I need to be free with you.

di Giulia Pond
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° capitolo ***


La sveglia suonò puntuale, si voltò per spegnerla e sarebbe rimasta volentieri a letto se non le servissero quei benedetti soldi. Si incoraggiò pensando alle imminenti vacanze ed uscì dalle coperte. Un brivido le percorse la schiena, in quella dannata catapecchia che lei chiamava casa faceva troppo freddo, ma non poteva permettersi di accendere tutti i giorni la caldaia. Andò a controllare suo figlio Jacob, gli sistemò le coperte e poi andò in bagno. Non voleva ancora svegliarlo, per lui era ancora  presto.
< < Guarda che faccia! > > esclamò Lucy vedendo le occhiaie sotto gli occhi. < < Nemmeno il trucco può migliorarti. > >
Sbuffò, avrebbe davvero voluto riprendere in mano la sua vita, aveva 27 anni e già si ritrovava a doversi dividere in due tra lavoro e figlio. Amava Jacob, era l'unica cosa buona che avesse fatto nella sua vita e non lo avrebbe cambiato per nient'altro al mondo; tuttavia avrebbe davvero voluto ritornare la giovane Lucy a cui piaceva uscire con gli amici. Invece adesso non aveva nemmeno il tempo per andare dalla parrucchiera, i suoi capelli mori erano irriconoscibili e piagnucolò vedendo che erano tutti pieni di nodi.
< < Non posso presentarmi così. > > borbottò aprendo l'acqua della doccia. Si sarebbe fatta una doccia veloce, non poteva andare al lavoro conciata come una barbona, non con tutti quegli uomini che la fissavano in continuazione. Non che le importasse, non voleva più avere un uomo al suo fianco, non dopo quello che era successo con l'ultimo. A lei importava soltanto delle mance che le lasciavano ogni volta che cinguettava per loro.
Il getto dell'acqua calda le accarezzò il corpo indolenzito, avrebbe voluto stare delle ore, ma il dovere la chiamava. Si sciacquò bene i capelli e, uscendo dalla doccia, indossò l'accappatoio con i fiori rosa. 
< < Ora va meglio. > > mormorò guardandosi allo specchio e ricordando quando abitava con i suoi genitori e passava ore e ore in bagno a sistemarsi per uscire con le amiche. Erano bei tempi, tempi in cui non doveva preoccuparsi di non fare ritardo per recuperare da scuola Jacob, tempi in cui non aveva paura a relazionarsi con gli altri. Da quando era venuta a vivere a Londra non aveva conosciuto nessuno, si era rinchiusa col figlio in quella catapecchia evitando ogni genere di rapporto umano con gli altri, a malapena conosceva i vicini.  Si era voluta creare un mondo tutto suo in cui nessuno poteva entrarvi e far loro del male. C'erano solo lei e Jacob.
< < Sei bellissima! > > esclamò il bambino di 7 anni entrando in bagno. < < Perché fissi lo specchio? Te lo dico io che sei bella! > >
Lucy sorrise e si abbassò a baciare l'unico amore della sua vita. < < Ero persa nei miei pensieri. Che ci fai in piedi? È un po' presto! > >
< < Volevo vedere se stavi bene. > >
< < Sai che facciamo? Mi asciugo i capelli e poi ti preparo una colazione da re! > >
Jacob sorrise e si lasciò andare a dei gridolini di gioia.
< < Tesoro, fai piano. I vicini dormono ancora. > > lo tranquillizzò Lucy sorridendogli. Per lei quei momenti erano d'oro, a causa del lavoro non riusciva a stare sempre con Jacob e ciò la rattristava dato che si stava perdendo la sua infanzia.
Si asciugò i capelli il più velocemente possibile e poi andò in cucina a scaldare del latte per Jacob.
< < Vuoi portare dei toast a scuola? > >
< < No, non mi vanno. Porto il cioccolato. > >
Lucy sorrise, sapeva quanto fosse goloso e prima o poi avrebbe dovuto negargli tutti quei dolci e fargli mangiare qualcosa di più salutare. Prese la barretta di cioccolato divisa in due e la mise nella tasca interiore della cartella di Jacob. 
< < Bene, la colazione é pronta. > >
Jacob arrivò di corsa facendogli il sorriso più bello che lei avesse visto, un sorriso che l' avrebbe aiutata ad andare al lavoro e sopportare le mille richieste del suo capo. Lo guardò mangiare avidamente i cereali, non disse nulla, non voleva sgridarlo perché stava mangiando come un cane affamato; voleva semplicemente godersi quel momento come se fosse l'ultimo.
 
-
La donna dormiva ancora, avrebbe dovuto svegliarla e mandarla via, ma non aveva voglia di sentirla fare le moine perchè voleva rimanere ancora da lui. No, se ne sarebbe dovuta andare come hanno fatto le altre prima di lei, lui non voleva nessuno.  Si alzò, indossò della biancheria pulita e accese la radio sperando che la musica la svegliasse. Cominciò a fischiettare seguendo il ritmo di quella canzone che gli stava facendo venir voglia di ballare e andò in bagno a sciacquarsi la faccia e a lavarsi i denti.
< < Ehi, tesoro. > > esclamò la bionda dietro di lui < < Torna a letto..con me. > >
Sputò il dentifricio. < >
< < Di già? Speravo di rimanere un altro po'. > > strepitò sorpresa la giovane < < Potrei aspettare che torni dal lavoro e farti trovare tutto pronto come una brava mogliettina. > >
< < Non ne ho bisogno, grazie. > > rispose rudemente l'uomo < < Vestiti e torna a casa. > >
La giovane non disse nulla, si limitò a tornare in camera, a rivestirsi e, senza salutare, se ne andò sbattendo la porta.
 
-
Era in ritardo, ecco cosa succedeva quando se la prendeva comoda a sbaciucchiare suo figlio prima di lasciarlo alle maestre. Quella mattina non voleva lasciarlo andare, voleva riportarlo a casa e trascorrere una giornata insieme come se fosse domenica. Corse verso l'ascensore, implorò i dipendenti di tenerle le porte aperte, ma quest'ultimi non le dettero ascolto. Non poteva aspettare il prossimo ascensore, non poteva concedersi questo lusso, non oggi. Così Lucy si diresse alle scale, doveva andare solo al quinto piano ce l'avrebbe fatta, no? Cominciò a dubitare di sé una volta arrivata davanti alle scale, perché non si era mai resa conto di quanto fosse in alto? Fece i gradini due a due sperando di non spaccarsi una caviglia visto che stava correndo con le scarpe col tacco; non poteva arrivare in ritardo, non oggi che c'era una riunione tra tutti i soci e lei doveva assicurarsi che non mancasse nulla. Al terzo piano si bloccò per prendere fiato, non era più abituata a correre come una volta, quando andava al liceo era bravissima, aveva persino vinto qualche premio e lei si era sentita come se sarebbe arrivata ovunque. Purtroppo si sbagliava, non sapeva che sarebbe finita in un grattacielo a fare da segreteria e cameriera a uomini d'affari a cui non importava altro che arricchirsi.
Prese fiato e ricominciò la sua corsa. Arrivò al quinto piano madida di sudore, i suoi capelli che aveva accuratamente sistemato in una treccia erano tutti fuori posto e attaccati alla cute. Imprecò dentro di sé, aveva passato mezz'ora davanti allo specchio a cambiare pettinatura e scegliere quella che più le piaceva; ed ora i suoi capelli erano orribili.
"Che bella figura farai Lucy" pensò rendendosi conto che non solo i capelli erano conciati male. In più le facevano male i piedi, avrebbe voluto sedersi e riposarsi almeno per 5 minuti, ma non poteva. Si incamminò verso il suo ufficio, ma appena fece un passo il dolore lancinante sotto la pianta dei piedi la costrinse a fermarsi e a togliersi la scarpa per vedere quanto fosse messo male il suo piede.
"Dannazione" imprecò ricordandosi di aver finito i cerotti per le vesciche. Sapeva che non avrebbe dovuto mettere le scarpe nuove, aveva sbagliato ed ora ne pagava le conseguenze.
Cercò di rimettersi la scarpa, ma perse l'equilibrio e scivolò addosso al malcapitato che stava passando in quel momento.
< < Porca puttana. > > imprecò l'uomo che l'aveva trattenuta dal rotolare come un salame.
Lucy si ricompose, non aveva nemmeno il coraggio di guardare in volto chi l'aveva afferrata talmente si vergognava. Tutti avrebbero parlato di lei, della maldestra Lucy e non era nemmeno una sorpresa. Qualche settimana fa era inciampata mentre portava del caffè caldo e aveva sporcato la preziosa moquette del signor Smith. Da allora era soggetta a risolini e battutine di poco gusto su quanto le sue gambe fossero sexy ma deboli. Ma loro non sapevano che a casa faceva, come lo chiamava lei, il secondo turno in cui cucinava, sistemava casa e faceva giocare Jacob prima di metterlo a letto. Non potevano saperlo perché lei era solo l'attraente segretaria che doveva stare ai loro ordini, non importava se era stanca, a loro bastava che il caffè fosse caldo e servito con mille moine.
< < Ma sai camminare? > > sbraitò Toby guardandola dall'alto in basso. < < Se devi sistemarti, vai in bagno e non in mezzo al corridoio. Qui c'è gente che lavora e che non ha bisogno di incipriarsi il naso. > >
Lucy arrossì violentemente, non si aspettava una reazione del genere, insomma gli era solo andata addosso, non l'aveva mica ammazzato. < < Mi scusi, ho perso l'equilibrio e.. > >
< < Non ho tempo per stare a sentire le sue stupide scuse. Ho del lavoro da fare. > > strepitò prima di andarsene e lasciare Lucy sola ed umiliata. Lo conosceva, l'aveva visto due o forse tre volte in mensa, e sapeva bene che tipo d'uomo fosse. Aveva una buona reputazione tra i colleghi, era temuto e rispettato e quasi nessuno osava andargli contro. Lucy prese fiato, andò verso il suo ufficio e provò a non pensare a quanto fosse stato maleducato Toby con lei. Si concentrò sul da farsi e, mentre recuperava dei documenti da consegnare al signor Smith, le venne in mente il sorriso di Jacob che le aveva fatto quella mattina.
"Lo faccio per lui. Sopporta ogni tipo di battuta. Sono tutti degli stronzi a cui non importa niente". Pensò prima di entrare nella sala riunioni e trovarsi tutti gli occhi puntati su di lei.
< < Dia i documenti al signore Kebbell, Lara. > >
< < Mi chiamo Lucy. > > bisbigliò avvicinandosi al più stronzo di tutti in quella sala. Era ormai dieci mesi che lavorava per loro e ancora sbagliavano il suo nome; non riusciva a crederci.
< < Grazie. > > esclamò prendendo i fogli e dandogli un'occhiata. < < Almeno stavolta non sei caduta addosso a nessuno. > >
Lucy gli sorrise, si trattenne pensando a Jacob e uscì dalla sala. Se solo avesse potuto urlare loro contro quanto era stanca di essere la loro schiava e che si meritava un ringraziamento sincero. Si sedette alla sua postazione, accese il computer e cominciò a sistemare alcune fatture finché non sentì un gran fracasso provenire dalla sala riunioni.

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Capitolo 2
*** 2° capitolo ***


< < È inaccettabile! > > esclamò il signor Smith alzandosi dalla sedia. < < Ho comprato quelle azioni io stesso perché ho avuto una soffiata da uno dei miei informatori che mi ha garantito un guadagno sicuro. Non potete mettere in dubbio.. > >
Aveva dedicato 30 anni della sua vita a quel lavoro, aveva iniziato come piccolo compratore e, andando avanti con gli anni, aveva acquisito sempre più ricchezze fino a diventare socio della "Brokers Company International". Ed ora i suoi colleghi gli stavano contestando l'affidabilità dell'acquisto di quelle azioni. 
< < Chi è il compratore, John? > > domandò l'uomo più anziano seduto vicino a Toby. < < A chi devi venderle quelle azioni? > >
< < Non c'é nessun compratore. Ho visto anzi mi è stato detto che ci avrei guadagnato e le ho prese. > >
Si stava accorgendo dell'errore commesso, ma non poteva darla vinta agli altri soci soprattutto a quello stronzo di Toby che, stranamente, non si era ancora espresso, ma se ne stava in silenzio a fissarlo. Non gli era mai andato a genio, Mark Artage lo aveva assunto a 25 anni e nel giro di pochi anni era riuscito a diventare socio. Ora che aveva 34 anni, non era cambiato poi molto, era rimasto dedito al suo lavoro e in tutti quegli anni non l'aveva mai visto sbagliare; ma ciò non gli dava il permesso di giudicarlo come stava facendo silenziosamente. 
< < Dovrai trovare un compratore, John, altrimenti saranno addebitate sul tuo stipendio. > > concluse Mark cercando di placare gli animi < < Mi sorprende di questo tuo errore. Ti consiglio di trovare informatori sicuri perché un altro sgarro potrebbe costarti la carriera. > >
John rabbrividì al solo sentire nominare quelle parole, non poteva permettersi di essere licenziato, aveva bisogno di quei soldi per pagare le cure mediche della moglie. Se solo non si fosse ammalata si sarebbe già dimesso, aveva amato il suo lavoro, ma ultimamente era diventato pesante rimanere rinchiusi in quegli uffici dove la maggior parte dei suoi colleghi cercava di arricchirsi. Aveva quasi 50 anni, non era più il ragazzino di una volta che desiderava mettersi in tasca un bel guadagno sicuro e sostanzioso; ora aveva altre priorità come stare il più possibile vicino alla moglie malata di leucemia. 
< < Lo troverò. > > mormorò sedendosi.
< < Credo che il signor Smith sia troppo anziano e stanco per questo lavoro. > > strepitò tutto ad un tratto Toby con un sorriso sprezzante. < < Credo che potremmo concedergli qualche settimana o mese di pausa o perché no, mandarlo in pensione. > > 
Tutti i soci si voltarono a fissare il collega più giovane increduli su quello che aveva appena detto. 
Per John Smith le sue parole furono una pugnalata, come si permetteva di dire una cosa del genere, ma sapeva chi era lui e cosa aveva fatto per quella dannata società? 
< < Se non vende quelle azioni, per me può benissimo starsene a casa. > > 
< < Ti devo ricordare, Toby, che ci vuole il consenso di tutti i soci per mandarne a casa un altro? > > proferì parola Alex Buckett che fino a quel momento era stato zitto. 
< < Se volete tenerlo perché è vostro amico, fate pure. Ma non venite a piangere da me quando la società fallirà. Se uno sa fare il suo lavoro che ben venga, ma se fa errori stupidi come questi... non vedo perché non licenziarlo. > >
< < Come ti permetti brutto figlio di puttana? > > urlò John diventando paonazzo per la rabbia. < < Sai chi sono io? Hai una vaga idea di quello che ho fatto per questa società? > >
< < Non metto in dubbio che tu sia stato un grande broker, ma invecchiando devi aver perso le tue abilità. Ammetti i tuoi errori e dimettiti così fai un favore ai tuoi colleghi che ti sono troppo affezionati per licenziarti. > >
< < Ma chi ti credi di essere? Sei solo un grande arrogante a cui importa solo del denaro per pagarti le donne. > > 
Toby scoppiò a ridere. < < Su come spendo il mio denaro non ti deve interessare. E fidati che non ho bisogno di far vedere le banconote per farle spogliare. > >
< < La tua arroganza ti farà avere carriera, ma rimarrai sempre solo. Mi spiace per te, giovanotto, che stai sprecando la tua vita dedicandola solo al piacere. > > strepitò John adirato. < < Non conosci i valori, tu prendi il denaro e lo sperperi. Non puoi continuare così! > >
< < Di certo non lo uso per evitare l'inevitabile. > > esclamò Toby diventando improvvisamente serio. < < Ora alzati e vai a sistemare il casino che hai fatto. > >
John non ci vide più dalla rabbia, aveva capito a cosa stesse alludendo e non poteva permettergli di farsi trattare in quella maniera.
< < Non osare parlare di mia moglie. > > sibilò a denti stretti mentre si alzava.
< < Ho solo detto come la penso. Tu hai espresso la tua opinione su come spendo il mio denaro ed io ho espresso la mia. > >
< < Non paragonare le cose, bastardo! > > sbraitò prima di tirargli un pugno in pieno viso facendo cadere Toby dalla sedia.
Gli altri colleghi si alzarono e accorsero a separare i due uomini. 
< < Non siamo ad uno zoo, santo cielo. > > imprecò Mark mettendosi fra i due. < < Datevi un contegno! > >
Nel frattempo era accorsa anche Lucy, le sembrava di essere finita in un bar dal casino che proveniva nella sala riunioni. 
< < Che diavolo succede? > > esclamò sconvolta guardando gli uomini uno sopra all'altro che cercavano di separare John da Toby. Il biondino Alex Buckett si alzò in piedi e sbattè talmente forte le mani sul tavolo che fece squittire Lucy. < < Adesso basta. Se non vi separate, farò in modo che veniate licenziati entrambi. > >
John si staccò ansimante da Toby, non poteva essere licenziato per colpa di quello stronzo, si era già lasciato troppo andare. 
< < Vi siete calmati? > > sbraitò Mark guardandoli. < < Toby, vai a farti medicare l'occhio da Lucy. Muoviti! > > 
< < Sto bene, grazie. > > borbottò toccandosi sotto l'occhio destro e sentendone il gonfiore.
< < Sta sanguinando. Fatti mettere qualcosa da Lucy. > > 
< < Mi arrangio da solo. > > ripeté dirigendosi verso l'uscita.
< < Mi segua, dovrei avere nel kit del pronto soccorso qualcosa che possa alleviarti il dolore. > > disse titubante Lucy, non aveva ancora dimenticato come l'aveva trattata qualche ora fa. 
< < Ho già detto che mi arrangio da solo. Non vorrei mai che mi accecassi con la crema. A malapena sai stare in piedi, figurati se riesci a fare la crocerossina. > > strepitò l'uomo sorridendo divertito per poi andarsene. 
Lucy rimase allibita, ma come si permetteva di trattare tutti come se fossero inferiori a lui? Non le dispiaceva che John lo avesse ridotto in quel modo, anzi era soddisfatta che qualcuno gli avesse dato una lezione. Toby non aveva idea di quanto fosse brava a fare la "crocerossina", ogni volta che Jacob tornava a casa con una sbucciatura lei gli cantava una canzoncina mentre disinfettava la ferita. Suo figlio era contentissimo, sopportava il bruciore perché diceva che lei gli infondeva coraggio quando cantava e quindi, per lui, era la mamma migliore del mondo. Sorrise per un attimo pensando al suo amato bambino che l'amava così com'era, anche se a volte faceva casini su casini. Spesso Lucy si chiedeva se era lei a prendersi cura di Jacob o era Jacob a prendersi cura di lei. 
< < Lucy, visto che quella testa calda di Toby non ha voluto il tuo aiuto, dai una mano a John! > > la richiamò al presente Mark.
< < Certamente. Avanti, signor Smith, mi segua che le medico le mani. > >
L'uomo le sorrise imbarazzato, aveva fatto una scenata davanti a tutti i suoi colleghi e si vergognava di non essere riuscito a controllarsi. Andarono nel suo ufficio, Lucy prese dei pezzettini di cotone, li bagnò con del disinfettante e li appoggiò sulle nocche rosse del suo capo.
< < Brucerà un po'. > > mormorò la giovane sorridendogli.
< < Ho sbagliato tutto sa?! Non dovevo reagire. Sono sempre stato un uomo tranquillo, nemmeno quando ero giovane mi mettevo a fare le risse. La violenza non risolve mai niente.. > > sospirò. < < Ma quel Toby mi ha portato all'esasperazione. Ha messo in mezzo la mia povera moglie in una faccenda lavorativa. Lei sta male, è malata e mi sembra logico sperperare i miei soldi per trovare un modo per salvarla. Lui.. invece.. > >. John si bloccò e cominciò a piangere. Era distrutto, sapeva che per sua moglie Miranda non c'era più niente da fare, ma lui doveva tentare perché solo un codardo avrebbe assistito al peggiorare della malattia inerme. Doveva lottare per lei e anche per lui perché non poteva vivere senza Miranda.
< < Si calmi, signor Smith. Sua moglie starà bene. Sta facendo tutto il possibile e mi creda che anch'io mi comporterei come lei per la mia famiglia. > > Lucy prese fiato. < < Anch'io per proteggere la mia famiglia ho fatto dei sacrifici... li sto ancora facendo. > >
< < Lei è una brava ragazza. > > le sorrise John. < < Ha un marito? > >
Sobbalzò, non voleva dare troppe informazioni personali e liquidò la domanda scuotendo la testa.
< < Allora si cerchi un brav'uomo che le possa garantire un buon futuro. È importante trovare la persona giusta perché una volta fatto il grande passo non si torna più indietro. > > esclamò l'uomo facendole l'occhiolino. < < E stai lontana da quel giovanotto che é un poco di buono. > >
< < Certamente. È un grande arrogante ed io non voglio averci a che fare. > > affermò Lucy mentre sistemava al proprio posto i vari disinfettanti. Era dispiaciuta per quello che era successo al suo capo, in fondo era una brava persona e non si meritava di essere trattato in quella maniera; questa volta Toby aveva passato il segno.

                                 *

Si sciacquò il viso con l'acqua fredda, gli faceva male il livido che gli stava uscendo sotto l'occhio destro e, per peggiorare le cose, gli stava venendo mal di testa. Si guardò allo specchio, i capelli castani scuri erano tutti aggrovigliati e fuori posto. Cercò di sistemarli, ma fu invano, non ne volevano proprio sapere di stare al loro posto.
Si sistemò la cravatta e solo allora si accorse della macchia di sangue sulla sua camicia bianca di Armani. Imprecò, non poteva presentarsi in quella maniera ai suoi clienti, non lui che era sempre stato Mr perfezione. 
< < Ma che ti è saltato in mente, Kebbell? > > strepitò Mark entrando nella toilette.
< < Ho semplicemente detto quello che voi altri pensavate e che non avevate il coraggio di dire. Vuoi licenziarmi per questo? > >
Mark sbuffò. < < Non voglio licenziarti, ma vorrei che fossi un più gentile e mi piacerebbe che tu vada a scusarti con John. > >
< < Credo che sia l'ultima persona che desidera vedere in questo momento. > > borbottò mentre cercava per la milionesima volta di sistemare il ciuffo. < < In più non chiederò scusa per aver detto la mia opinione. > > 
Mark alzò gli occhi al cielo, era inutile discutere con lui, avrebbe sprecato solo fiato e perso tempo.
< < Credo che la riunione sia conclusa. John sistemerà il casino e tutto tornerà alla normalità. > > aveva concluso Mark prima di uscire dalla toilette. 
Toby si sentiva spossato, era venuto al lavoro solo per quella maledetta riunione, voleva tornarsene a casa a bere e magari divertirsi con una ragazza che avrebbe rimorchiato al bar vicino casa. 
"Ancora qualche ora." pensò tra sé e sé già pregustando il bourbon che l'aspettava una volta rientrato a casa.

                                    *

Lucy era ritornata alla sua postazione, era un po' scossa per l'accaduto e le spiaceva per il signor Smith. Avrebbe voluto fare qualcosa per lui e per la moglie, avrebbe voluto aiutarli, ma non c'era niente che lei potesse fare.
< < Ehi, Cenerentola che non sta in piedi, potresti stamparmi la lista dei clienti di Smith? > > Lucy riconobbe la voce, riconobbe il tono sicuro e altezzoso di Toby.
< < Mi spiace, ma senza il permesso del signor Smith non posso divulgare nulla. > > rispose freddamente senza alzare lo sguardo dal documento che stava leggendo. < < Io le consiglio di porgere le sue scuse al mio capo e poi, forse, lui le darà la lista che tanto desidera. > >
< < Credo che tu non sia nella giusta posizione per dirmi cosa devo o non devo fare. In fin dei conti sei solo una segretaria. > > esclamò sorridendo.
Lucy sbuffò, lasciò perdere il documento che stava cercando di leggere e guardò quell'emerito idiota che le sorrideva beffardamente. < < Ascolta, è inutile che fai il coglione con me perché quello che mi dici non mi scalfisce affatto!! Quindi, quando tornerà in compagnia del signor Smith, le darò quello che vuole. > >
Toby smise di ridere, non si aspettava di certo una reazione del genere da quella ragazza. < < Sai cosa penso? > > 
< < Non mi interessa cosa pensi. > > sbottò Lucy infastidita che fosse ancora lì a disturbarla.
< < Penso che tu abbia bisogno di una sana scopata. Insomma, ti capisco. Sei circondata da quarantenni e cinquantenni, ovvio che non vuoi andare a letto con loro. Ma io sono libero e disponibile. > >
Lucy avvampò, ma come si permetteva di parlarle in quel modo? Lei non era di certo lì per soddisfare i bisogni fisici né di lui né degli altri colleghi. Lei si limitava ad essere fin troppo gentile con loro solo per avere delle dannate mance che le permettevano di poter comprare al figlio delle scarpe nuove o una nuova maglietta. Aveva troppe spese, le bollette erano sempre care e portavano via metà del suo stipendio; quindi non le rimaneva molto per fare la spesa o comprare ciò che serviva al figlio per la scuola. 
< < Sei proprio uno stronzo. > > sibilò a denti stretti. 
< < Oggi me l'hanno detto in molti, tesoro. > > esclamò facendole l'occhiolino per poi andarsene.
Lucy lo guardò andare via, lo conosceva a malapena e già l'odiava. Si rimise al lavoro cercando di scacciare Toby dalla mente, aveva ancora qualche ora di lavoro e poi sarebbe andata a prendere il figlio a scuola.

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