The Family Business - Family Above All

di Robigna88
(/viewuser.php?uid=62768)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***
Capitolo 16: *** 16. ***
Capitolo 17: *** 17. ***
Capitolo 18: *** 18. ***
Capitolo 19: *** 19. ***
Capitolo 20: *** 20. ***
Capitolo 21: *** 21. ***
Capitolo 22: *** 22. ***
Capitolo 23: *** 23. ***
Capitolo 24: *** 24. ***
Capitolo 25: *** 25. ***
Capitolo 26: *** 26. ***
Capitolo 27: *** 27. ***
Capitolo 28: *** 28. ***
Capitolo 29: *** 29. ***
Capitolo 30: *** 30. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Eccomi qui con la quarta parte della serie The Family Business. Piccola premessa prima di lasciarvi al primo capitolo: a parte alcune cosucce, la storia si discosterà dalla storyline della stagione 4 dello show perchè non mi piace dove lo show sta andando e quindi scriverò la mia personalissima versione.
Questa quarta parte è come sempre un crossover tra The Originals-TVD-Supernatural-Constantine ma questa volta si arricchisce di un nuovo "familiare": Arrow. Non in modo regolare... diciamo solo che Oliver Queen e il suo team saranno guest stars ogni tanto.
Buona lettura, Roby.

tfb4


1.

 

 

 

 

 

Will compilò gli ultimi documenti, qualche firma e quei fogli si aggiunsero alle scartoffie che già giacevano su un angolo della sua piena scrivania. Sconsolato si guardò intorno, guardò quel mucchio di carte che aveva redatto e non ricordava neppure quando. Doveva decisamente assumere un assistente o avrebbe finito per non vedere neppure il legno scuro della scrivania. Prese tra le dita la targhetta ripensando all’arresto che aveva fatto poco prima; era la quarta volta in un mese, doveva decisamente fare qualcosa. In fondo era anche merito suo se ora la targhetta che stringeva tra le mani diceva L.A. PD Detective W. Kinney, capo.

Aveva la sua squadra e la sua carriera aveva fatto dei passi da gigante da qualche anno a questa parte, da quando aveva lasciato New Orleans, ed era stato merito suo in gran parte. “Ah” mormorò. “Perché non riesci a capire che sto provando ad aiutarti?” Ci stavano provando tutti per quel che ne sapeva ma lei era dannatamente testarda e anche terribilmente triste. Glielo si leggeva negli occhi, in quei begli occhi nocciola che sapevano sorridere ma che non lo facevano da troppo. Da cinque lunghi anni.

Tre colpi decisi alla porta e la testa dell’agente Miranda Colt fece capolino. “Capo, la persona che aspettava è qui.”

Lui le sorrise posando la targhetta dopo averle dato un’ultima rapida occhiata. “Fallo entrare, per favore.”

La donna annuì indietreggiando, fece cenno a qualcuno e la porta si aprì pochi secondi dopo; Matthew Morgan fece il suo ingresso e la richiuse piano.

“Will” lo salutò mettendosi a sedere. “Cos’ha fatto questa volta?”

Il detective si schiarì la voce, prese un piccolo fascicolo e glielo porse. “Ha picchiato un tizio che, a suo dire, ha picchiato la moglie. Gli ha rotto il naso, e due costole o almeno questo è quello che ha detto il paramedico che è intervenuto sulla scena.”

Matt lesse il file, girò la pagina con due dita e si passò l’altra mano sulle labbra. “Vuole sporgere denuncia?” gli chiese guardandolo.

“Sia lui che la moglie vogliono farlo. Lei sostiene che sono entrambi stati aggrediti di punto in bianco mentre si stavano occupando delle loro cose.”

“Questo è ridicolo, non avrebbe mai aggredito delle persone di punto in bianco e tu lo sai.”

“Sì, lo so Matt” Will rimise il fascicolo nella pila. “Ma non dipende da me. È la quarta volta in un mese che la copro e so che sta attraversando un momento terribile, ma…”

“Ma deve smetterla di agire così impulsivamente. Sì, lo so.” Matt fece un grosso respiro. “Posso vederla adesso?” Il detective si alzò, un bicchiere di Starbucks in una mano e una penna nell’altra. Gli fece segno di seguirlo e l’altro lo fece.

Percorse di nuovo quel lungo corridoio che portava alle celle e si ritrovò a pensare che l’aveva fatto fin troppe volte negli ultimi anni. Conosceva a memoria le stazioni di polizia di almeno metà stato e non era una cosa di cui andare fieri.

Terza sulla sinistra pensò mentre Will lo precedeva. Ma il detective tirò dritto.

“Dove stiamo andando precisamente?” chiese perplesso. “Sono quasi sicuro che le celle siano dall’altra parte” disse indicandolo la sinistra con una mano.

“L’ho messa nella sala interrogatori, oggi è stata una giornata piena di arresti, le celle sono occupate.” Si fermò e indicò una porta. “Entra pure.”

Matt aprì la porta e piegò il capo fissando lo sguardo su di lei. Stava seduta sulla sedia, le braccia intrecciate e le gambe allungate sotto il tavolo. Aveva un’espressione annoiata sul viso smagrito e una ferita sull’occhio destro. “Stai bene?”

Allison gli sorrise. “Benissimo! Hey” disse guardando Will. “Avevo chiesto ad uno dei tuoi agenti se potevo avere un caffè ma non è mai arrivato.”

Il detective sorrise sarcastico porgendole il suo. “Sai che questo non è un bar vero?”

“Credevo che visto che vengo a trovarvi così spesso oramai mi consideraste una dei vostri.”

“Sì, a proposito di questo” Matt si mise a sedere sulla sedia di fronte a quella della sorella. “Non potresti provare a stare lontana da questo posto per un po’?”

“Sai per cosa sono dentro?”

“Will mi ha mostrato il fascicolo.”

“Giusto” lei bevve un sorso dal bicchiere e guadò il suo amico. “Detective Will Kinney, capo della sua squadra nella polizia di Los Angeles. Un posto molto prestigioso, soprattutto dopo l’incubo New Orleans.”

Will fece un grosso respiro. “So benissimo che per il mio avanzamento di carriera e le cose positive che mi stanno succedendo negli ultimi tempi dovrò per sempre ringraziare te.”

“Oh no Kinney” lo interruppe lei. “Non c’è bisogno che mi ringrazi… per sempre. Solo per un altro paio di ore, il tempo necessario a farmi uscire da qui e a cancellare ogni traccia della mia presenza.”

“E come dovrei farlo Allison? È la quarta volta in un mese che sei qui, non posso coprirti per sempre. Il tizio che hai picchiato e sua moglie vogliono sporgere denuncia.”

Lei si mise dritta sulla sedia. “L’ho difesa e vuole sporgere denuncia? Beh mi pare ovvio che questa decisione sia dettata dalla sua paura del marito.”

“Non c’erano telecamere e non ci sono testimoni disposti a dire com’è andata. A questo punto è la tua parola contro la loro e loro sono quelli con le ferite.” Will si schiarì la voce. “Allison so che stai attraversando un brutto momento e mi dispiace okay? Ma per quanto ti sia grato per tutto quello che hai fatto per me e per quanto tenga a te, non posso più coprirti. È ora che tu ti prenda le responsabilità delle tue azioni.”

Allison ridacchiò. “Quando mai non l’ho fatto?”

“La Allison che io conosco l’ha sempre fatto, ma questa non è lei” l’uomo la guardò. “Quanta gente ha dovuto soggiogare tuo fratello per coprire i tuoi colpi di testa? E Hayley, quante volte ha dovuto fare lo stesso?” le domandò. “Senti, posso convincere quei due a non sporgere denuncia ma sappiamo entrambi che non è questo il punto.”

La donna si mordicchiò l’interno della guancia, bevve l’ultimo sorso di caffè e guardò suo fratello per un lungo istante. Sapeva che la pensava come Will ma che non lo avrebbe detto di fronte a lui. Sarò sempre dalla tua parte, anche quando non sarò d’accordo con te. Glielo ripeteva da cinque lunghi anni.

“Mi dispiace” mormorò alzandosi e puntando lo sguardo su Will. “Proverò a stare lontana da questo posto per un po’ così da non farti licenziare. Se ti mandassero via poi non avresti più nulla per cui ringraziarmi e non mi sta bene” scherzò.

Will rise. “Ah quasi spero che tu non riesca a mantenere la tua promessa” il suo sguardo si spostò su Matt. “Portala via prima che questo momento di lucidità la abbandoni.”

Ma Allison scosse il capo ridando il bicchiere al suo amico. “Un’ultima cosa. La donna… la moglie, è incinta.”

“Come lo sai?” le chiese Matt perplesso.

“Mentre lui la picchiava lei teneva le braccia piegate in modo da proteggere il ventre. Né il viso né la testa ma il ventre. So che ha paura ma potresti provare a convincerla a liberarsi di quell’uomo? Per il bene del bambino.”

Il detective le sorrise, infine le baciò una guancia. “Ci proverò, via ora.”

Allison e Matt se ne andarono.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Grazie di avermi tirata fuori dai guai, di nuovo.”

Matt annuì e con un sorriso poggiò le chiavi dell’auto sul mobile all’entrata. “Sei mia sorella, è il minimo. Ma ora cerca di non combinare altri guai fino a domani, ho bisogno di una doccia e di una dormita. Credi di potercela fare?”

“Puoi giurarci” disse Hayley raggiungendoli dal salotto. “Non la perderò di vista.”

Lui si congedò salendo su per le scale ed Allison rimase sola con Hayley. Senza dire nulla la precedette in cucina e si versò un bicchiere di acqua. “Hope dorme?”

“Sono le dieci passate, voleva aspettarti ma è crollata.” L’Ibrida si mise a sedere su uno sgabello e indicò l’occhio con un dito. “Stai bene?”

“Sì, è solo un graffio.”

“A me sembra più di un graffio.”

Allison sospirò. “Dovresti vedere com’è messo l’altro.”

Hayley però rimase seria. “Allison, non è divertente.”

“Mi vedi forse ridere?” un altro sorso di acqua poi continuò. “Qualche novità da Mary?”

“Non ancora, sta continuando a fare delle ricerche. Notizie da John invece?”

“Stava lavorando a qualcosa quando l’ho sentito. Ha detto che mi avrebbe richiamata.” La cacciatrice si passò le mani tra i capelli. “Siamo così vicine Hales” le disse. “Manca solo il sangue di due branchi e tutto sembra incredibilmente fermo.”

“Hey” la sua amica le si avvicinò a le prese una mano. “Ce la faremo, tu ed io. Non possiamo mollare proprio ora.”

“Non voglio mollare” l’altra scosse il capo. “È solo che… è più difficile di quanto credessi” si inumidì le labbra prima di afferrare il suo cellulare che vibrava; era John, lo mostrò ad Hayley prima di rispondere. “John, hai qualcosa per me?”

“Ciao dolcezza, ho trovato il tizio che stai cercando il suo nome è Carl Kostav.”

“Kostav?”

“Sì, è un cognome russo. Vive a San Pietroburgo.”

“Fantastico, ho sempre voluto visitare San Pietroburgo.”

Dall’altra parte John rise per qualche istante. “Frena l’entusiasmo”  le disse. “Sono certo che andare a San Pietroburgo non sia un problema per te ma le cose sono un po’ più complicate di così.”

“Complicate come?”

“Kostav è un membro attivo della Bratva.”

Allison chiuse gli occhi per un istante, infine li riaprì e guardò Hayley. “La mafia russa… fantastico. E immagino che tu non abbia una soluzione a questo problema.”

“Oh sì ce l’ho” rispose lui sorprendendola. “Ma temo ti costerà un po’.”

“Vuoi dei soldi?”

“Non io, ma potrebbero servirti.”

“Qualunque cosa John” mormorò lei tenendo la mano di Hayley, una lieve speranza le solleticò il petto. “Dimmi cosa devo fare.”

“Sei mai stata a Star City?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. ***


2.

 

 

 

 

 

Oliver capì che nessuna delle armi a sua disposizione avrebbe tirato lui e il suo team fuori dalla spiacevole situazione in cui si erano ritrovati. Le sue frecce non avevano sortito alcun effetto su quel tizio che gli stava davanti, la pistola di John neppure e Rene e Curtis erano stati messi al tappeto senza alcun problema. L’urlo di Dinah lo aveva semplicemente fatto indietreggiare. Non aveva idea di che cosa fosse... cinque anni di inferno su un’isola deserta, altrettanti una volta tornati a casa. Aveva vissuto qualunque situazione possibile, sconfitto Damien Darhk e la sua magia, Slade Wilson e la sua follia, ora combatteva contro Prometheus e la sua crudeltà ma non sapeva come sconfiggere quel tizio magrolino che gli stava di fronte e che, a dispetto delle apparenze, aveva una forza incredibile.

“Oliver, chi diavolo è questo tizio? Cosa è?” chiese John in un sussurro. E fu con quel sussurro che scoprirono che oltre ad un forza non umana aveva anche un udito fuori dal comune.

“Cosa sono?” chiese infatti ridendo. “Non lo sapete! Oh questo sì che sarà divertente.” Scandì l’ultima parola pronunciandola lentamente, gli occhi neri e profondi. “Vi ucciderò uno ad uno, partendo da te” disse indicando Rene.

Oliver mise un’altra freccia al suo arco; era certo che sarebbe stata inutile, ma non se ne sarebbe stato con le mani in mano. Non mentre uno dei suoi veniva minacciato. “Non sappiamo neppure chi sei, non siamo venuti qui per te” disse al nemico. “Cosa vuoi?”

L’altro si strinse nelle spalle. “Niente!” esclamò. “Ma ho fame e voi sarete la mia cena.” Fece qualche passo in avanti ma si fermò quando sentì il rumore di passi dietro di sé, non si voltò. “Ah, uno spettatore.”

L’ultimo arrivato avanzò e la luce del lampione permise ad Oliver e agli altri di accorgersi che era una donna. “Va tutto bene?” chiese. Le mani nelle tasche del suo cappotto scuro, i capelli castani e mossi, un viso bello e pulito.

“Signora” le disse Oliver usando il modulatore vocale. “Se ne vada, questo non è un buon momento.”

“Oh no” mormorò il nemico voltandosi a guardarla. “Rimani pure, sarò da te fra un attimo. Sarai il dessert.”

La donna fece un grosso respiro e si avvicinò ancora. “Sai chi sono?”

“Te l’ho detto, sei il dessert.”

“Queste persone” lei indicò Oliver e gli altri con un dito. “Sono miei amici. E il mio nome è Allison Morgan.”

Seguì un istante di silenzio, poi l’uomo di fronte a lei si buttò in ginocchio e abbassò la testa. “Mi dispiace” farfugliò spaventato. “Non sapevo che fossero tuoi amici.”

“Nemmeno io” aggiunse uno del team, guadagnandosi gli sguardi perplessi degli altri.

Il tizio in ginocchio alzò gli occhi su Allison. “Ho fatto tutto questo per attirare la tua attenzione, sono così felice di esserci riuscito.”

La donna si piegò sulle ginocchia. “Attirare la mia attenzione? Perché? Hai tendenze suicide per caso?”

“Voglio far parte della Strige e la Strige accetta solo i più spietati e violenti.”

Allison scosse il capo. “Credo che tu mi abbia confusa con il defunto Lord Tristan du Martel” disse “La mia Strige non uccide gli innocenti, li protegge.”

Il vampiro, perché era un vampiro anche se Oliver e gli altri non lo sapevano ancora, allargò le braccia. “Allora proteggerò. Qualunque cosa, ma non uccidermi ti prego.”

Lei si rimise in piedi. “Vattene via” gli disse. “Ma sappi che ti osservo e se farai ancora male a una qualunque persona, sarà l’ultima cosa che farai. Hai capito?” Lui annuì, scappò via mentre Allison si avvicinava al team mascherato.

“Cos’era quel coso?” chiese quello che indossava una maschera da hockey.

“Quello era un vampiro” replicò Allison e diede loro un po’ di tempo per elaborare l’informazione. Infine continuò. “Ad ogni modo, chi di voi è Oliver Queen?”

L’uomo al centro strinse più forte l’arco. “Chi sei tu?”

“Immagino sia tu, vista la tua reazione.” La cacciatrice respirò a fondo. “Sono Allison, mi manda Constantine.”

Solo allora Oliver tolse il cappuccio e la guardò dritta negli occhi. “John Constantine?”

“Il solo e unico. Avrebbe dovuto telefonare per avvertire, ma suppongo che non l’abbia fatto. Ho bisogno di aiuto, ha detto che tu sei la persona a cui chiedere.”

Lui la guardò con la fronte corrucciata. “Non ti dispiace, vero, se gli telefono per avere conferma delle tue parole?”

Allison alzò le mani indietreggiando appena. “Fai pure!” Oliver decise che, prima di farlo, era meglio andare in un posto lontano da occhi indiscreti.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Sì, glielo dirò. A presto John!” Oliver riattaccò e rimise il cellulare in tasca mentre raggiungeva Allison, seduta su una sedia con gli occhi di tutti addosso. “Tutto in ordine” tranquillizzò il suo team.

“Fantastico!” esclamò Felicity guardando l’ultima arrivata. “Perché mi trasmetti sensazioni positive e sarebbe stato spiacevole scoprire che invece non c’è nulla di positivo in te.”

Allison la guardò confusa, poi annuì poco. “Grazie... credo.”

“Hai detto che quel tizio che abbiamo affrontato prima era un vampiro” Diggle si fece avanti, afferrò una sedia e si mise a sedere. “È questo che fai nella vita? Cacci vampiri?”

“E demoni, fantasmi, mutaforma, licantropi e tutte le creature soprannaturali che vi vengono in mente” lei gli sorrise appena.

“E tutte le creature che affronti hanno tanta paura di te?”

“Non proprio. Ma diciamo che sono un... pezzo grosso.”

“Un pezzo grosso?” Diggle rise. “Quel tizio si è letteralmente messo in ginocchio pregandoti di non ucciderlo.”

“Era un novellino, è così che vengono chiamati i vampiri trasformati da poco.”

Dinah incrociò le braccia sul petto. “Come fai a sapere che era stato trasformato da poco?”

Allison la guardò. “Se non lo fosse stato sareste morti” si mise in piedi. “Sentite, mi piacerebbe tanto rimanere qui a fare conversazione con voi ma non ho tempo. Ho bisogno di aiuto e spero che quello che mi ha detto John sia vero e che tu possa aiutarmi” volse lo sguardo ad Oliver.

Lui si schiarì la voce. “Di cosa hai bisogno?”

“Ho bisogno di mettermi in contatto con un uomo, il suo nome è Carl Kostav. L’ho rintracciato a San Pietroburgo e sarei andata ad incontrarlo da sola, se soltanto...”

“Se soltanto Kostav non facesse parte della Bratva” concluse Oliver per lei. “John sa che io ho dei contatti con loro e così ti ha mandata qui.”

La cacciatrice annuì. “Non mi piace chiedere aiuto e qualcosa mi dice che io e te siamo simili in questo. Ma è una questione di vita o di morte.”

“E Kostav può aiutarti?” Felicity alzò la testa per guardarla.

“Possiamo dire così. Non gli verrà fatto alcun male, tutto quello che mi serve è un po’ del suo sangue e una fialetta di veleno di lupo.”

Diggle corrugò la fronte. “Veleno di lupo?”

“Sì” confermò lei. “Kostav è un licantropo.”

Calò il silenzio, esattamente come quando aveva rivelato che il tizio che voleva ucciderli era un vampiro. Dopo qualche secondo Diggle si alzò e si passò la mano tra i capelli corti.

Oliver prese il suo posto sulla sedia. “Ammettiamo che quello che stai dicendo sia vero” iniziò guardando Allison. “Cosa dovresti farci con il sangue di Kostav e il suo... veleno da lupo?”

La donna fece un grosso respiro, si mise di nuovo a sedere e chiuse gli occhi per un istante. “Mio marito è stato morso da una creatura magica. Il morso lo avrebbe ucciso e così per salvarlo John e un’altra strega hanno creato una specie di dimensione alternativa chiamata Chambre de Chasse e lo hanno confinato lì dentro tramite una specie di coma magico. Il sangue e il veleno di Kostav sono due degli ingredienti che mi servono per creare un antidoto contro quel morso. Una volta che lo avrò, potrò svegliarlo e curarlo.”

“Oh mio Dio” intervenne Curtis fino ad allora rimasto in silenzio. “È terribile. Che tipo di creatura può causare tutti questi problemi?”

“Tuo marito è un essere umano?” Oliver cercò il suo sguardo. “In altre circostanze mi sembrerebbe una domanda folle, ma in questo caso...”

“È un Originale” precisò Allison, spiegandosi meglio un attimo dopo. “Un vampiro. Lui e i suoi fratelli sono stati i primi in assoluto. Creati dalla magia, hanno creato tutti gli altri vampiri nel corso dei secoli.”

“Sembra di stare in un fottuto film fantasy” commentò Rene scuotendo il capo.

“Benvenuto nel mio mondo” gli disse lei senza neppure guardarlo. In mente un unico pensiero: non poteva fallire. Non quando ci era così vicina. “Eravamo sposati da meno di ventiquattro ore quando un incidente mi ha costretta in ospedale, in coma, per un mese. Quando John mi ha svegliata con la magia... mio marito stava morendo e per evitarlo ci siamo dovuti inventare un coma magico. Da allora lui è addormentato, disteso in una bara, in attesa che io riesca a svegliarlo, o in attesa di morire. Gli ho promesso che sarei stata forte, gli ho promesso che non avrei mollato e ora sono vicinissima ad una soluzione. Ma non potrò salvarlo senza il vostro aiuto e, credetemi, vorrei che ci fosse un modo più semplice per introdurvi al mio folle mondo, ma non c’è e non ho tempo di farlo nel modo complicato” guardò Oliver. “Ti prego, aiutami.”

Lui scambiò un’occhiata con Diggle, poi con Felicity.  “Da quanto tempo tuo marito è in questa... Chambre de Chasse?”

Allison diede un’occhiata all’orologio, si strofinò gli occhi e li chiuse. “Cinque anni, tre mesi e diciassette giorni.”

Di nuovo quel silenzio, stavolta però sembrava diverso. “Prenderemo il jet privato del Municipio, ma dovrò dare qualche spiegazione.” Disse Oliver mettendosi in piedi.

Lei capì che l’avrebbe aiutata. “Non è necessario. La Strige ha diversi jet privati, devo solo fare una telefonata.”

“A proposito di questa Strige... anche quel vampiro l’ha nominata, ha detto che vuole farne parte. Che cos’è?”

“È la più antica e potente congregazione di vampiri mai esistita.”

“Non ne so molto di queste cose” Dinah fece un gesto con la mano. “Ma tu sei una cacciatrice e loro sono dei vampiri. Sei loro nemica per definizione, quindi perché dovrebbero aiutarti?”

Allison si strinse nelle spalle “Perché sono il loro capo.” rispose tirando fuori il suo cellulare.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. ***


3.

 

 

 

 

 

Il contatto di Oliver era lì ad attenderli quando scesero dal jet privato della Strige; con espressione seria li osservò mentre avanzavano e si fermavano a pochi metri da lui. Allison dovette ammettere, ma lo fece tra sé e sé, che si aspettava un uomo totalmente diverso da quello che le si presentò davanti. Credeva che il Pakhan  della Bratva fosse un tipo alto e capace di incutere timore con un solo sguardo, invece quel tizio era di statura normale e aveva un viso persino simpatico sotto quella barba lunga ma curata.

“Oliver Queen!” esclamò di improvviso. “Il mio ex americano preferito.” Volse poi lo sguardo a Diggle e sorrise. “E John Diggle, il mio attuale americano preferito. E tu sei?" chiese infine guardando lei.

Allison lo osservò per qualche secondo, alzò gli occhiali da sole sulla testa e gli sorrise appena. “Io sono quella con i soldi.”

Oliver e Diggle le riservarono un’occhiata perplessa mentre Anatoly, si chiamava così, le si avvicinava. Le mani ancora chiuse nelle tasche del capotto, la cravatta scura sul completo inamidato. Lei si ritrovò a pensare ad Elijah e ai suoi completi scuri, alle sue cravatte abbinate, ai fazzoletti nel taschino e al modo in cui li srotolava per ripulirsi le mani ogni volta che era necessario.

“Questo, mia cara ragazza” le disse Anatoly distogliendola dai suoi pensieri. “Trasforma John nel mio ex americano preferito e te in quello attuale.” Rise ed Allison si sforzò di fare altrettanto.

“Possiamo fare in fretta? Non ho molto tempo” gli disse guardando rapidamente il suo orologio.

“Dritta al punto, mi piace” l’uomo fece loro cenno di seguirlo e li condusse fino ad un piccolo ufficio. Dentro c’era una guardia che si dileguò non appena li vide. “Oliver dice che hai bisogno di incontrare uno dei miei uomini.”

Lei annuì poggiando il suo cellulare sul tavolo di metallo. “Carl Kostav” gli spiegò facendo un grosso respiro. “Ho bisogno di una fialetta del suo sangue e di un po’ di veleno di lupo.”

Anatoly la guardò confuso, poi volse lo sguardo ad Oliver. Parlò in russo ed Allison scosse il capo.

“Non sono pazza” disse al Pakhan. “E parlo russo. Vuoi forse venirmi a raccontare che non hai mai notato qualcosa di diverso in Kostav?”

“Qualcosa cosa?”

“È il più forte tra i tuoi uomini, si ferisce raramente e quando succede guarisce in fretta. Sparisce durante le notti di luna piena e il giorno dopo la sua sparizione, spunta fuori qualche cadavere.”

L’uomo la guardò. “È un uomo un po’ strano, è vero. Ma è un uomo, e nient’altro.”

Allison allargò le braccia. “Come preferisci. Quando posso incontrarlo?”

Anatoly sembrò rifletterci. “Fra due giorni circa.”

“Fra due giorni?” fece eco lei. “Ti pago dieci milioni di dollari e devo aspettare due giorni?”

“Anatoly” intervenne Oliver. “È una questione della massima urgenza.”

“Mi dispiace” l’altro si mise a sedere su una sedia. “Non posso andare più veloce di così.”

La cacciatrice si passò una mano tra i capelli e andò avanti e indietro per il piccolo spazio. Perché doveva essere tutto così dannatamente complicato? Perché per una sola volta nella sua vita non poteva capitarle qualcosa di semplice? Ripensò al messaggio di Hayley di qualche ora prima; era una foto di lei, Hope e Matt. Fai attenzione, recitava la didascalia. Poi un’altra di Hope soltanto; torna presto zia Allison. Ti voglio bene.

“Ho bisogno di incontrare Kostav oggi stesso” disse senza guardare nessuno dei presenti. “Quanto vuoi per far sì che ciò avvenga?”

Anatoly ridacchiò. “Altri dieci.”

“Anatoly!” esclamò Oliver scuotendo il capo. “Non credi sia una richiesta esagerata?”

“Te ne darò altri cinque e non un centesimo di più.” Allison lo guardò di nuovo. “Per favore” aggiunse abbassando ogni difesa. “La vita di mio marito dipende da questo.”

L’uomo si mise in piedi e lei ebbe la sensazione che nei suoi occhi qualcosa fosse cambiato. “Affare fatto!” esclamò tendendole la mano. Allison la strinse.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Che cosa significa lapalissiano?” Hope alzò gli occhi dal disegno che stava facendo e guardò prima sua madre e poi Matt.

“Significa ovvio, scontato” le disse proprio lui mettendosi a sedere su una sedia accanto alla sua e afferrando un foglio e un pennarello. “Dove l’hai sentito?”

“Oggi un tizio lo ha detto alla televisione” spiegò lei. “Me ne ero quasi dimenticata, ma poi ho avuto come un flash e così mi sono ricordata che volevo sapere cosa significasse.”

Matt sorrise. “Mi sembra giusto” le spettinò i capelli facendola ridere, poi si concentrò sul disegno che aveva fatto. “È un bellissimo disegno.”

Hope sorrise. “È un cielo stellato, come quello che io e la zia Allison abbiamo guardato dal tetto prima che partisse.”

“Tu e la zia Allison siete salite sul tetto?” domandò Hayley avvicinandosi. “Perché io non sono stata invitata?”

“Nemmeno io sono stato invitato!” aggiunse Matt abbozzando il disegno di un’auto.

“La zia Allison mi ha detto di non dirlo a nessuno. Voleva che andassimo solo noi due, mi ha dato una cosa.”

Hayley e Matt si guardarono per un attimo. “Che cosa?” chiese proprio lui.

La bambina posò il pennarello e tirò fuori dalla maglietta una collanina. La collana che era appartenuta alla madre di Allison e da cui lei non si separava mai. I due adulti non lo diedero a vedere per non turbarla, ma quello non sembrò loro un buon segno.

“Non è bellissima?” chiese la piccola sorridendo. “Mi ha detto di custodirla fino al suo ritorno.”

Hayley si sforzò di ricambiare. “Sì, è bellissima” disse con voce tremante, mentre stringeva discretamente la mano di Matt.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Una doccia, una dormita di circa dieci minuti ed Allison fu pronta per l’incontro che sarebbe avvenuto da lì a poco. Sul suo cellulare, quando lo recuperò sul tavolo di quella lussuosa camera degli ospiti, trovò un messaggio di Hayley, uno di Kinney e uno di Constantine. Le chiedeva di portarle un certo souvenir, indicandole il luogo esatto in cui lo avrebbe trovato.

La donna scosse il capo facendo un grosso respiro, accarezzò con la punta del pollice la fede al suo dito e fissò gli occhi fuori dalla finestra. San Pietroburgo era bella; tutta illuminata sembrava una cartolina. Una di quelle che attacchi al frigorifero con una calamita. Magari in futuro ci sarebbe ritornata, per visitarla. Insieme ad Elijah e al resto della famiglia.

“Come se fosse possibile per te fare qualcosa di normale” mormorò andando a sedere sul letto e componendo un numero di telefono. Will Kinney rispose dopo quattro squilli. “Hey Will, ho visto ora la tua telefonata.”

Dall’altra parte si sentì un clacson, poi Will parlò. “Scusa”  le disse. “Ma sono sulla scena di un crimine. Una sparatoria tra gang.”

“Lasciami indovinare” gli disse lei. “Boyle Heights.”

“Il quartiere preferito dalle gang ispaniche. Lontano anni luce dalla tranquillità del tuo di quartiere.”

Allison guardò in terra. “Anche Brentwood ha i suoi problemi, credimi.”

“Di che tipo? Vicini impiccioni?”

“Hey” scherzò lei. “I vicini impiccioni sono più pericolosi delle gang a volte. Comunque, perché mi cercavi?”

“Giusto” Will mormorò qualcosa a qualcuno, Allison sentì il rumore di uno sportello che si chiudeva. Solo allora lui continuò. “Volevo dirti che la donna che hai difeso dal marito qualche giorno fa, ha finalmente denunciato quell’idiota. È davvero incinta e voleva parlare con te, per ringraziarti. Le ho detto che avrei passato il messaggio, quindi...”

Allison accennò una risata. “Finalmente una buona notizia!” esclamò. “Mi serviva proprio. Grazie di aver fatto da messaggere, ti devo un caffè. Ora scusami, ma devo andare” gli disse alzandosi quando bussarono alla porta. “Ci vediamo quanto torno.”

“Torni da dove?”

“San Pietroburgo” disse lei aprendo e annuendo ad Oliver, John e un uomo che non conosceva. “A presto Will.” Riattaccò e seguì i tre lungo un corridoio, giù per delle scale fino ad seminterrato grandissimo. Lì li attendevano Anatoly e un piccolo gruppo di uomini radunati intorno ad una specie di recinzione metallica.

“Che succede?” domandò John perplesso.

Ma Anatoly guardò Allison. “Quello dentro la recinsione è Carl Kostav. Puoi avere il suo sangue, ma dovrai prendertelo da sola.”

“Non erano questi i patti” sentenziò Oliver gesticolando. “Anatoly!”

La cacciatrice diede il suo cellulare a Diggle e sorrise ad Oliver. “Non preoccuparti, ho tutto sotto controllo.” Disse sicura. Raggiunse l’uomo al centro della recinzione e guardò un’ultima volta il Pakhan prima di guardare lui.

“Così sei tu Allison Morgan” le disse Kostav. “Sei piuttosto famosa nel nostro mondo, ma non era così che ti avevo immaginata.”

Lei si mosse in circolo senza staccare gli occhi dal suo avversario. “Non voglio farti del male” gli disse. “Ho solo bisogno di una fialetta di sangue e una di veleno. Ho pagato per averli.”

“E li avrai” lui rise. “Se riuscirai a battermi.” La cacciatrice gli fece un cenno invitandolo ad attaccare. Kostav lo fece.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. ***


4.

 

 

 

 

 

Allison indietreggiò e fece un grosso respiro, Oliver e John ne avevano una chiara visuale da dove si trovavano. Sembrava stanca, ma nemmeno così tanto nonostante lottasse con quell'energumeno di Kostav da un'ora piena. Nessuno dei due era ancora andato al tappeto e John ed Oliver erano sorpresi: la loro nuova amica era minuta in confronto al suo avversario eppure era riuscita a colpirlo senza troppi problemi, era riuscita a tenergli testa come la migliore delle combattenti. Pensandoci bene però non era così strano, per vivere combatteva i mostri - nel vero senso del termine - in fondo doveva per forza essere in grado di battersi indipendentemente dalla taglia del suo avversario.

Prese un colpo dritto in faccia e abbassò il capo lasciandosi andare contro la recinzione, Oliver chiuse gli occhi per un istante.

“Dobbiamo fare qualcosa Oliver” gli disse John. “Quell'armadio di Kostav finirà per ucciderla.”

L'altro però non era così sicuro che le cose sarebbero andate in quel modo. Aveva uno strano presentimento, una sensazione particolare riguardo ad Allison. Non avrebbe saputo spiegarla a parole, e forse era impossibile farlo, ma era certo che in qualche modo sarebbe uscita vittoriosa da quello scontro. Un po' ammaccata forse, ma vittoriosa. C'era determinazione nei suoi occhi e tristezza, una profonda malinconia che le velava le iridi nocciola; lui era certo che fosse perfettamente in grado di usare quel sentimento a suo vantaggio.

Fece un cenno della mano ad Anatoly e il combattimento si interruppe per qualche secondo. In quel breve tempo lui e John le si avvicinarono. “Allison” le chiese proprio il soldato. “Sei sicura di farcela?”

Lei annuì mentre riprendeva fiato. “Sto bene” li rassicurò. “Ma non ho davvero tempo per questo. Avrei già potuto metterlo al tappeto una decina di volte, ma ho un sospetto.”

“Che tipo di sospetto?” domandò Oliver.

“E come pensi che avresti potuto metterlo al tappeto?” incalzò John. “È il doppio di te.”

La donna si strinse poco nelle spalle. “Ci sono cose che non sai di me John” gli disse. “Se potessi fare tutto ciò di cui sono realmente capace, lui sarebbe già sul pavimento.”

Il suo interlocutore guardò dietro di lei e poi nei suoi occhi. “Perchè non puoi fare quello che sai fare davvero?”

Allison rifletté un attimo, fece roteare il collo e sospirò. “Questa è una storia per un'altra volta. Fammi un favore” disse ad Oliver. “Invia un messaggio a Lucas Roberts, lo troverai tra i contatti del mio cellulare, digli di tenere il jet pronto, ce ne andiamo da qui tra tre ore al massimo.”

Senza aggiungere altro tornò al centro di quell'improvvisato ring e decise che avrebbe seguito il suo istinto, avrebbe dato retta al suo sospetto. Non aveva davvero tempo da perdere e voleva tornare a casa. Ne aveva abbastanza di tutto. Senza esitazione attaccò Kostav; un colpo al viso, una torsione del braccio e le sue ossa scricchiolarono mentre lui urlava di dolore. “Mi ringrazierai dopo” gli disse un attimo prima di spezzargli il collo con un movimento deciso. Il corpo privo di vita cadde in terra sotto gli sguardi attoniti dei presenti, di tutti loro. Calò il silenzio per un istante, infine Anatoly la raggiunse e dopo uno sguardo al corpo di Kostav le tese la mano per stringere la sua, sul suo viso un mezzo sorriso che ad Allison diede fin troppe certezze.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Kostav aprì gli occhi piano, ricordava di aver combattuto, ricordava che la sua avversaria era stata Allison Morgan e ricordava che aveva avuto la meglio. Più o meno. “Dove diavolo sono?” mormorò alzandosi a sedere e strofinandosi gli occhi per riprendere lucidità.

“Sei sul mio jet privato” gli disse la voce che gli aveva parlato poco prima che perdesse i sensi. “Bourbon?”

Lui afferrò il bicchiere che Allison gli porgeva e bevve un lungo sorso. Guardò le altre facce presenti e poi scrutò lei da capo a piedi prima di parlare. “Perché non mi hai ucciso? Ne avevi l’opportunità.”

“Non avevo ragione di ucciderti. Tutto quello che mi serviva era una fialetta del tuo sangue e una del tuo veleno di lupo. Non dovevo per forza farti fuori per averli.”

“Ah” lui ridacchiò. “E io che credevo che non ti servisse un motivo per uccidere. Non sei tu la cacciatrice più temuta e spietata dell’intero pianeta?”

“A dire il vero” si difese lei. “Di me si dice che sono la più giusta tra le cacciatrici.”

“Non è quello che ho sentito dire io. Negli ultimi cinque anni hai...”

“Negli ultimi cinque anni” lo interruppe Allison con calma. “Ho fatto ciò che dovevo per proteggere la mia famiglia, mio marito. Non è per lo stesso identico motivo che tu ti sei unito alla Bratva? Per proteggere tua moglie a tua figlia? Com’è che si chiama? Ah sì, Elizabeth.”

Lo sguardo di Kostav si fece dorato, si alzò minaccioso ma Allison, al contrario di John ed Oliver non si agitò né si mosse di un millimetro. “Lascia la mia famiglia fuori da tutto questo.”

La cacciatrice si mise in piedi e lo guardò. “Tua moglie e tua figlia sono al sicuro Carl. In questo momento sono in viaggio verso un posto protetto, lo stesso posto in cui manderò te, se lo vorrai.”

Lui deglutì a vuoto. “Non posso lasciare la Bratva.”

“Non puoi o non vuoi?”

“Non posso!” l’uomo scosse energicamente il capo. “Credi che mi piaccia uccidere la gente? Per niente. Odio sparare, odio dover spaventare persone e rapire famiglie per ricattare. Conosco la morte e le mie mani sono sporche di sangue, tu sai cosa sono... non posso far nulla per quello, è la mia maledizione. Ma questo,” le mostrò l’anello che ogni membro della Bratva possedeva, una specie di simbolo di unione e fedeltà. “Lo odio. E se credi che sarai in grado di tirarmene fuori, sei pazza.”

Allison afferrò una borsa e la poggiò sul piccolo tavolino. Quando la aprì dentro c’erano dei soldi e dei documenti. “Il tuo nuovo nome è Ted Lance, tua moglie si chiama Gina, tua figlia Mia. Vivete a Londra, tu sei un buttafuori al locale Momas, lei è una parrucchiera proprietaria di un salone nel centro della città. Avete un cane, si chiama Milk, il nome lo ha scelto tua figlia quando uno dei miei glielo ha regalato. È una vivace palla di pelo bianca.” Prese un anello e glielo diede. “Sostituisci il tuo anello mafioso con questo. È un anello lunare, non ti trasformerai più durante la luna piena, a meno che non sia tu a volerlo. Avrai il pieno controllo sul lupo. Ti spedirò dalla tua famiglia tra pochissimo.”

Lui la guardò. “Non hai sentito quello che ho detto?” Guardò Oliver. “Tu sei Oliver Queen giusto? Sai com’è vivere all’interno della Bratva, sai che non è possibile uscirne quando si vuole. Potresti spiegarglielo per favore?”

“Allison” iniziò Oliver. “Lui ha ragione.”

“No” John sembrò rifletterci un attimo. “Anatoly crede che Carl sia morto.”

“Bingo per John! Più o meno. Anatoly saprà che sei ancora vivo. Ma non sarà mai capace di trovarti, ora” Allison gli poggiò una mano sul petto. “Questo farà un po’ male, ma è necessario.” Chiuse gli occhi e Kostav serrò le mascelle mentre una leggera luce azzurra lo avvolgeva. Un secondo dopo era sparito e la borsa con lui.

“Cos’hai fatto?” le chiese Oliver con gli occhi spalancati.

“Cosa sei tu?” fu invece la domanda di John.

Lei sorrise amaramente. “Sono tutto e sono niente. Andiamo a concludere questo affare” disse loro scendendo dal jet.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Anatoly si avvicinò con passo sicuro, si fermò e mise le mani nelle tasche del cappotto, tra le labbra un sigaro acceso da cui ogni tanto tirava una grossa boccata. “Allison Morgan, quella che uccise uno dei più leali e letali della Bratva. Niente male, devo dire, per una donnina minuta come te.”

Allison rise. “L'unica donnina che io vedo qui sei tu, Anatoly.”

“Allison” sibilò Oliver stringendo i denti. “No.”

Ma lei gli fece un cenno con la mano, poi si rivolse di nuovo al Pakhan. “So che hai provato a fregarmi” gli disse. “Kostav è un uomo carismatico, rispettato e ambizioso. Hai fiutato il pericolo, hai capito che molti dei tuoi uomini preferiscono lui a te ma ti rimangono leali solo per una questione di codice d'onore. Così hai pensato che se qualcuno lo avesse fatto fuori al posto tuo, in questo caso io, te lo saresti tolto dai piedi e, allo stesso tempo, avresti potuto chiedere altri soldi perchè nessuno uccide uno dei fratelli della Bratva senza conseguenze. Giusto?”

Anatoly la guardò senza dire niente e tirò un'altra boccata dal sigaro. Allison continuò. “Quanto mi avresti chiesto? Altri dieci milioni come... punizione per aver ucciso uno dei tuoi?”

“Altri cinque mi sarebbero bastati” il russo abbozzò un sorriso. “Come l'hai capito?”

“Sono una ricca orfana. Riconosco una truffa anche a chilometri di distanza.” La cacciatrice gli passò la borsa con il pagamento. “Sono quindici, come stabilito. Ah dimenticavo... nel caso non lo avessi capito, Kostav è vivo, ma ha deciso di lasciare la Bratva. Fossi in te non proverei neppure a cercarlo. Sarebbe tempo sprecato. Addio Pakhan, è stato interessante fare affari con te.”

Anatoly rise e le passò un sigaro. “È roba forte, solo per chi ha... come dite voi Americani? Per chi ha le palle?” chiese. “Tu le hai Allison Morgan, nonostante tu sia una donna.”

Lei prese quel regalo tra le dita. “Do svidaniya, Anatoly.”

“La tua pronuncia è perfetta!” le urlò dietro lui mentre lei risaliva sul jet seguita da Oliver e John. “Do svidaniya signor Queen e signor Diggle.”

Loro lo salutarono con un gesto della mano appena accennato.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Sono a casa!” Urlò Allison entrando e trascinandosi dietro la ventiquattro ore e la borsa piena di souvenir. “Hey, c’è nessuno?”

“Solo io!” esclamò Hayley scendendo le scale e fermandosi a fissarla con occhi sgranati. Il viso pieno di lividi, entrambi gli occhi neri. “Cosa ti è successo alla faccia?”

Lei mise la valigia in un angolo e le sorrise. “Niente di grave. Diciamo solo che quelli della Bratva picchiano duro.”

“Allison” mormorò l’altra avvicinandosi per stringerla in un abbraccio. “Prendi un po’ del mio sangue.”

“Non serve” la tranquillizzò Allison sciogliendo l’abbraccio. “Ho solo bisogno di una doccia e di una dormita. Dove sono Hope e Matt?”

“Sono andati in campeggio per il weekend.”

La cacciatrice corrugò la fronte. “È mercoledì.” Si diresse in cucina e tirò fuori dalla tasca della giacca le fialette. Quando si voltò per poggiarle sul tavolo, trovò un foglietto con scritto sopra un nome. “Hales...” sussurrò guardandola.

L’Ibrida sorrise con gli occhi lucidi, come quelli della sua amica. “Mary mi ha dato il nome che ci serviva. Ecco perché Matt ha portato Hope in campeggio.”

Allison pianse un po’, ma riprese subito il controllo. “Questo vuol dire che...”

Hayley la raggiunse e le strinse una mano. “È ora del tutto per tutto. Io prendo gli ultimi ingredienti, come d’accordo.”

La sua amica annuì ricambiando la stretta della mano. “Io vado a prendere Klaus.”

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5. ***


5.

 

 

 

 

 

Le era mancata New Orleans, non avrebbe mai pensato di dirlo, non dopo tutte le cose spiacevoli che erano successe in quel posto, ma doveva ammettere che la città le era mancata. L'atmosfera gioiosa, i colori vibranti del quartiere francese. C'era vita a NOLA e per quanto lei amasse la sua città, non c'era paragone. Non aveva ancora incontrato nessun volto conosciuto, anche se aveva intravisto Josh davanti al St. James Infirmary mentre guidava per raggiungere la sua camera d'albergo.

I suoi contatti le avevano riferito che lavorava lì oramai da qualche anno, aveva preso la completa gestione di quel posto dove la magia era bandita. Era proprio da lui che era diretta in quel momento. Non voleva fargli del male, voleva solo sedersi lì dentro e aspettare... perchè era sicura che la prima cosa che il ragazzo avrebbe fatto, sarebbe stata avvertire Marcel o chi per lui.

“Non capisco Allison” le disse Lucas, braccio destro fidato e fedele, sempre pronto a guardarle le spalle. “Perchè non andiamo direttamente da Marcel?”

Allison mise il suo cellulare in borsa dopo aver letto il messaggio di Hayley che le comunicava che era quasi riuscita a prendere ciò che serviva. Sperò che anche lei sarebbe riuscita nella sua parte. “Perchè se ci presentassimo da lui, in casa sua, la prenderebbe come una specie attacco e noi non siamo qui per attaccare.”

“E per cosa siamo qui allora?”

“Per parlare e raggiungere un civile accordo. Voglio solo che lasci andare Klaus e gli darò quello che vuole perchè questo avvenga.”

Lucas svoltò a sinistra e rallentò poco. “Lo capisco, davvero. C'è già stato sufficiente spargimento di sangue in questa città, ma hai pensato che forse il tuo piano potrebbe non funzionare?”

“Certo che ci ho pensato.”

L'uomo fermò l'auto davanti al bar. “E hai pensato anche a cosa faremo in quel caso?”

Allison annuì aprendo lo sportello. “In quel caso distruggeremo ogni cosa che ci sarà di intralcio” disse decisa prima di scendere. Lucas la seguì ed entrò dopo di lei all’interno del locale. Lì dentro, notarono mentre prendevano posto ad un tavolo, niente era cambiato; c’era ancora anche quel piccolo palco di legno sul quale la sera suonavano musicisti appassionati. Con una fitta di nostalgia Allison si ricordò di Elijah seduto alla tastiera, un sorriso rilassato sul viso mentre la guardava con quella dolcezza che riservava solo ed esclusivamente a lei. Non ricordava esattamente quanti anni prima fosse successo, ma decisamente troppi.

“Stai bene?” le chiese il suo amico.

“Sì” lei si sforzò di apparire tranquilla, ma si disse che non aveva senso mentire. Non a Lucas che si era rivelato un alleato e amico leale. “No, a dire il vero non proprio. Sono vicinissima a riavere Elijah e dovrei essere felice, giusto? Eppure ho questa strana sensazione alla bocca dello stomaco.”

“Anche io. Si chiama fame” scherzò lui cercando di farla sorridere. “Allison, tu sei la donna più caparbia che abbia mai incontrato. E sei anche la più forte, in tutti i sensi. Andrà bene, riavrai tuo marito e una volta che tutto sarà a posto, mi prenderò una meritatissima vacanza.”

Allison lo guardò perplessa. “Sei un idiota.” Gli disse accennando un sorriso. “Ma non avrei potuto fare niente di tutto quello che ho fatto senza il tuo aiuto. Sei prezioso per la Strige e sei un caro amico per me. Non sono sicura di avertelo detto, ma ti ringrazio Lucas, davvero.”

“Io ringrazio te” replicò Lucas con un lieve sorriso. “La Strige si faceva vanto di essere un’organizzazione nobile ma Tristan aveva fatto di noi un gruppo di mostri rispettati solo perché temuti. Credevamo di non avere altra scelta, ma tu hai cambiato le cose e adesso siamo rispettati perché ci siamo guadagnati quel rispetto nel modo giusto; io ero un soldato, per me questo è fondamentale.”

Rimasero per un attimo in silenzio, infine Allison fece un grosso respiro. “Okay, basta smancerie. Ti direi di ordinare da bere ma... ci hanno appena rovinato la giornata” disse voltandosi verso destra e sorridendo all’ultimo arrivato. “Marcel” lo salutò.

“Allison Morgan” cantilenò il vampiro, o qualunque cosa fosse. “Bella e senza paura esattamente come ricordavo. Cosa ci fai nella mia città?”

La cacciatrice guardò per un attimo Lucas e per lui quello fu il segnale che era il momento di andare. “Vengo a parlare di affari” fece cenno a Marcel di sedersi e lui lo fece. “Ma prima ordiniamo qualcosa da bere, credo che ne avremo bisogno.”

Marcel fece un gesto con la mano e il suo piccolo gruppo si sparpagliò per il locale. “Birra?” chiese alla donna.

“Birra sia!”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Hayley mise tutti gli ingredienti sul tavolo, tirò fuori dalla borsa il cellulare e si prese un attimo per recuperare le forze e soprattutto per trovare il coraggio. Guardò le bare che contenevano la sua famiglia, la famiglia di Hope, quella di Allison e si domandò cosa stesse facendo lei. Le aveva scritto prima ma non aveva ricevuto alcuna risposta e, per un attimo, si pentì di non aver insistito per andare con lei. Avrebbe dovuto farlo, anche se non erano questi i piani, anche se non era in quel modo che avevano deciso di affrontare quel fatidico momento. Ricordava ancora il giorno in cui ne avevano parlato, un anno prima, quando avevano creduto – anche se solo per un attimo – di avercela fatta.

Tu prendi gli ultimi ingredienti, io vado a prendere Klaus e questo è quanto. E considerate le cose che erano successe l’ibrida era stata d’accordo. Quando poi però le loro speranze si erano frantumate, Allison era stata chiara. Non è andata come previsto stavolta, ma quando il giorno giusto arriverà... beh il piano rimane uguale. Tu hai una figlia, quindi io mi prenderò la parte più complicata. Hayley non aveva obiettato neppure quella volta e, solo ora se ne rendeva conto, era stato per una genuina forma di paura; paura che sarebbe morta e sua figlia sarebbe dovuta crescere senza una madre. La sua amica aveva una chance visto che...

Sobbalzò quando il suo telefono prese a squillare e respirò a fondo prima di rispondere. “John” disse poggiando il cellulare sul tavolo e sollevandosi le maniche della t-shirt. “Iniziavo a temere che non mi avresti richiamata.”

“Scusa tesoro” le disse lui. “Ero un po’ impegnato. Allora... a quanto pare il grande momento è arrivato. Pronte a svegliare la vostra personale strega?”

“Sono pronta” l’ibrida annuì, quasi come se John potesse vederla. “Facciamolo John! Voglio che Elijah sia sveglio quando Allison tornerà, voglio... farle questo piccolo regalo, lei ha fatto molto per me e Hope.”

John rise. “Perdonami, mi fa strano pensare a voi due come migliori amiche. Mi ricordo ancora di quando litigavate. L’hai anche morsa se non sbaglio.”

“Sì beh” Hayley scosse il capo quasi divertita, perché sapeva che John si stava divertendo parecchio. Non c’era malizia nelle sue parole, solo giocosità. “Le cose cambiano. A volte vorrei ancora ucciderla sai? E credo che il sentimento sia reciproco, ma è la mia famiglia, mia sorella... e le voglio bene. Anche Hope gliene vuole e io sono grata al cielo o a chiunque l’abbia portata nelle nostre vite, che mia figlia abbia una donna come lei nella sua vita.”

Constantine rimase in silenzio per qualche secondo, infine sospirò. “Oh che io sia dannato!” esclamò. “Sei sentimentale in modo quasi fastidioso. Svegliamo Freya ora, è meglio.”

Lei ridacchiò. “Cosa devo fare?”

“Metti tutti gli ingredienti insieme come nelle istruzioni che io e Freya ti abbiamo lasciato, poi fai silenzio mentre recito l’incantesimo.”

Hayley eseguì passo passo. Dopo dieci minuti Freya aprì gli occhi e scattò seduta. “Hayley” mormorò.

“Ah, sì. Ce l’abbiamo fatta!” esultò John. “Ben tornata dolcezza. Ora devo andare, telefonatemi quando Allison torna.”

Riattaccò e Hayley strinse Freya in un abbraccio carico di sollievo e speranza.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Una visita di qualche minuto era tutto quello che Allison era riuscita ad estorcere a Marcel. Solo per assicurarmi che stia bene, gli aveva detto. Poi potremo discutere di tutto il resto. Il vampiro aveva piegato il capo e aveva parlato con decisione; Puoi vederlo, solo per qualche minuto e non discuteremo di nulla dopo che lo avrai fatto. Te ne andrai e basta.

Lei aveva accettato ma aveva omesso di dirgli che non era esattamente come credeva lui che sarebbero andate le cose. Quando arrivarono alla tenuta la cacciatrice si guardò intorno e sentì una grande tristezza invaderla; quel posto che un tempo era pieno di eleganza, sfarzosità, vita, ora era ricoperto da erbacce, scuro e polveroso. Un gruppo di vampiri, lo stesso che aveva accompagnato Marcel al bar era già lì ad attenderli quando arrivarono. Una si avvicinò non appena li vide entrare.

“Così sei tu la famosa Allison Morgan. Ho sentito parecchio parlare di te” le disse con tono quasi sarcastico.

Allison le sorrise senza scomporsi. “Io invece non ho mai sentito parlare di te, anche se so chi sei, conosco la tua storia.”

“Sul serio?” continuò lei con tono impertinente. “Credi di conoscere la mia storia?”

“La tua storia” le disse l’altra avvicinandosi poco. “È praticamente uguale alla storia di tutti quelli che hanno incrociato Klaus e che sono ancora vivi per raccontarlo; salvi per miracolo mentre le persone che amavano... beh il miracolo non si è esteso anche a loro. Sofya Voronova, l’ultima della tua stirpe. Ancora qui, per raccontare la tua storia, solo perché per qualche strano caso ti trovavi altrove mentre le persone a te care venivano massacrate da Klaus. Non sei così speciale” Sofya si irrigidì, Allison potè vedere il suo mento tremare mentre provava a controllarsi. “Vuoi colpirmi?” le chiese. “Coraggio, fai pure.”

“Adesso basta!” intervenne Marcel facendo un cenno a Sofya prima di rivolgersi ad Allison. “Piantala e seguimi prima che cambi idea.”

La cacciatrice alzò le mani capendo che aveva dato fiato alla bocca senza pensare; umiliare Sofya sminuendo la sua perdita non era sua intenzione, ma era successo. “Mi dispiace” si scusò guardandola. “Mi dispiace per la tua famiglia, ma cerchi una vendetta che non avrai mai. Morirai nel tentativo di averla e anche se ti sembra nobile adesso, quando i denti di Klaus affonderanno nel tuo collo o la sua mano ti attraverserà il petto... in quel momento vorrai solo poter tornare indietro per abbandonare i tuoi sogni di vendetta e vivere la tua vita. Fallo finchè sei in tempo.”

Seguì Marcel senza aggiungere altro e salì insieme a lui su per le scale fino ad una stanza che non ricordava neppure esistesse. Entrarono entrambi e lo sguardo della donna si posò subito su Klaus, seduto a terra di spalle, curvo e in disordine.

“Cosa vuoi Marcel? Sei venuto a tormentarmi?” chiese senza voltarsi.

L’altro scosse il capo. “Mi piacerebbe, ma hai una visita.”

Klaus si alzò e solo allora Allison notò le catene che lo tenevano legato. “Un altro nemico da uccidere? Oggi non sono in vena.” Si voltò e il suo sguardo si fermò su di lei. Gli occhi chiari gli si riempirono di lacrime mentre un sorriso gli piegava le labbra. “Ciao, guerriera” mormorò.

La donna gli sorrise avvicinandosi. “Ciao Klaus. Scusa se ci ho messo tanto.”

Lui scosse il capo e avanzò di qualche passo, lasciandosi andare nel calore dell’abbraccio che Allison gli riservò. “Non importa. Sapevo che saresti venuta, che avresti mantenuto la tua parola.”

“Lo faccio sempre” Allison ruppe l’abbraccio, ma gli strinse il viso tra le mani per qualche secondo. “Ora andiamocene da qui.”

“Non credo proprio!” esclamò una voce irritante e rude, e tre vampiri fecero la sua comparsa.

“Sapevo che non avresti rispettato i nostri accordi” aggiunse Marcel. “Lui non va da nessuna parte, ma tu sei libera di farlo. Non voglio farti del male.”

La cacciatrice rise voltandosi. “Mi piacerebbe che ci provassi” gli disse. “A farmi del male intendo. Sì, vi prego,” guardò gli altri tre. “Fatemi infuriare, così potrò uccidervi senza sensi di colpa.”

Uno degli uomini di Marcel si fece avanti e la attaccò. Lei bloccò il colpo con una mano, l’altra la alzò e poggiò due dita sulla fronte del suo avversario. “Avrei voluto farlo con le buone maniere, ma non mi lasciate altra scelta” chiuse per un istante gli occhi e il vampiro su cui le sue dita erano poggiate iniziò a essiccarsi, poi a disintegrarsi fino a diventare un mucchietto di polvere che si dissolse trasportata via da un vento innaturale.

Gli occhi dei rimasti si tinsero di perplessità e spavento. “Allora Marcel,” mormorò lei togliendosi la giacca. “Ti va di riconsiderare la mia offerta?”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6. ***


6.

 

 

 

 

 

Marcel la guardò per un lungo istante, cercando in quegli occhi nocciola una prova che non fosse Allison. Perché non poteva essere lei, giusto? La donna che ricordava era senza dubbio forte e astuta, ma quello a cui aveva appena assistito superava di gran lunga tutto... tutto quello che avesse mai vissuto nei suoi secoli di vita. Quello sguardo però apparteneva alla cacciatrice, aveva quella luce inconfondibile.

“Cosa diavolo sei?” chiese uno dei suoi. E solo allora Marcel distolse lo sguardo.

Allison fece un grosso respiro. “Questa è una lunga storia che però non vi racconterò. C’è prima qualcun altro a cui devo raccontarla, voglio che sia il primo. Senza offesa” disse loro sarcastica. “Ora, mio caro principe di New Orleans...” disse guardando Marcel.

Lui sbottò, interrompendola. Gli occhi gli si venarono e si posarono su Klaus per un istante. “Non sono il principe della città! Io sono...”

“Ti prego!” Allison alzò una mano per zittirlo. “Se stai per dire che sei il Re, risparmia il fiato. Ho sentito fin troppe cazzate ultimamente. Senti, non voglio farti del male, okay? Voglio solo prendere Klaus e andarmene da questa città per sempre. Ecco la mia proposta; ci lasci andare, nessuno viene ucciso e non ci rivedrai mai più. Hai la mia parola.”

“La tua parola?” rise Marcel. “Forse un tempo sarebbe valsa qualcosa, ma ora conta praticamente zero. Se c’è una cosa che ho imparato in questi ultimi anni, Allison, è che non puoi fidarti di nessuno.”

La si inumidì le labbra, si voltò e con un gesto deciso liberò Klaus dalle catene che lo tenevano prigioniero. “Sai, Marcel” gli disse tornando a guardarlo, dopo aver fatto un cenno all’ibrido Originale di star fermo. “Quello che hai appena detto mi ha fatto riflettere su una cosa; ho un ricordo molto chiaro di te. Eri misericordioso e gentile. Eri un po’ impulsivo forse, ed eri determinato ad avere  il rispetto che meritavi, che ti eri guadagnato. E guardati ora... cammini con un gruppo di vampiri che ti fanno da scorta e ho notato che ti guardi in giro con circospezione. I tuoi occhi sono pieni di incertezza, di domande, di diffidenza.” Si mosse poco, lo sguardo di tutti la seguì. “Trovavo tutto questo familiare in qualche modo e non sapevo come esattamente. Poi ho capito. Sei diventato esattamente come colui che tanto dici di disprezzare...” indicò Klaus con un dito.

Lo sguardo scuro di Marcel si mosse tra lei e Klaus, l’ibrido teneva gli occhi fermi su di lui, ridotto ad una semplice ombra del glorioso Mikaelson. Non glielo avrebbe detto, ma in fondo pensava che Allison avesse ragione. Non aveva fatto nulla per diventare come Niklaus Mikaelson, anzi aveva provato ad evitare che accadesse, eppure tutti quei sentimenti che la cacciatrice aveva elencato gli erano incredibilmente familiari, troppo.

Ripensò a Davina, poi alla mano di Elijah che gli strappava il cuore su quel ponte. Accetta la sua proposta e liberati di loro una volta per tutte si disse. Della parola di Allison sapeva di potersi fidare, in verità. Ma in quella... creatura potente che gli stava di fronte, quanta Allison era rimasta?

Fece un segno col capo ai suoi uomini e quelli sparirono. “Proverò a prendere in considerazione la tua offerta” disse proprio a lei. “Ma a due condizioni.”

“Sono tutta orecchi” lei gli diede le spalle e sorrise a Klaus prendendo nella tasca della giacca una sacca di sangue. L’Originale la bevve tutta d’un fiato.

“Negli ultimi cinque anni, diversi nemici sono venuti a bussare alla mia porta; volevano la possibilità di avere vendetta, di far soffrire Klaus. Il punto è che lui non può essere ucciso, se non dalla quercia bianca.”

“Lasciami indovinare” prese la parola lei. “Visto che non esiste più nessuna quercia bianca e quindi Klaus non può essere ucciso, questi... nemici di cui parli vogliono prendersela con il resto della famiglia ma non sapendo dove trovarli hanno bisogno del suo sangue per rintracciarli.”

“Puoi biasimarli per questo desiderio?” la donna non replicò, così Marcel continuò. “Ad ogni modo, le poche persone a cui ho dato questa possibilità hanno fallito miseramente.”

Klaus ridacchiò attirando la loro attenzione. Aveva ripreso un po’ di colore ma Allison sperò che non si sarebbe messo a fare il prepotente come al suo solito. Non era quello di cui avevano bisogno.

“Molti continuano a venire” riprese l’altro. “Ho detto ai miei che tu, Hayley ed Hope siete off-limits, ma non posso fermare tutti i nemici dei Mikaelson e iniziano ad infastidire l’equilibrio della mia città.”

“Taglia corto Marcel” lo esortò Allison. “Cosa vuoi che faccia esattamente? Che mi metta a dare la caccia a tutti quelli che ti infastidiscono per colpa di Klaus?”

“No” lui scosse il capo. “Solo ad uno. Alistair Duquesne.”

“Questo nome mi suona familiare” mormorò Klaus avanzando poco, rigenerato da quel piccolo pasto.

“Forse perché lo hai trasformato e dopo soggiogato affinchè uccidesse sua moglie e sua figlia.”

Allison chiuse gli occhi scuotendo poco il capo. Non sarebbero bastate trecento vite per rimediare agli errori di Klaus, sperava che Elijah non avrebbe ricominciato a provarci una volta sveglio. Il pensiero di suo marito le fece abbozzare un sorriso e per un attimo guardò la sua fede nuziale. Solo un’ultima volta, si disse. “Dimmi dove trovarlo e te lo leverò dai piedi.”

“Sarà qui tra poco” le fece sapere Marcel. “Avevo deciso di concedergli la possibilità di divertirsi un po’.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Lo zio Matt ed io siamo andati a pescare. Ho preso un pesce grandissimo. Ma poi lo abbiamo lasciato andare.”

Hayley rise. “Sembra che voi due vi stiate divertendo parecchio.”

“Sì, ma mi manchi mamma. E mi manca anche la zia Allison. Posso salutarla?”

La donna deglutì a vuoto. “La zia Allison non è qui al momento. È andata ad occuparsi di alcune commissioni. Ma sarà qui quando tu e lo zio Matt tornerete, ci sarà anche il resto della famiglia.”

“Promesso? Conoscerò finalmente il mio papà e gli zii di cui voi mi raccontate sempre?”

L’ibrida rimase un secondo in silenzio prima di parlare. “Sì, promesso. Devo andare adesso. Ti voglio tanto, tanto bene, lo sai vero?”

“Te ne voglio anche io mamma. Ti ripasso lo zio Matt.”

Hayley attese qualche secondo, poi Matt parlò.

“Hai notizie di Allison? Ho provato a telefonarle almeno dodici volte e non sono mai riuscito a parlarci.”

“Ci ho provato anche io, ma è stato inutile.”

“Credi che stia bene?”

“Penso di sì, voglio dire... se qualcuno ha una possibilità di riuscire quella è senza dubbio lei, considerato... beh lo sai.”

“Sì” Matt fece un grosso respiro. “Ti prego, tienimi aggiornato. Su tutto.”

Lei guardò Freya che le faceva cenno con  la mano e annuì in risposta. “Lo farò. Devo andare ora Matt, Freya sta per svegliare gli altri.”

“Buona fortuna e non preoccuparti per Hope. Mi prendo cura di lei.”

“Lo so” Hayley sorrise. “A dopo.” Riattaccò e con un grosso respiro raggiunse la maggiore dei Mikaelson.

“Sono ancora un po’ debole” le disse proprio lei. “Ho bisogno di incanalare un po’ della tua energia.”

“Qualunque cosa” annuì Hayley. “Dimmi cosa devo fare.”

“Ti basterà stringermi la mano e concentrarti.” Freya si schiarì la voce. “Prima di cominciare però ho bisogno di chiederti una cosa.”

“Cosa?”

“Perché Allison è andata da sola a liberare Klaus? E se pensi che ti basterà farfugliare qualcosa come risposta, immagina quale sarà la prima cosa che vorrà sapere Elijah una volta sveglio.”

L’altra respirò a fondo. “Svegliamoli, poi vi dirò quello che posso.”

Freya annuì, poi chiuse gli occhi e ripassò mentalmente l’incantesimo prima di recitarlo ad alta voce; una volta per ciascuno. Pochi minuti e tutto tornerà alla normalità disse tra sé e sé. Sperò che quel risveglio sarebbe stato l’inizio di qualcosa di bello e nuovo. La prima ad aprire gli occhi fu Rebekah che scattò a sedere con gemito. Poi Kol con un urlo. L’ultimo fu Elijah e lo fece con l’eleganza di sempre.

“Che io sia dannata!” esclamò la bionda vampira. “Ve ne è servito di tempo!” aggiunse guardando Hayley con un sorriso.

Lei invece pianse e lo fece pensando ad Allison.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Ad Allison venne concesso un po’ di tempo per riordinare le idee e anche per rimanere da sola con Klaus. “Allison” le chiese il suo amico approfittando di quel minuto di privacy. “Cosa ti è successo? Quello che hai fatto a quel vampiro...”

Lei respirò a fondo leggendo un messaggio di Hayley. Si sentì sollevata e le venne voglia di piangere. Ma si disse che non era quello il momento. Non disse a Klaus cosa le aveva appena comunicato la madre di sua figlia, né mostrò alcuna emozione. Sapeva che c’erano orecchi indiscreti ad ascoltare, forse persino occhi ad osservare.

“Come ho già detto, è una lunga storia. Te la racconterò a tempo debito, ora devi andartene.”

“Andarmene? Di che parli?”

“Alistair vuole il tuo sangue Klaus, se riuscisse a prenderne anche solo una goccia, trovando la giusta strega potrebbe fare di tutto. E abbiamo troppo da perdere per permettere che questo accada. Quindi ora te ne andrai da qui e lascerei me ad occuparmi di tutto.”

“No” Klaus scosse il capo. “Non me ne vado se tu non vieni con me.”

“Ho promesso ad Hope che ti avrei riportato da lei ed è quello che farò. Vuoi davvero discutere con me? Dopo aver visto quello di cui sono capace?” Allison abbozzò un sorriso notando che il suo amico si era irrigidito. “È perfetta Klaus” gli sussurrò. Hayley è una madre meravigliosa e le ha raccontato solo cose belle su di te.”

Klaus sentì gli occhi riempirsi di lacrime, abbassò lo sguardo per un istante e poi lo rialzò su di lei. “Anche se volessi fare come dici, non saprei come. Questa città è piena di vampiri, Marcel ha praticamente un esercito, credi che mi lasceranno uscire dalla porta principale?”

“Chi ha mai parlato di uscire dalla porta?” la cacciatrice tese la mano. “Dammi la mano e rilassati” gli disse. “Fammi solo un favore; di’ ad Elijah che lo amo, più di ogni altra cosa al mondo. Sempre e per sempre” trattenne le lacrime. “A presto Klaus.”

Un secondo e l’ibrido era sparito. Allison respirò a fondo, poi scese di sotto e trovò ad attendere un corposo gruppo di vampiri. Poteva sentire la loro energia vibrare; un branco di creature selvagge, assetate e con scarso autocontrollo.

“Dove diavolo è Klaus?” le domandò Marcel raggiungendola.

“Se ne è andato. E non mandare i tuoi a cercarlo perché non lo troveranno. Ha già lasciato la città” gli spiegò lei. “Quale di quei selvaggi è Alistair?” domandò indicandoli con un dito.

“Nessuno, non è ancora arrivato.”

“E questi vampiri sarebbero?”

“Hanno saputo che eri in città e volevano affrontarti di persona” le spiegò Marcel. “Ti sei fatta una reputazione piuttosto... importante negli ultimi cinque anni. E al contrario del passato, non in senso positivo.”

Allison ridacchiò. “Tutti questi vampiri sono qui per me, quindi? Sono lusingata” scherzò guardandoli. “Ma non ho tempo né voglia adesso.” mosse la mano facendola roteare piano e quell’intero gruppo di vampiri cadde in terra, il rumore del loro collo che si spezzava riecheggiò nella grande casa.

Marcel e gli altri rimasti in piedi, indietreggiarono spaventati. Fu allora che Alistair fece il suo ingresso.

 

 

 

                                                                                                      

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7. ***


7.

 

 

 

 

 

 

“Niklaus!” Elijah lo guardò da capo a piedi diverse volte, posò la sacca di sangue dalla quale stava bevendo e gli si avvicinò piano mentre anche gli altri si avvicinavano. “Niklaus” ripeté incredulo, confuso.

Sì, confuso era la parola più giusta per descrivere il suo ritorno al mondo reale. Era sveglio da mezz'ora circa e tutto quello che aveva capito era che si trovavano a casa di Allison a Los Angeles e che lei era andata a New Orleans a liberare Klaus. Lo stesso Klaus che ora gli stava davanti. Lei però non c'era.

Non aveva ancora compreso perché il piano che Hayley gli aveva raccontato, tanto velocemente quanto superficialmente, comprendesse Allison che andava a New Orleans e l'Ibrida che invece rimaneva a casa nonostante avesse più possibilità di riuscita. Il suo primo pensiero era stato che lo avesse fatto per Hope, ma lei era stata chiara riguardo a questo punto: non è questo il motivo e posso giurarti che Allison starà bene, gli aveva detto. Lui non sapeva come ed era incredibilmente preoccupato.

L'arrivo di suo fratello, solo, non aveva fatto altro che peggiorare quella sensazione; non era esattamente così che aveva immaginato di svegliarsi. Dentro la Chambre de Chasse mentre cinque lunghi anni passavano, lui aveva fantasticato su diversi scenari per il giorno del loro ritorno. In tutti Allison era lì ad aspettarlo, con quel suo bellissimo sorriso e quel profumo di famiglia che soltanto lei aveva. Non era andata come sperato.

“Fratello” gli disse Klaus stringendolo in un abbraccio, facendo poi lo stesso con Rebekah, Kol, Freya, persino Hayley. “È così bello rivedervi dopo tanto tempo. Hope... dov'è nostra figlia?” chiese all'Ibrida.

Hayley fece un grosso respiro trattenendo il pianto, cercando di trasformare il sollievo in sorriso. “È in campeggio con Matt. Dopo aver trovato tutti gli ingredienti per svegliarvi, visto che non sapevamo cosa aspettarci, abbiamo pensato che fosse meglio portarla lontano da qui per un po'.”

Klaus annuì; voleva vederla più di chiunque altro ma trovava logica e giusta quella scelta.

“Niklaus” gli disse Elijah cercando il suo sguardo. “È stata Allison a liberarti?”

“Sì” l'Ibrido si mise a sedere ricordandosi della sua amica che era rimasta a New Orleans, ricordandosi che lo aveva spedito a casa con un gesto di mano. “Mi ha anche mandato qui con... non so come abbia fatto. Mi ha sfiorato con due dita e mi sono ritrovato qui e prima di questo lei...”

"Lei cosa?" domandò Hayley avanzando di qualche passo.

“Ha ucciso uno degli uomini di Marcel toccandogli la fronte. Quel vampiro si è essiccato fino a diventare polvere.”

Elijah sentì gli occhi di tutti poggiarsi su di lui, i suoi si poggiarono su Hayley. Lei sentì la responsabilità pesarle sulle spalle: aveva promesso ad Allison che non avrebbe detto agli altri quello che le era successo. Devo essere io a farlo, soprattutto devo essere io a dirlo ad Elijah, questi erano gli accordi, che però non avevano tenuto conto della possibilità che lei non sarebbe stata lì al risveglio degli Originali.

“Hayley” la voce di Elijah suonò decisa, quasi severa. “Voglio sapere cosa sta succedendo e voglio saperlo adesso!” esclamò. “Voglio sapere perché mia moglie è a New Orlean ad affrontare quella... bestia che Marcel è diventato.”

“Non era questo il piano” la donna respirò a fondo. “Lei doveva tornare con Klaus, non spedirlo qui da solo” tirò fuori il suo cellulare. “Telefono a Matt.”

“Non se prima non rispondi alla mia domanda” disse ancora l'Originale in completo. “Che cosa sta succedendo?”

“Non posso dirtelo!” replicò lei guardandolo. “Le ho promesso che non lo avrei fatto perché vuole essere lei a farlo, una volta che saremo di nuovo tutti insieme.”

“Starà bene?” chiese Rebekah poggiando una mano sulla spalla del suo fratello maggiore. “Dicci solo questo almeno.”

“Starà bene. Ve lo assicuro” annuì lei cercando il numero di Matt in rubrica.

“Come facciamo a stare qui dentro?” domandò Kol guardandosi intorno. “Senza un invito.”

“Come fai vorrai dire” precisò Hayley. “Noi siamo stati tutti invitati ad entrare tanto tempo fa. Ad ogni modo, visto che non potevi essere invitato considerata la tua condizione, la casa è stata intestata a Matt per il momento, ma sarà di nuovo di Allison non appena lei ritornerà a casa.”

Elijah allentò la cravatta. “Andiamo a prenderla, ora.”

“No” l'Ibrida scosse il capo. “Aspettiamo Matt, non andremo senza di lui.”

“Perché dobbiamo andare a prenderla?” Kol allargò le braccia. “Klaus ha detto che ha rinsecchito un vampiro solo toccandolo; anche senza sapere cosa sta succedendo, direi che non ha bisogno del nostro aiuto.”

“Stai suggerendo di lasciare mia moglie a combattere le nostre battaglie, mentre noi facciamo cosa, ci godiamo il nostro risveglio in casa sua?”

“Tua moglie sa cavarsela Elijah, e il morso di Marcel non è letale per lei come lo è per noi.”

Freya incrociò le braccia sul petto. “Allison è parte della famiglia.” disse a suo fratello.

Hayley invece si avvicinò minacciosa al vampiro, gli occhi dorati mentre la rabbia e la paura prendevano il sopravvento. “Non lasceremo Allison da sola a New Orleans, aspetteremo che Matt arrivi e se per allora lei non ci avrà dato sue notizie, andremo a prenderla. Non saresti qui se non fosse per quello che lei ha fatto in questi cinque anni; si è presa il brutto, il marcio, si è presa tutto il difficile cosicché io non dovessi farlo, per mia figlia, tua nipote” gli disse. “Ha dato ad Hope una casa grande e sicura, una camera da letto degna di una principessa, le ha dato amore e protezione. Le ha dato fiducia e sicurezza e tutto quello che desiderava. A me ha dato l'amore di una sorella e a volte apriva la tua bara e ti metteva col viso verso il sole perché pensava che meritassi di sentire il calore addosso. A te” disse guardando Rebekah. “Ha pettinato i capelli ogni volta che ha potuto perché sa che ci tieni ad essere in ordine e per te, Freya, ha scritto un diario con tutte le evoluzioni della magia di Hope perché sapeva quanto fosse importante per te aiutarla con i suoi poteri. Pensava che ti dispiacesse non essere qui a vederla diventare la strega che hai sempre detto sarebbe diventata. Andremo a prenderla e se tu non vuoi venire puoi benissimo startene qui da solo!” guardò di nuovo Kol, mentre il suo cellulare squillava.

Elijah si mise a sedere, entrambe le mani sul viso. Piegandosi in avanti per poggiarsi al tavolo, si accorse di qualcosa nella tasca interna della sua giacca. Guardando meglio capì che si trattava di una busta e ci pensò diverse volte prima di prenderla; fuori la calligrafia ordinata di Allison aveva scritto: Per El. Rimettendosi in piedi e dando le spalle agli altri, fece un grosso respiro e la aprì.

Ciao El, se stai leggendo queste parole, vuol dire che qualcosa non ha funzionato come doveva e al tuo risveglio non ho potuto essere lì per stringerti forte. Avrei voluto, credimi, ma le cose sono complicate. Sono certa che ci vedremo presto e dunque, questa lettera, l'ho scritta solo nel caso in cui... si dice così vero?

Non mi dilungherò perché io e te non abbiamo bisogno di parole, ci è sempre bastato guardarci negli occhi per leggerci dentro un mondo intero. Questa è solo una promessa, la più importante tra tutte quelle che potrei fare: ti amo, ti ho amato e ti amerò... sempre e per sempre.

Sii felice Elijah, qualunque sia la tua felicità.

Allison.

Con gli occhi pieni di lacrime, l'Originale si strinse quel foglio sul cuore. Sii felice, c'era scritto; non poteva esserlo senza di lei.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison fece un grosso respiro mentre l'ultimo vampiro andava al tappeto; la facilità con cui aveva sconfitto gli uomini di Alistair, uno dietro l'altro, era disarmante. Sapeva di poter fare molto, tutto quello che prima era impensabile, ma aveva la sensazione che non lo stesse facendo nella maniera giusta. Una volta aveva visto Castiel usare quella stessa quantità di energia in modo molto veloce ed efficace, ma non credeva di essere capace di replicare.

In quell'improvvisato fight-club che Alistair aveva messo su nessuno si aspettava di vederla battere tutti quei vampiri. Marcel non aveva smesso di guardarla con occhi confusi e sorpresi, in quelle iridi scure Allison ci aveva visto anche un briciolo di paura. Sembrava cercare una risposta alle tante domande che, lei credeva, gli stessero affollando la mente. Sofya gli stava accanto, fedele e formale chiusa in quella sua veste di orgoglio e desiderio di vendetta.

“Chi è il prossimo?” urlò fermandosi un attimo per riprendere fiato. Fece un giro su se stessa, i capelli scompigliati e il respiro corto, ma non sentiva stanchezza. Non aveva idea da quanto tempo stesse combattendo, ma ne aveva abbastanza. “Tutto qui? È stato più facile di quanto credessi.”

“Non cantare ancora vittoria” Alistair si tolse la giacca e arrotolò le maniche della camicia con cura. Quel gesto portò Allison indietro nel tempo a tanti anni prima. Si domandò se stessero tutti bene dopo il risveglio, se Elijah avesse trovato la sua lettera... Sperò di poterlo rivedere presto per cancellare le difficoltà degli ultimi cinque anni nella stretta delle sue braccia. Voleva quella bocca sulla sua, quelle mani sulla pelle, le dita tra i capelli. Un colpo al viso la scosse dai suoi pensieri, barcollò e per poco non cadde. Dal suo naso prese a scendere del sangue.

“Ti ho colta di sorpresa forse?” Alistair rise guardandola. “Non te l'hanno insegnato? La regola numero uno è mai abbassare la guardia. Stavo riflettendo... cercavo di decidere chi ucciderò dopo aver ucciso te: Rebekah” guardò per un attimo Marcel. “Oppure Hayley Marshall, oppure me la prenderò con il tuo elegante marito. E visto che stai combattendo con tanto onore, ed io questo lo rispetto, lo ucciderò velocemente. In fondo a me non importa di loro, quello che voglio è uccidere la figlia di Klaus e voglio che lui guardi mentre lo faccio.”

Allison sentì la rabbia montare. Alistair continuava a parlare, le sue vuote minacce le arrivavano ovattate e la infastidivano. “Smettila” mormorò. “Ho detto di smetterla!” urlò guardandolo. Dal suo corpo si irradiò una fortissima energia, i suoi occhi diventarono di un intenso blu. “Smetti di minacciare la mia famiglia.”

Il vampiro indietreggiò di qualche passo. “I tuoi occhi... cosa sei tu?”

“Sono la tua fine!” la cacciatrice decise che era ora di smetterla con quella perdita di tempo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8. ***


8.

 

 

 

 

 

 Elijah tirò fuori dal taschino il suo fazzoletto e lo srotolò con un colpo deciso, com’era solito fare. Il suo vestito scuro perfettamente abbinato a camicia, cravatta e scarpe, era solo uno dei tanti che aveva trovato in casa. Hayley gli aveva spiegato che Allison ne aveva comprati diversi nel corso di quei cinque anni perché era certa che ne avrebbe avuto bisogno una volta sveglio. Non ha mai smesso di farlo, neppure quando tutto sembrava remare contro di noi, perché era certa che avremmo trovato un modo, gli aveva raccontato. Per l’Originale era stato facile crederle; conosceva la caparbia di sua moglie, conosceva a determinazione che le accendeva lo sguardo ogni volta che doveva affrontare una difficoltà. Sapeva anche con quanta devozione lo amasse, cosa fosse pronta a fare per lui e questo lo spaventava.

Dio... non aveva smesso di avere paura da quando si era svegliato; quella sensazione non lo aveva abbandonato neppure per un attimo ed era certo che non lo avrebbe fatto fino a quando non avrebbe stretto Allison tra le braccia.

“Visto che doveva proprio esserci anche lui,” disse riferendosi a Matt. “Non poteva semplicemente raggiungerci a New Orleans?”

Hayley sospirò; capiva il nervosismo di Elijah, lo capiva davvero e odiava non potergli spiegare perché, quel terrore che gli si leggeva negli occhi, non avesse motivo di esistere.

“Sarà qui tra poco, Elijah. Che ne è stato della tua proverbiale pazienza?”

“L’ho persa nel momento in cui ho aperto gli occhi, dopo cinque anni, e mia moglie non era lì ad accogliermi perché stava affrontando Marcel e la sua... bestialità.”

“Senti, ti ho già detto che Allison starà bene. Il tuo nervosismo sta facendo innervosire tutti quanti e non è questo lo spirito con cui dovremmo affrontare questa cosa” sbottò l’Ibrida mentre Matt scendeva dall’auto dopo essere arrivato.

“Continui a dire che starà bene ma non capisco come. Ho bisogno di sapere perché sei così certa che quando arriveremo non sarà...” lasciò cadere la frase a metà perché pronunciare la parola che aveva pensato gli faceva venire la nausea.

“La famiglia Originale al completo. È quasi bello rivedervi tutti svegli!” li salutò Matt avvicinandosi e mettendosi di fianco ad Hayley. “Elijah” gli disse facendo un cenno del capo. “Pare che tu ti sia svegliato un po’ nervoso, a quanto ho sentito.”

L’Originale elegante abbozzò una risata. “Tu invece sembri tranquillissimo. Anche troppo considerato che tua sorella è da sola ad affrontare Marcel e il suo esercito. Ma in fondo non dovrei essere così sorpreso, visto che per anni l’unica cosa che hai provato a fare è stato ucciderla.”

Il maggiore dei Morgan fece un grosso respiro ignorando la provocazione; era spaventato per le sorti di Allison e poteva capirlo. Significava che l’amava e lui voleva solo amore per sua sorella. “Immagino che Hayley ti abbia spiegato che non hai nulla di cui preoccuparti.”

“Ah” si intromise Klaus. “Eccolo di nuovo; il misterioso motivo per cui non dovremmo temere per le sorti della coraggiosa Allison. Immagino che neppure tu ci dirai di più di così.”

Hayley e Matt si guardarono per un istante, con uno sguardo complice che sigillava quel segreto che Allison aveva chiesto loro di tenere.

“Sentite” disse loro Elijah, con ritrovata calma. “Ho capito che volete che sia lei a dirmi cosa sta succedendo, ma... quanto devo essere preoccupato?”

“Diciamo” gli rispose Matt. “Che se qualcuno morirà, non sarà di certo mia sorella. Ti dirà tutto lei una volta che saremo insieme, per ora posso dirti solo questo; una volta che ti avrà raccontato ogni cosa, più che mai avrà bisogno del tuo amore e del tuo supporto.”

“E li avrà. Avrà tutto ciò di cui ha bisogno e anche di più.” l’Originale si sistemò la cravatta. “Andiamo a prenderla adesso.”

Una ripassata al piano e furono pronti per muoversi. Arrivarono a New Orleans all’alba e la prima persona che andarono a trovare fu Josh; l’unico amico che era rimasto a Marcel. Lo trovarono dentro il St. James Infirmary a sistemare casse di birra nel retro dopo, supposero dallo stato in cui era il locale, una festa.

“Un po’ presto per bere, non credi?”

Josh sobbalzò, rimase un attimo immobile e infine si voltò e poggiò gli occhi sugli ultimi arrivati; li guardò uno per volta, chi aveva parlato per ultimo. “Elijah, è così bello vederti, vedervi tutti...” disse sarcastico mentre il suo sguardo si fermava su Klaus. “L’ultima volta che ti ho visto eri prigioniero di Marcel. Ah” sembrò illuminarsi. “È stata Allison a liberarti vero? Non sono sorpreso.”

Matt ed Elijah si guardarono per un istante, infine l’Originale si avvicinò al ragazzo. “Hai visto Allison? Quando?”

“Ieri. È venuta qui con quel tizio della Strige...” il tono di Josh si fece nervoso.

“Lucas” precisò Hayley.

“Sì lui. Ho telefonato a Marcel e quando è arrivato si sono messi a parlare, non so bene di cosa però. Tutto quello che ho sentito è che lei voleva raggiungere un accordo, o qualcosa del genere. Hey sentite, non per sottovalutare Allison, ma come ha fatto a liberarti?” chiese a Klaus.

“È piena di sorprese!” gli disse l’Ibrido. “Ora però parliamo di cose serie.”

Josh indietreggiò poco. “Del tipo?”

“Vogliamo sapere tutto ciò che serve sul piccolo esercito di Marcel; come si muovono, come sono organizzati, quanti dobbiamo aspettarci di trovarne alla tenuta.”

Il giovane valutò la situazione: parlare avrebbe fatto arrabbiare Marcel, non parlare avrebbe fatto infuriare i Mikaelson. Scelse il male minore. “Parecchi. Sofya è il braccio destro di Marcel e anche la sua amante, e questo è tutto quello che so. Anche se riuscite a recuperare Allison, comunque, come pensate di portarla fuori dalla città? È blindata.”

Klaus si ricordò di qualcosa e fece qualche passo avanti. “Dietro questo muro ci sono dei passaggi sotterranei, ricordo che mi avete raccontato di averli usati per portare fuori dalla città quei giovani lupi tanto tempo fa” si voltò a guardare Hayley che annuì.

“Ehm sì, ma non sarà necessario” disse Josh leggendo qualcosa sul suo cellulare. “Qualcuno dei suoi uomini vi ha visti entrare qui, infatti Marcel vuole vedervi tra quindici minuti alla tenuta, potete entrare dalla porta principale.”

Elijah lo guardò per un lungo istante, poi precedette gli altri fuori da quel posto.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

Allison richiuse la cella e guardò Marcel che le stava praticamente appiccicato. “Dammi un po’ di spazio per favore.”

Lui indietreggiò di poco per farla passare e la seguì al piano di sotto. Era lì dal giorno prima e se c’era una cosa che aveva capito su quella nuova Allison, era che non era davvero il caso di farla arrabbiare. Aveva preso il comando della sua casa, spezzando il collo di quelli che avevano provato ad affrontarla, con un gesto di mano. Non gli stava bene ma, come aveva spiegato a Sofya poco prima, era per proteggere loro che stava al gioco della cacciatrice.

Non sapeva ancora cosa le fosse successo e anche se era certo che non gli avrebbe risposto, decise che era il caso di chiedere di nuovo. “Cosa ti è successo in questi anni? Sei... diversa.”

“Mi pare evidente” gli disse lei. “Ma come ti ho già detto, è una lunga storia che non posso ancora raccontarti. Anche tu sei diverso comunque; paranoico e sospettoso e per nulla macho come vuoi far credere.”

“Di cosa stai parlando?”

“Te la si legge negli occhi Marcel, la paura. Mi guardi e non sai con cosa hai a che fare quindi indossi la tua maschera da duro e fingi che tutto sia sotto controllo. Però hai mandato via Sofya e questo mi fa pensare che in fondo un po’ del vecchio Marcel sia rimasto in te; temevi che le avrei fatto del male e così hai voluto proteggerla. Rilassati, non hai motivo di avere paura di me.”

“Non ne ho infatti!” replicò lui fermandosi e costringendo anche lei a fare lo stesso. “Voglio sapere perché hai fatto Alistair prigioniero invece di ucciderlo.”

“Quel tizio è stato trasformato e poi soggiogato ad uccidere sua moglie e sua figlia, la sua sete di vendetta mi sembra giustificata, ucciderlo sarebbe stato... ingiusto, per così dire.”

“Ah quindi lo hai tenuto in vita per misericordia?”

“No” Allison scosse il capo. “Questa era solo una considerazione. L’ho tenuto in vita perché potrebbe avere informazioni utili.”

“Informazioni?”

“Sì, l’hai detto tu stesso; orde di nemici sono venuti nel corso degli anni, forse lui ne conosce altri, può aiutarci a prevedere le loro mosse.” La donna si accorse che c’era movimento; gli uomini di Marcel si stavano mettendo in posizione. “Che succede?” domandò proprio a lui.

“Si preparano per accogliere gli ospiti che stanno per arrivare.”

“Quali ospiti?” Allison si irrigidì appena percependo tante diverse energie. Erano tutte familiari, una più di tutte. “Elijah” sussurrò voltandosi ed incontrando gli occhi scuri di suo marito.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Allison” l’Originale fece qualche passo avanti senza staccare gli occhi dalla donna. Tutto quello a cui riusciva a pensare era quanto fosse bella, quanto gli fosse mancata.

“Non così in fretta!” esclamò Marcel facendo cenno ad alcuni dei suoi che si posizionarono davanti ad Elijah. “Prima parliamo.”

“Parlare di cosa?” Rebekah gli si avvicinò. “Di come hai morso due dei miei fratelli condannandoli a morte e torturato l’altro per cinque lunghi anni?”

“Voglio abbracciare mia moglie, ma voi mi siete di ostacolo” Elijah mise le mani nelle tasche guardando i due vampiri che gli intralciavano il passaggio. “Spostatevi. Non lo chiederò di nuovo.”

“Ally” Matt la richiamò all’attenzione guardando il resto dell’esercito di Marcel accerchiarli. “Le cose si stanno facendo un po’ tese qui. Ti dispiace...”

Lei sembrò ridestarsi, con gli occhi ancora fermi su Elijah schioccò le dita e Marcel e i suoi uomini caddero in terra addormentati. Senza aspettare ancora raggiunse il suo uomo e gli prese il viso tra le mani; le loro labbra si incontrarono per un lungo istante poi la bocca di Elijah le baciò ogni angolo di viso, le braccia intorno alla sua vita. “Ciao” le mormorò guardandola con gli occhi pieni di lacrime.

“Ciao” replicò lei piangendo e sorridendo al tempo stesso. Accarezzò quel viso bello che le era mancato e sentì di poter respirare meglio. “Ci sono tante cose che devo dirti, partendo da quello che hai appena visto.”

Lui annuì senza staccarle gli occhi di dosso, senza staccare lo sguardo dalla sua bocca rosata. “Abbiamo tempo per quello” le accarezzò i capelli con una mano. “Voglio solo sapere se stai bene adesso.”

“Sto bene” Allison lo baciò di nuovo. “Fammi andare a salutare gli altri, così poi posso dirvi cosa sta succedendo.” Elijah la guardò allontanarsi e abbracciare il resto della famiglia, tutta quanta. Non ne era sicuro ma gli sembrava di aver visto qualcosa nei suoi occhi, una specie di scintilla... forse era stata la sua immaginazione, la fame, la gioia di rivederla.

“Ora che ci siamo tutti” disse proprio lei guadagnando il centro della stanza, baciandogli il palmo della mano mentre gli passava accanto. “C’è qualcosa che devo mostrarvi. Vi spiegherò come e quando è successo dopo, per il momento mi limiterò a farvelo vedere.” Uno sguardo ad Hayley che annuì con un sorriso ed Allison fu pronta.

Si concentrò e si alzò un vento leggero. Dietro le sue spalle comparvero due grandi ali; una bianca ed una nera. Le sue iridi si colorarono di blu e il suo corpo venne percorso da una leggera luce bianca che sparì pochi secondi dopo.

“Che io sia dannata!” esclamò Rebekah guardandola a bocca aperta. “Sei un angelo ora?”

Lei scosse il capo senza staccare gli occhi da Elijah. Suo marito la fissava con aria sorpresa ma con il solito amore. Fu un sollievo vedere che non c’era timore in quello sguardo scuro. “Sono un Nephilim” spiegò. “Metà umana, metà Arcangelo”

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9. ***


9.

 

 

 

 

 

“Com’è successo?” Elijah la guardò per un lungo istante. Quelle ali creavano un’ombra in tutta la stanza; pian piano si sfocarono fino a sparire. Le parole di Hayley ebbero finalmente un senso, tutte quante. Non devi preoccuparti gli aveva ripetuto, sarà lei a dirti tutto. Quel tutto non lo conosceva ancora ed era certo che fosse una storia complicata.

Lei deglutì a vuoto e si schiarì la voce. “È una lunga storia, ma cercherò di farla breve” si guardò intorno e fece un grosso respiro. “Mio padre non era mio padre.”

“Cavolo, quando hai detto breve intendevi davvero breve” le disse Kol guadagnandosi gli sguardi perplessi di tutti. “Cosa?”

“Allison” le disse Elijah avvicinandosi. “Cosa... che vuol dire che tuo padre non era tuo padre? Non era un essere umano?”

“No, lui era un essere umano. È solo che non era il mio vero padre.”

“E il tuo vero padre è un... angelo?”

“Un arcangelo, il primo creato da Dio, il più potente. So poco di lui; il suo nome e dove trovarlo ma non siamo in contatto, per così dire.”

“Perché no?” chiese Rebekah guardandola con un sorriso accennato.

“Lui non...” Allison abbassò lo sguardo e lasciò morire la frase a metà. Non le andava di dire loro che l’unico incontro che aveva avuto con il suo padre biologico era andato male, anzi di più. Non le andava di dire loro che quell’Arcangelo chiuso dentro il corpo di un uomo di mezza età la considerava un fallimento, un errore. Sperò che qualcuno la togliesse da quell’imbarazzo che sentiva pesarle sulle spalle.

Fu Elijah a farlo e prendendole la mano se la portò alla bocca per baciarla. “Non devi parlarne adesso se non vuoi” le sussurrò prendendole il viso tra le mani. “Andiamo via, okay?”

Lei annuì, gli baciò la bocca e respirò a fondo. “Sì, andiamo a casa.”

“Che ne sarà di Marcel?” Rebekah si avvicinò all’uomo che un tempo aveva amato e si piegò sulle ginocchia per guardarlo meglio. “L’hai...”

“Sta solo dormendo. Si sveglierà presto” le spiegò Allison, le dita intrecciate a quelle di Elijah e una sensazione di pace che non provava da tempo. “Dov’è Hope?” domandò voltandosi a guardare Hayley e Matt.

“È con Mary” rispose suo fratello. “Le ho detto di portarla a casa così sarà lì quando torneremo, dovrebbero essere già arrivate.”

Freya si fece avanti. “Come ce ne andiamo da qui? Ci porterai fuori dalla città come hai fatto con Klaus?”

“No, siete troppi e sto ancora imparando ad usare queste... abilità.”

“Quindi sei un mezzo arcangelo che non ha il controllo dei propri poteri?” Kol allargò le braccia scuotendo il capo. “Fantastico. Sentite, io dico che questo è il momento di attaccare. Quando Marcel si sveglierà crederà di aver vinto, crederà che abbiamo lasciato la città spaventati e invece attaccheremo. Noi non possiamo ucciderlo ma Allison può...” la indicò con una mano. “Probabilmente le basterà schioccare le dita e voilà! In un attimo ci saremo liberati di lui e del suo morso letale.”

Allison lo guardò con la fronte corrucciata. “Io non sono il vostro killer personale, Kol. Dio... impari mai dagli errori o sei troppo stupido per farlo?”

“Quel morso può ucciderci. Non solo me, ma anche il tuo amato Elijah.” L’altro le si avvicinò, nervoso. Elijah le si mise davanti.

“Allontanati” intimò a suo fratello. “Adesso.”

“Sì” la cacciatrice piegò poco il capo. “Allontanati, perché forse non ho ancora il pieno controllo di tutti miei poteri, ma posso assicurarti che una cosa so farla già benissimo. Quindi piantala prima che di te rimanga solo un mucchietto di cenere, e se credi che stia bluffando chiedi a Klaus.” Li precedette fuori da quel posto, la mano stretta in quella di Elijah. Gli altri la seguirono.

Percorsero i passaggi sotterranei in silenzio, la presa di Elijah intorno alla sua mano, stretta e sicura, fece sentire Allison a casa. Si voltò a guardarlo con un sorriso e poi la sentì; l’energia di Marcel provenire da non molto lontano mentre la luce del sole si faceva più vicina. “Preparatevi, credo che non saremo da soli usciti da questo tunnel.” Marcel, infatti, era lì ad attenderli.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Esattamente dove pensate di andare?” Marcel fece loro un sorriso sarcastico. “Devo dirtelo, Allison; per un attimo ho creduto di potermi fidare della tua parola. Avrei dovuto essere più sveglio.”

La cacciatrice ridacchiò. “Io ti ho detto che avremmo lasciato la città e non ci saremmo rivisti mai più. Esattamente quello che stiamo per fare, quindi addio Marcel.”

“Non così in fretta” l’altro camminò dritto in direzione di Elijah e si fermò solo quando la donna si mise in mezzo.

“Fatti indietro” gli disse. “Non farmelo ripetere di nuovo, Marcel.” Gli occhi le diventarono blu mentre faceva segno ad Elijah e agli altri di far fronte comune da un lato. “Vattene via, per favore. Non voglio farti del male.”

Ma Marcel scosse il capo e la afferrò per un braccio quando gli passò accanto; era incurante del pericolo, pensò Allison, o forse più semplicemente aveva deciso di giocarsi il tutto per tutto sapendo che non lo avrebbe ucciso. La donna non ne aveva alcuna intenzione infatti, trovava la sua rabbia giustificata anche se un po’ esagerata. Guardò quella mano che decisa le stringeva il braccio, poi alzò gli occhi – di nuovo nocciola – su di lui.

“Tuo marito mi ha strappato il cuore dal petto e ha gettato il mio corpo nel fiume” le disse.

“Tu lo hai morso condannandolo quasi a morte. Direi che siete pari.”

“Niente affatto” Marcel rise strattonandola con forza. Si accorse con la coda dell’occhio che Elijah si era mosso ma era stato bloccato da Matt. “Lui e Freya hanno ucciso Davina. Per anni ho detto a chiunque volesse darvi la caccia che tu, Hayley e Hope eravate off-limits perché vi credevo diverse da loro. Non so nulla di Hope, e Hayley mi sembra la stessa di sempre, ma tu... tu sei diventata una Mikaelson fino al midollo. Te lo si legge negli occhi e mi dispiace per te.”

Allison rise. “Ti dispiace? Perché Marcel? Forse sono davvero diventata una Mikaelson, ma guarda” indicò Elijah e gli altri con una mano. “Sono venuti per me e non se ne andranno fino a quando non mi lascerai andare. Rimarranno anche a costo di rimetterci la vita perché è quello che fanno le famiglie. Tu hai creato un esercito che chiami famiglia eppure non vedo nessuno a coprirti le spalle. Ora lasciami andare prima che ti faccia molto male” gli disse. “E se credi che non lo farò, guarda dentro i miei occhi da Mikaelson e decidi cosa fare.”

Marcel la fissò per un attimo, infine la lasciò andare. “Credi che essere come loro ti renda parte della famiglia, Allison? Non è così, anche io ero un Mikaelson e guarda come mi hanno trattato.”

“Oh per l’amor del cielo” borbottò Kol. “Non sei mai stato un Mikaelson.”

“Hai ragione e lo considero un vantaggio per me” replicò Marcel. “Quando domattina vi sveglierete felici lontano da qui, ricordate che potete farlo solo perché io sono stato misericordioso. Voi Mikaelson non avete idea di cosa sia la misericordia. Ora sparite, prima che cambi idea e vi uccida tutti.”

Allison rimase con lo sguardo fisso su di lui, lo distolse solo quando Elijah le prese la mano e la tirò via. Lei però si fermò e si voltò verso Marcel avanzando di qualche passo. Le tornarono alla mente tanti ricordi, tante risate, tanta amicizia.

“Mi dispiace,” gli disse. “per tutto. Ma più di ogni altra cosa mi dispiace perché siamo stati noi a trasformarti in questa... bestia. Eri parte della famiglia e ti abbiamo deluso, Marcel. E mi dispiace perché meritavi molto di più, da tutti noi.” Gli sorrise tristemente, poi se ne andò con gli altri.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah percorse i pochi isolati a piedi respirando l’aria piacevole di Los Angeles; Brentwood era tranquillo, dalle varie villette arrivavano le chiacchiere delle famiglie, in lontananza l’abbaiare di un cane. L’Originale sorrise pensando che era lì che voleva vivere con Allison, potendo vivere una vita normale. Lì in quella villa in cui aveva lasciato il resto della famiglia e una bellissima bambina di sette anni addormentata.

Negli occhi di Klaus aveva letto tanta ansia e timore, sapeva che per suo fratello la mattina dopo sarebbe stata difficile ma meravigliosa. Li aveva guardati tutti per un attimo, poi era uscito per raggiungere Allison a casa di Victor.

“Allison!” la chiamò quando si accorse della porta aperta.

“El, sono qui” rispose lei mostrando una mano. “Credevo fosse entrato qualcuno ma era solo un gatto... almeno credo.”

Lui avanzò sorridendo; El... da quanto tempo non sentiva la sua voce roca pronunciare quel soprannome che apparteneva solo a loro due e a nessun altro. Sbottonò la giacca ma si ritrovò bloccato sulla soglia dalla porta. Guardò Allison con espressione confusa.

“Giusto” lei sorrise. “Hai bisogno di un invito per poter entrare.”

“E chi dovrebbe invitarmi?”

“Io” lei incrociò le braccia. “Ma non lo farò. Non ancora almeno.”

“Perché no?”

“Perché se ti invitassi ad entrare finiremmo a letto.” La donna piegò poco il capo. “E questa è casa di Victor, non possiamo fare sesso nel suo letto, sarebbe come farlo nel letto dei miei genitori.”

“Chi ha detto che dobbiamo usare per forza il letto?” lo sguardo di Elijah si fece malizioso facendola ridere. “E comunque, considerato che mi serve il tuo invito per entrare, direi che la casa è tua.”

“Tecnicamente lo è, ma comunque è casa di Victor...” ragionò lei. “Ad ogni modo, se mi prometti di comportarti da gentiluomo, ti farò entrare”

“Sarò un perfetto gentiluomo, come sempre.” Elijah si zittì mentre lentamente Allison si toglieva la maglietta rivelando un sensuale reggiseno rosso. “Dio...” mormorò deglutendo a vuoto. “Lasciami entrare ti prego.”

Lei si inumidì le labbra. “Entra pure, e chiudi la porta.”

L’Originale lo fece e le si avvicinò lentamente. “Non parlavi sul serio quando hai detto che devo comportarmi da gentiluomo vero?”

La cacciatrice gli baciò il mento snodando la cravatta. “Assolutamente no.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah lasciò andare un gemito mentre il suo corpo tremava seguendo quello di Allison; con una mano le strinse una coscia mentre entrambe le gambe della donna si chiudevano intorno ai suoi fianchi unendoli ancora di più.

Sua moglie si abbandonò ad un grosso respiro inarcandosi ancora una volta sul materasso soffice. Le luci sfarfallarono per alcuni secondi prima di tornare normali ed Elijah cercò il suo sguardo incontrando due occhi blu e brillanti; rimase a fissarli incantato.

“Mi dispiace” ansimò lei chiudendoli.

“Guardami” le sussurrò Elijah. “Guardami Allison.” lei lo fece, il blu degli occhi stava pian piano svanendo ma c’era ancora uno scintillio ad illuminarli. “Ti amo” le disse baciandole le labbra. “Qualunque sia il colore dei tuoi occhi. Capito?”

Lei annuì, sollevò poco la testa e lo baciò. “Ti amo anche io.”

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10. ***


casa

10.

 

 

 

 

 

Un altro bacio e un’altra volta quella bella sensazione delle mani grandi di Elijah sulla pelle ed Allison si spostò sulla sua parte di letto tirando il lenzuolo per coprirsi. Cinque anni privi di alcun contatto fisico, di alcuna intimità... poteva facilmente affermarsi che, in quella notte, avevano decisamente recuperato una buona parte del tempo perduto.

“Avevo detto che non dovevamo usare il letto di Victor e invece...” mormorò guardandosi intorno.

Elijah voltò lo sguardo verso di lei e se la strinse al petto. “E invece lo abbiamo usato. E abbiamo usato anche la cucina e il divano, e la doccia.”

La cacciatrice rise e alzò la testa per guardarlo, indietreggiò sul materasso caldo e lo guardò dritto negli occhi. “Mi sei mancato. Moltissimo.”

Lui le baciò la punta del naso. “Anche tu mi sei mancata, più di quanto possa dire a parole. Ho pensato soltanto a te. Ogni giorno, ogni minuto dentro quella... Chambre de Chasse. Tutto quello a cui riuscivo a pensare era quanto mi mancassi e quanto ti amo.”

“Ti amo anche io El. Più di ogni altra cosa, più di ogni altra persona. E mi dispiace” la voce le tremò poco mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. “Mi dispiace di averci messo così tanto a trovare un modo per riportarti da me, per salvarvi tutti.”

“Hey” Elijah le accarezzò una guancia. “No, non devi scusarti, mai. Sei la donna più forte che conosca e ci hai salvati tutti quanti. Non importa quanto tempo ti è servito per farlo, lo hai fatto.”

“Non l’ho fatto da sola” precisò Allison. “Non sarei qui se non fosse stato per Hayley ed Hope. O per mio fratello.”

Stavolta fu l’Originale a ridere. “A proposito di questo, Hayley ti ha difesa come una leonessa quando è stato necessario. Devo ammettere che devo abituarmici, considerato il rapporto che ricordo avevate, vedervi così vicine non era quello che mi aspettavo.”

“Sì beh” Allison si rimise in piedi e iniziò a rivestirsi. “Hayley, Hope ed io abbiamo fatto squadra in questi cinque anni. Come ogni Mikaelson che si rispetti siamo rimaste unite. Sempre e per sempre.” Si voltò a guardarlo e lui le sorrise con dolcezza. “Ora, mio affascinante Originale, rivestiti e andiamo. Per Hope sarà una giornata impegnativa ed io voglio essere lì per lei.”

Lui lo fece e con calma si rivestì, infine la prese per mano e raggiunse con lei la villa, a pochi isolati di distanza. La prima cosa che sentirono furono le risate provenire dalla cucina; segno che forse in fondo, Hope non aveva così bisogno di lei come credeva.

“Ti prego” fu la prima cosa che Allison disse entrando in cucina, seguita da Elijah, e le sue parole erano rivolte a Matt. “Dimmi che non stai mangiando i miei cereali, di nuovo.”

“Non sto mangiando i tuoi cereali” mormorò suo fratello con la bocca piena. “Di nuovo.”

“Zia Allison!” esclamò Hope correndole incontro e la donna si piegò sulle ginocchia per stringerla forte. “Mi sei mancata tantissimo.”

Allison si rese conto che non vedeva la piccola da prima che partisse per Star City, da quella sera che avevano guardato il cielo sedute sul tetto e le aveva dato la sua collana in custodia. “Ah petite peintre,” sussurrò lasciandosi cadere per terra e trascinandosela dietro. “Mi sei mancata tantissimo anche tu. Cavolo, sei cresciuta dall’ultima volta che ti ho vista.”

“E tu sei diventata più carina.” Hope rise mettendosi in ginocchio e tirandola piano per le mani per farla sedere. “La mamma ha detto che hai salvato tu il mio papà; hai mantenuto la tua promessa. Grazie zia Allison.”

La cacciatrice scambiò un’occhiata con Hayley, poi con Klaus. “Non l’ho fatto da sola. Ognuno di noi ha fatto la sua parte, persino tu.”

“Io?”

“Sì. Hai avuto molta pazienza, non è da tutti, credimi.” Allison si mise in piedi. “Bene, quindi direi che hai già fatto la conoscenza di tutti quanti. Beh quasi tutti” fece cenno ad Elijah di avvicinarsi poco. “Elijah, questa è Hope. Hope, questo è tuo zio Elijah.”

L’Originale elegante allungò la mano per stringere quella della sua bellissima nipote, lei però lo abbracciò. E la giornata passò tra chiacchiere e serenità.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“È crollata!” Hayley ritornò in cucina e si mise a sedere accanto ad Allison. Con un sorriso le porse la sua collana. “Ha detto di ridartela e di assicurarti che l’ha custodita con molta attenzione.”

Allison la prese ricambiando il sorriso della sua amica e se la rimise al collo. Si alzò e prese una bottiglia di vino rosso che aprì per poi porgere ad ognuno un bicchiere. “Vorrei proporre un brindisi” disse. “Alla famiglia e al futuro.”

“Alla famiglia!” esclamarono gli altri tutti in coro alzando i bicchieri.

“Ora” Allison si rimise a sedere e fece un grosso respiro. “Fatemi pure tutte le domande che volete. Posso percepire la vostra impazienza, persino il vostro timore” guardò Kol per un attimo. “Quindi chiedete pure.”

Fu proprio il più giovane degli uomini Mikaelson a fare la prima domanda. “Hai detto che non hai ancora il pieno controllo delle tue abilità. Ma quali sono esattamente queste abilità?”

“Posso uccidere con un tocco ma con lo stesso tocco posso anche guarire, teoricamente.”

“Che significa teoricamente?”

“Non mi è ancora capitato di dover guarire nessuno quindi non ho avuto modo di provare questo potere.” Allison bevve un sorso di vino. “Posso teletrasportare la gente, come ho fatto con Klaus, posso esorcizzare i demoni e mettere a dormire chiunque sempre con un movimento della mano. Non posso guarire me stessa anche se devo dire che uccidermi o ferirmi è particolarmente difficile, sono più forte di quanto non fossi prima. Ah e posso volare ma anche questo solo teoricamente al momento.”

“Fammi capire” intervenne Rebekah sotto gli sguardi perplessi degli altri. “Scopri di essere per metà angelo e come prima cosa non provi a volare?”

Allison rise. “Ci ho provato! Ma non è andata benissimo.”

Elijah la guardò con la fronte corrucciata. “In che senso?”

“La prima volta che ha provato” prese la parola Hayley. “è finita in Marocco. La seconda e ultima volta invece in Canada. Peccato che entrambe le volte volesse volare dalla cucina al giardino.”

Si alzò una risata generale, anche se Elijah rimase serio. C’era qualcosa negli occhi di sua moglie che gli metteva inquietudine; erano tristi quelle iridi nocciola, nonostante il sorriso stampato sulle labbra, nonostante tutto.

“Il tuo amico Castiel non ti ha dato una mano ad imparare?” la voce di Klaus arrivò subito dopo le risate e spense ancora di più lo sguardo della donna.

Alliso fece un grosso respiro. “Non ci siamo visti molto negli ultimi cinque anni. Diciamo che lui, Sam e Dean, non hanno condiviso appieno alcune delle mie scelte e...” lasciò cadere lì il discorso e si sforzò di sorridere. “Ci serve decisamente altro vino.” Sentenziò alzandosi. “Vado a prenderlo.”

Sparì fuori in giardino ed Elijah la seguì.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

L’Originale guardò le numerosissime bottiglie sistemate con cura in quella gigantesca cantina travestita da casetta in piscina. Ne tirò fuori una e la strinse tra le mani. “Questa dobbiamo decisamente conservarla per una cena a due, solo tu ed io.”

Allison abbozzò un sorriso guardandolo. “Quella è una bottiglia da cinquemila dollari e nel testamento di mio padre c’era esplicitamente scritto che nessuno è autorizzato ad aprirla, se non per un’occasione molto, molto speciale.”

“Allora faremo in modo di crearne una” Elijah la guardò afferrare una scaletta e salirci sopra per recuperare una bottiglia che stava in alto. “Ti va di parlarne?”

“Di cosa?” lei lesse l’etichetta prima di voltarsi a guardarlo.

“Di Castiel e dei Winchester.”

La donna si strinse nelle spalle raggiungendolo. “Non c’è molto da dire ad essere onesti. Gli ultimi cinque anni sono stati complicati; ho dovuto prendere delle decisioni, fare delle... delle cose non sempre piacevoli. Molti hanno espresso il loro disappunto, quello di Castiel e dei Winchester è stato il più duro e ci ha un po’ allontanati. Ecco tutto.”

Il vampiro annuì piano. Cose non sempre piacevoli, aveva detto, ma lui sapeva che era molto di più se aveva crepato quell’amicizia che durava da anni. “È tutta colpa mia. Ho strappato il cuore di Marcel e...”

Allison lo interruppe poggiandogli due dita sulle labbra. “Abbiamo fatto tutti degli errori e non c’è niente che non avrei fatto per riportarti da me. Tu sei il mio posto felice e credo di meritarmi un po’ di felicità” gli diede un bacio. “Quanto ai Winchester e Castiel, non è la prima volta che ci troviamo in disaccordo su qualcosa, sistemeremo le cose.”

Elijah le prese il viso tra le mani. “C’è una cosa che mi sono reso conto di non averti ancora detto.”

“Cosa?”

“I tuoi capelli... sono diversi e mi piacciono moltissimo” la baciò. “Ho solo una domanda prima di tornare dagli altri; i tuoi occhi, ho notato che diventano di un intenso blu quando perdi il controllo delle tue emozioni...”

“È la mia grazia. Energia divina purissima. È travolgente e... inquietante, lo so.”

“Inquietante non è esattamente la parola che avrei usato.”

La donna piegò il capo. “E quale parola avresti usato?”

“Sexy. In modo travolgente.”

Allison chiuse per un attimo gli occhi, quando li riaprì il loro colore era cambiato. “Congratulazioni Mikaelson, ti sei appena guadagnato una notte di purissima energia divina.”

“Che dovrete rimandare però” Matt fece il suo ingresso attirando l’attenzione. “Will ha telefonato” guardò sua sorella. “Ha bisogno di te alla centrale.”

“Che succede?”

“Non è sceso nei particolari ma ha detto che era un caso più per te che per lui. Ha detto che è urgente.”

“Hey” stavolta fu Hayley ad arrivare. “Dovete venire a vedere.”

Gli atri la seguirono fino alla cucina, la tv accesa a basso volume mostrava tragiche immagini di una scena del delitto. C’erano almeno una dozzina di cadaveri, sangue ovunque. Will in primo piano mentre evitava i giornalisti e saliva in auto.

“Che diavolo sta succedendo?” domandò Freya fissando lo schermo.

Allison recuperò le chiavi dell’auto. “È quello che scoprirò tra poco.”

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11. ***


11.

 

 

 

 

 

Allison arrivò alla centrale di polizia alle ventitré in punto e si fermò ad osservare la confusione che regnava da padrona. C’erano pattuglie ovunque, giornalisti appostati con furgoncini e telecamere ultra professionali in mano; Patricia Webber, l’acclamata giornalista di uno dei canali più importanti della nazione, stringeva un microfono in mano e parlava di qualcosa in diretta. Dio... Allison non l’aveva mai sopportata e il sentimento doveva essere reciproco.

Si erano conosciute tre anni prima, quando la Webber si era dedicata anima e corpo ad un servizio giornalistico che riguardava la famiglia Morgan da vicino. Un mare di cazzate, lei non li conosceva e né Allison né Matt avevano rilasciato alcuna intervista, ma alla cacciatrice infastidivano ancora i titoli che erano passati alla tv per circa tre mesi: L’Eredità di Christofer Morgan tra finto buonismo e sperperamento.

Resistere all’impulso di colpirla ripetutamente quando, strafottente, le aveva detto che nessuno si faceva abbindolare da quel suo viso pulito, per Allison era stato estremamente complicato. Ma c’era riuscita, aveva intentato contro di lei una causa e aveva vinto. Un risarcimento di duecentomila dollari che aveva donato ad una clinica gratuita per donne incinte che necessitava di una ristrutturazione. La sua piccola personale vendetta però era stata mandare a Patricia Webber un invito per la festa che si sarebbe tenuta proprio in quella clinica. Ah, era stato magnifico.

“La tua amica Patricia è qui a quanto pare.” Hayley la tirò fuori dai suoi pensieri.

“Ricordati che non puoi colpirla” aggiunse Matt dal sedile posteriore. “A meno che tu non voglia finire in diretta nazionale.”

“Ah ah molto divertente” Allison scosse il capo. “Avrei dovuto lasciarvi a casa.” Ricordò che Elijah si era proposto di accompagnarla, e nonostante fosse rimasto un po’ male al suo rifiuto, sperò che avesse capito; meglio tenere un profilo basso per il momento gli aveva detto. Fin troppi nemici li credevano ancora addormentati, meglio che le cose rimanessero tali almeno per un altro po’.

“Tutta questa attenzione mediatica non è positiva.” Ragionò Matt. “Non vedevo così tanti giornalisti da quando…”

“Da quando sei miracolosamente ricomparso dopo anni in cui tutti ti hanno creduto morto?” finì sua sorella per lui. “Credo che stavolta sia anche peggio.” Fu allora che Will uscì dalla stazione di polizia e salì su un’auto evitando ogni microfono ed ogni telecamera.

Il cellulare di Allison iniziò a squillare pochi secondi dopo. “C’è stata un’altra vittima, ci vediamo sulla scena.”

“E dove sarebbe la scena?”

“Olvera Street.”

Alla donna venne un sospetto, ma non disse nulla mentre ripartiva.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Notizie da parte di Allison?” Klaus si versò un bicchiere di cognac e ne porse uno ad Elijah. “Cacciatrice, Nephilim, detective... non ci si annoia mai con lei.”

Il maggiore dei Mikaelson abbozzò un sorriso prima di bere un sorso. Era preoccupato, anche se non sapeva esattamente per cosa, non ancora almeno; Allison stava bene, ed emanava una fortissima energia. Era probabilmente una delle creature più potenti al mondo eppure Elijah non poteva fare a meno di essere angosciato. Per i cinque anni che erano trascorsi, per le cose spiacevoli che sua moglie aveva detto di aver dovuto fare, per le conseguenze emotive che prima o poi sarebbero arrivate... lui lo sapeva.

“Stai bene, fratello?” gli chiese Klaus.

L’altro scosse il capo. “Non lo so, Niklaus. Dovrei, suppongo. Siamo al sicuro, la famiglia è riunita, tua figlia è sana e bellissima e felice... Ho riabbracciato mia moglie, eppure c’è qualcosa che mi turba in qualche modo.”

“Il cambiamento di Allison ti spaventa forse?”

Elijah respirò a fondo. “Allison è la donna di sempre, indipendentemente dal suo potere, sono certo di questo. Ma la sua intera vita, ogni sua convinzione, ogni suo credo, ogni sua certezza è stata distrutta. Io so quanto profondamente ami suo padre, l’uomo che l’ha cresciuta, e ha scoperto di non essere sangue del suo sangue. Forse non lo lascia vedere, ma tutto questo deve averla segnata profondamente ed io non ero qui quando è successo. Non ero con lei e lei aveva bisogno di me.”

“Sei qui adesso” suo fratello gli sorrise. “Non possiamo cambiare il passato, Elijah e non possiamo cancellare gli errori che abbiamo fatto. Quello che possiamo fare è andare avanti e fare meglio di quanto abbiamo fatto fino ad ora, così da non dover mai più stare lontano dalle persone che amiamo.”

“E credi che sia abbastanza?”

“Non lo so. Ma è tutto ciò che abbiamo.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison, Hayley e Matt vennero fatti passare da un vicolo secondario che li portò dritti alla scena del crimine; una piccola casa dalla facciata rosa e un po’ crepata. Will li aspettava in piedi, passò loro dei guanti non appena li vide.

“Ciao anche a te Will” lo salutò sarcastico Matt indossandoli. “Hai un aspetto terribile.”

Il detective gli lanciò un’occhiataccia, poi tornò a guardare la vittima. “È la tredicesima stanotte e non è nemmeno l’una. Spero che voi sappiate dirmi cosa diavolo sta succedendo perché io non ne ho idea e su nessuna delle scene del crimine ci sono telecamere di sorveglianza.”

Hayley corrugò la fronte guardandosi intorno. “C’è odore di lupo.”

Gli occhi di Matt si venarono per un attimo. “Lo sento anche io. È parecchio coperto dal puzzo di sangue ma sì, decisamente c’è odore di lupo.”

Allison strinse per un attimo il braccio di Will, poi si piegò sulle ginocchia per guardare meglio la vittima. L’unica cosa riconoscibile era che fosse una donna, il resto era una maschera di sangue e deformità. “Povera donna” mormorò prendendole una mano in un gesto di semplice umanità. “Sappiamo come si chiama?”

Il detective controllò qualcosa su un taccuino. “Non aveva documenti e i risultati del DNA devono ancora arrivare ma alcune persone del luogo sono certi che si tratti di Violet Hernandez.”

La cacciatrice alzò gli occhi su Hayley per un istante e si rimise in piedi. “Will, i nomi delle altre vittime?”

L’uomo la guardò perplesso. “Erano una famiglia. Sono stati uccisi durante una cena tutti insieme a casa di un certo Eric Sawyer sposato con Millicent Dubois.” Guardò la sua amica. “Che succede Allison?”

Lei si tolse i guanti e afferrò il cellulare. “Hayley” disse alla sua amica componendo il numero di Freya. “Keelin Thompson, ora. Freya” respirò a fondo mentre Hayley spariva in piena modalità vampiro. “Hayley sarà a casa tra poco, dovrebbe esserci una donna con lei, ho bisogno che tu le faccia un incantesimo di protezione e uno di occultamento. Deve sembrare che sia sparita dalla faccia della terra.”

“Allison” le chiese di nuovo Will. “Che sta succedendo? E da quanto Freya è sveglia?”

“Da alcuni giorni. E per rispondere all’altra tua domanda, le tue vittime sono tutti licantropi. Sono quelli che ci hanno aiutati a creare l’antidoto per curare i Mikaelson.”

“Mi stai dicendo che ho a che fare con dei licantropi?”

“Non so ancora con cosa hai a che fare Will, i licantropi sono le vittime al momento, il carnefice o i carnefici, potrebbero essere qualunque cosa.” Allison guardò suo fratello. “Dobbiamo avvertire Mary.”

“Consideralo fatto!” Matt uscì fuori.

“Ally” la voce di Will tradiva nervosismo. “Se davvero tutto questo è una qualche lotta tra creature soprannaturali... come faccio ad uccidere queste cose? Qualunque cosa siano.”

La donna lo guardò per un lungo istante, le tornò alla mente un momento di tantissimi anni prima, quando Will aveva scoperto l’esistenza del soprannaturale per colpa di Lucien. Come posso vincere? Le aveva chiesto impaurito. Sono un poliziotto, non un cacciatore del soprannaturale. Ora invece le chiedeva come ucciderli e nonostante lo smarrimento c’era determinazione in quegli occhi.

Come cambiano le cose, si ritrovò a pensare Allison. Anche se avrebbe preferito risparmiare al suo amico questo cambiamento. “Non lo so al momento. Devo prima capire con cosa abbiamo a che fare, dopodiché sapremo cosa fare. In ogni caso, tu devi solo temporeggiare, al resto penso io.”

“Da sola? Non se ne parla.”

“Non sono da sola” fece presente lei. “Will ti voglio bene e sei un uomo in gamba, ma questo è troppo per te ed io non voglio perdere un amico. Ti prego, cerca di stare fuori dai guai, devi solo farmi guadagnare un po’ di tempo.”

L’uomo aspettò che alcuni agenti gli passassero accanto e si allontanassero, prima di parlare. “Perché non mi hai detto di essere riuscita a svegliare Elijah e gli altri?”

Allison respirò a fondo. “Volevo mantenere il segreto solo per un po’, per passare un po’ di tempo con mio marito in pace. Una volta che il loro ritorno sarà ufficiale non avrà più modo di farlo perché la vecchia vita tornerà a...”

“Hey, non puoi saperlo questo” Will le prese una mano per un istante. “Ti guadagnerò quanto più tempo possibile, solo ti prego Allison, non fare stupidaggini. Okay?”

Lei annuì. “Ricevuto. Tienimi aggiornata.”

“Lo farò” il detective la seguì con lo sguardo fin quando non la vide più.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison tornò a casa alle tre del mattino e trovò Hayley e gli altri in garage. “Hey” disse loro scendendo le scale. “Che ci fate qui sotto?”

“Non volevamo che Hope si svegliasse e vedesse questo” l’Ibrida si fece di lato e gli occhi di Allison si fermarono su Keelin. Era ferita, sudata e sanguinante eppure stringeva in mano un coltello. “È stata ferita ma non guarisce.”

La cacciatrice sorrise ad Elijah, poi si avvicinò alla lupa ferita. “Vogliamo aiutarti, perché ci punti contro un coltello?”

“Mi avete messo voi in questo casino. La mia vita era normale; ho anche trovato il modo di rallentare il mio potere di guarigione così da poter vivere come una normalissima persona e ora... ora mi danno la caccia. Non voglio vivere così quindi preferisco morire. Lasciatemi scegliere almeno, me lo dovete dopo aver rovinato la mia vita.”

Allison annuì. “Okay. Hai ragione” le disse. “Dammi il coltello, ti risparmierò la sofferenza di una morte lenta. Andiamo...” la incalzò. “Te lo si legge negli occhi: vorresti farlo tu stessa ma non ne hai il coraggio.”

“Tu non sai niente di me.” Keelin venne scossa da un tremito e per poco non perse i sensi.

“Vero. Ma tu non sai niente di me; Hayley è venuta a prenderti non appena abbiamo capito che eri in pericolo, non siamo noi i cattivi qui.”

“Ti sei appena offerta di uccidermi e mi vuoi davvero dire che non siete i cattivi?”

“La mia offerta non ha niente di cattivo, è solo misericordiosa e rispettosa della tua scelta di morire. Ora, se vuoi morire lentamente dissanguata nel bel mezzo di una strada, non fa alcuna differenza per me.” Allison piegò poco il capo. “A te la scelta.”

La donna sembrò rifletterci, lasciò andare un singhiozzo e le passò il coltello.

“Allison” mormorò Freya. “Cosa stai facendo?”

La cacciatrice prese con decisione la lama. “La cosa giusta.” Replicò. E tutto il resto fu una specie di istinto incontrollabile. Chiuse gli occhi per un attimo soltanto e le poggiò la punta di due dita sulla fronte; le sue iridi diventarono blu e brillanti, il corpo di Keelin venne pervaso da una luce chiara. Bastò un minuto e le sue ferite furono guarite, tutte quante.

“Cosa hai fatto?” le chiese rimettendosi dritta.

Allison si alzò. “Non ne ho idea” confessò sentendosi frastornata.

“L’hai guarita.” Hayley sorrise guardando la sua amica. “Stai bene Ally? Sei pallida.”

Lei annuì chiudendo gli occhi, rilassandosi quando sentì le mani di Elijah afferrarla piano e girarla con delicatezza. “Hey” le disse lui. “Allison, guardami. Stai bene?”

“Sì” Allison gli sorrise sentendosi meglio. “Sto bene. Ho solo bisogno di un attimo.” Si voltò verso Keelin e mosse piano la mano, la lupa si addormentò all’istante. “Non può andarsene fin quando non avremo capito che cosa sta succedendo. Provate a spiegarglielo quando si sveglia e se proprio non vuole capire trattenetela con la forza. Non avrò un’altra morte sulla coscienza. Ne ho già a sufficienza...” mormorò sparendo dietro una porta che l’avrebbe portata in casa.

Elijah la raggiunse dopo qualche minuto.

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12. ***


12.

 

 

 

 

 

“Buongiorno” Elijah avanzò in cucina e fissò lo sguardo prima su Freya e poi su Hayley. “Sai per caso dove sia Allison?”

L’ibrida deglutì il boccone che aveva in bocca. “Io credevo che stesse ancora dormendo a dire il vero.”

“La sua parte di letto era fredda quando mi sono svegliato, deve essersi alzata da parecchio” ragionò lui. “È possibile che sia andata a fare una corsetta, magari...”

“Sì è possibile. O forse Will aveva novità sul caso e le ha chiesto di raggiungerla.” Hayley notò che Elijah si era infastidito sentendo il nome del detective. Avrebbe voluto dirgli che non aveva motivo di essere geloso; proprio nessuno. Non c’era persona più leale di Allison, forse non c’era moglie più fedele di lei. Hope però arrivò attirando l’attenzione e così lasciò correre.

“Buongiorno” disse timidamente sbadigliando. “Dove sono tutti?”

“Buongiorno tesoro” le sorrise Freya. “Zia Rebekah e zio Kol sono usciti per una passeggiata, tuo padre ha detto che andava a prendere qualcosa e che sarebbe tornato prestissimo.”

“E la zia Allison e lo zio Matt?”

Prese la parola Hayley. “Lo zio Matt sta facendo una doccia, la zia Allison... non sappiamo dove sia, è uscita molto presto questa mattina. Prima che ci svegliassimo.”

Hope afferrò un biscotto mentre sua madre le riempiva un bicchiere di latte. “Forse è andata a fare una corsetta. Secondo te si ricorda che deve accompagnarmi a comprare il regalo per Sarah?”

“Chi è Sarah?” domandò Elijah sorridendo a sua nipote.

“È la mia amica del cuore. L’ho conosciuta lo scorso anno al mare, si era trasferita da poco. Domani sarà il suo compleanno e sono invitata alla sua festa.”

“Sembra bello” l’Originale si mise a sedere. “Sono certo che la zia Allison se ne ricorda.”

“Ricordare cosa?” proprio lei fece il suo ingresso in cucina; non aveva l’aria di una che era andata a fare una corsetta, anzi... Keelin Thompson dietro di lei. “Buongiorno a tutti” disse con un sorriso baciando Elijah, poi avvicinandosi ad Hope per darle un bacio sulla guancia.

“Dobbiamo andare a comprare il regalo si Sarah, ricordi? Hai promesso di portarmi in quel negozio di giocattoli dove andavi da piccola, con i tuoi genitori.” La piccola ridacchiò quando Allison le rubò di mano quello che rimaneva del suo biscotto per mangiarlo.

“Giusto. Ci andremo, ogni promessa è debito. A ogni modo voglio presentarti la mia amica Keelin” disse indicandola con un dito. “Starà con noi per un po’. Per te va bene?”

Hope salutò la donna con una mano. “Benvenuta” le disse. Poi si alzò e disse che andava a vestirsi.

“Che significa?” chiese Freya alzandosi in piedi, una volta che rimasero soli.

“Io e Keelin” iniziò a spiegare Allison. “Abbiamo fatto una specie di accordo; rimarrà qui fin quando sarà necessario e ci darà una mano se servirà, ma non lo farà legata in garage.”

“Non possiamo fidarci di lei!” argomentò la strega. “Che succede se prova a scappare e, facendolo, attira attenzioni indesiderate?”

“Hey” le disse Keelin agitando una mano. “Io sono qui, non parlare come se non fossi presente.”

“Possiamo fidarci di lei” la cacciatrice prese una tazza e sorrise quando Elijah le versò del caffè in uno di quei gesti gentili che le erano mancati tanto, e che solo lui le riservava.

“Non mi piace!” la maggiore dei Mikaelson scosse il capo. “Avresti dovuto parlarne prima con me, in fondo sono io che proteggo questa famiglia, Allison. L’ultima parola su queste cose spetta a me.”

“Non in casa mia Freya” Allison bevve un sorso di caffè. “E comunque, è anche la mia famiglia, credi che farei qualcosa che potesse mettervi in pericolo?”

La bionda rise. “No” scosse il capo. “Sei la moglie di mio fratello Allison, ma questo non fa di te una Mikaelson.”

“Basta!” esclamò Elijah guardando sua sorella. “Smetti di parlare prima che tu dica qualcosa di cui ti pentirai.”

Lei guardò Allison, sfidò quello sguardo nocciola per alcuni lunghi secondi, poi fece un grosso respiro. “Mi dispiace” si scusò abbassando la testa. “Sono solo... un po’ nervosa. So che non faresti nulla che possa metterci in pericolo. Mi dispiace, Allison.”

L’altra respirò a fondo, fece un cenno di assenso e un sorriso a sua cognata mentre prendeva il cellulare dalla tasca. “Will” rispose bevendo un altro sorso dalla tazza.

“Allison, forse abbiamo trovato il nostro uomo. Si chiama Raul Ramirez.”

“Maledetto bastardo!”

“Una testimone l’ha visto uscire dalla casa di Eric Sawyer la sera dell’omicidio. Ha detto che non ha parlato prima perché ha avuto paura. Lo conosci per caso?”

“Purtroppo sì” Allison si passò una mano tra i capelli. “Me ne occupo io Will. Dammi qualche ora e in un modo o in un altro Raul Ramirez verrà consegnato alla giustizia.”

“Che significa in un modo o in un altro? Come conosci questo tizio? È un...”

“Un vampiro? Sì, è il braccio destro di Mike Vitucci.”

“Il mafioso? Anche lui è un vampiro?”

“Sì, lo è. Ci sentiamo tra tre ore al massimo.” Riattaccò e si voltò a guardare Hayley. “Ho bisogno che porti fuori Hope per il resto della mattinata.”

“Che succede?” chiese lei.

“Sto per invitare Mike Vitucci per un drink!”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Allison Morgan!” Mike le sorrise quando lei aprì la porta. “Quanto tempo.”

“Non così tanto” replicò lei avvicinandosi per un abbraccio veloce. “Grazie di essere venuto.”

“Per la mia cacciatrice preferita questo ed altro” Mike fece cenno ai suoi uomini che entrarono trascinandosi dietro un tizio dal viso coperto. “Un piccolo regalo per te; Raul!”. Volse poi lo sguardo ad Elijah che stava poco dietro di Allison. “Tu devi essere il leggendario Elijah Mikaelson.”

“In persona” l’Originale lo guardò con espressione seria. “E tu devi essere l’improvvisato leader incapace di tenere i suoi uomini sotto controllo.”

L’altro piegò poco il capo, infine entrò in casa. Allison richiuse la porta. “È stata solo una bravata. Raul era arrabbiato con te” disse guardando la donna. “E ha pensato bene di prendersela con le persone con cui avevi avuto a che fare.”

“Quelle persone mi hanno aiutata e sono morte perché il tuo uomo è arrabbiato con me? E poi” gli disse tirando fuori del bourbon quando furono in cucina. “Perché ce l’ha con me?”

“Erano lupi e considerato che la tua coinquilina è una lupa anch’essa, credeva che fossero tuoi amici.” Il vampiro bevve dal suo bicchiere. “Quanto alla tua domanda, alcuni mesi fa ha ucciso una ragazza appena trasformata. Si chiamava Tiffany, forse non te la ricordi neppure.”

“Me la ricordo” gli fece sapere Allison. “E non ho avuto altra scelta.”

“Dolcezza” Mike allungò la mano e la poggiò su quella della donna, guardò Elijah per un istante e poi si concentrò su di lei. “Io lo so ma lui credeva di amarla follemente ed è arrabbiato.”

La cacciatrice si liberò da quel tocco. “Beh la polizia ha bisogno di un colpevole per chiudere il caso, l’ho promesso al detective Kinney, quindi cosa facciamo?”

Vitucci sembrò rifletterci per un attimo. “Il colpevole deve essere vivo o morto?”

“Credo che faccia poca differenza.”

“In quel caso, ci penso io. Ma tu sai che punire uno dei miei mi costa parecchio e...”

Elijah ridacchiò. “Cosa stai chiedendo esattamente? Denaro?”

“Denaro? E che me ne faccio? Io e tua moglie abbiamo una specie di accordo riguardo ai pagamenti.”

Allison scosse il capo. “Vuole uno dei vinili di mio padre” spiegò a suo marito. “Aspetta qui mentre vado a prendertelo.”

“Scegli bene!” le urlò dietro lui. “Ah Allison, siamo vecchi e cari amici io e lei.”

L’Originale mise le mani nelle tasche. “Lo vedo. Lascia che ti dia un consiglio però” si piegò e avvicinò il viso al suo. “Cerca di esserle amico senza toccarla o spogliarla con gli occhi. Oppure la polizia troverà due colpevoli. Entrambi morti.”

Mike rimase a fissarlo senza battere ciglio e lo fece fin quando Allison non tornò di sotto stringendo tra le mani il suo pagamento. “È stato bello fare affari con te, Allison.” le disse alzandosi e avvicinandosi a braccia aperte, quasi volesse abbracciarla.

Lei però gli mise in mano il vinile e si spostò di fianco ad Elijah. “Dove devo dire a Kinney di cercare?”

“Gli arriverà una soffiata anonima, tra un’ora.” Il mafioso e i suoi se ne andarono.

“Non mi piace quel tizio” Elijah si mise sulla difensiva non appena furono soli. “E non mi piace che tu lo frequenti.”

“Frequentare non è esattamente la parola giusta. Diciamo che mi è tornato utile diverse volte” spiegò lei puntando gli occhi dentro i suoi. Con la mano lisciò la cravatta. “A proposito di questo, vorrei... chiederti di farmi una promessa.”

“Qualunque cosa.”

“Negli ultimi cinque anni ho dovuto fare molte cose che non mi sono piaciute. Non avevo altra scelta allora, dovevo riportarti indietro e riunire tutti. Ora siamo riuniti Elijah, ma so come vanno le cose in questa famiglia, quindi voglio che tu mi prometta che non mi ritroverò più nelle condizioni di non avere altra scelta. Non ce la farei...”

Elijah la baciò, con dolcezza. Un lungo e profondo bacio. “Te lo prometto.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Vincent si agitò nel letto, il mal di testa non gli lasciava tregua da più di una settimana. Non era un buon segno e lo sapeva, ma non sapeva ancora quanto brutto fosse. Quella notte però lo avrebbe scoperto.

Si svegliò di soprassalto con ancora le immagini confuse di quel sogno a fargli compagnia. Oh ma non era un sogno e lui lo sapeva benissimo.

Accese una luce e si alzò tenendosi con una mano la testa. Raggiunse il cellulare e compose il numero che doveva chiamare. “Marcel!” esclamò quando rispose. “Dobbiamo rintracciare i Mikaelson, devono tornare qui prima possibile. O qualcosa di terribile succederà ad Hope!”

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13. ***


keephersafe

13.

 

 

 

 

 

“Sei arrivato a destinazione?”

Il ragazzo annuì, seduto sull'auto appostato davanti alla casa alla cui porta avrebbe dovuto bussare... prima o poi. “Non capisco perchè devo essere io quello che porta questa terribile notizia.”

“Perchè non hanno nessun risentimento nei tuoi confronti e...”

“Allison è una potentissima creatura. Che succede se si arrabbia? A proposito, sappiamo cosa sia di preciso?”

“Non ha importanza, non ti farà del male. Porta il messaggio e limitati solo a quello. Lo stiamo facendo solo perchè la vita di Hope è in pericolo, e quella bambina non ha niente a che fare con le cattiverie della sua famiglia; non è giusto lasciarsi guidare dal risentimento e metterla a rischio.”

L'altro sospirò. “Okay, ma che succede se mi chiedono qualco... ah!” urlò e si portò una mano alla bocca. “Ti richiamo.”

Con calma abbassò il finestrino dopo aver ripreso il controllo delle sue emozioni e si sforzò di sorridere a chi aveva bussato al vetro, facendogli prendere un colpo.

“Joshua!” esclamò Allison con un sorriso. “Potrei per favore sapere cosa ci fai nella mia città, appostato davanti casa mia da quasi un'ora?”

“Allison” la salutò lui con un gesto di mano, un sorriso nervoso mentre si schiariva la gola. “Non è come sembra. E, devo dirtelo, quando mi chiami con il mio nome completo è come sentire Elijah.”

La donna si piegò per guardarlo meglio. “Elijah è un uomo elegante e ben educato, quindi lo prenderò come un complimento.”

“È anche un assassino a sangue freddo che ha strappato il cuore di Marcel facendolo arrabbiare, condannando così tutti voi a cinque anni di dolore e infelicità” disse tutto d’un fiato. “E queste parole sono state incredibilmente fuori luogo e mi dispiace tantissimo” aggiunse quando si accorse dello sguardo triste che si era impossessato degli occhi di Allison. “A ogni modo, per rispondere alla tua domanda, sono qui perché porto un messaggio” Josh tirò fuori dalla tasca della giacca di pelle una busta e gliela diede. “Da parte di Vincent.”

Allison cercò di scacciare un ricordo. “Che messaggio?”

“Riguarda una specie di sogno – visione. Dice che qualcosa di terribile sta per accadere e dice che Hope ha bisogno di protezione.”

La fronte della cacciatrice si corrucciò. Si guardò intorno e infine aprì lo sportello. “Vieni dentro per favore, credo che gli altri vorranno farti qualche domanda.”

Josh la seguì, fermandosi ogni tanto ad ammirare la grande casa. Non che fosse sorpreso di ciò che vedeva – rispecchiava Allison al cento per cento – infine giunse con lei in cucina dove una parte dei Mikaelson stavano seduti a parlare. Complottare probabilmente.

“Heilà!” disse loro alzando la mano. “Come state?”

“Joshua!” esclamò Elijah. “Che ci fai qui?”

Il ragazzo piegò poco il capo, poi guardò Allison come a voler rimarcare ciò che si erano detti pochi secondi prima. Fu proprio lei a prendere la parola.

“Vincent ci manda questa” disse poggiando la busta sul tavolo. “Sostiene che Hope sia in pericolo.”

Klaus ed Hayley si scambiarono un’occhiata, l’Ibrida prese la lettera e la aprì in tutta fretta sotto gli occhi spaventati di tutti, soprattutto del padre di sua figlia. “C’è scritto che una forza oscura chiamata Inadu presto attaccherà e che Hope potrebbe essere una delle vittime.”

“Cosa sai di questa cosa?” Klaus si avvicinò minaccioso a Josh. “Parla ora, o ti staccherò la lingua e non potrai farlo mai più.”

“Non so niente di tutta questa storia, ho solo portato un messaggio” il ragazzo indietreggiò appena, man mano che Klaus avanzava verso di lui.

“Calmati, Niklaus” Elijah lo fermò poggiandogli una mano sulla spalla. “Lui è solo un messaggero.”

“Che porta notizie di sventura che riguardano mia figlia.”

“Sentite,” disse Josh. “Vincent è l’unico che può darvi tutte le informazioni che servono.”

“Vincent non è qui!” intervenne Freya “E non ritorneremo a New Orleans senza essere certi che tutto questo non sia una… trappola ideata da Marcel.”

“Ally…” sussurrò Hayley cercando lo sguardo della sua amica. “Cosa facciamo adesso?”

“Quello che dobbiamo per proteggerla” la donna fece un grosso respiro. “Auguratemi buona fortuna.”

“Per cosa?” Elijah si voltò a guardarla ma lei era sparita, un fruscio di ali e un venticello leggero.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison era arrivata a Covington e lo considerava già un passo avanti. Si aspettava di finire in qualche località dall’altra parte dell’oceano, in un altro stato, come le era successo entrambe le volte che aveva provato a volare. E invece era finita a poco meno di un’ora da New Orleans. Si era procurata un’auto e aveva guidato senza fermarsi, dritta fino a casa di Vincent. Lì aveva trovato anche Marcel.

“Ah, due piccioni con una fava!” esclamò quando le aprirono ed entrò senza aspettare un invito. “Il terzo piccione, quello viaggiatore è arrivato a destinazione, sano e salvo. È ancora sano ma se non mi dite esattamente cosa sta succedendo, dubito che lo rimarrà per molto. Klaus non è stato molto felice di sapere che sua figlia è in pericolo e la sua infelicità si è trasformata in rabbia quando si è reso conto che Josh non aveva nessuna risposta alle sue migliaia di domande.”

“Ho parlato con Josh meno di due ore fa, come sei arrivata così in fretta?” domandò Vincent.

“Ho volato!” esclamò lei e diede loro un attimo per metabolizzare. “Oh giusto...” continuò. “Voi non sapete ancora cosa sono esattamente perché io volevo dirlo a Elijah prima che a tutti gli altri. Ora lui lo sa quindi vi svelerò il mistero; sono un Nephilim: metà essere umano, metà arcangelo.”

“Impossibile!” esclamarono all’unisono i due uomini.

Allison spiegò le ali, che crearono una grande ombra. I suoi occhi si fecero blu e brillanti. “Impossibile non esiste nel nostro mondo” disse tornando pian piano normale. “Ora, ditemi che diavolo sta succedendo, chi è Inadu e perché pensate che Hope sarà una vittima.”

Vincent si scolò un bicchiere di vodka tutto d’un sorso, poi prese a raccontarle ogni cosa. Le spiegò che Inadu, anche detta Hollow, era lo spirito di una strega; molto più anziana degli Antenati e soprattutto molto più potente.

“Ha dei fedeli seguaci che farebbero qualunque cosa per farle piacere e per guadagnare sempre più potere ha bisogno di compiere dei sacrifici. Predilige i bambini perché la loro anima è più pura e questo equivale a...”

“A maggior potere” finì Allison per lui.

“Esatto. Ma non disdegna gli altri sacrifici e preferisce sacrificare le creature soprannaturali create dalla magia come gli Originali, ad esempio. Come Marcel.”

La donna si mise a sedere e poggiò lo sguardo proprio su quest’ultimo. Lui ricambiò senza timore o titubanze e in quegli occhi scuri Allison vide che non c’era inganno, o forse le piaceva sperarlo. “Che altro potete dirmi di questa... Inadu? Come la fermiamo?”

“Non lo so ancora” confessò Vincent. “Ma so che non sarà facile.”

“Non lo è mai. Hai detto che per i suoi sacrifici predilige i bambini e sembri saperne molto sull’argomento. Mi ricordo che Eva Sinclair era piuttosto... famosa per la sua folle ossessione di uccidere i bambini e così non posso fare a meno di chiedermi, visto il legame che tu e Eva avevate, se non stai tralasciando qualcosa, Vincent.”

Lui scambiò un’occhiata con Marcel, poi guardò Allison. “Sono stato io ad evocare Inadu, tanto tempo fa. Allora credevo di star facendo qualcosa di utile, credevo che ci avrebbe aiutati a sconfiggere la disperazione e la morte che ci circondavano. Non sapevo però che avrebbe preso il controllo, che avrebbe costretto Eva a compiere quelle... atrocità” ci fu silenzio per un attimo, poi l’uomo parlò di nuovo. “Hope è in grave pericolo, dovete portarla qui così potremo prevenire invece che curare.”

“Chi mi assicura che tutto questo non è un giochetto? Che non è una trappola ideata da voi due per...”

“Per cosa?” la interruppe Marcel “Per avere vendetta? Tu forse pensi a me come a un mostro Allison, ma i mostri siete voi. Io non lascerei mai che qualcosa di brutto accadesse a Hope. Lei non c’entra con le vostre cattive azioni, con i vostri peccati.”

“Io non sono un mostro, Marcel!” gli disse Allison avvicinandoglisi. “E non importa quello che ti ripeti costantemente, quello che ti piace credere per riuscire a tenere a bada la tua coscienza; tu non sei meno mostro delle persone che definisci tali. Cerca di ricordartelo.”

I loro sguardi rimasero fissi uno dentro l’altro per qualche lungo secondo, poi lui guardò altrove mentre lei prendeva il suo cellulare.

“Dirò a Hayley e agli altri di portare Hope qui. Ma fate attenzione, perché se mi accorgo che mi avete mentito, se mi accorgo che questa è una specie di inganno, di dichiarazione di guerra... Inadu sarà l’ultimo dei vostri problemi.”

Se ne andò e Vincent e Marcel non la fermarono né aggiunsero altro.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah, Hayley, Klaus, Matt e Freya arrivarono il giorno dopo insieme alla piccola Hope. Allison diede loro appuntamento alla tenuta e sorrise quando li vide. “Viaggiato bene?”

“Zia Allison” Hope si liberò dalla presa della mano della madre e corse a salutarla. “Devo raccontarti un sacco di cose sulla festa di compleanno di Sarah.”

La donna si piegò e le stampò un bacio sulla fronte, poi tanti altri piccoli sul viso facendola ridere. “Non vedo l’ora di sapere tutto quanto, ma per adesso dimmi solo una cosa; ti sei divertita?”

“Tantissimo. A Sarah è molto piaciuto il puzzle gigante che le ho regalato e ha detto che ci giocheremo insieme al mio ritorno” la bambina si guardò intorno, alzando gli occhi per vedere tutto. “Che posto grande” mormorò girando su se stessa.

“Questa era la nostra casa un tempo” le spiegò Klaus sorridendole.

Allison invece si avvicinò ad Elijah e lo strinse forte, rilassandosi quando lui ricambiò la stretta. “Ho volato fino a Covington” gli disse. “E lo considero un progresso; cedevo che sarei finita da qualche parte tipo l’Egitto o il Polo Nord.”

Elijah accennò una risata, si staccò poco da lei e la baciò poggiandole una mano sul viso. “Con un po’ di pratica diventerai perfetta in men che non si dica. Impari in fretta tu” la baciò di nuovo e lei sorrise contro quelle belle labbra.

“Dove sono Kol e Rebekah?”

“Kol non se la sentiva di tornare, vuole andarsene il più lontano possibile da New Orleans e dai ricordi... Rebekah ha deciso di accompagnarlo. Hanno detto di chiamarli in caso di necessità. Credi che dovremo farlo?”

Lei fece un grosso respiro. “Spero di no, ma non ne sono sicura.”

“Non possiamo stare qui dentro” parlò Matt. “È pieno di polvere e muffa. Noi potremmo anche starci, ma Hope proprio no.”

Allison guardò la sua nipotina, e le balenò in testa un’idea. Hope era potente ma non le era stato modo di imparare a controllare il suo potere, principalmente perché le era stato vietato di usarlo. Se davvero la minaccia che avrebbero dovuto affrontare era così pericolosa, forse era il caso che iniziasse a imparare qualcosa.

“Hope” le disse sorridendole. “Ti va di aiutarmi con una cosa?”

“Certo che sì. Cosa dobbiamo fare?”

“Per prima cosa, se i tuoi genitori sono d’accordo, devi toglierti il braccialetto.”

“Posso?” domandò la bambina guardando prima suo padre e poi sua madre.

“Solo se prometti di fare quello che ti dice la zia Allison, niente di più” replicò Hayley.

Hope tolse il braccialetto e lo diede a suo padre con un sorriso. “Lo prometto. Cosa facciamo?” chiese entusiasta ad Allison.

La cacciatrice le prese le mani. “Rimettiamo a posto la casa. Concentrati, pensa a questo posto libero dalle erbacce e dalla polvere. Pensaci come si pensa ad un bel posto accogliente” alzò gli occhi sugli altri e sorrise loro. “Voltatevi di spalle per favore, per sicurezza. La mia grazia potrebbe... solo, voltatevi di spalle.”

Loro lo fecero e Hope ed Allison iniziarono a girare piano, la presa si limitò solo ad una mano mentre le erbacce recedevano e sparivano, le luci si accendevano e lo splendore della casa tornava. Un chiarore abbagliante e tutto fu di nuovo bello e pulito. “Adesso ci siamo!”

Gli altri si voltarono di nuovo a guardarle, negli occhi di Allison una reminiscenza di blu che stava pian piano sparendo. Ridevano lei e Hope, complici e affettuose e in quell’attimo tutto era perfetto.

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 14. ***


14.

 

 

 

 

 

Allison fu svegliata da uno squillo di tromba e le servì un attimo per ricordarsi dove fosse. New Orleans... la città delle parate senza fine, il posto dove tutto era un pretesto per festeggiare in pompa magna, persino un funerale. Sperava che sarebbero tornati presto a Los Angeles, in fondo che motivo avevano di rimanere lì ora che tutta quella follia di Inadu era stata risolta?

Lo era davvero però? Allison aveva una strana sensazione, nonostante le parole di Vincent. E doveva ad Hope un regalo, se lo era meritato per essere stata tanto coraggiosa nonostante avesse paura. Sì, era decisamente il caso di andarsene presto da lì... New Orleans era piena di troppi brutti ricordi e c’era il male nelle sue radici.

Voltandosi dall’altro lato di letto aprì gli occhi e si ritrovò davanti Hayley, stava sdraiata supina a fissare il soffitto.

“Buongiorno amore” le disse allungando la mano e afferrando la sua. “Sei parecchio cambiato in una notte. Com’è potuto accadere?”

Hayley rise scacciando la mano della sua amica e si mise a sedere sul letto. Allison la imitò. “Ce ne hai messo di tempo a svegliarti.”

“Non ho dormito molto stanotte, sono rientrata parecchio tardi” la donna sospirò. “Marcel ha voluto mettere in chiaro alcune cose e visto che al momento sono l’essere più potente nei paraggi, ha pensato bene di parlarne con me. È stata una conversazione strana, ma ho fatto delle promesse che intendo mantenere.”

“Del tipo?”

“Del tipo che non gli daremo fastidio fino a quando rimarremo qui e, detto tra te e me, spero che ce ne andremo il prima possibile. New Orleans è il passato e se mi guardo indietro vedo più cose brutte che belle. Non voglio vivere così, non più.”

Hayley annuì. “Sono d’accordo con te e oltretutto Los Angeles è il posto che Hope chiama casa; ha delle amicizie, la sua routine. Il punto è che non credo che Klaus ed Elijah la pensino così.”

Allison corrugò la fronte. “Che vuoi dire?”

“Vogliono dare una festa.”

“Per festeggiare cosa esattamente?”

“Il nostro ritorno a casa. E nel caso non avessi capito, casa è qui a New Orleans per loro.”

La cacciatrice, ora Nephilim, serrò le mascelle mettendosi in piedi. “Col cavolo!” esclamò uscendo dalla stanza. Hayley la seguì.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Noi non daremo una festa!”

Klaus scambiò un’occhiata con Elijah mentre la voce di Allison riecheggiava nell’atrio, calma ma decisa. Niente che loro due non avessero previsto. Sapevano che una volta a conoscenza dei loro programmi si sarebbe ribellata.

“Sì invece” disse voltandosi a guardarla. “I preparativi sono già in corso come puoi vedere.”

Lei ridacchiò. “Beh dai una mancia extra a chi ha lavorato fino ad ora e disdici tutto, non ci sarà nessuna festa perché non c’è niente da festeggiare e Hope ha bisogno di tornare alla sua quotidianità. E la sua vita non è qui.”

“Hope ha sette anni. La sua vita è dove siamo io e sua madre.”

“Sbagliato!” urlò quasi Allison guardandolo. “Non è Hope che deve adattarsi alle tue follie, sei tu che devi adattarti a lei. Per cinque anni non ha fatto altro che chiedere di suo padre, dei suoi zii, del perché non potessimo stare tutti insieme. E ogni risposta faceva rima con New Orleans. Questo posto è maledetto.”

“Questo posto è casa nostra.”

“No Klaus, tua figlia è la tua casa. Non questa dannata villa” si voltò a guardare Elijah che rimaneva in silenzio. “E tu non dici nulla? Sei d’accordo con questa follia?”

Lui respirò a fondo. “Allison, Freya pensa che tutta questa storia con Inadu non sia davvero risolta. Crede che ci sia qualcosa che Vincent e Marcel non ci hanno detto, crede che ci siano ben altri nemici. Questa festa è strategica.”

La donna ascoltò mentre lui parlava, mentre le diceva che quello che volevano scoprire era quanti nemici ci fossero, quanti rapporti potevano ancora essere recuperati.

“Esattamente quale rispetto credete di recuperare rapendo Marcel?” lo interruppe e Elijah e Klaus si guardarono per un istante. “Posso percepire la sua energia, posso sentire distintamente il suono delle catene che lo tengono legato mentre prova a liberarsi. Come hai potuto?” chiese a suo marito scuotendo il capo. “Come hai potuto fare tutto questo alle mie spalle dopo aver saputo quello che gli avevo promesso?”

Elijah le si avvicinò di qualche passo. “Mi dispiace, ma è successo tutto di improvviso e...”

“Improvviso, certo” Allison scosse il capo. Guardò Hayley, poi entrambi i Mikaelson. “Hayley, Matt e io abbiamo insegnato a Hope che ogni vita vale allo stesso modo. Lei è buona, felice, innocente. È generosa ed è pura. Volete riprendervi New Orleans? Bene! Ma fate in modo che la sua innocenza non vada perduta mentre lo fate. Perché se dovesse accadere, vi assicuro che quello che avete passato negli ultimi cinque anni sarà niente in confronto a quello che vi farò io stessa.”

Ci fu un attimo di silenzio, poi Klaus si allontanò con un sorriso appena accennato, Hayley fece lo stesso dopo un cenno di ringraziamento alla sua amica e Allison ed Elijah rimasero soli. L’Originale rimase distante per un attimo, poi le prese una mano e se la portò alle labbra.

“So che sei arrabbiata e se non vorrai partecipare a questa festa lo capirò. Vorrei che ci fossi però, vorrei la mia bellissima moglie al mio fianco mentre ci riprendiamo quello che è nostro.”

Lei respirò a fondo, gli prese il viso tra le mani e lo guardò. “Sono arrabbiata, è vero. Credo che questa sia una pessima idea e che ci si ritorcerà contro. Ma siamo sposati, quindi sarò al tuo fianco perché è quello che si fa per le persone che si amano; gli si dà sostegno sempre e comunque.”

Elijah la baciò. “A Marcel non verrà torto un solo capello, hai la mia parola. E se i sospetti di Freya si riveleranno infondati ce ne andremo da questo posto. Te lo prometto.”

Allison annuì, furiosa con se stessa perché non riusciva davvero a rimanere arrabbiata con lui per più di qualche minuto. Non dopo tutto quello che avevano passato. “Okay. Devo avvisarti però, farò tardi alla festa.”

“Perché?”

“Perché stasera ci sarà un party di beneficienza per la polizia, e Will è l’ospite d’onore visto il grande contributo dato alla città quando era detective qui. Mesi fa gli ho promesso che l’avrei accompagnato, non se la cava bene in queste situazioni formali.”

“Stai parlando di Will Kinney?”

“Sì. Ma non preoccuparti, arriverò solo un po’ in ritardo. Devo andare ora, devo sbrigare alcune commissioni e devo ancora fare una doccia” gli diede un bacio veloce. “Ti amo, a dopo.”

Lui la guardò andare via, infastidito senza sapere perché.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Keelin stava sfogliando una rivista seduta sul letto quando Allison entrò nella sua stanza. Era stato Matt a portargliele, insieme ad un frullato di frutta e a un vassoio con la colazione. Non sapeva molto di lui, eccetto che era il fratello di Allison e che in passato era stato un vero mostro.

Faticava a crederci vedendolo ora, tanto gentile con lei, così premuroso con Hayley e Hope. Chissà che rapporto c’era tra lui e l’Ibrida.

“Tuo fratello e Hayley vanno a letto insieme per caso?” chiese alla donna quando entrò.

Lei si sistemò la giacca di pelle sulla t-shirt a pois, arricciò la bocca facendo spuntare una fossetta e Keelin pensò che era davvero bella. E sexy... “Non che io sappia” le rispose. “Onestamente credo che vorrebbero ma nessuno dei due ha fatto la prima mossa.”

“Credi che prima o poi uno dei due si deciderà a farla? Si percepisce molta tensione sessuale tra loro.”

Allison rise. “Credo che non siano affari nostri. A ogni modo, prendi una giacca, stiamo per uscire.”

“E dove andiamo?”

“In questa casa ci sarà una festa stasera e quindi io, tu, Hayley e Freya andremo a fare shopping. Le feste dei Mikaelson richiedono sempre un bell’abito.”

Keelin sbuffò. “Perché devo partecipare anche io? Sono una prigioniera in fondo...”

“No,  non lo sei” precisò Allison. “Sei un’ospite e se qualcuno non ti fa sentire tale allora devi dirmelo.”

“Scherzavo” la lupa alzò le mani. “È solo che non amo le feste, soprattutto quelle eleganti e formali.”

“Non ti annoierai, te lo prometto. Ti aspetto di sotto” l’altra rispose al cellulare allontanandosi. Era un certo Will ma non sentì altro. Allison era gentile con lei, in realtà lo erano tutti tranne Freya che proprio sembrava non fidarsi di lei. Sperò di riuscire a farle cambiare idea, magari proprio alla festa di quella sera.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 15. ***


beauty

15.

 

 

 

 

 

Allison fece scorrere la mano sul lungo vestito rosso; la seta era morbida e lucente ma nell’insieme era troppo esagerato per entrambi i party a cui avrebbe dovuto partecipare. Dio... due feste. Quindi doppia noia!

Non aveva voglia di andare con Will alla serata di beneficenza, ma glielo aveva promesso e glielo doveva, a lui più che a chiunque altro dopo tutto quello che aveva fatto per lei in quei cinque anni di rabbia e dolore. Non aveva voglia di partecipare alla festa che Elijah e Klaus avevano organizzato, ma amava suo marito e doveva stare al suo fianco sempre e comunque.

Si prospettava una serata incredibilmente lunga e lei non era sicura di riuscire a resistere anche se sapeva di doverlo fare.

“Che ne dici di questo?”

Keelin la scosse dai suoi pensieri, con quella voce dolce in contrasto con l’aspetto severo. Teneva in mano un vestito nero lungo fino al ginocchio, la gonna plissettata lo rendeva sbarazzino. “Un altro vestito nero. Che meraviglia. Sei un’amante dei colori tu, vero?”

“Senti” replicò la lupa guardandola. “Dovrò partecipare ad un party a cui non ho davvero voglia di prendere parte, in una casa in cui c’è un prigioniero il cui morso più uccidere un Originale, in una serata che ha il solo scopo di propagandare una finta tregua. Posso almeno farlo con un colore con cui mi sento a mio agio? E comunque sì, ho origliato! Se ti stai chiedendo come faccio a sapere tutte queste cose sulla festa” si voltò a guardare Hayley e la indicò con un dito. “Lei non sta neppure cercando un vestito.”

Lo sguardo di Allison si spostò sulla sua amica, stava in piedi davanti ad uno scaffale del reparto bambini e non aveva neppure un vestito in mano. “Hayley” la chiamò. “Hai trovato qualcosa da provarti?”

Lei scosse il capo prima di voltarsi a guardarla. “No, non mi serve un vestito perché io non parteciperò alla festa.”

“Come scusa?”

“Ho altro da fare questa sera.”

“Tipo?” intervenne Freya avvicinandosi.

Hayley non rispose ma le sue guance si colorarono appena mentre abbassava lo sguardo.

“Non ci credo” mormorò Allison con un sorriso mentre prendeva un vestito grigio e bianco. “Mio fratello ha avuto cinque anni a disposizione e ha scelto questa specifica sera per chiederti di uscire?”

Freya corrugò la fronte guardando la madre di sua nipote. “Tu e Matt siete...”

“Non siamo niente” specificò l’Ibrida. “Stiamo solo uscendo insieme a mangiare un boccone. Ecco perché non mi serve un vestito, indosserò un paio di jeans, un abbigliamento casual e comodo.”

Le altre tre si scambiarono un’occhiata, infine Freya afferrò un vestitino verde e lo lanciò ad Hayley. “Provatelo, ora” le disse mentre Allison si allontanava per rispondere al telefono.

Era Will. “Detective” lo salutò. “Cosa posso fare per te?”

“Ciao Allison. Telefono solo per accertarmi che sia tutto confermato per questa sera. Sono arrivato un’ora fa a Baton Rouge, sono ospite a casa di mia sorella.”

“Tutto confermato” rispose lei. “Ho solo un piccolo contrattempo.”

“Che tipo di contrattempo?”

“Dovrò lasciare la serata un po’ prima del previsto. Elijah e Klaus hanno organizzato un party per far sapere alla città intera che gli Originali sono tornati.”

“Quindi vivete di nuovo ufficialmente a New Orleans adesso?”

Allison fece un grosso respiro. “Non lo so ancora. Ci sono alcune cose da sistemare e Elijah mi ha promesso che una volta che tutto sarà a posto ce ne andremo, quindi dovrebbe essere una situazione temporanea.”

“Ma?”

“Ma non sono sicura di credere alle sue parole, o meglio ci credo ma temo che non sarà in grado di mantenere la sua promessa.”

Ci fu un istante di silenzio, poi Will si schiarì la voce. “Mi dispiace Allison. Se io fossi Elijah e fossi stato in un magico coma per cinque anni, lontano dalla donna che amo, una volta sveglio avrei fatto i bagagli e ti avrei portata via da ogni cosa, per vivere in pace. Ma io non sono lui quindi...” alcuni altri secondi di silenzio. “A ogni modo, se stasera non riesci a venire non fa niente, me la caverò.”

Allison guardò il vestito che aveva in mano. “Ci sarò Will. Ci vediamo direttamente lì alle diciannove.”

“Okay, a più tardi allora.”

La donna riattaccò e respirò a fondo fissando lo schermo del cellulare.

“Tutto bene?” le domandò Hayley raggiungendola.

“Era Will, voleva sapere se per stasera era tutto confermato.”

“Non è quello che ti ho chiesto, Ally. Va tutto bene? Hai una faccia che sembra urlare problemi. Qualcosa non va con Kinney?”

“No, va tutto bene. Due feste Hayley... il solo pensiero mi strema.”

L’Ibrida rise. “Ce la farai.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Sarò qui per le dieci in punto, non un minuto di più. Nel frattempo, ho bisogno che tu tenga d’occhio la situazione per me. Non mi fido di nessun altro a parte te.”

Il suo interlocutore annuì guardandola andare avanti e indietro per la stanza con indosso un vestito grigio che le stava molto bene, i capelli legati in una specie di acconciatura alta, poco trucco e delle belle scarpe. Parlava mentre faceva scivolare gli orecchini sui lobi con un gesto lento.

“Cosa devo controllare esattamente?”

“Che nessuno faccia delle str… sciocchezze” Allison andò a sedersi con lei sul letto. “E soprattutto che nessuna donna si avvicini allo zio Elijah. Intesi?”

Hope rise. “Non lo perderò di vista nemmeno per un secondo. Anche se non so come farò visto che non posso partecipare alla festa. Papà ha detto che vuole che rimanga nella mia stanza e mi ha comprato tanti libri e tanti colori così non mi annoierò.”

Allison sospirò. “Tuo padre ha ragione, ci sarà molta gente stasera e non saranno tutti simpatici. È meglio che tu ci stia lontana.”

La piccola annuì. “La mamma e lo zio Matt andranno al ristorante, mi hanno invitata ad andare con loro ma io ho detto di no.”

“Perché?”

“Perché è un appuntamento tra innamorati e si esce solo in due, giusto?”

“Giusto. A te sta bene che la mamma e lo zio Matt siano... innamorati?”

“Sì, voglio bene allo zio Matt e la mamma sorride sempre con lui, quindi sì.”

La donna allungò la mano e le accarezzò i capelli. “Sei una brava figlia Hope Mikaelson e anche una brava nipote” si alzò e fece un giro su stessa. “Allora, come sto?”

“Bellissima!” esclamarono dalla porta. “Sei bellissima.”

Hope si alzò a sua volta e sorrise ad Allison. “Come ha detto lo zio Elijah.” Sparì fuori dalla stanza ed Allison puntò lo sguardo su suo marito.

“Cravatta rossa...” lo indicò con un dito notando che era ancora snodata. “Qualcuno si sente molto orgoglioso e sicuro di sé questa sera” lo raggiunse e ne afferrò i lembi e iniziò ad annodarla. “Stai molto bene.”

L’Originale la baciò, prendendole il viso tra le mani, un bacio appassionato che le fece arrossare le guance. “Sei incredibilmente bella stasera” le disse con voce profonda staccandosi da lei.

Allison sorrise. “Tu mi ami, non sei obiettivo.”

“Forse” ammise lui. “Ma sono certo che se chiedessi ad uno dei camerieri che di sotto stanno preparando i tavoli mi direbbe che ho ragione. Forse dovrei chiedere ad Hope di venire con te alla serata di beneficienza e assicurarsi che nessun uomo ti si avvicini.”

“Ah-Ah” fece Allison. “Divertente. Lo sai che origliare non è molto educato?”

Elijah rise baciandole il palmo di una mano. “Non l’ho fatto di proposito, ma ho il super udito, ricordi?” con dolcezza le sistemò un ciuffo di capelli cadutole sugli occhi. “Hope ti adora e non sono affatto sorpreso, sei bravissima con lei.”

“È una bambina molto speciale, questo rende tutto più semplice. Anche tu sei bravo con lei, vi ho visti l’altro ieri leggere insieme Il giardino segreto.”

“Come hai detto tu stessa, è semplice con lei.”

La donna annuì, poi avvicinò la bocca a quella del vampiro e vi posò sopra un bacio leggero. “Mi sei mancato tanto Elijah, in questi cinque anni. E lo so che te l’ho già detto più e più volte, ma è così. Ti amo e non... non posso farcela senza di te.”

L’Originale le baciò la fronte prima di stringersela al petto. “Non vado da nessuna parte, te lo prometto. Questa festa non conoscerà alcuna violenza, sarò qui e sarò tutto intero quando arriverai.”

Allison si rilassò. Gli sfiorò il collo con un bacio e sciolse la stretta. “Devo andare ora. Ci vediamo tra qualche ora.”

“Ti accompagno alla macchina.” Lei sorrise felice.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 16. ***


btm

16.

 

 

 

 

 

“Dottor Marquez lei è molto gentile.” Allison sorrise cordiale all’anziano signore, la pelle rugosa e i capelli grigi ma gli occhi ancora pieni di entusiasmo. Le ricordò suo padre, per un istante fu come rivederlo lì, così a suo agio a quegli eventi, capace di catalizzare l’attenzione. Le aveva fatto un complimento e anche il suo tono di voce le era sembrato paterno, era stato tenero.

“Non lo sono mi creda” scherzò lui guardandola. “Dico solo la verità; lei è una donna di straordinaria bellezza e intelligenza. Scommetto che nessun altro in questa stanza conosce il grande Juan Ramón Jiménez. Ma mi dica, qual è la poesia che preferisce?”

Col nuovo mattino, il mondo mi bacia sulla tua bocca, donna.” recitò Allison e il dottore si illuminò.

“Ah!” esclamò. “La mia preferita. Vogliate scusarmi adesso” disse subito dopo afferrando la mano di Allison e sfiorandola con le labbra. “Ma ho bisogno di bere qualcosa. A più tardi.”

Li saluto e si allontanò con passo deciso, Will scosse il capo divertito.

“Incredibile” borbottò bevendo un sorso di vino. “Cos’era quella cosa che hai recitato?”

“Quella cosa” gli disse la donna. “Era una poesia, si intitola Fusione.”

“E tu la conosci perché?”

“Perché ho preso la scuola molto seriamente da ragazza” Allison bevve dal suo bicchiere. “A ogni modo, Will, dovresti provare a socializzare di più.”

“Non ci penso nemmeno. Sono venuto perché dovevano darmi un premio e me lo hanno dato. Sono rimasto solo perché il capo della polizia mi ha praticamente fulminato con lo sguardo quando ho detto che sarei andato via.”

“Lo credo bene., sei l’ospite d’onore e vuoi lasciare la serata prima di tutti. Mi dispiace dirtelo, ma credo che sarai l’ultimo ad andartene e credo che stringerai parecchie mani prima di farlo. E visto che io tra poco dovrò andare via, perché non ti troviamo qualcuno che ti faccia compagnia” Allison si guardò intorno.

“Che ne dici di lui?” Will indicò con un gesto discreto della mano un tizio seduto ad una sedia vicino al palco. “È  il detective Carl Morton. Quando aveva solo ventisei anni ed era ancora una recluta, catturò uno dei più pericolosi serial killer che New Orleans abbia mai conosciuto.”

“Interessante, ma che ne dici di lei?” la cacciatrice indicò col capo una bella donna dai capelli lunghi e biondi. Aveva grandi occhi verdi che di tanto in tanto si posavano su Kinney. Era interessata ma chissà perché non si era avvicinata.

“Non so nemmeno chi sia.” sussurrò Will dopo averle dato un rapido sguardo.

“È proprio questo il bello Will, il brivido della scoperta. E poi è molto carina e ti guarda ogni dieci minuti circa.”

“Non sono interessato a una relazione.”

“Relazione?” Allison sgranò gli occhi. “E chi ha parlato di una relazione? Potrebbe di certo diventarlo ma io al momento ti sto solo suggerendo di fare amicizia.”

Lui sembrò rifletterci un attimo, bevve l’ultimo sorso di vino e le si avvicinò. “Salve” le disse. “Sono Will Kinney.”

“Vanessa Ross.”

“Ross come il capitano Ross?”

Vanessa sorrise. “Sì, è mio padre. Sta poco bene e ha mandato me in rappresentanza, per così dire.”

“Capisco” Will guardò Allison che gli fece una specie di smorfia. Poi guardò di nuovo la sua nuova amica. “Allora, Vanessa... posso offrirti qualcosa da bere? Magari un bicchiere di acqua, visto che forse hai bevuto abbastanza per questa sera.”

“Come scusa?” lo sguardo della donna cambiò.

“Hai gli occhi lucidi e le guance arrossate, significa che...”

“Will!” lo interruppe Allison avvicinandosi. “Una parola, ora. Scusaci un attimo” disse alla donna toccandole la mano.

Will la seguì a pochi passi di distanza. “Che c’è?”

“Che cavolo stai facendo?”

“Amicizia, come mi hai suggerito.”

“Amicizia? Le hai praticamente detto che è ubriaca.”

“No, le ho detto che forse non dovrebbe bere ancora. Sto solo provando a essere responsabile, sono un poliziotto.”

Allison fece un grosso respiro. “Will, ascoltami; sei un idiota ma ti aiuterò comunque. Adesso tornerai da lei e le dirai se puoi offrirle da bere. Lei declinerà la tua offerta, perché le donne amano fingersi timide, e ti dirà di aver bevuto troppo. Tu sorriderai e le dirai tranquilla Vanessa, mi assicurerò che tu torni a casa sana e salva stasera, ti accompagnerò io stesso se necessario e lo farai con un bel sorriso rilassato altrimenti penserà che vuoi solo portartela a letto.”

“Allison, anche se volessi farlo – e non voglio – come dovrei fare? A meno che non abbia la memoria a breve termine danneggiata, si ricorderà di pochi secondi fa.”

“No, non se ne ricorderà, fidati.”

Will la fissò perplesso, si voltò a guardare Vanessa e lei gli sorrise rilassata. Preferì non chiedere alla sua amica cosa avesse fatto. Si fermò a guardarla però, con quel vestito grigio che le stava benissimo, i capelli raccolti che le scoprivano il viso, quelle belle fossette che aveva sfoggiato per tutta la sera. “Non mi va di fare amicizia, Allison.”

“Perché no? È una bella donna.”

L’uomo decise di smettere di pensare se farlo o meno, anzi decise proprio di smettere di pensare. Si piegò e avvicinò la bocca ala sua. E immaginò che sarebbe stato bello, meglio di quanto credeva. Lo immaginò per circa cinque secondi, il tempo che lei ci mise a capire cosa stesse succedendo per poi spingerlo via piano.

“Non farlo.” gli disse scuotendo il capo. “Ho un marito. E lo amo.”

Will si schiarì la voce. “Lo so, hai ragione. Questa era la risposta alla tua domanda però. Vai pure Allison, me la caverò per il resto della serata.”

Lei rimase un attimo immobile, poi se ne andò.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah guardò un’altra volta l’orologio; segnava le dieci e quindici minuti e Allison non era ancora arrivata. Aveva sentito mentre diceva ad Hope che sarebbe ritornata alla dieci in punto e lei era sempre puntuale. Forse, si disse, l’altra festa le piaceva di più, forse la compagnia le piaceva di più. Strinse così forte il bicchiere che per un attimo pensò si sarebbe rotto, poi cercò di riprendere il controllo.

La casa era piena di esseri soprannaturali di ogni tipo, vampiri per lo più. Ognuno era entrato intimorito e sulla difensiva ma si era rilassato man mano che i minuti passavano. La piccola scorta di Marcel non si era fatta attendere e con a capo Sofya era arrivata puntuale sbraitando di vuote minacce. Doveva dire di essere sorpreso, Niklaus non si era fatto prendere dalla rabbia, aveva mantenuto la calma per tutto il tempo e aveva cercato un dialogo con il nemico.

Erano arrivati anche ospiti inaspettati, un certo Dominic per la precisione. Si era presentato dicendo di essere il braccio destro di Inadu, dicendo che sarebbe tornata e che c’erano delle armi che potevano annientarli. Klaus aveva riso cercando di non tradire nervosismo... quanto a lui, quella sera rimanere calmi era davvero un’impresa. Per questo quando sentì che Dominic era entrato nella stanza respirò diverse volte a fondo prima di voltarsi a guardarlo.

“La festa è di sotto e solo di sotto. Sii gentile dunque.” Gli disse.

“Dov’è tua moglie?” domandò l’altro avanzando verso di lui.

“Come scusa?”

“Dov’è la tua potente moglie, stasera? Non l’ho ancora vista. L’ho incontrata una volta però: bellissimo viso, corpo mozzafiato e quegli occhi maliziosi... uh, quegli occhi.” Un sorriso di sfida, poi continuò. “Forse è meglio che non sia qui in fondo, credo che la maggior parte delle persone presenti a questa festa farebbe carte false per farla fuori. Io invece farei carte false per fare altro insieme a lei.”

Elijah spostò il bicchiere nell’altra mano e con la destra ora libera afferrò Dominic per il collo e lo sollevò in aria. “Non parlare di mia moglie. Né ora, né mai.”

Dominic rise ma si agitò un po’ nella presa. “Volevo solo farle un complimento. Sei forse geloso? Andiamo, converrai anche tu che la tua bella moglie ispira pensieri poco... casti, potremmo dire. Tutto quel potere poi. Così eccitante.”

L’Originale decise che era tempo di metterlo a tacere. Con gli occhi iniettati di sangue raggiunse la balconata e lo lanciò al piano di sotto. Dalla testa del corpo privo di vita iniziò a venir fuori del sangue. La musica si fermò per un attimo, gli invitati smisero di ballare e parlare; tutti gli occhi si puntarono su Elijah.

“Questo è quello che succede a chi manca di rispetto a questa famiglia, a qualunque membro di questa famiglia. Non fatelo e sarete al sicuro.” Fece cenno all’orchestra che riprese a suonare e si rifugiò in una stanza per ritrovare la calma. Klaus lo raggiunse dopo pochi secondi.

“Hai detto niente sangue questa sera e poi hai ucciso Dominic. Che cosa è successo?” gli chiese.

“Ha detto una parola di troppo. Sul conto di mia moglie.”

“Intendi la moglie che non è qui perché un certo detective Kinney aveva bisogno del suo aiuto?” Klaus si zittì per un istante, gli occhi fissi su suo fratello. “Fratello, non puoi uccidere qualcuno a caso, per gelosia, ogni volta che un uomo mostra interesse per la tua bella moglie. Ci sarebbero troppi morti.”

Elijah respirò a fondo; sentiva una rabbia mai sperimentata prima. “Hai ragione” convenne avvicinandosi a suo fratello. “Mi sono comportato come un barbaro. Mi dispiace.”

Klaus gli poggiò una mano sulla spalla. “Nessuno sentirà la mancanza di Dominic comunque, e il corpo sarà sparito in pochi minuti. Ricomponiti e poi raggiungimi, questa festa è per i Mikaelson, tutti quanti.”

L’Originale elegante seguì il consiglio.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

Allison arrivò alla tenuta alle dieci e cinquanta, decisamente in ritardo. Aveva incontrato traffico e onestamente quello che era successo con Will l’aveva un po’ rallentata. Continuava a chiedersi se avesse fatto qualcosa per illuderlo perché, se era successo, non era stato intenzionale. Gli voleva bene ma come se ne vuole ad un amico caro o ad un fratello. Lei amava Elijah e nessun altro.

Quando entrò in casa la festa era nel vivo, c’era la musica, tanto cibo, un tavolo pieno di coppe di champagne. Un vero e proprio party in stile Mikaelson. Le prime persone che vide furono Freya e Keelin che, stranamente, bevevano insieme rilassate e sorridenti. Le raggiunse. “Sono in ritardo. Cosa mi sono persa?”

Keelin si guardò intorno. “Il cibo e l’alcool sono divini, per la musica si poteva fare di meglio ma va bene. Oh e tuo marito ha scaraventato un tizio giù dalla balconata circa mezz’ora fa.”

Allison sgranò gli occhi. “Lui cosa?”

Freya le indicò con la mano il piano di sopra ed Allison capì che era lì che lo avrebbe trovato. Lo raggiunse. “Elijah, Keelin dice che hai buttato un tizio giù dalla balconata. Che diavolo è successo? Avevi detto che questa festa non avrebbe conosciuto violenza.”

Lui la guardò con occhi pieni di rabbia. “Ho avuto le mie ragioni per farlo. E a ogni modo non ti è permesso giudicarmi visto che non eri neppure qui. Anzi, perché non torni dal tuo amico detective? Mi pare evidente che tu preferisca la sua compagnia alla mia visto che sei arrivata con un’ora di ritardo.”

Allison lo guardò quasi interdetta. Aprì la bocca per dire qualcosa ma decise che era il caso di non parlare, non quella sera. Era certa che avrebbero finito per dire cose di cui si sarebbero pentiti. Così, in silenzio, lasciò la stanza scuotendo poco il capo. Lui non la fermò.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Hayley rise saltando giù da un muretto e si aggrappò a Matt per non cadere. Si mise a pensare alla serata appena passata e si accorse che era stata la più bella che avesse mai trascorso. Matt era affascinante, intelligente, spiritoso, divertente. Era sicuro di sé ma non presuntuoso e poi sapeva ascoltare. Non era da tutti.

“Che c’è?” gli chiese quando vide che non distoglieva lo sguardo.

“Grazie Hayley, per questa serata.”

“Non ho fatto altro che parlare di me e della vita che vorrei per mia figlia, sono io che devo ringraziare te per non esserti annoiato.”

Lui rise. “Non avrei mai potuto annoiarmi, per due semplici motivi; adoro Hope e adoro il modo in cui i tuoi occhi si illuminano quando parli di lei. Adoro anche il modo in cui muovi la bocca” con decisione le passò un braccio intorno alla vita, una mano le si poggiò sul viso. “Adoro ogni cosa di te.”

Hayley gli poggiò le mani sul petto. “Tu parli troppo Matt.”

Il vampiro chiuse gli occhi mentre avvicinava le labbra alle sue. “Hai ragione” le disse in un sussurro. Poi la baciò. Lei ricambiò.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 17. ***


17.

 

 

 

 

 

Hayley e Matt erano rientrati da circa dieci minuti quando Allison scese di corsa giù per le scale, il muso lungo e gli occhi stanchi. Indossava un abbigliamento casual, i capelli sciolti che le arrivavano alle spalle e un’aria per nulla felice sul viso. L’orologio segnava quasi le due e i rimasugli della festa erano ancora sparsi lungo tutto il grande atrio. Lei e Matt erano seduti ad un tavolo pieno di ciò che era rimasto del dessert.

“Hey” la salutò Hayley quando la vide. “Come sono andati i due party a cui hai partecipato stasera?”

“Che faccia, sorellina” aggiunse Matt scambiando una rapida occhiata con l’ibrida. “Va tutto bene?”

Allison fece un grosso respiro. “Sono le due del mattino e sto per uscire a fare una passeggiata. Tu che ne dici?”

“Oh-oh” mormorò suo fratello. “Problemi in paradiso credo.”

“Questo posto non ha assolutamente nulla di paradisiaco, credimi.” La donna si diresse verso l’uscita, Hayley decise che l’avrebbe seguita. Diede un rapido bacio a Matt e le corse dietro, raggiungendola fuori di casa.

“Ally, aspetta. Vengo con te.”

“Non ho voglia di parlarne, Hayley. Quindi, se è per questo che vuoi accompagnarmi, ti consiglio di risparmiarti la passeggiata notturna.”

“Non vuoi parlare, ricevuto” la sua amica mise le mani nelle tasche della giacca. “Hai voglia di ascoltare almeno?”

“Che cosa? I dettagli del tuo appuntamento con mio fratello?” le due svoltarono a sinistra, dirette – Hayley suppose –  al punto più in alto della città. “Purché tu non scenda troppo nei dettagli, se capisci cosa intendo.”

L’Ibrida rise. “Non ci sono ancora quel tipo di dettagli, era solo il primo appuntamento. Allison” sospirò. “Matt è davvero fantastico; è brillante, divertente, è gentile e amorevole. Non mi sentivo così bene da tanto tempo.”

Allison non poté fare a meno di sorridere, nonostante la serata terribile che aveva passato; prima Will, poi Elijah e la sua sfuriata. Non era così che aveva immaginato il futuro in quei cinque anni in cui aveva lottato per riportarlo indietro.

“Sono contenta che almeno una di noi abbia avuto una bella serata” le disse sincera. “E sì, mio fratello è un brav’uomo, nonostante tutto.”

Hayley respirò a fondo. “Ti vuole molto bene. Quello che ha fatto ai... ai vostri genitori gli pesa al centro del petto. Crede che tu non l’abbia ancora perdonato. Ne è così convinto...”

“È perché è anche molto intelligente.” Allison si fermò e respirò a fondo perdendosi nella vista della città illuminata che si apriva sotto i loro occhi. “So che non era in sé quando ha fatto quello che ha fatto e so che questo in qualche modo lo giustifica, forse, ma ha ragione a dire che non l’ho perdonato. Non del tutto almeno” la cacciatrice si mise a sedere per terra, le gambe incrociate. Hayley la imitò. “Credo che una parte di me non lo perdonerà mai e credo che in fondo sia comprensibile; ha ucciso i nostri genitori e per anni tutto quello che ha provato a fare è stato uccidere me. Ha ucciso la fidanzata di Victor e la loro figlia non ha mai conosciuto questo mondo per colpa sua. So che sta cercando di redimersi e sta andando benissimo, ma non posso dimenticare il passato. Non se è così ingombrante.”

Hayley annuì. “Sì, penso di capire.” Disse soltanto. E per i dieci minuti successivi calò il silenzio. Fino a quando Allison non si schiarì la voce.

“Will ha provato a baciarmi” raccontò. “L’ho fermato prima che ci riuscisse, quindi non è successo, ma... ci ha provato e non è stato perché era ubriaco o trasportato dal momento, lo ha fatto perché voleva farlo.”

La sua amica bloccò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Non sono sorpresa.”

“Non lo sei?”

“No. Andiamo Allison, negli ultimi cinque anni ha rischiato la sua vita e la sua carriera migliaia di volte, solo per aiutarti. Credevi davvero che lo facesse per pura e semplice bontà d’animo?”

Allison abbassò lo sguardo. “Beh che tu ci creda o no non lo avevo capito.” O forse hai preferito fingere di non capirlo, disse a se stessa. “A ogni modo questa non è neppure la cosa più assurda che mi è capitata stasera.”

“L’altra ha a che fare con Elijah?”

“Ho fatto un po’ di ritardo e sono arrivata alla festa alle undici circa. Ho pensato di farmi aggiornare su quello che mi ero persa da Keelin e Freya e ho scoperto che, trenta minuti prima del mio arrivo, Elijah aveva scaraventato un tizio giù dalla balconata.”

“Per quale motivo l’ha fatto?”

L’altra allargò le braccia. “Magari lo sapessi. Sono andata a chiederglielo e mi ha urlato contro che non avevo il diritto di giudicarlo visto che non ero presente quando è successo e dunque non conoscevo le sue ragioni. Poi mi ha suggerito di tornare da Will perché, e quoto, mi pare evidente che tu preferisca la sua compagnia alla mia visto che sei arrivata con un’ora di ritardo.”

“Ah” sussurrò Hayley avvicinandosi a lei e passandole una mano sulle spalle. “Il millenario Elijah Mikaelson geloso di un poliziotto quarantenne” scherzò.

“La sua gelosia non ha motivo di esistere e lui dovrebbe saperlo.”

“Lo sa” affermò l’altra. “Ma non è qualcosa che puoi controllare. Forse ora non te ne rendi conto perché sei turbata, ma hai fatto perdere il controllo all’uomo più equilibrato che esista. È qualcosa di cui andare fieri in un certo qual modo.”

Allison la guardò per un istante, poi entrambe scoppiarono a ridere mentre il sole sorgeva.

“Parla con lui” le consigliò infine l’ibrida. “Ma prima offrimi la colazione, sto morendo di fame.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Le due donne rientrarono a casa alle sette del mattino e trovarono alcune persone a pulire il caos rimasto la notte precedente. Portarono croissant e bignè freschi per tutti e mentre Hayley raggiungeva la tavola e sua figlia, Allison salì al piano di sopra. Elijah era affacciato al balcone, già vestito di tutto punto. Alzò il capo quando la sentì, ma non disse nulla.

Lei capì che non era per orgoglio o testardaggine, ma per imbarazzo. “Mi piace il completo che indossi, è uno dei miei preferiti” gli disse con un sorriso, e questo bastò a farlo voltare. Allison gli vide negli occhi il senso di colpa. “Possiamo parlare?”

L’Originale annuì, abbassò lo sguardo e lo rialzò solo quando lei gli si avvicinò e raddrizzò con un gesto deciso la sua cravatta. Profumava di buono, profumava di dolcezza. Si piegò in avanti e le baciò una guancia per poi tornare dritto, gli occhi di nuovo bassi.

“Mi sono ingelosito la scorsa notte. Il detective Kinney, lui...”

“È mio amico e niente di più. Dovresti saperlo El, dovresti sapere quanto ti amo, quanto sei importante per me.”

Elijah la guardò dritta negli occhi. “Lo so” sussurrò. “Ma tu sei l’amore della mia vita, Allison. L’idea di perderti mi terrorizza. Kinney è un uomo migliore di me, in fondo; ha un animo puro e può darti cose che io non posso darti. Sembrate così legati che ho pensato che forse negli ultimi cinque anni, tu...”

“Negli ultimi cinque anni” lo interruppe Allison. “Quello che ho fatto è stato lottare per trovare un modo per riportarti da me. Negli ultimi cinque anni ho aperto la tua bara ogni giorno per baciarti, e ogni sera mi sono seduta accanto a te per raccontarti della mia giornata, per dirti quanto mi mancavi. Negli ultimi cinque anni ogni mattina mi è mancato il respiro perché quando aprivo gli occhi tu non eri accanto a me. Negli ultimi cinque anni  ho scoperto che c’è un buco dentro di me e che tu sei l’unico che può riempirlo. Negli ultimi cinque anni non ho fatto altro che amarti, ogni giorno di più. Di questo non devi mai dubitare, intesi?”

Suo marito le guardò le labbra, gli occhi, poi ogni centimetro di viso. “Intesi!” esclamò avvicinando la bocca alla sua. E fu con un fruscio di ali che si ritrovarono a Los Angeles, soli in quella grande casa che avevano lasciato poco tempo prima.

“Come siamo arrivati qui?” domandò guardandosi intorno. “Abbiamo volato?”

“Ha importanza? Siamo qui per fare pace lontani da occhi e orecchi indiscreti.” Lei alzò le braccia invitandolo a sfilarle la maglietta. Lui lo fece.

“No, non ne ha” rispose baciandole il collo mentre la prendeva in braccio.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah le baciò la schiena, le spalle, il collo. Le braccia la avvolgevano completamente mentre lei si muoveva piano, al giusto ritmo in quell’incontro d’amore che sembrava non saziarli mai. L’Originale fece risalire una mano fino al seno e ne accarezzò con delicatezza le curve, i capelli di Allison gli solleticarono il viso mentre il piacere cresceva rapido, i gemiti si inseguivano. L’altra mano scese fino al punto più caldo di sua moglie, si insinuò tra le sue gambe accelerando la corsa verso l’orgasmo.

Si accorse che non c’era niente, niente e nessuno che amasse più di quella donna, ed era una sensazione meravigliosa. Baciandole con dolcezza la pelle si piegò poco in avanti e il contatto si fece più profondo ed infuocato. Allison gemette intensamente, il suo corpo tremò con forza la schiena si inarcò sotto il tocco della sua lingua. Per lui il piacere arrivò una manciata di secondi dopo; si irrigidì, il respiro si fece ancora più corto, le palpebre si serrarono mentre un gemito sordo gli si levava dalla gola riecheggiando nel silenzio della stanza. Ancora un minuto fermi in quella bolla di piacere e poi Allison si girò, facendogli spazio tra le sue gambe. Le loro bocche si unirono in un lungo, lento bacio.

“La prossima volta” parlò la donna con voce roca, mentre lui le baciava la guancia, il mento, il collo. “Saltiamo il litigio e passiamo direttamente a questa fase. È molto più piacevole dell’altra.”

“Sono d’accordo” Elijah annuì risalendo fino alla bocca, poi si staccò da lei per guardarla negli occhi. “Sei la cosa più bella che abbia mai visto, soprattutto in questo momento.”

Lei rise. “In questo momento sono un disastro, sono tutta sudata. E questo mi porta alla mia proposta per te.”

“Sentiamo.”

“Ti andrebbe di fare una doccia con me, signor Mikaelson?” gli chiese con malizia.

Elijah rise. “Mi stai uccidendo” le disse prima di baciarla di nuovo. “E anche io ho una proposta per te.”

“Ti ascolto.”

“Sposami” l’Originale si fece serio, una mano si perse tra i capelli di sua moglie. “Lo so che tecnicamente lo siamo già, ma vorrei che la nostra famiglia fosse presente stavolta, vorrei che mi rendessi l’uomo più felice al mondo camminando verso di me con indosso l’abito dei tuoi sogni, bella come solo tu sai essere. Vorrei tutto questo, se anche tu lo vuoi.”

Allison gli poggiò una mano sul viso. “Sì, lo voglio.”

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** 18. ***


50whq

18.

 

 

 

 

 

Allison fu svegliata da un leggero movimento sul letto. Le servì un attimo per capire che si trattava di Hope. Aprire un occhio le fece scoprire che era giorno... di già. Si sentiva stanca ultimamente e lo trovava bizzarro considerato che, teoricamente, avrebbe dovuto essere quasi immune ad ogni tipo di fatica. Praticamente il discorso era molto diverso però; Castiel le aveva spiegato – prima che smettessero di parlare – che la sensazione di sfinimento era normale, non usi il tuo potere nel modo giusto e questo alla fine stanca. Aveva provato a spiegarle come fare, ma poco tempo dopo c’era stato quel litigio con Sam, delle parti erano state prese e nessuno si era schierato dalla sua.

Fece un grosso respiro e si girò poco fino ad essere faccia a faccia con sua nipote. La bambina la guardava con due occhi chiari pieni di gioia, di speranza. Sulle labbra un sorriso sincero che ad Allison dava serenità.

“Buongiorno, mia bellissima nipote” le disse sollevandosi fino ad essere seduta.

Hope mosse entrambe le mani lanciandole addosso una pioggia di coriandoli colorati. “Buon compleanno!” le urlò quasi. Con un movimento veloce ma delicato le gettò le braccia al collo e la strinse forte.

La donna ricambiò ridendo. “Grazie” le disse prendendo un pugno di coriandoli sul lenzuolo. “Adoro i coriandoli, sono... allegri.”

Hope le baciò due volte la guancia, si allontanò poco e la guardò. “Lo so, ecco perché ho deciso di svegliarti così” le prese una mano. “Visto che oggi è il tuo compleanno abbiamo deciso che sarai tu a decidere cosa dobbiamo mangiare per colazione.”

“Uh” Allison si strofinò un occhio con due dita. “Qualunque cosa?”

“Qualunque cosa.”

“Che ne dici di pancake al cioccolato? E succo d’arancia, tanto succo d’arancia.”

“Mi piacciono i pancake al cioccolato!” esclamò la bambina. “Vado a dirlo alla mamma così inizieremo a preparare tutto. Sbrigati a scendere, ci sono dei regali.”

“Regali?” le fece eco l’altra guardandola correre verso la porta. “Farò in fretta allora.”

Hope annuì, uscì dalla stanza e quasi si scontrò con Elijah, lo salutò con la mano prima di inforcare le scale. Lui sorrise, fece qualche passo in avanti e si fermò sulla porta. Perse lo sguardo su Allison, teneva gli occhi bassi sui coriandoli, con un sorriso gioioso che stonava un po’ con l’aria stanca, ma che le faceva spuntare quelle belle fossette. “Non vedeva l’ora che ti svegliassi per poterti lanciare addosso i coriandoli. L’abbiamo trattenuta il più possibile” disse riferito ad Hope, mentre si avvicinava al letto e ci si sedeva sopra, faccia a faccia con sua moglie. “Ma quando l’orologio ha segnato le otto ha deciso che avevi dormito a sufficienza ed è venuta a svegliarti. Buon compleanno” si protese verso di lei e la baciò con dolcezza.

Allison sorrise contro quella bocca morbida. “Grazie. Ha detto che ci sono dei regali, credi che qualcuno mi abbia regalato una bicicletta? Sono anni che non vado in bici, mi piacerebbe averne una.”

Elijah rise, raggiunse l’armadio e ne tirò fuori una scatola quadrata. Tornò a sedersi e gliela porse. “Temo che nessuno ti abbia regalato una bicicletta quest’anno. Ma se ne vuoi una credo che potremo provvedere.” Sua moglie guardò la scatola per un istante, la prese e se la poggiò sulle gambe. Con delicatezza sciolse il fiocco rosso, lanciandogli un’occhiata di tanto in tanto. Infine tirò via la parte sopra e sgranò gli occhi dischiudendo poco le labbra.

“Oh El” sussurrò con gli occhi lucidi di emozione. Le sue belle iridi nocciola fisse sul carillon di legno e ceramica che replicava un carosello. “È meraviglioso.”

Lui allungò la mano, diede la carica e la giostrina di legno iniziò a girare suonando a ritmo di un valzer.

“Questo è il valzer che abbiamo ballato la prima volta che ci siamo incontrati” realizzò Allison. “A Mystic Falls un secolo fa.”

L’Originale ridacchiò. “Non era proprio un secolo ma sì, è quello. Cinque anni fa, ne hai visto uno simile durante una passeggiata, ricordo che te ne eri innamorata. Il giorno dopo sono tornato in quel piccolo negozio su Bourbon Street ma l’avevano venduto. E poi...”

“E poi ti sei fatto un pisolino di cinque anni” scherzò lei. “E una volta sveglio ti sei ricordato che mi piaceva e ne hai fatto fare uno tutto per me.”

“Più o meno” sorrise lui. “Ma se preferisci posso sempre scambiarlo con una bicicletta.”

Allison poggiò il carillon sulla parte vuota del letto e si allungò per baciarlo; le mani ferme sui lati del suo viso scivolarono giù sulla schiena mentre lui la abbracciava. “Non lo cambierei con niente al mondo. È il regalo più bello che mi abbiano fatto nei miei venticinque anni di vita.”

“Venticinque dici? E io che credevo che fossero un po’ di più.”

Lei rise. “Shh, sarà il nostro piccolo segreto” gli disse. “Ti amo.”

“Ti amo anche io.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison sistemò meglio la coroncina di fiori che Hope le aveva fatto e con alcuni pancake salì al piano di sopra, nell’attico in cui Marcel era ancora prigioniero. Da giorni non si sentiva alcun rumore, quasi come se lui si fosse arreso all’evidenza, il suo piccolo gruppo era rimasto in silenzio, probabilmente nascosto nell’ombra ad elaborare qualche piano per farlo fuggire, di Inadu non c’era più alcuna traccia e tutto sembrava incredibilmente e spaventosamente immobile. Appuntò mentalmente di chiamare Lucas per sapere cosa ne era stato di Alistair Duquesne. L’ultima notizia che aveva era di un paio di settimane dopo averlo consegnato alla Strige, poi più nulla. Aveva chiesto a Lucas di tenerlo in vita, ma solo se possibile. Lui le aveva assicurato che se fosse diventato un problema lo avrebbe eliminato definitivamente. La donna sperava che fosse ancora vivo, per qualche strano motivo provava compassione per quel tizio; aveva perso tutto ed era colpa di Klaus. Quello che l’Ibrido gli aveva fatto era terribile e anche se adesso Niklaus Mikaelson era parecchio cambiato capiva perché Alistair non fosse in grado di lasciarsi il passato alle spalle.

Avrebbe anche dovuto parlare con Will, forse. O forse no. Non era certa di cosa fare e così decise di non pensarci, almeno per un po’.

Aprì il cancello e lo richiuse, poi aprì la massiccia porta di ferro e entrò nella stanza. Marcel era seduto sul pavimento, gli occhi iniettati di sangue, le labbra secche e le sacche di sangue che ogni giorno gli erano state date giacevano sul pavimento, alcune vuote, molte altre piene.

“Ah” mormorò poggiando i pancake su un piccolo ripiano. “Vedo che hai deciso di fare lo sciopero della fame. La cosa più stupida che tu abbia mai fatto.”

“No” ringhiò lui. “La cosa più stupida che io abbia mai fatto è stato fidarmi di te. Mi avevi dato la tua parola che avreste lasciato la città e non vi avrei mai più rivisti eppure eccoci qui.”

“Sai che siamo dovuti tornare per Hope, perché era in pericolo. E quel pericolo forse non è ancora passato.”

Marcel si alzò con uno scatto rapido e le andò incontro. Allungò la mano e gliela strinse intorno al collo, la catena tesa fece un rumore sinistro. “E io vi ho lasciati tornare, ero disposto ad aiutarvi. E guarda com’è finita, sono incatenato in un attico” la osservò per un attimo, nei suoi occhi non vide alcuna paura. “Hai ragione, sai? Decidere di non nutrirmi è stupido, forse dovrei riprendere a farlo, forse dovrei iniziare da te.”

Allison rimase calma, alzò il braccio e espose il polso. “Fai pure.”

La bestia, come lo chiamavano, deglutì a vuoto diverse volte guardando quella pelle chiara. La fame si fece così urgente da fargli male, le lasciò il collo e con entrambe le mani afferrò il polso e vi affondò i denti assetato. Bastò un sorso però per farlo indietreggiare rinvigorito, un sospiro di euforia gli sfuggì di bocca. Cercando di riprendere il controllo si pulì le labbra e la guardò. “Il sapore del tuo sangue è...”

“Stupefacente? Elettrizzante? Estasiante? Sì, me lo hanno detto” la donna prese il tovagliolo che aveva portato su insieme ai pancake e tamponò la ferita. “È pieno di potere, infatti te ne è bastato solo un sorso. Sai Marcel, quella eccitante sensazione di energia che hai provato bevendo dal mio braccio, è solo un minuscolo assaggio della mia reale forza, quindi fammi un favore, okay? Non mettermi mai più le mani addosso. Sei incazzato? Bene! Ma se toccherai di nuovo me o qualcuno tra gli Originali, ti ucciderò e getterò le tue ceneri nel fiume e farò in modo che tu venga dimenticato da chiunque. Del grande e potente Marcel rimarrà solo un mucchietto di polvere che diventerà cibo per pesci.”

Lui la fissò con aria di sfida.

“Mangia i pancake, Marcel” gli disse lei riaprendo la porta. “Sono deliziosi.”

Sparì e Marcel serrò le mascelle tornando a sedersi.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Valerie andò dietro il bancone e le sorrise. “Cosa posso portarle, signora Mikaelson?” le chiese.

Allison rise. “Nessuno mi aveva ancora chiamata signora Mikaelson” le disse. “Devo dire che mi piace molto. Quanto a cosa potresti portarmi... direi un caffè, nero e forte. Ne ho bisogno.”

“Nero e forte significa lungo e con mezzo chilo di zucchero vero?”

“Esatto!” esclamò Allison. “Ho avuto una mattinata pesante.”

La sua amica le versò una tazza di caffè e indicò il suo polso fasciato. “Ha a che fare con quello?”

“Anche. Marcel e io abbiamo avuto una piccola discussione questa mattina.”

“Marcel...” rifletté Valerie. “Ha terrorizzato parecchie persone negli ultimi cinque anni.”

“Sì beh, il suo regno è finito” Allison bevve un sorso dalla tazza. “A ogni modo, il tuo messaggino diceva che devi dirmi una cosa molto importante. Spero che sia una buona notizia, mi serve proprio..”

L’altra poggiò la mano sinistra sul bancone e solo allora la cacciatrice si accorse che al suo dito brillava un anello bellissimo. La guardò e sgranò gli occhi. “Ti sei fidanzata? Non sapevo neppure che frequentassi qualcuno.”

“Sì, si chiama Calvin, è un avvocato. Socio in uno studio legale che ha uffici in metà degli Stati Uniti. Lo conoscerai domani sera alla nostra festa di fidanzamento” le passò un cartoncino color avorio con scritte in rilievo color tortora. “Ecco l’invito per te e Elijah. Troverai tutti i dettagli lì. Ho solo una richiesta.”

“Spara.”

“Cerca di non essere mozzafiato per una volta” Valerie fece una smorfia scherzosa e risero entrambe. “Ora torno al lavoro, mando avanti il tuo ristorante in fondo.”

Allison si guardò intorno, il Rousseau’s era ancora come lo ricordava. “E lo fai benissimo.”

La sua amica si allontanò, lei invece rimase ancora un attimo ferma lì. A riposare.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah annodò la cravatta con calma, la strinse ben bene e sospirò guardando il suo riflesso nello specchio sopra il camino. Lisciò la giacca e sorrise; quel completo lo aveva comprato Allison per lui quando era intrappolato nella Chambre de Chasse, e doveva ammettere che era perfetto. Classico come piaceva a lui, di un bel grigio scuro, la cravatta invece era un po’ più colorata e quella era la parte che rispecchiava Allison. Negli occhi della sua bella moglie, sempre un po’ malinconici, ultimamente era calato un velo ancora più profondo, lui sperava che presto si sarebbe decisa ad aprirsi, perché fino ad allora aveva deciso di non chiederle niente. Se lo avesse fatto, sapeva, si sarebbe chiusa a riccio. Lei aveva i suoi tempi e lui li rispettava.

La tentazione di chiederle dei suoi poteri, del fatto che avesse le ali e fosse più potente di tutte le creature che avesse mai conosciuto, era tanta. Ma più che altro voleva sapere come si sentiva dopo la scoperta di quel padre non padre, perché lui sapeva quanto avesse amato l’uomo che l’aveva cresciuta e immaginava quanto scoprire che la persona che da ragazzina chiamava papino, in realtà non condivideva niente con lei, se non un cognome, le facesse male. Christofer Morgan sapeva che lei non era sua figlia, o era morto credendo che lo fosse? Allison forse aveva la risposta, forse no. Forse voleva saperla, forse preferiva di no.

Si versò un sorso di bourbon, mentre la attendeva nella biblioteca. Poteva sentirla borbottare sillabe a caso seguendo la musica del carillon che le aveva regalato il giorno prima. Pensò che aveva parecchi talenti, ma non era molto intonata.

Sorrise bevendo dal bicchiere e il suo profumo lo avvolse dopo pochi secondi.

“Sono pronta per andare se anche tu lo sei” gli disse sistemandosi il braccialetto con un gesto aggraziato, la borsa sapientemente incastrata sotto un braccio.

Elijah rimase a fissarla con le labbra dischiuse, squadrandola dai piedi alla testa; quel bel vestito rosso scuro che le arrivava poco più sopra delle ginocchia, cadeva leggermente più lungo dietro, le scarpe alte, le belle gambe scoperte. I capelli, ora più chiari, le incorniciavano quel viso bello come pochi altri.

“Sei troppo bella per essere vera. Mi dispiace per le altre donne che parteciperanno alla festa stasera.”

Allison sorrise, gli si avvicinò e gli prese il bicchiere di mano. “Anche io sono dispiaciuta per loro. Avrò l’accompagnatore più bello della serata, loro no” bevve un sorso di bourbon e poi gli baciò le labbra sporcandole di rossetto. “Ecco il mio piano per questa sera” gli disse ripulendole con la punta del pollice. “Andiamo alla festa, rimaniamo solo per un po’ e poi torniamo a casa. E una volta tornati mi aiuterai a fare delle ricerche per il mio libro.”

“Libro? Da quando stai scrivendo un libro?”

“Da adesso. Lo intitolerò Cinquanta sfumature di Mikaelson, quindi mi serve un Mikaelson per crearle queste sfumature.”

Elijah annuì e se la strinse poco addosso con un sorriso. “In questo caso, sarà un vero piacere aiutarti. Anche se... cinquanta sfumature? Come sei passata da Jane Austen a questo?”

“Sono finita parecchie volte in galera negli ultimi cinque anni. Will mi portava cibo e caffè, ma non poteva fare un salto in libreria ogni volta che finivo alla centrale. Le poliziotte amano Christian Grey ma non hanno tempo di leggere in servizio, io invece di tempo ne avevo parecchio perché a volte a Kinney servivano ore prima che riuscisse a farmi uscire, e quindi leggevo.”

L’Originale deglutì a vuoto, turbato dal fatto che fosse finita in galera Dio solo sapeva quante volte. Ma scacciò il pensiero, per non toglierle quell’espressione giocosa che aveva sul viso e che lo faceva sorridere. “Mia moglie è una galeotta!” esclamò scuotendo il capo. “Lo trovo intrigante.”

Allison rise. “Chissà perché la cosa non mi sorprende. Andiamo?”

Lui le baciò la punta del naso. “Andiamo.”

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** 19. ***


19.

 

 

 

 

 

Tartine, champagne, ostriche e crudités, il tutto servito su piccoli piatti di porcellana ornati da delicate decorazioni dorate abbinati ad altrettanti preziosi bicchieri. Ad ogni angolo utile, in terra, c’erano bellissimi vasi pieni di fiori bianchi e gialli, dal soffitto scendevano boule di vetro piena a metà di acqua dentro la quale galleggiavano candele dai colori tenui. La festa di fidanzamento di Valerie era praticamente perfetta, solo che non era Valerie. Non la rispecchiava per niente, Allison non sapeva se rispecchiasse Calvin.

Con un grosso respiro si avviò verso il tavolo dei regali e poggiò la grande scatola quadrata tra gli altri pacchi. Poi guardò Elijah. Suo marito era totalmente a suo agio in mezzo a quella estrema eleganza... persino quando afferrò due coppe di champagne da un vassoio di passaggio lo fece con raffinatezza.

“Questo posto è davvero lussuoso” le disse porgendogliene una.

Allison la prese e bevve un piccolo sorso. “Anche troppo se lo chiedi a me. Voglio dire, è bello ma non rispecchia per niente Valerie. Lei avrebbe messo ghirlande di fiori al posto di quei grandissimi vasi e sui tavoli ci sarebbero stati birra e mini hot-dogs invece di queste crudités. Suppongo che questa festa rispecchi più il suo futuro marito che lei.”

Elijah rise. “Probabile. Oppure la tua amica Valerie è più raffinata di quanto tu non creda.”

“Forse” la donna bevve un altro sorso dal bicchiere e si guardò intorno. Non conosceva assolutamente nessuno, non sapeva neppure chi fosse Calvin e magari lo stava guardando proprio in quel momento. Sentiva il vociare confuso riecheggiarle nelle orecchie e maledisse quella specie di super udito che a volte non riusciva a controllare. Chiuse gli occhi per un attimo e sentì la mano di Elijah poggiarsi sulla sua schiena.

“Stai bene?” le chiese cercando il suo sguardo.

Lei sorrise. “Benissimo. Ti va di ballare?”

“Ballare hai detto? Credevo che tu odiassi ballare.”

“Non odio ballare” Allison lasciò la sua pochette su una sedia in un angolo e prese Elijah sottobraccio conducendolo sulla pista. “È solo che ci sono altre cose che mi piacciono di più.”

“Ad esempio?” lui la fece volteggiare una volta e la riprese tra le braccia iniziando a dondolare dolcemente.

“Mangiare, bere un bicchiere di vino, fare jogging” lei sembrò pensarci un attimo. “Il sesso, mangiare.”

“L’hai già detto.”

“Sì, la seconda volta era più una sottolineatura” rise Allison. “Ma c’è una cosa che mi piace più di qualunque altra al mondo.”

Elijah le diede un bacio leggero. “Quale?”

“Essere tua moglie. Questa è la cosa migliore che mi sia mai capitata.”

L’Originale rimase a guardarla per un istante, spiazzato come sempre da quella dolcezza, dalla facilità con cui quell’amore usciva dalle sue labbra, dai suoi occhi, dal suo tocco, da tutto. “Che tu abbia scelto me tra tutti” le disse chiudendo gli occhi e poggiando la fronte sulla sua. “È la cosa migliore che sia capitata a me, te lo assicuro. E sei decisamente migliorata nel ballo.”

Allison ridacchiò. “Ho preso delle lezioni, ma non ne voglio parlare” scosse il capo ricordandosi il viso del suo istruttore durante la prima lezione. Tu non ci metti amore le aveva detto. Il ballo è passione! E le aveva fatto fare una giravolta.

“Allison” la chiamò Valerie e lei la vide poco distante, una mano stretta a quella di un bell’uomo moro e alto, l’altra sollevata in alto per farle segno. Sul viso della sua amica c’era un sorriso felice, prova del fatto che non importava quanto diversa da lei fosse quella festa, quello che contava era l’amore.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Hope poggiò il bicchiere di latte sul comodino e salì sul letto andandosi a sistemare al suo posto. Allungò la mano e afferrò il telecomando, poi sorrise a Matt seduto dall’altra parte. “Sei pronto?” gli chiese.

Lui annuì mettendo al centro, tra di loro, una grande ciotola piena di popcorn. “Sono pronto. E sono emozionato. Non ero mai stato invitato alla serata film prima d’ora, di solito la fai sempre e solo con la zia Allison.”

“È una tradizione” ragionò Hope. “Ma da quando siamo qui io e la zia Allison non facciamo più tutte le cose che facevamo prima.”

“Che vuoi dire?”

“Abbiamo fatto solo una serata film da quando siamo venuti a vivere a New Orleans e io, lei e la mamma non andiamo più a prendere il gelato la domenica sera. E non andiamo più nei rifugi ad aiutare gli animali e io e la zia Allison lo facevamo a volte.”

Matt notò che la voce della piccola si era fatta triste, decise che avrebbe parlato con sua sorella non appena fosse tornata dalla festa di fidanzamento di Valerie. Sapeva che voleva bene a Hope come a nessun altro, sapeva che se l’aveva trascurata non era stato per poco affetto ma solo perché aveva una marea di cose a cui pensare; l’ombra di Inadu sempre in agguato, i seguaci di Marcel e il loro sospetto silenzio... quella Sofya non gli piaceva per niente, non capiva perché fosse ancora viva.

“La zia Allison ti vuole molto bene, lo sai vero?”

Hope annuì mangiando qualche popcorn.

“È solo molto impegnata a tenere le persone cattive lontane da te, così nessuno potrà farti del male.”

“Lo so” commentò la bambina ma Matt capì che non poteva comprendere fino in fondo tutto quello che stava succedendo. Era sveglia ma aveva comunque solo sette anni.

“Hey” le disse punzecchiandola con un dito sulla guancia fin quando non sorrise. “Io sono il sostituto perfetto per la serata film. Te lo assicuro.”

Hope fece partire il film. “Vedremo.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah trovò Allison in piedi sul balconcino che si affacciava su una vista mozzafiato della città. Si fermò poco distante e la osservò; la sua pelle chiara sembrava brillare sotto la luna, quel leggero vento le scompigliava poco i capelli. Amava ogni cosa di quella donna, ogni angolo di quel corpo, ogni centimetro di quel sorriso. Amava il suo profumo, la morbidezza delle sue mani, la risata, quelle belle fossette che le spuntavano sul viso. Si tolse la giacca e le si avvicinò poggiandogliela sulle spalle con delicatezza.

“Ti nascondi dal loquace Calvin?” le chiese.

Lei sorrise. “Cielo, non avevo mai sentito qualcuno parlare così tanto” scosse poco il capo. “Credi che respirasse tra una parola e l’altra? Io penso di no. Ma suppongo che sia normale, è un avvocato e si sa che gli avvocati parlano moltissimo.”

“Non lo so a dire il vero, non ne ho mai avuto uno.”

“Spera di non averne mai bisogno, sono costosi e sono...” La donna si fermò, si poggiò una mano sul petto con un gemito mentre Elijah le prendeva il viso tra le mani.

“Hey” le disse. “Stai bene? Che succede?” si accorse che i suoi occhi si erano fatti blu, brillavano di una luce intensa, il suo corpo tremava piano. “Allison...”

Ma lei teneva gli occhi fissi su un punto in direzione dell’interno. Elijah seguì quello sguardo e scoprì che era ricambiato da altri due occhi azzurri e brillanti. Si trattava di un uomo sulla sessantina, elegante e distinto. Ben presto venne raggiunto da Calvin che gli strinse la mano calorosamente, e i suoi occhi si spostarono su di lui.

“Allison, amore, guardami” il vampiro la strinse per un attimo, sentì il cuore batterle all’impazzata, il corpo tremare dentro quella stretta. Non aveva idea di cosa stesse succedendo ma aveva la sensazione che quell’abbraccio fosse ciò di cui lei aveva bisogno.

“Sto bene” cercò di rassicurarlo lei chiudendo gli occhi per un istante. “Davvero.”

Lui si allontanò poco e la guardò preoccupato; gli occhi erano tornati al loro colore naturale, era pallida ma il tremore si era calmato. “Che sta succedendo? Chi è quel tizio?”

Allison fece un grosso respirò, gli poggiò le mani sulle braccia e con un fruscio di ali si trovarono al piano di sotto, all’entrata. “Andiamo a casa, ti prego” gli chiese togliendosi la giacca e ripiegandola sul braccio.

Elijah la seguì mentre lei camminava verso l’auto. “Allison, ti ho fatto una domanda. Ti prego, dimmi che sta succedendo. Perché hai avuto quella reazione? Perché il tuo corpo ha iniziato a tremare e i tuoi occhi si sono fatti blu? Chi era quel tizio, era un angelo?”

La cacciatrice fermò la sua marcia verso l’auto ma non si voltò a guardarlo. Alzò gli occhi al cielo e solo dopo si girò verso di lui. “Quello era James S. Westfall. Mio padre. E ora possiamo andare a casa?”

L’Originale la fissò a bocca aperta per un lungo minuto, infine le si avvicinò e le prese una mano. “Perché ti sconvolge così tanto vederlo?”

“Perché ho mentito. Quando ho detto che non avevo nessun tipo di contatto con lui, ho mentito” confessò la donna. “Ci ho parlato una volta, pochi mesi dopo aver scoperto... quello che sono, quello che posso fare. L’ho rintracciato con l’aiuto di alcune streghe e di un incantesimo enochiano e sono andata da lui perché volevo parlare. Volevo vedere in faccia mio padre, volevo conoscerlo, avevo così tante domande.”

Gli occhi di Allison si riempirono di lacrime. Poi continuò: “Quando sono arrivata davanti casa sua stava salendo in auto per andare non so dove. Ho provato a presentarmi ma mi ha detto che sapeva già chi fossi e che non voleva avere niente a che fare con me. Ha detto che sono stata l’errore più grande della sua vita” un singhiozzo le si levò in gola ed Elijah si sentì fremere di rabbia e tristezza.

“Se tuo padre non ti vuole allora è un folle” le disse accarezzando via le lacrime dal suo bel viso. “Perché nessun uomo sano di mente a questo mondo, non sarebbe fiero di chiamarti figlia.”

Allison pianse ancora, si allungò e lo baciò. “Ti amo.”

“Ti amo anche io” Elijah le baciò la fronte. “Se vuoi andare a casa, andremo a casa, ma se vuoi tornare dentro e divertirti a festeggiare la tua amica, allora sappi che puoi farlo a testa alta, e che mai, neppure per un istante, mollerò la presa della tua mano. Non ero con te quando lo hai incontrato la prima volta, non ero con te quando tutto questo... cambiamento, questo dolore, ti hanno trovata e odio non esserci stato. Ma sono qui adesso e non sei più sola. Quindi dimmi cosa vuoi fare e lo faremo, d’accordo?”

La cacciatrice annuì e un altro singhiozzo la scosse. “Andiamo a casa, per favore. Non sono abbastanza coraggiosa, non stasera.”

“Va bene” le sussurrò lui baciandola sui capelli. “Andiamo a casa.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Matt si mise a sedere accanto ad Allison, sul divano nel grande atrio. Elijah gli aveva raccontato tutto quello che era successo, giurando di non averla mai vista così sconvolta da quando la conosceva. Aveva espresso con veemenza il desiderio di fare a pezzi quel dannato tizio e Matt aveva capito che non era solo rabbia, che in quella impetuosità c’era anche senso di colpa. Non era con Allison quando tutte quelle verità l’avevano raggiunta e avrebbe voluto esserci.

Lo capiva, fino in fondo. Rimase in silenzio mentre sua sorella metabolizzava gli avvenimenti delle ultime ore, se la guardava attentamente poteva quasi vedere i pensieri vorticare dentro la sua testa a una velocità spaventosa. Sembrava sul punto di esplodere e sperò che si aprisse con qualcuno prima che accadesse.

“Credi che papà sapesse che non ero sua figlia?” gli domandò di improvviso e la domanda lo colse di sorpresa. Non parlavano quasi mai dei loro genitori, l’argomento era come una specie di elefante dentro una cristalleria, una parola sbagliata e ogni cosa sarebbe andata in pezzi.

“Non lo so Ally” rispose sincero. “Una cosa però la so per certo, nostro padre ti amava tantissimo.”

“Perché credeva che fossi sua figlia.”

“Perché lo eri, lo sei. Non importa cosa dice il DNA, non importa di chi sia il sangue che ti scorre nelle vene. Tu sei una Allison Marie Morgan, figlia di Alice e Cristopher Morgan, mia sorella. E lo sarai per sempre.”

Allison poggiò la testa sulla spalla di suo fratello e respirò a fondo. “Ti voglio bene Matt. E ti perdono” chiuse gli occhi mentre suo fratello le avvolgeva le spalle per stringerla forte, piangendo.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** 20. ***


20.

 

 

 

 

 

Allison corse per circa trenta minuti, infine si fermò davanti a un palazzo abbandonato e fece un grosso respiro. Le faceva male ogni cosa, ed era solo sua la colpa, visto che negli ultimi tempi era stata un po’ pigra. Non faceva la sua corsetta mattutina da circa un mese, perché non c’era tempo o perché non ne aveva voglia. In realtà si sentiva svogliata in generale. Le cose a New Orleans sembravano essersi fermate, come in una infinita pausa, e per quanto amasse quella pace sapeva per certo due cose: era sempre il preludio di una guerra e, più le cose rimanevano immobili, più lei ed Elijah sarebbero stati costretti a rimanere in quel posto.

Non ne poteva più di quella vita, ma ci era dentro fino al collo.

Le cose con il suo bell’Originale elegante erano tese da qualche tempo, precisamente da due settimane e cioè da quando lui si era rivelato pronto a sacrificare una dozzina di bambini solo per far uscire Inadu allo scoperto ed eliminarla. Non le era piaciuto scoprire che era diventato così spietato, non le era piaciuto capire che era davvero disposto a qualunque cosa, perché c’era un limite a tutto e sacrificare dei bambini lo superava.

Avevano litigato, si erano confrontati e poi Allison aveva preso una decisione: avrebbero fatto le cose a modo suo, perché il modo dei Mikaelson era sgradevole. Lo aveva deciso dopo aver passato del tempo con Hope e grazie a qualcosa che proprio la piccola aveva detto, la cacciatrice aveva realizzato che stavano sbagliando ogni cosa. Stavano costruendo muri dove invece c’era bisogno di ponti, si stavano facendo la guerra con le persone sbagliate, ripetendo gli stessi errori che lei e Hayley si erano ripromesse di non fare mai più.

Aveva deciso che le cose dovevano cambiare e senza dire nulla a nessuno era andata da Marcel, lo aveva liberato dalle sue catene e avevano parlato a lungo. Poi erano scesi al piano di sotto e davanti agli occhi sgomenti e furiosi di Klaus, Allison aveva annunciato che Marcel era libero di andare, che avrebbe tenuto a bada il suo piccolo esercito e che li avrebbe persino aiutati a liberarsi di Inadu, perché, aveva detto proprio la bestia, liberarsi di lei significa liberarsi di tutti voi e io non vedo l’ora che ve ne andiate. Quando Marcel se ne era andato via, Klaus le aveva urlato contro, Elijah si era schierato dalla parte di suo fratello. Lei aveva trattenuto la rabbia ed era volata via, per raggiungere Lucas e la Strige e controllare come procedevano le cose con Alistair. Era tornata dopo qualche giorno, ma la tensione con Elijah era rimasta, nonostante un bacio e un abbraccio.

Riprese la sua corsa e arrivò in casa giusto in tempo per vedere Hayley terminare una telefonata con aria davvero nervosa. Respirò a fondo.

“Che succede?” chiese alla sua amica.

“Vuoi prima la notizia brutta o quella orrenda?”

Allison chiuse gli occhi per un istante. “Quella orrenda.”

“Esiste un’arma che può uccidere un Originale. Ce l’ha Sofya, l’amica di Marcel.”

“Marcel non ci darà problemi e mi ha assicurato che nessuno dei suoi lo farà quindi...”

“Quindi aspetta di sentire la brutta notizia prima di continuare” la interruppe Hayley. “Sofya è posseduta da Inadu al momento e niente di quello che Vincent ha provato è stato capace di scacciarla. A quanto pare questa malefica stronza primordiale può anche prendere il controllo dei corpi a suo piacimento.”

“Può fare molto di più” una voce riecheggiò nel grande atrio, Allison si voltò per scoprire a chi apparteneva. Era Dominic, il braccio destro di Inadu. Lei lo aveva visto una solta volta, ma allora era un cadavere, suppose che la resurrezione fosse una cosa tra quel molto di più di cui le aveva appena messe al corrente.

“La leggendaria Allison Morgan” continuò lui avanzando. “Che onore conoscerti, finalmente. Ho sentito grandi cose su di te. Lascia che mi presenti, sono...”

“So chi sei e non me ne importa nulla. E adesso fuori da casa mia, per favore.”

“Prima di mandarmi via” Dominic sorrise. “Ti consiglio di ascoltarmi. Ho una proposta per te.”

“Che ne dici della mia di proposta: esci da questa casa sulle tue gambe, adesso. Oppure ti faccio uscire io, attraverso la finestra.” Dominic rise, forse convinto che scherzasse. Allison però era seria e lo accompagnò all’uscita, frantumando una vetrata, mentre Elijah, Freya e Klaus rientravano.

“Cos’è successo?” le chiese suo marito.

“Il tuo, non più tanto morto, amico Dominic, aveva una proposta per me. L’ho rifiutata” spiegò lei velocemente per poi rivolgersi a Hayley. “Telefona a Vincent per favore, digli di venire. Dov’è mio fratello?”

“Non lo so. Ha detto che doveva fare una cosa e che tornerà più tardi.”

“Hope?”

“In camera sua con Keelin.”

“Okay, faccio una doccia e poi cerchiamo di risolvere questa faccenda.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Non ho idea di come farla uscire dal corpo di Sofya. Ho consultato tutti i libri che possiedo, chiesto consiglio a tutte le streghe e gli stregoni che conosco, ma non ho trovato niente.” Vincent si mosse nervoso per la stanza; Allison non sapeva dire se la sua ansia derivasse dall’aver scoperto che Inadu poteva possedere la gente o dal fatto che la posseduta fosse Sofya, l’amica preziosa dell’irascibile Marcel Gerard. Forse entrambe le cose. La cacciatrice rimase a lungo in silenzio.

“Freya, tu hai qualche idea?” chiese infine a sua cognata, gli occhi fissi sul suo bicchiere di acqua.

“Nessuna. Neppure nei miei libri c’è niente che possa aiutarci.”

Elijah prese la parola. “E se uccidessimo Sofya? Forse, uccidendo il corpo che la ospita anche Inadu morirà.”

“O forse salterà in un altro corpo, esattamente come faceva vostra madre. Magari uccidere il corpo ci farà guadagnare un po’ di tempo, ma dopo?” Allison si voltò a guardarlo. “Dopo cosa faremo, Elijah? Uccideremo tutta la gente che verrà posseduta? Faremo una strage fino a quando non troveremo una soluzione?”

L’Originale mise le mani nelle tasche. “Hai un’idea migliore?”

Non gli piaceva quella tensione, non gli piaceva litigare con lei. Ma sembravano non riuscire a trovare un punto di incontro e lui non sapeva cosa fare. Non era in quel modo che aveva immaginato la vita dopo il suo risveglio; non sapeva cosa riservasse loro il futuro, però sapeva che la amava profondamente e avrebbe fatto tutto ciò che era necessario per sistemare le cose.

Allison respirò fondo. “Fino a quando non sapremo come liberare Sofya da questa possessione non faremo nulla. Marcel tiene a quella donna e dopo il modo in cui lo abbiamo trattato, direi che gli dobbiamo almeno questo: salvare la donna di cui è innamorato.”

“E che facciamo nel frattempo?” domandò Freya. “Inadu è in cerca di potere e ha un debole per i più piccoli. Come facciamo a proteggere Hope?”

“Ci penso io ad Hope” la cacciatrice si alzò guardando qualcosa sul suo cellulare. “Devo occuparmi di una cosa adesso, Vincent” chiese allo stregone. “Sai dov’è Marcel?”

“Non ne ho idea. Sta cercando Sofya in un lungo e in largo. Posso provare a rintracciarlo però.”

“Ci vado io” si propose Elijah. “Tu rimani con Freya, continuate a cercare un modo.” I due annuirono, l’Originale si voltò per guardare di nuovo sua moglie, ma lei era sparita.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah fece un grosso respiro mentre entrava nel mega attico che Marcel aveva trasformato nella propria casa. Sapeva di non essere il benvenuto e sapeva che le possibilità di essere attaccato erano tantissime, ma in fondo Allison aveva ragione; si erano comportati male con Marcel, il minimo che potessero fare era aiutarlo a riavere indietro la donna che amava, illesa. Doveva provare a non lasciarsi sopraffare dalla rabbia che sentiva montargli dentro, da quella paura che a volte lo paralizzava. Dopo cinque anni chiuso in una realtà alternativa, il terrore di finirci di nuovo gli attanagliava lo stomaco, ecco perché preferiva partire in attacco, per prevenire. Alla fine però, attaccare arrecava più danni che benefici e, incredibile ma vero, Niklaus lo aveva compreso. Perché per lui era così difficile, allora?

In casa non c’era nessuno, avrebbe dovuto cercare Marcel da un’altra parte ma non sapeva dove. Prese il cellulare per provare a telefonargli, chissà, magari gli avrebbe risposto. La foto di Allison sullo schermo lo distrasse: era di profilo, il vento le scompigliava i capelli. Guardava il mare con un sorriso ma era triste. Ne aveva tante di quelle foto, Hayley si era premurata di raccoglierle per lui. Quella era una delle sue preferite. Compose il numero di sua moglie, decise che quella guerra fredda doveva finire, la amava troppo per continuare in quel modo. Lei non rispose e l’Originale si lasciò cullare dalla sua voce roca quando scattò la segreteria. “Allison” disse lasciando un messaggio. “Mi dispiace per come stanno andando le cose ultimamente. So che non è questo che vuoi, lo vedo che sei infelice. Ti ho promesso che quando tutta questa storia di Inadu sarà finita ce ne andremo via, lontano, e vivremo la nostra vita insieme. Perché non c’è altro modo in cui vorrei vivere, se non con te. Dobbiamo parlare, tu e io, come facciamo sempre. Torno presto a casa, ti amo.”

Riattaccò, si guardò intorno un’ultima volta e constatò che era il momento di andare via, lì non c’era assolutamente nessuno, non aveva senso rimanere. Quando si voltò però,  qualcuno c’era ed era dentro il corpo di Sofya.

“Salve!” gli disse trafiggendolo con un oggetto appuntito. “E addio.”

Elijah cadde in terra pervaso dal dolore più grande che ricordasse di aver mai provato. Gli occhi di Sofya si fecero azzurri, chiari e brillanti. Quasi quanto quelli di Allison quando la sua parte di Arcangelo prendeva il sopravvento. “Inadu” mormorò a fatica.

“Proprio io” replicò lei. “Ah che fortuna averti trovato qui, Mikaelson. Ho potuto togliermi dai piedi una parte del problema e dopo che sarai morto, andrò alla ricerca della tua famiglia, di tua moglie... e me ne libererò una volta per tutte.”

“Stai lontana da lei” provò ad esclamare Elijah, ma la voce era flebile. Inadu rise, gli diede un ultimo sguardo e poi se ne andò. Lui rimase lì, immobile, in attesa.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison ascoltò per la terza volta il messaggio di Eljah e sorrise. Era felice che lui volesse parlare ed era felice che, a modo suo, si fosse scusato. Era vero, non era in quel modo che aveva immaginato la loro vita ma non poteva immaginarla senza di lui. Era impensabile. “Nella buona e nella cattiva sorte” mormorò digitando qualcosa.

“Tutto okay?” le chiese Hayley guardandola.

La cacciatrice annuì e fu in quel preciso istante che il suo corpo fu scosso da un tremito, il cuore prese a battere fortissimo mentre un fischio le riempiva le orecchie e gli occhi si coloravano di blue. “Hayley” sussurrò con la voce rotta dal pianto. “È successo qualcosa a Elijah, posso sentirlo.”

L’Ibrida le andò vicina e le prese una mano. Con l’altra tirò fuori il cellulare per rintracciare Klaus.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** 21. ***


21.

 

 

 

 

 

Allison sentì che doveva volare da Elijah, anche se non sapeva dove si trovasse di preciso in quel momento, anche se non sapeva neppure se sarebbe riuscita a volare nel modo giusto, sentì che doveva andare da lui. Aveva freddo, un freddo innaturale che le bloccava il corpo, un freddo che le faceva tremare le mani. E poi c’era quel fastidioso fischio nelle orecchie, quel dolore che provava. Era certa che fossero le stesse sensazioni che stava percependo Elijah.

“Devo andare” disse a Hayley, “devo andare da lui.”

“Allison, non sai neppure dove si trovi e hai un aspetto terribile, non puoi andare da sola.”

“Hayley ha ragione” intervenne Freya arrivando seguita da Klaus. “So dove si trova Elijah, veniamo con te. Keelin baderà a Hope.”

Allison decise di seguire il suo istinto: una delle poche cose che Castiel le aveva “insegnato” prima che le cose tra loro si facessero complicate, era che per un angelo l’istinto è la chiave di tutto. “Se sei nata con queste abilità, allora dentro di te sai come usarle, anche se non te ne rendi conto” gli aveva detto. Lei pensò che era il momento di capire se era vero.

“Aggrappatevi a me” disse loro. E quando lo fecero, volò. Arrivarono a casa di Marcel e servì loro un istante per riprendersi. Allison individuò subito Elijah; era per terra, ferito, sofferente, gemeva di dolore e lei si piegò su di lui. “El” gli disse cercando di non piangere. “Sono qui.”

“Allison” l’Originale la guardò, il viso imperlato di sudore eppure sulle sue labbra spuntò un sorriso. “Allison...” ripeté dando poi una rapida occhiata agli altri. “Dovete andarvene, questo posto è pericoloso.”

“Non vado da nessuna parte senza di te” singhiozzò Allison, provando a guarirlo, fallendo miseramente.

“Sì, invece” le disse ancora lui prendendole la mano. “Amore mio, guardami. Guardami” le chiese. E lei lo fece. “Ti amo tanto e mi dispiace. Ma ora devi andare, ti prego.”

La donna sentì la sua parte di angelo prendere il sopravvento, un leggero calore pervaderla mentre, era sicura anche se non poteva vederlo, gli occhi le si facevano blu. “Freya” disse voltandosi a guardarla, trovandola con lo sguardo fisso su di lei, un’espressione quasi intimorita. “Mettilo al sicuro nel ciondolo, fin quando non avrò trovato una soluzione.”

La strega scosse il capo, un vento freddo si alzò nella stanza mentre le urla di Elijah aumentavano. “È troppo debole, non potrà restare lì dentro a lungo.”

“Non ci resterà. Fallo Freya, penserò io a tutto il resto.”

Klaus si avvicinò a suo fratello e gli strinse una mano. “Andrà tutto bene, fratello.” Elijah mormorò qualcosa, Allison ne sentì solo una parte, riguardava lei in qualche modo. Poi Freya pronunciò l’incantesimo e tutto sembrò fermarsi. Dell’Originale elegante rimase solo un corpo privo di vita.

 

 

 

****

 

 

 

John arrivò a notte fonda, su richiesta di Freya, ma non svegliò nessuno perché, a parte Hope, nessuno stava dormento. Allison era da ore in ginocchio, davanti al corpo di Elijah, suo fratello accanto a lei, immobile, in silenzio. Constantine respirò a fondo quando la vide, fece cenno a Matt e il maggiore dei Morgan si allontanò poco. Raggiunse Hayley e le strinse la mano. Lo stregone si mise a sedere per terra, accanto alla sua amica.

“Come te la cavi, dolcezza?” le chiese piano.

Allison rimase in silenzio, alzò la mano per asciugarsi la guancia e poi lo guardò. “Sono tanto stanca, John. Non riesco mai a essere felice, perché non posso mai essere felice?”

“La felicità è per pochi eletti, tesoro. Noi non siamo tra quelli. Ma sistemeremo questa cosa, lo faremo. Hai la mia parola.”

“E se non ci riusciamo? Se l’ho perso per sempre?”

“Ci riusciremo e lui tornerà e tutto andrà bene. Te lo assicuro. So che è difficile, ma ho bisogno che tu sia la donna forte di sempre, Elijah ne ha bisogno, quindi fai un bel respiro e ascoltami. Ho un piano.”

Il piano di John consisteva nel farla entrare nel ciondolo per andare alla ricerca di Elijah. L’interno di quella pietra le spiegò John, è come il suo purgatorio personale, immagina la cosa che di più lo annienta e poi moltiplicala. Allison sapeva che poteva essere solo una cosa.

“Fare questa cosa è pericoloso, Allison. Potremo non essere in grado di riportarvi indietro entrambi e lì dentro tu sarai priva di ogni potere.”

“Non fa niente” replicò lei scuotendo il capo. “Tirate fuori Elijah, io me la caverò.”

“Come?” domandò Matt. “Allison, è una follia.”

“Sì lo è” concordò lei togliendosi la collana. “Ma io lo amo e non lo lascerò morire lì dentro. Andrò a cercarlo e lo riporterò indietro e se facendolo morirò, allora così sia” si rivolse a Hayley e le passò la collana. “Se non dovessi tornare, dalla a Hope, lei la adora e di’ a Elijah che lo amo” si avvicinò poi a Klaus. “Sei un buon padre, e sei un bravo fratello. Elijah avrà bisogno di te se qualcosa dovesse accadermi. Sii presente per lui, assicurati che rimanga l’uomo nobile che è adesso. Promettilo, Klaus.”

Lui le prese il viso tra le mani e le baciò la fronte. “Lo prometto.” Allison fu pronta a fare ciò che era necessario. E fu in quel momento che suo padre comparve. Il suo padre naturale.

 

 

 

****

 

 

 

“Qualunque cosa tu stia pensando di fare, sono qui per dirti di desistere!” tuonò l’Arcangelo rivolto a Allison.

“Allora puoi andartene” gli disse lei. “Addio.”

“Chi cavolo sei tu?” domandò Hayley.

“È mio padre” ridacchiò nervosamente Allison, “il potente Arcangelo, e se ne sta andando.”

“Non capisci!” esclamò Sirahel avvicinandosi a lei. “Non puoi andare in quel ciondolo perché se lo farai, al tuo ritorno, le conseguenze potrebbero essere catastrofiche. Ammesso che tu riesca a tornare. Entrare lì dentro causerà un’ondata di potere che attirerà tutti gli angeli che ti stanno cercando e provando a salvare tuo marito finirai per morire e per uccidere lui.”

“Ho detto che puoi andare. So quello che faccio.”

“No, non lo sai.”

“Allora rimani qui e aiutami. Se sei così preoccupato rimani qui e assicurati che tutto vada per il meglio perché io farò quel che devo, che tu sia d’accordo oppure no. Mio marito è in quel ciondolo, la persona che amo più della mia vita, quella che mi ama come mai nessuno ha fatto, non lo lascerò lì dentro.”

L’uomo la guardò pensando che assomigliava tantissimo a sua madre, era impressionante: stessa bellezza, stessa testardaggine. Non le era mai stato vicino in quegli anni, pur sapendo della sua esistenza, ma quando aveva percepito il pericolo, non aveva potuto evitare di volare lì da lei. “Stai facendo un errore” le disse. “Ma ti aiuterò, solo per questa volta.”

Allison fece un cenno a John, si sdraiò a terra e tutto iniziò.

 

 

 

****

 

 

 

Allison aprì gli occhi e si ritrovò in un lungo corridoio bianco, ai lati tante porte rosse. “Ovviamente” mormorò rimettendosi in piedi. Con un grosso respiro prese a camminare, ripassando mentalmente quello che le avevano detto John e Freya; Elijah non l’avrebbe probabilmente riconosciuta, ma lei non poteva forzare le cose. “Okay El, torniamo a casa” mormorò iniziando dalla prima porta.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** 22. ***


22.

 

 

 

 

 

La prima porta l’aveva condotta in un’epoca imprecisata, in un giorno in cui Elijah non era stato capace di controllare la sua fame, finendo per uccidere una decina di contadini. Allison aveva provato a parlargli, a fargli ricordare tutto, ma per poco non ci aveva rimesso la pelle e, arresasi, era uscita dalla porta e si era diretta verso un’altra di esse. La seconda.

Una volta varcata la soglia si era ritrovata nel 1919, ad una festa, vestita di tutto punto con un abito di velluto arancione scuro e i capelli acconciati. Si era nascosta un attimo dalla folla, per mettere insieme i pensieri e poi era tornata in sala e si era diretta al bar. Era centrale, da lì poteva avere la visuale sull’intera sala e in più aveva bisogno di un drink. Molto forte.

“Cosa cavolo si beveva nel 1919?” si domandò guardandosi intorno, cercando di farsi venire in mente il nome di un drink abbastanza alcolico ma anche abbastanza elegante, per permetterle di tirarsi su e confondersi bene con la gente presente.

“Salve” le disse l’uomo al bancone. “Cosa posso portarle?”

“Qualunque cosa desideri” si intromise una voce, e lei l’avrebbe riconosciuta tra miliardi di altre voci. Era quella che la sera le augurava la buonanotte e al mattino la salutava con un buongiorno carico di amore. Era la voce che amava più di tutte le altre, quella che le faceva battere il cuore, da sempre. Piano si voltò ritrovandosi davanti ad Elijah; stringeva in mano un calice di champagne, il vestito scuro ed elegante, i capelli pettinati di lato e un sorriso malizioso sul viso.

“Lei cosa mi consiglia?” gli domandò cercando di apparire tranquilla, di apparire normale.

“Si fida di me?”

Sempre, avrebbe voluto urlargli lei. Ma si limitò ad annuire. “Sì, direi di sì.”

“In questo caso” Elijah si voltò a guardare il barista, “un French 75 per la signorina...” la guardò, in cerca di un nome.

“Solo signorina” gli disse lei con un sorriso.

Elijah ridacchiò senza staccarle gli occhi di dosso. “Solo signorina.”

Il barista sparì e per un istante loro due si squadrarono a vicenda; Allison conosceva ogni minimo dettaglio di quel viso, di quel corpo, di quegli occhi. Per lui era tutto nuovo, se ne rendeva conto.

“Bella festa” mormorò guardandosi intorno. “Anche se non ho ben capito cosa si sta festeggiando.”

“Marcellus, il figlioccio di mio fratello, è appena tornato dalla guerra.”

“Un’ottima ragione per festeggiare allora.”

“Lei non è di queste parti vero?”

“No, sono solo... solo di passaggio. Anzi credo di doverle le mie scuse.”

“Per cosa?” Elijah afferrò il drink appena arrivato e glielo porse.

Allison gli sfiorò le dita prendendolo. “Mi sono imbucata a questa festa pur non essendo stata invitata. È solo che non conosco praticamente nessuno in questo posto e un party mi sembrava un buon modo per sentirmi meno sola.”

Lui la guardò con uno sguardo che le era fin troppo familiare, e cioè con dolcezza. “Dovrebbe essere reato” le sussurrò. “Che una donna come lei sia così sola.”

Lei sollevò la mano e gliela poggiò sul viso. Fu istintivo, incontrollabile e sapeva che era sbagliato. Cosa avrebbe pensato di lei? Che ridicolo pensiero... si disse, era di suo marito che stava parlando. “Mi dispiace” farfugliò ritraendola. “Non so cosa mi sia preso. La conosco appena. Non so neppure il suo nome.”

Elijah riprese la sua mano fredda e se la portò alla bocca come solo lui faceva, con sicurezza, eleganza e passione. “Sono Elijah Mikaelson” si presentò.

“Allison Morgan.”

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

John abbozzò un sorriso guardando il viso di Allison distendersi in un’espressione rilassata. La sua amica era dentro il ciondolo da tre ore oramai, tutti quelli intorno a lei erano in apprensione, ma lui sapeva che sarebbe andato tutto per il meglio. La bella cacciatrice era una tosta, il sorriso sul suo viso addormentato la diceva lunga su quello che stava accadendo. Diede un’occhiata all’Arcangelo e padre biologico e poi tornò a guardare Allison.

“Sta sorridendo” notò Hayley piegandosi e stringendo la mano della sua amica. “È un buon segno giusto?”

“Credo di sì, ma se le cose stanno andando come credo, è solo all’inizio del suo percorso. Può ancora accadere di tutto.”

Hayley sospirò. “Credi che andrà tutto bene, John?”

“Non lo so” rispose lui, per non creare nessun tipo di aspettativa. “Quello che so per certo è che è la donna più tenace e forte che esista. Se c’è qualcuno che può farcela è proprio lei. E so anche che non reggerà a lungo in questa situazione, e intendo quella fuori dal ciondolo.”

“Che vuoi dire?”

“Andiamo Hayley, tu lo sai meglio di me: ha passato cinque anni di inferno, ha fatto cose terribili e ha perso se stessa diverse volte e tutto per salvare Elijah, per avere un futuro con lui. E guarda dove si è ritrovata... in mezzo all’ennesima guerra dei Mikaelson, a dare tutta se stessa senza ricevere nulla. Si merita di meglio di questo, ma Elijah non sembra capirlo.”

L’Ibrida respirò a fondo, Constantine aveva ragione e lo sapeva, ma non aveva idea di come cambiare le cose. Lasciare New Orleans sarebbe stato un buon inizio ma lei non poteva e Allison non se ne sarebbe andata lasciandoli soli ad affrontare il pericolo. Voleva poter fare molto di più per lei. Sobbalzò quando il corpo di Allison si inarcò di improvviso. “Che succede?” domandò mentre Matt e gli altri si avvicinavano.

“Ha cambiato scenario” sentenziò Sirahel l’Arcangelo.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

L’altra porta rossa che aprì, catapultò Allison nel Medioevo. Era sera e si ritrovò, vestita per l’occasione, vicina alla riva di un fiume nei pressi di un villaggio dove si stava tenendo una specie di festa. Si sentivano suoni – una sorta di musica – e si sentivano chiacchiericci, urla e risate. Diede un’occhiata intorno, avanzando di qualche passo e poco distante, a due passi dalla gente, in un angolo vicino a un recinto vide Elijah scambiare un appassionato bacio con una donna. Non la riconobbe subito ma poi quando il bacio finì capì chi era. Era il volto di Elena Gilbert ma in realtà si trattava di Tatia, la donna che sia Klaus sia Elijah avevano amato follemente, la donna che proprio il suo El aveva ucciso.

“Fantastico!” esclamò allargando le braccia, stanca di tutta quella storia, desiderosa che finisse una volta per tutte. Fosse stato per lei sarebbe andata da Elijah e gli avrebbe sputato in faccia tutta la verità; ma John le aveva raccomandato di non forzare le cose. Le aveva anche detto che quando il tempo fosse stato lì lì per scadere lo avrebbe capito, lei iniziava a sentire che era il momento di darsi una mossa.

“Salve” la salutarono e lei sobbalzò.

“Cavolo!” esclamò portandosi una mano al petto per placare il battito del suo cuore. “Mi hai spaventata a morte.”

“Non volevo” replicò lui, Elijah, trattenendo una risata. “Ero solo curioso di sapere perché te ne stai da sola in questo angolo e non partecipi alla festa. E poi volevo anche sapere chi sei, non ti ho mai vista prima d’ora.”

“Sono... sono una viandante” improvvisò Allison. “Sono solo di passaggio.”

“E dove sei diretta esattamente?”

“A Nord” replicò lei con piglio sicuro.

Elijah le si avvicinò, e solo allora Allison riuscì a vederlo ben bene. Aveva i capelli lunghi raccolti in un codino, quei vestiti medioevali mettevano in risalto le sue spalle possenti. “Temo di doverti dare una brutta notizia.”

“E cioè?”

“Stai andando nella direzione sbagliata. Nord è dall’altra parte.”

Lei respirò a fondo, incapace di pensare a qualcosa che non fosse che lo amava tantissimo e che sperava di poterlo aiutare a tornare indietro senza conseguenze. Voleva solo il meglio per lui, voleva che fosse felice.

“Perché mi guardi in quel modo?” gli domandò notando lo sguardo che le stava riservando.

“La natura è stata generosa con te” le disse lui piegando il capo. “Sei bellissima.”

Allison sorrise. “Non stavi baciando la tua donna pochi minuti fa?”

“Sì e amo Tatia, ma c’è qualcosa in te che... ti ho già incontrata prima d’ora, per caso?” fu in quell’istante che la terra tremò per un attimo, Elijah si guardò intorno confuso. Allison capì che il tempo a sua disposizione stava finendo. Non poté fare altro che seguire il suo istinto. Allungò la mano e la poggiò sul viso di Elijah.

“Sì, ci siamo già incontrati, in un’altra vita. Ed è proprio lì che dobbiamo tornare. So che sei confuso ora e so che non ti ricordi di me, di noi... ma anche senza memoria sei comunque il mio nobile, amorevole El. Non il mostro che credi di essere.”

Gli occhi di Elijah si riempirono di lacrime, le prese il viso tra le mani e sospirò. “È vero, non mi ricordo di te, eppure ho la sensazione che tu sia la cosa più preziosa che ho” la baciò e lei sorrise chiudendo gli occhi.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Eljah si risvegliò ritrovandosi sdraiato a terra, riconobbe subito la stanza, il viso di Klaus fu la prima cosa che vide. Gli sorrideva felice ma lui aveva in mente solo una cosa. “Allison” sussurrò mettendosi seduto, ricordando ogni minimo dettaglio dietro ognuna di quelle porte. Si voltò a destra e lei era lì per terra, inerme, pallida. Matt le teneva una mano, Freya l’altra. Hayley era immobile e attonita mentre John pronunciava alcune parole a bassa voce.

“Allison” disse ancora raggiungendola, facendo spostare tutti tranne Constantine. La prese tra le braccia e si accorse che era fredda, troppo. “Amore ti prego apri gli occhi. Andiamo, andiamo, andiamo!”

Vide Matt piegarsi sulle ginocchia, con le mani si copriva il viso, la mano di Hayley sulla sua schiena. Si accorse solo allora che c’era anche quel tizio... James qualcosa. Il vero padre di Allison.

“Perché non si sveglia?” domandò a Freya. “E perché è così fredda?”

“Spostati!” gli ordinò l’Arcangelo.

“Nemmeno per sogno.”

L’altro si piegò sulle ginocchia, poggiò la mano sulla fronte di Allison e chiuse gli occhi. Dal corpo della donna si irradiò una luce biancastra e brillante che costrinse tutti, volenti o nolenti, ad allontanarsi. Quando l’abbaglio si placò lei si svegliò.

“Allison” la chiamò Elijah tirando un sospiro di sollievo.

Lei aprì e chiuse gli occhi diverse volte, infine lo guardò. “Dove sono?” chiese con voce rauca. “Chi sei tu?” l’Originale elegante si sentì morire dentro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** 23. ***


23.

 

 

 

 

 

Allison guardò il suo riflesso allo specchio un’ultima volta prima di decidere che ne aveva abbastanza; ne aveva abbastanza di tormentarsi ogni giorno da un mese, di sforzarsi di ricordare la sua intera esistenza. Ne aveva abbastanza di sentirsi persa, disorientata, ne aveva abbastanza di tutto. Con un gesto spostò da davanti agli occhi un ciuffo di capelli e uscì dal bagno, avvolta in un accappatoio bianco. Sotto i suoi piedi scalzi sentì quel parquet scuro che, così le avevano detto, era stata proprio a lei a scegliere.

Peccato che non ne avesse alcuna memoria. Non aveva memoria di nulla.

Si era svegliata in una casa piena di gente che sosteneva di essere la sua famiglia, e ogni giorno da allora in quel posto che per lei non era casa, c’era un via vai di gente che sapeva molto di lei ma di cui lei non sapeva nulla.

Suo fratello, Matthew – o almeno lui sosteneva di essere suo fratello – le raccontava ogni giorno qualcosa del loro passato, del loro presente. Sperava che servisse a qualcosa ma l’unica cosa che ne veniva fuori era un mal di testa e tanta confusione. Poi c’era Hayley... Allison non aveva ben capito chi fosse. Aveva una figlia, le avevano detto, Hope e quella bambina era sua... nipote. Figlia del fratello di suo marito. Marito! Lei, che non era neppure sicura di credere nel matrimonio, aveva un marito.

Elijah, era questo il suo nome, l’affascinante e misterioso uomo che ogni giorno si assicurava che avesse la sua colazione preferita, dei fiori freschi in camera e che la guardava ogni istante con lo sguardo più pieno di amore che Allison ricordasse di aver mai visto. Poteva sentirlo quel sentimento, poteva sentirlo davvero, ma non ricordava come apprezzarlo, tantomeno come ricambiarlo.

E poi c’era Klaus, Freya... una serie di altri personaggi che per lei era faticosissimo ricordare. Persino i nomi erano un problema e col passare del tempo, mentre tutti speravano che i ricordi si sarebbero risvegliati, lei sentiva invece che anche quel poco che aveva appreso in quel mese stava lentamente svanendo. Era come andare indietro cercando disperatamente di andare avanti ma non sapeva come spiegarlo quindi preferiva non dirlo.

Sobbalzò quando bussarono alla porta ed Elijah fece il suo ingresso chiuso in un completo elegante grigio. Vederlo la fece sorridere, e per un istante la confusione sembrò sparire, per poi tornare prepotente pochissimi secondi dopo. “Ciao” gli disse alzando poco la mano.

Lui deglutì a vuoto diverse volte, abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi. “Ciao” ricambiò guardandola di nuovo. “Volevo sapere come stavi.”

“Se è questo che vuoi sapere, sto abbastanza bene. Se invece la tua vera domanda è se ricordo qualcosa, allora no. Non ricordo nulla.”

“Capisco” annuì lui sorridendole. “Hai guardato le foto che ti ho portato?”

“Sì... e no. Ho iniziato ma non è successo nulla e così ho smesso.”

L’uomo fece un grosso respiro, le riservò un altro sorriso dall’aria rassicurante, ma nei suoi occhi Allison lesse sconforto e delusione. Le faceva male vederlo in quel modo, sapere che era lei la causa di quegli occhi tristi. Così disse quello a cui stava pensando da qualche giorno, dopo un discorso che lei e Matthew avevano fatto.

“Ti va di sederti un istante?” gli domandò indicando il letto. “Vorrei parlarti di una cosa, credo sia importante.”

Elijah annuì, sbottonò con un gesto elegante la giacca e si mise a sedere. Allison gli si sedette di fronte. “Pensavo che ti sono grata per tutto quello che stai facendo per me. Sono grata a tutti voi... ma forse non è quello di cui ho bisogno.”

“Che vuoi dire?”

“Voglio dire che tutti provate in ogni modo possibile a farmi ricordare e c’è così tanta aspettativa nei vostri occhi, nelle vostre parole... che mi sento sotto pressione.”

“Non era quello che volevamo, mi dispiace che tu ti senta così.”

“Lo so, non è questo il punto Elijah. Il punto è che... ogni volta che mi guardi, sento l’amore che provi per me. E ogni volta che non ricordo vedo i tuoi occhi spegnersi ed è come se ti pugnalassi al petto. E sì, non ricordo niente della nostra relazione, non ricordo il nostro matrimonio, né il nostro primo incontro, o il nostro primo bacio, e anche se è terribile da dire è come se tu fossi un estraneo per me.”

“Ti prego non parlare così” mormorò lui guardandola e per lei fu istintivo prendergli la mano.

“Nonostante tutto, ogni volta che ti vedo soffrire, mi sento morire. E non ce la faccio più. Forse sarebbe meglio per entrambi se me ne andassi per un po’.”

“Andare dove?” domandò l’uomo scuotendo il capo. “Non ricordi chi sei né la vita che facevi prima di perdere la memoria. Non ricordi nulla, non è sicuro per te lì fuori.”

“Non sarò sola. Io e Matthew... mio fratello” si corresse. “Abbiamo parlato. Lui è disposto a venire con me. Vuole portarmi a casa, nella casa in cui sono cresciuta. Pensiamo che forse tornarci potrebbe aiutarmi.”

“Allison, ti prego. Non è questa la soluzione.”

“Come lo sai? Abbiamo provato di tutto, da un mese a questa parte abbiamo parlato, abbiamo guardato fotografie, mi avete raccontato storie di ogni tipo ma io non ricordo comunque nulla. Senti, so che volete aiutarmi, so che tu vuoi che io ricordi, ma questo posto non mi aiuta e forse è il caso di cambiare scenario.”

Elijah fece un grosso respiro, le baciò il palmo della mano e poi si alzò. Allison sentì freddo senza quella mano grande tra le sue. “Se credi che valga la pena provare va bene, verrò con te ovunque vorrai andare.”

“No, non credo che sia una buona idea, che tu venga con me intendo. Ogni volta che mi chiedi se ricordo e io rispondo di no, ti ferisco e ferirti mi fa male. Elijah...”

“No!” esclamò lui. “Ti ho già persa troppe volte. Ci siamo già persi, troppe volte. Non succederà di nuovo. Sì, quando non ricordi nulla di noi mi ferisce; quel velo di smarrimento dentro i tuoi occhi mi fa male come nient’altro al mondo, ma questo non cambia il fatto che preferirei un miliardo di giorni con te senza memoria piuttosto che un solo istante senza di te” le si avvicinò e le prese il viso tra le mani, lei non si ritrasse come invece era successo subito dopo il suo risveglio. “Sei mia moglie e ti amo più di ogni altra cosa al mondo. Sei la cosa più preziosa che ho. Abbiamo tre regole tu ed io, e so che tu non ne ricordi nemmeno una ma in questo preciso istante io sto scrivendo la regola numero quattro. E sai cosa dice?”

“Cosa?”

“Che mai, mai e poi mai, ti lascerò andare di nuovo. L’ho già fatto troppe volte, non lo farò ancora, neppure se tu credi che sia la cosa giusta. E puoi arrabbiarti, puoi urlare, puoi odiarmi se vuoi. Se vorrai andare via verrò con te anche se non mi vuoi, anche se per il resto dei miei giorni dovrò seguirti ovunque, anche se per il resto dei nostri giorni non ti ricorderai di me.”

Allison si accorse che stava piangendo, le mani grandi di Elijah si bagnarono delle sue lacrime, il suo cuore si colmò di tristezza. “Mi dispiace” singhiozzò. “Mi dispiace di non riuscire a ricordare un marito così perfetto come sei tu.”

“Non sono perfetto. Niente affatto. Ho tantissimi difetti, ma si incastrano perfettamente con i tuoi. E quell’incastro... quello sì che è perfetto.”

Allison lo abbracciò, e quando lui ricambiò la stretta, la presa fu così salda che le paure svanirono.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Quella sera, mentre stavano cenando, arrivò a casa un altro viso che Allison non ricordava ma che sembrava conoscerla fin troppo bene. Si presentò con barba incolta e capelli spettinati e le chiese di parlare. “Non voglio interrompere la vostra cena, ma ho bisogno di parlare con te.”

Lei fece uno sforzo mentale, ma quella faccia non le diceva nulla, per quanto ci provasse. “Ti conosco?” domandò guardando Elijah alzarsi e voltarsi verso l’ultimo arrivato.

“Cos’è, uno scherzo?” chiese proprio lui. “Non ci vediamo da un po’ e l’ultima volta  sono successe alcune cose, ma che addirittura tu abbia deciso di fingere di non conoscermi più...”

“Non sta fingendo!” gli fece sapere Elijah guardandolo. “E ora vattene, per favore. Stiamo cenando ed è una cosa di famiglia.”

L’altro lo guardò con aria perplessa, si avvicinò ad Allison e solo allora lei si rese conto che emanava un forte odore di alcool. “Per favore, ho bisogno di parlarti.”

“Will” intervenne Matthew raggiungendolo e prendendolo per un braccio. “Sei ubriaco... andiamo. Ci sono alcune cose che devi sapere.”

Will... quel nome ad Allison non diceva proprio nulla, ma d’altronde era una situazione a cui si era abituata oramai. Li seguì con lo sguardo fino a quando non sparirono al piano di sopra, poi guardò Hayley.

“Non mi ricordo di quel tizio, ma sono piuttosto turbata, devo dire.”

Lei si schiarì la voce, guardò per un attimo Elijah e poi parlò. “È un amico di famiglia, per così dire. Un detective della polizia. Vi conoscete da molto tempo, ti è molto affezionato.”

“Anche troppo, se lo chiedi a mio fratello Elijah” scherzò Klaus ridacchiando, ma Allison non ci trovava nulla di divertente. Respirò a fondo e si alzò da tavola sorridendo a Hope.

“Scusatemi,” disse. “Ma non ho fame. Vado in camera, a pensare ad una vita di cui non ricordo nulla” non aggiunse altro mentre si allontanava e per Elijah fu una sofferenza non alzarsi e correrle dietro, darle lo spazio di cui credeva avesse bisogno. Chiuse gli occhi deglutendo a vuoto e la mano di Freya si poggiò sulla sua in un gesto di comprensione e affetto.

“La zia Allison presto ricorderà ogni cosa. Ne sono sicura” sentenziò Hope bevendo un sorso di acqua. “Sì, ne sono certa” ripetè, dando nuova speranza a tutti.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

La notizia ci aveva messo un po’ a trapelare, ma alla fine la voce si era sparsa: Allison Morgan, la temuta cacciatrice non del tutto umana, aveva perso la memoria. Non ricordava nulla della sua vita, del suo lavoro, della sua famiglia. Delle sue debolezze. Niente di niente. Era dunque il momento perfetto per attaccare e lei aveva tutte le intenzioni di farlo. Senza esitazione pronunciò l’incantesimo e le protezioni di quella casa crollarono... fu libera di entrare e lo fece, guardandosi intorno con curiosità.

La casa era arredata con gusto, rispecchiava perfettamente ciò che Allison era prima di diventare una cacciatrice; e cioè la figlia di una ricca famiglia californiana. Era un bel posto ma a lei non interessava. A Inadu premeva trovare un semplicissimo oggetto che avrebbe messo per sempre fine alla vita di quella palla al piede. Non le ci volle molto per trovarlo: emanava un potere mai sentito prima e la sua lama luccicava come l’oro della vittoria.

“Bene” mormorò stringendola tra le mani. “Andiamo a liberarci di Allison Morgan una volta per tutte. Proprio come ho promesso al suo caro maritino.”

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** 24. ***


24.

 

 

 

 

 

“Se ne vuole andare Niklaus. Questa situazione la sta mettendo a disagio, la sta mettendo in difficoltà.”

“Sta mettendo tutti noi in difficoltà!” disse Klaus versando un bicchiere di bourbon a suo fratello, dandolo poi a Matt quando Elijah rifiutò. “È come una bomba a orologeria; piena di un potere che non ricorda neppure di avere. Non può andarsene, questo è certo. Non è capace di badare a se stessa in questo momento. Per lei è pericoloso lì fuori.”

“Non sarebbe sola” intervenne Matthew. “Non sto dicendo che credo che andare via sia una buona idea, ma se non riusciamo a trovare una soluzione... non voglio che si senta a disagio, farò ciò che vuole. Persino se quello che vuole è andare via.”

Elijah respirò a fondo. Si domandò perché lui e Allison non potevano semplicemente essere felici, per una sola volta nella loro vita. “Devo fare qualcosa, e devo farla subito” mormorò, ma non sapeva cosa. O forse sì.

“Elijah” lo chiamò Hayley dalla soglia della porta. “Devi venire, adesso. Allison... vieni a parlarle per favore, venite anche voi” disse a Matt e Klaus e tutti e tre la seguirono fino alla biblioteca, dove Allison stava lanciando alcune cose nel fuoco acceso del camino, con il viso rigato di lacrime.

“Allison, cosa stai facendo?” le chiese suo fratello guardandola perplesso mentre gettava il suo cellulare tra le fiamme.

“Butto via il cellulare e anche il computer” disse lanciando il suo portatile. “E le mie carte di credito e tutto il resto. Non ricordo né codici né password quindi è inutile tenerli.”

“Quando ritroverai la memoria ti pentirai di averlo fatto” scherzò Klaus. Ma lei si voltò a guardarlo, a guardare tutti loro, come una furia; gli occhi azzurri e brillanti anche se lei non ne era consapevole.

“Non ritroverò mai la mia memoria. È tutto inutile e mi sono stancata!” urlò.

Elijah le si avvicinò e le prese le mani senza esitazione. Era fredda e tremava, il cuore le batteva all’impazzata; era fuori controllo e lui voleva solo stringerla a sé. Improvvisamente seppe esattamente cosa doveva fare e anche se sapeva che era pericoloso decise che non gli importava, era l’unico modo e lui avrebbe agito. “Allison” le sussurrò cercando il suo sguardo, trovandolo colmo di confusione. “Risolverò questa cosa, te lo prometto. Fosse l’ultima cosa che faccio, riavrai la tua memoria. Ti prego, fidati di me.”

“Io non ti conosco” pianse Allison. “So che è terribile e non vuoi sentirlo ma perché dovrei fidarmi se non so niente di te?”

“Perché ti amo” replicò lui. “Hai detto che quando mi guardi, negli occhi vedi tutto il mio amore per te, è di quell’amore che ti chiedo di fidarti. Puoi farlo?”

Allison sentì il nervosismo placarsi, l’ansia anche. Chiuse gli occhi e respirò a fondo. “E che succede se non ci riesci? Nonostante le promesse, che succede se non riesci a fare ciò che dici? Non ricorderò mai più nulla, non ricorderò te, non ricorderò noi e il nostro amore.”

Il vampiro le prese il viso tra le mani. “In quel caso ci innamoreremo di nuovo. Lo abbiamo già fatto tante volte.”

La donna abbozzò un sorriso, si sporse verso di lui e gli baciò le labbra dolcemente con un bacio veloce e leggero. “Ti prego, non voglio vivere così.”

Elijah la strinse forte.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Klaus scosse il capo mentre seguiva suo fratello e Matt, diretti a casa di James S. Westfall, l’apparentemente normale uomo d’affari che in realtà era il potentissimo Arcangelo che era il padre di Allison. Viveva nel bel mezzo del nulla in un bosco, in una casa grandissima che sembrava vuota ma che non lo era.

“Elijah, fermati!” gli disse. “Fermatevi entrambi.”

“Che succede?” domandò il maggiore dei Morgan.

Klaus puntò gli occhi su suo fratello. “Qual è il piano?”

“Troverò quell’Arcangelo e lo convincerò ad aiutare Allison. Con la forza se necessario.”

“Voglio aiutarti, fratello. Davvero. Ma il tuo piano è folle; non puoi battere un Arcangelo. Morirai.”

“Così sia allora, Niklaus” Elijah mise le mani nelle tasche. “per secoli ho vissuto con questo buco nel cuore. Ero solito credere che fosse il mio fardello da portare, la mia punizione per essere un mostro. Ma poi ho incontrato Allison” sorrise, “ha visto il mostro e mi ha amato comunque. Mi ha sorriso e il buco nel mio cuore è sparito... Non posso perderla, Niklaus. Lei è il mio tutto; la mia luce, la mia anima, la mia redenzione. Il mio sempre e per sempre.”

Calò il silenzio per un istante, sia Matt che Klaus non dissero assolutamente nulla, mentre Elijah respirava a fondo pronto a qualunque cosa. Fu allora che l’Arcangelo comparve chiuso in un completo elegante e l’espressione severa. “Che diavolo volete voi?” domandò loro.

I tre si prepararono a tutto.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Sei davvero bravissima” Allison guardò il disegno di Hope e sorrise. Quella dolce bambina che la chiamava zia e a cui voleva bene anche se non ricordava. Aveva visto parecchie foto di loro due insieme, sembravano andare molto d’accordo, Hayley aveva detto che si adoravano. Lei sperava di ricordarlo presto. Elijah era uscito con Klaus e Matthew promettendole che avrebbe riavuto la sua memoria; Allison credeva che fosse sincero quando lo aveva detto, voleva davvero aiutarla. Ma non era sicuro che ci sarebbe riuscito.

Era tutto così strano che a volte sperava di svegliarsi e scoprire che si trattava solo di un brutto sogno. Ma per quanti pizzicotti si fosse data non si era svegliata. Volse lo sguardo a Keelin e le sorrise: non aveva ancora ben capito quale fosse il collegamento di quella donna con la famiglia Mikaelson, ma visto il modo in cui lei e Freya si guardavano pensava di averlo intuito. C’era amore in quegli sguardi, ma sapeva di amore taciuto. Allison aveva la sensazione che a tacere i suoi sentimenti maggiormente, tra le due, fosse Freya. Pensò che voleva parlarle, una volta che lei ed Hayley fossero tornate a casa da quella commissione che avevano detto di dover sbrigare.

“Non so voi!” annunciò la bella donna. “Ma io ho fame. Vi vanno dei sandwich?”

“Sì!” esclamò Hope. “Prosciutto e formaggio per me.”

“Vado io” si offrì Allison. “Qualcosa mi dice che sono brava a preparare i sandwich.”

“Lo sei” le disse Hope. “La più brava di tutte. Ci metti tanto condimento, proprio come piacciono a me.”

L’altra rise, guardò Keelin e la indicò con un dito: “Per te?”

“Burro d’arachidi e cetriolini.”

“Burro di arachidi e cetriolini? È un abbinamento terribile.”

“Decisamente” concordò Hope.

“Fatevi gli affari vostri” si finse offesa Keelin e sia Hope che Allison scoppiarono a ridere. Proprio quest’ultima scosse il capo scendendo al piano di sotto e lì incrociò una donna che non ricordava di conoscere.

Stava insieme ad alcuni uomini ma non sapeva chi fossero. “Salve” li salutò. “Posso aiutarvi?”

Gli occhi della donna che le stava di fronte si tinsero di sorpresa e... tristezza? “Allora è vero.”

“Cosa?”

“Che hai perso la memoria. Non ti ricordi di me?”

A Allison venne da piangere, un’altra persona di cui non ricordava neppure l’esistenza. “Temo di no” disse. “Mi dispiace.”

“Sono Sofya” continuò l’altra avvicinandosi, gli occhi le si riempirono di lacrime. “Sono una delle tue più vecchie e care amiche.”

“Io non...” farfugliò Allison quando vide che stava piangendo piano. “Non ricordo niente e nessuno. Ti prego non piangere.”

“È solo... è solo che vorrei abbracciarti. Ma non so se tu lo vuoi.”

La cacciatrice si strinse nelle spalle con un sorriso. “Un abbraccio è sempre ben accetto. Non ha mai ucciso nessuno in fondo” allargò le braccia e accolse la sua... amica. O almeno così lei diceva.

“Hai ragione, un abbraccio non ha mai ucciso nessuno. Fino ad ora” replicò Sofya stringendola. Quello che Allison sentì però non fu la stretta, ma il freddo di una lama passarle attraverso lo stomaco. E in un attimo ogni cosa le tornò alla mente, la memoria che credeva di aver perduto per sempre, ogni singolo ricordo.

Ridacchiò, anche se a giudicare dal dolore non c’era niente da ridere. “Sei una vigliacca, Inadu” disse al suo assassino, “colpirmi proprio ora che non ero in grado di difendermi.”

“Vero” concordò lei indietreggiando poco, lasciando la lama dentro il corpo di Allison che cadde in ginocchio e infine seduta. “Ma tu e il tuo dannato potere angelico... Non avevo altra scelta. Avevo fatto una promessa a tuo marito, il giorno che l’ho ucciso... gli ho promesso che avrei ucciso anche te e io mantengo sempre le mie promesse.”

“Allison!” la chiamò Keelin. “Oh mio Dio. Allison.”

“Rimani con Hope!” urlò la cacciatrice. “Quanto a te,” disse rivolta a Inadu. “Lascia andare Sofya. Ora!” gli occhi diventarono blu e luminosi, il corpo di Sofya cadde in terra privo di sensi mentre Marcel arrivava.

“Che succede?” domandò guardando la sua ragazza svenuta a terra. Poi Allison. Per lui fu istintivo avvicinarsi per prestarle soccorso. “Come posso aiutarti?” le chiese.

“Non toccare la lama” chiese lei tossendo. “E trovami Elijah. Non mi rimane molto tempo.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Per Sirhael fu come ricevere una pugnalata al cuore. Fece male, malissimo e subito capì che si trattava di Allison. Sentì la sua parte Arcangelo prendere il sopravvento, tese le mani verso i tre sgraditi visitatori e volò. Sua figlia aveva bisogno di lui e quell’istinto era più forte di qualunque orgoglio.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** 25. ***


25.

 

 

 

 

 

Elijah si ritrovò alla tenuta, con lui suo fratello e suo cognato, e quell'Arcangelo da cui si erano recati per chiedere aiuto. Gli servì un istante per riprendere il controllo del suo corpo, ma era una sensazione a cui non era nuovo: quando aveva volato con Allison era stato lo stesso, solo che con lei era stato più bello, perchè si erano stretti.

 L'odore del sangue arrivò alle sue narici subito dopo; era il sangue di sua moglie. Sentiva anche l'odore di Marcel e quella combinazione non gli piaceva affatto.

“Allison” la chiamò voltandosi in direzione di quell'odore ferroso, e la individuò subito, seduta per terra, le spalle poggiate a una parete, Marcel le teneva una mano e il suo corpo era attraversato da parte a parte da una lama argentata e brillante.

Elijah sentì un brivido pervaderlo completamente, fu la sensazione più brutta provata in tutta la sua esistenza e lo immobilizzò.

Rimase pietrificato mentre lo sguardo di Allison incontrava il suo e un leggero sorriso le piegava le labbra.  “No” sussurrò scuotendo il capo, Matthew gli passò a fianco per correre da sua sorella ma per l'Originale in completo il mondo sembrava essersi fermato.

“Cos’è successo?” fu la voce di Hayley a riportarlo alla realtà e tutto riprese a muoversi normalmente, forse troppo velocemente. Camminò a passo deciso e cadde in ginocchio davanti alla donna che amava muovendo goffamente le mani, desideroso di toccarla, spaventato di farlo. Cos’era quella lama? E perché Allison sanguinava? Non era, teoricamente, invincibile?

“Allison” le disse cercando il suo sguardo. “Cosa...”

“Ciao El” replicò lei sforzandosi di sorridere. “Ho una buona e una cattiva notizia: la cattiva è che questa lama è l’unica arma che può uccidermi, non appena sarà fuori dal mio corpo sarà la fine. La seconda è che ricordo tutto” ridacchiò.

Ma Elijah lasciò cadere qualche lacrima scuotendo il capo. “Non è divertente. Dimmi come posso aiutarti, ti prego” sentiva il cuore esplodergli nel petto e un singhiozzo spezzò le sue parole.

“Non puoi” lei provò a respirare a fondo e sentì un dolore lancinante quando lo fece. Marcel le strinse più forte la mano senza guardare nessuno. Allison sorrise guardandolo, pensando che l’uomo gentile e divertente a cui tutti loro volevano bene, era ancora lì da qualche parte. “Marcel” lo chiamò e lui la guardò. “Lascia andare la rabbia” gli occhi le si fecero blu per qualche secondo. “Prendi Sofya e vai. Sii felice.”

Lui chiuse gli occhi per ricacciare indietro le lacrime, le baciò una mano e poi se ne andò prendendo il corpo di Sofya; degli uomini di Inadu si erano perse le tracce non appena quella maledetta presenza aveva lasciato la donna di cui era innamorato.

Allison rimase sola con la sua famiglia, una mano stretta in quella di suo fratello, il pianto di Hayley e Freya in sottofondo, lo sguardo raggelato di Elijah, gli occhi pieni di lacrime di Klaus, la postura composta di suo... padre.

“Aiutala!” urlò Elijah proprio a lui. Ma l’Arcangelo scosse il capo deglutendo a vuoto. Gli occhi dell’Originale si venarono di sangue. Fu Allison a fermarlo.

Gli prese la mano, attirando la sua attenzione, e gli sorrise. “Va tutto bene” lo rassicurò. “Solo tienimi la mano.” Elijah lo fece, la strinse tra entrambe le sue, ne baciò il palmo e il dorso una, due volte. Scosso da singhiozzi che non riusciva a fermare. Allison guardò suo fratello.

Anche lui piangeva, e somigliava tantissimo alla loro madre. Lei l’avrebbe rivista presto e si sarebbero strette in un abbraccio carico di amore.

“Andrà tutto bene” provò a rassicurarla Matt, ma in fondo sapeva che non era vero.

“Voglio dirti una cosa, avvicinati ti prego” gli chiese la cacciatrice e lui lo fece, avvicinò l’orecchio alla sua bocca e ascoltò. “Ti voglio bene, fratello mio. Smetti di pensare al passato, vai avanti e trova la tua felicità. Sei redento.” Matt singhiozzò, baciò la fronte di sua sorella senza spostarsi di un millimetro; voleva solo tenerla al sicuro, esattamente come Elijah. Però nessuno poteva aiutarla.

“El” chiamò lei con il fiato corto. “Voglio che tu mi prometta una cosa. Voglio che tu mi prometta che sarai felice, che amerai e ti lascerai amare.”

“Smettila Allison, ti prego.”

“Non cercare qualcuno che ti ami come me, perché nessuno al mondo potrà mai farlo. Sei la cosa più straordinaria che mi sia capitata. Sei stato difficile da conquistare ma quando è successo, mi hai dato ogni cosa di te e io amo ognuna di quelle cose. Sono pronta ad andare, ma non voglio farlo se prima non mi prometti che sarai felice, che non perderai te stesso, che non lascerai che la rabbia prenda il sopravvento.”

Elijah le baciò le labbra, poi poggiò la fronte sulla sua. “Non farmi fare promesse che non potrò mantenere. Solo non lasciarmi, ti prego” si lasciò andare contro di lei, il capo poggiato tra il suo collo e il suo viso ed Allison lo strinse quanto più forte poteva. Si voltò a guardare suo padre e gli sorrise. “Quando sono venuta da te, anni fa, volevo conoscerti, volevo saperne di più. Ma tu mi hai rifiutata.”

L’Arcangelo deglutì a vuoto. “Io non...”

“Lasciami finire, per favore” lo interruppe lei. Per poi riprendere “mi hai rifiutata e il rifiuto ha fatto male. Non capivo perché non mi volessi nella tua vita, in fondo eri mio padre ed io non volevo nulla da te, se non poterti vedere di tanto in tanto, poterti parlare di tanto in tanto. Ero furiosa e lo ero fino a dieci minuti fa, poi mi hai guardata e il tuo sguardo ha dissipato la rabbia. Ho capito finalmente: ho capito che in fondo mi vuoi bene ma l’amore non è qualcosa a cui sei abituato e questo ti spaventa. Forse, l’unica volta in cui hai amato davvero è stato quando ti sei innamorato di mia madre; hai cambiato ogni cosa per lei e lei ha scelto di amare qualcun altro. Deve fare male, credo. E forse ogni volta che mi guardi rivedi lei, e il dolore ritorna. Lo capisco, ma voglio che tu sappia che nonostante amassi follemente mio padre, l’uomo che mi ha cresciuta, c’è spazio anche per te nel mio cuore.”

“E se ti dessi un po’ del mio sangue? Rinasceresti vampiro” propose Matt ignorando tutto il resto, speranzoso mentre asciugava la fronte sudata di sua sorella.

“Non funzionerebbe” fece sapere loro Sirahel con tono quanto più possibile formale. “2”Lei è per metà Arcangelo, il suo sangue è puro, rigetterebbe il tuo che puro non è.”

“È tua figlia!” esclamò Klaus guardando l’Arcangelo, “vuoi davvero lasciarla morire? Aiutala!”

“Non posso guarirla” replicò l’altro inginocchiandosi e afferrando la lama.

“Cosa fai!” sibilò Elijah rimettendosi dritto, gli occhi venati e i denti affilati.

Gli occhi di Sirahel si fecero azzurri e brillanti. “Metto fine alle sue sofferenze!” esclamò muovendo la mano, e tutti vennero scaraventati lontano mentre lui estraeva la lama dal corpo di Allison. Pochi secondi e di lei rimase solo un corpo privo di vita.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah fu il primo a risvegliarsi; nelle orecchie un fischio fastidioso, nelle mani ancora il calore della pelle di Allison. Davanti agli occhi l’immagine spaventosa di lei inerme e di quell’Arcangelo maledetto che afferrava la lama pronto a tirarla via, pronto a uccidere la sua stessa figlia.

Con un balzo si mise in piedi, ignorando il frastuono che sentiva riecheggiargli in testa e si voltò in direzione di Allison, trovandola riversa in terra, la lama fuori dal suo corpo, i suoi occhi chiusi... per sempre.

“No!” urlò con quanto fiato aveva in gola, così forte che gli altri si svegliarono. “Che cosa hai fatto?” gridò contro l’Arcangelo, spingendolo via con entrambe le mani, gli occhi rossi di sangue e i denti aguzzi mentre si posizionava davanti al corpo inerme di Allison, come a farle da scudo.

“Maledetto!” esclamò Matt lanciandosi contro Sirahel, finendo però scaraventato contro un muro.

“Credete davvero di poter combattere con me?” l’Arcangelo scosse il capo, gli occhi fissi su Elijah che piangeva disperato stringendosi addosso il corpo di Allison. La amava, ed era evidente, lui quell’ardore lo conosceva fin troppo bene. Lo aveva sperimentato anni prima, e da quella fiamma era nata la donna che un vampiro ora stringeva tra le braccia.

“L’hai uccisa” pianse Hayley inginocchiandosi a terra, scossa da singhiozzi che non era capace di controllare. “Ally” mormorò guardando il cadavere della sua amica, di sua sorella, della sua famiglia.

Sirahel non disse nulla, rimase con gli occhi fissi sul corpo di sua figlia, in silenzio mentre tutti piangevano, poi abbozzò un sorriso piegandosi sulle ginocchia. “Allontanati” disse ad Elijah.

“Tu allontanati” ringhiò l’altro. “Fosse l’ultima cosa che faccio, giuro solennemente che ti ucciderò. Mi hai portato via la cosa più preziosa che avevo, io ti poterò via la vita” sobbalzò appena quando sentì Allison muoversi, il cuore riprendere piano a battere. Dal corpo di sua moglie iniziò ad irradiarsi una luce blu e brillante che gli bruciò la pelle. Non voleva lasciarla ma stringerla lo feriva, letteralmente.

Nel grande atrio comparvero una dozzina di persone, Angeli a giudicare dal fruscio di ali che si sentì. Con le mani incrociate dietro la schiena rimasero immobili a fissare Allison con dei sorrisi a piegare loro le labbra.

“Che succede?” chiese Elijah dando voce allo stupore di tutti.

“E fu scritto che quando il Nephilim morirà, dalle sue ceneri rinascerà un Arcangelo. Florence sarà il suo nome, perché il suo potere fiorirà e mai smetterà di crescere. Grande sarà la sua forza e ancor più grande sarà la sua saggezza” disse loro Sirahel. “La Allison che conoscevate sarà anche morta, ma la nuova Allison è appena nata. Benvenuta Florence, figlia mia” sussurrò.

Gli occhi di Allison si spalancarono di colpo, inondati di luce azzurra, la ferita sul suo corpo sparì, il viso prese colore. Le palpebre si chiusero di nuovo per pochi secondi; quando si riaprirono l’azzurro aveva lasciato il posto a quel caldo nocciola che Elijah amava.

“Allison” le sussurrò avvicinandosi. “Amore...”

Lei gli sorrise. “Ciao El.”

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** 26. ***


26.

 

 

 

 

 

Elijah aiutò Allison a rimettersi in piedi, e dopo averle poggiato la sua giacca sulle spalle la strinse per cinque lunghi minuti, in silenzio, senza mollare mai la presa. Nessuno disse nulla ma ognuno prese qualcosa da bere ringraziando silenziosamente una qualche stella. Gli angeli, che erano comparsi quando dal corpo di Allison si era irradiata quella luce azzurra e brillante, se ne erano andati via subito dopo il suo risveglio, e i Mikaelson erano rimasti di nuovo soli, con Sirahel l’Arcangelo.

Lo spavento di poco prima era passato, ma li scuoteva ancora, letteralmente. Era infatti calato una specie di freddo innaturale, Matt sembrava soffrirlo più di tutti; tremava respirando a fondo e Hayley gli stringeva la mano quasi quel tocco volesse scaldarlo.

“Sto bene” li rassicurò Allison guardandoli, senza mollare la presa della mano di Elijah, senza mollare lui. “Sto bene” ripetè di nuovo, in un sussurro, proprio all’Originale elegante. E lui annuì.

La donna si rivolse allora a suo padre e respirò a fondo. “Cos’è successo?”

“Allison è morta, e Florence è nata!” disse lui con tranquillità.

“Che tradotto significa?”

“Sei un Arcangelo adesso, a tutti gli effetti.”

Allison corrugò la fronte. “Come scusa? Un Arcangelo, come te? Come Michele e Lucifero e Gabriele e...”

“Credo che noi tutti conosciamo i nomi degli Arcangeli” la interruppe lui. “Non devi elencarli tutti. Sì, come loro.”

La cacciatrice rise, una risata isterica che raggelò l’atmosfera per un istante. Riecheggiò nel grande atrio mentre Allison cercava di riprendere il controllo. “Io non voglio essere un Arcangelo, quindi qualunque cosa tu abbia fatto, riporta tutto a com’era prima.”

“Prima eri morta.”

“Allora lasciami morire.”

“Allison” si fece avanti Elijah. “Ti prego...”

“Un Arcangelo, Elijah. Non credo che tu abbia idea di cosa significhi. Gli Arcangeli sono meschini, manipolatori, si fanno la guerra tra loro e non gliene frega niente delle conseguenze, dei danni collaterali. Io non voglio essere uno di loro.”

“Essere un Arcangelo è un privilegio” Sirahel si guardò intorno, individuò il bar e vi si avvicinò. Senza chiedere il permesso – e dubitava che qualcuno glielo avrebbe fatto notare – si versò un bicchiere di bourbon e ne bevve un lungo sorso mettendosi poi a sedere. “Sì è vero, gli Arcangeli sono tutto quello che hai detto, ma sono anche altro. Dovresti saperlo meglio di chiunque altro; non eravate molto amici tu e Gabriel?”

Allison ripensò al suo amico, era morto per fare la cosa giusta, perché a lui importava. “Sì, lo eravamo. Forse lui era l’unico Arcangelo decente in tutto il vostro colorito gruppetto altolocato, e infatti è morto.”

Sirahel ridacchiò. “Anche tu fai parte di questo gruppetto altolocato adesso. E prima che tu perda tempo chiedendomi di riportare le cose a come erano, sappi che non posso. Non ho alcun potere per farlo, sei tornava in vita solo perché lo ha deciso Dio. O Chuck, come lo chiamate tu e quello strampalato trio con i Winchester e Castiel. Se hai delle lamentele falle a lui, non siete amici in fondo, tu e il grande creatore?”

La donna sentì tutti gli occhi posarsi su di lei. L’argomento non era mai venuto fuori e lei non si era mai preoccupata di informare tutti che conosceva Dio. Sorrise poco ad Hayley che passandole accanto le strinse una mano prima di raggiungere Hope e respirò a fondo. Non voleva essere un Arcangelo, ma l’alternativa era la morte e anche se aveva detto il contrario poco prima, non voleva neppure morire. Chiuse gli occhi e si lasciò cadere su una sedia respirando a fondo. Sentiva un potere mai sperimentato prima crescerle dentro, le faceva tremare il petto, le mani; le guardò attentamente e le sembrarono forti come mai. Essere un Arcangelo era un privilegio e obiettivamente lo sapeva... era come avere il mondo ai propri piedi, aveva la possibilità di fare così tanto bene, così tanta giustizia, così tanta pulizia in quel mondo schifoso... per dare a Hope un futuro migliore, più limpido. Eppure aveva la sensazione che le cose per lei sarebbero state incredibilmente complicate, come sempre.

Poggiò lo sguardo su suo marito, la fissava in attesa, gli occhi spezzati. Suo fratello, Freya, Klaus... tutti la guardavano in attesa, tutti sembravano intimoriti. Fece un impercettibile segno ad Elijah e lui lo colse e la raggiunse. Allison si sentì più sicura con lui al suo fianco, con le dita intrecciate a quelle della sua grande mano. Gli accarezzò il viso con un sorriso triste, poi guardò suo padre. “Cosa posso fare adesso che sono...”

“Teoricamente qualunque cosa tu voglia” rispose lui. “Praticamente ci sono delle regole da seguire. Noi non siamo stati creati per mischiarci alla gente, ma per osservarla da lontano e vegliare, silenziosamente.”

“Silenziosamente” gli fece eco Allison con sarcasmo. “È il tuo modo gentile di dirmi che non posso interferire con l’ordine naturale delle cose?”

“È il mio modo gentile di dirti che se non terrai un profilo basso, orde di angeli invidiosi verranno a cercarti.”

“Invidiosi di cosa? Ah sì” lei annuì. “Essere un Arcangelo è un privilegio. Quanti ce ne erano in fila prima di me?”

“Parecchi. A uno fra tutti dovrai prestare molta attenzione; il suo nome è Ismael, ma se farai le cose saggiamente forse non lo incontrerai mai” Sirahel si alzò. “Riposati ora, abituati al tuo nuovo status, tornerò qui domani e continueremo questa conversazione.”

“Domani? E fino ad allora cosa dovrei fare? Che succede se qualche angelo arriva qui prima di domani? Metti almeno dei sigilli di protezione.” Gli occhi dell’uomo si fecero azzurri e brillanti e su ogni parete si illuminarono alcuni simboli che prima erano invisibili. Allison annuì. “Grazie.”

“Non sono stato io” lui la guardò per un istante, poi volò via.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Ad Allison era servito un bel po’ per riprendere il controllo e quando finalmente lo aveva fatto, si era infilata sotto la doccia e si era lasciata cullare dal getto caldo dell’acqua. Quel flusso aveva lavato lo sporco del sangue ma non si era portato via nessuno dei suoi pensieri, neppure uno. L’idea di essere un Arcangelo era ancora lì a tormentarla, non le piaceva, non voleva. Voleva essere un’umana, una semplicissima umana che cacciava il soprannaturale, niente di più e niente di meno.

Ma non sapeva come tornare indietro e nessuno a parte Dio poteva aiutarla. Peccato che non avesse idea di come e dove trovarlo e peccato sapesse che, anche per assurdo lo avesse trovato, non l’avrebbe aiutata. Ne era certa.

Con un gesto chiuse l’acqua e senza indugiare troppo si asciugò e andò in camera per rivestirsi. Indossò la biancheria e una delle camicie di Elijah che più le piacevano: era azzurra, un bell’azzurro caldo come il cielo d’estate. Lasciò che i capelli si asciugassero da soli, poi sorrise ad Elijah che era appena entrato in camera. Suo marito era stato comprensivo: gli aveva chiesto spazio e lui glielo aveva concesso, ora voleva starle vicino e lei glielo avrebbe lasciato fare.

“Ciao” le disse sedendole accanto. “Hai fame?”

Lei scosse il capo. “No” mormorò. “Ho indossato la tua camicia, è una delle mie preferite.”

“Lo so, e sta meglio a te che a me, l’ho sempre pensato.” Sorrisero entrambi, e poi calò di nuovo il silenzio. Mentre ognuno prendeva la sua parte di letto, Elijah ebbe la sensazione che quei silenzi sarebbero durati a lungo, sarebbero stati una costante per un lungo tempo. Sperò di sbagliarsi. “Allison, guardami ti prego” sussurrò alle spalle di sua moglie. E lei lo fece, con quegli occhi meravigliosi pieni di ogni cosa. “Qualunque cosa ti passi per la testa, se vuoi parlarne sono qui, okay?”

Allison lo baciò con dolcezza, la mano piccola su quel viso grande. “Ti amo tanto.”

“Ti amo anche io.”

“Ti ricordi quando la cosa più complicata che dovevamo fare era insegnare ai vampiri di Marcel come difendersi? Mi manca quella vita, era complicata, ma non così tanto.”

“Sì, capisco come ti senti. Non possiamo tornare indietro però, solo guardare avanti. E lo faremo insieme, sempre e per sempre. Okay?”

Lei annuì iniziando a piangere. Si abbandonò alla stretta delicata del suo uomo.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Hayley si accoccolò sul petto di Matt e respirò a fondo giocherellando con la punta delle dita. L’uomo stava pian piano iniziando a riprendere lucidità e lei capiva perché gli servisse così tanto tempo, dopo tutto quello che era successo. “Stai bene?” gli chiese.

Lui respirò a fondo. “Mia sorella è morta” le disse. “Ed è ritornata in vita, da Arcangelo. Non credo che starò bene per un po’.”

L’Ibrida annuì. “Sì, capisco come ti senti. Ma dobbiamo essere presenti per lei, qualunque cosa accada. Arcangelo o no è di Allison che stiamo parlando” alzò il capo e gli poggiò il mento sul petto per guardarlo in viso.

Matt ricambiò lo sguardo, poi con un sorriso si protese e la baciò. “Ti amo Hayley” confessò. “Volevo dirtelo da un po’ ma non trovavo mai il coraggio. Oggi mi ha fatto capire che non bisogna mai aspettare per dire le cose importanti perché non siamo immortali come ci piace credere, in fondo.”

Lei lo baciò di nuovo accarezzandogli il viso. “Anche io ti amo.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Jack aveva sentito qualcosa, non avrebbe saputo dire cosa di preciso perché aveva ancora grandi difficoltà a concentrarsi quando le voci degli angeli gli affollavano la mente, ma aveva decisamente sentito qualcosa. Un potere forte e indescrivibile che lo attirava. Il suo primo istinto fu di volare seguendo quella sensazione, il secondo gli disse di non falo solo.

“Castiel” lo chiamò raggiungendolo nell’atrio. “Ho sentito qualcosa, gli angeli...”

“L’ho sentito anche io” replicò l’altro. “Ma non ho ben capito di cosa si tratti.”

“Io nemmeno ma qualcosa mi dice che dobbiamo andare.”

“Andare dove?”

“A New Orleans.”

Castiel sembrò mettere insieme dei pezzi, respirò a fondo e poi abbozzò un sorriso. “Sveglio Sam e Dean.”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** 27. ***


27.

 

 

 

 

 

Quella notte fu l’inizio di un grande cambiamento, ma nessuno se ne accorse fino al mattino dopo, fino a quando Elijah non si svegliò e scoprì che Allison si era alzata già da un pezzo. La sua parte di letto era, infatti, fredda e la camicia che indossava quando si erano messi a dormire la sera prima, era poggiata ai piedi del letto. L’Originale pensò che era andata a fare una corsetta, come faceva di solito, e lo pensò cercando di archiviare le brutte sensazioni che aveva. Si disse che Allison era praticamente invincibile oramai, non aveva motivo di preoccuparsi. Giusto?

Fece una doccia, e a dispetto di quello che voleva non provò neppure a telefonarle. Non voleva metterle pressione, voleva lasciarle i suoi spazi perché era così che funzionava tra di loro. Decise che, se da lì ad un’ora non fosse rientrata, allora le avrebbe telefonato. Scese di sotto, il cellulare stretto nella mano sinistra, la destra chiusa dentro la tasca dei suoi pantaloni. Quel giorno il padre di Allison sarebbe tornato a spiegarle un po’ di cose, lui non sapeva ancora se quel tizio gli piaceva o no. Poco male, era probabilmente l’unico che poteva aiutare sua moglie quindi se lo sarebbe fatto andare a genio.

“Buongiorno” disse alla sua famiglia, seduta a tavola per la colazione. C’erano tutti, tranne Hayley e Hope che, gli spiegò Freya, erano andate a comprare nuovi libri e colori.

“Come sta Allison?” gli domandò Keelin imburrando una fetta di pane. “Mi sento così in colpa per quello che è successo con quella Sofya.”

“Non è stata colpa tua” la rassicurò l’Originale. “Sofya non era in sé, altrimenti non credo si sarebbe spinta così oltre. Inadu si sta rivelando un problema più grosso di quanto credevamo” si versò una tazza di tè. “Ma sistemeremo le cose.”

“Lo facciamo sempre, fratello” gli fece eco Klaus.

“Tua moglie è una brava donna,” disse ancora Keelin guardando Elijah. “È dolce, è amorevole, è leale ed è bellissima. Sei un uomo fortunato.”

L’Originale elegante sorrise, ritrovava Allison in tutti quegli aggettivi, sua moglie era tutte quelle cose e anche di più. Stava per ringraziare la giovane lupa quando Marcel e Vincent arrivarono. Sui loro visi un’espressione per nulla pacifica.

“Voi Mikaelson” iniziò lo stregone scuotendo il capo. “Proprio non riuscite a mantenere la parola data, vero?”

“Buongiorno anche a voi” disse loro Klaus, sarcasticamente. “Di quale atrocità siete venuti ad accusarci questa mattina?”

“Alcune streghe, diciamo una dozzina, sono state trovate morte all’alba. I loro corpi erano ammucchiati all’interno di un edificio. Voi ne sapete nulla?”

Matt ridacchiò. “Perché mai dovremmo saperne qualcosa? E perché mai avremmo dovuto uccidere delle streghe?”

“Perché siete delle bestie!” urlò Vincent. “Forse volevate qualcosa e non siete riusciti ad ottenerlo e così le avete uccise. Per quasi sei anni, a New Orleans c’è stata pace. Poi voi tornate e tutto si stravolge, di nuovo!”

Elijah lo fissò, gli occhi ridotti a una fessura. Il suo sguardo si spostò su Marcel. “Non ne sappiamo nulla, Marcellus. Hai la mia parola.”

“La tua parola?” Marcel scoppiò in una fragorosa risata. “La tua parola vale zero, per me, Elijah. Credevo che lo sapessi.”

Un fruscio di ali attirò l’attenzione di tutti e Allison comparve nell’atrio sconvolta e ricoperta di sangue. Sangue non suo però... a giudicare dall’odore apparteneva a una strega, o forse a più di una.

“Che cosa ti è successo?” le chiese suo marito raggiungendola. “Questo sangue ha a che fare con le streghe che sono state trovate uccise?”

Lei scosse il capo tremando come una foglia, si guardò le mani sporche e iniziò a piangere. “Non lo so” confessò senza alzare lo sguardo. “Non ricordo neppure di essere uscita di casa. Mi sono svegliata ad Algiers ma non so come ci sono arrivata.”

Elijah si tolse la giacca, gliela poggiò sulle spalle prima di prenderle il viso tra le mani. “Guardami” le sussurrò. “Va tutto bene.”

“No, non è vero!” replicò lei. “Niente va bene” prese a respirare affannosamente mentre gli occhi le diventavano azzurri e brillanti. “Non ricordo di essere uscita di casa e sono ricoperta di sangue. Non ho idea di chi sia, non ho idea di cosa ho fatto. Niente va bene!” esclamò decisa e un’ondata di energia scaraventò tutti dall’altra parte della stanza, una luce bianca e accecante illuminò tutto, le urla dei presenti riecheggiarono nel silenzio mentre la loro pelle sembrava andare a fuoco.

“Allison!” le urlò Elijah. “Fermati, ti prego.”

Ma lei non ci riusciva, per quanto ci provasse. Il suo potere aveva preso completamente il sopravvento. Poi il bruciore si fermò, la luce sparì e quando tutto tornò normale la videro; Allison stretta a Castiel, i Winchester e un altro tizio che non conoscevano in un angolo.

“Calmati Allison” le sussurrò Castiel guardandola. Lei però fissava Elijah, nei suoi occhi il senso di colpa.

“Mi dispiace” disse guardandosi intorno. “Mi dispiace tanto, io non...” Elijah le fu accanto in pochi secondi, per stringerla forte.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Sirahel era arrivato un’ora dopo i Winchester ed era rimasto ad osservare Jack, così si chiamava il ragazzo arrivato con Sam, Dean e Castiel, per un lungo tempo prima di proferire parola. Hayley, da poco rientrata con Hope, aveva chiesto a Keelin di badare alla piccola e la lupa era stata ben lieta di farlo.

“E così anche tu sei un Nephilim?” chiese il padre di Allison al giovane Jack.

Lui annuì tristemente. “Sì, lo sono. Ma uno di quelli buoni.”

“Ah” mormorò l’altro. “Quanti anni hai detto di avere?”

“Ho sei mesi, teoricamente” Jack sorrise. “Ma cresco un po’ più in fretta degli altri.”

Sirahel volse lo sguardo a Castiel, negli occhi azzurri dell’angelo caduto un misto di reverenza e disprezzo. Matthew pensò che non sapeva neppure che le due cose potessero coesistere.

“Non per interrompere le presentazioni” disse loro baciando sua sorella sul capo prima di alzarsi. “Ma ci sono cose un po’ più importanti di cui occuparsi, non credete?”

“Ho ucciso tutte quelle persone” mormorò Allison fissando un punto indefinito, la giacca di Elijah ancora sulle sue spalle, una mano stretta a quella di Freya, l’altra stretta a quella di Hayley.

“Hey no” intervenne proprio lei. “Non sappiamo se sei stata tu.”

“Sono ricoperta di sangue e non ho il benché minimo ricordo della notte passata. Notte in cui una dozzina di streghe sono state uccise. Di che altre prove hai bisogno?”

“Anche se fossi davvero stata tu” prese la parola Marcel. “Non eri in te.”

“Ma questo non cambia il fatto che quelle streghe sono morte” replicò Vincent. “E che se tu non hai il controllo delle tue abilità allora abbiamo un problema piuttosto grave da risolvere. Più grave di Inadu perfino. Hai idea di quanto sei forte? Posso sentire la tua energia, è...”

“Non c’è bisogno che tu dica altro” Elijah fronteggiò lo stregone. “Non sappiamo cosa sia davvero successo, quindi suggerisco di non muovere alcuna accusa fino a quando non saremo sicuri.”

“E una volta che saremo sicuri?” domandò Vincent. “Cosa faremo? Ignoreremo l’accaduto solo perché si tratta di tua moglie?”

“Faremo quello che dobbiamo” gli disse Dean affiancando Elijah. “Ma solo quando saremo sicuri al mille per mille che è stata lei. Non un minuto prima.”

“E che facciamo fino ad allora?”

“Se ben ricordo Marcel è a comando dell’intera città, forse può fare qualche indagine e cercare di capirne di più” suggerì Sam con lo sguardo fermo sulla sua amica.

“Sì” Marcel annuì. “Puoi giurarci che lo farò” diede un’occhiata a Allison, poi con Vincent se ne andò lasciando gli altri alle loro questioni.

“Quel tizio non mi piace” mormorò Castiel guardando i due uscire. “Non ha idea di cosa parli ma parla comunque.”

Elijah lo guardò per un istante, poi scambiò una rapida occhiata con suo fratello e infine si avvicinò ad Allison. “Vieni” le disse con dolcezza.

Lei si alzò, ma senza convinzione. “Dove?”

“Hai bisogno di una doccia, con dei vestiti puliti ti sentirai meglio.” Lei lo seguì su per le scale, un vortice di pensieri le occupavano la mente, il cuore le batteva così forte che poteva sentirlo sulle tempie, scandire il ritmo della paura. Rimase in silenzio fino a quando raggiunsero la camera, infine, quando Elijah chiuse la porta scoppiò in lacrime.

“Mi dispiace El” singhiozzò. “Vi ho fatto male senza volerlo, ti ho fatto male. Non riuscivo a controllarlo, io non...”

“Sto bene” le disse lui afferrandole la mano e poggiandosela sul viso. “Guarda, sto bene. Stiamo tutti bene.”

“Avrei potuto uccidervi” Allison alzò gli occhi per guardare i suoi. “Sono un mostro.”

Elijah la baciò, una, due volte. Le poggiò la mano sul viso e scosse il capo. “Non sei un mostro. Hai solo bisogno di imparare a controllare tutte le tue abilità. E lo farai, ne sono sicuro. Ora” le sussurrò asciugandole le guance. “Ti ripulirai e affronteremo questa cosa insieme, okay?”

Lei annuì. “Okay.”

“Sono proprio qui, Allison” le disse suo marito. “Ti amo e non vado da nessuna parte.”

“Ti amo anch’io” la cacciatrice lasciò che lui le sfilasse piano i vestiti e attese che sfilasse anche i suoi. Poi stretta nel suo abbraccio si lasciò cullare sotto la doccia.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah fu sorpreso di ricevere una telefonata di Marcel, e anche se sapeva che poteva essere una trappola, decise di andare all’appuntamento che lui gli diede, per mezzanotte ad Algiers, a ridosso del fiume. Così, dopo aver lasciato Allison più tranquilla, addormentata, uscì di casa e si diresse al luogo dell’incontro. Marcel lo aspettava lì, davanti ai corpi delle streghe morte; fece un grosso respiro non appena lo vide.

“Allison?” gli domandò.

“Sta bene. Sta riposando adesso e avrà l’aiuto di cui ha bisogno, grazie a Castiel.”

“E quel pomposo di suo padre?”

“Starà via per un po’, ha fatto una specie di sigillo di copertura in modo che Allison non venga trovata, almeno fino a quando non avrà imparato a gestire il suo potere. Ogni tentativo di trovare lei porterà a lui” all’Originale scappò un sorriso. “Perdonami Marcel, ma la tua premura un po’ mi confonde, credevo che ci odiassi.”

“Odio voi, non lei. Credevo fosse diventata una Mikaelson fino al midollo, ma Vincent mi ha detto che quando vi siete offerti di uccidere Sofya lei si è opposta, quindi in fondo un po’ della vecchia Allison è ancora lì da qualche parte. È per quella parte che mi preoccupo.”

Elijah annuì, fissò lo sguardo sui cadaveri e sospirò. “Mi hai telefonato per questi?” li indicò con un dito.

“Sì. I miei uomini hanno fatto alcune ricerche, hanno scoperto chi è stato.”

“Allora?”

“È stata Allison, Elijah. Queste streghe si stavano occupando dei loro affari, senza dare fastidio a nessuno. Poi lei è arrivata... hanno detto che era fuori controllo, e che i suoi occhi erano blu.”

L’Originale deglutì a vuoto, non gli importava di quelle streghe, non più di tanto anche se un po’ gli dispiaceva. Sapeva però che il senso di colpa avrebbe distrutto la sua bellissima moglie, lei così giusta e piena di principi non avrebbe sopportato di aver fatto del male a della gente senza motivo. “Suppongo che le loro famiglie vorranno giustizia. Vincent la vorrà.”

“Hanno già il loro colpevole. Allison non è mai stata qui; non so da dove venga il sangue di cui era sporca, ma non c’entra nulla con tutto questo. Intesi?” Marcel lo guardò con espressione decisa, priva di ogni esitazione.

“Intesi!” concordò Elijah. “Grazie”

L’altro si schiarì la voce. “Liberati tu di questi corpi” gli disse allontanandosi. L’Originale lo fece.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** 28. ***


28.

 

 

 

 

 

Allison si svegliò di soprassalto ritrovandosi da sola nel grande letto. Accarezzò con la mano la parte di Elijah ma scoprì che era fredda. Accese la lampada sul comodino, la luce le permise di vedere che né il cuscino né le coperte erano sgualcite, il che significava che Elijah non si era proprio messo a letto quella sera. Deglutendo a vuoto si passò entrambe le mani sul viso, poi ne fece scivolare una tra i capelli e respirò a fondo. Era un Arcangelo, una delle creature più potenti al mondo e la cosa non le piaceva affatto.

Sirahel le aveva detto che era un grande onore, un privilegio. Hai idea di quanto potere hai, di quante cose puoi fare? Della purezza che racchiudi dentro di te? Era sembrato entusiasta mentre le elencava cosa poteva fare, cosa poteva diventare. A lei però non interessava. Sarebbe volentieri tornata indietro nel tempo se avesse potuto, così indietro da non scatenare neppure il Nephilim che era prima di diventare un Arcangelo.

Quando suo padre le aveva detto tutte le magnificenze di cui era capace, ora che di umano in lei non c’era più nulla, per un attimo lei aveva pensato che non fosse tanto male in fondo. Aveva pensato che avrebbe potuto aiutare la gente ancora di più di quanto facesse, che non avrebbe più conosciuto il fallimento o il dolore di vedere morire qualcuno che le stava a cuore. Aveva immaginato un futuro quasi roseo, in cui proteggeva tutti, in cui si liberava di ogni pericolo – Inadu per prima – e viveva la sua vita libera da ogni preoccupazione. Niente più ansia per i Winchester e Castiel e i pericoli che quotidianamente correvano, niente più preoccupazione per le orde di nemici dei Mikaelson che ogni giorno tramavano nell’ombra. Niente più paura per Hope... avrebbe potuto proteggere tutti, senza sforzo. Ma poi Sirahel, insieme ai vantaggi di quel potere, le aveva elencato gli svantaggi: ogni cosa è amplificata, le aveva detto, e questo non è sempre un bene. Sarai in grado di percepire cose che gli altri non percepiscono, Radio Angeli sarà sempre lì a farti eco nelle orecchie e soprattutto, e questa era la cosa più importante a dire del millenario Arcangelo con il quale condivideva il suo DNA, non puoi interferire con l’ordine naturale delle cose. Non puoi farlo neppure se a pagarne le conseguenze è qualcuno che ami. Quindi se qualcuno viene ferito e sta per morire, scordati di poterlo guarire e riportarlo alla vita. E così il sogno di Allison di poter salvare tutti era sfumato. E il malumore era aumentato.

Che senso aveva essere così potente se non poteva usare quel potere per salvare gli altri, le persone che amava... E poi c’era quell’altra questione: non era in grado di controllare il suo potere e aveva rischiato di fare male alle persone a cui voleva bene. Elijah l’aveva stretta forte e l’aveva rassicurata, ma nei suoi occhi – come negli occhi degli altri – Allison aveva notato uno scintillio inconfondibile. La paura.

Il che aveva senso, lei lo capiva, ma non era piacevole. Soprattutto se a guardarla con quello scintillio era Elijah, la persona che lei di più amava al mondo. Era grata che Hope non avesse visto quello di cui era capace, la paura era qualcosa che non voleva vedere negli occhi della piccola. Mai.

Lentamente si mise in piedi e si incamminò verso il piano di sotto. Trovò Castiel seduto sul divano, a far nulla. Ma non c’era solo lui: una dozzina di mietitori erano fermi nella stanza, gli occhi bassi e le mani incrociate dietro la schiena. “Cass” gli disse lei avvicinandosi a lui con cautela, le mani tremanti e gli occhi che pizzicavano di lacrime. “Perché ci sono una dozzina di mietitori?”

Lui la fissò perplesso, poi le sue labbra si piegarono in una espressione strana. Mosse la mano e sospirò guardando davanti a sé. Allison ebbe la sensazione che li stesse vedendo per la prima volta. “Sono inquietanti” mormorò.

“Sono qui...”

“No” la interruppe l’angelo. “È vero, di solito si radunano quando sta per verificarsi un corposo spargimento di sangue. Ma stavolta sono qui per te.”

“Per me?”

“Sono attratti dal tuo potere. Sei come una specie di calamita. Al momento, visto che non sei capace di controllare la tua energia, rilasci costantemente una piccola ondata di potere, è quella che li ha attirati.”

“E come faccio e non rilasciare questa... piccola ondata di potere?”

“Non ne ho idea.”

“Che significa che non ne hai idea? Non dovresti insegnarmi? Non è per questo che siete rimasti?”

Castiel respirò a fondo prima di guardarla. “Sono rimasto per insegnarti a gestire il tuo potere sì, ma queste piccole ondate di energia sono istintive, e io non posso insegnarti a controllare il tuo istinto. Quello devi farlo da sola.”

Lei scosse il capo. “Io non voglio essere questa... cosa. Okay? Voglio tornare ad essere una semplicissima umana, voglio tornare a essere Allison.”

“Tu sei Allison!” le disse Cass, “il potere che hai non cambia chi sei, semplicemente lo amplifica” sospirò. “Allison, lo so che hai paura, posso percepirlo. Ma accettare il cambiamento è la chiave per imparare a gestire tutto questo. Voglio aiutarti, voglio davvero aiutarti, così come voglio aiutare Jack. E credo che se collaboriamo, noi tre, possiamo farcela. Ma se non accetti quello che sei diventata allora non posso darti una mano.”

Allison si lasciò andare sul divano, chiuse gli occhi per un lungo istante, ritrovando la calma, ritrovando se stessa. Quando li riaprì i mietitori erano spariti. “Sono stata io a mandarli via?”

“Sì” Castiel sorrise. “Sei stata tu.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

I Winchester stavano facendo colazione insieme agli altri quando Elijah arrivò. Dopo il suo incontro con Marcel aveva deciso di rimanere fuori, per fare ciò che in casa non poteva fare: metabolizzare tutto quello che era successo. Allison era morta! Sì, era tornata in vita come Arcangelo, stava bene ed era in perfetta salute però era comunque morta. Quel pensiero, il ricordo del suo corpo inerme sul pavimento, proprio non ne volevano sapere di lasciare la sua mente. Ogni volta che chiudeva gli occhi, anche solo per un istante, era lì: il sangue, il pallore, le labbra secche. La rabbia e il dolore. Non riusciva a immaginare come sarebbe stato se non fosse tornata in vita, non voleva immaginarlo. Lui sarebbe morto insieme a lei, di questo era sicuro. Non poteva vivere senza quella donna, e quel bisogno lo annientava a volte; era un essere millenario e forte, ma l’amore che provava per lei sapeva renderlo fragile come nessun’altra cosa al mondo.

Dopo essersi occupato dei corpi delle streghe si era rifugiato in un piccolo bar dove sapeva esserci un piano, e dopo aver soggiogato il proprietario a lasciarlo solo alla chiusura, si era messo a suonare. La musica lo rilassava, gli era sempre piaciuta e per un brevissimo periodo della sua vita, solo per un po’ di tempo, si era illuso di poter vivere tranquillo suonando il piano in un locale di quella città francese che tanto gli piaceva: Manosque.

Era proprio lì che avrebbe voluto portare Allison al suo risveglio, ci aveva pensato e ripensato in quella Chambre de Chasse in cui era stato rinchiuso per cinque anni. Quando aveva raccontato i suoi piani a Freya, un giorno sul quel prato immaginario, lei gli aveva sorriso dicendo che era l’idea migliore che avesse mai sentito. Lui era stato d’accordo e insieme avevano elaborato un piano: si sarebbero ripresi Klaus e poi lui sarebbe andato via con la sua bellissima moglie, per darle la vita felice che meritava. Niente era andato come previsto però.

Quando il sole era sorto, Elijah aveva deciso che era il momento di tornare a casa e prima di entrare si era stampato sul viso quell’espressione calma che faceva di lui... lui.

“Zio Elijah” fu Hope a interrompere il flusso dei suoi pensieri.

L’Originale sorrise e si piegò sulle ginocchia per guardarla negli occhi. “Dimmi tutto.”

“Puoi accertarti che la zia Allison sia sveglia? Così posso andare a salutarla.”

“Che ne dici se vado di sopra e, se sta ancora dormendo, la sveglio così può scendere a fare colazione con noi?”

“Sì” la piccola annuì. “Le ho messo da parte la sua confettura preferita, prima che finisse. Faglielo sapere, così scenderà giù più in fretta.”

Elijah le baciò la fronte rialzandosi. “Lo farò” fece un cenno al tavolo e i Winchester, Matt e Klaus lo raggiunsero. “Dov’è Castiel?”

“Lui è Jack sono andati a fare un giro della città. Il ragazzo è curioso” lo informò Dean.

Il vampiro annuì. “Ho parlato con Marcel, riguardo alle streghe morte.”

“E...” lo incalzò Sam.

“È stata Allison” comunicò loro Elijah e tutti sospirarono. “Non era in sé quando è successo, gli uomini di Marcel gli hanno riferito che i suoi occhi erano blu e che era fuori controllo.”

“Dev’essere uno scherzo!” commentò Matt con un sibilo.

“Vorrei che lo fosse ma non lo è” l’Originale volse lo sguardo al piano di sopra per un istante. “Marcel mi ha assicurato di essersi occupato di questa cosa, la comunità delle streghe ha già il suo colpevole e Allison non verrà in nessun modo coinvolta.”

“Marcel vi odia” ragionò Sam. “Perché dovrebbe coprire Allison? Possiamo fidarci?”

“Sì, per quanto assurdo che sembri, possiamo. I suoi uomini solo leali, non direbbero mai il contrario di quello che lui sostiene, anche se sanno che sta mentendo. Ma credo che sia comunque il caso di tenere gli occhi aperti, l’esperienza ci insegna che c’è sempre una pecora nera in un gregge” Elijah si schiarì la voce. “Allison non dovrà mai sapere di essere stata lei. Il senso di colpa la schiaccerebbe.”

“Ma non avrebbe motivo di sentirsi in colpa” intervenne Klaus. “Non era in sé.”

“Ci si sentirebbe comunque” Sam annuì. “Elijah ha ragione, non dovrà mai saperlo.”

“Bene!” esclamò proprio quest’ultimo. “Vado a vedere come sta.”

Lasciò che gli altri tornassero a tavola e salì su per le scale fino in camera, togliendosi il cappotto lungo il tragitto. Trovò Allison con indosso un vestito nero, semplice ma elegante, con braccia piegate indietro provava a chiudere la zip. Si avvicinò per aiutarla e dopo averla chiusa le baciò il capo e il collo avvolgendola con le braccia.

“Grazie” sussurrò lei lasciandosi andare contro il suo corpo. “Zip vs Arcangelo uno a zero. Per la zip.”

Elijah sorrise. “Questo vestito ti calza a pennello. Ti sei fatta così bella per la colazione?”

“Per quella e perché voglio andare a porgere i miei rispetti alla comunità delle streghe. Per la loro perdita.”

L’Originale trattenne il respiro per qualche secondo. “Non credo che sia una buona idea.”

“Perché potrei essere io l’assassina?”

“No” suo marito le si mise davanti. “Non sei stata tu, ero venuto proprio a dirti questo. Marcel mi ha contattato, ha detto che hanno trovato il colpevole. Non somiglia neppure lontanamente a te.”

Allison respirò di sollievo sentendo un brivido lungo tutta la schiena. Chiuse gli occhi e quando li riaprì erano blu e brillanti, poteva vedere la luce riflessa nelle iridi di Elijah, insieme al timore. L’Originale non si mosse ma si irrigidì, lei lo notò subito. Fece un grosso respiro e riprese il controllo. “Mi dispiace” sussurrò, i suoi occhi tornarono pian piano al loro caldo nocciola. “È stata una scarica di tensione.”

“Va tutto bene” la rassicurò il vampiro, ma lei scosse il capo.

“No, non va bene” lo guardò. “Sto per farti una domanda e voglio che tu sia sincero. Okay?”

Lui annuì. “Lo sono sempre.”

“Hai paura di me?”

L’Originale respirò a fondo, i suoi occhi si colorarono di qualcosa che Allison non seppe decifrare. Per la prima volta, da quando lo conosceva, non aveva idea di quale sarebbe stata la risposta.

“Non ho paura di te” le rispose suo marito voltandosi fino a quasi darle le spalle. Ed Allison tirò un sospiro di sollievo. “Ti amo tantissimo. Ma...” il respiro le si bloccò. “Il tuo potere mi spaventa a volte.”

A volte... significava che aveva avuto paura anche prima della brutta avventura della notte precedente. Significava troppe cose. Trattenendo le lacrime si sforzò di sorridere quando lui tornò a guardarla.

“Non so perché l’ho detto” le sussurrò facendo un passo avanti per prenderle la mano.

“L’hai detto perché io ti ho chiesto di essere sincero. Davvero sincero.”

“Puoi soggiogarmi quindi?” l’Originale sembrava smarrito. I suoi occhi scuri si scontrarono con lo smarrimento in quelli di Allison.

La cacciatrice gli prese entrambe le mani e ne baciò i palmi, poi respirò a fondo. “Non lo so” replicò con voce spezzata.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** 29. ***


29.

 

 

 

 

 

Allison mise le ultime cose in valigia e si guardò intorno respirando a fondo. New Orleans non le sarebbe mancata particolarmente, anche se doveva ammettere che oramai era un po' come casa, ma tutto il resto le mancava già e non era neppure partita ancora. L'appuntamento era alle dieci nell'atrio: avrebbe messo le sue cose sull'Impala e si sarebbe seduta sul sedile posteriore insieme a Castiel e Jack per andare fino a Lebanon, Kansas, il posto più sicuro in cui Castiel le avrebbe potuto insegnare a usare le sue abilità. A lei e anche a Jack.

Da quello che aveva potuto notare, il ragazzo se la cavava già abbastanza bene a dire il vero, meglio di lei per certi versi, e questo un po' la metteva a disagio. Era contenta che lui sapesse gestirsi, che sapesse controllarsi, ma la infastidiva non essere in grado di fare lo stesso. Forse nemmeno Cass sarebbe riuscito ad aiutarla, ma doveva provarci, anche se farlo lontano da Elijah le faceva male.

“Hey” le sussurrò proprio lui entrando nella stanza. E lei si sforzò di sorridergli. “Hai preso tutto?”

Allison annuì. “Credo di sì” respirò a fondo chiudendo la valigia e si girò per essere completamente di fronte ad Elijah. “Ti prego, dimmi che andrà tutto bene.”

L'Originale le si avvicinò, le accarezzò le braccia, poi le prese il viso tra le mani. “Andrà tutto benissimo. Lo credo davvero, Allison. Vorrei che mi lasciassi venire con te però.”

“Non è una buona idea El. Questa cosa è qualcosa che devo fare da sola.”

“Lo so” lui annuì. “Però vorrei comunque venire con te.”

“Tornerò presto. Nel frattempo ci sentiremo tutti i giorni e mi aggiornerai qualunque cosa accada. Voglio sapere tutto, così da poter tornare se servisse.”

“Promesso.”

La donna sospirò, giocherellò con la sua cravatta e poi si sollevò sulla punta dei piedi per baciarlo, sorridendo contro le sue labbra quando lui la strinse forte avvolgendola con entrambe le braccia. “Ti amo. Sempre e per sempre.”

“Ti amo anche io. Sempre e per sempre e anche dopo di allora.”

Lei sorrise, poi il suo viso si fece triste. “Sarà meglio che vada a salutare Hope adesso.”

“Vengo con te” Elijah le prese la mano, con l'altra libera afferrò la valigia e insieme uscirono dalla stanza. Hope li aspettava nella sua camera, Hayley e Klaus erano con lei. Piangeva e ad Allison venne da piangere a sua volta.

“Hey petite peintre” le disse cercando di non farlo. “Perchè piangi?”

La bambina corse da lei per stringerla in un abbraccio che Allison accolse piegandosi sulle ginocchia per essere alla sua altezza. “Zia Allison non voglio che tu te ne vada.”

“Sarà solo per un po' e poi tornerò.”

“E che succede se non torni invece? Ho paura che non ti rivedrò mai più e mi dispiace, so che non devo avere paura.”

“Hey no” Allison la guardò. “Guardami tesoro. Cosa diciamo sempre sulla paura?”

“Che non c'è niente di sbagliato ad avere paura, perchè avere paura significa che stai per fare qualcosa di davvero molto coraggioso” Hope singhiozzò.

“Esatto!” la donna sorrise. “Anche io ho paura. Ma tutto andrà bene, te lo prometto.”

“Come fai a saperlo?”

“Lo zio Elijah lo ha promesso a me, e lui mantiene sempre le sue promesse.”

Hope guardò suo zio che annuì impercettibilmente sorridendole. Infine guardò di nuovo Allison e le accarezzò la guancia. “Ti voglio tanto bene. Mi telefonerai ogni giorno vero?”

“Ogni giorno” confermò l'altra. “E ti voglio tanto bene anche io. Ma ora devo andare. Fai la brava mentre sono via, okay?”

“Promesso.”

“Tieni d'occhio questa banda di pazzi” Allison ridacchiò, Hope la seguì a ruota. La piccola tornò vicino ai suoi genitori, la cacciatrice ora Arcangelo li abbracciò e scese di sotto.

Lì, nell'atrio la attendevano i suoi compagni di viaggio e Matt. Suo fratello sembrava incapace di guardarla negli occhi e lei capì che era perchè non voleva farle vedere la tristezza che c'era dentro quello sguardo. Senza dire nulla si avvicinò e lo abbracciò forte, lui ricambiò baciandole la guancia, una mano tra i capelli per stringerla di più.

“Torna presto, okay?” le sussurrò.

“Lo farò. Ti voglio bene Matt.”

“Anche io te ne voglio.”

Allison respirò a fondo staccandosi, vide Elijah dare la valigia a Sam, lo baciò di nuovo prima di uscire di casa con il Team Free Will.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Castiel sentì Allison lamentarsi nel sonno, succedeva praticamente tutte le notti da un mese, e cioè da quando erano lì al bunker. Povera donna, portava dentro un potere incredibile e la paura la stava annientando. Si sentì inutile, quasi tutto quello che stava provando a fare per darle una mano non funzionasse. E forse era davvero così. Ma era il meglio che potesse fare, e non avrebbe smesso di provare.

 Lei e Jack avevano instaurato da subito un ottimo rapporto, il ragazzo tesseva le lodi della cacciatrice ogni volta che ne aveva l’occasione, Cass lo capiva: Allison era straordinaria, sperava che lo capisse prima o poi.

“Hey” gli disse Sam prendendo posto al tavolo. Dean arrivò dopo pochi secondi stringendo tra le mani una tazza di caffè.

“Che ci fate svegli?”

“È un po’ difficile dormire con Allison che si lamenta nel sonno. Io proprio non ci riesco” replicò Dean. “Vorrei solo andare nella sua stanza per dirle che tutto andrà per il meglio, ma non sono sicuro di niente...”

“Già” mormorò Sam. “Come procede, a proposito? Lei non ne parla volentieri.”

“Non molto bene!” Castiel sospirò. “Credevo che sarebbe stato facile, visti i suoi trascorsi da cacciatrice. Sa controllare i suoi sensi e i suoi istinti ma questo potere... la manda completamente in confusione.”

Sam e Dean scambiarono un’occhiata. “Di quanto potere parliamo esattamente?” domandò il maggiore dei due.

“Di parecchio.”

“Parecchio come Jack?” ribatté Sam.

“Molto di più” Castiel incrociò le mani sul tavolo. “Suo padre è stato il primo Arcangelo creato da Dio. Era stato creato per essere unico nel suo genere, a totale somiglianza di Dio in persona, se capite cosa intendo.”

“Facci un esempio pratico magari” disse Dean sarcastico, sarcasmo che Castiel non colse.

“Diciamo che se la mettessimo su un campo di battaglia con Lucifero in persona, al momento che non ha neppure il pieno controllo dei suoi poteri, avrebbe almeno il cinquanta per cento di possibilità di vincere. Immaginate quello che potrà fare quando saprà come sfruttare al meglio tutte le sue abilità” spiegò infatti.

Sam si irrigidì, guardò suo fratello, poi sentì di nuovo Allison lamentarsi nel sonno. “Perché fa così? Sembra che soffra.”

“Probabilmente soffre davvero. Rifiuta il suo potere, rifiuta la sua grazia. Cerca di tenerla a bada con tutte le sue forze ed è come tenere un cerchio infuocato a mani nude” mormorò Castiel alzandosi. “Vado a svegliarla.”

Sam e Dean lo seguirono, trovarono Jack seduto per terra davanti alla porta; aveva l’aria triste.

“Non possiamo fare niente per aiutarla?” domandò guardando Castiel.

L’angelo aprì la porta, si avvicinò ad Allison e le poggiò due dita sulla fronte. “Va tutto bene” le sussurrò. “Apri gli occhi ora.”

Lei si svegliò, con un respiro spezzato si mise a sedere al centro del letto, sudata e tremante. Sam le poggiò una coperta sulle spalle.

“Va tutto bene, Ally” le disse.

Ma lei scosse il capo, negli occhi nocciola ora lucidi c’era un vuoto che nessuno di loro aveva mai visto prima. Della Allison che conoscevano sembrava essere rimasto solo un guscio spaventato, annientato. Sam si chiese perché doveva succedere proprio a lei, a quell’animo buono che di male nella sua vita non ne aveva fatto mai, neppure quando gliene era stato fatto. Era ingiusto e non lo accettava... credeva di capire perché lei non riuscisse a convivere con il suo nuovo status, era un cambiamento enorme che influenzava non solo lei ma anche tutti quelli che amava.

“Hai fatto un brutto sogno?” le chiese Jack prendendole la mano. Gli occhi si colorarono di una luce dorata, quelli di Allison risposero con un lampo azzurro che durò alcuni secondi.

“Ho visto il futuro” rispose con voce tremante. “Era buio e spaventoso.”

Fu percorsa da un brivido che la scosse, gli occhi si illuminarono di nuovo, poi si chiusero e lei respirò a fondo provando a riprendere il controllo. Sam e gli altri si guardarono preoccupati.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** 30. ***


30.

 

 

 

 

 

Castiel sorrise compiaciuto e riprese il suo pugnale per terra guardando Allison con espressione quasi fiera. Dalla notte in cui sosteneva di aver sognato il futuro, la donna si era impegnata tantissimo ed era diventata capace di gestire ogni aspetto del suo potere in sole due settimane. Lui non sapeva cosa avesse visto di preciso – lei non aveva voluto dirlo, sostenendo che era tutto molto confuso – ma qualunque cosa fosse, era servita da stimolo e le aveva dato la giusta spinta. Aveva perfezionato il volo, aveva imparato ogni tipo di sigillo, aveva imparato a dosare la sua energia, a tenere sotto controllo la sua grazia. Le emozioni non erano più un ostacolo o un pericolo, ma un punto di forza che le permetteva di esprimersi al massimo.

Quando le aveva chiesto cosa le avesse fatto cambiare idea riguardo al suo essere un Arcangelo, aveva risposto che non l’aveva cambiata e che sperava ancora di poter tornare a essere semplicemente Allison la cacciatrice, ma visto che non poteva cambiare quello che era successo, allora tanto valeva accettarlo e usarlo per proteggere le persone che amava.

Ogni giorno parlava al telefono con la piccola Hope, con Elijah, con Matt e Hayley e con il resto della famiglia Mikaelson, ma non era mai tornata a New Orleans durante quel lungo periodo di allenamento. Castiel doveva ammettere che, per quanto molte cose degli Originali non gli piacessero, si erano rivelati tutti incredibilmente di supporto e avevano fatto il possibile per non distrarla.

E ora lei era pronta a tornare da loro, a tornare da quel marito che amava così tanto da non sembrare possibile, da quel fratello redento che sapeva scaldarla con i suoi abbracci, in quella città che non le piaceva ma che, volente o nolente, era la sua casa oramai. E da quella dolce bambina che la faceva sorridere, che credeva in lei e in cui lei credeva.

La sua partenza era prevista per il giorno seguente, ma in realtà sarebbe andata un po’ diversamente. Fu Marcel a telefonarle, e le sue notizie gettarono un velo di terrore su tutti i progressi che avevano fatto. Le comunicò che Hope era posseduta da Inadu, da dodici ore circa e le comunicò che Klaus e Elijah si erano lanciati all’attacco radunando tutto l’esercito di quella maledetta decidendo che lo avrebbero fatto saltare in aria.

“Distruggere il suo esercito non risolverà nulla” disse lei afferrando la sua giacca.

“Ci farà guadagnare un po’ di tempo. Allison, devi tornare, per Hope ma anche per Elijah e Klaus, si faranno ammazzare. Credimi, Inadu e il suo esercito non scherzano. Hai visto cosa è successo ad Elijah, è quasi morto.”

Allison annuì guardando Castiel che le fece un cenno di assenso. Sembrava volerle dire che era pronta, lei ci si sentì. “Dove li hanno radunati?”

“Alla palestra. Se i miei calcoli sono giusti, stanno per fare la loro mossa proprio ora.”

“Ci vado subito” riattaccò e fece un grosso respiro dando una rapida occhiata a Dean e agli altri appena tornati. “Cass.”

“Li aggiorno io. Tu vai, noi ti raggiungeremo in auto.”

Lei annuì, poi volò via.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

“Nessuno minaccia la mia famiglia. Nessuno!” Klaus spezzò il collo di uno di quei perfetti soldatini e deglutì a vuoto digrignando i denti. “Ditemi come liberare mia figlia da quella possessione e forse vi lascerò vivere.”

Qualcuno rise, dal fondo della sala e avanzò con passo sicuro fino a guadagnare quasi il centro. Guardò in alto, verso Klaus ed Elijah e battè le mani. “Sempre così teatrali voi Mikaelson.”

Elijah scosse il capo. “Dominic” gli disse. “Proprio non ne vuoi sapere di rimanere morto, vero?”

“Sono il braccio destro del male che credete di poter combattere e a differenza vostra, lei è leale. Uccidi il mio corpo e lei lo riporterà in vita.”

“E che succedesse” parlò qualcun altro e sia Elijah che Klaus si guardarono intorno. Conoscevano quella voce, il maggiore dei Mikaelson meglio di chiunque altro. Dominic sembrava ricordarla anche, perché abbassò gli occhi cercando di non tradire emozioni. “Se non rimanesse più nulla da riportare in vita?”

“Allison Morgan!” esclamò il braccio destro di Inadu. “La cavalleria è arrivata” si voltò a guardarla e rimase immobile mentre lei avanzava verso di lui, gli altri si fecero di lato per farla passare. Una strana sensazione di timore si fece largo tra i presenti. Si iniziò a respirare nell’aria, i fratelli Mikaelson si guardarono per un istante, poi tornarono a concentrarsi su Allison. Emanava un’energia ancora più forte di quella che si poteva percepire quando era partita più di un mese prima, il suo corpo e i suoi occhi non tradivano alcuna paura né alcuno smarrimento. Sembrava avere il pieno controllo di tutto e Elijah sorrise mettendo le mani nelle tasche.

Lei ricambiò il sorriso per un istante, poi tornò a concentrarsi su Dominic. “Potresti farmi un favore? Di’ a Inadu che le suggerisco di trovarsi un nuovo corpo, o meglio ancora di sparire. Se rimarrà sarò costretta ad ucciderla ma la scelta è sua. In ogni caso ha solo ed esclusivamente stanotte per lasciare Hope; quando il sole sorgerà, se mia nipote non sarà libera, sana e salva con la sua famiglia, mi assicurerò che il tuo leale capo sparisca dalla faccia della terra, di lei non rimarrà neppure uno sbiadito ricordo. Sai dove trovarmi quando avrai la tua risposta” gli toccò la fronte e Dominic sparì. Si sollevò un vociare agitato, Allison alzò gli occhi verso suo marito e suo cognato. “Che ne dite di qualche fuoco d’artificio?”

“Oh a noi piacciono i fuochi d’artificio.” Klaus annuì. “Dobbiamo forse coprirci gli occhi?”

“E perdervi lo spettacolo?” Allison scosse il capo. “No, non fatelo” allargò le braccia e dal suo corpo si irradiò una luce brillante. Pochi secondi e dell’esercito di Inadu non rimase più nulla.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

“Ciao guerriera” la salutò Klaus stringendola in un abbraccio veloce. “Grazie di essere venuta.”

Lei ricambiò la stretta, sentì il corpo del suo amico ibrido tremare, di tensione suppose, e paura per le sorti di sua figlia. “Hope viene prima di ogni altra cosa, avreste dovuto telefonarmi subito.” Si strinse forte a Elijah quando la raggiunse, e lui la baciò accarezzandole con dolcezza i capelli.

“Chi è stato ad avvertirti?” le domandò, gli occhi scuri fermi dentro quelli nocciola della donna che amava più di ogni altra cosa al mondo.

“Marcel” replicò lei, rendendosi conto solo in quel momento che neppure Hayley le aveva telefonato. O Matt... “Dove sono Hayley e mio fratello?” domandò. “Stanno bene?”

“Da quel che ne sappiamo sì” suo marito si allontanò poco ma le prese la mano. “Inadu li ha fatti prigionieri. Non abbiamo ancora capito perché. Non vuole ucciderli, altrimenti lo avrebbe già fatto, ma non li lascia neppure andare.”

“Vuole attirare la mia attenzione” ragionò Allison. “Mio fratello e la mia migliore amica prigionieri, Hope posseduta. Sa che andrò a liberarli, tutti e tre.”

“Cosa potrebbe mai volere da te?” le chiese Klaus. “Ha già il tramite che tanto desiderava: la mia Hope.”

“Vuole il mio potere. Aggiunto a quello di Hope la renderebbe un essere imbattibile.”

“Può prenderlo?” Elijah cercò il suo sguardo. Lo trovò sicuro come mai prima.

“Non credo” Allison scosse il capo. “Anche se per assurdo ci riuscisse, non penso che sarebbe in grado di gestirlo. È troppo persino per me in alcuni momenti, e io ci sono nata così.”

Klaus annuì. “Ne hai il pieno controllo ora? Del tuo potere?”

“Sì ce l’ho. Ho il pieno controllo di ogni cosa.”

“Bene!” esclamò l’ibrido. “Quindi cosa facciamo per riprenderci i nostri familiari?”

“Voi nulla, al momento” Allison respirò a fondo. “E io neppure fino a quando non avrò un quadro completo di tutto. So che hai paura” disse rivolta al suo amico. “Ma Hope è il tramite perfetto, Inadu ha bisogno di lei e non lascerà che le accada nulla. Quanto a Hayley e a Matt invece, prima riusciamo a liberarli e meglio è. Sapete dove sono?”

Elijah annuì. “Vuoi andare da loro?”

“Sì, è esattamente quello che voglio fare. Devo vedere cosa succede per sapere come combatterlo.”

“È pericoloso, Allison. Tu sei potente, ma anche Inadu lo è.”

“Suppongo che sarà uno scontro alla pari allora” donna prese una delle mani di Klaus e strinse più forte quella di Elijah. “I Winchester sono in viaggio per raggiungerci, ora vi manderò alla tenuta, e andrò a fare ciò che devo. Fidatevi di me, okay?”

“Lo facciamo sempre” le disse Elijah. Lei li spedì a casa, poi volò esattamente dove voleva andare.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3660799