L'amore vero non accetta maschere

di Elisagemma
(/viewuser.php?uid=941451)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'inizio di tutto ***
Capitolo 3: *** Ritorno all'Opera ***
Capitolo 4: *** In una sera di trent'anni fa ***
Capitolo 5: *** Un paziente insolito ***
Capitolo 6: *** Litigio ***
Capitolo 7: *** Scene di convivenza ***
Capitolo 8: *** Storie del passato ***
Capitolo 9: *** Come il canto della sirena ***
Capitolo 10: *** I resti del passato ***
Capitolo 11: *** Sorpresa ***
Capitolo 12: *** Preparativi ed imprevisti ***
Capitolo 13: *** Matrimonio alla Madlaine ***
Capitolo 14: *** Un sorriso ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Prologo

C'era una donna seduta su una panchina di pietra bianca, in un giardino, sotto ad un grande salice; era vestita tutta di nero e aveva lo sguardo spento, rivolto verso l'orizzonte, teneva in mano una rosa rossa con un nastro nero, secca, specchio di  passata, di una giovinezza perduta.

Negli occhi verde foglia di quella donna ormai anziana brillavano due lacrime limpide come gocce di rugiada, nei loro riflessi si poteva leggere tutta la sua storia, come sulle pagine di un libro, una lunga esistenza costellata di tanti avvenimenti e di ricordi, tanti, alcuni più dolorosi e altri più felici.

Se ci si fosse fermati a guardare i suoi occhi stanchi del colore delle foglie bagnate dalla rugiada avremmo potuto intuire tutta la malinconia nascosta nel cuore di quella donna con le mani avvizzite dal tempo come i petali del fiore che carezzava con le dita e i capelli ancora lunghi ma bianchi come la neve. Ma il mio sguardo si posò più in basso, su quella bocca che era stata il sole della mia infanzia, la mia mamma sorrideva, come sempre, ma quel sorriso era diverso da quello che sfoggiava di solito, era allo stesso tempo dolce e amaro, un sorriso sereno, molto più del solito e sapevo che dietro a quella dolce nostalgia nascondeva qualcosa di grande che io non ero in grado di smascherare, ma una cosa la sapevo, dietro a quel sorriso c'era qualcosa che riguardava mio padre.

Di lui non sapevo quasi niente, sapevo solo il suo nome, Erik, e che era un grande musicista, sapevo che sapeva fare molte altre cose ma la mamma non era mai entrata nei dettagli, le avevo chiesto di lui quando ero ancora piccola, era morto poco temopo dopo la mia nascita, ma lei non me ne aveva mai parlato, diceva che faceva troppo male parlare di lui, diceva che quando si sarebbe sentita pronta mi avrebbe raccontato tutto, ma non l'ha mai fatto e vedendo il suo sorriso spegnersi ed i suoi occhi riempirsi di lacrime decisi di non chiederle più niente.


Seppi il suo nome quando avevo tre anni; una sera mi sembrò che la mamma mi chiamasse dalla sua camera così andai verso la sua porta, capii che stava piangendo perchè mentre mi avvicinavo la sentivo singhiozzare sempre più forte, appoggiai l'orecchio alla porta e la sentii gridare un nome, molto simile al mio, ma al maschile, non chiamava "Erika" ma "Erik" e capii subito, mamma Sofia piangeva solo per papà, entrai nella stanza senza fare rumore e la vidi rannicchiata sotto le coperte che piangeva e gridavacome un animale ferito a morte, mi infilai con lei sotto le coperte e l'abbracciai con tutte le mie forze poi ci addormentammo insieme nel lettone.

Seppi invece che era un grande musicista quando avevo sette o otto anni, avevo iniziato a studiare pianoforte da un paio d'anni ormai e quella sera avevo un saggio importante, non ricordoche brano suonai, ricordo solo che dopo lo spettacolo la mamma venne da me piangendo, mi abbracciò e mi disse: "Hai suonato come solo tuo padre sapeva fare, sarebbe stato orgoglioso di te tesoro mio! Ti ha trasmesso tutta la sua passione,il suo talento ed il suo genio, hai fatto delle veriazioni degne di lui!" e capii. Questo è tutto quello che sapevo di lui.



E mia mamma? Da dove cominciare? Mamma Sofia era una donna bella come poche, aveva i capelli lunghi e biondi, sembravano tanti fili d'oro illuminati dai raggi del sole, due grandi occhi verdi foglia e un sorriso luminoso come la luna in una notte scura. Aveva origini italiane ma i suoi genitori la abbandonarono quando era molto piccola e la lasciarono in un convento da cui scappò quando aveva sedici anni, lavorò per alcuni anni come cameriera in una città poco lontana da quella dove era nata poi venne in Francia e cominciò a cantare nei locali, a trent'anni conobbe papà, io nacqui cinque anni dopo, dopo la morte di mio padre la mamma decise di ricominciare a cantare anche se papà le aveva lasciato molti soldi, la distraeva e l'aiutava ad essere più serena quando stava con me, nel frattempopensava alla mia istruzione generale e musicale e mi cresceva come solo lei avrebbe potuto fare.

Era un'eroina, aveva un cuore enorme, un'anima pura e pietosa, sempre pronta ad aiutare chi ne aveva bisogno, non so quante volte abbiamo ospitato famiglie bisognose o portato cibo e vestiti ai clochard per le strade di Parigi. 

Non faticavo a capire perchè molti uomini negli anni si erano innamorati di lei, lei però non ne aveva mai voluto sapere niente, mio padre era stato il primo e sarebbe stato anche l'unico, lo amava così tanto da essere indimenticabile per lei ed ero curiosissima di sapere il perchè, ma non mi era concesso.



Io sono Erika, sono cresciuta sola con mia madre in una piccola villa in periferia di Parigi, credo di assomigliare molto più a mio padre che a mia madre, mia mamma era una donna molto solare ed espansiva, io invece sono molto più riservata, silenziosa, ma non timida, se mi arrabbio, anzi, posso essere molto cattiva. Ho i capelli dorati di mia madre e gli occhi felini ambrati di papà, fisicamente l'unica cosa che so di lui oltre ai capelli neri come la pece.

Suono molti strumenti e canto, la musica scorre nelle mie vene, il mio destino è in essa, io sono pienamente consapevole di questo e non vorrei fare altro; ho studiato musica prima a casa con mia madre e poi in conservatorio, avevo cinque anni quando ho cominciato a studiare le basi: le note, le chiavi, la lettura degli spartiti, il funzionamento degli strumenti e tutto il resto, per me era tutto molto semplice. 

A quel tempo però mi occupavo di mia madre, che negli ultimi tempi non si era sentita molto bene, con l'intenzione però di dedicarmi completamente alla mia carriera non appena si fosse sentita meglio, e a ventisei anni ero anche piuttosto in ritardo. Il mio più grande sogno era lavrare all'Opera Garnier in quel periodo, sapevo che mio padre era in qualche modo legato a quel teatro anche se ancora non sapevo quanto e volevo renderlo orgoglioso di me e sapevo che se fossi entrata nel cast lo sarebbe stato di sicuro.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'inizio di tutto ***


2. L'inizio di tutto
L'inizio di tutto


Quella sera ero in camera mia intenta a leggere un vecchio libro di leggende orientali quando, ad un certo punto, sento mia madre che mi chiamava dalla sua stanza, allora mi alzai dal letto, mi infilai la vestaglia e andai da lei, la trovai sdraiata sotto le coperte con la sua adorata rosa sul cuscino di papà, un libro sul comodino a fianco al letto e qualcosa di nero fra le mani, mi avvicinai, era una maschera, guardai mia madre un po' spaesata,avevo già capito che voleva dirmi qualcosa ma non riuscivo a capire cosa potesse essere, guardai il libro sul comodino, la copertina era nera e liscia e su di essa erano scritti il titolo e il nome dell'autore in rosso "Il fantasma dell'opera di Gaston Leroux" 

-Siediti tesoro, devo dirti delle cose, è molto importante 

il suo tono era sereno ma serio, increedibilmente serio, mi misi a sedere sul fondo del letto e aspettai che cominciasse a parlare, sospirò poi disse:

-Erika, tesoro mio, io... io sto per morire figlia mia, non mi rimane molto tempo ormai e bisogna che ti riveli delle cose

quelle parole, quel tono, mi spaventai moltissimo, così la interruppi

-Cosa stai dicendo mamma? Mi spaventi così...

non mi lasciò finire, mi interruppe a sua volta e con aria seria mi porse il libro che teneva sul comodino

-Prima di dirti quello che devo però tu devi leggere questo Erika, so che sei una lettrice vorace, leggi tutto entro domani e poi corri qui, so che adesso non capisci ma lo farai presto, adesso va', è importante che tu lo finisca velocemente, non farmi domande angelo mio, fa' solo ciò che ti dico, te ne prego

disse tutte quelle cose con un'aria così grave che non ebbi il coraggio di ribattere, mi alzai, le baciai la fronte rugosa, uscii dalla stanza con quel misterioso libro fra le mani, tornai in camera mia e cominciai subito la lettura impostami da mia madre.



Passai una notte insonne, quel libro, quella storia, quei personaggi, era tutto così vero, così tragico e romantico, così pieno di musica in ogni sua pagina... in più l'autore giurava che era tutto vero ed io ero estasiata da tutto quel mistero, quel dramma, e mi sentivo così vicina ai protagonisti di quella storia che più leggevo e più ero affamata di informazioni, avevo bisogno di sapere di più, un bisogno così forte da essere quasi fisico, come se mi riguardasse da vicino, così l'avevo finito in una notte con il nodo alla gola e le lacrime agli occhi, no, non poteva finire in quel modo, non doveva finire così, c'era qualcosa di più che non era stato detto, 
lo sentivo.

La mattina dopo corsi da mia madre con ancora in dosso la vestaglia, il libro stretto al petto come una reliquia e due enormi occhiaie viola sotto gli occhi, ma non era importante, lei sapeva, ed io dovevo sapere.

Entrai senza bussare, era una formalità che con mia madre non era necessaria, la trovai nella stessa posizione della sera prima ma con lo sguardo rivolto alla finestra, era così concentrata sui suoi pensieri che si accorse di me solo dopo che l'ebbi chiamata tre volte

-L'hai già finito vedo

mi disse sorridendo, feci di si con la testa

-Allora?

mi chiese

-Lo adoro!

sorrise

-Mamma è davvero tutto vero?

-Quasi tutto tesoro

-Il finale è diverso vero?

-Si cara, solo il fiale

-Mamma dimmi quello che sai, ti prego, ne ho bisogno

-Lo so Erika, ma ogni cosa a tempo debito tesoro... prima dimmi... cosa ne pensi del fantasma, di Erik?

-Penso che sia un genio incompreso, un uomo estremamente sfortunato, tanto brutto quanto affascinante, colpevole di molte cose orribili si, ma è comprensibile secondo me, non giustificabile ma comprensibile, credo... credo che si meritasse molto più amore di quanto non ne abbia avuto, credo che volesse essere solo parte di qualcosa

mamma piangeva

-E' così amore mio, è proprio così

-Mamma perchè piangi?

non mi rispose, infilò la mano sotto al cuscino di papà e ne tirò fuori la maschera che le avevo visto fra le mani la sera 

prima , se la strinse al petto e vi posò un bacio sopra, poi la porse a me
-E' la sua maschera questa, tutto quello che rimane della sua vecchia vita, della sua vita prima e durante Christine, della vita che ha raccontato Leroux, ma, lui non è morto dopo la partenza di Christine tesoro, c'è una vita dopo di lei, dopo il teatro, dopo il Fantasma dell'Opera e l'Angelo della Musica, una vita troppo breve, questo si, ma finalmente una vita in cui è riuscito ad essere semplicemente Erik, in cui è riuscito ad avere tutto l'amore che meritava...

parlava e piangeva, era così emozionata, piansi anche io, piansi con lei e per lui, perchè avevo capito, ma volevo che lo dicesse, sapevo che ne aveva bisogno, si staccò dall'abbraccio che le stavo dando, mi guardò per un attimo accarezzandomi una guancia bagnata di lacrime e disse

-Tuo padre è morto d felicità, ti teneva in braccio e tu sorridesti per la prima volta nella tua vita davanti al suo volto smascherato, ti paciò, ti mise in braccio a me, mi baciò e poi si sedette e chiuse gli occhi, sorrideva come non aveva mai fatto prima... hai dato a tuo padre tutto l'amore di cui aveva bisogno in un soloo gesto, e con esso la pace... il Fantasma dell'Opera, Erik, è l'uomo che amo e che ho sposato... lui è tuo padre amore mio

e chiuse gli occhi.



La mamma era morta da qualche settimana ormai quando entrando in camera sua notai una lettera sul suo comodino, mi avvicinai e sulla busta lessi "Per Erika", mi feci coraggio, presi la lettera e ne andai a leggere il contenuto in giardino sulla panchina bianca sotto al salice, era un posto che sapeva di ricordi e di vite passate e mai come in quel momento avevo bisogno di sentirle vicino a me quelle vite.

Aprii la busta e cominciai a leggere:

"Cara Erika,
quando leggerai questa lettera io sarò morta, no angelo mio, non piangere, aspettavo questo momento da così tato tempo! Sono di nuovo con tuo padre finalmente; sappi che da quando lui è morto la mia unica ragione di vita sei stata tu tesoro e ti ho amato per due e come due, perchè ti ho amato da parte mia e da parte sua e nella mia parte ti ho amato come una madre ama una figlia e tramite te ho continuato ad amare tuo padre, è un concetto difficile da spiegare, spreo di esserci riuscita.

So quanto tu sia curiosa amore mio, come tuo padre d'altronde, gli assomigli così tanto bambina mia! In te ho sempre rivisto lui, la sua forza, il suo genio, il suo animo generoso, il suo modo di essere ombroso, i suoi modi eleganti e fieri e tutte le altre cose che amavo di lui. 

Sapevo che sarei morta subito dopo averti rivelato la verità , sapevo che non avrei retto all'emozione, sapevo che non cel'avrei fatta a raccontarti tutte le cose che vorresti sapere, ma non ti ho lasciato a mani vuote cara, ti ho lasciato tutto in ordine in un grande baule di mogano rifinito in oro, è sotto al mio letto, ci sono i miei vecchi diari, gli spartiti di tuo padre, i suoi progetti, i suoi disegni, i suoi vestiti, in quel baule c'è tutta la nostra vita ed è arrivato il momento che tu sappia tutta la verità su di lui, su di noi e in qualche modo anche su di te, spero che tutto questo ti aiuti a superare questo momento così difficile; anche per me è stato difficile affrontare il pensiero di doverti lasciare sola piccola mia, so che sei grande e forte e che affronterai tutto questo e tutte le prove che la vita ti metterà davanti come la leonessa che sei, so che ci renderai orgogliosi di te, asciugati le lacrime piccola soldatessa e adesso pensa alla tua carriera alla tua vita. Sii felice amore mio. Io e papà ti aspettiamo in paradiso senza fretta. Un abbraccio e un bacio grandi da entrambi e ricordati che noi siamo sempre con te.

Con tanto amore                                  
  Mamma & Papà "  

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ritorno all'Opera ***


3. Ritorno all'Opera
Ritorno all'Opera



Non ebbi il coraggio di andare subito ad aprire quel baule ma lo presi e lo spostai in camera mia, appena fossi stata in grado di sopportare il suo contenuto lo avrei aperto e avrei scoperto tutto quello che mi ero sempre chiesta su mio padre e sul suo rapporto con la mamma, prima però avevo bisogno di ridare un equilibrio alla mia vita. Avevo ventisei anni, potevo aspettare ancora un po'.

Un giorno presi coraggio e partii per Parigi, avevo saputo tramite i giornali che l'Opera cercava delle nuove coriste e decisi di provare l'audiozione. Era Maggio, una bella giornata di sole ricordo, partii da casa con la carrozza la mattina presto, poco prima delle nove se non sbaglio e per l'ora di pranzo ero già a Parigi, mangiai sola in un ristorantino vicino al teatro e poi entrai per fare la fila, ero preoccupata, molto, e non solo per l'audizione, la struttura imponente non mi incuteva soggezione, c'ero già stata molte volte negli anni del conservatorio, ma all'epoca non sapevo cosa si era consumato fra quelle mura, e cosa ancora più importante, non sapevo di essere così strettamente legata all'uomo che aveva causato tutta quella tragedia, mi sentivo osservata, come se tutti sapessero, ma sapevo che non era così, mi detti una scrollata per riprendere il controllo di me stessa e cominciai ad osservare le altre ragazze in fila per il mio stesso posto, molte ricontrollavano i loro spartiti o ripassavano le parole dell'aria che avevano scelto di presentare alla commissione. Ci chiamavano una per una dentro alla sala prove e una per una quelle ragazze uscivano da quella porta, chi piangendo, chi con aria soddisfatta, da fuori si intuiva solo qualche suono raro per cui era impossibile capire quanto fosse grande effettivamente la lista delle mie rivali.

Quando finalmente arrivò il mio turno venni chiamata da un ragazzo circa della mia età , alto, con un fisico invidiabile, i capelli neri, gli occhi verdi e la carnagione dorata, doveva essere un ballerino. Mi avvicinai e lui mi sorrise, ricambiai il sorriso ed entreai nella grande sala che era davanti a me, una stanza luminosissima con il parquet di legno chiaro e dei grandi specchi lungo tutta una partete, c'era un lungo tavolo e sedute dietro ad esso una quindicina di persone circa, raddrizzai la schiena e mi portai al centro della sala rivolgendo un inchino alla commissione, l'uomo seduto al posto centrale si alzò in piedi e a sua volta mi rivolse un inchino

-Siete voi madmoiselle Erika Gauthier?

-Si monsieur

-Bene, potete dirci quali sono i vostri livelli di studio e da quale scuola venite?

-Certamente, ho cominciato a studiare musica con mia madre quando avevo cinque anni, lei da giovane cantava nei locali più famosi di Parigi, poi a dodici anni sono entata al Conservatoire National Superieur de Paris e mi sono laureata sei anni fa con il massimo dei voti

-Cantate solamente madmoiselle?

-No, so suonare molti strumenti, in conservatorio però mi sono soffermata maggiormente sullo studio del pianoforte e del violino

-Avete detto che vostra madre era una cantante... come si chiama?

-Chiamava monsieur, è morta due mesi fa... Si chiamava Sofia Degli Innocenti

-Italiana?

-Si monsieur

-Credo di aver'capito chi fosse... a proposito madmoiselle, condoglianze per la vostra recente perdita

-Vi ringrazio monsieur

-Procediamo, che brano avete portato per l'audizione?

-Agnes purs, agnes radieux del Faust monsieur, mi sono permessa di riadattarlo per il pianoforte e di fare alcune piccole modifiche che mi piacerebbe farvi ascoltare, se me lo permettete

-Prego, sono molto curioso di ascoltarvi

e mi indicò il pianoforte infondo alla stanza, presi posto, posizionai lo spartito, respirai profondamente, raddrizzai nuovamente la schiena e cominciai a suonare, non  li guardai mai durante l'esibizione, avevo paura di farmi prendere dal panico, così mi concentrai sulla musica e sul canto, mi lasciai trasportare dalla melodia e cercai di immedesimarmi nel personaggio di Marguerite, sedotta e abbandonata, peccatrice pentita che invoca la Grazia di Dio e la ottiene, ci misi davvero l'anima in quell'audizione, volevo che mi miei genitori fossero orgogliosi di me, volevo onorare la loro memoria e la passione che ci univa indissolubilmente quanto il legame di sangue, terminai il pezzo e mi voltai, mi girava la testa per lo sforzo e per l'emozione, li sentii battere le mani ed intravidi qualcuno alzarsi in piedi ma avevo la vista sfocata e non capii bene cosa stava succedendo, presi coraggio e mi alzai tornando nel punto che avevo occupato pochi minuti prima, non ci vedevo quasi più, sentii qualcuno dire

-E' dai tempo della Daaè che non vedo una Marguerite come la vostra madmoiselle, anzi, forse la vostra è ancora migliore!

mi sforzai di sorridere e di mantenere un'aria serena e disinvolta anche se vedevo solo delle ombre vaghe che mi giravano intorno vorticosamente e sentivo le ginocchia tremare come in preda ad uno spasmo, sentii qualcun'altro dire 

-Madmoiselle voi sarete la sostituta della primadonna!

cedetti, svenni, ma prima di perdere completamente conoscienza sentii due braccia forti afferrarmi per la vita impedendomi di cadere rovinosamente a terra "Come Christine, papà, come lei, più di lei" pensai, poi il buio.



Erano passate circa due settimane dal giorno dell'audizione e dal mio imbarazzante svenimento, quante emozioni tutte insieme, quante ferite mai veramente rimarginate riaperte, troppo tutto insieme, ma alla fine cel'avevo fatta, mi avevano scelto! Lavoravo all'Opera! Certo non ero la primadonna, ma già essere nel cast era un grande onore e rappresentava un' altrettanto grande vittoria personale.

Dopo il mio svenimento mi risvegliai in un camerino tranquillo, con un grande specchio sulla parete e dei vecchi quadri, ero stata adagiata su un divanetto verde e sulla parete opposta c'era un tavolo da toeletta con un mazzo di fiori, mi sono alzata e mi sono diretta verso quel tocco di colore così intenso e vi trovai un biglietto vicino:

"Il dottore dice che avete bisogno di riposo, congratulazioni per il provino, siete stata magnifica, ci vedremo domani alle prove e finalmente avrò l'onore di conoscervi di persona

Claude"                                  


Presi i fiori, uscii dalla stanza e me ne andai, le prove sarebbero cominciate il giorno dopo alle dieci di mattina circa, l'avevo visto scritto su una bacheca nel corridoio, pensai a quanto potesse convenirmi tornare a casa, ci voleva un'ora e mezza di carrozza per arrivare a Parigi e qualcosa in più per arrivare a teatro a causa del traffico della città, sarei dovuta partire almeno alle sette di mattina per essere sicura di essere in orario, non era poi un così grande sacrificio, così ripresi la mia carrozza e tornai a casa, era vero, avevo bisogno di riposarmi e se non stavo a casa questo non era possibile.

Una volta tornata a casa mi feci un bagno caldo, presi una tisana e andai direttamente a letto, sdraiata sotto le coperte fissavo il baule della mamma, sentivo che mi chiamava, ero curiosa di scoprire cosa ci fosse dentro, ma non era il momento giusto, lo sapevo, dovevo aspettare ancora un po', così anche quella notte andai a dormire con i fantasmi del passato che mi supplicavano di svelare i loro segreti.

Neigiorni seguenti scoprii quanto fosse bella e caotica la vita in teatro; feci amicizia con le ragazze del coro e le ballerine, imparai a conoscere gli insegnanti, i direttori, i macchinisti, i custodi e tutto il resto delle persone che tenevano in piedi l'Opera, il primo a presentarsi ufficialmente fu Claude, il ragazzo dei fiori, il ballerino che mi aveva sorriso prima dell'audizione, era molto bello e aveva dei modi quasi regali, non solo nel modo di muoversi, che dato il lavoro che faceva era scontato, ma anche nel parlare e nel modo di porsi che aveva con altri, scoprii in seguito che era il figlio di Meg Giry, la ballerina amica di Christine, che aveva sposato il barone di Castelot-Barzebac.

Claude mi mostrò tutta l'Opera e mi raccontò leleggende che si raccontavano su quell'imponente edificio, ma mai quella del Fantasma dell'Opera, nessuno parlava mai di lui.

Ricordo che una sera, mentre facevamo le prove generali per il Faus andò via la luce, cominciarono tutti a gridare come pazzi, alcune ragazze svennero addirittura; quando le luci si riaccesero chiesi quale fosse il motivo di tutto quel baccano e venni a sapere che i membri del cast e tutto il resto del personale aveva ancora paura che il fantasma tornasse a perseguitarli e che trovasse il modo per mandare il teatro in rovina, niente di più ridicolo pensai, ma non lo dissi a nessuno, nemme no a Claude.

Quel giorno decisi di tornare a casa e leggere i diari di mia mamma.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** In una sera di trent'anni fa ***


4. In una sera di trent'anni fa
AVVISO

Si nota così? Ahahah volevo essere sicura che lo leggeste.

Per chi aveva letto la precedente pubblicazione, ma anche per i nuovi lettori, vorrei specificare una cosa sul peronaggio di Erik, so che può non sembrare molto fedele al personaggio originale ma la caratterizzazione è volutamente così diversa per alcuni motivi che sono qui per spiegarvi:

1. Erik dopo Christine, secondo me, cambia radicalmente perchè si rende conto che qualcuno può provare pietà, se non addirittura affetto, verso di lui senza per forza crederlo un mostro

2. PICCOLO SPOILER PER CHI ANCORA NON HA LETTO, SE NON VOLETE ANTICIPAZIONI SALTATE QUESTO PUNTO E TORNATE A LEGGERLO DOPO

Erik è malato quando Sofia lo trova, lui ha bisogno di lei in quel momento e lei gli dimostra che può fidarsi, quindi che senso avrebbe trattarla male o essere diffidente nei suoi confronti dopo che lei gli ha salvato la vita?




Continuiamo con il capitolo adesso :-)





In una sera di trent'anni fa

Quella sera quando tornai a casa ero un fascio di nervi, ero curiosissima di leggere quei diari ma allo stesso tempo l'idea mi agitava terribilmente, non sapevo cosa aspettarmi.

Mi avvicinai al baule con le mai che trmavano come foglie al vento, mi misi seduta per terra e lo aprii; nell'aria si diffuse un forte odore di chiuso e di stantio mescolato all' odore della nafta che la mamma ci aveva messo per fare in modo che i topi non ci si avvicinassero; guardai dentro, c'era un bouquet secco del giorno in cui si erano sposati, una borsa di pelle con degli spartiti scritti con l'inchiostro rosso, pacchi di lettere e cinque quaderni molto alti con le copertine rosse l' anno in cui sono stati riempiti scritto in lettere dorate in alto sulla destra.

Presi il primo e cominciai a leggere:

" 
17 Febbraio 1897

Che strana cosa che mi è capitata ieri sera; sono tornata a casa da lavoro ed ho trovato un uomo svenuto davanti alla mia porta! Poveretto, è stato proprio sfortunato a sentirsi male in una notte così gelida come quella di ieri sera, stava persino nevicando quando l'ho trovato..."


[30 anni prima...]
 SOFIA'S POV 

Era lì, povero uomo, che bruciava di febbre in una maniera impressionante, così ho deciso di soccorrerlo e l'ho portato in casa mia, gli ho tolto i vestiti bagnati, era magrissimo! Temevo che mi morisse fra le braccia, sembrava che non avesse mai visto del cibo in vita sua, eppure portava vestiti eleganti e di ottima fattura, non era certo il denare il suo problema, ma allora qual'era? Mentre mi chiedevo cosa gli fosse successo l'ho trasportato a fatica in camera mia, come poteva un uomo così magro essere così pesante? L'ho infilato nel mio letto ed ho aggiunto qualche coperta per farlo riscaldare, dopo mi sono avvicinata al suo viso per sentirgli la febbre e solo in quel momento mi sono accorta che portava una maschera, nera, come avevo fatto a non accorgermene? La maschera aderiva al viso come una seconda pelle e sul collo di lui ho notato scendere del sudore e la pelle, incredibilmente bianca su tutto il resto del corpo, arrossata per il caldo, sembrava che stesse andando a fuoco, abbassando lo sguardo sul suo petto ho notato che respirava a fatica, lo stava soffocando, dovevo togliergliela, ho preso i lacci e gliel'ho sfilata piano dalla testa, mi è sembrato che avesse avuto un brivido di terrore nello stesso momento in cui le mie mani hanno sfiorato la maschera scura ma mai grande quanto lo è stato il mio... ho creduto di svenire quando l'ho visto.


L'orrore che ho provato mi ha lasciato muta davanti al capezzale di quell'uomo, il viso, come il corpo era magrissimo, al posto del naso aveva un buco, la pelle era sottilissima, leggermente arrossata per colpa della maschera e cicatrizzata, gli occhi chiusi incavati e le labbra così sottili che lì per lì non le ho nemmeno notate, povero disgraziato, chissà quante ne aveva passate! A quel punto mi sono sentita ancora più in dovere di aiutarlo.

Sono uscita dalla stanza, sono andata in bagno, ho preso un asciugamano, l'ho bagnato e, con non poca riluttanza, sono tornata dal mio disgraziato ospite. Mi sono seduta sul bordo del letto vicino a lui cercando di trattenere il mio orrore nei suoi confronti, e gli ho bagnato la fronte e le tempie sperando che riprendesse conoscienza il prima possibile, il suo viso così simile a quello di un morto mi metteva non poco in soggezione, mi spaventava un po' devo dire, ma dentro di me la pietà per quell'uomo era molto più forte del disgusto per il suo aspetto, ad un certo punto l'ho sentito sospirare di sollievo, mi è venuto da sorridere ed ho capito che non avevo già più paura di lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Un paziente insolito ***


5. Un paziente insolito
Un paziente insolito


La mattina seguente mi sono svegliata presto e sono uscita di casa per comprare della biancheria e dei vestiti nuovi al mio ammalato, poi sono tornata a casa e l'ho vestito; dormiva, non si svegliava mai, ogni tanto si agitava, a volte gridava, nel sonno ed io correvo subito a vedere come stava, ma appena entravo nella stanza mi rendevo conto che erano solo gli incubi della febbre a farlo agitare, allora io mi sedevo accanto a lui, lo prendevo per mano e gli bagnavo la fronte con l'ascugamano umido, sembrava rinascere ogni volta che sentiva che mi stavo avvicinando.


Quel pomeriggio sono andata dal mio datore di lavoro e gli ho chiesto un mese di vacanza, gli ho detto che dovevo partire per assistere una mia cugina a Marsiglia che si era sentita poco bene e lui mel'ha concesso senza chedere altro. 
Coaì ho potuto dedicarmi giorno e notte al mio strano paziente.

Ho passato giorni interi al suo capezzale a bagnargli la fronte e ad imboccarlo di minestre calde come se fosse un bambino piccolo e notti intere ad allontanare i suoi incubi, durante i primi giorni, quando la febbre era ancora altissima, dormivo su una poltrona in camera con lui; aveva incubi in continuazione e diceva cose incomprensibili, solo una parola, un nome, era comprensibile e frequente in quei deliri "Christine" chissà chi era questa donna... ogni volta che mi avvicinavo la chiamava, penso che credesse che fosse lei a prendersi cura di lui, oltre ovviamente che durante ai suoi incubi notturni, doveva essere qualcuno di davvero importante per lui se la chiamava così, mi incuriosiva, sentivo che la loro era una storia degna di essere raccontata e, come ogni donna, ho cominciato ad immaginare cosa ci fosse nel passato del mio ospite.

Dopo una settimana era ancora incosciente, ma la febbre si era abbassata molto e un giorno mi sono accorta che era molto più lucido, non aveva più incubi, non chiamava più il nome di Christine e mi aveva più volte fatto capire che capiva ciò che gli dicevo, così mi sono avvicinata ed ho provato a parlargli:



-Monsieur, come vi sentite oggi?


lui si era mosso un po' nel letto ed aveva mugolato qualcosa di incomprensibile, io allora gli ho preso una mano e ho sorriso

- Non vi preoccupate, presto vi sentirete meglio, avete fatto degli enormi progressi 

lui ha sospirato, sembrava che non ci credesse, gli ho stretto la mano ed ho aggiunto:

-...Andrà tutto bene, fidatevi di me... adesso riposatevi, io esco un attimo per andare a prendere le vostre medicine, fra pochi minuti sarò di nuovo qui

ha sospirato di nuovo, aveva capito, così sono uscita di corsa e dopo cinque minuti ero già di ritorno.

La prima cosa che ho fatto una volta tornata a casa è stata andare a vedere come stesse lui; immaginate la mia sorpresa quando, entrando nella stanza, l'ho trovato seduto.




L'ho guardato per un attimo per cercare di capire se fosse veramente in piedi e mi sono rallegrata molto nel constatare che era davvero così, gli ho sorriso e mi sono avvicinata


-Avete visto? State già molto meglio...

e mentre dicevo così gli ho posato una mano sulla fronte per cercare di capire quanto si fosse abbasstata la febbre, a quel gesto si è irrigidito immediatamente ed ha spalancato gli occhi ambrati che vedevo per la prima volta, si è scostato da me ed ha cominciato ad armeggiare con le coperte fino a nascondersi completamente sotto di esse, sembrava un bambino piccolo che si nascondeva dietro alla gonna della mamma davanti ad uno sconosciuto e a me è venuto da ridere, era una scena buffissima; a lui probabilmente quella mia risata aveva dato fastidio perchè da sotto la coperta ho sentito levarsi una voce profonda, seria e leggermente irritata:

-Vi diverto per caso? Non molti altri possono dire la stessa cosa sapete?

-Vi chiedo scusa monsieur, non avevo nessuna intenzione di mancarvi di rispetto

ho risposto

-Gradirei che mi restituiste la mia maschera

-Monsieur comprendo il vostro desiderio ma...

-Madmoiselle non mi obbligate a diventare scortese, dopo tutto quello che avete fatto per me non mi piacerebbe dovervi mancare di rispetto, ridatemi la maschera

-Se proprio volete...

-Lo voglio

ho aperto il cassetto del comodino dove l'avevo messa e gliel'ho passata mentre era ancora sotto le coperte, a quel punto sel'è infilata ed è tornato fuori dal suo nascondiglio

-Vi ringrazio madmoiselle...

-Mi chiamo Sofia

-Bene, Sofia, vi ringrazio molto per avermi soccorso

-Figuratevi, monsieur...?

-Erik

ho sorriso

-Piacere

-Piacere mio...

era calato un imbarazzante silenzio, dopo un po' è stato di nuovo lui a romperlo

-Da quanto tempo sono quà?

-Circa due settimane

-...E... voi quando... quando mi avtete tolto la... la maschera?

si sentiva imbarazzato, e non poco, era più che comprensibile poveretto

-Dalla prima sera a dire la verità... Vi stava soffocando

aveva sgranato gli occhi,ormai l'unica cosa che vedevo ancora del suo viso, e in quegli occhi felini leggevo chiaramente una domanda inespressa
"Non vi siete spaventata? Mi avete aiutato comunque?... Perchè?"

-Non capita ogni giorno di trovare un uomo svenuto davanti alla porta di casa propria, sapete? Sono cresciuta in un convento, mi hanno insegnato ad aiutare chi ha bisogno, non potevo lasciarvi lì a morire di freddo, così vi ho portato in casa ed ho fatto tutto quello che era in mio potere per aiutarvi. Sono una persona schietta, non vi nascondo che quando vi ho tolto la maschera sono rimasta un po' interdetta, ma è stato solo un attimo... ho visto cose peggiori

-Non prendetemi in giro...

-Non lo faccio, dico la verità, ci sono cose peggiori di un viso come il vostro, almeno dal mio punto di vista...

-Ah si?

-Si, ho visto persone morire delle malattie più terribili, fidatevi, peggiorano anche l'aspetto della morte, il vostro viso non è niente a confronto

ho detto, ed ero sincera, negli anni in cui abitavo ancora con le suore avevo visto persone morire di malattie come il vaiolo e una volta persino di lebbra: anche le ossa di quelle povere persone erano letteralmente divorate dalla malattia e davanti a quelle immagini neppure il volto scheletrico del mio amico appariva così orrendo; ma capivo il suo scetticismo davanti alle mie parole, non fatico per niente ad immaginare quante volte in vita sua fosse stato insultato e maltrattato a causa del suo aspetto, l'avevo visto succedere molte volte a persone molto più "normali" di lui e non osavo neppure immaginare quanto potesse aver' sofferto, d'altra parte la maschera serviva proprio a quello no? A ripararsi dal giudizio altrui... Povero, povero Erik.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Litigio ***


6. Litigio
Litigio



Era passato qualche giorno di tutta calma, Erik stava meglio, dormiva meno e mangiava da solo, anche perchè non voleva che lo vedessi senza maschera, non voleva toglierla mai e quando era costretto voleva essere solo, io insistevo perchè non la portasse, gli dicevo che il suo viso non mi infastidiva ma lui mi ignorava completamente, lo supplicavo ma lui, testone e diffidente com'era, faceva finta di non sentirmi, lo capivo, ma mi feriva il fatto che non si fidasse di me; era estremamente silenzioso, avevo provato a fargli qualche domanda su di lui, sulla sua vita e sulla sua famiglia ma avevo ottenuto ben poco, l'unica cosa di cui parlavamo spesso senza troppi problemi era la musica, avevo scoperto che in quell'ambito era un vero genio, un cultore ed un talento nascosto.

Una notte lo avevo sentito cantare mentre passavo per il corridoio a notte fonda e, anche se non capivo le parole da dietro la porta, mi sono commossa, aveva la voce di un angelo, neppure il coro celeste al completo avrebbe mai potuto uguagliare la sua voce serafica e profonda, che era sale e miele sulle ferite di una vita, dentro quella voce così bella si sentiva tutta la disperazione e il dolore della sua anima, tutto quello che era stato costretto a diventare e allo stesso tempo tutta la bontà che nascondeva in fondo a quel cuore apparentemente gelido, ma i malvagi non hanno la musica, un anima nera non può essere in grado di apprezzare, di capire e di esprimersi tramite essa in questo modo, no, non così; ho pianto in silenzio ed ho accarezzato il legno della porta, per un secondo ho provato l'istinto di afferrare la maniglia ed entrare, ma non volevo interrompere quella magia, era così bello ascoltarlo, non potevo interrompere tutto così, perchè sapevo che se lo avessi interrotto non avrebbe più cominciato a cantare, nascondeva tutto se stesso nella sua arte e ancora non si fidava di me abbastanza da svelarsi in questo modo, non così apertamente, perchè quando senti cantare così una persona non puoi non capire i segreti della sua anima, io, in parte li avevo già percepiti, c'era qualcosa della sua anima che chiamava la mia a gran voce attraveso ogni suo gesto, ogni suo respiro, ogni cosa di lui mi attirava e mi intimoriva allo stesso tempo, non saprei dire cosa fosse, sapevo solo che, in un modo o in un altro, io sapevo come lui fosse realmente. Mi sono seduta per terra con la schiena appoggiata al muro ed ho continuato ad ascoltarlo e a farmi cullare dalla sua dolce voce di miele fino a che non mi sono addormentata lì.
Quella stessa notte l'ho sentito gridare e sono corsa da lui, l'ho trovato con la maschera appiccicata al viso per colpa del sudore, era fradicio, gli ho tolto la maschera, a quel punto si è svegliato e mi ha preso per un polso, mi teneva stretta, era arrabbiato, gli occhi gli dardeggiavano in una maniera spaventosa, ma io togliendogli la maschera gli avevo sfiorato la fronte e mi ero accorta che aveva di nuovo la febbre alta ed a quel punto, dopo averlo pregato in tutti i modi di togliersi quel maledetto affare, ero ancora più arrabbiata di lui

-Non ho perso tre settimane di lavoro per farti tornare la febbre alta per colpa di una maschera, scordati che te la dia!

ero così arrabbiata che non c'era nessun "lei" o nessun "voi" che tenesse, ormai ero partita per la tangente e nessuna formalità avrebbe potuto trattenermi

-Sofia ridammi subito la maschera!

-No! Col cavolo che te la dò! Ti fa male portarla con la febbre che hai lo vuoi capire?!

-Sofia ridammi la maschera ti ho detto!

-No Erik, adesso basta! Lo vuoi capire che non ne hai bisogno? Nessuno ti vede a parte me e ti ho detto miliardi di volte che non mi dà fastidio vederti senza! Ne va della tua salute lo vuoi capire o no brutto testone!

detto questo mi sono liberata dalla sua presa e sono andata di corsa in salotto dove avevo acceso il camino

-Cosa stai facendo? Sofia!

-Se non lo fai tu lo faccio io, mi libero di questo affare!

-Sofia fermati ho detto! Torna quì!

anche lui si era alzato, nonostante la febbre, e mi stava raggiungendo per fermarmi ma appena me lo sono sentito alle spalle ho gettato la maschera nel camino

-No!

ha gridato lui, poi in un secondo ha infilato la mano nel camino e l'ha recuperata, credo che se avrebbe potuto uccidermi con uno sguardo sarei morta all'istante ma avevo così tanta adrenalina e rabbia in corpo che sono riuscita a reggere il suo sguardo per un po' poi però non cel'ho più fatta, mi era venuto un nodo alla gola e sentivo le lacrime salirmi negli occhi facendomeli bruciare

-Cretino!

gli ho urlato contro, poi sono corsa in bagno e mi sono chiusa dentro, l'ho sentito sbattere la porta della mia stanza e poi sono scoppiata a piangere, ho continuato per non so quanto tempo e poi mi sono addormentata sul pavimento gelido.


Quando la mattina dopo mi sono svegliata mi sono ritrovata un cuscino sotto la testa e una coperta addosso, Erik, ma ero ancora arrabbiata con lui e sapevo che per lui era lo stesso, permaloso come pochi quell'uomo, quando poi si parla di quella maledetta maschera era ancora peggio.

Sono andata in cucina  ed ho preparato la colazione per me, sono andata in bagno e mi sono preparata, dovevo andare a fare la spesa; passavo nel corridoio davanti alla porta di quella che, ormai, non era più la mia camera, ma quella di Erik, ho deciso di affacciarmi per vedere se stesse bene, dormiva con il viso, stranamente smascherato, rivolto verso la porta, le labbra socchiuse ed un braccio penzoloni, la maschera giaceva sul pavimento, con i lacci strappati, chissà cosa aveva combinato la sera prima...

Sono tornata in cucina e gli ho preparato la colazione, se non mangia qualcosa prima delle 9:45 diventa nervoso, più del solito, quindi meglio evitare; gli ho lasciato il vassoiosul comodino con un biglietto:

"Vado a fare la spesa"

un'altra cosa che avevo imparato di lui in quelle settimane era che lo infastidiva tantissimo rimanere da solo senza che gli dicessi dove andavo, così tutte le volte che uscivo gli dicevo dove andavo e quanto pensavo che ci avrei messo e lui si tranquillizzava.

Quando sono tornata a casa ho sbattuto un po' la porta per far'capire ad Erik che ero tornata, poi sono andata in cucina, ho sistemato la spesa e mi sono messa a preparare il pranzo e dinuovo gli ho portato il vassoio in camera, sono entrata senza bussare e lui si è nascosto sotto le coperte, ho sbuffato, ho appoggiato il vassoio sul comodino e sono uscita sbattendo la porta con il nodo alla gola, non mi piaceva tenergli il muso, per quanto cocciuto, maleducato e irritante fosse ormai mi ero abituata e mi ero affezionata.
E quanto mi ero affezionata!
Ormai avevo fatto l'abitudine a tutte le sue manie e ad i suoi difetti, e quanti erano! Talmente tanti che non saprei contarli:
era peggio di un bambino capriccioso, la voleva sempre vinta lui, l'uomo più egoista e prepotente che abbia mai incontrato, presuntuoso, egocentrico e saccente, ma con il tempo ho imparato a vedere tutti i suoi pregi: aveva una grandissima cultura, soprattutto musicale, divertente, nessuno mi aveva mai fatto ridere come stava facendo lui in quel periodo, in più aveva un animo altruista, anche se questo suo lato lo teneva ben celato dietro alla maschera; anche qui la lista potrebbe essere portata avanti per ore.
Per questo non mi piaceva quella situazione ma non potevo e non volevo dargliela vinta anche questa volta, a questo turno toccava a lui fare un passo indietro, quello che avevo fatto io lo avevo fatto solo per il suo bene, lui per una sua  fissazione malata.

Abbiamo continuato a tenerci il muso per tre giorni ed io ogni notte piangevo come la prima fino a che non mi addormentavo sfinita sul divano.

Quella mattina mi sono svegliata con la sensazione che ci fosse qualcosa di diverso intorno a me, avevo ancora gli occhi chiusi ma sentivo un'aria di novità vagarmi intorno; mi sono stirata un  po' con gli occhi ancora chiusi e solo dopo mi sono accorta di quale fosse la novità, sentivo le dita fredde e ossute di Erik che mi spostavano i capelli dal viso e che subito dopo mi accarezzavano dolcemente una guancia, ho aperto gli occhi ancora impastati dal sonno e li ho socchiusi dinuovo al contatto con la forte luce che entrava nel mio salotto da una grande finestra che dava su Rue de Rivoli, Erik era in ginocchio davanti al divano, con il viso ovviamente coperto dalla maschera, mi guardava con i suoi occhi ambrati ed io sentivo tutto l'imbarazzo che nascondeva dietro alla maschera nera grazie a quei due topazi brillanti e profondi

-Buongiorno

mi ha detto, stava facendo uno sforzo enorme, ed io lo sapevo, ma non avevo alcuna intenzione di rendergli le cose più facili

-Cosa vuoi?

gli ho risposto in tono un po' scocciato, doveva capire che non sarebbe stato così facile, sospirò

-Sono venuto a... a, a chiederti scusa Sofia, ecco, mi sono comportato male, tu, tu mi hai salvato la vita ed io avrei dovuto portarti più rispetto...

c'è stato un attimo di silenzio, doveva ancora aggiungere qualcosa, e lui lo sapeva

-...Sono stato uno stupido, avevi ragione tu

ho sogghignato, ero piuttosto soddisfatta e divertita da quella situazione

-Accetto le tue scuse ad una condizione...

-Dimmi

-Niente più maschera, mai

-Ma...

-Niente ma, Erik, ti ho detto tante volte che il tuo viso non mi disturba, ho passato notti intere al tuo capezzale quando avevi la febbre alta, stavo lì, davanti a te sulla poltrona e ti guardavo senza timore, mi sono addormentata su quella poltrona e non ho mai avuto un solo incubo, mi sono svegliata di notte e di giorno e la prima cosa che vedevo appena aprivo gli occhi era il tuo volto e non ho mai fatto un solo passo indietro, adesso sono quì, davanti a te e l'unica cosa che vorrei fare sarebbe strapparti quella cavolo di maschera dal viso per poterti guardare davvero in faccia, mi infastidisce molto più quel pezzo di stoffa che il tuo viso, Erik

mi ero  seduta e lo guardavo da poco più in alto di lui perchè era rimasto in ginocchio e questa differenza di altezza, per una volta a mio favore, mi aveva aiutato molto nel pronunciare quelle parole, lui mi guardava senza dire niente, siamo rimasti così per un po' a guardarci dritti negli occhi , poi l'ho sentito sospirare e con un gesto della mano si è tolto la maschera dal viso

-Adesso va bene?

mi ha chiesto, ho spalancato le labbra nel sorriso più grande di cui fossi capace ed ho scosso energicamente la testa in segno di affermazione

-Decisamente si!

Erik's POV

Era la prima volta che mi succedeva... una donna mi stava guardando con il viso smascherato, e sorrideva; ho sentito qualcosa muoversi nel mio petto, come qualcosa che trona al suo posto, mi sono sentito di nuovo vivo e... quasi umano... per la prima volta in vita mia.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Scene di convivenza ***


7. Scene di convivenza
Scene di convivenza


Quella sera dovevo tornare a lavoro dopo un mese di "vacanza", se con Erik si poteva chiamare così, lui stava bene, era un po' debole ma non aveva più febbre ma non ero comunque tranquilla a lasciarlo da solo, mi assillava una sensazione di ansia tremenda al solo pensiero, lui era tranquillo, provava a rassicurarmi ma io mi agitavo ancora di più

-Non ce la faccio a lasciarti qui da solo Erik, non, non vado, mi scuso e chiedo qualche altra settimana

-Sofia hai già perso troppo tempo per colpa mia, vai! Io sto bene

-Sei sicuro?

Era così dolce con me in quel periodo, non sembrava neppure lo stesso uomo con cui avevo litigato per la maschera appena una settimana prima, avevo imparato a volergli bene, a capire i suoi pensieri ed i suoi stati d'animo e per me era diventato parte integrante della mia vita ormai

-Si Sofia, sono sicuro, vai!

rideva, che bella la sua risata! La sua voce era così bella, profonda, era come la luce e l'arcobaleno dopo il diluvio, quando rideva mi sentivo invadere da una sensazione di pace e calore, era una gioia sentirlo ridere, ho sorriso a mia volta

-Non hai nessuno che può venire a farti compagnia? Non lo so... non abbiamo mai parlato di questo genere di cose, in realtà non so niente di te...

-Non c'è niente da sapere su di me Sofia

-Quanti anni hai?

-Perchè?

-Tu rispondimi

sbuffa

-Cinquantadue

-Pensavo meno devo dire... comunque, com'è possibile che un uomo della tua età non abbia niente da dire sulla sua vita?

sbuffa di nuovo

-Avrei molto da dire... Più di quanto immagini, ma non sono cose da raccontare ad una donna

era arrossito, si sentiva in imbarazzo, lo notavo chiaramente; avevo già capito dalla prima volta che lo avevo visto che non aveva avuto una vita facile ed ero sempre stata curiosa di scoprire gli avvenimenti più importanti della sua vita, ma non avevo mai avuto il coraggio di chiederglielo, sapevo di andare a toccare corde sensibili e non me la sentivo

-Erik... io so chi sei, ma ho il diritto di sapere chi eri, non credi?

ha chiuso gli occhi ed ha sospirato

-Si, hai ragione... ma non adesso... ti racconterò tutto domani va bene? Adesso vai, non fare troppo tardi e stai attenta

gli ho sorriso e l'ho abbracciato, era così premuroso con me, era la cosa più vicina ad una famiglia che avessi mai avuto, lui ha ricambiato appena la mia stretta, era nuovo a quel genere di cose, lo sapevo bene, così mi sono staccata da lui, mi sono infilata il soprabito e mi sono avvicinata alla porta

-Non mi aspettare sveglio, torno tardi

gli ho fatto l'occhiolino e sono uscita di casa.

Sono tornata alle 3:30, ho aperto la porta e sono andata verso la camera da letto per vedere se Erik stava bene... non c'era, il letto non era neppure disfatto, ho avuto paura che se ne fosse andato, l'ho cercato per tutto l'appartamento, poi l'ho trovato, era sdraiato sul divano a pancia in giù e con il viso affondato nel mio cusino, mi è scappato un sorriso, era una scena quasi tenera, se fosse stato chiunque altro lo sarebbe stato senza dubbio, ma nonostante il suo viso qualcosa dentro di me si muovev lo stesso, ed era bello.

Mi sono accucciata davanti a lui, gli ho carezzato una guancia e gli ho sussurrato:

-Buonanotte

poi gli ho baciato la guancia e sono andata a letto. Ero stanchissima.


La mattina dopo stavamo facendo colazione insieme in cucina ed a quel punto la curiosità ha preso il sopravvento sulla ragione:

-Allora?

-Allora cosa?

mi ha risposto a sua volta

-Mi hai detto che mi avresti raccontato qualcosa su di te ieri sera, adesso devi mantenere la promessa!

-Donna testarda!

-E' una mia grande virtù

ho riso

-Cosa vuoi sapere?

-Tutto

-Molto generica direo...

-Sono molto specifica in realtà, voglio sapere tutto, da quando eri piccolo a cosa ti è successo la sera che ti ho trovato davanti alla mia porta e tutto quello che c'è stato in mezzo

ha sospirato, ha chiuso gli occhi e si è massaggiato le tempie

-Sono nato il 12 Maggio 1845, si, ero già così... i miei genitori pensarono che fossi nato morto, poi però ho pianto, e loro si sono spaventati ancora di piu... Non ricordo quanti anni avevo quando mi dettero la prima maschera, per quanto ricordi l'ho sempre portata, come una seconda pelle... in effetti era proprio quello, non potevo mai toglierla, altrimenti mi picchiavano, io non capivo perchè, all'inizio, ma mi adattai.
Quando avevo nove anni scappai di casa, non ne potevo più, mi ineressava poco quello che facevano o dicevano gli altri, ma capivo benissimo che i primi a non sopporatre la mia vista erano i miei genitori e per un bambino è difficili da accettare il rifiuto dei propri genitori, dovrebbero essere le due persone che ti amano sempre e nonostante tutto no?...

avrei voluto dirgli che non lo sapevo neppure io con certezza

-Dopo essere scappato ho incontrato una carovana di zingari, mi hanno preso con loro e mi hanno insegnato molti trucchi di magia, a suonare e a cantare, poi, con il tempo, ho perfezionato i trucchi che mi avevano insegnato e ne ho inventati di nuovi, non credere però che mi trattassero bene, mi trattavano peggio delle bestie, sono molto superstizisi i gitani, mi credevano l'incarnazione di un demone, ma in me avevano trovato una fonte di guadagno, mi portavano in giro per le fiere come " La Morte Vivente".
Poi, quando avevo vent'anni più o meno, mi ha comprato un uomo, per portarmi alla corte dello Sha di Persia, che aveva sentito parlare di me e mi voleva a palazzo per far' divertire sua figlia... ho lavorato lì per quindici anni, poi ho deciso di tornare in Francia...

si è interrotto... aveva "finito", lo avevo osservato bene mentre parlava, era agitato, ogni tanto si interrompeva, come per ponderare le parole ed i contenuti, non mi aveva detto bugie, ma sapevo che aveva omesso molte cose.
Avevo capito che per sapere quello che volevo dovevo tirargli fuori le parole di bocca, ma se glielo avessi detto chiaramente avrei ottenuto l'effetto contrario.

Mi sono alzata, ho preso le tazze, le ho messe nel lavandino e passando dietro ad Erik gli ho stretto una spalla con la mano

-E cosa c'era di così grave da non poterlo raccontare ad una donna?

gli ho detto per provocarlo, silenzio

-Vado un attimo a prendere il giornale

avevo bisogno di pensare ad un modo per farlo parlare e quella è stata la prima scusa che mi è venuta in mente per uscire e pensare a qualcosa.

Tornavo dalla mia spedizione con il giornale sotto braccio senza uno straccio di idea su come fare a riagganciare il discorso con Erik, ad un certo punto però ho notato una figura familiare, un uomo con la pelle scura e gli occhi verdi, era molto che non lo vedevo, il Persiano, un tipo un po' strano, ma simpatico, di solito era un tipo sorridente ma in quel momento sembrava preso da tutti altri pensieri

-Monsieur! E' molto che non vi vedo! Come state?

in quel momento sembrava che si risvegliasse da una trance

-Signorina Sofia! Che piacere vedervi! Vi trovo bene! Io sono un po' pensieroso in questo periodo a dirvi la verità, ma niente di serio, non preoccupatevi

-Che cos'è che vi turba? Se posso saperlo...

-Un mio... amico, è sparito, lo cerco da un mese circa ma non ha lasciato lacuna traccia

ponderò un po' prima di dire la parola "amico", ho pensato subito a Erik, poteva essere benissimo lui l'amico del Persiano, era circa un mese che viveva a casa mia e questa coincidenza poteva spiegare come Erik fosse arrivato davanti casa mia... forse stava andando dal Persiano; mi sono fatta raccontare da lui qualcosa su questo uomo scomparso, non mi ha detto molto in realtà, solo che era un "individuo appariscente" e che se si innervosiva poteva essere pericoloso, mi ha detto che in passato aveva ucciso delle persone, senza entrare nei dettagli, ma poi ha tenuto molto a specificare che in fondo era una brava persona ma che aveva avuto una vita difficile, non sapevo se l'uomo di cui stesse parlando fosse davvero Erik, ma adesso sapevo cosa dirgli.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Storie del passato ***


8. Storie del passato7
Storie del passato

Sono tornata in casa ed ho trovato Erik seduto sul divano a leggere un libro, mi sono seduta vicino a lui e mi sono appoggiata alla sua spalla per vedere che libro fosse, Frankenstein, l'aveva letto almeno otto volte da quando era qui

-Ancora?

gli ho detto

-Cosa?

-Frankenstein!

-Mi piace!

-Non l'ha notato nessuno!

gli ho risposto ridendo e mi sono tirata un po' su

-Mi sono sempre sentita in colpa per lui...

-Chi?

-Per il dottor' Frankenstein... al posto suo mi sarei sentita molto in colpa nei confronti della sua creatura, non aveva nessuna colpa infondo... non ha chiesto lui di essere creato e tu, creatore, lo chiami mostro e demone mentre l'unica cosa che ti chiedeva era di essere amato, e se non da te da un altro come lui, credo che un po' d'umanità nei suoi confronti fosse il minimo che potesse dargli

Erik sembrava stupito dalle mie parole, mi guardava con gli occhi sgranati in silenzio, poi si è scosso da quel torpore e mi ha detto:

-Ma il mostro ha anche ucciso delle persone innocenti...

-Credo che a volte le persone siano costrette a fare certe cose, non giustifico chi uccide un'altra persona ma in alcuni casi posso comprenderlo.
Un vicino mi ha appena raccontato di un suo vecchio amico che è sparito da un po', mi ha detto che in passato quest'uomo ha ucciso delle persone, ma mi ha giurato che in fondo è un uomo buono e che in vita sua ha sopportato atrocità enormi, ecco, un uomo così lo comprenderei, e sarei capace di perdonarlo

-Non avresti paura di lui?

-No... a meno che non me ne dia motivo, ma se lo incontrassi e chapissi che è l'uomo di cui parlava il Persiano non scapperei, sono convinta che le persone possano combiare, soprattutto quando gli errori che hanno commesso in passato sono stati dettati da una necessità... Cos'hai?

all'improvviso Erik si era messo a piangere e si era coperto il viso con le mani, d'istinto l'ho abbracciato, ho appoggiato la sua testa al mio petto e l'ho cullato fra le mie braccia come si fa con i bambini piccoli; Erik continuava a piangere a vita tagliata, senza smettere mai, se la sua risata era pace e serenità il suo pianto era la disperazione più assoluta, vederlo così mi distruggeva dentro, ed era più di semplice empatia, era qualcosa che mi faceva sentire ancora peggio di lui, perchè sentivo il suo dolore come se fosse il mio ed era accentuato dal sapere che lui soffriva così, avrei voluto farmi carico di tutto il suo dolore ed essere sicura che lui invece fosse felice e stesse bene, mi sarei sentita meno male di quanto non stessi in quel momento.

Dopo un po' mi sono accorta che stavo piangendo anche io, gli ho accarezzato i capelli nerissimi e gli ho dato un bacio sulla testa, lui ha sospirato, un sospiro di sollievo di un'intensità che non credevo possibile, in quel momento non sono riuscita a guardarlo in faccia, avevo paura di quello che avrei potuto leggervi sopra, ma mi sono fatta coraggio, aveva bisogno di me, di dirmi quello che aveva sempre taciuto e di essere capito, era pronto, ero pronta

-Dimmi...

gli ho detto lasciandolo e riprendendogli le mani scheletriche nelle mie, ho sentito un brivido corrermi lungo la schiena ed il cuore fare una capriola, per un attimo, a quel contatto, il respiro mi si è mozzato in gola

-Sofia... io...

mi ha stretto le mani più forte, ha abbassato la testa ed ha sospirato, era difficile parlarne per lui

-Erik... sono qui, non mi muovo

e gli ho stretto le mani ancora più forte, avevamo entrambi le nocche bianche

-Sono io... l'uomo di cui ti ha parlato il daroga, il Persiano, sono io l'assassino di molti uomini, soprattutto in Persia; io uccidevo per lo Sha e per divertire la principessa e non mi sono mai tirato indietro, ho costruito macchine di tortura infernali, sono stato il boia più crudele che sia mai esistito, ho fatto cose orribili solo per il gusto di vedere la gente soffrire in modo atroce, volevo che soffrissero quanto avevo sofferto io, volevo vendetta per me stesso, per tutto il male che mi avevano fatto gli altri; poi mi sono reso conto che niente placava la mia sete di vendetta, che nessuna morte altrui metteva fine alla mia sofferenza, ma alla loro si, al dolore che gli avevo provocato io si; volevo smettere, ma non potevo, lo Sha mi avrebbe fatto uccidere, così continuai, ma ogni volta che uccidevo qualcuno sentivo qualcosa morire dentro di me, mi sentivo meno umano di quanto non fossi mai stato, mi sentivo sempre di più La Morte Vivente, il Figlio del Diavolo, l'Angelo della Morte e sempre meno umano, tanto da arrivare a dimenticare il mio vero nome.

Un giorno però a corte si stancarono di me e lo Sha ordinò al daroga di uccidermi, sapevo troppe cose, avevo costruito io i passaggi segreti del palazzo di Mazderan e lasciarmi vivo significava avere i segreti dello Sha liberi di vagare da una parte all'altra del pianeta.

Il daroga però mi ha fatto imbarcare su una nave diretta in Francia e mi ha fatto promettere che non avrei più ucciso nessuno, glielo giurai.

Tornai in Francia e conobbi un architettto, Charles Garnier, il costruttore dell'Opera, mi feci assumere e costruii i sotterranei, i passaggi segreti del teatro ed un appartamento vicino al lago sotterraneo che c'è sotto l'Opera ed ho vissuto lì fino ad adesso... Hai mai sentito parlare del Fantasma dellOpera?

ho annuito, l'avevo sentito molte volte, ma credevo che fosse una delle solite fantasie che girano negli staff dei teatri, non gli avevo mai dato peso ma sapevo di cosa era accusato questo fantasma...

-...Sono io Sofia... è Erik il Fantasma dell'Opera, e ho rotto la promessa fatta al daroga! Per difendere il mio appartamento, per fare in modo che nessuno scoprisse il nascondiglio di Erik e... per amore...

si era rimesso a piangere e aveva appoggiato la testa sulle mie gambe, piangevo insieme a lui e gli accarezzavo i capelli, quella era ancora una ferita recente e viva, non volevo gettarci sopra del sale, sapevo che gli faceva più male di tutte le altre

-Shh... basta piangere Erik, questa storia la conosco già, non nei dettagli ma non è importante, non adesso... Non voglio riaprirti ferite ancora troppo fresche, mi basta quello che mi hai detto fino ad adesso... Va bene così

si è alzato piano piano, non mi guardava, sapevo che non ne aveva il coraggio, si vergognava troppo del suo passato, soprattutto perchè non riusciva a perdonarsi e ad andare avanti, io invece spevo che era diverso, non era più lo stesso, non era più ne' La Morte Vivente ne' il Fantasma dell'Opera, era solo Erik, il mio Erik; l'ho abbracciato stretto, gli ho baciato una guancia, mi sono avvicinata al suo orecchio e gli ho sussurrato:

-Adesso tocca a me raccontarti la mia storia...

per la prima volta mi sentivo pronta per raccontarla e sapevo che lui era la persona giusta con cui confidarmi... una cosa però l'avrei omessa... mi ero appena resa conto di essermi innamorata di lui.

Senza dire niente mi sono staccata da lui, mi sono girata ed ho appoggiato la testa sulla sua spalla, lui mi ha preso una mano, come se avesse paura che me ne andassi, per la prima volta era stato lui a cercare un contati di quel tipo senza neppure pensarci, era stato come un riflesso incondizionato, per lui il contatto fisico era un tabu, quante volte lo avevo sentito rabbrividire ad un mio tocco innocente, così l'ho stretta più forte e me la sono portata sulla pancia.

-Io sono stata abbandonata dai miei genitori appena nata... non ho idea di chi siano, comunque dimenticavo... sono italiana.

Sono cresciuta in un convento di suore, credo non ci sia cosa peggiore che essere cresciuti da donne che non hanno mai avuto nessuna intenzione di diventare madri, in più erano tutte vecchie e con una mentalità molto chiusa, volevano obbligarci tutte a diventare suore e a passare ogni momento della nostra vita in preghiera... io sono fedele, credo molto, ma una vita di quel tipo mi faceva sentire in trappola e mi è capitato di sentirmi addirittura male in certi momenti; sono sempre stata curiosa, uno spirito libero e testardo, volevo girare il mondo, volevo studiare musica e cantare, è sempre stato il mio sogno più grande ma a parte alle messe non mi era permesso portare avanti questa mia passione.

Un giorno, avevo più o meno sedici anni, mi avevano fatto uscire dal convento per mandarmi a prender l'acqua alla fonte, così, visto che nessuno mi poteva sentire, mi misi a cantare, un ragazzo con la fisarmonica mi fermò per la strada e mi disse di cantare mentre lui suonava, mi disse che lo faceva per mestiere e che se lo avessi aiutato avremmo diviso il guadagno, così accettai, ma a dir' la verità dei soldi non mi importava assolutamente niente.

Mi ricordo che si fermarono moltissime persone a sentirci e qualcuno ci lasciò anche molti soldi, solo che mi scoprirono... Mi avevano punito molte volte fino a quel momento, ma mai come quella...

Mi chiusero per due settimane in uno stanzino minuscolo, c'era solo un inginocchiatoio dentro, non c'erano finestre e mi davano da mangiare solo una fetta di pane duro e un bicchiere d'acqua al giorno, è stato un inferno, loro dissero che avevo fatto un peccato molto grave, perchè nella musica, a parte quella che si suona in chiesa, si nasconde il demonio, e che le cantanti e le ballerine erano tutte prostitute e che il diavolo se le andava a prendere di notte.
Io però non sono mai stata facimente impressionabile, sapevo che vendere il proprio corpo era sbagliato, non solo nei confronti di Dio, ma prima di tutto verso se stessi e non ho mai avuto nessuna intenzione di fare una cosa del genere, così, in quelle due settimane pianificai la mia fuga e scappai la notte stessa in cui mi avevano liberata.

Andai in una città poco lontana e cominciai a lavorare come cameriera in una specie di taverna, prendevo una miseria, ma mi davano vitto e alloggio così mi adattai, ma appena ebbi i soldi per un biglietto del treno per venire qui non ci pensai due volte.

Credo di aver visto di tutto durante i tre anni in cui ho lavorato lì dentro: prostituzione, uomini ubriachi, omicidi, violenze, furti, qualsiasi genere di cosa, alcune mie colleghe, che per arrotondare la paga si concedevano ai clienti più benestanti, si sono ammalate per questo e sono morte molto giovani, io ho avuto un angelo dalla mia parte che mi ha protetto da ogni cosa per fortuna, ne sono uscita pulita ma fidati quando ti dico che è stato un miracolo.

Quando sono arrivata a Parigi avevo diciannove anni, cominciai a cercare lavoro, sia come cantante che come cameriera e mi hanno assunto subito per fortuna.

Sono stata molto fortunata devo dire, in poco tempo i padroni mi hanno preso in simpatia, mi hanno concesso vitto e alloggio e mi hanno aumentato leggermente la paga, perchè quando cantavo attiravo sempre molta gente, in più qualche cliente mi lasciava qualche mancia e, con gli straordinari che facevo, due anni fa sono riuscita a permettermi questo appartamento; è stata una scalata e ne sono uscita vittoriosa, ma non credere che sia stato semplice, ero da sola, una ragazzina in balia degli eventi e, l'ho già detto, sicuramente qualcuno dall'altro mi ha protetta, altrimenti non potrei essere qui oggi e soprattutto non come sono.

Non l'ho mai detto a nessuno, chi mi conosce crede che io sia venuta da un paesino di provincia per provare a far' carriera e che ha avuto fortuna e ci è riuscita, nessuno sa da dove vengo veramente e tutte le cose che ho fatto e le situazioni che ho affrontato per arrivare dove sono ora e se te lo sto dicendo è perchè mi fido di te.

Non l'ho mai detto a nessuno per non essere guardata con pietà come "la povera orfanella abbandonata", volevo arrivare dove sono con le mie forze e non con i favori della gente fatti per avere qualcosa in cambio o con l'illusione di comprarsi un pezzo di paradiso per un'opera di bene, non avrei mai potuto accettare niente del genere per nessuna ragione al mondo.

Comunque devo dire che riguardandomi indietro credo di poter'essere orgogliosa di me stessa...


Mi sono girata verso di lui e gli ho sorriso, mi sentivo molto più leggera dopo avergli raccontato quella storia, non credevo di avere così bisogno di parlarne.

Erik's POV

Le avevo raccontato tutta la mia vita senza nessuna eccezione, eccetto i fatti più recenti, ma lei diceva di conoscerli già, per la prima volta in vita mia avevo tirato fuori tutte quelle cose che mi portavo in fondo all'anima da un'eternità e avevo pianto come non ho mai fatto neppure con Christine.
Lei, non solo non tremava di paura alla vista del mio volto da morto, ma aveva anche accettato il mio passato e non mi aveva giudicato, era rimasta accanto a me senza paura, è stata la prima, dopo il daroga, a trattarmi come una persona qualsiasi, come un uomo come gli altri, mi aveva persino confidato i suoi segreti, quelli che lei da una vita teneva nascosti al mondo intero e così mi aveva salvato la vita in ogni senso possibile.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Come il canto della sirena ***


9. Come il canto della sirena
Come il canto della sirena

Erik's POV

Era passata qualche settimana dalla mia "chiaccherata" con Sofia, lei era stupenda, una donna con mille qualità e bella come poche, sempre dolcissima ed affettuosa... come Christine con Raul... ma lei lo era con me, ed io mi sentivo incredibilmente umano in quel periodo.

A volte, quando lei mi si avvicinava, mi prendeva una mano, mi accarezzava una guancia o i capelli, quando mi si siedeva accanto, mi sfiorava un braccio o addirittura quando mi baciava sulla guancia o sulla fronte, mi dimenticavo di cosa ero, del mio aspetto e di tutte le cose orribili che avevo fatto, quando c'era lei con me io mi sentivo bene, mi sentivo accettato e, in qualche modo, amato; a volte mi ritrovavo a far finta che Sofia fosse mia moglie, ad immaginarla con il mio anello al dito, che girava per casa in vestaglia come una trottola ed ogni tanto veniva da me per darmi un bacio, ma mi maledicevo subito dopo anche solo per averlo pensato, non potevo essere così ingenuo da credere davvero che lei potesse amarmi, da credere che qualcuno potesse farlo davvero così tanto da realizzare questo mio desiderio, che eppure era così forte dentro di me, per una persona qualsiasi non era chiedere molto, ma io non ero una persona qualsiasi, non potevo permettermi il lusso di dimenticarmi chi ero, non importava quanto Sofia mi facesse sentire diverso, quanto mi facesse sentire normale e vivo, non lo ero, non lo sarei mai stato.

Sofia aveva ricominciato ad andare a lavoro tutte le sere ed una di quelle, mentre lei mi salutava con un bacio, mi sono reso conto che quella situazione, per quanto fosse bella, in qualche modo mi faceva solo male, così ho deciso di andare via, prima che fosse troppo tardi.

Ho radunato le poche cose che avevo, mi sono infilato la maschera e sono uscito.

Camminavo per le strade buie di Parigi pensando a come si sarebbe sentita Sofia arrivando a casa e non trovandomi ad aspetterla e così ho realizzato che, dopo quasi due mesi di convivenza, non lavevo mai sentita cantare e la curiosità mi ha assalito senza lasciarmi via di scampo, così sono andato a sentirla cantare prima di sparire per sempre dalla sua vita....





Brava, brava, bravissima!
Cantava con il cuore, con l'anima e con tutto il corpo, era ciò che cantava, ogni nota era precisa e sentita, anche se si sentiva che mancava di tecnica; per l'ennesima volta in lei ho rivisto qualcosa di Christine, ma allo stesso tempo sapevo che non c'erano due persone più diverse nel mondo.

Stava cantando una canzone in italiano, o meglio, in un dialetto italiano, diceva:

*- Tu sei una cosa grande per me
una cosa che mi fa innamorare
una cosa che se tu guardi me
anche io muoio guardando te.
Vorrei sapere una cosa da te:
perchè, quando ti guardo così
se anche tu ti senti morire
non me lo dici
e non me lo fai capire?
Ma perchè?
E dillo una volta sola
se anche tu stai tremando
dimmi che mi vuoi bene
come io voglio bene a te...
Tu sei una cosa grande per me
una cosa che tu stesso non sai
una cosa che non ho avuto mai
un bene così, cosi grande...


lì ho capito a cosa stavo per rinunciare, io, idiota, mi ero innamorato di quella donna, c'ero cascato dinuovo come un ingenuo, manon potevo ignorare quanto bene mi facesse stare con lei, quanto fosse bello vederla con gli occhi pieni di luce quando mi guardava o vedermela girare intorno sempre allegra, sorridente e luminosa come una farfalla in mezzo ai fiori; stare con lei mi faceva troppo bene ed io non potevo rinunciarci, sapevo che non mi avrebbe mai ricambiato, ma non avevo più alcuna intenzione di rinunciare a quella felicità, non fino a che lei me lo avesse concesso; non potevo e non volevo.

Dopo la fine della serata sono uscito senza farmi vedere e l'ho sapettata fuori...

Sofia's POV

Quando sono uscita da lavoro ho visto una figura nera mascherata appoggiata ad un muro

-Erik! Che ci fai qui?

gli ho chiesto mentre mi fiondavo fra le sue braccia

-Volevo sentirti cantare

mi ha risposto stringendomi a se in modo più sciolto del solito, in quel momento mi sono sentita incredibilmente bene, al sicuro, ero così felice di vederlo, di sapere che era lì per me; il mio cuore mi ha fatto una capriola nel petto come mai prima, lui mi ha dato un bacio leggero sulla fronte ed io ho avuto un brivido, mi ha coperto con il suo mantello avvolgendomi un braccio intorno alle spalle ed io gli ho preso la mano

-Andiamo

mi ha detto, e ci siamo incamminati verso casa.

Lungo la strada ci siamo messi a parlare della serata appena trascorsa ed Erik mi ha fatto mille complimenti

-Ho deciso di darti delle lezioni di tecnica... se vuoi ovviamente...

mi ha detto mentre aprivo la porta

-Non voglio che tu ti faccia male alla voce, sei bravissima, ma credo che con un po' di tecnica miglioreresti ancora di più

-Mi fido della vostra esperienza maestro

gli ho detto scherzanzo, lui è andato in camera per cambiarsi ed io ho fatto lo stesso in bagno, poi l'ho raggiunto, non avevamo ancora finito .

Quando sono entrata si stava appunto per infilare sotto le coperte

-Fammi un po'di posto... così continuiamo a parlare un altro po'

gli ho detto, sperando che non mi prendesse per una sfacciata, si è spostato sull'altro lato del letto ed io mi sono infilata sotto insieme a lui, il suo profumo mi ha invaso le narici appena ho toccato le lenzuola, ho respirato a fondo e poi mi sono girata verso di li

-Qual'è stata la canzone che ti è piaciuta di più?

gli ho chiesto

-Una di quelle in italiano... non conosco il titolo... quella che fa così: "Tu sei una cosa grande per me..."

Dio la sua voce! Un coro d'angeli non sarebbe riuscito a reggere il confronto!

-E' la mia preferita

ho sussurrato, avrei voluto aggiungere: "Perchè mi fa pensare a te" ma non l'ho detto.

Abbiamo parlato per un altro po' e poi ci siamo addormentati insieme.

Erik's POV

Sofia si è addormentata mentre parlavamo, teneva le labbra socchiuse ed i capelli biondi le si erano arruffati sul viso, teneva una mano sotto al cuscino e l'altra sotto la testa, sembrava un angelo; le ho spostato i capelli dal viso e le ho baciato la fronte, lei in tutta risposta ha chiuso la bocca ed ha sorriso, era bellissima. Mi sono messo giù anche io ed ho chiuso gli occhi, ma ho dormito davvero poco... quella notte Sofia è rimasta quasi tutto il tempo abbracciata a me e la cosa mi aveva agitato molto... era la prima volta che dividevo il letto con qualcuno... (con una donna!) se poi la mia bara nei sotterranei dell'Opera poteva essere considerata un letto.

Era rimasta tutta la notte nella stessa posizione, con la testa appoggiata alla mia spalla e le mani sul mio petto, era un'immagine dolcissima, lei sembrava una bambola di porcellana, bellissima ed immobile, come se quello fosse l'unico posto al mondo dove desiderasse stare.

Quando la mattina mi sono svegliato era ancora lì, ferma, con un mezzo sorriso sulle labbra ed il petto che si alzava e si abbassava allo stesso ritmo del mio... era la sensazione più vicina alla felicità che avessi mai provato, era esattamente così che mi immaginavo che fosse l'amore, ricambiato, la vita insieme ad un'altra persona.

Non so cosa mi sia preso in quel momento, era come se fosse un'altra persona ad agire al posto mio, non ero affatto padrone delle mie azioni, mi sono avvicinato al suo viso, le ho sfiorato una guancia con le dita e, preso da una miriade di emozioni, le ho dato un bacio leggerissimo... sull labbra; quando mi sono staccato da lei e me la sono sentita tornare a dosso e ricominciare a baciarmi, non come avevo fatto io ma con molta più intensità, ho creduto di sognare, non poteva non essere un sogno, non poteva essere vero, no, non poteva, ma era così reale... l'ho presa per i fianchi ed ho ricambiato il bacio stringendola a me più forte che ho potuto, avevo paura che sparisse all'improvviso, ma l'ho sentita sorridermi sulle labbra ed ho capito che era tutto vero. E' stato il momento più bello della mia vita.

Sofia's POV

Mi sono svegliata con la sensazione d avere qualcosa sulle labbra, ho aperto un occhio e mi sono accorta che quella sensazione era dovuta ad Erik... mi stava baciando! Ho sentito le farfalle nello stomaco, il cuore accellerare fino all'indecenza ed il mio corpo era interamente attraversato dai brividi per l'emozione , era un bacio leggerissimo, privo di ogni malizia e dolcissimo, quando si è staccato non ho resistito, non gli ho dato neppure il tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo che gli ho gettato le braccia al collo e l'ho baciato di nuovo.
Le sue labbra sulle mie... per quanto sottili e fredde fossero riuscivo a sentire tutta la sua voglia e la sua emozione, io fremevo a quel contatto, lui mi ha preso per i fianchi ed ha avvicinato il mio corpo al suo, come se fosse stato preso da un'audacia improvvisa, ho sorriso sulle sue labbra, sapevo che era felice e sapere che ero la causa della sua felicità era impagabile, in più c'era la mia di felicità, che già quella era tanta, dire che ero al settimo cielo era decisamente troppo poco; al mio fianco avevo l'uomo più straordinario che potessi mai sperare di incontrare e poco importava il suo aspetto, lo amavo più della mia stessa vita e lui amava me! E' stato il momento più dolce, più emozionante e più bello di tutta la mia vita.
Mi sono staccata di poco da lui e gli ho preso il viso fra le mani

-Ti amo Erik

gli ho detto, e gli ho dato un bacio leggero, a lui è scappata una lacrima che ho asciutto subito con il palmo della mano e gli ho sorriso

-Anche io Sofia... più della mia stessa vita

mi ha risposto abbracciandomi e dandomi un bacio sulla fonte.





__________________________________________________________________

*La canzone è "Tu si na cosa grande" di Domenico Modugno (1964) fate finta che sia più vecchia please, non ne ho trovate di più adatte per questa scena

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** I resti del passato ***


10. I resti del passato
I resti del passato

Il diario della mamma continuava così, raccontando come lei e papà passavano le giornate.

Papà era dolcissimo con la mamma, un vero gentiluomo, l'adorava, ed il suo amore traspariva da ogni gesto e ogni parola, capivo perfettamente perché si fosse innamorata di lui, e lui, dopo tanto dolore, si meritava tutto l'amore che gli dava la mamma. Se papà non fosse morto, se fossimo stati insieme tutti e tre, la nostra vita sarebbe stata stupenda, piena d'amore e di felicità, e se lo sarebbero meritato entrambi.

Dormivano insieme, spesso abbracciati, ma mio padre non osava di più e mia madre non osava chiedergli perché; lei voleva un figlio, si sentiva di aver'aspettato fin troppo, in più era follemente innamorata di papà e realizzare questo suo desiderio insieme a lui sarebbe stata una gioia infinita, lo diceva chiaramente in alcune di queste pagine.

Nel secondo diario, in mezzo alle pagine romanticissime del loro amore, trovai un episodio interessante... un po' amaro, diversamente dal solito, ma la dimostrazione che le cose non sono mai solo bianche o solo nere... in quel racconto conobbi quello che rimaneva del mostro che era stato mio padre...

"28 Maggio 1898

Ero con Erik seduta sul divano, stavamo scherzando fra di noi dopo una delle nostre bellissime lezioni di canto. Lui aveva la schiena appoggiata al bracciolo del divano ed io mi ero seduta in braccio a lui, con la testa appoggiata nell'incavo del suo collo mentre giocavo con le sue mani nelle mie, parlavamo di un libro che avevamo letto da poco, "Dracula", l'avevamo adorato e stavamo discutendo sui personaggi quando all'improvviso qualcuno ha bussato alla porta.

Sono andata ad aprire e nel frattempo Erik è andato a prendere la maschera. Mi sono affacciata allo spioncino e dall'altra parte ho visto un cliente fisso del locale dove lavoro, monsieur Stephan, un uomo poco più grande di me, socio di un'importante banca di Parigi; mi sono chiesta cosa fosse venuto a fare e chi gli avesse dato il mio indirizzo, ma gli ho aperto la porta e l'ho salutato cordialmente

-Monsieur! Che cosa ci fate qui? E' un piacere vedervi!

-Buonasera madmoiselle, sono passato per farvi i miei complimenti per lo spettacolo di ieri sera, ultimamente siete migliorata moltissimo! Prendete, sono per voi

mi ha dato un mazzo di fiori bellissimo, coloratissimo e profumatissimo, adoro i fiori, ho fatto un gran sorriso e poi ho continuato

-Sono bellissimi monsieur! Vi ringrazio... ma prego entrate, accomodatevi, andate in salotto, io vado a prendere un vaso

lui è andato dove gli ho indicato ed io sono andata in cucina, ho preso un vaso vuoto da un mobile, l'ho riempito d'acqua, ci ho messo i fiori e poi sono uscita, in corridoio c'era Erik, gli ho fatto segno di venire con me e siamo andati insieme in salotto, ho posato il vaso sul tavolo e poi ho fatto gli onori di casa

-Monsieur Stephan, questo è l'uomo a cui devo il mio successo di quest'ultimo periodo...

ho detto mettendo le mani sulle spalle di Erik

-...vi presento monsieur Erik Gauthier...

poi mi sono rivolta ad Erik

-...Erik, lui è monsieur Stephan Dubois, un cliente del locale dove lavoro

-Piacere

hanno risposto contemporaneamente tendendosi la mano, quella di Erik rigorosamente guantata

-E' un piacere conoscervi monsieur, avete fatto un grande lavoro con la signorina Sofia, posso solo immaginare il vostro talento

-Vi ringrazio monsieur, è un piacere sapere che il mio lavoro porta frutti così apprezzati dal pubblico

-Ve lo meritate... Se mi permettete vorrei cogliere l'occasione per chiedere qualcosa alla signorina Sofia

Erik si è irrigidito, io non ho capito il perché di questo gesto, monsieur Stephan mi si è avvicinato, mi ha preso la mano e si è inginocchiato, ho capito perché Erik si era irrigidito ed ho copiato la sua reazione

-...Madmoiselle,  sono qui per chiedere la vostra mano. In questo ultimo periodo ho capito che manca una donna nella mia vita e vorrei che foste voi la donna che riempirà questo vuoto, con il vostro viso, la vostra voce ed il vostro animo così dolci. Mi fareste l'onore di diventare mia moglie?

non ho mai vissuto un momento più imbarazzante, Stephan mi guardava speranzoso, ancora in ginocchio, Erik, in piedi, invece mi guardava terrorizzato, entrambi erano in attesa di una mia parola; mi sono fatta forza e, tirandolo su, ho risposto

-Monsieur, la vostra proposta mi lusinga molto, siete un brav uomo e senz'altro un ottimo partito per chiunque... ma non posso accettare, il mio cuore appartiene ad un altro uomo, la mia mano è già stata promessa a lui...

e per un istante, d'istinto, ho guardato Erik ed ho tolto la mia mano da quella di stephan

-...Vi chiedo perdono se in qualche modo vi ho fatto credere di ricambiare i vostri sentimenti, non era mia intenzione, anzi, mi avete colto alla sprovvista a dire il vero

Stephan si è alzato in piedi, serio, Erik si era rilassato, le parti si erano come invertite, ma quella strana calma è durata poco, Stephan si è trasformato, ha preso il vaso con  fiori e l'ha buttato per terra ai miei piedi rompendolo in mille pezzi, d'istinto Erik si è messo davanti a me per proteggermi

-Monsieur fatevi da parte! Questa non è la donna che pensate che sia! Prenderà in giro anche voi! Fidatevi di me, è una serpe silenziosa!

-Monsieur non vi posso permettere di parlare così di lei! E' stata sincera con voi, vi ha chiesto perdono per avervi illuso, vi ha detto che non aveva nessuna intenzione di farvi soffrire, non avete alcun diritto di parlarle in questo modo! Non si merita di essere trattata così da un uomo che due minuti fa diceva di amarla e di voler' passare il resto della sua vita con lei!

la voce era alta, un po' agitata, ma controllata

-Chi siete voi per poter dire queste cose? Siete solo un insegnante di canto! O forse no...no, siete l'uomo che lei dice di amare giusto? Non mi sono sfuggiti i vostri sguardi, non sono cieco, si, siete voi! Ma non vi vergognate? Così vecchio e ridicolo con quella maschera!

a quelle parole Erik ha serrato i pugni, stava cercando di trattenersi, lo sapevo bene, sapevo bene di cosa era capace se portato al limite, così mi sono avvicinata a lui e gli ho preso una mano fra le mie

-...Guardatevi... a che cosa serve poi quella maschera? A nascondere la vostra identità o forse una deformità? Credete davvero che vi amerebbe se fosse così? Povero illuso! Le donne sono estremamente superficiali e lei non fa eccezione! E' solo una poco di buono e voi solo un illuso!

a quel punto Erik ha perso ogni controllo, stava già sbottando prima ma era riuscito a trattenersi, ma adesso Stephan stava attaccando il suo orgoglio e lo stava facendo mettendo anche in dubbio la mia onestà. Lo ha preso per il colletto della camicia, l'ha sollevato da terra e l'ha attaccato al muro

-Provate a ripeterlo monsieur

ha detto a denti stretti; faceva paura, c'era una cattiveria nella sua voce che mi ha lasciato spiazzata, riuscivo ad immaginare l'espressione del suo viso nascosta sotto la maschera, terrificante al solo pensiero, era freddo e deciso come un blocco di marmo, avrebbe spaventato anche l'uomo più coraggioso del mondo con quella voce e con i suoi modi.

Stephan ha puntato i piedi al muro per provare a non scivolare, Erik allora con no scatto della mano ha lasciato la camicia e lo ha preso per il collo senza farlo quasi muovere

-Rimangiate tutto quello che avete detto, subito!

Stephan era spaventatissimo, ma cercava di non darlo a vedere

-Voi non immaginate neppure cosa io sia capace di fare, fate quello che vi dico, non voglio recare danno agli occhi di una donna per bene, ma, se mi costringete, non mi farò troppi problemi

-I-io...n-non...

Erik ha stretto la presa intorno alla gola di Stephan e lui ha fatto una smorfia di dolore e di paura, io ero impietrita, con le mani davanti alla bocca e gli occhi sgranati, vedevo gli occhi di Erik lampeggiare come fiaccole nel buio, una tigre ferita che tira fuori tutta la sua rabbia ed il suo dolore, Stephan moriva di paura, come una preda che sa già che sta per essere mangiata, ho visto in quel momento quello che Erik era ai tempi della Persia ed ho avuto paura di lui per la prima volta dopo moltissimo tempo, non posso negarlo. ma non volevo che tornasse in quel vortice, stava già abbastanza male per quello che aveva fatto in passato, i demoni dei suoi delitti continuavano a perseguitarlo da così tanto tempo che ormai erano diventati una parte di lui. Mi sono messa al suo fianco e gli ho preso la mano che stringeva il collo di Stephan e l'ho guardato negli occhi

-Erik lascialo andare... lascialo, non ne vale la pena. Pensa a come sei stato in passato... A me non interessa quello che pensa lui di me, mi interessa quello che pensi tu, il resto non conta. Amore mio, lascialo, fallo per me

il suo sguardo piano piano si era addolcito e la sua presa si era allentata, Stephan, che era diventato quasi viola, respirò profondamente e riprese un po' di colorito, Erik lo ha messo giù 

-Non fatevi più vedere, ne' qui ne' da nessun'altra parte e non osate parlare a nessuno di quello che è successo oggi, con nessuno, voi non ci avete mai visto, non ci conoscete; mi raccomando monsieur, posso essere il vostro peggior incubo... E ora sparite!

Stephan è uscito correndo dall'appartamento ed era così spaventato che non credo avrà il coraggio di farsi di nuovo vivo, io ho abbracciato Erik, che aveva cominciato a tremare come una foglia per la tensione ed il calo d'adrenalina, siamo rimasti così per un po', poi gli ho tolto la maschera e l'ho baciato

-Grazie...








Qualche settimana dopo io ed Erik festeggiavamo il nostro secondo anno di fidanzamento, dormivamo insieme ogni notte quando tornavo da lavoro, a volte veniva anche lui a sentirmi senza farsi vedere da nessuno, io stessa non riuscivo mai a capire dove fosse, ma avvertivo la sua presenza. Mi faceva piacere che venisse, soprattutto perché altrimenti rimaneva sempre chiuso in casa senza vedere nessun'altro oltre me; avevo provato tante volte a convincerlo a rivedere il Persiano, ma non aveva mai voluto, a me però dispiaceva troppo vederlo auto segregarsi in casa in quel modo, a volte mi sembrava di avere un gatto selvatico in casa invece che un uomo. Così una mattina, mentre Erik dormiva ancora, sono uscita di casa e sono andata a parlare con il Persiano

-Monsieur, avrei bisogno di parlarvi un attimo

gli ho detto appena mi ha aperto la porta

-Ditemi pure madmoiselle

-Monsieur non sono stata sincera con voi negli ultimi tempi

-Riguardo cosa?

-Molte cose monsieur... ma ho dovuto farlo, per amore, è difficile da spiegare così, è per questo che sono venuta da voi questa mattina, vorrei che veniste a cena da me questa sera... devo mostrarvi qualcosa

era chiaramente confuso

-Madmoiselle devo preoccuparmi?

-Oh no monsieur! Va tutto bene, ma credo che sia arrivato il momento di affrontare certe cose per l'uomo che vive con me da due anni ormai

-Un uomo vive con voi? Non mi sono mai accorto di niente, ma cosa c'entro io con lui?

-C'entrate monsieur, ma lo vedrete questa sera, adesso ho urgenza di andare a fare alcuni acquisti. Vi aspetto questa sera alle otto in punto

l'ho salutato e me ne sono andata.

Ho passato tutto il giorno fra le pulizie ed i fornelli, Erik mi chiedeva in continuazione cosa stessi facendo ed io ogni volta gli rispondevo semplicemente che era una sorpresa, alla fine si è arreso e si è messo a suonare il pianoforte fino alle otto, quando ormai era tutto pronto ed il Persiano stava bussando

-Chi è a quest'ora?

mi ha chiesto Erik

-Adesso lo vedrai

gli ho risposto abbracciandolo da dietro e dandogli un bacio sulla guancia, poi sono andata ad aprire

-Buonasera monsieur!

ho detto al Persiano dopo avergli aperto la porta

-Buonasera madmoiselle

aveva portato con sé una bottiglia di vino, ho sorriso, Erik lo adorava

-Venite, devo presentarvi qualcuno...

ho portato il Persiano in salotto, dove Erik stava fissando il tavolo apparecchiato per tre persone, che aveva notato solo in quel momento.

Hanno avuto entrambi la stessa reazione: occhi sgranati, rigidità e silenzio assoluto

-Erik...

ha sussurrato il Persiano guardando prima lui e poi me, ho sorriso e sono andata verso Erik, gli ho preso una mano e l'ho trascinato verso il Persiano

-Erik, sei... sei davvero tu, sei vivo...

lo guardava come se stesse cercando di capire se fosse davvero lui o fosse solo un'allucinazione

-Come...

-Mi ha salvato Sofia, stavo venendo da te per raccontarti di Christine e Raul prima di morire, per lasciarti quello che mi rimaneva di lei e le mie ultime volontà...

-Sono contento di vederti Erik

lo ha interrotto il Persiano perché lui teneva lo sguardo basso, infatti a quelle parole ha raddrizzato la schiena e lo ha guardato negli occhi come se credesse di aver capito male

-So come è finita quella storia, Christine mi ha scritto, voleva tue notizie e mi ha raccontato tutto, ti ho cercato, ma non ti ho trovato... E pensare che ti ho sempre avuto sotto al naso per due anni! E voi Sofia! Voi sapevate che lo stavo cercando...

-Mi ha chiesto lui di non dirvi niente monsieur, ho solo acconsentito ad una sua richiesta, ma è arrivato il momento di affrontare il passato una volta per tutte, così sono venuta a chiamarvi

-Daroga... le ho chiesto io di non dirti niente, non ha colpe

-Erik... perché non volevi vedermi?

-Non lo so neppure io a dire la verità... Forse, forse volevo chiudere con quella parte del mio passato che riguarda anche te, da Mazderan a Christine e ho pensato che non rivederti potesse aiutarmi a dimenticare tutto

-Ha funzionato?

-No daroga... sai bene di cosa sono colpevole, niente può farmi dimenticare tutto il male che ho causato

-Mi sei mancato amico mio

ha detto il Persiano ed Erik e lo ha abbracciato, Erik era così sorpreso che non ha reagito, io piangevo, mi sono commossa davanti a quella scena, sembrava di vedere due fratelli riabbracciarsi dopo tanto tempo, in effetti era proprio così.

La cena è trascorsa serenamente, io ed Erik abbiamo raccontato dei nostri ultimi due anni insieme al Persiano e lui mi ha raccontato alcuni episodi della sua vita, nessuno però riguardava Erik o i servigi che aveva prestato allo Sha di Persia o sua figlia. E' stata una serata fra amici come tanti ed è stata proprio quella la cosa più bella, Erik dopo sembrava rinato, sapevo che ne aveva bisogno.

Il Persiano se ne era andato, io avevo messo tutto in ordine ed ero entrata in camera da letto con Erik; mi sono infilata sotto alle coperte e gli ho voltato le spalle, lui mi ha abbracciato da dietro, mi ha spostato i capelli e mi ha dato un bacio sul collo, mi sono girata verso di lui e gli ho dato un bacio veloce sulle labbra

-E' stata una bellissima serata. Grazie angelo mio

mi ha detto, io gli ho avvolto le braccia intorno al collo e l'ho baciato ancora

-E di cosa amore? Ne avevi bisogno, ho solo fatto quello che sapevo essere meglio per te

lui mi ha baciato di nuovo

-Sei straordinaria! Nessun'altro avrebbe mai fatto tutto questo per me

-Perché nessuno potrebbe amarti come faccio io!

-Questo è sicuro, io stesso ancora non riesco a capire come sia possibile

-Non c'è un perché, è così e basta. Ci sono così tante cose che amo di te...

Siamo rimasti svegli quasi tutta la notte a parlare di noi e a scambiarci carezze e baci, prima di addormentarmi ho pensato " Voglio che tu sia il padre dei miei figli" poi ho ceduto e mi sono addormentata fra le sue braccia.

Erik's POV

La serata era stata stupenda, era difficile ammetterlo ma il daroga mi era mancato molto, più di tutto però era la mia Sofia a rendermi felice, non solo per tutto quello che faceva per me, ma soprattutto per la gioia che vedevo nei suoi occhi quando mi guardava; era felice per me, perché avevo trovato finalmente una sorta di equilibrio nella mia vita -e lei ne era l'unica responsabile- e perché ero con lei, mi rendevo perfettamente conto che la mia presenza la rendeva felice e tutto questo non poteva che procurarmi altra gioia, più di quanta credessi di poter provare.

Abbiamo passato la notte a parlare l'una tra le braccia dell'altro, poi Sofia ha sussurrato qualcosa, mi sono avvicinato per capire che cosa stesse dicendo

-Voglio che tu sia il padre dei miei figli

ho sentito un brivido di felicità e allo stesso tempo di terrore salirmi lungo la schiena, quella era una cosa che non avevo mai neppure osato sognare e allo stesso tempo il coronamento della mia felicità con Sofia, sapevo che lei voleva diventare madre ma non ne avevamo mai parlato davvero, sapevo anche che con lei volevo passare il resto della mia vita e non volevo perdere altro tempo, ma una questione rimaneva... come sarebbe stato un figlio mio? Potevo rischiare di condannare mio figlio, sangue del mio sangue, ad una vita come la mia? E Sofia? Dovevo vietarle di realizzare il sogno di una vita? Come potevo? Non ho dormito per tutta la notte, adesso avevo rivisto il daroga, sapevo che potevo andare da lui e chiedergli aiuto, sarei andato la sera dopo mentre Sofia era a lavoro.

Le ho dato un bacio sulla fronte e sono rimasto tutta la notte a guardare il soffitto assorto nei miei pensieri.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Sorpresa ***


11. Sorpresa
Sorpresa

Sofia era uscita, l'ho guardata allontanarsi dalla finestra, poi mi sono infilato la maschera e il mantello e sono uscito di casa, due minuti dopo ero in casa del daroga con un bicchiere di vino in mano

-Che cosa volevi dirmi Erik?

-Si tratta di Sofia... lei vorrebbe un figlio, ma io non so se posso

-Se anche tu lo vuoi perché non dovresti?

-Certo che lo voglio! Voglio sposare Sofia, ed avere una famiglia con lei sarebbe bellissimo però... se questo bambino ci dovesse davvero essere, chi mi dice che non sarà come me? Non posso condannare mio figlio ad un'esistenza come la mia, sarei un egoista, ma non posso neppure costringere Sofia a rinunciare alla maternità, commetterei lo stesso errore... non so cosa fare

-Erik,se tu avessi la certezza che questo bambino sarà felice, nonostante il suo aspetto, ponendo il caso che somigli a te, lo vorresti?

-Sarebbe la gioia più grande della mia vita

-E allora fallo. Lascia perdere il resto. Posso giurarti che questa creatura avrà una vita del tutto diversa dalla tua, perché avrebbe una famiglia al suo fianco che lo riempirebbe d'amore, in più potrebbe assomigliare a Sofia...

-Lo spero...

-Allora... le hai già chiesto di sposarti?

-N-non ancora... io... stavo pensando a come fare

-Ma come? Sei così bravo nei gesti romantici! Ti ricordi con Christine?

siamo scoppiati entrambi a ridere, adesso potevamo scherzarci sopra... alla fine era andato tutto bene

-Davvero Erik, sei un grande romantico e Sofia ti ama così tanto che se tu le dicessi che vi sposate domani sarebbe la donna più felice del mondo! Qualsiasi cosa andrà bene

mi sono fermato un attimo a riflettere ed ho avuto un'illuminazione

-Daroga... cos'è rimasto dell'appartamento sul lago?

-L'ho chiuso, ma posso riaprire il passaggio su Rue Scribe, è l'unico che non ho ancora sigillato

ho guardato l'orologio che era sul muro, era ancora presto

-Verresti un attimo con me?

-Andiamo

-Perfetto



Sofia's POV

Erik nelle ultime tre settimane era particolarmente euforico, ma non riuscivo a capire perché, di sera usciva molto spesso con il Persiano e a volte tornava dopo di me, lo vedevo sereno quindi ero felice per lui e non mi preoccupavo.

Una sera tornando a casa ho trovato un biglietto di Erik sul cuscino "Vieni in Rue Scribe" ho ripreso il mantello e sono uscita di nuovo; arrivata nel luogo dell'appuntamento ho incontrato il Persiano che mi ha indicato un passaggio e mi ha guidato al suo interno, la strada era illuminata da una miriade di candele che ci hanno condotto ad una specie di porticciolo sulle rive di un lago sotterraneo... l'Opera, la casa sul lago! Ma perché mi aveva portata lì? Siamo saliti su una piccola barca nera e abbiamo attraversato il lago, il Persiano mi ha guidato di fronte ad una porta e mi ha fatto segno di entrare.

Era tutto buio. Ho fatto qualche passo nella stanza e poi si è accesa una piccola luce, sono andata verso di essa ed ho visto un biglietto bianco sopra ad una scatola di mogano, sul biglietto c'era scritto "Aprila", ho aperto la scatola e ne è uscita una melodia bellissima, all'inizio malinconica, dolorosa, ma piano piano si faceva sempre più dolce e mano a mano che la musica andava avanti la stanza si illuminava sempre di più.

Ad un certo punto mi sono accorta della presenza di Erik in un angolo della stanza, sono andata verso di lui e l'ho abbracciato, lui i ha dato un bacio dolce sulle labbra, mi ha preso le mani e mi ha detto

-La mia vita prima di te era come quando tu sei entrata qua dentro, vivevo qua, da solo immerso nel buio e nel silenzio, poi sei arrivata tu e dopo poco si è riaccesa una piccola speranza dentro di me, è cominciata come la melodia del carillon, la luce era bassa e la melodia malinconica, ma c'erano, piano piano la luce è aumentata e la musica si è fatta più dolce, fino ad arrivare ad adesso...

mi ha fatto vedere uno spartito

-... Non è ancora finita però, devono ancora succedere molte cose prima che lo spartito sia concluso. Sofia, ho vissuto tutta la vita cercando la luce e la musica, sapevo di non avere la prima, ma la seconda credevo di averla trovata, ma ero sempre alla ricerca di qualcosa in più di essa, qualcosa che non riuscivo a trovare, come una nota portante in una melodia, ma questo qualcosa l'ho trovato quando ho incontrato te, tu sei la mia luce e la mia musica, Sofia...

io piangevo già come una fontana, Erik si è inginocchiato davanti a me ed ha tirato fuori da una tasca una scatolina di velluto nero, l'ha aperta, dentro c'era un anello d'oro bianco con dei frammenti di diamanti intorno ad una pietra di acqua marina

-... vuoi sposarmi?

mi sono gettata su di lui baciandolo con molta più foga del solito, aspettavo quel momento da due anni e finalmente era arrivato

-Assolutamente si!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Preparativi ed imprevisti ***


12. Preparativi ed imprevisti
Preparativi ed imprevisti


Io ed Erik eravamo ufficialmente fidanzati di più di un anno ormai e ci eravamo dedicati interamente ai preparativi, Erik sognava un matrimonio in grande, alla Madleine, aveva persino voluto pubblicare l'annuncio su un giornale "Erik e Sofia si sposano" a me, paradossalmente, bastava di sposarmi.

Era quasi tutto pronto, mancava solo una casa... una casa nuova, più grande, come l'avevamo sempre sognata sia io che Erik.

Anche quel giorno eravamo in esplorazione, una mia collega mi aveva parlato di una villetta poco fuori Parigi che sembrava fare al caso nostro, due piani, una mansarda e un seminterrato, con un grande giardino e un piccolo pezzo di bosco sul retro, così siamo andati a dare un'occhiata.

Era bellissima! Regale, elegante e ben tenuta, sembrava un piccolo castello, io amavo il giardino: pieno di piante e fiori di ogni genere, Erik invece si era innamorato del seminterrato

-Qui ci facciamo una cantina!

aveva detto subito ed io ero scoppiata a ridere.

Al piano terra, appena si entrava c'era un grande ingresso con una scalinata di pietra che portava al primo piano e che divideva il corridoio del piano superiore in due e che proseguiva verso l'alto per andare verso la mansarda, una cucina non troppo grande ma molto funzionale, una dispensa, un bagno di servizio, il guardaroba, le scale che portavano al seminterrato e un grande soggiorno molto elegante sui toni dell'oro e del rosso, con il soffitto molto alto ed un lampadario a gocce che rifletteva la luce illuminando benissimo ogni angolo della stanza, c'erano un grande divano e delle poltrone di velluto rosso, un tavolo di cristallo, un camino in pietra, dei quadri alle pareti e delle grandi finestre che davano sul giardino.

Salendo al secondo piano c'erano quattro camere da letto, ognuna con il proprio bagno privato, due bagni di servizio e uno studio e una biblioteca con un bagno in comune.

La mansarda era divisa in due stanze, una un po' più piccola dell'altra, avevamo deciso di lasciare quella più piccola per utilizzarla come soffitta e quella più grande come sala della musica.

Il seminterrato era grande e umido e una cantina ci stava alla perfezione.

Forse era un po' grande per noi due soltanto, ma era bellissima ed ero entusiasta all'idea di riempirla piano piano allargando la famiglia.

L'abbiamo comprata subito e abbiamo cominciato a mettere a posto le poche cose che avevano bisogno di essere aggiustate, anche con l'aiuto del Persiano e siamo riusciti a terminare i lavori a poche settimane dalle nozze.


Un giorno stavo sistemando dei fiori in giardino quando ho sentito arrivare la carrozza del Persiano che mi ha salutato gentilmente e poi è corso in casa da Erik.

Dopo un po' sono entrata in casa, ho preparato loro una tazza di tè e li ho raggiunti nello studio del primo piano di cui si era impossessato immediatamente Erik.

Li ho trovati seduti uno di fronte all'altro ed Erik stava leggendo una lettera, quando mi sono avvicinata con il vassoio in mano hanno sobbalzato entrambi ed Erik ha posato il foglio che teneva in mano

-Che cos'è?

ho chiesto, insospettita dal loro atteggiamento

-Niente di importante amore... solo una lettera di congratulazioni

ho alzato un sopracciglio, perplessa, si vedeva che non era tranquillo

-Da parte di chi?

-Da... da Christine

ha risposto in un sospiro, mi sono scoperta a rabbrividire davanti a quel nome... Christine, l'unica donna che Erik avesse mai amato, almeno prima di me, mi sono irrigidita ed ho respinto a fatica una sensazione crescente di rabbia ed inquietudine, ero gelosa, si, lo sapevo

-E... cosa dice?

il Persiano era rimasto in silenzio per tutto il tempo mentre Erik farfugliava qualcosa cercando di cambiare discorso, cosa che non mi tranquillizzava affatto

-Erik... dammi quel pezzo di carta, subito

lui me lo ha passato con rassegnazione ed ho incominciato a leggere


"Caro Erik,
ho voluto approfittare della gentilezza del nostro amico comune per farvi recapitare questa lettera.

Ho saputo che molto presto vi sposerete e sono estremamente felice per voi e per la donna che in questo momento si trova al vostro fianco.

Credo, a questo punto, che rivogliate indietro l'anello che avevate regalato a me tempo fa come simbolo del vostro amore nei miei confronti, non mi sembra opportuno tenerlo dato che state per giurare amore eterno ad un'altra donna.

Sto partendo per Parigi proprio in questo momento e questa mia lettera dovrebbe precedermi di pochi giorni.

Raul ha molto insistito per venire con me quindi presto ci rivedremo.

      con molto affetto                                    
Christine De Chagny                            "


La scrittura piccola ed elegante e la carta profumata di gelsomino mi irritavano tantissimo, Christine era una parte importante della vita di Erik, se non addirittura la più importante, ed io non potevo ignorarlo, mi irritava sapere che stava per arrivare anche se sapevo che Erik non provava più niente per lei, sapevo già dell'anello che le aveva regalato, sapevo della promessa che si era fatto fare, sapevo tutto di quella storia, Erik me l'aveva raccontata pochi giorni dopo il nostro primo bacio perché pensava, giustamente, che a quel punto avessi tutto il diritto di sapere e mi aveva raccontato tutto senza riserve.

Avevo deciso di fare buon viso a cattivo gioco e ho annunciato con un finto sorriso

-Vado a preparare la camera per gli ospiti

ho posato la lettera sulla scrivania, ho accarezzato una guancia ad Erik, sono uscita e sono andata a preparare una camera per Raul e Christine

Quella sera la cena era stata silenziosa nel nostro piccolo appartamento in Rue de Rivoli -dove abitavamo ancora prima del matrimonio-, subito dopo io ed Erik ci siamo messi a leggere insieme sul divano, lui mi accarezzava i capelli dolcemente ed io tenevo la testa appoggiata alla sua spalla

-Sei arrabbiata?

mi ha chiesto all'improvviso, mi sono girata verso di lui per guardarlo negli occhi

-No...

-Allora cosa c'è che non va?

parlava con una dolcezza tale che mi sono sentita quasi in colpa nei suoi confronti per essere così gelosa, e anche un po' stronza

-E' che... non lo so, sono gelosa

Erik mi ha guardato come se gli avessi detto di venire da un altro pianeta

-Come gelosa?

-Si, tu l'amavi...

-Appunto, adesso amo te. E non c'è nessun paragone fra voi due amore mio

mi ha baciato la fronte ed ho sorriso

-Lo so Erik, ma è più forte di me, non lo controllo, sai che ti amo, ho paura che tu capisca di essere ancora innamorato di lei quando la vedrai

ho detto abbassando lo sguardo

-Impossibile, Christine non sarebbe mai stata in grado di fare tutto quello che tu hai fatto per me. Si, è vero, l'ho amata, ma è tutto finito, ho chiesto a te di sposarmi, con te ho comprato casa e l'ho rimessa a posto per noi due, Christine non c'entra niente in tutto questo. Sei tu la mia musica ed il nostro amore la mia composizione più bella, ricorda la mia proposta, tutto il resto è solo polvere

mi ha messo una mano sotto al mento per tirarmi su la testa e mi ha baciato con dolcezza e passione

-Ti amo Erik

-Anche io Sofia, te e nessun'altra

e abbiamo incominciato a baciarci.



Christine e Raul sono arrivati tre giorni dopo la lettera.

Lei era bellissima, esattamente come mi immaginavo, e anche molto dolce: capivo benissimo perché Erik se ne fosse innamorato.

Io avevo capito che non era una minaccia, guardava Raul esattamente come io guardavo Erik, ma la gelosia si faceva comunque sentire, come del resto avevo notato anche nel visconte: Raul provava per Erik quello che io provavo per Christine e lo si notava in ogni conversazione fra noi quattro.

Due sere prima del matrimonio, dopo cena, sono andata in biblioteca per leggere un po' e ho trovato Raul affacciato alla finestra

-Visconte De Chagny! Che cosa state facendo?

-Non mi vergogno a dirvi che sto spiando mia moglie ed il vostro futuro marito

Mi sono avvicinata di corsa alla finestra per vedere anche io e Raul ha sorriso

-Anche voi avete paura di quel ponte che li lega vedo... Christine dice che sono uno sciocco, che fra lei ed il vostro Erik c'è solo un grande rispetto, io sinceramente non ne sono del tutto persuaso

-Monsieur, Christine vi ama con tutta l'anima, lo vedo chiaramente; in più lei non ha mai amato Erik, era solo attratta dal suo genio musicale, purtroppo su questo punto in particolare io non posso dire lo stesso, Erik l'ha amata moltissimo
Io sono certa che Christine vi dica la verità, credo davvero che non ci sia niente di più che una grande stima fra loro... ma in qualche modo una parte della loro anima è legata a quella dell'altro, non lo si può negare

- E a voi questa cosa dà fastidio quanto ne dà a me...

-Si monsieur,, sarei una sciocca a volerlo negare

-Non gli ha ancora ridato l'anello, sapete?

ho sospirato

-No, non lo sapevo, ma non mi stupirei se Erik si rifiutasse di averlo indietro, rimane comunque un regalo...

-Fra due giorni vi sposate, siamo qui da quasi una settimana, il minimo che Christine possa fare a questo punto è almeno provarci, non siete d'accordo?

ho sospirato ancora, aveva ragione, sapere che Christine non aveva ancora restituito quell'anello ad Erik mi infastidiva moltissimo, tanto quanto infastidiva Raul, comprendevo perfettamente il suo stato d'animo

-Si monsieur... non posso negare di pensarla esattamente come voi, anche se un po' me ne vergogno...

-Siamo innamorati di due persone con un passato indelebile che li lega senza nessuna via di scampo... è normale essere gelosi, è giusto così



Erik's POV



Mancavano solo due giorni al matrimonio ed io ero tanto eccitato quanto spaventato, Sofia invece era tranquillissima, o meglio, tranquilla all'idea del matrimonio, invece era agitatissima per la presenza di Christine, era gelosa, mi sentivo strano solo a pensarlo ma era così.


Sono uscito per prendere un po' d'aria in giardino, c'era una bellissima luna piena che rifletteva la sua luce biancastra su tutte le piante del giardino, il regno di Sofia, sembrava di essere nel giardino di un palazzo reale, ho sorriso, io e Sofia eravamo il re e la regina di quel piccolo regno.

Mi sono seduto su una panchina di pietra bianca a pensare a tutte le cose che mi erano successe negli ultimi tre anni, il periodo più bello della mia vita, non ci voleva molto, ma quella era felicità vera; ho sentito dei passi nell'erba

-Sofia?


una figura bianca è sbucata da dietro ad una siepe, non l'avrei confusa fra altre diecimila

-Erik, sono Christine

-Ti ho vista

-Posso?

-Prego

si è seduta a fianco a me; era arrivata da quasi una settimana con Raul, Sofia li aveva letteralmente pregati di venire al matrimonio, non capivo perché l'avesse fatto, ma mi faceva piacere che ci fossero anche loro due; in realtà all'inizio non ero convinto che fosse una buona idea rivedere Christine, ma quando poi era arrivata e mi sono accorto che la sua presenza non mi turbava in nessun modo avevo cambiato idea; mai prima di allora però ero rimasto solo con lei

-Come vi sentite?

mi ha chiesto con la sua voce serafica


-Christine... questi convenevoli non sono necessari fra di noi, non credi?

lei ha sorriso

-Si, hai ragione

-Comunque sto bene, veramente, sono felice...

-Sono molto contenta per te, te lo meriti, lei poi è stupenda, una donna straordinaria, non potevi trovare di meglio secondo me

ho sorriso orgoglioso

-Si, Sofia è meravigliosa

-Come l'hai conosciuta?

ho raccontato a Christine la mia storia con Sofia

-Era esattamente questo il finale giusto per questa storia

-Trovi?

-Assolutamente si, siete bellissimi insieme, quando vi guardate vi illuminate di una luce bellissima

-Anche tu e Raul siete così

ha sorriso

-Sai, Raul è geloso di te

-Anche Sofia di te... ma ti apprezza molto

-L'avevo capito, quando parliamo è come se si sforzasse di non fidarsi di me, io invece mi sono affezionata a lei

-Anche lei ti si è molto affezionata... ma non vuole ammetterlo, dalle tempo... invece tu e Raul?

-Oh siamo molto felici insieme, ci amiamo come il primo giorno!

sorrideva luminosa come la luna sopra di noi

-E la tua carriera?

-Non canto più molto in realtà, la mia carriera da primadonna è finita con l'Opera, ma a volte faccio qualche esibizione in giro

-E' uno spreco secondo me, ma se credi che sia la cosa giusta...

-Credo di si Erik, niente è più come prima, quando tu eri il mio maestro, ho ritrovato la mia voce, me stessa e mio padre grazie a te, ma adesso ho altre priorità. In più credo che il vero talento sprecato qui sia il tuo

-Ne cederei un po' per un aspetto più umano sinceramente

-Non sai quello che dici, sei come un pezzo di paradiso concesso all'umanità, Sofia si è innamorata di questo, il tuo viso conta poco

-Ma abbastanza da impedirmi di avere una vita normale... almeno fino ad adesso, e questo lo devo a te e a Sofia

ha sorriso di nuovo, un soffio di vento l'ha fatta rabbrividire un po'

-Adesso rientriamo, si sta facendo freddo. E poi non vorrei che gli altri due lassù si arrabbiassero

Christine è scoppiata a ridere ed io con lei, avevamo visto Sofia e Raul guardarci dalla finestra della biblioteca già da un po' ma avevamo fatto finta di niente.

Quando sono entrato in camera da letto Sofia era già sotto le coperte, mi sono avvicinato a lei, l'ho stretta fra le braccia e l'ho baciata

-Buonanotte amore mio

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Matrimonio alla Madlaine ***


14. Matrimonio alla Madlaine
Matrimonio alla Madlaine


Era il grande giorno finalmente! Era tutto pronto, o quasi, la chiesa era pronta, ornata di nastri e fiori: ci sposavamo a Notre Dame, avevo già detto che Erik voleva fare le cose in grande vero? Il Persiano e Raul erano con Erik per aiutarlo a prepararsi, con me invece c'era Christine

-Sei bellissima Sofia! Sembri una regina!

-Grazie...

ero emozionatissima e tesa come una corda di violino, il giorno prima Erik era tornato con il Persiano e Raul nel nostro vecchio appartamento, per fare in modo di non poterci vedere il giorno prima delle nozze, come da tradizione, era stata una tortura, sentivo la sua mancanza dopo soli due minuti; quella mattina invece ero paralizzata dall'emozione, quando lo avrei rivisto sarebbe diventato mio marito finalmente!

Ero quasi pronta, indossavo un abito color'avorio con il corpetto con scollo a cuore con dei ricami di cristalli che si interrompeva a V sui fianchi dove cominciava l'ampissima gonna a pieghe, anche quella con inserti di cristalli qua e là con una coda lunga almeno mezzo metro, era un abito davvero regale, pesante, ma ne valeva la pena, il velo poi era lungo più della coda dell'abito e ricamato di un pizzo leggero come il copri spalle che dovevo portare in chiesa, mancavano solo gli ultimi dettagli e poi avremmo raggiunto Erik e gli invitati in chiesa; da tradizione dovevo avere con me una cosa vecchia, una nuova, una prestata, una regalata e una blu: di vecchio avevo un braccialetto che mi ero comprata con il mio primo stipendio a Parigi, un oggettino delicato, composto da tante piccole foglioline d'argento, molto semplice, quasi insignificante rispetto a tutto il resto, ma rappresentava una parte di me, di nuovo un paio di orecchini a pendente con una pietra incastonata e di blu una giarrettiera; mi mancava qualcosa di regalato e qualcosa di prestato

-Sei quasi pronta, come ti senti?

-Molto tesa

Christine mi ha guardato con un grande sorriso sulle labbra

-E' normale, sai, quando lo vedrai in cima alla navata sarai presa da così tante emozioni che non saprai nemmeno tu come ti senti... ho qualcosa per te... cosa ti manca? Qualcosa di prestato e di regalato giusto?

ha aperto l'armadio ed ha tirato fuori due pacchetti

-Ecco... qualcosa di prestato...

mi ha posto il primo pacchetto e l'ho aperto, dentro c'era una coroncina da sistemare sul velo

-E' la mia, spero ti piaccia

avevo le lacrime agli occhi, era così buona con me quella ragazza, ed io invece continuavo ad essere gelosa di lei

-Christine... è bellissima! Grazie!

-Figurati, per così poco...

l'ho abbracciata forte, non potevo più negare che mi ero affezionata a lei e mi sentivo davvero ridicola ad essere stata gelosa di lei

-Grazie, davvero tante grazie

le ho sussurrato

-Christine... devo chiederti qualcosa...

-Dimmi

-Io... non ho ancora una damigella... vorresti essere tu?

-Oh, Sofia! Certo!

mi ha abbracciato anche lei, come me, con le lacrime agli occhi

-Adesso basta lacrime però! Tieni...

mi ha passato il secondo pacchetto e l'ho aperto, in questo c'era uno splendido collier di diamanti

-Me lo ha lasciato Erik subito prima di andare via

stavo piangendo ancora più di prima, Christine mi ha passato un fazzoletto e mi ha sistemato il trucco leggero

-Andiamo?

-Si



Erik's POV


Ero pronto. Mi stavo avviando in chiesa con il daroga e Raul; durante il giorno precedente avevo fatto una lunga chiacchierata con il visconte, rassicurandolo sui miei sentimenti nei confronti di Christine, non provavo niente di più che un grande affetto nei suoi confronti, le dovevo molto, ma io amavo Sofia, il mio cuore e la mia anima appartenevano a lei e a nessun'altra, ci eravamo stretti la mano e gli ho chiesto di farmi da testimone -perché il daroga accompagnava Sofia lungo la navata- e lui aveva accettato.

Quando siamo arrivati davanti a Notre Dame c'era una folla immensa, avevo voluto pubblicare la data ed il luogo sull'annuncio di giornale che avevo fatto perché volevo che ci fosse quanta più gente possibile, naturalmente avevo invitato personalmente tutte le persone che lavoravano all'Opera Garnier anche se per ovvie ragioni non mi ero firmato come il Fantasma dell'Opera.

Portavo la maschera, ma l'avrei tolta quando Sofia sarebbe arrivata davanti all'altare, lei toglieva la veletta ed io la maschera, come a svelarsi l'una agli occhi dell'altro.

Mi sono presentato a tutti come lo sposo, naturalmente tutti fissavano la maschera, chissà che sorpresa quando mi avrebbero visto senza!

Siamo entrati tutti in chiesa e abbiamo aspettato Sofia, che, come da manuale, era in ritardo. Non nascondo di essere stato molto preoccupato all'idea che non si presentasse, ma poi la marcia nuziale è cominciata e mi sono sentito molto meglio.

Mi sono girato verso l'entrata e l'ho vista, bella come una regina, la mia regina, si teneva al braccio del daroga ed avanzava verso di me con un sorriso meraviglioso, alle sue spalle Christine le teneva il velo; tutta l'assemblea la guardava a bocca aperta ed io sorridevo sotto la maschera in una maniera che non credevo possibile, non credevo che potesse essere ancora più bella del solito.

E' arrivata accanto a me, io le ho tolto la veletta, dopo lei mi ha tolto a me la maschera e le ho dato un bacio sulla fronte mentre lei mi prendeva per mano; dalle panche si era levato un sussulto di orrore quando Sofia mi aveva tolto la maschera, ma l'avevo appena notato ed in quel momento non me ne poteva importare di meno.


Sofia's POV


Quando ho visto Erik in cima alla navata mi sono sentita incredibilmente bene, non avevo mai provato una sensazione più bella in vita mia.

La cerimonia era stata emozionante e dolcissima, sia io che Erik ci siamo commossi nel momento delle promesse e dello scambio degli anelli e tutta la chiesa era scoppiata in lacrime con noi

-Erik, puoi baciare la sposa

a quelle parole del celebrante Erik mi ha preso per i fianchi e mi ha baciato con così tanta passione che ho creduto di svenire per l'intensità, mi mancava l'aria, ma è stato bellissimo.

Siamo usciti dalla chiesa fra le grida della gente entusiasta che ha cominciato a lanciarci riso e petali di rosa.

E' stato il giorno più bello della mia vita.


Erik's POV


Che dire della prima notte di nozze? Era stata meravigliosa! Era stata, naturalmente, Sofia a prendere l'iniziativa, altrimenti io non ne avrei mai avuto il coraggio.

All'inizio ero terrorizzato, avevo paura di non essere capace, di farle male, ma lei mi ha rassicurato con la sua solita dolcezza baciandomi con voglia e infondendomi sicurezza; ci siamo spogliati piano, percorrendo con le mani ogni centimetro della pelle dell'altro, e poi è solo successo, è stata la cosa più naturale del mondo, la sensazione più bella che abbia mai provato; il suo corpo, le sue braccia, il suo collo, le sue mani sulla mia schiena, la sua bocca su di me, i nostri sospiri intrecciati; l'ho sentita ancora più mia, io mi sono sentito ancora più suo, eravamo una cosa sola, un corpo e un'anima, ed è stato bellissimo, esistevamo solo noi, era come se il tempo si fosse fermato e tutto quello che ci circondava fosse sparito, pensieri e paure compresi, c'eravamo solo noi, come in una melodia fatta di alti e bassi, una musica dolce e intensa allo stesso tempo, fatta di armonie meravigliose

-Ti amo



Sofia's POV


Eravamo sposati da quasi un anno, Erik aveva cominciato a lavorare come architetto costruendo case per privati, anche se delle interazioni con il pubblico se ne occupava il Persiano; io continuavo a cantare, ma non più così spesso come prima, preferivo di gran lunga rimanere a casa con Erik e sapevo che anche lui preferiva così, anche se non me lo aveva mai detto apertamente.

Passavamo le giornate fra libri, musica e carezze, giocavamo come due ragazzini in giardino, fra le rose e l'ombra degli alberi e ridevamo come pazzi facendo l'amore un po' dove capitava.

Poi, a pochi giorni dal nostro anniversario, ho scoperto di essere incinta, l'ho detto ad Erik la sera del nostro anniversario, dopo che lui mi aveva dato il suo regalo per me, un paio di orecchini, lui si era illuminato, mi aveva preso in braccio e mi aveva fatto girare, poi mi ha messo giù e ha baciato prima me e poi, inginocchiandosi, la mia pancia ancora invisibile.

Dopo nove mesi, in una notte d'inverno, è nata nostra figlia, Erika, avevamo deciso di chiamarla come suo padre perché già da appena nata ci aveva fatto sentire la sua voce d'angelo come quella di lui.

Dopo il parto Erik era entrato in camera con una rosa rossa con un nastro nero per me e una bambola per la bambina.

Erika era bellissima, aveva i capelli biondi come i miei e gli occhi ambrati di suo padre ed io ed Erik non facevamo che guardarla per giorni interi senza stancarci mai. Era assolutamente perfetta.

Finalmente avevo la famiglia che desideravo da sempre, adesso la nostra vita era completa, niente sarebbe riuscito a rovinare la nostra felicità...







________________________________________________________________________________________________________


SPAZIO AUTRICE

Ciao a tutti! Volevo solo avvisare che siamo praticamente alla fine della storia, mancano solo gli ultimi due capitoli, epilogo compreso.
Volevo chiedervi di recensire perchè mi farebbe davvero molto piacere sapere cosa ne pensate della storia, errori di battitura a parte che ho notato in questi giorni e che provvederò a togliere il prima possibile; è la prima fan fiction che pubblico e ci terrei davvero molto a sapere se l'idea è stata apprezzata e cosa c'è da migliorare e cosa invece va bene.

Ho pronta qualche altra fan fiction, tutte corte per adesso, ma ho un paio di idee da portare avanti per un'altra storia con più capitoli, e mi piacerebbe davvero molto sapere la vostra opinione anche su queste che pubblicherò molto presto. Spero che continuerete a seguirmi e a fare qualche recensione.

Un bacio a tutti

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Un sorriso ***


14. Un sorriso
Un sorriso


Erika cresceva a vista d'occhio, sempre più vispa e più bella ed io e Sofia non potevamo essere più fieri di quella creatura che avevamo creato insieme.

C'era però da dire che, se era bella come sua madre, aveva il caratteredi suo padre, piangeva spesso e, per qualche ragione, si calmava solo se ero io a prenderla in braccio

-Ti adora

mi diceva sempre Sofia ed io ne ero felicissimo.

Aveva sei mesi, un pomeriggio ero in giardino con lei e le stavo cantando una canzone, di solito portavo la maschera quando ero con lei, ma non quel giorno, lei giocava con le manine con una foglia che le era caduta addosso.

Non so come sia successo, la foglia le è caduta ed Erika mi guardava on i suoi occhioni dorati, dall'altra parte del giardino Sofia stava annaffiando delle piante, ho sorriso a mia figlia e lei, con gli occhi fissi su di me ha riso per la prima volta; ho sentito una sensazione mai provata prima dentro di me, c'era gioia, pace, amore, tutte cose che fino a qualche anno prima pensavo che non mi fosse concesso di provare e quindi ad alcune non sapevo neppure dare un nome, ho sentito il cuore esplodermi nel petto, mia figlia aveva sorriso per la prima volta di fronte al mio viso smascherato

- Sofia

l'ho chiamata piano, è arrivata dopo poco; ho baciato Erika, l'ho messa in braccio a sua madre, ho baciato mia moglie e le ho strette entrambe a me

-Vi amo... vi amerò sempre, ricordatevelo sempre, promettetemelo. Siete tutta la mia vita angeli miei. Vi amo


Sofia's POV


Erik si è seduto su una panchina di pietra bianca ed ha chiuso gli occhi, io ancora non avevo capito cosa stava succedendo

-Erik... Erik...

l'ho chiamato ma non mi ha risposto, in quel preciso momento è arrivato il Persiano che, vedendo Erik immobile, è andato subito verso di lui tastandogli un polso... mi ha guardato con gli occhi pieni di lacrime ed a quel punto sono crollata; gli ho messo in braccio la bambina e sono corsa verso mio marito

-Erik... Erik rispondimi!

ho detto scuotendolo... nessuna risposta, ho cominciato a piangere a dirotto, mi sono gettata su di lui continuando a scuoterlo e a chiamarlo urlando come una disperata in mezzo ai singhiozzi, anche Erika aveva cominciato a piangere, come se si fosse resa conto di quello che stava succedendo,

-Erik, amore mio, svegliati ti prego! Abbiamo bisogno di te, amore, per favore, apri gli occhi!

nessuna reazione, nessun movimento, nessun gesto, niente, no, no, non poteva averci lasciato in quel modo, no, non adesso, non ora che eravamo così felici, non adesso che c'era Erika, lei aveva bisogno di lui e anche io, come si ha bisogno dell'ossigeno; le sue mani nelle mie erano fredde come al solito, gli ho accarezzato una guancia e ho baciato le sue labbra scarne e gelide mentre le mie lacrime bagnavano i visi di entrambi

-Ti amerò sempre Erik, fino all'ultimo istante della mia vita, ci rivedremo presto amore mio, te lo giuro

Il Persiano si è avvicinato a me, mi ha rimesso in braccio Erika, mi ha aiutato a tirarmi su e ha portato il corpo di Erik in casa.

Quella sera ho addormentato a fatica Erika, mi sono distesa sul letto vicino al corpo di Erik e ho appoggiato la testa sul suo petto ricominciando a piangere in silenzio e addormentandomi piano piano in quella posizione, era l'ulmima notte che passavo in quel modo, vicino a mio marito, e non riuscivo ad accettarlo, continuavo a ripetermi che era solo un brutto sogno e che di lì a poco avrei sentito di nuovo le sue braccia cingermi i fianchi, il suo respiro sul collo, le sue dita fra i capelli ed i suoi baci sulla pelle; ma non è stato così, non lo sarebbe più stato, se ne era andato.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Epilogo ***


15. Epilogo
IMPORTANTE!

Alla fine del capitolo leggete le note


Epilogo


Piansi come una disperata, era quella la storia dei miei genitori, tanto tragica quanto romantica. Il resto sapevo già come era andato.

Decisi di andare a fare visita alla cappella dei miei genitori nel bosco dietro casa. Poggiai un mazzo di rose nel vaso al centro fra le due tombe e rimasi per un po' lì a guardare i loro nomi uno accanto all'altro, pensai a quanto avevo amato mia madre e a quanto per me fosse importante il ricordo di mio padre, pensai che in quel momento probabilmente erano di nuovo insieme in Paradiso e mi sentii un po' meglio a quel pensiero.

"L'amore vero non accetta maschere" pensai, mia madre aveva odiato la maschera di papà fin dal primo momento mentre si era innamorata di quello che c'era sotto, anche se era brutto come la morte, lei aveva amato lui, la sua anima, il suo modo di essere, non il suo modo di apparire, di quello non le era mai importato; era forse per quello che Christine non si era innamorata di lui? Probabilmente provava un trasporto per lui, ma non abbastanza forte da poter'superare l'orrore per il suo viso e allo stesso tempo era una donna troppo intelligente per poter'accettare quella maschera, ma era inutile farsi quelle domande, il destino aveva voluto così, segno evidente che era così che doveva andare.

Mi sdraiai per un attimo in mezzo alle due tombe

-Vi amo mamma e papà... tantissimo.


Sofia's POV


Ero avvolta da un fascio di luce che mi accecava completamente; non vedevo niente intorno a me, tranne un bianco  accecante, ma sentivo di essere appoggiata su una superficie morbida: era erba.
Mi alzai in piedi senza difficoltà; ero avvolta da un senso di pace e di serenità che in vita non avevo mai provato, era sparito ogni pensiero negativo, ogni ricordo doloroso, c'era solo pace.
Camminai nel vuoto per un po', poi mi accorsi che la mia vista si stava abituando a quella luce così intensa e mi accorsi di essere all'interno un enorme giardino pieno di piante di ogni genere; al centro del giardino passava un piccolo ruscello, ed io ne seguii il corso ed arrivai alla fonte, una parete rocciosa con una piccola fessura da cui scaturiva il rivolo d'acqua, e proprio sotto alla fonte si era formato un lago e su una delle sue sponde c'era un enorme salice i cui rami cadevano fittissimi fino al terreno. Dietro ad essi si intravedeva un'ombra.
Costeggiai la riva del lago fino ad arrivare sulla sponda dove si trovava il salice e cominciai a sentire una melodia dolce venire da dietro i lunghi rami: era così bella, diversa dalla musica che conoscevo, non avevo mai sentito una musica così, nemmeno quella di Erik, perché nella sua musica c'era tutta la disperazione che portava dentro di se; quella musica invece era pace, armonia, ispiratrice di buoni sentimenti ed io ne ero incredibilmente attratta. Scostai dei rami e vidi che la musica veniva da un pianoforte a coda suonato da un uomo molto alto, luminoso: era di spalle per cui non lo vedevo in faccia ma il cuore mi batteva fortissimo nel petto, nessuna unità di misura sarebbe mai riuscita a misurare quanto andasse veloce. Poi la sentii, la sua voce, un sussurro, un canto dolce quanto la musica che lo accompagnava e altrettanto bello; nessuna parola ma quel suono l'avrei riconosciuto ovunque
- Erik
sussurrai, ma la melodia si interruppe, sembrava sparito anche il rumore dello scroscio dell'acqua.
Lui si girò e... non era lui, non poteva essere lui, era così bello, di una bellezza indescrivibile, luminosa, eterea, eppure era lui, lo sapevo, lo sentivo, i miei occhi non lo riconoscevano ma il mio cuore sapeva che era lui.
Mi sorrise, pensai di morire di nuovo, lui si avvicinò a me, mi prese una mano e la baciò; era lui, era davvero lui, non avevo alcun' dubbio: l'emozione era così grande che cominciai a piangere di gioia, lui mi prese il viso fra le mani e mi asciugò le lacrime. Nessuno dei due aveva il coraggio di fare niente, personalmente avevo paura che fosse tutto un sogno e che appena avessi cercato di toccarlo sarebbe scomparso: sembrava quasi impossibile rivederlo dopo tutto quel tempo, ci guardammo negli occhi senza dire nulla non so per quanto tempo ma poi non riuscimmo più a trattenerci e nello stesso identico momento ci avvicinammo l'uno all'altra e ci baciammo come mai avevamo fatto prima, un bacio lungo, pieno di gioia, malinconia e incredulità.
Ci abbracciamo e sentendo il suo cuore battere a tempo con il mio, che nel frattempo aveva aumentato ancora di più la sua frequenza, mi sentii più viva di quanto non mi fossi mai sentita prima: era tutto nuovo, ogni sensazione per quanto familiare era completamente ridimensionata, come se in realtà fosse qualcosa di diverso da quello che avevo sempre provato.
Ci stringemmo così forte da perdere il respiro e piangemmo insieme tutte le nostre lacrime piene di tutte le cose che ci erano mancate dell'altro, ma io continuavo ad avere paura che sparisse da un momento all'altro ed ebbi un brivido: lui sembrò quasi leggermi nel pensiero, mi accarezzò una guancia e mi disse
-Non vado da nessuna parte amore mio, sono qui con te, nessuno ci separerà mai più Sofia, te lo giuro
Io lo guardai, gli presi la mano che teneva ancora appoggiata al mio viso e me la portai alla bocca per posarvi sopra un bacio leggero, poi gli dissi

-Mi sembra quasi impossibile che sia davvero tu, ma sei qui e sei  tu, so che sei tu ma sei così...
non avevo parole per descriverlo, non riuscivo a organizzare una frase di senso compiuto e mi sentivo come una ragazzina alla prima cotta.
Erik rise, la sua risata era ancora più bella di quanto ricordassi, mi abbraccio di nuovo e mi diede un bacio sulla fronte
-Sono bello vero?
-Incredibilmente bello amore mio, credo di non aver' mai visto un uomo bello come te
sorrise
-Tu sei bella come sempre invece
-Sono invecchiata molto purtroppo
-Ma no, guardati! Sei esattamente come ti ho lasciato l'ultima volta!
e dicendo questo mi portò sul lago e mi fece vedere la mia immagine riflessa nell'acqua, era vero, avevo di nuovo 35 anni, sorrisi vedendo i miei capelli di nuovo dorati e la mia pelle liscia come una volta e mi girai sorridendo verso Erik
-Adesso ti spiego tutto se vuoi
mi disse, io annuii, lui mi prese per mano e mi portò a passeggio per il giardino.

Ci sedemmo su una panchina di pietra bianca in mezzo ad un roseto: eravamo circondati da tutte le specie di rose esistenti ed il loro odore nell'aria era fortissimo. Un posto veramente magico, ma non mi ci era voluto molto a capire che eravamo nel giardino dell'Eden.
Erik mi prese entrambe le mani e le strinse fra le sue, poi cominciò a parlare
- Sai... Ho impiegato molto tempo a capire che era tutto vero, che... che siamo, che sono in paradiso, e che questo è il giardino dell'Eden ...ma già lo avevi capito da sola questo...
Sorrisi
-... Non lo credevo davvero possibile dopo tutto il male che ho provocato, ma poi mi è stato spiegato il perché di tutto questo. Ma un passo per volta... Un giorno, dopo già un po' che ero qui e cercavo di capire dove fossi, sentii una voce che mi diceva che ero in paradiso, perché sì, in vita mia avevo fatto molti peccati, alcuni di questi atroci, ma me ne ero pentito profondamente e avevo fatto anche del bene nel corso del tempo; ad un certo punto questa voce mi disse di specchiarmi nell'acqua del lago, ma io non volevo, non volevo vedere quanto il mio aspetto orribile stonasse con la bellezza perfetta di questo posto, ma piano piano riuscì a convincermi. Così guardai nel mio riflesso e rimasi sconcertato: non credevo di essere io, credevo che qualcuno mi stesse facendo un bruttissimo scherzo e cominciai a dire alla voce che che quello scherzo stava durando decisamente troppo e che ne avevo abbastanza; ma quella mi disse di tacere perché a tutto c'era un motivo e lei era lì per spiegarmi tutto quanto... disse che avevo aspettato anche troppo. Così mi spiegò che ogni essere umano prima di nascere è assolutamente perfetto, ma quando arriva il momento di venire al mondo il diavolo ci toglie parte della nostra perfezione. Solamente quando moriamo essa ci viene restituita, se veniamo in paradiso. Ecco, questo è il motivo per cui tu hai di nuovo 35 anni e a quanto pare è quello che è successo anche a me...
Io lo ascoltavo incantata: era così bello averlo di nuovo lì con me, e allo stesso tempo lo vedevo così sereno che non potevo non sentirmi felice per lui che finalmente aveva avuto ciò che meritava
-... Questa voce mi disse che nel progetto di Dio io avevo un ruolo molto diverso da quello che ho avuto in realtà, disse che ero stato creato come un tempo era stato Lucifero, prima che si ribellasse a Dio, pieno di ogni talento e della bellezza più disarmante che fosse umanamente concepibile, praticamente tutto l'opposto di ciò che sono stato: in breve è successo che, quando è arrivato il momento del diavolo di intervenire su di me, si è riconosciuto per come era prima di ribellarsi a Dio e che per invidia abbia voluto punirmi togliendomi, non parte, ma tutta la bellezza che mi era stata concessa dall'Altissimo e lasciandomi invece tutta l'intelligenza che mi era necessaria per fare in modo che questa mia deformità, unita al ripudio della società nei miei confronti, mi facesse impazzire. Certo non si può dire che il suo piano non sia riuscito... almeno all'inizio... Da quel momento i piani su di me cambiarono, bisognava vedere cosa sarebbe nato fra l'unione di questa deformità con le altre qualità che mi rimanevano, e così nacque il Fantasma dell'Opera come tutti lo conosciamo... Dio però non poteva lasciare che un Suo figlio venisse condannato in questo modo, perché nessun'essere umano al mio posto avrebbe potuto reagire in modo diverso dal mio, così mi mandò Christine affinché in qualche modo mi desse l'input per riportarmi sulla retta via ,ed è successo quello che tutti sappiamo. Poi ho conosciuto te, che sei riuscita ad amarmi nonostante tutto e mi hai salvato definitivamente dal mio destino già segnato in partenza, e così eccomi qui, immagine stessa della Grazia  e della Giustizia Divina...

___________________________________________________________________________________________________________

NOTE:

Ho trovato dei collegamenti -forse un po' assurdi ma secondo me ci stanno- con due brani della Bibbia che parlano metaforicamente della caduta di Lucifero dal cielo e li ho voluti inserire quì per farvi capire cosa intendo quando dico che Erik è in qualche modo l'immagine riflessa di Lucifero (prima della caduta nei talenti e dopo nell'aspetto). Sottolineo le parti più importanti.

Isaia 14:11-20 "Canto sul re di Babilonia"

Negli inferi è precipitato il tuo fasto,
la musica delle tue arpe;
sotto di te v'è uno strato di marciume,
tua coltre sono i vermi.
Come mai sei caduto dal cielo,
Lucifero, figlio dell'aurora?
Come mai sei stato steso a terra,
signore di popoli?
Eppure tu pensavi:
Salirò in cielo,
sulle stelle di Dio
innalzerò il trono,
dimorerò sul monte dell'assemblea,
nelle parti più remote del settentrione.
Salirò sulle regioni superiori delle nubi,
mi farò uguale all'Altissimo.
E invece sei stato precipitato negli inferi,
nelle profondità dell'abisso!
Quanti ti vedono ti guardano fisso,
ti osservano attentamente.
È questo l'individuo che sconvolgeva la terra,
che faceva tremare i regni,
che riduceva il mondo a un deserto,
che ne distruggeva le città,
che non apriva ai suoi prigionieri la prigione?
Tutti i re dei popoli,
tutti riposano con onore,
ognuno nella sua tomba.
Tu, invece, sei stato gettato fuori del tuo sepolcro,
come un virgulto spregevole;
sei circondato da uccisi trafitti da spada,
come una carogna calpestata.
A coloro che sono scesi in una tomba di pietre
tu non sarai unito nella sepoltura.






Ezechiele 28 "Canto sul principe di Tiro"

Mi fu rivolta questa parola del Signore:
«Figlio dell'uomo, parla al principe di Tiro: Dice il Signore Dio:
Poiché il tuo cuore si è insuperbito e hai detto:
Io sono un dio,
siedo su un seggio divino in mezzo ai mari,
mentre tu sei un uomo e non un dio,
hai uguagliato la tua mente a quella di Dio,
ecco, tu sei più saggio di Daniele,
nessun segreto ti è nascosto.
Con la tua saggezza e il tuo accorgimento
hai creato la tua potenza
e ammassato oro e argento nei tuoi scrigni;
con la tua grande accortezza e i tuoi traffici
hai accresciuto le tue ricchezze
e per le tue ricchezze si è inorgoglito il tuo cuore.
Perciò così dice il Signore Dio:
Poiché hai uguagliato la tua mente a quella di Dio,
ecco, io manderò contro di te
i più feroci popoli stranieri;
snuderanno le spade contro la tua bella saggezza,
profaneranno il tuo splendore.
Ti precipiteranno nella fossa e morirai
della morte degli uccisi in mezzo ai mari.
Ripeterai ancora: «Io sono un dio»,
di fronte ai tuo uccisori?
Ma sei un uomo e non un dio
in balìa di chi ti uccide...
Mi fu rivolta questa parola del Signore:
«Figlio dell'uomo, intona un lamento sul principe di Tiro e digli: Così dice il Signore Dio:
Tu eri un modello di perfezione,
pieno di sapienza,
perfetto in bellezza;
in Eden, giardino di Dio,
tu eri coperto d'ogni pietra preziosa:
rubini, topazi, diamanti, crisòliti, ònici
e diaspri, zaffìri, carbonchi e smeraldi;
e d'oro era il lavoro dei tuoi castoni e delle tue
legature,
preparato nel giorno in cui fosti creato.
Eri come un cherubino ad ali spiegate a difesa;
io ti posi sul monte santo di Dio
e camminavi in mezzo a pietre di fuoco.
Perfetto tu eri nella tua condotta,
da quando sei stato creato,
finché fu trovata in te l'iniquità.
Crescendo i tuoi commerci
ti sei riempito di violenza e di peccati;
io ti ho scacciato dal monte di Dio
e ti ho fatto perire, cherubino protettore,
in mezzo alle pietre di fuoco.
Il tuo cuore si era inorgoglito per la tua bellezza,
la tua saggezza si era corrotta
a causa del tuo splendore:
ti ho gettato a terra
e ti ho posto davanti ai re che ti vedano.
Con la gravità dei tuoi delitti,
con la disonestà del tuo commercio
hai profanato i tuoi santuari;
perciò in mezzo a te ho fatto sprigionare un fuoco
per divorarti.
Ti ho ridotto in cenere sulla terra
sotto gli occhi di quanti ti guardano.
Quanti fra i popoli ti hanno conosciuto
sono rimasti attoniti per te,
sei divenuto oggetto di terrore, finito per sempre».

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3674195