Un nuovo ordine

di DearYou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Angeli ***
Capitolo 2: *** Parlami di Sammy ***
Capitolo 3: *** Io esisto per questo ***



Capitolo 1
*** Angeli ***


Un nuovo ordine;

01 Angeli



Il cameriere porta via la bottiglia di whisky che avevo terminato.
“Devi pagarla amico”, mi ferma non appena mi alzo dal bancone.
“Ma certo, per chi mi hai preso?! Sono un uomo per bene io”. Allungo una delle “mie” carte di credito sorridente. “Un uomo per bene”, ripeto mentre me la sfila dalle mani.
“Si, certo, come no. Ti chiamo un taxi?”
“E cosa ci dovrei fare esattamente?”
“Come ti pare”
"Ecco bravo".
Annuisco tra me e me finendo di saldare il conto con quel barista un po' troppo per bene . Butto la ricevuta a terra non appena me la porge e mi sposto dal bancone, rubando su un tavolo uno shottino ancora intatto.
Ero in grado di sopportare bene l'alcool, il mio fegato era diventato di ferro durante gli anni anche se avevo la certezza che un giorno mi si sarebbe presentato il conto.
Per mia fortuna quando quel giorno sarebbe arrivato mi sarei trovato sotto terra ormai da tempo.
Dondolai le ginocchia allegro per quella finta euforia che scorreva nelle mie vene e cominciai ad ammirare le ragazze nel locale intorno a me. Feci un cenno ad una bellezza latina dalla pelle bronzea, i capelli lunghi
e ricci. Mi ignorò. Fui subito pervaso da immagini di quello che avrei voluto farle e vidi chiaramente il dondolio di quei boccoli che andavano ad incollarsi sulla mia pelle sudata. Mi mordo le labbra eccitato ma con
mio dispiacere la osservai prendere l'uscita assieme ad un sempliciotto. Avrebbe potuto avere qualcosa di meglio di quell'idiota con il pizzetto. Chi usava il pizzetto? I coglioni.
In quello stesso istante un'altra persona si fece largo per entrare nel locale, una persona che aveva qualcosa di familiare. Nessuna scollatura o riccio al mondo era paragonabile a quella strana ed improvvisa
sensazione nel petto. Anche le mie pupille sembrarono dilatarsi perché la mia vista d'un tratto si fece meno offuscata. Felicità?
Fiero il suo impermeabile si apriva ad ogni falcata, lui con quella sua sicurezza e fermezza sul volto non badava nemmeno a dove andava. La folla era costretta ad aprirsi al suo passaggio e c'era qualcosa di angelico
e maestoso in quella scena. Erano stati giorni deprimenti e privi di senso quelli senza di lui passati a vagare per la città con l'impala senza alcuno scopo, senza nulla da poter rompere e nessuno da poter uccidere.
Quella pista era stata un buco nell'acqua e a quanto pare dovevo aspettare i suoi ordini: quello era il nuovo ordine delle cose da quando era cambiato tutto.
Prendo a sorridergli divertito, era bagnato come un pulcino, fradicio da quella che doveva essere una tempesta che a quanto pare io avevo scampato. Non avevo idea di che ora fosse e benché meno ricordavo
quando ero entrato lì. Qualcosa sembrò librarsi dal mio petto. Sollievo.

“Ci starebbe bene un ombrello con quel trench, non trovi?”
Castiel si guardò gli abiti con fare confuso. Scossi la testa sorridendo al suo solito modo di fare puro e inconsapevole.
Le sue labbra socchiuse, pallide e carnose, attirarono la mia attenzione e involontariamente mi ritrovai ad assaggiare le mie. Rapido cercai di spostare lo sguardo sui suoi occhi ghiaccio.
“Lascia perdere. Novità?”
Odiavo quando saliva ai piani alti, non potevo sapere cosa succedeva né quanto tempo ci avrebbe impiegato. Non potevo contattarlo in nessun modo ed evitavo le preghiere perché non mi era mai piaciuto farle.
Avevo l'impressione di implorare e poi sapevo che lui non mi avrebbe risposto. Lo aveva già fatto in passato ed escludendo una buona base di stronzaggine, lui era un soldato esattamente come me e non voleva né poteva
permettersi una distrazione. Era anche quello il motivo per cui non cercavo un contatto: sapevo che era in ascolto. Non avrei mai voluto distrarlo nel momento sbagliato o rendergli più difficile il suo lavoro in paradiso.
Castiel annui “Devo tornare in paradiso, sono venuto per dirti di tornare a casa. Ci penso io adesso. Raziel dice ...”
“Cosa? No! Stai scherzando? Non me ne frega un accidente di cosa dice questo Razo coso... non puoi andartene di nuovo”, non mi interessava cosa aveva da dire. Non poteva trattarmi così, ributtarmi in pista a tutti
i costi, abbandonarmi per giorni senza una parola e poi rigettarmi nella spazzatura da dove venivo.
“Raziel” , mi corresse con voce roca scrutandomi con più attenzione. “Hai bevuto”
“E' una domanda?”
“No?!”
“Senti, sei tornato ora perché non seguiamo una pista insieme alla vecchia maniera? Sei tu che l'hai voluto! Sei tu che mi HAI voluto. Cas, non hai bisogno di quegli angeli! E di sicuro non puoi mettermi fuori dai giochi
in questo modo. Credi davvero che mi metterò in panchina?”
“No”
“Bene, perché non lo farò. Abbiamo affrontato di peggio e siamo sempre riusciti a trovare la soluzione. Possiamo occuparcene noi, insieme. Sono qui per questo, ricordi? Quei bastardi con le piume ti fanno il lavaggio
del cervello a loro piacimento, sei la loro puttana. Succede sempre così quando sali di sopra .”
Castiel guardò dietro di me e serrò le labbra come a cercare la pazienza necessaria per continuare quella discussione. Come poteva pensare di essere nella ragione? Lui, sempre a pensare di fare le cose giuste per
le cause giuste quando in realtà non aveva la minima idea di quello che faceva per la maggior parte del tempo.
“Abbassa la voce”, mi ammonì rauco.
“No! Odio quei figli di puttana, tu non torni lassù Castiel io non te lo permetterò. Chi è questo Raze, adesso? E' lui a darti gli ordini ora?
Michele è un angelo pazzo a piede libero, non segue una logica non ha nessun piano o scopo possiamo trov ... ”
Con uno scatto improvviso mi trascinò per il braccio e mi lanciò contro la porta del bagno degli uomini. Mi fermai solo una volta arrivato con violenza al suo interno. Rimasi fermo con le mani contro le fredde piastrelle blu
e la bocca aperta, intento a riprendere il fiato che quella botta inaspettata mi aveva sottratto. Muto fissai il volto inferocito di Castiel, non era mai stata una testa calda e quel suo sguardo mi faceva rabbrividire specialmente
perché rivolto a me.
“Sparisci!”, ordinò ad un tipo che la stava ancora facendo, spingendo fuori dal bagno senza nemmeno dargli tempo di ricomporsi. Chiuse a chiave la porta e mi fissò per quello che a me sembrò un secolo.
Mi raddrizzai ma senza staccare la schiena da quel muro. Provo a proferire parola intenzionato a calmarlo.
“Non capisci niente!”, mi urla contro prima che potessi emettere un qualsiasi suono.
Sobbalzai sbattendo gli occhi ripetutamente, quasi a sospettare che quell'immagine fosse frutto della mia immaginazione.
La mia espressione accigliata si incupì ulteriormente quando sentii le sue parole trafiggermi. Il suo volto era così irato che per un attimo credetti di leggere anche del disprezzo. Ignorai quel pizzicore fastidioso negli occhi e mi
irrigidì sconvolto da quel suo tono che continuava a rimbombarmi nelle orecchie.
“Perché non capisci niente?”, quella volta sussurrò piano ed era più inquietante di prima.
Gli ci vollero solo un paio di ampli passi per raggiungermi. Le mie mani corsero in avanti d'istinto per cercare di proteggermi. “Cas ...Cas!”, provai inutilmente a farlo ragionare. Spaventato per la prima volta dal mio angelo.
Quello che avevo sempre considerato il mio angelo custode. Il mio migliore amico. In questi ultimi anni più che mai. Mi blocca la mascella senza un minimo di delicatezza strizzandomi le guance tra il suo pollice e il suo indice.
“Perchè?”, continuò con un filo di voce, minaccioso. Scossi la testa in sua risposta non potendo a parlare a causa della sua presa.
“Quei figli di puttana sono la mia famiglia. Lo sei anche tu, Dean ma lo sono anche loro, sono miei fratelli. Non sono d'accordo con loro la maggior parte delle volte ma quella rimarrà sempre la mia casa.
Questo mondo non mi appartiene, Dean. Io appartengo ad un'altra specie e tu non puoi capirlo questo. Non sai che cosa sento.
Non puoi esporti troppo, non con Michele a piede libero e se tu pensi che non abbia una scopo sei uno sciocco. Lui vorrà te prima di tutto e poi riporterà Lucifero e tuo fratello qui. Distruggerà ogni cosa. Lucifero e
Michele, distruggeranno ogni cosa, insieme. Abbiamo affrontato cose peggiori, Dean? Ne sei sicuro?”
Una lacrima scese sulla mia guancia e si infranse tra le sue dita. Chiusi gli occhi in preda ad un dolore profondo che aveva scavato una voragine immensa dentro di me nel tempo.
Sentii le sue mani allentare la presa. “S...Sam “ , sussurrai in un sospiro.
Castiel mi lasciò andare, sentii la sua mano scendere delicata sul mio petto per poi scomparire. Riaprii gli occhi e ritrovai davanti a me il vecchio Castiel. Un Castiel impacciato, accigliato.
“Sam. Lui...lui ...”, bofocchiai confuso.
“Mi dispiace, non avrei dovuto nominarlo.”
Sorrisi debolmente, ironico. Con le lacrime che mi appannavano la vista presi a fissare il vuoto. I suoi occhi azzurro cielo che sembravano contenere il mondo intero sparirono come tutto il resto intorno a me.
“Dean. Ascoltami Dean, sto cercando di proteggerti è questo il mio compito. Sono tornato a casa perché tutto questo è piu' grande di noi e sicuramente è più grande di te.”
Cas abbassò improvvisamente il tono di voce e lo percepii avvicinarsi ulteriormente verso di me come a non volersi far sentire da nessuno. Sentivo il suo respiro caldo sul mio collo.
“Dean, ascoltami io lo riporterò qui. Porterò indietro tuo fratello. Loro non … non devono sapere. Userò Michele ... “
Castiel continuò a parlare ma non ero più con lui, non riuscivo a sentirlo. L'unica cosa che riuscivo a vedere era il volto di Sam e smisi di respirare.
Chiara mi riapparve la sua espressione poco prima di sparire, poco prima che la mano di Lucifero lo trascinasse con se dentro il portale. Quella consapevolezza nel suo sguardo, la consapevolezza che stava per
succedere di nuovo: lui e lucifero rinchiusi insieme. Quell'espressione la sognai per mesi interi dopo la sua perdita e ogni volta che mi risvegliavo avevo negil occhi la sua mano tesa verso di me, quella mano dove era
rimasto tutto il mio dolore. Vivido e pulsante non mi aveva mai lasciato, era lì pesante come un macigno a togliermi il fiato.
Sam era rimasto in quell'universo parallelo con Lucifero per così tanti anni che molto probabilmente di lui non era rimasto più nulla. Non mi rimaneva che un ricordo ed una stupida camicia a quadri.
Il nephilim era morto, io stesso ero stato costretto ad occuparmene o avrebbe bruciato il mondo intero. Sapevo che solo lui avrebbe potuto riportarmi Sam ed uccidendo lui, uccidevo anche mio fratello. Mi costò molto
quel sacrificio, mi trascinò nell'oscurità e da quell'oscurità Cas era stato l'unico in grado di accendere una flebile luce.
Non capivo, mi sentivo così frastornato dalle sue parole. Il portale era perso per sempre e se lucifero non era stato in grado di uscirne non vedevo come Michele o Castiel sarebbero stati capaci di riaprirlo. L'arcangelo aveva
perso il senno a sentire i pochi angeli sopravvissuti che avevano avuto il piacere di incontrarlo. Rinchiuso per così tani secoli nella gabbia poteva essere anche prevedibile. Stava uccidendo angeli, sterminando città, seminando
panico in paradiso e in terra. Perché avrebbe dovuto aiutarci? Doveva essere ucciso come ogni altro mostro.
“Dean! Dean!”, la voce di Cas mi riporta alla realtà. Sento una spinta verso l'alto che mi fa tornare in piedi. Confuso mi appoggio a lui riprendendo a respirare.
“Cosa succede Dean? Che cos'hai?”
La mia mente rispose ma le mie labbra non lo fecero: Sam.
Non sentivo più le forze. L'unica cosa che provavo era dolore.
“Morirai ecco come finirà. Io rimarrò solo, anche Sammy mi ha lasciato”, il suo nome uscì come una lama dalla mia gola. Non ero più abituato a pronunciarlo.
“E' andato via e non tornerà più. Mi rimani solo tu e lo sai“.
Se Sam mi avesse visto in quel momento non sarebbe stato in grado di riconoscere suo fratello. Erano cambiate così tante cose...io ero cambiato. Non c'era più forza in me.
“Hai bevuto”. Era la seconda volta che me lo faceva presente .
Sollevai lo sguardo e ci guardammo dritto negli occhi, scossi la testa debolmente e appoggiai la mano dietro la sua nuca.
“Non morirò, Dean”
“Per favore, Cas. Gli angeli ti porteranno ad un punto di non ritorno. A loro non interessa se vivi o muori”
Strinsi i suoi capelli tra le dita.
“Sto facendo tutto questo per te. Sto provando a...”
“Non puoi”, sbottai stremato.
“Dean...”
Non voleva darmi ascolto, non l'aveva mai fatto.
Stanco e demoralizzato mi allontanai da lui per potermi sciacquare il viso, sperando di poter attenuare quella forte ed improvvisa emicrania . Scacciai la sua testa con la mano che – disperata - poco prima impugnava
i suoi capelli. Lui mi seguì, rimanendomi vicino, come se temesse un altro mio tracollo.
“Ci abbiamo già provato”
L'acqua fresca sul volto non mi portò alcun beneficio. Lasciai scivolare alcune gocce lungo la gola, mi ghiacciarono il petto e sparirono nella trama della mia camicia verde. Lasciai scorrere l'acqua e la fissai in silenzio.
“Ti porto a casa”, Cas chiuse il getto dell'acqua dopodiché lo bloccai, stringendogli il polso.
“Non fare l'eroe”, guardammo i nostri riflessi attraverso lo specchio le nostre espressioni cupe e serie sembravano una l'imitazione dell'altra. Non mi avrebbe mai ascoltato.
"Non promettermi quello che non puoi darmi, non potrei..."
Allungò la mano libera verso la mia fronte ed ebbi appena un secondo per realizzare cosa stava succedendo.
Lo sbalzo mi fece girare la testa e mi aggrappai a quello che scoprì successivamente essere il divano. Eravamo a casa.

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Capitolo 2
*** Parlami di Sammy ***


02 Parlami di Sammy

Non mi ero ancora abituato a chiamarla casa benché, per la prima volta, ne avesse tutto l'aspetto.
Per alcune cose mi ricordava molto quella di Bobby. Sicuramente il disordine era una delle similitudini principali.
I libri infiniti che Sam pazientemente aveva catalogato nel bunker in modo per me incomprensibile - passandoci settimane e mesi interi - ricoprivano la maggior parte del pavimento in modo disordinato.

Pensavamo di esserci liberati degli inglesi ma ci sbagliavamo. Altri erano venuti a cercarci e avendo libero accesso al nostro bunker – e probabilmente a tutti i bunker del mondo - eravamo stati costretti a svuotarlo e a spostarci.
Gli uomini di lettere si erano rivelati molto simili a quei mostri mitologici che triplicavano le loro teste non appena gliene mozzavi una. Sicuramente Sam sarebbe stato in grado di definirli con il loro nome cominciando a recitare una qualche storia mitologica tanto noiosa da farmi cadere in trans.

Se solo fosse stato lì...

“Scusami, non volevo sgridarti Dean ma loro ci stavano ascoltando. C'erano due angeli seduti al bar che ti stavano controllando e tu non volevi abbassare la voce”, esordì Cas con tono tranquillo.
“Sgridarmi...”, la scelta di quella parola la trovai estremamente buffa sulle sue labbra.
“Come se non meritassi quello o tanto altro ...”, aggiunsi in tono sommesso sedendomi sul divano in modo grossolano.
“A cosa ti riferisci adesso, Dean?”, Cass inclinò leggermente la testa verso di me usando quell'aria innocente che gli apparteneva nonostante avesse...quanto? Più di mille anni?
“Lo sai bene”, risposi in un sospiro.
Una breve pausa e i nostri occhi si unirono parlando tra loro, insidiandosi uno nei ricordi dell'altro.
“Pensavo avessi detto di dimenticare tutto”, mi fece notare con un filo di voce.
Distolsi lo sguardo e chiusi gli occhi colpito senza pietà da ricordi che avevo voluto sotterrare dalla vergogna ed altri nel cassetto dei rimpianti.
“Io non ho dimenticato”, precisò.
“Ti prego, smettila ti ...”
“Ma ti ho perdonato”
Sollevai il mio sguardo pesante verso di lui in silenzio, stanco osservai i suoi muscoli contrarsi e i suoi occhi schiudersi. Il mio respiro all'improvviso si fece aritmico e ansioso.
“E spero che tu sia riuscito a fare lo stesso ...”
Sembrava che aspettasse una mia risposta ma io non riuscii a replicare, titubai in difficoltà e la lesse come una conferma di cui credeva non aver bisogno.
“Non è importante”, disse rauco, indurendo la sua espressione, prendendo a fissare il vuoto davanti a lui.
Roteai gli occhi, sapendo benissimo che lo era. Lo avevo trattato molto più che male quando tra noi le cose avevano preso una piega inaspettata.
La confusione, il dolore per Sam mi avevano portato in posti che non avevo mai esplorato. Mi stropicciai la faccia esausto, intrappolando poi la mia testa tra le mani che martellava con insistenza.
“Mi dispiace, io ...”
“Dean”, mi interruppe secco. Non voleva sentire altro. Non voleva sentirsi ferito ancora una volta dal mio stupido orgoglio e io non volevo rischiare di fargli male. Lo avevo fatto vergognare troppo per qualcosa che avevo contribuito anche io a creare. Gli avevo addossato tutta la colpa, lo avevo punito, lo avevo odiato, deriso persino. Lui mi aveva perdonato ma io non riuscivo a perdonare me stesso e la cosa peggiore era che lui non capiva che l'odio che provavo era rivolto tutto verso me stesso. Mi odiavo per averlo fatto soffrire e mi odiavo per non riuscire ad accettare che in realtà non mi pentivo di quello che continuavo a rinnegare.

“Devi fare più attenzione, gli angeli hanno gli occhi puntati su di te”, Castiel cambiò discorso usando un tipico atteggiamento Winchester.
“Che guardino pure...”, replicai piano, senza forze.
“Conosci le loro regole e sai quanto ci tengano che non si parli di certe cose in pubblico...”
Smisi di ascoltarlo, riaprii gli occhi e presi a fissare il pavimento. Con la coda dell'occhio lo vidi darmi le spalle e camminare verso la finestra.

Rimbombavano sonore le promesse da lui fatte poco prima nel locale e cominciai a cedere lentamente, a far spazio a quell'idea che prese a stuzzicarmi l'anima: riaverlo.
Riavere Sam indietro.
Tutti i pensieri vennero spazzati via in un secondo e passarono in secondo piano.
Non potevo farne a meno, per quanto cercassi di respingerla, quell'idea mi stava penetrando dentro e questo mi faceva paura perché avrebbe significato rivivere tutto il dolore. Non volevo soffrire, non volevo illudermi ma per una parte di me ormai era tardi.
Gemetti premendo la mano sulle labbra, tentando di fermare una nausea improvvisa che veniva dritta dalla mia cistifellea.
“Dovremmo parlarne domani, quando sarai più lucido”.
Non ci giurai ma la sua voce doveva aver blaterato per tutto quel tempo in cui ero perso nei miei pensieri. Ebbi paura di vederlo svanire nel nulla e mi alzai così velocemente che la mia testa prese a turbinare e ripiombai sul divano con un tonfo.
“No, Castiel. Per favore”, mi affrettai a dire strizzando gli occhi nel vano tentativo di fermare quel terremoto.
“Parlami”
“Non c'è nulla da dire”
“Parlami di lui”, lo implorai specificando senza riaprire gli occhi.
Non sentii i suoi passi e supposi che non si fosse mosso dalla finestra perchè riuscivo ancora a sentire la sua muta presenza. Capì subito a cosa mi stessi riferendo.
“Non adesso”
“Ti prego...”, lo implorai.
Riaprii gli occhi e con mia sorpresa non lo trovai dove l'avevo lasciato.
“Non è sicuro”, la sua voce mi sussurrò nell'orecchio e capii che si era spostato alle mie spalle.

La mia pelle rabbrividì a contatto del suo fiato caldo sulla mia nuca. Mi scansai confuso e lo fissai intimorito dalla vicinanza. Il mio cuore fece un battito profondo e mi diede l'impressione di tacere completamente prima di riprendere a pompare.
I suoi occhi spenti mi scrutarono dalla testa ai piedi poi si avvicinò la mano all'orecchio facendomi capire che qualcuno poteva essere in ascolto. Mi rilassai di poco mentre tornava dritto con la schiena e si assicurava , perlustrandomi gli occhi, che avessi compreso. Teso annuii debolmente e ingoiai la saliva. Sembrava deluso dal mio nervosismo che persisteva ancora alla sua vicinanza.
“Quando?”
Sembrò cercare una risposta in quella stanza, osservando ogni angolo in silenzio, mentre io ancora appeso ai suoi occhi, mi ero perduto.
Avevo cercato di convincermi che non c'era niente di male, come poteva esserci male nella sua luce? I miei occhi d'altro canto erano troppo legati alla materia da non riuscire a vedere altro che il suo contorno. Il suo corpo. Scordandomi spesso della bellezza di ciò che era realmente. Non era quello che i miei occhi percepivano, era una creatura di luce, antica, potente ed io...
“Perchè non dormi? Domani mattina avrai le idee più chiare”, uno sguardo complice cerca di farmi capire il vero senso di quelle sue parole.
Mi svegliai dal torpore con lentezza e impiegai più tempo del dovuto per capire di cosa stesse parlando. Chiussi la bocca che nel frattempo si era schiusa automaticamente.
'Smettila di guardarmi con gli occhi, Dean. Guardami con il tuo cuore', alcuni ricordi frammentati si erano palesati nella mia testa, intensi e vivi. Mi ci volle una grande dose di energia per tornare al presente e capire che mi stava dando appuntamento nei miei sogni.
“O...ok”, balbettai.
Un cenno della testa ed un passo indietro bastarono per far correre la mia mano ad impugnare il suo trench. Strinsi la stoffa beige tra le dita fissandola. 'Resta'. Non alzai lo sguardo e non dissi quello che mi frullava per la testa in quel momento.
“Non...sparire, Cass. Ti aspetto”, dissi infine lasciandolo andare.
“Ti prendo un bicchiere d'acqua”. Le mie dita scivolarono lungo il dorso della sua mano mentre prendeva le distanze da me.
“Mi dispiace”, sussurrai con un filo di voce tanto debole da non riuscire a sentirlo nemmeno io.
L'ultima cosa che ricordo era di aver appoggiato la testa sul cuscino ma non avevo idea se quell'acqua fosse effettivamente mai arrivata.

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Capitolo 3
*** Io esisto per questo ***


03 Io esisto per questo



Sei nei guai?”
“Perché dovrei esserlo, Dean?”
Aprii le braccia per mostrargli dove eravamo finiti solo per poter parlare.
“Gli angeli al bar ci hanno sentiti? Ti ho messo nei guai?”, insistetti.
“No, sono stati richiamati. Io ero sufficiente.
Non serve una flotta intera di angeli per controllare che Michele non si insinui dentro di te quando abbiamo già poche risorse”
“No, non sarebbe carino farlo insinuare in me”, commentai sarcastico.
Castiel non sembò apprezzare la battuta.
Mi misi a sedere sulle rocce ammirando il lago che aveva scelto quella notte per farci da cornice.
L'aria fresca dei pini sembrava quasi reale e la respirai a pieni polmoni.
Mi chiesi se quel posto esistesse davvero fuori dalla mia testa e se ci fosse una qualche possibile somiglianza con il paradiso anche se - probabilmente - non avrei avuto pace nemmeno lì.
Castiel venne più vicino ma rimase in piedi, le mani in tasca, il volto molto simile a quello che doveva essere il mio. Intento a scrutare l'acqua ed il luccichio del sole sulla superficie quieta, sembrava aver bisogno di un momento di pace anche lui.
La mia testa sembrava essersi riordinata, mi sentivo di nuovo lucido ed in grado di sostenere una discussione anche se sapevo che al mio risveglio una bella emicrania mi avrebbe accolto con veemenza.

“Le cose stanno andando così male?”, chiesi spontaneamente.
Non diataccó gli occhi dall'orizzonte ed assorto fece un paio di passi in avanti.
“Come in paradiso così in terra”
Roteai gli occhi per la scelta di quel linguaggio arcano ma proseguì e non ebbi il tempo di formulare una battuta.
“Darò a Michele quello che vuole. Il motivo primario per cui è su questa terra. Suo fratello”, passò subito alla spiegazioni.
Alludendo ad una possibile similitudine con me, si voltò. “Lucifero”, concluse.
“Tornerò indietro, salverò S...salverò tuo fratello”, questa volta fece più attenzione a pronunciare il suo nome.
”...e lascerò cadere Lucifero e Michele dall'altra parte”
“Indietro?”
“Nel tempo”, mi confermò come fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Beh certo!”, commentai sarcastico.
Ci fissammo per un lungo minuto - o almeno ebbi questa percezione temporale– e capii che stava parlava sul serio.
“Non hai questo potere”, conclusi.
“Michele si. Se tutto va bene non ti accorgerai di nulla e questa conversazione non sarà nemmeno mai esistita. Sam non se ne sarà mai andato. Sarai semplicemente catapultato da un'altra parte. Il dolore, i brutti ricordi saranno completamente cancellati”
lo fissai confuso e spaventato allo stesso tempo. Tutto quello sembrava una totale ed immensa pazzia.
“Questo è…”, non trovai un aggettivo adeguato. “Devi essere pazzo!”, era l’unica possibile spiegazione che trovai in quel momento.
“Ho imparato dai migliori pazzi in circolazione“
“Cass, è troppo! Cosa...cosa mi dici di te?”
“Farò quello che dev'essere fatto”
“Cosa vuoi dire?”
“Niente. Farò il possibile”
“E se dovesse andare male?”
“Almeno ci ho provato. Gli angeli stanno morendo, si stanno arrendendo”
“No, no... è pericoloso Cass, non so che cosa pensi di fare e poi... come credi di poter far ragionare Michele?“, mi alzai e mi avvicinai a lui preoccupato.
“Ti scaglierà addosso la sua ira senza lasciarti il tempo di parlare o sbattere le ciglia, ti schiaccerà come un moscerino e poi tu stesso mi hai ripetuto più volte di quanto pericolosi siano i viaggi temporali.
Se cambiassi le cose? Se ti ritrovassi entrambi a piede libero? Michele e Lucifero a friggere l'intero pianeta esattamente come hanno deciso fin dal principio.
Proprio un bel piano! Ci hai pensato a questo?
Dimmi una sola volta … una sola che i piani siano andati esattamente come sarebbero dovuti andare! Avrai combinato solo un bel casino, se non ti uccidono gli arcangeli lo faranno gli angeli. Ti faranno a pezzi comunque vada ed il mondo non avrà più un futuro”
“Prenderò le giuste precauzioni, Dean. Fidati ti me.”, mi mise a tacere.
Mi morsi le labbra e lasciai che il sangue defluito alla testa tornasse a circolare quasi regolarmente. Non voleva ascoltare.
“Castiel, tutto questo non può ...”
“Anche se ti è difficile aver fiducia in me”, continuò.
Il suo tono era freddo e distaccato.
“Cosa? Ti prego...ascoltami non è questa la soluzione e lo so che le tue intenzioni sono le migliori che possano esistere ma questo è ...”
Riuscivo a vedere la sua rabbia crescere così fermai il fiume di parole che lo stava colpendo.
“Come potevo pensare di poter avere il tuo appoggio? Tu non hai fiducia in me”, la sua voce usciva come se mi stesse insultando. “Non pensi che ne sia capace”
“Castiel, è tutto troppo rischioso. Non puoi farcela da solo”, ignorai le sue cantilene esistenziali e tentai di farlo ragionare.
“Altri angeli saranno al mio fianco”
“Pensavo che fosse il tuo piano segreto”
“Ho alcuni angeli dalla mia parte. Angeli molto fidati per quanto riguarda gli altri hanno smesso di lottare, qualcuno deve prendere le redini in mano”
Spontaneamente soffiai una risata amara, molto più sonora di quella che mi aspettavo, ripensando a tutte le volte che Castiel aveva preso la situazione in mano e distrutto qualcosa. Paradiso incluso. Lui distolse lo sguardo ferito dalla mia reazione e avrei voluto evitarla ma ormai era tardi .
Vidi i suoi occhi chiudersi concentrarsi molto probabilmente sulla rabbia che stava trattenendo dentro di sè così decisi di aspettare in silenzio in modo da non buttare altra benzina sul fuoco. Trovai inquietante quanto i nostri ruoli si fossero invertiti negli ultimi tempi.
Riuscì infine a sospirare e sciolse i pugni che penzolavano lungo i suoi fianchi e per un attimo mi chiesi se quella che pensavo fosse rabbia non potesse essere in realtà dolore.
“Gli angeli che non sono dalla tua parte lo scopriranno prima o poi. Cosa pensi ti faranno per fermarti?”
Non sollevò più lo sguardo verso di me ma continuò a fissare a terra.
“Non lo so e non ha importanza ma se riuscissi nel mio intento avrei tolto di mezzo un bel problema e non mi puniranno in modo pesante.”

'In modo pesante', feci eco nella mia testa, scuotendo il capo.

“Questa è la mia missione, Dean e non si ferma solo a te o a Sam.
Si tratta del mondo, un mondo che è già senza futuro”

Non mi sentii di ribattere al suo discorso sull'umanità, non ne avevo il diritto o il coraggio anche se sapevo che quel piano non avrebbe mai funzionato.
Michele stava facendo del male e quel male si propagava sempre di più nel mondo giorno dopo giorno ed assistere era frustrante, non potevo immaginare quanto lo fosse per Castiel. Escludendo la sua bontà e la voglia di sistemare le cose non ero del tutto sicuro che volesse uscirne vivo da tutta quella storia.

“So come finirà. Non ti sacrificare anche tu, basta.
Fermiamoci. Fermati! Lascia che siano gli angeli...”, cominciai il mio discorso da egoista tendendo una mano verso di lui. Mi resi conto di star supplicando e mi feci pena da solo. Le mie dita strinsero il suo braccio sgualcendo la manica del suo trench.
“Dean. No. Io non mi arrendo ed un tempo nemmeno tu lo avresti fatto. Non posso lavarmene le mani. Io esisto per questo!”
“Avremmo dovuto lavarcene le mani molto tempo fa”, sibilai rabbioso.
“Non dire questo, Dean”

La mia mano stinse con più vigore il suo braccio ed improvvisamente la sua mano calda calò silenziosamente sulla mia. Rimase così, a fissarmi senza proferire parola. Sul mio viso passarono mille emozioni diverse, dalla rabbia al dispiacere, dal disappunto al dolore fino alla rassegnazione. Allentai la presa ma nessuno di noi spostò le mani.

“Fammi stare al tuo fianco”
Se questa era la sua decisione avremmo almeno trovato la fine insieme e non sarei rimasto solo. Non riuscivo a pensare nemmeno per un attimo alla riuscita del suo piano forse volevo negare o forse temevo la delusione che ne avrebbe conseguito.
Non riuscivo ad avere fiducia in lui, forse non volevo averne anche perchè non potevo permettere che riaprisse la voragine infernale nel mio cuore dove Sam riposava. 
“Non è possibile”, replicò odiosamente. 
Persi la pazienza al suo rifiuto. Digrignai i denti spostando di colpo la mano da lui, allontanando il suo braccio con forza.

“E' meglio così anche per...tutto il resto. Nulla sarà mai successo. Io ricorderò ma questo non è importante. Tu non lo farai ed il male che ti ho fatto sarà lavato via”
“Cosa?”, sibilai soffrendo ad ogni sua parola. 'Cosa diavolo sta dicendo?' 
“E' per questo che lo fai?”
“Ti ho già elencato i motivi per cui lo faccio”
Scossi la testa deciso. Quello era uno dei motivi? Il mio corpo prese a tremare intrappolato dal mio stesso orgoglio che mi impediva del dire o fare qualsiasi cosa.
Avrei voluto così tanto dirgli qualcosa, avrei voluto davvero ma ero bloccato, paralizzato dalla vergogna.

“Addio, Dean”, concluse improvvisamente mentre stavo ancora lottando contro il mio corpo.

“Cosa?”, sussultai allibito.

“Non potrò tornare da te, dovremmo salutarci qui”

Non potevo credere alle sue parole, alla sua decisione ed ingiustamente mi sentii ferito, tradito. Sapevo che era sbagliato da parte mia ma mi sentii abbandonato. Avevo paura, paura della solitudine, paura di affogare nel dolore, paura di non rivederlo.

“A...aspetta”, sibilai impreparato quando notai gli alberi svanire in lontananza.

“Non mi lasciare non...”, mi stavo per svegliare dal sogno o meglio, lui stava abbandonando la mia mente troppo rapidamente. L'orizzonte si fece confuso così come i sassi ai notri piedi. Anche la sua sagoma si fece sfocata ed in quel momento valutai di lasciarlo sparire ma non era quello che volevo, non lo avevo mai voluto.
Il cuore pompò con tutta la sua potenza quando, per la prima volta, tutto mi apparve chiaro e mi sentii libero in quello scatto disperato.
Lo tirai a me con forza anche se i miei occhi erano per metà immersi nella debbia e premetti le mie labbra sulle sue. Le mie dita strinsero i suoi capelli nell'intento di bloccarlo lì con me ma la mia testa sembrava continuare a distaccarsi dal corpo.
Sentivo come dei fili che sotto pressione si strappavano dal mio inconscio.
L'odore dei pini svanì ma il tatto fu l'ultimo senso ad abbandonarmi.
Sentii l'estrema morbidezza delle sue labbra che riuscii a lambire solo per un attimo con la punta della lingua prima di essere avvolto dalle tenebre.

 

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