Hate that I love you

di FantaDJ_CA
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Open your eyes ***
Capitolo 2: *** Let's hurt tonight ***
Capitolo 3: *** Break me out ***



Capitolo 1
*** Open your eyes ***


1. Open your eyes

Comunicare. È la prima cosa che impariamo davvero nella vita. Certe cose però semplicemente non vogliamo sentirle, e altre le diciamo perché non possiamo più tenerle dentro. Per certe cose non servono parole, certe cose si fanno e basta. Alcune cose si dicono perché non si ha altra scelta. E alcune cose le lasciamo dentro di noi. E non accade spesso ma di tanto in tanto alcune cose semplicemente parlano da sé.


Derek Shepherd si era appostato presso il banco delle infermiere, coperto dalle scartoffie e dalle cartelle cliniche più variegate. Aveva un sorriso appena percepibile sul volto. Sembrava effettivamente felice, pronto per affrontare la giornata, intervenire subito appena il suo cercapersone si fosse messo a squillare insistentemente. Accanto a lui c'era Alex Karev, che andava frugando tra le cartelle cercando quella del suo caso pediatrico mattutino, un ragazzino dai costanti dolori addominali che non riusciva più a sostenere. Derek si intrattenne a parlare con un'infermiera, quando al suo fianco spuntò l'amico di una vita, il dottor Mark Sloan.

"Buongiorno dottor Shepherd!" lo salutò calorosamente, e altrettanto fece l'interpellato.
"Non proprio un buongiorno, ma potrei anche accontentarmene." replicò poi Derek, afferrando una cartella e appoggiando la schiena contro il bancone.
"Hai fatto cilecca a letto con la Grey?" lo stuzzicò, e fu allora che il sorriso appena accennato del neurochirurgo si dileguò in una smorfia di tristezza.
Mark sgranò gli occhi: "Davvero? Wow, se non avessi intrapreso gli studi di medicina avrei sicuramente tentato di sfondare nella cartomanzia."
Derek finse una risata, e gli spiegò: "Il sesso con Meredith è la seconda cosa che mi preoccupa, subito dopo aver rotto con lei."
"Hai rotto con Meredith Grey? Amico, sei pazzo?" intervenne solo allora Alex, che evidentemente non si era fatto scrupoli nell'origliare.
"Karev, fatti gli affari tuoi. Non hai una nuova ragazza autolesionista di cui occuparti, di questi tempi?" Alex fulminò Mark con un'occhiataccia e andò via con una cartella. Forse era un po' troppo presto per scherzare sulla sua ex, che era finita in reparto psichiatrico.
Derek abbozzò un sorriso. Il chirurgo plastico era bravo nel migliorargli l'umore, con le sue battute, con le sue esperienze, con la sola sua voce. Ma Derek non l'avrebbe mai ammesso davanti a nessuno, ancor meno davanti al dottor Sloan, che si sarebbe preso gioco di lui fino alla fine dei suoi giorni, o, altrettanto probabile, si sarebbe pavoneggiato fino a stancarsi.
Derek sentì il suo cercapersone suonare, e cominciò a camminare a passo spedito. Mark lo seguì a ruota, e gli chiese evidentemente incuriosito: "Perché mai avresti mollato Grey?"
"Perché sono un'idiota che non sa quello che vuole" rispose schiettamente con la voce ferma fissandolo per un momento negli occhi.
"E ci hai messo quasi un anno per capirlo?" domandò Mark tentando di soffocare una risata.
"Fatto sta che tu hai impiegato un anno e mezzo per capire di non voler stare con Lexie."
"Ehi!" esclamò il chirurgo plastico. "Io e la piccola Grey non sono affari che ti riguardano."
"Scherzi, vero? Vi siete lasciati due mesi fa e quasi ogni giorno non fai altro che struggerti d'amore per lei, per poi venire da me a chiedere consigli che neanche usi. Quindi sì, tecnicamente sono affari che mi riguardano."
Mark rimase in silenzio per qualche secondo. "Derek, devo dirti una cosa."
"Dimmi pure, Mark, ma fai in fretta." lo spronò, essendo arrivati davanti alla stanza del paziente.
Esitò. Balbettò a malapena qualcosa, e poi sconsolato gli disse: "Fa niente. Te ne parlo dopo."
Derek gli posò una mano sul braccio come per salutarlo, e lo lasciò sull'uscio. "Qualcuno vuole presentare il paziente?"

Nell'esatto momento in cui Meredith e Mark si incontrarono, la prima non poté far a meno di abbassare lo sguardo e rivolgerlo altrove. Ma per sua sfortuna il dottore se ne accorse, e le si avvicinò. "Stai cercando di evitarmi?" le chiese innocentemente.
"No, dottor Sloan, perché mai dovrei?" lo sguardo sempre basso, la voce anche.
Mark realizzò all'improvviso, forse si sbagliava ma forse no, e istintivamente sbottò: "Sono io? Sono io la ragione per cui tu e Derek vi siete lasciati?"
Solo allora Meredith lo guardò dritto negli occhi, sconcertata. "Che cosa vai blaterando?"
"Sono io. Sono io!" esclamò, esaltato, ma al contempo infelice per aver rovinato la relazione del suo migliore amico.
"Va bene, ma smettila di gridare o ci sentiranno tutti" lo supplicò la specializzanda.
Mark e Meredith si appartarono. Il primo aveva un sorrisetto sul volto che parlava da sé. "Devo dire che è la seconda volta che mi capita una cosa del genere. Prima Addie e adesso ti ci metti anche tu" esordì. "Non riesco a fare a meno di ferire il mio migliore amico."
Lei lo guardò stranita. "Cosa c'entro io con Addison?"
"Sogni di tradire il tuo uomo con me."
"Cosa?!" esclamò Meredith. "Pensi veramente che io voglia tradire Derek con uno come te?"
La schiettezza della donna lo aveva un attimo messo a tacere, fingendosi offeso. "Uno come me? Cosa sono, un mostro?"
"Non volevo dire questo..."
"E che cosa allora, scusa?"
"Che non sono io quella innamorata di te!"
Lo scambio di battute cessò immediatamente. Mark indietreggiò di un passo, lo sguardo smarrito e le mani che si serrarono in due pugni stretti e rossi come le sue guance. Era così imbarazzato in quel momento, così vulnerabile. "Derek è gay?"
"Speravo di avere questa reazione un anno fa, eppure mi ha illuso per tutto questo tempo" gli disse. "Vai a fare la tua mossa, Mark."
Meredith si accinse ad allontanarsi quando il suo cercapersone squillò. "Io non sono gay!"

Il suo migliore amico era omosessuale, e pergiunta innamorato di lui. Sapeva di essere etero, eppure il fatto che anche Derek avesse la convinzione di esserlo, per poi scoprirsi gay lo stava facendo interrogare sul suo stesso orientamento sessuale. Prima voleva parlare con Shepherd della sua Lexie, lamentandosi come al solito della loro rottura, ma adesso il solo nome di quella ragazza lo stava facendo dubitare sul perché l'avesse lasciata. Sul perché un giorno si svegliò pensando che forse i due sarebbero stati meglio separati. Era perché in fondo anche lui non si immaginava più con una donna, e aveva bisogno di cambiare strada? Forse stava esagerando. Forse stava rimuginando troppo. Lo avrebbe dovuto sapere se la rottura con Lexie era dovuto a qualcosa di più che semplice incompatibilità. Tuttavia non poteva fare a meno di pensarci.
"Perché mi hai contattato al cercapersone?"
Derek era finalmente arrivato. Riuscì unicamente a chiudere la porta dietro di sé, prima che Mark gli sferrasse un pugno sul braccio destro, provocandogli una smorfia di dolore. "Sei fuori di senno? Per cosa diamine era il pugno?"
"Mi stai rovinando la vita!"
Derek non seppe far altro che guardarlo attonito. "Addirittura? Cos'ho fatto di male?" gli chiese.
"Sei gay. Ecco cos'hai fatto. Non dico di essere omofobo, perché non lo sono. Ma non potevi semplicemente evitare di essere innamorato di me?"
Derek sentì perdere qualche battito, e un istante dopo il cuore cominciò a battere all'impazzata, e pensò che da un momento all'altro avrebbe lacerato il torace e schizzato via. Rimase in silenzio e si sedette sul letto con lo sguardo basso sui suoi piedi. Per la prima volta non sapeva cosa dire, Mark l'aveva preso alla sprovvista. Non voleva che la loro amicizia finisse. Non voleva perdere il suo migliore amico a causa degli stupidi sentimenti che provava per lui. No, non l'avrebbe permesso neanche per tutto l'oro del mondo. 
"Non ti sto rovinando la vita! Puoi far finta che non sia successo niente, che io non sia gay e che tu mi piaccia. Possiamo rimediare così, per favore" Derek era partito con il piede giusto, poi la frase si era trasformata da una constatazione ad una sorta di implorazione.
"Come faccio a far finta di nulla? Non capisci cos'ha comportato tutto questo?"
No, effettivamente non lo capiva. Si interrogò in quattro e quattr'otto su cosa potesse aver causato il suo involontario coming out, ma non gli venne nulla in mente. Pensava solo a come quello si potesse ripercuotere sulla loro amicizia, sulle sue stesse relazioni, ma non si soffermava a pensare a quello che sarebbe successo a quelle dell'altro chirurgo.
"Vuoi che ti faccia un disegno, Shepherd?" ironizzò Mark con i denti stretti. "Se tu hai scoperto di essere gay dopo trent'anni da etero, non può succedere la medesima cosa a me? Scoprire di essere omosessuale e innamorato del mio migliore amico, dopo anni passati a scoparmi le infermiere?" Gli si spezzò la voce e distaccò lo sguardo per qualche secondo tentando di trattenere le lacrime. Derek rialzò il suo, si mise in piedi e si fece coraggio di abbracciarlo.
Mark tentò di liberarsi dalle sue braccia, ma fu più forte sia l'amico, sia la voglia di essere avvolto dal suo piacevole calore. Allora lo strinse anche lui, facendogli capire che nonostante tutto avrebbe ancora voluto essere suo amico, chiuse gli occhi e si godé quel piacevole attimo, forse più di quanto in realtà avrebbe dovuto, ma sapeva che entrambi avevano bisogno di quell'affetto che nessuno ancora era riuscito a darvi, e magari il loro rapporto d'amicizia lo compensava alla grande. Esatto, la loro amicizia.
Derek ruppe l'abbraccio delicatamente, e diede una pacca sulla spalla a Mark, e quest'ultimo la ricambiò accompagnandola con un sorriso e un sospiro di sollievo. 
Si guardarono negli occhi per una frazione di secondo, e questo determinò la loro fine. Non ebbe idea di cosa gli prese esattamente, ma Mark sentì l'irrefrenabile impulso di baciare il suo migliore amico. Strinse il suo viso tra le sue calde mani e le loro labbra si incontrarono in un bacio forte, sentito, passionale. Derek era stato sbattuto contro il muro, anche le sue mani erano sul volto di Mark, e quest'ultimo gli si era avvicinato ancora di più, schiacciando il suo corpo su quello del neurochirurgo. I loro cuori battevano molto più forti di prima. Senz'alcun dubbio in quel momento battevano l'un per l'altro.
"Mi stai rovinando la vita, Shepherd" affermò Mark con il respiro affannoso tra un bacio e l'altro e il sorriso sulle labbra, pronte di nuovo a scontrarsi con quelle di Derek. "Proprio così."


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Capitolo 2
*** Let's hurt tonight ***


2. Let's hurt tonight

Tutti gli studenti al primo anno di medicina sanno che un battito cardiaco accelerato è segno di un problema. Il battito accelerato può indicare qualsiasi cosa... da un attacco di panico... a qualcosa di molto, molto più serio. Un cuore che fibrilla o che salta un battito potrebbe essere indice di un'afflizione segreta, o potrebbe essere segno di un amore. Il che è il problema più grande di tutti.

Non riusciva a smettere di baciare quelle labbra ben definite, come se attraessero le proprie in una trappola da cui era impossibile fuggire. Gli occhi chiusi, il piacere di quei baci, l'immancabile curiosità sembravano averlo portato in tutt'altro mondo dove indubbiamente avrebbe voluto vivere, dove avrebbe potuto realizzare le sue aspirazioni, le proprie fantasie, e dove sarebbe riuscito a dire addio a tutti i suoi punti interrogativi. Eppure non ne aveva il coraggio: non sapeva come intervenire, cosa inventarsi, e in alternativa a quale dio appellarsi. Per la prima volta nella vita non ne aveva idea, così come per la prima volta stava baciando una persona del suo stesso sesso, provando una strana sensazione che non avrebbe mai immaginato di sperimentare. Era certo che se in passato gli avessero detto che si sarebbe ritrovato in una situazione del genere non ci avrebbe creduto, anzi, avrebbe ammazzato la conversazione con una risata canzonatoria. Eppure ad essere sbeffeggiato dal karma in quel momento era proprio lui. Ma non era capace di scostare le sue labbra e il suo corpo da Derek. Era completamente preso, e non capiva se la sensazione di timore e di angoscia che lo mandavano in tachicardia fossero dovuti al fatto che stesse baciando il suo migliore amico e gli stesse piacendo, o al fatto che lo stesse facendo solo perché aveva paura di perdere la sua stima e la sua fiducia per averlo illuso con quella dimostrazione di spinto affetto fraterno. Era altrettanto probabile che fosse così titubante nello smettere di baciarlo unicamente perché non sapeva cosa sarebbe venuto dopo, quali conseguenze avrebbe avuto sul loro rapporto e come si sarebbero ripercosse sulla propria esistenza. Può darsi che quei baci stessero protraendosi tanto a lungo proprio perché Mark era certo che in un secondo momento non avrebbe voluto sentirli nominare, né tantomeno avrebbe desiderato discuterne. Una cosa era certa: non avrebbe permesso che quei baci cessassero.
Anche in quel momento il karma decise di prendersi gioco di lui. Difatti Derek distaccò finalmente le sue labbra, premendo la sua fronte contro quella di Mark, il respiro pesante, e abbozzò un piccolo sorriso che gli riaccese immediatamente il volto. Ma neanche lui poteva essere sicuro dei sentimenti che Mark provava per lui, nonostante fosse convinto di quelli che lui stesso sentiva. Non si può certo dire che l'atmosfera fosse delle migliori: entrambi dopo quelle effusioni si erano riscoperti tesi e insicuri, e un inizialmente minuscolo senso di colpa stava facendosi strada nella loro testa, arrivando quasi a sovrastare le altre emozioni. Ma come si può biasimare un bacio sentito, voluto?

"Non so cosa mi è preso" ammise Mark cercando di rompere l'imbarazzo che aveva ghiacciato l'aria. "Giuro che non lo so spiegare" continuò in un flebile bisbiglio.
Derek alzò gli occhi al cielo istintivamente. Effettivamente gli era sembrato tutto troppo facile, e le esperienze passate avrebbero dovuto suggerirglielo maggiormente.
"Cosa vuoi dire con questa frase?" chiese a quel punto.
"Non credo ci sia molto da capire, Shepherd" rispose, tentando di allontanare il nervosismo che sembrava risalire tramite lo stomaco e arrivare a bloccare le corde vocali. 
"Sono gay, Mark."
"Ho notato" abbassò a terra lo sguardo, era proprio come aveva immaginato: non avrebbe avuto voglia di discuterne.
"Non hai niente da dire?" domandò Derek.
"Non molto, in realtà" tagliò breve il chirurgo plastico.
"Immaginavo. Sei bravo ad illudere le persone. Ma dimmi, è la stessa modalità che usi con le donne per scaricarle?"
"Non ti sto illudendo affatto" lo corresse acquisendo maggiore fermezza nel tono di voce.
"Mi hai baciato!" sbottò l'altro.
"E tu hai ricambiato!"
"Perché sono fottutamente gay, magari?!"

Non aveva poi tutti i torti. Era stato Mark ad avvicinarsi, a prendergli il viso tra le mani, a baciarlo, sapendo già in partenza dell'omosessualità del suo migliore amico, e dei sentimenti che provava per lui. Ma l'ultima cosa che avrebbe voluto fare era illuderlo. Eppure non poteva far a meno di chiedersi perché allora l'avesse baciato. In quel momento non desiderava altro che tornare indietro a poche ore prima, avrebbe preferito farsi gli affari suoi, ma ormai il danno era fatto e doveva conviverci. Maledire la sua impulsività non sarebbe servito a nulla. Era stato preso dall'attimo, dall'atmosfera, e poi Derek era così vicino al suo viso, riusciva a vedere i propri occhi riflessi nei suoi, e non aveva potuto fare a meno di baciarlo. Anche in quell'istante era estremamente vicino, ma lo percepiva così lontano, sapeva di aver rotto qualcosa. E tutto questo perché il suo cervello, ma a maggior ragione il suo cuore, non sapevano come mettere fine ai punti interrogativi che vorticavano in una sorta di turbinio che aveva scombussolato tutte le sue precedenti convinzioni. Era dell'idea che baciare Derek sarebbe stato l'unico modo per capire effettivamente se anche lui provasse gli stessi sentimenti per lui, o se semplicemente fosse attratto dalla virilità degli uomini. Ma non solo quel bacio non gli aveva suggerito niente, introducendo un numero anche maggiore di dubbi, ma era anche riuscito a rovinare il rapporto con il suo migliore amico quando avrebbe potuto chiaramente lasciare che tutto scorresse liscio come prima.
"Mi hai baciato per divertirti, per prendermi in giro?"
"No, l'ho fatto perché volevo delle risposte."
"Quindi sono una sorta di cavia?"
"No, Derek..."
"Perlomeno hai ottenuto le risposte che cercavi così insistentemente?"
Mark rimase in silenzio. La voce di Derek e la debole espressività facciale bastavano per sottolineare la rabbia che stesse provando in quel momento, per essere stato usato. La serietà nel suo tono era così vuota che un brivido gli rizzò i peli sulle braccia. Mettendo al primo posto i suoi sentimenti rispetto a quelli di Derek aveva incasinato tutto, e non poteva che pensare che quel piccolo taglio che aveva inciso metaforicamente sulla pelle del neurochirurgo si sarebbe allargato sempre di più uccidendolo.
"No."
Non gli piaceva esprimersi a monosillabi eppure in quel momento non aveva le parole esatte per mandare avanti la conversazione senza fare ancora più danni. Derek non aveva più voglia di sentirlo parlare, fece per andarsene, ma Mark gli afferrò il braccio e lo supplicò di non lasciare la stanza. "Rimani, ti prego."
"A che scopo?"
"Ascolta. Mi è piaciuto. Il bacio... mi è piaciuto."
"Smettila di illudere le persone. Non sembri avere l'entusiasmo di una persona a cui è piaciuto un bacio, sai?"
"Mi è piaciuto, cazzo!" sbottò Mark, avendone abbastanza delle sue parole. "Come fai a pretendere che sia entusiasta di questo?"
"Io lo sarei."
"Perché ti piaccio, dannazione. Io come cazzo facevo a sapere che ci fosse la possibilità che anch'io fossi gay?" esplose, indirizzando un pugno contro la spalliera in metallo del letto.
Derek chiuse gli occhi e sbuffò prorompente. "Quindi il fatto che tu possa essere gay ti impedisce di essere felice? Questo intendi? Che omosessualità è sinonimo di infelicità?"
"No, questo non è vero. Io l'ho sottinteso, sei tu che l'hai dedotto!"
"Fottiti, Mark."
"Scherzavo, Shepherd. È che non so cosa fare. Non so cosa dire, non so cosa pensare, né come ovviare a tutto ciò. Per favore, devi capirmi. L'unica cosa che so è che in questo momento vorrei afferrare di nuovo il tuo viso e baciare ancora quelle labbra."
Derek lo guardò negli occhi, bagnati dalle lacrime. Era sincero. Lo era davvero. Pensò che sarebbe accaduto di nuovo, che avrebbe potuto riassaporare le sue labbra, che avrebbe potuto stargli talmente vicino da sentire il suo profumo, il suo dopobarba, il suo cuore battere in sincronia con il proprio, le loro lingue incontrarsi, attrarsi e respingersi.
"Concedimi almeno questo, Derek. Concedimi di avere paura. Permettimi di essere spaventato quando il tuo viso è vicino al mio. Permettimi di esserlo quando mi guardi così. Non ho certo colpa se il fatto che tu adesso sia qui a fissarmi come se io fossi un caso umano mi intimorisce. Non puoi biasimarmi se ho paura di innamorarmi di te. Non ne hai il diritto."
"Lo rifarei anch'io. Baciarti, intendo. Puoi scommetterci che lo rifarei."

Mark sorrise lievemente, ma una lacrima gli rigò la guancia e riuscì ad incrinargli il sorriso. Si voltò in uno scatto quasi impercettibile, e ancora una volta lui e Derek erano così vicini che tutte le sue paure erano ritornate a galla. Quella di ferirlo era in cima al podio. Non poteva permettere alla sua impulsività di riprendere di nuovo il sopravvento. Ma mentre nella sua testa questa miriade di pensieri sembravano attaccarsi in una sorta di battaglia alla sopravvivenza, sentì le sue labbra essere sfiorate da un altro paio altrettanto morbido, familiare, vicino. I baci divennero sempre più forti, più violenti, finché quelle di Derek non ritornarono alla loro delicatezza, sfiorando le guance di Mark, poi il suo collo, venendo ripagate da lievi gemiti che non riusciva a controllare. Mark sussurrò il suo nome, il respiro era sempre più affannoso, i brividi lungo la schiena sempre più frequenti. Solo in quel momento capì che non se ne sarebbe pentito, che non avrebbe rimpianto decisione migliore. Spinse Derek sul letto e gli si mise sopra, a quel punto toccava a lui baciarlo, sentire la sua pelle contro le sue labbra. Riusciva a sentire i pettorali del neurochirurgo sotto la pressione del proprio corpo. Ma non voleva solo percepirli, voleva vederli, toccarli con le sue mani, leccarli, riempirli di baci. "Cazzo, Shepherd. Penso di essere fottutamente gay anch'io."

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Capitolo 3
*** Break me out ***


3. Break me out

Il cervello contiene 14 miliardi di neuroni che viaggiano a una velocità di 450 miglia all'ora. Gran parte di questi sfugge al nostro controllo, per cui quando abbiamo freddo, ecco la pelle d'oca; quando siamo eccitati, ecco l'adrenalina. Il nostro corpo segue naturalmente i suoi impulsi, e penso che in parte sia per questo che ci risulta così difficile controllarlo. Naturalmente qualche volta accade che proviamo impulsi che preferiamo non controllare... anche se dopo, vorremmo averli controllati.

Mark si sentiva così forte, così invicibile, che questa sensazione annebbiava il suo giudizio, i suoi gesti, i suoi movimenti. Forse era questo il motivo per cui il suo corpo era sdraiato su quello di Derek, le loro dita intrecciate, le loro labbra che si rompevano tra un bacio e un altro. Non avrebbe mai immaginato che stare così tanto a contatto con una persona del suo stesso sesso lo avrebbe fatto sentire in tal modo, appagato, euforico, compiaciuto. Non aveva idea di poter mai essere così voglioso di spogliare qualcuno, di deliziarsi a vicenda. Eppure era quello che stava succedendo in quegli attimi caldi, veloci, decisi. Derek lasciò andare le mani di Mark e fece per togliergli la maglietta, ma il chirurgo plastico fu più veloce e lo fermò sull'atto. Era come se sentisse, nonostante lo volesse anche lui, che l'idea del sesso non fosse delle migliori. E gli ci volle tanto per ammetterlo, per far sì che non divenisse realtà, perché il desiderio era troppo forte, troppo grande, quasi incontrollabile.
"Che stai facendo?" sussurrò Mark, puntando lo sguardo contro quello di Derek.
"Ti spoglio." rispose semplicemente con un sorrisetto impresso sul viso.
"Non starai correndo un po' troppo?"
Derek ritornò serio, si sollevò mantenendosi sui gomiti, Mark seduto ancora sulle sue cosce, mentre le sue gambe penzolavano ai lati del letto. "Sono convinto del contrario."
"Voglio dire, non stiamo saltando un po' troppe basi?"
"E da quando questo ti infastidisce, Mark?" domandò alzando un sopracciglio, assumendo di conseguenza un'espressione a metà tra una contrariata e una confusa.
"Non sei una persona qualunque, Derek. Non vorrei che con te le cose andassero male."
"Cosa proponi, allora?"
"Dovremmo uscire" esordì, e non poté far a meno di notare che Derek ebbe un lieve sussulto.
"Mark, usciamo insieme da vent'anni ormai" ironizzò a quel punto, tentando di evitare che fosse visto anche solo minimamente imbarazzato.
"Da coppia, intendo."
"Oh."

Dopo una lunga operazione chirurgica finalmente il dottor Shepherd era uscito dalla sala operatoria. L'intervento era stato un successo, quindi poteva dire di aver concluso la giornata nel migliore dei modi, e poteva sicuramente dormire sonni tranquilli. Più o meno, in realtà: il suo verso di stupore alla proposta di Mark aveva messo fine alla conversazione, e ai loro baci. Essendo rimasto in piedi per più di sei ore non aveva voglia di rimuginare più di tanto riguardo ciò che era successo, né tanto meno provare a dare prima sé stesso una risposta, poi a Mark. Ma d'altronde, perché rimandare a domani quello che si potrebbe fare oggi?
Derek lo cercò per tutto l'ospedale. Lo contattò sul cercapersone, ma sembrava ignorare le sue continue chiamate. Da un lato cominciò a preoccuparsi per la sua incolumità, dall'altra a lanciargli maledizioni di ogni genere. Che razza di dottore non risponde al proprio cercapersone? Indipendentemente che lo stessero chiamando Alex, Derek, o chicchesia, Mark era tenuto a farlo. Un dubbio balenò nella mente del neurochirurgo: possibilità poteva essere che lo stesse semplicemente evitando, perché non era riuscito a prendere posizione, oppure perché non voleva neanche sentirla.
"Siete una coppia più felice di quella che eravamo noi?"
Quella frase, pronunciata alle sue spalle in un lieve bisbiglio, lo fece sobbalzare. Era una voce femminile, che riconobbe essere quella di Meredith.
"Non siamo una coppia."
"Oh, peccato. Deve essere il karma."
"Sta zitta, Mer."
"Non puoi azzittirmi. Non stiamo più insieme. Sono solo una specializzanda per te."
La freddezza nella sua voce gli fece aggrottare la fronte. Se solo l'avesse saputo prima non l'avrebbe illusa tanto a lungo. "Questo avviene quando ferisci una persona, Derek."
Era consapevole che fosse colpa sua, e l'unica cosa che riuscì a fare fu sussurrarle quanto gli dispiacesse per lei. Ma sentiva che Mark fosse più importante.

Prese le chiavi dalla tasca e le girò nella serratura un paio di volte. Appena entrò in casa la prima cosa che fece fu chiudere la porta dietro di sé e buttarsi di faccia sul divano, invaso da morbidi cuscini dove Mark sprofondò il viso. Rimase in quella posizione per qualche minuto, la mente finalmente libera da tutti i pensieri razionali che senza dubbio non gli appartenevano. La giornata era iniziata come tutte le altre, mentre alla fine non era neanche più in grado di riconoscersi. Aveva baciato un uomo. Aveva chiesto a Derek di uscire con lui. Aveva veramente avuto il coraggio di rimandare il sesso per fare tutto con estrema calma. Pensò scherzosamente che fosse l'ultima l'affermazione più preoccupante. Effettivamente chi l'avrebbe mai detto che uno come lui ne sarebbe stato capace?
Sentì bussare alla porta. Subito pensò che fosse Derek, ed esitò ad avvicinarsi. Tempo scorse, e picchiarono più prepotentemente. Solo allora decise di aprire, era Jackson Avery. Quest'ultimo, figlio di Catherine e nipote dell'ancor più famoso Harper Avery, era uno specializzando arrivato all'ospedale dopo la fusione con il Mercy West. Sicuramente poteva dire da sé che era nelle grazie di Mark, essendo non solo intenzionato a diventare chirurgo plastico come lui, ma anche uno tra i resident più promettenti.
"Che ci fai qui, Avery?" domandò il primario confuso, leggermente intontito.
"Volevo ringraziarla per oggi. Mi ha salvato il culo."
In sala operatoria aveva per la prima volta incasinato tutto, e Mark non l'aveva schernito davanti a tutti, né screditato, ma semplicemente, per meraviglia di Jackson, gli aveva semplicemente detto di farsi da parte e di osservare, con tono calmo e a tratti ipnotico. Addirittura sembrava come se volesse realmente insegnargli qualcosa, quando di solito questo non avveniva mai.
"Nessun problema ragazzo, ma la prossima volta vedi di fare più attenzione. Sei uno dei migliori specializzandi al Seattle Grace, e so che non è una ragione valida, ma è per questo che non ho voluto sgridarti davanti a tutti i presenti. Ma non osare fare altri casini."
"Farò del mio meglio per non deluderla, dottor Sloan" asserì Jackson, sorridendogli e abbassando lo sguardo come imbarazzato. Mark al contrario mantenne una certa fermezza, ma doveva ammettere che gli occhi bassi di Jackson rimandavano i suoi pensieri a Derek, che aveva avuto lo stesso comportamento in ospedale. Sembrava fosse all'ordine del giorno.
"A domani dottor Avery."
Jackson aveva sollevato viso da terra e allora i suoi occhi contemplavano quelli di Mark, poi i suoi lineamenti facciali, la sua barba, le sue labbra. "Dottor Avery?"
Ma lui non lo stava ascoltando, le sue parole sembravano lontane, rimbombate, e per questo incomprensibili. Riusciva a sentire solo i battiti del suo cuore che diventavano sempre di più, e sempre più forti. Jackson seguì il detto "al cuor non si comanda" e la cosa che fece subito dopo fu baciare Mark sulle labbra con violenza tale da farlo barcollare e indietreggiare. 

Dopo averle assaporate per bene rimase a fissare nuovamente i suoi occhi, ed era così felice di essere finalmente riuscito a realizzare la sua fantasia che i propri si riempirono di gioia. Al contrario, dopo un paio di secondi di smarrimento, Mark non riusciva a provar altro che rabbia. Non perché Jackson l'avesse baciato, non perché in quel modo avrebbe potuto deludere Derek, ma perché ormai la sua eterosessualità era un caro ricordo lontano. Quando il giovane di colore se ne accorse fece un passo indietro e nascose il viso tra le mani, provando un leggero senso di colpa a causa della sua impulsività. Come Jackson, anche Mark arrossì e avrebbe preferito sotterrarsi. Chiuse la porta e vi si appoggiò di schiena, con le palpebre socchiuse. Tolse le scarpe lentamente, come se nel mentre avrebbe potuto ripensare alla sua imminente decisione, si sfilò la maglietta gettandola sul divano e portò la mano destra avanti. Jackson l'afferrò di prepotenza, stringendola forte nella sua. Appena dieci secondi dopo furono in camera da letto. Sul letto, unicamente un paio di boxer separava Mark dalla completà nudità, mentre il suo specializzando era completamente vestito e sostava davanti ai suoi piedi accavallati. Gli bastò un attimo per abbandonare qualsiasi esitazione. Sorrise, sentendo l'eccitazione che scorreva nelle vene, sbottonò la camicia blu celermente facendola scivolare via dalle braccia. Si spogliò delle scarpe e dei jeans, rimanendo anch'egli in boxer, e finalmente lo raggiunse gattoni sul matrimoniale. Rimase in quella posizione mentre riprese a baciarlo, sentendo che per una questione di gerarchia Mark avrebbe dovuto guidarlo nell'amplesso. Infatti lo afferrò per la vita e lo fece rotolare su un fianco. Mark si ritrovò quindi sopra di lui, seduto sul suo busto, ancora intento a beccargli le labbra con dei baci ricchi di passione. Questi ultimi si spostarono poi sul suo collo, poi sui capezzoli, sugli addominali scolpiti, infine sull'ombelico. Jackson gemette per il piacere e gli accarezzò i bicipiti mentre ritornava carponi a baciarlo sulla bocca. Con le mani sentiva il piacevole calore del suo corpo, e riusciva ad arrivare fino alla sua schiena, sentendo la durezza della colonna sotto le dita. Mark non riusciva più ad aspettare e finalmente, mentre quelle di Jackson erano occupate ad conoscere il suo corpo, portò le proprie ad esplorare il luogo dove non batte il sole, causando nel ragazzo di colore un vagito di inatteso piacere che non riuscì minimamente a trattenere. Sorrise, leggermente a disagio. Ma non era l'unico, essendo per Mark la prima volta che toccava così a fondo il corpo di un uomo che non fosse lui stesso. Jackson gli passò una mano tra i capelli, vulnerabile, e chiuse gli occhi godendosi il momento. Erano entrambi finalmente nudi, l'adrenalina in forte crescita. I loro gesti si fecero più movimentati, più prepotenti, sentirono i membri dell'altro nelle proprie mani irrigiditi per il benessere e l'eccitazione. Per la prima volta, presi da una libidine pressoché ineffabile, persero la loro verginità con un uomo. E a loro sembrava andare bene così.

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