ALLA CORTE DELLO ZAR

di Tati97
(/viewuser.php?uid=220790)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


1905

– Se non troveremo una cura per lo Zarevič, questi morirà.– si disperò la Zarina. Aleksandra Fëdorovna Romanova aveva già perso gran parte della su famiglia a causa dello stesso male e, in quel momento, rischiava di perdere anche il figlio Aleksej.

 
Da qualche tempo si era sparsa la voce che vi era un uomo, un monaco, dai poteri fuori dal comune e che fosse in grado di guarire gli ammalati. Il suo nome era Rasputin. Fu la Granduchessa Anastasija a condurlo a corte, speranzosa di poter aiutare la Zarina.

Vashe Velichestvo, desidero presentarvi il sommo guaritore, Grigorij Efimovič Rasputin.– la Granduchessa fece un inchino e poi si voltò verso di lui: capelli e barba lunghi, folti e neri, occhi scuri e penetranti, un saio pesante e lacero e quello che restava delle calzature.
 

Spasiba granduchessa Anastasija, ma sono stufa di tutti questi ciarlatani che si presentano a corte e che cercano di convincermi di poter guarire mio figlio. Per favore, riaccompagnatelo fuori.– la Zarina fece un cenno con il capo e le due guardie presenti nella stanza fecero per prelevarlo e portarlo via, ma la granduchessa li fermò.

– Vi prego, dategli una possibilità. Ho visto quest’uomo guarire persone, l’ho visto con i miei stessi occhi. Sapete che siete molto importante per me Vashe Velichestvo, non vi porterei mai un ciarlatano.– la Granduchessa si avvicinò alla Zarina appoggiando una mano sulle sue, candide come porcellana.

– Posso guarire lo Zarevič, mia signora. Portatemi da lui.– si dimenò Rasputin, cercando di liberarsi dalle presa ferrea della guardie che lo avevano bloccato.

– E va bene. Liberatelo e conducetelo nelle stanze di Aleksej.Vi raggiungo subito.– disse con fare autoritario la Zarina.

 

 

Il freddo pungente pizzicava il volto di Magnus, intento a camminare tra la neve verso il Teatro Bol'šoj, dove era solito lavorare come aiutante costumista. Non si era mai interessato a questo Rasputin, ne aveva sentito parlare ed era certo che fosse anche lui uno stregone. Quando sentì che quell’uomo era stato ricevuto a corte, a Magnus si gelò il sangue nelle vene. Solo pochi sudditi erano a conoscenza della malattia che stava togliendo le forze allo Zarevič, la famiglia reale cercava di mantenerla segreta, ma certe guardie avevano fatto trapelare il tutto. Magnus sperava solo che quell’uomo non avrebbe finito per compiere qualcosa di losco ed oscuro per raggiungere degli obiettivi personali, così decise che la sera stessa si sarebbe recato al Palazzo d’Inverno e avrebbe atteso il monaco all’uscita.

Erano circa le 19.45 quando Magnus arrivò davanti all’imponente cancello dorato del Palazzo; si appoggiò ad uno dei due pilastri ai lati del cancello ed attese in silenzio. Dopo circa dieci minuti udì dei passi soffocati nella neve, poi un cigolìo assordante ed il cancello si aprì.

 

Rasputin vy?– chiese Magnus.

Da, sono io. Voi chi siete?– chiese il monaco. Magnus si avvicinò e notò che un leggero sfavillio dorato aveva attraversato gli occhi di Rasputin.

– Il mio nome è Magnus Bane.Vorrei parlare con voi, signor Rasputin.–

– So chi siete, la vostra fama vi precede.– sorrise il monaco.

– Anche la vostra, sapete? Guaritore dai poteri sovrannaturali. Io penso che voi siate un koldun, uno stregone.–

– So che anche voi lo siete, gospodin Magnus Bane.– si voltò Rasputin.

– Vi prego di accettare il mio invito: tra un’ora al teatro Bol'šoj, chiedete pure di me.– disse Magnus per poi avviarsi lentamente nella neve.

Il monaco rimase immobile per qualche istante, poi imboccò una piccola stradina sulla sinistra del palazzo.

 

 

Dobryy vecher, Magnus.– quella voce lo fece sobbalzare e lo stregone finì col pungersi con uno spillo.

– Siete in ritardo di venti minuti.– Magnus appoggiò l’abito che stava confezionando su un largo tavolo di legno chiaro, poi prese uno sgabello da sarto e lo sistemò accanto al suo.

– Accomodatevi.– Magnus indicò lo sgabello ed il monaco si sedette subito.

– Come mai avete voluto incontrarmi?– chiese Rasputin.

Magnus sorseggiò della vodka, chiudendo gli occhi e facendo una smorfia per quel sapore caldo e pungente.

– Quali sono le vostre intenzioni? So che il povero Aleksej è gravemente malato, nessun dottore è riuscito a curarlo fino ad ora e poi siete comparso voi, un umile monaco contadino che riesce a guarire gli ammalati. Impressionante, no?– disse lo stregone con ironia.

– Le mie intenzioni sono buone, voglio guarire lo Zarevič. Mentirei se vi dicessi che non sono uno stregone, ma sappiate che ho intrapreso anche la strada della fede e quella strada mi ha insegnato che bisogna sempre aiutare il prossimo, ed io lo sto facendo.– gli occhi di Rasputin erano fissi in quelli di Magnus, il suo sguardo ipnotico e allo stesso tempo severo.

– State rischiando, Rasputin. Non dovete servire le vostre doti su un piatto d’argento. Si spargerà la voce per tutta la Russia, verrete scoperto, metterete a rischio tutti noi!– esclamò Magnus.

– Io non vi conosco come stregone, Magnus Bane. Per me e per questa città rimarrete solamente un umile sarto che cuce vestiti da scena e beve vodka rancida!– esclamò velenosamente Rasputin, alzandosi in piedi con talmente tanta foga da far ribaltare lo sgabello su cui sedeva.

– Preferisco essere ricordato come tale piuttosto che essere ucciso!– i due erano ormai testa a testa.– Non avete visto il malcontento? La gente non ha cibo, non ha denaro, non ha lavoro. Presto inizieranno delle rivolte e. sarebbe meglio che iniziaste a pregare per la povera gente anziché favoreggiare la famiglia reale. I Romanov finiranno col portare questa nazione sull’orlo del precipizio!– aggiunse Magnus.

Rasputin si mise a ridere come uno sciocco.

–Vi consiglio di bere meno vodka, o perlomeno di berne una di ottima qualità, oppure sarò costretto a guarire anche voi.– ridacchiò il monaco.

Magnus serrò i pugni, avrebbe voluto picchiarlo, ma dovette contenersi.

Da svidaniya Magnus Bane.– Rasputin si avvolse nel suo mantello e poi lasciò la stanza, scomparendo dietro la porta semi aperta.

 

 

Traduzione parole in corsivo:

Vashe Velichestvo: Vostra Maestà

Spasiba: grazie

Rasputin vy?: siete Rasputin?

Da:

Koldun: stregone

Gospodin: Signor

Dobryy vecher: Buonasera

Da svidaniya: Arrivederci

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Aprile 1905

 

Erano ormai passati tre mesi da quando Magnus aveva visto Rasputin per l’ultima volta. Tutti parlavano di quel monaco che, secondo quello che aveva raccontato una guardia, aveva alleviato significativamente la malattia dello Zarevič solo con la preghiera. La guardia, che ora era stata mandata in licenza per assistere la madre gravemente malata, raccontava che un pomeriggio di Marzo, il “sommo Rasputin”, come ora veniva definito il monaco, era entrato nelle stanze del povero Aleksej ed aveva chiesto alla madre ed al resto della famiglia di lasciarli soli. La guardia, assieme ad un collega, era rimasta vigile ed attenta a tutto quello che Rasputin faceva, timorosi che avrebbe potuto ucciderlo o avvelenarlo. Si stupirono quando videro il monaco accarezzare la testa dello Zarevič, per poi inginocchiarsi accanto al letto e pregare. La guardia aveva anche detto che non aveva mai sentito prima d’ora quelle preghiere, seppur molto fedele e assiduo frequentatore della Chiesa Ortodossa russa. Il monaco pregò per molto tempo, quasi più di mezzora prima di far entrare la Zarina e la Granduchessa Anastasija.

 

Bog videl vashi slezy i uslyshal tvoi molitvy. Ne boytes', rebenok ne umret.– disse Rasputin. La Zarina scoppiò a piangere, precipitandosi sul letto del figlio. La granduchessa sorrise ed accompagnò il monaco in una stanza, facendolo accomodare su di una poltrona di velluto rosso. Gli offrì del mors e dei piccoli kalač che egli accettò volentieri, poi la Granduchessa si sedette accanto a lui.

 

Spasiba, Rasputin. Tornate presto, ve ne prego. Voglio che salviate mio fratello, mia madre non deve soffrire ancora. Questa malattia l’ha già messa alla prova più di una volta.– singhiozzò Anastasija.

 

– Voi avete fede?– le chiese il monaco guardandola negli occhi.

– Certamente.–

– Allora vostro fratello guarirà.– Rasputin le prese le mani e  gliele congiunse – Continuate a pregare insieme a me, Granduchessa.– la esortò ed i due iniziarono a pregare insieme, mentre fuori iniziava a nevicare copiosamente.

 

 

A causa di una forte nevicata, una parte del teatro era stata danneggiata e in quel periodo Magnus se la passava piuttosto male: il teatro era stato chiuso per riparare il danno al tetto ed erano stati annullati tutti gli spettacoli e le grandi opere che si sarebbero dovute tenere. Così, deciso a smascherare le losche intenzioni del monaco, Magnus decise di contattare Ragnor Fell; il sommo stregone di Londra era da poco arrivato in Russia ed i due si erano dati appuntamento in un vecchio locale quasi dimenticato.

 

Kak dela Magnus?– lo stregone lo abbracciò e poi si sedettero ad un tavolo.

– Potrei stare meglio. Ho dovuto usare molta magia ultimamente e per questo ho dovuto cercare di nascondermi. Non voglio che la gente noti dei bagliori blu nella mia umile casetta.– sbuffò Magnus.

Ragnor scoppiò in una risata rumorosa e Magnus si chiese se mentre lo aspettava non avesse già bevuto qualche bicchierino.

– Senti, non siamo qui per divertirci. Dobbiamo parlare di una questione molto seria, Ragnor.– Magnus lo incenerì con lo sguardo e lui diventò subito serio.

– Rasputin, giusto?– tutte le persone sedute nella locanda si voltarono verso di loro.

– Abbassa la voce, Cristo Santo!– Magnus avrebbe voluto stritolarlo. Lo stregone si girò verso le altre persone – Nu, chto ty smotrish'?– e tutti ritornarono a farsi i propri affari.

– Ho sentito che è stato ricevuto a corte.– bisbigliò Ragnor. Magnus annuì.

– L’ho incontrato un po’ di tempo fa, abbiamo parlato e ha detto che vuole guarire Aleksej. Ha detto che è uno stregone, ma che ha intrapreso anche la strada della fede. Non mi fido di quel monaco.– sbuffò Magnus, visibilmente preoccupato.

– E allora? Perché ti preoccupi tanto?– chiese Ragnor.

– Perché vuole prendere il comando e annientare i Romanov.–

– Annientare i Romanov? Ma non è quello che vogliono tutti?– chiese Ragnor con nonchalance.

– Sì, ma ci sono modi e modi. E onestamente non credo che lui si serva di modi “umani”. Dicono che abbia guarito Aleksej solo pregando, ma io non me la bevo. Avrà usato un incantesimo di guarigione e ne userà altri per acquisire potere.– disse Magnus per poi ingurgitare della vodka.

– Capisco. In tal caso dobbiamo impedirglielo. Potremmo unire le forze ed escogitare un contro incantesimo.– propose Ragnor.

– Possiamo provarci. Ma uno di noi due dovrà cercare di avere accesso al Palazzo d’Inverno, oppure all’abitazione del monaco. Dobbiamo cercare indizi, pagine di diario, libri. Tutto è prezioso, Ragnor.– aggiunse Magnus guardando l’amico negli occhi.

 

La posta in gioco era altissima: gli abitanti dell’intera Russia, la famiglia reale, Magnus e Ragnor. Non potevano permettersi di sbagliare.

 

 

Traduzione parole in corsivo:

Bog videl vashi slezy i uslyshal tvoi molitvy. Ne boytes', rebenok ne umret: Dio ha visto le tue lacrime e ascoltato le tue preghiere. Non temere, il bambino non morirà.

Mors: tisana alle fragole

Kalač: dolcetti russi

Spasibo: grazie

Kak dela: come va?

Nu, chto ty smotrish'?: Beh, che avete da guardare?


 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


18 Aprile 1905

 

Magnus aveva già in mente cosa fare per entrare nel palazzo: non avrebbe usato alcun tipo di magia se non le sue armi di seduzione. E aveva individuato anche la sua preda; si trattava di un giovane ragazzo di diciannove anni di nome Dorian che lavorava come guardia reale da non molto tempo.

Dorian era un ragazzo davvero molto attraente, alto, con i capelli di un bellissimo biondo ramato e due occhi grigi e freddi. Magnus lo aveva intravisto in un salotto dove si recava quasi tutte le settimane, un posto dove ciascuno poteva essere sé stesso senza essere accoltellato dai pregiudizi della società russa del tempo.

 

– Perdonatemi se vi disturbo, ma sono stato completamente rapito da vostri occhi. Mi chiamo Magnus.– si era presentato lo stregone al giovane ragazzo.

– Oh, molto piacere. Mi chiamo Dorian, credo di avervi già visto da qualche parte.– sorrise il ragazzo stringendogli la mano.

– Probabilmente al teatro Bol'šoj, vi lavoro come costumista.– arrossì Magnus, cosa che non gli capitava da molti anni.

– Credo di sì, a volte vengo al teatro per farmi rammendare la giacca che uso per il servizio. Conoscerete mia cugina Maruska, presumo.– il ragazzo si passò una mano tra i folti capelli ramati, scoprendo la fronte sulla quale lo stregone notò una piccola cicatrice rossastra.

– Certamente, è una ragazza dolcissima e molto brava nel suo lavoro.– annuì Magnus.

– Come vi siete procurato quella cicatrice?– chiese Magnus indicando sulla propria fronte il punto esatto.

– Oh, è una sciocchezza. Una piccola caduta nel bosco.– rispose il ragazzo, ma Magnus non gli credette dato che il giovane abbassò lo sguardo come se volesse evitare quell’argomento.

– Capisco. Nulla di grave quindi.– Magnus sorrise semplicemente per poi offrire al ragazzo una tazza di the al cardamomo.

Mentre Dorian sorseggiava la bevanda calda, nella sua mente rivisse quei momenti bui che si ripetevano sempre più frequentemente nella sua famiglia. Suo padre si ubriacava spesso e aveva tentato di accoltellarlo; ecco cosa era quella cicatrice: un piccolo taglio provocato da un coltello. Per fortuna Dorian era riuscito ad evitarlo, il padre lo stava per colpire al cuore, ma riuscì a sferrargli un calcio che portò solo a quel piccolo taglio.

– Da quanto ho capito siete al servizio della famiglia reale.– Magnus appoggiò la tazza sul poggiolo della poltrona.

– Sì, da circa tre mesi. Mia madre è gravemente malata e mio padre… ecco lui è troppo vecchio per lavorare, così ho dovuto cercare un lavoro e fortunatamente sono stato scelto come guardia reale.– sospirò Dorian stringendo la tazza tra le mani, come per scaldarle.

– Mi dispiace molto. E vi pagano bene?– domandò Magnus ingenuamente.

– Poco più di 50 kopechi al mese.– il ragazzo abbassò lo sguardo. Magnus avrebbe voluto aiutarlo, ma era troppo rischioso.

– E’ stato un piacere fare la vostra conoscenza, Dorian. Ora devo proprio andare.– Magnus si alzò dalla poltrona e strinse la mano al ragazzo, che si alzò in piedi immediatamente.

– E’ stato un piacere anche per me, signor Magnus. Ditemi, riuscirò a rivedervi?– gli occhi grigi del ragazzo lo stavano fissando in attesa di una risposta.

– Certamente. Venite al teatro e chiedete di me.– Magnus sorrise, poi si infilò il suo cappotto di lana e lasciò il salotto.

 

 

19 Aprile 1905

 

– Dannazione!– esclamò Magnus. Qualcuno aveva bussato alla porta e lo stregone era finito col pungersi un dito con uno spillo per lo spavento.

 – Avanti.– sbuffò mentre si portava il dito in bocca per cicatrizzare la piccola ferita. Preferiva non usare la magia quando si trovava al teatro, salvo casi particolari, come quando un addetto alla sceneggiatura stava per cadere a terra e Magnus lo aveva salvato, cancellandogli poi la memoria.

– Disturbo?– il viso angelico di Dorian fece capolino dalla porta e Magnus si alzò dallo sgabello, posando l’abito di scena che stava cucendo sull’enorme tavolo di legno massiccio.

– No, affatto. Entrate pure.– il sorriso di Magnus non era mai stato così brillante; quel ragazzo lo faceva letteralmente sciogliere.

– Avevo bisogno di rivedervi.– Dorian si avvicinò a Magnus e gli sorrise. Lo stregone non poté fare a meno di notare un lieve accenno di imbarazzo sul volto del ragazzo, che da candido come la porcellana si era tinto di rosso.

– Posso offrirvi qualcosa?– chiese Magnus avviandosi verso un piccolo mobile, probabilmente contenente bottiglie di vino o alcolici.

– No, vi ringrazio. Ecco, volevo chiedervi se potevate rammendarmi questi pantaloni. Se non è un disturbo.– Dorian era imbarazzato al massimo.

– Certo, fatemi vedere.– Magnus prese i pantaloni e notò una piccola sbragatura all’altezza del polpaccio destro. 

– Colpa di un cane randagio…– disse Dorian accomodandosi su di uno sgabello.

– Vi ha azzannato?– chiese lo stregone preoccupato.

– Non esattamente. Stavo portando a casa un pezzo di carne che avevo comprato al mercato e probabilmente deve aver sentito l’odore ed ha iniziato a rincorrermi, poi si è aggrappato ai pantaloni e li ha strappati.– rise Dorian. Questa volta sembrava sincero e Magnus scosse la testa pensando alla scena.

– Posso farvi una domanda?– chiese Magnus mentre era intento a far passare un filo di colore blu scuro attraverso la cruna di un ago.

– Certamente.– annuì il ragazzo.

– Avete mai visto Rasputin durante i vostri turni di guardia?–

– Solo una volta. Quell’uomo mi mette paura, ha due occhi impenetrabili e non so come abbia fatto la famiglia reale ad accoglierlo a corte.– scosse la testa il giovane.

– Che volete dire?– chiese Magnus.

– Beh… girano delle voci sul suo conto, ad esempio alcune guardie sostengono che quell’uomo veneri Satana e che in realtà si sia finto monaco solo per entrare a corte e compiere incantesimi su Aleksej.– a quelle parole Magnus tossì e finì col pungersi un’altra volta.

– Non esistono gli stregoni.– disse Magnus tossendo.

– Io credo di sì. Sono esseri immondi, dovrebbero metterli al rogo!– esclamò Dorian. Per un momento Magnus si sentì mancare.

– Ecco fatto.– lo stregone gli mostrò i pantaloni ricuciti, poi si diresse verso il mobile e prese una bottiglia di vodka, bevendone un sorso direttamente da essa. Quelle parole lo avevano davvero ferito nel profondo. Dorian doveva essere la sue “esca” ma dopo quella conversazione al salotto Magnus aveva iniziato a provare un certo interesse nei suoi confronti.

– Grazie mille, signor Magnus.– Dorian ripiegò i pantaloni e li mise in una borsa di iuta, Magnus gli fece un cenno col capo per salutarlo, poi il ragazzo uscì dalla stanza.

 

Magnus non poteva crederci: se Dorian avesse saputo la verità, allora non gli avrebbe più rivolto la parola e nemmeno uno sguardo. Lo stregone appoggiò entrambe le mani sul tavolo e chiuse gli occhi, poi fece un respiro profondo e in quel momento avrebbe voluto maledire sé stesso e la sua intera esistenza. D’improvviso sentì una mano poggiarsi delicatamente sulla sua spalla: Magnus riaprì gli occhi lentamente e si voltò. Il volto di Dorian lo accolse nuovamente con un sorriso.

– Che ci fate qui?– chiese lo stregone.

– Temo… temo di non avervi ringraziato abbastanza.– bisbigliò il ragazzo.

In quell’istante Magnus sembrò aver dimenticato completamente le parole di prima. Lo stregone gli spostò un ciuffo di capelli dalla fronte, scoprendo la cicatrice che per nulla lo sfigurava. Anzi lo rendeva ancora più bello e particolare.

– E se qualcuno dovesse vederci?– chiese Magnus, anche se avrebbe potuto benissimo cancellare la memoria dell’intera popolazione.

– Non m’importa.– sorrise il ragazzo appoggiando la sua fronte contro quella dello stregone. Le loro labbra erano sempre più vicine e Magnus chiuse gli occhi quando sentì quelle di Dorian poggiarsi delicatamente alle sue. Un bacio innocente, semplice ma che Magnus era sicuro significasse molto per il ragazzo. Dorian si staccò lentamente e poi uscì dalla stanza, lasciando Magnus con un enorme sorriso sul volto.


 

 

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 

26 Aprile 1905

 

Come tutti gli anni, con l’arrivo della nuova stagione, presso il Palazzo d’Inverno venne organizzato un ricevimento esclusivo, aperto solamente alla borghesia più in voga.

Per l’occasione lo Zar aveva organizzato anche un piacevole spettacolo teatrale, ingaggiando alcuni attori che erano soliti lavorare al Bol'šoj e con essi anche Magnus e Maruska erano stati chiamati per i costumi di scena.

 

Lo stregone non aveva chiuso occhio tutta notte: temeva che l’immondo Rasputin potesse trovarlo e fargli del male durante il ricevimento, così decise che avrebbe compiuto un incantesimo su sé stesso, in modo da cambiare aspetto. Certo, gli aiutanti costumisti e gli attori con cui era solito lavorare se ne sarebbero accorti subito, ma Magnus decise che, per evitare altri casini, avrebbe cancellato loro la memoria.

 

Iniziò a preparare il suo piccolo cestino di vimini ricolmo di aghi, spolette di filo dai più svariati colori, metri da sarto e qualsiasi altro oggetto per svolgere correttamente il suo lavoro. Diede un’ultima occhiata alla sua umile casa e poi indossò il suo cappotto di lana ed uscì, dirigendosi verso il palazzo.

 

 

Ore 15.30

– Buon pomeriggio Maruska.– Magnus appoggiò il cestino ai suoi piedi e si tolse il cappotto, poi lo appese con delicatezza su di un appendiabiti completamente dorato.

– Magnus, finalmente siete arrivato! Temo di essermi scordata il gessetto da sarta al teatro oppure a casa, ditemi che lo avete portato.– Maruska era già nel panico più totale.

– Rilassatevi.– Magnus prese il cestino e lo posò sul tavolo, lo aprì ed estrasse il gessetto. –Ecco a voi. E state calma, Maruska. Fate finta di trovarvi al teatro.– sorrise lo stregone appoggiando entrambe le mani sulle spalle della donna, che fece un bel respiro profondo e lo imitò.

– E’ permesso?– chiese una voce familiare.

Dorian entrò nella stanza e Magnus rimase pietrificato.

– Come state cugino mio?– Maruska corse ad abbracciarlo e per poco non scoppiò in lacrime.

– Bene, grazie.– rispose Dorian abbracciandola, mentre incrociò lo sguardo di Magnus.

– Vi presento Magnus, uno dei migliori costumisti di tutte le Russie.– disse la donna indicando lo stregone.

– Ci siamo già conosciuti Maruska.– rise Magnus. Il volto della donna si riempì con un’espressione di delusione mista a sorpresa.

– Ho fatto rammendare i miei pantaloni al signor Bane.– sorrise Dorian. Maruska tacque ed iniziò a tracciare le linee sulla stoffa per confezionare l’ultima parte dell’abito di scena per lo spettacolo di quella sera.

– Maruska, vi lascio per una decina di minuti. Vado ad assicurarmi che il pavimento del palcoscenico non sia rotto e che non laceri gli abiti di scena.– disse Magnus uscendo dalla stanza.
 
Lo stregone iniziò a camminare per il lungo corridoio tappezzato di quadri e ritratti di ogni genere; ogni tanto, ad intervalli di circa quattro metri, vi erano delle piccole colonne di marmo su cui poggiavano dei bellissimi vasi di fiori che emanavano un delicato profumo di primavera.
Magnus giunse ad una porta, già semiaperta, dalla quale scorse Galina e Tobjia, i due attori ingaggiati per quella sera.

– Signori, posso disturbare le vostre prove?– disse Magnus affacciandosi da dietro la porta.

– Oh certamente signor Bane. Prego, abbiamo quasi finito, ci mancano una manciata di battute.– sorrise Galina.

Era una donna bellissima: capelli biondi e ondulati fino alle scapole, sopracciglia dritte e folte, occhi verdi con piccole screziature ambrate e un piccolo neo sul lato sinistro della bocca.

Ore 16.45

Magnus era intento a controllare ogni asse di legno che componeva il pavimento ed ogni chiodo che la teneva ferma; camminava lentamente, soffermandosi per qualche secondo per sentire anche il più piccolo scricchiolio delle assi sotto il suo peso.
Mentre faceva su e giù, la sua attenzione venne catturata dal rumore di altri passi. Si fermò e si voltò lentamente, scoprendo che Dorian lo stava guardando.

– Non dovreste essere di guardia?– chiese Magnus avvicinandosi al ragazzo.

– Lo sono. Sono stato assegnato a questo ramo del palazzo oggi.– sorrise lui, spostandosi i capelli e facendo intravedere la cicatrice.

– Così mi toglierete tutta la concentrazione. Sapete, non vorrei sfigurare davanti alla famiglia imperiale.– rise lo stregone.

– Non preoccupatevi, me ne starò ben nascosto.– Dorian prese un lembo del sipario e se lo portò davanti al viso come per nascondersi. Magnus rise: quel ragazzo aveva fatto definitivamente breccia nel suo cuore.

– Posso rubarvi altri dieci minuti? Vorrei portarvi in un posto speciale.– chiese il ragazzo lasciando scivolare via il lembo di sipario che aveva tra le mani.

– Va bene. Solo dieci minuti o vostra cugina impazzirà con tutto quel lavoro.– disse Magnus.

Dorian annuì e gli fece cenno di seguirlo. I due scesero dal palco e si diressero verso una minuscola porta alla fine della stanza. Il ragazzo la aprì e quello che vide Magnus fu una scala a chiocciola che proseguiva verso l’alto per chissà quanti scalini.

– Siamo arrivati.– annunciò Dorian dopo circa due minuti.

Magnus non poteva credere ai suoi occhi: la stanza era piena di strumenti musicali ed era illuminata grazie ad un enorme lucernario posto sul soffitto. Dorian si sedette su un piccolo sgabello di legno ed impugnò un bellissimo violino impolverato, poi iniziò a suonare.
Magnus, incantato, rimase ad ascoltarlo appoggiato al muro, mentre lo osservava muovere le sue dita affusolate nella creazione di quelle note musicali così perfette. Dorian alzò lo sguardo e gli sorrise, poi riportò lo sguardo sul violino e concluse. Magnus batté le mani e il ragazzo fece un inchino.

– Siete stato magnifico. Vi ascolterei per ore.– disse Magnus avvicinandosi al ragazzo.

– “Lettera d’amore”. E’ il titolo di questa mia composizione, l’ho scritta per voi.– disse Dorian riponendo il violino nella custodia dove lo aveva trovato poco prima.

– E’ bellissima, siete davvero molto bravo. Dove avete imparato?– chiese lo stregone.

– Mio nonno era un compositore. Suonava il violino nell’orchestra imperiale, poi un giorno non abbiamo più avuto notizie di lui e non abbiamo mai ricevuto alcuna risposta.– il ragazzo abbassò lo sguardo.

– E’ per questo che siete diventato una guardia imperiale?– Magnus si sedette accanto a lui.

– Sì, anche per questo. Poi quando ho trovato questo violino impolverato ho pensato che potesse essere quello di mio nonno. Quando ho del tempo libero tra i turni di guardia mi piace salire fin quassù e suonarlo.– rispose il ragazzo.

– Sono sicuro che scoprirete la verità.– Magnus accennò un piccolo sorriso e appoggiò una mano sulla spalla del ragazzo. Quest’ultimo annuì e poi sorrise.

– SIGNOR BANE?– urlò una voce lontana. Maruska lo stava cercando.

– Temo di dover tornare al mio lavoro.– Magnus si alzò, lisciandosi la giacca sui fianchi. Dorian lo trattenne e lo stregone si voltò verso di lui. Il ragazzo allentò leggermente la presa e si alzò in piedi, guardando Magnus negli occhi.

– Voglio augurarvi buona fortuna per questa sera.– sussurrò il ragazzo. Lo stregone sorrise, poi portò le braccia attorno al collo della guardia.

– Vi ringrazio.– bisbigliò Magnus.

I due si fissarono per una manciata di secondi, poi fu Dorian ad accorciare la distanza tra le loro labbra, appoggiandole dolcemente a quelle di Magnus. Lo stregone chiuse gli occhi e assaporò quel momento così magico, poi si allontanò lentamente e salutò il giovane con lo sguardo.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Ore 18.00

– Galina, presto dovete provare l’abito. La gonna so già che è perfetta, non sono sicuro delle maniche. Forse devo stringerle di circa un centimetro.– la esortò Magnus mentre slacciava il corsetto dell’abito da scena.
–Ho sentito della musica prima? Eravate voi signor Bane?
La domanda di Maruska gli fece tornare alla mente quel breve momento in compagnia di Dorian e Magnus finì per fissare un punto nel vuoto senza risponderle.

–Tutto bene?– chiese nuovamente la donna –Signor Bane?– lo richiamò.

–Oh, perdonatemi. No, non ero io. Probabilmente qualcuno dell’orchestra che stava provando per lo spettacolo di questa sera.

Lo stregone porse l’abito di scena a Galina che lo prese e corse dietro ad un paravento completamente decorato con fiori e inserti dorati: un vero lusso.
Magnus si sedette incrociando le gambe mentre aspettava con molta impazienza di vedere come stesse l’abito indosso all’attrice; nella sua mente continuava a farsi vivido il sapore di quel bacio con Dorian, potè giurare di sentire il calore delle sue labbra sulle sue e il suo bellissimo sorriso, i suoi occhi e il profumo dei suoi capelli.

–Penso che non necessiti di alcun rammendo. Sono leggermente larghe le maniche, ma mi piacciono, vorrei che lo lasciaste così.– sorrise Galina roteando su sé stessa mentre si specchiava.

–Vi.. vi dona molto.– Magnus scosse la testa e posò lo sguardo sull’esile figura della donna e su quell’abito a dir poco meraviglioso, uno dei migliori che lui e Maruska avessero mai creato.

Ore 19.00

Magnus sedeva accanto a Maruska e Tobjia in una grande stanza dove stavano per servire la cena a loro, ai musicisti e ad alcune guardie di riposo. In attesa del cibo, lo stregone continuava a sporgersi a destra e sinistra, speranzoso di scorgere il viso angelico di Dorian, ma nulla. Posò lo sguardo sul suo piatto di porcellana dal bordo sbeccato e sospirò.

– Qualcosa vi turba?– chiese Tobjia.

– No, no. Sono solamente stanco.

– Andate a casa, lo spettacolo lo conoscete a memoria ormai. Avete bisogno di risposo, sia voi che Maruska.

– Non potrei mai, devo assicurarmi che non accadano imprevisti con gli abiti di scena.– disse Magnus preoccupato – Se dovessimo andarcene, chi ve li rammenderebbe in meno di venti secondi?
Tobjia scoppiò a ridere e poi appoggiò una mano sulla spalla di Magnus.

– Avete terribilmente ragione. Ma domani, ve ne prego, prendetevi un giorno di congedo. Vi vedo molto stanco, provato.. dovete riposarvi prima dell’inizio della nuova stagione teatrale.

Magnus annuì: Tobija aveva ragione, ultimamente era stato costretto ad usare la magia molto spesso e avrebbe dovuto usarla anche la sera stessa. A questo punto sperava di non incontrare Rasputin, o per lo meno di non incrociarlo con lo sguardo per uno dei corridoi o tra il pubblico.
La porta della cucina si aprì ed iniziarono ad uscire una decina di camerieri che spingevano dei carrelli dorati con pentole, padelle e teglie ricolme di prelibatezze. Lo stregone optò per una semplice zuppa di verdure e delle polpettine di ceci, mentre la guardia che sedeva di fronte a lui, iniziò ad ingurgitare una quantità di cibo al limite delle capacità umane e non umane.
 

Ore 20.40

– Mancano solo trenta minuti. M raccomando, fate attenzione al pavimento!– disse Magnus – L’ho controllato personalmente ma non si sa mai.– sbuffò.

Maruska era più agitata di Galina e Tobjia messi assieme, così si sedette ed iniziò a farsi aria con il copione di quest’ultimo, che subito corse a strapparglielo dalla mani.
Magnus invece era stanco, ma piuttosto calmo. Si avvicinò al sipario e con uno schiocco di dita ne rese una piccola porzione trasparente, in modo da vedere il livello di affollamento della sala. Spostò lo sguardo su e giù, a destra e poi a sinistra, ma di Rasputin nemmeno l’ombra. Controllò nuovamente vicino allo Zar e alla famiglia imperiale, constatando nuovamente che vi erano solamente i cortigiani più fidati. Magnus tirò un sospiro di sollievo e schioccò nuovamente le dita, annullando il piccolo incantesimo.

– E’ pieno?– chiese Maruska con voce tremante.

– Direi abbastanza affollato.– disse Magnus inclinando il capo – Non agitatevi, non vorremo proprio fare una brutta figura davanti alle famiglie più importanti dell’Impero!– esclamò Magnus con fare buffo, riuscendo a strappare un sorriso all’agitatissima Maruska.

– DIECI MINUTI!– esclamò un uomo piuttosto basso e robusto. Doveva essere il coordinatore o qualcosa del genere pensò Magnus.


Ore 21.00

Il sipario si aprì, mostrando una bellissima scenografia dipinta con alberi e fiori di tutte le sfumature. Magnus rimase appoggiato al cornicione della porta che delimitava la fine delle quinte e l’inizio del palcoscenico, osservando ogni movimento dei due attori.
L’orchestra suonava divinamente e più volte gli applausi partirono proprio dallo Zar e dalla consorte, scatenando nel cuore dello stregone un immenso senso di gioia e compiacimento.
Ma quello stato d’animo durò ben poco: sulla sinistra una figura magra e misteriosa stava percorrendo lo stretto corridoio per andare a sedersi in uno dei pochi posti liberi all’interno della sala. Magnus si ritrasse all’istante, cercando di non farsi vedere.

– Maruska, potete venire qui? Ho bisogno di assentarmi un istante.

– Certamente, andate pure.– sorrise la donna che pareva essersi tranquillizzata.

Lo stregone corse fuori dalla stanza e cercò di dirigersi verso i cosiddetti “Bagni Inferiori” riservati alle guardie e alla servitù. Svoltò a sinistra in un piccolo corridoio privo di qualsiasi tipo di arredamento, fino ad arrivare ad una porta sgangherata che si aprì a piccoli scatti, cigolando in modo assordante. Magnus si diresse verso una tinozza ricolma di acqua non proprio pulita, con la quale si sciacquò il viso più e più volte.

– Vi serve aiuto?– chiese una voce molto dolce, probabilmente una donna della servitù.

– No, vi ringrazio. – rispose Magnus tenendo la testa nella tinozza.

– Andate pure, ci penso io.– si aggiunse una voce che Magnus riconobbe subito.

Lo stregone aveva paura persino a voltarsi, paura che quel monaco lo uccidesse solamente con lo sguardo. Magnus non provava quel tipo di terrore dalla sua infanzia e in quel momento desiderava solamente di non trovarsi un quel maledetto posto.

– *Nu, nu ... chto my imeyem zdes’: Magnus Bane.– ghignò il Monaco.

Magnus si girò lentamente: si sentiva debole e stanco, se avesse usato altra magia sarebbe caduto per terra esausto.

– Carini i vostri abiti. Sono certo che la Zarina verrà a complimentarsi con voi, STREGONE. – disse calcando l’ultima parola.

– Non permettetevi mai più!– esclamò Magnus alquanto alterato – Siete anche voi come me!

– No, vi sbagliate… io non tiro a campare come uno stupido sarto che cuce vestiti per le fanciulle del teatro. Non cadrò mai in basso quanto voi, signor Bane.– la voce del monaco era cupa e ricolma di odio.

Rasputin si avvicinò a Magnus guardandolo dritto negli occhi, scuri ed impenetrabili come il buio della notte. Magnus riuscì a mostrargli i suoi, facendoli scintillare nella luce fioca della stanza.

– Andatevene.– ordinò Magnus con quel briciolo di forze che gli restava.

Rasputin inclinò la testa all’indietro ed iniziò a ridere mentre Magnus si sentiva morire dentro, poi all’improvviso, sentì un rumore sordo seguito da un tonfo. Rasputin giaceva a terra completamente inerme, dietro di lui Dorian con il fucile in pugno.

 

*Nu, nu ... chto my imeyem zdes’: bene, bene… chi abbiamo qui

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


27 Aprile 1905

Magnus si girò lentamente su un fianco e con una mano tastò la superficie attorno a lui: era morbida e liscia, interrotta ogni tanto da qualcosa in rilievo, come dei ricami. Aprì lentamente gli occhi cercando di sollevarsi, constatando che si trovava in un letto e che non era il suo.
La testa gli scoppiava così si adagiò nuovamente, spostando lo sguardo avanti e indietro nella stanza; c’era un piccolo caminetto che emanava un tepore rilassante e accanto ad esso una poltrona di velluto verde e una credenza in legno massiccio con dei bellissimi pomoli di ottone.

– Magnus? Siete sveglio? – quella voce così dolce lo fece quasi sobbalzare.
–Sì…– mormorò. Si sentiva la bocca terribilmente secca, chissà per quanto aveva dormito.

Dorian si sedette sul letto e poggiò una mano sul petto dello stregone, accennando un sorriso. Magnus incrociò le sue dita tra quelle del ragazzo, ricambiando debolmente il sorriso.

– Come vi sentite? – chiese Dorian preoccupato. La luce che proveniva dal caminetto illuminava il suo volto perfetto, i suoi occhi grigi parevano scintillare.
– Credo bene. Ho dormito molto?
– Circa sei ore. Ricordate cosa è accaduto? – chiese il ragazzo.
– Sì, purtroppo lo ricordo. – Magnus abbassò lo sguardo. Rasputin lo aveva perseguitato persino nel sonno.
– Non dimenticherò mai quella scena. Se fossi arrivato un attimo più tardi? – una piccola lacrima rigò il volto di Dorian. Magnus se ne accorse e si sedette sul letto, prendendo dolcemente il volto del ragazzo e portandolo al suo petto.
– Io vi amo…– bisbigliò Dorian. A Magnus si fermò il cuore: era da tanto tempo che non sentiva quelle bellissime parole, soprattutto indirizzate a lui. Lo stregone non rispose, ma continuò a stringere il giovane Dorian al suo petto cercando di calmarlo.

Il ragazzo si scostò lentamente dal petto di Magnus e lo guardò negli occhi: Dio, era quanto di più bello esistesse al mondo, con quei suoi lineamenti spigolosi e perfetti e quei suoi occhi argentei che brillavano nella stanza appena illuminata. Lo stregone non riuscì a resistere e posò lentamente le sue labbra su quelle di Dorian in un bacio innocente e allo stesso tempo bisognoso. Bisognoso di tutto l’amore e il sostegno che quei due potevano darsi a vicenda. Magnus si allontanò dolcemente e accennò un sorriso che il ragazzo imitò subito.

– Anche io vi amo, Dorian.


Ore 15.00

Magnus era riuscito a tornare a casa sua: non voleva gravare su Dorian per altro tempo. Non appena aprì la porta di casa la trovò in uno stato pietoso, tutta impolverata e molto fredda. Con un movimento sinuoso della mano destra lo stregone chiuse la porta dietro di sé, poi portò entrambe le mani all’altezza del petto e le fece volteggiare su e giù, risistemando tutta la casa. Non ancora felice schioccò le dita ed accese il fuoco nel camino, poi si sedette sulla poltrona di velluto rosso davanti ad esso e nella sua mano sinistra si fece comparire un’ottima tazza di the caldo. Magnus non era solito bere bevande così poco alcoliche quando stava da solo, ma non si sentiva al cento per cento e aveva bisogno di riflettere sull’accaduto.

Bevve un sorso ed il liquido caldo e leggermente acido per via del limone gli percorse tutta la gola, lasciandogli una piacevole sensazione di torpore che immediatamente si propagò per tutto il suo corpo. Alzò lo sguardo e lo posò sulle fiamme che crepitavano nel camino. Immediatamente l’immagine che egli vide fu quella del suo patrigno, divorato dalle fiamme. Magnus chiuse gli occhi e fece un profondo respiro, poi si alzò dalla poltrona e posò la tazza quasi vuota sul tavolo di legno chiaro. Non voleva che gli tornassero alla mente certi ricordi di secoli prima, non ora che c’era già Rasputin a tormentarlo.
Appoggiò entrambe le mani sul tavolo, la testa china e il suo respiro piano piano tornò regolare. “Ho bisogno di riposo” pensò tra sé e sé, ma in cuor suo sapeva che qualcuno, con tutta probabilità Rasputin, stava giocando con la sua mente.

Ore 17.30

Magnus si era messo nel letto per evitare di avere ancora visioni di quel genere ed aveva iniziato a leggere un bellissimo libro che gli era stato regalato da Ragnor Fell circa una ventina di anni prima intitolato “Le avventure di Sherlock Holmes”. Magnus giurò di assomigliare un po’ a quel detective inglese, l’unica differenza forse era che lui poteva scoprire tratti delle persone servendosi della magia, mentre Sherlock Holmes ci riusciva con il suo intuito, cosa che lo aveva fatto appassionare a quel personaggio già nelle prime pagine.

L’attenzione di Magnus venne catturata da un rumore: qualcuno aveva bussato alla sua porta. Scese dal letto e si diresse verso di essa con uno strano groppo alla gola, che si sciolse immediatamente non appena vide il sorriso di Dorian. Magnus lo guardò negli occhi, poi lo prese per il bavero della giacca e lo trascinò in casa sua, facendo sbattere la porta che si chiuse all’istante.
Le spalle di Dorian erano appoggiate al muro mentre le sue mani scorrevano tra i capelli corvini di Magnus; le mani dello stregone cercavano disperatamente i bottoni della giacca di Dorian, mentre le loro bocche si aprivano e schiudevano con una passione disarmante. Magnus indietreggiò finendo per cadere sulla chaise longue che c’era accanto alla poltrona; il corpo di Dorian sdraiato sopra il suo si muoveva sinuoso al ritmo dei loro baci, poi Magnus si fermò, guardando il giovane negli occhi.

– Lo volete veramente?

Dorian rise e poi accarezzò dolcemente il volto di Magnus.

– Quando vi ho conosciuto al salotto ho capito subito che eravate speciale: il vostro modo di vestire, di parlare... tutto di voi era diverso da quanto avessi già avuto, Magnus Bane. Quando tornai da voi per farmi rattoppare i pantaloni della divisa fu solo una scusa per rivedervi, non fu un cane ad azzannarmi, li strappai io. – Magnus rise incredulo.
– Quando ho suonato per voi – continuò Dorian – l’ho fatto con tutto il mio cuore. Non ho mai permesso a nessuno di ascoltarmi mentre suonavo, solo a mio nonno e… a voi. Perciò la risposta alla vostra domanda, caro Magnus, è sì.

Il cuore dello stregone batteva fortissimo, Dorian era stato completamente sincero con lui e anche Magnus avrebbe voluto esserlo, ma per quanto avesse voluto raccontargli la verità, non avrebbe mai potuto.

– Siete così… innocente. – bisbigliò Magnus passando il pollice sulle labbra del giovane. Dorian piegò la testa di lato timidamente, rendendosi a sua insaputa ancora più desiderabile. Lo stregone appoggiò le mani sui fianchi di Dorian, intrufolandosi lentamente sotto la giacca e la camicia: poté sentire la pelle del ragazzo coprirsi di brividi sotto il suo tocco e ciò lo fece sorridere.

Dorian indietreggiò e poi si sollevò dal corpo dello stregone, togliendosi la giacca e sbottonandosi la camicia per poi farla scivolare sul pavimento. Rimase a torso nudo: la sua pelle era candida come la neve, l’opposto di quella ambrata di Magnus per via delle sue origini orientali. Dorian prese la mano destra di Magnus e la portò sul suo petto, all’altezza del cuore: batteva velocemente, come se volesse uscirgli dal corpo. Lo stregone fece scivolare via la sua mano dalla leggera presa del giovane, per portarla sulla guancia sinistra di quest’ultimo. Lo avvicinò a sé prima di lasciargli un piccolo bacio a stampo su quelle labbra così morbide e rosee che bramava ogni secondo di più.

Dorian iniziò a sbottonare la camicia di Magnus, rimanendo a bocca aperta alla visione di quel corpo asciutto e muscoloso: passò la sua pallida mano sul ventre dello stregone, provocandogli non pochi sussulti, poi iniziò a lasciargli una scia di piccoli baci sul petto, risalendo fino al collo. Era da tanto, troppo tempo che Magnus non stava in intimità con qualcuno. Dorian era riuscito a riaccendere quella fiamma di passione che bruciava come non mai in quegli istanti così intensi; bruciava così forte che Magnus temeva di perdere il controllo e di far precipitare la situazione. Ma, per sua fortuna, quella sera lo stregone riuscì ad essere forte, a non perdere il controllo e ad amare Dorian con ogni singola cellula del suo corpo.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3676277