In Nomine Patris

di Amantea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -1- ***
Capitolo 2: *** -2- ***
Capitolo 3: *** -3- ***
Capitolo 4: *** -4- ***
Capitolo 5: *** -5- ***
Capitolo 6: *** -6- ***
Capitolo 7: *** -7- ***
Capitolo 8: *** -8- ***



Capitolo 1
*** -1- ***


In Nomine Patris -1-

IN NOMINE PATRIS



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When you get older, plainer, saner
Will you remember all the danger we came from?
(LP, Lost on you) (1)



Un lampo, e un altro ancora.
Lo studio del Generale si illumina a tratti, un’acquaforte sinistra di chiaroscuri, che la luce tremolante dei candelabri ingentilisce a stento.
Oscar siede, immobile. Osserva il padre - la postura ferma, alta, le pieghe che l’uniforme increspa sui fianchi, le spalle dritte - buttare lo sguardo oltre i vetri, nel buio del temporale che romba sempre più vicino.
Sa, prima ancora di sapere, cosa la aspetta in quella stanza.


Ha disobbedito agli ordini del re, rifiutandosi di sgomberare la sala occupata dai rappresentanti del terzo stato.
E’ fuggita in modo rocambolesco dall’ufficio di Bouillé, per lanciare il cavallo sotto una pioggia fredda e battente e tornare alla sala dell’assemblea prima che fosse troppo tardi.
Ha sfidato Girodel e le guardie reali.
Si è posta loro di fronte, a braccia aperte. Irremovibile, fiera, sfrontata.
La consapevolezza dolente di non essere solo un ex comandante.
- Voi incrocereste la vostra spada con me, Girodel? E voi guardie reali avreste forse il coraggio di sparare al vostro ex comandante? Se proprio volete sparare su degli uomini disarmati dovrete prima passare sul mio cadavere!
    Osereste sparare alla  donna che amate, Girodel…?
E Girodel ha ceduto, come sempre, vinto dal coraggio e dall’ardore di quell’angelo guerriero, ritirandosi, lo sguardo carico di sentimento, un ultimo saluto con la mano (la rivedrà ancora? Non ci sono tramonti, né mulini immoti per lui, quel giorno, ma solo il freddo di un acquazzone di inizio estate) (2).
Girodel, André, i soldati della guardia del popolo… uomini destinati ad obbedirle. A darle fiducia, ad amarla persino. Uomini che la seguirebbero fino alla morte, se solo lei lo chiedesse. Che darebbero la vita per lei.
Tra le sue dita… il loro destino, dunque.
L’onere ineluttabile di essere un comandante.
O forse, soltanto, le conseguenze dell’amore per una donna-soldato.


E’ rientrata a palazzo lasciando che César rallentasse il passo, gli zoccoli a rifrangere gli schizzi di fango fino agli stivali.
André l’ha seguita senza proferire parola, il cuore teso. Difficilmente Oscar riuscirà a passarla liscia, questa volta. Eppure, in quelle giornate convulse, mai, mai una volta l’ha vista pensare a se stessa. Tutto quello che ha fatto, l’ha fatto per un senso di giustizia che va oltre persino il volere di Sua maestà, e che la pone in contrasto – come un pianeta fuori orbita- con il mondo dei nobili cui pure appartiene. Forse di questo Oscar non si rende ancora bene conto, ma André, che è uomo del popolo, seppure ibridato d’educazione e convivenza con gli aristocratici, sì. E sa bene che quando il proprio mondo si sgretola è difficile restare illesi. Si è già fortunati se se ne esce solo con qualche osso rotto, ma vivi. Meglio se qualcuno ci tende una mano e ci fa uscire dalla voragine apertasi all’improvviso.
Con questo animo ha guardato Oscar precederlo fin dentro ai cancelli del Palazzo. Lui sarà quella mano, lui la tirerà fuori dal baratro, lui non la lascerà mai sola.
Dà ascolto alla sua inquietudine, a quella sensazione tetra che avverte in mezzo al petto, e non sistema i cavalli nella stalla. Li lega soltanto, lasciando loro la sella e i finimenti, al riparo di una tettoia, il cielo che minaccia ancora pioggia e si tende al rumore buio di tuoni lontani.


Ha visto Oscar salire al piano di sopra, e ne segue la figura con gli occhi, finché può.
- André! -. La nonna gli si fa incontro con l’aria preoccupata, la voce leggermente incrinata.
- Vieni, André, vieni a scaldarti al fuoco, bevi qualcosa anche tu -.
Rivolge un sorriso lieve alla nonna, le lascia fare strada, fino al camino del salotto. La nonna lo precede con insistenza, tormentandosi le mani, le labbra semichiuse, come a volere e non volere al contempo.
- André!-, continua, ancora, il viso che non riesce più a nascondere l’ansia. – Cosa è successo, André? Il generale era così serio quando mi ha chiesto di Oscar…
- Cosa vuoi che sia successo nonna -, risponde prontamente, la tazza portata alle labbra per un sorso di cioccolata, scura e quasi amara. – Non è successo nulla, non preoccuparti -.
Gli occhi si schiudono alla calma, la nonna sembra credergli, e tanto basta.
Finisce di sorseggiare la bevanda calda, posa la tazza, e a passo lento ma deciso sale a sua volta le scale.
La porta dello studio del generale è chiusa.
Appoggia la schiena al muro. Per abitudine porta la mano alla vita. Ha la pistola con sé. Un brivido freddo gli corre lungo la pelle, arpionandogli la nuca.
Anche nel pomeriggio, fuori dall’ufficio di Bouillé, è rimasto in attesa. E quando ha sentito le grida di Oscar è balzato dentro, sfondando la porta, il fucile sollevato pronto a colpire. Un lampo rendersi conto che lei era in pericolo, un istinto animale quello di difenderla, ad ogni costo.
Ucciderebbe, per lei. Ucciderebbe chiunque.
Socchiude gli occhi, sospira. E attende.


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1 Quando sarai più vecchio, più semplice, più saggio/ Ricorderai tutti i pericoli da cui veniamo?
2 Mi riferisco ovviamente all’episodio che contiene la dichiarazione d’amore di Girodel a Oscar.


Partiamo dal famosissimo episodio 35 dell’anime, “Accusa di tradimento” (23 giugno 1789). Famoso quanto a parer mio molto complesso (lo scontro tra André e il generale, il rapporto padre-figlia, il mutismo di Oscar, il non seguito che nell’anime viene dato alla dichiarazione d’amore di André, eroismo e tragedia come temi molto cari al mondo giapponese).
Riprendo un’idea che avrei voluto sviluppare in un’altra mia long, ma qui ne faccio una storia a se stante. E come in altre storie, mi piace partire dalla visione dell’episodio, restando fedele ai dialoghi e al dipanarsi della trama… fino a un certo punto ;)
Se volete farmi compagnia in questa piccola avventura, vi aspetto volentieri.
Siamo appena all’inizio :-)
Grazie come sempre a chi leggerà, e a chi lascerà anche il suo pensiero.
Un saluto affettuoso,
Amantea








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Capitolo 2
*** -2- ***


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IN NOMINE PATRIS



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- La soluzione sarebbe puntarsi una pistola alla tempia, ma non posso farlo -.
Pronuncia le parole in modo fluido, senza inciampi, senza farsene immagini nella testa. Lascia che escano da sole, e che il padre le raccolga dall'alto del suo sguardo severo, composto, e le soppesi, prepari una reazione, dilati il tempo.
- Mh... Stai forse tentando di provocare tuo padre, Oscar? -.
Stizzito il tono, solo una perdita di controllo, un cedere all'ira, che sfuma subito in un accento più morbido.
- Se hai qualcosa da dire ti ascolto. La colpa di cui ti sei macchiata è grave, ma sei pur sempre mia figlia... -.
    Pur sempre una figlia...
Occhi negli occhi, specchio a specchio, contorni che si fondono, senza toccarsi.
Chissà se entrambi ricordano un altro momento, di sole primaverile, e petali bianchi da annusare nel palmo della mano, quando le parti erano invertite, ed aprire il cuore era sembrato così facile.
    Io desidero davvero per te la vera felicità... perdona tuo padre Oscar (1).
E la figlia, osservando le rose bianche sistemate sullo scrittoio, che sapevano di terra smossa e siepi odorose -ricordi sottili di giornate felici in giardino, in epoca fanciulla-, aveva sorriso, perché non aveva proprio nulla, nulla da perdonare al proprio padre, disperato di aver forzato la sua natura crescendola come un uomo, per farne il suo erede prediletto, un soldato a sua immagine e somiglianza, ma donandole in realtà una libertà di cui nessuna donna poteva godere (la libertà di non essere -che paradosso!- sottomessa ad un uomo).
Ma quel tempo sembra ormai troppo lontano. Nessuna rosa bianca da carezzare. Non più purezza, o innocenza.
Lo scrittoio è disadorno, le candele non fanno abbastanza luce, la stanza è fredda.

I tuoni si fanno più vicini. Gocce colpiscono il vetro, con forza crescente. Dapprima separate, in controtempo, e poi a scivolare, fuse, indistinguibili, lasciando strisce lucide, dai contorni frastagliati e liquidi.
- In questo momento dodici dei miei uomini si trovano nella prigione della Bastiglia e molto presto saranno fucilati. Se morendo riuscissi a salvare la vita di questi dodici soldati, credetemi, padre, lo farei volentieri, ma sarebbe un sacrificio vano… non posso morire adesso. Vi scongiuro di perdonarmi! -.
Li ha visti, dalla finestra. Ha assistito impotente alle percosse che subivano, mentre le guardie li trascinavano via. Accusati di insubordinazione perché, rifiutandosi di obbedire a Bouillé, hanno gridato di essere fedeli solo a lei, facendo un passo avanti dalle file schierate in consegna, sfidando il loro mondo, il tribunale militare, la pena di morte, e il diavolo sa cos'altro. 
Suo padre non può neanche immaginare quanto abbia dovuto sputare sangue per farsi rispettare da quei ragazzi. Le parole che ha udito, le ingiurie che ha ignorato, gli sguardi che ha sostenuto, la disciplina che ha dovuto insegnare, quanto da loro -da quei figli del popolo- abbia imparato. E alla fine li ha conquistati. Con la lealtà. Difendendo il suo onore, quel giorno, nel piazzale della caserma, sotto una pioggia implacabile (piove sempre a Parigi, come se il cielo partecipasse a modo suo alle vicende degli uomini, o forse è solo un'impressione), con un Alain che non aveva capito nulla di lei, e intenzionato a fargliela pagare cara una volta per tutte, e infine battuto, ferito, rimesso al proprio posto.
Cosa sa veramente suo padre della sua vita?
    Se hai qualcosa da dire ti ascolto.
L'ultimo desiderio di un condannato a morte.
Non ha mai desiderato nulla, per sé.
L'unico suo sogno si è infranto in una sala da ballo, tra le braccia di un uomo che mai sarebbe stato suo e che mai l'aveva vista in un modo diverso da come  si mostrava (un'amica).
Ci sono persone che ti guardano, senza vederti veramente mai.
Cosa può chiedere una donna che sta per essere uccisa? Oscar non lo sa affatto. Forse sa cosa potrebbe chiedere sua madre, o qualcuna delle sue sorelle. Forse persino cosa potrebbe implorare la regina. Sicuramente sa cosa chiederebbero i suoi uomini (riabbracciare la famiglia, un'ultima sbornia, un'ultima sera d'amore).
Ma sa bene cosa vuole un comandante. In fondo non ha molto altro adesso. Un comandante vuole solo salvare i suoi soldati.

- Non posso perdonarti -.
Un tono duro, inflessibile. La condanna suona già come un affondo lacerante. Come se non ci fosse più da perdere tempo in chiacchiere. O forse è proprio il tempo della mente che bisogna ingannare, velocemente. Cogliere l'attimo in cui la decisione è stata presa, senza soffermarsdi a pensare, perchè pensare significa esitare, valutare, riconsiderare, magari disperarsi, rischiare di rimanere, sopravvivere, arrendersi alla vita.
- Quando in una famiglia notoriamente devota c’è un traditore, l’unica soluzione è la morte. Non devi preoccuparti: io ti ucciderò chiedendo perdono a Dio e poi ti seguirò -.
In fondo, la morte è una questione che riguarda chi resta. Ciò che conta adesso è lavare quest'onta con il sangue. Del dolore immenso di nonna Marie, che troverà i loro corpi nello studio, si occuperà il nipote André. La casa andrà in eredità a qualche figlia, Madame resterà a Versailles, e dopo qualche mese di chiacchiericci più o meno sentitamente addolorati sulla triste fine fatta dai Jarjayes, nessuno ne parlerà più. 

Oscar guarda il padre, l'immagine stinta dalle lacrime che non trattiene. Resta seduta, senza forze.
Assiste a una rappresentazione risoluta e tenace, quasi che sul tavolo ci fosse un documento importante da firmare, piuttosto che un atto tragico da mettere in scena e concludere in fretta. Quanto deve essere grande il dolore per non sentire più nulla, stordire la coscienza del cuore, ingannarla quanto basta perché cessi di pulsare prima ancora di rendersi conto di non esistere più? Quanto sta soffrendo suo padre in quel momento?
Non è previsto che i figli disobbediscano all'autorità paterna. E' una legge che Dio ha dato agli uomini. Questo le hanno insegnato.
Mai gli ha mancato di rispetto contraddicendo il suo volere.
Una sola volta si è ribellata.
Si trattava di prendere parte a un certo ballo in suo onore, di mettersi per così dire in mostra per trovare un pretendente alla sua mano. In effetti, una stonatura non da poco per una donna che per trent'anni aveva vestito abiti maschili e per di più dedita alla carriera militare. Ma i genitori, si sa, vogliono il meglio per i proprio figli. Quel ballo non ebbe però alcun seguito. Fu, diciamo, soltanto un'idea poco felice. Oscar spiazzò tutti presentandosi in alta uniforme, fece una apparizione molto teatrale, e se ne andò ridendo, lasciando tutti di stucco. 
Anche in quel momento potrebbe alzarsi e andarsene. Ribellarsi di nuovo, se solo volesse.
Eppure, non lo fa.
C'è un che di dolce nel modo in cui non distoglie lo sguardo dal padre.
Ciò che la blocca lì non è paura. Niente affatto. E' la consapevolezza amara che nessuno uscirà illeso da quella situazione.
Nessuno dei due può salvare l'altro. Possono solo annegare insieme.
    Io ti seguirò.
Il padre è già un uomo finito. E lei sarà responsabile della sua morte. Che sia sociale o effettiva, cambia poco. In una società come quella di Parigi non esistono seconde possibilità. I ministri hanno parlato chiaro: bisogna privare la famiglia Jarjayes del titolo nobiliare, infliggere una pena severa ed esemplare, confiscare i beni. Meglio morire che cadere in disgrazia e povertà.
- Sarebbe la peggiore delle soluzioni, essere la causa della vostra morte -, mormora Oscar.
Tutto quello che è diventata, lo deve a lui. Tutto quello che ha fatto, lo ha fatto per amore del padre. Per essere amata da lui, perché lui ne fosse fiero ed orgoglioso. E dove sono mancati gli abbracci, sono valsi gli elogi, gli sguardi, i taciti compiacimenti.
    Ti accorgi, padre, di quanto tua figlia ti ama?
Sì, forse il padre se ne accorge. Perché anch'egli adesso sta piangendo.

In nomine Patris
...
Solleva la spada. Nel nome di Dio le toglierà la vita, nel nome di Dio rinuncerà alla propria.
Sicuro che la mano non cederà. Che la disperazione sarà così forte da voler seguire la figlia. Che non si soffermerà nel pianto, o nel dolore, o nel pentimento. Che la mano non tremerà, e non si fermerà, neppure contro se stesso, dosando la forza necessaria, e quando sentirà la carne lacerarsi e strapparsi la lama affonderà ugualmente.
Fino in fondo. Quanto serve. E così sia.














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(1) Se ricordate, si tratta dell' Episodio 30


Lo so, non è una storia facile.
Aggiornamento veloce perché nel fine settimana sarò impegnata.
Ma ci sarà il what if e la svolta :)
Grazie di cuore a chi preferisce, ricorda e segue. A chi legge, e a chi lascia il suo pensiero.
Un abbraccio,
Amantea


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Capitolo 3
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IN NOMINE PATRIS



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- No! Non lo fate! -.
Un urlo che spalanca la porta, e si rovescia sul generale, mani disperate a bloccargli le braccia, e con quelle la spada ancora levata in alto. Tale è l'urto che la schiena del padre sbatte contro la grande finestra, un candelabro si spegne, una sedia rovina aspramente a terra.
André preme la fronte contro il petto dell'uomo, gli occhi serrati, umidi, le spalle flesse a far forza, le cosce tese, gli stivali piantati al suolo, affinché
tutto si interrompa, e Oscar si salvi.
- André che vuoi fare?! Vattene! -, un digrignare di denti, mentre i muscoli si tendono e premono per liberarsi dalla stretta.
- No, non me ne vado! Non me ne vado, signor Generale! Non Vi permetterò di uccidere Oscar! -.
Trema la voce di André. 
E' il servo che si ribella al padrone. Al semipadre che l'ha cresciuto, per educazione, al pari di un figliastro.  
- André vattene via! Vattene! -.
Alain, al posto suo, l'avrebbe già steso a terra a suon di testate.
Ma André non è Alain.
C'è ancora un che di rispettoso nel modo in cui cerca di far desistere il generale dal suo intento.
Lo avverte: - Badate, sono pronto a sparare -, e nel proferire la frase ha lasciato la presa dalle braccia, ed è il metallo rilucente della pistola quello che ora mostra saldo in pugno.
- E adesso me ne andrò via assieme ad Oscar ... -.
Gli occhi si sono asciugati, il proposito è lucido, fermo.
    Lasciatemi salvare vostra figlia.
- Cosa? TU vorresti scappare con Oscar?! ... -.
Il tono è incredulo, quasi irridente. Ma André non si scompone.  
Anzi, lo fissa, con quell'unica luce rimasta, ciocche nere a coprire la cicatrice che infiora l'altra metà del suo volto da quel giorno infausto.
Il generale tace. Forse ascolta i proprio pensieri, osserva la scena: la sedia arrovesciata, Oscar in piedi, immobile, che li guarda.
    Sarai l'attendente di mio figlio Oscar, André. Sii all'altezza del compito che ti affido.
Davvero per tanti anni ha creduto che fosse solo dedizione, quella di André? Solo obbedienza ad un ordine del padrone impartito da giovinetto, una sola volta, e mai più ripetuto?
Solo aver reso un ottimo servigio quello di rischiare la cecità per lei, crescerle a fianco come un'ombra, arruolarsi tra i pulciosi soldati della guardia? E non, piuttosto... un "altro" tipo di dedizione? 

E allora il padre capisce. E' tutto così chiaro in quel momento.

I tuoni d'un tratto sembrano voler entrare nella stanza, spazzare via le ultime candele rimaste. I vetri tremano al fragore, solo una distrazione. Perché è la parola amore che gli risuona nella testa, e il sangue blu torna a pulsare veloce.
Quello che gli sale alla labbra ha solo il gusto aspro e feroce di un rimprovero: - E magari vorresti sposarla! -.

Non c'è nessuna maschera da far cadere.
André è un ragazzo semplice, onesto, persino umile.
Lo è anche  in quel momento.
- Sì -, dice, un passo indietro.
    Sposarla.
Strano clima per una dichiarazione d'intenti. Girodel aveva gustato un calice di vino davanti al camino, ammesso alla presenza del padre con un certo compiacimento, i migliori abiti indosso (tanto più semplici e curati nei dettagli quanto più specchio di un animo nobile fin nel profondo).
    Sono venuto a chiedere la mano di Vostra figlia Oscar.
Ma per André non c'è nessun valletto ad annunciarlo, nessun abito di seta e oro, nessuna poltrona imbottita.
C'è una divisa da soldato del popolo, una pistola in pugno, e la responsabilità di dover fermare un omicidio-suicidio.
Egli ha mantenuto per anni i suoi sentimenti celati alla parola, ma non per questo sono stati meno veri. L'ha amata con gli occhi, con la presenza, con il sacrificio, con il calore che ha potuto darle.
Si è nutrito di sogni e di vicinanza - molto più fortunato, in fondo, rispetto a chi, la donna amata, nemmeno ha il permesso di vederla-.
L'ha amata con un cuore fanciullo che scoppiava di luce, e con un cuore da uomo che si è tormentato di desiderio. L'ha amata senza mai chiedere nulla, di un amore puro che è bastato a se stesso.
Ha dovuto sublimare quell'amore per non impazzire. Lo ha fatto così bene che nessuno se ne è mai accorto, nemmeno Oscar.
André non la guarda, non si volta verso di lei. Non deve chiederle il permesso di salvarla. Lo fa da una vita.
Non ha nessun'altra dichiarazione da farle. Nessun segreto.
E nemmeno Oscar si muove verso di lui.
Resta sospesa tra quei due uomini che la amano, ciascuno a suo modo, e che in modo opposto reclamano la sua vita.

Non era stato indolore apprendere dell'amore di André.
La furia di quel bacio impresso a forza, e poi un devastante senso di umiliazione. Quello aveva provato, nuda di fronte a lui, immobilizzata dalla forza e dal desiderio di un maschio. Cresciuta all'ombra del suo amore senza sapere che fosse tale, che di questo si trattasse, e di null'altro. Senza sapere che dall'amore è impossibile fuggire, perché sei destinato a ritrovarlo, anche se opponi ogni più razionale resistenza.
E l'aveva ritrovato proprio dove era fuggita per non vederlo più, quel lampo verde, inconfondibile, tra altri sguardi fissi, in caserma. Ne aveva udito la supplica di non sposarsi, quando semincosciente per il pestaggio la mente aveva liberato finalmente se stessa e aveva svelato il tormento che la cingeva di spine...
    Non ti sposare, Oscar
.
Testimone incredula del dolore dell'anima di André, il corpo era diventato all'improvviso pesante come piombo, tanto da aver bisogno di sorreggersi allo stipite della porta, a fianco un Alain sorridente e malizioso, e già consapevole.
    E' il caso che ve ne occupiate voi, Comandante.
Già, occuparsene. Il suo modo di occuparsene era stato condurlo in infermieria, assicurarsi che gli fossero prestate le cure necessarie, e poi far finta di ignorarlo per i mesi seguenti, continuare a dare ordini, restare scostante e formale, finché non aveva avuto bisogno di lui, nell'ufficio di Bouillé.
    Guardalo adesso il tuo André. Sfida tuo padre con coraggio, lo sfida per te. Lo sfida con dignità. Con immenso amore. L'amore rende eroici. L'amore del tuo André lo è.
Oscar non ha la forza di dire nulla. Non può scegliere tra André e suo padre. Proprio non può. Se fuggisse con André il padre si toglierebbe comunque la vita. Riuscirebbe a sopravvivere a quel senso di colpa?

- No, sarebbe una grossa sciocchezza -. C'è ancora tempo di fare il padre e il padrone. Di impartire l'ennesima lezione. Di rimettere ognuno al proprio posto. Il generale non ha paura della pistola puntata contro il petto. - Perché la differenza di rango che esiste tra voi non si cancellerebbe mai!-.
Ma la morte sospende ogni tempo e ogni pudore.
- Permettetemi una domanda... che cosa significa rango? Non siamo tutti uguali forse? -.
    Uguaglianza. Quella che André aveva iniziato a studiare nei libri proibiti, la parola di cui si era nutrito nelle riunioni sovversive cui aveva assistito al tempo del cavaliere nero. Lui il mondo lo aveva osservato e da vicino, e quel mondo stava cambiando. Non lo sapeva ancora, il Generale?
- Un nobile prima di sposarsi deve chiedere il permesso a Sua Maestà! -. La pazienza sta giungendo al limite. E' il generale che spiega come stanno le cose, non viceversa.
    Ognuno al proprio posto. E i servi, un po' sotto gli altri.
- Sì... ma se Sua Maestà si innamora di una donna... deve forse chiedere il permesso a qualcuno di sposarla? -.
Il limite è superato. L'ordine di Dio e del Re non è sovvertibile.
Un grido furioso che impone il silenzio, e la reazione si fa immediata, feroce.
Un colpo, e un altro, e André si ritrova inginocchiato, i palmi delle mani a terra, la pistola caduta sul pavimento. Battuto.
- Mi dispiace. Non posso perdonarvi! -.
E la tragedia riprende, quasi nello stesso punto in cui era stata interrotta.
Un pianto sommesso arriva da appena fuori la porta dello studio.
E' nonna Marie. Se la immagina, André, riversa su un gradino, il viso tuffato nel grembiule, a singhiozzare. I suoi bambini, tutti e tre. Che ingiusto incastro la vita, a volte...
André solleva la testa, fissa il generale. Chiede l'ultima clemenza.
- Allora, se ci dovete uccidere... Uccidete prima me. Perché se mi ucciderete dopo, sarò costretto ad assistere alla morte della donna che io amo -.
    Il tuo André sta per morire. Per te.
Un dolore immenso le inonda il cuore. Si sovrappone a quello per il padre, e a quello si mescola, diventa bruciante, insostenibile.
- André!...-.
Altro non sa dire. E' come un mazzo di tarocchi truccato. Qualunque carta peschi dal mazzo, è sempre la Morte quella che esce fuori.
- Farò come vuoi. Ti ucciderò per primo, André -.

Cala un silenzio irreale e sospeso, che rende vivi i rumori fino a quel momento inascoltati: lo scroscio della pioggia contro i vetri, il singhiozzare sommesso di Marie, lo scricchiolino del legno torturato dai tarli delle antiche travi del soffitto.
E un rumore di cavalli al galoppo che si fa via via più distinto. Cavalli!
Una voce urla il nome dei Jarjayes.
Lo fa più volte, con urgenza.
E' sotto le loro finestre.
Il generale fa un respiro profondo, liberando una tensione celata alla perfezione. Solca a grandi passi lo studio, esce dalla stanza, si precipita giù per lo scalone. Un valletto apre ossequioso la porta, e il padre esce, incurante della pioggia, fin nel piazzale.
    Forse Sua maestà...
Dietro di lui si sono precipitati anche Oscar e André. Si sono rivolti uno sguardo veloce dentro la stanza, nessuna parola. Ognuno calato di nuovo nel suo ruolo.
- Sono un messaggero di Sua Maestà, vengo da Versailles e ho un messaggio da consegnare a Oscar François de Jarjayes!-.
Non scende da cavallo.
Il mantello tirato fin sopra la testa gronda acqua, ed è quasi più scuro del sipario d'acqua che nasconde il paesaggio dei campi.
- Dite pure -, annuncia Oscar, facendosi avanti al padre. - Sono io -.
Alcune guardie reali entrano a loro volta dal cancello. Hanno il fucile, scendono di sella, si avvicinano.
- Oscar François de Jarjayes, in relazione ai fatti intercorsi nella giornata di oggi 23 giugno 1789 Vi è dato ordine di consegnarvi alle guardie -.
- Consegnarmi!? Ma cosa... -.
Oscar strattona il soldato che l'ha afferrata per il braccio, guarda il messaggero, non capisce.
André si fa avanti d'impeto, il generale lo blocca.
- Consegnatemi il messaggio di Sua Maestà!-, ordina a sua volta, il braccio proteso verso il messaggero. - Ho diritto di sapere dove volete condurre mia figlia!-.
- Alla famiglia Jarjayes non verrà inferta alcuna punizione. Sua Maestà si augura soltanto una maggiore lealtà nei confronti della famiglia reale. Ma vostra figlia Oscar deve essere allontanata da Parigi. Ho l'ordine di comandare il fuoco, se verrà fatta qualsivoglia resistenza -.
Si protende col busto, consegna il documento al generale.
- Generale... come potete permettere che ... - digrigna André, le braccia aperte in un ultimo gesto disperato, mentre le guardie trascinano Oscar verso uno dei loro cavalli. 
- Non ci sarà alcun bisogno di comandare il fuoco -, riprende il generale, la pioggia che ancora non dà tregua, e confonde le orme, e i contorni di Oscar, appena fuori dal cono di luce che fuoriesce dalla casa paterna. 
- Ma non potete!-
- Non possiamo fare nulla adesso André. Nulla, adesso -. Il generale lo guarda in modo allusivo. Non hanno armi con sé, hanno davanti le guardie del Re e un' inequivocabile "lettre de cachet" in mano.
- Oscar! -. E' un grido, ancora.
- Pensa ai tuoi compagni André. Salva Alain e gli altri! Salvali, André! -.
E' l'ultima cosa che Oscar riesce a dire, prima che una guardia la carichi in sella e le metta sulla testa un cappuccio.
Andrè la guarda svanire nell'incerto buio della notte.
La sua Oscar... Nella testa l'unico pensiero di riuscire a salvarla, e per davvero questa volta.



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Vi avevo promesso il what if :)
Grazie di cuore a chi preferisce, ricorda e segue!
Grazie a chi legge, e a chi lascia il suo come sempre graditissimo riscontro.
Un abbraccio,
Amantea

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Capitolo 4
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IN NOMINE PATRIS



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L'acqua è fredda sulla divisa, il filato grezzo del cappuccio si incolla ruvido alla pelle, odora di nulla e d'acqua.
Cosa mai deve nasconderle alla vista che il buio non copra già?
Una mano la afferra per una gamba, la induce a scendere, trattenendola poi ben salda per i polsi.
- Forza, muoviti! -.
Procede a passi incerti, invece, perché scivolano i tacchi di cuoio sul terreno. Intorno, sbuffi di cavalli, qualche colpo di zoccolo al suolo, rumore di fango e pioggia.
- Siete un elemento pericoloso, Jarjayes. Troppo fuori controllo per lasciarvi a Parigi -.
Oscar arresta il passo, la voce proviene da un punto indefinito del niente che la avvolge, ma che sembra quasi ovattato, non allo scoperto come la voce della guardia che poco prima le ha intimato di muoversi, e in fretta. Ha la consistenza altera e sprezzante di un uomo, un uomo di potere.    
    Questa voce, eppure...
Non replica, e qualcuno la spinge, lo stivale incespica, c'è un predellino. Le abbassano la testa in malo modo, e lei si accomoda imprecando a denti stretti, uno scatto del braccio per liberarsi, una reazione inutile, lo sa benissimo. L'hanno buttata dentro a una carrozza, la bocca di una pistola a premerle il petto. Conta i passi, altri due uomini si sono accomodati con lei.
Fruscii di stoffe contro stoffe, stivali che si assestano sul pavimento, un rapido scambio di battute, e poi uno scossone, un altro, la carrozza che si muove, ondeggia, e la trascina via, in un buio che non ha direzione.

- Rientriamo in casa, André -.
Il Generale volge rapido le spalle, non ammette repliche.
- Ho i cavalli qui fuori, pronti, posso seguirla! -, insiste André, il tono concitato.
- No. Sono troppi, armati ed è buio. E tu sei solo -.
Entra in casa senza indugiare oltre. La nonna aspetta sull'uscio, il grembiule fra le mani, il volto sconvolto.
Osserva il nipote che corre verso le scuderie, per poi riapparire poco dopo a cavallo, sparire oltre il cancello.
L'impulso di seguire le tracce, se solo non piovesse così forte... Il fango trattiene la memoria dei segni, e delle impronte. Quante volte da bambini hanno scovato volpi e tassi nel bosco, all'alba, seguendo quei piccoli familiari solchi nella terra piena dell'umidore della notte.
Ma adesso non distingue alcun suono che non sia lo scrosciare impetuoso contro le foglie e i cespugli, piegati da quel sipario indistinguibile di gocce. E il suo occhio... il suo occhio distingue a malapena i contorni più scuri degli alberi dal nastro scuro della terra che ha sotto agli zoccoli.
    Non ti lascio Oscar. Io non ti abbandono.
Si arrende di fronte a quel vuoto inespugnabile. I pugni scendono, il volto si china sul petto, le redini si abbandonano sul collo lucido del cavallo.
Non è che l'inizio. Nulla è perso per davvero.
    Sentimi, Oscar.
Senti il tuo André. Dentro, proprio lì, nell'anima.
Chi ama non è mai solo.

Quando Andrè rientra a casa, il Generale lo sta aspettando. Si è acceso la pipa, e la aspira ad occhi chiusi, seduto. Il documento giace sul tavolo, i bordi ancora leggermente incurvati.
Si accorge del volto mesto del ragazzo, ma non ne fa parola. Lo aveva avvertito che sarebbe stato inutile inseguirla. Tuttavia pare che quella sera André non abbia in serbo che azioni istintive e illogiche.
- Ti gioverà una notte di riposo e riflessione, André -, lo ammonisce senza severità.
- Farò di tutto per ritrovare Oscar -.
- Non ne dubito, ragazzo. Questa lettera ha cambiato radicalmente la mia posizione, e anche quella di Oscar. Gli ordini del Re sai bene che non si discutono -. Gli getta un'occhiata allusiva. Oscar ha fatto l'opposto, per ben due volte.
- Se il Re ha deciso che Oscar debba essere punita per la sua insubordinazione e dissobedienza, non posso che accettare le sue decisioni. Qualunque esse siano. Ma non posso obbligare anche te ad accettarle -.
Un fumo chiaro e speziato si leva dalla pipa.
- Io sono troppo vicino al Re per poter fare qualcosa. Mi capisci, Andrè? Non posso agire direttamente. Non posso compromettermi più di quanto non abbia già rischiato di fare -.
- Sì, lo capisco, Generale-.
- Ma tu sei un soldato della guardia, vivi in caserma e prendi ordini dal tuo Comandante di Brigata... non rendi conto a me delle tue azioni fuori da questo palazzo -.
Il generale liscia con le dita la carta umida della lettera, ne scorre le righe con gli occhi, si sofferma sul sigillo di ceralacca spezzato, osserva la firma di Sua Maestà.
- Mi hai capito, André? -.
André ha capito perfettamente. Se non altro, il Generale non lo ostacolerà.
Si inchina per congedarsi, sente freddo adesso, e non è solo la divisa bagnata che gli pesa sulla pelle.
- Un'ultima cosa, André -.
- Sì -.
- Se tu fossi stato un nobile... -. Il generale non riesce a terminare la frase. Forse è di nuovo solo un padre, in quel momento.
    Se fossi stato un nobile, avrei potuto sposare Oscar.
- Vi ringrazio. Grazie -.
Non vede la mano che si porta al volto e lo nasconde, l'altra
con la pipa che si arrende sul tavolo, e le rigide, larghe spalle, che tremano lievi, quasi pudiche del proprio abbandono alla commozione.
André è rimasto ad occhi bassi, mentre un sorriso amaro flette la linea piena delle labbra. Si inchina di nuovo, abbandona la stanza.
La nonna gli si fa incontro, ha dei vestiti asciutti per lui.
- La mia bambina, André, la mia bambina, che ne sarà di lei? -, domanda, mentre gli porge gli abiti ben ripiegati, una carezza veloce sulla sua guancia ruvida.
- La ritroverò nonna, te lo prometto. Non le succederà nulla di male. E poi Oscar sa badare a se stessa, vedrai, se la caverà -.
- Togliti questa roba di dosso, o ti ammalerai, e non potrai più aiutare la nostra Oscar! -. lo rimprovera poi bonariamente, piccole spinte per sollecitarlo a darle ascolto e correre in camera.
- Asciugati bene, mi raccomando! E vieni a mangiare qualcosa. Sei dimagrito. Anche Oscar è dimagrita. Vi danno da mangiare in caserma o no? Oh, povera me, i miei bambini, i miei bambini, come farò! -, aggiunge, un pugno a battersi il petto, quasi a trattenersi il cuore, così minuto, al pari di lei, eppure così pieno di dolore.

Il camino è acceso. Deve averci pensato la nonna.
Un lieve tepore lo accoglie nella stanza.
André richiude il legno alle sue spalle, avanza verso il fuoco. Sistema una sedia verso il camino.
I suoi gesti sono lenti, quasi costassero un'enorme fatica. E in effetti sente i muscoli che dolgono, le gambe pesanti, la testa che pulsa. Come se una febbre gli stesse salendo da dentro, mordendogli la carne. Si tocca la fronte, è calda. Sente il viso in fiamme. un malessero che lo pervade lento e si insinua in ogni vena.
Sospira.
Avrebbe voglia di urlare e di imprecare. Non è da lui, non lo ha mai fatto. Ha gridato, sì, una volta, contro il cielo, ubriaco, reggendosi a stento sul dorso di cavallo. Ha gridato di rabbia, di dolore, di pietà per se stesso. Ma nemmeno i problemi all'occhio lo hanno fermato. Ha la tenacia di coloro che non hanno nulla se non un unico scopo nella vita, e lui il suo scopo ce l'ha ben impresso nella mente. E quella tensione -quel suo restare tenacemente attaccato a questa terra- ha un nome ben preciso.
Si toglie la giacca, sbottonandola con lentezza. Man mano anche la camicia, le culottes, le calze, ogni indumento scivola in terra, e poi finisce sulla sedia, ad asciugare, gli stivali accosti al focolare.
Le assi di legno sono umide, un brivido gli sale fino alla schiena. Si avvicina al fuoco, quel tanto che basta a scaldare la pelle fredda, senza avvertire troppo calore. Ha il corpo snello, muscoloso, definito. Piccoli solchi bianchi, le cicatrici degli allenamenti, solcano oblique la pelle ambrata delle braccia e del torace. La schiena si dipana nella schiera dei muscoli, slargati sul dorso e le spalle, accavvallandosi in fossette d'ombra. E il torace, asciutto, scivola in una conca d'aria trattenuta e tesa.
Lo stomaco è contratto, il volto teso.
L'angoscia è il non sapere dove Oscar sta per essere condotta. Saperla sola e indifesa gli dà un dolore sconosciuto, che stride nella gola. E' sempre stato al suo fianco. L'ha sentita in pericolo prima ancora che lei lo fosse, come quella volta che Oscar era andata da sola a catturare Jeanne Valois, ed arrivò appena in tempo prima che il monastero saltasse il aria con tutti loro al proprio interno.
E allora forse l'angoscia che sente, la febbre che lo assale, sono anche l'angoscia di Oscar. Forse neanche Oscar sta bene in quel momento. Forse sta tremando, ha freddo, tutta bagnata di pioggia, o peggio, ha la febbre.
Non l'ha vista in salute negli ultimi tempi. La magrezza che ha notato la nonna l'ha notata anche lui. Hanno passato intere giornate sotto l'acqua per sorvegliare il palazzo dell'assemblea, saltando pasti e turni di riposo.
    Il nostro Comandante è molto pallido. Non te ne sei accorto, André?
Ad Alain non sfuggiva nulla. Non aveva una gran delicatezza nell'esprimersi, ma certamente sapeva inquadrare immediatamente le situazioni.
Sospira, ancora, le mani sul volto.
Attraversa coi polpastrelli la cicatrice nodosa sul volto, sfiora i capelli umidi, che l'acqua ha reso più lunghi.
L'occhio mette a fuoco il gioco di scintille e lingue incadescenti, osserva le ombre che si allungano sul pavimento, i riflessi cangianti sulle gambe nude. Deve riuscire a fermare i pensieri, bloccare il battito inconsulto del cuore. Deve riuscire a ragionare, fare ordine nell'incastro di sensazioni che gli hanno artigliato le viscere.
    Pensa ai tuoi compagni André. Salva Alain e gli altri! Salvali, André!
Alain e gli altri non possono morire. Oscar non lo avrebbe permesso, e non dovrà succedere.
Ma come arrivare alla Bastiglia? Come riuscire a liberarli?
E poi deve pensare a chi potrebbe avere informazioni su Oscar e la sua destinazione.
Tra le poche quasi certezze che André ha, è che Oscar non sia stata condotta a Parigi. Certo non può fare una richiesta diretta a Sua Maestà, tanto più che il luogo è segreto. Ma sono soldati della guardia quelli che sono venuti a catturarla. Dunque, Bouillé o Girodel dovranno pur sapere qualcosa.  Forse riuscendo ad avere una mappa dei luoghi di confino...
La testa pulsa ancora.
    Coraggio, André!
Lo aspetta una lunga notte, ne è grato. Ore per pensare, per pianificare. Per mettersi nei panni di Oscar, agire come avrebbe agito lei.
La pelle si è asciugata. Il corpo risplende al riverbero caldo del camino, il battito si placa un poco.
Si riveste, gli abiti profumano di casa.

La carrozza arresta la sua corsa.
Oscar ha il corpo indolenzito, la testa che le duole. La rabbia e l'inazione si sono trasformate in sangue amaro, che ora preme alle tempie con forza. Le hanno lasciato il cappuccio per tutto il viaggio, e non saprebbe dire quanto è durato. La carrozza ha fatto una sosta, ha sentito scendere le guardie che erano con lei, e salirne altre. Se ne è accorta per l'odore diverso che avevano, per il modo differente in cui si sono accomodate -pesi diversi probabilmente -.
Nessuno le ha chiesto nulla. Ha sentito ridacchiare, più volte, a mezza gola, qualche colpo di tosse, e poco altro.
Potrebbe essere ovunque.
Lo sportello si apre, scendono le guardie prima di lei, poi la tirano per un braccio, non inciampa solo per pura fortuna nel gradino, rumore di sassolini sotto agli stivali. Non piove più, c'è un lieve chiarore da sotto il cappuccio, forse è mattina presto, non saprebbe dire.
Sente aprire un cancello, poi di nuovo ghiaia sotto ai passi, profumo di siepi aromatiche.
Qualcosa che cigola, poi si richiude. Una porta che si apre.
Il cappuccio le viene tolto in malo modo, la luce le ferisce per un istante gli occhi.
L'impeto di ribellarsi le smuore tra le labbra.
Lo sguardo le rimane affisso alla figura che le si è parata davanti, sull'uscio di legno e ferro spalancato nella pietra rosata dell'edificio che ha di fronte.
- Benvenuta al Convento di Royaumont, Madamigella Jarjayes -.



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Grazie di cuore a tutti voi che leggete e commentate, e che siete sempre di più a preferire e seguire.
Da qui inizia la storia vera e propria.
Un abbraccio
Amantea

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Capitolo 5
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IN NOMINE PATRIS



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Le guardie la sospingono dentro, la porta si richiude alle sue spalle, è sola con la suora, mentre immagina i soldati che lasciano quel posto sbuffando, o sghignazzando, una mano al berretto, l'altro al fucile, liberati del peso di aver portato a termine una scomoda missione.
Un guizzo, e i pugni battono sul legno ormai sbarrato.
- Vi ordino di farmi uscire! Sono il Comandante Oscar François de Jarjayes! -.
Grida vane, come la sua rabbia.
Si volta di scatto, contro la Madre Priora che, immobile, la sta osservando, il viso raccolto in un'espressione indecifrabile.
- Non posso restare qui. Vi prego di comprendermi. I miei uomini... -.
- I vostri uomini? -. La madre stira appena le labbra in un sorriso. - Questo è un convento, madamigella. Le faccende terrene non ci riguardano -.
- Voi non capite, Madre. Io non posso. La mia vita è là fuori. Io sono un soldato! -.
- Voi eravate un soldato, madamigella.
Ogni consorella abbandona la sua vita di peccato e oscurità per abbracciare la grazia di Dio Padre, e diventare Sua degna sposa. Con la preghiera, la devozione, la rinuncia, il distacco, il lavoro, e su tutto, il silenzio, ci eleviamo sull'unica strada che conduce all'Amore eterno -. 
Oscar resta tesa, la mano che, corsa all'elsa della spada, scivola lungo il fianco, il pugno serrato che lentamente si scioglie, ma il cuore, quello no, quello ancora batte convulsamente.
- Noi siamo votate a Dio e alla preghiera. Ma non temete. Sarete grata di essere stata portata via al mondo e aver ritrovato l'abbraccio del nostro Padre celeste. Anzi, dovreste cominciare da subito a farvene una ragione. Siete una donna intelligente, potete ben farlo. Accettare ciò che ci accade e affidarsi a Dio è il primo passo per rinascere nella sua Gloria -.
La madre soppesa le parole con gravità, le lascia fluire. Parole ripetute all'infinito, e fatte proprie, carne nella carne.
Oscar se ne lascia attraversare, dà un rapido sguardo alla stanza in cerca di una via di fuga.
Ma nello spoglio locale c'è solo una finestrella ingabbiata, e un'unica porta, chiusa, che probabilmente porta nel ventre del convento. Una scrivania fa angolo con la parete, e al muro una sedia, candele affisse sulla pietra scabrosa, appeso un crocefisso di legno, alcuni fiori.
E' in trappola.
- Forse chi vi ha voluto qui lo ha fatto per il vostro bene, per sottrarvi alle sorti terrene -, continua la Madre, movendo un passo verso di lei, la lunga veste bianca e nera che nasconde i piedi, sfiorando il pavimento. Dai tratti del viso sembra una donna piuttosto anziana, i cui occhi non rivelano alcuna emozione.
- O forse, vi aveva così in odio da immaginare che per voi non ci sarebbe stata punizione peggiore che essere rinchiusa a vita in un luogo di silenzio e preghiera -.
    Rinchiusa a vita!
- No, io... non potrete mai piegare la mia volontà, fare di me ciò che non potrò mai essere. Verranno a cercarmi, fuggirò da qui! -.
- Sì -. La Madre è abbastanza vicina adesso da allungare una mano e toglierle la spada. - E' quello che alcune dicono. Ma di qui non è mai riuscita a fuggire nessuna. E prima o poi ci si rassegna, o si comprende qual è la vera libertà. Succederà anche a voi -.

In un altro carcere, all'Abbaye, Alain e gli altri soppesano pensierosi il tempo inerte che trascorre tra un pasto e l'altro.
Sono stati divisi in due celle, ma alzando la voce riescono a comunicare e rassicurarsi un gruppo con l'altro.
    Ci siamo ancora tutti, e siamo vivi.
E' Alain quello che viene chiamato con maggiore trepidazione. E' sempre stato un punto di riferimento, non solo come caposquadra. Sarà per quella sua aria scanzonata, per gli occhi vigili e intelligenti, per quel modo di fare sicuro e un po' spaccone. Non hanno esitato a imitarlo, gli altri undici, quando sputando in terra si è rifiutato con quanto fiato aveva in gola di obbedire agli ordini di Bouillé, qualche giorno prima, nel piazzale.
Aveva visto Oscar seguire il generale, e la cosa non gli era piaciuta affatto. Aveva spronato André a seguirla -possibile che quel ragazzo esitasse ancora di fronte agli altri a mostrarsi qual era?-, e una strana apprensione lo aveva tenuto teso e in allerta finché Bouillé non era ricomparso da solo. Quel pallone gonfiato, dal viso tronfio e rubizzo, i modi ruvidi e spiccioli da aristocratico borioso, aveva osato dar loro degli ordini. No, non avrebbe mai tradito il suo comandante. Aveva imparato a conoscerla, e con ella il suo valore. E corpo di un diavolaccio, l'avrebbe seguita all'inferno se fosse stato necessario!
     Noi prendiamo ordini solo da Oscar François de Jarjayes!
I suoi soldati. Orgogliosi di esserlo.

André è uscito presto da palazzo, quella mattina.
Ha passato la notte insonne, di fronte al fuoco. La testa fra le mani, o passi nervosi nella stanza.
Al primo chiarore dell'alba si è vestito, lasciando la divisa ormai asciutta sulla sedia. Forse è meglio se per il momento agisce in abiti civili, da attendente di Oscar quale è sempre stato. Provvederà poi in qualche modo a far pervenire a Dagout una giustificazione per la sua assenza. Capita a volte ai soldati di assentarsi, per malattia o altro, non sarebbe una novità. E se l'assenza perdurasse oltre un tempo lecito, proverà a chiedere aiuto al Generale. In fondo è ancora al servizio della famiglia Jarjayes, ed è in virtù di questo legame e della sua esperienza che lo hanno accettato nelle Guardie del popolo. (1)
L'idea che gli è parsa più ragionevole è stata quella di cercare Girodel.
Sono state guardie reali a prelevare Oscar. E Girodel potrebbe anche essere informato sulla prigionia dei suoi compagni, e avere notizie sulle date previste per il processo. Ma soprattutto, Girodel ama Oscar. Ha chinato la testa davanti a lei, sotto la pioggia. Le ha obbedito a rischio della propria stessa carriera. André ha riconosciuto la malinconia celata nel suo sguardo, vi ha visto un certo se stesso. E per amore si rischia tutto.
Saldo del suo proposito, spinge il cavallo oltre i cancelli del comando delle guardie.
Lo ha fatto per così tanti anni, seguendo Oscar e il suo cavallo bianco, quando ancora erano fanciulli, e tutto appariva paradossalmente semplice. Ridevano lungo la strada, spronando i cavalli in gare improbabili, ché lui la lasciava sempre vincere. E poi assumevano quell'aria seria, che a Oscar riusciva benissimo, approssimandosi a varcare le sentinelle. Un'espressione che stonava così tanto su quel viso da bambina, e i riccioli biondi. La divisa attillata che non mostrava nessuna forma, se non un corpo d'angelo etereo, quasi incompiuto. La voce impostata e ferma, che non tradisse indugi femminei; e l'attitudine al comando, iniettata nel sangue a stille lente, sin dalla nascita.
Ricorda tutto, André. Ricorda la sottile nostalgia mentre la vedeva entrare nel palazzo, per dirigersi nel suo ufficio, e a lui restava solo il compito di sistemare i cavalli e passare il tempo scambiando due parole con gli altri attendenti. La mente si sofferma sui tratti di quello del conte Girodel: era un ragazzo, al pari di lui, la livrea leggermente più sontuosa, e un'inesauribile passione per i giochi di carte, a soldi.
Lo cerca con lo sguardo, ma non lo scorge.
Passa di fronte alle scuderie, affida il cavallo a un ragazzetto, la raccomandazione di badarlo e ristorarlo un poco.
Al portone d'ingresso saluta le guardie, si presenta come l'attendente della famiglia Jarjayes, chiede di poter essere ammesso alla presenza del Colonnello Girodel.
Le guardie osservano la posa sicura, il volto disteso, il bel jabot che decora il petto di sotto al jilet.
- Il Colonnello Girodel non è in servizio oggi -.
Una notizia scarna, mentre la guardia riassume la posizione d'attenti e non muove più gli occhi dal cortile sgombro che ha dinnanzi.
- Avrei premura di conferire con lui di una questione piuttosto importante. Potreste dirmi quando... -.
- Non siamo tenuti a fornire questo tipo di informazioni -.
André ringrazia senza fretta, sfoggia persino un sorriso di cortesia, prima di volgere le spalle e il passo tutto. Inutile insistere, eseguono solo ordini. Pedine semplici, burattini tirati da altre mani, quel che Oscar si è sempre rifiutata di diventare.

- Sarete condotta nella vostra cella, menre le sorelle prepareranno l'occorrente per il rito. Avrete modo di riflettere su quanto vi ho detto, madamigella -.
La Madre Priora china lo sguardo in segno di saluto, la mano esce dalla manica ampia e sottile, apre la porta. Si affaccia una suora in abito bianco, ha il volto gentile, i tratti di un'età incerta, come se dentro al convento ogni tempo fosse sospeso, e incorniciato dal velo ogni volto finisse per assomigliare all'altro. Le fa strada allargando il braccio, la guida lungo un corridoio di pietra e d'ombra, che odora di antico e di muschio e di cera. Si affacciano tante porticine tutte uguali, davanti ad ognuna un crocefisso.
Gli stivali di Oscar rimbombano in modo osceno. La suora non fa rumore, la veste non emette quasi nessun fruscio.
E' il silenzio che penetra nelle ossa e se ne appropria, ammutolendo i muscoli e la pelle tutta, fin sulla stoffa.
Come potrà rassegnarsi a tutto questo?
La suora estrae un mazzo di chiavi, apre una di quelle porticine, una anonima, come le altre.
E' un quadrato di pareti e di travi di legno al soffitto, un giaciglio, un catino, per finestra un tondo da colombi, e fuori un chiostro, che Oscar non può vedere, ma che si inanella di colonne e volte, e orla una corte di selci spigate che convergono al pozzo posto nel centro.
- Quanto... quanto dovrò restare qui? -.
La consorella la guarda, sorride, e non risponde.
   

Oscar ha osservato il cono di luce farsi spazio sulla parete, e poi flettersi, fino a diventare tinta calda, e spegnersi.
Ha udito schiudersi porte, poco più che la sofferenza sottile del legno a ridosso dei cardini. Nessun passo, nessun fruscio, nessuna voce. Si è seduta sul giaciglio, nient'altro che uno strato di erbe secche e stracci ravvolti in un lenzuolo che odora di fieno e campo, ma la maggiorparte del tempo lo ha trascorso in piedi, appoggiata a una parete, gli occhi a studiare la superficie della pietra, così uguale eppure infinitamente diversa in ogni grumo, scavo, fessura.
André non la lascerà marcire in quel posto. La troverà.
    Il mio André...
Aveva dovuto rischiare di vederlo morire per capire quanto lo amasse. Il dolore lacerante, impietoso, dell'abbandono, quando la folla insorta a Saint Antoine li aveva divisi, strappati, allontanati, perduti. Può l'anima resistere nell'essere tagliata in due, o non piuttosto muore, lacerandosi?
    Se muori tu, muoio anche io André...
Eppure, di nuovo, aveva avuto bisogno di Fersen per comprendere l'amore. Egli aveva ripetuto, in un sussurro, quasi una rivelazione a se stesso, quel suo grido disperato. E di fronte allo sguardo incerto del Conte, a quel suo breve tentennamento, Oscar aveva capito, aveva disvelato a se stessa il proprio cuore, come un pittore che toglie il manto rosso dalla sua ultima tela sì da mostrarla al pubblico e rimirarla egli stesso in tutto il suo compiuto splendore.
L'amore per André è sempre stato in lei.
Ed è nell'assenza che ne scopre il bisogno. Dilaga, ormai, e si insinua, e manca, sottopelle e nelle vene, come agli occhi.
Non può finire così. Non in quel convento. Non tanto per il luogo: convento o prigione non fa differenza. Non può finire così, sola, senza che sia mai riuscita a dire a sua volta "ti amo", e provare l'effetto che fa. Senza che abbia salvato i propri uomini, senza che si compia il suo destino di donna e di soldato.
    Una donna, André, la tua.
I pensieri si affollano scivolosi come il fango che ha calpestato la notte scorsa, e che ancora le sporca gli stivali.
D'un tratto una suora appare sull'uscio, è quella di prima, le par di riconoscerla, se non altro per il mazzo di chiavi. Non parla, è evidente che voglia essere seguita. Stavolta solcano l'intero corridoio, le porticine sono socchiuse. Giungono ad una stanza poco più ampia, dove ad aspettarla c'è la Madre priora, una tinozza, altre consorelle ma vestite in modo più semplice, un tavolinaccio con qualcosa sopra di ravvolto, forse un telo o un abito, e forbici.
- Madamigella, mi auguro che queste ore passate in solitudine e preghiera Vi abbiano calmato un poco -. Oscar non risponde.
Lascia che una consorella si avvici, e in gesti lenti ma decisi la spogli della divisa, fino agli stivali, per poi fare degli abiti un involto, che sparisce assieme a lei alle sue spalle. Nuda, come mai si è sentita, eppure non osservata. Nessuno sguardo indugia su di lei. Le consorelle hanno gli occhi bassi, eseguono gesti consueti, che non odorano d'imbarazzo né d'altro.
Un'altra prende le forbici, stira una prima ciocca, la taglia fino alla nuca, e via, un'altra. Oscar non ha memoria di aver mai portato i capelli così corti, se non certamente da bambina, quando per legge di natura i capelli non potevano essere che di quella misura, essendo nati insieme a lei. Che strana sensazione quel brivido sul collo denudato... Eppure i suoi occhi restano di brace, le labbra serrate. La aiutano ad entrare nella tinozza, l'acqua è gelida, gliela versano con una brocca sulla testa, le spalle, il dorso, e lei la osserva scivolare, farsi strie di brividi a fior di pelle, irrigidirsi sul seno, solcare il ventre teso.
- Oggi rinascete, madamigella, nella grazia di Dio -.
La asciugano con un telo, aiutandola ad uscire dalla tinozza, il corpo tremante, asciutto eppure splendido, la pelle chiara disegnata da efelidi minuscole e segni bianchi di antiche ferite, le linee dolci di una femminilità a tutti -quasi tutti- nascosta.
Le fanno indossare la veste da novizia, un tessuto semplice che le scampana addosso, nascondendola di nuovo agli occhi del mondo.
Un'altra divisa, in fondo.
- Da oggi abbandonate ciò che siete stata fino a poche ore fa. E se ci sarà bisogno di proferire il vostro nome, da oggi, per le vostre consorelle, sarete Blanche -.
Una ragazza le alza gli occhi al viso, ha gli occhi chiari, e a differenza di tutti quelli che ha incrociato fino a quel momento, questi sono vividi, quasi umidi. Ma non azzarda oltre, la ragazza depone subito lo sguardo, si mette da parte, attendendo altri ordini dalla Madre Priora. Solo Oscar resta impassibile, lo stesso ardore che le scuote le vene, la stessa fiamma che le brucia nel petto, e che nessuna maschera imposta può spegnere.
    Il mio nome è Oscar François de Jarjayes, sono un soldato. Sono la donna di André Grandier.





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(1) Se non erro, nel manga, è il Generale che fa arruolare André perché resti vicino a Oscar. Nell'anime non è specificato, Oscar se lo ritrova semplicemente davanti al suo arrivo in caserma, dopo il ritiro in Normandia, ma non credo che un "guercio" qualunque sarebbe stato arruolato di buon grado (passatemi il termine un po' brutale). P.s. Modifico la nota dopo la giusta osservazione di Kiara69 ... non ricordavo che André si fosse fatto aiutare da Alain, chiedo venia :)


Grazie di cuore a tutti voi che leggete, seguite, preferite e ricordate, e lasciate le vostre inestimabili riflessioni.
Con gratitudine e simpatia, Amantea



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Capitolo 6
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IN NOMINE PATRIS



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La Madre Priora veste un sorriso lieve, mentre con un cenno, il palmo sospinto leggermente in alto, quasi un invito, a richiudere poi le dita su se stesse, emana un ordine alla ragazza che già aveva incontrato gli occhi di Oscar, trattenendoli nei suoi con dolorosa empatia.
Non ci sono risposte da attendere, se non compiacersi dell'obbedienza.

La giovane suora fa strada ad Oscar lungo il corridoio, le apre la porta, attende ancora un poco.
- Questa è l'unica occasione che ho per parlarvi così apertamente, vi prego di ascoltare attentamente -.
Oscar si appoggia al muro, le braccia incrociate. Ha freddo. Ha freddo lungo le cosce nude che si accostano sotto la veste, mentre una rabbia sorda le morde tenace la gola.
- La giornata è scandita dai tempi di preghiera e di lavoro, imparerete a riconoscerli, e finchè non verrete consacrata suora, mi seguirete per apprendere le regole della vita conventuale. Ci sono solo dei momenti ben precisi in cui siamo libere di parlare, la Madre Priora è molto rigida a questo proposito. Mi state ascoltando, Blanche? -.
Oscar tiene lo sguardo basso, quasi serrato. Ed è puro fuoco quello che investe la giovane suora.
- Io non posso stare qui. Non mi piegherete, mai. Non è questa la strada che ho scelto. Vi prego di comprendermi almeno voi, sorella... -.
- Nives. Potete chiamarmi Nives -.
La ragazza sospira, sospinge lo sguardo sulle mani raccolte in grembo, quasi a raccogliere i pensieri tra quelle dita bianche e strette.
- Siete pallida, e molto magra, e avete il corpo segnato da cicatrici. Era quella la vita che avevate scelto, sorella Blanche? Veramente quella? Non ho mai conosciuto una donna come voi, nascosta in un'uniforme da uomo. O forse piuttosto qualcuno ha scelto per voi, sì da farvi credere che fosse la vostra unica via, e poi l'avete consacrata giorno dopo giorno, e fatta vostra? -.
Oscar muove un passo, le braccia strette al corpo, e poi volta le spalle, lo sguardo perso oltre il tondo di luce che rischiara la parete.
Tace, ancora un poco.
- Che differenza fa, sorella Nives? -, mormora infine.
- Nessuna. Credo nessuna, in fondo -. Nives si avvicina a lei, non osa toccarla, ma le si accosta, guardando nella stessa direzione.
- E' quasi l'ora della preghiera che precede il desco. Seguitemi, sorella Blanche. E' il caso che mangiate qualcosa. Vi dirò io quando potremo parlare di nuovo. Se avete qualcosa da chiedermi, potete farlo adesso. E ricordate: se vedete qualcosa, non l'avete vista. Se udite qualcosa, non l'avete udita. Se provate qualcosa, non l'avete mai provata -.
Un sorriso amaro si dipana sul volto di Oscar.
Avrebbe così tante cose da chiedere, che ogni domanda infine le smuore nel petto.
E' giovane Nives, ha gli occhi vivi, intrepidi. Occhi che raccontano una storia, come i tratti di quel bel viso incorniciato dal velo, i capelli che Oscar intuisce nascosti e corti, al pari dei suoi, impossibile indovinarne il colore.
Improvvisamente rinchiusa in un luogo di donne, doppiamente a lei misterioso.
Mille volte meglio affrontare un soldato, una caserma, un reggimento! Ma lì... donna fra donne... e non donne vacue di corte, ma donne pronte a rinnegare (o sublimare?) se stesse...
Oscar si sente disarmata. 
Non proferisce parola.
    La regola del silenzio. La prima regola.
Nives esce dalla stanza, Blanche la segue.


André sprona il cavallo oltre il cancello fatuo della caserma.
La testa rimbomba di pensieri, il cuore in
controcanto gli rimanda tinte cupe.
Non ha i poteri e l'influenza di un nobile. Non vengono spalancate porte al suo passaggio, né ci si inchina d'ossequi e di premure. Non ha denari per corrompere, né amicizie da far valere.
Ha solo la determinazione che nasce dalla disperazione, l'argutezza buona che nasce dall'osservare il mondo con occhi caldi e attenti.
Un problema alla volta. Un pensiero alla volta.
Arrovescia la testa, chiude lo sguardo al cielo che risplende limpido e terso, un unico spazio monocolore, lasciando che il calore del sole arrivi alla pelle, e la ristori.
    Oscar...
Ha smesso di sperare. Ha smesso di attendere che l'anima di lei si apra all'amore. Vive, e nulla più. Dopo quella maledetta sera, tra loro si è fatto silenzio e tacita distanza. Quante volte deve dichiararsi ancora? C'è un qualcosa che a volte rafferma il cuore e si chiama dignità.
In realtà ci sono stati degli istanti, quasi squarci d'intuitiva incoscienza, in cui gli è parso (o l'illusione diventa abitudine?) che Oscar stesse per dirgli qualcosa. Come quella sera, a casa, dopo l'aggressione a Sant'Antoine. Oscar aveva uno strano sguardo. Di una dolcezza insolita, e prolungata. Aveva avuto l'impressione che la cioccolata fosse solo una scusa, che fosse altra la richiesta che ella avrebbe voluto fargli.
    Resta un po' con me, André.
Se solo Oscar avesse avuto il coraggio di dirglielo. Se solo fosse riuscita a spezzare quelle antiche catene, e vivere, finalmente, vivere... Oh, l'avrebbe abbracciata! O piuttosto, avrebbe lasciato che lei si alzasse e gli si avvicinasse. Forse entrambi avrebbero guardato la pioggia, la tazza di cioccolata fumante e amara, tra le mani, lasciando che fosse un altro il calore a pervaderli. Se solo Oscar avesse saputo che amare è così facile, così facile...
Ma non era successo nulla di tutto ciò. Che sciocco il cuore quando si fa sognatore!
Si era negato. Una punta di rivincita nella voce. Il corpo a pezzi, malconcio e malmenato, e dentro non da meno.
E infine: Oscar non aveva reagito di fronte al padre. Non una parola.
    E adesso me ne andrò via assieme a vostra figlia.
Sarebbe fuggita, con lui?  Avrebbe lasciato che André, pistola in pugno, tenesse alzata la guardia, coprendole la fuga, via da palazzo, i cavalli lasciati sellati e pronti fuori le scuderie, forse una preghiera, una domanda, una mano che cerca l'altra, e si incastra? Ancora silenzio. L'ennesimo, dannato, maledetto silenzio.

Si inoltra tra i vicoli di Parigi. Un viavai affaccendato di mendicanti, bambini e donne, nell'ora che precede il pranzo, per chi può permetterselo. Per i più, un boccone divorato in fretta all'angolo di una straducola, un frutto rubato da un banco del mercato o da una cesta.
Quasi non si accorge di aver superato un ponte, e di ritrovarsi di fronte ad un edificio familiare.
Solo che quel giorno nevicava, e qualcuno parlava alla folla, in una piazzetta poco distante.
Lascia il cavallo, le finestre sono aperte, forse qualcuno è in casa.
Chiama ad alta voce, un nome, poi due.
- André! -.
Rosalie si è affacciata d'impeto, la chioma bionda che la segue, sporta oltre il davanzale. Una mano festosa a salutarlo.
- Sali, André! -.
E' casa. Odora di caffé, e verdure cotte, nei pochi mobili disposti per necessità, ove non ci sono soldi per seguire il gusto.
Ma ci sono fiori sul tavolo, e ricami nel tessuto che lo riveste. E' la mano di Rosalie, che si riconosce ovunque, la sua composta freschezza.
- Spero di non recare troppo disturbo Rosalie! -, ride Andrè.
La ragazza ride di rimando, la mano portata alla bocca. Non cambierà mai, Rosalie.
Quel pensiero gli addolcisce il petto. Facile lasciarsi andare ai ricordi. Non siamo fatti di quelli, in fondo?
- Dimmi subito di madamigella Oscar, André. Sta bene? Le hai portato i miei saluti? Oh, quanto vorrei rivederla! -.
Trattiene malamente l'emozione che già le scivola sulle guance. Ha il cuore così piccolo Rosalie! Troppo piccolo per contenere tutto quello che ogni volta le esplode dentro.
- Sì, non temere. Sta bene, e ricambia con tanto affetto i tuoi saluti -.
Se André è bravo in qualcosa, certamente lo è nel non far soffrire e preoccupare gli altri.
- Sia lodato il Cielo! Sono sempre tanto in pena per lei -.
Sorride, Rosalie, dandosi a bassa voce della sciocca che non sa tenere a freno la lingua.
- Non esserlo. La conosci -.
- Sì. Certo -, sorride, non può dirgli che è proprio perchè la conosce che è tanto preoccupata. Ma intanto ha già preparato il caffé.
- E dimmi André. Cercavi forse Bernard? -.
André la osserva curioso. Forse non è vero che le persone non cambiano. Certe si assestano, evolvono, si fanno specchio del vissuto dell'anima. Che la vicinanza di Bernard avesse smaliziato un poco la piccola Rosalie?
- Ti confesso che mi sono ritrovato a passare di qua per caso. Ma senza dubbio avrei bisogno di parlare di una certa faccenda con... con tuo marito -.
Arrossisce, Rosalie. E quel tocco di pudicizia le dona quasi sensualità.
- Non lo troverai stamattina. E' con Robespierre. Ma se ti fermi a mangiare qualcosa con me, nel pomeriggio, sul presto, dovrebbe rientrare. Intendo, se non la trovi una cosa sconveniente. Oh, ma cosa sto dicendo! -.
Ride, la mano di nuovo alla bocca, il grembiule che le sottolinea la vita stretta, le braccia magre. Le nota, André.
- No, non lo trovo sconveniente, Rosalie. Anzi, mi farebbe piacere restare un po' a parlare con te. Ma solo se non ti mette in difficoltà avere un ospite -.
- Nessuna difficoltà, André. Non abbiamo molto da offrirti, ma Bernard sarebbe felice quanto me di saperti alla nostra tavola -.

E' un pasto semplice, quasi frugale, di brodo e verdure troppo mature.
André capisce quella povertà. L'ha toccata ogni volta che si è recato in caserma, che ha ascoltato i racconti dei suoi compagni di brigata. Senza parlare, solo ascoltando. Storie di figli senza genitori e di madri troppo povere. Di una Parigi avvolta da spettri, e di un tempo gravido di cambiamenti.
- Ho paura per Oscar -, ripete Rosalie, il piatto vuoto di fronte.
- Sai cosa intendo, André. I nobili sono così in odio alla povera gente. Io lo so bene. Che cosa succederebbe se la popolazione di Parigi si ribellasse? Io ogni tanto ascolto i discorsi di Bernard. E non ci crederai -, arrossisce, - ma spesso mi legge i suoi proclami chiedendomi cosa ne penso -.
- Mi sembra una bellissima cosa Rosalie! -, afferma André.
- Io non ne capisco di... di politica, ma sono una donna del popolo. So cosa significa vivere in miseria -. Si osserva le mani, in grembo, sfiorandosi piano le dita l'una contro l'altra.
- Rosalie... Non succederà nulla ad Oscar -.
Un assenso forte, con la testa: - Sì, certo André -.
Si alza, toglie i piatti.
- Ma adesso dimmi un po' di te -.
André resta interdetto. Lo sguardo di Rosalie indugia su di lui, sospeso in un sorriso appena accennato.
    So di voi, l'ho sempre saputo.
Non può dirle nulla. Nulla che non la ferirebbe. Nella sua vita semplice, Rosalie ha trovato Bernard, hanno vissuto insieme, si sono sposati. Non ci sono dubbi sul loro amore. Traspira lieve da quelle mura, come un aroma delicato, impresso nel legno e nelle stoffe. Come dirle che la loro vita, invece, la propria e quella di Oscar, sono tremendamente complicate? Non solo per la differenza di classe. Rosalie diventerebbe rossa in viso e alzando la voce gridererebbe che l'amore non ha censo né blasoni.
E' proprio il riconoscersi, tra loro due, che è complicato. Si ama quando si è pronti. Anche Oscar prima o poi lo sarà. Spera solo di essere ancora vivo, a quel momento.
- Io sto bene, Rosalie -.
Rosalie sorride a pieno viso, fa un cenno con la testa.
- Tu hai sempre pensato molto agli altri... a madamigella Oscar, soprattutto. E poco a te, André -.
- Sai, Rosalie. Credo che occuparsi delle persone cui vuoi bene è come occuparsi di se stessi -.
- Sì-, mormora la ragazza di rimando, un'ombra di tristezza nei begli occhi grandi e chiari, - lo credo anche io, André -.




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Mi scuso per il ritardo della pubblicazione. Spero che l'aggiornamento vi giunga gradito.
Grazie di cuore a chi segue, legge e commenta :)
Un abbraccio a tutt*
Amantea

 

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Capitolo 7
*** -7- ***






IN NOMINE PATRIS


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- Saremo tutti fucilati per tradimento! -, sbraita un soldato con gli occhi bassi, la testa sprofondata tra le ginocchia e la schiena, adesa a una parete di sassi e calce.
- Aspetta a frignare. Prima saremo condotti davanti al tribunale militare, e allora sì che ci faremo sentire -. E' Alain che ha parlato. E' in piedi. Non è tipo da cedere. Nessuno lo mette con il sedere per terra, a lui.
Sputa, in terra. La mano corre alla fronte, si alza il berretto, liscia i capelli.
- Non m'importa di crepare. Voglio dire ai giudici tutto quello che penso -. Un guizzo duro negli occhi, a cercare i compagni, che nessuno abbassi la testa e si dia per vinto, e che diamine!
- Certo Alain! Hai ragione! -. Salta su François, il cappello sbattuto a terra. Si rimbocca le maniche della giacca mordendosi il labbro, e infine uno sbuffo: - Anche io voglio dire un paio di cose a quelli là: voglio una paga più alta, e... -.
- E cosa te ne fai di una paga più alta se devi crepare?!-.
Eccoli i soldati della guardia.
Risate sgangherate si inseguono da una cella all'altra, François arrossisce, nessuno lo nota.
Ma quell'ilarità germinata in fretta si rompe al suono
di passi severi e dritti.
- Siete stati condannati a morte mediante fucilazione. La sentenza sarà eseguita il 1° luglio alle ore 8 del mattino -.
La guardia legge il dispaccio con mani ferme e occhi indifferenti.
- Noi non siamo mai apparsi davanti al Tribunale militare! E' un abuso! -.
La voce di Alain incontra solo pietra grezza e inferriate.
La guardia va via, silenzia di nuovo il piccolo ballatoio che congiunge le celle a quel piano del carcere dell'Abbaye.
    Condannati a morte.
Resta l'odore nauseabondo di muffa stantia.
    Solo questo, siamo, dunque. Nulla.



- Radunare una folla? -.
- Sì. Pensi di potercela fare, Bernard? I miei compagni rischiano la morte. Oscar sarebbe venuta a chiederti la stessa cosa -.
- Non ne dubito, André. Ne parlerò certamente con Robespierre. C'è solo una cosa che mi preoccupa... -.
- Dimmi pure, Bernard -.
- Come puoi garantire che non ci saranno incidenti? -.
- Non posso garantirlo, a dire il vero. Ma sarà chiamata la guardia del popolo a vigilare sulla sicurezza. Non abbiamo mai sparato sulla folla. Confido nel fatto che una sollevazione popolare sia, in questo momento, l'ultima cosa che la famiglia Reale si auspichi... -.
- Su questo hai ragione, André -.
- Bene amico mio... allora posso contare su di te? -.
André tende la mano, e il suo viso ha un che di dolce impresso nella trama della pelle, come il colore dei capelli o degli occhi alla nascita. Bernard lo osserva, ricambiando il sorriso. Non può farne a meno. Di osservare ogni volta, ogni maledetta volta, quel ciuffo che nasconde di poco la cicatrice, e qualcosa gli si annoda e si serra all'altezza dello stomaco, o del petto. 
- Non ne hai parlato con Rosalie, vero? -, aggiunge mutando il tono, rendendolo greve.
- No -. Sparisce il sorriso, ma non la tenerezza dal volto di André.
- Perché ne sarebbe morta di dolore... ?-.
- Perché non avrei saputo cosa dirle... Non dovrei essere qui, Bernard. Dovrei essere là fuori da qualche parte a cercarla, come un disperato. E non posso farlo... -.
- Una lettre de cachet hai detto... -.
- Sì. Firmata da Sua Maestà il Re. Ho visto il sigillo. E questo significa carcere, o confino, o peggio, Bernard -.
- Sì...  ma non trovi strano che Sua Maestà abbia voluto punire Oscar? Rosalie mi raccontava della vicinanza con Maria Antonietta, alla stregua di un'amica... Possibile che la Regina non abbia interceduto per lei? Per la sua guardia del corpo? -.
André sospira, le dita che si inanellano ai capelli, e serrano le tempie.
- Sì. L'ho pensato, sai? Sin dal primo momento. C'è qualcosa di totalmente assurdo in questa faccenda, ma non riesco a cogliere il punto. E' come percepire una stonatura e non capire da quale strumento provenga. Oscar ha disobbedito a un ordine del Re, e non solo. Si è pure ribellata agli ordini del generale Bouillé, reagendo a quel modo nel suo ufficio. Sai, all'idea che sarebbe andato lui al palazzo dell'Assemblea a sgomberare i rappresentanti del Popolo, Oscar è diventata una furia, ha sfidato persino Girodel, e ha bloccato tutto -.
- Tutti abbassano la testa davanti a lei, André. Tutti la onorano... -.
- Sì, Bernard -.
- Robespierre non disdegnerebbe affatto di avere una testa come la sua dalla nostra parte -.
- Già, posso capirlo -, sorride André. Oscar paladina del popolo!  Chissà perché quel pensiero non gli sembra poi alquanto bislacco come potrebbe sembrare. Oscar ha sempre e solo inseguito un ideale di giustizia, nella sua vita. Non importa chi fosse l'offeso, o l'offendente. Se un ragazzino di strada, o un marchese, o un generale.
- Non hai notato nulla di strano nei soldati che sono venuti a prenderla? O nel latore del messaggio?... Che so... Un particolare, qualcosa di stonato, come dicevi tu poco fa -.
André tace. Cerca di ricordare ogni istante di quella sera piovosa e densa. Ogni mossa, ogni particolare. Se solo la sua vista fosse stata più nitida!
- Sai che circolano lettre de cachet contraffatte, vero André? Ne esiste un vero e proprio smercio sommerso. Al momento giusto ne sbuca fuori una e la persona sgradita viene, diciamo così, fatta fuori. Il sigillo reale è autentico, ma il contenuto della sentenza è assolutamente aleatorio. Che Oscar abbia qualche nemico? Qualcuno di molto portente, intendo? -.
- Più di uno, Bernard. Certamente, più di uno -.



Il desco è silenzioso, dopo che la Sorella designata ha intonato la preghiera vespertina, e tutte, a capo basso e mani congiunte, hanno aperto i loro cuori a Dio.
La cena è stata servita da una coppia di novizie che senza guardare in volto nessuna hanno riempito le scodelle di minestra e servito il pane, e, sempre in silenzio, sono rimaste in piedi in disparte.
Oscar siede accanto a Nives. Ha imitato i suoi gesti e i suoi tempi.
In quell'assenza di parole e convenevoli, si riesce a percepire l'affondo liquido del cucchiaio nel piatto, le labbra che si schiudono, le gola che inghiottono. Lontani distanze siderali le baraonde e i marasmi parigini, i tintinnii di calici, le risate gorgheggianti delle dame, i commenti, i risolini, l'immenso mondo chiassoso e variopinto, quasi un recinto di pavoni e colombelle, della corte dei nobili.
Lì, è appena il sole che filtra dalle bifore romaniche e disegna coni di pulviscolo a trama fitta.
Due file di tavoli che da pareti opposte si fronteggiano a specchio.
L'odore del cibo semplice, che sa di orto, e si mischia al legno e alla cera.
Le sorelle si muovono composte tra il piatto e il bicchiere.
Le dita escono dalle maniche quel tanto che basta a cogliere il cibo. Nei volti incorniciati di tela bianca nessun belletto. E' la pelle che si mostra così com'è, in un luogo in cui della bellezza non si fa alcun vanto, ma si è, semplicemente.
Chi finisce di mangiare, attende.
E solo quando tutti i cucchiai giacciono nei piatti le novizie si muovono, ognuno a un capo del tavolo, inseguendo una simmetria di mosse e inchini, senza fretta, quasi che ogni eccesso fosse peccato (e forse, lì dentro, lo è). Quando poi i tavoli sono di nuovo vuoti, la Sorella intona la preghiera di ringraziamento, e tutte si alzano.
A piccoli gruppi, in silenzio, come formiche dirette ognuna nell'esatto posto del formicaio dove sa di dover andare, le suore si muovono, escono dal refettorio.
Oscar attende le mosse di Nives, e poi la segue, uscendo nel chiostro.
I chiaroscuri del porticato si fanno netti al sole che sta calando.
Quello è uno dei due momenti che hanno per parlare liberamente. Al suono della campana, saranno richiamate nella cappella per intonare l'Ultima e poi ci sarà il grande silenzio, fino all'alba del mattino seguente, quando tutto ricomincerà di nuovo.
Le mura del chiostro sono alte. Da un lato si apre agli orti e a un'altra piccola costruzione, circondata di piante officinali.
- Cosa c'è lì? -, chiede Oscar.
Nives segue lo sguardo della consorella.
- E' la medicheria -.
- Sì, non fate quella faccia, sorella Blanche. Avete capito bene. Le sorelle si possono ammalare, sapete? E non ci è dato di uscire dal convento. Se proprio volete saperlo, non ne usciamo nemmeno quando il Signore ci chiama a sé. Sull'altro lato c'è un piccolo cimitero -.
Stenta a crederlo, ma è un sorriso quello che si dipinge sul volto di Nives. E Oscar ha l'impressione che la ragazza scoppierebbe a ridere del proprio umorismo, se solo potesse. Se solo non fosse una cosa disdicevole, ovviamente.
- Se ne occupa Frate Rubino -.
Oscar teme veramente che Nives non riesca a trattenersi, questa volta.
- Un frate!? -.
- Sì, un frate. Penserete che la cosa sia alquanto invereconda, sorella Blanche, e non vi biasimo. Ma, vedete, frate Rubino è anziano e di grande esperienza nella cura con le erbe di ogni genere di malattia. Ed è un grande dono del Signore che la sua vita si sia intrecciata a quella di questo convento -.
- Non ne dubito, sorella Nives -.
Oscar guarda di nuovo l'orto, e la casetta. Registra ogni cosa. Nessuna domanda è a caso. Chissà se Nives lo ha capito e le tiene il gioco, o semplicemente il suo spirito di carità le impone di rispondere con cortesia alle sue domande alquanto inopportune.
- E neanche frate... Rubino può mai uscire dal convento? -.
- Arguta domanda, sorella. Frate Rubino è l'unico autorizzato ad uscire. A volte ci sono dei rimedi che hanno bisogno di ingredienti che non possono crescere in un orto... certe spezie ad esempio. E allora vi è necessità di procurarsele al vicino mercato di ... -.
Nives resta interdetta all'improvviso. Ha notato gli occhi di Oscar farsi grandi, e poi di nuovo stretti.
- Non vi sarà possibile uscire di qua, sorella Blanche. Fatevene una ragione quanto prima se volete vivere bene, e non farvi divorare il cuore da demoni che nulla hanno a che vedere con la Luce di Dio -.
- Dio non mi ha rinchiusa qui dentro. Un uomo lo ha fatto! Qualcuno che ha voluto togliermi di mezzo. Non Dio! -.
Nives fa appena in tempo a tirarla per una manica e bloccarla al muro, serrandosi le labbra con un dito.
Un gruppetto di sorelle si affaccia sul porticato, le salutano inchinando la testa, si allontanano parlottando fitto.
- Non bestemmiate sorella Blanche! Non bestemmiate -.
Oscar tira via il braccio. E' forte, Nives.
- Se... qualcuno, come dite voi, vi ha voluta qui dentro, non esiterebbe a uccidervi se vi trovasse di nuovo là fuori. Ne convenite, o no? O piuttosto vi sta salvando da qualcosa di più grande di voi. Cosa ne potete sapere? Siete sempre così presuntuosa, sorella Blanche? Così sicura di conoscere il mondo e le intenzioni degli uomini? -.
- No. Ma conosco me stessa. E non resterò a lungo qui dentro. Quando verrà il momento potrete seguirmi, sorella Nives, se lo vorrete. E datemi pure della presuntuosa, mi hanno detto di peggio... ma nemmeno voi siete libera di essere voi stessa. Non siete donna da convento -.


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Carissim* che mi seguite, mi scuso infinitamente per il ritardo.
La storia prosegue :)
Il buon Frate Rubino che tipo sarà? Sarà di aiuto alla nostra Oscar? E sorella Nives... ?
Entra in scena Alain (chi mi conosce sa quanto io lo adori, ho serbo anche qui per lui qualche sorpresina ;)
André e Bernard... fate presto!
Vi abbraccio e grazie di cuore a chi ha avuto pazienza
Amantea

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Capitolo 8
*** -8- ***


-8-


IN NOMINE PATRIS



-8-




Brucia il viso, brucia.
Brucia dove il generale lo ha colpito con forza, gettandolo a terra.
Stringe i pugni sul pavimento gelido, lo sente dietro di sé, ancora in piedi. 
    Dove sei Oscar... ?
Qualcosa sbatte contro il vetro. E poi qualcos'altro. Corpi senza nome, uno dopo l'altro, ad ammazzarsi contro quella finestra, un rumore orribile, di vita rifranta e gettata via, urlando.
    Ho paura.
I vetri esplodono.
Grida.
Si para il volto.
Sangue.
E' sangue quello che cola sulla guancia. Un liquido caldo che scivola fino al mento, gocciola a terra, spandendosi in una macchia scura e densa.
    Il mio occhio!
E' tutto buio. Tutto così inesorabilmente buio.
Il cuore batte convulso.
    Sarò forse.... No, io non posso morire... non posso...
E poi. Una voce. La sua. 
    Chiamami... chiamami ancora Oscar... fallo ancora... chiamami.
Tirato fuori dagli abissi. La mano è stretta fra quelle di lei. E lei sta piangendo.
    Stai piangendo per me...
Cerca di aprire gli occhi. Non può.
Un dolore lancinante glieli costringe serrati, e qualcosa di ruvido gli fascia il volto.
Ora ricorda... stava inseguendo il cavaliere nero e...
No.
Non è possibile. Quella è un'altra storia.
Ora è a terra, non sa dove, e Oscar lo chiama, piano, dolcemente, la voce rotta da un'emozione che non saprebbe definire, la mano fra le sue, intrecciata alle sue.
Forse è andata così?
Forse il generale ha levato la spada contro di lui per primo, esaudendo il suo desiderio. E l'ha colpito.
O forse quello stormo di corvi impazziti nel temporale gli ha rovesciato addosso una pioggia di schegge taglienti, ed è rimasto ferito.
E adesso giace, da qualche parte.
Ma Oscar è viva! Oscar grazie al Cielo è viva. E' viva accanto a lui.
Se solo la testa smettesse di fargli così male! Potrebbe mettersi seduto ed abbracciarla.
Afferrare quella stoffa liscia tra le mani, e stringerne il corpo assieme al tessuto.
Il suo corpo...
    Il tuo corpo Oscar... se solo immaginassi quanto...
Una voce lacera il silenzio e il buio.
Un messaggero!
Eccola, di nuovo.
Un messaggero!!
    Dove vai Oscar perché piangi? Perché gridi forte, non capisco. Non riesco a vederti. Dove stai andando? Chi ti sta portando via? Oscar! Oscar resta qui! Oscar chi ti sta trascinando via? Oh Dio mio! Oscar! Oscar!!



Si è svegliato di soprassalto, gli occhi stretti a cercare una luce che non c'è, la gola riarsa, come se avesse gridato, a lungo, disperatamente.
- Oscar... -. E' solo un sussurro adesso, fiato caldo che le labbra rilasciano a stento.
Deglutisce, a fatica.
Si tocca la fronte, i capelli. E' sudato, e il cuore batte ancora a un ritmo folle.
Un sogno. Che diavolo di sogno assurdo!
Sbuffa, quasi sollevato, quasi ridendo, nervosamente, le mani strette alle tempie, le ginocchia sollevate dal materasso che sembra diventato rovente, sotto di lui.
La camerata è un ammasso graveolente di ombre e corpi.
André si alza, fa gemere il legno del giaciglio, e poi a passi leggeri arriva al corridoio. Ha preso da Alain l'abitudine di dormire con gli stivali ai piedi. "Bisogna essere sempre pronti!", gli aveva detto una volta, ammiccando, la grossa mano posata sulla sua spalla. Forse adesso che è scoppiato quel caldo soffocante non sarebbe stato della stessa idea.
Ha bisogno di aria. Un po' di aria.
La guardia della ronda lo richiama, ma lui fa un cenno, si fa riconoscere.
Non ha più amici là dentro.
Quelli con cui aveva legato, silenziosamente -a modo suo-, adesso stanno al carcere dell'Abbaye.
Si affaccia da un'uscita laterale. Giusto il tempo di respirare la notte, almeno un poco. Che glielo lascino fare...

Sa perché ha sognato Oscar.
Ha passato la vita a sognarla, persino di giorno.
E adesso le manca come se gli avessero strappato un pezzo di stomaco.
Perché il dolore della sua assenza si annida lì, nella pancia.
No, non nel cuore. Quello ormai se l'è fottuto da un pezzo. Si è lacerato e ricomposto talmente tante volte che non saprebbe più dire che forma ha. Sa solo che batte, ostinatamente, ancora. A volte più veloce. A volte quasi fermo. A volte si inceppa, e accelera, per rimettersi al passo.
Le manca nello stomaco, stava pensando. Sì. Come il tormento che dà l'ansia frammista al senso di colpa.
Perché è colpa sua se Oscar è stata trascinata via.
Sua e del suo occhio stentato.
Sua e del suo essere nessuno. Già, nessuno.
Chi non ha potere, abbia testa!
Beh, non recita proprio così il motto. Ma lui di testa ne ha.
    E allora usala, André!
Respira forte l'umidore che sale dal piazzale come una grigia coltre d'acqua.
L'assurdità del sogno, così vivido da sentirne ancora l'odore, gli ha lasciato addosso un tetro senso d'inquietudine.
Eppure c'è qualcosa. C'è qualcosa che ancora martella la mente.
Rivede la scena.
Risente ogni parola.
Ogni suono.
Ripercorre l'assennatezza di ogni mossa.
Il messaggero col mantello grondante acqua, la pergamena firmata dal re. I gesti, le parole. Gli sguardi. Appena intuiti, per lui solo un ammasso di macchie colorate, dai contorni indefiniti. Quando più, quando meno. Quella sera, sarà stata la tensione dello scontro con il Generale, l'occhio gli doleva e la capacità di vedere era miseramente poco nitida.
Le guardie reali, i cavalli, i finimenti, i mantelli. I mantelli.
Una vertigine.
La schiena trova un muro nel suo precipitare all'indietro.
I mantelli. Le guardie reali non portano mantelli come quelli.
E allora finalmente la stonatura assume un senso.
Una messinscena.
Dio santo!
    Tutta una messinscena...
Ansima, la mano portata al muro. Come il fragore di quei corvi infranti contro il vetro, nel sogno di poco prima.
Da qualche parte del bosco devono esserci dei corpi. O forse solo uno, quello del vero messaggero. Quello che portava il vero messaggio di Sua Maestà, della Maria Antonietta amica di Oscar. magari un semplice confinamento nelle prorpie stanze, o un rimprovero scritto. Qualcosa da salvare la "faccia" del Re, ma anche e soprattutto la vita di Oscar. Una punizione che mettesse a tacere il tavolo dei tracotanti generali e dignitari di Corte, e salvasse lei, l'amica, l'unica amica fedele.
E allora forse c'è stato uno scambio. Violento, grondante sangue. Un messaggero intercettato lungo la via, ucciso, lasciato a marcire nel fitto del sottobosco, preda degli animali selvatici. Spogliato dei paramenti, del mantello e del destriero. Ed ecco che arriva il personaggio, il latore della lettre de cachet, la voce impostata, il piglio severo. E dietro di lui, finte guardie reali.
Trema, André.
Trema nell'immaginare quello scenario. Non meno assurdo del suo sogno, e quindi, perchè no, assolutamente probabile.
Gentaglia assoldata per pochi denari. Parigi è piena di disperati. E con il buio e la divisa, la pioggia che maschera i volti, tutto diventa estremamente credibile.
E' credibile perchè è quello che succede, e che vedi, e la mente ci crede. Crede agli occhi, crede ai sensi.
Perché c'è un messaggero del Re, e un drappello di guardie reali venute a prelevare Oscar.
Perché le gettano un mantello sul volto, e la portano via.
Perché il generale è uomo d'onore, e lascia che sia fatta giustizia.
Il cuore invece no. Il cuore non cede all'inganno dei sensi. Conosce sempre la verità. Il cuore avverte la stonatura, ma non sa darle un nome. Il cuore formula emozioni, non parole.
Attento! Ti dici. Attento!!
André solleva lo sguardo al cielo. Là, dove devono esserci ammassi di stelle, e per lui, una macchia indistinta di blu.
Deve parlare con il padre di Oscar. Usare il potere del Generale là dove non può arrivare da solo.
Qualcuno saprà se sono sparite delle divise. Se un messaggero non ha fatto rientro. La Regina dovrà essere informata di cosa è successo. E allora tutti si muoveranno. E Oscar verrà trovata e salvata. Perchè tutti amano la sua Oscar. E chi ha cercato di farle del male era così preso dall'odio e dal risentimento che neanche se ne è accorto di tutto questo amore. Povero illuso! Sorride André. Se solo lo sapesse... ah come gli tremerebbe la poltrona! Tempi bui per quel nobile deretano!!


Il silenzio del convento, di notte, è quasi ossessivo. E non lo inganni.
Non c'è una cucina rischiarata dalle braci della cena ormai consumata, né una cioccolata calda sul tavolo. Non c'è una poltrona su cui sdraiarti di fronte al camino, arrovesciando la testa all'indietro, con un bicchiere di vino in mano. Non c'è nessuno che ti tolga gli stivali mentre dormi, per accomodarti sul letto, senza fare rumore. Non c'è la presenza rassicurante del tuo gemello, l'anima riflessa ogni giorno nei tuoi occhi, senza bisogno di specchi.
Non c'è André.
L'assenza ha un nome e un volto, è carne e sangue che scorre, è calore. E' una camicia bianca portata aperta sul petto. E' una voce che tra mille riconosceresti ancora, e ancora.
E' una dichiarazione d'amore ripetuta all'infinito, affinché il cuore possa comprenderla, un giorno.
    Adesso me ne andrò via assieme ad Oscar.
Può esserci amore più puro di questo?
Si è sporcato di terra, una volta. Voleva prendere forma, farsi vedere. Ha affondato le radici nel fango, ne ha fatto sentire quasi l'odore, e le ha detto sono qui, sono vivo, lo capisci!? Mi vedi? Mi senti? E dal fango poi è riemerso, è tornato alto, limpido. E' tornato a volare. Non l'avrebbe visto se non si fosse sporcato. Sarebbe rimasto etereo e trasparente come un sospiro. E invece l'amore è anche quello. E' urtarsi, è inciampare l'uno sull'altro e cadersi addosso.
    Uccidete me per primo.
E' sangue che scorre veloce nelle vene, e si infiamma.
E' desiderio infinito di lui.
E' ...
Oscar torna seduta sul letto. La veste le cade sul corpo magro, lascia scoperti i piedi, lascia che le cosce si sfiorino, che la nudità resti celata agli occhi ma non alle sensazioni del corpo, così disabituato a sentirsi pelle nuda contro pelle nuda.
La tosse e la febbre le stanno dando un'effimera tregua.
Stava così male quei giorni di pioggia... così male da non reggersi in piedi. Eppure doveva fronteggiare gli occhi di Alain, sempre spudoratamente affissi su di lei, e mascherare la stanchezza. Ha la sagacia di una volpe, quel soldato. Gli occhi aguzzi, senza filtri. Come se guardasse ogni cosa quasi fosse lavata di fresco. Arriva dritto al centro, sempre, il suo sguardo.
Chissà se aveva intuito il suo malessere. La sua malriuscita finzione. Il buon Alain...
Che torni presto libero e vegli ancora su André. Che sia i suoi occhi, la sua astuzia, la sua malizia.
Se frate Rubino è l'unico che può uscire, deve scoprire dove è stata rinchiusa. Vicino quale borgo, in quale regione di Francia è stata confinata. Ne ha bisogno. Ha bisogno di potersi collocare, di essere un punto su una mappa, una direzione, una distanza misurabile.
Ha bisogno di sapere a quanti giorni di cammino dista da casa. Perché se non riesce a trovare un cavallo, è a piedi che dovrà fuggire.
Non ha la sua spada, e non ci sono coltelli al refettorio.
Dio solo sa se non punterebbe un cucchiaio alla gola di quel frate pur di farsi portare fuori da lì!
Ma intanto deve conoscerlo. Capire come si muove, quante volte esce dal convento. Dove va, cosa compra.
    Rassegnati. Neanche da morti si esce dal convento.
Oh, ma non ci pensa proprio a morire! Deve tornare dai suoi uomini, e da André. Non può lasciarlo solo.
Dei passi lungo il corridoio.
Oscar trattiene il respiro.
E' proibito muoversi di notte. Chi, dunque... ?
Si alza, scivola fino alla porta. Sono passi leggeri, e delle voci. Una sembra piagnucolare, sommessamente, l'altra è più sottile, ma ferma. Non sente cosa stanno dicendo. Socchiude la porta, il cuore fermo, così che non faccia troppo rumore a battere contro il petto.
La scia di una lanterna sparisce dietro una curva, Oscar la segue. Rasenta il muro, si fa ombra. E poi, si sposta all'angolo, spinge lo sguardo, ascolta, non vista.
E' appena uno spicchio che si apre ai suoi occhi, invaso e svuotato da figure che si muovono, e voci.
La madre Superiora fruscia nella sua lunga veste. Immobile, di spalle, un braccio a circondare la vita di un'esile figura di novizia.
Oscar sente ancora quel sommesso piagnucolio di sfondo. Deve essere la giovane. E' così minuta la sua figura! Quanti anni avrà?
Un'altra voce spezza il vuoto. Voce di donna. Non si premura di parlare troppo sottovoce.
- E' quanto avevamo pattuito. Accontentatevi, Madre -.
- Sì, ma il nostro convento ha delle spese da sostenere e se il Duca aprisse un po' di più il suo cuore... -.
- Voi premuratevi di prestare sempre il Vostro servizio con la dovuta devozione, e i soldi non vi verranno a mancare -
- Sarà fatto come dite, Madame -.
- Vieni, cara. Il Duca ti aspetta... per conoscerti -.
La mano della Madre sospinge la ragazza per la vita, appena una resistenza, prima che sparisca dallo scorcio di stanza che Oscar riesce a osservare. E quando la suora si volta, è un sacchetto quello che tiene con cura stretto tra le mani.
Oscar si porta la mano alla bocca per non gridare.
Un che di acido e improvviso le sale alla gola. Trattiene, ingoia, serra le mani alla bocca.
E' una vertigine.
E' mercimonio.


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Carissimi tutti, e cara Lenovo, il conventual-rivoluzionario è tornato :)
Un abbraccio e grazie di cuore a chi legge e commenta e non mi fa mancare la sua presenza affettuosa anche nelle critiche.
Grazie di cuore a tutti coloro che preferiscono, ricordano e seguono.
Amantea


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