglia dei Lowtower il corpo era stato scoperto
solo fino al petto. Anche in quella zona i segni non mancavano, ma
sicuramente era stato il colpo inferto al collo a decretarne la
morte.
“Questo
è tutto ciò che
abbiamo.”confermò Charles, annuendo.
“Gli
avete trovato qualcosa addosso o nel sangue? Oggetti, infusi
particolari, qualcosa di strano che magari era solito non usare o
indossare?” chiese Oskar, curioso, dopo aver fatto schioccare
le
dita, creando una sorta di aura lievemente verdastra, le mani
sollevate a una decina di centimetri dal corpo, alla ricerca di
tracce magiche. Qualcosa non quadrava. Un Nephilim era stato
aggredito e a quanto pareva salvo qualche segno di magia nera, non
era presente nulla, assolutamente nulla. Assurdo. Cioè,
assurdo che
dessero la colpa a lui e non a chiunque lo avesse aggredito. Charles
Lowtower scosse la testa. A parte i soliti abiti da cacciatore, armi
angeliche o meno che fossero, il loro compagno non possedeva o
presentava nulla di strano.
“Signor
Svart, è proprio sicuro di non avere nulla a che fare con il
caso?
Non ha mai visto la vittima prima o è sicuro di non averlo
mai
incontrato da nessuna parte?” chiese la moglie del
capofamiglia,
quasi insistente. Era evidente quanto fossero a un punto morto con le
indagini, vista l’insistenza di lei e lo sguardo torvo del
marito.
Oskar
si limitò a sorridere, glaciale e a tratti inquietante,
esponendo
appena quei denti bianchissimi leggermente appuntiti. Per chi non era
un esperto, era facilmente confondibile con un vampiro.
“Mia
cara signora, ci sono evidenti tracce di magia nera sul corpo,
ciò è
sicuramente incontestabile. Tuttavia, benché si tratti di
magia nera
e di preciso della mia magia nera" sottolineandone bene il
possesso “posso affermare con certezza che la cosa non mi
riguarda.”
“Oskar…”
sospirò Salem, portandosi una mano sul viso.
L'altro
lo guardò con un’espressione da non
rompere ben stampata in
viso.
“Sono
realista. Ciò che combinano i miei clienti non è
affar mio. Sono
conscio che la magia nera non è esattamente legale, ma io mi
limito
a mettermi al servizio del pubblico, ciò che esso fa con i
miei
servizi, non mi riguarda. Non sono stato io, punto. Se la cosa non vi
sta bene, è un problema vostro. Fossi in voi cercherei un
dannato
mannaro invece che star qui a cincischiare senza far nulla. Inoltre
diciamocelo, se avessi dovuto uccidere qualcuno e con questo non
intendo dire che lo farei per davvero, io l'avrei fatto con
più
classe, non con uno scempio simile.”
In
effetti il fatto che non lo avessero già messo alla gogna,
era
quantomeno strano. Era un po’ come dire io sono uno
spacciatore
e mi limito a spacciare, se la gente è così
idiota da drogarsi, non
è colpa mia. Sebbene ci fosse un che di vero in
certe
affermazioni, Oskar
veniva
salvato solo grazie alla sua età, quindi alla soggezione che
metteva
ai Nephilim con conseguente capacità di filarsela a gran
velocità e
alle attività che svolgeva sottobanco, i cui nomi di clienti
e
fornitori era tranquillamente disposto a condividere con chiunque ne
avesse bisogno. Per una modesta cifra o diversi favori, mica gratis.
Non equiparabile a una spia, tendeva tuttavia a giocare per la
squadra vincente o a battere bandiera dove gli era più
comodo. In
più non sempre le sue informazioni si rilvalevano corrette.
Di
proposito, chiaramente. Variava molto da persona a persona, luogo,
guadagno e simpatia. Soprattutto simpatia. E lui pareva esattamente
il tipo di persona che odia tutti, a prescindere.
“La
questione non è tanto semplice, signor Svart. Non solo lei
impiega
magia illegale, ma ci è andato di mezzo un Nephilim
innocente per i
suoi affari. Tutto ciò è
imperdonabile!” la signora alzò la voce
verso la fine.
“Anche
il fatto che voi impieghiate i miei simili come operai sottopagati,
dopo averli discriminati, è imperdonabile. Ci date degli
aborti
vista la nostra natura per metà demoniaca, ma i nostri
servizi vi
servono e siete disposti a pagare pur di averli. Siete solo un branco
di ipocriti. La mia pazienza ha un limite, cara signora.”
La
tensione divenne palpabile. Il corvo era capace di portare discordia
ovunque andasse. Non che avesse un carattere facile, ormai chiunque
lo aveva capito. E l’espressione irritata dei Nephilim dopo
certe
parole la diceva lunga. Loro si credevano superiori a chiunque altro
e come se non bastasse snobbavano gli altri, perfino i Seelie, che a
loro volta possedevano anche sangue angelico. Quindi era normale che
i Nascosti si sentissero discriminati e non vedessero di buon occhio
la cosa, oltre a trarre effettivamente meno vantaggi dagli Accordi.
“Forse
è meglio se rimane qui per questa notte, signor
Svart.” incalzò
Charles Lowtower. Altro modo simpatico per esprimere una velata
minaccia, volendolo sorvegliare.
“Oh
sì, vi piacerebbe…” Oskar
soffiò una risata, schioccando le
dita per emettere una scintilla rossa, da cui esplose del fumo, in
tutte le direzioni.
Gilbert
si mise a tossire, i gemelli a loro volta impiegarono le mani per
schermarsi dal fumo, creando come una bolla attorno alle loro teste,
in cui l'aria era pulita e respirabile. I Nephilim, colti alla
sprovvista, non poterono che coprirsi il naso con la mano, solo Noah
fu abbastanza rapido da estrarre un pugnale da chissà dove,
puntandolo avanti a sé. Una volta che il fumo si fu
dissipato, i
presenti si accorsero che Noah stava puntando l'arma verso Gilbert,
che da subito sgranò gli occhi come un cerbiatto indifeso.
“Oh,scusami…”
disse Noah, riponendo l'arma al fianco nell'apposita custodia in
cuoio, fissata alla cintura, tornando a sorridere.
“Stupido
babbeo, ora tutti pensano che è stato lui! Io gliel'avevo
detto di
fare il bravo, ma lui no, deve fare il figoso
tenebroso…babbeo!”
si lamentò Ash con dire sgrammaticato, battendo un piede a
terra.
Salem
sospirò, scuotendo la testa.
“Lascia
perdere Ash, lo sapevamo che avrebbe reagito così.”
“Come
sarebbe a dire che lo sapevate?!” sbottò
Margareth, sconvolta.
“Oskar
è antipatico, ma non è cattivo. Siete voi a dire
che è cattivo
anche quando non lo è!”
Ash
aveva la capacità di espressione degna di un abitante del
Paese
delle Meraviglie, spesso e volentieri.
L'ennesimo
sospiro di Salem fece placare un po’ gli animi, visto anche
il
gesto in contemporanea con entrambe le mani aperte verso il basso
come a intimare la calma a tutti i presenti.
“Oskar
non è il più simpatico e facile da trattare degli
stregoni, lo
ammetto. Ma non ha mai fatto certe cose. Ha avuto e ha tutt'ora i
suoi problemi e odia tutti a prescindere, ma non ha mai alzato un
dito per innescare una guerra o cose simili. Fa scherzi poco
simpatici ed è un gran, gran, gran rompiscatole, ma la cosa
si ferma
lì. Si è sempre fermata lì. Se avesse
voluto, avrebbe potuto
tirare giù questo posto in una decina di minuti.”
I
gemelli, in due. Minuti, s'intende. Infatti Oskar aveva ragione a
dire che loro due erano temuti e non solo dai Nephilim. Ma la
questione non era mai stata approfondita troppo, in un certo senso.
Il
discorso parve convincere almeno un po' i tre shadowhunters, due se
si conta che il figlio era fin troppo giovane per sapere certe cose.
Salem era bravo a calibrare le parole, almeno quanto un fatato, aveva
usato certi termini di proposito per non creare scompiglio. Ma
finchè
i Nephilim non facevano domande al riguardo, gli stava bene
così.
“In
ogni caso mi occuperò personalmente del caso e di stare
dietro a
Oskar, non vi preoccupate. Per questa sera credo sia abbastanza,
penso proprio ci ritireremo a dormire.” riprese, rassicurando
tutti. Convocato dal Conclave, sebbene non avesse mai risposto,
né
si fosse mai presentato, era uno stregone famoso piuttosto degno di
fiducia. Se solo avessero saputo...
Quindi
una volta calmate le acque con lo stregone oscuro uscito di scena per
conto proprio, i tre si congedarono, Gilbert con la promessa di Noah
che si sarebbero rivisti per fare quattro chiacchiere. Ingenuo o fin
troppo curioso a scelta, il giovane Nephilim era più
preoccupato di
capire il mondo dei Nascosti che preoccuparsi del proprio. In un
certo senso anche ai gemelli fece piacere. Se non altro era un passo
avanti. Da quando anni prima, a Idris era iniziata a circolare la
notizia del fidanzamento di Magnus Bane e Alexander Lightwood, le
cose erano cambiate, almeno tra i giovani. La nuova generazione di
Nephilim sembrava di mentalità più aperta
rispetto ai genitori,
vampiri e lupi mannari avevano iniziato a rivalutare le relazioni con
le altre razze, sebbene ancora un po' titubanti tra loro, e anche
alcuni Seelie sembravano essersi interessati ai Nephilim. Prime fra
tutti le fidanzate Aline Penhallow e Helen Blackthorn, altri menbri
con cognomi famosi nel mondo Shadowhunters. Qualcosa era iniziato a
muoversi, sebbene le discriminazioni di razza e genere in alcuni casi
o zone specifiche fossero ancora presenti. Ognuno aveva i propri
motivi per pensarla in un certo modo, Gilbert semplicemente era
curioso. Curioso di capire perché Oskar fosse tanto
negativo, perché
i gemelli Sand se ne infischiassero del mondo intero, ma soprattutto
scoprire il motivo di tanto astio da parte di alcuni Nephilim, mentre
altri come Noah si erano dimostrati tanto gentili e curiosi.
Usciti
dall'istituto con una certa fretta non troppo evidente, si erano
diretti presso una delle Case di Magia dei gemelli in Regent's Park.
Luogo scelto un pò a caso, un po' per la sua
vastità e l'apparente
spazio libero in cui nascondere una casa in stile vittoriano su due
piani. Rosa, per giunta. Non mancavano gli archi all'entrata e ai
lati dell'edificio a creare vere e proprie verande, le torrette tonde
ambo i lati e i tetti spioventi a tratti, a cupola allungata sulle
due torri presenti. Insomma un edificio di un altra epoca,
completamente invisibile ai Mondani e alla stra grande maggioranza
dei Nascosti, che spesso e volentieri veniva cambiato di posto per
non farne capire l'esatta collocazione.
“Quella
di Parigi era azzurra” disse Gilbert, con un bel sorriso,
dopo
essere uscito dal portale e aver notato l'abitazione.
“Lo
è ancora. Un paio di volte l'abbiamo spostata nel cortile
interno
del Louvre. E' stato davvero divertente vedere i bambini correre per
il museo, dovremmo rifarlo.” rispose Salem, ridacchiando.
Ash
sembrò entusiasta della cosa, tanto da mettersi a correre in
giro
con le braccia aperte, imitando un aeroplano nei gesti e nei suoni.
Sembrava completamente a proprio agio in quel luogo, che secondo
Gilbert doveva essere pieno di bambini come lo era stato lui una
volta, in una struttura simile. Azzurra. Ridacchiò a
ripensarci, con
una sottile vena di nostalgia nello sguardo. Quel posto per lui era
stata una seconda casa dopo l'assassinio dei suoi genitori. In parte
non avrebbe mai voluto che accadesse, in parte se ora si trovava
lì
era solo grazie a quell'evento ben poco piacevole. Spesso si era
chiesto come sarebbe andata se loro non fossero mai morti, ma non
aveva trovato una risposta concreta. Non ce n'era una, non ci sarebbe
mai stata nemmeno con il potere di alterare il tempo poiché
non lo
avrebbe mai desiderato. Già, il tempo. Ne era passato
così tanto.
Diede un ultimo sguardo ai due prima di seguirli verso l'edificio in
cui avrebbero trascorso la notte, con un Ash felice e allegro
più
che mai, cambiato in trenta secondi dopo il nervosismo nell'istituto.
Gilbert aveva ancora tante cose da chiarire e molte riguardavano loro
due. Tantissime altre il corvo, disperso ora chissà dove,
sebbene il
francese supponeva fosse tornato al proprio appartamento in Greenland
road. Se non altro avrebbe avuto tempo di farlo mentre sarebbero
stati impegnati a occuparsi di quel caso misterioso e inconsueto.
Questi
quattro personaggi appaertengono alla sottoscritta, gradirei che non
infrangeste il copyright e non li riutilizzaste nelle vostre
storie, salvo permesso. L'opera "Shadowhunters" e personaggi annessi,
sono di proprietà di Cassandra Clare. Ogni riferimento a
luoghi, fatti e persone è puramente casuale, mi scuso in
caso di omonimia.
Per
chi volesse, sono stati realizzati dei chibi dei personaggi, anch'essi
di mia proprietà, li potete trovare qui.
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Capitolo 5 *** 4.Children ***
Il
mattino seguente Gilbert si svegliò di buonumore, riposato e
tranquillo dopo aver trascorso la nottata in una delle stanze della
casa adibita a camera singola o doppia, in questo caso, per gli
ospiti dell'edificio. Mentre i bambini vivevano lì, infatti,
la
maggior parte degli adulti, dipendenti compresi, erano solo di
passaggio. Qualcuno si fermava un paio di settimane, qualcuno mesi,
altri erano lì da anni, ma pur sempre di passaggio. Forse
anche per
questo i bambini delle varie strutture non erano propensi ad
affezionarsi ai loro tutori.
Era
iniziata molto bene la mattinata, dopo una lunga dormita, la
colazione servita direttamente in cucina per chi come loro poteva
accedervi, in totale e rilassante solitudine, in quel pigiama a trama
scozzese per i pantaloni e una semplice maglia a maniche corte nera a
sovrastarli, visto il caldo ormai quasi estivo. Sebbene il Paese
fosse scosso per la maggior parte dell'anno da diverse precipitazioni
climatiche, si poteva dire che per ora gli era sempre andata bene. In
più non contava di fermarsi in città troppo a
lungo, voleva tornare
a Parigi, l'ormai propria città di nascita per acquisizione.
Tante
cose da fare e un caso singolare da risolvere. Che poi lui
perché
era stato convocato? I gemelli avevano un paio di migliaia di anni
per uno, Oskar con il suo carattere si stava scavando la fossa da
solo e lui...lui era uno stregone giovane, inesperto, più
che mai
abituato a stare per conto proprio nella calma e
tranquillità di
qualche museo. Quindi perché convocarlo? A quale
utilità?
Con
ancora il croissant in mano, fatto arrivare direttamente da casa su
richiesta dei gemelli che ormai conoscevano i suoi gusti, le domande
lo stavano attanagliando da qualche secondo di troppo, quando un
rumore piuttosto forte, sordo, seguito da quello che sembrava un
ammasso di passi sul pavimento in legno del piano di sopra, ruppe
quel flusso di pensieri. In effetti si chiese chi o cosa avesse
potuto provocarli e di primo impatto la reazione istintiva fu quella
di precipitarsi di sopra. A metà corridoio, la colazione
ancora ben
salda in mano, si fermò come avesse avuto l'illuminazione
del
secolo. In fondo c'erano i gemelli a guardia della casa e un
incantesimo abbastanza potente da non farsi scoprire dal Conclave. E
se i gemelli erano usciti? Se qualcuno avesse scoperto l'edificio?
Impossibile, per rompere un incantesimo del genere ci sarebbe voluto
uno stregone più forte o una specie di esercito in
miniatura. Forse
li avevano rapiti. O avevano rapito i bambini. Doveva andare a
controllare a tutti i costi.
Per
questo motivo riprese a muoversi verso il piano superiore, il parquet
di legno perfettamente curato nonostante ci vivessero dei piccoli
terremoti ambulanti magici. Ma probabilmente anche il pavimento era
curato con la magia, cosa molto facile.
Si
stupì, una volta arrivato di sopra, nel constatare che ai
lati di
una delle porte, i gemelli sembravano in contemplazione di qualcosa,
in religioso silenzio, strano ma vero, la schiena appoggiata alla
parete, una gamba sollevata poggiata anch'essa dietro, a formare un
angolo verso l'esterno, le braccia incorciate, come due statue
guardiane al di fuori di un templio shintoista. La porta sembrava
socchiusa, lasciando uno spiraglio di circa cinque centimetri, come a
far filtrare la luce verso l'esterno, nel corridoio principale.
Chiunque avrebbe potuto guardare dentro la stanza, ma sembrava che
nessuno volesse farlo.
Gilbert
stava per chiedere se fosse tutto a posto, visti i rumori uditi dalla
cucina, ma non fece in tempo a formulare la frase.
“Oh,
che gentile, hai portato la colazione!” disse Ash, il
più vicino
al francese, afferrando dalle sue mani il croissant, che subito si
portò alla bocca.
“Non
hai pensato fosse la sua colazione?” lo riprese Salem,
immobile.
Ash
inizialmente sussultò appena, guardando il più
giovane con aria
innocente, come fosse lui stesso uno dei bambini dell'edificio,
mugolando uno scusa, a bocca piena. Gilbert in
tutta risposta
sventolò la destra davanti al proprio viso come a
confermargli di
non preoccuparsi.
“Ho
sentito un rumore e mi sono preoccupato. Va tutto bene?”
accennando
alla stanza.
Salem
alzò le spalle, come fosse abituato alla cosa.
“E'
solo Oskar con i bambini”
Gilbert
parve stupirsi, sollevando le sopracciglia, le ciglia sfarfallat come
avesse ricevuto una secchiata d'acqua gelida.
“Gli
piacciono i bambini” riprese Ash “Gli piace
mangiarli”
concluse, addentando il croissant un'altra volta.
Il
francese sbiancò in modo ben visibile, dato il glamour
ancora
attivo, a differenza degli altri due e per un attimo si
sentì
mancare il fiato. Davvero gli permettevano una cosa del genere?
Insomma, già la magia nera andava contro le regole del
Conclave,
questo era a dir poco sdegnoso. Rivoltante. Eppure entrambi i gemelli
sembravano tranquilli. Si sentì un conato di vomito risalire
dallo
stomaco, pronto a bruciare ogni centimetro tratto esofageo, quando
sentì Ash scoppiare a ridere. Non capì subito il
motivo di tanta
ilarità finchè non si accorse delle risatine
sommesse di Salem, la
mano portata davanti alla bocca con fare decisamente più
elegante
del fratello. Sebbene entrambi fossero in tuta e maglietta, si poteva
distringuerli chiaramente dai modi di fare.
“La
tua faccia! Diamine devo farti una foto la prossima volta!”
esclamò
Ash, quasi strozzatosi con il croissant, dal ridere.
“Sei
crudele, fratello” tra le risatine generali.
Detta
da uno che fino alla sera prima aveva fatto una battuta sul colore di
pelle del francese, suonava decisamente derisoria come cosa.
Non
c'era da stupirsi quindi se il viso di Gilbert passò dal
color
vampiro pallido a uno che rasentava quasi la sua pelle naturale.
Senza glamour avrebbe potuto smorzarlo almeno un pochino, ma in
quello stato era impossibile.
“S-Siete
due idioti!” esclamò, dirigendosi verso la porta,
per poter
entrare nella sala adiacente. Permaloso, fin troppo permaloso.
I
due egiziani erano talmente impegnati a ridere e a prenderlo in giro
bonariamente che non diedero troppo peso alla cosa, decidendo di
lasciar perdere. Se la sarebbe vista lui con il corvo, a suo rischio
e pericolo.
Tempo
di aprire la porta per potersi lamentare o borbottare tra sé
e sé
che rimase ammutolito per la scena che vide. Probabilmente se glie lo
avessero raccontato, non ci avrebbe mai creduto.
La
stanza era stata riempita e arredata con letti simili a quelli di una
qualsiasi infermeria Mondana, disposti uno accanto all'altro in file
parallele, con sufficiente spazio tra due, per poter far passare un
paio di adulti in piedi, in caso di necessità. Qualche
cassettone in
legno, in stile vittoriano come il resto dell'edificio, era sistemato
alle pareti, senza un preciso ordine, probabilmente contenenti
vestiti e giocattoli vista l'età degli ospiti. Ma
ciò che lo lasciò
senza fiato e sul punto di svenire fu vedere il corvo al centro della
stanza, seduto su una sedia mignon a prova di bimbo, un gruppetto di
piccoli stregoni tutt'attorno e una bambina bionda sulle gambe.
Sorrideva. Oskar stava sorridendo come non lo aveva mai visto prima,
sincero, rilassato, come fosse un macabro sogno posto davanti agli
occhi del francese per trarlo in inganno. Sembravano due elementi
talmente opposti, con il corvo scuro da capo a piedi nel suo completo
elegante, il glamour non attivo per lasciar modo a tutti di vedere le
corna e gli occhi brillanti, di un arancio vivo, la bimba bionda con
due occhioni enormi del colore dell'acqua, con mani e piedi palmati,
pinne iridescenti a sostituire le orecchie, nei colori del blu e del
verde, passando per un azzurro tenue e un bianco creato dai giochi di
luce, le branchie poco dietro, aperte e chiuse man mano che la
piccola sorrideva. Avrà avuto quattro o cinque anni. Piccola
e
perfettamente innocente nel suo vestitino candido nelle mani
dell'altro, all'apparenza tanto sporco nell'anima. Per poco Gilbert
non scoppiò a piangere.
Tuttavia
nel sentirsi addosso lo sguardo del corvo, ora tornato serio e man
mano di tutti i bambini, tornò a colorarsi di rosso in viso.
“Sparisci,
pidocchio, stiamo parlando di Odino, non sono cose per un poppate
come te” esordì Oskar, nella sua solita gentilezza.
La
bimba gli mise le mani sulla bocca, gonfiando le guance come
contrariata.
“Non
essere cattivo con il signore , zio Oskar!”
Signore?
Ma soprattutto...zio?! Quanta confidenza aveva con quei bambini, lo
stregone oscuro?
In
un primo momento il francese si mise in allarme nel vederlo aprire la
bocca per moderle le mani, realizzando solo dopo che le aveva prese
tra le labbra, senza forza alcuna.
“Il
signore è antipatico, non mi piace” rispose
l'altro, mettendosi
sullo stesso piano della bimba in quanto a tono di voce e modi di
fare. Furbo, guardava ora Gilbert come a prenderlo in giro. Tutto
calcolato.
“A
te nessuno piace, Oskar” intervenne Salem, ora entrato nella
stanza
assieme al fratello.
Il
corvo si sentì preso in causa, quindi sbuffò
seccato, facendo il
verso all'altro, la bimba a ridere per le facce buffe che faceva.
Gilbert
non si sarebbe mai aspettato una cosa simile, doveva ammetterlo.
“Avanti,
dobbiamo andare ora, non possiamo rimanere qui tutto il giorno senza
far nulla. Ho chiesto in giro ad amici alcune infromazioni e sembra
che il clan di Figli della Luna principale della città si
aggiri
attorno a Richmond Park.” continuò l'egiziano.
Chiaramente
nessuno aveva un'idea precisa di dove fosse o cosa significasse,
quindi si sarebbero trovati un po' allo sbaraglio, se si fossero
recati sul luogo senza alcuna informazione. Ma in fondo si sarebbero
divertiti, per modo di dire, anche in quel modo e Salem si
limitò a
lasciar correre gli eventi senza dare indicazioni in merito. Solo
alcuni consigli vennero dati dall'egiziano.
“Gradirei
che vi vestiste tutti in completo o in abbigliamento da golf, come se
dovessimo andare a giocare veramente” riprese “Ho
elaborato una
strategia al riguardo e ho contattato l'alfa del branco, che ha
accettato di incontrarci presso una delle strutture del parco. Certo,
non chiedetmi perché dei lupi mannari debbano giocare a
golf, ma
questo punto possiamo tranquillamente tralasciarlo...”
Più
di uno emise una risatina sotto i baffi, ma Gilbert si trattenne. In
un certo senso immaginare dei lupi mannari sul campo da golf era
strano, specie se si fossero messi loro stessi a inseguire la palla.
A quattro zampe. Va bene, forse un po' faceva ridere, ma suvvia,
siamo nel ventunesimo secolo, non ci dovrebbero più essere
dei
pregiudizi simili! Forse.
Dopo
aver scosso la testa, Ash si diede da fare, schioccando le dita della
destra per far comparire una scintilla violacea da esse, che si prese
la briga poi di allargare come un moderno schermo di dispositivo
elettronico, impiegando entrambe le mani. Venne a formarsi una specie
di tondo di medie dimensioni, fose settanta centimetri di diametro,
dall'interno vorticoso e all'apparenza instabile. Sembrava uscito da
un film di fantascienza, con i colori del viola e del nero in una
spirale di intrecci più o meno casuali, lievi nel loro caos.
“Che
colori volete?” chiese, sorridendo agli altri tre.
“Scuri”
rispose Oskar, come fosse logico.
Quindi
Ash immerse la mano in quel caos vorticoso, alla probabile ricerca di
qualcosa, estraendone dapprima una papera di gomma, poi un rastrello,
poi un libro di astronomia che non aveva ancora finito di leggere.
Dopo l'ennesimo ero sicuro che fosse qui! ci
infilò
direttamente la testa, esultando tutto contento con il braccio
libero, qualche istante dopo.
Ne
fuoriuscì con un completo grigio perla, un gilet nero dai
ricami
lavorati in un argento tenue e un papillon rosso acceso.
“Questo
dovrebbe starti!”
Dopo
che Ash ebbe lanciato il completo allo stregone oscuro,
tornò alla
ricerca di abiti per sé, per il fratello e anche per
Gilbert. Morale
della favola, lui e Salem optarono per un completo bianco, compreso
di camicia a maniche corte e gilet chiuso degno di rampolli di buona
famiglia in un azzurro acceso, mentre per Gilbert scelse l'ennesimo
completo classico con pantaloni e camicia blu scuro, gilet smanicato
in avorio gessato, le righine in tinta con il resto dell'abito.
“Io
questo coso non lo metto” dichiarò Oskar dopo
essersi cambiato,
sollevando il papillon davanti a sé, per poi restituirlo
all'egiziano, che lo infilò in quella specie di armadio
personale,
per poi richiuderlo con un gesto preciso della mano.
A
modo loro facevano la loro figura. Per precauzione i gemelli
avrebbero portato una giacca, anche questa dal taglio classico, blu
cobalto, giusto per farsi notare. Oskar, abituato al freddo, era
certo che non gli sarebbe servita, senza contare che avrebbero
passato gran parte del tempo al chiuso, a parer proprio, quindi
Gilbert parve dargli retta nell'imitarlo.
Una
volta tutti sistemati, imbellettati ed eleganti neanche dovessero
incontrare il capoclan dei vampiri, solitamente molto più
eleganti
rispetto ai licantropi, utilizzarono l'ennesimo portale. Se non altro
la giornata all'apparenza soleggiata, sembrava averli graziati.
Si
ritrovarono davanti a un edificio marrone rossiccio del diciottesimo
secolo, in stile Palladiano, con il corpo centrale dell'edificio
collegato a due ali laterali, l'enorme ingresso a formare un
porticato decorato con colonne corinzie bianche a sostenere un
parapetto con balaustre dello steso colore, i camini a ergersi sul
tetto piatto, forse insolito visto il clima. Ma in fondo la cara
Londra era famosa per le sue pioggie, non per le nevicate. Due piani
formavano l'imponenente struttura conosciuta come Sudbrook (o
Southbrook) House, le grandi vetrate ad arco, anch'esse di un bianco
candido, così come il resto della costruzione, davano un
senso di
apertura quasi verso il parco esterno, illuminando le sale interne
con una luce naturale semplicemente spettacolare, se non ostruita da
imponenti tende, fortunatamente assenti. Rinomata la sua cube
room, così come la privatissima card room
con accesso
riservato ai soli memebri del club, diverse sale davano sul giardino
enorme e perfettamente curato.
“Sento
puzza di succhiasangue” esordì Oskar, squadrando
l'edificio da
capo a piedi, sempre ammesso che fosse riuscito a trovarli.
“Suvvia,
non è che ogni volta che si ha a che fare con edifici
imponenti, si
deve pensare subito ai vampiri. Magari i Figli della Luna londinesi
hanno più buon gusto dei loro cugini europei...”
disse Salem
alzando le spalle.
Oskar
ricordava bene i lupi mannari svedesi. Se i libri classici li
descrivono come irascibili belve umane dal sangue caldo, con tendenze
violente specie durante i periodi di luna piena...beh, non è
consigliabile vederne uno a Stoccolma. Vederne. Da lontano anche. Gli
animali del nord sono tendenzialmente aggressivi per la mancanza di
cibo dovuta al clima rigido, sebbene anche in quel caso si tratti di
selezione naturale. Metteteci uomini dal fisico scolpito, affamati
per i boschi senza nulla da mettere sotto i denti, con tendenze
aggressive e si capisce con chi avete a che fare. Senza contare gli
invasati che erano soliti praticare alcuni rituali antichi come il
blót, un
rituale che prevedeva
sacrifici agli dei, spargimento di sangue e uriachezza dei
partecipanti. Già, meglio evitare la comunità dei
licantropi
svedesi.
Ma
quella sembrava tutt'altro che una capanna sull'albero o un edificio
fatiscente di solito preferito dai mannari e la cosa li sorprese non
poco. Gilbert ne aveva sentito parlare dei branchi, ma aveva sempre
preferito tenersi alla larga.
Arrivati
all'ingresso chiesero di Nick Alden, questo il nome fornito a Salem
durante lo scambio di messaggi con il capoclan. Un anziano signore,
degno dei più famosi maggiordomi inglesi descritti nelle
favole li
fece accomodare nella sala più vicina, la reception
bar,
dove i quattro
rimasero in attesa. I colori chiari delle pareti, di un crema
tendente al paglierino, circondati dalle colonne bianche,
così come
il bancone e il camino in marmo, gli davano un'aria luminosa. Lo
stile barocco dei gessi in rilievo sul soffitto, così come
le
colonne applicate ai lati di uno specchio posto sulla parete dietro
al bancone, diviso in tre parti, veniva forse un po' smorzato da una
testa di cervo impagliata sopra alla colonna centrale, la cui
costruzione culminava in un tetto, anch'esso in rilievo, come a
riprodurre uno degli antichi palazzi romani e da sedie in pelle
marrone disposte attorno a un tavolini rotondi sparsi per la stanza.
Un occhio acuto avrebbe potuto notare l'effetto crackle in colore
scuro voluto sulla superificie dello specchio, così come i
particolari dei dipinti appesi alle pareti assieme a delle effigie in
metallo, probabilmente recanti i nomi dei possessori della maison,
forse degli appartenenti membri del club. Erano troppo in alto per
poterne vedere la differenza e sinceramente era l'ultima delle
preoccupazioni dei quattro.
Gilbert
fece caso quasi solo al tappeto blu, dall'elaborata texture con righe
bianche e lettere circondate da ghirigori circolari, prima di
prendere posto su una delle sedie, imitando gli altri tre, che lo
avevano preceduto. Pensò che i gemelli dovevano aver scelto
quei
colori conoscendo il posto in precedenza, dannati. Come ogni francese
che si rispetti, la moda lo interessava. Forse non era tanto audace
da indossare gli stessi abiti visti in passerella, ma con il classico
poteva andare ovunque.
Nick
Alden non impiegò molto a presentarsi, sbucando da una delle
porte
che conducevano alla reception, dall'interno della struttura. Era un
uomo massiccio, sulla quarantina, molto somigliante a un giocatore di
rugby per la prestanza.
“Salem?”
chiese in tono burbero.
Lo
stregone in questione alzò la mano, differenziandosi dal
fratello
per l'acconciatura semplice. Ash per l'occasione aveva tirato
all'indietro i capelli, lasciando la fronte scoperta, fissandoli con
una minuscola mollettina quasi sulla cima della testa. Almeno in quel
modo avrebbero saputo riconoscerli.
Il
rosso apparente rugbista si diresse verso di lui, vedendo tutti e tre
gli stregoni alzarsi per educazione, eccezion fatta per Oskar. I due
si strinsero la mano, dopodichè il Figlio della Luna prese
posto
accanto a loro. Nemmeno fece caso a Oskar, abituato ai modi rozzi dei
compagni, nel suo presentarsi in jeans e camicia a quadri rossi e
neri da boscaiolo, posta sopra una canotta scura. Nero sbiadito, per
la precisione. Da lì si poteva constatare quanto il
licantropo
facesse caso al look.
“Vedo
che vi siete sistemati bene” iniziò Salem, in un
sorriso gentile e
cordiale.
“L'abbiamo
rubata ai vampiri. Sai, le tende...”
Ecco
spiegato il motivo di tanta eleganza.
“Inoltre
qui vicino c'è la riserva naturale di Richmond Park in cui
sono
presenti diversi cervi rossi, non so se mi spiego...”
continuò,
lasciando intendere la cosa grazie agli occhi scuri che per una
frazione di secondo brillarono di luce propria.
Tuttavia
ciò che accadeva tra vampiri e lupi mannari non era affare
loro e
non erano nemmeno venuti per scambiare quattro chiacchiere sulle
condizioni climatiche. No, lì la questione aveva iniziato a
farsi
seria dal momento che un Nephilim era stato ucciso e si era
complicata con le accuse verso Oskar, ancora intento a osservare la
sala, che nella sua complicazione sembrava trovare gradevole. Non
scherziamo, lui era nato ancora prima che i proprietari decidessero
la costruzione dell'edificio, tuttavia quel sorriso rilassato
sembrava dirla lunga. E un Oskar di buon umore nonostante
l'inconveniente, non era cosa da poco.
“Avete
sentito del Nephilim morto?” dritto al dunque l'egiziano.
L'altro
annuì, sospirando. Per un attimo i due si fissarono.
“Non
vogliamo guai con il Conclave. Uno dei miei è tornato
stremato
qualche giorno fa, confuso e aggressivo come non avevo mai visto. Ho
pensato lo avessero drogato o qualcosa di simile, ma non sapevo che
fare. Insomma, dopo avergli dato una ripulita dal sangue, l'ho
portato in una clinica per dei test, ma non c'era traccia di droghe e
lui era sicuro di non averne assunte dopo averci raccontato cosa era
successo.” l'accento scozzese si poteva sentire.
“Quindi
ammetete che è stato uno dei vostri?”
“Salem...”
Il
mannaro si morse il labbro, gli occhi improvvisamente luminosi in
maniera innaturale, i denti lievemente allungati in una smorfia di
tristezza mista a dolore. Era come se gli stesse nascondendo
qualcosa.
Gilbert
notò subito le microespressioni del viso, la fronte
corrugata, quel
mordersi il labbro con insistenza, le mani serrate a pugno sopra alle
ginocchia, indice di nervosismo. Da tutti i pori, senza ombra di
dubbio.
Un
ringhio sommesso provenne dalla gola dell'uomo, come a voler
rilasciare parte della belva che era, rimasta sopita troppo a lungo
per essere contollata ancora per molto. Scosse la testa, strizzando
gli occhi.
“Non
posso! Salem, davvero, non posso farlo!” la voce appena
alzata,
seguita da altro nervosismo.
Tutti
si chiesero cosa portasse un Figlio della Luna a essere tanto
protettivo nei confronti di un membro del branco. Va bene, il branco
in genere era sempre molto unito, i vari membri collaboravano e si
aiutavano uno con l'altro, fedeli a quella marmaglia di gente
selvatica che dopo la prima trasformazione diventava una sorta di
nuova famiglia di sangue. Tuttavia si stava parlando di un Nephilim
morto. Non un Nascosto o un Mondano qualsiasi. Un Nephilim morto
equivaleva a mandare a morte l'intero clan se gli Shadowhunters si
fossero incazzati sul serio. Se avessero in qualche modo bramato
vendetta o decretato di voler fare giustizia, non un solo licantropo
sarebbe sopravvissuto al loro assalto. Entrambi cacciatori per
natura, tuttavia i Nephilim potevano contare sulla loro cnvinzione di
potersi ergere al di sopra di ogni creatura vivente poiché
imparentati con l'Angelo. E quella stessa convinzione e più
di un
Nascosto non andava giù.
“Va
tutto bene, Nick, non siamo alleati dei Nephilim...” Salem
sospirò,
ma non fece in tempo a terminare la frase, venendo interrotto
dall'altro.
“No,
tu non capisci! Sono disposto a qualsiasi ripercussione pur di
proteggerlo!”
“Proteggere
chi?”
Di
nuovo il capclan si morse il labbro, questa volta facendone uscire un
rivolo di sangue, a causa dei denti affilati.
“Promettetemi
che quest'informazione non uscirà da qui.
Giuratemelo!” tuonò,
guardando tutti e quattro.
Gilbert
per un attimo si sentì mancare, ma annuì come gli
altri, mentre
Oskar roteava l'indice sollevato a mezz'aria, lanciando un
incantesimo su tutta la stanza, per sigillarla e renderla
insonorizzata.
A
quel punto il Figlio della Luna sembrò tranquillizzarsi,
sospirando
per l'ennesima volta prima di riprendere il discorso.
“Lui
ha bisogno della vostra protezione. Siamo Nascosti, mi fido molto
più
di voi che dei Nephilim, ma quello è risaputo.”
“Se
è di protezione che tu e il tuo clan avete bisogno, non avete che da
chiedere.
Tuttavia le regole sono regole, il nostro lavoro va ripagato e
agiremo in sotterfugio. Sai bene che non amiamo esporci al Conclave,
ci siamo rifiutati di rispondere alla loro chiamata anche per
questo.” confermò Salem, annuendo di nuovo. Per
una serie di
motivi, non avevano mai accettato di far parte dei membri del
Conclave, né lui, né Ash. Uno dei motivi era
quello: se qualche
Nacosto avesse avuto bisogno di fuggire dagli Shadowhunters o dal
Conclave stesso, loro avrebbero avuto le mani legate. Oltre alle Case
di Magia, per cui non avevano mai chiesto il permesso. Antichi come
parte delle piramidi, si erano rifiutati di seguire le regole di un
pugno di persone nate millenni dopo al solo scopo di favorire i
Nephilim. Neutrali fino in fondo, con quel metodo avrebbero potuto
fare essenzialmente ciò che volevano.
“Quindi,
di che si tratta?” incalzò l'egiziano quando vide
che l'altro era
ormai sul punto di crollare, dopo aver annuito al proprio monito.
“E'
mio figlio, Salem. Si tratta di mio figlio. Lui ha ucciso quel
Nephilim.”
Questi
quattro personaggi appaertengono alla sottoscritta, gradirei che non
infrangeste il copyright e non li riutilizzaste nelle vostre
storie, salvo permesso.
L'opera originale "Shadowhunters" e personaggi annessi, sono di
proprietà di Cassandra Clare. Ogni riferimento a luoghi,
fatti e persone è puramente casuale, mi scuso in caso di
omonimia.
Per chi volesse, sono stati realizzati dei chibi dei personaggi,
anch'essi di mia proprietà, li potete trovare qui.
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Capitolo 6 *** 5.Choose your poison ***
Il
silenzio regnò all'interno della stanza per qualche secondo
forse di
troppo.
Gilbert
parve rimanere a bocca aperta, i gemelli impassibili con
chissà cosa
per la testa, il corvo più che mai scocciato, una smorfia
quasi di
disgusto stampata in viso.
Il
francese si chiese cosa passasse per la testa degli altri, ora
visibilmente a disagio quasi anche solo a respirare, preoccupato di
fare troppo rumore, interrompendo quel silenzio creatosi.
“Perchè?
Era nel vostro territorio di caccia?” chiese Salem, la voce
riecheggiò per tutta la sala.
Come
stessero parlando di biscotti a merenda, in pratica.
Il
capobranco scosse la testa, visibilmente dispiaciuto e in apprensione
per il figlio.
“No,
non avrebbe mai fatto una cosa simile. In genere ci asteniamo
dall'attaccare chi entra nel territorio se è solo per un
controllo
dei Nephilim o cose simili. Non vogliamo guai con il Conclave e ogni
volta che gli Shadowhunters sono venuti a fare domande, ci siamo resi
disponibili.”
“Quindi
che è successo?”
“Io...non
lo so”
Nick
sospirò, gli sguardi degli altri puntati addosso come tanti
piccoli
aquilotti al nido in attesa della madre di ritorno con una preda tra
il becco. La situazione non era delle migliori, bisognava ammetterlo.
“Sam
è tornato a casa confuso l'altra notte. Diceva di essersi
risvegliato in un luogo che non conosceva, con le mani sporche di
sangue. Aveva le pupille dilatate, sembrava ansioso e sul punto di
non stare nemmeno in piedi. Non so cosa lo abbia reso in quel modo,
ma è un bravo ragazzo, non farebbe mai nulla di
male!” la voce
appena alzata verso il finale.
“E'
qui ora?” chiese Oskar su due piedi.
La
domanda spiazzò il Figlio della Luna, lasciando gli altri
pressochè
indifferenti, Gilbert curioso di capire cosa il corvo avesse in
mente. Il padre annuì, decidendo di andare a far chiamare
poi il
ragazzo da uno dei sottoposti.
Non
impiegarono molto ad andare a recuperarlo in una delle stanze del
piano superiore, ancora parzialmente sotto shock, dispiaciuto per
l'accaduto, sebbene si notasse dalla sua espressione sin da quando
era entrato quanto cercasse di non sembrare debole. Un metro e
ottanta circa di diciottenne selvatico, li fissò con
sospetto.
Canottiera scialba per lui, di un bianco semplice, camicia a quadri
simile a quella del padre, solo a motivo più fitto sulle
tonalità
del verde, abbinata a dei semplici blue jeans. Prese posto su una
delle sedie in pelle accanto al padre, dopo essere stato invitato a
farlo con un gesto della mano da parte di Salem, del capo invece da
suo padre, i capelli lunghi fino alle spalle mossi appena dai sui
gesti.
“Rispondi
alle domande, figliolo, non preoccuparti. Andrà tutto
bene.”
confermò Nick al ragazzo.
“Non
sia ridicolo, le domande sono per i principianti!” lo riprese
Oskar, alzandosi, diretto verso il ragazzino in questione.
Minaccioso,
forse ai suoi occhi scuri come quelli del genitore, doveva apparire
come una specie di uomo nero, un classico delle fiabe di tutte le
razze e le epoche, atto a stimolare la paura del buio nei bambini
più
piccoli. In ogni versione era qualcosa di diverso, a volte un
vampiro, a volte un lupo mannaro, ma più spesso, per i
Nascosti, era
un Nephilim in grado di staccargli la testa se solo si fossero
comportati male.
Chi
o cosa fosse realmente o per Sam stesso, non aveva importanza, Oskar
era abbastanza minaccioso da poter spaventare chiunque, tanto da far
ringhiare il ragazzo come l'uomo animalesco che era.
“A
cuccia, fido”
Il
solito sarcasmo di Oskar, scatenò una lieve risata ad Ash,
che non
si preoccupava minimamente di ciò che lo stregone oscuro
stava per
fare. Nick si fidava di loro, aveva già avuto a che fare con
i
gemelli in un paio di occasioni, ma sebbene pensasse fossero a posto,
per quanto Ash non lo sembrasse, la preoccupazione per il figlio era
ben visibile sul suo volto.
Se
avessero voluto ucciderli, gli sarebbe bastato schioccare le dita.
Specie a uno come Salem, sempre tranquillo, a tratti freddo e
immobile come una statua di ghiaccio.
Quindi
il giovane Figlio della Luna non potè che sottostare
all'ordine del
capobranco, pregando chissà quale sorta di
divinità che il corvo
non avesse cattive intenzioni. Il sentirsi una mano stringere al
collo poi, non lo aiutò a rilassarsi.
Oskar
premette appena, giusto il tempo di concentrarsi e far comparire un
alone scuro, grigio grazie alla sua trasparenza, attorno alla mano
ora serrata sul collo del giovane. Immobile, più simile a
una
bambola di porcellana creata dalle esperte mani di un artista,
fissava il vuoto come se questo avesse potuto dargli una risposta
celere. Poco dopo sospirò, lasciando la presa.
“Guardami”
incitò, serio.
Poco
dopo gli prese il viso con una mano, sollevandoglielo per poterlo
esaminare come fosse un cane dal veterinario. Un veterinario
scorbutico e non troppo paziente. Quando i loro sguardi
s'incrociarono, sebbene il giovane avesse timore di guardare lo
stregone direttamente in quegli occhi luminosi, come avessero potuto
polverizzarlo, Oskar accennò un sorriso. Per nulla
rassicurante. Ai
limiti del sadico, sembrava la persona malvagia che appariva
dall'esterno e che a tratti era anche. Dopo gli occhi,
controllò la
bocca, infilandogli quasi a forza il pollice a sollevare il labbro,
come si farebbe con un qualunque animale domestico. Sebbene la cosa
al ragazzo non piacesse, aveva ricevuto l'ordine di stare calmo.
“Qualcuno
ti ha offerto qualcosa da bere o da mangiare? Magari avete
festeggiato o una ragazza si è dichiarata e ti ha regalato
qualcosa?
Un oggetto, dei fiori, una lettera. Qualsiasi cosa. O forse qualcuno
ti ha applicato dei simboli sul corpo? Ma in quel caso dovrei
spogliarti...” riprese Oskar, lasciando tranquillamente
intendere
la malizia.
“Oskar,
le manine a posto.” lo prese in giro Salem.
“Oh
sì, spogliamolo, spogliamolo! Sarà
divertente!” incitò Ash, tra
l'indignazione generale dei licantropi.
Che
Oskar avesse degli strani modi di fare, ormai si era capito, che
gusti seri avesse in fatto di persone, per chi lo conosceva, la
battuta era scontata. Tradizionalista, aveva ancora una
mentalità
molto chiusa e un orgoglio non indifferente, riguardo certe
tematiche. Quindi, giustamente, solo i gemelli avrebbero potuto
capire al volo che stava scherzando. Dopo qualche risatina tra i tre,
i Figli della Luna intuirono lo scherzo, rilassandosi ancora una
volta, il padre a esortare Sam a parlare.
“Un
tipo mi ha avvicinato dicendo di volermi vendere dei monili antichi.
Ho dato un'occhiata alla sua merce e ho trovato un anello
interessante, così l'ho comprato.”
“Dov'è
ora?”
“Vado
a prenderlo”
Il
ragazzo non impiegò molto a tornare al piano di sopra,
recuperare
l'anello e fare dietro front per poterlo consegnare allo stregone.
Sin da subito, quando Oskar lo vide, il ragazzo a porgerglielo, un oh
di sorpresa fece capire a tutti che aveva riconosciuto l'oggetto.
Un
anello semplice, in acciaio, giusto perché argento e mannari
non
vanno d'accordo, dalla fattura volutamente di altri tempi, anticato
anche in alcuni punti per sembrarlo. Sulla cima era presente una
pietra scura, di un nero tetro, dalle striature violacee meglio
visibili in controluce, ovale, perfettamente levigata e incastrata
nella propria sede, più ampia rispetto al resto della
circonferenza
dell'anello, spessa un centimetro circa.
Il
mago oscuro sospirò, al limite dell'esasperazione, guardando
Nick
come lo stesse prendendo in giro, le sopracciglia sollevate nella
tipica espressione da dimmi che non è tuo questo
figlio
imbecille. Non cela nulla quando vuole, il corvo e se si
tratta
di sarcasmo si sa quanto ci tenga a esprimerlo.
“Chi
te l'ha venduto?”
“Un
Mondano. Sulla trentina, capelli corti, vestito con jeans e maglietta
un semplice...” non terminò la frase, venendo
interrotto.
“Non
hai visto, né sentito niente? Odori particolari? Qualcosa
di...insolito anche per noi Nascosti?”
L'altro
scosse il capo, visibilmente confuso nel tentativo di capire dove lo
stregone volesse andare a parare.
“Diamine,
sono proprio bravo” riprese Oskar, ridacchiando, sentendosi
l'ennesimo richiamo da Salem, ancora una volta intento a pronunciare
il proprio nome.
“E'
stata opera tua?” chiese Nick, iniziando a ringhiare.
L'altro
lo guardò con noncuranza, sventolando la mancina poco
distante dal
proprio viso, rilassato come non mai.
“Ovvio
che è opera mia, un oggetto tanto perfetto non
può che essere opera
mia!”
Modesto,
dicono. Ma prima che il Figlio della Luna ringhiante potesse anche
solo pensare di saltargli addosso, il corvo riprese il discorso,
sempre intento a fissare l'anello.
“Sembra
antico, ma è un semplice anello che ho comprato in un
negozio indie
o roba simile. Uno di quelli che hanno cianfrusaglie di ogni tipo,
incensi, statuine di legno e borse di tela, per intenderci. La
montatura non è tradizionale, se lo fosse stata, sarebbe
stato in
argento, mentre la pietra è un'onice originale, di questo me
ne sono
assicurato. Ma ciò che al momento ci interessa, non
è sapere se
questo anello sia o meno una pataccata. Perché lo
è.” Altro
sarcasmo, prima di guardare tutti. “Quanto il suo
funzionamento.
L'ho creato apposta perché fungesse da trappola per quelli
come voi,
solo non capisco come sia finito tra le mani di un
ragazzino...”
Un
figlio di p-... volò per la sala ed
entrambi i licantropi
dovettero essere fermati dalla magia dei gemelli, prima che potessero
scagliarsi sul mago oscuro e sbranarlo. Ovviamente sarebbero dovuti
passare prima anche sulla magia di quest'ultimo, ma sorvoliamo.
In
tutto ciò, Gilbert non solo non aveva spiccicato una parola,
ma era
rimasto silenziosamente sconvolto per la piega che stava prendendo la
vicenda. Teso a stringere ora i braccioli della sedia in pelle
marrone su cui si trovava, non sapeva che fare o che dire. Non c'era
nulla, in realtà, che lui potesse fare, né dire.
In
compenso notò l'espressione di Oskar nel guardare i due
uomini
selvatici, padre e figlio uno accanto all'altro, scattati in piedi
per poter attaccare. Un'espressione quasi vuota. Serio, storico, come
se nulla al mondo potesse scalfirlo. Bellissimo anche ai suoi occhi.
“Come
stavo dicendo...” riprese, come se nulla fosse.
“Questo anello è
una trappola mortale per voi inconsapevoli lupacchiotti che non
potreste accorgervi della cosa nemmeno se fosse palese. Una volta
messo al dito come un comune anello, è sufficiente fare
della lieve
pressione sulla gemma, per attivarne il meccanismo. Così,
ecco.”
Per
dare una dimostrazione pratica della cosa, preso l'anello alle
estremità per non ferirsi, premette sulla pietra come da lui
esposto
poco prima, facendo scattare un meccanismo tanto complicato, quanto
semplicistico per uno stregone del suo calibro. Da sotto la gemma,
all'interno della montatura, da minuscoli fori resi invisibili dalla
magia, fuoriuscirono una serie di piccolissime punte disposte a
corona, come un piccolo cerchio dentellato atto a pungere il dito di
chiunque avesse indossato il gioiello. Pratico, efficace, invisibile.
Perfino per degli attenti Figli della Luna, ora senza parole.
Immobili,
vennero rilasciati dalla magia che finora li aveva trattenuti a
evitare lo scontro, fissavano l'anello, sconvolti.
“La
gemma è programmata per essere riempita da qualsiasi
sostanza
liquida. Immaginate un mix di aconito, a giudicare dai sintomi ed
erbe varie e avrete capito perché il ragazzino è
uscito di testa.
E' stato avvelenato, nulla di più semplice dal momento che
l'odore
viene coperto da essenza di caffè modificata e amplificata
dalla
magia che impregna l'anello. E questo lo so, perché l'ho
costruito
io questo sistema. Niente complimenti, sono un genio, lo so.”
concluse Oskar, tornando a sedersi al proprio posto.
Scontato
che quell'aggeggio se lo sarebbe tenuto. Ancora intento a rigirarselo
tra le mani, lo guardava tutto soddisfatto, come fosse un capolavoro.
A detta propria lo era. Una meravigliosa macchina per uccidere in
modo pulito e silenzioso, scaricando la colpa sugli altri. Oskar
caro, ti sei superato.
Meno
d'accordo i due lupi mannari, ancora intenti a chiedersi come
quell'oggetto fosse potuto finire tra le mani di Sam.
La
questione sollevò un polverone. Tra i due licantropi che
davano la
colpa al corvo, Salem he cercava di tranquillizzare tutti e Ash
intento a parlare con la testa di cervo impagliata per
chissà quale
dubbioso motivo, Gilbert non riuscì a muovere un muscolo.
Era
evidente come quel mondo di sotterfugi, bugie e ripercussioni non gli
appartenesse. Non potè che assistere alla scena chiedendosi
chi
avrebbe mai potuto compiere un simile gesto. Guardò quel
ragazzo
lupo come una sorta di fratello maggiore, confuso e terrorizzato
all'idea che quella specie di guerriglia tra razze potesse
coinvolgere anche ragazzi così giovani.
“Ash,
vieni a dare una mano, da bravo” disse Salem, riportando il
francese alla realtà.
L'altro
egiziano non se lo fece ripetere. Allegro e sorridente,
tornò dal
gruppo con un intento evidente di avvicinarsi al giovane lupo quasi
fosse un bambino da poter coinvolgere in uno dei propri giochi.
L'olfatto sviluppato dei gemelli era in grado di rilevare ogni
singola traccia, così come la loro capacità di
percepire la
temperatura corporea altrui, ma al momento Ash sembrava più
intenzionato a fare altro.
Senza
spicciar parola, si gettò con la solita, propria, enfasi
contro il
ragazzo, stringendolo tra le braccia come un compagno di giochi.
“Rilassati
e fammi vedere che è successo”
cinguettò poi, divertito.
Fu
come mettere del mais sul fuoco. Il corpo di Ash subì un
lieve
scatto mentre lo stregone rimaneva concentrato sul giovane in
quell'abbraccio rilassato, le mani ora a emettere una luce bianca
tenue, come se le punte delle dita possedessero una sorta di
illuminazione propria.
L'egiziano
sorrideva. Il volto da bambino, nell'espressione innocente quanto
bastava per farlo sembrare ben più piccolo di un
adolescente, nel
voler come riportare il giovane a quegli eventi.
“Lo
hanno preso in giro.” iniziò lo stregone folle.
“Gli hanno detto
che l'anello era un oggetto comune e che non gli avrebbe fatto nulla,
ma non volevano. Si sentono in colpa. E sono tristi. Non mi piacciono
le cose tristi, quella persona è triste.”
Vago
come sempre, non c'era da stupirsi se passasse di palo in frasca in
quel modo come se nulla fosse. Folle dalla mentalità
deviata, i
poteri di Ash erano un mistero e le sue parole perennemente incerte o
vaghe, spesso sgrammaticate o con tempi verbali sballati, oltre che
oggetti non ben definiti.
“Lui
non voleva farlo. Il capo ha detto così e lui lo ha fatto.
Aveva
sonno e tanta fame, chiamava la mamma. Salem, dov'è la
nostra
mamma?” chiese quindi, guardando il fratello.
“E'
uscita, Ash. Tornerà tra poco, non preoccuparti”
l'altro sorrise.
Ma
mentre Ash era tornato al ragazzo, lo sguardo di Salem, così
come il
suo volto, si fecero seri. Gilbert poteva notare quanto dolore ci
fosse tra quei due, così come ciò che provavano,
almeno in
apparenza. Non era sicuro di ciò che aveva visto e sebbene
loro lo
avessero in parte cresciuto, non aveva mai fatto domande tanto
personali.
Tornò
a osservare la scena solo dopo aver sentito Ash parlare in una lingua
sconosciuta, diversa dall'arabo per assonanza, vedendolo poi
staccarsi dal ragazzo, confuso e amareggiato, sull'orlo delle
lacrime.
Fu
Salem ad alzarsi e prenderlo tra le braccia, accompagnandolo fino
alla sedia, su cui tornò a sedersi, con lui sulle gambe,
come un
bambino piccolo. Doveva calmarlo, mentre lo stupore generale pervase
l'ambiente. Solo Oskar pareva dispiaciuto. Sentirono l'egiziano
all'apparenza sano di mente iniziare a canticchiare per il fratello,
rassicurandolo come quando erano effettivamente bambini e la loro
madre si prendeva cura di loro.
“Ash
è stanco, è meglio se rientriamo a casa prima che
crolli
addormentato del tutto. In più qui nulla non abbiamo altro
da fare,
ci pensiamo noi a proteggere il ragazzo.” confermò
Salem,
accennando al giovane lupo.
Lo
sguardo di Nick passò dai due gemelli a Oskar, finendo il
proprio
viaggio su Gilbert, il viso poi abbassato in un sospiro.
“Va
bene. Vi ringrazio.” concluse prima di congedarsi assieme al
ragazzo, rimasto allibito dallo svolgimento delle cose.
Chiaramente
si sarebbero sentiti via messaggio di fuoco, come i gemelli erano
abituati a fare, per tenere aggiornati non solo i rari clienti che
avevano, ma soprattutto gli amici. Anche quelli non troppi, ma
presenti. Avevano conosciuto Nick Alden quasi in un'altra epoca,
quando non era un uomo, bensì un ragazzino, per altre
circostanze di
cui al momento poco importava, oltre a vedere coinvolto il figlio in
prima persona in un crimine tanto efferato. Un minimo di spiegazioni
glie le avrebbero dovute.
Ma
grazie al riconoscimento di Oskar e alla magia di Ash, la maggior
parte della matassa intricata di fili formatisi in quel caso tanto
complesso, era stata districata. Il colpevole era Sam, nulla da dire.
Ma vista la pericolosità del gioiello per i Figli della Luna
e il
suo valore monetario, Oskar aveva dei seri dubbi che il ragazzo lo
avesse acquistato di proposito, conoscendone gli effetti. Quale lupo
mannaro rischierebbe la propria vita per uccidere un Nephilim? Anzi,
quale Nascosto?
Nessuno.
Nessuno senza un valido motivo. Non in quel modo, almeno. Un conto
era una rissa finita male o un'ingiustizia subita, un'invasione
forzata del territorio o dello spazio vitale atta a danneggiarne il
proprietario, ma Sam era un ragazzo tranquillo, dal temperamento
focoso come ogni licantropo, ma entro un certo limite. Mai arrestato
o nemmeno fermato per qualche motivo, dalle informazioni che avevano
i gemelli, era il tipico ragazzo londinese, amante dei pub e dei
locali con biliardo e freccette, ma nulla di più.
Rientrati
alla Casa di Magia dei gemelli, sistemarono Ash nel letto prima di
dirigersi nel soggiorno del piano di sotto, Oskar dileguatosi con la
scusa di voler riguardare il proprio libro contabile lasciato
lì la
sera prima, benché tutti immaginassero dove in
realtà fosse
diretto.
“Ha
un nome?” chiese Gilbert, prendendo posto sul divano del
soggiorno,
in uno stile a metà tra il vittoriano e il shabby chich.
Probabilmente le tonalità chiare erano più adatte
alla calma dei
bambini, per quello le avevano scelte a discapito della
facilità con
cui si sporcavano.
“Chi?”
chiese Salem, ordinando il thè a una delle ragazze della
servitù,
se così potevano chiamarsi le e gli assistenti all'infanzia
assunti.
Nel
contratto i gemelli lo avevano specificato che oltre a badare ai
bambini si sarebbero dovuti occupare della casa, delle pulizie,
l'arredamento, le finanze, ogni cosa, facendogli rapporto ogni
settimana e per ogni cosa. Oltre a voler essere praticamente serviti
quando si trovavano in visita presso uno degli edifici. Ovviamente la
maggior parte di loro erano streghe e stregoni, con qualche eccezione
dopo anni di accertamenti perché non rivelassero
l'ubicazione degli
stabili.
“La
bambina bionda. Quella che piace tanto a Oskar”
Seguirono
un oh e una risatina di Salem. Evidentemente anche
Gilbert
non era tanto ingenuo.
“Si
chiama Carol. Oskar l'ha trovata cinque anni fa nel giorno di Natale.
All'inizio voleva ucciderla, non so bene cosa l'abbia fermato.
Insomma, una bambina appena nata tra le braccia di uno stregone
oscuro non si vede tutti i giorni.” ripose, ridacchiando,
contemplando il paesaggio fuori dalla finestra.
In
effetti era ciò che tutti si chiedevano, ma che nessuno
aveva
intenzione di scoprire, un po' per menefreghismo, un po' forse per il
timore di Oskar stesso. Sapeva essere subdolo, se voleva, lo aveva
dimostrato in più di un'occasione.
Gilbert
doveva ancora riprendersi da tutto quell'affluire di informazioni che
gli stavano balenando nella mente. Oskar si era ritenuto responsabile
per la creazione e probabilmente anche la vendita dell'anello, ma a
conti fatti era stato il licantropo a uccidere il Nephilim. Ma
qualcuno aveva venduto il gioiello allo stesso Sam e a quanto pareva
spacciandoglielo pure per una cosettina da nulla, un semplice oggetto
comprabile in qualunque negozio etnico. Morale della favola: tutto
era stato architettato da qualcuno di più importante, ma chi
egli o
ella fosse, rimaneva un mistero.
Avrebbero
dovuto prendersi tutti del tempo per indagare a fondo, sfruttando
ciò
che avevano, sebbene al momento la domanda che balenava maggiormente
nella testa del francese era cosa fosse accaduto ad Ash quando aveva
stretto quel ragazzo. Un po' di timore anche di Salem lo aveva,
benché fosse meno minaccioso di Oskar, ma conoscendo a
grandi linee
l'età che aveva, dei riguardi se li faceva.
“Quindi...che
è successo ad Ash, sta bene?” chiese con velata
timidezza.
“Vuoi
sapere che ha fatto a quel ragazzo?”
Non
gli piaceva che gli rispondessero con un'altra domanda, ma Salem non
era stupido e di solito rispondeva sempre alle proprie
perplessità.
Quindi si limitò ad annuire, curioso di capire cosa avesse
comportato quell'impiego singolare della magia da parte dell'altro
egiziano.
Ennesimo
sospiro per lo stregone più anziano, che questa volta
alzò lo
sguardo come alla ricerca dell'ispirazione nel soffitto, che sebbene
fosse intonacato a dovere e presentasse delle belle applicazioni in
stile con il resto della casa, non sembrava possedere chissà
quale
gran capacità ispiratrice.
“Il
potere principale di Ash è l'empatia. Non so bene come
funzioni, né
come si sia sviluppato in lui, eravamo bambini quando l'abbiamo
scoperto, il che vuol dire fin troppi anni fa.”
Secoli,
a dire il vero. Anzi, millenni, se si vuole essere precisi. Era tanto
che non fossero impazziti entrambi.
“Sappiamo
solo che è sempre stato piuttosto empatico e quando attiva
questa
sua capacità riesce a collegarsi alle emozioni di chi
subisce la
magia o di chi è collegato ad esso. Chiaramente col tempo
è andato
potenziandosi: da bambino era in grado di percepire solo un lieve
flusso, poi è mutato in scariche sempre più
forti, al punto di
ridurlo sempre sul punto di piangere e urlare. Non è stato
facile.”
continuò, mentre il the veniva servito.
Gilbert
si chiese se fosse stato quello a portarlo alla pazzia. Troppe
emozioni, di troppe persone, in troppi luoghi allo stesso tempo, come
ricevere i costanti stati d'animo di chiunque addosso, positivi o
negativi.
“Ma
a lungo andare è migliorato sempre di più, ora
è in grado di
collegarsi alle persone e cercare nei loro ricordi gli stati d'animo
provati in momenti specifici della loro vita o quelli delle persone
ad esse collegate. E' come se possedesse una rete in grado di
collegare le persone e di poter vedere le loro emozioni manifestarsi
davanti ai suoi occhi, o così mi ha detto lui. Se te lo stai
chiedendo, io non posseggo la stessa capacità. Siamo
gemelli, è
vero, ma allo stesso tempo siamo molto diversi.”
Già,
chiunque lo aveva notato. Che fossero entrambi carismatici, seppur
ognuno a modo suo, era evidente, ma mentre Ash era spesso allegro e
gioioso, Salem non si scomponeva mai.
Persino
uno sconosciuto avrebbe potuto identificarli all'istante, con quei
caratteri.
“Quindi
teoricamente Ash ha visto o almeno sentito emotivamente l'uomo che ha
venduto l'anello al ragazzo lupo?” chiese il francese.
“Sì,
ma non sapremo esattamente cosa almeno finchè non si
sveglia.
Potrebbe volerci un po', ti consiglio di metterti comodo e prendere
il the, nel frattempo.”
Salem
portò la tazza alla bocca per prenderne un breve sorso del
liquido
all'interno, ben sapendo quanto il contenuto potesse scottare. Non
gli rimaneva che attendere, lo sapeva fin troppo bene.
Questi
quattro personaggi appaertengono alla sottoscritta, gradirei che non
infrangeste il copyright e non li riutilizzaste nelle vostre
storie, salvo permesso.
L'opera originale "Shadowhunters" e personaggi annessi, sono di
proprietà di Cassandra Clare. Ogni riferimento a luoghi,
fatti e persone è puramente casuale, mi scuso in caso di
omonimia.
Per chi volesse, sono stati realizzati dei chibi dei personaggi,
anch'essi di mia proprietà, li potete trovare qui.
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Capitolo 7 *** 6.mOBSCENE ***
Ci
vollero ore perché Ash si svegliasse e si rendesse conto di
essere
sveglio. Intanto Gilbert e Salem avevano fatto in tempo a prendere il
thè, parlare un po' di ciò che era accaduto in
quegli anni mentre
si erano sentiti per messaggio di fuoco senza però potersi
vedere a
causa di impegni vari, avevano preso un altro thè, mangiato
biscotti, sentito Oskar fare rumore dal piano di sopra, preso un
altro thè. Insomma, all'ennesima tazza di thè,
oltre a non
sopportare l'idea di dover andare al bagno ogni dieci minuti, Gilbert
si era decisamente scocciato.
Scocciato
era forse dire poco, la pazienza aveva iniziato ad abbandonarlo
già
mentre parlavano delle loro vite private, in cui il francese aveva
raccontato all'altro di lavorare spesso e volentieri per i
più
prestigiosi musei di Francia. Poco amante dell'aria aperta e del
verde di per sé, ciò che aveva spesso frenato
Gilbert era anche
dovuto a questo. Tutto ciò che sapeva riguardo il mondo
dell'arte,
della musica, del cibo di Francia e paesi limitrofi, non era dovuto
ad altro che alla teoria studiata sui libri. Più o meno
recenti, più
o meno famosi, ma pur sempre libri.
Come
ogni stregone che si rispetti, vista la sua età, conosceva
la storia
poiché l'aveva vissuta, ma a livello pratico, ovviamente non
era
paragonabile agli altri tre e lo sapeva bene. Perso nei propri
pensieri, solo dopo qualche secondo si accorse che Salem stava
parlando con lui.
“Andiamo,
si è svegliato.” disse l'egiziano, alzandosi in
piedi.
“Come
fai a saperlo?”
“Istinto”
Che
fossero legati da una sorta di legame fraterno o da una magia arcana,
così come da un semplice incantesimo, non avrebbe saputo
dirlo.
Si
diresse quindi al piano superiore assieme all'egiziano, raggiungendo
l'infermeria in pochi minuti, dove ora Ash si era tirato a sedere,
intento a strofinarsi un occhio per il lieve status post sonno ancora
presente nel suo corpo, se così si poteva dire. Nel vederli
arrivare, sorrise entusiasta.
“Quanto
ho dormito?”
“Troppo,
mio caro, è ora di rimettersi al lavoro o il caro Oskar ne
farà le
spese” lo riprese ridacchiando il fratello, andando a sedersi
sul
bordo del letto, osservandolo. In realtà tutti sapevano che
a Oskar
di quella faccenda non importava assolutamente nulla e se avesse
voluto, sarebbe potuto fuggire all'istante in uno dei propri soliti
posti dimenticati da Dio, godendosi i prossimi venti o trent'anni,
continuando a creare scompiglio come al solito. Fugge sempre, lo
sanno tutti. E nemmeno per codardia, quanto perché reputa
ogni cosa
una seccatura.
Ci
pensò Gilbert a chiamarlo, tornando a riunire tutti e
quattro nella
stessa stanza, pronti ad ascoltare le spiegazioni dell'egiziano
ancora a letto.
Dovette
concentrarsi un po' per cercare di reprimere momentaneamente la
follia che lo attanagliava ormai da qualche centinaio di anni, ma
dopo diversi respiri e un'applicazione momentanea di un sigillo
cartaceo a sé stesso, trovò la concentrazione
necessaria. Il suo
sguardo era diverso, in un certo senso. Dolce, rilassato e giocoso
come sempre, ma allo stesso tempo determinato e consapevole che
avrebbe avuto a disposizione poco tempo.
“Sono
quasi certo che fosse un ghoul, un soggiogato di qualche vampiro per
il tipo di sentimento che ho sentito. La disperazione del subconscio,
mista al dovere di assecondare il volere del padrone...nessun
Nascosto sano, per così dire, avrebbe provato emozioni tanto
contrastanti, a meno che non fosse stato minacciato di
morte.”
iniziò a spiegare.
Ovvio
che partirono le lamentele di Oskar con tanto di insulti verso i
vampiri. Non sanno proprio stare buoni quei dannati, a sentire
ciò
che diceva o sembrava saperne.
“Suppongo
dovremmo andare a trovare anche loro...” sospirò
Salem.
“Non
se ne parla, sono stufo di fare la palla da biliardo tra istituti e
covi vari, che vengano a prendermi se vogliono!”
sbottò Oskar.
In
effetti iniziava a sembrare una partita a flipper, con loro
sballottati di qua e di là come piccole palline metalliche.
Ovviamente la pazienza del corvo aveva un limite.
“Datti
una calmata e vediamo di risolvere la cosa, ok? Magari potremmo
chiedere al capo clan di raggiungerci da qualche parte.”
propose
Salem.
Il
ragionamento non faceva una piega, se si fosse parlato di persone
normali. Mondani, streghe o stregoni forse, ma tirare fuori dei
vampiri dal loro covo per chiedergli un incontro, equivaleva a
chiedergli di rendersi vulnerabili. Contando anche la luce diurna.
Sospettosi per natura, non si sarebbero mai presentati in un piccolo
gruppo a sé stante, quando potevano godere della protezione
del
clan. In teoria.
Inviarono
un messaggio di fuoco diretto ai Lowtower, che prontamente risposero
con gli indirizzi che i vampiri erano soliti frequentare in
città.
Rimasero sorpresi nello scoprire che il capo clan era una ragazza
piuttosto singolare, ma che allo stesso tempo sembrava esserci un
individuo altrettanto influente in città.
“E
questo come cavolo si pronuncia?!” sbottò ancora
una volta Oskar,
fissando il foglio, su cui erano riportati non solo gli indirizzi in
lettere latine, ma anche...cos'era quello, cinese?
Quindi
iniziarono a partire insulti anche ai cinesi. La cosa fece ridere
Salem e preoccupare Gilbert. Oskar ne aveva proprio per tutti, senza
contare etnia, genere, religione, politica. Per lui tutti avevano
qualcosa da criticare, era nel suo carattere, quando ci si metteva,
come in quel caso, ormai spazientito.
Ma
al momento non aveva importanza, poiché la precedenza andava
alla
capo clan, una certa Allison Scoresby, una anglo-americana
“fuori
dagli schemi” a quanto gli avevano raccontato. Dopo essersi
quindi
assicurati che Ash stesse bene e fosse in grado di rimettersi in
piedi da solo, non gli restava altro da fare che sistemarsi e
avviarsi verso la prossima meta in tutta calma, poiché
avrebbero
dovuto aspettare il tramonto. Gilbert già lo immaginava che
non si
sarebbe dovuto aspettare nulla di buono, ma era curioso di capire
quanto fossero particolari i Nascosti di quella città.
Camden
Town, ecco la loro prossima meta. Quartiere singolare per i suoi
mercati e negozi all'insegna del gotico, le luci brillanti, i locali
vividi e altrettanto particolari. Insomma, quel piccolo quartiere era
un sogno per qualsiasi giovane alla ricerca di un po' di brio
notturno e i quattro stregoni lo sapevano bene, specie se il luogo
pullulava di Nascosti. Peggio ancora nel sapere che l'indirizzo
fornitogli dai Lowtower conduceva direttamente a un pub in stile
gotico-rococò in un mix cozzante di epoche e colori che
trovava
luogo dall'unione di medievale e moderno, quantomeno al meglio
impastato dal proprietario del locale. Come molti edifici presi a
tema da qualche videogioco o simile, il pub sorgeva su due piani,
presentandosi all'esterno come una sorta di Sagrada Familia in
miniatura, una piccola cattedrale con guglie dall'apparenza antica,
ma costruita completamente con macchinari e strumenti moderni,
nonché
materiali. Lo stile di Gaudì infatti non era comparabile
alla
struttura moderna, con intarsi rotondi sulle volte esterne, in
prossimità delle grandi vetrate dai colori sgargianti,
rappresentanti diverse creature mitologiche quali fate, vampiri, lupi
mannari e altri invece che i classici temi cattolici riportanti
spesso e volentieri la nascita e i miracoli del Cristo. Come il
monumento spagnolo, ma non meno della stessa Notre Dame francese,
iperboloidi, volte e paraboloidi nella struttura esterna non
mancavano, così come i conoidi a formare le quattro guglie,
una per
ogni angolo della piccola cattedrale, che tendeva a svilupparsi
più
in altezza, che in larghezza.
Se
vi chiedete dove fosse presente lo stile rococò in tutto
questo, la
risposta era all'interno della struttura. Superato un gruppo di
Seelie intenti a ridere e scherzare, dopo aver fatto la fila come
chiunque altro, non essendo raccomandati (benché Oskar
avrebbe
voluto bruciare il buttafuori all'ingresso) o muniti di pass
speciale, riuscirono a entrare in quello che scoprirono essere un
club non solo per vampiri, ma per qualsiasi Nascosto volesse farvi
parte. Vampiri tanto clementi, in un certo senso, erano una
novità
per tutti.
All'interno
le luci calde tendenti al rosso, o rosse completamente in alcune zone
della cattedrale, splendevano e illuminavano solo parzialmente la
piccola navata singola, composta di colonne elicoidali come il famoso
monumento spagnolo, impreziosite da decorazioni lungo tutta la
superficie, alla cui estremità si congiungevano le arcate
semplici,
definenti la struttura a croce latina tipica dei monumenti dell'epoca
che si era voluta riportare. Le pareti in effetto pietra erano
tuttavia decorate con modanature e dipinti repliche di opere famose,
spesso francesi, affiancate o sovrastate da decorazioni quasi
pacchiane e obsolete. Sollevando il capo, magari di giorno vista la
scarsa luce, sarebbe stato possibile notare la ricercata pienezza del
soffitto, con altre modanature, altre decorazioni in gesso o
materiale similare, tutto in uno scuro grigio fumo perlescente, che
la notte o al buio dava un effetto brillante grazie alla tecnica di
glitter fosforescenti fini e non troppo vistosi. Il tutto per
delineare le figure applicate al soffitto, nient'altro che angeli
dagli occhi luminosi nel buio, quasi un effetto tapetum lucidum
presente negli occhi degli animali, volendo dare la sensazione di
essere non solo osservati, ma invidiati da quegli esseri tanto
celesti, quanto intoccabili e lontani, che a parer loro neanche
sapevano cosa fosse il piacere. Un bel pugno nell'occhio di
architettura e arredamento, contando i cassettoni altrettanto
eleganti in legno, le panche ai lati uguali a quelle presenti nelle
chiese vere e un rosone sopra alla porta d'ingresso che con la luce
della luna rifletteva sul pavimento l'ombra scura di un demone alato,
forse lo stesso Lucifero. La quantità di riferimenti non
solo al
cielo, ma anche agli stessi Nephilim, con riferimenti razzisti, non
mancavano di certo.
Era
presente anche un secondo piano, o meglio un pianerottolo che non
occupava tutta la superficie della navata o il soffitto non sarebbe
stato visibile, creato in metallo scuro da cui era possibile accedere
da una scala al fondo della sala. Ma con tutto quel caos, era
difficile riuscire a vedere bene i dettagli.
“Proprio
un bel posticino...” disse con sarcasmo Salem.
Gli
occhi di Gilbert erano fissi sul soffitto, quasi fosse più
intento a
ricercare un senso logico nello stile che altro, mentre Ash era
tornato alla propria gioiosa pazzia per scelta. Che dire invece di
Oskar, perfettamente a suo agio in mezzo a quel caos di gente che
iniziava ad affollare la pista da ballo, ovvero tutta la superficie
possibile del pavimento, affiancato da Salem, ora intento a cercare
qualsiasi cosa gli fosse potuta tornare utile a trovare la capo clan.
“Il
soffitto è sbagliato. Avrebbero dovuto lasciare la
formazione a
intersecazione così com'era invece di riportarci le
modanature
ottocentesche, quello stile non c'entra assolutamente niente! Per non
parlare delle sculture sulla destra messe lì a caso negli
incavi...santo cielo, le riproduzioni del Bernini!”
sbottò
Gilbert, con grande sorpresa di tutti, voltatisi a guardarlo con un
non so che di sconvolto. Forse lo avevano fatto perché erano
lì per
un nephilim morto e non perché l'idea di affiancare il
Bernini a una
sala gotica fosse un'idea di cattivo gusto...
Ma
qualcuno alle sue spalle sembrò non apprezzare il commento,
tanto da
attirare la loro attenzione con dei borbottii sommessi gutturali, una
sorta di ringhio di minaccia che avrebbe fatto seguire parole ben
poco simpatiche se non fosse stato per l'aura dei gemelli. Quando
l'uomo realizzò che Gilbert era con loro, abbassò
lo sguardo e se
ne andò in mezzo alla folla.
Oskar
sembrò apprezzare il gesto, tanto da andare a mettere un
braccio
attorno alle spalle del francese, dandogli un lieve colpo alla
spalla, tipico gesto per congratularsi.
“Allora
non sei inutile come sembri! Facciamone altri commenti scemi del
genere, magari riusciamo a divertirci un po' scatenando una
rissa.”
“Non
sono commenti scemi, è arte!” sbottò di
nuovo Gilbert, gonfiando
le guance.
Mentre
i due si prendevano in giro e bisticciavano, Ash intravide un bancone
e attirò l'attenzione degli altri tre, facendoglielo notare.
Evidentemente il servizio bar non era assente e la cosa sembrava
rendere felici tutti i presenti.
Più
di un cliente infatti era seduto sui sedili rialzati dalle lunghe
gambe in metallo, tipiche di discoteche e bar americani, rendendo a
tratti la vista difficile del bancone, anch'esso in uno scuro
materiale luminoso, che tuttavia non sembrava metallo. Avvicinandosi,
era possibile notare che la superficie sembrava essere completamente
decorata con motivi gotici alternati ai tipici gigli simbolo della
casata reale di Francia e della famiglia Borbone. Per poco a Gilbert
non venne un colpo nel vederlo. Avrebbe avuto voglia di bestemmiare
in tutte le lingue che conosceva, ma si limitò a qualche
imprecazione francese.
Come
al solito pensò Salem alla questione diplomatica,
spingendosi verso
il bancone per chiedere al barista dove avessero potuto trovare
Allison.
“Chi
la cerca?” chiese l'uomo sui trentacinque, tatuato da capo a
piedi
o quasi.
“I
Lowtower ci hanno autorizzato a cercarla per l'incidente riguardante
il nephilim morto di qualche giorno fa. Non siamo in cerca di rogne,
vogliamo solo scagionare uno dei nostri, siamo disposti anche a
scendere a compromessi, non è un problema...”
Chi
vuole intendere, intenda.
In
quel momento, un sorriso furbo baluginò non solo sul viso
del
barista, ma anche su quello di una ragazza seduta su uno degli
sgabelli, che fino a poco prima aveva dato le spalle al bancone, i
lunghi capelli rosso fuoco lasciati sciolti sotto al cappello da
cowboy, in stile con il resto dell'abbigliamento. Nel sentire il
discorso, con un gesto veloce della mano aveva estratto una pistola
giocattolo verde fluo e l'aveva portata alla testa di Salem, premendo
il grilletto. Allo stesso tempo, dalla sua bocca era fuoriuscito un
pallone creato con la gomma da masticare, che era esploso assieme al
grilletto.
“Bang!”
disse lei, scoppiando poi a ridere.
Salem
sospirò. Se avesse voluto fermarla, gli sarebbe bastato
intensificare la propria aura e lei sarebbe soffocata. O le avrebbe
dovuto far esplodere la testa con la forte pressione, visto che in
fondo era già morta.
Nella
risata infatti, i denti da cacciatore della notte erano stati ben
visibili, ma lei sembrava non preoccuparsene.
Lui
la squadrò da capo a piedi, curioso di capire il motivo di
quel
gesto, mentre lei non si era mossa di un millimetro, fissandolo con
aria innocente, ma allo stesso tempo decisa, quasi avesse potuto
saltargli addosso da un momento all'altro. E' una vampira, non si
può
pretendere.
“Cerchi
Allison, tesoro? Posso portarti da lei, se vuoi.” disse poi,
senza
smettere di fissarlo.
Il
suo interesse nei confronti dello stregone era evidente, ma non si
capiva bene dove volesse andare a parare o cosa le passasse per la
testa. Forse era dovuto all'aura di Salem, percepibile da lunghe
distanze se lui non la occultava, ora attiva più che mai per
mettere
soggezione a chiunque osasse sfidarlo. Nonostante la sua calma, era
un'anima irrequieta.
La
ragazza sembrò accorgersi solo dopo degli altri tre, curiosa
e
sorpresa di notare l'altro gemello, alla quale sorrise con nulla di
buono in mente.
“Ma
siete due. Non mi dispiace nemmeno tuo fratello, potremmo anche
vederci tutti e tre assieme...” disse, maliziosa
finchè basta.
“Ora
basta coi giochi, ho bisogno di parlare con la tua capo clan. E'
importante.” tagliò corto lui, osservando i suoi
occhi verde
dorato.
L'altra
sembrò sospirare, scendendo dallo sgabello facendo stridere
appena
la pelle sotto a quei jeans fin troppo corti, la camicia a scacchi
blu e neri annodata sotto al seno in un fiocchetto che attirava
decisamente l'attenzione. Ai piedi tuttavia, erano ben visibili gli
stivali americani in tinta col cappello.
“Non
ti porterò da lei gratis, voglio qualcosa in cambio. E'
così che
fate voi, giusto?”
Salem
si mise a ridere, scuotendo la testa.
“Senti,
ci sono altre duecento persone almeno qui dentro che sapranno
indirizzarmi da lei, non starò certo qui a pregarti. Mi
basta un
incantesimo per localizzarla, volendo.”
“Non
hai nulla di suo, non sai nemmeno che faccia abbia. Solo un nome.
Puoi trovare una persona solamente con un nome? Io non
credo...”
In
effetti aveva ragione. Per quanto potesse localizzare le persone per
etnia o razza grazie a una stima grossolana degli abitanti in
città,
trovare un singolo soggetto in quella bolgia senza sapere nulla,
sarebbe stato difficile. Lo stregone avrebbe anche potuto ucciderla
sul posto e cercare qualcun altro, ma quella specie di gioco sembrava
divertirlo. Meno gli altri, che parevano volerlo uccidere da un
momento all'altro, ma poco importava.
Quindi
Salem si mise l'anima in pace, fingendo di dargliela vinta solo per
accelerare i tempi e capire cosa volesse la ragazza.
“Che
vuoi?” chiese scocciato, sospirando.
“Il
sangue, ovviamente, che altro dovrebbe volere un vampiro? E il tuo
numero, magari...”
Oskar
scoppiò a ridere, mentre Gilber sbiancò, sul
punto di svenire.
Sembrava un circo degli orrori tutta quella storia, altro che un caso
di omicidio da risolvere. Sballottati per la città tra
nephilim
scorbutici, lupi mannari distratti e ora questo! Troppo per uno come
il francese, più rintanato nel proprio studio o al lavoro,
che a
contatto con le persone.
“Dai
Salem, dalle ciò che vuole e andiamo. Ha fegato, la
ragazza...”
ridacchiò Oskar.
L'egiziano
fissò la donna per un istante, dovendo abbassare appena lo
sguardo,
data la differenza di altezza di circa dieci centimetri o poco
più.
“Se
berrai il mio sangue, morirai”
“Questo
lo credi tu”
“Quanti
anni hai, ragazzina? Centocinquanta? Duecento? Tocca il mio sangue
con la lingua e ti carbonizzerai come fossi alla luce del
sole.”
Diciamo
che quasi quattromila anni di differenza si sarebbero fatti sentire.
E non poco. Sospirando, la ragazza gettò la spugna,
abbassando lo
sguardo, dovendo ammettere la sconfitta. Quando risollevò il
capo
sorrideva come una bambina, masticando la gomma con noncuranza.
“Mi
accontento del numero, allora” disse, allegra.
Con
tutta la pazienza del mondo Salem si apprestò a cercare
carta e
penna per lasciarglielo scritto, dovendo quasi volutamente per forza
sottostare alle sue condizioni. Era un gioco che voleva vedere come
sarebbe andato a finire, tutto qui.
“Ora
mi porti da lei?” chiese poi, consegnandole il foglietto.
La
rossa sorrise, continuando a muovere la bocca per masticare la gomma,
infilando il foglio nella tasca posteriore dei jeans per poi fare
strada verso il fondo della navata. Man mano che attraversavano la
sala e la folla, la gente si fece largo per farli passare e tornare a
ballare, qualcuno scocciato per essere stato interrotto dai quattro
stregoni. Si accorsero che stavano raggiungendo la base della scala
in acciaio nero e una volta raggiunta videro che l'entrata era
sorvegliata da due guardie del corpo, una corda posta da
un'estemità
all'altra del corrimano indicava che era negato l'accesso a chi non
disponeva dell'autorizzazione necessaria.
La
ragazza tuttavia sembrava sapere il fatto suo e dopo essersi
avvicinata a uno dei due uomini di guardia, gli aveva sussurrato
qualcosa all'orecchio, ridendo come una specie di oca giuliva.
Ciò
le aveva garantito l'accesso al pianerottolo, con tanto di stregoni
al seguito. La musica alta aveva impedito loro di sentire
ciò che i
due si erano detti, ma solo perché nessuno dei quattro aveva
avuto
voglia di attivare qualche incantesimo per poterlo fare. Con
quattromila anni di esperienza alle spalle, difficilmente i gemelli
trovavano qualcosa in grado di fermarli, se solo avessero voluto, ma
si sapeva che la noia era ormai all'ordine del giorno per loro.
Non
impiegarono tanto a raggiungere il pianerottolo, giusto un paio di
rampe e via, prima di procedere per una specie di sala d'attesa con
tanto di poltrone e divani in pelle, oltre che tavolini e qualche
persona in cerca di intimità. Evidentemente quella era la
zona
riservata ai vip, munita di tutti i comfort oltre che di freccette e
biliardo.
Al
termine della sala, in open space con il piano inferiore, una tenda
separava a metà l'intero pianerottolo, con altri due
bodyguard a
guardia del centro, dove probabilmente c'era l'apertura verso
un'altra stanza. La tenda infatti nascondeva una parete in
cartongesso o simile, e venne aperta dai due uomini ai lati per
scoprirne una porta, nella cui serratura la ragazza inserì
una
chiave estratta dalla tasca anteriore dei jeans.
Fece
strada all'interno, anch'esso una specie di pugno in un occhio in
termini di arredamento, che contava una scrivania, una poltrona, un
letto per le occasioni meno formali e diversa mobilia più o
meno
antica. Delle due stanze, quella era l'unica chiusa, come una scatola
scura fluttuante nel bel mezzo del nulla, se non fosse stato per il
pavimento metallico alla sua base, ricoperto finemente
perché non lo
sembrasse una volta sopra, ovviamente.
La
musica veniva attutita un bel po' dalle pareti, scure e luminose allo
stesso tempo per il nero e la presenza di oro ovunque, anch'esse
riempite delle più strane forme decorative di epoche diverse.
“Dunque,
stavi dicendo che è morto un nephilim e siete disposti a
insabbiare
la cosa.” disse a un certo punto la ragazza, prendendo posto
su una
poltrona fucsia, le gambe su uno dei braccioli, il busto sull'altro
lato.
Fece
cenno di sedersi dove volevano, come fosse a casa propria. Ogni forma
di divertimento era sparita dal suo viso, lasciando spazio a
ciò che
era veramente sotto a tutto quel trucco non solo dovuto al vero e
proprio make up, nel complesso nemmeno esagerato, ma anche a quei
modi di fare da donna vissuta. Una sedicenne o giù di
lì dal viso
perfetto, marmoreo e ben visibile sotto alla luce leggera, ma
presente nella stanza.
Il
pallore della ragazza, in contrasto con quei capelli rosso fuoco
tinti quasi a far concorrenza a uno degli stili di Rihanna, risaltava
bene con il resto della sala, più intima rispetto a sotto,
ma
altrettanto confusionaria.
I
quattro presero posto chi sul bordo del letto, chi sull'ennesimo
divanetto, come fosse una specie di riunione per prendere il the
delle cinque, più che un incontro con il capo clan dei
vampiri.
“Vorremmo
parlarne con il capo clan, se non ti dispiace”
accennò Gilbert,
ancora sconvolto per quel caos di stile, inguardabile ai propri
occhi.
Salem
e la ragazza ridacchiarono, Oskar gli lanciò l'ennesimo
sguardo atto
a farlo sentire imbecille, sorridendo a prenderlo in giro, mentre Ash
sgranocchiava delle patatine raccattate al piano di sotto. Come al
solito la sua follia lo rendeva eccentrico e fuori contesto nel
gruppo.
“Allora
è meglio che iniziate a parlare, perché lo avete
davanti” rispose
lei con educazione, sorridendo come una bimba dispettosa che ha in
mente nulla di buono.
Questi
quattro personaggi appaertengono alla sottoscritta, gradirei che non
infrangeste il copyright e non li riutilizzaste nelle vostre
storie, salvo permesso.
L'opera originale "Shadowhunters" e personaggi annessi, sono di
proprietà di Cassandra Clare. Ogni riferimento a luoghi,
fatti e persone è puramente casuale, mi scuso in caso di
omonimia.
Per chi volesse, sono stati realizzati dei chibi dei personaggi,
anch'essi di mia proprietà, li potete trovare qui.
N.A: chiedo scusa per il ritardo ma tra vacanze e cose varie mi sono
ritrovata a dover rallentare le tempistiche ^^ spero di poter
riprendere a cadenza regolare, a presto~
|
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Capitolo 8 *** 7.When the devil caresses you... ***
Se
Gilbert non svenne sul posto dopo essere sbiancato e successivamente
arrossito, fu solo grazie alla propria tempra, in grado di
sorreggerlo nei momenti più impensati. Davvero, a lungo
andare si
sentiva sempre più stupido e come biasimarlo con due
colleghi
millenari e uno che ti tratta da idiota anche quando non te lo
meriti. Piccolo topo di biblioteca, non è colpa sua se
s'intende più
di cose passate che di cose recenti e come dire...vive.
In
ogni caso pareva che tutti si fossero accorti chi avessero davanti.
Tutti tranne lui, ovvio.
“E'
quello che ho detto” confermò Salem, riprendendo
il discorso.
L'impazienza
di Oskar iniziava a farsi sentire e loro parevano non avere altro
tempo da perdere. La cosa andava risolta tra Nascosti, magari
trovando un capro espiatorio, una persona perfetta da incastrare al
momento giusto.
La
vampira parve pensarci su, come se la cosa andasse ben oltre la
semplice questione che veniva posta ora dai quattro. Perché
uccidere
qualcuno e insabbiare il tutto per loro era considerata una
“questione semplice”. Gilbert iniziò a
pentirsi di essere finito
in quel caos. A dirla tutta aveva iniziato a pentirsene da quando era
stato convocato dai due gemelli, ancora intento a chiedersi il vero
motivo per cui fosse stato chiamato, ma era stato talmente preso
dalla cosa che per un istante sembrava quasi essersene dimenticato.
No, non se n'era dimenticato. Per essere precisi, ora che si
trovò a
pensarci bene, Salem non gli aveva mai detto per quale motivo lo
aveva convocato, né perché fossero stati loro a
volersi occupare
del caso. Era così e basta. La questione andava rivista,
poco ma
sicuro, solo che al momento non gli parve il caso di immischiarsi nel
bel mezzo del dialogo con una capoclan vampira.
“Se
vi dicessi che ho la persona perfetta da mettere in mezzo, cosa mi
offrireste in cambio?” disse Allison, interrompendo i
pensieri di
Gilbert.
Oskar
soffiò una risata, scuotendo la testa. Se prima in mezzo
alla bolgia
pareva essere a proprio agio, ora seduto dove stava, in quella
posizione all'apparenza rilassata e tranquilla, sembrava una perfetta
statua marmorea dallo sguardo raggelante. Bello e dannato.
“Noah
Lowtower e il nostro Gilbert sono diventati amici. Intimi.”
Malizioso nel dirlo. “Sono certo che il loro scambio
interculturale
servirà a garantire armonia tra Nephilim e Nascosti, senza
contare
la questione riguardante il mannaro. Anche lui è stato
coinvolto, a
sua insaputa, ma coinvolto. Bisogna trovare un colpevole, mia cara,
un colpevole che non sia un vampiro del luogo o i cagnolini avranno
da ridire, penseranno che gli avete dichiarato guerra, e con un
cadavere angelico di mezzo, sappiamo tutti chi andrà a
sostenerli.”
iniziò lo stesso corvo.
“Non
siamo intimi!” sbottò Gilbert, avvampando in viso.
Oskar
squadrò la ragazza con intesa, lasciando immaginare il resto
ai
presenti, ovvero che lui aveva ragione e la cosa era stata
perfettamente calcolata sin nel minimo dettaglio. Chiaramente a
Gilbert la cosa non fu altrettanto comprensibile, sebbene
notò che
lo sguardo della vampira si fece più intenso, l'espressione
divertita su quella pelle diafana dovuta alla trasformazione.
“Potete
garantirmi la sicurezza del mio clan per mezzo del ragazzo nephilim e
di questo stregone?” osservando e indicando Gilbert come se
non
fosse lì a sentirli.
Nella
frazione di secondo in cui il francese realizzò la cosa,
tutto parve
come bloccarsi nella propria testa. I suoni giungevano ovattati, le
luci sempre più fastidiose sugli occhi, tanto da iniziare a
fargli
percepire una sensazione sgradevole allo stomaco, come un improvviso
senso di nausea dovuto alla bassa pressione, capace di privarlo delle
proprie forze e lasciarlo confuso, spaesato.
Mentre
gli altri tre rimasero a parlare, lui dovette allontanarsi per uscire
dalla stanza e successivamente dal locale, rimanendo appena fuori
dall'entrata. Vomitò senza pensarci due volte, senza
trattenersi per
decoro come sarebbe stato solito fare e se avesse potuto sputare
anche l'anima, ci avrebbe messo anche quella.
Realizzò
ben presto che tutta quella storia non era stata altro che una farsa.
L'essere convocato lì, quei tre disposti a venderlo in quel
modo.
Più che altro che si aspettavano, di poterlo usare a loro
piacimento
e potergli scaricare la colpa in quel modo? Non capiva bene tutta
quella storia, ma in un certo senso si era fatta troppo contorta per
il proprio animo tanto semplice, quanto buono. Perché si
potevano
dire molte cose di Gilbert, che fosse timido, giovane e anche
inesperto vista la propria vita passata sui libri piuttosto che ad
avere a che fare con le persone in carne ed ossa, con le opere d'arte
vecchie di millenni, quando lui stesso è stato salvato da
due
stregoni millenari.
La
vita fa schifo. O forse è lui ad essere sbagliato.
Centocinquant'anni trascorsi a fare cosa? A studiare cosa? Ma
soprattutto per chi?
Troppe
domande e nessuna risposta. Nessuna per cui valesse la pena pensarci
in quel momento.
Rimase
lì, sedendosi a terra, per quelli che gli parvero secondi,
minuti o
forse ore, a ben pensarci non saprebbe dirlo nemmeno oggi con
certezza, non volendoci più pensare, finchè
qualcuno non lo
rggiunse, accucciandosi per essere alla sua altezza, una caramella
gommosa a forma di verme portata alle labbra e ai denti nel tentativo
di staccarle la testa.
“Tutto
bene, piccino?” chiese Ash, sorridendogli.
“Ti
prego, basta. Sono stanco di essere trattato come un imbecille,
basta...per favore...”
Che
fosse stremato lo avrebbe capito chiunque, stanco e stufo di tutta
quella storia, di essere sballottato in giro per una questione che
non avrebbe nemmeno dovuto coinvolgerlo, per fargli avere una crisi
di nervi.
Di
Gilbert si potevano dire tante cose: che fosse timido, a tratti
ingenuo, forse non la persona più espansiva del mondo, vista
la
propria natura da studioso, una specie di nerd del Mondo Nasosto, per
metterla in termini semplici, ma di certo non si poteva dire che
fosse malvagio. Neutrale fino a prova contraria, veramente buono in
caso di necessità. Di norma non si faceva prendere da
questioni che
non lo riguardavano, ma era capace di intervenire se la situazione lo
avesse richiesto. A modo proprio, certo, con la diplomazia, piuttosto
che con la forza bruta. Quella era prerogativa di Oskar.
Ash
sospirò, sedendoglisi di fianco, per qualche istante come
volesse
sembrare il più normale possibile, come trattenuto da
qualcosa.
“Hai
capito che è successo lì dentro?”
“Ma
mi credete davvero così stupido?!”
“Non
ho detto questo. Ti ho chiesto se hai capito per filo e per segno
ciò
che è accaduto e sta accadendo.”
L'egiziano
parve quasi serio per un istante, mentre gli occhi verdi,
eterocromici per i due verdi diversi ma pur sempre verdi, del
francese andarono alla ricerca di qualcosa o qualcuno lì
attorno.
Non che cercasse davvero qualcosa, semplice nervosismo. Le ginocchia
vennero tirate al petto dal più giovane e le gambe
circondate con le
braccia, come se in quel modo avesse potuto difendersi da
quell'attacco verbale.
“Ho
capito che mi avete usato per far stare tranquilli tutti, ecco che ho
capito. Un Nephilim è morto, ucciso da un lupo mannaro che
ha
ricevuto un gingillo creato da Oskar, ma consegnato da un soggiogato
di vampiri. La cosa mi fa pensare che fossero i vampiri stessi a
voler uccidere il nephilim, ma hanno usato il mannaro per
discolparsi. Oskar dice che si è limitato a vendere
l'oggetto, il
che fa di lui in un certo senso solo l'arma del delitto, ma non il
colpevole. Quindi perché non andiamo dai Nephilim a dirgli
che sono
stati i vampiri?”
“Se
andassimo a dirgli una cosa del genere, i Nephilim darebbero il nulla
osta ai lupi mannari di attaccare, probabilmente, e visti
già i
trascorsi per l'edificio, scoppierebbe una guerra interna tra clan. E
chi pensi chiamerebbero a risolvere la situazione?”
Il
sorriso di Ash per tanti era come ricevere una costante sensazione di
calore e dolcezza, quando riusciva a mantenersi stabile per qualche
minuto. E quella volta non fece eccezione. Empatico, lo stregone
millenario era in grado di far sentire chiunque a proprio agio, se
solo lo avesse voluto, quindi Gilbert si sentì pervaso da un
calore
e una sensazione mai provati prima, rassicurato, cullato con
dolcezza, per così dire dalla magia naturale dell'altro.
Fu
chiaro a entrambi il messaggio: con uno scoppio della guerra tra
vampiri e lupi mannari, i Nephilim sarebbero dovuti intervenire e
avrebbero chiesto a streghe e stregoni non solo il loro supporto, ma
anche di ripulire il casino una volta sedato il problema.
“Perdonami,
ma sei ancora così giovane e inesperto che forse potresti
non
capire. Il nostro compito, oltre quello di farci i fatti nostri
è
quello di mantenere l'equilibrio. Se la città subisce danni
perché
due razze si scontrano, a pagarne le conseguenze saranno
tutti.”
riprese l'egiziano.
“E
i Seelie?”
La
domanda lasciò sfuggire una risata allo stregone
più anziano.
“I
Seelie non sono umani, Gilbert. Giocano ai soldatini con le loro
stesse pedine e si schierano dalla parte di chi vince. E' il ciclo
naturale delle cose.”
Metà
angeli e metà demoni, non c'e da stupirsi se abbiano un
comportamento tanto neutrale. Quindi Ash stava parlando di tregua, ma
a lui le cose sembrarono ancora troppo confusionarie. Avevano tutto
il quadro generale della cosa, ciò che non gli tornava era
il motivo
di un'azione simile.
“Perchè
i vampiri hanno attaccato i Nephilim?”
“Volevano
scaricare la colpa sui lupi mannari, visto che loro gli hanno rubato
il palazzo in cui siamo stati, a quanto diceva Allison. Noi ci siamo
finiti in mezzo perché Oskar era stato sospettato di aver
creato
l'oggetto, ma come biasimarlo, fa questo per vivere. Non ha mai
negato di essere stato lui a creare l'anello e di averlo venduto,
solo che giustamente non si ritiene responsabile per dove questo
fosse andato a finire. Come dicevi tu prima, lui è solo
un'arma che
è stata impugnata da qualcuno, se commetti un omicidio
sparando a
qualcuno, fai causa a chi ha sparato, non al produttore
dell'arma.”
Altrimenti
addio fabbriche di coltelli, Colt e Winchester. Tutto questo caos per
una rissa tra razze in clan di Nascosti di una delle città
più
influenti d'Europa. La cosa aveva senso per il francese, ma non lo
mise certo di umore migliore, facendogli tornare quel senso di vomito
che sentiva poco prima.
“Quindi
vuoi aiutarci a sedare il casino?” chiese quindi Ash,
sorridendogli.
Per
un attimo Gilbert si soffermò a osservarlo, nella carnagione
abbronzata, i capelli bianco argento sbarazzini, con i ciuffetti
ribelli sul collo e sulla fronte, talvolta fissati da una mollettina,
talvolta lasciati liberi di vagare al soffio del vento e quei due
rubini rosso sangue al posto degli occhi. Stupendi, nulla da dire,
sebbene al momento l'umore dell'altro non fosse dei migliori. Si
limitò ad annuire, facendosi aiutare a rialzarsi, prima che
anche
gli altri due uscissero dal locale e li raggiungessero.
La
follia di Ash tornò a farsi sentire, la caramella ora in
bocca,
lasciata penzolare come fosse una preda di caccia, per lanciarsi
addosso al fratello, sempre serio e composto.
“Ora
è tutto sotto controllo, dobbiamo solo avvisare i Nephilim
che ci
siamo occupati noi della questione e loro scriveranno un verbale da
inviare al Conclave.” dichiarò Salem.
Ennesima
questione che Gilbert non seppe spiegarsi, il motivo per cui quei due
tenevano tanto alla neutralità e alla collaborazione con il
Conclave, se di fatto ne avevano rifiutate le regole e le lettere di
convocazione, alla quale non avevano mai risposto. Forse poteva
trattarsi delle loro Case di Magia, sebbene avrebbero potuto
benissimo spostarla in fretta una casa vittoriana di quelle
dimensioni. Non aveva importanza ora, l'unica cosa che contava era
sistemare quel pasticcio e tornarsene tutti a casa.
Nei
due giorni successivi, vista l'ora con la quale avevano terminato al
locale, tutti e quattro si diedero da fare per sistemare il
sistemabile e lo stesso Oskar si propose di portare ai Nephilim
prove, verbali e quant'altro, dopo aver raccolto le deposizioni di
entrambi i clan Nascosti, per dimostrare la neutralità della
propria
posizione.
Gilbert
si rese conto di essere stato usato, a fin di bene, ma pur sempre
usato, rimanendo in contatto con il giovane Lowtower per sapere se
avesse voluto saperne di più sui Nascosti o anche solo per
trovarsi
a bere qualcosa ogni tanto, magari con il giovane figlio di Nick,
lupo mannaro anche lui, in una sorta di piccola combriccola
tranquilla. Non sapeva che sarebbe stato l'inizio di un'amicizia e in
parte ne fu soddisfatto per ciò che il futuro gli avrebbe
portato.
In
quanto ai gemelli, tornati alla Casa di Magia, spostata ora a
Shoreditch Park, con applicato il solito incantesimo per cui i
Mondani avrebbero dovuto naturalmente evitare la zona senza un motivo
logico, puro e semplice istinto governato a loro insaputa dalla
magia.
All'interno
della casa il profumo di pulito, panni stesi e buona cucina dilagava
imperterrito, con schiamazzi di bambini a destra e a manca mentre le
inservienti sembravano impegnate a sfornare biscotti o qualche dolce
simile, magari un plumcake fresco di forno.
In
soggiorno i gemelli impegnati uno a leggere le notizie dei Mondani,
l'altro a giocare in giro con fiori di luce magici o altri trucchetti
simili.
Due
tazze di the posate sul tavolino di fronte ai divani, il camino
acceso ed entrambi in pigiama per ciò che concerne la
comodità
domestica, quello di Salem sobrio, un blu notte con righine verticali
a formare una trama simile al tartan, quello di Ash bianco e rosso,
con i pantaloni colorati, la maglia candida con un bel muso tondo di
gattino grigio in stile cartoon cucito sopra, lasciato aperto ai lati
in modo che fungesse anche da tasca.
Intento
ancora a giocare, Ash si fermò dopo poco a guardare
ciò che stava
facendo il fratello e dopo averlo visto posare la tazza sul tavolo,
si decise a saltargli addosso alle spalle, lo schienale del divano a
frapporsi tra loro, le braccia buttate al suo collo in un abbraccio
affettuoso.
“Fratello!”
gridò senza il minimo preavviso, tanto da far sobbalzare
l'altro.
“Diamine
Ash, davvero dovrei rinchiuderti allo zoo...” sospirando.
L'altro
parve divertito dalla cosa, ridacchiando allegramente come un
bambino, scuotendo poi la testa al suo dire.
“Sarebbe
come rinchiudere una parte di te”
Quel
sorriso dolce, spontaneo, ricco di sentimento, quasi ruppe la calma
di Salem, che per un attimo si trovò a fissarlo con gli
occhi quasi
lucidi. Posò il giornale sul tavolo e aiutandosi con la
magia trasse
a sé l'altro, per stringerlo tra le braccia come quando
erano
bambini. Una smorfia quella che comparve sul volto del più
serio dei
due, il senso di colpa a farsi strada tra le viscere.
“Potrai
mai perdonarmi?”
In
un primo momento Ash rimase confuso, ma alla domanda sorrise con
dolcezza, accarezzando la testa del fratello con fare dolce e
premuroso.
“L'ho
già fatto centinaia di anni fa, smettila di
tormentarti”
“Ma
tu non dovresti sopportare certe cose se io...”
L'indice
di Ash venne posto sulle labbra del fratello, lasciando la frase in
sospeso. L'ennesimo sorriso elargito dal folle, ora più
dolce dello
zucchero stesso, andando poi a posare la fronte su quella dell'altro,
comprensivo.
“Sopporto
ciò che ti avrebbe distrutto se non avessimo agito in questo
modo.
Sopporto ciò che tu non sei in grado di gestire. Sopporto e
lo farò
in eterno per te, fratello mio. Se tu muori, io muoio con te. Ti amo
e lo sai.”
Un
amore puro, fraterno, con un legame indissolubile, stretto dal
sangue, dalle cellule che li rende fisicamente uguali, dalla magia e
da quella sintonia che solo due gemelli possono avere.
Il
sorriso di Salem tornò a mostrarsi sul suo volto, mentre
accarezzava
il fratello con dolcezza fraterna.
“Anche
io ti amo.”
Ash
sembrò pensarci su poco dopo, cambiando argomento come se
nulla
fosse, come al solito, data la propria eccentrica follia.
“Dici
che Gilbert se la sia presa? E poi Oskar non lo abbiamo più
sentito,
sei sicuro che ha davvero consegnato le prove senza incendiare tutto
l'istituto?” una risata dopo le parole, ben conscio del fatto
che
lo stregone oscuro non è esattamente la persona
più buona del
mondo.
Salem
scosse la testa, ridacchiando a propria volta.
“Se
avesse distrutto l'istituto, ce ne saremmo accorti. Ci ha garantito
che se ne fosse uscito pulito, non avrebbe mosso un muscolo contro i
Nephilim di questa città, né contro chiunque
altro. Di sicuro sta
tramando qualcosa, o ha qualcosa da guadagnarci, non è da
lui
intervenire solo per discolparsi, il Conclave lo cerca da sempre, se
non l'hanno ancora sbattuto in prigione a Idris è per la
rete di
conoscenze che si è costruito in queste centinaia di anni.
Non è
stupido, Ash, lo sai bene anche tu.”
A
loro basta che la loro Case di Magia siano al sicuro ben lontane
dalle grinfie degli shadowhunters, il resto è tutto di
contorno.
Entrambi si guardarono poi con aria furba, la malizia di ciò
che
loro sanno e che al resto del mondo è oscuro si fece largo
sui loro
volti, rendendoli ancora una volta complici di tutto e di nulla, in
un silenzio complice che tutto dice e nulla spiega, la
necessità di
parola a scemare mano a mano.
Compito
arduo il proprio, consegnare prove, deposizioni di persone, clan,
ospiti...la tentazione di bruciare tutto era forte, ma poco importava
quando tutto ciò ti sfama e ti sfamerà per il
resto dei tuoi
giorni. Quasi.
Diretto
all'istituto della capitale, il corvo fu tentato di mandare tutto
all'aria, odiando a morte quei maledetti figli dell'Angelo che si
credono Dio in persona, ma visto il guadagno e le prospettive, non si
sarebbe tirato indietro nemmeno se si fosse trattato del presidente
in persona.
Varcò
la soglia dopo i dovuti controlli, avendo annunciato tramite
messaggio di fuoco il proprio arrivo, giusto per non mettere in
allarme l'intero edificio o i Nephilim stessi. Che schifo i guerrieri
angelici, gli sanno da quegli eroi in armatura, come i cavalieri di
una volta, stereotipati e tutti uguali nell'onore e nel rispetto
delle tradizioni. Per quanto anche lui sia tradizionalista, certe
cose sono decisamente passate di moda.
Seccato
nell'avanzare all'interno della struttura, si diresse verso l'ufficio
del capofamiglia dopo aver intravisto un Noah Lowtower di troppo
gironzolare lì attorno, osservandolo come fosse una specie
di
fenomeno da baraccone. In tutta risposta lo stregone in elegante
giacca e cravatta nero come il buio, lo fulminò con lo
sguardo
dapprima di ghiaccio, poi di fiamma, levandosi di dosso il glamour
per rendersi più credibile. Semplice tecnica intimidatoria
la
propria, nulla di magico o particolare.
Raggiunto
lo studio, attese di essere annunciato da chi di dovere, dopo aver
bussato alla porta, come l'educazione impone. Annoiato, si mise a
guardarsi le unghie con noncuranza finchè un
“avanti”
proveniente dall'interno non gli lasciò il via libera.
Cartellette
alla mano, non si fece ripetere nulla, per entrare nella sala ben
poco semplice, visto l'arredamento. Per lo più legno, con
camino in
pietra levigata dalla grezza, a mantenerne uno stile un po' country,
legato in parte alla natura inglese. La mobilia tutta in legno scuro
ricordava quella dei college, consistendo in una scrivania, due
divanetti con poltroncina e tavolino e un paio di sedie il tutto
dalla tappezzeria tendente al verde, in un tessuto simile al velluto
impiegato tra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento.
Soprammobili qua e là ricordanti angeli o simboli
tipicamente
Nephilim riempivano la parte superiore del camino e a illuminare il
tutto un'enorme vetrata anch'essa raffigurante un angelo, Raziel,
ritratto con gli Strumenti Mortali e con rune di diversa natura
sparse un po' ovunque nella cornice e nelle vetrate ai lati.
Charles
Lowtower sostava seduto alla scrivania in fondo alla sala, alle sue
spalle la vetrata a illuminarlo, come il figlio dell'Angelo che era,
almeno per ciò che concerne il sangue, figlio di ben altro
secondo
il parere personale di Oskar.
“Hai
portato i documenti?” chiese Charles.
“E
tu hai portato i soldi?”
Sfacciato
quando serve, il corvo lo fissò con aria di scherno per i
successivi
venti secondi almeno, prima che l'uomo sospirasse e si piegasse di
lato, aprendo uno dei cassetti della scrivania, estraendone una busta
piuttosto spessa.
“Tutti
uguali voi stregoni, non pensate ad altro che al denaro...in ogni
caso i tuoi servigi terminano qui. Non credo che la mia famiglia
avrà
bisogno ulteriormente di te, puoi andare.” riprese l'inglese,
sventolando la mano come se l'altro fosse un cane o qualcosa di
simile.
Il
tono e il gesto non piacquero per nulla allo stregone oscuro, ben
più
che propenso ad accendersi come un fiammifero per un nonnulla.
Letteralmente.
Posate
le cartelle e recuperati i soldi, infilati all'interno del cappotto,
tornò a fissare l'altro, nervoso.
“Attento
a come parli, Nephilim. Sarai anche un figlio dell'Angelo protetto
dal Conclave, ma non mi lascio intimorire da un pidocchio come te. Mi
basta uno schiocco di dita per carbonizzarti, creare un fantoccio che
muoia tra una settimana per arresto cardiaco e aprire un portale per
andarmene chissà dove.”
“Fai
presto a parlare, quando accetti soldi da coloro che
disprezzi”
“Non
esistono amore o disprezzo negli affari, dovresti saperlo. In
più
hai un bellissimo figlio. Non vorrei che per colpa di un padre tanto
vile, quanto stupido, possa rimetterci la lingua, o perché
no, un
arto...”
Il
Nephilim parve sbiancare. Pallido, si alzò in piedi,
guardando lo
stregone sotto shock, il labbro tremolante, gli occhi sbarrati per la
preoccupazione, la sudorazione e la salivazione in aumento. Terrore,
vero e proprio terrore che Oskar potesse fare del male alla sua
famiglia.
“Chiamerò
la sicurezza!”
“Chiamali
pure, carbonizzerò senza pietà anche loro. Oppure
digli tutto,
digli che lo stregone ti ha minacciato dopo che gli hai dato dei
soldi per aver messo a punto il brillante piano relativo
all'uccisione del tuo rivale. In fondo Noah non avrebbe mai avuto le
porte aperte con quello di mezzo. Cos'era un cugino? Uno zio? Tanto
siete tutti parenti.” Un sorriso sadico comparve sul suo
volto,
facendolo apparire ancora più minaccioso di quanto
già non fosse.
Si avvicinò all'uomo, la mano portata ad accarezzargli il
viso con
malata malizia, nessun tipo di lascivia o attrazione, solo puro e
semplice divertimento.
“Quindi
chiamali pure. Racconterò a tutti ciò che mi hai
chiesto, compreso
tuo figlio e poi mi divertirò a massacrarvi tutti quanti, si
sa mai
che alla fine lui decida di darmi una mano. In fondo quale
shadowhunter lo vorrebbe mai un padre del genere?”
Non
ci volle molto per vedere il Nephilim cedere, ricadendo sulla sedia
dalla quale si era alzato poco prima, scoppiando in lacrime per la
disperazione. Se qualcuno lo avesse scoperto, sarebbe stato
condannato di sicuro. Un traditore, un assassino della propria razza
e della propria famiglia. Lo ha fatto per suo figlio, per garantirgli
un futuro o da solo non avrebbe mai potuto arrivare da nessuna parte
vista la scala gerarchica imposta agli shadowhunters. Sarebbe morto
sul campo, non sarebbero mai potuti tornare a Idris. Ma nulla si
può
mai dare per certo, lui ci ha provato.
“Ti
prego non farlo. Non dire nulla. Ti darò altri soldi, ti
darò
quello che vuoi!”
Ennesimo
sorriso a increspargli il volto, la malizia mista alla furbizia di
chi in pochi giorni era stato talmente abile da manipolarli tutti,
dal primo all'ultimo.
Assicuratosi
che i vampiri avessero ricevuto il proprio dono, aveva preso accordi
con la capoclan per far si che uno dei suoi soggiogati desse l'anello
al giovane lupo mannaro, che avrebbe perso il controllo e aggredito
la persona specificata dalla magia stessa, a sua insaputa ovviamente.
Ad Ash infatti con la sua magia non era stato chiesto di vedere
l'aggressione, ma il venditore dell'anello, motivo per cui
l'aggressione rimane tutt'oggi nella parte più segreta della
mente
di Sam, il lupo mannaro aggressore, non conscio delle proprie azioni.
Ma Oskar potè ben immaginare come fosse andata, l'anello e
la gemma
erano stati incantati da lui e oltre al meccanismo programmato per
scattare alla pressione, non si spiegherebbe come quella si fosse
attivata. La risposta? Riconoscimento della persona come un comune
incantesimo di localizzazione. Nervosismo indotto al giovane lupo,
una spinta, da cosa nasce cosa e il veleno era penetrato nella sua
pelle, avvelenandolo.
Il
tutto per uno stupido palazzo tirato in ballo che i due clan si
rubavano a vicenda in continuazione. Semplice e pulito, gli era poi
bastato avvisare i gemelli con un tramite delle accuse mosse
dall'istituto e dalla comunità Nephilim di Londra,
mobilitandoli con
la scusa di proteggere l'illegalità delle Case di Magia non
regolamentate e sottoposte a ispezione da parte del Conclave. Nulla
di più scontato. E per ultimo, ma non meno importante, la
chiave a
completare il puzzle: Gilbert. Giovane, ingenuo, perso nella sua
convinzione che Nephilim e Nascosti possano andare d'accordo tra
loro. Aveva chiesto lui una persona simile ai due gemelli, ma mai si
sarebbe aspettato un simile babbeo.
“Voglio
il nulla osta per entrare e uscire dalla città, che i
Nephilim non
si mobilitino quando sanno della mia permanenza qui, voglio essere
lasciato in pace.” esordì lo stregone.
“E un altro paio di cose,
la mia lista della spesa non è finita, non temere. Non
ostacolare
tuo figlio e Gilbert Lefevre. Se dovessero diventare amici, parenti o
amanti, ostacolali e tornerò a farti visita, ma
soprattutto...”
Una
foto venne estratta dall'abito del corvo, ritraente una giovane bimba
bionda, i tratti tipici di una creatura marina per ciò che
concerne
le orecchie allungate come due piccole pinne laterali e gli occhioni
azzurro acqua a illuminarle il viso d'angelo.
“Si
chiama Carol. Carol...” in un primo momento non seppe che
aggiungere, pensandoci qualche secondo, distogliendo lo sguardo prima
di tornare a fissare l'altro. “Carol Svart. Voglio che abbia
la
vostra protezione in qualsiasi momento dovesse entrare nei confini
del Regno Unito. So che a Belfast c'è un altro istituto, va
avvisato
in caso fosse necessario, ma la priorità va a questa
città. Essendo
immortali, la scadenza andrà alla tua morte, sarà
una
responsabilità della tua famiglia assicurarsi che lei sia al
sicuro
quando non è con me, il che vuol dire per i prossimi due
anni
almeno. Se lei muore, mi occuperò personalmente di
distruggere ogni,
singolo, membro della tua famiglia, siamo intesi? E sai che non
scherzo.” Sorridendo soddisfatto, ben consapevole di avere il
coltello dalla parte del manico. “Non ci provare a farmi
uccidere,
ho già avvisato un amico che se non dovessi sopravvivere a
questo
incontro, dovrà recarsi all'istituto di New York per
comunicare
direttamente con i rappresentanti dei Nascosti, che avviseranno il
Conclave.”
Raggelante
nello sguardo, terribile in quanto a furbizia, scherzare con lui
equivale a giocare con il fuoco per rimanerne non ustionati, ma
carbonizzati. E tutto non per un pugno di soldi, tutt'ora il caro
stregone oscuro è più ricco di quanto possa
permettersi di spendere
un calciatore di fama mondiale, dati i suoi seicento anni di
età, ma
per una bambina. La sua bambina. Ancora piuttosto confuso in merito,
sa che prima o poi si deciderà a portarsela via, crescendola
come
una strega normale, come si merita di essere, senza morti,
distruzione e i Nephilim con le loro stupide regole. E quando
ciò
accadrà, avrà sotto controllo ogni cosa per lei.
Quella è casa
sua, dopotutto. E' in quella città che l'ha trovata ed
è lì che
intende garantirle sicurezza, oltre che nel proprio paese, la Svezia.
Tornato
ai propri affari, vide l'uomo annuire, ancora in lacrime su una crisi
di nervi probabilmente, ma l'accordo era stipulato e in trenta
secondi un contratto magico su pergamena fece la sua comparsa,
già
scritto e timbrato, pronto solamente ad essere firmato. La diffidenza
non è mai troppa.
“Sei
un bastardo...” disse l'uomo, digrignando i denti, esortato
poi
dallo stregone a firmare il contratto.
“Lo
prenderò come un complimento. Oh, basta una piccola goccia e
si
firmerà da solo.”
Sangue,
ovviamente, che altro avrebbe potuto essere? E così fu
siglato, con
una minuscola goccia di sangue del nephilim, dopo essersi punto con
uno dei propri tagliacarte, che dopo essere caduto sul foglio aveva
preso a scorrere da solo, formando curve, punti e infine lettere,
nella grafia di Charles Lowtower, lo stesso nome formatosi.
Ritirata
la pergamena, Oskar la infilò nella giacca assieme al resto,
salutando il nephilim che in meno di dieci minuti aveva risvoltato da
capo a piedi, prendendolo per il collo, metaforicamente parlando, in
attesa che si strozzasse da solo. Ormai lo aveva in pugno, lui
così
come tutto l'istituto, ovvero la sua intera famiglia.
“E'
stato un piacere, salutai tua moglie quando la vedi.”
aggiunse,
prima di uscire dalla stanza, diretto verso l'uscita.
Sarebbe
uscito senza badare troppo al resto se non fosse stato per il solito
Noah di troppo in giro a osservarlo e giusto per rigirare il dito
nella piaga a quel poveraccio di suo padre, lo avvicinò
senza troppi
problemi.
“Ehi,
ragazzino! Scrivigli ogni tanto a Gilbert, mh? Sono sicuro che gli
farebbe piacere sentirti ogni tanto, credo tu sia il primo Nephilim
che conosce, quindi ti prego, tiramelo fuori da quel buco di museo in
cui lavora!” disse, ridacchiando nel vederlo annuire con
enfasi,
prima di dirigersi verso l'uscita, deciso più che mai a
sistemare le
cose prima che la bimba potesse entrare a tutti gli effetti nella
propria vita. Si diede due anni. Due anni per sistemare la casa, i
portali, i negozi, ogni cosa che potesse renderla felice in un
ambiente meno pieno di morte e cattiveria. Forse lui dovrebbe essere
l'ultima persona a parlare di certe cose, ma al momento l'unica cosa
che gli interessa è lei, il resto non conta.
Questi
quattro personaggi appaertengono alla sottoscritta, gradirei che non
infrangeste il copyright e non li riutilizzaste nelle vostre
storie, salvo permesso.
L'opera originale "Shadowhunters" e personaggi annessi, sono di
proprietà di Cassandra Clare. Ogni riferimento a luoghi,
fatti e persone è puramente casuale, mi scuso in caso di
omonimia.
Per chi volesse, sono stati realizzati dei chibi dei personaggi,
anch'essi di mia proprietà, li potete trovare qui.
Note:
Finalmente questa storia ha visto una fine! Sono commossa XD Va bene,
lo ammetto, tra impegni vari con l'università e altro sono
stata
parecchio impegnata, ma ammetto che alcune cose sono state lasciate
in sospeso di proposito perché mi piacerebbe scrivere dei
capitoli
anche sugli altri personaggi. Vedremo se ne avrò il tempo ^^
per ora
grazie a chiunque si sia preso la pazienza di leggere fino a qui, un
grazie enorme, alla prossima, spero! <3
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