Eterno Ritorno di Mary Rosemary (/viewuser.php?uid=749570)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Il Loop ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno: La crisi del Quarto Ritorno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due: Cambio Radicale ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre: Punto di rottura ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro: Eliminazione in corso ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque: Non si tratta di giocare a fare Dio ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei: Dio è morto, Tu l'hai ucciso ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette: Il Quinto Ritorno ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto: L'insostenibile fragilità del Muro di Cristallo ***
Capitolo 10: *** Epilogo: La Decadenza delle Memorie ***
Capitolo 1 *** Prologo: Il Loop ***
Prologo: Il Loop
I.
Vivere
la propria vita allo stesso modo, memorizzare i medesimi ricordi,
all'infinito.
Da
quanto, esattamente, il mondo si era messo a procedere in tale
irrazionale maniera?
Il
tempo, dilatandosi e restringendosi, srotolava la sua bobina di filo
bianco, per poi mettersi a riavvolgerla tutta con un solo, veloce
movimento; e così portava tutto con sé, le anime
perdevano il loro
significato e l'intero cosmo si resettava.
E
ricominciava com'era finito.
La
teoria che fosse intrappolata in un continuo ripetersi degli eventi,
inizialmente, era fin troppo illogica per poter risultare credibile;
eppure nessuno ricordava, nessuno capiva di cosa lei stesse parlando.
Una
tattica fin troppo intelligente da adottare: nascondere le memorie,
offuscare le pupille di qualsiasi essere vissuto in tale arco di
tempo nella Dimensione Magica. Una condizione di stallo della quale
poteva anche trarre vantaggio, nell'età in cui non era
né adulta né
bambina, sfuggire alle responsabilità era una grazia divina
che mai
in nessun'altra realtà avrebbe potuto ripetersi.
Invece
aveva deciso di ricordare.
E
ciò l'aveva portata a dubitare profondamente di
sé stessa e delle
sue amiche, che ancora vivevano spensierate nelle loro memorie
fasulle.
Il
corso degli eventi, composto da un fitto tessuto di spazio-tempo, non
era imperturbabile; le loro azioni, la comparsa del loro gruppo con
le sue eroiche gesta, avevano prodotto l'effetto di una roccia caduta
in uno specchio d'acqua. Le onde, irrefrenabili, avevano modificato
il corso degli eventi in modo profondo ed inarrestabile.
Sostituendosi
a Dio, visto come il corso degli eventi, ne avevano vanificato
l'esistenza. Ma le responsabilità che esso aveva erano
decisamente
troppe per esseri finiti quali erano. Per quanto le fosse difficile
ammetterlo, forse, le Winx avevano portato gli avvenimenti a
ripetersi, per rimanere in eterno nel loro splendore e nei loro anni
migliori.
Era
certa che ognuna di loro
aveva desiderato un mondo simile. Ma non falso e corrotto dalla
menzogna.
L'intera
dimensione sembrava avvolta da una barriera infrangibile, nella quale
valevano solo le leggi del loop, ed ogni vita vissuta sarebbe stata
uguale alla precedente, come la precedente uguale a quella prima
ancora; non si poteva modificare nemmeno il minimo aspetto che non
fosse già accaduto in passato.
Quale
passato? Quello cancellato ripetutamente da ogni inconscio e
ricostruito fino al punto di rottura.
Tale
punto di rottura determinato a quando la magia aveva fatto ritorno
sulla Terra e gli Stregoni del Cerchio Nero erano stati sconfitti;
forse, modificando così tanto lo spazio-tempo a loro
piacimento, l'avevano
portato all'inevitabile collasso.
Non
vedeva
altri colpevoli.
E
vedere all'infinito le ragioni della sua
colpa andare confermandosi, non la
faceva stare meglio.
II.
“Bloom,
cosa vuol dire Winx Club?”
Che
frase familiare, le sembrava di averla già detta altre volte.
“Niente,
mi è venuto così. Però è
carino.” disse la fata dai capelli
rossi, accennando un sorriso.
Tecna
annuì lievemente, rompendo il contatto visivo per
concentrarsi
nuovamente sul suo portatile.
Creazione
del gruppo, Ritorno n° 4
La
luna era riuscita a raggiungere le loro figure con un discreto fascio
di luce, rendendo la notte della loro unione una delle più
tranquille che avessero mai visto dalle finestre del college di
Alfea; le più tranquilla in assoluto, rispetto alle altre
che non
potevano ricordare. Una memoria frammentata era la loro, le menti
all'interno del loop non potevano ritrovare una via. O non volevano.
Nel
silenzio che pareva rilassante per le altre, Tecna rimaneva sveglia
ad osservare il soffitto, riflettendo su
come nessuno veramente avesse un valido motivo per ripristinare il
corso del tempo. Un cerchio a cui nessuno poteva sfuggire neanche
ricordando, più crudele della reincarnazione senza
possibilità di
salvezza.
E
senza poter cambiare nulla: quando ricordava che tale avvenimento era
accaduto nelle sue vite precedenti, esso si stava già
compiendo.
La
realtà cominciava a lacerarla e a straziarla, non aveva
più un
completo controllo dei propri pensieri, faticava a riordinare i suoi
ragionamenti come usava fare; l'esistenza consapevole la stava
mettendo in seria difficoltà, ma doveva resistere.
Per
le sue amiche e la loro colpa, finché non avrebbe scoperto
come
sistemare il corso degli eventi.
Osservava
dall'alto il suo corpo muoversi come già molte volte aveva
fatto, le
sue labbra pronunciare le medesime parole, come se non ne avesse mai
avuto un controllo, come se controllasse un cyborg di sé
stessa.
Programmato allo stesso modo.
Chiuse
gli occhi e prese un bel respiro, lasciando perdere per un attimo i
suoi ragionamenti.
Si
sforzò di aggrapparsi agli sfuggevoli ricordi del giorno che
era
appena trascorso, almeno per ricordarsene a lungo termine
finché il
tempo non fosse tornato al suo principio. L'arrivo ad Alfea,
l'incontro con le sue compagne di stanza, la breve battaglia contro
le streghe e la fondazione del club.
Quanto
erano sottili, quelle ventiquattro ore, nel corso di tutta una vita.
Sottili
ed a quanto pare fittizie, importanti per un'esistenza sola,
insignificanti per quattro
con le medesime caratteristiche.
Nei pochi minuti di solitudine,
in tale notte stupenda, Tecna si ritrovò a desiderare di
vivere come
le sue amiche, senza accorgersi ad ogni secondo che gli eventi
all'apparenza nuovi, facevano tutti parte di un
“già vissuto”.
Vivere la propria vita
come unica ed una sola, fissandosi
ad immagini corrotte e sequenze binarie decriptate atte
a comporre lo spazio, in
un mondo dove poteva resettare il proprio hard disk per innamorarsi
di Timmy ogni volta da capo.
Ma
la sua parte razionale tornò subito a prendere il
sopravvento,
trovando un desiderio simile profondamente illogico, da rimuovere
immediatamente.
Un
motivo per cui era stata l'unica (o almeno credeva, non ne conosceva
altri) a ricordare doveva esserci; carica delle
responsabilità del
corso degli eventi avrebbe cercato di riportare la Dimensione Magica
alla normalità. Cominciare
a lavorare su sé stessa le pareva un ottimo inizio; si
alzò in
silenzio ed accantonò velocemente le coperte, prendendo il
portatile
con sé.
Nel
buio della notte, quando la stretta del loop si allentava, si sarebbe
data da fare per trovare un modo.
Almeno
uno
doveva esserci.
Avvertenze
e condizioni per l'uso: tale
oggetto potrebbe creare confusione e crisi esistenziale, come
disperazione in seguito all'inevitabile morte di Dio. Ovviamente sto
scherzando.
Questo
universo da me generato, in seguito ad un trip mentale creato
dall'unione delle teorie di Nietzche, delle canzoni di That Poppy
come colonna sonora, dall'approccio a Madoka Magica e dal fatto che
Tecna mi sembrava ingiustamente poco considerata nella serie (la
scelta di lei come protagonista ha anche un altro motivo, che
verrà
spiegato in seguito perché odio spoilerare parzialmente le
cose),
segue un ordine un po' suo; parte da vent'anni prima della sconfitta
degli Stregoni, esattamente un anno prima della distruzione di Domino
e dell'arrivo di Bloom sulla Terra. Tutto avrà il suo
perché e
verrà spiegato in seguito.
Il
tempo prosegue in modo pressoché lineare fino alla sconfitta
dei
suddetti Stregoni del Cerchio Nero. Da quel momento in poi si resetta
e torna al principio. Gli
anni non passano, come se fosse tutto congelato in un solo arco
temporale, senza che nessuno possa accorgersene.
Tranne
Tecna, che grazie al superamento di alcune caratteristiche dell'uomo
(non come umano, perché lei non lo è, ma
è difficile adattare
certe teorie nietzschiane alle fate senza chiamarle
“uomini”), è
riuscita ad avere una specie di Deja-vu ad ogni evento che è
già
capitato nelle altre sue vite, e ad accorgersi del loop. Ci ha messo
praticamente sedici anni, ma non credo sia facile per nessuno capire
un meccanismo simile.
Per
il resto spero di poter continuare presto, se ho tempo, altrimenti
pubblicherò il primo capitolo ad esami finiti (Blame you
maturità).
Quindi
uhm… Se mi va proprio male ci si becca a luglio?
Intanto
buona estate, voi che potete godervela.
Mary
|
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Capitolo 2 *** Capitolo Uno: La crisi del Quarto Ritorno ***
Capitolo
uno: la crisi del Quarto Ritorno
Avvertenze:
mi scuso in anticipo per il linguaggio di una certa strega, spero di
non aver esagerato con i termini volgari.
I.
“Quindi
ora quella troietta di Stella ha le guardie del corpo.”
borbottò
Stormy, sbuffando all'ennesima sbavatura del suo smalto nero. Aveva
una pessima mira quando si trattava di unghie.
“Già.”
asserì Darcy, passandole un pezzo di cotone, prima che la
minore si
mettesse a spargere smalto per tutta la loro camera.
“Non
vedo perché dovremmo preoccuparci. Sono solo un gruppo di
insulse
fatine del primo anno, non sanno fare praticamente nulla. Prendere
l'anello sarà più facile che aprire un varco
dimensionale.”
La
voce di Icy arrivò a loro dal soppalco della stanza, dove la
strega
del ghiaccio stava sdraiata a pancia in su, con parecchi libri aperti
a circondarne il corpo ed uno sul volto.
“Io
non lo so neanche fare un varco dimensionale.”
La
mora scosse la testa, rivolgendo uno sguardo di sufficienza alla
minore, che guardava verso la ringhiera del soppalco con un
espressione contrariata e le braccia incrociate.
“Questo
perché non spicchi per la tua intelligenza,
Stormy.”
“Tu
lo sai fare solo perché sei una secchiona del cazzo, Darcy!
Non
rompere!”
La
maggiore si massaggiò le tempie e chiuse il libro con un
colpo
secco, appoggiandosi con i gomiti alla ringhiera.
“Smettetela.
Il coprifuoco è già passato da un pezzo, se ci
beccano ad imparare
incantesimi dai manuali proibiti potrebbero espellerci. E, per quanto
questa scuola sia inutile, ci serve stare qui. Almeno finché
non
troviamo il potere che ci serve.”
Darcy
rivolse lo sguardo verso l'alto, sostenendo per un attimo lo sguardo
della sorella; ma solo per un attimo. Poi tornò verso il suo
letto e
prese il libro che giaceva mezzo aperto sul suo comodino, mormorando
un “non ne vale la pena”, rivolto alla riccia,
appena udibile.
Stormy,
dal canto suo, non aveva finito: e non avrebbe smesso finché
non
l'avesse avuta vinta.
“Mi
ha dato della stupida, cazzo. E poi io non sto facendo niente di
illegale, a differenza vostra.”
La
strega delle illusioni la ignorò bellamente, continuando con
la sua
lettura.
“E'
un dato di fatto, sorellina. -le rispose Icy, in tono estremamente
freddo- E hai ragione: non stai facendo assolutamente niente. Quindi
muoviti e mettiti al lavoro.”
“Vuoi
che faccia qualcosa, eh, stronza? Vedrai, che invece di ammuffire sui
tomi come fate voi, io agisco e ti porto quel tuo cazzo di anello
entro domani mattina. Così la smettete tutte e due di dire
che sono
stupida ed inutile.” detto questo spalancò le ante
del suo armadio
con un movimento piuttosto violento, ci buttò dentro il
pigiama e si
rivestì in fretta. Biascicò qualche imprecazione
rivolta alla
montagna di vestiti che per poco non la seppellì e ne
scalciò
qualcuno, prendendo nervosamente qua e là qualcosa che
potesse
servirle.
Poi,
con un “siete delle sorelle di merda” detto fra i
denti, lasciò
la stanza, preoccupandosi di sbattere con cura la porta una volta
uscita.
Ci
fu qualche attimo di silenzio, poi entrambe le streghe ripresero ad
occuparsi dei fatti loro.
“Questa
volta si fa ammazzare.” disse la mora, rivolta alla strega
del
ghiaccio.
Ma
questa non rispose e si limitò a rivolgere un veloce sguardo
alle
grandi vetrate scure della loro camera.
Stormy
non si era resa conto di cosa avesse osato fare.
II.
Lo
scanner si spense con un sordo rumore elettronico, smettendo di
emettere la sua soffusa luce verde. Tecna seguiva con gli occhi la
veloce moltitudine di numeri zero e uno che man mano occupava lo
schermo, trascrivendola su un pezzo di carta che aveva rubato
(diciamo preso in prestito) dal comodino di Musa.
All'interno
di tali cifre, all'apparenza senza senso, stava, come intrinseca, una
possibile risposta e conseguente soluzione all'eterno ritorno. Un
desiderio a cui il corso degli eventi aveva dato troppo ascolto,
oppure che lei stessa si era permessa di urlare a squarciagola, senza
esserne pienamente consapevole.
Il
suo sguardo schizzava da una parte all'altra del monitor, attenti e
vigili, la mano proseguiva il suo lavoro di copiatura come se stesse
funzionando in automatico; la voglia di porre una fine a tutto
ciò
era troppo forte per permetterle di fermarsi.
Lì,
nero su bianco, c'erano i suoi ricordi. Dal primo all'ultimo.
Quattro
anni di vita, giorno per giorno, riassunti in un enorme codice
binario: qualsiasi avvenimento che avesse un minimo di rilevanza per
essere individuato dalla sua magia tecnologica.
Le
bastava immergersi al loro interno, ed analizzarli uno alla volta.
Poteva volerci parecchio, ma aveva ancora tre anni per lavorarci.
Serviva
un'adeguata preparazione; l'energia che aveva a disposizione doveva
essere sufficiente per viaggiare in un iperspazio riprodotto dai suoi
ricordi, inoltre i calcoli dovevano essere esatti, marginare l'errore
per ottenere un risultato perfetto.
Calcolando
l'apporto di energia elettrica di cui necessitava non c'era alcun
problema che avesse potuto interrompere il suo operato, ma nonostante
ciò si concesse il lusso di controllare i conti
più volte.
Una
volta programmato e ricontrollato tutto, prese con delicatezza il suo
casco della realtà aumentata, facendo attenzione a non
spostare
nulla per non allarmare la sua compagna di stanza, e lo
collegò al
computer con una veloce magia. Quando se lo mise la stanza era
scomparsa; bastarono pochissimi secondi per comporre immediatamente
le forme geometriche di casa sua, la lieve luce del sole artificiale
di Zenith che filtrava dalle tende di un tessuto leggerissimo, ad
illuminare le sgombre pareti della sua camera.
L'aria
era fine, eterea, respirando a pieni polmoni il profumo di casa si
sentì riposata e completamente rigenerata, come se avesse
dormito
per otto ore di fila. Non poteva capitarle punto di partenza
migliore, percepiva le forze e la determinazione salire lungo il suo
corpo.
La
macchinetta del caffè emise un
“beep” appena udibile, segno
che, puntuale come sempre, aveva già preparato la calda
bevanda per
l'intera famiglia. Con una calma che in quel momento non le
apparteneva, Tecna si alzò dal letto, osservando
attentamente come
la sua pelle paresse trasparente se colpita dai raggi. Si
sfiorò le
dita con estrema lentezza, i polpastrelli sfregando fra di loro
scomposero la loro superficie in codici per un minuscolo frame, per
poi tornare solidi all'apparenza. Non c'era da stupirsi, anche lei
stessa si era trasformata in un codice.
La
fata della tecnologia si prese un attimo per catalogare il
funzionamento del suo corpo all'interno dei propri ricordi, prima di
riportarlo sulla stanza; la teoria che andava sviluppandosi nella sua
mente pareva confermarsi davanti a lei.
Nel
letto una piccola figura si mosse, avvolgendosi piano piano nelle
coperte.
C'erano
scarse probabilità che avesse avuto un'esperienza traumatica
da
bambina, la sua era stata un'infanzia ordinaria; niente di
straordinario in entrambi i sensi. Guardò la figura
contorcersi
lievemente, non ricordava essere tanto piccola rispetto al suo enorme
letto; ma i genitori, quando gliel'avevano comprato, avevano pensato
soprattutto all'utilità di esso. Cosicché le
andasse bene anche
quando fosse cresciuta.
Con
un basso suono, la porta si aprì, rivelandole il suo
tranquillo
soggiorno; per quanto fosse felice di essere tornata, non aveva tempo
di godersi i lussi che la sua dimora poteva offrirle. Avanzò
a
grandi passi verso l'esterno, ma una volta aperta la porta, ad
aspettarla vi era solo il nero vuoto.
“Com'è
possibile?!” esclamò nel nulla, stupefatta a tale
visione,
prendendo qualche passo indietro, mentre l'oscurità sembrava
smontare il mondo da lei ricreato. Il tavolo venne assorbito dalla
forza, tornando codice, prima di spegnersi nel nero più
profondo. La
forza di attrazione aumentava esponenzialmente, i numeri schizzavano
verso il buio, esplodendo in una moltitudine di scintille verdi. Le
pareti si deformavano all'inverosimile, cercando di trascinarla con
loro verso il fulcro di tale aumento di gravità. Presto la
sua
pratica ed accogliente casa si era trasformata in un buco nero.
E
lei sostava esattamente sull'orizzonte degli eventi.
Aprì
manualmente la porta di camera sua e la richiuse a fatica,
lasciandola bloccata come, senza corrente, era.
Era
una reazione totalmente inaspettata: i calcoli erano perfetti, le
equazioni con cui aveva programmato il tutto avevano un risultato
accettabile dal campo di esistenza. Allora perché tutto
stava
collassando?
Forse
doveva sistemare i parametri.
Si
svegliò di soprassalto nel suo letto, gocce di sudore le
imperlavano
la fronte. Lo schermo del casco si spense lentamente, così
che lei
potesse toglierselo e riporlo. Neanche la luce del computer
illuminava il muro dietro di lei ora, insolito come comportamento; il
collegamento sarebbe dovuto saltare se ci fosse stato uno sbaglio o
un cortocircuito all'interno del casco. Ma nulla ne comportava lo
spegnimento e l'impedire una nuova accensione.
A
questo punto doveva aver calcolato male l'apporto di energia.
Qualcosa aveva interrotto il circuito della corrente e ciò
aveva
causato il collasso dei suoi apparecchi.
Ma,
anche considerando tale ipotesi, non riusciva a trovare un senso a
tale fenomeno. A meno che lo stesso non fosse stato manomesso da un
estraneo.
III.
Stormy
chiuse con un colpo secco il portello mezzo distrutto che, prima di
essere deformato da una scarica elettrica piuttosto potente, doveva
proteggere gli interruttori che fornivano corrente ad Alfea.
“Pff.
Tanto qualche magia e le sistemano, quelle levette del
cazzo.”
borbottò, chinandosi a raccogliere l'anello di Stella, che
le era
caduto quando aveva urtato con la spalla il quadro elettrico.
Inutile
dire che qualsiasi oggetto avesse provato ad intralciarla sarebbe
finito in cenere.
Però
agire subito non era stata una cattiva idea: nessuno si era accorto
di lei.
Alla
faccia di tutte le seghe mentali delle sue sorelle, ce l'aveva fatta
facendo semplicemente irruzione nella stanza delle fatine e prendendo
l'anello; era stato anche fin troppo facile. Del resto aveva sfogato
la sua rabbia e si era pure divertita.
Si
teletrasportò appena fuori dalla scuola per fate,
rigirandosi
l'anello fra le mani. Non si era mai sentita così viva.
O almeno, tale missione le aveva dato la stessa scarica di adrenalina
che le dava cercare di incenerire una nemica. Di solito la noia
prendeva il sopravvento e non c'era modo di farla sparire; di certo
le sorelle non aiutavano.
Ma,
fare tutto da sola e, a suo modesto parere, così bene,
l'aveva
appagata non poco.
Si
avviò verso Torrenuvola, pensando a come un'emozione
così forte,
simile ad altre che aveva già provato, fosse nuova ed
incredibile
allo stesso tempo.
Come
se non avesse mai vissuto un avvenimento simile.
E
certo non le dispiaceva: avrebbe dovuto agire di propria iniziativa
più spesso, anche senza un piano. Chi ne aveva bisogno,
quando
poteva contare sulla propria forza?
“Icy
e Darcy non le capisco proprio ogni tanto.” si disse,
spezzando un
innocente rametto con le mani per giocherellarci durante il tragitto,
continuando a farlo a pezzi ovviamente.
Non
per niente era una strega.
Si
alzò in volo, tenendo l'anello stretto in un pugno, mentre
il cielo
si rannuvolava velocemente. Un temporale di fine estate ci voleva,
giusto in tempo per celebrare la sua vittoria; la violenza del primo
lampo la esaltò ulteriormente, facendo aumentare la sua
velocità.
Non
si fece domande sulla provenienza di tale tempesta, si
limitò a
godersela.
Forse
avrebbe dovuto.
Spalancò
una delle finestre della propria camera con un gesto violento, e ci
entrò con la grazia di un uragano, facendo svegliare Darcy
di
soprassalto.
“Ho
l'anello, stronze. Ora mi dovete delle cazzo di scuse ed almeno
ringraziatemi per quello che ho fatto.” disse, tutta piena di
sé.
“C'era
bisogno di tutta questa scena?” chiese la sorella di mezzo,
coprendosi la bocca per soffocare uno sbadiglio. Poi si alzò
e si
diresse verso il soppalco, togliendo un'auricolare dall'orecchio di
Icy, ignorando l'occhiataccia di quest'ultima.
Stormy
le si piazzò davanti, dondolandole l'anello davanti agli
occhi con
un'espressione fiera sul viso. Ci fu un attimo, un millesimo di
secondo, in cui la maggiore sgranò gli occhi a quella vista.
“Hm,
ce l'hai fatta. Non ci speravo nemmeno.” riacquistando la sua
freddezza prese l'anello fra le mani e lo osservò con
attenzione.
“E'
ora di mettersi al lavoro, sorelle. Estraiamone il potere.”
Le
altre due si guardarono con un mezzo sorrisetto; anche la minore
aveva avuto la sua piccola vittoria. Non era stata ringraziata, ma
almeno avevano riconosciuto il suo successo.
E,
mentre la forza dell'anello scuoteva Torrenuvola, il temporale
continuava ad imperversare.
Il
cielo pareva rompersi per far posto agli inattesi fulmini, seguiti da
ruggenti tuoni che facevano tremare le finestre delle due scuole di
magia vicine. Il canto appena sussurrato delle streghe per compiere
l'incantesimo non era che un sussurro nell'ululante vento.
Lacerando
la notte, la pioggia si intensificava, portando con sé
l'atto
proibito che era appena stato compiuto.
Il
loop era appena stato compromesso da un'azione non prevista.
Condizioni
per l'uso (le avvertenze si sono scisse per apparire all'inizio del
capitolo): Basta un avvenimento solo per ferire drasticamente
la
meccanica del loop.
Questo
porterà alla distruzione della Dimensione Magica o al
ripristino
dello scorrere normale del tempo? Eh no, niente spoiler.
Comunque
non so bene cosa sia successo, sarà la non voglia di fare la
maturità. Mah.
Ho
intenzione di aggiornare settimanalmente almeno questa long, che non
si protrarrà a lungo, non oltre i dieci capitoli credo
(massimo
quindici, forse. Dipende da come va la stesura), quindi, anche
l'unico lettore che legge questa robaccia, non dovrà
aspettare i
mesi. Ps: pubblico ora invece di aspettare una settimana esatta
perché internet ci sta lasciando, qui fra i monti. Quindi lo
anticipo. Pps: L'ho ricontrollata qualcosa come ventordici volte, ma se
trovate errori/qualcosa da sistemare, qualsiasi cosa, ogni consiglio
è ben accetto.
Mary
|
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Capitolo 3 *** Capitolo Due: Cambio Radicale ***
Capitolo
due: Cambio Radicale
I.
“Sono
state le stramaledette streghe, ne sono sicurissima! Se le prendo io
le disfo!”
Stella
ormai andava avanti da mezz'ora, cacciando degli urli che rasentavano
gli ultrasuoni. Appena sveglia aveva notato l'insolito disordine
sulla sua toeletta, i trucchi sparsi per terra, e la custodia del suo
anello barbaramente aperta.
Dovevano
essere per forza
state loro.
L'appendiabiti
era a terra e parecchi vestiti ammucchiati ovunque. La sua furia si
stava scatenando sulla sua camera, in qualche modo doveva pur sfogare
la sua rabbia, no?
Bloom
restava appoggiata fuori dalla porta a cercare invano
di calmarla; dopotutto il suo anello era sparito davvero e non c'era
niente nell'immediato che potesse fare per riaverlo.
A
meno che non volesse andare direttamente a Torrenuvola ad affrontare
le Trix, idea che balzò alla mente della
bionda
quasi nello stesso
momento in cui la fata della Fiamma del Drago l'aveva definita come
'ipotesi
altamente sconsigliabile'.
“Se
andiamo adesso quelle tre staranno dormendo e non si accorgeranno di
niente.” aveva detto con ira, scagliando la sua spazzola
fuori
dalla porta appena spalancata e mancando la faccia di Bloom per pura
fortuna. Musa
uscì dalla
propria camera rassegnata, aveva cercato di riprendere sonno ma era
stata spinta ad alzarsi dal proprio letto dalla soave voce della fata
di Solaria.
“Ma
cosa ti urli alle cinque di mattina, Stella...” disse
mugugnando e
strofinandosi gli occhi con entrambe le mani.
“Cosa
mi urlo? Cosa mi urlo?! -la sua voce si fece più acuta- Urlo
perché
qualcuno, indovina un po' chi, ha rubato il mio preziosissimo
anello!” Ciò bastò a svegliare
definitivamente la fata della
musica
che sbatté un paio di volte le palpebre, prima di lasciarsi
scappare
un “Ah, allora questa volta è una cosa
seria.”
Bloom
si coprì il volto con una mano, mentre Stella, imbestialita,
sbatteva la porta di camera sua, tornando alla sua ira funesta.
“Cos'ho
detto di tanto sbagliato?” chiese Musa quasi sovrappensiero,
spiando un po' la baraonda che pareva non avere una fine dal buco
della serratura. La rossa scosse la testa, appoggiandosi al muro con
fare abbastanza stanco.
“Niente,
niente. Questa mattina va così. Quando si sarà
calmata cercheremo
un modo di riprendere l'anello, era meglio che non finisse nelle mani
delle Trix.”
Optò
per non aggiungere un 'ma ormai la frittata è fatta' in
quanto la
sua amica, non essendo mai stata sulla Terra, non poteva capire un
detto della sua città
natia. E non aveva esattamente voglia di spiegarlo, al momento.
“Tecna
dorme ancora?”
Decise
di cambiare argomento, per ignorare gli inquietanti rumori
provenienti dalla camera accanto; cominciavano ad alimentare una
fastidiosa emicrania, e non voleva saltare le sue prime lezioni al
college di Alfea perché la sua compagna di stanza l'aveva
svegliata
ad urli due ore prima.
“Incredibilmente
sì. Non so come abbia fatto,
dovrei chiederglielo quando
si sveglia.”
disse Musa,
con un'alzata di spalle.
Lentamente
la maniglia della stanza di fronte a quella di Stella - la stessa da
cui Bloom era uscita dopo aver sentito il primo acuto della suddetta
fata del Sole e della Luna - si abbassò, rivelando la figura
di
Flora che, camminando lentamente, reggeva fra le mani una tazza verde
decorata con foglie di menta dipinte con un verde più scuro.
Da tale
tazza saliva un fiato di fumo, l'aroma di fiori di tiglio si diffuse
in fretta per il breve corridoio in cui sostavano le altre due fate.
“Ah,
grazie Flora. Stella è ancora dentro, stai attenta a quando
apri la
porta.” la avvertì Bloom, cercando di spiare dalle
vetrate
dell'elegante
porta
se la sua migliore amica stesse mirando la stessa
con i suoi lanci da giocatore di baseball. Ma, stranamente, tutto si
era fatto silenzioso.
La
fata della natura
entrò piano piano, con la delicatezza che era solita
caratterizzare
il suo essere; le sue amiche la videro sparire al di là
della porta,
dopodiché cominciarono ad aspettare pazientemente una
qualsiasi
reazione.
Nulla.
“Abbiamo
perso Flora.” disse Musa, avvicinandosi alla porta per
cercare di
avvistare un qualsiasi movimento all'interno di tale confusione, ma
il vetro opaco e colorato non aiutava affatto. La fata di Domino le
rivolse una breve occhiataccia, per poi decidersi ad aprire.
“Flora?”
Flora
si voltò verso di lei, la tazza ancora in mano e
perfettamente
integra.
“Non
credo ci sia, ragazze.”
“Come?
Fino ad un momento fa era là a lanciare tutti i suoi
vestiti!”
esclamò la fata della musica stupefatta, indicando
l'armadio mezzo aperto, dal quale pendeva ancora qualche povera
e maltrattata
gonna.
In risposta, la fata di Linphea le indicò la porta finestra
spalancata, dal quale entrava una leggera brezza che gonfiava le fini
tende lilla del grande letto circolare
di Stella.
“Oddio
no. -disse Bloom, indietreggiando- Vado subito a svegliare
Tecna!”
“Sai
dove può essere andata?” Chiese Flora alla Winx
rimasta in camera
con lei. Musa la guardò con il viso leggermente pallido ed
un'espressione indecifrabile in viso. I suoi occhi scuri
ripercorrevano le scene del giorno precedente, in cui le streghe si
erano dimostrate parecchio superiori a loro in ambito magico e, se
non fosse stato per il teletrasporto della loro compagna scomparsa
sarebbero state spacciate.
Aprì
e chiuse la bocca un paio di volte, prima di pronunciare una sola
parola.
“Torrenuvola.”
II.
Tecna
volava velocemente, tagliando l'aria più che poteva per
incrementare
la propria accelerazione; fredde gocce di sudore colavano lungo i
suoi zigomi, prima di venire sbalzate via dal vento, pesante e
tagliente, delle mattine di settembre. Il
castello di Torrenuvola si faceva sempre più vicino,
così come
l'alba che cominciava a proiettare la propria luce, riflettendo
l'ombra delle imponenti e lontane montagne sulle
soffici nuvole bianche.
Anche
l'aura oscura della scuola per streghe, a tale ora, sembrava
affievolirsi.
Ma
la fata della tecnologia era distratta da ben altro. Nessun deja vu,
nessuna scena a lei famigliare s'era fatta strada nella sua memoria.
Qualcosa,
mentre lei dormiva ed aveva abbassato la guardia, era stato
modificato; si trovava come persa in una moltitudine di scelte che
per sedici anni le erano sembrate scontate, in quanto niente, nel
corso distorto del tempo nel Loop, poteva cambiare. Ora, la
consapevolezza che ogni sua scelta era tornata ad essere
potenzialmente fatale e distruttiva, le dava un senso di angoscia.
Tutto
si sarebbe potuto volgere al peggio.
Doveva
immediatamente trovare il modo di ripristinare il corso degli eventi.
Evitando,
come prima cosa, che Stella si facesse uccidere.
“Tecna,
cerchiamo di non dare troppo dell'occhio!” disse Bloom,
sottraendola al suo flusso di pensieri per fare in modo che anche lei
scendesse più vicina a terra.
“Hai
informazioni? Tipo di qualche entrata non troppo controllata, o cose
del genere.”
“Eseguo
una scansione e trovo ogni eventuale entrata nel raggio di
cinquecento metri.” e si mise subito al lavoro con il piccolo
portatile, ancora
efficiente
e concentrata com'era sempre. Musa
glielo chiuse, abbassandoglielo delicatamente perché
'altrimenti
rovini i circuiti' e la guardò con un mezzo sorriso.
“Puoi
scansionare quello che vuoi, ma a me quella sembra una finestra
aperta.” ed indicò una delle finestre dell'ala
inferiore. Tecna la
guardò male e riaprì il suo portatile, annullando
l'operazione
precedentemente avviata.
“Il
laboratorio di pozioni, sì. -rispose secca- Il navigatore ci
serve
comunque per trovare la stanza delle Trix.”
Musa,
roteando gli occhi, si avviò verso l'entrata, seguita a
ruota dalle
altre.
Torrenuvola
era più silenziosa nel solito, il fatto che la luce non
penetrasse
quasi per nulla dalle grandi vetrate scure la rendeva ancora
più
oscura e misteriosa dall'interno. Faragonda aveva ripetuto loro
più volte, durante il loro primo giorno ad Alfea, di tenersi
lontane
dalle streghe di Torrenuvola.
E
Stella, nonostante avesse sentito tale discorso per la seconda volta,
era volata esattamente nelle fauci delle suddette streghe.
“Ma
cosa le è saltato in mente?” chiese Tecna,
più per distrarsi dai
propri cupi e pessimistici pensieri, che per sapere la vera ragione
di tale attacco d'ira e, secondo il suo modesto parere, di totale
mancanza di buonsenso da parte della principessa di Solaria.
“Le
hanno preso l'anello.” rispose velocemente Flora.
“L'anello?
Vorrai dire lo scettro di Solaria.”
“Eh…
Sì, quello.”
“Non
c'era comunque bisogno di fare pazzie. -si intromise Musa, lanciando
prima uno sguardo al lungo corridoio buio che, in circostanze
normali, non avrebbe attraversato neanche se le fosse caduto il cielo
in testa, e poi alla mappa della scuola, proiettata in forma di
piccolo ologramma da un aggeggio elettronico fra le mani della fata
della tecnologia-Quanto manca?”
“Sono
due piani sopra di noi, non molto. Eviterei la caffetteria,
è troppo
grande e potremmo essere viste. Calcolando un percorso alternativo
dovrebbero volerci 3,45 minuti.” le rispose la diretta
interessata,
procedendo abbastanza velocemente.
L'atmosfera
che aleggiava nel castello non tranquillizzava nessuna delle Winx;
inoltre l'innaturale silenzio che andava intensificandosi faceva
crescere in loro una paura sconosciuta, senza nome.
Tecna
pensò di catalogare tale timore
come 'effetto-Torrenuvola'.
III.
L'aria
si muoveva nei corridoi; l'unica
possibile causa, dato il lieve e delicato rumore che sentiva
accompagnare tale fenomeno, erano i battiti di parecchie paia di ali.
Da
poco tale rumore si era arrestato, lasciando il posto a qualche
passo, celato malamente all'udito, verso quella che pareva essere la
destinazione delle fate.
Dai
sussurri animati che si scambiavano tra di loro, sembravano star
litigando; non che le importasse più di tanto.
Però, delle fate che
entravano a
Torrenuvola
all'alba non la lasciavano del tutto indifferente.
O
avevano un piano eccellente, o erano delle complete idiote.
“Cosa
pensavi di fare?! Venire qui da sola ed affrontare le streghe, ma sei
impazzita?!”
Come
se potessero tenere la voce abbastanza bassa da non farsi sentire.
Nella
loro spaziosa camera tutto rimbombava, anche ciò che era
nelle
immediate vicinanze. E le Winx - le aveva riconosciute dalle voci, e
del resto chi altro poteva essere? - dovevano essere proprio
lì
fuori, pronte ad entrare di nascosto, ignare di essere state
già
scoperte.
Un
sospiro, e la risposta tanto attesa.
“A
dirla tutta sì, lasciami fare tu!”
La
porta della camera si aprì velocemente, non in modo
esattamente
silenzioso.
“Stella,
così le svegli!” sussurrò una voce
più lieve, ma altrettanto
udibile.
“Se
ci beccano ci ammazzano.”
Vero.
I
sussurri si fecero più lievi, tanto che Icy non
riuscì più a
distinguere le parole che ognuna delle fatine pronunciava. Ma, a dire
dalla loro seppur traballante sicurezza, non si erano ancora accorte
che i suoi occhi fossero aperti e vigili.
La
credevano addormentata.
Patetiche.
Camera
sua e delle sue sorelle era avvolta da una sinistra
oscurità, la
luce si era fatta leggermente violacea a causa delle spesse finestre
che distorcevano i raggi solari, come ogni altra mattina che
ricordasse, in cui non era riuscita a prendere sonno per tutta la
notte. Non che ci fosse qualcosa di tanto diverso dal solito.
A
parte, ovviamente, la presenza straordinaria di fate vive.
“Trovato!”
disse Stella, un po' troppo ad alta voce.
Aveva
buone probabilità di svegliare Darcy, ma la fortuna doveva
essere
dalla sua parte quella mattina. Stormy sicuramente no: nessuno
nell'intera Magix aveva il sonno pesante quanto il suo.
La
strega dai capelli bianchi non si era preoccupata particolarmente di
nascondere l'anello la sera prima, dopo aver visto che era inutile
cercare di estrarne il potere, in quanto era di certo potente ma non
conteneva la Fiamma del Drago come lei sperava, l'aveva gettato da
qualche parte sul pavimento.
'Che
la fatina se lo riprenda pure' pensò, fregandosene altamente
della
sorte di tale oggetto magico.
“...Ragazze.”
“Bloom,
fai più piano!” la ammonì la fata dai
capelli castani, di cui non
ricordava il nome.
La
patetica terrestre si sforzò di abbassare ulteriormente la
voce. Non
osò avvicinarsi al corpo celato dalle coperte, evitando
così di
scoprire che la strega fosse sveglia e che la stesse fissando.
Esitò
un momento, poi si chinò appena.
Una
cascata di capelli rossi coprirono parzialmente la visuale di Icy,
mentre Bloom si sporgeva verso il suo comodino. Se avesse osato anche
solo respirare sulle sue cose l'avrebbe uccisa nel modo più
crudele
possibile.
Ma,
invece di spostare la lampada, il posacenere e la tazza vuota
– che
ancora profumava di caffè – alla ricerca di
qualcosa che avesse
attirato la sua attenzione, si tirò indietro lentamente,
come se
avesse volutamente evitato movimenti bruschi. Prese qualche passo,
prima di parlare di nuovo.
“Lì,
nel posacenere. La sigaretta è accesa.”
Avvertenze
e condizioni per l'uso:
well, well, ci sono un paio di cose da spiegare.
Ad
esempio qualche mio headcanon che ho ficcato in questa storia. Tipo
il fatto che Icy fumi e che ritenga l'atto del dormire
pressoché
inutile, se solo non fosse strettamente necessario. Tipo. Liberi di
non condividere (gli headcanon sono fatti per questo, perché
noi
persone poco sane ci facciamo le seghe mentali), ma la voce da
fumatrice ce l'ha lol
In
ogni caso, Stella ha riavuto il suo scettro, ma la situazione si sta
facendo abbastanza critica: ne usciranno vive?
Ovviamente
sì, perché mi servono. Ma c'è chi non
uscirà intero da questo
scontro. Inoltre ringrazio Vlad123, TheSeventhHeaven
e _LestrangeMills_ per
aver recensito gli scorsi capitoli.
Mary
|
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Capitolo 4 *** Capitolo Tre: Punto di rottura ***
Capitolo
Tre: Punto di rottura
I.
Tecna
si torturò le mani, indecisa sul da farsi e quasi incapace
di
ragionare in un simile momento critico. Erano state scoperte, e
l'unica ad esser rimasta al di là della grande porta di
legno che
ora stava sprangata davanti a lei, era stata Bloom.
Il
cambio improvviso che aveva destabilizzato profondamente il Quarto
Ritorno stava volgendo tutto al peggiore delle ipotesi; nella
condizione in cui erano non potevano ancora permettersi di affrontare
le streghe, le probabilità di sopravvivenza allo scontro
erano
piuttosto basse. Se le Trix avessero deciso di agire in fretta e
prendere possesso della Dimensione Magica, nessuno sarebbe riuscito a
fermarle.
Non
poteva finire così. Ma del resto, cosa poteva fare per
impedire ciò?
I
suoi poteri erano ancora profondamente incompleti rispetto alla sua
forma di quando un Loop giungeva alla propria conclusione. Ogni
incantesimo che lei e le sue compagne lanciavano contro la porta
sembrava appena scalfirla. Ci sarebbero voluti secoli a distruggerla.
Era dunque inutile struggersi a quel modo: per quando fosse terribile
da ammettere, Bloom era spacciata.
All'interno
della stanza la Fata della Fiamma del drago non staccava gli occhi di
dosso dalla sua rivale. D'altra parte la calma e la
moderazione
con cui quest'ultima compiva i suoi movimenti – come espirare
un'eterea nuvola di fumo che si liberava lentamente dalle sue labbra,
o tirarsi indietro i lunghi capelli bianchi, al momento sciolti
–
contribuiva ad aumentare l'inquietudine che pareva stringere il petto
della fata dai capelli rossi in una morsa atta a toglierle il fiato.
Non aveva mai visto qualcuno che le incuteva tanto timore quanto la
strega; ma ora era una fata, e non doveva avere paura.
Aveva
la magia dalla sua parte.
Appena
Icy si chinò verso il posacenere a spegnere la sigaretta,
Bloom non
perse tempo ed indirizzò un attacco nella sua direzione; la
sfera di
fuoco acquistava volume bruciando l'ossigeno intorno a sé,
mentre
sfrecciava verso il corpo chiaro della strega, ed
ormai
era
talmente
vicina da quasi
ustionarle
la pelle.
Già preparata all'eventuale impatto, la
fata, era
pronta a trasformarsi per sferrare un altro attacco a sorpresa,
questa volta con più potenza; non l'avrebbe uccisa, ma
stordita
forse si.
Ciò
che non
prese in considerazione fu
che il primo
colpo,
invece di andare a segno, venne soffocato da un semplice gesto della
mano.
“Devi
imparare come attaccare, prima di farlo, fatina.”
La
rossa prese qualche passo indietro, mentre la sua nemica cominciava
ad avvicinarsi pericolosamente a passi leggeri.
Neanche
lei osava distogliere lo sguardo, nemmeno per un attimo.
“Faresti
prima ad arrenderti.”
disse, convinta di avere in pugno la fata, che
al momento era tesa e quasi paralizzata dalla paura. L'ultima volta
non era finita bene per
lei.
Ma,
seppur
la sua magia non fosse abbastanza, non avrebbe ceduto agli attacchi
delle strega.
Non
si sarebbe arresa senza combattere. Mai.
Lasciò
perdere gli attacchi magici e la
caricò,
schivando di lato delle lance di ghiaccio che tagliarono l'aria a
sinistra del suo corpo;
poteva
risultare una tattica inefficace e sembrava stesse andando all'arma
bianca contro uno schieramento di mitragliatrici, ma usare le
conoscenze – anche se limitate – che aveva appreso
sulla Terra
voleva dire giocare di anticipo rispetto a chi era abituato alla
magia.
Non
che potesse fare molto altro, del resto.
Contrariamente
alle sue aspettative di fallimento, tale tattica risultò
essere
abbastanza efficace. Icy non si sarebbe mai aspettata un attacco del
genere, e quando alzò nuovamente la mano per colpirla con
una magia,
Bloom l'aveva già placcata ed atterrata.
Anche
lei stessa dovette riprendersi un attimo dalla botta, ma si
apprestò
ad assicurarsi che la strega del ghiaccio restasse contro il
pavimento.
Tuttavia,
nonostante i suoi sforzi,
non
ci
restò per molto;
dopo che nella testa della strega aveva finito di rimbombare il colpo
subito, questa liberò una gamba e scalciò con
forza la fata da
sopra di sé. La rossa si ritrovò poco lontano ad
annaspare in
cerca
di aria, lo stomaco contratto ed una smorfia di dolore a deformarle
leggermente il viso.
Pensava
che la
rivale, attaccando a distanza, facesse completamente schifo nel corpo
a corpo. E
la suddetta,
invece, era già in piedi, con l'indice ed il medio della
mano destra
leggermente sporchi del sangue, che stava
colando
lento lungo il suo
sottile e marmoreo collo. Probabilmente la botta aveva rotto qualche
capillare, nulla di troppo preoccupante, se non il fastidio di un
liquido tiepido che usciva dalla sua nuca.
Ma,
nonostante la ferita fosse lieve e di poca importanza, decise che la
fatina avrebbe pagato molto caro il suo gesto, era
pronta a giurarlo sulla propria testa.
E
quando giurava era certa che niente le avrebbe fatto rompere il suo
giuramento.
II.
Era
forse la prima volta in cui Flora si era trovata in un tale stato di
agitazione. Picchiettava con l'unghia dell'indice sul legno della
sedia, sulla quale era seduta da una buona mezz'ora.
Il
rumore non la calmava, né la faceva sfogare; restava in una
situazione precaria, il respiro ed il battito accelerati, gli occhi
fissi verso la grande tenda viola davanti a sé.
Il
mondo aveva preso una piega tanto strana tutto ad un tratto, che si
era stupita di non essersene accorta nell'immediato. L'angoscia che
l'attanagliava era
intensa,
ed
era certa di
non aver mai provato una sensazione così forte
in vita sua.
A
ridurla in tale condizione era stata una massacrante attesa, che
sembrava protrarsi ancora nel tempo, la quale riguardava l'esclusione
di una delle due opzioni che andavano formandosi nella sua mente,
soggiogata dal terrore: Bloom sarebbe sopravvissuta, oppure sarebbe
morta.
L'una
annullava l'altra, e non c'era possibilità di tornare
indietro.
Continuando a picchiettare sulla sedia, pensò che
infiltrarsi a
Torrenuvola era stata una pessima idea. Non avrebbero dovuto sfidare
la sorte a tale modo, Stella avrebbe potuto accettare la tisana e
rilassare i nervi, invece di inasprirsi ed agire d'impulso.
Ma,
nonostante la catena di eventi
fosse partita da quell'avvenimento, Flora non se la sentiva di
accollare le colpe all'amica.
Musa,
dal canto suo, se la sentiva eccome:
intervallava
ogni occhiataccia alla fata del Sole e della Luna con uno sguardo al
quadrante dell'orologio appeso al muro. Del
resto, se la principessina non si fosse messa in testa di andare a
riprendere il suo anello da
sola
nella stanza di quelle tre psicopatiche, nessuno avrebbe rischiato di
essere fatto a pezzi.
Trovava
tale gigantesco capriccio talmente inutile ed
infantile
– poteva aspettare anche solo dieci minuti e si sarebbero
organizzate un po' meglio – che quasi non credeva alla
conseguente
situazione in cui si
erano
trovate.
Bloom non rischiava la vita, non le sembrava il caso di fare la
disfattista date le circostanze, ma, una volta sfondata la
maledetta porta della
camera delle streghe,
non l'avevano certamente trovata fresca come una rosa.
Stella,
per nascondere l'enorme senso di colpa che l'avrebbe schiacciata
definitivamente da un momento all'altro, rispondeva ad ogni accusa
della fata della musica con un “Che ne sapevo io che Elsa
dei poveri fosse
una tipa talmente inquietante da non dormire mai”.
'Avresti
dovuto saperlo' aggiungeva
al seguito una martellante voce della sua testa. In fondo aveva messo
in pericolo la sua migliore amica per nulla; aveva recuperato il suo
anello, ma tutta quella confusione si sarebbe potuta evitare se fosse
stata meno impaziente.
Quindi
si limitava a ribattere con quell'unica frase, per poi annegare nel
rimpianto delle azioni che aveva compiuto e nella propria
colpevolezza, in
silenzio.
Tecna,
vista la gravità della situazione e l'atmosfera pesante che
andava
creandosi nel gruppo, aveva optato per ritirarsi in camera propria a
cercare di saperne di più sulla profonda falda che ora
scuoteva il
Loop come un terremoto. Com'era
stato possibile per le Trix piegare il corso degli eventi per fare in
modo che volgesse a loro favore?
Anche
l'ipotesi che fosse stato un caso non era da escludere; le incognite
erano talmente tante che non sarebbe mai arrivata ad una soluzione,
nemmeno alla fine del Quarto Ritorno, sempre che questo non decidesse
di implodere prima dei suoi canonici quattro anni.
Per
la prima volta, segno che il sistema stesse
cedendo neanche troppo lentamente, Tecna si trovò ad essere
irrimediabilmente bloccata su un calcolo.
Questa
volta, senza alcuna via d'uscita.
“Tecna?”
le arrivò una voce dolce, che le fece alzare la testa dal
foglio
bianco sul quale stava per più di mezz'ora.
Flora
chiuse la porta dietro di sé, avvicinandosi
silenziosamente fino a sedersi vicino alla fata della tecnologia.
Mantenne un religioso silenzio per tutto il tempo.
“Vi
hanno fatto entrare?” cominciò allora Tecna, per
farle dire
qualcosa. L'assenza di rumori non piaceva neanche a lei al momento.
“No,
sta riposando. Ma hanno detto che sta bene e si sta già
riprendendo
in fretta, probabilmente merito della Fiamma del Drago. Bloom ci ha
fatto sempre preoccupare, eh?”
“Come
sempre?
Conosci Bloom solo da due giorni. E
come sai tutto ciò sui suoi poteri?”
A
tali taglienti domande la fata della natura si sottrasse leggermente.
Le ci vollero almeno venti secondi per vincere la soggezione che la
compagna le metteva ed elaborare una risposta.
“Non
lo so, probabilmente non mi crederai… Ma è come
se avessi già
vissuto tutto questo. Tutto, tranne ciò che è
successo oggi.”
“Com'è
possibile? Mi stai dicendo che ricordi tutto?!” chiese la
fata
della tecnologia incredula, sporgendosi
leggermente verso l'amica. Lasciò che i fogli caddero, se
fossero
stati pieni di calcoli, sarebbero stati tutti sbagliati.
Aveva
il risultato di una delle incognite: non era l'unica a poter
ricordare e forse, anche se personalmente pensava di starsi
allargando un po' troppo, il Loop non era stata
colpa
loro.
“Che
ricordo tutto? Io mi ricordo di voi, di quando le Trix sono fuggite
da Roccaluce, di Aisha...” Flora si sentiva più
confusa ad ogni
parola che pronunciava. Dov'era Aisha?
In
effetti non la vedeva. Non sapeva nemmeno
il motivo dell'assenza delle Pixie.
“Aisha!
– esclamò Tecna, evitando così che
l'amica andasse in paranoia –
Flora, ora calmati ed ascoltami attentamente. Ho bisogno che tu
continui a ricordare, devi cercare di mantenere un contatto con la
tua attività cerebrale. Sarà difficile da capire,
ma sto per
spiegarti cosa sta succedendo al nostro mondo.”
La
fata della natura esitò; non seppe di preciso
perché, ma era
profondamente indecisa sul da farsi. Oscillava come un pendolo fra la
sua curiosità e il fatto che, forse, non avrebbe
voluto conoscere affatto la verità.
Il suo ottimismo in quell'attimo era sfumato ed aveva lasciato il
posto alla pura ansia.
Incapace
di sbilanciarsi, si limitò al silenzio.
“Siamo
bloccate in un Loop – iniziò comunque Tecna,
credendo fermamente
che fosse inutile indorare la pillola inventando qualche bugia
inconsistente – Un Eterno Ritorno: tutto ciò che
abbiamo vissuto
in vent'anni della nostra vita ha cominciato a ripetersi in un ciclo
infinito. Questo in cui siamo è il Quarto Ritorno; tuttavia
ho
notato che, nei ritorni precedenti, mi accorgevo di essere vittima di
un Loop solo nei quattro anni che ho passato ad Alfea. Prima lo
ritenevo un indizio trascurabile, ma ora che anche tu hai ricordato
in questo periodo, direi di cominciare a prenderlo in considerazione.
Qualche evento accaduto in tale lasso di tempo dev'essere la causa,
ed il pilastro, che permette al Loop di reggersi. Dimmi se ti
è
chiaro.”
Flora
la guardò un po' smarrita, la sua mente stava ancora
metabolizzando
il pesante pacchetto di informazioni che aveva appena ricevuto.
“Perché
ho ricordato solo adesso allora? Perché io?” le
domande le vennero
spontanee, anche se, una volta pronunciatale ad alta voce e non solo
nella propria testa, si accorse che le possibilità di
trovarvi una
risposta certa erano veramente basse.
“Non
lo so per certo, Flora. Ma potrei cominciare a formulare delle
ipotesi. Hai avuto esperienze traumatiche fin'ora?”
“No,
no, io non… Non credo sia successo qualcosa da considerarsi
traumatico.”
“Neanche
io.” disse la fata di Zenith, distogliendo lo sguardo dagli
occhi
verde smeraldo della compagna per rivolgerli, in modo pensieroso,
verso la finestra. Si potevano quasi sentire gli ingranaggi lavorare
all'interno del suo cervello, concentrata com'era non si accorse dei
tentativi di Flora di attirare nuovamente la sua attenzione.
“E'
proprio questo.” disse infine, sbattendo più volte
le palpebre,
quasi fosse incredula della sua stessa teoria.
“Questo
cosa?”
“Noi
sfuggiamo al Loop perché non vi siamo legate in modo
indissolubile.
In sostanza, non abbiamo alcun motivo per cui il tempo debba
ripetersi da prima della nostra nascita alla sconfitta degli Stregoni
del Cerchio nero. – vedendo che la fata della natura faticava
ancora a capire, Tecna decise di moderare i termini e fornire una
spiegazione più pratica – Prendiamo Aisha come
esempio; lei non
potrà mai ricordare. Il dolore dato
dalla
morte di Nabu è stato troppo grande da sopportare e non
credo che
rinuncerebbe a poterlo rivedere vivo di nuovo. A noi non è
successo
nulla di tutto ciò.”
La
castana inclinò la testa da un lato, sentendosi come
trascinare in
un mondo troppo complicato a cui non apparteneva. Il fatto difficile
da metabolizzare era che tutto ciò che la sua amica
spiegava,
risultava essere indubbiamente vero.
Come
temeva, sapere la verità non avrebbe allentato la morsa che
l'angoscia teneva su di lei.
“E
le altre?” chiese sottovoce, quasi sperando che la diretta
interessate non l'avesse sentita parlare affatto.
“Bloom
aveva il suo scopo, nel quale si era immersa per tre intensi anni:
cercare le sue origini, regno e genitori compresi. Dedicava parecchio
tempo a tale ricerca, e la felicità per aver ottenuto ottimi
risultati era sfumata dopo poco, se ricordi. Non era ancora riuscita
a trovare un nuovo obiettivo al pari di quello, probabilmente nella
sua condizione sarebbe arrivata perfino al desiderio illogico di un
ritorno delle Trix, per movimentare un po' la condizione di calma in
cui si era trovata; la situazione dei genitori di Stella era
destinata a peggiorare con il corso degli anni, a confortarla era
solo un procedere a ritroso degli eventi che li riguardavano. Credo
che per il suo caso non ci sia il bisogno di ulteriori informazioni;
Musa perse sua madre quando era bambina. Un trauma che non aveva mai
superato veramente: alla Festa della Rosa usava passare del tempo con
una sua foto a rimpiangere i tempi passati. Con lei vale lo stesso
motivo di Aisha.”
Ci
fu qualche attimo di silenzio, in cui le pesanti parole di Tecna
sembravano scendere verso il suolo, a costituire una coltre di nebbia
che impediva ad entrambe di vedere ancora, con gli stessi occhi, tale
mondo illusorio e ricreato dal Quarto Ritorno.
“Tecna…
Potresti essere meno tecnica?” sussurrò poi
l'altra, confusa, ma
quando la fata della tecnologia si ritenne pronta ad un'ulteriore
spiegazione, la porta si aprì piano una seconda volta.
Questa
volta ad entrare fu Stella, tacita come non era mai stata. Le
guardò
per un lungo attimo – gli occhi e le gote visibilmente
arrossati
dal pianto – come se non si aspettasse di trovarle
lì, quando si
era introdotta nella stanza appositamente per cercarle.
“Bloom
si è svegliata, ora sta bene – vide che Flora
stava per alzarsi
con un accenno di sorriso sul volto, allora si apprestò ad
aggiungere ciò che avrebbe dovuto dire fin dal principio
–
Aspetta, deve riposare. Non siamo entrate nemmeno noi, è
successa
una cosa ed ha bisogno di assoluto riposo, quindi...”
“Quale
cosa.” chiese Tecna, interrompendola bruscamente ed alzandosi
in
piedi a sua volta.
“… Le
Trix le hanno preso la Fiamma del Drago.”
Avvertenze
e condizioni per l'uso: Per ogni azione si paga una
conseguenza.
E le fate l'hanno scoperto a loro spese. Almeno, grazie a questo
trauma, Tecna non è l'unica ad essersi accorta del Loop e
può
contare su un aiuto in più, invece che fare tutto da sola,
povera. O
almeno ha qualcuno con cui sfogarsi, per non impazzire e pensare che
sia solo lei a notare un insolito comportamento dello spazio tempo.
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto, ringrazio Vlad123
per
aver recensito lo scorso capitolo, _LestrangeMills_ per
aver
recensito lo scorso capitolo ed aver inserito la storia fra le
seguite, faymorgana e TheSeventhHeaven
per averla
inserita fra le preferite.
Inoltre
ringrazio tutti i lettori silenziosi che, viaggiando fra le storie di
questo fandom, hanno trovato un po' di svago nella mia.
Mary
|
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Capitolo 5 *** Capitolo Quattro: Eliminazione in corso ***
Capitolo
Quattro: Eliminazione in corso
I.
Darcy
e Stormy avevano cominciato a dubitare della sanità mentale
di Icy
quando questa, nonostante fosse consapevole che tutte e tre erano
ormai in possesso del potere che avevano cercato per anni,
si ostinava a contrariare ogni loro accenno di strategia offensiva
per piegare definitivamente la Dimensione Magica al loro dominio.
“Le
vostre strategie sono inconsistenti. – diceva di continuo
– Siamo
praticamente invincibili, ma dobbiamo comunque attendere il momento
opportuno.”
Stormy,
dal canto suo, non ce la faceva più ad aspettare; doveva
continuare
a frequentare quell'inutile scuola con tutto il potere che aveva
acquisito, presentarsi alle lezioni per imparare incantesimi che
sapeva già lanciare, studiare degli stupidi libri che non le
sarebbero serviti nemmeno come arma contundente.
Cosa
stava ancora lì a fare?
Non
sarebbe riuscita a trattenere la sua necessità di
distruzione a
lungo.
La
strega dell'oscurità condivideva gli stessi pensieri, seppur
meno
violenti; anche lei, solitamente calma e paziente, aveva cominciato a
tollerare poco l'infinita attesa nelle quali le teneva la sorella.
Inoltre, nessuno era preparato allo scontro: se avessero agito in
fretta avrebbero consolidato il loro potere su Magix in tutta
tranquillità, senza alcuna complicazione.
Aspettando,
invece, le fate avrebbero avuto il tempo di organizzarsi.
Darcy
scosse la testa, sorseggiando un po' del suo infuso preferito, per
rilassare i nervi ed evitare eccessive paranoie. A
riportare a galla il discorso fu la sorella minore, ormai stufa di
cercare un modo per non annoiarsi.
“Io
ogni tanto non capisco che cazzo ti passa per la testa, Icy.”
“Passi,
Stormy. E poi sto lavorando alla
strategia, dovresti fare lo stesso.” rispose Icy, la voce
monotona
ed estremamente fredda. Aveva specificato di non essere disturbata,
mentre studiava gli incantesimi che servivano loro a generare il
più
grande esercito di tutti i tempi.
“Sono
cinque fottuti giorni che stai lavorando alla tua cazzo di strategia
senza arrivarne a una! Basta andare contro quelle fatine e farle a
pezzi, no? Cosa vuoi che facciano contro di noi, siamo troppo
potenti.”
protestò
vivamente la minore, ovviamente
per non darla vinta alla strega del ghiaccio che come risposta aveva
alzato
lentamente lo sguardo
dal libro, rivolgendo i suoi gelidi occhi penetranti verso il volto
della
sorella.
Occhi
che dicevano chiaramente 'disturbami ancora e ti
ammazzo'.
“Non
per dar ragione a Stormy, sorellina, – intervenne
Darcy – ma ci stai mettendo un po' troppo. Se
non vogliamo far sfumare l'effetto sorpresa-
“Se
hai una strategia infallibile allora mi
piacerebbe sentirla, Darcy.” la
interruppe Icy.
La
strega dell'oscurità deglutì, sistemandosi gli
occhiali con la mano
destra, il tutto senza distogliere lo sguardo dalla sorella maggiore.
“Attacchiamo
Alfea e facciamo in modo che le fatine non abbiano più un
posto in
cui nascondersi. Sono deboli al momento, credo non sia necessario
aspettare che si riorganizzino. Non saranno preparate ad un
attacco.”
spiegò in modo molto sintetico, aspettando una qualsiasi
reazione
dalla sorella; lei
si limitava a lanciarle qualche occhiata scettica, la
disapprovazione mal celata aleggiava sul suo viso.
Sembrava non la stesse nemmeno a sentire.
“Vai
avanti.” la incitò dopo
qualche attimo,
con un tono
pregno di sufficienza e superbia. Darcy non soppresse uno sguardo
pesantemente infastidito da tale comportamento e si decise a
continuare con la sua spiegazione.
“Una
volta che non avranno un rifugio cercheranno aiuto a Fonterossa. Ma
noi saremo già là.” prese un respiro,
ma il tomo nelle mani di
Icy venne chiuso con uno scatto, interrompendola
di nuovo.
“Ho
sentito abbastanza. Un
piano
simile non potrà mai funzionare. Torrenuvola non
è ancora sotto il
nostro completo controllo, non sottovaluterei un simile
dettaglio.”
“Allora
basta prendere prima Torrenuvola, cosa cambia?” si intromise
Stormy.
“Allarmeremo
le fatine e non esiterebbero ad attaccarci direttamente qui.”
Il
tono della
strega del
ghiaccio
non cambiava, ad
ogni accusa che le veniva rivolta rispondeva sempre con la solita
moderazione e pacatezza; ma lo sguardo, lo sguardo si faceva ogni
volta più freddo.
“Icy,
ma di che cazzo hai paura?! Siamo onnipotenti!”
urlò la minore,
allargando le braccia esasperata.
La reazione
che non si
aspettò fu un'esplosione improvvisa, che fece muovere la
torre come
una scossa di
terremoto,
sbalzando Stormy
dall'altra parte della stanza.
“Ho
detto di aver sentito abbastanza.”
E
poi tutto sparì.
La
boccata d'aria che entrò nei polmoni della strega delle
tempeste fu
fredda e profonda; spalancò gli occhi, tirandosi a sedere
con uno
scatto e non si stupì di aver urlato nel processo. Fece
correre i
suoi occhi sui dintorni, scoprendo il buio confortevole della propria
camera a Torrenuvola; per quanto aveva dormito, dodici ore?
Le
sembrava di essersi svegliata dopo giorni di attività
onirica
ininterrotta.
“Un
incubo?” le arrivò la voce assonnata
di Icy, che
si tirò a sedere a sua volta, spostandosi i capelli dietro
le
orecchie per poterla almeno vedere. La
riccia scosse la testa confusa, portandosi una mano alla fronte.
“Non
lo so… Non era propriamente un incubo, credo.”
“Quindi?”
“Magari
una premonizione. Ho sognato che strappavamo la Fiamma del Drago a
quella deficiente di Bloom.” sussurrò Stormy con
un ghigno
soddisfatto.
La
strega del ghiaccio la fissò per un attimo, senza muovere un
muscolo; poi si coricò di nuovo.
“Si
chiama
visione,
Stormy. Non
si tratta di un
evento negativo.”
“Sì,
sì, quel cazzo che è. Hai capito
comunque.”
II.
“Sono
ormai giorni che hanno il mio potere, che senso ha non
attaccare?”
disse
Bloom, dondolando
leggermente le gambe nel vuoto che separava il parapetto del loro
terrazzino dal grande ed elegante cortile di
Alfea.
Essere
senza poteri le
aveva fatto
focalizzare l'attenzione
su sé stessa solamente
per i primi tre giorni; poi aveva deciso che era giunto
il momento di reagire e non darla vinta alle streghe.
Avrebbe
combattuto comunque, sarebbe anche morta per la propria causa. Era
lì
da appena una settimana, ma sentiva
nel suo animo che non avrebbe permesso a nessuno
di
minacciare a tal modo così tanti innocenti senza essere
disturbato.
“Concordo,
è un comportamento totalmente illogico. Ci
avrebbero colti impreparati con
un attacco immediato.”
disse Tecna, rivolgendo lo sguardo verso il cielo di un azzurro tanto
innaturale da
ricordarle
che fosse solo una
proiezione del Quarto Ritorno come il mondo sopra al quale stava.
'Con
il Loop che va destabilizzandosi, inoltre.' avrebbe
aggiunto, se non fosse che Bloom non ricordava nulla di tutto
ciò.
Non avrebbe potuto ricordare.
La
condizione di stallo in
cui
versavano
era comunque
critica, forse più critica di un qualsiasi sbilanciamento da
una
parte o dall'altra: come se il pendolo, atto a contare i secondi con
le sue oscillazioni, si fosse fermato, scegliendo
di non compiere alcuna scelta.
Era
come un paradosso nella mente razionale della fata della tecnologia,
una situazione totalmente illogica ed incomprensibile; l'unica
ipotesi possibile
era quella che annullava tutte le sue supposizioni precedenti.
Il
Loop era dunque
il caos.
Non
aveva alcun ordine, non seguiva nessun corso; sotto all'apparenza di
ordine e di perfezione con cui riproduceva gli avvenimenti, le
interazioni e gli incontri, regnava il nulla.
Pareva
che i pilastri di tale movimento circolare, che la
fata era
andata
cercando per sedici
lunghi anni, in realtà non fossero mai esistiti. Lasciando
il
tessuto dello spazio-tempo senza un fondamento solido.
E
ora poteva essere certa che loro, le Winx, non avevano nulla a che
fare con tutto ciò; le paladine di Magix ridotte a mere
vittime di
una forza incontrollabile ed inconcepibile.
Al
momento le mancava davvero poco per gettare la spugna e
mandare al vento anni ed anni di lavoro.
Il
Dio che aveva sostituito il corso degli eventi, uccidendolo, appariva
totalmente irraggiungibile, nella confusione ed instabilità
che
imperversavano nella sua mente, creatrice di un Eterno Ritorno.
Nessun
ragionamento poteva
ricostruire esattamente tale
follia.
Ma
qualcosa la spingeva ad andare avanti, ad andare più a fondo
del
caos. Non poteva permettersi che il Loop vincesse.
“Tecna!
Mi stai ascoltando?”
Tecna
scosse la testa per riprendersi, inspirò profondamente e
rivolse di
nuovo la sua attenzione alla fata della Fiamma del Drago.
“No,
scusami. Stavo cercando di trovare la logica in tutto questo
aspettare da parte delle Trix. Puoi ripetere?”
“Aspettare
che cosa? Cosa stanno aspettando? – chiese Bloom, inclinando
leggermente la testa da un lato e spostandosi una ciocca di capelli
dietro all'orecchio sinistro – Io ti stavo parlando di
Brandon, hai
presente? Ti ho detto che l'ho già incontrato sulla Terra,
davanti a
casa dei miei genitori. Dove lui e gli altri hanno catturato il troll
che le Trix avevano mandato dietro a Stella, ricordi? Cosa dovrebbero
aspettare?”
“Bloom,
stavamo parlando della tua Fiamma del Drago. Le Trix te l'hanno
sottratta.”
La
rossa la guardò come se avesse parlato in una lingua a lei
incomprensibile.
“La
Fiamma del Drago? Tecna, io non sono ancora capace di
trasformarmi.”
“… Cosa?”
L'altra
ripeté ciò che aveva già detto, come
se la fata della tecnologia
non avesse udito le sue parole. Non poteva sapere che in
verità
echeggiavano nella sua mente dalla prima volta in cui le aveva
sentite, un insieme di parole senza significato, atte a minare le sue
capacità cognitive.
Cosa
voleva dire tutto ciò?
Una
perturbazione nel corso degli eventi andava propagandosi e
dilatandosi, non aveva il lusso di procedere a ritroso lungo il suo
percorso, riparando le proprie crepe e modificando i propri errori.
Un moto
totalmente privo di
senso.
Non
era possibile frenare una frana nel mezzo della sua caduta, ancora
meno farla indietreggiare. I principi della logica collidevano in
modo violento con il caos, si respingevano come due poli negativi di
una calamita.
I
calcoli che aveva fatto, gli studi che stava portando a termine, era
stato tutto inutile?
Forse
non tutto; ma
aveva bisogno
di conferme.
“… Vai
pure avanti. Parlavi di Brandon, giusto?”
III.
“E'
un incantesimo, Flora. – ignorando la confusione negli occhi
della
compagna, ancora turbata da come aveva fatto irruzione in camera sua,
Tecna procedette ad una spiegazione dettagliata della revisione a cui
aveva lavorato per tutto il pomeriggio – Non può
essere nulla
all'infuori di un incantesimo. Dev'essere stato creato per forza da
qualcuno di mortale, di finito. Qualcuno
che ora sta cercando di riordinarlo secondo le proprie leggi.”
“Vuoi
dire che il Loop è un incantesimo?”
La
fata di Zenith annuì, prendendo un sorso dalla tisana che
Flora
aveva insistito ad offrirle.
“E
come tale non segue il suo corso in modo lineare, seguendo un grafico
con massimi e minimi. Non ha alcun limite; chi l'ha lanciato
può
modificarlo e sostenerlo, manipolando a proprio piacimento ogni
elemento che ne è rimasto vittima.”
“Parli
di ciò che è successo alle altre,
giusto?” chiese la fata della
natura, abbassando la voce nel menzionare le sue amiche.
“Esattamente.
Nessuno ricorda cos'è successo a Torrenuvola, nessuno tranne
noi
due.”
Nominare
tali avvenimenti fece salire un intenso senso di inquietudine ad
entrambe. L'angoscia che non aveva mai abbandonato la fata di Linphea
tornava in un crescendo dissonante, un brivido freddo le percorse la
schiena; ancora una volta, non sapeva se volesse andare fino in fondo
alla faccenda o meno.
Un
nemico talmente potente da sostituirsi a Dio e prendere il controllo
del corso degli eventi poteva essere una grossa spina nel fianco. E
lei non era come Tecna, non era stata capace di ricordare lo sviluppo
dei propri poteri, non si era liberata completamente dalla fitta
trama del Loop.
Era
consapevole di esserci intrappolata, ma non di aver accettato la
propria condizione al suo interno. Era come se fosse volata in una
gigantesca ragnatela, e si ostinasse a sbattere le ali pur di
liberarsi, finendo invece sempre più legata e stanca.
Si
passò le mani sulle braccia, come a rincuorarsi per farsi
coraggio,
prima di rivolgere nuovamente il viso all'amica.
“Chi…
Chi può aver fatto una cosa simile?”
Tecna
ci pensò un momento, tuttavia era giunta alle sue
conclusioni già
quando si era separata da Bloom.
“Chi
l'ha fatto si è curato che Bloom non ricordasse che il suo
potere
fosse stato sottratto, di modo che potesse agire indisturbato. In
fondo non è così incredibile che possano essere
le Trix le
responsabili; facendo regredire la nostra forza nei vari Ritorni
potevano mantenere il Loop in tutta calma. Tuttavia ci sono alcune
prove che confermano la teoria contraria. Ad esempio:
perché, se
fossero state loro a creare il Loop, l'avrebbero compromesso
anticipando il furto dello scettro di Stella e l'estrazione della
Fiamma del Drago? I sospetti, a questo punto, potrebbero spostarsi su
qualcun altro. A meno che una delle tre non abbia deciso di agire da
sola, ipotesi abbastanza insolita per loro, ma non impossibile. I
calcoli mi confermano in maggiori probabilità la
colpevolezza di Icy
o Darcy, la percentuale di Stormy risulta molto bassa invece. Troppo
impulsiva per pianificare un mondo intero nei minimi dettagli.
Dovremmo comunque tenere in considerazioni i loro motivi per
riavviare di continuo questa epoca temporale. Motivi di cui non siamo
a conoscenza, date le nostre scarse informazioni sul loro
conto.”
“Sì,
è vero – disse Flora, appoggiando la tazza
– Ma non credo sia
qualcun altro, a minacciare la pace della Dimensione Magica in questo
momento ci sono solo le Trix.”
“Esatto.
E gli Stregoni, avendo in mano un potere simile, avrebbero di sicuro
cambiato la loro sorte nella nostra ultima battaglia.”
Anche
la fata della tecnologia appoggiò la tazza vuota,
concedendosi un
attimo di riflessione sulle conseguenze che tale ipotesi, se si fosse
rivelata veritiera, avrebbe portato.
Nulla
di sicuro, una volta arrivata a quel punto non si poteva più
tornare
indietro; ma avrebbe messo fine alla follia che governava il Loop,
una volta per sempre. Il tempo doveva riprendere a scorrere in modo
lineare, ad ogni costo.
“Quindi
cosa possiamo fare?” chiese la fata della natura con un filo
di
voce.
“Dobbiamo
confermare la mia ipotesi – rispose con risolutezza l'altra
– E
so benissimo che tipo di esperimento può esserci
utile.”
Avvertenze
e condizioni per l'uso: un esperimento è da
compiere, ma non so
se Flora sarà pienamente d'accordo. Comunque, spero si
capisca fino
a qui (in ogni caso ogni dubbio verrà chiarito con il
prossimo
capitolo.) A proposito del prossimo capitolo: attualmente sto facendo
la maturità, una volta conosciuta la data degli orali e
visto quello
che ho da portare/fare, non sono riuscita a fare molto.
Come
ho detto ad alcuni di voi nelle risposte delle recensioni, questo
capitolo era già pronto prima dell'inizio dei suddetti
esami.
Purtroppo, non si può dire lo stesso del quinto capitolo,
quindi mi
scuso in anticipo se esso arriverà con un po' di ritardo, in
mezzo
allo svolgimento degli esami non ho proprio tempo di fare altro. Di
sicuro arriverà o il cinque o il sei luglio, giù
di lì, ma
contando che quella data doveva essere quella del primo capitolo,
alla fine mi è andata anche bene.
Ringrazio
TheSeventhHeaven per aver recensito lo scorso
capitolo e, come
sempre, i lettori silenziosi che come viandanti passano di qua.
Mary
|
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Capitolo 6 *** Capitolo Cinque: Non si tratta di giocare a fare Dio ***
Capitolo
Cinque: Non si tratta di giocare a fare Dio
I.
“Ricordati
che mi devi dei soldi, sorellina.” fece Stormy, allungando il
palmo
verso Darcy, che stava finendo di truccarsi. Quella prese un paio di
banconote e gliele schiaffò sulla mano, ma la strega delle
tempeste
non accennò a muoversi.
“Stai
scherzando, vero? Non te ne do altri, hai le mani bucate tu. Ieri hai
rubato un verdone dal portafoglio di Icy, ti ho vista. Come diavolo
hai fatto a spenderlo in un solo pomeriggio?” rispose la
strega
delle illusioni, rivolgendole qualche sguardo di disapprovazione. Non
avrebbe messo mano al suo portafoglio per fornire materia prima a
quella spendacciona di sua sorella. Ma la minore aveva le sue armi.
“Andiamo,
lo sai che me lo lascia fare anche se è una tirchia del
cazzo –
disse, accennando un ghigno che non prometteva nulla di buono
– E
poi non vuoi che sappia che esci con un coglione quando lei non
c'è,
giusto?”
“Riven
non è un coglione.”
“Tu
esci solo con i coglioni, Darcy.” puntualizzò la
strega delle
tempeste, incrociando le braccia al petto.
“Non
sarà contenta di sapere cosa fai alle sue spalle.”
la canzonò. La
mora sbuffò e posò il mascara solo per rivolgere
uno sguardo
infuocato alla sorella.
Era
di gran lunga la più paziente delle tre, ma Stormy non
doveva
permettersi di tirare troppo la corda. Perché quando si
fosse
spezzata, oh non mancava molto,
la sua cara sorellina avrebbe passato un brutto quarto d'ora.
Quest'ultima
la squadrò da capo a piedi, più per evitare il
suo sguardo ipnotico
che per altro, notando che la gonna lunga color prugna che portava
era uno di quei vestiti 'riservati ad occasioni particolari'.
“Ma
allora è qualcosa di serio.” si
affrettò ad aggiungere, facendo
sfumare il suo sogghigno in un'espressione leggermente più
controllata.
L'altra distolse
lo sguardo,
alzando
le spalle e mettendo
il rossetto in borsa.
“Più
o meno. E tu vedi di tenere la bocca chiusa.” cedette
infine Darcy, allungandole la tanto agognata banconota ed uscendo
dalla stanza, prima che la sorella prendesse a stuzzicarla di nuovo.
La
posizione in cui era al momento era troppo precaria per reggere un
litigio con la minore; l'ago della bilancia sarebbe potuto pendere a
suo sfavore. Non si lasciava ricattare spesso, ma non aveva nessuna
voglia di discutere di argomenti simili, non solo con Stormy, ma con
chiunque.
C'erano
cose più importanti di un giorno di svago che si era
concessa, dopo
parecchi studi ed approfondimenti. E poi aveva bisogno di uscire da
Torrenuvola ogni tanto.
Necessitava
di far chiarezza nella sua mente e dissolvere la foschia che si era
creata in modo innaturale; essendo la strega delle illusioni, sapeva
quando qualcuno tentava di manomettere il suo vigile inconscio.
Qualcosa
era fluito
attraverso la sua mente aperta offuscandola, possedendola, come se
lei stessa fosse stata ipnotizzata senza accorgersene.
E
la coscienza di tale eventualità gettava la sua esistenza in
balia
di infinite paranoie. Non poteva lasciare che chiunque prendesse il
controllo della sua psiche,
era abbastanza potente da
riacquistarne la padronanza, se
solo fosse stata in grado di identificare l'incantesimo che era stato
usato contro di lei.
Dopotutto
quasi nessuno poteva competere con i suoi poteri mentali.
Ma
c'era sempre qualche piccolo dettaglio a frenarla, che le impediva di
ricordare quale fosse la causa di tale confusione mentale in cui era
bloccata.
Si
sistemò gli occhiali arancioni, spingendoli verso l'alto
con
l'anulare della mano destra, mentre l'autobus si apprestava a
raggiungere la propria destinazione: la città di Magix. Era
partita una
buona mezz'ora
prima rispetto all'orario dell'appuntamento,
ma, siccome era fissata con l'essere puntuale e con i mezzi pubblici
letteralmente tutto
poteva accadere, aveva preso la decisione di partire con largo
anticipo. Le
vie erano ancora
stranamente tranquille,
poche anime vi si aggiravano, strette nei loro cappotti per
fronteggiare i primi attacchi del freddo che presto si sarebbe
trasformato nel vero e proprio inverno. L'inizio
di Across the Universe dei
Beatles sembrava colmare il gelido silenzio che opprimeva la grande
città, rallentando i suoi movimenti solitamente frenetici.
La
strega era l'unica che, nonostante il ritmo lento della canzone che
echeggiava nelle sue auricolari, camminava a passo sostenuto. Ma,
ovviamente, era troppo concentrata per accorgersene. Troppo
concentrata sul modo per liberare il suo encefalo da un blocco che la
rendeva incapace di portare a termine ragionamenti importanti e di
riflettere; eppure la causa che aveva scatenato tale fenomeno doveva
esserci, sarebbe stato irrazionale il contrario.
Si
sentiva come se le avessero strappato parte del suo passato.
Come
quando-
“Darcy.”
Sentì
appena il proprio nome, se paragonato allo strattone che la borsa,
trattenuta da mani sconosciute, – o forse conosciute
– aveva dato alla sua spalla sinistra. Le
sembrava un ottimo motivo per fermarsi e rivolgere uno sguardo non
del tutto amichevole all'individuo che la intralciava.
Tecna
la guardava con un'espressione seria, sostenendo il contatto visivo
quasi alla perfezione, prima di lasciar andare la borsa con un veloce
movimento della mano. Ed ottenne l'effetto sperato, dato che la
strega non le diede le spalle per riprendere a percorrere la sua
strada.
“Cosa
volete da me.” sibilò, facendo riferimento anche a
Flora che era
rimasta in posizione arretrata rispetto alla sua compagna. Non
sembravano volerla attaccare, le pareva un ennesimo imprevisto
inutile. Mantenne
i suoi
occhi ipnotici su di loro, come a leggere nelle loro menti, e poi
incrociò le braccia, lanciando un veloce guardo all'elegante
orologio che portava al polso.
Sperava
solo che non avessero intenzione di farla tardare, o la conseguenza a
tale sgarro sarebbe stata poco piacevole. Tecna sembrò
esitare un
attimo, pensando bene alle domanda che avrebbe dovuto porre alla
strega per cominciare ad escludere potenziali sospettati dalle sue
ipotesi.
I
suoi occhi azzurri tremarono appena, il potere contenuto nello
sguardo della strega dai capelli castani cominciava a farsi presente,
aumentando il peso dell'atmosfera che circondava il piccolo gruppo.
“Consegnaci
l'anello di Stella.”
disse
la fata della tecnologia, infine.
Al
primo impatto Darcy sembrò confusa: volse il viso in basso
per
qualche secondo, la bocca appena socchiusa in un'espressione
pensierosa e concentrata, come se stesse impiegando le sue energie a
ricordare tale oggetto; poi si lasciò scappare una risata
asciutta,
scuotendo la testa in segno di derisione.
“Non
vi conviene intromettervi su ciò che ci interessa, fatine.
Quel
potere sarà nostro comunque, anche se vi affannate
così tanto a
difendere la vostra nuova amica.”
rispose
sprezzante, e si
avviò, facendo per rimettersi le auricolari.
“… Darcy,
sei la strega delle illusioni.” disse Flora, quasi in un
sussurro,
interrompendo nuovamente la sua marcia.
“Okay?”
fece la mora senza girarsi, le cuffie ancora fra le sue dita
affusolate.
“Se
qualcuno elimina i tuoi ricordi dovresti accorgertene.”
II.
Non
era solita restare fuori con il brutto tempo, ma aveva un impellente
bisogno di silenzio. E nella sua camera, evidentemente, era chiedere
troppo. Inoltre era sabato e, come ogni fine settimana, non poteva
permettersi di non bere qualcosa di forte.
Un
paio di bottiglie di Jack Daniel's dondolavano in modo armonioso fra
le sue dita, toccandosi di tanto in tanto e producendo un lieve
rumore sordo, l'altra mano era impegnata a reggere la vodka in
verticale, di modo che, fino all'ultima goccia, il liquido
trasparente scivolasse nella gola della ragazza. La testa si era
fatta leggera da qualche minuto, data la massiccia quantità
di alcol
che aveva consumato prima di giungere a destinazione con il
rimanente; le labbra rosee abbandonarono il collo della bottiglia con
un movimento sgraziato, incurvandosi appena all'insù in
un'espressione di puro ed inconsapevole rilassamento. Sulla sua
liscia pelle chiara scivolavano silenziose piccole gocce di pioggia,
salate come lacrime e brucianti come acido.
Ma
era troppo brilla per farci caso, nel suo cervello tutto era tornato
al proprio posto; lo sforzo svolto a rimettere insieme i pezzi di
tutto, compresi quelli della sua vita, le era costato parecchia
magia, infine però aveva incassato la ricompensa che
l'aspettava. Ed
ora poteva fare uno strappo alla regola e permettersi una sana
sbronza.
Da
mezz'ora pioveva sulle sue ciglia, sul terreno sotto ai suoi piedi;
pioveva sul mondo fasullo che la circondava. Pioggia irreale su
immagini fittizie ed artificiali.
Le
venne da pensare che la pioggia non risparmiava nulla, nemmeno un
Dio.
Scorreva
su di lei come se fosse anch'essa parte del suo stesso caos, come se
non ne fosse completamente immune, nascondendola a chi avesse la
capacità di osservare con la mente bene aperta. Poteva
essere un
fatto curioso,
quasi da stupirsene: invece rise di sé stessa, di come la
propria
fantasia viaggiasse alla stessa velocità dell'alcol nelle
sue vene
in tale
attimo di scarsa
lucidità.
Non
aveva senso ragionare su cose inutili come quella; ma una breve
distrazione era esattamente ciò che cercava, ancora una
volta
dovette ringraziare la sua abitudine di alzare un po' troppo il
gomito ogni tanto.
Del
resto poteva concederselo: il mondo che lei stessa si era adoperata a
generare dai ricordi, riproducendo esattamente ogni attimo vissuto
nel passato, era di nuovo in piedi e più forte di prima.
Avrebbe
tenuto la guardia alta per assicurarsi che nessuno potesse attaccarne
la struttura di nuovo, fino a farlo vacillare pericolosamente.
Le
memorie non sarebbero sfuggite al suo controllo ancora una volta, era
dovuta ricorrere al celarle in profondità dentro di
sé per renderle
irraggiungibili a chiunque. Nessuno
escluso.
E
chi credeva
che un essere
finito non potesse caricarsi delle responsabilità di Dio e
cavarsela
comunque in modo egregio, era un povero illuso. Bastava solo
osservare la perfezione nella vendetta che aveva dato
alla luce,
per capire che lei
non fosse una comune creatura
magica, ma vi era estremamente superiore.
Tutto
quel potere nelle sue mani e nella sua testa, eppure non aveva
lasciato che nessun minimo dettaglio minacciasse la sua immortale ed
infinita figura, non aveva permesso a nessuna congiura di crearsi
sotto il proprio dominio. Aveva afferrato la situazione con calma e
compostezza e riportato l'ordine alla follia.
E,
non meno importante, nessuno sospettava di nulla, ora che ogni mente
di Magix era sotto il suo irremovibile controllo.
Stappò
una delle due bottiglie di Jack Daniel's e ne prese un lungo sorso:
il liquore bruciava almeno quanto la pioggia, in un muto sussulto lo
lasciò scendere lungo l'esofago. Si leccò piano
le labbra,
assaporando l'unico sapore capace di donarle emozioni che da sobria
rifiutava di liberare.
Il
silenzio tanto desiderato pareva ora più rumoroso della
pioggia,
batteva contro le mura che racchiudevano l'illusione del suo mondo
con tonfi sordi e talmente patetici – se paragonati alla
grandezza
e all'immobilità del tempo, ingabbiato e congelato senza
alcuno
scrupolo in ventun anni del suo flusso – che le venne da
deriderlo.
Ma
non lo fece.
Di
esseri pateticamente inferiori a lei, del resto, ne era piena la
Dimensione Magica; ad un Dio non importavano particolari
così infimi
ed inutili. Le
fate, in
primis, non ancora consapevoli di quante volte sarebbero tornate ad
essere nullità, a sbattere le loro ali invano per un
universo che
non sarebbe mai stato veramente salvo.
Avrebbe
riso all'infinito se avesse dovuto osservarli tutti, invece che
semplicemente piegarli al suo potere.
Si
passò una mano fra i capelli, ormai grondanti di acqua
piovana,
spostandoseli dal viso per alzare lo sguardo verso il cielo.
Nonostante la sua immortalità, quanto poteva essere
vulnerabile alla
morte, piantata a terra com'era?
Come
motore immobile* del Loop era ancora lontana dall'essere intoccabile
a chi pareva divergere dai suoi intenti, sempre che qualcuno ci fosse
riuscito. Contare sulla sua salute e sull'immensa magia della quale
disponeva, per un millesimo di secondo, le parve un'errore
imperdonabile; poi scosse la testa divertita, chiudendo la bottiglia
che ancora dondolava nella sua mano destra.
Basta
alcol per il momento.
*Teoria
aristotelica della figura di Dio, che lo figura come motore che
spinge il divenire delle cose; tuttavia, un motore deve essere a sua
volta azionato da qualcosa che ne trasmette il movimento. Ma Dio,
com'è capace di fornire energia al mondo per la propria
natura di
motore, è capace di fornire energia anche a sé
stesso, senza che
sia altro a muoverlo. Ciò implica la definizione di
“Motore
Immobile”.
III.
“Ma
dove cazzo sei?! Avevi detto che, al più tardi, rientravi
sta
mattina, stronza! E
mi chiami
solo adesso a dirmi dove sei finita?!
Avevi
pure il telefono spento, genio. Ti è venuto in mente solo
adesso,
per caso, che potevi fottutamente accenderlo ed avvisarmi?
Grande,
cazzo, così non potevo neanche rintracciarti in caso nostra
sorella
tornasse. E
infatti l'ha
fatto, non è che ogni sabato sera torna alle sei di mattina,
eh. Ora
spero tu sia contenta di sapere che sei nella merda, perché
ovviamente ti avrà beccato che te la fai con l'amichetto
delle
fatine e
ci esci di nascosto
solo per non prenderti il cazziatone.
E non l'avrebbe fatto se tu fossi rientrata in tempo, cogliona.
Ah,
e non credere che passi sopra al fatto che ieri fosse sabato,
perché
sai com'è la troia, lei può farsi di quello che
vuole e
restare fuori tutta la notte,
e noi se
sgarriamo di un
minuto e non le chiediamo il permesso siamo morte. Ci deve tenere al
guinzaglio, cazzo.
Ieri
è tornata stra marcia e mi ha detto subito di muovere il
culo ed
andare a cercarti, manco fossi il suo cazzo di cane.
Però
figa, si è accorta
subito che non c'eri,
quindi
trova qualche scusa credibile o torna con qualche cazzo di erba che
giustifichi la tua assenza.
Tipo
boh, la pianta della ricerca che dobbiamo fare per la settimana
prossima, almeno fra la sbornia e tutto non ti romperà i
coglioni.
Non mi ricordo neanche il nome di quella roba, ma trovala,
così non
devo nemmeno sbattermi per andare a cercarla.
E
poi voglio un cazzo di aumento, per averti parato il culo.
Se
non fossi uscita io l'avrebbe fatto lei e ti avrebbe ammazzata,
quindi sgancia un po' di verdoni, non voglio casini per le tue
minchiate.
E
smettila di respirare nel microfono, che sembri un maniaco.
…
Darcy?
Sei lì?
Di'
qualcosa, cazzo.”
“Hmpf.
Guarda che
sono Riven. Volevo
vedere quanto saresti andata avanti con il tuo inutile monologo.”
“Senti,
vaffanculo. Potevi anche fermarmi, stronzo. Cosa mi hai chiamata a
fare?”
“Volevo
sapere se Darcy fosse lì, ma qualcosa mi dice che non
è tornata.
Ieri
non si è presentata a Magix,
e non so che fine abbia fatto.”
Avvertenze
e condizioni per l'uso:
in teoria questo capitolo non doveva uscire così presto (ho
paura
che faccia stra cagare, anche perché il paragrafo tre
è corto
apposta, ma magari graficamente fa schifo e paranoie, paranoie,
paranoie.) ma, dato che mi sono andati bene gli scritti ho deciso che
qualche minutino (mentre internet era morto e non potevo comunque
studiare Spencer) al capitolo cinque, che avevo cominciato tipo prima
delle tre prove. Allora, spero che questo chiarisca il capitolo
quattro, anche se ho preferito non essere troppo esplicita sulle
scoperte, tutto è lasciato abbastanza a metà, ma
qualche
informazione si può già dedurre, e stiamo
già arrivando verso la
fine. Più o meno.
Lo
disse anche Oda mentre scriveva One Piece, probabilmente. Ma non
preoccupatevi, non vi stresserò troppo con questa roba.
Spero solo
vi faccia piacere che non sia uscito fra sessant'anni. E
spero che non ci sia troppa attesa per il sesto, dato che per quello
ci sarà l'incognita università probabilmente. Yay.
Ringrazio
_LestrangeMills_
( che sarà probabilmente contenta della ship, approvo in
pieno) per aver recensito lo scorso capitolo e, come di consueto, tutti
i
lettori silenziosi che stanno seguendo sta robaccia.
Mary
|
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Capitolo 7 *** Capitolo Sei: Dio è morto, Tu l'hai ucciso ***
Capitolo
Sei: Dio è morto, tu l'hai ucciso
“Nessuno,
per quanto potere abbia, può sostituire Dio. Tu l'hai ucciso
e
cos'hai ottenuto? Nulla che non sia composto da effimeri attimi;
anche se si dovessero ripetere all'infinito, resteranno comunque
effimeri.”
I.
“Non
ti sembra di star correndo un po' troppo? Se, come dici, questo mondo
è nient'altro che un'illusione costruita sul caos, me ne
sarei
dovuta accorgere. Non credi? – disse Darcy, guardandosi
intorno con
fare perplesso – E poi cosa ci facciamo ai confini di
Magix?”
“E'
impreciso, non è un'illusione. Tutto questo mondo
è reale, è solo
stato ricreato dai ricordi. Non è un'illusione, ma non
è neanche la
Dimensione Magica come la conosciamo: è una riproduzione
estremamente dettagliata di essa.” spiegò Tecna,
rivolgendo ora lo
sguardo alla strega, ed ora alle alte montagne che delimitavano i
confini del pianeta. La teoria che il mondo irreale fosse stato
creato con un confine, che differiva di anno in anno per garantire il
normale svolgersi degli eventi, aveva cominciato a formarsi nella sua
mente quando, avviandosi con Flora verso Magix, Darcy era ancora una
delle principali sospettate. Con i suoi poteri era in grado di creare
illusioni, perché no di creare un intero mondo come enorme
proiezione. E, ovviamente, da qualche parte doveva avere una fine che
ne rivelasse il mondo reale al di sotto.
Ma,
perfezionandola, limandola ed affinandola, si era resa conto che tale
teoria era imprecisa; del resto, il mondo in cui erano effettivamente
risultava essere reale. Inoltre, con la mente di Darcy compromessa,
cadevano tutte le accuse.
Non
che si fidasse particolarmente, ma si era presa preziosi attimi per
confermare che le parole della strega fossero veritiere.
“Comunque
non mi hai risposto.” precisò la suddetta strega,
portando le mani
ai fianchi senza togliere gli occhi di dosso alla fata della
tecnologia.
“Siamo
qui per vedere cosa puoi fare con il confine. Almeno ti convinci, mi
sembri ancora abbastanza scettica verso le mie teorie.”
“Sono
ancora scettica. Ti fai solo degli enormi castelli in aria,
fatina.”
Ma
detto questo, si avvicinò comunque al confine, levando una
mano a
mezz'aria e l'altra ad appoggiarsi alla fronte. Le informazioni
cominciarono a scorrere liberamente per la sua mente, rivelandosi ai
suoi occhi ad una velocità allucinante e risultando quasi
incomprensibili. Appena dopo un apparente situazione di stasi e
tranquillità, il caos si fece prepotentemente spazio fra le
informazioni, infettandole come un virus e mettendole a tacere. Prima
che esso si apprestasse a compromettere anche le sue funzioni
cerebrali, Darcy scosse la testa ed interruppe il contatto.
Si
prese un momento per purificare la propria mente dalla confusione,
mantenendo molta più concentrazione del dovuto; aveva a che
fare con
qualcosa di grave.
Fuori
da Magix dovevano esserci gli altri pianeti della dimensione magica,
nel vuoto o nell'etere, poco importava, ma il caos non avrebbe mai
trovato spazio in tale ordine. Le leggi che regolavano il mondo erano
ordinate ed universali, quelle erano le informazioni che dovevano
popolare il cervello della strega delle illusioni una volta stabilito
il contatto.
Non
l'avrebbe mai ammesso, ma forse Tecna aveva ragione.
Richiuse
lentamente gli occhi, sempre mantenendo la propria concentrazione.
Attimi interminabili di nulla la trassero a sé,
trascinandola
nell'infinita oscurità al di fuori del confine; come se si
trovasse
fisicamente lì si guardò attorno, sfiorando la
rete su cui
poggiavano i suoi piedi.
Il
tessuto dello spazio-tempo, al contatto, vibrò come una
gigantesca
ragnatela, facendo propagare le sue onde nel vuoto; non aveva mai
visto qualcosa di simile.
Darcy
osservò in silenzio, trattenendo il respiro. Ogni movimento
perturbava lo spazio e pareva riflettersi sul mondo sovrastante, le
sembrava tutto talmente semplice da farle dubitare della sua natura
di realtà.
Eppure
era effettivamente reale.
Lasciata
senza fiato e con uno strano senso di nausea addosso, decise di
interrompere al più presto il contatto. L'ambiente stava
cominciando
a farsi troppo dannoso per lei e per la sua psiche.
“Allora?”
fece Tecna, vedendola tornare alla realtà in modo non del
tutto
delicato.
“Va
bene, va bene – cominciò la strega, alzando le
mani sopra alla
testa come ad arrendersi all'evidenza di avere torto – Con
questo?
Spero tu abbia pensato a qualcosa.”
La
fata della tecnologia annuì, alzando un'ultima volta lo
sguardo
sulla barriera, appena prima di lasciarsela alle spalle.
“Flora
si è già avviata verso Torrenuvola. Dobbiamo
raggiungerla.”
“Non
prendo ordini da te, fatina. Soprattutto non se hai intenzione di
continuare a tenermi nascosto tutto quello che sai. Perché
tu sai
cosa sta succedendo al mondo, non è
così?”
La
mora non si mosse, restando in attesa di una risposta con le mani sui
fianchi. E non si sarebbe mossa finché non avrebbe ottenuto
ciò che
voleva.
La
fata di Zenith si voltò ad incontrarne lo sguardo, gli occhi
solcati
da scure occhiaie per lo scarso riposo degli ultimi giorni; la
fissò
lungamente, come a decidere se portarcela con la forza alla scuola
per streghe, o rivelarle tutti i frutti del proprio lavoro.
Anche
gli occhi di Darcy sembravano stanchi almeno quanto i suoi, ma i
motivi della mancanza di sonno erano differenti per entrambe: la
strega semplicemente non si fidava abbastanza di due Winx per
dormirci nello stesso locale. Non importava se vi fosse rimasta
solamente per una notte.
E,
nonostante la stanchezza, nessuna delle due osò distogliere
lo
sguardo.
Non
finché Tecna prese nuovamente la parola.
“E
va bene. Ma ti assicuro che la verità potrebbe non
piacerti.”
“Non
m'interessa. – rispose l'altra con risolutezza – Lo
deciderò io
se possa piacermi o meno. E poi sono solo teorie, dovrei aspettare in
ogni caso la conferma, prima di fasciarmi la testa.”
“D'accordo.
Questo mondo è stato modificato da un incantesimo, quel 'Loop'
di cui ti parlavo ieri sera. E' probabile che abbia trovato il
colpevole, dato che anche la tua mente è stata resettata per
celare
il cambiamento del corso degli eventi nel Quarto Ritorno. Quindi
quello in cui-
“Sì,
quello in cui siamo. – si permise di interromperla brevemente
la
strega delle illusioni – Non c'è bisogno che mi
spieghi le cose
come se stessi parlando ad una mocciosa, le capisco
benissimo.”
La
fata sospirò e proseguì.
“Come
ti pare. Ho formulato un'ipotetica lista di possibili colpevoli,
lista dalla quale ho eliminato il tuo nome date le tue memorie
compromesse. Ma, escludendo te, non posso escludere anche le tue
sorelle. Potrebbero aver agito da sole, lasciando fuori te.”
“Ne
dubito fortemente. Di solito è Stormy quella ad essere
lasciata
fuori, quando non abbiamo bisogno che l'oggetto della missione venga
completamente disintegrato.”
“Ci
avevo pensato anche io. In questo momento, dovremmo andare a
confermare la mia ipotesi.”
Darcy
si avvicinò di qualche passo, ancora parecchio diffidente.
“Cosa
intendi fare?”
Tecna
si era già avviata, non aveva tempo da perdere. Flora,
calcolando i
tempi di viaggio, era arrivata nei pressi di Torrenuvola e si trovava
nella zona di rischio. Doveva raggiungerla al più presto.
“Mettere
alle strette tua sorella maggiore, Darcy.”
II.
Non
aveva mai visto un Dio a tale vicinanza. Forse non l'aveva mai
nemmeno ritenuto un fatto positivo, avvicinarsi così tanto
ad un
essere tanto potente quanto immortale.
Ma,
contrariamente a ciò che avrebbe sempre pensato, non ne ebbe
paura.
Colse dal suo petto solamente una massiccia dose di adrenalina ad
affiancare la razionalità del suo encefalo, in
ciò che, per logica,
non poteva essere la sua fine.
Tuttavia,
il Dio che aveva davanti era splendidamente folle: nessuno era mai
riuscito ad andare oltre ai suoi glaciali occhi per poter scavare in
profondità del suo animo – ammesso che ne avesse
uno.
Se
avesse voluto veramente ucciderla, l'avrebbe fatto senza alcun
rimorso.
“Pensate
sul serio che io non sappia cosa stia accadendo nel mio
mondo?”
disse, con un tono appena infastidito, come se stesse parlando a dei
patetici esserini che avevano preso a ronzarle intorno come mosche.
“Dov'è
Flora.” tuonò subito Tecna, facendosi avanti a
fronteggiarla.
Icy
inclinò leggermente la testa da un lato, accennando un
sorrisetto
che non prometteva nulla di buono. Passò il suo sguardo
dalla fata
della tecnologia a Darcy in modo deliberatamente lento, mantenendo la
medesima espressione.
“Credo
che la fatina fiorita non vi servirà più. E'
già tanto se si
ricorda come si chiama e da che parte si trovi Alfea. In quanto a te,
sorellina, non avresti dovuto tradirmi in questo modo. Sai benissimo
quali conseguenze ti aspettano.”
“Oh,
Icy, il mio schieramento l'ho scelto valutando quale opzione fosse la
meno peggio. Forse, se tu avessi evitato di
cancellarmi la
memoria da puttana egoista quale sei, ora starei ancora al tuo
fianco.”
La
strega del ghiaccio non fece una piega all'insulto; continuò
ad
osservarle con sufficienza e superiorità, muovendo qualche
passo in
avanti.
“E
cosa credete di fare ora? Eliminarmi?” rise di gusto, una
risata
sinistra che fece salire freddi brividi lungo la schiena della fata.
Darcy, dal canto suo, sapeva che la sorella fosse una psicopatica,
quindi ci era piuttosto abituata.
Icy
continuò ad avvicinarsi, il suo atteggiarsi da essere
onnipotente la
rendeva ancora più spaventosa di quanto fosse mai stata.
Ridusse di
molto la distanza che le separava, rendendo lo scontro imminente; ma
nessuna delle sue avversarie osò muoversi.
Le
osservò a lungo: si compiacque della rigidità
della fata, che con i
nervi a fior di pelle, si limitava a stare davanti a lei in modo
statuario per sfoggiare una finta sicurezza. Ma la sua cara
sorellina, intrappolata in riflessioni infinite dalla sua stessa
mente, era uno spettacolo ancora migliore.
“Non
siamo qui per combattere, ovviamente. – cominciò
Tecna, fissando
il suo sguardo sulla figura della strega dai capelli bianchi
– Con
il potere che hai acquisito non potremmo fare molto in ogni caso.
Personalmente, vorrei sapere il motivo di tutto ciò. Avresti
il
potere di volgere il Loop a tuo favore e di piegare l'intera
Dimensione Magica sotto il tuo dominio, eppure non lo fai.”
La
risposta immediata fu una pungente ed inquietante risata asciutta.
Lentamente, il nuovo Dio allargò le braccia verso l'ambiente
che
circondava il suo corpo.
“Guardati
intorno, fatina. La Dimensione Magica è già
sotto il mio
completo controllo. Io ne decido il prologo e l'epilogo, la vita e la
morte. Non ho bisogno di cambiare alcun avvenimento per regnare
sull'universo intero; perché, di fatto, lo sto facendo anche
ora.”
“Non
mi hai risposto.” precisò la fata, prendendo
qualche respiro
profondo prima di sentirsi nella condizione di ascoltare una risposta
che non le sarebbe piaciuta affatto.
“L'universo
è in debito, ed è giunto il momento che io lo
riscatti. Ripeterò
la distruzione di Domino e l'ultimo bagliore del regno delle Antenate
all'infinito, se ne fosse necessario, finché l'intera
Dimensione
Magica non si accorgerà di esser costretta a pagare gli
errori
commessi.”
“Avrebbe
quindi commesso l'errore di difendersi da una minaccia
incombente?”
rispose leggermente seccata Tecna, incrociando le braccia al petto ed
assottigliando leggermente lo sguardo. Icy scosse la testa con un
mezzo sorrisetto, i lunghi capelli bianchi raccolti in una coda
seguirono tale movimento, ondeggiando delicatamente.
“Quanti
fatti non conosci, fatina. E non preoccuparti, non arriverai mai a
vederli con i tuoi occhi.”
Darcy,
che era rimasta in religioso silenzio fino ad allora, alzò
con
decisione lo sguardo verso la sorella. Si fece avanti, mantenendo
perfettamente il contatto visivo.
La
maggiore la osservò quasi divertita, anche se avesse voluto
solo
provare a prendere possesso della sua psiche, avrebbe trovato delle
difese invalicabili.
Ma
la strega delle illusioni non mirava all'ipnosi.
“Avremmo
potuto fargliela pagare anche nel presente, sorellina, senza mettere
in piedi tutta questa farsa e deviare il corso degli eventi.
E'
inutile attaccarsi al passato, Whisperia non tornerà in ogni
caso.
Così com'è stata distrutta, continuerà
ad essere la mira
dell'esercito guidato dalla Compagnia della Luce, all'infinito.
Dimmi
che non è questo quello che vuoi, Icy. Altrimenti potrei
cominciare
a pensare che gli anni passati a Roccaluce ti abbiano fatta impazzire
completamente.”
“Mi
stupisce che tu non possa capire, Darcy. Ma, del resto, avevi solo
tre anni quando la guerra raggiunse il suo tragico epilogo. Tutto
ciò
che potevi ricordare è stato rimpiazzato dalle cazzate
con le
quali nostra madre ti ha riempito la testa fino alla sua
morte.”
La
mora prese un bel respiro, chiudendo lentamente gli occhi, per
rilassare la sua mente ed evitare – fatto che avrebbe provato
contro il suo stesso carattere calmo e controllato – di
stringere
le mani alla gola della sorella, finché quella non si fosse
decisa a
smettere di sputare inutili sentenze.
Questa
volta fu Tecna a seguire in silenzio; intervenire non le avrebbe dato
il tempo di metabolizzare le informazioni ricevute e ricostruire
ciò
di cui le due sorelle stavano discutendo.
“Taci,
quella che è stata più influenzata da nostra
madre sei stata tu,
tanto da diventare esattamente come lei, e pensare di aver fatto un
bel lavoro crescendoci. Un giorno capirai che il mondo non gira
intorno a te.”
La
strega del ghiaccio parve spiazzata, per un attimo, dalle parole
della mezzana.
Ma
fu solo un attimo.
“Un
giorno, forse. Sempre che tu possa ricordare la nostra discussione
per quando accadrà.” disse con un tono che non
lasciava trasparire
alcuna emozione; poi concentrò il potere nella propria mente.
Il
Quarto Ritorno era giunto alla sua precoce fine.
III.
Scavare
a fondo nei ricordi era sempre stato doloroso, ma mai come allora.
La
sua mente, come prigioniera di un limbo, doleva in modo
indescrivibile, più cercava di ricordare, più
veniva rigettata
indietro; come se si trovasse fra le alte e minacciose onde che
–
per quanto si ostinasse a resistervi – continuavano a
spingerla
contro gli scogli.
Riprendere
le memorie di un tempo stava ormai proiettando forti sensazioni
sgradevoli su tutto il suo corpo. Priva di un appiglio, a Darcy non
rimaneva che sostare in posizione eretta, in mezzo all'abbagliante
bianco del nulla.
La
Whisperia che riusciva a ricostruire dalle immagini nel suo conscio
era solo una piccolissima parte della prosperità e dello
splendore
in cui tale pianeta della Dimensione Magica era rimasto fino alla sua
imminente fine.
Gli
alti abeti che delimitavano il grande giardino del lussuoso palazzo
reale, le quali guglie svettavano verso il cielo e parevano quasi
toccarlo; ricordava di aver fantasticato sul salire su una di esse,
per potersi sentire intoccabile e divina.
L'immagine
del volto di suo padre, sfocata e poco chiara, mentre le parlava di
come la magia si era apprestata ad evolversi in un mondo dai ritmi
tranquilli e pacifici come il loro, fortemente lontano alla frenesia
di Magix. Il tocco delicato delle sue mani sulla morbida pelle della
strega portava con sé una delicata sensazione di sicurezza,
ormai
vuota e priva di significato.
Era
doloroso ricordare quel poco di bellezza della quale Whisperia, un
tempo, godeva.
Il
suo clima continentale, il profumo di tè ad invadere la
cucina la
mattina presto, la verdeggiante e scura vegetazione dei grandi boschi
di aghifoglie nella quale perdersi non sarebbe mai stato spaventoso.
Memorie
confuse si affollavano sempre di più nella testa di Darcy,
tutte
inconcludenti e profondamente incomplete. Avrebbe voluto ricordare di
più, avrebbe dovuto impedire la guerra.
Ma
il rammarico per ciò che non era stata in grado di fare non
avrebbe
riportato Whisperia nella Dimensione Magica. Ne avrebbe solo
inasprito il ricordo già evanescente.
Aveva
ormai, molto tempo prima, voltato le spalle agli abeti in fiamme,
all'innocenza del suo popolo che nulla aveva a che fare con la furia
e la follia delle Streghe Antenate. La mano della madre, ancora
padrona della propria mente, l'aveva accompagnata alla loro unica
salvezza.
Era
stata una fuga di fortuna, prima che tutto andasse disperso.
E
nulla rimase.
Come
se un frammento del suo passato le fosse stato strappato
dall'inconscio con la forza, Darcy si ritrovò a boccheggiare
per il
dolore che tale separazione aveva scatenato. Sforzarsi di ricordare
come la sua vita cominciò dal declino del regno al quale non
poteva
tornare sembrava essere controproducente; ma forse, dietro alle
apparenze che sua sorella maggiore si era preoccupata di
sottolineare, si nascondevano altri intenti.
Intenti
che Icy stessa avrebbe rinnegato.
Ma
come negare che quel poco che ricordava era la memoria più
dolce e
felice che la strega delle illusioni e le sue sorelle avessero mai
vissuto; quando loro padre era presente, quando la mente della loro
madre era ancora limpida e consapevole di sé stessa,
– prima che
le Antenate, avendo perso su tutti i fronti, avevano deciso di
riscattarsi manovrando la sua psiche a loro piacimento per renderla
un burattino nelle loro mani – quando nessuna di loro era
stata
ancora costretta a macchiarsi le mani con il sangue altrui.
Un'altra
fitta le trafisse il petto, forzandola a chinarsi su sé
stessa.
Era
arrivata al limite, la sua psiche stava scivolando lentamente in un
sonno profondo. Ma ripercorrere i ricordi, seppur confusi, di
ciò
che una volta aveva chiamato casa, non aveva fatto che giovarle nel
profondo.
Prima
di cadere nuovamente vittima del Loop, levò lo sguardo al
candore al
di sopra del suo capo.
“Prima
o poi ti renderai conto che ripetere avvenimenti di una tale forza
finirà per logorarti dall'interno, sorella. Ci sono diversi
fatti
che hai seppellito nel passato convinta di non doverli più
affrontare; ma stanno riemergendo dalla scura terra senza che tu
possa accorgertene.
Nessuno,
per quanto potere abbia, può sostituire Dio. Tu l'hai ucciso
e
cos'hai ottenuto? Nulla che non sia composto da effimeri attimi;
anche se si dovessero ripetere all'infinito, resteranno comunque
effimeri.”
Avvertenze
e condizioni per l'uso: questo è stato un
autentico travaglio.
L'ho sudato fino all'ultima parola, anche perché non
riuscivo ad
accennare al passato che ho immaginato come appartenente,
ipoteticamente (sono tutti headcanon, come al solito) alle Trix senza
che chi non lo conosca ci capisca qualcosa.
Mio
dio.
Spero
di averlo accennato in modo abbastanza chiaro da permettervi almeno
di orientarvi (vi servirà per una maggiore comprensione del
capitolo
sette, probabilmente il penultimo, o addirittura l'ultimo.) In caso,
per qualsiasi chiarimento, accetto qualsiasi domanda e
risponderò il
prima possibile.
Il
Quarto Ritorno è giunto al termine, mietendo le sue vittime.
Ora,
non resta altro che sperare ad un altro cambio di eventi. Ma non
temete, in qualche modo finirà questa storia, fuhuhu.
Siamo
quasi giunti al termine, avevo cominciato ad affezionarmi alla
stesura di questa robbaccia. Mi mancherà.
Ringrazio
Ghillyam (che ha cambiato nome e non la trovavo
più) e
Vlad123 per aver recensito lo scorso capitolo.
Stealthy_step
(sei una fetente con tanto amore, Borzietta) per aver inserito la
storia fra le preferite e fra le seguite. Basta stalking
però (<3)
E,
come di consueto, ringrazio i lettori silenziosi che seguono questa
cosa.
Mary
|
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Capitolo 8 *** Capitolo Sette: Il Quinto Ritorno ***
Capitolo
Sette: Il Quinto Ritorno
“Non
ho paura. Semplicemente non posso essere sicura di cosa tu possa
fare: il folle è colui che bisogna temere maggiormente, per
la sua
imprevedibilità e la totale mancanza di empatia.
Conosco
già la tua tendenza ad autodistruggerti, non dubiterei di
una mossa
che provi contro il tuo stesso piano.”
I.
La
lieve luce del sole artificiale di Zenith filtrava dalle tende di un
tessuto leggerissimo, ad illuminare le sgombre pareti della sua
camera.
L'aria era fine, eterea, respirando a pieni polmoni il
profumo di casa si sentì riposata e completamente
rigenerata, come
se avesse dormito per otto ore di fila*.
Nulla
era fuori posto.
Tranne
la sensazione di aver già vissuto troppe volte tale scena.
Tecna
si levò da terra in una condizione simile alla trance,
osservando il
suo corpo evanescente e ricordando perfettamente la simulazione che
l'aveva riportata nel suo passato, per permetterle di indagare sulla
provenienza del Loop.
Tuttavia
non si poteva trattare di un ricordo.
Non
aveva mai visto la sua stanza così sgombra: qualsiasi suono
vi
rimbombava come in un'oscura grotta vuota.
I
muri, dall'odore, erano stati appena verniciati, e gli unici arredi
presenti erano le sottili tende, che ondeggiavano ad un debole vento
mattutino.
I
dintorni sembravano spaventosamente reali; se non avesse saputo di
trovarsi in un periodo in cui non era ancora, di fatto, venuta alla
luce sarebbe potuta cadere nuovamente vittima del Loop.
Un
leggero calore le popolò il petto, mentre si lasciava alle
spalle la
sua accogliente stanza con la consapevolezza di aver perso ormai
quasi tutto ciò che aveva costruito. Ma la sua coscienza era
ancora
in piedi e se non si fosse spinta sempre oltre per liberarsi
completamente dalla morsa del Quarto Ritorno non sarebbe mai arrivata
dove ora si trovava, a vagare per un mondo che ancora non era stata
in grado di vedere con i propri occhi.
Poteva
almeno considerarlo un piccolo miglioramento.
L'atmosfera,
in tali circostanze, era talmente calma da risultare artificiale; i
respiri dei suoi genitori, dormienti, ne disturbavano di tanto in
tanto l'innaturale ed inquietante silenzio.
Avendo
passato anni in camera con Musa poteva confermare che l'assenza di
suoni non le dispiaceva; a patto che non fosse minacciosa ed irreale
come quella.
La
Dimensione Magica era ferma, nella sua forma fasulla attendeva ogni
comando del Dio che l'aveva creata, e non si sarebbe messa a
procedere prima che questo – o meglio questa
– non si
fosse goduta lo spettacolo della distruzione di Domino dalle prime
file. E Tecna non sapeva se sarebbe stata in grado di combattere
contro un essere simile, che era stato capace di fondere l'intelletto
alla follia per dare vita ad un caos assoluto, celato da un'apparente
condizione di normalità.
Non
che avesse molta scelta, comunque. Non poteva evitare il loro scontro
in nessuna maniera, neanche se l'avesse voluto con tutta sé
stessa;
ed arrendersi alla tirannia di Icy non era un'ipotesi considerabile.
La
macchinetta del caffè emise un “beep”
appena udibile, segno che,
puntuale come sempre, aveva già preparato la calda bevanda
per
l'intera famiglia*. Presto anche le figure dormienti che popolavano
la camera accanto alla sua si sarebbero alzate, per vivere nella
routine quotidiana dalla quale era composta, in parte, la loro vita.
Ignari di ciò che nel profondo pareva trarli a sé
con una forza
sempre maggiore, avrebbero continuato a vivere come avevano imparato
a fare, nella loro regolarità.
Nel
dubbio che potessero in qualche modo – ipotesi altamente
improbabile, tanto che poteva affidarle al massimo una patetica
possibilità dello 0,01% di realizzarsi – vederla
reggersi in piedi
al centro del soggiorno, a vagare per la casa battendo sempre le
stesse zone immersa nei suoi ragionamenti, decise di raggiungere a
grandi passi la porta d'entrata.
Allungò
lentamente una mano, per poi fermarla a mezz'aria; il suo cuore
sembrò accelerare i battiti quando la sua mente
visualizzò il
ricordo del vuoto che si trovava oltre quella esile barriera. Il
black out aveva assorbito le proiezioni da lei create, era giunto
nell'abitazione come un virus di sistema e l'aveva infestata fino a
smontarla pezzo per pezzo.
Il
respiro si fece più veloce, la mano, leggermente tremante,
sostava
ancora nello spazio fra l'anticamera e l'uscita.
Bastava
davvero una simulazione quasi realistica a renderla immobile davanti
ad una porta, con i nervi a fiori di pelle, pronti a scattare lontano
dall'immaginario pericolo?
Pur
rispondendo negativamente alla domanda che si era posta,
restò ferma
qualche altro secondo. La voce assonnata di suo padre le giunse
flebile all'orecchio, mentre si apprestava ad alzarsi dal letto e
raggiungere l'ampio salotto.
“Basta
seghe mentali.”
I
ricordi dell'ultima parte del Quarto Ritorno riaffiorarono tutti in
una volta, in tale momento, tanto da spingerla a varcare la soglia,
indipendentemente da ciò che ci avrebbe trovato.
La
perdita di Flora aveva rallentato leggermente il suo lavoro, anche se
l'avesse raggiunta, non le sarebbe stata di alcun aiuto; la sua
conoscenza della realtà pura al di sotto della trama
riprodotta dal
Loop era ancora troppo scarsa per poter evitare di essere resettata.
Eppure,
si era fidata a mandarla avanti da sola.
Non
avrebbe dovuto farlo.
Tuttavia,
riteneva pressoché inutile piangere sul latte versato; le
parole che
Darcy le aveva rivolto un paio di volte, risultavano ora più
valide
di quanto lo fossero state nella situazione in cui le aveva udite.
Basta
seghe mentali.
L'aveva
detto con una naturalezza tale da farla sembrare una frase
ricorrente, ma il tono con cui le aveva pronunciate non era
strettamente il suo.
Erano
tre parole che doveva aver sentito talmente tante volte da prenderle
come un'abitudine; e la fata della tecnologia, per quanto non volesse
dare ragione ad una strega subdola e manipolatrice come la mora,
dovette arrendersi all'evidenza.
Del
resto, non poteva far nulla per cambiare ciò che era
successo: aveva
compiuto l'errore di sottovalutare il potere del nuovo Dio e,
semplicemente, ne doveva pagare le conseguenze. La sua condizione di
solitudine era stata prodotta dai suoi sbagli, al momento poteva solo
andare avanti senza alcun rimorso.
Si
voltò per lanciare un veloce sguardo alla sua silente
dimora, prima
di allontanarsi progressivamente da essa per uscire dalla
città.
Basta
seghe mentali.
*Ho
citato quasi testualmente un frammento del primo capitolo per
rimandare, appunto, al fatto
che la scena fosse stata 'già vissuta'.
II.
L'ambiente
che l'accolse era di sicuro meno tetro di come l'avesse immaginato.
Le
verdeggianti foreste di pini ed abeti ondeggiavano elegantemente le
loro chiome al passaggio di una brezza tiepida, il Sole, di un caldo
arancione, si stava levando lentamente dalle montagne, cominciando a
proiettare i propri raggi sulla cittadina di piccole case in pietra e
legno.
Il
fumo candido saliva sinuoso dai loro camini, la rugiada scivolava
sull'erba di un verde acceso, quasi abbagliante, pronta a riflettere
l'alba che stava per giungere.
Qualcuno
si era già levato dal proprio letto a svolgere le mansioni
giornaliere, quasi ignorando la meraviglia che lo circondava. Non si
fermavano ad osservare come la grande stella che governava l'universo
scavalcava le cime e s'apprestava
ad alzarsi in cielo; Tecna suppose che ci fossero talmente abituati,
che vedere uno spettacolo simile era ormai diventato totalmente
normale.
La
fata scese a terra, posando silenziosamente i suoi passi sulla
rigogliosa collina che precedeva la piccola città, un
leggero odore
di carbone e tradizione riempì l'aria, facendola sentire
totalmente
fuori luogo, ma allo stesso tempo paradossalmente a proprio agio.
Non
avrebbe mai creduto che Whisperia sarebbe potuta apparire
così
placida ed ospitale, un tempo.
Respirò
a fondo la sua aria pulita, così estranea alla frenesia e
alla
tecnologia di Zenith, così rurale e naturale che, per una
volta, non
le dispiacque stare lontana dalle comodità fornite dagli
apparecchi
elettronici. Si sarebbe voluta godere un po' di più il
panorama, ma
non era giunta fin lì per quello.
Non
c'era letteralmente tempo da perdere.
Di
gran carriera scese dalla collina, seguendo la stradicciola
lastricata che portava direttamente al paese e superando agilmente
una donna, che con il cestino colmo di pagnotte, camminava in tutta
fretta.
Quella
non frenò la sua corsa, andò avanti tutta
impettita per la propria
strada. Tecna la seguì per un attimo con lo sguardo,
finché non la
vide scomparire al di là di una grande ed elegante porta in
legno.
Ora
che il Sole si era deciso a levarsi, osservò
come la
cittadina somigliasse
di più ad un formicaio; le persone, indaffarate, spostavano
approvvigionamenti, ripulivano e riponevano alcune merci, preparavano
su grandi teli bianchi sacchi di farina, porzioni di pane ed altre
vivande. Analizzando
la
situazione, indisturbata com'era, la fata poté concedersi di
riflettere sul periodo in cui si trovava; giudicando dal
comportamento dei
popolani,
dalle loro azioni e mansioni, dal loro stendere oggetti ben visibili
dal cielo, arrivò alla conclusione che la guerra fra Domino
e
Whisperia fosse
appena
iniziata.
In
quanto la sua copia, nel Quinto Ritorno, sarebbe nata a breve, si
trovava nel momento in cui Domino, – o meglio, Oritel, Marion
e ciò
che effettivamente rimaneva del pianeta – accusando re Endon
ed il
suo popolo di alto tradimento, si preparava ad attaccare senza
scrupoli il pianeta di quest'ultimo, cancellandolo dalla Dimensione
Magica.
L'alleanza
con la forza delle Streghe Antenate era allora palese, originarie di
Whisperia, che avevano cercato di mettere le mani sul potere
assoluto: la Fiamma del Drago. Ed insieme al loro fallimento, avevano
portato la rovina del loro pianeta natale.
Tuttavia,
non fu mai confermata la colpevolezza di Whisperia e del suo popolo.
Non avendo alcun materiale su cui indagare, i segreti rimasero
nell'ombra creata dalla scomparsa di tale prosperoso e rigoglioso
pianeta.
La
guerra si sarebbe consumata in fretta, senza alcuna esclusione di
colpi, e non avrebbe lasciato nulla che non fosse stato distruzione e
violenza dietro di sé; distruzione e violenza da entrambi i
lati.
Studiando
Storia della magia e della Dimensione Magica aveva
scoperto come il conflitto era rimasto impresso nel passato,
modificando profondamente la fisionomia dell'intero universo. La
brutalità non aveva lasciato scampo né agli
abitanti di Whisperia,
né a molti militanti di Domino; il resto del popolo di
quest'ultimo
pianeta, insieme ai propri sovrani, scomparve nel nulla e venne
trasformato solo in un triste, doloroso ricordo.
Dall'altra
parte, del popolo del pianeta avversario, non si sapeva altro che il
preludio di una strage.
Come
ciò potesse collegarsi ad un'eventuale vendetta che le Trix
avevano
in mente – e che Icy si era preoccupata di mettere in atto
–
rimaneva ancora un mistero; la fata non aveva abbastanza informazioni
per formulare una probabilità abbastanza elaborata che
giustificasse
le azioni della maggiore. Doveva essere di più di una
semplice
vendetta, la strega del ghiaccio – per quanto potesse
sembrarlo –
non era così mentalmente chiusa ad una sola
opportunità.
Qualcosa
di importante le stava sfuggendo in tutto ciò, ma si
rassicurò che
l'avrebbe scoperto a breve.
Tecna
proseguì per la via, superando in volo i paesani indaffarati
nel
preparare le provviste destinate all'esercito; osservando dall'alto
la strada per la capitale doveva essere piuttosto lunga. In
quell'ampia e meravigliosa superficie cercare il nuovo Dio –
senza
poter chiedere a nessuno, data la sua forma eterea e quasi
inesistente – era come trovare un ago in un pagliaio: poteva
essere
ovunque, poteva nascondersi in qualsiasi meandro senza che la fata ne
conoscesse l'entrata.
Di
sicuro celarsi nella propria tana come un coniglio non era un
atteggiamento degno della strega, ma, date le circostanze ed il suo
'non volere altri problemi fra i piedi' non era
un'eventualità
da definirsi scartabile.
Eppure,
la capitale sembrava il luogo più adatto a nutrire il suo
ego
immenso.
La
fata di Zenith prese quota, domando il vento che ora si era alzato
leggermente, sibilando e soffiando con poca grazia i numerosi campi
coltivati sotto di sé.
L'effetto
sorpresa, finora dalla sua parte, cominciava a scemare ad ogni
movimento della lancetta dei minuti, la possibilità di
essere
scovata ancor prima che lei riuscisse a scovare la sua avversaria
aumentava esponenzialmente. L'alta torre dell'orologio che
troneggiava sulla capitale si faceva sempre più vicina, man
mano che
la velocità di volo della fata aumentava; la splendida
città dai
tetti in tegole rosse comparve alla sua vista da una selva di scuri
aghifoglie; divisa in due parti da un torrente posto sul fondo di una
profonda gola di pietre nere, era stata costruita al ridosso del
versante destro di quello che doveva essere il monte più
alto
dell'intero pianeta.
I
vigneti, addossati uno all'altro, parevano costruire una fitta rete
di passaggi nella parte alta tramite i loro numerosi terrazzamenti; e
ad osservare le vie e le abitazioni dalla sommità, un
lussuoso
palazzo in marmo, con svettanti guglie ed eleganti archi a sesto
acuto.
Lo
splendore e la prosperità di cui la capitale godeva erano
ora
leggermente incrinate, disturbate dai movimenti dell'esercito di
maghi e streghe, intenti a prepararsi all'imminente attacco. Anche se
il loro movimento era perfettamente ordinato, la città ne
era
visibilmente scossa in tutto il suo procedere giornaliero; la gente
comune stentava a varcare la soglia di casa, le serrande erano chiuse
a protezione delle finestre.
Tecna
scese lentamente, fino ad arrivare al livello dei tetti: la calma con
cui veniva pianificato il muoversi e le azioni di un numero simile di
esseri magici era profondamente innaturale. Lo stratega che parlava
con una calda e profonda voce aveva gli occhi ricolmi di paura, le
labbra rosee, di una forma così famigliare,
si muovevano
lentamente e con fare quasi ipnotico.
L'uomo,
che dal vestiario doveva essere re Endon, si passò una mano
sui
corti capelli biondi, chiudendo per un attimo i suoi gentili occhi
azzurri per riflettere sulle conseguenze che le sue manovre di guerra
avrebbero portato.
Come
una persona simile potesse essere accusata di favoreggiamento delle
Antenate e di alto tradimento, alla fata della tecnologia pareva ora
impossibile.
Ma
mai giudicare dalle apparenze.
Avrebbe
avuto modo di osservarlo più da vicino senza farsi notare,
se non
fosse che qualcosa – o qualcuno
– si era già accorto
della sua presenza. Come un lampo, un dolore lancinante la colse al
fianco sinistro, facendole perdere rapidamente quota; qualche tegola
cadde prima di lei, ma nessuno, nello stretto vicolo lastricato,
sembrò accorgersi di nulla.
Con
un intervento provvidenziale, Tecna riuscì a frenare la sua
caduta
tramite una rete elettrica appena prima che raggiungesse il suolo e
ci rimettesse i polsi. O, addirittura, la vita.
Non
poteva avere dubbi su ciò che l'aveva colpita; con un
leggero
sforzo, si alzò in volo e si gettò ad ali
spiegate all'interno
della foresta.
III.
“Cosa
speravi di ottenere venendo fino a qui?”
Icy
coprì con qualche breve passo la distanza che la separava
dal corpo
disteso della sua avversaria. La osservò con sufficienza e
l'ombra
di un sorrisetto compiaciuto comparve sul suo viso.
Tecna
si alzò a fatica, puntando i suoi occhi color della giada
imperiale
nel freddo sguardo della strega del ghiaccio; ancora non riusciva ad
oltrepassarne le iridi, nel loro riflesso vi regnava solo un gelido
vuoto.
“Ritengo
completamente inutile rispondere ad una domanda simile, Icy.
–
disse, pulendosi con il pollice una goccia di sangue che, con
un'estrema lentezza, stava scivolando dall'angolo della sua bocca,
fino al mento – Sai perfettamente perché sono
qui.”
La
strega estrasse una sigaretta dal pacchetto, afferrandone il filtro
direttamente con le labbra, ed in tutta tranquillità se la
accese;
il fumo si librò nell'aria, salendo qualche metro sopra di
loro e
bramando il cielo come una nottola dopo il suo primo volo, per poi
disperdersi fra gli alti rami dei pini.
“Ti
chiedevo un motivo ragionevole, fatina. Conosco già i
dettagli del
tuo piano suicida, ma speravo che fossi abbastanza intelligente da
stare al tuo posto.
Ammetto
che la tua tenacia e la tua resistenza mi hanno stupita: sei riuscita
a sopravvivere ad un reset come quello, di certo non è da
tutti;
tuttavia, fossi in te, mi fermerei qui e non oserei interferire
oltre.
Sai
quanto odio essere interrotta nel mio operato.” le disse, la
voce
monotona e dal tono basso la fecero rabbrividire appena, ma non era
per spaventarsi e gettare la spugna che aveva compiuto il pericoloso
e faticoso viaggio che l'aveva portata fin lì.
Portatasi
in posizione eretta, la fata della tecnologia analizzò
velocemente
le ferite subite nel breve scontro con la nemica: l'unica degna di
nota era il taglio, abbastanza profondo, – che aveva
riportato al
fianco sinistro dopo essere stata colpita da quella che aveva
identificato come una grossa scheggia di ghiaccio – che aveva
curato alla buona con un incantesimo a basso consumo magico per
evitare di perdere troppo sangue.
Anche
se la sua forma era pressoché evanescente, il dolore era
più che
presente. Al momento dell'impatto non aveva avuto alcun sospetto su
chi aveva lanciato l'incantesimo; una sola persona in tale luogo
poteva vederla e colpirla, la stessa che ora aveva estratto un
prezioso pugnale di ghiaccio, dalla lama trasparente e dal manico
scuro; delle rune attraversavano per intero il metallo smaltato
dell'impugnatura fino alla guardia.
“E'
una follia. – cominciò Tecna, capendo fin troppo
bene l'idea che
si stava formando nella mente della strega dai capelli bianchi e
prendendo qualche passo indietro – Un'azione simile
distruggerà
tutto ciò che hai creato.”
“Eppure
ne hai paura. Non sei sicura nemmeno del ragionamento che stai
elaborando.” rispose l'altra, passando lentamente il dito
indice
sul piano lama e staccandolo solo quando avesse bisogno di prendere
un altro tiro. Gustandosi il momento con uno spiccato sadismo, si
avvicinò con un lento passo cadenzato, osservando con
piacere che la
fata aveva smesso di indietreggiare e finalmente si era decisa ad
affrontarla.
“Non
ho paura. Semplicemente non posso essere sicura di cosa tu possa
fare: il folle è colui che bisogna temere maggiormente, per
la sua
imprevedibilità e la totale mancanza di empatia.
Conosco
già la tua tendenza ad autodistruggerti, non dubiterei di
una mossa
che provi contro il tuo stesso piano.” sentenziò
la ragazza dai
capelli rosa, evitando di respirare il fumo, ormai così
vicino al
suo volto.
“Tuttavia,
c'è ancora qualcosa che non riesco a capire –
continuò, reggendo
il più possibile l'impenetrabile sguardo della strega
– Non
capisco cosa ci sia sotto a tutta questa farsa della
vendetta.”
“In
realtà non hai compreso nulla, fatina. Non conosci
minimamente
l'appagamento che osservare Domino subire il suo destino, senza
potersi salvare in nessuna maniera, mi dona.
Una
rara sensazione che non avrei potuto che provare una volta sola;
invece, ora, il mio corpo viene investito da cariche di adrenalina
simili ogni volta che un Ritorno giunge al suo termine.
Tutto
ricomincia, il terrore sottomette la Dimensione Magica e tutti i
regni ottengono esattamente ciò che si meritano; il sangue
versato
dagli abitanti di Whisperia non sarà che una goccia di
ciò che la
Compagnia della Luce ed i loro sostenitori perderanno durante la
battaglia contro le Streghe Antenate.
E'
ancora meglio che evocare l'Armata Oscura, l'effetto di morte e paura
risulta efficace ed immediato. E, come tu stessa hai potuto appurare,
si tratta di un metodo infallibile ed inarrestabile.”
rispose, un
bagliore sinistro si fece strada nelle sue pupille, mentre rimanevano
fisse sul volto leggermente contratto della sua avversaria.
L'espressione
trionfante che Icy mostrò, tuttavia, non durò
più di dieci
secondi; lontani sibili di attacchi magici saettarono nell'immobile e
pesante aria, facendo voltare di scatto la strega verso la capitale.
L'offensiva
fu talmente veloce da avvolgere nel caos che generava anche la
tranquilla foresta in cui sostavano. In grandi lingue di fuoco che
sollevavano colonne di fumo nero verso il cielo, le colline ad est
ardevano terribilmente. Non rimaneva molto tempo, l'esercito di
Domino aveva sferrato il suo primo attacco.
Entrambe
rimasero immobili ad osservare la scena per qualche attimo, la forza
con cui le fiamme divoravano la steppa, seguita da un gran numero di
uomini in armatura, era ben percepibile anche a tale distanza.
“Ora
getta la maschera, non abbiamo tempo da perdere in altre menzogne. E'
evidente che, nonostante tutti questi anni, la sconfitta del tuo
pianeta non ti sia totalmente indifferente.” disse Tecna,
mantenendo comunque una distanza di sicurezza dalla nemica, ancora
voltata verso il macabro spettacolo che si stava svolgendo poco
lontano. La sua postura non fece che irrigidirsi a tali parole, la
stretta sul pugnale si fece più ferrea; in un movimento
fulmineo il
freddo filo della lama lacerò la pelle della fata di Zenith,
affondando lentamente nella carne.
Il
caldo sangue riprese a sgorgare dal suo corpo, qualche grossa goccia
macchiò la purezza del ghiaccio e la candida mano che lo
reggeva.
“Questa
volta ti devo dar ragione, fatina. – con la mano libera, Icy
si
accese un'altra sigaretta, inspirandone a pieni polmoni il fumo
–
Non abbiamo tempo da perdere.”
Avvertenze
e condizioni per l'uso: ho paura, ho davvero paura dopo
questo.
Non
venitemi a cercare a casa, non uccidetemi, non picchiatemi per la
massiccia dose di radiazioni da headcanon che vi ho sparato contro.
Anticipo
che mi dispiace, mi dispiace davvero tanto.
Spero,
intoltre, che qualcuno abbia capito qualche suggerimento celato fra
le righe, e che magari riesca ad anticipare con la mente gli sviluppi
di quello che, con la probabilità del 95% sarà
l'ultimo capitolo
(sì, perché non finisce qui, ce deve stare ancora
la fineh)
Mi
dispiace, sono tremendamente dispiaciuta.
Ringrazio
Ghillyam che ha recensito lo scorso capitolo.
Ringrazio
anche voi, lettori silenziosi, che vi siete trascinati con me fino a
questo punto, e non temete: lo struggersi finirà presto.
Mary
|
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Capitolo 9 *** Capitolo Otto: L'insostenibile fragilità del Muro di Cristallo ***
Capitolo
Otto: L'insostenibile fragilità del Muro di Cristallo
“Fa'
che qualcuno le copra gli occhi. Non c'è alcuna
dignità nella
morte, per quanto onorevole possa apparire.”
I.
Mantieni
la concentrazione, non lasciare che il Loop scivoli fuori dalla tua
portata come sabbia fra le dita.
Ad
occhi chiusi, Icy respirava profondamente, esternando le distrazioni
con l'espirazione e passando delicatamente i polpastrelli sulla lama
insanguinata del pugnale, che reggeva ancora nella mano sinistra. Il
crepitio del fuoco era ormai lontano, distante, irreale; se voleva
evitare che tutto si destabilizzasse, non doveva alzare le palpebre.
La
sigaretta, ancora accesa nella sua mano destra, faceva elevare una
piccola colonna di fumo dalle braci, ricordando il lento processo di
combustione dell'incenso.
La
foresta, ancora intatta attorno al suo corpo, restava completamente
immobile, l'innaturale assenza di vento rendeva l'atmosfera
leggermente più pesante del solito; l'aria era spessa ed
intrisa di
un forte e pungente odore di sangue.
Proseguire
con ciò che aveva iniziato risultava l'atto più
coerente che
potesse compiere, anche ricorrendo al reprimere l'ultimo accenno di
una qualsiasi emozione che la tenesse legata a tale luogo.
Emozioni,
pff.
Da
quanto non usava un termine tanto inutile quanto patetico.
Che
stesse cominciando ad allentare il suo controllo su di esse? Che
stesse raggiungendo un punto di non ritorno, un limite, oltre al
quale le sue difese sarebbero esplose in mille pezzi?
L'albina
scosse la testa, nel suo petto tornò a regnare il vuoto
più
assoluto.
Balle.
Senza
aprire gli occhi strinse il filtro della sigaretta fra le labbra e ne
inspirò il fumo a pieni polmoni, lasciandolo poi uscire
lentamente
dalla bocca dischiusa. Al momento, le conveniva non perdere tempo e
riparare le falle del Loop, prima che il danno fosse divenuto
irrimediabile.
La
mente leggera, talmente concentrata ad infondere energia nei suoi
sforzi, cominciò a darle uno spiacevole senso di nausea, ma
poco
importava: aveva imparato a sopportare di peggio, non avrebbe
permesso ad un semplice capogiro di compromettere tutto il lavoro di
un decennio. Come non si era fermata davanti a nulla in precedenza,
di certo non si sarebbe fermata ad una semplice difficoltà
fisica.
La
via per difendere i propri egoistici interessi era sempre stata
particolarmente difficoltosa, e nonostante ciò non era stata
frenata
nemmeno una volta; una strega otteneva sempre ciò che
voleva. Le
parole della madre – seppur offuscate dal controllo che le
Streghe
Antenate esercitavano sul suo corpo – si erano rivelate la
più
profonda e nascosta verità.
E
per ottenere ciò che voleva, la strega doveva tagliar fuori
ciò che
avrebbe potuto ostacolarla: le emozioni, prima di tutto.
Isolare
sé stessa ed i propri segreti dietro ad un muro di
cristallo,
quindi, non era stato particolarmente problematico. Con la sua
crescita, erano cresciute anche le sue difese, guadagnando in altezza
ed in spessore.
La
realtà esterna era oramai
divenuta
solo un lontano e
poco nitido ricordo.
Le
fiamme stavano raggiungendo la capitale, ma i forti suoni e le urla
le arrivavano all'udito come rumori ovattati, frenati dall'invisibile
e resistente parete che separava la mente dall'inconsistente spazio
circostante.
Erano
solamente memorie, così doveva accadere; nulla al mondo
poteva
essere ottenuto senza un minimo sacrificio.
Nel
rapido sgretolarsi del Quinto Ritorno, non aveva tempo per perdersi
fra i ricordi del terribile fuoco che lei stessa, da schifosa
codarda, si
era lasciata alle
spalle, fuggendo a piedi scalzi per
la pineta. Non aveva nemmeno il tempo per pentirsene.
Prendendo
un bel respiro, mosse le labbra in qualche sussurro per dare inizio
all'incantesimo; la Fiamma del Drago da lei assorbita per sistemare
il funzionamento del Loop cominciò a rispondere alle flebili
parole,
reagendo alla massiccia quantità di magia nera che la
investiva.
Il
calore cominciò a diffondersi in tutto il suo corpo, lo
sforzo per
contenerlo fece colare qualche piccola goccia di sangue dal naso alle
delicate e rosee labbra; l'aveva già fatto in precedenza,
mantenere
l'equilibrio di tali forze logorava leggermente la sua magia
dall'interno, ma le conseguenze erano altamente contenibili da chi,
come lei, la sapeva padroneggiare perfettamente.
Il
respiro si fece più affannoso, lo scuro liquido rossastro
più denso
e caldo; ma non bastava ancora a fermarla. Nonostante la presenza di
tale liquido nella sua bocca, continuò a sussurrare
l'invocazione,
concentrando l'energia ed il potere nelle proprie mani.
Ed
ogni avvenimento, lentamente e faticosamente, pareva tornare al
proprio posto.
Le
ferite che il corso degli eventi aveva subito si stavano
rimarginando, il fuoco divorava l'oscurità dentro al suo
corpo,
crepitava e scoppiettava più dell'incendio poco lontano,
allungando
le sue fiamme come scheletriche dita ad afferrarne e soffocarne la
fonte della magia. Il dolore cresceva in maniera esponenziale, ma le
membra sofferenti riuscirono a mantenersi rigide ed in equilibrio; la
falla era di gran lunga più profonda di quanto si aspettasse.
Eppure
doveva agire come aveva sempre fatto.
Ignorando
il sapore leggermente ferroso sulla propria lingua, Icy
incrementò
l'energia oscura, direzionandola con il pugnale, e strinse
leggermente gli occhi per sopportare maggiormente la fitta che
l'aveva colpita alla testa come un potente attacco di magia bianca.
Ed era esattamente ciò che stava risvegliando la Fiamma del
Drago
all'interno di lei; come una fenice rinasceva dalle
ceneri in cui, per anni ed anni, era stata compressa e soffocata.
Gli
insegnamenti che avevano accresciuto unicamente l'aspetto di magia
nera l'avevano lasciata completamente vulnerabile alla sua opposta:
senza un controllo quest'ultima, invece di spegnersi definitivamente,
aveva affondato le radici in profondità, nell'attesa
dell'inevitabile ribalta.
Suo
padre era stato l'unico nel suo nucleo famigliare a conoscerne i
segreti ed i meccanismi, che non erano mai stati trasmessi
né a lei
né alle sue sorelle; non avrebbe potuto fare altrimenti che
seguire
le indicazioni della madre sulla magia oscura. Inutile rimuginarci
sopra e perdersi nei distanti e freddi ricordi passati; era
pressoché
impossibile creare una nuova memoria dal principio, si era dovuta
adattare a quelle scarse e sfocate che possedeva già.
Intanto,
la parte luminosa del suo essere, si stava aprendo una strada fra le
ombre; e, colpo dopo colpo, avrebbe preso possesso del suo intero
potenziale magico. Non poteva lasciare che ciò accadesse.
Le
unghie lacerarono la sua candida pelle, affondando leggermente nella
pallida carne al di sotto: lo sforzo per evitare un letale squilibrio
fra le forze si era fatto talmente importante, da costringerla a
provare dolore per potersi mantenere cosciente. Linee rossastre
seguivano l'immediato muoversi delle mani dell'albina sulle proprie
braccia, le lunghe dita affusolate erano tese come le corde di un
violino.
Avrebbe
fatto qualsiasi cosa per non fallire nuovamente.
Un
respiro che non le apparteneva, debole ed agonizzante, le fece
correre un leggero brivido lungo la colonna vertebrale.
“A
quanto pare… Alla fine sono riuscita comunque a toglierti
una buona
percentuale di possibilità di successo.”
Incapace
di muoversi, Tecna giaceva in una pozza di fittizio sangue, i suoi
occhi color della giada si intravedevano appena nel verdeggiante
sottobosco; lentamente e dolorosamente, la sua anima combatteva per
evitare di cedere alla più oscura follia dell'avversaria.
“Taci.
– rispose velocemente l'altra, senza sollevare le palpebre
dai
vuoti occhi color ghiaccio – Sei morta, non dovresti
parlare.”
Un
faticoso sospiro precedette il breve silenzio; poi la fata
parlò di
nuovo.
“Guardati,
Icy. Se qualcun altro dovesse vederci, crederebbe che quella in
procinto di morire sia tu. Aggrappandoti il tal modo al passato
finirai per consumarti, finché di te non rimarrà
che un guscio
vuoto.”
“Credi
che me ne importi qualcosa? – questa volta il tono della
strega era
più alto del solito – Proseguirò con
ciò che devo fare, a
qualunque costo. Non cercare di comprendermi con i tuoi insulsi
ragionamenti da fatina buonista.”
Un
secco colpo di tosse seguì la frase; stretta nelle spalle,
Icy
rafforzò la presa delle unghie sulla sua pelle. Qualche
goccia
scarlatta macchiò il suolo, riflettendo nei suoi tratti
più chiari
il minaccioso bagliore delle fiamme.
“Non
cerco di capire, capisco già fin troppo. Tutto questo, il
mondo che
hai messo in piedi come un assurdo spettacolo di marionette che tu
sola puoi manovrare, non è che un patetico capriccio per
compiacere
il tuo enorme ego, per rimediare ad ogni fallimento che ti abbiamo
procurato. Non è forse-
La
lama ruotò di novanta gradi, strappando un rantolo di dolore
dalla
fata di Zenith. L'albina era piombata su di lei come un falco sulla
propria preda, negli occhi ora aperti dominava solo un'implacabile
desiderio: uccidere.
“Ma
cosa vuoi capire tu?” la sua cupa voce
fendeva la pesante ed
immobile atmosfera. La lama ruotò nuovamente, il dolore
pervase
prepotentemente il corpo di Tecna, portandola sull'orlo del collasso.
“Cosa
vuoi capire. Puoi fare quante supposizioni vuoi, senza mai arrivare
ad una risposta che si avvicini minimamente alla
verità.”
Troppo
debole per rabbrividire all'inquietante tonalità con cui le
parole
le arrivarono all'orecchio, la fata si limitò a sospirare.
“Vivi
in talmente tante menzogne che non la conosci neanche tu, questa
verità.”
La
sofferenza le stava annebbiando la mente, il colpo finale non fece
che svegliarla; il coltello affondò ulteriormente nelle sue
carni,
l'epilogo doveva essere vicino.
“I
morti non parlano, fatina.” concluse la strega, estraendo il
pugnale e preparandosi a finirla; avrebbe preferito torturarla
maggiormente, ma il tempo era carente in tali circostanze.
Seguirono
attimi di attesa, il freddo acciaio della lama sfiorò la
pelle del
collo, vi si appoggiò e restò in posizione. Le
preziose incisioni
sul piano premevano contro la carne, accarezzavano i morbidi capelli.
Tecna
non sentì alcun dolore.
Quando
alzò lo sguardo, il prezioso pugnale di ghiaccio era ancora
sollevato a mezz'aria, fra le piccole e delicate mani di una
fanciulla albina dai grandi occhi blu, leggermente sgranati ed
incapaci di nascondere una punta di sorpresa.
Una
spada premeva la propria lama pericolosamente contro il suo sottile e
bianco collo; la preziosa elsa dorata e rossa faceva parte di un
ricordo della fata, ma al momento non riuscì a collegarlo
con alcun
impulso presente nel suo cervello.
L'uomo
dai corti capelli castani restava rigido e teso alle spalle della
bambina, osservandola con un'espressione severa. La sua mano non
presentava nemmeno il minimo tremito, sarebbe stata pronta ad agire
in qualsiasi momento.
“Non
osare muovere un muscolo, piccola. E non ti succederà nulla
di
male.” la sua voce era ferma e minacciosa, le parole
rassicuranti
che parve voler pronunciare persero tutta la loro efficacia.
Nei
suoi occhi scuri, colmi di determinazione, la fata della tecnologia
vi riconobbe qualcosa di terribilmente familiare.
II.
L'ennesimo
colpo con il piatto della spada riempì il silenzio, Icy
chinò
nuovamente la testa, sopprimendo un basso ringhio, e cadde nuovamente
in ginocchio. La pallida pelle delle sue gambe si lacerò
nuovamente,
il suolo bruciava al contatto.
“Oritel,
è solo una bambina! Quel colpo era troppo forte.”
lo ammonì
Marion, chinandosi leggermente sull'esile figura per visionarne le
eventuali lesioni.
“E'
la discendente di Belladonna, osservala bene, Marion. Avvertimenti
del genere non la scalfiscono minimamente; dobbiamo stare attenti con
lei, nonostante sia estremamente giovane ha un grande
potere.”
rispose Oritel con risolutezza, mantenendo il suo deciso sguardo sul
dolce viso della moglie.
Una
delle numerose crepe creatasi sul cielo, si fece più
profonda, la
testa della strega dai capelli bianchi pulsava e doleva.
Attendendo
il momento opportuno tentò nuovamente di ribellarsi alla
presa del
re di Domino, ma ottenne solo un altro incontro ravvicinato con
l'acciaio magico della lama.
Un
frammento di volta celeste rovinò a terra, frantumandosi in
un
migliaio di schegge lucenti; uno dei pini si schiantò al
suolo, ma
ai sovrani avversari parve non interessare affatto.
Così
come l'albero, anche il corpo dell'albina si accasciò
sull'umido
terriccio; le sue mani sfiorarono il soffice muschio che era
cresciuto sul picco di una roccia. Inspirò a pieni polmoni
il forte
odore del sottobosco, i suoi occhi si bagnarono leggermente,
distorcendole la vista.
Stupido
corpo da mocciosa.
“Oritel!”
fece la regina di Domino, il tono accentuato dalla disapprovazione di
tale gesto.
“Lo
so, lo so, non dovrei. Le guardie arriveranno presto e mi
preoccuperò
che la piccola venga curata, non struggerti così.”
le rispose il
marito, addolcendosi visibilmente ed abbassando la spada al suolo.
Non avrebbe voluto arrivare a ciò, ma con le discendenti
delle
Antenate rischiavano anche troppo.
Per
non parlare del fatto che ne avesse trovata soltanto una.
“Ce
la fai ad alzarti?” chiese debolmente la donna dai capelli
rossi,
l'armatura risplendette leggermente alle fiamme mentre si avvicinava
al corpo della bambina. Quest'ultima puntò i gomiti a terra,
tirando
su il busto e voltandosi ad affrontarli.
L'atteggiamento
freddo e distaccato, tipico della sua forma quasi adulta, aveva
abbandonato completamente il fragile corpo, lasciando il posto ad un
sincero sgomento, che faceva tremare leggermente le sue azzurre iridi
mentre esse incontravano il caldo sguardo di Marion.
“Non
ho bisogno di aiuto.” nonostante lo sforzo per infondere
decisione
nella voce, le parole uscirono tremanti ed insicure. Era
preferibile che, ora come ora, evitasse di fare troppo affidamento
sulla propria magia; ad un'età simile, anche se era in grado
superare di gran lunga la conoscenza magica delle sue coetanee, non
avrebbe avuto alcuna possibilità contro i sovrani.
Per
quanto le costasse ammetterlo.
Lasciando
scorrere il corso degli eventi, ne sarebbe uscita senza troppi danni.
Rivolse
un veloce sguardo con la coda dell'occhio a Tecna; il suo petto si
alzava ed abbassava lentamente, le sue palpebre sbattevano ancora con
regolarità.
“Quanta
tenacia inutile” si ritrovò a pensare, storcendo
il grazioso viso
in una lieve espressione di disgusto e sufficienza. La fata era
ancora viva, e non aveva intenzione di lasciare il suo mondo molto
presto.
Almeno,
non finché fosse riuscita a sventare il piano
dell'avversaria: cosa
che non sarebbe mai successa.
Non
l'avrebbe mai permesso.
“Ah,
eccole. Tieni la distanza, Marion.” disse Oritel, compiendo
un
ampio passo indietro. Fra i fitti aghi, iniziava ad intravedersi un
piccolo gruppo di figure in armatura dorata; soltanto uno di loro
splendeva nell'argento e nel blu della sua divisa, mentre camminava
mesto e con le mani intrecciate dietro la schiena.
La
fata della tecnologia si sollevò sugli avambracci
– mordendosi il
labbro per sopportare il dolore al ventre e per non attirare
l'attenzione dell'albina su di sé – e socchiuse
gli occhi per
mettere a fuoco la scena; il chiaro metallo splendeva come non mai
alla luce della capitale, ormai quasi completamente divorata dal
fuoco.
“Ha
accettato le condizioni, Vostra Maestà.”
parlò la guardia dal
lungo mantello rosso – probabilmente uno dei generali
– esibendo
un leggero inchino verso il proprio re.
Icy
rimase immobile, i nervi tesi e pronti a scattare: il comportamento
insolito insospettì non poco la fata, ma attese, prima di
giungere a
conclusioni affrettate.
“Bene.
– disse Oritel, sfoderando la propria spada con un lento ed
elegante movimento – Sai che sono un uomo di parola. Ed io so
che
farai ciò che è giusto.”
L'uomo
dall'armatura argentata si fece avanti con coraggio, nonostante le
sopracciglia leggermente aggrottate suggerissero un timore profondo e
mal celato; un taglio sulla fronte, dal quale era colato del sangue,
ormai secco, lungo il setto nasale, aveva deturpato appena il suo
gentile viso. Le iridi chiare, completamente diverse dalla prima
volta in cui le aveva viste, avevano ora perso anche il minimo
bagliore di speranza.
Nonostante
il liquido rosso stonasse con la compostezza che era solita
caratterizzare la sua figura, Tecna non poté evitare di
riconoscerci
Re Endon.
Prima
di rispondere, Endon deglutì abbastanza rumorosamente;
qualche
goccia di freddo sudore gli colò dalle tempie, scostando dei
deboli
frammenti di sangue e polvere. Un'ombra di preoccupazione aleggiava
sul suo viso, oscurandone i lineamenti delicati.
“… Non
fare del male a mia figlia, te ne prego. Lei non ha alcuna
colpa.”
“Non
la ucciderò, non sono stato io il mostro che ha appoggiato
le
Antenate nella loro oscura follia.”
Il
biondo chinò leggermente il capo, ma non osò
rispondere a tale
accusa; probabilmente aveva espresso le sue ragioni molto tempo
addietro, ragioni che erano state rifiutate e condannate dall'intera
Dimensione Magica. I suoi occhi si puntarono sulla bambina in un
dolce tentativo di rassicurarla; sciogliendo le mani da dietro la
schiena, si slacciò con pochi movimenti il fodero della
spada,
facendolo ricadere ai suoi piedi in un ultimo atto di resa.
“Padre,
non...” sussurrò l'albina, il suo tono
così diverso dalla sua
solita fredda e tenebrosa voce suonò completamente
innaturale
all'udito della fata di Zenith.
Eppure,
risultava essere l'evento più naturale di tale inaspettata
situazione.
“Non
preoccuparti, Icy. Andrà tutto per il meglio.”
disse il re di
Whisperia, accennando un sorriso forzato per tranquillizzarla.
A
quelle precise parole, invece, lo sguardo della strega divenne
completamente vuoto. Succedeva talmente raramente, che chiunque
l'avesse conosciuta per ciò che in realtà era,
avrebbe pensato che
fosse sull'orlo di un esaurimento nervoso.
Restò
immobile, mentre ciò che aveva compresso ed accumulato per
anni
risaliva le sue viscere come un bruciante vomito, e le guardie la
facevano alzare dal suolo. Le ginocchia sbucciate, la testa che le
doleva erano ormai un problema superato.
Endon
mosse qualche passo a testa alta, si diresse lui stesso verso il suo
destino; la spada di Oritel, tesa verso di lui, si faceva sempre
più
vicina.
“Ti
concedo un ultimo desiderio: in nome della nostra antica
alleanza.”
disse il re di Domino, mantenendo con fermezza la spada tesa verso il
suo nemico.
Quest'ultimo
non esitò nemmeno per un secondo.
“Fa'
che qualcuno le copra gli occhi. Non c'è alcuna
dignità nella
morte, per quanto onorevole possa apparire.”
Alla
strega dai capelli bianchi, a quel punto, non era rimasto
più alcun
autocontrollo; quando Marion si avvicinò per posare le sue
morbide
mani sulle bianche ciglia della piccola, questa la scartò di
lato e
si apprestò a caricare Oritel, talmente vicino da non
accorgersi del
fulmineo movimento.
Almeno,
non finché la sentenza che stava per eseguire sul proprio
avversario
si abbatté invece sull'esile e candida figura. E tutto parve
fermarsi.
La
seta del leggero vestito bianco ondeggiava armoniosamente nella
caduta, tingendosi di un impuro color porpora; le lattee ciglia si
mossero un paio di volte, prima di calare dolcemente sulle opache
iridi azzurre.
In
un'innaturale luce dai toni freddi, la pelle dell'albina si fece
ancora più pallida, le labbra una volta rosee persero in
fretta il
loro colore. Le tonalità del suo corpo parvero sparire
gradualmente;
resistette solo la rossastra macchia sul tessuto.
E,
quando il corpo toccò il suolo, un tonfo sordo
echeggiò per tutta
la pineta. Come una lastra di ghiaccio troppo fragile, il suolo
cominciò a creparsi, incapace di sostenere tale peso. Falde
sempre
più profonde laceravano il cielo a tal punto che grossi
pezzi
rovinarono nel nulla, portando con sé le fiamme, la
capitale, le
montagne, e la piacevole fragranza di resina che sovrastava di poco
il denso odore di sangue.
Tecna,
ormai completamente guarita dall'assalto precedente, si alzò
in
volo; approfittando dell'episodio era riuscita a curare le proprie
inconsistenti ferite, sostituendo il suo etereo corpo con codici che
non fossero stati danneggiati dalla magia.
La
consapevolezza del successo ottenuto non la colse come, secondo la
sua immaginazione, avrebbe dovuto fare; l'aver scoperto in tale modo
il vero fondamento del Loop le aveva prosciugato completamente gli
impulsi emotivi.
Sostava
a mezz'aria, vuota, conscia di non aver mai creduto che Icy, una
delle streghe più temute della dimensione magica, capace di
mentire
senza lasciar traccia e di uccidere senza rimorso, le sarebbe potuta
sembrare così umana.
Ecco
che il suo affannarsi a nascondere la causa prima per l'attuazione di
un incantesimo simile aveva finalmente trovato un senso nella mente
della fata. La parete che aveva innalzato come protezione dalla
realtà, non aveva fatto altro che chiuderla in un angusto e
buio
spazio, in balia delle sue logoranti memorie.
Innalzandosi
al posto di Dio, non aveva fatto altro che esporle; le
responsabilità, proseguendo nel suo ostinarsi a ripercorrere
i
propri ricordi, erano diventate troppo pesanti da sopportare.
Mentre
tutto giungeva al suo definitivo termine, Tecna pensò che le
sofisticazioni con cui lei e le sue compagne l'avevano sempre vista
erano state totalmente inutili; in fondo, non era nulla di
più che
una ragazza, per quanto complicata potesse apparire.
E,
come tale, aveva qualche ancora sepolta in profondità che,
se
scoperta, l'avrebbe fatta affondare con sé.
Avvertenze
e condizioni per l'uso:
Okay,
okay, so già scrivendo il testamento.
Ma!
Non temete, ci sarà un epilogo, anche se ormai tutto
è finito. Così
come la mia vita coff coff.
Mi
scuso di nuovo per la massiccia dose di radiazioni da headcanon che
vi ho propinato anche sta volta, e spero almeno di essere stata
chiara; altrimenti, chiedete pure e risponderò ad ogni
vostra
domanda (salvo che sia un eventuale spoiler dell'epilogo
perché
anche no).
Inoltre,
mi dispiace. O forse no.
Avevo
un mucchio di cose da dire prima di cominciare a scrivere le note,
ma, come ogni volta, mi dimentico di farlo. Sono un fucking disastro.
E'
stata una fanfiction faticosa, l'ho sudata dalla prima all'ultima
riga (escluso l'epilogo) e spero di essere cresciuta con essa, spero
di avervi portato qualcosa di apprezzabile e piacevole, per quanto
l'angst permetta una lettura piacevole.
Sono
solo felice pensando che, anche solo una persona, possa essersi
affezionata a tale schifezzuola e che, anche una volta finita, possa
tornare a leggerla e a provare le emozioni che aveva provato la prima
volta, anche se in minore intensità. Come succede a me, con
le
storie che hanno preso un posto speciale nella mia memoria.
Come
di consueto, ringrazio TheSeventhHeaven, Ghillyam
e
Tressa per aver recensito lo scorso capitolo.
Ringrazio
anche voi, lettori silenziosi che avete seguito la storia fino a qui.
Non
temete, l'epilogo arriverà presto ed il peggio è
passato.
Forse.
PS: Mi sono dimenticata di dire che ho stra paura che la nostra vaccona (alias la regina del Gelato Artigianale) sia abbastanza OOC. Quindi uhm, mi scuso un sacco se ho rovinato tutto *fugge*
Mary
|
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Capitolo 10 *** Epilogo: La Decadenza delle Memorie ***
Epilogo:
La Decadenza delle Memorie
I
frammenti lasciati da un tetro finale
I.
Una
leggera aroma d'arancio riempiva l'angusto locale in legno chiaro,
combattendo prepotentemente contro l'odore umido del muschio.
Il
tutto contrastava il pesante senso di nausea, alleviava il dolore.
Nelle
vuote stanze qualche goccia d'acqua produceva l'ormai unico rumore
presente; la pioggia, al di fuori, stava lentamente trascinando
l'edificio in un'inevitabile decadenza ed abbandono.
Quanti
anni erano passati?
A
giudicare dalle condizioni del legno, una decina. Forse anche di
più.
Quella
dimora era ben lontana dall'epoca in cui i suoi muri echeggiavano di
voci, risate ed incantesimi. Così distante da ormai
conservare
solamente il lezzo di morte che si levava dai dintorni.
Del
sangue era stato versato, e sarebbe tornato allo stesso modo a
bagnare il soffice terriccio in cui il cottage affondava le sue
radici.
Tecna
non riuscì immediatamente a ricordare con esattezza come
fosse
arrivata in tale oscuro luogo, ma trovò la forza di tirarsi
a sedere
per poter fissare il proprio sguardo su qualcosa di differente
rispetto alle travi di legno atte a reggere il soffitto.
Non
riconobbe il posto, non avrebbe mai potuto farlo in quanto non
apparteneva né al suo passato, né al suo
presente; ma identificò
la sottile fragranza proveniente da un singolo barattolo di vetro,
posto orizzontalmente a ridosso di una delle pareti della stanza.
La
stessa che, nelle ultime quarantotto ore aveva etichettato come un
pericolo da evitare nell'immediato. La pelle di Icy ne era talmente
intrisa che nemmeno il fumo, e le sostanze nocive che conteneva,
avrebbe potuto sovrastarla.
Il
poroso tappo di sughero aveva assorbito parte del liquido,
velocizzandone l'evaporazione; la boccetta doveva essere molto
più
recente, fatto che non suonava per niente come una buona notizia per
la fata della tecnologia.
Si
guardò intorno sospettosa, facendo attenzione ad ogni minimo
rumore
che potesse tradire chiunque – al 95% delle
probabilità poteva
affibbiare un nome a tale 'chiunque' –
avesse lasciato l'oggetto incustodito, ammettendo che si trovasse
ancora nei paraggi.
Un
flebile tintinnio delle campane tubolari attirò la sua
attenzione,
portandola alle finestre sprangate in modo spartano. La fioca luce
dell'esterno penetrava dagli spiragli fra le assi inchiodate alle
pareti.
La
pioggia, ora riflessa negli occhi color giada della fata, andava
diminuendo; non una figura, né un'eventuale presenza.
Le
campane si sfiorarono di nuovo, ma oltre alla brezza non c'era
nessuno là fuori. Del resto, una violenza cruda e sofferta
era tutto
ciò che al momento occupava la sua testa.
Ignara
degli avvenimenti consumatasi fra le mura del luogo, Tecna si
allontanò dai vetri muovendo qualche passo sul pavimento
scricchiolante.
Quanto
veloce era passato il tempo lì.
Aveva
consumato in fretta il parquet, scrostato la vernice protettiva dalle
pareti; aveva portato il rapido invecchiamento, consumando senza
pietà la struttura ed i pochi oggetti rimasti;
Logorando
le memorie.
L'anziana
casa, come gli esseri umani, aveva vissuto, era maturata ed ora si
apprestava a cadere fra le scheletriche braccia della morte. Nei suoi
ultimi attimi la solitudine ed un assordante e violento silenzio
regnavano incontrastati.
Ora
come non mai, la fata avrebbe voluto spogliare il casolare dei propri
segreti; invece si limitò a voltarsi verso la lucente
boccetta di
profumo, ancora adagiata contro la parete. Come attratta da una
sorgente magnetica si avvicinò, chinandosi ad osservare come
il
sottile strato di polvere delineasse il liscio profilo del vetro; il
liquido chiaro, come aggrappato alle pareti, occupava un volume
patetico se messo a confronto con la capacità del
contenitore. Nel
giro di qualche settimana sarebbe scomparso anch'esso.
Respiri
mozzati e rantoli echeggiavano nell'aria, muovendo le immagini, che
l'occhio percepiva in modo confusionario, in una vorticante danza
senza fine.
La
forte sensazione di smarrimento, che aveva attanagliato il corpo
della strega steso sul freddo ed incolore parquet, andava crescendo,
rinnovando la propria invadenza nei pensieri di quest'ultima.
Non
che facesse molta differenza rispetto all'alternativa: 'Allora
è
così che ci si sente a soffocare per un'emorragia interna'.
Deglutendo
un grumo di sangue, Icy si decise a sollevare completamente le
palpebre – i quali movimenti si erano fatti estremamente
lenti,
inducendola in una sorta di dormiveglia.
Dalla
profonda ferita al petto zampillava qualche fiotto di sangue, ad ogni
breve battito del suo cuore – si stupì non poco di
averne uno –
sorprendendo le sue aspettative; dopo aver subito un danno simile non
sarebbe dovuta durare così tanto.
Si
concesse un mezzo sorriso, in quanto la sua tenacia si era dimostrata
un'arma a doppio taglio in una situazione in cui avrebbe voluto
smettere di soffrire in fretta. Una flebile presenza di ciò
che
quarantotto ore prima era il suo grande potere la teneva aggrappata
alla vita, difendendone il possesso dalla propria controparte.
Per
quanto avrebbe resistito? Sarebbe passata a miglior vita in seguito
ad un crudo dissanguamento oppure disintegrata dal suo stesso
incantesimo?
Oh,
ma che importa.
Del
resto, cos'era rimasto di tanto importante per restare?
Aveva
fallito per l'ennesima volta, ed era riuscita a trascinarsene fuori
tutt'altro che illesa; Darcy e Stormy sapevano cavarsela benissimo da
sole, non in un'eventuale conquista della dimensione magica senza un
piano decente, ma per il resto si erano dimostrate grandi abbastanza
da poter proseguire per la loro strada.
Non
che avesse dei particolari pensieri inclini al suicidio,
ma
valutando tutte le eventualità, le probabilità
che potesse
sopravvivere ad una situazione simile parevano estremamente scarse.
Molto,
troppo velocemente i suoi ragionamenti andavano
perdendo la
lucidità; il
sapore ferroso del sangue le invase la gola, impedendole di prendere
anche solo un altro respiro. Forse era stato uno scherzo della
provvidenza a portarla ad una morte simile; le ricordava un
avvenimento ben preciso, ma nel momentaneo delirio della sua mente,
non riuscì a collegare tale sensazione.
Le
iridi opache si mossero velocemente ad osservare le travi del
casolare, accogliente come non era mai stato nei suoi ultimi attimi,
fissandosi solamente sull'umido e marcio legno. Nessuna memoria
attraversò la loro visuale, solo lo scuro bruno del soffitto.
Attimi
della propria vita non sfiorarono la sua mente. Rimase soltanto il
vuoto.
Tanto
meglio, meno sguardi colmi di odiosa pietà a guardarla
mentre
cercava di strisciare verso una morte poco dignitosa; quale
morte era dignitosa?
Vedere
realizzarsi la propria ambizione di crepare nella più
completa
solitudine l'aveva leggermente tranquillizzata; con le labbra che si
coloravano appena per la mancanza di ossigeno, mimò il
principio di
una frase, che aveva udito infinite volte in ventiquattro anni.
Ma,
alla seconda parola, si bloccò. L'immenso sforzo a voltare
la testa
di lato le costò una forte fitta di dolore, ma le permise di
liberare la bocca e la faringe dal denso liquido rosso.
Esso
bagnò il pavimento e sporcò i suoi capelli
bianchi, di nuovo.
Tossendo,
si prese qualche sofferente respiro, godendosi la piacevole
sensazione che l'aria fresca, passando lungo la sua gola, le dava. I
gelidi occhi, di nuovo vigili, puntarono le lucenti schegge di vetro,
dalle quali un liquido chiaro colava ancora verso il parquet.
Stronzate.
Non
ho fatto tutto ciò con il fine di morire per così
poco.
Avvertenze
e condizioni per l'uso:
L'ansia
che sia deludente? Tanta.
Inoltre,
questa robba doveva spiegare cose, ma visto che sono una f**king
moody b**ch ho deciso che comunque volevo tenerla sula vago. E'
divertente come non riesca a mettermi d'accordo nemmeno con me
stessa, fantastico.
Ah,
questa volta non ho messo la divisione in favore di uno scambio fra
Tecna ed Icy nello stesso luogo (una in sogno, l'altra nella
realtà.)
Ci sono
frasi che collegano i
due periodi, collegando strettamente i due mondi a causa del collasso
del Loop; spero non siano difficili da capire.
Vi
ringrazio da morire per aver seguito questa storia, che è
stata un
travaglio fino all'ultimo perché mettere insieme i
ragionamenti di
Tecna con termini appropriati è dura damn. Ma sono felice
che il mio
lavoro e la mia fatica siano state premiate.
Qui
si fa riferimento alla dimora che usarono le Trix in seguito alla
distruzione del loro regno, dove vissero con la madre; ci sono degli
accenni a una determinata scena, ma non ve la scrivo qui solo
perché
vorrei sapere cosa riuscite a dedurre: vi fornirò comunque
una
spiegazione.
Spero
che non vogliate uccidermi perché vi ho deluso/ho fatto un
epilogo
dove non si sa se la nostra testimonial Algida sopravvive o meno, e
che vi siate goduti questa lettura dal primo capitolo fino a qui.
Ringrazio
molto Ghillyam,
TheSeventhHeaven
e Tressa
che mi hanno sostenuta fino a qui, ringrazio chi ha seguito la storia
ed i lettori silenziosi, sperando che abbiate trovato ciò
che
cercavate. Ringrazio anche il mio prof di filosofia che ha spiegato
benissimo Nietzsche, senza il quale tutto ciò non sarebbe
venuto
alla luce.
So
che non vedrai mai questa storia perché rimarrà
segreta (fuhuhuh),
ma grazie.
Ora,
non mi resta che salutarvi, rimandandovi alla prossima.
Perché
sì, tornerò.
Mary
Una
comunicazione di servizio:
il mio nick presto cambierà da Still_Sane a Mary Rosemary
Ps:
Non volendo lasciare il dubbio logorante per aver deciso di rimanere
vaga ed inconcludente (evviva me) vi rivelo la frase rimasta alla
seconda parola sulle labbra di Icy.
Andrà
tutto per il meglio.
La
frase che il padre le ha rivolto nel capitolo precedente e che nel
corso di tempo normale sarebbe la sua ultima frase, prima che lei
fugga con la madre e le sorelle dalla capitale. Piano con i forconi.
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