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Disclaimer: I personaggi citati non mi appartengono, ma sono proprietà
di Hiromu Arakawa; questa fanfiction non è stata scritt
Disclaimer: I personaggi citati non
mi appartengono, ma sono proprietà di Hiromu Arakawa; questa fanfiction non è
stata scritta a scopo di lucro.
La biblioteca
RoyAi
Day 2009
Ancora una volta alle ragazze
del RoyAi Fan Forum.
Perché siete semplicemente
mitiche; non c’è altra parola per descrivervi.
Scusate se vi dedico ‘sta roba,
ma non sono capace di sfornare altro. Perdonate questa Scrittrice Fallita xD
Vi voglio bene, mie Muse <3
Le biblioteche sono forse alcuni
dei posti più magici del mondo.
Custodiscono gelosamente pagine e
pagine di sapere umano, sapientemente scritte anno dopo anno, secolo dopo
secolo, millennio dopo millennio da uomini che, nonostante le tante differenze
di costume, razza o posizione sociale, decidono di trasmettere al mondo le
proprie scoperte e la propria arte nello stesso modo: tramite l’eterna magia
dell’inchiostro su carta, l’asso vincente di molti studiosi e di altrettante
stelle nascenti.
Anche se nell’immaginazione
popolare le biblioteche sono sempre enormi, labirintiche e buie come la notte
più nera, quella di casa Hawkeye non era una di queste. Anzi, si poteva dire
che si presentava esattamente all’opposto.
Questa si presentava come una
piccola stanza con un’enorme finestra che si affacciava sull’aperta campagna,
adiacente allo studio del padrone di casa, il quale, affamato di conoscenza,
aveva col tempo collezionato una colossale quantità di libri sui più vari
argomenti, primo tra tutti l’alchimia. Non riuscendo poi a ben sistemare la
miriade di tomi acquistati come lui desiderava nella camera in questione -era molto esigente sull’ordine - aveva
deciso di relegare la camera di fianco a “deposito libri”. Col tempo,
l’insignificante nomignolo si era perso insieme alle numerose scartoffie
presenti sulla sua scrivania, e la stanza era stata finalmente chiamata col
nome più adatto e altisonante di biblioteca di casa Hawkeye.
La piccola Riza, unigenita dei
proprietari dell’abitazione, era sempre stata affascinata da quella stanza.
Nonostante i volumi polverosi e l’imponente altezza degli scaffali, che
incutevano timore solo a vederli, amava osservare i giochi di luce che il sole
disegnava sul pavimento e aiutare suo padre a mettere in ordine i libri
presenti nella stanza, spesso ammonticchiati in un angolo per la fretta di
tornare nell’altra camera e continuare gli esperimenti alchemici in atto.
Quando poi sua madre era morta,
con tutto il dolore, le lacrime e la tristezza che erano seguite, suo padre si
era metaforicamente chiuso in sé stesso e praticamente rinchiuso nel suo
studio. In quel periodo, la biblioteca era stata l’unica ancora di salvezza
della ragazzina: non avendo amici con cui giocare, poiché vivevano in un luogo
isolato, e studiando da privatista, l’unico modo per imbrogliare il tempo, non
annoiarsi e allo stesso tempo sentirsi fisicamente vicina a suo padre era
entrare nella famosa stanza e perdersi fra le centinaia di volumi presenti. Tra
i tanti, adorava leggere quelli che si trovavano sul lato sinistro del terzo
scaffale, che aveva chiamato “lo scaffale della mamma” perché vi si
trovavano i libri con cui la signora si dilettava nei pomeriggi uggiosi. Tra le
vellutate pagine che accarezzava con le dita erano cadute, e a volte
continuavano a cadere, molteplici e più lacrime salate.
Fino a quando non aveva compiuto
undici anni, era rimasta in completa solitudine, sempre nella “sua” biblioteca,
con una mela in mano e un libro nell’altra, a sfogliare le polverose pagine dei
grossi e voluminosi tomi e sognando di vivere numerose avventure come quelle di
cui leggeva: immaginava di viaggiare per terre sconosciute al fianco di
valorosi compagni, o di essere una potente maga pronta a risolvere qualsiasi
imbroglio, o, anche se più raramente, anche la principessa in pericolo di
turno.
Ma, persa tra le sue fantasie, c’era
sempre quella fastidiosa vocina - che col tempo avrebbe imparato a chiamare coscienza
- che la riportava alla realtà ricordandole costantemente che purtroppo a lei
non erano stati riservati né compagni fedeli, né abilità particolari,
né un principe da cui farsi salvare.
Poi, però, come un raggio di sole
fa capolino all’alba dopo una lunga notte di veglia solitaria, nella sua vita
aveva fatto irruzione Roy Mustang.
Quest’ultimo era il figlio
adottivo di una facoltosa signora di dubbia reputazione, la quale aveva deciso
di assecondare il desiderio del suo unico erede di studiare l’alchimia. Scovato
dopo molto tempo il signor Hawkeye, o, come lo chiamavano loro, il “Maestro”,
la signora Mustang si era subito accordata con lui affinché prendesse suo figlio
come studente presso di sé. Dopo vari tira e molla, il giovane Mustang era
approdato a casa Hawkeye, portando con sé una fresca ventata di novità per la
piccola Riza.
In un misto di diffidenza e curiosità, la ragazzina aveva
dato il benvenuto nella casa al misterioso Roy, che contrariamente alle sue
aspettative - si era aspettata un fragile ragazzetto sempre dedito allo studio
- si era rivelato un vero e proprio scavezzacollo.
Dopo la sua rapida ambientazione nella nova sistemazione,
non esitava ad approfittare della posizione della villa per andare a divertirsi
all’aperto. Riza lo vedeva dalla finestra della biblioteca correre fuori per
andare a giocare all’esterno, cosa che invece lei faceva di rado; e per
parecchio tempo spariva, facendo agitare suo padre che, al ritorno del monello,
urlava qualcosa che suonava come «Piccolo impudente, cosa credevi di fare?! Non
sei un apprendista alchimista, sei solo una scapestrato!»
A quel punto Riza pensava che quel
Mustang doveva essere proprio scemo. Insomma, sapeva benissimo che suo
padre si sarebbe arrabbiato non vedendolo applicarsi al lavoro che gli
assegnava e sapendolo fuori, tra il pericolo di cadere vittima di qualche
serpente… o peggio. Sicuramente era solo un ragazzino viziato, tipo di persona
con la quale lei non voleva avere nulla a che fare.
Per molto tempo quindilei e “lo scavezzacollo” si erano ignorati.
Ma poi, era arrivato quel giorno.
«Ciao»
Riza si era voltata come un
fulmine al solo sentire quella voce. Ovviamente sapeva a chi apparteneva, dato
che incontrava il suo possessore ogni giorno a pranzo e a cena e che spesso lo
sentiva complottare con suo padre nella stanza affianco, ma non si erano mai
rivolti altro che saluti formali.
«Buongiorno, signor Mustang»
esordì, facendo uso di tutta la buona educazione che gli era stata inculcata e
contemporaneamente chiedendosi cosa mai ci facesse lì l’allievo di suo padre.
«Leggevi?» chiese Roy avanzando
verso di lei, girando intanto lo sguardo da uno scaffale all’altro per poi
tornare a posare i suoi occhi scuri su di lei e sul libro che teneva tra le
mani.
«Sì» rispose Riza con tono
sicuro. Poi alzò un sopracciglio.
«Ma lei… cosa ci fa qui?»
aggiunse forse con tono troppo accusatorio.
Non sapeva perché, ma sentiva
uno strano senso di fastidio vedendo avanzare nella biblioteca, nella sua biblioteca, quel… quel Mustang, ecco.
Il ragazzo rise, una risata
pulita e chiara che aleggiò per qualche secondo nell’aria.
«Non c’è bisogno di essere così
ostile… è solo che mi annoiavo»
«E allora?»
«Volevo chiederti se ti andava di unirti a me» ribattè
lui sorridendo, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Riza lo fissò sbalordita per
qualche minuto.
«Ti ho vista molte volte alla
finestra» spiegò il ragazzo vedendo l’espressione di lei e arrossendo impercettibilmente
«e da quel che mi racconta tuo padre, stai sempre qui ad immergerti nei libri,
da sola. Io non mi diverto molto in solitario, quindi…» lasciò la frase in
sospeso, con una punta d’incertezza nell’ultima frase.
Riza non aveva smesso per un
secondo di fissare basita il ragazzino che le stava di fronte, cercando di
ricordare l’ultima voltache qualcuno
l’aveva invitata a giocare insieme.
«Beh…» cominciò, ponderando
bene le due possibilità che le si presentavano davanti. Da un lato, sapeva che
suo padre si sarebbe arrabbiato, vedendo il suo allievo e sua figlia uscire e
addentrarsi da soli nella campagna circostante; lei poteva restare
tranquillamente lì a leggere nel suo rifugio, tuttavia… c’era qualcosa che la tentava terribilmente in quella richiesta.
E non seppe nemmeno lei perché,
forse la delusione che sapeva si sarebbe disegnata sul suo viso se avesse
rifiutato, o forse era soltanto impazzita, ma accettò.
Note finali
Ebbene sì, ci sono riuscita. Ho prodotto qualcosa per il
RoyAi Day *-*
Questa è una raccolta davvero piccolissima, tre capitoli circa
(forse aggiungerò un piccolo epilogo)
Era nata come One-shot. Tuttavia era troppo slegata e ho
deciso di dividerla. Spero che questa prima shot vi sia piaciuta ^^
Ringrazio chiunque mi lascerà un commentino ^^ E un bacione
enorme alle ragazze del RoyAi Fan Forum, le mie adorate Muse (ho deciso che d’ora
in poi vi chiamerò così) xD
Scusate se non mi dilungo, ma sono distrutta ç_ç è tutto il
giorno che lavoro alla fiction e ancora mi sembra che sia orribile ç_ç Beh, io
ci ho provato.
Quando aveva deciso di diventare alchimista - capriccio che
poi si era trasformato in obbiettivo da raggiungere - non aveva idea
dell’enorme lavoro che lo aspettava a braccia aperte, né che il tempo che
avrebbe dovuto dedicargli sarebbe stato così tanto. Per lui tutto quello
sgobbare era incredibilmente sfiancante, abituato com’era al dolce far nulla
tipico dell’infanzia.
Per questo, quando gli era concesso, sgaiattolava via dallo studio
del Maestro per andare a divertirsi nei dintorni, in aperta campagna, correndo
e immaginando di essere un grande eroe pronto a salvare chiunque si trovasse in
difficoltà; e sentiva nella mente le ovazioni che i salvati gridavano al cielo,
benedicendolo al suo passaggio, e sì, anche le moine che le giovani
ragazze avrebbe riservato al loro prode alchimista.
Risolvere tutto con uno schiocco di dita, diventare un eroe;
erano questi i pensieri che gli venivano alla mente, queste le fantasie che gli
passavano per la testa mentre attraversava a grandi balzi i dintorni del
podere. Gli arbusti diventavano improbabili creature alchemiche da contrastare,
le scure pozze di fango enormi baratri da superare e i gorgoglianti ruscelli
immensi oceani da traversare.
Anche se non lo sapeva, Roy aveva sogni simili a quelli
di Riza: i bambini hanno sempre sognato, e sempre lo faranno.
Ma un pomeriggio, di ritorno dall’ennesima uscita fuori
programma, aveva casualmente alzato gli occhi al cielo: e si era ritrovato
davanti il cielo azzurro e il viso di Riza Hawkeye, che, affacciata ad una
finestra, che poi aveva ricordato essere quella della biblioteca, fissava
all’ingiù, più precisamente il punto in cui si trovava lui. Anzi, ripensandoci,
stava fissando proprio lui. La ragazza, resosa poi conto di essere stata
scorta, si era di nuovo rifugiata all’interno il più velocemente possibile. Il
giovane Roy non aveva dato tanto peso alla faccenda, finchè non si era reso
conto che le volte in cui l’aveva intravista alla finestra della biblioteca,
affacciata per poter osservare il sole luminoso o il panorama circostante, era
tante, molte, troppe. Da allora, ogni volta che la scorgeva, durante le
sue repentine “fughe”, si chiedeva se la ragazzina uscisse mai di casa, ogni
tanto. Le uniche volte in cui l’incontrava era all’orario dei pasti, durante i
quali, escludendo i convenevoli e i saluti di rito,nessuno dei due apriva bocca. S’era fatto l’idea che
probabilmente fossa una persona molto chiusa in sé stessa, solitaria, asociale.
Di solito storceva il naso davanti a quel genere di persone, che reputava solo
inadatte alla vita sociale, ma dovette ammettere a sé stesso che, in quel caso,
un po’ gli dispiaceva. Grazie a rare foto di famiglia e ad ancora più sporadici
accenni del suo maestro, era venuto a conoscenza del fatto che la signora
Hawkeye era morta parecchio tempo prima, molto probabilmente lasciando un
marito afflitto e una figlia troppo piccola per essere autosufficiente e badare
a sé stessa. Immaginava quindi che Riza non avesse mai passato del tempo con
qualcuno e che si fosse letteralmente rinchiusa nella biblioteca, a differenza
sua, che nella città in cui aveva vissuto era il leader di una combriccola di
monelli sempre in mezzo ai guai. E, probabilmente, il padre era troppo impegnato
con le sue ricerche per poter dedicare qualche minuto del suo prezioso tempo
alla sua unica figlia.
Fondendo curiosità nei riguardi della ragazzina e nostalgia
della compagnia di coetanei con cui divertirsi, Roy si era allora avvicinato a
Riza, attaccando bottone con lei con un motivo qualunque e un esplicito invito
ad unirsi a lui, che tuttavia temeva venisse rifiutato.
Con sua somma sorpresa, invece, lei aveva accettato di
accompagnarlo nelle sue scorribande,cominciando giorno dopo giorno a partecipare attivamente alle sue
avventure immaginarie e dimostrando capacità di cui la ragazzina non si rendeva
conto. Riza aveva infatti una fervida fantasia, un coraggio da leoni e
soprattutto una mira eccezionale, che aveva mostrato riuscendo a colpire precisamente
al centro qualunque cosa Roy designasse come bersaglio, ridendone poi con la
sua cristallina risata e sfidandolo a fare di meglio.
Roy si divertiva da matti con Riza, ed era sicuro che fosse
così anche per lei: non aveva mai conosciuto una ragazza così… diversa;a quell’età, infatti, nella città da cui
proveniva le coetanee di lei giocavano ancora con le bambole, oppure
ridacchiavano cercando di imitare le donne più grandi; al solo sentore di
un’avvisaglia di pericolo, invece, si stringevano frignando alle sottane delle
madri. L’opinione che il giovane si era fatto della ragazzina era drasticamente
cambiato: quando ripensava al fatto che a prima vista l’avesse giudicata una
specie di topo di biblioteca, ridacchiava e pensava che, per fortuna, non si
era fatto intimidire dalla copertina del libro, scoprendone una deliziosa e
quanto mai dettagliata trama.
Quello che però aveva angustiato Roy agli albori della loro
amicizia era stata la possibile reazione del Maestro: e se avesse pensato che
avesse avuto cattive intenzioni in testa, o che volesse far deragliare il treno
dell’educazione che Riza aveva accettato di prendere? Al solo pensiero, il
giovane tremava, immaginando chissà quale strana reazione da parte del signor
Hawkeye.
E invece, non era per niente andata così. Anzi, ricordava
Roy, il Maestro, quando li aveva intravisti per la prima volta, non solo era
apparso piacevolmente sorpreso, ma qualche minuto dopo aveva sorriso - non
l’aveva mai visto sorridere prima d’allora! – e si era allontanato in punta di
piedi, sperando di non essere notato. Da quel giorno, non passava momento in
cui al Maestro si disegnasse in viso una piacevole espressione rilassata, che
raramente si poteva intravedere sul suo volto mentre lavorava, quando li vedeva
insieme.
Beh, meglio così, pensava Roy quando lo vedeva, almeno
posso essere sicuro che non mi accuserà di traviare sua figlia o cose del
genere.
Col passare del tempo, tra risate, improbabili avventure e
lunghe chiacchierate all’ombra dei pini, era però venuto fuori l’argomento che
più premeva a Riza: l’amore per la lettura. Nonostante il giovane Mustang
avesse più volte assicurato alla ragazzina che leggere non faceva assolutamente
per lui, lei si era impuntata, pregandolo almeno di farle compagnia nella
piccola stanza. E dopo richieste, preghiere, minacce, ancora preghiere e
promesse di ricambiare il favore, Roy aveva ceduto alla richiesta di Riza: non
si era mai reso conto di quanto fosse terribilmente caparbia. E poi, sotto
sotto, dovette ammettere a sé stesso che non avrebbe mai sopportato di deludere
la sua nuova amica, né di vedere i suoi grandi occhi ambrati ricolmi di
sconforto, o di veder sparire lo splendido sorriso che tanto faticosamente era
comparso sulle sue rosee labbra.
«Su, forza, entri» disse la ragazza,
esortando il ragazzo dietro di lei a penetrare nella camera.
«Quand’è che smetterai di darmi
del lei? Mi fa sentire vecchio» proferì lui con tono risentito, come se la
ragazzina gli avesse fatto un grave e abominevole affronto.
Riza rise di gusto.
«Probabilmente mai» disse tra
le risate che scuotevano il suo piccolo corpo.
«Molto divertente» ribattè Roy senza cambiare tono, ma
lanciandole uno sguardo eloquente.
Riza gli fece segno di
zittirsi, quindi aprì la porta, che produsse un leggero cigolio.
«Certo che la stanza non è
molto grande. Non ci avevo fatto caso, l’altra volta» osservò Roy affacciandosi
per vedere l’interno, preso all’improvviso da uno strano timore reverenziale.
«L’altra volta lei ha solo guardato la biblioteca, non l’ha vista» affermò
Riza sorridendo, voltandosi verso il ragazzo dietro di lei.
Roy sbuffò, beccandosi
un’occhiata tutt’altro che accondiscendente.
«Comunque, perché mi hai
portato qui?» esclamò seccato.
Riza allargò il suo sorriso, si
diresse al centro della stanza e lì si fermò, girandosi verso di lui. Quindi
aprì le braccia ed eseguì una giravolta.
«Benvenuto nel mio mondo,
signor Mustang»
***
Secondo capitolo, parecchio in ritardo x°°°D Mi dispiace di
non aver aggiornato subito, ma tra impegni, casini vari e anche le due fic per
i contest a cui mi sono iscritta mi sono completamente dimenticata delle altre
ç__ç Quindi aggiorno adesso, che ho qualche minuto libero ^_^
In questo capitolo abbiamo il POV di Roy, quindi la
biblioteca è più marginale rispetto a prima, ma nel prossimo capitolo, con il
ritorno al POV di Riza, vedrete cosa succederà.
Sayonara a tutti e grazie di aver letto.
Syra44
Swwtcicia: Agnese, esuberante come sempre xD Grazie
della recensione e anche della dedica, ero tutta *O* mentre leggevo ^_^ è stato
proprio carino da parte tua, grazie mille ^_^ E comunque Scrittrice Fallita
doveva essere il mio nick, io lo considero quasi un nome d’arte xD
Rinalamisteriosa: Beh, tu considera che il capitolo è
arrivato più di un mese dopo, quindi non hai scuse *risata malvagia* x°°D No,
ovviamente scherzo xD Mi fa piacere leggere che la fiction ti ha colpito e di
aver descritto Roy e Riza esattamente come te li immagini *__* E per la
recensione, è stato un piacere *inchino*
P.S: Adoro anch’io le biblioteche piene di libri *___*
Shatzy: Grazie mille, in effetti ho voluto rendere la
biblioteca un po’ una… “co-protagonista”, ecco. Ho ritenuto la biblioteca una
specie di rifugio dal mondo e dalle sue difficoltà, quasi una Neverland, ma ho
immaginato che Roy possa riuscire a riportare Riza a casa ^_^ Perché, per
quanto sia meraviglioso un soggiorno a Neverland, prima o poi a casa si deve
tornare. Grazie della recensione, alla prossima.
Dicono gli antichi proverbi che due persone dal carattere
troppo differente non faranno che ostacolarsi per il resto della vita:
probabilmente, nessuno di quelli che avevano elaborato quelle celebri massime
aveva avuto l’onore di conoscere Roy Mustang e Riza Hawkeye.
L’amicizia tra i due, sbocciata per puro caso, si rafforzava
giorno per giorno, nonostante Riza si ostinasse a non chiamare mai Roy per
nome, adducendo come scusa il fatto che, in quanto allievo di suo padre e più
grande d’età, fosse suo dovere tributargli nel parlato il rispetto che si ci
aspettava da parte sua nei suoi confronti. Il giovane, contrariato, cercava di
ribattere sulla questione argomentando come meglio poteva, ma, per quanto a
volte riuscisse anche a portare valide tesi a suo favore, non era mai riuscito
a convincere quest’ultima a rinunciare a quell’onorificenza. Tuttavia, i titoli
che uscivano dalle loro labbra per rivolgersi all’altro non furono mai
d’ostacolo alla crescita del loro rapporto, che si faceva invece sempre più
stretto.
Da quando aveva convinto Roy a metter piede nella
biblioteca, e successivamente a sfogliare qualche volume di suo interesse, Riza
sentiva davvero di aver trovato qualcuno con cui essere sé stessa, sempre e
comunque. Aveva preso l’abitudine di rimanere a discutere con lui dell’ultima
lettura, scoprendo come dietro la facciata da scavezzacollo del ragazzo si
celasse una mente geniale capace di riflessioni profonde e interpretazioni
ingegnose delle più strambe allegorie. Certo, si divertiva moltissimo anche a
scorrazzare per i campi fingendo di inseguire i più improbabili nemici -
dopotutto erano entrambi dotati di una fervente fantasia e una irrefrenabile
energia - ma, potendo finalmente dividere la sua più grande passione con il
ragazzo, poteva avvertire dentro di sé la nascita di una sensazione
meravigliosa, quasi come se il suo io più completo fosse riuscito completamente
a venir fuori. A volte si ritrovava a pregare che Roy non terminasse mai il suo
apprendistato, e che le cose rimanessero così come stavano per sempre.
Era stato così che gli anni erano passati, tra risate,
sporadici litigi, discussioni, uscite e ancora risate, memori di fatidiche
giornate trascorse a cercare grandi classici o opere sconosciute all’interno
della biblioteca, oppure a leggere presso la finestra, con la luce del sole ad
illuminare i loro occhi lucenti.
Con passare delle primavere, si rendevano conto di stare
maturando sempre più: Riza aveva ormai acquistato dal giovane Mustang una certa
fermezza di carattere, e, spronata ed incoraggiata da quest’ultimo, aveva
esercitato la sua mira fino a diventare, come diceva Roy, “una Hawkeye di nome
e di fatto”. Da parte sua, invece, il ragazzo sembrava, se non aver messo la
testa a posto, perlomeno più serio e concentrato sui suoi studi, tant’era che
le famose sgridate del signor Hawkeye erano diventate inversamente
proporzionali agli anni che passavano; inoltre, a Riza pareva che si fosse
seriamente appassionato ai libri che trattavano di grandi guerre ed eroici
soldati, pronti a morire per realizzare i propri ideali e salvare la nazione di
appartenenza con coraggio e dignità.
Durante alcuni periodi festivi, che Roy trascorreva a casa
su insistenza di sua madre, Riza aveva notato che la fiamma che pareva ardere
in lei quando l’apprendista di suo padre era lì presente sembrava farsi più
fioca; sapeva che era stato lui a salvarla dalla solitudine, e di essergli
davvero affezionata. In quei giorni tornavano a tormentarla i fantasmi della
sua infanzia, quando sua madre aveva lasciato l’uno in un laboratorio a fare
dell’alchimia la sua unica ragione di vita, l’altra a tentare di fantasticare
tra milioni di tomi. E capiva di dover soltanto benedire l’arrivo di quello che
ormai stava diventando un giovane uomo dalle forti convinzioni e dalle tenaci
abilità.
All’avvicinarsi del quattordicesimo compleanno di Riza,
tuttavia, le cose cominciarono a cambiare. Roy iniziava a farsi più assente, e
la ragazza poteva vedere i suoi occhi divenire gli specchi di un animo in volo
verso avventure lontane. Ma non poteva minimamente sapere quanto quegli occhi
erano riusciti ad andare lontano, finché non era giunta quella
chiacchierata che aveva avuto lo stesso effetto di un maremoto.
« Riza. » il ragazzo pronunciò quel nome come per
assaporarlo, fissando la sua posseditrice, inginocchiata sul pavimento, che gli
dava le spalle per sistemare negli scaffali più bassi e polverosi i volumi
appena letti.
« Signor Mustang, era or...» iniziò la ragazza, ma tacque quando, voltandosi, vide l’espressione
disegnata sul volto dell’apprendista.
Il ragazzo in questione si avvicinò a lei, si piegò sulle
gambe e le si mise di fianco, guardandola negli occhi in modo deciso e
sussurrando:
« Devo parlarti. »
Da come l’aveva sentenziato, Riza capì che poteva
trattarsi solo di qualcosa di estremamente grave o incredibilmente segreto, e
subito decise di assecondarlo. Si alzò, mosse qualche passo e fu di fronte alla
finestra, facendo segno a Roy di seguirla e sistemarsi affianco a lei. Dopo che
lui ebbe eseguito le sue istruzioni, prese di nuovo la parola:
« So che questo ti sembrerà improvviso... ma ho deciso di
lasciare l’apprendistato per arruolarmi nell’esercito. »
« Che cosa?! » ribatté lei, turbata. « Ma non puoi
lasciarm… non può partire senza terminare il suo apprendistato! » aggiunse,
mordendosi le labbra per quel “tu” improvviso che le era fuoriuscito dalle
labbra.
« Io sento di doverlo fare. Per questo paese, e… »
Ma la ragazza non lo ascoltava più: si era portata le
mani sul viso, conscia unicamente del fatto che Roy se ne sarebbe andato, che
l’avrebbe lasciata sola, a cadere in un burrone senza fondo senza più tenderle
la mano, e per andarsene a fare il soldato! Respirò un paio di volte,
chiedendosene il perché: ma poi, una nuova consapevolezza si fece spazio dentro
di lei. Chi era mai, per impedirgli di realizzare i suoi obbiettivi?
« Per questo ieri sera ha litigato con mio padre? »
domandò con voce triste ed occhi spenti.
« Già. » asserì l’altro, quasi risentito. « Tuo padre non
accetta la mia decisione. »
Seguì un lungo silenzio, durante il quale i due non
fecero che guardarsi negli occhi. Riza si rese conto che nelle iridi di Roy
brillava la fiamma di uno spirito forte e determinato, pronto a morire per i
propri ideali e i propri desideri. E capì.
« Mi prometta che tornerà. »
« Riza! » esclamò l’altro, sollevato.
Ma la ragazza non gli lasciò il tempo di profondersi in
mille ringraziamenti, perché riaffermò, decisa:
« Lo prometta. Prometta che tornerà. »
Roy la guardò incerto, come se non si fosse aspettato una
risposta simile. Ma poi afferrò d’impulso la mano della ragazza, e, a voce
bassa, sussurrò:
« Sarà la nostra promessa, Riza. »
***
Manca solo l’epilogo e questa fic sarà conclusa. Mi scuso se
ci ho messo così tanto ad aggiornare, ma per tutta una serie di cose, tra cui
il fatto che ho perso ogni capitolo che avevo sul PC in seguito ad un errore,
ho dovuto riscrivere tutto daccapo. Questo non è il terzo chapter
originale, bensì quello che sono riuscita a ricostruire sulla base di ciò che
ricordavo. Mi spiace, probabilmente è molto inferiore alla qualità dei primi.
Passo alle risposte alle recensioni che è meglio, va’ xD
Rinalamisteriosa: Sono
passati mesi dalla tua recensione, ma spero che anche tu legga queste pagine.
Mi fa molto piacere che tu abbia continuato a seguire la fiction, un immenso
piacere ^O^ E quella parte, lo ammetto, è la mia preferita x°D Beh, di momenti
liberi ne ho avuti tanti, ma m’è piovuto addosso un cielo di sfortuna e questo
periodo è stato non solo infruttuoso, ma pure sfigato. Uff ç___ç A presto, e
grazie mille.
GLoRi: Ehilà, ciao x)
Mi fa molto piacere che ti sia piaciuta e che ti sia apparsa dolce *O* Grazie,
spero di risentirti.
I raggi solari, attraversando gli spiragli della tenda
rovinata dai denti di qualche affamato roditore, disegnavano sul pavimento
ligneo figure di forma indistinguibile, che sembravano essere sbucate da
infantili sogni dimenticati da tempo; e rendevano visibile anche alle più
deboli pupille il pulviscolo che danzava nell’etere, e che avrebbe potuto
ipnotizzare gli occhi di un occasionale visitatore con quel celere movimento
circolatorio. Gli scaffali e i tomi presenti nella camera non erano da meno:
tutto era coperto da un pesante strato di polvere, che ingrigiva i dorsi
vermigli, bluastri e verdognoli dell’enorme collezione di volumi che il maestro
Hawkeye aveva ammassato col tempo, e che, dopo la sua triste dipartita, era
rimasta là, in solitudine, unica custode di una stanza che aveva portato in
grembo l’adolescenza delle due persone che ora vi sostavano sulla soglia,
titubanti.
Se qualcuno avesse detto a Roy e a Riza, qualche settimana
prima, che tornare in quella casa li avrebbe scombussolati fin nei più profondi
recessi della loro anima, probabilmente il primo avrebbe cominciato a
sciorinare insopportabili vanterie sulla sua presunta intangibilità emotiva: il
fastidioso sentimento detto sensibilità, avrebbe terminato con un sorrisetto,
è solo roba da femminucce. La seconda, assai più pragmatica, si sarebbe
limitata ad alzare le spalle e a tirare un lieve buffetto sulla nuca
dell’altro, a mo’ d’avvertimento; d’altronde, da qualche tempo le onnipresenti
pistole sembravano essere state messe a riposo, tornando in azione solo in casi
disperati.
Eppure, al solo avvistare la grande villa immersa nel verde,
i cuori di entrambi avevano perso un battito. Era stato come risvegliarsi da un
sonno prolungato e scoprire che i porti a cui avrebbero volentieri attraccato
durante il loro peregrinare per gli effimeri mari della vita, costellati da
tremende tempeste o interminabili periodi di bonaccia, erano stati devastati da
chissà quale bieca anima nera, portatrice di esiziali e ferali presagi. Roy
aveva esplorato i dintorni con la stessa perizia che, da ragazzo, aveva
utilizzato nello scoprire e rinominare quei prati e quelle selve, che a quei
tempi gli erano parse vaste, immense, infinite. Allo stesso modo Riza aveva
aperto il pesante portone di quercia e si era introdotta nei bui corridoi della
casa con uno strano tramestio nel cuore che non era né gaudio né malinconia, ma
una sensazione a metà tra le due che non aveva mai provato prima d’allora. Si
era soffermata davanti alla grande e luminosa sala da pranzo che aveva
ascoltato l’eco della voce briosa del giovane Mustang, l’unica a ravvivare i
loro pranzi silenziosi, e si era lentamente avvicinata alle scale, sfiorando
cautamente il corrimano. Giunta in cima e attraversato il corridoio, si era fermata
di scatto incontrando a metà strada ciò che aveva inconsciamente cercato. Aveva
lanciato un’occhiata carica di amarezza alla porta chiusa del laboratorio di
suo padre, per poi avvicinarsi alla porta, anch’essa chiusa, della biblioteca.
Si era fermata solo sentendo sulla spalla una lieve pressione: Roy, che
silenziosamente l’aveva raggiunta, l’aveva guardata, esitante, indicando la
stanza con un cenno del capo. Sorridendo in risposta, Riza aveva annuito -
ormai tra loro non c’era più bisogno di parole - e spalancò con un solo gesto
la pesante porta di noce.
Ed ora erano lì. Fu la donna fu la prima ad avanzare, subito
seguita dal compagno; entrambi erano stati colti da una titubanza che li aveva
fatti tornare indietro nel tempo, a quando, spensierati e ingenui come solo due
bambini potevano essere, si erano rifugiati fra le possenti mura di quel luogo
fuori dal tempo.
« Siamo tornati... Non mi sembra vero. » ruppe il silenzio
il cecchino, mantenendo basso il tono di voce. « Quaggiù il tempo sembra
essersi fermato. È tutto uguale ad allora. »
Roy la superò di qualche passo,
guardandosi intorno. Starnutì.
« A parte la polvere. » esclamò,
tirando su col naso. « E sono sicuro che le tarme, i topi e i loro amici
parassiti non si saranno fatti attendere. »
E con la stessa lentezza del
pulviscolo volteggiante, scese di nuovo il silenzio. Nessuno dei due sembrava
intenzionato a parlare, quasi si trovassero in luogo la cui sacralità non
andava infranta. Lentamente Riza si avvicinò alla finestra, e aprì la tenda che
impediva al sole di illuminare completamente quella stanza.
Fu allora, mentre la luce tornava dopo anni a battere su
quelle pareti, che ritrovarono un mondo che avevano sepolto tanti anni prima: i
volumi che avevano piacevolmente letto ad alta voce, gli scaffali che erano
parsi loro così imponenti, i colori discordanti dei dorsi dei vari tomi, le
loro giornate spese in chiacchiere, letture, dibattiti. Tutto riesplose nelle
loro menti come una violenta folata di vento gelido.
Inconsciamente sorrisero, mentre Roy raggiungeva Riza, che
si guardava intorno deliziata, e apriva la finestra per lasciar uscire l’aria
viziata. Si voltò verso di lei, che venne ad appoggiare la schiena al
davanzale, e la imitò. Godettero del sospirare del vento e dei rumori dell’estate
per qualche minuto, con gli occhi chiusi.
« Sai, mi viene in mente la prima
volta che ti vidi affacciata a questa finestra. » mormorò lui.
« Me lo ricordo. » ridacchiò la
donna. « Avevi un’espressione così strana, sembrava che mi avessi visto per la
prima volta. »
« È così, in realtà. »
Lei si voltò interrogativamente verso Roy, osservando le
sue labbra incurvate in un sorrisetto sornione.
« È stato allora che ti ho visto davvero per la
prima volta. » Poi, assumendo un tono melodrammatico, cominciò a blaterare come
suo solito. « È stato come accorgersi in un attimo di aver avuto gli occhi di
un biondo angelo caduto dal cielo sempre puntati addoss-auch! » piagnucolò
quando l’altra lo colpì con uno schiaffetto alla testa.
« Ma come siamo poetici… » ribatté sarcastica. « Mi spiace
deluderti, ma il tuo biondo angelo non si spenzolava dalla finestra per
ammirare il più borioso apprendista che suo padre avrebbe potuto accogliere
sotto la sua ala, quanto piuttosto per capire dove diamine si andasse ad
imboscare invece di studiare. »
Quando anche lui si voltò a guardarla, l’alchimista non
resistette e scoppiò a ridere, contagiandola. L’atmosfera si distese, mentre
Roy assunse uno sguardo deciso.
« Alla fine è qui che è cominciato tutto. » soffiò,
abbassando lo sguardo. Le prese la mano sinistra tra le sue, iniziando a
giocherellare con le dita. « Sarebbe… interessante… ricominciare da qui.
Non credi? »
Il suo tono di voce era bassissimo, ma quelle parole si
insinuarono nell’animo di Riza e si impressero a fuoco nella sua mente. Alzò di
scatto lo sguardo e spalancò gli occhi, ma notò che gli occhi dell’altro
guardavano ancora in basso, e nello stesso momento percepì qualcosa che le
scivolava sull’anulare. Il cuore le saltò in petto, e quando Roy scostò le
dita, poté vedere chiaramente un cerchietto dorato su cui era incastonata una
pietra preziosa.
Ingoiò, respirò e sentì il fiato mancarle. Un mare di
emozioni la sommerse, ma non riuscì a dire nulla, nonostante fossero più di
mille le parole che premevano per uscire.
« Ti ho seguito nell’esercito, e in guerra. » sussurrò
alla fine, più a sé stessa che all’altro. « Ti ho seguito lungo la tua scalata
al potere, e quando hai deciso di combattere contro un’intera nazione. Sarei
stata pronta a seguirti persino nella morte. Ha-hai… hai ancora bisogno di
chiedermi una cosa simile senza intuire la mia risposta? »
Quando quegli occhi d’ambra incrociarono i suoi, Roy non
resistette più: la attirò tra le sue braccia e la baciò con forza. Mai come in
quel momento aveva sentito fiorire dentro di sé tante emozioni
contemporaneamente, in un connubio che, era sicuro, avrebbe provato una sola
volta nella vita.
E, mentre assistevano al suggello di quella promessa, i
libri silenti continuarono a languire tra quei polverosi scaffali, testimoni
dello straordinario incontro di due vite che quel giorno avevano deciso
finalmente di intrecciarsi, in una vecchia e dimenticata biblioteca che li
aveva visti crescere, in una villa decadente, una mattina d’estate come tante.
FINE
Lo so. È passato molto più del tempo del previsto, ma
purtroppo dopo un periodo fertile la mia ispirazione mi ha abbandonato di
nuovo. Maledetta ç__ç Per fortuna sono riuscita ad aggiornare, non senza la
sensazione che avrei potuto dare di più. Ma conoscendomi so che avrei rimandato
ancora una volta la pubblicazione, quindi sottopongo all’attenzione di voi
lettori e lettrici il capitolo conclusivo di questa raccolta, pregandovi di
darmi un vostro parere e esprimendo eventuali dubbi in merito. Mai mi sarebbero
più d’aiuto, temo di aver combinato un disastro con il dialogo finale. Le scene
romantiche non sono il mio forte, ecco. Però ci tenevo a raffigurare una cosa
del genere. Una specie di sogno proibito, ecco xD
Ah, meglio specificare: Roy e Riza stanno già insieme da
molto prima. È sottinteso, ma non so se si sia capito. In caso li abbiate
trovati OOC, sappiate che in parte dipende da questo.
E ora, risposte alle recensioni!
Swwtcicia: Ti ringrazio, mia cara =D Sono felice di
essere riuscita a dipingere un quadro che ti abbia soddisfatta. E no, niente
inchini, pensiamo alla schiena, su xD A presto, e grazie.
Castiel: Non dire così, non scrivi per nulla male e
non sei inferiore a nessuno ;D E
ti dirò, mi stavo sciogliendo io quando ho letto la tua recensione, mille
grazie davvero, sei fin troppo gentile. Per quanto riguarda il discorso sulla
biblioteca, condivido la tua riflessione: anzi, direi che è qualcosa che si
potrebbe estendere a qualsiasi luogo in cui molte persone diverse si radunano,
come una stazione; chissà quante belle storie verrebbero fuori! Un bacione e a
presto anche a te.
Rinalamisteriosa: Lenta lenta arrivo sempre, alla fin fine,
visto? xD Ringrazio anche te per gli splendidi complimenti al capitolo, fanno
sempre bene a quel minuscolo esserino sfuggente che è l’autostima xD Spero che
anche questo sia di tuo gradimento e che tu trovi il tempo per leggerlo ;D Ciao
e alla prossima!
E abbiamo finito.
È praticamente la prima fic a capitoli che concludo, sono davvero soddisfatta
di avercela fatta, ma allo stesso tempo so che un po’ mi mancherà. Voglio
ringraziare tutti voi che avete letto, seguito e recensito questa storia, dal
profondo del cuore. In primis Agnese, Katia, Flavia e Gloria che sono state
così gentili da lasciarmi i loro pareri, Ananke, anaid87, rikki_cla e patronus
che lo fecero sul forum RoyAi, e poi anche giuly_chan95, laramao, VincyS, Anthy, Hikaru Kazeyuure e Kahei_chan che hanno
inserito le storie tra le preferite o le seguite. Mille grazie anche a voi.
Ultimi ma non per importanza, i tanti lettori anonimi che hanno aperto questa
fiction. Grazie anche a voi.