Gli errori del passato...la fortuna del presente

di francy0796
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Che ho fatto? ***
Capitolo 3: *** Ricordi che riaffiorano ***
Capitolo 4: *** Flashback time ***
Capitolo 5: *** Preoccupazioni ***
Capitolo 6: *** Voglia di dimenticare ***
Capitolo 7: *** Una serata inaspettata ***
Capitolo 8: *** Il Nonno ***
Capitolo 9: *** Accordi e Cambiamenti ***
Capitolo 10: *** Un passato sconosciuto ***
Capitolo 11: *** Racconto di una vita passata ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
PROLOGO
 
Era una tranquilla serata. Il caldo era attenuato dalla leggera brezza proveniente da nord. Le macchine diminuivano man mano che si avvicinava l'ora di cena e le persone rientravano in casa dopo un'estenuante giornata. Per i quartieri più ricchi della città, c'era un bambino che camminava sensa sosta per raggiungere la sua destinazione. Zaino in spalla e un foglietto tra le mani, continuava a controllare gli infiniti nomi scritti ai citooni di quella strada.
 
-Ho finito i compiti, cosa c'è per cena?- una giovane ragazza, dai lunghi capelli rossi, si abbassò per abbracciare il padre seduto sul divano.
-Ho ordinato pizza e patatine...che ne dici?- le baciò la guancia, posando il portatile sul tavolino di vetro.
-Dico che mi piace...vado a preparare la tavola- ricambiò il bacio e si avviò verso la cucina per prendere il necessario.
-Ti aiuto- si alzò e insieme prepararono la tavola, prendendo una bottiglia di coca cola e un birra per lui.
-Che bel quadretto!- commentò una donna sulla sessantina, che scese le scale con teatralità.
-Ti senti meglio nonna?- le chiese la giovane, smettendo di occuparsi della tavola.
-Si...sto bene, avevo solo un po' di mal di testa cara- le accarezzò il volto e li raggiunse a tavola.
-Che si mangia di buono?- chiese, accomodandosi al tavolo.
-Stiamo aspettando il fattorino...abbiamo ordinato la pizza- le rispose.
-Allora c'è tempo per un bicchiere di vino- si entusiasmò, raggiungendo la loro personale frigo per i vini. I due presenti si scambiarono un'occhiata divertita e tornaronno a chiacchierare tra di loro.

 
Finalmente era giunto dove voleva. L'ultimo piano raggiungibile con l'ascensore, che mostrava due porte di diversi loft. Controllò il foglietto e si avvicinò alla porta desiderata, alzando la mano e spingendo un paio di volte il campanello.
Rimase in attsa. Le manine gli tremavano e non faceva altro che giocare con le bretelle dello zaino.

 
-Hanno fatto presto!- si sorprese.
-Vai ad aprire Richard, non vorrai mica farlo aspettare! Le pizze si freddano-
-Si...vado...vado- si avviò alla porta, con il portafoglio in mano.
-Avete fatto in fretta eh?- aprì la porta e rimase sorpreso di non vedere un fattorino davanti a se. I suoi occhi corsero fino allo sguardo timido di un bambino che lo guardava con intensità.
-Hemm...Ciao piccolo!- lo salutò -Ti sei perso per caso?- guardò fuori per vedere se era accompagnato.
-No signore...-
-Sicuro? Dove sono i tuoi genitori?- gli chiese, tornando a guardarlo.
-Mia madre sta lavorando...-
-Oh...e cosa posso fare per te?-
-Sto cercando mio padre...- spiegò, con un po' di paura del tono di voce.
-Beh piccolo, temo tu abbia sbagliato porta...qui ci sono solo io con la mia famiglia-- gli sorrise.
-No...io non credo di aver sbagliato...- aggrottò la fronte e rilesse il foglietto che aveva tra le mani.
-Beh...piccolo entra a vedere, ma qui non c'è tuo padre- si scostò per farlo passare.
Il piccolo fece come consigliato e si guardò attorno, meravigliandosi della bellezza di quel posto.
-Visto? Non c'è nessuno...solo io, mia figlia Alexis- indicò la ragazza che salutò divertita il bambino -e mia madre...Martha- anche la donna lo salutò -...ti sei sbagliato, fammi vedere l'indirizzo che hai su quel foglietto- gli chiese.
-Questo non è l'appartamento uno del 425 di Broome Street?- chiese confuso.
-Si è questo...ma non c'è nessuno qui, oltre a noi- ripetè ancora il padrone di casa.
-Figliolo...come si chiama tuo padre?- gli chiese Martha, cercando di aiutare con l'inconveniente.
-Richard Castle...non abita qui? Ho sbagliato?- si allarmò, cercando di capire qualcosa delle espressioni scioccate dei presenti.
-Scusa...puoi ripetere il nome di tuo padre?- gli chiese Alexis allibita.
-Richard Castle- ripetè senza capire.
-Accidenti...-
-Lo conoscete?- chiese fiducioso.
-Piccolo, sono io Richard Castle- gli rivelò l'uomo vicino a lui.
Il bambino sorrise contento e allungò una mano verso di lui -Il mio nome è Samuel, ma puoi chiamarmi Sammy, e sono tuo figlio- si presentò.


Angolo autrice:
​Salve a tutti, sono una fan di Castle, ovviamente, e non avevo mai scritto prima riguardo questa splendida coppia. Questa ff mi è venuta dal nulla, o quasi, e spero possa piacervi ed intrigarvi. Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno questo inizio molto breve, ma è solo lo starter, vi assicuro che i capitolo che seguiranno saranno più lunghi. Spero di leggere anche qualche recensione, negativa o poistiva che sia. Grazie ancora, vi aspetto al prossimo capitolo.

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Capitolo 2
*** Che ho fatto? ***


CHE HO FATTO?!
 
 
Era notte inoltrata e il loft era completamente al buio, vista l'ora tarda. Erano le tre del mattino passate, ma il padrone di casa non riusciva ancora a prendere sonno. Come poteva? Con la notizia shock che gli era arrivata? Nonostante l'ora in cui era arrivato il bambino, era riuscito a contattare una sua conoscenza, gli era stato confermato che il test era valido e che loro avevano una copia del documento originale. Come era potuto succedere? Quel bambino avrà avuto al massimo otto anni e non si ricordava di una relazione in quel periodo, soprattutto perchè doveva sposarsi con Gina! C'era un vuoto nella sua mente. Perchè gli era stato tenuto nascosto questo bambino? Era un buon padre o almeno così pensavano tutti. Era quel tipo di persona che amava la famiglia e che dava tutto per essa, quindi perchè? Queste erano le domande che lo tormentavano, che non riuscivano a fargli chiudere occhio e lo divoravano nell'anima.
-Non riesci a dormire figliolo, eh?- la voce alle sue spalle lo fece sobbalzare dallo sgabello.
-Madre!- la riprese -Ti sembra il modo?-
-Scusami...scusami, solo che non riesco a dormire, dopo tutto quello che è successo questa sera...- gesticolò con le mani come faceva sempre per enfatizzare le sue frasi.
-Già, non dirlo a me...- sospirò pesantemente, bevendo l'ultimo sorso di scotch dal suo bicchiere.
-Hai scoperto chi è la madre?- gli chiese.
-No, non ha voluto dirmi niente di lei...ne il nome e ne la professione, non so niente e non posso neanche riportarlo a casa...questo è il brutto!! E se dopo vengo accusato veramente di rapimento?- si preoccupò.
-Ma che stupidaggini dici?! E' stato lui a scappare di casa e venire qui, non il contrario...forse, però, dovresti contattare la polizia, ora che sta dormendo- gli consigliò.
-Dici?-
-Figliolo...questa doveva essere la prima cosa alla quale dovevi pensare, che pensi di fare con lui? Anche se la faccenda del DNA fosse vera, dobbiamo comunque riportarlo a casa- gli disse, andando a guardare insieme la figura addormentata sul divano.
-Chiamerò domani mattina, non voglio svegliarlo adesso- Richard tornò a guardare il suo bicchiere e pensare su chi potesse essere la madre.
-Chissà che donna è sua madre!- anche Martha inizò a pensarci -Quale madre lavora fino all quatrro del mattino?- si chiese -e se fosse una ...-
-Non lo dire! Non è possibile- la fermò Castle.
-Si, ma non ti ricordi di lei...potrebbe anche-
-Oh...andiamo, ti sembra il figlio di una prostituta?!- le chiese, indicando il bambino.
-Beh, in effetti è molto educato e intelligente, ma chi dice che per crescerlo non sia passata ad un lavoro un po' più particolare?!- gli disse -E se lo avesse mandato lei per spillarti un po' di soldi?-
-Non ci avevo pensato a questa possibilità, potrebbe anche...non lo so, io...- si passò le mani tra i capelli esausto ed esasperato.
-Forse ci conviene dormirci sopra e far passare la notte- commentò Martha, accarezzando il figlio e salendo le scale per raggiungere la sua camera.
Richard la imitò. Riordinò il piano della cucina e si diresse verso la sua camera. Si fermò solo qualche secondo a contemplare il volto beato del piccolo Samuel. Era un bel bambino, non gli somigliava molto, ma forse lo aveva guardato troppo velocemente per notare qualche dettaglio. Sospirò e riprese il traggito, fino a buttarsi sul letto e cercare di prendere sonno.


La luce del sole entrò delicata nella stanza, aiutandolo ad aprire gli occhi e prendere coscienza di se. Si voltò nel letto e per poco non gli prese un infarto.
-Che...- due occhioni verdi lo stavano fissando con curiosità.
-Ti ho spaventato?- gli chiese il piccolo preoccupato.
-No...no, solo che...non sono abituato a trovare qualcuno al mio fianco- gli rispose.
-Non sei sposato?- lo guardò curioso.
-No...-
-Strano...ho sentito dire che stai con una signora bionda- alzò le spalle.
-Gina?- lo guardò divertito -No...siamo divorziati-
-E perchè?-
-Perchè non ci amavamo più- si accomodò meglio sul letto.
-Anche la mamma si è lasciata con il suo ragazzo...penso sia stata colpa mia, in realtà- gli disse triste.
-Perchè dici questo?-
-Perchè non gli piacevo, per Josh ero solo un peso...voleva la mia mamma tutta per se e a volte mi picchiava perchè facevo qualcosa di sbagliato- rispose.
-E la tua mamma lo ha lasciato per questo?-
-Si...un giorno è rientrata a casa e ha trovato Josh che mi stava dando degli schiaffi, lo ha scaraventato a terra e lo ha cacciato di casa...io non volevo che succedesse questo- sospirò -lei continua a ripetermi che non è stata colpa mia, ma io non la penso così-
-Tua madre ha ragione, quel tipo non aveva alcun diritto di picchiarti...- gli accarezzò la testolina -...l'ha scaraventato a terra?- ragionò sulle sue parole un po' in ritardo
-Si...la mia mamma è molto forte, anche più dello zio Javi che era nell'esercito...è la mia eroina- sorrise orgoglioso.
-Le vuoi molto bene...-
-Si, molto. Immagina, per mandarmi ad una scuola speciale ha fatto i doppi turni per molto tempo...ha detto che era importante una buona educazione, così che in futuro io possa scegliere liberamente quello che voglio essere-
-Concordo in pieno...e dimmi, che scuola frequenti?- gli chiese.
-Vado alla Marlowe Prep School, ho anche la divisa, sono molto bravo e mi diverto molto. Per andarci vinco tutti gli anni una borsa di studio...- aggiunse -...la mamma dice che per ottenere qualcosa nella vita, bisogna fare dei sacrifici e lottare con tutte le forze-
-Si...deve essere una persona straordinaria- annuì, entrando in un silenzio un po' imbarazzante.
Il brontolio dello stomaco del bambino attirò l'attenzione dello scrittore, mentre Samuel rise imbarazzato, coprendosi la pancia con le manine.
-A quanto pare qualcuno ha fame...- Richard si alzò dal letto e controllò la sveglia -...sono le sette e mezza?- si sorprese.
-Si...-
-Ti svegli sempre così presto?-
-Si, aiuto la mamma a fare la colazione, poi io suono il piano e lei riordina-
-Suoni il pianoforte?-
-Si...e gioco a baseball- rispose, contento di se.
-Che bambino fortunato- commentò Richard, raggiungendo insieme la cucina.
-Che prepariamo?- chiese pronto il piccolo.
-Pancake?- propose lo scrittore.
-Ci sto...posso aiutarti con le uova?- gli chiese.
-Sei capace?-
-Si...mi ha insegnato mamma-
Richard rimase qualche secondo a guardare il bambino sistemarsi per aiutarlo. Si era posizionato meglio lo sgabello e si era messo in ginocchio su di esso per stare comodo.
-Sono pronto...uova, boule e frusta- chiese, aprendo le manine.
-Pronte...uova, boule e frusta- gli passò tutto, rimanendo a guardare curioso.
Il piccolo con estrema accuratezza sbattè le uova ed iniziò a mescolarle con la frusta, non fortissimo, ma comunque molto bene.
-Che bravo...-
-Che succede qui?- Martha scese le scale con Alexis al suo fianco.
-Buongiorno- le salutò Samuel con un sorriso invidiabile.
-Buon...giorno...- Alexis si sorprese di vederlo già alzato.
-Samuel prepara i pancake- rispose Richard, mettendo a scaldare la piastra per cuocerli.
-Veramente?- si sorpresero le due rosse.
-La mia mamma è una cuoca fantastica, la mattina mi prepara un sacco di cose buone...- continuò ad elogiare la donna che nessuno conosceva, ma senza rivelarne il nome. Non voleva essere riportato subito a casa, o tanto meno che qualcuno chiamasse sua madre.
-Posso crederci- gli sorrise Richard.
-Io preparo il caffè...- propose Martha - tu che vuoi piccolo? Latte?-
-Latte e succo d'arancia, grazie- rispose, continuando il suo operato.
Neanche il tempo di avvicinarsi alla macchina del caffè, che sentirono suonare il campanello.
-Chi sarà a quest'ora?- si guardarono sorpresi tutti quanti.
-Vado io...- Martha alzò la mano teatralmente, avviandosi all'ingresso.
-Salve...che posso fare per voi?- la rossa si trovò davanti due persone sconosciute, una donna di colore e un ispanico.
-Salve, ci scusiamo per l'ora, ma sappiamo che c'è un bambino che non dovrebbe trovarsi qui in questo momento- disse svelta la donna.
-Oh...suppongo che lei sia la madre del piccolo Samuel, prego entrate...- li fece passare, chiudendo la porta alle spalle -Samuel!! C'è tua madre!- lo chiamò Martha.
-MAMMA?!- si allarmò il bambino, correndo in soggiorno e tirando un sospiro di sollievo nel vedere le due persone conosciute -Lei non è la mia mamma-
-E per fortuna teppista!- gli andarono incontro arrabbiati -Ma ti sembra il modo?! Ci hai fatto venire un infarto!! Come ti è saltato in mente di scappare di notte e fino a quest'ora?!- lo sgridò la donna.
-Ho trovato mio padre!!- si entusiasmò il piccolò, affiancando il padrone di casa.
-Richard Castle, presumo...-la donna lo squadrò scettica, sapendo già chi era.
-Dobbiamo andare a casa immediatamente!!-
-Ma non posso...voglio passare la giornata con lui- si lamentò il piccolo.
-Sammy!! Lo sai cosa succederebbe se tua madre non ti trova a casa e scopre quello che è successo?-  si intromise l'uomo -Ci uccide tutti e tre!! O peggio, ci appende per i pollici!! E' quello che vuoi?!-
-Heww...- i presenti erano disgustati.
-Non lo farebbe mai...-
-Sei sicuro?-
-Ti ricordi cos'ha fatto a Josh quando lo ha scoperto?-
-Si...-
-Noi due non vogliamo fare la stessa fine!!- concluse la donna.
-Non potete mentirle? Ditele che siamo andati al parco- alzò le spalle lui.
-Certo... e possiamo dirle anche che siamo andati al lunapark...-
-SI...- annuì il piccolo soddisfatto.
-Scherzi vero? Tua madre ha un fiuto per chi mente, pensi che si beva una cosa del genere?- il piccolo a quelle parole capì che non c'era altro da fare.
-Non potremmo parlare con sua madre e accordarci?- Castle si intromise finalmente nella conversazione, facendo sorridere Samuel.
-Si...si...facciamolo parlare con la mamma!!-
-Signor Castle...- la voce della donna che prima era dolce e affettuosa per Samuel, ora era fredda e severa -...non credo sia una buona idea, vuole veramente illudere questo bambino?- gli chiese diretta.
-Perchè dovrei illuderlo...questo foglio parla chiaro...- Richard indicò il documento sul bancone.
-Io so come sono andati i fatti otto anni fa e sicuramente anche lei...non credo sia il caso, quindi...Samuel, prendi le tue cose e andiamo!- ordinò, facendo rattristare il bambino.
Martha e Alexis avevano assistito allo scambio di battute in silenzio, ma non potevano restare ferme a guardare mentre si decideva per quel bambino.
-Scusate, ma se è vero che è il padre del bambino, perchè li avete tenuti separati per tutto questo tempo?- li fermò Alexis.
La donna, allora, si fermò per guardare la giovane ragazza e poi guardò in generale i tre della famiglia Castle. -Perchè è stata la sua decisione...- sospirò affranta -...otto anni fa, lui ha detto di no, accusando la mia amica di essere un'approfittatrice, quindi mi dispiace se non sono d'accordo con il lasciare il bambino con lui...non voglio illuderlo o ferirlo, quindi signor scrittore...continui la sua vita altolocata e si dimentichi di ogni cosa...- gli consigliò, uscendo dal loft e chiudendosi la porta alle spalle. Dopo qualche minuto di sconcerto, un'allibita Alexis si voltò verso suo padre per delle spiegazioni.
-Hai detto di no?!- 
-Ho rifiutato mio figlio?-


Angolo autrice:
​Eccomi qui cari lettori. Vi ringrazio moltissimo per come avete apprezzato l'inizio della mia storia. Un Grazie particolare alle persone che hanno lasciato i loro commenti sulla storia.
Dunque, eccoci qui...al primo capitolo dopo la scioccante rivelazione fatta al povero scrittore. Cos'è successo otto anni prima? Perchè ha detto di NO a suo figlio? Beh...spero di avervi intrigato abbastanza e che mi facciate sapere cosa pensate di questo capitolo. Il prossimo lo pubblicherò entro la fine della settimana, Domenica al massimo.

 
​ Always Castle&Caskett fans

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Capitolo 3
*** Ricordi che riaffiorano ***


 
RICORDI CHE RIAFFIORANO

 
Dopo giorni di meditazione e metodi per chiarirsi le idee, Richard Castle decise che non voleva rimanere impassibile davanti a quella situazione. Doveva reagire, capire cosa fosse successo otto anni prima e sapere se veramente Samuel era suo figlio. Aveva pedinato il bambino tutto il giorno, ma non aveva mai intravisto sua madre, dalla scuola era tornato con l'autobus e poi era andato a casa. Lo aveva visto con una persona anziana, che poteva essere suo nonno, e con i due signori che erano venuti a prenderlo quella mattina al suo loft. Quella donna sembrava sfuggirgli ogni volta.
-Mi stai spiando?- si destò dai suoi pensieri, spaventato da qualcuno che lo aveva interpellato all'improvviso.
-Chi io?- si voltò e notò che alle sue spalle c'era il piccolo Samuel che lo guardava curioso.
-Si...ti ho visto anche ieri qui- confessò.
-Mia figlia Alexis viene nella tua stessa scuola, ti ho visto e volevo sapere se stavi bene- si giustificò.
-Le classi delle medie sono fuori per una gita, quindi non sei qui per lei- gli disse, sperando che fosse veramente li per lui.
-Mi hai beccato...scusa, volevo solo vedere come te la cavavi- si abbassò per stare in linea con il suo sguardo.
-Prendiamo un gelato?- gli chiese entusiasta.
-Ma non devi tornare a casa?- si preoccupò Castle.
-Oggi prendo l'autobus, ma potrai riportarmi a casa tu...la mamma è al lavoro al massimo incontri il nonno- rispose fiducioso.
-E va bene, forza andiamo- gli disse, avviandosi insieme verso il parco vicino.
Raggiunsero un piccolo chiostro, di solito ci andava anche con Alexis e ordinarono i gelati. Richard prese un cono medio con menta e liquirizia, mentre il bambino prese un semplice cioccolato e fragola.
-Come va la scuola?- si informò Castle.
-Bene, ho preso un'altra A+ e sono contento- sorrise soddisfatto, leccando il proprio cono.
-Però...sei proprio bravo- si complimentò -Parlami della tua giornata-
-Cosa vuoi sapere?- gli chiese curioso.
-Non so...quello che fai, con chi stai...decidi tu...- lo scrittore fece spallucce e lo guardò pensare un momento.
-Beh, la mattina vado a scuola...poi di solito viene a prendermi la mia mamma, ma questa settimana è impegnata con il lavoro e ci vediamo solo la sera, purtroppo. Finita la scuola torno a casa, faccio i compiti e poi gioco. Il Martedì ho lezione di pianoforte e il giovedì sto con la squadra di baseball...- pensò qualche istante -...credo sia tutto-
-Che fai quando non hai tutti questi impegni?- gli chiese sorridendo.
-Nel week end la mamma mi porta nella casa in montagna a volte, oppure stiamo in città e ci divertiamo, andiamo al parco, al lunapark e giochiamo spesso a laser tag, ma lei è molto più forte di me- ridacchiò divertito.
-Devi essere un bambino molto fortunato, non tutti fanno tutte queste cose...-
-Lo so, me lo dice sempre anche la mia mamma- annuì comprensivo.
-E dimmi, hai dei nonni? Dei fratelli?- si informò.
-Nessun fratello...cioè, adesso so che ho una sorella- gli sorrise contento -Ho nonno Jim, mi ha insegnato lui a giocare a baseball, lo ha insegnato anche alla mamma- rispose.
-Non hai una nonna?-
-No...è morta qualche hanno prima che nascessi, ma la mamma non vuole parlare di lei e neanche il nonno, diventano tristi se succede- anche lui si rabbuiò un momento.
-Mi dispiace...- sospirò, chissà che storia si nascondeva dietro quella famiglia.
Un'ora dopo, Richard aveva riportato Samuel a casa. Non si era presentato alla famiglia, aveva detto che era meglio tenere nascosta la cosa per il momento, così se ne andò subito con un sorriso rilassato in volto.

 
-Secondo me dovremmo dirle che il bambino sa chi è suo padre, ne ha il diritto- Samuel si affacciò dalla sua camera e si mise ad origliare la conversazione.
-No...Javier, avevi promesso! Lo sai come era quando quello scrittoruccio la mandata via? No? Beh io si...la conosco da prima di te e credimi se ti dico che è meglio tenerla allo scuro di tutto-
-Ma Lanie, io credo che Samuel abbia il diritto di conoscere suo padre!-
-NO CHE NON PUO'!- alzò la voce esasperata -Quell'uomo ha preso la sua decisione otto anni fa- puntualizzò.
-Perchè non posso conoscere mio padre?!- il bambino spuntò davanti a loro in lacrime e un secondo dopo era alla porta -Perchè non posso?- chiese ancora, pima di scappare di casa. Un'altra volta.
-Maledizione Lanie!- la rimproverò Javier, correndo dietro al ragazzo.
-Sammy?!!- gli andarono dietro, chiudendosi la porta alle spalle.
Il bambino prese la metro e scese alla fermata che gli era più familiare in quel momento. Aveva bisogno di conforto e soprattutto di risposte che gli adulti non volevano dargli.

 
Richard si trovava sul divano a scrivere il suo romanzo, Alexisi era appena tornata dalla gita scolastica e Martha si stava preparando il solito drink. Tutti tranquilli, finalmente, ma ovviamente la tranquillità finisce ad un certo punto.
Il suono insistente del campanello spezzò quella quiete che si era creata, facendo allarmare la famiglia Castle.
-Arrivo!! Chi è?- chiese, aprendo la porta. Prima che potesse rendersene conto, si ritrovò le braccia di un piccoletto addosso. Era Samuel con le lacrime agli occhi e la voce spezzata dai singhiozzi.
-Samuel che è successo piccolo?- si abbassò per capire cosa gli fosse successo.
-La zia Lanie dice che non posso conoscerti! Perchè? Perchè no?- chiese, affondando il viso bagnato sulla spalla dell'uomo.
-Io...- Richard non sapeva come rispondere, sapeva di sbagliare, qualsiasi cosa avrebbe detto -...Shhh...tranquillizzati ora-
Si alzò con il bambino tra le braccia e lo porto sul bancone della cucina, dove lo mise a sedere.
-Shh...sono sicuro che la zia Lanie non abbia voluto dire questo- gli asciugò le lacrime con dei fazzoletti che gli passò sua madre.
-Ma perchè? Io non capisco!- a quel punto gli occhi pieni di lacrime guardarono dritto nei suoi e fu come avere un flashback.

 
I suoi occhi incontrarono un paio di pietre preziose bagnate dalle lacrime. Sembravano zaffiri, ma erano più particolari, con delle sfumture che li rendevano unici.
 
-Papà, stai bene?- accorse Alexis, vedendolo perso con lo sguardo.
-Si...si...stavo- nella sua mente rivedeva ancora quegli occhi, ma non riusciva ad associarli a niente -Pensando-
-Hai ricordato qualcosa vero?- sua madre lo capiva al volo, quando c'era qualcosa che lo turbava.
-Come lo sai?-
-Ho visto quell'espressione nel tuo volto, ti ricordi di lei?- chiese, cercando di forzarlo a ricordare.
-No...io...vedo solo degli occhi...- cercò di pensare, ma Samuel attirò la loro attenzione. Il piccolo si era piegato per abbracciarlo ed essere cullato dal suo respiro.
Un paio d'ore dopo, Samuel era seduto sul pavimento della camera di Alexis a disegnare con lei, mentre Richard era al piano inferiore per cercare di ricordare qualcosa, ma era tutto inutile.
-Povero piccolo...deve essere dura per lui- commentò Martha tornando in soggiorno.
-Posso capirlo...non avere un padre è brutto, ma sapere di averne uno e non poter stare con lui è ancora peggio- commentò.
-Credi che sua madre non possa pensarci? Magari se la avvertissimo potremmo trovare un accordo-
-Io non credo...l'hai sentita quella donna? Lanie, sembra che io abbia fatto qualcosa di grave, ma non ricordo- si colpì la testa con le mani, maledicendosi.
-Non prendertela così con te stesso figliolo, forse quella donna difende solo la sua amica, ma chi dice che le parole che ci ha detto siano vere?-
-Non riesco a credere di aver rinunciato a mio figlio!- tornò a riflettere su quell'argomento.
-Neanche io ci credo! Hai fatto di tutto, quando Meredith è rimasta incinta di Alexis, sono sicura che se tu avessi avuto l'opportunita, avresti fatto altrettanto per questo bambino- lo rassicurò sua madre.
-Devo scoprire chi è sua madre, perchè solo lei può dirmi cos'è successo e forse essere comprensiva nei confronti di suo figlio...se gli vuole bene, potrebbe concederci una prova- commentò.
In quel preciso momento suonò il campanello del loft, erano le sei di sera e non aspettavano visite. Sfortunatamente, iniziavano ad abituarsi a quella novità.
-Vado io e manderò via chiunque egli sia- Martha si avviò alla porta, mentre Richard si portò le mani davanti agli occhi stanco.
-Salve...lei chi è? Un'altra zia?- chiese stanca Martha.
-No signora...sono Katherine Beckett, sono la madre di Samuel, posso entrare? So che è qui dentro- chiese cortesemente, senza alzare la voce e con classe.
Richard a quelle parole si destò dai suoi pensieri e si alzò per vedere la persona appena entrata.
Si trovò davanti una bellissima donna. Lunghi capelli castano chiari e un corpo invidiabile. Indossasva una semplice camicia azzurra che rientrava nei pantaloni neri. L'attenzione dello scrittore si soffermò su  due particolari accessori legati alla cintura. Una fondina con una pistola e un distintivo d'orato. La donna alzò un sopracciglio, notando cosa stesse fissando, e si appoggiò al tavolino all'ingresso per aprire la sua borsa. Tolse la pistola dalla fondina e la bloccò con la sicura, per poi mettere quella e il distintivo dentro la borsa, chiudendola.
-Signro Castle...i miei occhi sono quassù- gli disse seria e diretta, ma senza alzare il tono come avevano fatto i due della scorsa volta.
Richard, anche grazie ad una gomitata di sua madre, alzò lo sguardo e sembrò risucchiato da un vortice.

 
-Continua a sorridere ragazza!-
-Perchè?-
-Ti si illuminano gli occhi quando lo fai-

 
-Vedo che ricordi...quindi non c'è bisogno di troppe storie- annuì la donna, avanzando nella stanza.
-Io in realtà...non mi ricordo di te...-
-Vorrà dire che mi presenterò ancora...- allungò una mano -...sono Katherine Beckett e sono la mamma di Samuel, sapete dirmi dov'è?- li guardò interrogativa.
-E' al piano superiore...lo vado a chiamare- si propose Martha, scomparandeo per le scale.
Il silenzio invase la stanza, celando un velo di imbarazzo e paura da parte dello scrittore.
-Io non ricordo veramente...- si giustificò.
-Significa che non era importante- alzò le spalle lei.
-Un figlio non è importante?- sbuffò lo scrittore.
-Certo che è importante, ma a quanto pare non abbastanza...io ricordo cos'è successo e non ho voglia di piangere sul latte versato, ma se posso impedire che, lei signor Castle, ferisca mio figlio, beh allora sarò drastica. Voglio che stia lontana da lui- lo guardò con una tranquillità disarmante e terrorizzante.
-Perchè? Gli faresti del male!-
-Anche tu...quando ti renderai conto che non lo vuoi più, ma lui non è un gioco e non voglio che soffra-
-Spiegami il perchè almeno-
-Forse lo tieni ancora...- gli stava dando un indizio -...è una delle primissime edizioni di 'In a Hail of Bullets' lo risconoscerai sicuramente perchè c'è scritto il mio nome dentro e la tua firma, ma c'è anche dell'altro...sicuramente ti ricorderai, altrimenti, fammi un fischio, sarò lieta di rinfrescarti la memoria. Se ricorderai invece, saprai il motivo per il quale voglio proteggere mio figlio da te- concluuse.
-Mamma?!- Samuel si accovaccio vicino alla ringhiera per paura di una possibile reazione da parte di sua madre.
-Sam, scendi...- gli disse sua madre, voltandosi verso di lui e guardandolo tranquilla.
-Sei arrabbiata?- gli chiese preoccupato. Dietro di lui comparvero le due rosse di casa Castle.
-Tu lo saresti?-
-Un pochino...- rispose intimorito.
-Sicuramente lo sono di più con zia Lanie e zio Javier, sono già appesi per i pollici, vieni giù che ti metto insieme a loro- a quell'affermazione, Castle si allarmò come le sue rosse.
-Hey...ma...- Beckett lo fermò dal dire altro.
-Samuel Joy Beckett, scendi queste scale e vieni da me...non sono armata, vedi!- gli indicò la cintura, prima di accomodarsi sul divano.
Quella era una cosa che facevano sempre quando Samuel faceva qualcosa di sbagliato. Era un avvertimento, non gli sarebbe successo niente. Infatti, sotto lo sguardo sorpreso di tutti, Samuel corse per le scale e si gettò tra le braccia di sua madre.
-Mi dispiace...mi dispiace, io non volevo...-
-Quando? Oggi o l'altro ieri?!- gli fece sapere che sapeva anche dell'altra sera.
-Te l'hanno detto gli zii?- chiese preoccupato.
-Diciamo che erano molto in anzia, tipo i cattivi che interrogo...hanno vuotato il sacco immediatamente- lo fece ridere un momento, ma poi tornò seria.
-Sei arrabbiata?-
-Samuel...ti rendi conto di quello che hai fatto?- gli accarezzò i capelli e glieli scompose -Sei scappato di casa due volte, non hai detto niente...poteva succederti qualcosa, lo sai! Perchè lo hai fatto?-
-Volevo conoscere mio padre- rispose ancora.
-Questo l'avevo intuito, ma potevi chiedere-
-Avresti risposto di no-
-Adesso ti faccio una domanda e dovrai essere sincero con me- il bambino annuì -Ti ho mai detto che non hai un papà?- il bambino scrollò il capo -che è morto?- ancora niente -Significa che ti avrei parlato di lui, no?-
-Veramente? Ma quando?-
-Ogni cosa a suo tempo piccolo...vedi, gli adulti a volte si comportano in modo sbagliato e succede un gran disastro...come in questo caso- gli spiegò.
-Avete fatto uno sbaglio?- la guardò sorpreso.
-Adesso non importa...fa parte del passato, ma questo non significa che bisogna dimenticare- questa frase non era rivolta al bambino, qualcuno lo aveva capito -Ora ascoltami...sei piombato nella vita di queste persone, che ne dici se diamo loro un po' di tempo per riordinare le idee?- gli propose.
-E quando finiranno di farlo?- chiese triste.
-Non lo so, dipende da loro, ma facciamo così- lanciò un'occhiata a Richard e poi tornò a guardare suo figlio -Tra una settimana...o meglio, sabato prossimo, la mamma è libera, se loro vorranno...potranno venire a cena da noi e passare del tempo con te, che ne dici?- il bambino si illuminò immediatamente.
-Veramente?-
-Veramente- annuì la donna contenta.
-Veramente?- anche Alexis fu sorpresa di quella affermazione, per come era stata descritta dalle due persone della volta scorsa, doveva essere una specie di malefica strega, invece eccola che sorprende tutti.
-Si...vi darò questa opportunità, ma ora ti avverto signor scrittore- la donna si alzò e si posizionò davanti a Richard -Osa solo deluderlo, ferirlo o qualsiasi cosa che lo porti a piangere o essere triste, c ti faccio pentire di essere nato uomo- aveva lo sguardo diverso ora, i colori erano più accesi e sembravano gli occhi di una tigre assassina.
-O...Ok...- annuì l'uomo spaventato.
-Bene...visto che ci siamo chiariti, che ne dici se andiamo a casa?- propose al bambino.
-Va bene...ma stai a casa con me?- la guardò sorpreso.
-Si...ho preso due giorni liberi per noi due- spiegò.
-Evviva! Evviva...evviva!- esultò il bambino, prendendola per mano e salutando cortesemente la famiglia Castle.
Rimasti soli, Richard si fiondò immediatamente nel suo studio a cercare qualcosa tra gli scaffali.
-Che stai facendo caro?- si informarono le due rosse.
-Cerco un libro...il mio primo romanzo- rispose, sorprendendole. Intanto, stava rovistando tra cassetti, scaffali e in alcune scatole, finchè non trovò qualcosa che attirò la sua attenzione.
-Eccolo!!- esutlò.
-A che ti serve ora quel libro?-
-Io non lo so ancora...- rispose, sedendosi per terra e aprendo il volume, facendolo cadere subito dopo.
-Cos'è papà?- Alexis si abbassò per capire anche lei e rimase stupefatta nel vedere cosa conteneva quel romanzo.
C'erano delle foto di Richard e Katherine scattate all'interno di una macchinetta che si trovava per strada. Un'etichetta di un pub e dulcis in fundo, una foto di un'ecografia.
Lo scrittore la prese tra le mani e sembrò catapultato nuovamente a otto anni prima. Aveva come dei flash continui. Il viso sorridente della donna. Poi lei insieme ad una folla di gente e alla fine i loro sguardi seri e arrabbiati.
-Papà?-
-Aveva ragione- sussurrò con dolore nella voce.
-Chi aveva ragione?-
-Quella donna, Lanie e anche questa Katherine...- sospirò, tremando con le mani -...ho rifiutato mio figlio, ho detto di no...io...ho fatto un casino!- le guardò terrorizzato da i suoi stessi ricordi.

Angolo Autrice:
​Ciao a tutti. Come vi sembra questa storia? Personalmente mi sta piacendo molto scriverla. Ringrazio di cuore tutti coloro che si sono fermati a leggere il cpitolo precedente e che vi hanno lasciato il loro giudizio. Spro che anche questo cpitolo possa piacervi, grazie ancora e fatemi sapere cosa ne pensate.
​Francy

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Capitolo 4
*** Flashback time ***


FLASHBACK TIME

 
Dopo una lunghissima giornata e dopo notizie inattese, Richard Castle era seduto al bancone di un bar. Uno isolato dalla città e poco frequentato. Aveva bisogno di tranquillità per riflettere, tranquillità per accettare la storia che si ripeteva un'altra volta. Una donna che dopo poco tempo che stavano insieme, era rimasta incinta. Un altro bambino, un'altra avventura e, soprattutto, un'altra donna che non voleva dei figli. Scolò l'intero bicchiere di scotch, per dimenticarsi di tutto, anche solo per qualche ora.
-Un altro giro signore?- gli chiese il barista, notando la sua brutta cera.
-Si...grazie- annuì, spostando il bicchere verso di lui.
La sua attenzione venne attirata da una persona che entrò proprio in quel momento. La giornata era fredda e piovosa, quindi si sentivano i passi di chi si muoveva nella sala. Era una ragazza, poteva dirlo dai capelli lunghi e l'abbigliamento. Però, non riusciva a vederne il volto o qualche dettaglio in più. La nuova arrivata si accomodò nella parte più lontana del bancone, nascosta e isolata dal resto della stanza.
-Cosa posso offrirle?-
-Tequila- ordinò, con un filo di voce, appoggiando la borsa sullo sgabello, nascondendo subito la mano che sembrò tremare leggermente.
-Hey...tutto bene?- chiese preoccupato Richard.
-Tutto bene, perchè?- chiese con il tono di chi voleva nascondere qualcosa. Richard pensò che fosse una persona che si era fatta o era già ubriaca per comportarsi in quel modo, decise quindi di rimanere in disparte ed ignorarla.
Proprio in quel momento suonò il cellulare della ragazza, che rispose prontamente.
-Beckett- chi rispondeva in quel modo? Richard scrollò la testa divertito.
-Si...signore sto bene, sto bene...sono tornata a casa, ho solo bisogno di rilassarmi- rispose alla persona all'altro lato -la ringrazio...a domani signore- la comunicazione venne chiusa e subito dopo anche il cellulare. Non voleva sentire nessuno quella sera.
-Perchè ha mentito?- chiese curioso Richard, maledicendosi immediatamente.
-Non credo siano affari suo signore- gli rispose, ora molto più tranquilla e rilassata. L'alcool doveva farle un buon effetto.
-Mi scusi..mi scusi- alzò le braccia in sua difesa.
Dopo qualche minuto fu la donna stessa a condividere i suoi tormenti.
-Ho ucciso un uomo oggi- confessò.
-Che hai fatto?- Richard si strozzò con il suo drink, guardando terrorizzato la donna.
-Ho ucciso un uomo- replicò lei, bevendo un'altro shottino.
-Cos'è, sei una psicopatica? Devo chiamare la polizia? Non sono un prete...- si agitò lo scrittore.
-Sono io  la polizia genio...- gli lanciò un oggetto che si rivelò essere il distintivo della polizia di New York.
-Oh...accidenti- si sorprese -E perchè hai ucciso qualcuno?"
-Aveva rapito due bambini- spiegò, chiedendo un altro bicchiere.
-E tu li hai salvati preseumo...- cercò di capire.
-Già...ma ho comunque ucciso un uomo- scolò il terzo bicchiere della serata.
-Ma hai salvato dei bambini, è giustificato...- cercò di confortarla, ma non capendo veramente cosa potesse provare.
-Si...ma non mi fa sentire meglio, è un macigno che ti porti dietro per tutta la vita...uccidere, ti toglie un pezzetto di te- spiegò.
-Quanti hanni hai? Sei giovane per essere un poliziotto?-
-Sono un detective- lo corresse -E ho ventitre anni- rispose, sorprendendolo.
-Detective a ventitre anni? Ma l'accademia...-
-Si...sono molto giovane per questa qualifica ed in più sono una donna, è impensabile, so già cosa dite voi uomini- lo precedette, mangiando qualche stuzzichino messogli vicino dal barista.
-No...non giovane per fare il detective, ma...se non ti scoccia, quante persone hai ucciso nella tua carriera?- le chiese per sicurezza.
-Questa è la seconda, cerco sempre di colpire in punti specifici, niente cuore o testa, ma quando non hai scelta- si tormentò le mani, iniziando ad agitarsi un'altra volta.
-Due volte...accidenti, ma l'hai detto tu...non c'era altro da fare-  cercò di aiutarla.
-Non è un record di cui vantarsi signore...quando uccidi, togli la cosa più preziosa che una persona possa avere a questo mondo, non si può scherzare su queste cose-
-Scusami...scusami, solo...niente, è meglio che io stia zitto...- si trattenne da fare commenti inopportuni.
-Forse è meglio...-
-Posso offrirle il prossimmo giro detective?- le chiese, restituedole il distintivo.
-Si...questo è di molto aiuto- sorrise debolmente, asciugandosi il volto con le mani.
-Prima però vorrei vedere gli occhi della persona con la quale sto parlando- commentò, indicandole il cappuccio.
-Si...certo, beh...non è un bello spettacolo- confessò.
-Non importa, sopravviverò...- alzò le spalle, in attesa di vedere gli occhi della donna.
Si abbassò il cappuccio un secondo dopo e gli occhi dello scrittore incontrarono un paio di pietre preziose bagnate dalle lacrime. Sembravano zaffiri, ma erano più particolari, con delle sfumture che li rendevano unici.
-Ti avevo detto che non era un bello spettacolo- si difese lei, dopo due minuti buoni che la fissava.
-Oh...no,no...io ero rimasto solo un momento...incantato, ecco- confessò, facendola arrossire, ma non lo dette a notare. Aveva già le guance rosse per il freddo.
-E per cosa? Sono sicura che tu conosca ragazze molto più attraenti e formose- commentò, sorprendendolo.
-Deduco che tu sappia chi sono, per dire questo- si sentì un po' offeso.
-Già...Rihard Castle lo scrittore- enfatizzò lei.
-Non so se sentirmi lusingato o offeso- le confessò, facendola ridere per la prima volta.
-Beh...decidi tu, quella che ti fa sentire meglio- gli sorrise.
-Accidenti- rimase un'altra volta ammaliato da  quello sguardo che si era illuminato -Continua a sorridere ragazza!- le disse.
-Perchè?- chiese divertita da quell'affermazione improvvisa.
-Ti si illuminano gli occhi quando lo fai- confessò, facendola arrossire un'altra volta.
La ragazza scosse la testa divertita da quel ragazzo che era riuscito a cambiarle l'umore, ma anche lui era grato per quella distrazione.
-Katherine...Kate- allungò la mano per presentarsi.
-Richard...Rick, ma questo già lo sai-
-Farò finta di non conoscerti allora...- gli sorrise -...E' un vero piacere Rick- gli strinse la mano con delicatezza e sicurezza allo stesso tempo.
-Il piacere è il mio- le sorrise contento.

Dopo essere rimasti al locale per qualche ora, Kate invitò lo scrittore a salire in casa, ma non avevano intenti particolari. Richard si era bagnato la maglietta e lei aveva l'asciugatrice.
-E' carino- commentò lo scrittore, guardandosi attorno.
-Tieni, questa dovrebbe andarti, dovrai aspettare un po' prima di riavere indietro la tua camicia- lo informò, sedendosi sul divano e passandogli una felpa da uomo.
-Di chi è?-
-E' mia...me l'ha regalata mio padre qualche anno fa- gli tolse qualsiasi idea avesse in testa.
-Posso usare il bagno?- le chiese.
-Ma certo...la porta che ti trovi sulla destra- gli indicò, sistemandosi meglio e riordinando qualche oggetto.
Poco dopo Richard tornò da lei con la felpa addosso e messo la camicia nell'asciugatrice.
-Non...ci...credo!- commentò, rimanendo a fissare i libri sui suoi scaffali -Avevi detto di non essere una mia fan- la guardò contento di aver trovato quella miniera d'oro.
-Infatti, ma non ho mai detto che non mi piacessero i tuoi libri- fece spallucce.
-Hai tutti i libri che sono usciti fino all'anno scorso!- lesse i titoli -E questo? Questo è della primissima edizione- prese il volume di 'In a Hail of bullet'.
-Quello era di mia madre- lo informò, cercado di dirgli che doveva fare attenzione.
-Oh...beh, sono contento di vedere qualcuno che apprezza ancora le mie vecchie opere- sorrise.
-Già...che ne dici, ci mettiamo queste come segna libro?- propose lei.
-Perchè no...mi farebbe molto piacere- le prese le fotografie dalle mani e le posizionò all'interno della prima pagina. Le avevano fatte per divertirsi, avevano trovato una di quelle macchinette per le strade e avevano deciso di ricordare quell'incontro con le foto.
-Ci mettiamo anche questo...- ci inserì il biglietto da visita del locale che avevano frequentato per diverse ore.
-Per ricordare, giusto?- la guardò divertito.
-Ovvio..- si sorrisero a vicenda, rimanendo a guardarsi intensamente per tutto il tempo della loro conversazione.
Si ritrovarono il mattino dopo sul letto di Kate, nudi e con chiare prove delle loro attività notturne. Spaventati da quello che entrambi considerarono un errore madornale e si sbrigarono a scappare l'uno dall'altra. Richard se ne andò dalla casa e Kate si rifugiò nella sua doccia.
Quella fu l'ultima volta che l'aveva vista, per poi rincontrarla due mesi dopo.

Era andata a suonare a casa sua e Richard si era già sorpreso nel vederla li.
-Allora, cos'hai da dirmi di così importante?- le chiese, dopo diversi minuti di imbarazzante silenzio.
-Senti...è successo, non era in programma ed è una conseguenza di quello che abbiamo fatto quella sera, io...non so come dirlo...- la ragazza si stava arrotolando i capelli tra le dita, anziosa per la notizia che doveva dargli.
-Beh...inizia con il dirlo...- la spronò.
-Va bene- sospirò profondamente -Sono incinta Castle-
Lo scrittore si strozzò con l'acqua che stava bevendo e la guardò terrorizzato. -Tu cosa?!-
-Sono incinta- ripetè lei, pensando che non avesse sentito.
-Incinta? Aspetti un bambino? Non è possibile!!- si allarmò lo scrittore.
-Scusami?- Kate lo guardò preoccupata per quella reazione strana.
-Anche tu?- si alzò dalla sedia di scatto -Non ti credo! Non è possibile! Vuoi solo i miei soldi!- le disse senza ripensarci.
-Che cosa voglio?- Kate lo guardò arrabbiata.
-I miei soldi, quanto vuoi...dai, spara una cifra che ti preparo l'assegno e non ci vedremo più- le disse, estraendo il blocchetto degli assegni.
-Io non voglio i tuoi dannati soldi!- rifiutò lei, alzandosi a sua volta.
-Come no...tutti voglio dei soldi, allora, quanto vuoi? Quanto vuoi per cancellare questa gravidanza fasulla e scomparire?- le chiese ancora, scrivendo una cifra allucinante.
-Io...non sto cercando soldi, sono venuta a dirti che sono incinta e guarda che fai tu...- gli indicò la situazione.
-Senti...prendi questo e sparisci! Tu non sei incinta, non lo sei e non lo sarai mai. Non di me, almeno, quindi fa quello che fanno tutte...prendi questi dannati soldi e vattene!- le lanciò l'assegno ed attese. Era arrabbiato. Un'altra volta? Non bastava Gina ad essere rimasta incinta, ora anche quella sconosciuta? No, non era possibile, non era vero!
-Signor Castle...- Kate si sistemò la giacca che aveva addosso -...io non ero qui per i suoi soldi, non mento e non mi permetterei mai di farlo, quindi...- prese l'assegno e lo strappò davanti agli occhi allibiti dello scrittore che non poteva credere ai suoi occhi -...mi scusi se l'ho disturbata, non succederà più- gli disse, incamminandosi per il marciapiede e lascindolo li, ancora arrabbiato e convinto che non era incinta, o che il baambino non era il suo.
-Ecco brava...-
-Ah...forse questo dovresti tenerlo tu, magari un giorno ci ripenserai, anche se potrebbe essere troppo tardi- gli disse, lasciando la copo di 'In a Hail of Bullet' sul tavolino del locale, insieme ad una banconota per pagare la colazione che aveva preso.


-Non riesco a crederci!- Martha lo guardò severamente per quello che le aveva raccontato.
-Lo so...ma era un periodo buio e pieno di tormenti per me, che ne sapevo che diceva la verità- cercò di giustificarsi.
-Non hai mai aperto quel libro?- gli chiese Martha.
-No, l'ho messo dentro ad una scatola e li è rimasto fino ad oggi...- rispose ancora.
-Dio che disastro! E' adesso? Io non la biasimerei se non volesse farti avvicinare al bambino!- commentò la rossa.
-Già, nemmeno io...ma forse potrebbe farlo per Samuel- sperò Richard.
-Beh, lei ha lanciato il dado...ora tocca a te figliolo, che farai sabato sera?- gli chiese sua madre.
-Che dovrei fare? Andare alla cena alla quale mi hanno invitato poco fa?- affermando quello che era ovvio.
-Bene, perchè quella donna ti ha già messo alla prova senza che tu te ne accorgessi- gli rivelò.
-Che intendi dire?-
-Dico che sabato hai già un impegno- gli ricordò.
-La serata di gala organizzata dal sindaco- ripensò lui preoccupato.
-Esattamente, quella serata di gala alla quale hai detto che saresti andato anche da morto?- lo guardò Martha con un sorriso di comprensione.
-Accidenti...non ricordavo già più...- si maledì -Potrei chiedere di cambiare il giorno della cena- sperò.
-Sei proprio un idiota Richard Castle, mi sembra ovvio che quella ragazza voglia metterti davanti alla decisione: Samuel o Fama?- imitò il movimento di una bilancia, per fargli capire che doveva trovare il modo per essere presente a quella cena, anche se avrebbe fatto una figuraccia davanti ai suoi conoscenti altolocati.

Angolo Autrice.
​Eccomi ancora con un nuovo capitolo. Questo l'ho dedicato al passato, a quello che è successo a Rick e Kate otto anni prima, ma non ho inserito ogni cosa, volevo riservarmi qualcosa per i capitoli futuri. Comunque, ancora non ho specificato il motivo per il quale Castle ha dimenticato completamente Kate e il bambino, ma lo capirete sicuramente negli episodi a venire.
​Ringrazio di cuore tutti voi che avete letto il capitolo precedente e leggerete questo, ma soprattutto quelli che hanno lasciato dei commenti alla mia storia. Grazie infinite. Al prossimo capitolo.
​Francy.

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Capitolo 5
*** Preoccupazioni ***


PREOCCUPAZIONI
 
Quel pomeriggio era stato veramento entusiasmante. Erano tornati esausti dalla spiaggia. Samuel si era addormentato in macchina durante il tragitto per tornare a casa ed ora si trovava nel suo letto con sua madre che gli baciò la fronte e lo coprì con solo il lenzuolo, visto il caldo che faceva.
Rimase ad osservarlo per qualche minuto prima di tornare in soggiorno, non era stanca da andare a dormire, aveva solo bisogno di un po' di relax tutto per se. Si versò un bicchiere di vino rosso e si immerse nella vasca che aveva riempito. Quello che la preoccupava di più non era il lavoro, non era Samuel, non era nessuno se non quel maledetto scrittore che le era piombato nella sua vita un'altra volta come un boomerang. I suoi pensieri tornarono indietro di otto anni. Di lei che era in quel locale e di come aveva conosciuto lo scrittore.

 
-Quindi mi conosci, deduco che tu sia una mia fan- le fece l'occhiolino e interessandosi alla futura risposta.
-Non montarti la testa scrittoruccio, mi piace il genere e tu, se non sbaglio, scrivi romanzi gialli- fece spallucce.
-Certo...certo...questa è la scusa più banale che abbia mai sentito- la guardò scettico lui.
-Ti sono forse saltata addosso come una fan scatenata?- lui scosse il capo -Quindi, mi sembra, di non essermi avvicinata neanche per chiedere un autografo- ancora un cenno di dissenso -Bene e non ho neanche fatto la fan più comune, vuole autografarmi il seno?-
-Questo non mi dispiacerebbe- le sorrise malizioso.
-Si...beh, nei tuoi sogni, non mi abbasserei mai a quel livello!- gli puntò il dito contro.
-Forse non hai fatto niente di tutto ciò perchè...quando sei entrata, avevi la testa piena di altra roba- cercò di convincerla che era veramente una sua fan.
-Beh...ora non sto pensando ad altro, quindi, perchè non ti sono saltata addosso?- domandò accigliata.
-Ok...ok, mi ritiro da questo round- alzò le mani lui.
-Ecco bravo...- entrambi scoppiarono a ridere e lui si mise a fissarla un'altra volta, facendola arrossire.

 
Il volto di Kate si era illuminato a quel ricordo, ma subito dopo divenne nero al ricordo di quello che era successo dopo quella serata. Quello che lo scrittore era stato capace di dirle e il motivo per il quale aveva rinunciato ad insistere.
 
-Signor Castle!! Signor Castle!!- Lo scrittore si voltò per guardare tra la folla che lo accerchiava ed incontrò due occhi, ormai familiari.
-Le avevo esplicitamente detto di stare lontano da me e la mia famiglia!!- Richard la prese e la portò sul vicolò antistante il palazzo per un po' di privacy.
-Lei non ha aperto il libro, deduco- rimase delusa la donna.
-Senta, non tempo di giocare con lei, si trovi un altro passatempo...inizia a stufarmi con questa storia, non le sono bastati i soldi che le avevo proposto l'altra volta? Le propongo il doppio, ma la prego...se ne vada dalla mia vita!!- la supplicò -Io domani mi sposo e si da il caso che è la mia fidanzata ad essere incinta!- gli urlò quasi in faccia, spaventandola per quel comportamento.
-Lei non mi crederà mai vero?- lo guardò, ora tranquilla, negli occhi. Sembrava aver chiuso la speranza e la rabbia in una scatola lontana -Beh...speravo fosse veramente una persona ragionevole, non importa...almeno ho la coscienza apposto, sarà lei a rimpiangere questo giorno e la sua decisione signor Castle. Io sono incinta veramente, che lei ci creda o no, sono fatti suoi...- si voltò per andarsene -...buona fortuna con la sua fidanzata e addio...spero di non rivederla più, adesso che ci penso, è meglio che mio figlio non la conosca- concluse, voltando l'angolo e lasciandolo ai suoi pensieri.
Kate corse via, emozioni contrastanti la stavano travolgendo, per non parlare dell'aggiunta degli ormoni della maternità. Le lacrime iniziarono a scorrerle in viso, ma erano trattenute, almeno fino a quando non raggiunse la sua macchina e ci si nascosa dentro. Li si lasciò andare ad un pianto liberatorio, un pianto che espirmeva tutto il suo dolore e la sua disperazione. Si calmò solo quando poggiò gli occhi sulla fotografia che era rimasta sul sedile del passeggero, con le mani la raccolse e la accarezzò con estrema delicatezza per paura di romperla. Era l'ecografia di suo figlio. Decise che non avrebbe più pianto, che sarebbe stata più forte, che avrebbe dato tutto al bambino che stava aspettando. Con le mani cacciò via  le lacrime dagli occhi e guardò avanti. Ora, aveva la consapevolezza, di dover crescere il suo bambino da sola e che gli avrebbe dato tutto quello che aveva.

 
Kate sospirò profondamente e si nascose con la testa sotto l'acqua della vasca, per scacciare quei pensieri e rimanere calma. Non doveva piangere, lo aveva promesso a se stessa e al bambino che occupava la camera vicino. Doveva essere forte per lui. Uscì dall'acqua e si sistemò un asciugamano attorno al corpo, spostandosi nella sua camera per mettersi il pigiama. Si addormentò con la consapevolezza che il giorno che stava per arrivare sarebbe stato difficile da affrontare, con un vaso di pandora che sperava, non sarebbe stato aperto.
 
Il giorno seguente, Kate, lo passò ai fornelli. Aveva ricevuto la conferma per la cena qualche giorno prima. Adorava cucinare, non che ne avesse tanto tempo con il suo lavoro, ma preferiva dare da mangiare a suo figlio cose preparate in casa e non quelle già pronte del supermercato.
-Che faccio ora?- chiese il piccolo Samuel, arrampicato sullo sgabello del bancone.
-Guarda, vuoi mettere i lamponi sulla pannacotta?- gli propose, indicando la scatoletta vicino al frigorifero.
-Ve bene...posso mangiarne uno?- le sorrise goloso.
-Si, ma uno solo!- lo avvertì, avvicinandosi e sporcandolo di cioccolata sul naso.
-Buona...cos'è?-
-Pinguì- gli rispose, facendolo avvicinare a lei, perdendo interesse per i lamponi.
-Vuoi mangiare una cosa buona?- gli propose Kate, prendendo un lampone dalla scatola e passandola sulla cioccolata fusa -Prova...- lo passò a Samuel che la guardò titubante. Prese il frutto tra le mani e lo mangiò tutto intero, per poi porgere la mano alla mamma per averne un altro.
-Ah...ah...- lo sporcò nuovamente sul naso e poi con due strisce sulle guanciotte -Mio piccolo indiano, l'accordo era per uno!- gli ricordò.
-Uno solo e basta...poi mangerò anche i fagiolini!- la guardò con occhioni da cucciolo -Perfavore?!- aggiunse, cercando di convincere sua madre.
-E va bene...piccola canaglia! Tieni...- gli passò un'altro frutto cioccolatoso, che non prese neanche in mano, mangiandolo direttamente dalle dita di sua madre.
-Mi piace...- si entusiasmò, guardandosi il viso sul riflesso del frigorifero.
-Già...beh, vatti a lavare, i nostri ospiti arriveranno a momenti- lo informò lei.
-Non hai qualcosa di colorato?- chiese, come se non l'avesse sentita.
-Tipo questo?!- ridacchiò lei, prendendo la salsa di lamponi usata per la pannacotta, aggiungendo delle strisce rosse a quelle marroni del cioccolato.
-Cos'ì è molto meglio!! Ora sono un capo tribù...- rise, saltando per raggiungere la sua camera. Ne tornò poco dopo con arco e frecce.
-Manca qualcosa?- Kate ripose il dolce nel frigorifero e si mise a guardare suo figlio che rideva giocoso.
-Oh...è vero!- si fiondò nuovamente in camera e si presentò a lei con unafascia sulla testa, dove c'era una piuma attaccata.
-Ora si che sei un vero indiano!!-
-No...aspetta...- Il bambino si tolse la maglietta e le scarpe, rimanendo solo con i pantaloncini corti, raggiungendo le due ciotole con le salse.
-Aspetta mostriciattolo o dovremmo pulire, invece che cenare- lo aiutò lei, facendo dei segni con il marrone del cioccolato e il rosso del lampone sul petto e sulla pancia di suo figlio.
-Adesso sono un vero indiano!- sorrise, andando in camera di sua madre per guardarsi allo specchio più grande.
Kate scosse la testa sorridendo, sistemando le ultime cose in cucina e preparandosi per apparecchiare la tavola.
In quel momento suonò il campanello dell'appartamento, sorprendendo Kate che controllò l'orologio da muro, erano appena le sette di sera.
-Vado io mamma...- gli urlò il figlio dal corridoio, aprendo la porta e puntando arco e frecce contro i possibili ospiti -Chi va la?- chiese, guardando tre persone sorprese e divertite che abbassarono lo sguardo su di lui.
-Samuel! Quante volte ti ho detto di chiedere chi è prima di aprire la porta?- lo riprese sua madre, raggiungendolo in soggiorno.
-Oh...è vero, mi ero dimenticato!- abbassò l'arma giocattolo e guardò sua madre colpevole.
-Sembra che qualcuno si stia divertendo molto!- Alexis sorrise alla vista di qello che era sua frotello minore.
-Si...sono l'ultimo della tribuù dei...- ci pensò su -...com'era mamma?- guardò sua madre dubbioso.
-Mohicani- gli ricordò lei ridendo e portando piatti e bicchieri nella tavola più grande che era in soggiorno.
-Giusto...Mohicani- tornò a guardare i tre ospiti.
-Hai visto il film?- si sorprese Richard.
-No...lo abbiamo imparato a scuola, è una delle tribù che c'erano prima di costruire New York...c'è anche un film?- si interessò il bambino.
-Oh...è vero...comunque si, c'è anche un film, ma aspetterei a fartelo vedere- gli sorrise.
-Che bello che siete venuti!!- Samuel si avviò per abbracciare Richard, ma le mani pronte di sua madre lo fermarono all'istante, sorprendendo tutti.
-Non vorrai riempire di marmellata e cioccolato i vestiti dei nostri ospiti!- lo guardò lei, facendo rilassare tutti.
Samuel si guardò il corpo coperto di quelle salse e ridacchiò -Poteva essere divertente!- si limitò a dire.
-Certo...aspetta che ti pulisco!- Kate prese una spugnetta inumidita con un secchio, per pulire il bambino, lo fece con estrema delicatezza e rapidità.
-Ora posso andare?- chiese, notando di essere del tutto pulito.
-Si, aspetta solo un secondo...- Kate prese la maglietta che si era tolto prima e gliela infilò, come le scarpe -...ora sei libero di fare danni!- gli solleticò la pancia, facendolo ridere e scattare in direzione dei tre che erano ancora fermi alla porta.
-Siete venuti!- li abbracciò tutti e tre, facendoli sorridere.
-Non saremmo mancati per niente al mondo!- Rick si accovacciò per porgere al bambino un pacchetto regalo.
-E' per me?- chiese curioso.
-Certo, per chi altri?-
-Samuel, perchè prima di aprirlo non fai accomodare i nostri ospiti sul divano? Non vorrai farli rimanere in piedi li per tutta la sera!- gli ricordò sua madre.
-Si...venite- il piccolo stava studiando il pacchetto che gli era stato portato, sedendosi sul tappeto davanti al divano.
-Fattelo dire Katherine, hai una bellissima casa!- si complimentò Martha, guardando la donna indaffarata a preparare la tavola e tutto il resto.
-La ringrazio Martha, ma voi accomodatevi...io vi raggiungo subito- lo sguardo di Kate era tranquillo e sereno -Vi posso portare qualcosa?-
-Io un bicchiere di vino se posso- chiese la rossa.
-Mamma?!- la riprese suo figlio.
-Ma...-
-Hai delle preferenze o decido io?- Kate rassicurò Rick che non c'erano problemi.
-No...scegli tu cara, mi fido-
Kate tornò da loro con tre calici di vino e una bottiglia, appoggiandoli sul tavolo di vetro.
-Che ti ha regalato?- chiese, interessandosi, mentre riempiva i bicchieri con del vino bianco frizzante.
-Mi ha regalato Bumblebee!- sorrise contento ed entusiasta, muovendo la macchina tra le mani e scomponendola per trasformarla nel personaggio di Transformers.
-Sbaglio o era quello che ti mancava dalla tua collezione?-
-E' vero...grazie...grazie!!!- si lanciò tra le braccia di Richard che alzò lo sguardo su Kate, mimando un 'grazie'. Quando l'aveva chiamata per confermarle la cena, le aveva chiesto anche consiglio su un regalo che potesse piacere al bambino.
-Ti va di vedere delle foto?- chiese Samuel, guardando Richard.
-Ma certo...se sono tue ovviamente!!-
-Certo che sono mie...- aprì un enorme album sul tavolino ed iniziò a sfogliarlo.
Richard osservò ed ascoltò ogni singola parola di quello ch gli diceva.
-Eri un bambino bellissimo!- Alexis guardò sorridente le fotografie, soffermandosi sulla primissima. Era di Sammy di qualche giorno, avvolto in una copertina blu.
-In quella foto aveva un giorno- li informò Kate, che si era fermata a vedere cosa stessero facendo -eravamo ancora in ospedale- confidò.
-E' stato un parto facile?- si informò Martha.
-Il travaglio è durato dodici ore...- Martha la guardò con una smorfia -...ma ne è valsa la pena, è stato...- Richard la guardò vagare tra i ricordi e illuminarsi -...magico...quando me lo hanno messo tra le braccia, è stato come cancellare tutto il mondo intorno, eravamo solo io e lui- sorrise con gli occhi che le brillavano.
-Deve essere stato veramente magico!- commentò ancora Martha, mentre Richard era stranamente silenzioso, che continuava a sfogliare delle altre foto, ma con le mani che tremavano.
-Scusate...- si alzò di scatto dal divano -Ho bisogno di aria...- uscì dall'appartamento senza dare spiegazioni alle persone preoccupate sul divano, l'unica che forse aveva capito era Kate.
-Papà?!- Alexis si era alzata, ma la fermò la padrona di casa.
-Vado io...Samuel, continua a guardare le foto con loro, noi torniamo subuto- lo rassicurò lei con un sorriso, uscendo dall'appartamento.
-Cos'ho fatto?- si preoccupò Samuel.
-Niente piccolo, non hai fatto niente!- lo rassicurò Martha -Dai...fammi vedere altre foto- si avvicinò a lui.

​Angolo Autrice:
​Salve a tutti, eccomi con questa nuova parte della storia. Sono contenta dei vostri commenti alla storia e alle persone che la seguono. Spero di continuare ad interessarvi, leggete e fatemi sapere cosa ne pensate, vi aspetto al prossimo capitolo
Francy.

​P.S.: Avete dato un'occhiata al trailer di Absentia? E' spettacolare! E Stana? Sempre perfetta.

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Capitolo 6
*** Voglia di dimenticare ***


 
VOGLIA DI DIMENTICARE
 
 
-Adesso piantala di piangerti addosso!!- Kate fermò il suo sproloquiare senza senso, sorprendendolo e spaventandolo -Pensi che mi beva tutte queste scene?! Otto anni fa eri lucido, sobrio e consapevole delle tue azioni e ora vuoi farmi benere che ti sei dimenticato di ogni cosa!! Che razza di persona sei?!- Kate sembrava infuriata, quei lamenti da parte dello scrittore l'avevano infastidita.
-Kate...posso spiegare...io...-
-TU COSA?!- i suoi occhi erano infuocati -se fosse stato importante per te, avresti preso una decisione diversa allora, ma no...un bambino viene a bussarti a casa e tu che fai? Inizi a tremare come una foglia e inizi a chiederti come hai fatto...come hai fatto cosa?- lo guardò seria.
-Io non ricordo veramente!-
-Certo...certo e io vengo da Marte! Non si dimentica una cosa simile neanche a forza di bombardarti il cervello!- lo fermò ancora.
-Pensavo ti andasse bene che io lo conoscessi- cercò di caprie, era improvvisa e inaspettata quella reazione, dopo le precedenti volte in cui era stata tranquilla e rilassata.
-HAI PENSATO VERAMENTE QUESTA COSA?- si infuriò ancora -Tu hai la minima idea di quello che ho passato dopo che hai deciso di negare categoricamente il fatto che io sia rimasta incinta? Sai quanto è difficile per una donna farsi rispettare in un mondo di uomini? Una donna che oltre tutto è rimasta incinta di uno sconosciuto? No...no e no...non sai niente!- si voltò per cercare di calmarsi -Ma sai? Mi sono rimboccata le maniche, sono andata avanti, un passo dietro l'altro e sono soddisfatta, ho un figlio stupendo e un lavoro che amo, ma niente...sei ripiombato nella mia vita come un macigno e ora non posso neanche dire io di no- si appoggiò alla parete sconfitta.
-Ti stai portando tutta questa rabbia dentro?- Richard si pentì di aver fatto quella domanda inutile -Cioè...io volevo dire...-
-Questo è niente signor Castle, è meglio per lei non vedermi veramente arrabbiata...quindi ora le chiedo: Che intenzioni ha?- si voltò e lo guardò dritto negli occhi.
-Pensavo ti andasse bene veramente che io frequentassi Sammy- cercò di capire quello che pensava.
-Castle!- lo riprese lei, schioccando le dita davanti alla sua faccia -Qui non stiamo parlando di me, stiamo parlando di Samuel che vuole conoscere suo padre...quello che voglio io passa in secondo piano! Ora lo richiedo, che intenzioni ha?- lo guardò indagatore.
-Io voglio conoscerlo, voglio essere il padre che si merita!-
-E lo farà scappando ogni volta che si troverà in un momento di crisi?- gli indicò la porta dell'appartamento dal quale erano usciti.
-Io...ho avuto solo un momento, non riesco ad immaginare di aver perso i primi sette anni di vita di Sammy- distolse lo sguardo per paura di essere trafitto.
-Bene, ma adesso Samuel è li dentro- indicò nuovamente la porta -è stato lui ad aprirti le sue porte per conoscerti, quindi la mia domanda è...di cosa hai paura adesso?-
-Io...non ho paura- alzò le spalle e tornando a guardarla. Lei alzò un sopracciglio -E va bene...forse sono terrorizzato dal fatto che Samuel mi odierà quando scoprirà quello che è successo-
-Per quanto posso pesarmi, da me non saprà niente, quindi può stare tranquillo Castle...però voglio essere sicura di una cosa. Sei dentro o resterai con una gamba fuori?- lui aggrottò la fronte, sapendo cosa significasse.
-Sono dentro!-
-Mi basta questo- sospirò, tornando in posizione eretta -Ma l'avverto scrittore! Mi sembra di aver già detto una cosa simile, ma la ripeterò. Guai e dico guai a lei! Deludi, ferisci o qualsiasi altra cosa che possa disturbare mio figlio! Ti distruggo, mi ha capito?! Sono una persona tranquilla, ma tu osa solo fare del male alla mia famiglia e ti faccio vedere cosa ti aspetta!- gli puntò il dito contro.
-O...ok-
-Adesso torniamo dentro e faremo finta di nulla, ma tenga bene a mente le mie parole- concluse, aprendo la porta e tornando in casa.

 

Due detective del dodicesimo distretto erano appoggiati alla parete per spiare la persona che si stava allenando in palestra. Questa colpiva incessantemente il saccco da pugile appeso al soffitto e sembrava piena di forza e rabbia.
-Che state facendo ragazzi? Oltre a spiare la vostra collega?- li fece sobbalzare il capitano Montgomery.
-Dobbiamo mostrare dei risultati a Beckett- rispose Esposito.
-E allora che aspettate?-
-Beh...ecco, Lanie ci ha detto che non era molto malleabile oggi e non si è capito per quale motivo, volevamo evitare di prendere il posto di quel sacco da box- lo guardarono preoccupati.
-Non fate i bambini e andate a parlarle!-
-Signore...noi...-
-BECKETT!- la chiamò lui stesso, facendola voltare e incrociando due occhi di fuoco che incutevano terrore -Niente...quando hai finito ti aspettiamo disopra- la rassicurò lui, gesticolando. Tornò suo suoi passi, ma si trovò due detective che lo fissavano come a dire 'te l'avevo detto'.

 
-Un penny per i tuoi pensieri- Martha si avvicinò a Richard che guardava fuori dalla finestra da diverso tempo ormai.
-Eh? Non sto pensando a niente mamma- le sorrise, voleva tenerla fuori dai suoi problemi e da quelli che aveva creato.
-Veramente? Perchè da quando siamo tornati a casa, l'altro ieri, sei taciturno e serioso, non è da te figliolo- gli appoggiò una mano sulla spalla.
-Si tratta di quella donna, Kate- sospirò -Mi era sembrata così calma e tranquilla nel voler gestire la questione di Sammy- cercò di spiegare.
-E invece?- usò la mano per farlo continuare.
-E invece dietro a quel volto angelico, si nasconde una tigre...con artigli affilati e lo sguardo assassino- cercò di spiegarle.
-Si è arrabbiata così tanto?-
-C'è una cosa che non ti ho detto...- annuì, tornando a fissare gli edifici davanti a se.
-Cosa?-
-Dopo che io e Gina ci siamo sposati...sai perchè lo abbiamo fatto no?- lei annuì -Beh...la storia del bambino non era vera, se l'era inventata per diventare mia moglie...l'ho scoperto qualche mese dopo essere tornati dalla luna di miele- confessò, facendo sgranare gli occhi alla povera Martha.
-Non era incinta? E tuti quei pianti per la perdita del bambino e...-
-Era tutta una farsa, una cosa inventata...in breve ha pagato un ginecologo per dire il falzo-
-Perchè non hai chiesto subito il divorzio?- non riusciva a capire.
-Perchè se ricordi, aveva instaurato un rapporto con Alexis dopo l'accaduto, erano diventate amiche e Lex la considerava come una sorella e ho pensato...-
-Potrebbe rappresentare quel ruolo di madre che Meredith ha rifiutato- annuì, capendo il suo ragionamento.
-Sta di fatto che non riuscivo più a guardarla negli occhi, non riuscivo a crederci o forse non volevo crederci- scosse il capo -Lei non voleva dei figli, lo aveva sempre detto eppure puf...è rimasta incinta e per di più mi dice che si sarebbe presa cura di Alexis e del bambino se ci fossimo sposati, quindi io l'ho fatto...-
-Cos'è successo dopo? Per aver fatto funzionare il matrimonio cinque anni, devi aver avuto un ottimo self control e delle innate capacità teatrali...- cercò di entrare di più in quella storia.
-Sono andato a delle sedute dallo psicologo...ne avevo proprio bisogno, prima il dolore per la morte di mio figlio che non era neanche nato e poi la consapevolezza che non sarebbe mai nato comunque- sospirò -ero distrutto, riuscivo a malapena a sorridere ad Alexis e lei non se lo meritava- continuò.
-Com'è che non mi sono accorta di nulla?-
-Tu avevi i tuoi problemi con quel Rob...credo si chiamasse così e non volevo tormentarti, però ero proprio uno straccio...quindi, decisi di rimediare-
-In che modo?-
-Ho chiesto al dottore di farmi dimenticare...dimenticare la gravidanza fasulla e...in pratica le prime due settimane prima del matrimonio frettoloso e i tre mesi successivi. Abbiamo sostituito quei ricordi con degli altri, così che il matrimonio non mi sarebbe sembrata una magia e ho dimenticato ogni cosa dei due mesi passati- alzò le spalle.
-E fammi indovinare...il ricordo di Kate era incentrato in quel periodo?- gli chiese.
-Già...ero così contrariato all'ora che non mi aveva minimamente sfiorato l'idea che quella ragazza sbucata dal nulla dicesse la vertià, mentre la mia ragazza, con la quale stavo insieme da due anni ormai, mi abbia mentito spudoratamente- si versò un bicchiere dii scotch e lo scolò in un sorso.
-Oh...Richard, non potevi cacciarti in una situazione peggiore!- lo accarezzò sua madre -Questo lo hai detto a Katherine?-
-NO...sei matta?- negò categorico -Certo che no...non voglio che pensi che abbia agito in quel modo per venire meno ai miei doveri di padre!- si giustificò.
-O forse...potrebbe capire e diminuire quella rabbia che hai detto avere dentro- fece spallucce lei, mentre lui ci ragionava sopra -ma come hai fatto a ricordare ogni cosa adesso?-
-Il dottore ha detto che sarebbe bastato poco per ricordare, un oggetto che riprenda gli eventi accaduti e tutto torno a galla- spiegò.
-E in questo caso è stato quel libro con le foto...- lui annuì, guardando il volume sulla sua scrivania.
-Senti mamma, per ora non voglio che questa storia si venga a sapere...soprattutto Alexis, non voglio distruggerle i ricordi dell'infanzia!- le disse.
-Puoi stare tranquillo figliolo, ma sappi che prima o poi i nodi vengono al pettine, non puoi aspettare che sia qualcun'altro a dirlo...sia ad Alexis che a Kate- lo avvertì, bevendo un sorso del liquore ambrato anche lei.


Angolo autrice:
​Eccomi tornata. Sono stracontenta delle vostre recensioni e che abbiate letto in tanti la mia storia. Qui spero di rispondere ad altre domande riguardo a cosa è successo con Castle e i suoi ricordi. Beckett non è calma e tranquilla come ha dato a vedere all'inizio, è solo molto brava a camuffare i suoi sentimenti. Vi ringrazio ancora e spero di conoscere i vosti pareri anche su questo nuovo capitolo. Grazie.
​Francy.
 

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Capitolo 7
*** Una serata inaspettata ***


UNA SERATA INASPETTATA
 
All'uscita da scuola Sammy era seduto sui gradini che faceva i suoi compiti. Era talmente concentrato che non aveva visto arrivare la giovane dai capelli rossi che gli si era avvicinata curiosa.
-Hey Sammy? Che ci fai ancora qui?- gli chiese, facendolo voltare di scatto.
-Sto aspettando mamma, ha detto che ritardava un poco oggi, così ho deciso di iniziare i compiti- fece spallucce.
-Succede spesso?- si informò.
-No...non così spesso, ma fa un lavoro difficile, a volte è trattenuta dai cattivi- gli rispose, riponendo i libri nella sua cartella.
-Deve essere brutto per te vederla poco-
-In realtà noi ci vediamo molto spesso- la corresse -Quando esco da scuola è lei che mi viene a prendere tutti i giorni, si a volte manda nonno o gli zii, ma c'è sempre lei e andiamo a fare colazione in qualche posto carino- spiegò.
-Ma come fa con il suo lavoro?-
-Non lo so...- fece spallucce -...ha detto che non dovevo preoccuparmi minimamente di questo, perché il mio compito è farla felice e il suo di far felice me- sorrise.
-Sei molto legato alla tua mamma- poteva vedere la luce dei suoi occhi quando parlava di lei.
-Beh...certo, è la mia mamma...lo sarai anche tu con la tua- Alexis non lo fece notare al bambino, ma un po' lo invidiava, anche se lei aveva suo padre.
-Non sei arrabbiato con lei?-
Il bambino aggrottò la fronte -Perché dovrei? Perché non mi ha detto chi era mio padre?- lei annuì -Ho sentito parlare molto di lui, in realtà, non conoscevo ancora il nome, ma la zia Lanie dice che la mamma ha sofferto molto a causa sua- confessò.
-Te lo ha detto lei?-
-No...ho origliato la conversazione che aveva avuto con il nonno- confessò.
-E sapendolo, lo vuoi conoscere lo stesso?-
-Certo...è mio padre- fece spallucce, guardando la macchina che era entrata nel parcheggio.
Alexis seguì il suo sguardò e scoprì che era Beckett la donna che aveva attirato la sua attenzione.
-Perché hai questa macchina? - gli chiese Samuel, correndole incontro.
-Vuoi indovinare? - gli fece l'occhiolino, prendendo lo zaino dalle sue spalle.
-Non devi lavorare? - chiese, ancora insicuro.
-Abbiamo tutto il pomeriggio per noi- gli fece illuminare il volto a quella notizia.
-Veramente? - lei annuì -Veramente...veramente? - lei scoppiò a ridere, prendendolo tra le braccia e riempiendolo di baci.
-Allora...ho pensato...- lo rimise a terra -mi piacerebbe qualcosa di pieno di zuccheri per iniziare, poi non so...un certo posto sulla costa e cenare al Billy Burger, che ne dici?- gli propose.
-Dico che è ok...ma io sono ancora in divisa! - le fece notare.
-Con chi credi di star parlando? - gli scompigliò i capelli, facendolo ridacchiare.
-Mamma...- il bambino fece qualche passo indietro -...può venire anche Alexis con noi? - le chiese, facendole alzare lo sguardo sulla ragazza.
-Io...non voglio disturbare...- cercò di aiutare la donna a dire di no.
-Perché no...basta che lo chieda a suo padre...- le sorrise, sorprendendola.
-Evviva!! Evviva! - esultò Sammy.
-Però...anche lei ha la sua divisa, non vorremo farla sporcare?!- l'entusiasmo si spense.
-Significa che non può venire con noi? -
-No...sto dicendo che l'accompagneremo a casa, così chiederà il permesso e si cambierà, nel frattempo noi potremmo chiederle un posto dove far cambiare te- propose.
-Possiamo cambiarci a casa tua? - Sammy si fiondò su Alexis con gli occhioni da cucciolo.
-Certo...- gli sorrise.
-Allora forza...tutti in macchina! - usò il braccio per indicare la direzione da prendere -Ah..ah...Samuel Beckett!- lo fermò, nel vedere che stava salendo davanti.
-Uffi...- si spostò allo sportello posteriore e salì.
-Alexis, puoi salire davanti se vuoi...o puoi fare compagnia al nostro teppistello- le propose, cercando di instaurare una relazione tranquilla con quella ragazza. Non voleva dare la colpa dei suoi problemi a due bambini.
 
-Papà? - Alexis aprì la porta del loft, incontrando gli occhi di sua nonna che la guardava sorpresa.
-Sei tornata presto...-
-Mi hanno accompagnato- le rispose -dov'è papà?- le chiese.
-Non c'è...oggi è a quella rassegna stampa per il suo libro- le ricordò.
-E' vero...beh, io esco e non ci sono per cena...- le disse.
-Ok...e dove vai?- si informò la donna.
-A fare un giro...non so ancora dove-
-E con chi?- in quel momento bussarono alla porta e Alexis aprì ai suoi ospiti.
-Con loro...- Martha spalancò la porta sorpresa più che mai nel vedere Katherine e il piccolo Sammy.
-Salve signora Rodgers...spero di non disturbare- si accertò Kate, entrando in casa.
-No...no, figurati cara...solo...- le fece un gesto con la mano per dire che non importava.
-Kate userà il soggiorno per cambiare Samuel, io vado un momento disopra per fare lo stesso- Alexis corse in aiuto di sua nonna.
-Va bene...-
Dieci minuti dopo, Alexis scese le scale con dei semplici jeans chiari e una t-shirt. Samuel indossava dei bermuda verde militare e una polo bianca con la stampa di un personaggio dei fumetti.
-Hai avvertito tuo padre?- si informò Kate, sistemando la divisa di suo figlio in modo da non lasciare pieghe.
-Si...- Martha lanciò un'occhiata a sua nipote.
-Bene, allora possiamo andare...- disse, prendendo la stampella e il borsone, per poi guardare le due rosse e dirigendosi alla porta.
-Non lo hai detto a tuo padre?- le sussurrò.
-No...non voglio dirglielo finché non tornerò questa sera, lo conosci e voglio capire che tipo di persona è questa Kate- fece spallucce.
-Il tuo segreto è al sicuro cara...divertiti- le lasciò un bacio sulla guancia.
 
-Non vuoi proprio dirmi dove è andata?- chiese curioso Castle.
-No...ho promesso di non dirtelo, ma stai tranquillo, sono sicura che sia in buone mani- lo rassicurò lei.
-Ha un ragazzo? E' per questo che non vuoi dirmelo?- indagò a fondo.
-No...ma non sarebbe una cattiva idea- un'occhiata fulminea la colpì in pieno.
-Ciao papà!!- Un tornado dai capelli rossi invase la stanza sorprendendoli -Hai già cenato? - gli chiese entusiasta.
-Io no...perché?- chiese ancora frastornato.
-Perché ti ho portato una sorpresa- gli fece l'occhiolino, facendo segno a qualcuno di entrare.
Un altro tornado prese alla sprovvista lo scrittore, saltandogli addosso.
-Ciao!- due occhioni verdi lo sorpresero. Era una settimana che non li incontrava.
-Samuel?- si sorprese Richard con un sorriso che si spense -Dimmi che non sei scappato...- pregò.
-Non è scappato, altrimenti sarebbe andato in punizione a vita- la voce femminile, ormai nota, lo fece saltare dal divano per accertarsi della reale presenza della donna. Se la trovò davanti a se con tre buste del Billy Burger e lo sguardo sereno. Era una bellissima donna, anche in jeans e maglietta.
-Ciao...- la salutò sorpreso -...un momento, è lei la persona con la quale sei uscita?- si voltò verso la figlia.
-Non lo avevi detto a tuo padre?- la donna guardò seria la povera ragazza.
-Lo avevo detto alla nonna e mi sono dimenticata di chiamare papà- cercò di scusarsi.
I due adulti sospirarono, era un'adolescente.
-Ceniamo?- propose Samuel, rompendo il silenzio che si era creato.
-Si...certo...- Richard andò ad aiutare Kate con le buste e la condusse alla tavola.
-Che cosa avete fatto?- chiese Richard, curioso di sapere come avevano passato il pomeriggio.
-Siamo andati al parco giochi lungo la costa- lo informò Kate.
-Abbiamo preso un mega zucchero filato, poi siamo andati sulle giostre e la casa degli specchi- si intromise Sammy, mangiando il suo hamburger.
-Abbiamo fatto anche una gara allo spara tutto- Alexis sorrise al ricordo -Io e Sammy contro Kate-
Kate? Richard si sorprese di tanta confidenza. -E chi ha vinto?-
-Mamma...ma non vale, lei usa la pistola tutti i giorni- si lamentò Samuel.
-Hai detto tu che non dovevo farti vincere apposta!- gli fece l'occhiolino sua madre.
Passarono la cena mangiando schifezze e parlando di Alexis e Sammy, così non c'erano possibili argomenti che avrebbero rovinato tutto.
-Santi...avrei bisogno di usare il bagno...- chiese imbarazzata Kate.
-Oh...certo...la porta a sinistra dello studio- le indicò, vedendola già alzata.
-Grazie- annuì avviandosi in quella direzione.
 
Kate si lavò le mani e intanto che c'era si rinfrescò il viso, guardando il suo riflesso sullo specchio enorme. Sospirò ed uscì dal bagno, trovandosi nello studio dello scrittore. Sopra alla scrivania, c'era un oggetto che attirò la sua attenzione. 'In a Hail of bullets' era il volume che l'aveva attratta.
Si avvicinò e ne accarezzò i bordi sognante.
 
-Sono sicura che non mi piacerà...-
-Certo...certo, avevi detto la stessa cosa per Harry Potter e dopo sappiamo entrambe come è andata a finire- la raggiunse una donna molto bella, con il sorriso che assomigliava molto al suo.
-Oh...andiamo, un giallo?- la guardò scocciata.
-Un romanzo del mistero e ti garantisco che non ti deluderà- insistette la donna.
-Mamma...ho degli esami da preparare- cercò di divincolarsi.
-Lo so...ma ne hai dati tantissimi e ti sto dicendo che hai bisogno di una distrazione e sono sicura che Mr. Castle potrà aiutarti in questo- le fece l'occhiolino, lasciandogli sulle mani la sua copia di 'In a Hail of Bullet'.
 
-Hey! Mamma stai bene?- la voce di suo figlio la destò dal ricordo, facendole riempire il cuore di nostalgia, ma camuffandolo con un sorriso per guardarlo senza preoccuparlo ulteriormente.
-Si...sto bene, stavo solo pensando- si giustificò, notando gli sguardi degli altri presenti.
-Non avrei dovuto lasciarlo li sopra...- si maledì Richard, notando cosa l'avesse trattenuta.
-Tranquillo Castle, questa volta non riguarda te...quindi evita di dire cose che non dovresti- lo fermò lei, facendolo annuire.
-Che facciamo adesso?-
-Guardiamo un film?- propose Samuel.
-Si è fatto tardi in realtà...e domani c'è scuola, sarà per un'altra volta- gli disse sua madre.
-Ma...-
-Niente ma...devi anche finire i compiti!- gli ripeté.
-Va bene...- sospirò, avviandosi per salutare Martha e Alexis.
-Stai bene?- Kate si voltò per guardare la mano dello scrittore che si era appoggiata al suo braccio e poi incontrare gli occhi di lui. Richard si staccò immediatamente, notando lo sguardo severo della donna, capendo che era stato eccessivo quel contatto.
-Sto bene ho detto...e se anche fosse, non ne avrei parlato sicuramente con te- lo guardò severa.
-Andiamo mamma?- Sammy la prese per mano.
-Si...saluta Castle che andiamo-
-Perché lo chiami per cognome? Lui non è un sospettato!!- ridacchiò il piccolo.
O forse lo era per lei e anche Martha lo pensava, però la cosa fece solo ridere tutti.
-Saluta Richard e andiamo, si è fatto veramente tardi- sospirò Kate, prendendo la sua borsa e cercando le chiavi dell'auto.
-Ciao Rick- Sammy lasciò un bacio sulla guancia del suo papà e raggiunse sua madre.
-Buonanotte- li salutò Kate, aprendo e chiudendo la porta alle loro spalle.
 
-Wow…è andata bene, no?- Richard si voltò verso le sue rosse preferite per ricevere un po’ di supporto.
-Quella donna è straordinaria- commentò Martha, sorprendendo tutti.
-Come fai a dirlo? Non ci abbiamo passato tanto tempo insieme per dire una cosa simile- suo figlio voleva capire cosa avesse visto in lei.
-Io non posso basarmi sul passato come te, questo è certo, ma oggi l’ho vista con Alexis e il piccolo Sammy, è straordinaria-
-Credo anche io che sia una persona speciale- confessò Alexis -Oggi, quando l’ho vista a scuola…pensavo che avrebbe rifiutato la richiesta di Sammy di stare con loro il pomeriggio e, invece, ha accettato!!- era ancora entusiasta di quell’avvenimento.
-E non era tenuta a farlo- continuò Martha -Poteva dirle di no, poteva dire di no a cenare qui a casa nostra tutti insieme, poteva negare a Sammy di passare una serata con tutti noi…e sarebbe stato comprensibile visto quello che mi hai detto, spero vivamente che le cose tra di voi si sistemino in fretta e magari…-
-Mamma!!!- la fermò dal continuare la frase.
-La nonna ha ragione, Kate è una donna diversa da quelle che hanno frequentato questa casa, non sarebbe male trovare un equilibrio tra noi tutti- intervenne Alexis, lasciando Richard a bocca aperta per quella coalizione inaspettata. Nella sua mente sarebbe stata una cosa fantastica, riappacificarsi con Kate per poter fare da padre a suo figlio, ma arrivare ad amarsi come se niente fosse…doveva essere una persona che credeva alle favole, perché era una cosa impensabile.
-Io vado a dormire, buona notte papà- Alexis lo risvegliò dai suoi pensieri tormentati.
-Vado anche io…ma prima vorrei chiederti se le dirai mai il motivo per il quale non ti ricordavi di lei e del vostro bambino- sua madre sapeva guardarlo e toccarlo nei punti più profondi della sua anima.
-Non so…non penso sia una motivazione plausibile per giustificarsi-
-Forse…allora, invece di giustificarti, potresti chiederle semplicemente scusa e chiederle se puoi entrare nella vita del vostro bambino e farle capire che sei un buon padre e una brava persona per poter ricoprire questo ruolo- gli accarezzò il viso, salutandolo e salendo le scale per andare a dormire anche lei.
 
 
Angolo Autrice.
Ciao a tutti, scusate per l’immenso ritardo nell’aggiornare questa storia, ma ho avuto un anno pieno e non sono riuscita ad andare a vanti. Ora, però, sono qui e non vedo l’ora di concludere questa ff e seguire le vicende dei nostri protagonisti. Cosa succederà tra Rick e Kate? Riusciranno a trovare un punto di incontro? Lei riuscirà a affievolire la fiamma ardente della rabbia che prova per lui? Alexis sembra molto attratta dal rapporto tra Sam e Kate, un rapporto che lei non è stata altrettanto fortunata di vivere e forse potrebbe trovare in Kate la figura femminile che potrebbe aiutarla nel mondo dell’adolescenza.
Grazie per i vostri commenti, spero di riceverne ancora e vi do appuntamento al prossimo capitolo.
A presto.
Francy.

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Capitolo 8
*** Il Nonno ***


IL NONNO
 
Era una giornata tranquilla. Finita la scuola era andata con sua nonna per negozi, era una cosa che adorava fare ogni volta. Con lei si divertiva un mondo nel vedere le cose bizzarre che sceglieva per un nuovo outfit. Erano entrate nell’ennesimo negozio e ancora non avevano comprato niente. Sua nonna diceva che bisognava avere pazienza, che per comprare qualcosa serviva l’ispirazione giusta, altrimenti sarebbe rimasta nell’armadio per sempre.
“Sai nonno, forse dovrei migliorare la velocità di lancio” una figura a lei familiare attirò la sua attenzione, perdendo interesse per gli abiti stravaganti.
“Che succede Alexis? Ti sei arresa?” le si avvicinò sua nonna, con due capi tra le mani.
“No…no” le sorrise “solo…quello non è Sammy?” indicò il bambino fuori dal loro negozio.
“Oh…ma si, certo che è lui” sorrise entusiasta, abbandonando i vestiti e raggiungendo il corridoio del centro commerciale con la nipote “Sammy?” attirò la sua attenzione, facendolo sorridere alla semplice vista delle due rosse.
“Ciao Martha!!” le corse incontro, abbracciandola “Ciao Alexis!” abbracciò anche lei.
“Come stai? E’ tanto che non ci si vede!” commentò la giovane.
“Si lo so, una settimana” annuì lui “Ma mamma non ha avuto il tempo di accompagnarvi da voi in questi giorni” spiegò.
“Capisco e…” Martha alzò lo sguardo sull’uomo che accompagnava il nipote e rimase in silenzio a studiarlo “…lei è?!”
“Lui è mio nonno!” rispose Sam, abbracciando le gambe dell’uomo.
“Jim Beckett, il padre di Kate” si presentò, allungando la mano.
“Oh…io sono Martha Rodgers e lei è mia nipote Alexis, siamo…”
“So chi siete, siete la madre e la figlia di Richard Castle” fece capire che era a conoscenza dell’accaduto.
“Vedo che ci conosce, sua figlia le ha parlato di noi?”
“Un po’ si…ma è stato più che altro questo piccoletto a farlo, è un vero piacere” sorrise loro, facendole rilassare.
“Come mai siete qui?” cambiò argomento il più giovane di loro.
“Per compere, ti piace lo shopping?”
“Non molto” scrollò il capo.
“Voi perché siete qui?” chiese Alexis.
“Dovevo comprare delle nuove protezioni per il baseball e una nuova mazza, ma le abbiamo solo ordinate” fece spallucce “Poi siamo andati in libreria a comprare due nuovi libri, quelli che ho li ho letti tutti” spiegò il piccolo.
“Sai…papà ti ha pensato in questi giorni, ma Kate non ci ha fatto sapere niente e…”
“Potremmo venire a trovarlo adesso…se è a casa” propose il bambino, facendo irrigidire suo nonno che non sapeva cosa rispondere.
“Sarebbe una magnifica idea, tanto in questi giorni non ha niente da fare…potresti tirargli su il morale” commentò Martha “Sempre che sia possibile” guardò l’uomo.
“Ti prego nonno…ti prego…ti prego” a quei suoi occhioni verdi non sapeva dire di no, come succedeva con sua figlia da bambina, ovviamente.
“E va bene, ma noi siamo a piedi” le informò.
“Meglio, noi abbiamo la macchina” Martha fece cenno di seguirli come solo lei sapeva fare, facendo ridere tutti per quella sua teatralità. Sammy prese per mano Alexis, sorridendole, mentre lei lo guardò sorpresa, ma tornò a camminare tranquilla.
 
“Ciao Rick!” Sam corse in direzione di suo padre, seduto sul divano, facendolo sobbalzare per l’inattesa presenza.
“Ciao Sammy…” lo abbracciò “…che ci fai qui?”
“Cos’è non ti fa piacere vedermi?” lo guardò confuso.
“Ma certo che mi fa piacere vederti, ma non sapevo saresti venuto…tua madre lo sa?” si assicurò, conoscendo i colpi di testa del bambino.
“Tranquillo non è da solo” assicurò sua madre, facendo entrare in casa il secondo ospite di quel giorno. Richard notò l’uomo guardarsi un momento attorno, aveva uno sguardo serio e concentrato, finché non incontrò il suo sguardo e lo costrinse ad alzarsi dal divano.
“Salve…Richard Castle!” si presentò all’uomo.
“Jim Beckett” si strinsero la mano, facendo preoccupare lo scrittore.
“Beckett?!” lo guardò sorpreso “Come…”
“Katherine Beckett?!” lo anticipò “Sono suo padre” annuì “E se fossi un padre che si fa prendere dalla mano, in questo momento dovrei riempirti di pugni” lo informò, facendolo impallidire, insieme a sua figlia che fece un passo verso di lui.
“Signor Beckett…io…”
“Ma non sono quel tipo di padre, quindi può stare tranquillo” un leggero sorriso si formò sul suo volto, mentre Rick tornò a respirare.
“A Josh non gli hai dato un pugno, scusa?” lo guardò Sammy divertito dalla scena, anche se non aveva capito molto di quello che si erano detti o non detti a parole.
“Ci sono situazioni e situazioni, spero che il signor Castle non mi porti a questo punto” lo squadrò attentamente, ricevendo un no silenzioso in risposta “Ottimo, allora non ci sono problemi” sorrise, accomodandosi sul divano.
 
“Signor Beckett, gradisce qualcosa?” Richard si avvicinò all’uomo, cercando di instaurare un rapporta tranquillo almeno con lui.
“Un caffè sarebbe fantastico” gli sorrise, seguendolo in cucina.
“Glielo preparo subito”
“E chiamami Jim figliolo, dammi del tu…non devi temermi solo perché sono il padre di Katie” gli sorrise, mettendolo a suo agio.
“Mi dispiace…è solo che…”
“Mia figlia te l’ha messa un po’ di paura, eh?!” ridacchiò “Su questo non ci piove”
“Diciamo che è arrabbiata”
“Non penso sia arrabbiata Rick, posso chiamarti così?”
“Ma certo” annuì alla domanda.
“Beh…diciamo che forse, è delusa e si forse un pizzico anche arrabbiata, ma non penso sia solo a causa sua” confessò.
“Beh…io se fossi al suo posto lo sarei e molto!!”
“Conosco la sua situazione e ho letto qualche documento su di lei, nel periodo che, deduco, sia stato con mia figlia…lei era in procinto di sposarsi se non sbaglio e la sua fidanzata era incinta! Lei è un uomo di successo, con molti soldi, uno scrittore rinomato…ha pensato che una qualunque ragazza conosciuta una volta in un locale volesse spillarle dei soldi e quindi ha preso decisioni drastiche” disse.
“Lei…lei mi capisce?” lo guardò sorpreso.
“No…conosco i fatti e su quelli mi baso, in più sono amico del suo avvocato, mi doveva un favore e mi ha rilasciato qualche informazione, spero non sia un problema per lei” lo sfido a volersi arrabbiare per quella violazione del segreto professionale.
“No…no, ma…come fa a sapere tutto questo?”
“Perché sono un avvocato anche io Rick, non ci siamo mai incontrati perché io mi occupo di cause diverse da quelle che interessano lei e i suoi amici”
“Capisco” annuì, passandogli una tazzina con del caffè fumante.
“Sa” indugiò un momento “Quello che ha fatto a mia figlia è imperdonabile, questo è vero, ma…la rabbia che prova, non è causata solo da lei…diciamo che ha riaperto diverse ferite del passato” concluse, tornando dai ragazzi in soggiorno. Rick invece era rimasto ad indugiare a lungo sulle sue parole, era evidente che non avrebbe aggiunto altro al suo discorso, ma cosa doveva fare adesso? Indagare e scoprire chi è Katherine Beckett? Oppure aspettare che sia lei stessa ad informarlo?
 
Richard aprì la porta, ridendo ancora alla battuta fatta dal signor Beckett e tornò subito serio quando si trovò davanti Kate. Era appoggiata alla parete e aveva lo sguardo pensieroso, quasi perso tra i meandri della sua mente.
“Hey…Kate?!” le appoggiò una mano sul braccio “Tutto bene?” chiese preoccupato.
“Mmm?!” si voltò a guardarlo “Si…si, perdonami avevo la testa da un’altra parte” si staccò dalla parete ed entrò nel loft.
“Ciao Mamma!!” Sammy le corse incontro per abbracciarla e lei si abbassò per rendergli la cosa più facile, sorridendo e riempiendolo di baci.
“Ciao cucciolo mio” lo accarezzò teneramente.
“Dobbiamo andare via subito o posso finire il disegno con Alexis?” chiese il piccolo.
“No…tranquillo” gli scompigliò i capelli “Finisci il tuo disegno” gli sorrise.
“Evviva!” esultò il bambino.
“Ciao tesoro, tutto bene?!” suo padre le si avvicinò preoccupato.
“Si, tranquillo, tutto bene” lo abbracciò “Voi? Come sono andati gli acquisti?”
Jim le raccontò il loro pomeriggio, l’incontro con le due donne della famiglia Castle e poi di quando avevano raggiunto il padrone di casa per finire la giornata in bellezza.
“Sono contenta che vi siate divertiti” annuì lei, prendendo il cellulare che stava suonando dentro alla sua borsa. Alla lettura del nome sul display le uscì un pesante sospiro dalle labbra e poi rispose, allontanandosi dal gruppo felice.
“Ciao Lanie…che succede?” si mise a sedere ad uno degli sgabelli in cucina “Sto bene, tranquilla…ho solo qualche livido, niente di più” assicurò alla voce preoccupata all’altro capo del telefono “Ti avrei chiamata, lo sai…ma da quando stai con Esposito mi precede lui” sospirò allo sproloquio della sua amica “Si…si, sono stata in ospedale” abbassò la voce in modo impercettibile “Senti…sono stanca, sono tornata a casa, non ti dispiace se per questa sera mi riposo e domani finisci la tua ramanzina? Ho bisogno di stare tranquilla, ordini del medico” sentì la sua amica sospirare e acconsentirle quella tregua, ricordandole che il giorno dopo l’avrebbe conclusa di persona “Buona notte Lanie…salutami Esposito” concluse la telefonata e abbandonò il cellulare sul bancone, portandosi i capelli all’indietro e sfregandosi le tempie per il mal di testa.
“Sai di non essere a casa, vero?” la voce di Rick la fece sobbalzare dallo sgabello, facendola voltare con lo sguardo severo.
“Beh…sono in una casa, mi pare…o è un capannone e mi sono sbagliata?!” lo sfidò lei.
“Ok…ok…” alzò le mani “Ma…ho sentito che parlavi di essere stata in ospedale, stai bene? Cos’è successo?!”
“Certo che le cose non cambiano mai…eh?!” lo guardo stanca “Sempre ad ascoltare conversazioni che non ti riguardano”
“Volevo solo essere gentile” si difese.
“Non è successo niente di grave, se è questo che ti interessa, complicazioni dovute al mio lavoro…niente di più, niente di meno…e non chiedermi i dettagli perché non ho voglia di parlarne!” spiegò concisa.
“Ok…” annuì lui “…posso offrirti qualcosa?”
“Se ce l’hai” esitò un momento “Una birra…grazie”
Ritornarono in soggiorno bevendo ognuno la propria birra, mentre Kate si accomodava sul divano vicino a Sammy che disegnava tranquillo.
 
“Questo pomeriggio, un blitz della polizia di New York ha salvato la vita di due giovani donne rapite e rinchiuse in un magazzino abbandonato, legate e imbavagliate” la voce della giornalista del telegiornale, che stava andando in onda, attirò l’attenzione degli adulti e di Alexis. “Secondo alcune fonti, alcuni agenti sono rimasti feriti a causa di una bomba posizionata all’interno dell’edificio dal rapitore, non che assassino di altre due vittime, la studentessa Jennifer Cole e la giovane reporter Iris Grant…alcune voci ci spiegano che non ci sono feriti gravi e che le giovani, ora, sono al sicuro tra le braccia delle rispettive famiglie. Tutto questo lo si deve alla tempestiva risoluzione del caso da parte del dodicesimo distretto, che, come sempre, ha svolto egregiamente il suo compito di proteggere questa città”
“Mamma…il dodicesimo è il tuo distretto, vero?!” Sammy si voltò verso la donna che annuì in silenzio, sapendo a cosa sarebbero andati a pensare i presenti.
“E’ per questo che sei dovuta andare in ospedale, vero?” le sussurrò Rick, facendo preoccupare anche suo padre a quella domanda.
“Signor Castle…questo è il mio lavoro, c’è sempre una variabile di rischio, ma quando sto bene…gradirei che certi argomenti vengano evitati, soprattutto se c’è mio figlio ad ascoltare” lo incenerì, finendo in un sorso la birra dalla sua bottiglia.
“Mi dispiace” si scusò.
“Non importa, gradirei solo che…quando cerco di rilassarmi, si eviti di parlare del mio lavoro” appoggiò la schiena sul divano e lo guardò qualche secondo in silenzio.
“Non succederà più, promesso”
“Ah…quasi mi dimenticavo” si sporse a parlare con suo figlio “Lo zio Javi ha comprato i biglietti per la partita di domenica, che fai vai con lui e lo zio Kevin?”
“Per la finale?” si entusiasmò subito nel vederla annuire “Ovvio che ci vado, ma tu non vieni?”
“Sono solo tre biglietti, ma non ti preoccupare…se tu sei contento, io sono contenta” gli solleticò la pancia.
“Ma non ti annoierai da sola a casa?” si assicurò.
“Tranquillo, ho diverse cosucce da sbrigare e sono sicura che zia Lanie mi trascinerà in qualche boutique con lei per compere” rispose.
“Chissà perché le donne hanno bisogno di tanti vestiti” si chiese Sammy, facendo ridere tutti.
“Per essere più belle…ovvio!!” gli rispose sua madre.
“E’ per questo che tu ci vai poco…” ci pensò su “…perché non ne hai bisogno, mentre la zia Lanie…”
“Ti fermo subito, lo sai che la zia ha le orecchie come gli ufo, no? Captano ogni cosa” lo fece ridere “ma ti ringrazio, mi fa piacere che almeno un uomo mi consideri bella” si sorrisero in un modo che fecero tenerezza a tutti.
“Tu sei sempre bellissima mamma” l’abbracciò.
“E non penso sia l’unico a pensare una cosa simile” sussurrò Martha, facendo sorridere la nipote che le era vicina.
 


 
Angolo mio.
Eccomi tornata con un nuovo capitolo, in questo volevo introdurre il padre di Kate, secondo me molto importante nello sviluppo della storia. In questo capitolo Rick viene a conoscenza dei rischi che comporta il lavoro della bella detective, ma ovviamente lei non è il tipo da farsi vedere debole, non dinnanzi a lui o suo padre, ma soprattutto davanti al figlio.
Beh…fatemi sapere cosa ne pensate, vi ringrazio molto per le precedenti recensioni e spero di non deludervi. Vi do appuntamento al prossimo capitolo, che, prometto, pubblicherò presto. Grazie.
Francy
 
 

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Capitolo 9
*** Accordi e Cambiamenti ***


ACCORDI E CAMBIAMENTI
 
Il suo silenzio era un chiaro segno di turbamento. Continuava a passare dal divano, alla sedia dello studio e al bancone della cucina. Si era versato un secondo bicchiere di quel liquore ambrato che adorava, ma neanche questo sembrava funzionare con i suoi nervi. Era così frustrante e sentiva, dentro di se, l’incapacità di fare qualsiasi cosa.
“Dovresti andare a parlarle” la voce di sua madre risuonò inaspettata tra i suoi pensieri, facendogli capire che non era una voce nella sua mente, ma quella reale della donna.
“Cosa dovrei fare? Andare li e poi? Non so neanche cosa chiederle…ho il terrore di cosa potrebbe dirmi e…”
“Figliolo…figliolo” lo fermò sua madre “sono passate due settimane e se non ci fosse stato quell’incontro con il signor Beckett non lo avremmo visto neanche allora, devi chiederle di poter passare del tempo con lui” spiegò.
“Con quale diritto?”
“Come quale?” lo guardò sorpresa “Quello di essere suo padre non ti sembra abbastanza?”
“Io…mamma, non lo so…” ingoiò un sorso dal suo bicchiere “…vorrei che la vita fosse più semplice a volte” sospirò stanco.
“Chiamala, al massimo ti riattacca il telefono” fece spallucce, avviandosi a raggiungere il piano superiore.
“Già…che vuoi che mi faccia?!” si disse, cercando di trovare il coraggio dentro di se, guardando il cellulare abbandonato sul bracciolo del divano.
Dopo qualche secondo di esitazione, afferrò l’oggetto elettronico tra le mani e cercò il numero sulla rubrica, Katherine Beckett. Lo contemplò qualche istante e poi premette il tasto per attivare la chiamata, avvicinando l’apparecchio all’orecchio e rimanendo in attesa di risposta.
“Mi chiedevo quando ti saresti deciso a chiamare” la voce all’altro capo lo sorprese con quelle parole.
“Scusa?”
“Si…beh, sono passate due settimane, no? Sammy iniziava a chiedermi quando poteva vederti e io…volevo vedere quanto tempo ci avresti messo a chiamare” disse con la voce tranquilla, non sembrava arrabbiata per quella telefonata.
“Mi dispiace averti fatto attendere tanto”
“Non scusarti con me, non è me che devi conoscere Castle”
“Già” un leggero sospiro uscì dalle sue labbra “Penso che dobbiamo parlare”
“Ne sono consapevole” un momento di silenzio all’altro capo “Facciamo domani sera, vengo io a casa tua e parleremo” propose lei.
“Domani sera?” si accertò.
Se non va bene, cambiamo giorno o…”
“No…no” la fermò “Domani va bene, vieni per cena?”
“No, avrò da lavorare fino a tardi, verrò per le nove…se non è un problema”
“Nessun problema, domani sera alle nove, ci sarò”
Lo spero…è casa tua” sorrisero entrambi a quella battuta, un po’ scontata, ma abbastanza utile da smorzare la tensione che si percepiva.
“Allora ci vediamo domani”
Si…buonanotte signor Castle”
“Si…notte” si salutarono, mettendo fine a quella telefonata che gli fece passare la notte tranquilla con la speranza di poter sistemare le cose con lei il giorno dopo.
 
Il campanello del loft suonò alle nove in punto. Rick aveva appena finito di sparecchiare, sua madre era andata a teatro per uno spettacolo e Alexis era in camera sua a finire dei compiti.
“Ciao…vieni, accomodati” si spostò dalla porta, cercando di mostrare il suo sorriso più accogliente e dimostrare di essere una brava persona, nonostante quello che pensava di lei.
“Grazie” ricambiò la cortesia, sfilandosi il cappotto e la sciarpa, che vennero appoggiati sul lato del divano davanti alla porta.
“Ti offro qualcosa?” propose “Vuoi sederti qui sul divano o…”
“Qui andrà bene” gli sorrise, notando la sua ansia “E…prendo volentieri una birra, grazie” si accomodò sul divano, accavallando le gambe e lasciandosi riscaldare dalla seduta confortevole.
“Sembri stanca”
“Lavoro da questa mattina alle otto e ho staccato mezz’ora fa, sono stanca” annuì lei, ringraziandolo a gesti per la birra.
“E Sammy?” chiese curioso.
“Oggi aveva gli allenamenti di Baseball e poi è andato a casa di un amico dove resterà a dormire” spiegò.
“Capisco” annuì “Senti…io non voglio sembrare una persona che vuole ottenere a tutti i costi qualcosa, ma…vorrei, con il tuo consenso, conoscere mio figlio e passare più tempo con lui” le spiegò “non solo nei pomeriggi dove casualmente lo incontriamo da qualche parte”
“Cosa vorresti cambiare allora?” gli stava lasciando carta bianca?
“Io…vorrei passare del tempo con lui, vorrei che tu mi concedessi la tua fiducia per poter restare da solo insieme a lui, di poterlo portare tranquillamente al cinema, al parco o…qualunque altra cosa” rispose “E so, di aver commesso un clamoroso e imperdonabile errore in passato, ma io sono un buon padre maledizione! Sono un buon padre per Alexis e potrei essere un buon padre anche per Samuel!”
“Io sono una persona razionale Castle” iniziò a parlare dopo un momento in cui stava riordinando le idee “Sono una persona che prima di agire, valuta tutti i pro e i contro di una situazione. Non nego che quello che è accaduto tra di noi sia un vero disastro e che io sia arrabbiata…delusa, non lo so, ma so che qui stiamo parlando di una persona in particolare” sospirò “La persona che per me significa tutto, per la quale potrei morire e per la quale patirei le pene dell’inferno pur di vederla sorridere e questa persona è mio figlio” sorseggiò la birra, in modo da prendersi una pausa “Lui, adesso, è più felice che mai e io non sarò di certo la persona che distruggerà la sua felicità. Quindi accetto che lei passi del tempo con lui” annuì, facendo nascere un sorriso gioioso sul volto dello scrittore.
“Puoi fidarti di me, io…”
“Io mi fido di te, infatti, altrimenti dovevi passare sul mio cadavere, stanne certo” lo informò “mi fido di te come padre, perché ho visto Alexis, il suo sorriso è sincero nei tuoi confronti e di certo la tu presenza non è stata un male per lei, quindi da questo punto di vista puoi stare tranquillo…non ho problemi a lasciare mio figlio con te”
“Vuoi propormi qualcosa?”
“Si” annuì in risposta “Ma prima devo chiederti questo” lo guardò seria “Hai intenzione di mettere di mezzo avvocati o cose del genere?”
“No” la guardò sorpreso “Non ci avevo neanche pensato, sono la persona meno indicata per poter fare un’azione del genere, visto quanto è successo”
“Bene, questo mi consola…anche perché, tu sarai ricco e conosciuto, ma anche io ho le mie conoscenze” lo informò, non come una minaccia, ma come monito per il futuro.
“Lo terrò a mente” annuì lui.
“Ho pensato di iniziare così, dimmi che ne pensi” Rick fu tutto orecchie a quelle parole “Una volta in mezzo alla settimana, andrai a prendere a scuola Samuel, lo aiuterai a fare i compiti e passerete un pomeriggio tranquillo voi due soli o quello che vuoi…in più, potrai tenerlo due finesettimana al mese, che ne pensi?” propose lei.
“Penso, sia più che accettabile, grazie” annuì lui.
“Ho delle condizioni ovviamente” Rick si aspettava che non fosse finita li “Mio figlio non dovrà essere minimamente fonte di interesse per i paparazzi, non voglio che delle sue foto vengano pubblicate in riviste, giornali o tantomeno mostrate in tv, siamo intesi?”
“Va bene”
“E qualunque donna tu stia frequentando in questo momento o in futuro, non entri in contatto con lui senza il mio permesso o che ne abbiamo parlato”
“Non sto vedendo nessuno, adesso”
“Non mi interessa saperlo, basta che tu abbia capito”
“Ho capito” annuì lo scrittore, rimanendo in ascolto di qualche altro avvertimento da seguire.
“Ottimo” gli sorrise “Allora, se vuoi iniziamo subito con questa settimana…diciamo, che è un periodo di prova per vedere come va” propose “Domani Sammy uscirà alle tre da scuola, io gli lascerò tutti i libri per i compiti del giorno dopo e un cambio di vestiti, gradirei che la divisa scolastica rimanesse pulita e stirata il più a lungo possibile”
“Va bene”
“Poi potrai prenderlo Venerdì pomeriggio, sempre alle tre, e portarlo a casa per il Week End, ti porterò una borsa con qualche cambio, il pigiama e altro che possa servire” lo informò “Ci organizzeremo in settimana per tutto, non ci sono problemi per questo. Per quanto riguarda mangiare, ti informo che può mangiare tutto e se non ti dispiace, preferirei che mangiasse cose sane, non solo pizza e patatine o roba da fast food”
“Non ci sono problemi, di solito cucino io il pranzo o la cena quando siamo tutti a casa” la informò.
“Molto bene, allora siamo d’accordo” si strofinò le mani sui pantaloni, per poi alzarsi.
“Posso farti una domanda?” la fermò dal rivestirsi “Mi perdonerai mai per quello che è successo?”
“Se anche ti perdonassi, questo cambierebbe quello che è successo in passato?” lo guardò con due occhi pieni di una strana luce “Se io ti perdonassi, basterebbe per poter dimenticare?”
“Non pretendo che tu dimentichi, ma forse potrebbe servire per andare avanti e guardare al futuro” provò a dirle.
“Forse…” sospirò lei “…ma non so se sono disposta a farlo…”
“E quando pensi di poter essere pronta?”
“Non lo so…il perdono non è gratis” gli confidò “Non puoi schioccare le dita e sperare che tutto possa sistemarsi per magia, il perdono va guadagnato, a volte va sofferto…e oggi, non sono disposta a regalare il mio solo perché me lo chiedi tu…vuoi il mio perdono? Guadagnatelo. Vuoi un rapporto pacifico e tranquillo tra noi? Guadagnatelo. Vuoi la mia fiducia? Il mio rispetto? E’ sempre la stessa risposta…devi guadagnartelo. Perché, se prima l’avevi conquistata senza alcuno sforzo, ora non è così, non si regala mai la stessa cosa, se la vuoi…”
“Devo guadagnarmela” annuirono insieme a quello che stavano dicendo.
“Bene…ora, ti saluto” si mise la sciarpa al collo e si avviò alla porta “Ho bisogno di andare a dormire”
“Va bene” la accompagnò all’uscita “Grazie…grazie di tutto” la vide sorridere a quella semplice parola.
“Grazie per la birra, a domani…verrò a riprendere Sammy dopo cena, poi ci organizzeremo”
“Ok”
“Buonanotte”
“A domani Kate” la porta si richiuse e Rick si appoggiò con la fronte su di essa. Era stata una conversazione strana, non solo per lui, ma anche per la sua ospite. Si promise mentalmente di non deludere più la fiducia che stava cercando di dargli e di dimostrare che lui era una persona diversa da quella che l’aveva respinta otto anni prima. Era una promessa che faceva a lei, ma soprattutto a se  stesso, perché si vergognava da morire per quello che aveva fatto e, quindi, ritrovare il rispetto per se stesso.


 
Eccomi tornata. Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento. Come vediamo Rick è pronto a prendersi le sue responsabilità come padre di Sammy. Kate, invece, ha dimostrato di essere una donna molto ragionevole, mettere da parte i propri sentimenti per rendere felice suo figlio è un gesto di grande amore e altruismo. Nei prossimi capitoli vedremo il rapporto tra Rick e suo figlio consolidarsi, ma di certo non resterà tutto tranquillo e perfetto come spererebbero i nostri personaggi. Vedremo insieme come si svilupperà la storia. Per ora, vi ringrazio e vi aspetto con la pubblicazione del nuovo capitolo.
Grazie. Francy.
 

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Capitolo 10
*** Un passato sconosciuto ***


UN PASSATO SCONOSCIUTO
 
È così complicata la vita. È difficile sapere come andrà in futuro. Nessuno può sapere con certezza quello che accadrà, ma semplicemente immaginarlo. Nella sua vita aveva immaginato moltissimi risvolti per il futuro, alcuni si erano avverati, altri erano rimasti tra i sogni della sua mente fantasiosa. Di certo non si sarebbe mai immaginato che, un giorno, sarebbe stato li, in piedi dietro ai fornelli, che guardava i suoi due bellissimi figli fare i compiti con tranquillità. Sua figlia era la sua stella più luminosa, la luce dei suoi occhi, era orgoglioso di lei. Suo figlio, appena conosciuto, si era rivelato un bambino stupendo. Educato, intelligente e carismatico. Da quando gli era stata data l’opportunità di frequentarlo più spesso, aveva notato alcune somiglianze tra lui e Sammy, ma non poteva di certo negare che era la copia della madre. Kate Beckett, una donna misteriosa, una detective della polizia di New York, una donna diversa da quelle che frequentava di solito.
“Papà?” Alexis lo richiamò dai suoi pensieri, facendolo sorridere e avvicinare a loro.
“Scusa, stavo pensando…cosa volevi?” le appoggiò una mano sulla spalla.
“Io ho finito i compiti e anche Sammy” indicò i loro libri chiusi.
“Oh…beh, meglio così” li guardò sorpreso “Così possiamo fare qualcosa insieme, magari possiamo pensare a cosa fare questi due giorni, a meno che voi non abbiate già altri impegni per il fine settimana”
“Nessun impegno, mi sono tenuta libera apposta” gli sorrise Alexis, facendolo sentire orgoglioso di lei.
“Neanche io ho impegni” fece spallucce il bambino “Quindi, cosa facciamo?”
“Pensavo a qualcosa di folle, che ne pensi?” guardò prima Sam e poi Alexis che sorrisero alla sua espressione ispirata.
“Che cosa folle?” suo figlio voleva sapere.
“Che ne pensate di passare un paio di giorni fuori città?” propose “Sai…noi abbiamo una casa al mare, sarà un po’ freddo per fare il bagno, ma è comunque un bel posto dove stare insieme” propose.
“Mi piace il mare, ci sto” annuì il bambino.
“Anche io ci sto, non vedevo l’ora di tornarci negli Hampton” confessò sua figlia.
“Ottimo, allora…perché non ci prepariamo? Partiamo subito”
 
“Beckett?!” Montgomery si avvicinò alla scrivania della sua migliore detective, della sua pupilla “Come mai ancora qui? Non passi il fine settimana con Sammy?”
“No signore…Sam è con suo padre questo fine settimana” rispose con un sospiro.
“Quindi si è rifatto vivo?” la guardò sorpreso.
“Diciamo così” annuì lei “E a casa non ho niente da fare, quindi ho deciso di finire di compilare qualche scartoffia” indicò le cartelle compilate sulla sua scrivania.
“Nonostante tu non abbia niente da fare, ti ricordo che hai bisogno di riposo anche tu, hai lavorato sodo tutta la settimana, ti meriti una pausa” le sorrise.
“Prometto che andrò a casa, ma ho lasciato detto che sono reperibile sia domani che domenica” confessò.
“Sei sempre la solita” sorrise “Ma ti approvo solo il turno di domani, domenica la passerai a casa, non al distretto, ok?”
“Come vuole capitano” annuì lei.
“Bene” le appoggiò una mano sul braccio “Per qualsiasi cosa…sai dove trovarmi” si allontanò per andare nel suo ufficio.
“Grazie”
 
 
“Wow…” Sammy ammirava l’enorme casa dal finestrino della macchina.
“Ti piace?” Alexis sorrise alla reazione del bambino.
“E’ grandissima” le rispose, facendole capire cosa stava pensando.
“E non hai visto ancora niente” gli fece l’occhiolino sua sorella.
Entrarono in casa tutti insieme, Rick appoggiò le valige all’ingresso, per andare ad aprire le persiane e far entrare un po’ di luce in soggiorno.
“Vieni Sammy, ti faccio scegliere la tua camera” Richard lo invitò a prendergli la mano, che venne accettata senza esitazioni.
Con tutto l’entusiasmo del mondo, Sam aveva visitato ogni singolo spazio di quella casa, aveva visto il giardino, la piscina e il terrazzo. Era magnifico.
Alle otto di sera erano andati a cena in un famoso chiostro della costa. Tutti vestiti casual, Alexis con un semplice vestito rosato, Sammy con Jeans e camicia come suo padre, che portava anche la giacca.
Solo Martha era la più stravagante, come sempre.
“Salve…posso prendere le vostre ordinazioni?” si avvicinò un cameriere, guardando il quartetto.
“Certo, abbiamo già scelto” annuì Rick, guardando la famiglia annuire “Io prendo uno spaghetto alle vongole”
“Due” intervenne Martha.
“Io prendo gli gnocchi in salsa di gamberi” anche Alexis aveva scelto.
“Io prendo il salmone alla griglia” l’ultimo ad ordinare fece bloccare un momento il cameriere che lo guardò qualche istante sorpreso “Con le patate, se è possibile” aggiunse.
“Certo…certo” quello si schiarì la voce “Da bere?”
“Vino e acqua naturale” rispose Richard.
“Per il vino scelgo io qualcosa o avete qualche preferenza?”
“No, scelga lei per noi” il cameriere si congedò e raggiunse quello che era il padrone del locale.
“Ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiese Sammy, notando lo sguardo del cameriere e del proprietario su di se.
“Certo che no” gli sorrise Rick, facendolo annuire e concentrare su una conversazione con Alexis.
“Eccovi il vino e l’acqua” da loro arrivò il padrone stesso, cosa che sorprese tutti, soprattutto Richard.
“Grazie…” annuì lui “…posso chiedervi perché tanto interesse per il nostro tavolo?” chiese Richard.
“Non è per lei signor Castle, cioè, anche per lei…è un cliente abituale, ma…stavamo guardando questo bellissimo bambino” confessò.
“E posso chiedervi il motivo?”
“Perché è la copia esatta di una persona che non vediamo da tantissimo tempo qui” confessò.
“E chi sarebbe?” si interessò Sam.
“Il suo nome era Kate, Katherine…veniva negli Hampton tutte le estati e qualche volta in mezzo all’anno, insieme alla sua famiglia. La famiglia più bella che io abbia mai conosciuta…il signor Beckett è un uomo gentile e onesto, sua moglie è la donna più bella che si sia mai vista, finché sua figlia non prese il suo posto in quanto a bellezza” sorrise al ricordo.
“Beckett?” Richard aveva sentito solo quel cognome.
“Si…conoscete la famiglia?” si sorprese l’uomo.
“Io sono Samuel Beckett, sono il figlio di…Kate” gli suonava strano chiamarla per nome.
“Oh…allora è vero che sei imparentato con lei!” sorrise entusiasta, facendo segno ad una donna che uscì dalla cucina “Guarda cara…lui è Samuel, è il figlio di Katie…la figlia dei Beckett” la informò.
“Non ci credo! Che meraviglia che sei…e fattelo dire, sei la sua copia figliolo” lo guardò contenta “aspettami un momento, ho qualcosa da darti, così capisci quello che ti sto dicendo” la donna entrò nella struttura e ne tornò con una scatola piena di fotografie “Guarda” gli porse una foto di una bambina della sua stessa età, di molti anni prima.
“Ma è vero che siete identici” Alexis la stava guardando con lui, a parte i capelli più lunghi di lei, il viso, il sorriso e gli occhi erano identici.
“Com’era la mia mamma da bambina?” chiese curioso, mentre Richard li invitò a sedersi con loro.
“Era una bambina bellissima, la più bella che abbia mai visto, ma da Johanna non potevamo aspettarci una bambina diversa” iniziò a raccontare la donna “era vivace, le piaceva giocare in riva al mare, costruire castelli giganti con suo padre e fare sfilate di moda con sua mamma” rise al ricordo.
“Perché non vi siete visti più?” si interessò ancora Sammy, guardando altre foto che gli venivano date in mano.
“Penso ne siate al corrente” un sospiro affranto uscì dalla voce dell’uomo “Johanna, la mamma di Kate è morta nel gennaio del 1999, è da allora che non sono più venuti”
“E’ triste” commentò Sammy “Avete una foto di mia nonna?” chiese curioso.
“Certo…” cercò nella scatola e gli porse una foto con la donna “eccola”
“Assomiglia molto alla mamma” confessò lui, ammirandola “E’ molto bella”
“Guarda, questa è di tutta la famiglia Beckett insieme” porse loro un’altra foto. Kate all’età di Alexis, sorridente, seduta sulle gambe di suo padre, mentre Johanna, in piedi, li abbracciava da dietro.
“Che belli che sono” confessò Martha.
“A volte il destino è crudele” sospirò “Ma ditemi, è diventata un avvocato? So che al college era la migliore, prendeva tutti voti alti e aveva la stima di professori e amici”
“La mia mamma è una detective della polizia” rispose Sammy, sorpreso di quelle informazioni.
“Un avvocato?” Richard guardava la donna.
“Era entrata a Stanford con una borsa di studio, non è da tutti, no?!” sorrise” E poi avrebbe affiancato suo padre e sua madre nel loro lavoro”
“Non ne sapevamo niente” sospirò Richard.
“Posso tenere questa?” Sammy fece vedere la foto di famiglia alla donna.
“Ma certo” annuì lei.
“Così la faccio vedere alla mamma, magari mi dirà qualcosa in più sulla mia nonna” sorrise contento.
“Posso chiederti di portare i nostri migliori saluti? Dille che Nadia e Will la salutano e non vedono l’ora di rivederla, un giorno” gli strinse la manina.
“Va bene” annuì Sammy.
Il resto della serata proseguì tra chiacchiere di vario genere. Sammy aveva parlato dei suoi allenamenti, dei suoi amici e dei suoi compiti. Alexis aveva parlato di moda e delle nuove acconciature che andavano di moda tra i giovani. Richard era rimasto ad ascoltarli senza perdere interesse neanche un istante, finché non arrivò il momento di tornare a casa e andare a dormire, erano tutti molto stanchi.
“Tenga pure il resto” Richard sorrise all’uomo alla cassa.
“La ringrazio signor Castle, generoso come sempre” gli sorrise.
“Posso chiederle una cosa?” si fermò un momento.
“Ma certo”
“Sa dirmi com’è morta Johanna Beckett?” si interessò.
“Prima, davanti al bambino non volevo dirlo, ma la signora Beckett è stata assassinata nel Gennaio del 1999, secondo quanto hanno detto i giornali, è stata ritrovata in un vicolo malfamato di New York, pugnalata e lasciata morire da sola” rispose.
“Accidenti” quella notizia l’aveva sconvolto, non immaginava cosa potesse provare Kate a riguardo.
“Da quello che so…il signor Beckett deve aver avuto qualche problema dopo la morte di Johanna e Kate è stata costretta a vendere la loro casa degli Hampton per rimediare” aggiunse lui.
“Capisco, la ringrazio” si congedò, raggiungendo la famiglia per riprendere la via di casa.
 
 
Richard era seduto in veranda, stava guardando i suoi figli giocare a pallavolo sul prato, mentre sua madre era in casa a farsi un bagno. Lui, invece, dopo aver partecipato per un po’ ai loro giochi, si era accomodato su una sdraia e aveva preso il portatile tra le mani. Decise di voler sapere qualcosa di più, sapeva che non era giusto, ma la sua curiosità vinse sui suoi principi. Digitò sul motore di ricerca il suo nome: Johanna Beckett. Ne seguì una sfilza di pagine su cui guardare e ne aprì una a caso, facendo apparire una foto della donna sorridente all’inizio dell’articolo e una del ritrovamento nel vicolo. Non poteva sapere che fosse lei, il corpo era coperto da un telo e l’area era delimitata dal solito nastro giallo della polizia. Lesse qualche paragrafo e la sua mente ne immagazzinò alcuni dettagli.
“L’avvocato Johanna Beckett ci lascia a soli quarantotto anni. L’avvocato era sempre in prima fila per combattere il crimine in aula e per trovare la verità, sarà questa sua infinita battaglia ad aver messo fine alla sua vita?”
Lesse ancora e vi trovò una foto della famiglia intera, Kate doveva avere poco più di diciotto anni.
“L’avvocato Beckett, lascia sua figlia Katherine, ventenne, e suo marito Jim Beckett, anche lui avvocato di successo, secondo alcune fonti, la famiglia la stava aspettando al ristorante per festeggiare insieme la figlia, che aveva deciso di seguire le orme dei genitori nel ramo della giustizia” continuò a leggere.
Dopo aver guardato qualcosa su Johanna Beckett, digitò il nome della figlia e quello che comparve fu una pagina intera di notizie su di lei, insieme a tante foto di lei in divisa o in borghese, mentre lavorava sul campo.
“Katherine Beckett, la più giovane donna a diventare detective in tutta New York. La sua dedizione per il suo lavoro e le sue abilità investigative l’hanno portata presto alla notorietà tra le mura del suo distretto e delle aule di tribunale. Secondo il parere di molti, la sua decisione di lasciare gli studi all’università prestigiosa di Stanford ed entrare in accademia, è dovuta alla morte violenta della madre. La giovane detective, infatti, è la figlia dell’avvocato Johanna Beckett, nota per il suo lavoro incessante contro la criminalità della città” lesse.
“Papà, facciamo qualcosa tutti insieme?” Alexis gli fece alzare lo sguardo dal computer.
“Ma certo, cosa avete in mente?” guardò tutte e due, erano rossi in volto e affannati.
“Giochiamo a Monopoli?” propose il bambino.
“Mi sembra un’idea ottima” confermò Alexis, facendo annuire anche Richard.
“Va bene…andiamo, allora” chiuse il portatile e li seguì all’interno della casa, alla ricerca del gioco da tavolo che avevano in mente di fare.
 
Il tramonto era il momento più bello della giornata. Adorava guardare come i raggi del sole illuminavano le vetrate dei palazzi e il cielo si riempiva di colorazioni incredibili. Rosso, rosa, azzurro…era emozionante.
Stava camminando da un po’, l’erba era morbida sotto i piedi, e il suo sguardo era perso tra i suoi pensieri. Si fermò solo quando giunse dove voleva. Uno sguardo pieno di nostalgia si delineò sul suo volto, gli occhi quasi arrossati. Si inginocchiò per appoggiare un mazzo di Gigli bianchi e gipsofile all’interno di un vaso dipinto. La sua mano accarezzò dolcemente la lapide, seguita dalle sue labbra che vi lasciarono un bacio leggero.
“Ciao mamma” una lacrima scivolò silenziosa sul suo volto.
 
 
Angolo Autrice.
Eccomi tornata!! Spero vi sia piaciuto questo capitolo, Rick sta conquistando il cuore di suo figlio e Sammy quello dell’intera famiglia Castle. Qui scopriamo un piccolo pezzo del passato felice e oscuro di Kate. Come si approccerà Richard con lei dopo questa scoperta? E Sammy? Come reagirà Kate quando vedrà la foto di tutta la sua famiglia? Lo scopriremo insieme nel prossimo capitolo. Grazie per i vostri commenti, sono contenta che abbiate apprezzato la mia storia. Vi do appuntamento al prossimo capitolo.
Francy.

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Capitolo 11
*** Racconto di una vita passata ***


Racconto di una vita passata
 
 
Era tardo pomeriggio. Il sole stava tramontando e il traffico era ancora intenso. Essendo domenica, molti newyorkesi stavano rientrando in città dopo un lungo weekend o dopo una giornata si shopping nei vari centri commerciali.
“Ciao Kate” Martha accolse la loro ospite con un grande sorriso e un abbraccio che fecero ridere la donna.
“Non fare caso ai modi di mia madre, a volte sa essere un po’…un po’ eccentrica” la voce del padrone di casa la fece guardare in direzione della cucina.
“Salve Martha, ciao Castle” li salutò entrambi, togliendosi il cappotto e guardandosi attorno “Mio figlio?”
“E’ in camera mia, si è addormentato in macchina” la informò.
“Si…tende ad appisolarsi facilmente quando si è in viaggio” sorrise dolcemente “Posso andare a vederlo?” gli chiese, non era casa sua.
“Certo…vai, non c’è bisogno di chiederlo” la informò.
“C’è bisogno, non è casa mia” gli ricordò, facendo sorridere Martha che la seguiva con lo sguardo.
Lo sguardo di Kate si addolcì moltissimo quando si ritrovò il corpo di suo figlio steso, addormentato e con un’espressione felice in volto.
“Ciao piccolo mio” gli baciò la fronte, accarezzandogli i capelli, senza svegliarlo.
“Ci siamo divertiti molto, questi giorni” la voce di Alexis la fece voltare verso la porta.
“Immagino, lo vedo sereno” le sorrise, alzandosi dal letto e avviandosi in soggiorno con lei “Tu ti sei divertita?” le chiese educatamente.
“Molto” annuì lei “Sammy è un bambino vivace, stare con lui ti mette di buon umore”
“Già”
“Dorme ancora?” Martha alzò lo sguardo dal pianoforte.
“Si…dovete averlo stancato bene se dorme a quest’ora” Kate si accomodò su un degli sgabelli della cucina, insieme ad Alexis “Dove siete stati di bello?”
“Siamo stati nella nostra casa negli Hampton” la informò lui.
“Gli Hampton?!” li guardò sorpresa “Immaginavo avessi una casa anche li” commentò, sorridendo a se stessa.
“Ti va di restare a cena Kate?” propose Martha “Tanto Sammy dorme ancora”
“Va bene” annuì a lei, giocando con l’orologio al polso.
 
“Mamma?” dopo dieci minuti buoni a chiacchierare con Alexis sul divano, il piccolo Sammy si affaccio dalla camera dello scrittore. I capelli scompigliati e la maglietta spiegazzata.
“Amore mio” gli aprì le braccia, per avvolgerlo un momento dopo, quando lui le corse in contro.
“Come stai? Ti sono mancato?” le chiese, mettendosi a giocare con la sua mano, ancora sulle sue gambe.
“Moltissimo” gli lasciò diversi baci sulla faccia “E tu? Mentre ti divertivi ci hai pensato a me?”
“Si…mi sei mancata tantissimo” l’abbraccio, tuffandosi sul suo petto e appoggiando il mento sulla sua spalla.
“Il mio cucciolo” lo coccolò ancora un po’, finché lui non si staccò dalla sua spalla e guardarla negli occhi.
“Ah…mi stavo per dimenticare” il bambino corse nuovamente nella camera di Richard e tornò subito dopo, sempre correndo.
“Cosa?” rise al comportamento del bambino.
“Quando siamo stati al mare” tornò seduto sulle sue gambe “Due signori, Will e Nadia mi hanno chiesto di salutarti” la informò, facendole assumere un’espressione sorpresa in volto.
“Will e Nadia?”
“Si…loro hanno detto che erano molto amici del nonno e della nonna” confidò, consegnandole la foto che aveva riportato “E mi hanno detto che potevo portarti questa”
Kate guardò prima suo figlio e poi si concentrò sulla fotografia. Era una vecchia foto, di molti anni prima, lei era appena un’adolescente, e scattata in un momento in cui tutto era perfetto. Con gli occhi rossi per l’emozione di rivivere quei momenti insieme, si ritrovò ad accarezzare, involontariamente, la figura di sua madre. Sorrideva. Era bellissima, come sempre, ricordava ancora i suoi abbracci e di quanto potessero mancarle.
“Era molto bella la nonna” commentò Sammy, facendola tornare con la mente nel presente.
“Si…lo era” si asciugò una lacrima ribelle e sorrise a suo figlio “Eccome se lo era”
“Ci dispiace cara, per la tua perdita” Martha le strinse il braccio per darle conforto e Kate le sorrise debolmente, non era abituata a vivere certi ricordi con le persone, neanche con suo padre era così facile farlo.
“Quando l’avete scattata?” chiese curioso il bambino.
“Quando?” Kate ripescò i suoi ricordi di ragazza e un sorriso si formò sul suo volto “Beh…molti anni fa, io avevo l’età di Alexis all’epoca” confessò, iniziando a raccontare.
 
“La mia bambina!” Jim Beckett era seduto su una delle sedie del locale, che guardava sua figlia tornare da loro.
“Sta diventando sempre più bella” annuì la donna al suo fianco “Non mi meraviglio che il giovane Harry si sia invaghito di lei”
“Chi è Harry?” la guardò sconcertato.
“Un suo compagno di classe, un bel ragazzo, non c’è che dire, e stanno uscendo da un po’” confessò, informandolo.
“Mi stai dicendo che questo Harry sta frequentando mia figlia in…in quel senso?” era scioccato.
“Non fare quella faccia Jim” la donna gli accarezzò la guancia dolcemente, sedendosi sulle sue gambe “Ti ricordo che non è più così piccola come dici”
“Ma c’è ancora tempo per questo, insomma…”
“Di che state parlando?” la giovane li raggiunse con i capelli ancora bagnati dall’acqua del mare.
“Di Harry” rispose sua madre.
“Oh…e?” lo sguardò passò subito su suo padre.
“A tuo padre non va di condividerti con un altro uomo che non sia lui”
“Uomo…adesso non esageriamo” esternò Jim “un ragazzino con quattro peli sul mento non può essere considerato tale e poi…”
“A me piace…è carino, è dolce e…mi rende felice” si avvicinò a suo padre.
“Si, ma…non è questo il punto” voleva spiegarsi meglio “E se dovesse ferirti?”
“Jim?!” lo riprese sua moglie, alzandosi dalle sue gambe.
“Che c’è? Non ho diritto di avere paura che la mia piccola soffra?” guardò sua moglie e poi Kate che gli sorrideva felice “Katie…”
“Ti voglio bene papà” andò ad abbracciarlo e prendere il posto di sua madre sulle sue gambe “ma non avere paura, sarò sempre la tua bambina, no?!” gli lasciò un bacio sulla guancia.
“mmm…” non sapeva che replicare “Però…se dovesse farti soffrire gli spezzo le gambe! E non puoi fermarmi!”
“Lo so, sei il mio eroe” gli lasciò un altro bacio sulla guancia”
“Oh…i miei ragazzi” Johanna avvolse la sua famiglia in un grande abbraccio, baciando prima suo marito e poi la fronte della figlia.
“Fermi così!! Guardate la fotocamera e dite cis!” il loro amico li fece voltare verso la telecamera per immortalare quella scena e quella famiglia così bella.
 
“Chi era Harry?” chiese Sammy sorpreso.
“Un compagno di classe, sai…era il mio primo ragazzo” confessò sua madre.
“E che fine ha fatto? Il nonno gli ha spezzato le gambe?” chiese, ingenuamente, il bambino.
“Ci siamo lasciati finito il liceo” confessò “E per fortuna il nonno è stato clemente, anche se l’ho visto trattenersi” rise divertita.
“Ma pensi che gli avrebbe spezzato le gambe veramente?”
“Ovvio che no!” rise divertita Kate “E’ solo un modo di dire…diciamo che voleva proteggermi”
“E da cosa?”
“Sammy…Sammy!” scrollò la testa.
“Penso di aver capito tuo padre in quel momento” confessò Richard ricordandole la sua presenza e facendola ridere.
“Eh…sarei curiosa di vedere te quando arriverà il momento” confessò, facendo ridere Martha.
“Guarda che sono un padre moderno!!” fece finta di essere offeso.
“Se…” sorrise ad Alexis “…voglio vedere dove metterai questa frase quando capiterà, anche mio padre diceva sempre così”
 
Martha era rimasta sul divano con i nipoti a guardare un film leggero, mentre Richard era impegnato ai fornelli e Kate aveva appena chiuso una telefonata con Lanie.
“Hey…vuoi una mano?!” si avvicinò al bancone, guardandolo cucinare.
“No…tranquilla, me la cavo ai fornelli” le sorrise, contento di quel time out che si stavano concedendo.
“Senti…i signori Graison” lo vide fare una faccia interrogativa “Will e Nadia” ora ricordava “Cosa vi hanno detto della mia famiglia?” chiese preoccupata.
“Ci hanno informato” non c’era bisogno di aggiungere altro, bastava lo sguardo “Ma Sammy non sa tutti i dettagli, Will ha approfondito quando eravamo soli” confessò.
“Capisco” annuì, guardandosi le mani.
“Come stai?” quella domanda l’aveva spiazzata, non si immaginava una simile reazione alla notizia.
“Sto bene…”
“Non sei arrabbiata?”
“Con chi con te?” lo guardò sorridendo debolmente, sapendo a cosa si riferisse “Se dicessi di no sarei un’ipocrita” rispose.
“Posso fare qualcosa?”
“Temo di no, ma apprezzo il tentativo” annuì lei.
“Beh…quando vuoi” la guardava un po’ timoroso delle sue reazioni “se vuoi, io posso essere un buon ascoltatore”
“Immagino, ma ho già la mia confidente personale”
“Lanie?”
“Già”
“Tuo padre mi sembra stare bene, tutto sommato…io, se fosse successa una cosa del genere, mi sarei strappato i capelli o…peggio…”
Lo sguardo di Kate a quelle insinuazioni divenne serio pieno di tristezza.
“Diciamo che…adesso sta meglio, ma non è stato tutto rosa e fiori in passato, una cosa come quella che abbiamo vissuto…ha avuto le sue ripercussioni dopo e c’è chi la presa in un modo e chi in un altro” fece spallucce.
“Capisco…vuoi parlarne?” tentò ancora.
“Non oggi Castle, non oggi” scosse il capo.
“Come vuoi”
“Ti chiedo solo di restarne fuori…so che hai amici potenti e conoscenze speciali, ma se ti azzardi solo ad immischiarti in questa cosa…ti avverto, potrei non rispondere di me, ci siamo capiti?”
“Certo…certo” alzò le mani “ti prometto che non farò niente che possa ferirti ancora” annuì lui.
“Bene…è già un inizio” gli sorrise, alzandosi dallo sgabello “Dove tieni le cose per apparecchiare?” cambiò discorso lei.
“La tovaglia è nel cassetto” indicò il punto del mobile e continuò a guardarla senza essere notato per un lungo periodo. Che era una donna di un certo fascino non c’erano dubbi. Era una cosa che lo aveva attratto al loro primo incontro e anche nel presente. Di certo ne aveva vissute anche troppe di sventure nella sua vita, di dolori, più che altro. Eppure, era li, che sorrideva a suo figlio, che andava avanti con un atteggiamento fiero e questo era qualcosa che lo aveva colpito.
 
Angolo autrice.
Ciao a tutti. Mi scuso per il mio ritardo nella pubblicazione, ma ho avuto giorni frenetici e quindi sono riuscita ad aggiornare solo ora. Come vedete ho deciso di regalarvi un frammento del passato di Kate e, soprattutto, una serata tranquilla tra i nostri protagonisti. Richard ha promesso che non si sarebbe immischiato nella morte di Johanna Beckett, ma quanto riuscirà a trattenersi?
Spero vi sia piaciuta questa lettura e vi ringrazio tutti per come state seguendo la mia storia. Ringrazio soprattutto i fedelissimi. Voi che mi lasciate continuamente commenti e pensieri su come vi sembra la mia storia e ne sono molto contenta. Al prossimo capitolo.
Francy
 
 
 

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