La biblioteca

di Syra44
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One ***
Capitolo 2: *** Chapter Two ***
Capitolo 3: *** Chapter Three ***
Capitolo 4: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Chapter One ***


Disclaimer: I personaggi citati non mi appartengono, ma sono proprietà di Hiromu Arakawa; questa fanfiction non è stata scritt

Disclaimer: I personaggi citati non mi appartengono, ma sono proprietà di Hiromu Arakawa; questa fanfiction non è stata scritta a scopo di lucro.

 

 

 

La biblioteca

RoyAi Day 2009

 

 

 

Ancora una volta alle ragazze del RoyAi Fan Forum.

Perché siete semplicemente mitiche; non c’è altra parola per descrivervi.

Scusate se vi dedico ‘sta roba, ma non sono capace di sfornare altro. Perdonate questa Scrittrice Fallita xD

Vi voglio bene, mie Muse <3

 

 

 

Le biblioteche sono forse alcuni dei posti più magici del mondo.

Custodiscono gelosamente pagine e pagine di sapere umano, sapientemente scritte anno dopo anno, secolo dopo secolo, millennio dopo millennio da uomini che, nonostante le tante differenze di costume, razza o posizione sociale, decidono di trasmettere al mondo le proprie scoperte e la propria arte nello stesso modo: tramite l’eterna magia dell’inchiostro su carta, l’asso vincente di molti studiosi e di altrettante stelle nascenti.

Anche se nell’immaginazione popolare le biblioteche sono sempre enormi, labirintiche e buie come la notte più nera, quella di casa Hawkeye non era una di queste. Anzi, si poteva dire che si presentava esattamente all’opposto.

Questa si presentava come una piccola stanza con un’enorme finestra che si affacciava sull’aperta campagna, adiacente allo studio del padrone di casa, il quale, affamato di conoscenza, aveva col tempo collezionato una colossale quantità di libri sui più vari argomenti, primo tra tutti l’alchimia. Non riuscendo poi a ben sistemare la miriade di tomi acquistati come lui desiderava nella camera in questione -  era molto esigente sull’ordine - aveva deciso di relegare la camera di fianco a “deposito libri”. Col tempo, l’insignificante nomignolo si era perso insieme alle numerose scartoffie presenti sulla sua scrivania, e la stanza era stata finalmente chiamata col nome più adatto e altisonante di biblioteca di casa Hawkeye.

La piccola Riza, unigenita dei proprietari dell’abitazione, era sempre stata affascinata da quella stanza. Nonostante i volumi polverosi e l’imponente altezza degli scaffali, che incutevano timore solo a vederli, amava osservare i giochi di luce che il sole disegnava sul pavimento e aiutare suo padre a mettere in ordine i libri presenti nella stanza, spesso ammonticchiati in un angolo per la fretta di tornare nell’altra camera e continuare gli esperimenti alchemici in atto.

Quando poi sua madre era morta, con tutto il dolore, le lacrime e la tristezza che erano seguite, suo padre si era metaforicamente chiuso in sé stesso e praticamente rinchiuso nel suo studio. In quel periodo, la biblioteca era stata l’unica ancora di salvezza della ragazzina: non avendo amici con cui giocare, poiché vivevano in un luogo isolato, e studiando da privatista, l’unico modo per imbrogliare il tempo, non annoiarsi e allo stesso tempo sentirsi fisicamente vicina a suo padre era entrare nella famosa stanza e perdersi fra le centinaia di volumi presenti. Tra i tanti, adorava leggere quelli che si trovavano sul lato sinistro del terzo scaffale, che aveva chiamato “lo scaffale della mamma” perché vi si trovavano i libri con cui la signora si dilettava nei pomeriggi uggiosi. Tra le vellutate pagine che accarezzava con le dita erano cadute, e a volte continuavano a cadere, molteplici e più lacrime salate.

Fino a quando non aveva compiuto undici anni, era rimasta in completa solitudine, sempre nella “sua” biblioteca, con una mela in mano e un libro nell’altra, a sfogliare le polverose pagine dei grossi e voluminosi tomi e sognando di vivere numerose avventure come quelle di cui leggeva: immaginava di viaggiare per terre sconosciute al fianco di valorosi compagni, o di essere una potente maga pronta a risolvere qualsiasi imbroglio, o, anche se più raramente, anche la principessa in pericolo di turno.

Ma, persa tra le sue fantasie, c’era sempre quella fastidiosa vocina - che col tempo avrebbe imparato a chiamare coscienza - che la riportava alla realtà ricordandole costantemente che purtroppo a lei non erano stati riservati né compagni fedeli, né abilità particolari, né un principe da cui farsi salvare.

Poi, però, come un raggio di sole fa capolino all’alba dopo una lunga notte di veglia solitaria, nella sua vita aveva fatto irruzione Roy Mustang.

Quest’ultimo era il figlio adottivo di una facoltosa signora di dubbia reputazione, la quale aveva deciso di assecondare il desiderio del suo unico erede di studiare l’alchimia. Scovato dopo molto tempo il signor Hawkeye, o, come lo chiamavano loro, il “Maestro”, la signora Mustang si era subito accordata con lui affinché prendesse suo figlio come studente presso di sé. Dopo vari tira e molla, il giovane Mustang era approdato a casa Hawkeye, portando con sé una fresca ventata di novità per la piccola Riza.

In un misto di diffidenza e curiosità, la ragazzina aveva dato il benvenuto nella casa al misterioso Roy, che contrariamente alle sue aspettative - si era aspettata un fragile ragazzetto sempre dedito allo studio - si era rivelato un vero e proprio scavezzacollo.

Dopo la sua rapida ambientazione nella nova sistemazione, non esitava ad approfittare della posizione della villa per andare a divertirsi all’aperto. Riza lo vedeva dalla finestra della biblioteca correre fuori per andare a giocare all’esterno, cosa che invece lei faceva di rado; e per parecchio tempo spariva, facendo agitare suo padre che, al ritorno del monello, urlava qualcosa che suonava come «Piccolo impudente, cosa credevi di fare?! Non sei un apprendista alchimista, sei solo una scapestrato!»

A quel punto Riza pensava che quel Mustang doveva essere proprio scemo. Insomma, sapeva benissimo che suo padre si sarebbe arrabbiato non vedendolo applicarsi al lavoro che gli assegnava e sapendolo fuori, tra il pericolo di cadere vittima di qualche serpente… o peggio. Sicuramente era solo un ragazzino viziato, tipo di persona con la quale lei non voleva avere nulla a che fare.

Per molto tempo quindi  lei e “lo scavezzacollo” si erano ignorati. Ma poi, era arrivato quel giorno.

 

«Ciao»

Riza si era voltata come un fulmine al solo sentire quella voce. Ovviamente sapeva a chi apparteneva, dato che incontrava il suo possessore ogni giorno a pranzo e a cena e che spesso lo sentiva complottare con suo padre nella stanza affianco, ma non si erano mai rivolti altro che saluti formali.

«Buongiorno, signor Mustang» esordì, facendo uso di tutta la buona educazione che gli era stata inculcata e contemporaneamente chiedendosi cosa mai ci facesse lì l’allievo di suo padre.

«Leggevi?» chiese Roy avanzando verso di lei, girando intanto lo sguardo da uno scaffale all’altro per poi tornare a posare i suoi occhi scuri su di lei e sul libro che teneva tra le mani.

«Sì» rispose Riza con tono sicuro. Poi alzò un sopracciglio.

«Ma lei… cosa ci fa qui?» aggiunse forse con tono troppo accusatorio.

Non sapeva perché, ma sentiva uno strano senso di fastidio vedendo avanzare nella biblioteca, nella sua biblioteca, quel… quel Mustang, ecco.

Il ragazzo rise, una risata pulita e chiara che aleggiò per qualche secondo nell’aria.

«Non c’è bisogno di essere così ostile… è solo che mi annoiavo»

«E allora?»

«Volevo chiederti se ti andava di unirti a me» ribattè lui sorridendo, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Riza lo fissò sbalordita per qualche minuto.

«Ti ho vista molte volte alla finestra» spiegò il ragazzo vedendo l’espressione di lei e arrossendo impercettibilmente «e da quel che mi racconta tuo padre, stai sempre qui ad immergerti nei libri, da sola. Io non mi diverto molto in solitario, quindi…» lasciò la frase in sospeso, con una punta d’incertezza nell’ultima frase.

Riza non aveva smesso per un secondo di fissare basita il ragazzino che le stava di fronte, cercando di ricordare l’ultima volta  che qualcuno l’aveva invitata a giocare insieme.

«Beh…» cominciò, ponderando bene le due possibilità che le si presentavano davanti. Da un lato, sapeva che suo padre si sarebbe arrabbiato, vedendo il suo allievo e sua figlia uscire e addentrarsi da soli nella campagna circostante; lei poteva restare tranquillamente lì a leggere nel suo rifugio, tuttavia… c’era qualcosa che la tentava terribilmente in quella richiesta.

E non seppe nemmeno lei perché, forse la delusione che sapeva si sarebbe disegnata sul suo viso se avesse rifiutato, o forse era soltanto impazzita, ma accettò.

 

 

 

 

 

Note finali

Ebbene sì, ci sono riuscita. Ho prodotto qualcosa per il RoyAi Day *-*

Questa è una raccolta davvero piccolissima, tre capitoli circa (forse aggiungerò un piccolo epilogo)

Era nata come One-shot. Tuttavia era troppo slegata e ho deciso di dividerla. Spero che questa prima shot vi sia piaciuta ^^

Ringrazio chiunque mi lascerà un commentino ^^ E un bacione enorme alle ragazze del RoyAi Fan Forum, le mie adorate Muse (ho deciso che d’ora in poi vi chiamerò così) xD

Scusate se non mi dilungo, ma sono distrutta ç_ç è tutto il giorno che lavoro alla fiction e ancora mi sembra che sia orribile ç_ç Beh, io ci ho provato.

Sayonara! Vostra affezionata Syra44

 

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Capitolo 2
*** Chapter Two ***


La biblioteca

La biblioteca

 

 

Capitolo Secondo

 

 

Roy Mustang non aveva mai amato i libri.

Quando aveva deciso di diventare alchimista - capriccio che poi si era trasformato in obbiettivo da raggiungere - non aveva idea dell’enorme lavoro che lo aspettava a braccia aperte, né che il tempo che avrebbe dovuto dedicargli sarebbe stato così tanto. Per lui tutto quello sgobbare era incredibilmente sfiancante, abituato com’era al dolce far nulla tipico dell’infanzia.

Per questo, quando gli era concesso, sgaiattolava via dallo studio del Maestro per andare a divertirsi nei dintorni, in aperta campagna, correndo e immaginando di essere un grande eroe pronto a salvare chiunque si trovasse in difficoltà; e sentiva nella mente le ovazioni che i salvati gridavano al cielo, benedicendolo al suo passaggio, e sì, anche le moine che le giovani ragazze avrebbe riservato al loro prode alchimista.

Risolvere tutto con uno schiocco di dita, diventare un eroe; erano questi i pensieri che gli venivano alla mente, queste le fantasie che gli passavano per la testa mentre attraversava a grandi balzi i dintorni del podere. Gli arbusti diventavano improbabili creature alchemiche da contrastare, le scure pozze di fango enormi baratri da superare e i gorgoglianti ruscelli immensi oceani da traversare.

Anche se non lo sapeva, Roy aveva sogni simili a quelli di Riza: i bambini hanno sempre sognato, e sempre lo faranno.

Ma un pomeriggio, di ritorno dall’ennesima uscita fuori programma, aveva casualmente alzato gli occhi al cielo: e si era ritrovato davanti il cielo azzurro e il viso di Riza Hawkeye, che, affacciata ad una finestra, che poi aveva ricordato essere quella della biblioteca, fissava all’ingiù, più precisamente il punto in cui si trovava lui. Anzi, ripensandoci, stava fissando proprio lui. La ragazza, resosa poi conto di essere stata scorta, si era di nuovo rifugiata all’interno il più velocemente possibile. Il giovane Roy non aveva dato tanto peso alla faccenda, finchè non si era reso conto che le volte in cui l’aveva intravista alla finestra della biblioteca, affacciata per poter osservare il sole luminoso o il panorama circostante, era tante, molte, troppe. Da allora, ogni volta che la scorgeva, durante le sue repentine “fughe”, si chiedeva se la ragazzina uscisse mai di casa, ogni tanto. Le uniche volte in cui l’incontrava era all’orario dei pasti, durante i quali, escludendo i convenevoli e i saluti di rito,  nessuno dei due apriva bocca. S’era fatto l’idea che probabilmente fossa una persona molto chiusa in sé stessa, solitaria, asociale. Di solito storceva il naso davanti a quel genere di persone, che reputava solo inadatte alla vita sociale, ma dovette ammettere a sé stesso che, in quel caso, un po’ gli dispiaceva. Grazie a rare foto di famiglia e ad ancora più sporadici accenni del suo maestro, era venuto a conoscenza del fatto che la signora Hawkeye era morta parecchio tempo prima, molto probabilmente lasciando un marito afflitto e una figlia troppo piccola per essere autosufficiente e badare a sé stessa. Immaginava quindi che Riza non avesse mai passato del tempo con qualcuno e che si fosse letteralmente rinchiusa nella biblioteca, a differenza sua, che nella città in cui aveva vissuto era il leader di una combriccola di monelli sempre in mezzo ai guai. E, probabilmente, il padre era troppo impegnato con le sue ricerche per poter dedicare qualche minuto del suo prezioso tempo alla sua unica figlia.

Fondendo curiosità nei riguardi della ragazzina e nostalgia della compagnia di coetanei con cui divertirsi, Roy si era allora avvicinato a Riza, attaccando bottone con lei con un motivo qualunque e un esplicito invito ad unirsi a lui, che tuttavia temeva venisse rifiutato.

Con sua somma sorpresa, invece, lei aveva accettato di accompagnarlo nelle sue scorribande,  cominciando giorno dopo giorno a partecipare attivamente alle sue avventure immaginarie e dimostrando capacità di cui la ragazzina non si rendeva conto. Riza aveva infatti una fervida fantasia, un coraggio da leoni e soprattutto una mira eccezionale, che aveva mostrato riuscendo a colpire precisamente al centro qualunque cosa Roy designasse come bersaglio, ridendone poi con la sua cristallina risata e sfidandolo a fare di meglio.

Roy si divertiva da matti con Riza, ed era sicuro che fosse così anche per lei: non aveva mai conosciuto una ragazza così… diversa; a quell’età, infatti, nella città da cui proveniva le coetanee di lei giocavano ancora con le bambole, oppure ridacchiavano cercando di imitare le donne più grandi; al solo sentore di un’avvisaglia di pericolo, invece, si stringevano frignando alle sottane delle madri. L’opinione che il giovane si era fatto della ragazzina era drasticamente cambiato: quando ripensava al fatto che a prima vista l’avesse giudicata una specie di topo di biblioteca, ridacchiava e pensava che, per fortuna, non si era fatto intimidire dalla copertina del libro, scoprendone una deliziosa e quanto mai dettagliata trama.

Quello che però aveva angustiato Roy agli albori della loro amicizia era stata la possibile reazione del Maestro: e se avesse pensato che avesse avuto cattive intenzioni in testa, o che volesse far deragliare il treno dell’educazione che Riza aveva accettato di prendere? Al solo pensiero, il giovane tremava, immaginando chissà quale strana reazione da parte del signor Hawkeye.

E invece, non era per niente andata così. Anzi, ricordava Roy, il Maestro, quando li aveva intravisti per la prima volta, non solo era apparso piacevolmente sorpreso, ma qualche minuto dopo aveva sorriso - non l’aveva mai visto sorridere prima d’allora! – e si era allontanato in punta di piedi, sperando di non essere notato. Da quel giorno, non passava momento in cui al Maestro si disegnasse in viso una piacevole espressione rilassata, che raramente si poteva intravedere sul suo volto mentre lavorava, quando li vedeva insieme.

Beh, meglio così, pensava Roy quando lo vedeva, almeno posso essere sicuro che non mi accuserà di traviare sua figlia o cose del genere.

Col passare del tempo, tra risate, improbabili avventure e lunghe chiacchierate all’ombra dei pini, era però venuto fuori l’argomento che più premeva a Riza: l’amore per la lettura. Nonostante il giovane Mustang avesse più volte assicurato alla ragazzina che leggere non faceva assolutamente per lui, lei si era impuntata, pregandolo almeno di farle compagnia nella piccola stanza. E dopo richieste, preghiere, minacce, ancora preghiere e promesse di ricambiare il favore, Roy aveva ceduto alla richiesta di Riza: non si era mai reso conto di quanto fosse terribilmente caparbia. E poi, sotto sotto, dovette ammettere a sé stesso che non avrebbe mai sopportato di deludere la sua nuova amica, né di vedere i suoi grandi occhi ambrati ricolmi di sconforto, o di veder sparire lo splendido sorriso che tanto faticosamente era comparso sulle sue rosee labbra.

 

«Su, forza, entri» disse la ragazza, esortando il ragazzo dietro di lei a penetrare nella camera.

«Quand’è che smetterai di darmi del lei? Mi fa sentire vecchio» proferì lui con tono risentito, come se la ragazzina gli avesse fatto un grave e abominevole affronto.

Riza rise di gusto.

«Probabilmente mai» disse tra le risate che scuotevano il suo piccolo corpo.

«Molto divertente» ribattè Roy senza cambiare tono, ma lanciandole uno sguardo eloquente.

Riza gli fece segno di zittirsi, quindi aprì la porta, che produsse un leggero cigolio.

«Certo che la stanza non è molto grande. Non ci avevo fatto caso, l’altra volta» osservò Roy affacciandosi per vedere l’interno, preso all’improvviso da uno strano timore reverenziale.

«L’altra volta lei ha solo guardato la biblioteca, non l’ha vista» affermò Riza sorridendo, voltandosi verso il ragazzo dietro di lei.

Roy sbuffò, beccandosi un’occhiata tutt’altro che accondiscendente.

«Comunque, perché mi hai portato qui?» esclamò seccato.

Riza allargò il suo sorriso, si diresse al centro della stanza e lì si fermò, girandosi verso di lui. Quindi aprì le braccia ed eseguì una giravolta.

«Benvenuto nel mio mondo, signor Mustang»

 

***

 

Secondo capitolo, parecchio in ritardo x°°°D Mi dispiace di non aver aggiornato subito, ma tra impegni, casini vari e anche le due fic per i contest a cui mi sono iscritta mi sono completamente dimenticata delle altre ç__ç Quindi aggiorno adesso, che ho qualche minuto libero ^_^

In questo capitolo abbiamo il POV di Roy, quindi la biblioteca è più marginale rispetto a prima, ma nel prossimo capitolo, con il ritorno al POV di Riza, vedrete cosa succederà.

Sayonara a tutti e grazie di aver letto.

Syra44

 


 

Swwtcicia: Agnese, esuberante come sempre xD Grazie della recensione e anche della dedica, ero tutta *O* mentre leggevo ^_^ è stato proprio carino da parte tua, grazie mille ^_^ E comunque Scrittrice Fallita doveva essere il mio nick, io lo considero quasi un nome d’arte xD

 

Rinalamisteriosa: Beh, tu considera che il capitolo è arrivato più di un mese dopo, quindi non hai scuse *risata malvagia* x°°D No, ovviamente scherzo xD Mi fa piacere leggere che la fiction ti ha colpito e di aver descritto Roy e Riza esattamente come te li immagini *__* E per la recensione, è stato un piacere *inchino*

P.S: Adoro anch’io le biblioteche piene di libri *___*

 

Shatzy: Grazie mille, in effetti ho voluto rendere la biblioteca un po’ una… “co-protagonista”, ecco. Ho ritenuto la biblioteca una specie di rifugio dal mondo e dalle sue difficoltà, quasi una Neverland, ma ho immaginato che Roy possa riuscire a riportare Riza a casa ^_^ Perché, per quanto sia meraviglioso un soggiorno a Neverland, prima o poi a casa si deve tornare. Grazie della recensione, alla prossima.

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Capitolo 3
*** Chapter Three ***


La biblioteca

La biblioteca

 

Capitolo Terzo

 

 

Dicono gli antichi proverbi che due persone dal carattere troppo differente non faranno che ostacolarsi per il resto della vita: probabilmente, nessuno di quelli che avevano elaborato quelle celebri massime aveva avuto l’onore di conoscere Roy Mustang e Riza Hawkeye.

L’amicizia tra i due, sbocciata per puro caso, si rafforzava giorno per giorno, nonostante Riza si ostinasse a non chiamare mai Roy per nome, adducendo come scusa il fatto che, in quanto allievo di suo padre e più grande d’età, fosse suo dovere tributargli nel parlato il rispetto che si ci aspettava da parte sua nei suoi confronti. Il giovane, contrariato, cercava di ribattere sulla questione argomentando come meglio poteva, ma, per quanto a volte riuscisse anche a portare valide tesi a suo favore, non era mai riuscito a convincere quest’ultima a rinunciare a quell’onorificenza. Tuttavia, i titoli che uscivano dalle loro labbra per rivolgersi all’altro non furono mai d’ostacolo alla crescita del loro rapporto, che si faceva invece sempre più stretto.

Da quando aveva convinto Roy a metter piede nella biblioteca, e successivamente a sfogliare qualche volume di suo interesse, Riza sentiva davvero di aver trovato qualcuno con cui essere sé stessa, sempre e comunque. Aveva preso l’abitudine di rimanere a discutere con lui dell’ultima lettura, scoprendo come dietro la facciata da scavezzacollo del ragazzo si celasse una mente geniale capace di riflessioni profonde e interpretazioni ingegnose delle più strambe allegorie. Certo, si divertiva moltissimo anche a scorrazzare per i campi fingendo di inseguire i più improbabili nemici - dopotutto erano entrambi dotati di una fervente fantasia e una irrefrenabile energia - ma, potendo finalmente dividere la sua più grande passione con il ragazzo, poteva avvertire dentro di sé la nascita di una sensazione meravigliosa, quasi come se il suo io più completo fosse riuscito completamente a venir fuori. A volte si ritrovava a pregare che Roy non terminasse mai il suo apprendistato, e che le cose rimanessero così come stavano per sempre.

Era stato così che gli anni erano passati, tra risate, sporadici litigi, discussioni, uscite e ancora risate, memori di fatidiche giornate trascorse a cercare grandi classici o opere sconosciute all’interno della biblioteca, oppure a leggere presso la finestra, con la luce del sole ad illuminare i loro occhi lucenti.

Con passare delle primavere, si rendevano conto di stare maturando sempre più: Riza aveva ormai acquistato dal giovane Mustang una certa fermezza di carattere, e, spronata ed incoraggiata da quest’ultimo, aveva esercitato la sua mira fino a diventare, come diceva Roy, “una Hawkeye di nome e di fatto”. Da parte sua, invece, il ragazzo sembrava, se non aver messo la testa a posto, perlomeno più serio e concentrato sui suoi studi, tant’era che le famose sgridate del signor Hawkeye erano diventate inversamente proporzionali agli anni che passavano; inoltre, a Riza pareva che si fosse seriamente appassionato ai libri che trattavano di grandi guerre ed eroici soldati, pronti a morire per realizzare i propri ideali e salvare la nazione di appartenenza con coraggio e dignità.

Durante alcuni periodi festivi, che Roy trascorreva a casa su insistenza di sua madre, Riza aveva notato che la fiamma che pareva ardere in lei quando l’apprendista di suo padre era lì presente sembrava farsi più fioca; sapeva che era stato lui a salvarla dalla solitudine, e di essergli davvero affezionata. In quei giorni tornavano a tormentarla i fantasmi della sua infanzia, quando sua madre aveva lasciato l’uno in un laboratorio a fare dell’alchimia la sua unica ragione di vita, l’altra a tentare di fantasticare tra milioni di tomi. E capiva di dover soltanto benedire l’arrivo di quello che ormai stava diventando un giovane uomo dalle forti convinzioni e dalle tenaci abilità.

All’avvicinarsi del quattordicesimo compleanno di Riza, tuttavia, le cose cominciarono a cambiare. Roy iniziava a farsi più assente, e la ragazza poteva vedere i suoi occhi divenire gli specchi di un animo in volo verso avventure lontane. Ma non poteva minimamente sapere quanto quegli occhi erano riusciti ad andare lontano, finché non era giunta quella chiacchierata che aveva avuto lo stesso effetto di un maremoto.

 

« Riza. » il ragazzo pronunciò quel nome come per assaporarlo, fissando la sua posseditrice, inginocchiata sul pavimento, che gli dava le spalle per sistemare negli scaffali più bassi e polverosi i volumi appena letti.

« Signor Mustang, era or...  » iniziò la ragazza, ma tacque quando, voltandosi, vide l’espressione disegnata sul volto dell’apprendista.

Il ragazzo in questione si avvicinò a lei, si piegò sulle gambe e le si mise di fianco, guardandola negli occhi in modo deciso e sussurrando:

« Devo parlarti. »

Da come l’aveva sentenziato, Riza capì che poteva trattarsi solo di qualcosa di estremamente grave o incredibilmente segreto, e subito decise di assecondarlo. Si alzò, mosse qualche passo e fu di fronte alla finestra, facendo segno a Roy di seguirla e sistemarsi affianco a lei. Dopo che lui ebbe eseguito le sue istruzioni, prese di nuovo la parola:

« So che questo ti sembrerà improvviso... ma ho deciso di lasciare l’apprendistato per arruolarmi nell’esercito. »

« Che cosa?! » ribatté lei, turbata. « Ma non puoi lasciarm… non può partire senza terminare il suo apprendistato! » aggiunse, mordendosi le labbra per quel “tu” improvviso che le era fuoriuscito dalle labbra.

« Io sento di doverlo fare. Per questo paese, e… »

Ma la ragazza non lo ascoltava più: si era portata le mani sul viso, conscia unicamente del fatto che Roy se ne sarebbe andato, che l’avrebbe lasciata sola, a cadere in un burrone senza fondo senza più tenderle la mano, e per andarsene a fare il soldato! Respirò un paio di volte, chiedendosene il perché: ma poi, una nuova consapevolezza si fece spazio dentro di lei. Chi era mai, per impedirgli di realizzare i suoi obbiettivi?

« Per questo ieri sera ha litigato con mio padre? » domandò con voce triste ed occhi spenti.

« Già. » asserì l’altro, quasi risentito. « Tuo padre non accetta la mia decisione. »

Seguì un lungo silenzio, durante il quale i due non fecero che guardarsi negli occhi. Riza si rese conto che nelle iridi di Roy brillava la fiamma di uno spirito forte e determinato, pronto a morire per i propri ideali e i propri desideri. E capì.

« Mi prometta che tornerà. »

« Riza! » esclamò l’altro, sollevato.

Ma la ragazza non gli lasciò il tempo di profondersi in mille ringraziamenti, perché riaffermò, decisa:

« Lo prometta. Prometta che tornerà. »

Roy la guardò incerto, come se non si fosse aspettato una risposta simile. Ma poi afferrò d’impulso la mano della ragazza, e, a voce bassa, sussurrò:

« Sarà la nostra promessa, Riza. »

 

***

 

Manca solo l’epilogo e questa fic sarà conclusa. Mi scuso se ci ho messo così tanto ad aggiornare, ma per tutta una serie di cose, tra cui il fatto che ho perso ogni capitolo che avevo sul PC in seguito ad un errore, ho dovuto riscrivere tutto daccapo. Questo non è il terzo chapter originale, bensì quello che sono riuscita a ricostruire sulla base di ciò che ricordavo. Mi spiace, probabilmente è molto inferiore alla qualità dei primi.

Passo alle risposte alle recensioni che è meglio, va’ xD

 


Rinalamisteriosa: Sono passati mesi dalla tua recensione, ma spero che anche tu legga queste pagine. Mi fa molto piacere che tu abbia continuato a seguire la fiction, un immenso piacere ^O^ E quella parte, lo ammetto, è la mia preferita x°D Beh, di momenti liberi ne ho avuti tanti, ma m’è piovuto addosso un cielo di sfortuna e questo periodo è stato non solo infruttuoso, ma pure sfigato. Uff ç___ç A presto, e grazie mille.

GLoRi: Ehilà, ciao x) Mi fa molto piacere che ti sia piaciuta e che ti sia apparsa dolce *O* Grazie, spero di risentirti.

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Capitolo 4
*** Epilogue ***


La biblioteca

La biblioteca

 

Epilogo

 

 

I raggi solari, attraversando gli spiragli della tenda rovinata dai denti di qualche affamato roditore, disegnavano sul pavimento ligneo figure di forma indistinguibile, che sembravano essere sbucate da infantili sogni dimenticati da tempo; e rendevano visibile anche alle più deboli pupille il pulviscolo che danzava nell’etere, e che avrebbe potuto ipnotizzare gli occhi di un occasionale visitatore con quel celere movimento circolatorio. Gli scaffali e i tomi presenti nella camera non erano da meno: tutto era coperto da un pesante strato di polvere, che ingrigiva i dorsi vermigli, bluastri e verdognoli dell’enorme collezione di volumi che il maestro Hawkeye aveva ammassato col tempo, e che, dopo la sua triste dipartita, era rimasta là, in solitudine, unica custode di una stanza che aveva portato in grembo l’adolescenza delle due persone che ora vi sostavano sulla soglia, titubanti.

Se qualcuno avesse detto a Roy e a Riza, qualche settimana prima, che tornare in quella casa li avrebbe scombussolati fin nei più profondi recessi della loro anima, probabilmente il primo avrebbe cominciato a sciorinare insopportabili vanterie sulla sua presunta intangibilità emotiva: il fastidioso sentimento detto sensibilità, avrebbe terminato con un sorrisetto, è solo roba da femminucce. La seconda, assai più pragmatica, si sarebbe limitata ad alzare le spalle e a tirare un lieve buffetto sulla nuca dell’altro, a mo’ d’avvertimento; d’altronde, da qualche tempo le onnipresenti pistole sembravano essere state messe a riposo, tornando in azione solo in casi disperati.

Eppure, al solo avvistare la grande villa immersa nel verde, i cuori di entrambi avevano perso un battito. Era stato come risvegliarsi da un sonno prolungato e scoprire che i porti a cui avrebbero volentieri attraccato durante il loro peregrinare per gli effimeri mari della vita, costellati da tremende tempeste o interminabili periodi di bonaccia, erano stati devastati da chissà quale bieca anima nera, portatrice di esiziali e ferali presagi. Roy aveva esplorato i dintorni con la stessa perizia che, da ragazzo, aveva utilizzato nello scoprire e rinominare quei prati e quelle selve, che a quei tempi gli erano parse vaste, immense, infinite. Allo stesso modo Riza aveva aperto il pesante portone di quercia e si era introdotta nei bui corridoi della casa con uno strano tramestio nel cuore che non era né gaudio né malinconia, ma una sensazione a metà tra le due che non aveva mai provato prima d’allora. Si era soffermata davanti alla grande e luminosa sala da pranzo che aveva ascoltato l’eco della voce briosa del giovane Mustang, l’unica a ravvivare i loro pranzi silenziosi, e si era lentamente avvicinata alle scale, sfiorando cautamente il corrimano. Giunta in cima e attraversato il corridoio, si era fermata di scatto incontrando a metà strada ciò che aveva inconsciamente cercato. Aveva lanciato un’occhiata carica di amarezza alla porta chiusa del laboratorio di suo padre, per poi avvicinarsi alla porta, anch’essa chiusa, della biblioteca. Si era fermata solo sentendo sulla spalla una lieve pressione: Roy, che silenziosamente l’aveva raggiunta, l’aveva guardata, esitante, indicando la stanza con un cenno del capo. Sorridendo in risposta, Riza aveva annuito - ormai tra loro non c’era più bisogno di parole - e spalancò con un solo gesto la pesante porta di noce.

Ed ora erano lì. Fu la donna fu la prima ad avanzare, subito seguita dal compagno; entrambi erano stati colti da una titubanza che li aveva fatti tornare indietro nel tempo, a quando, spensierati e ingenui come solo due bambini potevano essere, si erano rifugiati fra le possenti mura di quel luogo fuori dal tempo.

« Siamo tornati... Non mi sembra vero. » ruppe il silenzio il cecchino, mantenendo basso il tono di voce. « Quaggiù il tempo sembra essersi fermato. È tutto uguale ad allora. »

Roy la superò di qualche passo, guardandosi intorno. Starnutì.

« A parte la polvere. » esclamò, tirando su col naso. « E sono sicuro che le tarme, i topi e i loro amici parassiti non si saranno fatti attendere. »

E con la stessa lentezza del pulviscolo volteggiante, scese di nuovo il silenzio. Nessuno dei due sembrava intenzionato a parlare, quasi si trovassero in luogo la cui sacralità non andava infranta. Lentamente Riza si avvicinò alla finestra, e aprì la tenda che impediva al sole di illuminare completamente quella stanza.

Fu allora, mentre la luce tornava dopo anni a battere su quelle pareti, che ritrovarono un mondo che avevano sepolto tanti anni prima: i volumi che avevano piacevolmente letto ad alta voce, gli scaffali che erano parsi loro così imponenti, i colori discordanti dei dorsi dei vari tomi, le loro giornate spese in chiacchiere, letture, dibattiti. Tutto riesplose nelle loro menti come una violenta folata di vento gelido.

Inconsciamente sorrisero, mentre Roy raggiungeva Riza, che si guardava intorno deliziata, e apriva la finestra per lasciar uscire l’aria viziata. Si voltò verso di lei, che venne ad appoggiare la schiena al davanzale, e la imitò. Godettero del sospirare del vento e dei rumori dell’estate per qualche minuto, con gli occhi chiusi.

« Sai, mi viene in mente la prima volta che ti vidi affacciata a questa finestra. » mormorò lui.

« Me lo ricordo. » ridacchiò la donna. « Avevi un’espressione così strana, sembrava che mi avessi visto per la prima volta. »

« È così, in realtà. »

Lei si voltò interrogativamente verso Roy, osservando le sue labbra incurvate in un sorrisetto sornione.

« È stato allora che ti ho visto davvero per la prima volta. » Poi, assumendo un tono melodrammatico, cominciò a blaterare come suo solito. « È stato come accorgersi in un attimo di aver avuto gli occhi di un biondo angelo caduto dal cielo sempre puntati addoss-auch! » piagnucolò quando l’altra lo colpì con uno schiaffetto alla testa.

« Ma come siamo poetici… » ribatté sarcastica. « Mi spiace deluderti, ma il tuo biondo angelo non si spenzolava dalla finestra per ammirare il più borioso apprendista che suo padre avrebbe potuto accogliere sotto la sua ala, quanto piuttosto per capire dove diamine si andasse ad imboscare invece di studiare. »

Quando anche lui si voltò a guardarla, l’alchimista non resistette e scoppiò a ridere, contagiandola. L’atmosfera si distese, mentre Roy assunse uno sguardo deciso.

« Alla fine è qui che è cominciato tutto. » soffiò, abbassando lo sguardo. Le prese la mano sinistra tra le sue, iniziando a giocherellare con le dita. « Sarebbe… interessante… ricominciare da qui. Non credi? »

Il suo tono di voce era bassissimo, ma quelle parole si insinuarono nell’animo di Riza e si impressero a fuoco nella sua mente. Alzò di scatto lo sguardo e spalancò gli occhi, ma notò che gli occhi dell’altro guardavano ancora in basso, e nello stesso momento percepì qualcosa che le scivolava sull’anulare. Il cuore le saltò in petto, e quando Roy scostò le dita, poté vedere chiaramente un cerchietto dorato su cui era incastonata una pietra preziosa.

Ingoiò, respirò e sentì il fiato mancarle. Un mare di emozioni la sommerse, ma non riuscì a dire nulla, nonostante fossero più di mille le parole che premevano per uscire.

« Ti ho seguito nell’esercito, e in guerra. » sussurrò alla fine, più a sé stessa che all’altro. « Ti ho seguito lungo la tua scalata al potere, e quando hai deciso di combattere contro un’intera nazione. Sarei stata pronta a seguirti persino nella morte. Ha-hai… hai ancora bisogno di chiedermi una cosa simile senza intuire la mia risposta? »

Quando quegli occhi d’ambra incrociarono i suoi, Roy non resistette più: la attirò tra le sue braccia e la baciò con forza. Mai come in quel momento aveva sentito fiorire dentro di sé tante emozioni contemporaneamente, in un connubio che, era sicuro, avrebbe provato una sola volta nella vita.

E, mentre assistevano al suggello di quella promessa, i libri silenti continuarono a languire tra quei polverosi scaffali, testimoni dello straordinario incontro di due vite che quel giorno avevano deciso finalmente di intrecciarsi, in una vecchia e dimenticata biblioteca che li aveva visti crescere, in una villa decadente, una mattina d’estate come tante.

 

FINE

 


 

Lo so. È passato molto più del tempo del previsto, ma purtroppo dopo un periodo fertile la mia ispirazione mi ha abbandonato di nuovo. Maledetta ç__ç Per fortuna sono riuscita ad aggiornare, non senza la sensazione che avrei potuto dare di più. Ma conoscendomi so che avrei rimandato ancora una volta la pubblicazione, quindi sottopongo all’attenzione di voi lettori e lettrici il capitolo conclusivo di questa raccolta, pregandovi di darmi un vostro parere e esprimendo eventuali dubbi in merito. Mai mi sarebbero più d’aiuto, temo di aver combinato un disastro con il dialogo finale. Le scene romantiche non sono il mio forte, ecco. Però ci tenevo a raffigurare una cosa del genere. Una specie di sogno proibito, ecco xD

Ah, meglio specificare: Roy e Riza stanno già insieme da molto prima. È sottinteso, ma non so se si sia capito. In caso li abbiate trovati OOC, sappiate che in parte dipende da questo.

E ora, risposte alle recensioni!

 

Swwtcicia: Ti ringrazio, mia cara =D Sono felice di essere riuscita a dipingere un quadro che ti abbia soddisfatta. E no, niente inchini, pensiamo alla schiena, su xD A presto, e grazie.

Castiel: Non dire così, non scrivi per nulla male e non sei inferiore a nessuno ;D  E ti dirò, mi stavo sciogliendo io quando ho letto la tua recensione, mille grazie davvero, sei fin troppo gentile. Per quanto riguarda il discorso sulla biblioteca, condivido la tua riflessione: anzi, direi che è qualcosa che si potrebbe estendere a qualsiasi luogo in cui molte persone diverse si radunano, come una stazione; chissà quante belle storie verrebbero fuori! Un bacione e a presto anche a te.

Rinalamisteriosa: Lenta lenta arrivo sempre, alla fin fine, visto? xD Ringrazio anche te per gli splendidi complimenti al capitolo, fanno sempre bene a quel minuscolo esserino sfuggente che è l’autostima xD Spero che anche questo sia di tuo gradimento e che tu trovi il tempo per leggerlo ;D Ciao e alla prossima!

 

E abbiamo finito. È praticamente la prima fic a capitoli che concludo, sono davvero soddisfatta di avercela fatta, ma allo stesso tempo so che un po’ mi mancherà. Voglio ringraziare tutti voi che avete letto, seguito e recensito questa storia, dal profondo del cuore. In primis Agnese, Katia, Flavia e Gloria che sono state così gentili da lasciarmi i loro pareri, Ananke, anaid87, rikki_cla e patronus che lo fecero sul forum RoyAi, e poi anche giuly_chan95, laramao, VincyS, Anthy, Hikaru Kazeyuure e Kahei_chan che hanno inserito le storie tra le preferite o le seguite. Mille grazie anche a voi. Ultimi ma non per importanza, i tanti lettori anonimi che hanno aperto questa fiction. Grazie anche a voi.

Sempre vostra, Syra

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