let me take your hand i'll make it right (i swear to love you all my life)

di Iwuvyoubearymuch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***



Capitolo 1
*** Uno ***


let me take your hand i'll make it right 
(i swear to love you all my life)

1

Barry Allen aveva scoperto di avere un'anima gemella quando ancora non aveva la più pallida idea di cosa volesse dire. Come biasimarlo, cinque anni era effettivamente l'età meno indicabile per scoprire che da qualche parte nel mondo esisteva una persona che gli avrebbe sempre voluto bene e che lui, a sua volta, avrebbe provato lo stesso. 
«Ma io ho già te e papà» aveva replicato, mentre Nora Allen gli disinfettava il ginocchio sbucciato che si era procurato cadendo dalla bicicletta quando quella cosa era comparsa: l'interno del polso aveva cominciato a fare così male che Barry non aveva potuto far altro che lasciare andare il manubrio e, sebbene ci avesse provato di tanto in tanto ad andare in bici senza mani, scansare quell'albero all'ultimo istante aveva richiesto uno sforzo incredibile e i riflessi pronti e rapidità... ma alla fine, pur avendo evitato l'albero, non ci era riuscito con il marciapiede. 
Fu mentre cercava di coprirsi il ginocchio con le mani senza andare a finirci sopra perché il disinfettante bruciava troppo che si accorse della scritta sul polso di sua madre; o meglio, l'aveva notata molto prima e più di una volta si era addormentato passandoci il dito sopra, cullato dalle parole dolci di Nora che gli raccontava la storia del Dinosauro, ma non si era mai davvero chiesto cosa fosse, sapeva soltanto che c'era scritto il nome di suo padre e che sul polso di suo padre c'era quello di sua madre. 
«E' così che una persona scopre di avere un'anima gemella» era stata la risposta di Nora alla domanda di Barry. 
Barry annuì, sinceramente ancora confuso, e fissò il proprio polso.
Caitlin, c'era scritto nella stessa scrittura nera che era sul polso sinistro di sua madre. La prima cosa che gli venne in mente fu che era un nome carino, ma a parte quello non sapeva cosa pensare e cosa fare a proposito. Dopo un paio di secondi, la testa si riempì di domande: quando avrebbe incontrato questa bambina? C'era la possibilità che ci fosse un errore e che non l'avrebbe mai incontrata? Era possibile che il nome potesse cambiare a un certo punto? Come faceva a comparire un nome su un polso, così dal nulla, all'improvviso? Ma alla fine optò per quella che al momento gli sembrava quella più importante. 
«Esistono tante Caitlin nel mondo, come farò a sapere che è quella giusta?» 
A quel punto Nora Allen aveva sorriso e il piccolo Barry ebbe l'impressione che dietro quel sorriso si nascondesse molto di più, perché era lo stesso che faceva quando Henry tornava a casa con un mazzo di fiori, o quando Barry la abbracciava e le diceva che le voleva bene prima di correre in classe. «Quando la incontrerai, lo saprai.»

Solo che Barry non aveva idea di come avrebbe dovuto saperlo. Sarebbe comparsa una nuova scritta? No, perché nè la mamma nè il papà ne avevano delle altre. Avrebbe fatto male? Barry sperava vivamente di no perché la caduta dalla bicicletta era stata abbastanza dolorosa e il bruciore successivo anche peggio. La prima Caitlin che avrebbe incontrato sarebbe stata quella giusta? Non aveva molto senso all'inizio, ma più ci pensava più invece era costretto a ricredersi: se un'anima gemella era una persona speciale, allora voleva dire che l'incontro doveva esserlo altrettanto e cosa c'era di tanto speciale nell'incontrare una Caitlin qualsiasi dopo tante altre Caitlin? No, doveva essere per forza la prima Caitlin. 
La prima Caitlin di Barry Allen arrivò quando era al secondo anno di scuola elementare. Era l'inizio dell'anno scolastico e c'era questa bambina nuova accanto alla maestra che stringeva lo zainetto azzurro tra le braccia e non aveva mai alzato lo sguardo dal pavimento per tutto il tempo che veniva presentata alla classe, l'espressione di chi avrebbe voluto essere ovunque tranne che lì. Barry mise da parte per un attimo l'eccitazione per aver finalmente incontrato la sua anima gemella - col passare del tempo aveva scoperto che non vedeva l'ora di conoscerla, se non altro per il modo in cui aveva preso l'abitudine di ricalcare la scritta con le dita ogni sera da quando era comparsa e non a caso era stata la prima parola che aveva imparato a scrivere - e pensò che era davvero un peccato che l'unico banco vuoto non fosse quello accanto al suo, perché così avrebbe potuto parlarle e farla sentire meglio. Barry ricordava con estremo terrore il primissimo giorno di scuola quando aveva dovuto dire a tutti i suoi futuri compagni di classe come si chiamava, che il suo cartone animato era Dragon Ball e il suo giocattolo preferito - e allora nessuno conosceva nessuno, eccetto un paio di loro che erano anche vicini di casa, quindi per Caitlin doveva essere anche peggio, ma per tutto quel primo giorno non ebbero occasione di parlarsi. 
Al suono della campanella, fu il primo a uscire dall'aula, fece di corsa le scale anche se i suoi genitori continuavano a ripetergli che non doveva farlo perché poteva farsi seriamente male e infatti poteva vedere l'espressione di rimprovero sul volto di Nora anche da lontano, ma non gli importava niente. Non le diede modo di farsi riprendere; non appena la raggiunse, le prese una mano e la fece segno di abbassarsi. 
«E' arrivata, mamma. E' arrivata!»
Non perse tempo a puntare un dito in avanti e indicare tra la folla di ragazzini che uscivano dall'edificio, la graziosa bambina che era seduta a due banchi di distanza dietro di lui e che si era appena trasferita da Starling City e doveva essere sicuramente la sua anima gemella perché si chiamava Caitlin proprio come c'era scritto sul suo polso. 
Barry si sentiva così felice all'idea che la sua attesa fosse finalmente finita da accorgersi solo dopo che la sua mamma non aveva ancora parlato. Così distolse lo sguardo da Caitlin che salutava con la mano la compagna di banco alla quale era stata assegnata, e guardò invece sua madre. 
Nora aveva un'espressione strana che Barry non seppe intendere, ma stava anche sorridendo quindi non poteva essere niente di brutto. Solo che dopo lei gli chiese se anche Caitlin aveva il suo nome scritto sul polso. 
«Si, certo! E' la mia anima gemella!» rispose subito Barry, gonfiando le guance. 
Ma la verità era che non lo sapeva. Non era riuscito a  parlare con Caitlin e non era mai stato tanto vicino da controllare il polso, nemmeno durante la ricreazione - non che ci avesse pensato, contento com'era, ma aveva la sensazione che piazzarsi davanti a lei e chiederle se per caso aveva il nome Barry scritto sul polso fosse un tantino scortese e i suoi genitori gli avevano insegnato che l'educazione era importante. 
Così fece ritorno a casa solo un po' più triste di come lo era stato fino a poco prima, ma non disperò perché tra la deviazione al parco, l'hamburger con le patatine da Big Belly Burger per cena - nessuno delle due cose programmate per la giornata - e il pensiero che solo perché non aveva avuto ancora modo di assicurarsi che Caitlin fosse effettivamente la sua anima gemella non voleva dire che non lo fosse, poteva dirsi abbastanza tranquillo.
La settimana successiva riuscì a trattenere le lacrime per tutto il tragitto in macchina, durante il quale la mamma gli fece notare che era stranamente silenzioso, ma quando finalmente entrò in casa non ce la fece più. Pianse perché Caitlin non aveva il nome di Barry sul polso, perché non era la sua anima gemella, perché doveva tornare ad aspettare e forse non l'avrebbe mai nemmeno incontrata. Pianse tutto il pomeriggio e quando Henry tornò a casa da lavoro gli raccontò di come lui stesso aveva dovuto aspettare moltissimo tempo prima di incontrare la sua anima gemella, la sua Nora. 
«Anche se adesso sei triste, figliolo, ti assicuro che quando la incontrerai sarà come se niente di tutto ciò fosse successo» aveva aggiunto alla fine, arruffadogli i capelli. 
E Barry volle crederci perché se tutti e due i suoi genitori glielo avevano detto allora doveva essere vero. E perché bastava guardarli per capire che si volevano molto bene, almeno quanto lui ne voleva a loro. 

Ironicamente una cosa del genere accadde ancora una volta. O meglio, non il fatto che Barry incontrasse un'altra Caitlin, piuttosto che il principio delle anime gemelle lo rendesse molto triste e molto, molto arrabbiato. 
I suoi genitori e Joe West erano amici, e Joe West era il padre di Iris che nel giro di pochi mesi era diventata la sua migliore amica, quindi sembrava quasi che il destino o la casualità o chissà-che-altro li stesse spingendo insieme. 
A sua discolpa, Barry ci aveva onestamente provato, e non solo perché non aveva senso visto che prima o poi avrebbe incontrato finalmente la sua anima gemella - si era categoricamente proibito di pensare che non l'avrebbe mai conosciuta - ma sopratutto perché non gli sembrava giusto nei confronti di Caitlin, ovunque lei si trovasse. Ma come era possibile non farsi piacere Iris West?
Iris era semplicemente la bambina più gentile, dolce e carina che Barry avesse mai avuto il piacere di conoscere. Finora, aggiungeva mentalmente ogni volta che quella specie di senso di colpa gli faceva notare che il nome sul suo polso era Caitlin e non Iris, e seppure Barry non fosse poi così grande ancora, lo era abbastanza da sapere che non si doveva pensare a un'altra persona mentre si era già impegnati - in un certo senso almeno - con qualcun altro. 
Non ne aveva parlato con i suoi genitori (se ne vergognava)  ma più di una volta aveva avuto la sensazione che loro - e Joe - sapessero esattamente cosa gli stesse passando per la testa, il che poteva essere vero perché pure loro dovevano avuto la sua età a un certo punto e, anche se Barry faticava onestamente a immaginarseli, dovevano aver avuto i suoi stessi problemi, visto che lui non era niente di speciale, come Tony Woodward non faceva altro che ricordargli ogni volta che gli pareva. 
Comunque, il punto era che Barry ci aveva provato e aveva fallito miseramente perché la cotta per Iris aveva tutte le caratteristiche di quelle che potevano durare una vita. Aveva smesso da parecchio di tracciare con le dita il nome sul suo polso, ma se avesse avuto ancora quell'abitudine avrebbe fatto di tutto per togliersela perché si sentiva in colpa. Soprattutto quelle volte che sperava di svegliarsi al mattino con un nome completamente diverso alla base della propria mano. Era una persona cattiva per quello? Il proprio istinto gli suggeriva di si, che non era giusto nei confronti di Caitlin e che lui si sentirebbe male al pensiero che la sua anima gemella poteva voler desiderare di avere qualcun altro al suo posto. Ecco perché ci aveva messo mesi per trovare il coraggio di chiedere a Henry se avesse mai sentito parlare di cambi di nome.
«E' possibile» aveva risposto e Barry aveva provato una cosa strana allo stomaco, come se si fosse appena alleggerito e diventato più pesante allo stesso tempo. Nella pausa che seguì ebbe modo di arrivare a pensare che non era il caso di preoccuparsi tanto perché se il nome fosse cambiato voleva dire che lui e Caitlin non era anime gemelle, e allora come faceva Caitlin a rimanerci male se avesse scoperto dei dubbi di Barry se non si fossero mai incontrati o, nel caso fosse successo - e nonostante tutto il pensiero lo rese un po' più contento - ad avercela con lui in qualche modo?
Stava per abbracciare suo padre dalla gioia, quando Henry riprese. «E' possibile, Barry, ma avrai modo di scoprire che non è una cosa piacevole.»
Basta. Non aggiunse nulla più, sebbene Barry lo avesse pregato di spiegargli cosa volesse dire, ma a quanto pareva era ancora troppo piccolo per capire e che se poteva vivere in quell'ignoranza ancora per un po', era un bene che ne appofittasse; Barry impuntò i piedi e si rifiutò di parlargli per il resto della serata. 
Cosa voleva dire? Che era troppo doloroso? Non vedeva il problema visto che aveva fatto un male cane quando era spuntato il nome e a lui si era aggiunto pure il dolore del ginocchio. Avrebbe potuto sopportarlo, forse anche un po' di più se non lo avesse colto alla sprovvista come la prima e ultima volta, ma solo a pensarci sentiva la determinazione affievolirsi man mano. 
Magari, il dolore non c'entrava nulla. Magari, sarebbe stato spiacevole per altri motivi, ma nulla che gli venisse in mente. Alla fine si arrese e non poteva nemmeno chiedere a Iris perché aveva paura che lei potesse intenderne il motivo e lo giudicasse in qualche modo. 
Che poi, parlare con Iris del principio delle anime gemelle era sempre complicato e si trasformava in invettive che Barry aveva ascoltato così tante volte da poterle ripetere parola per parola. Dire che Iris la trovava una cosa stupida era poco perché, a differenza di tutte le altre ragazzine che Barry conosceva, Iris non la trovava per niente romantica: oltre a essere decisamente una cosa troppo ambigua e macabra per il fatto che un nome qualsiasi spuntasse all'improvviso e senza una ragione apparente - e almeno su quello Barry si trovava d'accordo - si rifiutava di accettare che qualcuno o qualcosa («sul serio, chi o cosa decide chi è destinato con chi?!») potesse determinare il proprio futuro in qualsiasi maniera, che venisse marchiata come la poprietà di qualcuno per il resto della sua vita. Barry non sapeva se quella posizione fosse maturata in seguito all'argomento che stavano studiando in classe la prima volta che ne avevano parlato - la storia dell'America e la strada verso l'indipendenza - ma era sicuro al cento percento che c'entrasse il fatto che Francine West, il nome della mamma di Iris e la scritta sul polso di Joe, li avesse abbandonati anni prima per motivi che Iris non aveva nemmeno voluto sapere. 
Mentre da un lato ciò era evidentemente un punto a suo favore perché Iris non avrebbe considerato la cotta di Barry come un risultato del principio delle anime gemelle se non c'era scritto il suo nome sul polso di Barry e perché se Joe e Francine, pur essendo anime gemelle, non stavano insieme allora niente impediva a Barry di poter fare lo stesso, ma allo stesso tempo era vagamente consapevole di come alle volte lo sguardo di Joe si bloccasse sul nome che aveva sul polso e gli si formasse una strana espressione sul volto, come se non potesse crederci che non erano insieme. E allora Barry guardava i suoi genitori e si accorgeva della differenza abissale tra la coppia felice e il padre quasi-felice e finiva col pensare che se due persone erano anime gemelle allora dovevano stare insieme. 

Barry ebbe un assaggio di cosa voleva dire suo padre con le parole avrai modo di capire che non è una cosa piacevole la sera del diciotto marzo del duemila e scoprì che non aveva mai avuto più ragione su una cosa come allora.
Nora Allen morì quella sera, senza che Barry si accorgesse di quello che era successo: il minuto prima era convinto che qualcuno stesse tentando di ucciderlo e quello dopo era a una ventina di isolati da casa sua; quando vi fece ritorno, senza fiato, suo padre era in manette. Non volevano che Barry si avvicinasse a Henry, ma se c'era una cosa che aveva imparato grazie a Tony Woodward era correre e prima ancora che potessero afferrarlo, era accanto al padre e, disperato, tentò inutilmente di togliergli le manette perché c'era un errore, non aveva fatto nulla di quello di cui era accusato - qualsiasi cosa fosse, Barry non aveva ancora capito - era stato l'uomo in giallo, non suo padre. Ma i due agenti che erano lì vicino fecero per acchiapparlo e Barry prese di nuovo a correre, ma stavolta dentro casa e-
Non avrebbe mai dimenticato la vista di sua madre stesa sul pavimento e formò immeditamente la consapevolezza che sarebbe ritornata a tormentare innumerevoli notti di sonno. 
Molto più tardi, quella stessa sera, dietro la palpebre serrate di Barry, la scritta sbiadita sul polso di suo padre - che non pensava nemmeno di aver visto nella foga e nella disperazione, ma doveva averlo fatto evidentemente - sembrò trovare un senso. 
Ecco in che modo un nome poteva cambiare, non la forma o le lettere, diventava solo più chiaro, quasi come se non ci fosse mai stato, ma non era vero perché quella persona era esistita ed era stata la causa della felicità - e non solo, ma Barry preferiva concentrarsi sugli aspetti positivi in quel momento più che mai - di un'altra. 
Aveva senso: quella scritta, quel nome diventava una parte integrante della vita di una persona dal momento in cui appariva dolorosamente sul polso, era incisa sulla propria pelle e ne influenzava la vita in un modo o nell'altro; che quelle due anime gemelle si incontrassero o meno, che decidessero di vivere insieme per il resto delle proprie vite o di continuare separatamente per le loro strade, il marchio delle anime gemelle era legato indissolubilmente alla vita della persona sul cui polso appariva. 
E quella notte Barry si sentiva lo stesso e diverso al contempo. Niente di lui era cambiato, ma aveva la sensazione che da quel punto in poi non avrebbe avuto più motivo di essere veramente felice perché anche quando gli sarebbe capitata una cosa bella in futuro sapeva di non poter correre dalla sua mamma e raccontargliela, non avrebbe potuto più dirle quanto le voleva bene e- 
Suo padre doveva provare esattamente le stesse identiche cose, perché lo sapeva e perché Barry aveva soltanto undici anni e non conosceva niente dell'amore se non quel poco che aveva provato sulla propria pelle e ciò che Nora e Henry gli avevano insegnato a parole e con i gesti, ma era sicuro che il tipo di amore tra i suoi genitori era speciale, era il tipo di amore che lasciava segni e ricordi e sensazioni che niente avrebbe potuto cancellare, nemmeno la morte. Ti lasciava soltanto un po' sbiadito.
Quella notte non riprese a calcare la scritta con le dita, ma la osservò a lungo e senza un pensiero coerente nella testa, piangendo quasi per tutto il tempo e mormorando al buio mamma, mamma, mamma, quasi come a non voler perdere - non ancora, almeno - la possibilità di poterla chiamare.

Le cose tornarono alla normalità - o quasi - lentamente. Crescere senza una madre era stato difficile e senza un padre anche più, se non altro per il fatto che almeno lui non era morto ma Barry poteva ugualmente vederlo di rado e mai per più di una manciata di minuti alla volta o attraverso un vetro e la cornetta di un telefono. 
Joe e Iris erano stati la famiglia affidataria migliore che un ragazzino col cuore spezzato potesse mai desiderare e man mano aveva smesso di considerarli come dei semplici familiari acquisiti - più o meno dopo aver accettato che non avrebbe mai più vissuto col suo vero padre, non in un futuro immediato almeno - ma come una famiglia vera e propria, una con cui iniziare nuove tradizioni e magari non buttare quelle vecchie a cui teneva particolarmente, come vedere musical alla tivù tutti i martedì del mese. 
La laurea in Chimica e in Criminologia gli avevano garantito un lavoro nella sezione scientifica alla Central City Police Department, che era esattamente ciò a cui Barry mirava perché nutriva la speranza di poter finalmente provare l'innocenza di Henry e e che il responsabile della morte di sua madre era l'Uomo in Giallo. 
E nel frattempo, Barry sperava di conoscere finalmente la sua Caitlin. Aveva finito le scuole superiori senza incontrarla e si era laureato in non una, ma ben due aree di studio sempre in attesa del fatidico giorno che sembrava non arrivare mai. Contrariamente a quello che aveva pensato da piccolo, della cotta per Iris erano rimasti accenni che solo raramente tornavano a fargli frullare lo stomaco, ma dal momento in cui erano diventati fratello e sorella aveva messo definitivamente la parola fine a qualsiasi tentativo di assecondare i propri sentimenti semmai avesse trovato il coraggio per affrontare con lei l'argomento.
Solo che era tremedamente invidioso. Quelle poche persone con cui aveva stretto amicizia al college erano già felicimente accopiate con le proprie anime gemelle e quelli che invece, come lui, si era presentati sprovvisti l'avevano comunque trovata per la fine degli studi. Barry era l'unico dei suoi compagni ad avere un marchio sul polso dall'età di cinque anni che non aveva ancora incontrato la sua anima gemella. 
Il problema non era solo che desiderava ardentemente incontrarla, ma si era informato un po' di più sul principio delle anime gemelle e aveva scoperto che più tempo passava più era difficile connettersi. Era preferibile che due destinati facessero la propria conoscenza da piccoli, in modo da avere l'opportunità di crescere insieme, ma non sempre ciò era possibile e Barry non aveva assolutamente idea di come si accelerasse il processo, soltanto che era sconsigliabile perché nella quasi totalità dei casi era fondamentale che due anime gemelle si incontrassero al momento giusto o le conseguenze avrebbero potuto essere catastrofiche. Al punto dov'era, Barry era arrivato alla conclusione che avrebbe aspettato il necessario a patto che l'attesa fosse finita a un certo punto.
Così Barry Allen passava i suoi giorni sperando di poter scagionare suo padre e incontrare la sua anima gemella, arrivando sempre in ritardo al lavoro quando uscire con Joe al mattino gli avrebbe evitato tante di quelle strigliate dal Capitano Singh e analizzando scene del crimine; sebbene avesse espressamente chiarito che non intendeva iniziare alcuna relazione seria con nessuna ragazza mentre aspettava l'arrivo di Caitlin, si era concesso qualche appuntamento di tanto di tanto - crescendo aveva scoperto con un moto di vergogna che essere fedeli a una persona che non aveva mai nemmeno visto o sentito una sola volta nella vita era terribilmente più facile da piccoli e decisamente molto meno da adulti - la sera quando non usciva con Iris, si dedicava alle riviste scientifiche o ai musical se era martedì, talvolta cercando di far appassionare a entrambe le cose la sua migliore amica ma senza particolare risultanti anche in quel campo. Quindi, la sua vita era un enorme, estenuante attesa che sembrava protrarsi all'infinito.  
Poi qualcosa era successo, solo che non era esattamente ciò che Barry aspettava. 
O meglio, aveva agognato la notte in cui Harrison Wells avrebbe finalmente presentato al pubblico il suo acceleratore di particelle, perché sarebbe stato uno dei risultati più imponenti nel mondo della scienza e Barry poteva soltanto immaginare il contributo che avrebbe apportato alla società moderna.
Non sapeva nemmeno spiegarsi come aveva fatto a convincere Iris perché quella ragazza era tremendamente testarda e non sembrava mai troppo entusiasta all'idea di passare una serata che aveva come tema principale qualsiasi cosa legata alla scienza. Eppure ce l'aveva fatta e Barry si era ritrovato nell'ingresso dei Laboratori S.T.A.R. con la sua migliore amica per assistere a quello che sarebbe stato molto probabilmente l'evento più importante del decennio. 
Era tutto perfetto: Barry era nel giusto stato di eccitazione - decisamente esaltato ma non troppo da mettersi a esultare come uno stupido, anche se molta della gente lì presente avrebbe potuto capirlo - Harrison Wells era sul palco e aveva iniziato il suo discorso di apertura con alle spalle alcuni dei suoi collaboratori che sembravano sinceramente orgogliosi del proprio lavoro e con giusta ragione, Iris era al suo fianco e non sembrava intenzionata a lamentarsi una volta tanto e-
Ovviamente qualcosa doveva storto. E poco importava se Barry era forse la persona meno adatta sulla faccia della Terra per partire all'inseguimento di qualcuno perché c'era un motivo se non l'aveva mai avuta vinta con Tony Woodward quando andava a  scuola e non c'era nessuna tessera d'iscrizione alla palestra nel suo portafoglio, ma quel tipo aveva preso la borsa con il computer di Iris e lui doveva fare qualcosa per fermarlo. Così, invece, di assistere alla presentazione dell'acceleratore di particelle di Harrison Wells, aveva corso così tanto - o forse non era così tanto, ma a lui sembrava di aver partecipato alla maratona di New York - che probabilmente non aveva sputato un polmone soltanto perché- be', perché era impossibile. E non era nemmeno stato lui a fermare questo tizio, ma il collega di Joe, che non solo aveva l'aspetto del principe azzurro con i suoi capelli biondi, occhi azzurri e mandibola squadrata, ma lo era anche nelle azioni aiutando la damigella in pericolo - o recuperando il suo computer. 
Se ne era tornato in ufficio con il morale sotto i piedi perché anche se non aveva cercato in nessun modo di impressionare Iris, gli sarebbe piaciuto rivestire il ruolo dell'eroe per una volta, ma lui sembrava destinato a essere il solito, vecchio Barry che non avrebbe concluso nulla di ciò che si era prefissato nella vita. 
La giornalista allo schermo del computer parlò di un problema con l'acceleratore di particelle che in qualsiasi altro momento Barry avrebbe recepito meglio, ma in quel momento tra la propria delusione e il fascio di luce sugli S.T.A.R. Labs che poteva vedere dalla propria finestra, era un tantino distratto.
Barry non aveva assolutamente idea di cosa stesse succedendo, ma era abbastanza sicuro che non poteva essere niente di buono: l'esplosione si irradiò per parecchi metri, ricoprendo quasi per intero Central City e portando via la corrente a tutta la città, i vari composti chimici che usava per effettuare test ed esperimenti si sollevarono a mezz'aria come se la forza di gravità avesse smesso di funzionare solo per essi e poi ci fu un fulmine. 
Solo che nell'attimo subito precedente al fulmine che lo aveva colpito in pieno, Barry aveva sentito qualcosa che non sapeva spiegarsi e che onestamente lo preoccupava anche più ciò che gli stava capitando intorno. Era come fosse tornato a quel giorno in cui era caduto dalla bicicletta perché il dolore al polso era stato troppo forte ed era comparsa la scritta sul suo polso; non pensava di ricordare quanto fosse stato doloroso, era passato troppo tempo, o forse lo ricordava soltanto perché l'aveva provato ancora una volta quella sera ma-
La cosa disturbante non era nemmeno quella. Poteva facilmente - o quasi - sorvolare sul dolore fisico, ma quello che stava accadendo dentro era tutta un'altra storia. Aveva l'impressione di avere un enorme vuoto al centro del petto e si sentiva terrorizzato e confuso e smarrito e non erano sensazioni nuove, ricordava fin troppo bene cosa aveva avvertito quella prima volta, e la seconda e la terza e onestamente ogni volta che ripensava a sua madre e compariva nella testa l'immagine di lei stesa sul pavimento o coperta da un lenzuolo bianco. Sentiva quasi mancargli il respiro per quanto fosse intenso, come se gli stesse accadendo di nuovo, ma non poteva essere.
L'ultimo pensiero prima di essere colpito e scaraventato dall'altro lato della stanza dal fulmine fu che non erano sensazioni sue, non stava accadendo a lui. E allora se non era lui, doveva essere lei.
Caitlin

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Capitolo 2
*** Due ***


let me take your hand i'll make it right 
(i swear to love you all my life)

2

 
Per quanto a Barry piacesse quella canzone, svegliarsi al suono di Lady Gaga fu traumatizzante. O forse, era per via dei due tipi che lo stavano fissando. O perché era coperto da elettrodi. Da qualche parte che non era la sua camera e ricordava vagamente una stanza d'ospedale ma non lo era perché c'erano computer e microscopi e tanta altra roba che non poteva appartenere a una stanza d'ospedale. O ancora, era perché non aveva alcun ricordo di come era finito in quel posto, ovunque si trovasse. E doveva essere sicuramente perché aveva appena aperto gli occhi e la ragazza gli aveva messo qualcosa nelle orecchie e chiesto di fare pipì in un contenitore.
Cisco Ramon e la dottoressa Snow gli dissero che era stato colpito da un fulmine e Barry non aveva idea di quale avrebbe dovuto essere la reazione di una persona a una scoperta del genere. Sapeva soltanto che si sentiva bene a livello fisico, perfettamente anzi e perfino meglio di come se la passava prima, se voleva essere sincero. Insomma, non si sentiva come una persona colpita da un fulmine avrebbe dovuto sentirsi - qualunque fossero i sintomi. L'unica nota stonata era la sensazione di panico che si era instillata nel petto nel momento esatto in cui aveva aperto gli occhi, ma era normale no? Aveva appena scoperto di essere stato folgorato e chissà per quale ragione non era morto, quindi aveva senso che si sentisse lievemente spaventato. E sentiva anche di avere un certo controllo sulla cosa; se non aveva già iniziato a dare di matto non lo avrebbe fatto tanto presto. Con l'ansia - svegliarsi alla mercé di due estranei non era piacevole - avrebbe fatto i conti dopo. 
Scoprì, dopo qualche secondo, di essere stato in coma e alla domanda per quanto tempo rispose un Harrison Wells in carrozzella. Superato lo shock iniziale perché nove mesi era davvero un periodo molto lungo e, magari, non così tanto rispetto ad altri casi ben peggiori, ma erano pur sempre nove mesi di vita di cui Barry non aveva assoluto ricordo, eccetto qualche frammento che spingeva per venire a galla, ma che Barry al momento non aveva il tempo di assecondare perché voleva sapere cosa diavolo gli era successo. 
La risposta fu piuttosto semplice: la sera della presentazione agli S.T.A.R. Labs l'acceleratore di particelle era stato acceso e per circa quaranta minuti tutto era sembrato andare per il verso giusto, fino a quando non c'era stata un'esplosione che aveva causato una tempesta che aveva causato il fulmine che aveva folgorato Barry; sul perché si trovava lì, il dottor Wells aveva detto che era perché i suoi continui arresti cardiaci, o quelli che i medici credevano fossero arresti cardiaci quando in realtà era soltanto il cuore di Barry che batteva troppo forte - soltanto troppo forte - mandavano l'ospedale in blackout ogni tre-per-quattro e il detective West e sua figlia avevano accettato che fosse curato ai Laborat-
«Iris?»
E allora aveva mollato tutto e tutti - ma non la felpa blu che gli avevano dato perché quella doveva tenersela - ed era andato da Iris prima e da Joe dopo. Si rendeva perfettamente conto di non aver alcuna memoria di quei nove mesi e che di conseguenza non avrebbe dovuto sentire la mancanza dei due West, ed era così ma aveva la sensazione che avrebbe potuto mettersi a piangere da un momento all'altro, il che non aveva assolutamente senso. Soprattutto perché, seppure avesse avvertito l'assenza di Joe e Iris mentre dormiva, sarebbe stato contento di rivederli e abbracciarli di nuovo, invece si sentiva soltanto tremendamente triste all'improvviso. Solo che non era una cosa improvvisa: era da quando si era svegliato che si sentiva strano, che provava sensazioni giustificate ma mai del tutto e c'erano queste immagini nella testa - all'inizio credeva che fossero ricordi -  che non si spiegava e non riconosceva niente di quello che vedeva, eccetto che c'era la dottoressa Snow in alcune e quello aveva anche meno senso di tutta la storia del fulmine e del coma messi insieme, perché come avrebbe potuto avere dei ricordi o delle immagini o qualsiasi cosa fossero nella sua testa se non l'aveva mai vista prima? Ed era sicuro al cento percento di non conoscerla o se ne sarebbe sicuramente ricordato. 
A meno che-
Barry aveva agito prima ancora di aver formulato il pensiero; sapeva solo che quel tipo stava per prendere la pistola dalla fondina dell'agente e lui poteva fermarlo. 
E lo aveva fatto. Solo che nessuno se n'era accorto e perfino Barry aveva problemi a capire come diavolo avesse fatto: in fretta, certo, ma come? 
Si scusò con Iris con la promessa di sentirsi più tardi, si precipitò fuori e in qualche modo negli ultimi nove mesi doveva essergli successo qualcosa di impensabile perché era diventato probabilmente l'uomo più veloce del mondo e l'ironia della cosa lo colpì in piena faccia: lui, Barry, che era patologicamente incapace di arrivare in orario a un appuntamento ed era costretto a fare mille corse per non aggravare il ritardo già eccessivo, poteva correre più veloce di qualsiasi altro essere umano. 
Andò nell'unico posto dove sapeva che avrebbe potuto trovare una risposta e rivedere la dottoressa Snow fu una specie di nuovo trauma - Caitlin, si chiamava Cailtin! 
E stavolta non c'erano dubbi. Cioè, nemmeno la prima volta, con quella bambina in seconda elementare, ce n'erano stati ma allora Barry era un bambino lui stesso e fremeva semplicemente dalla voglia di incontrare la propria anima gemella e- okay, non erano cambiate poi molto le cose, eccetto l'età e il fatto che ora era più veloce della luce e che era stato in coma e-
Prese un respiro profondo. 
Quando la incontrerai, saprai che è lei. Poteva risentire le parole di sua madre come se le avesse ascoltate il giorno prima e non anni. Aveva avuto ragione, Barry sapeva che Caitlin Snow era la sua anima gemella; non riusciva a credere di averla finalmente incontrata e di non esserne reso conto immediatamente, e in circostanze del tutto particolari. Aveva sempre fantasticato su come si sarebbero incontrati e mai mai mai la mente di Barry avrebbe potuto arrivare a quella situazione, nemmeno se qualcuno fosse venuto e glielo avesse spiegato. 
«Va tutto bene, amico?»
Si, andava tutto meravigliosamente bene, voleva dire a Cisco Ramon perché non si era mai sentito così felice in tutta la sua vita. 
Ma non lo fece. Bastò uno sguardo della dottoressa Snow - Caitlin! - per zittirlo prima ancora che potesse aprire bocca per parlare. E mentre un lato del suo cervello elaborava quanto potente fosse il principio delle anime gemelle se era riuscito a intendere cosa volesse dirgli Caitlin con un solo sguardo, l'altro lato gli suggeriva che non era stato soltanto lo sguardo, ma quella sensazione di panico che non aveva ancora smesso di dargli il tormento e che, ora ne era consapevole, non apparteneva a lui. 
Così tenne la bocca chiusa. O meglio, fece soltanto riferimento alle straordinarie doti di cui era appena venuto a conoscenza di possedere, mentre le domande che avrebbe voluto fare erano altre. Eppure se voleva essere del tutto sincero, non sapeva cosa pensare. Non solo la circostanza che li aveva portati a conoscersi era insolita, ma lo era anche la schiera di sensazioni che aveva provato fino a quel momento: eccetto quel glorioso, magnifico istante in cui si era sentito così felice da poter scoppiare, tutto il resto era pressoché negativo. Ansia, panico, tristezza... Non era quello che aveva in mente negli oltre venti anni che aveva dovuto aspettare e avrebbe anche potuto chiudere un occhio e fingere che fosse tutto perfetto se solo non avesse sentito quella determinazione - non sua, ovviamente - a lasciare tutto com'era. 
Arrivarono alla pista per testare le abilità di Barry, che si rivelarono incredibili esattamente come aveva pensato, raggiungendo una velocità anche superiore a quella precedente avendo tutto quello spazio libero in avanti a disposizione. Poi, come se tutto quello che gli era successo nelle ultime quattro ore da quando si era risvegliato dal coma non fosse già sufficientemente complicato, aveva anche avuto flashback della notte in cui sua madre era morta e dell'Uomo in Giallo e di come anche lui potesse essere così veloce. Ovviamente era andato a schiantarsi e si era rotto il polso. 
Coincidenza? Certo che no. E ne ebbe la prova una volta su quello stesso lettino sul quale si era risvegliato quella mattina. 
Caitlin non era veramente un medico, ma ne sapeva abbastanza di anatomia umana e di tecniche mediche da fungere da uno. E al momento stava osservando il polso di Barry da vicino. Per un attimo Barry aveva pensato che non lo avrebbe toccato nemmeno per sbaglio, ma scartò il pensiero all'istante perché finora non aveva dimostrato alcuna rimostranza a ficcargli quella roba nelle orecchie o a monitorare i parametri vitali o prendersi cura di lui negli ultimi nove mesi - nozione che gli provocava una sorta di calore nel petto nonostante la situazione disperata. Ma non aveva detto nemmeno una parola e non sembrava intenzionata a cambiare idea per il momento - Cisco e il dottor Wells li avevano lasciati da soli e solo dopo Barry si disse che loro due dovevano sapere del nome di Caitlin sul polso di Barry perché era inevitabile (e non era il caso di mettersi a pensare che potevano averlo visto nudo, no, assolutamente no). 
Barry approfittò della calma e della vicinanza per guardarla meglio. Non l'aveva mai persa d'occhio per un attimo, a dire il vero, ma era la prima volta che aveva una scusa per guardarla senza dover distogliere lo sguardo ogni volta che lei doveva percepirlo e finiva inevitabilmente col beccarlo. Era bella, ma non ci voleva un genio per capirlo - Barry l'aveva notato stesso quella mattina, anche se non aveva potuto spenderci più di qualche secondo con tutte le notizie che aveva ricevuto.   
«Non dire niente.»
Barry era rimasto quasi sorpreso nel sentirne la voce, al punto da chiedersi se non l'avesse sentita soltanto nella sua testa - non sarebbe stata la cosa più strana di quel giorno. Era più che certo che l'avrebbe ignorato per tutto il tempo, visto che non aveva mostrato alcun problema a riguardo fino a quel momento. 
Barry si ritrovò a sorridere inconsciamente, rimpiazzando subito l'espressione con una più seria. Non aveva alcun motivo per sorridere, in fondo gli aveva appena detto che non doveva aprire bocca, e nemmeno così gentilmente, ma era davvero così disperato da accontentarsi di qualsiasi cosa pur di smetterla con quel silenzio? 
«Non sai nemmeno quello che voglio dire.» 
Non sapeva perché aveva risposto in quel modo, non era nelle intenzioni di Barry di punzecchiarla o di darle questa impressione, non quando quelle erano le prime parole che gli rivolgeva che non fossero legate alla sua salute o a questi nuovi poteri che aveva acquisito. Ma aveva notato la mandibola irrigidirsi e il tocco sul polso diventare solo per un secondo più maldestro, e mentre conosceva Caitlin Snow da solo poche ore - da cosciente, se non altro - in qualche modo sapeva che quello era il suo modo di reagire a una provocazione. 
«Si, invece» rispose e alzò gli occhi dalla mano al volto di Barry solo per un istante prima di riabbassarlo. Parve dirgli qualcosa con quello sguardo - un nuovo invito a rimanere in silenzio, forse - seppure breve e apparentemente freddo. 
Barry si stupì di quanto fosse vero quello che aveva appena sentito. Cioè, non era necessaria una fatica spropositata per capire qual era l'argomento di cui Barry voleva parlare - era stato abbastanza evidente a chiunque nel laboratorio fin dall'istante in cui Barry era tornato con la notizia della velocità e i suoi occhi si era posati prima di ogni cosa su Caitlin Snow. Ma non era questo che intendeva: lui sapeva che Caitlin sapeva cosa aveva intenzione di chiederle. Sembrava uno scioglilingua, ma nella sua testa era tutto chiaro, fin troppo chiaro, anche quello che non avrebbe dovuto esserlo, come sapere cosa passava nella testa di una persona che aveva appena conosciuto. O meglio, non poteva sentire cosa stava pensando Caitlin - anche se aveva letto di anime gemelle che erano in grado di farlo - soltanto percepire ciò che stava provando in quel momento e, disgraziatamente per lui, non differiva granché dall'agitazione che avevano condiviso per tutto il giorno ormai. 
Barry aveva letto di questa peculiarità del principio delle anime gemelle - non aveva avuto modo di parlarne con i suoi genitori e non se l'era mai sentita di chiedere a Joe o a qualcun altro - e aveva scoperto che succedeva quando due persone destinate a stare insieme erano vicine al punto da potersi sentire o, in alcuni casi più rari, quando il legame aveva inizio, motivo per il quale Barry non si era mai preoccupato di non poter sentire Caitlin, perché evidentemente lui doveva appartenere alla categoria di quei poveri eletti che non potevano avvertire niente di niente fino al momento della connessione. Il legame si iniziava con il più banale dei modi: un tocco, che generalmente implicava conseguenze diverse per chiunque. Ma Barry non l'avrebbe mai saputo perché la connessione tra lui e Caitlin era avvenuta sicuramente mentre lui era in coma, visto che era stato un suo paziente e l'aveva certamente toccato a un certo punto; avrebbe tanto voluto chiederle com'era stato, cosa aveva provato, se era successo qualcosa che avrebbe dovuto sapere - alcuni parlavano di reazioni corporee visibili che con il tempo erano sparite - ma Caitlin non era disposta nemmeno a parlargli, figurarsi rispondere alle domande su come si erano connessi. O tutte le altre, a dire il vero, ad esempio come faceva a sapere che da piccola aveva portato l'apparecchio ai denti o che a dispetto del suo cognome non aveva particolare passione per il freddo o ancora che-
E poi gli venne un'idea.
«Ho tutti questi ricordi tuoi nella testa, come faccio ad averli? E' quello che penso?» chiese Barry, senza riuscire a trattenersi. Quello che pensava era che i ricordi o informazioni - doveva trovargli un modo migliore per definirli - che acquisiva man mano fossero dovuti al legame. Forse, considerato che era stato in coma e non aveva potuto metabolizzarli, in mancanza di un termine più corretto, si stavano concentrando tutti in un solo momento ed era per questo che sembravano così confusi. In fondo, erano tutte informazioni che aveva acquisito, in qualche modo, ma solo perché non aveva mai avuto l'occasione di analizzarle, non significava che sarebbero scomparse.
Caitlin gli afferrò la mano che involontariamente aveva cercato di passarsi tra i capelli, immemore del dolore che comunque iniziava a sparire, e dopo lo puntò con lo sguardo, quegli occhi che erano di un caldo marrone e che non avrebbero potuto essere più gelidi. «Mi sembra di averti detto di non dire niente» fece lei, e sembrava arrabbiata, ma Barry sentiva che oltre a quello c'era dell'altro, come se avesse paura. 
«Perché?» chiese, confuso, sentendosi soltanto un po' colpa perché quella cosa di percepire le sensazioni gli sembrava tanto come imbrogliare, sopratutto in una discussione importante come quella che stavano per iniziare con un po' di fortuna.
Caitlin lasciò perdere la mano di Barry e si alzò, svelta, per mettere una certa distanza tra di loro. «Ho fatto tutto quello che il dottor Wells mi ha chiesto, mi sono occupata di te mentre eri in coma; ora sei sveglio e non ne hai più bisogno. Il resto non mi  riguarda.» 
Barry si chiese se Caitlin poteva sentire cosa stava provando lui ed era stupido perché era soltanto ovvio che poteva riuscirci, esattamente come lui; e allora si disse che l'altra poteva sapere quanto era furioso e deluso e incredulo - o forse, non poteva perché perfino Barry aveva difficoltà a capire cosa stava provando. L'unica cosa alla quale riusciva a pensare era che una volta tanto nella vita gli sarebbe piaciuto ottenere qualcosa senza troppo sforzo. Magari, non era nemmeno quello il problema ed era solo frustrato perché aveva aspettato venti anni per incontrare la sua anima gemella e doveva per forza capitargliene una che non voleva sapere assolutamente niente di lui. 
«Ti riguarda, eccome!» disse, lasciando libero sfogo alle sensazioni che non riusciva a comprendere. Era vagamente consapevole del fatto che Cisco e Harrison Wells erano da qualche parte dietro quelle mura, ma al momento non riusciva a farselo rendere importante. «Siamo anime gemelle! Ho il tuo nome sul polso e tu hai il mio» continuò, soltanto un poco più pacato perché iniziava a rendersi conto che doveva essere una novità anche per Caitlin e se il modo in cui si era sentito tutto il giorno era indicativo di qualcosa, era che la novità non le era piaciuta granchè, quindi quale diritto aveva lui di mettersi a sbraitare così? 
Per un solo terrificante momento l'immagine del polso pulito, senza scritte, di Caitlin si era formato dietro le palpebre di Barry e non si era mai sentito così smarrito, non da quando aveva perso la sua intera famiglia in una sola notte, ma smise di pensarci quasi all'istante - era sicuro che Caitlin fosse la sua anima gemella, anche senza aver visto il marchio, altrimenti non si spiegherebbero le ultime ore. 
Caitlin gli aveva dato le spalle, ma riusciva comunque a vedere il modo in cui armeggiava con le maniche della camicia, tirandole un po' più giù o stringendosi il polso. «Non vuol dire niente» disse, e il suono uscì strozzato tanto che Barry ebbe la sensazione che stesse per piangere, anche se non avvertiva nulla di tutto ciò. 
«Perché?» chiese ancora Barry, improvvisamente a corto di forze. Probabilmente era dovuto ai continui sforzi a cui si era sottoposto quella giornata, o forse perché si era appena svegliato da un coma di nove mesi e l'eccessivo carico di emozioni stava avendo la meglio - si sentiva stanco e per la prima volta da quando aveva cinque anni pensò che questa storia delle anime gemelle non valeva la fatica. 
Caitlin si prese del tempo per rispondere, e quando lo fece non fu a parole: si voltò lentamente, come se qualsiasi movimento brusco avrebbe potuto spezzare la sua determinazione, e guardò Barry in una maniera che lui non seppe decifrare e che non riusciva a percepire ma sembrava quasi una preghiera, sussurrata e colma di dolore e di qualcos'altro che si scontrava con il progetto felice che Barry aveva coltivato tutti quegli anni. 
«Per questo» aveva detto Caitlin, il tono sottile e basso, simile a quello di una bambina spaventata.
In qualche momento imprecisato aveva fatto due risvolti alla manica della camicia e aveva allungato il braccio in avanti quel poco che bastava perché Barry lo vedesse. 
E Barry lo vide finalmente: il suo nome era scritto con pieno inchiostro nero, come un tatuaggio, ma quello era indelebile per davvero e risaltava contro la pelle pallida di Caitlin. Sapeva già che Caitlin era la sua anima gemella, ma averne la prova concreta era un sollievo. 
Solo che Barry non era l'unico nome sul polso di Caitlin. Poco più in basso, nel posto in cui anche Barry aveva la sua scritta, c'era un altro nome, molto più chiaro e che poteva sfuggire allo sguardo se non si prestava abbastanza attenzione. Un certo Ronnie era stato l'anima gemella di Caitlin prima di Barry. 
Barry deglutì l'eccesso di saliva che si era formato in gola e dopodiché quella gli parve completamente arida. Sapeva perfettamente cosa voleva dire quella scritta sbiadita, anche se gli era capitato di vederla in una sola altra occasione in vita e il nome di Nora, pallido e trascurabile, gli tornò in mente. 
Barry tentò di iniziare una frase, una qualsiasi, un paio di volte con un come e un quando che per Caitlin non dovevano avere nessuna importanza, ma quella era onestamente la prima cosa che gli era venuta in mente. 
Caitlin tirò via il braccio - Barry non si era accorto di averlo toccato e afferrato fino a quel momento - e lo tenne vicino al proprio petto, come fosse qualcosa di prezioso. 
«E' successo la notte della presentazione. L'esplosione che ti ha mandato in coma ha anche ucciso il mio fidanzato.»
Caitlin si zittì, quasi a piangerne nuovamente la morte e Barry fece per dirle che non doveva parlarne se non voleva, che capiva più di quanto volesse. Ma rimase in silenzio perché, per quanto triste e deprimente, aveva la sensazione di interrompere un momento privato in qualche modo e c'era qualcosa nel modo in cui Caitlin stringeva il polso che gli ricordava il modo in cui lui era solito tracciare le lettere con le dita prima di addormentarsi quando era più piccolo. 
«Poco dopo è comparso il tuo nome» aggiunse Caitlin, e quella volta fu facile cogliere l'amarezza dietro il dolore. 
Allora Barry pensò a come si era comportato solo pochi minuti prima, a come aveva alzato la voce e alla rabbia intensa che aveva provato, e se ne vergognò. Era stato così preso da quello che succedeva a lui, da non chiedersi anche per un solo attimo come avesse potuto essere per Caitlin, che aveva perso la propria anima gemella e stavano per sposarsi e sarebbero stati felici. 
«Mi dispiace» balbettò, mettendosi in piedi. Doveva andarsene da lì. «Mi dispiace, io- scusa.» 
Barry perse il conto di quante volte ripeté quella stessa cosa, ancora e ancora - niente sembrava maggiormente appropriato e aveva smesso di pensare lucidamente nel momento in cui aveva visto il proprio nome. Non tentò nemmeno di trovare altro da dire, perché non vedeva come avrebbe potuto fare qualche differenza - e doveva assolutamente uscire da quel laboratorio perché preferiva stare da solo quando si sarebbe finalmente dato il permesso di capirci qualcosa. 
La voce di Caitlin lo fermò sulla porta, dopo l'ennesimo mi dispiace che non riusciva a tenere dentro. 
«Non posso farlo di nuovo»  disse, un po' più composta e controllata di prima, ma c'era ancora una sorta di timore nella voce, uno che Barry non era sicuro gli piacesse. «Siamo anim- Credo di conoscere abbastanza di te per sapere che non lascerai i tuoi poteri inutilizzati; Ronnie è morto da eroe, ma io volevo semplicemente che fosse mio marito. Non posso farlo di nuovo.»
Se Barry pensava di aver avuto il cuore spezzato quella volta che in seconda elementare aveva dovuto arrendersi all'idea che la bambina nuova non era la sua anima gemella, dopo tutto ciò che aveva scoperto quel pomeriggio- 
Non riusciva nemmeno a crederci, figurarsi se poteva accettarlo, in qualche modo. 
Per oltre venti anni non aveva aspettato altro che il momento in cui avrebbe finalmente incontrato la sua anima gemella, la persona che gli avrebbe sempre voluto bene e per la quale lui avrebbe provato lo stesso - per dirla con le parole di sua madre - e ovviamente qualcosa doveva andare storto, ovviamente doveva essere qualcuno che non lo voleva perché ancora innamorata della precedente anima gemella. Più ci pensava, più gli veniva ridere e probabilmente l'avrebbe fatto se non stesse capitando a lui. Oppure, avrebbe dato una pacca sulla spalla al povero malcapitato e si sarebbe dispiaciuto per lui. E se c'era una cosa che gli metteva anche più tristezza era ripensare alla propria vita e provare dispiacere. 
 
Come se ciò non fosse sufficientemente deprimente di suo, dovette fare i conti con un ulteriore scoperta a pochissima distanza dalla prima. 
Era andata così, più o meno: subito dopo aver lasciato gli S.T.A.R. Labs sentiva il bisogno di parlarne con qualcuno e, anche se Iris non aveva mai fatto i salti di gioia all'idea di parlare di anime gemelle e gente destinata a stare insieme per il volere di chissà-chi-o-cosa, lei era l'unica con la quale aveva voglia di farlo e che nonostante tutto non avrebbe esitato ad ascoltarlo; Jitters non era meno affollato di quando era arrivato la prima volta quella mattina e Iris sembrava impegnata in una conversazione con Eddie Thawne, il partner di Joe, e- lo aveva appena baciato?
Nella lunga passeggiata che seguì, Iris spiegò a Barry che aveva scoperto di avere un'anima gemella parecchio tempo prima, qualche mese dopo il suo diciannovesimo compleanno, e che aveva giurato e stragiurato a se stessa che se lo avesse incontrato gli avrebbe girato le spalle per principio, sempre convinta delle proprie idee riguardo all'ambiguità della faccenda, ma poi Barry era stato colpito dal fulmine, era andato in coma e Joe voleva passare quanto più tempo possibile al fianco di Barry, così Eddie si era proposto di coprire i turni di Joe a lavoro ed era bastato quello e un caffè di ringraziamento perché Iris capisse che il principio delle anime gemelle non era poi così male. 
«E stiamo insieme da allora» concluse, le spalle strette nel cappotto e un sorriso che stava cercando di trattenere piuttosto maldestramente. 
Barry non poteva credere alle proprie orecchie. Scosse la testa e questa volta si abbandonò per davvero a una grassa risata perché era tutto troppo ridicolo per non farlo! Iris, che aveva messo non una bensì un centinaio di croci sulla possibilità di iniziare una relazione con la sua anima gemella, l'aveva finalmente trovata e sembrava così felice da poter scoppiare, e Barry che invece non aveva desiderato praticamente altro per la maggior parte della propria vita, era costretto a totalmente l'opposto. Sul serio, perché la vita lo odiava così tanto? Se avesse creduto alla storia della reincarnazione - e c'erano molte probabilità che ci desse un'occhiata a un certo punto per via di tutte le cose impossibili che gli stavano capitando - avrebbe preso in seria considerazione di aver fatto qualcosa di terribile in una sua vita passata, perché non era dannatamente possibile che non gliene andasse bene una!
Quando finalmente smise di ridere - pensandoci, avrebbe anche potuto mettersi a piangere - vide che Iris lo stava guardando come se fosse completamente impazzito, quindi Barry annuì senza sapere bene il motivo e forzò le labbra tese in un sorriso. 
«Sono davvero felice per te» disse, e una parte di lui lo era davvero. 
Odiava essere così invidioso di Iris - aveva odiato quando era capitato con i suoi compagni all'università, figurarsi con lei. Ma per quanto fosse onestamente felice per la sua migliore amica, non poteva fare a meno di chiedersi perché doveva capitare proprio a lui. 
Non ci fu modo di dire altro - Barry sentì il rumore di una macchina in lontananza e prima ancora che potesse pensare di agire, lo aveva già fatto: afferrò Iris per le spalle e scansarono l'auto della polizia lanciata a tutta velocità per un soffio; poi, si ritrovò al fianco di colui a cui stavano dando la caccia e non poteva essere Mardon, no, lui era morto, e la macchina si era ribaltata e la nebbia e non era l'unico ad avere strani poteri...
Solo nell'istante prima di muoversi aveva ripensato alle parole di Caitlin. 
Ronnie è morto da eroe, ma io volevo semplicemente che fosse mio marito. Non posso farlo di nuovo.

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