Baciata dal fuoco

di Vanessa1995
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2 Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4 capitolo ***
Capitolo 5: *** 5 Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6 Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7 Capitolo ***
Capitolo 8: *** 8 Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9 Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10 Capitolo ***
Capitolo 11: *** 11 Capitolo ***
Capitolo 12: *** 12 Capitolo ***
Capitolo 13: *** 13 Capitolo ***
Capitolo 14: *** 14 Capitolo ***
Capitolo 15: *** 15 Capitolo ***
Capitolo 16: *** 16 Capitolo ***
Capitolo 17: *** 17 Capitolo ***
Capitolo 18: *** 18 Capitolo ***
Capitolo 19: *** 19 Capitolo ***
Capitolo 20: *** 20 Capitolo ***
Capitolo 21: *** 21 Capitolo ***
Capitolo 22: *** 22 Capitolo ***
Capitolo 23: *** 23 Capitolo ***
Capitolo 24: *** 24 Capitolo ***
Capitolo 25: *** 25 Capitolo ***
Capitolo 26: *** 26 Capitolo ***
Capitolo 27: *** 27 Capitolo ***
Capitolo 28: *** 28 Capitolo ***
Capitolo 29: *** 29 Capitolo ***
Capitolo 30: *** 30 Capitolo ***
Capitolo 31: *** 31 Capitolo ***
Capitolo 32: *** 32 Capitolo ***
Capitolo 33: *** 33 Capitolo ***
Capitolo 34: *** 34 Capitolo ***
Capitolo 35: *** 35 Capitolo ***
Capitolo 36: *** 36 Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1 Capitolo ***


Attenzione: Robb e Jon hanno quindici anni qui all'inizio della serie.

Capitolo 1

Una mattina come molte a Grande Inverno.
In una delle tante stanze del castello, una ragazza dai lunghi capelli ricci, rosso fuoco, dormiva placidamente nel suo letto sotto alle pellicce scure d'orso.
Qualcuno bussò alla porta. La ragazza aprì gli occhi e si voltò verso la porta. Appariva mezza assonnata, però il secondo bussare la svegliò del tutto.
« Emily, sbrigati! » strillò una voce femminile fuori dalla porta. La giovane si mise seduta e si passò una mano tra i lunghi capelli rossi.
« Va bene, arrivo subito. » rispose. Si udì un rumore di passi, segno che la donna doveva essersene andata. La giovane appoggiò la testa e la schiena contro lo schienale del letto, consapevole che l'aspettava un'altra dura giornata di servizio. Per carità, gli Stark l'avevano sempre trattata come una figlia e da piccola addirittura la lasciavano giocare con i loro figli e le davano molte cose.
Le avevano raccontato che, quando era solo una bambina, ogni tanto Catelyn le pettinava i capelli e in privato lasciava che la chiamasse semplicemente per nome.
Lord Eddard era sempre stato un po' più freddo, però le aveva regalato una bellissima bambola di pezza quando era piccola e ancora la conservava nel suo baule.
Per quanto riguardava i loro figli, aveva un bel rapporto con tutti loro e da circa un anno era la serva personale di lady Sansa, la primogenita femmina degli Stark. Tra lei e Robb c'era sempre stato un rapporto più forte, che con gli anni si era evoluto fino a trasformarsi in amore. Veramente alla fine, secondo la giovane, non si trattava proprio di amore, ma si volevano bene.
Con Theon anche c'era una forte intesa, però lui era più passionale e mai avrebbe potuto scambiare per amore quello che li legava. Tuttavia non avrebbe mai potuto scegliere tra loro. La completavano: uno le dava quello che l'altro non riusciva.
Si drizzò dal letto e si vestì velocemente. Pur essendo una serva possedeva degli abiti eleganti, seppure mai belli quanto quelli di Catelyn e le sue due figlie. Quel giorno scelse di indossare un semplice vestito di colore grigio chiaro.
Osservò il suo riflesso nello specchio a figura intera presente nella stanza, contro la parete. Era sempre stata consapevole della propria bellezza e i suoi tratti tipici del Sud la rendevano ancora più affascinante, per certi versi. I suoi occhi erano marroni, con delle pagliuzze dorate. La pelle era candida come la neve che si trovava perennemente sul terreno attorno al castello.
Qualche minuto dopo Emily percorreva uno dei corridoi del castello diretta nella stanza di Sansa. Di solito al mattino si occupava lei di svegliarla, darle per prima il buongiorno, prepararle il bagno e vestirla.
Si trovava a pochi metri ormai dalla stanza di Sansa, quando una voce maschile di sua conoscenza la chiamò.
« Capelli rossi! » si voltò sorridente e vide davanti a sé Robb. Non si era accorta della sua presenza dietro di lei. Aveva ereditato i capelli ramati e gli occhi azzurri tipici dei Tully, la famiglia di sua madre. Aveva un anno in meno di lei, però che importanza poteva avere l'età? Indossava una casacca di colore blu e dei calzoni neri. Portava legato alla cintura un coltello con l'elsa d'osso.
« Capelli rossi? Non siete molto originale mio signore. » lo prese in giro. Il ragazzo la guardò storto e piegò la testa di lato, poi l'afferrò per la vita e la tirò a sé. « Robb, devo andare da tua sorella. » affermò divertita. Lui le sorrise e le accarezzò i lunghi capelli ramati.
« Adesso mi dai del tu? Emily, ti prego, concedimi un attimo del tuo tempo. » la serva scosse la testa.
« Ti conosco Robb Stark e so bene che non si tratterrà di un attimo. Mi dispiace, però ti toccherà aspettare fino a stasera. » rispose e gli sfiorò una guancia con le labbra. Avvertì in quel modo la ruvidezza della sua barba, tuttavia non le dava fastidio.
« Adesso devo andare, però ti prometto che stasera mi avrai tutta per te. » esclamò. Lo baciò di nuovo, però stavolta sulle labbra, e poi si incamminò verso la camera della sua padrona. Le dispiaceva per Robb, ma aveva dei doveri verso gli Stark, specialmente nei confronti della loro primogenita.
Avevano tentato di insegnarle che la purezza di una donna era molto importate, ma diciamo che lei non aveva prestato molta attenzione agli insegnamenti e una volta diventata grande aveva cominciato a fare di testa sua. Ricordava bene quando aveva dato la propria verginità a Theon una sera nelle stalle del castello, mentre tutti gli altri si trovano all'interno delle mura per consumare un bacchetto, sebbene non ricordasse cosa stessero festeggiando. Quella volta non fu proprio delle più belle, siccome le aveva fatto solo male. A quanto sembrava Theon non era in grado di trattare una vergine. Con il senno di poi aveva compreso che sarebbe stato meglio aspettare e infilarsi nel letto dell'altro suo amante in occasione della sua prima volta.
In ogni caso con il tempo aveva capito che era molto meglio cedere al peccato della lussuria, che restare casta come le Septe della Fede dei Sette. Non capiva proprio come facessero a restare caste e pure, evidentemente non dovevano mai aver provato i piaceri ardenti della carne, seppure c'era sempre la possibilità che fossero state costrette ad unirsi all'ordine delle septe.
Arrivata davanti alla porta della camera della undicenne, bussò alla porta e attese che le rispondesse.
« Chi è? » udì la sua voce roca, probabilmente a causa del fatto che doveva averla destata dal sonno. Aprì la porta ed entrò nella stanza. Una volta fatto, si voltò verso Sansa e le sorrise. Si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò alla bambina. I suoi capelli erano ramati proprio come quelli di suo fratello maggiore e lunghi. Gli occhi erano di colore azzurro e la pelle chiara.
« Avete dormito bene? » chiese gentilmente. Raggiunse il grande baule di legno che si trovava dinanzi al letto e ne sollevò il pesante coperchio, mettendosi poi alla ricerca di un vestito per la nobile.
L'undicenne si drizzò dal letto e si passò una mano tra i lunghi capelli rossi. Emily le era sempre piaciuta ed era stata molto contenta quando i suoi genitori avevano deciso di nominarla sua serva personale due anni prima. All'epoca lei aveva nove anni e forse per questo non ci era voluto molto per legarsi ancora di più alla sedicenne. Veramente, essendo cresciute insieme, la considerava da sempre una specie di sorella, forse più di Arya. Era perfettamente a conoscenza del fatto che fosse brutto da dire e pensare, ma la verità a volte faceva male.
Una delle più grandi sofferenze che pativa era il fatto di non aver ancora avuto neanche una volta il suo sangue di luna, però la riccia e sua madre le ripetevano sempre che era solo questione di tempo. La prima le aveva confidato una volta che il suo primo mestruo lo aveva avuto a tredici anni e quella rivelazione l'aveva tranquillizzata un po'.
« Cosa vorreste mettere oggi? » la voce della sua serva la distolse dai suoi pensieri. Si alzò in piedi, dirigendosi anche lei verso il baule per dare un'occhiata all'interno. Normalmente sceglievano sempre insieme che abiti da indossare.

Nel frattempo Catelyn Stark si trovava su uno dei balconi del castello, intenta a guardare i figli si allenavano nel piccolo campo di allenamento presente nel giardino del castello.
Suo figlio Bran, di nove anni, stava cercando di imparare a maneggiare l'arco e colpire un manichino a pochi metri di distanza, però con risultati alquanto pessimi. Dopo l'ennesimo fallimento, Theon e Robb scoppiarono a ridere.
« Chi di voi era un buon tiratore a nove anni? » urlò suo marito, posando le mani sul bordo del balcone di pietra. I ragazzi smisero di ridere, il bastardo di Ned si avvicinò al bambino e si chinò verso di lui, probabilmente con l'intento di dargli qualche consiglio. La donna avvertì una morsa allo stomaco: odiava Jon, anche se di certo non era colpa sua essere un bastardo, ma non riusciva a capirlo.
Il bambino stava per eseguire un altro tentativo, ma una freccia colpì in pieno il bersaglio. La donna storse il naso quando notò che era stata sua figlia minore a tirarla, tuttavia non fece in tempo a rimproverarla perché sentì una voce alle sue spalle.
« Mio signore, mia signora, c'è un problema. » annunciò una voce maschile infatti. Entrambi i nobili si voltarono e videro uno dei loro servitori con in faccia un'aria preoccupata.
« Cos'è successo? » domandò suo marito.
« Abbiamo trovato un disertore dei Guardiani della Notte. » annunciò e la lady avvertì una morsa allo stomaco, poiché conosceva bene la punizione per i disertori.
« Devi proprio farlo? » chiese a Ned contrariata, sperando che non intendesse andare fino in fondo.
« Conosci le leggi Catelyn, è un disertore. Il giuramento che ha fatto implica che deve servire fino alla morte. » ribadì. Neanche a lui piaceva quella situazione, però era un uomo d'onore e perciò non si sarebbe tirato indietro. La rossa tirò un sospiro.
« Capisco! » cercò di essere comprensiva e lo guardò allontanarsi. Nei minuti che seguirono tentò di non pensare al fatto che stava per uccidere una persona, magari un ragazzo che aveva all'incirca l'età di suo figlio maggiore.

Quella sera Emily percorreva uno dei corridoi del castello, diretta verso l'ufficio di Lord Eddard, seppure non conoscesse la ragione della convocazione. In realtà aveva paura che avesse scoperto la sua relazione con Robb e Theon e desiderava cacciarla.
Arrivata davanti alla porta di legno, si sistemò la gonna del vestito e bussò alla porta.
« Avanti! » aprì la porta ed entrò nell'ufficio.
Una seconda porta portava alla camera dei signori di Grande Inverno. Dietro al tavolo presente c'era una finestra che dava sul villaggio adiacente alle mura della dimora degli Stark.
Seguì un attimo di silenzio e osservò perplessa l'uomo: i suo capelli erano scuri ed era presente qualche ciocca grigia e bianca in mezzo a loro. Teneva le mani intrecciate dietro alla schiena e fissava il panorama dalla finestra, dunque le voltava le spalle.
« Mio signore, mi avete fatto chiamare? » domandò perplessa la giovane, rompendo il silenzio instauratosi nella stanza. Il bruno si girò e si sedette sulla grande sedia dietro al tavolo.
« Sì Emily, volevo parlare con te. » affermò e le fece segno di sedersi su una delle sedie di legno dinanzi a lui. La rossa ubbidì. « Sai che tra poco la famiglia reale ci farà visita, vero? » ne aveva sentito parlare dagli altri servitori.
« Sì, lo so. » rispose infatti. Eddard posò le mani sul tavolo e le intrecciò.
« Molto bene, perché ci sono alcune... ehm... istruzioni che voglio darti e che dovrai eseguire. » la informò e la giovane annuì. « Se qualcuno, soprattutto il re, dovesse mai chiederti da quanto tempo vivi qua, tu digli sedici anni. Non menzionare il fatto che sei vissuta alla corte reale quando Aerys II Targaryen governava ancora i Sette Regni. » fece una pausa e la fissò in silenzio in attesa che dicesse qualcosa.
« Va bene. Solo questo? » domandò perplessa dal fatto che le stesse chiedendo di mentire, per giunta al loro sovrano.
« Infine, se mai dovessero chiederti di tuo padre, tu devi dire che veniva spesso a far visita ai padroni dove tua madre lavorava prima di venire al Nord. » concluse. La sedicenne annuì ancora. « Mi raccomando Emily, è molto importante che tu dica quello che ti ho appena detto. Fai qualunque cosa Robert ti dica. » aggiunse con tono autoritario. « Qualunque cosa, hai capito? » domandò.
Lei fece di nuovo sì con la testa, tuttavia stavolta Eddard non parve soddisfatto. « No, mi devi giurare che farai e dirai esattamente quello che ti ho detto. » esclamò.
« Lo farò, se devo mentirò al re. Tuttavia credevo non si dovesse fare... » osservò con aria confusa.
« A volte è necessario mentire Emily, anche se non ci piace. » rispose semplicemente. « Ora puoi andare. » continuò.
La giovane si alzò ed uscì fuori dalla stanza, dopo avergli augurato la buonanotte.
Una volta che la porta fu chiusa, Eddard tirò un sospiro augurandosi che andasse tutto bene e che Emily seguisse alla lettera le sue istruzioni. L'ultima cosa che voleva era che fosse versato altro sangue innocente.

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Capitolo 2
*** 2 Capitolo ***


Attenzione: ricordo che Robb e Jon hanno quindici anni all'inizio della serie qui. Anche Daenerys ha un anno in più.

Tutti noi abbiamo dei rimorsi per qualcosa che non abbiamo fatto o abbiamo compiuto, e anche Jaime Lannister ne aveva alcuni che gli attanagliavano il cervello.
Quando a quindici anni era entrato nella Guardia Reale aveva fatto un giuramento: non avrebbe posseduto terre, né avrebbe avuto una moglie, né una discendenza, ma soprattutto aveva giurato che avrebbe difeso i membri della famiglia reale, ognuno di loro, al costo della sua stessa vita.
A diciassette anni aveva ucciso il suo re. Va bene, Aerys era completamente impazzito; lo aveva dimostrato, ad esempio, il fatto che aveva fatto bruciare vivi Brandon Stark e suo padre solo perché avevano voluto riavere indietro la giovane Lyanna Stark, che era rispettivamente la loro sorella e figlia, rapita poco tempo prima dal primogenito ed erede del sovrano, Rhaegar Targaryen. Se vogliamo la cosa era stata ancora più grave, siccome lui era sposato con la dolce principessa Elia, mentre lei era promessa sposa a Robert Baratheon, che in breve tempo furioso aveva guidato una ribellione contro la famiglia reale. Questa si era conclusa con l'incoronazione di Robert come nuovo re e le morti del re, della moglie del principe, dei suoi figli e di Rhaegar.
Negli anni a venire il cervo non aveva perso occasioni di vantarsi per aver ammazzato lui stesso il giovane drago e Jaime non ne poteva più di sentirglielo ripetere.
Il cavaliere dai lunghi riccioli dorati stava dormendo profondamente nel suo letto, quando sobbalzò all'improvviso con gli occhi verde smeraldo spalancati e si passò una mano sul viso sudato. Tirò un sospiro e poggiò la testa sul cuscino.
Da quindici anni faceva lo stesso sogno, o meglio in realtà non era lo stesso, però c'erano sempre Lily Stone e la sua bambina. Dopo aver visto il modo in cui gli uomini di suo padre, Tywin Lannister, avevano ridotto i corpi di Elia e dei suoi figli, aveva pensato che forse l'idea di Lily di uccidere personalmente la sua bambina e se stessa non era stata del tutto sbagliata, in un certo senso poteva essere definito un atto di carità. Lo sapevano tutti che Alicia era una bastarda Targaryen, tuttavia essendo stata legittimata avrebbe potuto mirare al trono. In realtà Jaime sospettava che sarebbe stata in pericolo, vista l’ossessione del cognato per i draghi.

Nel frattempo a Grande Inverno

La stanza di Robb si trovava poco distante da quella dei suoi genitori e appariva piuttosto grande di dimensioni.
La luce del sole filtrava dalle due finestre presenti, o almeno per quanto le tende di colore grigio lo permettevano.
Il giovane, disteso sotto le coperte, teneva un braccio avvolto attorno alla vita sottile della sua amante. Come d'abitudine Emily teneva una mano sul cuscino e l'altra sotto di esso. Le coperte e le pellicce scure coprivano i ragazzi fino all'altezza del petto.
Robb si mosse nel sonno e poi aprì gli occhi azzurri. La prima cosa che vide fu un capo ricoperto da riccioli rossi e sorrise stringendo ancora di più a sé la donna. Questo suo gesto destò dal sonno pure lei, che si mosse e si voltò nella sua direzione, però mantenendo gli occhi chiusi.
« Emily... » la chiamò e le sfiorò la fronte con le labbra. L'altra emise un gemito, aprì gli occhi marroni e sorrise alla vista del suo viso.
« Buongiorno. » lo salutò e ricambiò il suo bacio, tuttavia lei preferì le labbra alla fronte. Il ragazzo le accarezzò dolcemente i capelli rossi e la costrinse a distendersi sul letto. Si sistemò su di lei, si chinò verso il suo collo e le baciò la pelle liscia e morbida.
« Robb, ti prego, no. Dai, lo sai che devo andare da tua sorella. » protestò ridacchiando con aria divertita, ma lui non sembrava voler cedere molto facilmente.
« Non se ne parla. Per stamattina sei tutta mia. » ribadì. La rossa tirò un sospiro e avvolse le braccia attorno al suo collo.
« Vorrei tanto restare, ma lo sai che sono la serva personale di tua sorella e perciò è mio compito occuparmi di lei. » rispose e lo baciò. Ben presto il bacio si fece più appassionante e per lei fu ancora più difficile staccarsi da Robb. « Mi dispiace tanto. » aggiunse.
Scese dal letto con avvolto attorno al suo bel corpo solo un lenzuolo bianco e si mise alla ricerca dei suoi vestiti. L'impresa non fu proprio semplice, siccome la sera precedete in preda a una grande passione i due avevano sparpagliato dappertutto nella camera i vestiti della serva, e anche quelli del rosso se per questo.
Qualche minuto dopo si presentò puntuale e in perfetto ordine dinanzi alla camera della sua padrona, pronta per una nuova giornata di lavoro, anche se non poteva lontanamente immaginare quello che la stava aspettando quel giorno.

Theon e Robb sapevano perfettamente - o in ogni caso lo sospettavano - che lei andava a letto con altri e per un bel po' questo non aveva rappresentato un problema, specialmente per il primo abituato com'era a dividere le sue amanti con altri uomini, considerando che frequentava spesso il bordello che si trovava nelle vicinanze del castello. Anche lo Stark c'era andato qualche volta e aveva fatto la conoscenza delle "amiche" di Theon.
La situazione in cui si erano messi da circa un anno tuttavia stava diventando sempre più insostenibile, poiché entrambi stavano incominciando a provare qualcosa per la rossa che andava al di fuori della semplice lussuria. Che importa se c'era voluto tempo per accorgersene? Meglio tardi che mai alla fine, seppure entrambi incominciavano a volere qualcosa di più, cioè essere rispettivamente l'unico amante della sedicenne e che questa quindi facesse presto una scelta. Tuttavia ancora non avevano trovato il modo adatto per dirglielo.

Quella sera

La camera di Emily si trovava non molto lontana da quella di Sansa. Lei aveva sempre alloggiato lì, fin da piccola, e non nella parte del maniero riservata alla servitù. Raggiunta la stanza, fu Robb a prendere il coraggio per bussare alla porta di legno. I due uomini non dovettero attendere molto prima che questa si aprisse. La rossa li fissò sorpresa con indosso solo una camicia da notte bianca e una pelliccia di volpe a coprirle le spalle esili.
« Buonasera. » li salutò con aria incerta.
« Buonasera. Devi fare una scelta Emily! » esclamò senza termini Theon. Anche se era stato chiaro, le sue parole non fecero altro che lasciare ancora più perplessa la poveretta.
« Cosa sta succedendo? » chiese infatti, facendo loro segno di entrare. Quando furono dentro chiuse la porta e si voltò verso di loro continuando a guardarli confusa. Non avevano mai imparato che non si poteva discutere con la belva se si entrava dentro alla sua tana.
« Lo sappiamo che vai a letto con entrambi e vogliamo che scegli tra noi due. » spiegò più chiaramente il più giovane. Sul volto della giovane apparve un sorriso seducente. Afferrò il principio dei lacci della camicia e li tirò, scoprendo gran parte dei seni.
« Io, invece, avrei un'idea migliore. » rispose e si avvicinò a Theon mettendo le mani sul suo petto. « Potremmo divertirci ancora di più tutti e tre insieme. » propose. Tra tutti e due lui sarebbe stato quello più facile da convincere e contava sul fatto che avrebbe persuaso pure Robb con il suo aiuto. A giudicare dallo sguardo vago del bruno e gli occhi puntati sui suoi seni si trovava già tra le sue grinfie.
« Non se ne parla. » il tono di Robb non risultava molto deciso e ciò non sfuggì alla riccia, che si voltò verso di lui. Si mise alle sue spalle, avvolse le braccia attorno al suo collo e avvicinò le labbra al suo orecchio destro. Gli mordicchiò leggermente la pelle tenera del lobo, sapendo bene che era il suo punto debole.
« Dai Robb, sarà divertente. » gli sussurrò all'orecchio. Infilò le mani sotto alla sua casacca accarezzandogli il petto e avvertì in quel modo i peli su di esso. Lasciò scivolare le mani fino al bordo dei pantaloni e proprio in quel momento il quindicenne si voltò e la sbatté contro il muro, ma non le fece male. Le labbra del quindicenne si scagliarono con voracità sulle sue e lei rispose immediatamente al bacio. Rimasero a baciarsi per un tempo lunghissimo che parve quasi eterno e si staccarono entrambi con il fiatone.
« Non dimenticatevi di me, però. » esclamò ridacchiando Theon. I due si girarono nella sua direzioni ed entrambi sorrisero imbarazzati ancora con il fiato mozzo, siccome si erano scordati della sua presenza.
« Scusa, Theon. » disse la rossa e, dopo averlo preso per mano, lo condusse verso il suo letto. Una volta arrivata a destra dello stesso, si tolse la lunga camicia da notte bianca con il suo aiuto. Naturalmente fu il primo a distendersi sul letto con lei, però ben presto li raggiunse anche Robb che aveva ormai dimenticato la vera ragione che li aveva portati a bussare alla porta della fanciulla. Nessuno di loro poteva anche solo lontanamente immaginare il pasticcio in cui stavano per ficcarsi tutti e tre.

La mattina seguente

Il sole brillava fuori dalla finestra della stanza di Emily, questo sembrava preannunciare una bella giornata. I tre amanti dormivano placidamente nel letto con la padrona della camera in mezzo.
Un bussare alla porta li destò dal sonno e la ragazza si alzò dal materasso, uscendo fuori dalle calde coperte e pellicce. Raggiunse la porta e l'aprì con indosso la camicia da notte che aveva velocemente recuperato dal freddo pavimento di pietra.
« Buongiorno Emily, posso entrare? » impallidì alla vista di lady Catelyn, siccome sospettava che non avrebbe gradito di trovare suo figlio e il Greyjoy nel suo letto, per giunta nudi, il che lasciava poco alla fantasia. Difficilmente avrebbe trovato una valida spiegazione che l'avrebbe risparmiata dalla sua ira.
Preoccupata lanciò un'occhiata di sfuggita al letto e notò che sembravano ancora entrambi addormentati, del tutto ignari del pericolo in cui si trovavano. Cercò di calmarsi e sorrise alla donna.
« Cosa posso fare per voi? » doveva avere qualche richiesta importante da farle se veniva addirittura a svegliarla e non aspettava di incontrarla altrove.
« Tra poco più di tre settimane, come tu ben saprai, arriverà il corteo reale. Voglio che quel giorno ti occupi anche di Arya. » spiegò. « Assicurati che sia vestita e pettinata decentemente e che non commetta nulla che possa metterci in imbarazzo. » continuò e tirò un sospiro alzando gli occhi al cielo. « Solo gli dei sanno cosa ho combinato per ritrovarmi una figlia tanto ingestibile. » commentò, parlando più a se stessa che alla serva. Questa si limitò ad annuire, sebbene non comprendesse la sua ostilità per la figlia minore che alla fine voleva essere solo se stessa ed esprimere la sua personalità comportandosi da maschietto.
« Non vi preoccupate, ci penserò io. » acconsentì augurandosi che la bruna non le rendesse il compito difficile.
Quando Catelyn se ne andò, chiuse la porta e tirò un sospiro di sollievo.

Tre settimane dopo

A quanto sembrava Arya non aveva avuto intenzione di graziarla e, oltre al fatto che non aveva voluto proprio ascoltarla, le aveva persino fatto il dispetto di sparire per tutta la mattinata. La povera serva non sapeva più dove sbattere la testa in preda alla disperazione.
Le aveva solo chiesto di indossare un vestito adatto all'occasione, chiedeva troppo? Evidentemente sì dal momento che era sparita e non l'aveva quasi ascoltata.
Pochi minuti dopo il corteo si trovava ormai alle porte di Grande Inverno ed entrò nel giardino attorno al castello.
Il re fu il primo a giungere davanti agli Stark, tutti allineati in fila, da Eddard al piccolo Rickon. Fortunatamente per Emily alla fine anche Arya si era mostrata, seppure Robb dovette toglierle l'elmo che aveva indossato, preso chissà dove.
Jaime Lannister, fratello gemello della regina, fermò il suo cavallo davanti alla carrozza reale. Si tolse l'elmo a forma di testa di leone e fissò la gente presente. Eccetto Catelyn e la maggior parte dei suoi figli, vedeva solo persone per la maggior parte con i tratti tipici degli uomini del Nord.
Ad un tratto i suoi occhi verdi notarono una ragazza dai lunghi capelli color del fuoco e sentì una morsa allo stomaco. La guardò sbalordito: assomigliava molto al principe Rhaegar, tranne per il colore dei capelli e degli occhi, la sua versione al femminile.

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Capitolo 3
*** 3 Capitolo ***


Quella sera i signori di Grande Inverno avevano organizzato un lauto banchetto per festeggiare l'arrivo del corteo reale.
Sansa appariva particolarmente euforica quel giorno, specialmente dopo aver visto il principe Joffrey. Lady Catelyn aveva voluto aiutare lei stessa sua figlia a prepararsi per la cena e aveva perciò congedato Emily.
Questa le era particolarmente grata per questo, siccome desiderava stare un po' tranquilla dato che non si sentiva particolarmente bene. Infatti, una volta uscita dalla stanza della sua padrona, si appoggiò al freddo muro di pietra e posò una mano sullo stomaco e l'altra la portò alla bocca. Aveva avvertito un forte senso di nausea, come del resto pure quella mattina. Per fortuna il suo malessere durò poco e tirò un sospiro di sollievo, consapevole che non avrebbe potuto chiedere a lady Catelyn di riposarsi; la presenza della famiglia reale a Grande Inverno richiedeva tutto l'aiuto possibile da parte della servitù del castello e questo la giovane lo sapeva bene. Veramente era sicura che la donna l'avrebbe congedata dai suoi doveri se glielo avesse chiesto, tuttavia si sentiva in dovere di dare il suo contribuito.
Sistemò la gonna del vestito e si allontanò nel corridoio, però non prevedette proprio di girare l'angolo per addentrarsi in un altro corridoio e ritrovarsi faccia a faccia con niente meno che il re. Si bloccò alla sua vista ed immediatamente si inginocchiò, tenendo la testa china, non osando guardalo direttamente in faccia.
Le metteva soggezione, ma del resto era normale trattandosi del re, no? Lo guardò di sfuggita: un uomo molto grosso, dalla folta barba scura che, secondo alcuni, si lasciava crescere con l'intento di nascondere il doppio mento. I capelli neri gli arrivano alle spalle e in mezzo ad essi si intravedeva qualche ciocca di colore bianco e grigio. La fissava attentamente con i suoi occhi azzurri, come per volerla studiare e si sentì ancora più male. Lo vide con la coda dell'occhio allungare la mano fino all'elsa della sua spade, che portava legata ad una cintura di cuoio attorno alla vita, e ripensò alle raccomandazioni di Ned Stark.
« Alzati, ragazza. » la sua voce tuonò e lei ubbidì subito drizzandosi. Intrecciò le mani davanti al ventre e lo guardò in attesa che dicesse qualcos'altro, qualunque cosa. « Come ti chiami? » aggiunse.
« Emily, Emily Waters, vostra altezza. » parlò con lo sguardo basso, gli occhi marroni concentrati sul pavimento di pietra sotto i suoi piedi. Ned non le aveva detto di mentire sul suo nome.
« Da quanto tempo sei al servizio di lord Eddard e lady Catelyn? » chiese. Non capiva perché glielo domandasse, cioè che importanza poteva avere quello per il re dei Sette Regni? « Guardami in faccia mentre ti parlo! » strillò con tono decisamente meno cortese. Lei alzò gli occhi verso il suo viso recuperando un po' della sua fierezza, seppure non si sentisse affatto a suo agio in sua presenza.
« Sono circa sedici anni che sono al servizio degli Stark, più o meno da quando sono nata. Mia madre si trasferì qua che era ancora incinta di me. » mentì, ricordando le istruzioni impartitole da Ned. Pregò gli dei che il sovrano le credesse e non insistesse ulteriormente con le sue domande.
« Come si chiama tua madre? » un po' si aspettava quella richiesta, date le altre domande personali, e perciò non rimase sorpresa quando gliela formulò. Si sistemò un ricciolo dietro un orecchio.
« Margaret, Margaret Storm. » affermò mordendosi leggermente il labbro inferiore, ripensando a quella donna che non si meritava particolarmente quell'appellativo con tutto quello che le aveva fatto passare da viva. Tuttavia, nonostante le botte e gli insulti che le aveva dato quando era piccola, rimaneva sempre sua madre. Quando si era ammalata di Febbre, l'aveva curata amorevolmente e aveva finto di accettare le sue scuse quando gliele aveva formulate sul letto di morte.
L'uomo parve come rilassarsi e lasciò andare l'elsa della spada, anche se continuò a guardarla con attenzione. Tirò un sospiro e si passò una mano tra i capelli scuri.
« Perdonami se sono stato duro, puoi andare. » la congedò con un tono stranamente gentile, che stonava molto con l'atteggiamento avuto fino a poco prima. La ragazza accennò un inchino e poi si allontanò velocemente, desiderosa di prendere una boccata d'aria. Provava una forte e strana sensazione di soffocamento.

Pochi minuti dopo varcò la soglia del portone di legno del castello e raggiunse con passo più calmo il campo di allenamento.
Stranamente trovò ad allenarsi solamente Jon. Stava combattendo con una spada contro uno dei manichini presenti. La rossa si avvicinò al recinto di legno e ne afferrò il bordo con le mani. Rimase in silenzio, non volendolo disturbare, e si chiese quanto tempo ci sarebbe voluto prima che si accorgesse della sua presenza.
Per questo non ci volle molto e dopo quelli che parvero pochi minuti si girò verso di lei. La guardò con uno sguardo indecifrabile e si passò il braccio sulla fronte sudata.
« Come mai ti stai allenando da solo? Robb e Theon dove sono? » chiese curiosa, sperando di non sembrare scortese.
« Si stanno facendo belli per la famiglia reale presumo, o qualcosa del genere. » rispose, avvicinandosi ad un tavolino di legno poco distante, contro il recinto. Afferrò una brocca di vetro, rovesciò l'acqua all'interno di un calice e lo portò alle labbra. Lei lo fissò in silenzio senza proferire parola, però poi il giovane si voltò. « Vuoi un po' d'acqua? » offrì gentilmente, rovesciando il liquido cristallino dentro ad un altro calice.
La riccia non rispose e si avvicinò. Mentre camminava verso di lui sentì il rumore dei sassolini sotto ai suoi piedi. Una volta vicina al bruno, prese il calice che le porgeva.
« Grazie. » bevette un sorso e l'altro la guardò in silenzio. Bevette di nuovo dal calice e tirò un sospiro una volta finito, riponendolo poi sul tavolino. Facendolo le voltò le spalle, ma ad Emily non dava fastidio, neanche il suo atteggiamento distaccato, seppure cortese alla fine.
« Ho deciso che andrò alla Barriera e mi unirò ai Guardiani della Notte. » alzò gli occhi verso il bruno e lo fissò sbigottita. Non avrebbe mai pensato che volesse unirsi ai Guardiani della Notte, l'idea non le era mai passata per la testa.
Non sapeva molto di loro, eccetto che come i membri della Guardia Reale non potevano crearsi una famiglia e possedere terre. Vivevano peggio dei membri della Guardia Reale, siccome girava voce che alla Barriera si congelasse e il freddo fosse terrificante.
Ricordò che una volta Benjen Stark, il fratello minore di lord Stark che si era unito molti anni prima ai Guardiani della Notte, aveva raccontato a lei, Robb, Theon e Jon quando erano piccoli che faceva talmente freddo che sembrava che se si rimaneva troppo fermi si rischiava di diventare una statua di ghiaccio. Lì la neve era perenne e ricopriva tutto l'anno il terreno, le chiome e i tetti delle poche case presenti. Aveva però evitato di dire ai bambini che molti di loro non reggevano e disertavano. Peccato che in quei casi la pena fosse la morte, poiché il giuramento comportava che si servisse fino alla morte e che si proteggesse il regno da ogni possibile minaccia che si trovava aldilà della Barriera, come i Bruti.
« Sei impazzito? Non ricordi cosa ci hanno detto a proposito di quel posto? » osservò scandalizzata, scuotendo la testa contrariata. Jon l'afferrò per le spalle sottili e la scosse leggermente guardandola attentamente negli occhi. Le sembrò di percepire decisione in quegli occhi grigi.
« Emily apri gli occhi, noi siamo bastardi e sai che non abbiamo un futuro. » esclamò. « Almeno a te ti trattano bene e lady Catelyn ti tratta quasi come una figlia, ma io... » tacque e abbassò lo sguardo con un'espressione colpevole sul volto. Emily allungò una mano verso di lui e gli mise un dito sotto il mento, costringendolo ad alzare il capo e in questo modo a guardarla in faccia. I loro occhi in quel modo si incontrarono.
« Ascoltami tu, invece, Jon Snow. Noi non siamo dei figli legittimi, vero. Tu non conosci tua madre e io mio padre, però noi siamo qua, siamo vivi e abbiamo chi ci vuole bene. » osservò. « Abbiamo avuto entrambi un'infanzia difficile. Lady Stark non faceva altro - e lo fa ancora adesso del resto - che ricordarti che non eri suo figlio e ti ha sempre fatto pagare il fatto che durante la guerra suo marito l'avesse tradita. » aggiunse. « Io, invece, ho avuto una madre completamente fuori di testa che quando esagerava con il bere mi picchiava, insultava e diceva cose senza senso. » continuò e prese il suo viso tra le mani.
« Posso chiederti una cosa? » sembrava imbarazzato adesso e lei lo guardò perplessa.
« Cosa? » chiese socchiudendo gli occhi curiosa.
« Se c'è qualcuno che vorrebbe sapere qualcosa, ovvero cosa sta succedendo qua, sono io! » strillò la voce tuonante di Cat alle spalle della riccia. Lasciò andare il bruno e si voltò sconvolta verso la donna. Questa incrociò le braccia ad altezza del petto e lanciò ad entrambi uno sguardo sospettoso. Capì immediatamente che doveva aver frainteso la situazione.
« Lady Catelyn, io e Jon... » provò a giustificarsi Emily, facendo un passo in direzione della donna. Questa abbassò le braccia, scosse la testa e allungò le mani nella sua direzione.
« Non ho voglia di sentire le tue insulse spiegazioni Emily e non ho nemmeno il tempo per farlo. » esclamò con un tono che non ammetteva repliche « Jon, voglio che raggiungi Theon e Robb, si trovano con il barbiere del castello. » spiegò poi rivolta al giovane, che senza proferire una parola se ne andò velocemente, probabilmente doveva aver pensato che fosse più saggio fare così. « Quanto a te, sei pallida. Stai bene? » aveva recuperato il tono amorevole che aveva sempre con lei.
« Non sto tanto bene, in effetti, però non è un problema, posso benissimo assolvere ai miei doveri. » rispose con forte determinazione, sperando di risultare convincente alle sue orecchie. La rossa avvolse le braccia attorno al suo corpo abbracciandola e le accarezzò dolcemente la schiena.
« Perdonami se sono stata brusca con te prima. » affermò lasciandola andare. Le strinse le mani tra le sue e le sorrise. « Per stasera non c'è bisogno che ci servi, divertiti solamente se vuoi. » si allontanò lasciandola da sola nel campo di allenamento e confusa. Non capiva cosa le fosse preso quel giorno, però decise di non farci caso e seguire il suo consiglio.
Quella sera ebbero tutti modo di divertirsi. La riccia non badò al comportamento alquanto deplorevole del re che, completamente ubriaco, ci stava provando spudoratamente con una delle serve verso la fine del banchetto e questa non appariva d'accordo in alcun modo.
Lei e Theon bevettero molto vino, ma non si poteva dire lo stesso di Robb, "condannato" dai suoi genitori a bere solo un calice di vino. Tuttavia ciò non impedì ai tre ragazzi di divertirsi insieme quella sera, come quella di tre settimane prima.

La mattina seguente.

Il giorno dopo il sole brillava nel cielo azzurro e Jaime Lannister aveva deciso di eseguire un giro del giardino di Grande Inverno, o almeno voleva far credere alla gente che fosse solo quello il suo scopo. Tuttavia in realtà desiderava indagare su Emily Waters.
Trovare una cameriera da solo non fu particolarmente difficile, né avvicinarla, e riuscì senza alcun problema a portarla in un corridoio isolato del castello. Mentre camminavano diretti in quel posto si domandò se per caso la giovane non si fosse fatta qualche idea sbagliata della sue intenzioni, però anche se fosse non gli importava.
La interrogò ed ebbe la conferma dei suoi sospetti: Margaret Storm, la madre di Emily, non si chiamava in quel modo. Il suo vero cognome era Stone, quindi non c’era dubbio, visto anche la grande somiglianza tra le due donne, che fosse la gemella scomparsa di Lily Stone, l’Amante del Drago, come era solita essere chiamata a corte.
Il suo soprannome doveva essere nato - o almeno così sospettava Jaime - dal fatto che non si sapeva chi fosse effettivamente il padre della sua bambina, sebbene Aerys Targaryen ne aveva rivendicato la paternità. Dentro di sé il cavaliere aveva sempre sospettato che fosse un modo per fare un dispetto alla moglie, siccome Rhaella non era mai riuscita a dargli una figlia sana e forte, o almeno non prima della nascita della loro ultimogenita Daenerys. Inoltre la piccola, come la sua ipotetica cugina, aveva i capelli color rosso fuoco e il sovrano perciò ripeteva di continuo che era stata baciata dal fuoco.

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Capitolo 4
*** 4 capitolo ***


Capitolo 4 

Emily rimase perplessa quando la notizia della tragica caduta di Bran giunse alle sue orecchie. Era più o meno da tutta la vita che si arrampicava, nonostante le proteste della madre, e così Emily, come tutti a Grande Inverno, non riusciva a capacitarsi dell'accaduto.
Catelyn Stark vegliava da giorni il figlio che dormiva profondamente nel suo letto e non c'era modo di convincerla ad abbandonare il suo capezzale. Aveva addirittura voluto che i servi le preparassero un letto vicino a quello del bambino.
Tutti gli altri Stark cercavano di reagire e pensare al peggio in meno possibile. Le lacrime sembravano difficili da trattenere e Sansa, ad esempio, aveva passato ore nel suo letto a piangere con Emily, che tentava di consolarla come poteva, ma con scarsi risultati. Alla fine aveva finito per piangere anche lei non potendo più trattenersi.
Quella mattina Tyrion Lannister si svegliò con sua grande sorpresa in uno dei recinti dove venivano tenuti rinchiusi i cani. La testa gli doleva e non fece nemmeno in tempo a realizzare dove si trovava che una voce lo destò del tutto.
« Penso che ti trovi proprio nel luogo adatto a te. » i suoi occhi incontrarono quelli verde smeraldo di suo nipote maggiore, il principe Joffrey. Sul viso del ragazzino c'era un ghigno divertito e la sua espressione sembrava un misto tra il divertimento e il disgusto.
Il nano si drizzò sulle sue gambe piccole e tozze e si tolse la paglia che si trovava sui suoi abiti. Poi lanciò un'occhiataccia al biondo uscendo fuori dal recinto.
« Dovresti esprimere il tuo dispiacere agli Stark per l'incidente di Bran. » osservò. Strano come quel bambino viziato ed egoista assomigliasse tanto alla madre: gli stessi occhi e gli stessi capelli color oro, le labbra; invece non possedeva nulla del padre.
« Perché mai? Quel ragazzino non è nulla per me. » protestò il principe. Non era esattamente vero, dato il suo fidanzamento con Sansa Stark, tuttavia Tyrion preferì ignorare quel particolare.
« Sei loro ospite e si aspettano che tu vada da loro ad esprimere tutto il tuo dispiacere, magari dire anche che pregherai per lui. » esclamò il Folletto.
« Non ci penso proprio! » urlò adirato il biondo. Allora suo zio si spazientì e gli tirò uno schiaffo. Il giovane lo guardò ancora più contrariato di prima e si portò una mano alla guancia arrossata.
« Adesso tu andrai da lord Eddard e lady Catelyn, esprimerai loro tutto il tuo dispiacere per la terribile situazione che stanno vivendo e ti metterai al loro servizio. » il suo tono non ammetteva repliche. Il nipote lo fulminò con lo sguardo.
« Lo dirò alla mamma! » minacciò. Le sue parole non toccarono minimamente Tyrion, che infatti non si scompose.
« Fallo e te ne darò un altro. » pensava che fosse il momento che qualcuno gli insegnasse il rispetto. Joffrey si allontanò scocciato e Sandor Clegane, che gli stava sempre appresso per proteggerlo da eventuali minacce, sorrise divertito. 
« Penso che questa sarà una lezione che il principe non si dimenticherà tanto facilmente. » sul viso portava una terribile ustione che gli deturpava metà viso e pure una parte del cuoio capelluto risultava danneggiata.
« Me lo auguro, però nel caso ci penserai tu a rammentargliela. » rispose e si allontanò, desiderando con tutto il cuore di fare una sostanziosa colazione, siccome si sentiva decisamente affamato.

Una volta entrato nella sala dove si consumavano i banchetti, tra cui quello per festeggiare l'arrivo del re e della sua famiglia, notò sua sorella e suo fratello seduti attorno al lungo tavolo di legno in fondo alla stanza. Con loro c'erano pure i piccoli Tommen e Myrcella.
Li raggiunse e annunciò la sua presenza quando fu a pochi metri di distanza.
« Buongiorno famiglia. Sorella, sei sempre più bella. » esclamò sorridendo. La sua non era proprio una bugia, siccome Cersei era in effetti una delle donne probabilmente più belle che avessero mai camminato sulle terre dei Sette Regni.
Il Folletto si sedette vicino al fratello e sorrise ai due nipoti: Myrcella assomigliava molto a sua madre, oltre ad aver ereditato la sua bellezza e prometteva di diventare bella quanto lei una volta cresciuta, però era decisamente più dolce e buona; Tommen in aspetto era simile a Joffrey e Jaime, tuttavia sembrava non aver ereditato per nulla, fortunatamente, il sadismo del fratello maggiore.
Sua sorella ignorò completamente il suo complimento e l'attenzione di Tyrion cadde sulla serva personale di Sansa Stark. Stranamente la ragazza non si trovava in compagnia della sua padrona. Fu ancora più sorpreso quando si avvicinò a loro con in mano una brocca e ne rovesciò il contenuto all'interno del calice di Jaime. Questi ringraziò e poi si rivolse al fratello minore.
« Buongiorno, Tyrion. » lo salutò.
« Sembra che il piccolo Bran se la caverà. » osservò e poi rivolse la sua attenzione alla rossa. « Portami della pancetta, ho una gran fame. » ordinò. Questa fece un senso di assenso col capo e poi si allontanò.
« Ma dovrà vivere per il resto della sua vita come uno storpio. Io penso che preferirei una morte veloce e indolore. » affermò lo Sterminatore di Re.
« Io, invece, sarei proprio curioso di sentire cos'ha da dire. » ribadì il nano. I gemelli lo guardarono contrariati in evidente disaccordo. Tyrion allora comunicò loro la sua decisione di andare a vedere la Barriera. Il fratello lo schernì chiedendogli se avesse deciso di prendere il nero e l'uomo ridacchiò in risposta, commentando che in quel caso tutte le prostitute da Grande Inverno fino a Dorne sarebbero in lutto. Questa sua affermazione provocò il disappunto della sorella, che prese i suoi figli e si allontanò con essi.
« Sai fratello, certe volte mi chiedo da che parte stai! » strillò Jaime con disappunto e il fratello scosse la testa.
« Contrariamente a quello che pensi, tengo molto alla mia famiglia. » peccato che non si potesse dire lo stesso di loro, siccome l'unico a dimostrargli un po' di affetto da quando era venuto al mondo era stato lo Sterminatore.

Pochi minuti dopo la serva dai capelli rossi tornò con un piatto pieno di pancetta e glielo sistemò sul tavolo davanti a lui. Sorrise alla ragazza e mentre questa si allontanava non resistette e le guardò curioso il didietro: non aveva un bel sedere, ma in compenso un seno abbastanza prosperoso e delle belle e lunghe gambe.
« Per favore Tyrion, non metterti a dare fastidio alle serve. » asserì il fratello maggiore, a cui non doveva essere sfuggito il suo sguardo. Tyrion tornò a concentrarsi sul suo cibo. « Anche se quella ragazza ha due occhi meravigliosi... » aggiunse. In effetti aveva davvero due begli occhi marroni, con delle pagliuzze dorate che li rendevano unici nel loro genere. Al piccolo leone non sembrava di aver mai visto una donna con degli occhi fatti in quel modo e si chiese se gli dei fossero stati particolarmente generosi con quella giovane.
« Secondo te quanti anni ha? » domandò curioso Tyrion, portando alle labbra un pezzo di pancetta e assaporando il gusto della carne.
« Non saprei, credo sedici anni circa. » rispose con aria incerta il leone più vecchio. « Ti lascio alla tua colazione, voglio fare un giro in giardino. » affermò. Dopo essersi alzato gli diede una pacca sulla spalla ed uscì dalla grande sala, lasciandolo da solo a mangiare.

Qualche ora dopo

I preparativi per la partenza della famiglia reale erano quasi ultimati.
Jaime Lannister notò con la coda nell’occhio il bastardo di Ned Stark che parlava con il fabbro vicino al castello. Questi gli aveva forgiato una spada e con aria compiaciuta il biondo si avvicinò al bruno per osservare meglio l’arma: sembrava proprio una buona spada.

« Ho sentito dire che vorresti andare alla Barriera, è per questo che ti sei fatto fabbricare una spada? » chiese, cercando qualcosa da dire per infastidire il giovane. Il quattordicenne assomigliava molto al padre e lo guardò fiero stringendo l’elsa della spada.
« Ho già un’arma per la Barriera. Questo è un regalo. » affermò tranquillamente con tono vagamente orgoglioso.
Un sorriso divertito apparve sul volto del cavaliere, che gli si avvicinò e aggiunse sottovoce:
« Spero che ti piaccia la Barriera, perché sai dovrai restare nei Guardiani per il resto della tua vita. » osservò ridacchiando.
« Almeno lui sa il significato della parola onore. » una voce femminile lo fece voltare ed incontrò i famosi occhi marroni di Emily, gli occhi di sua zia.
La giovane teneva le braccia incrociate ad altezza del petto e lo fissava visibilmente infastidita. Conosceva quello sguardo, siccome lo aveva già visto sul viso di Lily Stone quando Rhaegar Targaryen aveva incoronato Lyanna Stark Regina dell’Amore e della Bellezza provocando uno scandalo.
« Immagino che tra bastardi ci si intenda perfettamente! » strillò, recuperando la sua compostezza.
« Noi valiamo quanto voi. » ribadì la rossa, per poi allontanarsi velocemente.
Di lì a poche ore sarebbero partiti per Approdo del Re e il Lannister non era affatto dispiaciuto all'idea di lasciarsi il Nord alle spalle e tornare al Sud.

Camminava in un lungo corridoio di pietra, illuminato dalla luce della luna, che aveva percorso numerose volte. Si stupì di trovare una porta aperta, siccome a quell'ora della sera tutti si trovavano nelle loro camere con la porta chiusa, magari intenti a dormire. Il dolce suono dell'arpa del principe Rhaegar giunse alle sue orecchie e si chiese se stava componendo una nuova canzone. Si avvicinò alla porta volendo assaporare meglio il suono. Fu così che vide Lily Stone inginocchiata su un letto. I suoi lunghi capelli rosso fuoco e ricci erano sparpagliati lungo la schiena e sulle sue spalle esili. I suoi occhi marroni con pagliuzze dorate guardavano con ammirazione il principe, intento a suonare un'arpa seduto su una sedia di legno. I capelli argentati del principe erano lunghi fino alle spalle e indossava un'elegante camicia di seta di colore rosso rubino e dei calzoni neri. Jaime da parte sua appariva sorpreso dalla scena che stava vedendo, poiché di solito Elia Martell ascoltava il marito quando suonava o sua madre, la regina Rhaella.
« È molto bella. » si complimentò la bastarda quando il principe ebbe finito di suonare.

« Peccato che quando sarò re ho paura che non potrò perdermi a suonare. » commentò con aria affranta. La fanciulla si alzò dal letto e raggiunse il drago. Si mise davanti a lui, coprendo la visuale del leone. « Mi devi promettere che suonerai sempre per me. » esclamò speranzosa la rossa.
La scena mutò dinanzi al leone e si ritrovò nella stanza di Lily. Il corpo della riccia giaceva a terra in un lago di sangue, le sue belle vesti e i suoi capelli risultavano sporchi, e stretta nella mano teneva l'elsa di un pugnale, sporco anch'esso. Un brutto presentimento colse il Lannister che si precipitò verso la culla e avvertì una forte morsa allo stomaco davanti al macabro spettacolo che si presentò ai suoi occhi: il corpicino senza vita della piccola Alicia giaceva nella culla e sul suo viso c'era un cuscino bianco. Evidentemente Lily aveva ucciso la sua bambina e poi se stessa, temendo cosa avrebbero fatto a lei e sua figlia se mai fossero finite nelle mani degli uomini di Tywin Lannister.


« No! » Jaime si svegliò di colpo ritrovandosi in un bagno di sudore. Si trovava nel suo letto, nella tenda che lui stesso aveva costruito quel pomeriggio.
Si drizzò in piedi e coprì il suo corpo mezzo nudo, siccome portava addosso solo i calzoni, per coprirsi dal freddo. Uscì fuori dalla tenda desideroso di prendere una boccata d'aria.
Ben presto si accorse di non essere l'unico ad avere avuto la stessa idea, quando vide una figura femminile seduta vicino al fuoco ormai spento dell'accampamento che gli voltava le spalle e si avvicinò.
« Non riesci a dormire? » chiese gentilmente. La donna si girò e non fu molto sorpreso di scoprire che si trattava di Emily. Questa lo fissò in silenzio per qualche secondo e poi si girò nuovamente verso le braci nere ancora fumanti, residui del fuoco che gli uomini avevano spento per evitare incendi prima di andare a dormire.
« Non riuscivo a dormire. » confessò. Si sedette vicino a lei sull'erba e fissò anche lui le ceneri scure sul terreno ai loro piedi.
« Mi dispiace per oggi, sono stato veramente scortese. » si scusò. La riccia alzò e abbassò le spalle.
« Non importa. La vita è stata ingiusta con me e con Jon. » affermò tristemente. « Non volevano che partissi, ma io ho dei doveri proprio come voi. » osservò. Allungò una mano verso una delle braci e la prese in mano, rigirandosela tra le dita.
« Non senti male? » domandò sorpreso da quel gesto. L'altra scosse la testa.
« Con gli anni ho imparato ad abituarmi al calore. Ora scusatemi, ma sarà meglio che torni a dormire, e dovreste fare lo stesso anche voi. Sapete, domani sarà una giornata impegnativa. » strillò e si diresse verso la sua tenda senza aggiungere altro.
Quella notte lo Sterminatore la passò girandosi e rigirandosi sotto le coperte cercando di convincersi che Alicia era morta e che il fatto che Emily sembrava possedere una buona resistenza al calore non significava nulla.

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Capitolo 5
*** 5 Capitolo ***


Capitolo 5

Mancavano pochi giorni all'arrivo ad Approdo del Re e l'emozione stava raggiungendo vette altissime insieme alla curiosità, specialmente nel caso di Sansa che sembrava particolarmente euforica ogni giorno che passava.
Mancavano solo tre giorni circa al loro arrivo. Quella mattina Sansa ed Emily stavano facendo un giro in mezzo al campo: le tende erano numerose e colorate, alcune riportavano i colori della casata di appartenenza del loro proprietario. Quella del re era la più grande di tutte ed era lì che si raccoglievano quando convocava i suoi uomini per parlare o comunicare loro qualcosa, ma fino a quel momento le riunioni in questione erano state poche.
Re Robert non piaceva molto ad Emily per via del suo comportamento da lei giudicato deplorevole: troppo vino, troppe donne e sì, anche troppo cibo. Non era molto diverso da Theon, ma perlomeno il ragazzo dimostrava di conoscere il significato della parola rispetto e non le aveva mai sbattuto davanti le sue altre amanti. Si chiedeva come facesse la regina a tollerare tutto questo, però immaginava che fosse rassegnata e in fondo non sarebbe stata la prima donna sposata a dover sopportare questo atteggiamento da parte del marito, oltre a tutti i suoi bastardi numerosi, che continuava a generare, o almeno questo secondo i pettegolezzi che avevano raggiunto le orecchie della rossa.
D'altro canto essere una serva aveva vari vantaggi, tra cui quello che la gente non badava molto a lei, anzi a volte si dimenticava della sua presenza e scopriva cose che potevano rivelarsi interessanti. Per questo circa un mese prima aveva servito la regina e suo fratello nella speranza di scoprire qualcosa di interessante. Era rimasta un po' insospettita dal comportamento dei gemelli inerente alla caduta di Bran: sembravano veramente sollevati davanti alla prospettiva di una sua eventuale morte, così si chiedeva se fosse solo perché Bran rischiava di restare un invalido se si fosse svegliato.
Ad un certo punto vennero fermate dal principe Joffrey. Come sempre con lui c’era il Mastino, ovvero la sua guardia del corpo, Sandor Clegane, che gli stava sempre dietro in modo da poterlo proteggere da eventuali pericoli.
« Lady Sansa, mi piacerebbe fare un giro con voi qui intorno in modo da conoscerci meglio prima del nostro fidanzamento. » affermò il ragazzo. Non piaceva molto ad Emily, però Sansa sembrava particolarmente attratta da lui e la rossa non osava dire nulla in merito per dissuaderla dal passare del tempo con lui, in fondo era solo la sua serva.
« Per me sarebbe un grande onore. » il viso della ragazzina divenne rosso quasi quanto i suoi capelli ramati per via dell’imbarazzo. Alla serva la sua padrona faceva una gran tenerezza in quel momento e si chiese se sbagliava a lasciarli andare da soli. Preferì però non pensarci e tornò nella sua tenda per cercare qualcosa da fare.
Una volta arrivata trovò ad aspettarla septa Mordane. Fissò sorpresa l’anziana, seduta sul suo piccolo letto vicino a quello di Sansa, domandandosi cosa mai potesse volere da lei quella donna.
« Come stai Emily? » chiese la septa, facendole segno di sedersi vicino a lei battendo la mano ripetutamente sul materasso. La riccia si sentì un po’ intimorita dalla sua presenza, ma ubbidì e si sedette accanto a lei. Mordane non la guardò, concentrandosi sul suo ricamo che doveva aver appena incominciato, siccome non c’era alcun disegno formato dai fili colorati. Emily si domandò cosa mai volesse ricamare quel giorno.
« Bene, a parte un po’ di nausea. » rispose, sistemandosi una ciocca dietro un orecchio. Poi la guardò continuare il suo ricamo.
Fu la donna a rompere il silenzio dopo pochi secondi e si voltò verso di lei. In testa portava un velo che le copriva il capo e le impediva di vedere i capelli sotto di esso, però sospettava che dovevano essere grigi. Poggiò il ricamo sulle proprie gambe e tirò un sospiro.
« Fammi indovinare: i corpetti ti danno fastidio all'altezza del seno perché questo è cresciuto; magari ti è capitato di sentirti stanca; l’odore del pesce ti dà fastidio; può darsi che ti sia sentita svenire e immagino che avrai vomitato. Voglie? » chiese con aria di chi sa tutto e la giovane la fissò sbigottita.
« In effetti sì, ma voi come fate a saperlo? » chiese. La donna scoppiò a ridere e tornò a concentrarsi sul ricamo.
« Cara ragazza, non sarò mai stata sposata e non avrò avuto dei figli, o almeno non miei, però penso di sapere bene quando una donna aspetta un figlio. » esclamò. A quelle parole la riccia spalancò gli occhi e istintivamente si toccò il ventre.
« Oh, no. » rispose semplicemente una volta ripresa dallo stupore. La donna annuì e sorrise.
« Oh sì mia cara, ma stai tranquilla, sono certa che lord Stark non si arrabbierà, o perlomeno non con te. » esclamò. « Conoscendo quanto tiene all'onore ti rispedirebbe subito a Grande Inverno e costringerebbe Robb a sposarti. Peccato che sei una bastarda. » questa considerazione suscitò in Emily una gran malinconia. Abbassò lo sguardo sul suo stomaco e notò un leggero gonfiore, sebbene potesse essere solo soggezione.
« Invece saremo entrambi bastardi. » notò tristemente.
« Non sei obbligata ad averlo, potresti sempre bere il Tè Luna. Per me, se vuoi, non sarebbe molto difficile procurarmelo se non hai il coraggio di richiederlo. » affermò e si domandò come potesse restare così tranquilla quando invece lei si sentiva nel panico più totale. Temeva che Catelyn l’avrebbe strozzata se mai avesse partorito un bambino o una bambina con i capelli ramati e gli occhi azzurri o i capelli neri e gli occhi grigi.
« Ti avverto, è meglio prenderlo il prima possibile se non vuoi il bambino, altrimenti saresti costretta a trovare una donna che ti provochi un aborto e non penso che sarebbe particolarmente piacevole per te. » aggiunse e le avvolse un braccio attorno alle spalle, accarezzandole teneramente il braccio.
« Quanto tempo ho? » chiese preoccupata e nervosa allo stesso tempo.
« Fino al termine del terzo mese, poi il bambino diventerà troppo grande per potersene sbarazzare con il tè. » spiegò. « Riflettici bene, non è il caso di prendere una scelta avventata di cui potresti pentirtene per tutta la vita. » continuò, alzandosi dal letto, e senza aggiungere altro uscì fuori dalla tenda lasciandola da sola. Beh, non esattamente da sola.

Un’ora dopo circa

Aveva passato la maggior parte del tempo andando avanti e indietro nella tenda e rimase perplessa quando vide un membro della Guardia Reale entrare nella sua tenda. Non conosceva il suo nome e non ci aveva mai nemmeno scambiato poche parole, perciò non capiva cosa mai potesse volere da lei.
« La regina richiede la tua presenza nella tenda del re. » esclamò. Annuì piano, perfettamente consapevole che sarebbe stato inutile discutere. Non aveva altra scelta che seguirlo nella grande tenda del sovrano.
Uscirono fuori dalla tenda e attraversarono l’accampamento per raggiungere la loro destinazione. Quando entrò dentro alla tenda la trovò gremita di persone e con fatica riuscì a farsi largo tra la folla.
Una volta che fu al cospetto del sovrano, seduto sopra a una grande sedia di legno, probabilmente studiata per sostituire il suo trono in assenza di esso, notò che accanto a lui si trovava la moglie.
Un braccio del principe Joffrey appariva fasciato con una benda bianca e lo fissò sorpresa, chiedendosi cosa mai potesse essergli accaduto. C’erano anche Sansa con un’espressione sconvolta sul viso e gli occhi che fissavano il terreno con uno sguardo indecifrabile. Da parte sua Arya appariva più combattiva del solito e intuì che doveva essere accaduto qualcosa di grave.
« Bene Sansa, raccontaci come sono andate le cose. » ordinò la regina, guardando in direzione della sua padrona. La poveretta alzò il capo e la fissò intimorita con i suoi occhi azzurri.
« Io... Beh ecco, non mi ricordo bene... » affermò incerta.
« Dille cos'è successo, che quel ragazzino con cui si allenava tua sorella mi ha aggredito e quella bestiaccia mi ha morso senza motivo! » la incoraggiò il principe con tono minaccioso.
« No, non è vero! Il principe ha deriso me e il mio amico, allora Nymeria lo ha morso per proteggermi. » esclamò allora Arya decisa.
« Le cose sono andate come dice il principe Joffrey! » strillò la sedicenne, facendo un passo in avanti. Immediatamente si ritrovò gli sguardi di tutti i presenti addosso.
« Sta mentendo, lei non era nemmeno presente. » protestò la bruna in preda all'agitazione. Da parte sua, la riccia era perfettamente consapevole del fatto che mentire fosse sbagliato, tuttavia non voleva che fosse Sansa a farlo e in quel caso temeva che avrebbe finito per litigare con la sorellina. I loro rapporti apparivano già abbastanza tesi senza bisogno di peggiorarli ulteriormente.
La sua idea alla fine non si rivelò proprio delle migliori, siccome Cersei pensò bene di uccidere la metà lupa di Sansa, Lady, nonostante questa non fosse nemmeno presente ai fatti, poiché quella di Arya, Nymeria, era scomparsa nel nulla. Anche il povero ragazzino con cui la Stark si stava allenando venne ammazzato dal Mastino. Quelle morti provocarono un forte senso di angoscia nella sedicenne, oltre che un gran senso di colpa.


Tre giorni dopo


Una volta arrivati ad Approdo del Re vennero accolti a palazzo e sistemati nelle loro camere. In quanto Primo Cavaliere del Re, Eddard godeva del privilegio di possedere un’ala del castello tutta per sé, decisamente spaziosa.
La stanza di Emily si trovava vicino a quella della sua padrona e una volta arrivata provvedette a sistemarla in fretta, poiché appena possibile avrebbe dovuto fare lo stesso con quella della Stark.
Aveva quasi finito di sistemare i suoi vestiti nel grosso baule di legno dinanzi al letto, quando sentì bussare alla porta. Si voltò verso di essa, stringendo tra le mani un vestito di colore giallo.
« Avanti. » esclamò e poi ripose il suo vestito insieme agli altri.
« Ti piace la tua stanza? » smise di fare quello che stava facendo e si voltò in direzione della porta. I suoi occhi incontrarono quelli grigi di Ned. L’uomo teneva le mani dietro alla schiena, indossava una casacca di colore blu e sul petto portava appuntata una spilla raffigurante una mano e una spada. La giovane pensò che dovesse essere il simbolo del Primo Cavaliere del Re.
« Non è male: spaziosa, luminosa. Non posso lamentarmi. » rispose. Anche se non le fosse piaciuta non l’avrebbe mai detto ad Eddard per timore di offenderlo.
« Tu non eri presente vero quando Nymeria ha morso il principe? » non volle mentire all'uomo che l’aveva sempre trattata come una figlia e quindi scosse la testa. Prese un altro vestito, mettendolo all'interno del baule.
« Sansa avrebbe dato ragione al principe alla fine e Arya non l’avrebbe mai perdonata per questo. » commentò in sua difesa la bastarda.
« Un giorno sarà sua moglie e deve stare dalla sua parte, come del resto pure i suoi genitori. » quando si trattava della consorte del sovrano si capiva subito che per il proprio bene era meglio non mettersela contro, specialmente se teniamo conto di tutti i soldi e il potere di cui godeva la sua famiglia. Dopotutto i Lannister erano la casa nobile più ricca di tutti i Sette Regni.
« Scusate, però dovrei finire di mettere a posto le mie cose e poi andare da Sansa .» non desiderava cacciarlo o sembrare scortese, però le sembrava meglio sbrigarsi se non voleva incorrere nella rabbia di Septa Mordane, che di sicuro l’avrebbe rimproverata se prima di pranzo la camera della bambina non sarebbe stata pronta.


Nel frattempo, il sovrano aveva preso un libro dalla biblioteca di maester Pycelle e lo aveva portato nella sua camera per poterlo consultare.
Stava seduto attorno a un tavolo vicino alla parete. Stranamente appariva sobrio e sfogliava le pagine del grande e vecchio libro con un certo interesse, alla ricerca di quello che gli serviva. Alla fine arrivò alla pagina che parlava di Aerys II Targaryen e della sua famiglia e lasciò scorrere il dito fino a dove c’era scritto: Alicia Targaryen.
« Capelli rosso fuoco, occhi marroni con pagliuzze dorate e pelle chiarissima. » lesse. « Ma che strana coincidenza... » continuò. « Una voglia a forma di cuore dietro alla spalla destra. » chissà se Emily Waters possedeva una voglia, ma sarebbe stato un po’ difficile scoprirlo, insomma non poteva certo scoprirle le spalle per verificare.

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Capitolo 6
*** 6 Capitolo ***


Capitolo 6

Ad Approdo del Re erano in corso i preparativi di un torneo per festeggiare la nomina di Eddard Stark a Primo Cavaliere del Re. Tuttavia quel clima di festa stava portando un po’ di grane pure: tra furti, stupri e un omicidio, le cose non stavano andando proprio per il verso giusto.
Nel tentativo di migliorare un po' le cose, il Lord di Grande Inverno aveva ceduto alcune delle sue guardie a quelle già presenti in città, sperando in quel modo che la situazione migliorasse, o perlomeno che ci sarebbero stati più uomini in giro e meno crimini di conseguenza. Sembrava che le prostitute, grazie a quel viavai di uomini, in compenso stavano facendo affari d’oro e in fondo potevano essere le uniche ad averci guadagnato da quel torneo.
Dal canto suo Eddard, del tutto ignaro che da lì a sette mesi sarebbe potuto diventare nonno, oltre che a ricoprire le sue mansioni stava indagando sulla morte del suo vecchio amico Jon Arryn, siccome la sua morte non lo convinceva del tutto e aveva pure modo di sospettare che la regina e la sua famiglia fossero coinvolti in essa. Si augurava che non fosse vero, però Jon d’altra parte prima di morire si era concentrato per chissà quale ragione sulla ricerca dei bastardi del re e lo Stark aveva deciso di fare lo stesso.
Quel giorno si recò in uno dei bordelli di Petyr Baelish per cercare la madre di una delle innumerevoli bastarde del sovrano. Non sapeva molto di lei, eccetto che lavorava come prostituta per Petyr. A quanto pareva, aveva giaciuto con Robert mesi addietro e non c’erano dubbi sulla paternità della sua creatura, di questo sia Arryn sia Petyr ne sembravano assolutamente certi.
Una volta entrato nell'edificio si ritrovò circondato da donne molto avvenenti, perlopiù mezze svestite e parecchio diverse tra di loro. Insomma, ce n’erano per tutti i gusti: magre, grasse, alte, basse, brune, bionde… Per la maggior parte in ogni caso si trattava di fanciulle belle e con indosso abiti piuttosto succinti che lasciavano poco all'immaginazione.
Tuttavia l’uomo non era interessato al sesso. Al contrario della maggior parte degli uomini che conosceva, era un marito fedele, probabilmente anche perché col passare degli anni aveva imparato ad amare sua moglie e in ogni caso quello non gli sembrava proprio il momento per pensare al sesso. Ignorò gli sguardi ammaliatori delle prostitute e raggiunse una ragazza che si trovava dietro a un grosso tavolo, in fondo all'atrio dell’edificio. Indossava un vestito elegante, non scollato come le sue compagne, e teneva i capelli raccolti in un’elegante pettinatura.
A prima vista in un altro posto e in un’altra situazione, come a corte, avrebbe potuto passare per una nobile o comunque una giovane con una certa posizione sociale.
« Cosa posso fare per voi signori? » evidentemente pensava che lui e l'uomo che lo aveva accompagnato, facente parte della sue guardia personale, fossero dei clienti venuti alla ricerca di un po’ di divertimento. « Siamo qui per vedere lord Baelish, dovrebbe essere al corrente del nostro arrivo. » spiegò con tono gentile. La donna annuì e sul suo volto apparve un grande sorriso.
« Prego, seguitemi, da questa parte. » li accompagnò attraverso alcuni corridoi, fino ad una porta di legno. Bussò, per poi girarsi verso di loro e sorridere nuovamente.
Dopo pochi minuti la porta si aprì e ne uscì il Maestro del Conio, che fece loro subito segno di entrare. La prostituta si congedò e si allontanò velocemente nel corridoio.
La stanza del proprietario di numerosi bordelli di Approdo del Re e dei Sette Regni si rivelò essere degna di un nobile, se non di un re: il letto era molto più grande di un normale matrimoniale; dappertutto spuntavano sete costose e dai colori sgargianti con un'aria decisamente costosa; i mobili presenti erano di legno e su di essi erano incisi diversi disegni.
« Una bella camera. » osservò guardandosi attorno Eddard. L'altro non rispose e raggiunse un tavolino di legno rotondo. Afferrò una brocca, rovesciando una parte del contenuto, che si rivelò essere del vino, dentro ad un calice. Poi si girò verso i suoi ospiti e lo allungò verso Ned.
« Gradite del vino, lord Stark ? » non si fidava particolarmente di lui, soprattutto dato che un tempo aveva amato profondamente sua moglie, forse ancora adesso in fondo, e perciò ne aveva pagato le conseguenze tempo addietro. Aveva sfidato suo fratello maggiore a duello per la mano di Catelyn, era sopravvissuto, ma in compenso si era procurato una grossa cicatrice e glielo aveva ricordato pochi giorni prima quando si erano incontrati per la prima volta al castello. In seguito alla morte di Brandon, bruciato vivo da re Aerys, aveva sposato lui Catelyn. La tragedia per la morte del fratello si era rivelata alla fine una fortuna, poiché in questo modo aveva trovato una moglie perfetta, che gli aveva dato cinque figli magnifici. L'amava profondamente e lui la ricambiava naturalmente.
« No, grazie. » sperò di non sembrare scortese, però preferiva non correre il rischio di essere avvelenato da lui.
« Come desiderate. Siete qui per la ragazza, non è vero? » domanda inutile, siccome conosceva perfettamente la risposta, ma annuì in conferma. « Perfetto, si trova poco distante da qua. Uscite, girate a destra e tre porte più avanti troverete la sua camera sulla sinistra. » spiegò. Ditocorto, come lo avevano soprannominato in molti, aveva gli occhi di un grigio screziato di verde, una piccola barba a punta sul mento e capelli scuri con alcune ciocche grigie.
Usciti fuori dalla camera dell'uomo, seguirono le sue indicazioni e trovarono con non tante difficoltà la camera, o perlomeno sospettavano fosse quella. Dalle stanze vicine si udivano gemiti dalla dubbia provenienza e preferiva non indagare. Bussò alla porta.
« Avanti. » entrò dentro alla stanza e trovò ad aspettarlo una ragazza piuttosto giovane e dai lunghi capelli chiari che teneva in braccio un fagotto, sicuramente la bastarda del suo vecchio amico. Vicino al letto matrimoniale, dalle dimensioni molto ridotte rispetto a quello visto prima, c'era una culla di legno.
« Sono lord Eddard Stark, Primo Cavaliere del Re. Lord Baelish ti ha avvertito della mia visita? » voleva evitare equivoci che si sarebbero rivelati imbarazzanti e in modo da fare in fretta. Sì, lord«« « Si, lord Baelish mi ha avvertito che sareste arrivato. » rispose stringendo a sé il suo prezioso fagotto.
« Vorrei vedere la bambina. So che Jon Arryn venne qua tempo fa a cercarla. » ancora non sapeva cosa stesse cercando quell'uomo, però aveva notato che i bastardi che aveva incontrato fino a quel momento avevano ereditato l'aspetto tipico dei Baratheon: capelli neri, occhi azzurri, ed erano pure molto alti.
La prostituta gli lasciò prendere in braccio la neonata e poté guardarla meglio, avendo la conferma di quello che già sospettava: possedeva i capelli neri e gli occhi azzurri di Robert. La restituì alla madre, che lo supplicò di convincere il sovrano ad incontrarla, siccome desiderava più di ogni cosa che vedesse la sua creatura, o meglio la loro creatura, siccome la considerava in tutto e per tutto la figlia del re. Da parte sua Ned dubitava che l'amico avrebbe accettato, tuttavia non ebbe cuore di deluderla e le promise che avrebbe senz'altro parlato con il cervo. Per giunta si era innamorata di Robert, o almeno così sospettava il lupo, e il sentimento la rendeva cieca.
Si recò in seguito da un fabbro e scoprì che il ragazzo che lavorava per lui, Gendry Waters, e a cui stava insegnando il suo mestiere non solo era un bastardo di Robert, ma era pure molto simile a lui nell'aspetto e non solo perché possedeva i tipici tratti dei Baratheon. Dopo averlo incontrato Ned fece una brutta realizzazione: tutti i figli della regina Cersei, che secondo le progenie passate avrebbero dovuto essere bruni e con gli occhi azzurri, oltre che possedere la tipica grande altezza dei cervi, sembravano aver ereditato unicamente l’aspetto della madre.

Qualche ora dopo.

Dopo cena Eddard si ritirò nel suo ufficio per riflettere e cercare di risolvere i grossi debiti che il sovrano nel corso degli anni aveva accumulato, sebbene alla morte di Aerys le casse erano risultate piene di monete luccicanti. Proprio non riusciva a capacitarsi di come Robert avesse fatto a svuotarle, seppure in fondo credeva di conoscere la risposta a quella domanda: banchetti, tornei inutili, prostitute… I vari vizi del re dovevano aver svuotato sicuramente le casse dello stato, nonostante il predecessore del lupo avesse fatto del suo meglio per cercare di limitare i danni. Tuttavia, a quanto pareva, il sovrano aveva voluto fare spesso di testa sua e quindi aveva evitato di ascoltarlo.
Proprio in quel momento avvertì un bussare alla porta. Sollevò gli occhi grigi dai documenti e tirò un sospiro domandandosi chi potesse essere, siccome per quanto ne sapeva le sue figlie si trovavano nelle loro stanze e chissà cosa stava facendo Arya.
« Avanti! » esclamò curioso. Con sua grande sorpresa la porta si aprì rivelando una lunga chioma rossa e riccia, troppo chiara per essere quella della sua figlia maggiore. Emily appariva pallida e con un’aria mortificata, o qualcosa del genere. Sembrava un morto che camminava mentre avanzava con passo incerto verso di lui, strofinandosi le mani davanti a sé con fare nervoso. L’uomo la guardò preoccupato temendo il peggio.

« Come va? » chiese la riccia, che sembrava sempre di più un’anima in pena.
« Bene, ma tu sembra che hai appena visto un mostro. » osservò. « Cosa c’è che non va? » l’ultima volta che l’aveva vista avvicinarsi a lui e sua moglie con quella faccia aveva da poco strappato accidentalmente un vestito di Sansa. « Ti conosco bene. » ripensò con una certa nostalgia a quando l'aveva vista fare i primi passi nei corridoi del suo castello, su quelle gambe piccoline.
« Sono incinta! » per poco non gli venne un colpo e nella sua mente si frantumò l’immagine della bimba di un anno circa che camminava nei corridoi. I suoi occhi grigi si spalancarono e la guardò allibito. Non si aspettava proprio una simile rivelazione e pensò di aver capito male, anzi doveva per forza aver capito male.
« Come? » domandò infatti, sperando in cuor suo di ricevere una risposta differente. La riccia tirò un sospiro e abbassò lo sguardo con aria colpevole, sistemandosi una ciocca dietro all'orecchio destro. Fu allora che l'uomo capì di non aver compreso male.
« Sono incinta. » ripeté lei con più calma, ricominciando a fregarsi le mani con fare nervoso. L’uomo tirò un sospiro e cercò di calmarsi e trovare qualcosa di intelligente da dire.
« Va bene, deduco che non sia solo uno scherzo di pessimo gusto. » disse infine e a quelle parole la serva scosse la testa, sebbene continuasse a tenere il capo basso. Evidentemente il pavimento doveva essere parecchio interessate quella sera o, cosa più probabile, non aveva il coraggio di guardarlo in faccia. « Ce la caveremo, se lo vuoi tenere non penso che ci saranno problemi. » affermò con tono calmo. L’altra si limitò ad annuire. « Ora sarà meglio che torni nella tua stanza. Cerca di stare tranquilla e riposarti, dato che sei incinta. » aggiunse con tono paterno e lanciandole un debole sorriso che avrebbe dovuto essere incoraggiante.
Eddard passò la notte in bianco a domandarsi chi fosse il padre del bambino di Emily e preferiva tormentarsi con quel dubbio, siccome non trovava molto carino chiederglielo. Alla fine, verso l’alba, riuscì lo stesso ad arrivarci: Robb. Al contrario di sua moglie, che preferiva fingersi cieca, si era accorto del forte legame che sembrava legare i due ragazzi. Aveva un forte desiderio di tornare di corsa a casa e spezzare le gambe al primogenito per essere stato tanto impudente. Non sospettava che la giovane fosse andata a letto pure con Theon e quindi c’era la possibilità che il bambino potesse essere il suo.
Nei giorni seguenti il lord di Grande Inverno si preoccupò particolarmente per la salute di quella che credeva essere la futura madre del suo primo nipote. Non gli importava se sarebbe stato un bastardo o una bastarda, poiché si preoccupava di quel piccolo lupo in ogni caso. Del resto nel corso degli anni si era preso molta cura di Jon Snow, nonostante fosse il suo figlio illegittimo, e non vedeva come mai avrebbe dovuto trattare in modo diverso il suo futuro, in via del tutto ipotetica, nipotino o nipotina.

 

 

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Capitolo 7
*** 7 Capitolo ***


Capitolo 7

Il piccolo rigonfiamento sotto i vestiti di Emily non appariva molto evidente, tuttavia c'era.
Da circa un mese la giovane aveva incominciato a sognare una bambina. Con il passare del tempo si era convinta che fosse un segno degli dei - doveva esserlo - e incominciò a prendere in considerazione vari nomi femminili.
Il giorno del torneo in onore di Eddard Stark la giovane, dopo aver aiutato Sansa a vestirsi, tornò nella sua stanza ed esaminò la lista di nomi che stava valutando di dare alla sua creatura.
Il lord di Grande Inverno, data la sua condizione e sapendo bene come potesse essere violenta la giostra, le aveva imposto di restare nella Torre della Mano, poiché temeva che eventuali scene violente e la vista del sangue non le avrebbe fatto bene.
Per Sansa la gravidanza della sua serva era un evento bellissimo e ammirava, magari persino con una certa invidia, il ventre gonfio della sedicenne e ogni tanto lo accarezzava dolcemente. Al contrario, per sua sorella Arya sembrava un vero e proprio dramma, poiché sembrava molto riluttante all'idea di un bambino che le girava attorno. Anche il solo pensiero di sposarsi sembrava farle venire l'orticaria.
« Catelyn, Minisa, Lily, Lyanna, Margaret, Asha, Lana, Eowyn... » rilesse i nomi e cancellò con decisione il nome di sua madre, domandandosi cosa le fosse passato per la testa quando aveva valutato di darlo a sua figlia. Nessuno di quei nomi la convinceva del tutto, ma tanto aveva a sua disposizione ancora circa sei mesi per pensarci.
Passò tutto il giorno ad interrogarsi sul nome giusto da dare alla sua ipotetica bimba e ad accarezzare il ventre. A volte parlava mente lo faceva e le chiedeva come avrebbe preferito chiamarsi, però in questo non la poteva aiutare.
Per quanto riguardava il torneo, alle sue orecchie non arrivava nessuna novità. Ogni tanto guardava fuori da una delle finestre della torre e guardava in direzione del luogo dove erano stati allestiti i palchi per vedere la giostra. Poteva notare i colori accesi delle case, sebbene non riuscisse a distinguerli bene tanto erano distanti.
All'ora di pranzo scese nelle cucine del castello per procurarsi del cibo. Dal modo in cui la trattò la servitù che lavorava lì, ovvero con molta gentilezza, le venne il sospetto che sapessero della sua gravidanza. Forse avevano ricevuto l'ordine di accontentarla in tutto e per tutto dallo Stark, nonostante fosse una bastarda, per di più non nobile, e incinta di un bastardo.

Quando quella sera Sansa ritornò dalla giostra, le raccontò eccitata quanto accaduto. Le parlò con molta ammirazione in particolare di Loras Tyrell. Lo descrisse come un cavaliere dai lunghi riccioli scuri e gli occhi color oro. Cavalcava su un cavallo coperto di fiori e le aveva persino regalato una magnifica rosa. In cuor suo la sedicenne pregò che Joffrey non si fosse offeso per quanto accaduto, ma non espresse le sue preoccupazioni alla sua padrona temendo di ferirla e non volendo rovinare la sua gioia.

Il giorno seguente si ritrovò di nuovo da sola, però stavolta decise di non passare la giornata a decidere finalmente che nome dare a sua figlia, sempre se davvero si fosse trattato di una femmina. I suoi sogni sembravano pensarla così e lei non era tipa da sottovalutare i segni che gli dei sembravano voler dare.
Scelse di uscire fuori dalla torre e andare nei giardini del castello. Di solito lei e Sansa una volta al giorno facevano una passeggiata in essi. Entrambe erano rimaste subito conquistate dalla loro magnificenza: i fiori, le piante, l’erba verdissima. La cosa che più amava Emily di quel posto? Semplice, il roseto che si trovava in un angolo del giardino, come se avessero voluto nasconderlo: le piante di rose circondavano una statua raffigurante una bellissima donna dai lunghi capelli e con indosso un’armatura. Secondo la leggenda si trattava di Visenya Targaryen, una delle mogli di Aegon I, tuttavia non era sicuro e perciò Robert aveva lasciato la statua al suo posto. Se avesse avuto la certezza che raffigurava Visenya di sicuro l’avrebbe distrutta altrimenti.
La serva raggiunse quel punto del giardino e, una volta arrivata, si avvicinò alla maestosa statua di pietra grigia che si trovava sopra ad una piattaforma rotonda dello stesso materiale. Di sicuro era stata una guerriera a giudicare dall'armatura che indossava e dalla spada che teneva in mano.
« Anche le donne possono combattere. » osservò la rossa, avvicinandosi alla statua e sfiorando con la punta delle dita la lama della spada. Chissà quante battaglie aveva vinto quella donna e se veramente era stata una delle due mogli di Aegon I. In ogni caso, doveva essere stata una persona importante perché la sua statua si trovasse lì.
« State ammirando la statua della Donna guerriero? » così l’avevano soprannominata per via del suo abbigliamento. La giovane si voltò e vide una donna piuttosto anziana, forse una serva del palazzo a giudicare dal vestito misero che indossava di colore grigio. Camminava appoggiandosi ad un bastone di legno.
« Sì, si trova qui da molto tempo, vero? » chiese curiosa, voltandosi di nuovo verso la statua.
« Dicono dai tempi di Aegon I o da quando suo figlio Aenys regnava sui Sette Regni. » affermò la donna, riferendosi al primogenito del sovrano. « Ricordo che ad Elia Martell piaceva molto questo luogo e ci passava la maggior parte del suo tempo quando usciva dal castello. » nel suo tono alla giovane parve di percepire una nota di malinconia, ma non commentò e fece finta di nulla. « Era una donna molto buona e dolce, ma troppo fragile, mi sa, per quello che ci si aspettava da lei. » aggiunse e tirò un sospiro.
« Voi avete servito re Aerys II? » domandò la sedicenne voltandosi verso la donna, che annuì. I suoi capelli erano di colore grigio chiaro, mossi, e le arrivavano fino alla vita.
« Sì, all'inizio è stato un bravo re, però poi, come molti dei suoi predecessori, è impazzito. A me piace ricordarlo come il sovrano che una volta mi regalò delle pagnotte di pane per impedire che io e la mia famiglia morissimo di fame. » raccontò con un’espressione triste sul viso.

« Peccato che poi mostrò velocemente il suo vero volto. » commentò la ragazza. Tirò un sospiro, alzando gli occhi verso il volto di pietra e ammirò i lineamenti così belli e delicati di quel viso. Si trattava di una bellezza raffigurata e intrappolata nel grigio della pietra per anni. Chissà quanto tempo ci aveva lavorato lo scultore prima di finire quel capolavoro.
« Non date retta ai sogni ragazza, voi partorirete un maschio, un figlio del Nord, ma con l'aspetto del Sud. » si girò, la fissò sbigottita e si portò una mano sul ventre.
« Voi che ne sapete dei miei sogni? » chiese sorpresa.
« Esiste gente che possiede la magia, sebbene l'Alto Septo non lo ammetterà mai, come del resto tutti i suoi seguaci bigotti. » rispose la vecchia. « Possiedo il dono di vedere il futuro. Non temete, nel vostro futuro vedo anche delle figlie, ma state attenta: non fidatevi di quello vi mostrano gli occhi perché posso facilmente essere ingannati. » l'avvertì e la rossa la guardò in silenzio, sbatté le palpebre e parlò.
« Allora se siete una strega, o qualunque cosa siate, ditemi chi è mio padre. » la sua era una provocazione, oltre che il forte desiderio di scoprire l'identità dell'uomo che l'aveva generata.
« Non posso dirvi il suo nome, ma voi lo odierete ed è morto. » affermò e ciò provocò una grande tristezza nella sedicenne, che tirò un sospiro e annuì leggermente. « Ora temo proprio che devo andare. Tuttavia forse ci rivedremo in futuro. » detto questo si allontanò, lasciandola lì da sola insieme alla statua della Donna guerriero.
Raccolse qualche rosa prima di tornare nella sua stanza, tutte di diverso colore. Prima di raccoglierle chinava il capo verso i petali per assaporarne il dolce profumo e prendeva solo quelle il cui odore la soddisfaceva, oltre che le più belle, ovviamente.
Una volta tornata, Sansa le raccontò nuovamente della sua giornata: Loras Tyrell non aveva vinto la Giostra e aveva ceduto volentieri il premio senza concorrere con Sandor Clegane, dopo che questi lo aveva salvato dalla furia di suo fratello Gregor, detto la Montagna. Solo in seguito la serva scoprì che la rabbia della Montagna era alquanto giustificata, siccome Loras aveva scelto apposta una giumenta in calore in modo da poter vincere facilmente contro Gregor, poiché questi cavalcava sempre stalloni irruenti. Evidentemente il Tyrell era perfettamente consapevole di questo.
Emily non se la sentì di rompere la bellissima immagine che la sua padrona si era creata nella sua mente facendole notare che il comportamento del ragazzo non era stato per niente nobile, anzi decisamente scorretto.

Il giorno dopo.

Il pomeriggio seguente Emily stava sistemando la camera della sua padrona, quando due membri della Guardia Reale entrarono dentro alla stanza, senza nemmeno preoccuparsi di bussare. La ragazza li fissò sorpresa e avvertì una morsa allo stomaco ricordando con un certo dispiacere cosa era successo l’ultima volta che era stata convocata dal re e dalla regina. Si domandò cos'altro sarebbe accaduto di brutto stavolta, mentre i due uomini dal mantello bianco e dall'armatura lucente la scortavano lungo i corridoi di pietra. Non sapeva dove la stessero portando e non le interessava neppure alla fine, però aveva come un brutto presentimento. Avvertiva un grande desiderio di scappare il più velocemente possibile, sebbene non ci fosse, almeno all'apparenza, nessuna vera minaccia all'orizzonte.
La condussero fino ad una stanza che intuì che dovesse essere quella del re o della sua consorte, siccome accanto alla porta di legno si trovava il gemello di Cersei Lannister. Gli lanciò un'occhiata di sfuggita. Poi una delle guardie che l'aveva scortata aprì la porta e le fece segno di entrare.
« Emily Waters. » la voce del re la chiamò e capì che non poteva rifiutarsi di vederlo, così ubbidì e varcò la soglia della camera da letto. La porta si chiuse alle sue spalle e vide il cervo in piedi davanti ad un tavolo di legno rettangolare, lungo circa due metri, poggiato contro alla parete. Si guardò attorno curiosa e notò il grande arazzo giallo con in mezzo un cervo nero, sul cui capo spiccava una corona. « Ti piace Approdo del re? » non si aspettava una simile domanda ed intimidita dalla sua presenza esitò prima di rispondere.
« Mi piace, è una bella città. » rispose dopo qualche secondo recuperando il suo coraggio, quel poco almeno che aveva sempre creduto di possedere. Il bruno afferrò una brocca che si trovava sopra al tavolo e ne rovesciò il liquido rosso, probabilmente vino, dentro ad un calice dorato. Infine ne bevette un grosso sorso.
« Confesso che a volte mi sento un animale intrappolato in una gabbia dorata. Non sono nato per governare, ma per combattere. Sono un bravo stratega, ma temo che come sovrano non sono per nulla adatto. » confessò e la giovane era perfettamente d'accordo con lui, tuttavia non lo disse.
« Penso che sbagliate solo come tutti gli uomini. » commentò infatti. Il cervo si voltò a guardarla e la fissò attentamente con i suoi occhi azzurri per un tempo che a lei parve lunghissimo.
« Come bugiarda non sei un granché, ma si impara come tutte le cose. » a quelle parole avvertì una morsa allo stomaco e sentì il suo disagio aumentare.
Ripose il calice sul tavolo e si avvicinò al letto, sedendosi sul fondo di esso. « Togliti la parte superiore del vestito e girati. » la giovane era confusa: se voleva saltarle addosso perché farla girare? Voleva finire di spogliarla lui? Non obbiettò e sciolse i lacci sul davanti del vestito giallo che indossava, mostrando la parte superiore del corpetto. I suoi seni stavano diventando talmente grossi che diventava sempre più difficile contenerli dentro ai corpetti. Tirò giù il vestito e voltò le spalle al sovrano.
Robert si alzò in piedi e le scoprì la spalla destra: una piccola voglia di colore rosa a forma di cuore apparve ai suoi occhi. L'ira lo accecò e la costrinse a voltarsi afferrandole con forza le spalle, tanto che la pelle divenne rossa e lei pensò che gliele avrebbe rotte.
L'altra lo guardò allibita e spaventata, ma non ebbe il tempo di dire o fare qualcosa che la porta si spalancò. La ragazza venne strappata dalle mani del sovrano, il quale fissò contrariato il viso di Ned. Questi abbracciò la giovane e le accarezzò teneramente i capelli.
« Sei impazzito del tutto? » strillò arrabbiato.
« Ha una voglia come la bastarda di Aerys! » si giustificò il cervo. Il lupo socchiuse gli occhi grigi con aria minacciosa.
« Anche sua madre, sua zia e suo nonno avevano una voglia simile, è una cosa di famiglia. » lo informò l'amico e con passo deciso uscì fuori dalla stanza portandosi dietro Emily.

 

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Capitolo 8
*** 8 Capitolo ***


Capitolo 8

Quella sera Ned si chiuse nel suo ufficio per riflettere sugli ultimi eventi: da una parte, Robert doveva aver scoperto che Emily era la figlia di Margaret Stone, ma lui sospettava che in realtà fosse la figlia della sua gemella Lily, nonostante la piccola fosse stata uccisa da sua madre anni addietro; dall'altra parte, aveva scoperto negli ultimi giorni che Stannis aveva avuto dei sospetti sulla vera paternità dei figli di Cersei e li aveva confidati a Jon Arryn. Possibile che i sospetti si fossero rivelati fondati e i Lannister avessero deciso di sbarazzarsi di Jon per farlo tacere?
Da parte sua Ned aveva incontrato alcuni bastardi di Robert e aveva notato che avevano ereditato le caratteristiche del padre, oltre che assomigliare a lui tanto quanto Emily Waters a Rhaegar Targaryen.
Si sedette al tavolo presente nella stanza e osservò la copertina del libro, all'interno del quale qualcuno aveva raccolto nel corso dei secoli tutte le caratteristiche dei membri delle varie casate. Aprì il libro e incominciò a sfogliarlo con disinvoltura, chiedendosi se poteva trovare qualcosa per dimostrare all'amico che si sbagliava sul conto della sua serva. Peccato che nel libro non ci fosse alcun riferimento alla figlia di Margaret, evidentemente non doveva essere stata legittimata o in ogni caso suo padre magari non era un nobile.
« Avanti. » disse con tono gentile. La porta si aprì e la septa entrò dentro alla stanza con la sua solita espressione seria sul viso.
« Posso sapere cos'è successo ad Emily? Ha una faccia da funerale. » notò la donna, chiudendo la porta alle sue spalle e avvicinandosi al tavolo.
« Una discussione con il re. » rispose semplicemente Eddard, non volendo raccontare alla donna i fatti completi, altrimenti se lo avesse fatto avrebbe di certo scritto a sua moglie e questa lo avrebbe intimato di allontanare la sedicenne per evitare guai. Dove l'avrebbe mandata nel caso? Il posto migliore poteva essere Dorne o Lys, siccome in quei posti i bastardi venivano tenuti in buona considerazione dagli abitanti del poso e credeva che alla giovane non le sarebbe dispiaciuto il caldo del sole di Dorne, in fondo era una figlia del Sud.
La septa non insistette sull'argomento con suo grande sollievo.
Più tardi quella notte l'uomo raggiunse la porta della camera della ragazza e cercando di non fare rumore l'aprì. Emily giaceva sul letto, sotto le coperte, con il volto girato verso la finestra e le gambe piegate. I suoi riccioli erano sparsi sul cuscino e alcune ciocche si trovavano sopra alla spalla esile.
Chiuse la porta, non volendo svegliarla, e tirò un sospiro. Forse mandarla via dalla capitale non era un'idea tanto malvagia, però avrebbe preferito spedirla a Lancia del Sole al servizio dei Martell, poiché Doran e Oberyn gli erano sempre apparsi come due persone per bene e di certo l'avrebbero trattata bene. Tuttavia c'era il problema della somiglianza con Rhaegar e questo poteva rappresentare un problema.
Gli occorreva del tempo per riflettere e non voleva allontanare da sé il suo nipotino o nipotina, anche se illegittimo.
Proprio quando comprese che i sospetti di Stannis Baratheon e Jon Arryn erano fondati, si ammalò di Febbre e per Ned iniziò una lunga battaglia nei giorni seguenti tra la vita e la morte. La febbre alta gli faceva degli strani scherzi e a volte scambiava Emily per Catelyn, che lo curava con amore come una figlia con il padre. Fortunatamente quella situazione non prese mai una direzione imbarazzante.
Come tutti i giorni Emily si stava prendendo cura del suo signore, cambiando il panno bagnato sopra alla sua fronte ogni volta che lo riteneva necessario nel vano tentativo di far abbassare la temperatura. Ogni tanto delirava, borbottava frasi senza senso e lei cercava di non farci molto caso.
« Cat, amore mio... » disse l'uomo e allungò la mano per stringere la sua. La rossa gli accarezzò la guancia bagnata da sudore. Data la sua situazione credeva che non ci fosse nulla di male nel dargli l'illusione di avere accanto a sé la moglie.
« Sono qua, sono io mio amore. » rispose infatti con tono amorevole, sperando in qualche modo di alleviare le sue sofferenze, per quanto possibile.
« Mi dispiace tanto di averti delusa. » capì che doveva riferirsi alla questione di Jon e gli accarezzò nuovamente la guancia.
« Non importa, adesso è tutto perdonato. » grazie all'esperienza avuta con sua madre aveva capito che ai moribondi occorreva il perdono delle persone a cui avevano fatto del male. Sperava che lui non sarebbe morto naturalmente, però nel caso voleva farlo morire in pace.
« Jon non è mio figlio. » per un istante le mancò il fiato, non riusciva a respirare, ma poi si calmò.
« Cosa? » domandò sorpresa.
« Lyanna è la madre di Jon, perdonami. » detto questo chiuse gli occhi e si addormentò, lasciandola in preda allo shock. Diceva sul serio o parlava in quel modo perché in preda alla febbre e perciò delirava? Se davvero le cose stavano così, questo poteva significare solo una cosa... Mise una mano davanti alla bocca e si drizzò in piedi, muovendo la sedia su cui fino a poco prima era seduta. Le venne persino da vomitare.

Nei giorni seguenti cercò di far finta di nulla e dimenticare, consapevole che se mai quel segreto fosse saltato fuori Robert avrebbe ucciso Jon. Non voleva rischiare che il sovrano gli facesse del male, per vendetta per avergli tenuto nascosta una cosa tanto importante, ma soprattutto gli aveva nascosto l'esistenza di un Targaryen.
Quando finalmente, con suo grande sollievo, lo Stark si riprese, il re e la regina la sbatterono fuori dalla stanza, volendo parlare da soli con lui. Preferì non obiettare e obbedire. Un po' d'aria in giardino non le avrebbe fatto male.
Catelyn aveva catturato Tyrion di ritorno dal suo viaggio alla Barriera. Dopo averlo accusato di aver tentato di uccidere suo figlio Bran, lo portò da sua sorella Lysa Arryn al Nido dell'Aquila perché venisse giudicato per quel crimine. La giovane sospettava che alla regina non importasse niente del fratello, ma di certo avrebbe temuto per il suo orgoglio nel caso il fratello fosse morto, solo per quello.
Ci volle una settimana a Eddard per riprendersi e lei preferì non rivelargli che conosceva il suo segreto. Non sapeva cosa pensare in proposito: Robert aveva ragione e Rhaegar aveva violentato Lyanna mettendola incinta? Era quello che lei si chiedeva di continuo. Capiva le ragioni che avevano spinto Ned a mentire a tutti e lei si domandava anche se fosse il caso di dirgli che senza volerlo le aveva confidato il suo segreto.
Quella sera raggiunse la porta della camera dell'uomo che per lei era stato la cosa più vicina ad un padre. Dopo aver tirato un profondo sospiro, bussò alla porta. Non dovette aspettare molto prima che sentisse la sua voce dall'interno della stanza.
« Avanti. » aprì la porta ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle. Poi si voltò fissandolo con un'espressione seria in viso. Il lupo si trovava seduto dietro alla sua grande scrivania di legno. Si drizzò in piedi con aria preoccupata quando la vide e posò le mani sulla scrivania. « Cosa c'è? Non stai bene? Hai una faccia... » la rossa strinse le mani in dei pugni, lungo i fianchi, e lo guardò con aria decisa.
« Lo so, so tutto. » esclamò. L'uomo la guardò con aria perplessa e uscì da dietro alla scrivania, mettendosi davanti ad essa.
« Perdonami Emily, ma temo di non capire. » rispose con tono calmo.
« So chi è veramente Jon, o dovrei dire Jon Targaryen? » commentò facendo un passo verso di lui. Subito Ned rimase perplesso, poi allungò le mani verso di lei.
« Come lo hai scoperto? » domandò. Forse era stufo di mentire, raccontare bugie.
« Quando avevate la febbre mi avete scambiata spesso per Catelyn. » spiegò. « Mi avete raccontato la verità in uno di quei momenti. » aggiunse. Lo Stark tirò un sospiro e si passò una mano tra i capelli scuri.
« Robert sbaglia, non l'ha violentata, sono scappati insieme. Una fuga d'amore. » raccontò. Scelse di credergli, però la cosa non le piaceva lo stesso.
« Sì e abbiamo visto i risultati. Bello l'amore, proprio bello! » esclamò e uscì fuori dalla stanza sbattendo la porta, lasciandolo da solo.

Il giorno dopo


Eddard Stark si serviva di un bastone per camminare, siccome la Febbre non l'aveva ucciso ma l'aveva reso molto debole e pervia della terribile ferita alla gamba, non ancora del tutto guarita. Aveva chiesto alla regina di incontrarsi in una parte del giardino, ovvero davanti ad una delle fontane presenti, però in un punto abbastanza appartato e poco frequentato. Si sedette su una panchina di legno e si mise ad aspettarla.
Non dovette attendere molto prima di vedere arrivare la regina in tutta la sua bellezza.
« Cosa posso fare per voi? Riguarda per caso il vostro futuro nipote bastardo? » sottolineò con disapprovazione mal nascosta.
« Il mio futuro nipote sta bene, o almeno la madre sta bene, e la pancia comincia ad essere visibile. » affermò con tono gentile. « Però non è di questo che volevo parlarvi, bensì dei vostri figli. » affermò. La donna lo guardò con aria perplessa con i suoi lucenti occhi verdi. « Non sono i figli di Robert, ma il risultato della vostra relazione incestuosa con vostro fratello. » l'accusò.
« Non negherò, non ho alcuna intenzione di farlo. » affermò tranquillamente e scosse piano il capo con un sorriso divertito sul viso. « Quando ho sposato Robert ero molto giovane e confesso che quando l'avevo visto là in piedi nel Grande Settembre ero rimasta ammaliata da lui. All'epoca era molto affascinante. » continuò. « Avrei potuto amarlo, se non... » esitò prima di continuare.
« Se non...? » chiese l'uomo, avvertendo una forte fitta alla gamba per colpa della sua battaglia con il fratello gemello della leonessa.
« Se non fosse che mi ha chiamato Lyanna nel momento in cui ha rovesciato il suo disgustoso seme dentro di me. » esclamò con tutto il disgusto di cui era capace. « Robert ha le sue puttane, il suo vino e i suoi banchetti. » aggiunse.
« Voi, invece, avete vostro fratello. Robert è andato a caccia con alcuni uomini. Vi concederò il tempo che rimane prima del suo ritorno per darvi alla fuga con i vostri figli. » non voleva che il sangue dei figli di quella donna venisse versato a causa della sua condotta ai suoi occhi immorale.
« Non ho alcuna intenzione di rinunciare a tutto ciò che possiedo. Potrei sempre raccontare a Robert su chi è veramente Emily Waters, o dovrei dire Alicia Targaryen? » lo stava sfidando, però lui non si scompose e si drizzò in piedi appoggiandosi al bastone, sebbene non riuscì a nascondere un'espressione di dolore sul suo viso.
« Robert sa bene che Emily non è Alicia Targaryen, questa cosa l'abbiamo già chiarita. » non aveva armi contro di lui, però sapeva bene che gli conveniva mandare via velocemente le sue figlie e la giovane prima che la verità venisse a galla. Avrebbe mandato Sansa e Arya a Nord, mentre Emily l'avrebbe caricata sulla prima nave in partenza per Dorne in modo da essere sicuro che lei e il suo bambino non avessero problemi a causa delle loro origini illegittime.
In quel momento arrivò la notizia che il sovrano era rimasto vittima di un brutto incidente di caccia, incornato da un cinghiale, e presentava delle terribili ferite da cui difficilmente sarebbe guarito. Eddar capì che il tempo era suo nemico.
Non si aspettava che un Robert morente, nel tentativo di riparare ai suoi occhi, decidesse di legittimare il figlio o la figlia della sua serva. Quel documento venne scritto dallo Stark, dato che lui non aveva le forze per farlo. Robert poi volle anche nominarlo reggente di Joffrey e Ned non ebbe proprio il cuore di dirgli la verità sui suoi presunti figli. Dopo a averlo lasciato in quella stanza agonizzante, si precipitò immediatamente da Emily per consegnarle quel documento prezioso che legittimava il suo bambino.
La sedicenne scoppiò in lacrime commossa quando glielo diede e l'uomo preferì non farle notare che, probabilmente, il sovrano l'aveva fatto solo per farsi perdonare dell'incidente avvenuto qualche giorno prima.  

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Capitolo 9
*** 9 Capitolo ***


Capitolo 9

Il re stava morendo e lord Eddard si chiedeva cosa sarebbe accaduto in seguito alla sua dipartita. Tuttavia di una cosa era sicuro: doveva assolutamente dichiarare Joffrey, Myrcella e Tommen illegittimi, in modo che il vero erede di Robert Baratheon, ovvero suo fratello minore Stannis, salisse sul trono che gli spettava di diritto, in quanto suo fratello maggiore non era riuscito a generare dei figli legittimi. I suoi bastardi non possedevano alcun diritto, sempre se lui non decideva di legittimarli come aveva fatto con il figlio non ancora nato di Emily e Aerys con Alicia. Alcuni re in passato lo avevano fatto, a volte provocando anche qualche problema. Non se l’era sentita di dire al suo amico la verità sui suoi tre presunti figli per evitare di ferirlo.
Una volta finito di parlare con Emily e averle comunicato la bella notizia, si precipitò nel suo ufficio e scrisse diversi documenti in cui attestava che Joffrey e i suoi fratelli non erano altro che il risultato della relazione incestuosa tra la regina e il suo gemello Jaime Lannister. A quanto sembrava l’uomo aveva violato ancora il suo giuramento, siccome questo implicava che non avrebbe dovuto avere discendenza, oltre al fatto di non uccidere il sovrano che aveva giurato di proteggere una volta entrato nella Guardia Reale diversi anni prima. Quei documenti avrebbero fatto il giro dei Sette Regni e la verità sarebbe arrivata in ogni angolo più nascosto e remoto del regno, o almeno così sperava.
Aveva appena finito di scrivere i documenti, quando la porta del suo ufficio si aprì. Petyr Baelisch entrò nella stanza con passo deciso e con quel suo solito sorriso fastidioso sul volto e si chiuse la porta di legno alle spalle. Quel giorno indossava una casacca di colore arancione, sotto una camicia di colore scuro e dei calzoni dello stesso colore. Alla vita portava una cintura di pelle, dove teneva un coltello a destra e a sinistra portava legato un sacchetto che tintinnava mentre camminava diretto verso il tavolo, dietro al quale era seduto Eddard.
« Per quale ragioni mi avete convocato? » chiese curioso.
« Joffrey e i suoi fratelli non sono davvero figli di Robert, perciò il suo vero erede è suo fratello Stannis Baratheon. » spiegò senza giri di parole. L’uomo non parve sorpreso dalla sua rivelazione, evidentemente pure lui doveva aver notato che i principi non assomigliavano in alcun modo al re ed erano invece molto più simili al loro presunto zio e vero padre. Si domandò quanti lo avevano notato e magari, per non inimicarsi i Lannister, non avessero mai detto nulla.
« Fossi in voi terrei per me questa scoperta. » affermò con tono tranquillo Petyr, poggiando le mani sul tavolo. In realtà anche Ned si rendeva conto quanto fosse pericoloso, ma il suo orgoglio lo spingeva a comportarsi secondo giustizia e quindi avrebbe raccontato a tutti come stavano veramente le cose. Si sarebbe garantito che, una volta che Robert fosse morto, il suo vero erede sarebbe salito sul trono che gli spettava di diritto.

Nel frattempo alla Barriera

Jon Snow si trovava ormai da diverso tempo in quel posto dimenticato dagli dei, dove la parola calore risultava quasi sconosciuta agli occhi dei membri dei Guardiani della Notte. Ben presto il bastardo si era pentito della decisione presa, però non intendeva tornare a casa. Orgoglio? Forse era il famoso orgoglio degli Stark che tutti decantavano quando parlavano della sua casata? In realtà non poteva chiamarla in quel modo, siccome non era altri che il figlio bastardo di Ned e spesso si era domandato chi fosse sua madre. Non intendeva in alcun modo permettere che un altro bambino patisse le sue sofferenze e pure per questo aveva deciso di unirsi ai Guardiani della Notte.
Quel giorno si trovava seduto nella grande sala dove i suoi futuri fratelli consumavano i loro pasti. Si trovava su una sedia di legno con lo schienale mezzo rotto, seduto vicino ad un lungo tavolo di legno rettangolare. Alcuni bracieri ardevano nella grande sala, sebbene questa di sicuro non poteva competere con quella del trono ad Approdo del Re e neppure con quella di Grande Inverno. Le finestre alle pareti apparivano sempre bianche per via della neve e del freddo perenne in quel posto.
Sentì una delle porte aprirsi e una folata di veto anticipò l’entrata di maester Aemon Targaryen, un parente di Aerys che aveva deciso diversi anni prima di unirsi ai Guardiani della Notte. Da diverso tempo era cieco, tuttavia grazie ai suoi attendenti riusciva ancora a svolgere i suoi doveri di maester.
« Ho fatto come mi hai chiesto Jon Snow. » affermò l’anziano e a fatica camminò verso il tavolo aiutato da uno dei suoi servitori. Questi gli diede una mano ad accomodarsi su una sedia al cospetto di Jon. L'uomo annuì e lo fissò con gratitudine, peccato che l’altro non potesse vedere neanche il gesto che aveva appena fatto con il capo. « Ho richiesto che il tuo caro amico Sam Tarly divenisse il mio nuovo attendente. » aggiunse.
« Vi ringrazio maester Aemon. » rispose, lanciando un’occhiata alla catena composta da diversi anelli che portava al collo e che era il simbolo del suo ordine e delle sue conoscenze.
« Come mai hai deciso di unirti ai Guardiani della Notte? Sento che il fatto di essere un bastardo e non avere un futuro non è l’unico motivo. » commentò curioso.
« Non penso che siano cose che vi riguardano. » rispose Snow, al cui giuramento non mancava molto ed era distrutto dal dolore per la perdita di suo zio Benjen Stark.
« Allora ho ragione. Fammi indovinare: una donna. » disse Aemon. « Le donne, le donne... Una molto affascinante immagino, si trattava di una nobile? » domandò e il bruno tirò un sospiro.
« No, è una bastarda come me, ma amava mio fratello Robb Stark. » lo sospettava e la notizia della gravidanza della rossa per il ragazzo ne era stata la conferma.
« Mi dispiace, tuttavia questo non mi sembra un valido motivo e mi chiedo quanto resisterai. » osservò il vecchio. « Sii saggio e vattene finché sei in tempo: non hai ancora fatto il giuramento, anche se mancano poche ore. » lo avvertì.
Jon lo fulminò con lo sguardo, ma non osò ribattere sapendo bene che in fondo non aveva poi tutti i torti. « Una volta una veggente mi disse che il prossimo re Targaryen sarebbe stato il figlio di una bastarda. » raccontò.
« Il figlio di una bastarda che diventa re? » esclamò sorpreso Jon e i suoi occhi si spalancarono per lo stupore a causa della rivelazione. Ai suoi occhi tutto ciò sembrava piuttosto irreale.
« Un bastardo re? Impossibile! » ribadì l’attendente di Aemon.
« Può darsi. Me lo disse una veggente e fino a quel momento non aveva mai sbagliato una predizione. Non ricordo il suo nome, solo che era nata al di là del Mar Stretto. » spiegò. « Per quanto ne so, potrebbe essere già morta e la predizione non potrà in ogni caso mai avverarsi. » aggiunse.
« I Baratheon regnano sui Sette Regni e Joffrey succederà a suo padre quando sarà morto. I Targaryen non torneranno facilmente al potere. » realizzò il bruno, intuendo quello che voleva dire il maester.
« Giusto. Alicia Targaryen era stata legittimata e mi sono sempre chiesto se fosse lei quella bastarda, ma comunque è morta e non avrà dei figli, tanto meno uno che possa salire al trono. » realizzò Aemon. « Sono un Targaryen e non mi importa chi governa i Sette Regni, basta solo che lo faccia con saggezza e pensi al bene del proprio popolo prima che al suo. » tirò un sospiro dopo aver pronunciato quelle parole.
« Sarà difficile trovare un sovrano con simili caratteristiche. » notò il bastardo, scuotendo il capo contrariato.

Qualche tempo dopo

Lord Stark aveva commesso l’errore di mettersi contro la regina e fidarsi delle persone sbagliate e quel giorno avrebbe pagato con la vita il prezzo del suo tradimento. Di questo sua figlia Sansa ed Emily ne erano consapevoli, sebbene la serva non aveva capito come mai non era stata uccisa insieme al resto degli uomini fedeli agli Stark. La ragazza era stata tenuta lontana dalla sua padrona e non l’era stato permesso di uscire dalla sua stanza; due guardie fuori dalla sua porta fedeli ai Lannister si assicuravano che non potesse uscire. Dalla sua stanza non poteva vedere la fine dell’uomo che per lei era stato come un padre. I leoni non avrebbero avuto pietà, se lo sentiva. Accarezzò teneramente il gonfiore del suo ventre ormai visibile, nonostante non ancora particolarmente appariscente. Si trovava seduta sul suo letto e si voltò verso la finestra chiedendosi se per caso fosse ancora vivo o gli avessero già tagliato la testa.
« Emily Waters. » sentì una voce maschile chiamarla al di là della porta e si alzò dal letto, sistemandosi la gonna del vestito di colore blu che indossava. Le maniche in fondo erano di colore nero e intrecciò le mani davanti al ventre gonfio.
« Avanti. » disse augurandosi che chiunque fosse portasse qualche bella notizia, però lo dubitava. La porta si aprì e nella camera entrò una persona che non si aspettava: l’eunuco Varys. Era un uomo grosso, completamente pelato, che indossava sempre una veste, di solito di colore grigio chiaro.
« Emily Waters, come state? » chiese gentilmente, avvicinandosi al tavolo presente nella stanza. Senza chiedere il permesso afferrò la brocca d’acqua che si trovava sopra di esso e se ne versò un po’ in un calice.
« Bene, anche se preferirei che l’uomo che per me è stato come un padre non morisse oggi. » ammise, cercando di mascherare la tristezza nel suo tono e apparire serena.
« La vostra deve essere una situazione difficile, lo capisco. » affermò l’eunuco con un tono comprensivo dopo aver bevuto dal calice e averlo riposto sul tavolo.
« Non mi fido di voi, non mi fido più di nessuno qua ad Approdo del Re dopo quanto accaduto al mio padrone. » esclamò sincera senza giri di parole e con tono aspro. L’altro non apparve sorpreso dalle sue parole e le si avvicinò.
« Vostro figlio vi tiene in vita Emily, è un lupo e la regina sa bene che due lupi sono meglio di uno. » spiegò e allungò una mano verso il suo ventre. « Posso? » chiese gentilmente. La giovane annuì e Varys le accarezzò lo stomaco, poi alzò lo sguardo verso di lei e la fissò attentamente negli occhi.
« A chi siete fedele voi? » domandò socchiudendo gli occhi e fissandolo con aria sospettosa. L’eunuco ritirò la mano.
« Io sono fedele a chi garantisce la sicurezza del reame e siede sul Trono di Spade, sebbene le due cose non coincidano sempre. » notò con rammarico. « Un tempo ero fedele ai Targaryen ed è un vero peccato che voi non siate davvero Alicia Targaryen, altrimenti sarei fedele anche a voi. » osservò e lei tirò un sospiro.
« Andatevene e non avvicinatevi più a me o al mio bambino. » lo intimò e indicò con decisione la porta. L’uomo non ribadì ed uscì fuori dalla stanza senza protestare.

Quando Sansa tornò non lasciarono nemmeno che la vedesse. Nei giorni seguenti Cersei venne a farle visita occasionalmente e le dava tutto ciò che voleva, eccetto la libertà. Voleva tornare a casa sua al Nord, però sapeva bene che sarebbe stato inutile chiederlo perché tanto non l’avrebbero mai accontentata. In compenso trovò un amico in Tyrion Lannister, il fratello minore della regina, l’unica persona, senza contare Sansa, che però non poteva vedere, che la trattava con sincera gentilezza e sembrava preoccuparsi davvero per lei e la sua creatura.
Le notizie dal Nord non erano particolarmente rassicuranti. Credeva che Robb stesse diventando davvero uno stupido e pregava che facesse la pace con la famiglia reale prima che finisse per fare una brutta fine, insieme ai suoi fratelli e alla madre.
Quando era ormai al settimo mese, le arrivò la notizia che Robb era stato proclamato re del Nord e non la lasciarono più uscire dopo quell'evento.
Una sera si trovava nella sua stanza coricata sul letto. Stava bene, però maester Pycelle le aveva imposto di stare a letto. Sentì bussare alla porta e si voltò verso di essa con aria speranzosa, sebbene sapesse perfettamente che non poteva essere Sansa che non vedeva da mesi.
« Avanti. » disse con aria rassegnata e infatti, quando la porta si aprì, non apparve la rossa.

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Capitolo 10
*** 10 Capitolo ***


La testa color oro della regina Cersei fece capolino nella stanza. Quel giorno la sovrana aveva scelto di indossare un vestito color verde smeraldo che si abbinava perfettamente al colore dei suoi occhi. C’erano dei ricami a forma di leone, non molto grandi, su tutta la gonna. Non era per nulla scollato e sulle maniche non c’erano dei ricami. Sul suo viso era dipinto, come sempre del resto, un finto sorriso cordiale.
« Come ti senti oggi? Non manca molto. » osservò, avvicinandosi e sedendosi su una sedia di legno accanto al suo letto. « Ricordo bene quando partorii Joffrey: fu il parto più difficile. Passò un giorno e mezzo circa prima di averlo finalmente tra le mie braccia. » raccontò con nostalgia e tirò un sospiro.
« Vostro marito non era con voi? » si rese subito conto di aver fatto una domanda stupida, considerando come era stato Robert. Sul viso della regina apparve un sorriso divertito e abbassò il capo scuotendo la lunga chioma.
« Mio marito era a caccia, la sua più grande passione. » affermò, sistemandosi una ciocca dietro all'orecchio. « Tutte e tre le volte, invece, accanto a me c'era Jaime che mi stringeva la mano. » continuò. La rossa si rese conto che lei, probabilmente, sarebbe stata da sola, in balia di quello schifoso di Pycelle. « Mia madre è morta per dare la vita a Tyrion, quell'essere deforme! » strillò la bionda piena di odio e disgusto.
« Lord Tyrion è molto intelligente. » avrebbe dovuto imparare proprio a tenere a freno la lingua, siccome la regina la fulminò con lo sguardo, lanciandole un'occhiata omicida. « Ehm… io volevo dire… cioè… » tentò di trovare qualcosa di intelligente da dire o per lo meno di formulare una frase sensata, però senza riuscirci.
Cersei si drizzò in piedi. « Sono sicura che voi sarete più fortunata. » le augurò ed uscì fuori dalla stanza, lasciandola nuovamente da sola e in preda all'angoscia che adesso la perseguitava ancora di più per giunta. Sul essere più fortunata aveva qualche dubbio e si chiedeva se le avesse raccontato del suo parto solo con lo scopo di spaventarla e angosciarla, come se non lo fosse già abbastanza.

Due mesi dopo

La futura zia si trovava fuori dalla stanza della sua serva, o forse ormai sarebbe più giusto dire ex-serva, siccome da diverso tempo non si occupava dei suoi doveri, anche se non per sua volontà. Senza contare che da mesi non le permettevano di vederla. Le urla che provenivano da dietro alla porta di legno non erano molto incoraggianti per Sansa, che tra qualche anno avrebbe dato alla luce i figli di Joffrey. La rossa tirò un sospiro in preda all'ansia.
« Pensate che ci vorrà ancora molto? » chiese alla sua nuova serva Shae. Era una giovane piuttosto attraente, piccola e snella, con grandi occhi scuri e capelli neri. Con lei era sempre stata gentile e l’aveva trattata pure con una certa dolcezza, come del resto Emily. Tuttavia le mancava molto la ragazza che stava sostituendo.
« Non saprei, non sono particolarmente esperta di parti. » confessò la bruna. « Vedrete che andrà tutto bene. » continuò con un sorriso rassicurante sul viso. Si udì un altro urlo da dietro alla porta. La rossa si mosse sulla sedia con fare nervoso e si passò una mano tra i lunghi capelli ramati.
« Speriamo. » commentò con aria incerta e preoccupata. Non vedeva l’ora di stringere tra le braccia il suo nipotino o nipotina e si chiese se sarebbe assomigliato tanto alla madre come lei alla sua.
Il tempo sembrava non passare mai, o comunque trascorreva lentamente. Alla fine arrivò il tramonto e Sansa si rese conto che non avevano mangiato, né lei aveva fame. Un pianto improvviso di un neonato la distolse dai suoi pensieri e si drizzò in piedi, voltandosi verso la porta della stanza. Calò un silenzio irreale e in un certo senso fastidioso. Dopo pochi minuti la porta si aprì e ne uscì maester Pycelle, intento ad asciugarsi le mani sporche di sangue con uno straccio bianco.
« Informate la regina Cersei e re Joffrey. » ordinò rivolgendosi ad una delle serve che lo aveva aiutato con il parto. La giovane fece una piccola riverenza e si allontanò.
« Come sta Emily? » domandò preoccupata la Stark. L’uomo si voltò verso di lei e la guardò con freddezza.
« Sta bene e anche il piccolo Robert sembra. » lo aveva dunque chiamato come il loro sovrano morto e ci volle qualche secondo prima che la ragazzina si rendesse conto di essere diventata zia.
« La vorrei vedere, anzi li vorrei vedere entrambi. » non glielo avevano permesso per un tempo lunghissimo e ancora una volta Pycelle glielo negò scuotendo la testa. « Stiamo parlando della mia serva e del mio nipotino. » protestò la rossa arrabbiata.
« Non sei tu che decidi. » intervenne una voce alle sue spalle. Voltandosi incontrò lo sguardo freddo della regina che teneva le mani intrecciate davanti al ventre e la guardava male. « Voglio vedere il bambino. » a lei non venne negato il permesso, ovviamente, e il grassone si fece di lato lasciando che la leonessa entrasse nella stanza.

Il giorno dopo

La regina Cersei si trovava nella sua stanza intenta a scrivere alcuni documenti, quando suo padre irruppe nella camera come una furia. La donna si voltò e gli lanciò un’occhiata indecifrabile, poi tornò a concentrarsi sulla pergamena che stava scrivendo. « Padre, credevo che foste a Castel Granito. » commentò tranquillamente, senza neanche fingersi contenta di rivederlo, siccome era ancora adirata con lui per aver scelto di cedere a Tyrion il suo incarico di Primo Cavaliere del Re.
« Devi uccidere il bastardo e sua madre! » urlò il lord, avvicinandosi alla figlia e sbattendo le mani sul tavolo.
« Quel bambino è il primogenito di Robb Stark e futuro re del Nord, vale molto più che sua zia. » osservò la Lannister.
« Quel bambino ha gli occhi viola, sai cosa significa questo? Emily in realtà è una Targaryen e i loro bastardi portano sfortuna. » ribatté il padre. « Ho ucciso i figli di Rhaegar e se pensi che abbia paura di fare lo stesso con quei due ti sbagli di grosso! » aggiunse.
« Se lo cresciamo noi sarà fedele a noi. Avremo un’arma nelle nostre mani contro gli Stak e non dimenticare che mio marito lo ha legittimato. » osservò come se questo potesse cambiare le cose. Suo padre tirò un sospiro e scosse la testa.
« Fai come vuoi, però ti avverto Cersei: non tollererò un altro errore da parte tua! » l’avvertì e uscì fuori dalla stanza sbattendosi la porta alle spalle. La bionda era sorpresa dal fatto che avesse ceduto così facilmente, tuttavia non le importava.

Nel frattempo nelle segrete del castello

Tra i corridoi di pietra grigia e umida, nella semi-oscurità i passi e le conversazioni risuonavano perfettamente, anche se chi origliava si trovava piuttosto distante. Tuttavia l'eunuco Varys questo non l'aveva ancora compreso, nonostante fosse considerato una persona particolarmente intelligente.
Varys camminava tra le fredde mura e ignorava i topolini che ogni tanto vedeva passare contro le pareti grigie. La maggior parte di loro, vedendo l'uomo arrivare con una candela in mano, che non faceva molta luce in realtà, scappava via. L'uomo li ignorava e continuava a camminare. Ad un certo punto una persona apparve davanti a lui. L'identità era celata da un cappuccio calato sul capo.
« Un nuovo piccolo Targaryen nel regno. » esclamò Varys.
« Daenerys Targaryen ha perso suo figlio e penso che non le dispiacerà questa notizia. » notò l’altro e i due incominciarono a camminare diretti chissà dove. Il pelato incrociò le mani dietro alla schiena.
« Robert ha legittimato il bambino e questo lo rende un possibile erede per il Trono di Spade, però sono preoccupato. » ammise. « La regina Cersei vuole crescere lei il piccolo, sperano che diventi fedele alla sua casta e questo potrebbe essere un problema. » aggiunse preoccupato.
« Un Targaryen fedele ai Lannister? Dopo tutto quello che hanno fatto a quella famiglia? Non penso che Daenerys sarebbe tanto contenta. » commentò lo sconosciuto. « Speriamo che Emily non lasci che le portino via il figlio. » lo diceva anche perché gli sarebbe dispiaciuto per la giovane se davvero Cersei sarebbe arrivata al punto di rubarle il suo neonato.
« Non è lei che decide, la regina farà come vuole ed Emily non potrà dire la sua. » disse Varys e tirò un sospiro con aria triste. « In ogni caso Daenerys deve essere avvisata della nascita di questo piccolo Targaryen, sebbene sarebbe più giusto dire Stark. » veramente dubitava che la Targaryen sarebbe stata contenta di venire a conoscenza del fatto che il suo erede fosse uno Stark, ma forse avrebbe avuto un figlio a sua volta un giorno e perciò non si sarebbe dovuta preoccupare più di tanto all'idea di lasciare a Robert Stark il trono.
Nei giorni e nelle settimane seguenti Tyrion Lannister si legò sempre di più ad Emily e incominciò persino a provare qualcosa per lei, peccato che la giovane pensasse solo al piccolo Robert e al padre di questi, però questo era comprensibile, Lui temeva di non avere alcuna speranza, considerando inoltre di essere un nano.
Una sera come tante stava rientrando nella sua camera, quando udì sua sorella che parlava con suo padre. I due Lannister erano in piedi in un corridoio. « Vuoi fare la bambinaia? Va bene, ma devi uccidere la madre se no sarà più difficile portare il bimbo dalla nostra parte. » affermò il vecchio.
« Pensi davvero che uccidere la madre porterà il piccolo dalla nostra parte? I Martell ci odiano ancora adesso per le morti di Elia e dei suoi figli. Il piccolo Robert farà lo stesso. » esclamò sua sorella e il nano si chiese come mai si batteva tanto per tenere in vita quella giovane.
« Non hai voluto ascoltarmi mesi fa, ma lo farai adesso. Avremmo già dovuto ucciderla dopo il parto. » ribadì il padre. Un’idea venne in mente a Tyrion. Fece un passo nella loro direzione e fece appello a tutto il suo coraggio.
« La sposerò. » i due si voltarono e lo fissarono ammutoliti con i loro occhi color verde smeraldo.
« Chi? » domanda inutile da parte di sua sorella. Tirò un sospiro e strinse i pugni per farsi coraggio.
« Emily Waters, anzi Alicia Targaryen, è legittima quindi non ci sono impedimenti. » affermò con decisione. Cersei scoppiò a ridere, sembrava trovare la cosa tanto divertente.
« Se io la sposassi lei sarebbe costretta ad essere fedele alla nostra casata, siccome ne farà parte. » aggiunse.
« Pensi veramente che sarà fedele a noi solo perché porterà il nome Lannister? » chiese dubbioso Tywin. Doveva ammettere che non aveva tutti i torti, però se lei diventava una Lannister non le avrebbero fatto del male e lui avrebbe potuto proteggerla, o almeno ci avrebbe provato.
« Sarai tu a darle la bella notizia. Il matrimonio verrà celebrato tra due settimane. » sancì Cersei e per una volta nella sua vita le fu grato di qualcosa. Restava solo il problema di dare la notizia alla sua futura sposa.
Per sua grande fortuna la sua futura mogie prese bene la notizia, un po’ meno la dolce Sansa che non accettava il fatto che la sua ex-serva sposasse un orribile nano, però la ignorarono. Fu Cersei ad organizzare il matrimonio e impose tutte le sue decisioni al fratello e alla futura cognata. In fondo la cosa non dispiacque ai due, che lasciarono volentieri tutti i grattacapi del caso alla donna che scelse perfino l’abito da sposa senza nemmeno degnarsi di chiedere il parere della diretta interessata.

Due settimane dopo

Il giorno del matrimonio Emily, dopo aver indossato l’abito da sposa, si avvicinò allo specchio a figura intera che si trovava contro una delle pareti. Tirò un sospiro mentre fissava il proprio riflesso: l’abito era di colore bianco, con delle cuciture argentate, molto bello e con una scollatura abbastanza discreta che lasciava intravedere l’inizio del suo seno. Il mantello era di colore nero e rosso naturalmente e c’era ricamato sopra un grande drago. Le suonava strano sposarsi con un mantello che portava i colori e il simbolo di una casata che non sentiva propria. Teneva i capelli semi raccolti e questi ricadevano lungo la sua schiena e le sue spalle come delle dolci onde. Al collo portava una collana d’argento con uno smeraldo a goccia. Doveva ammettere di essere bellissima, più del solito, e sorrise al suo magnifico riflesso.

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Capitolo 11
*** 11 Capitolo ***


Il grande Settembre di Baelor era gremito di gente, sebbene alla fine non tutti avevano potuto venire al matrimonio tra Tyrion Lannister ed Emily Watters, o meglio Alicia Targaryen. Ad esempio, i principi Martell vivendo a Dorne avrebbero impiegato addirittura un mese per ricevere l'invito e forse neanche avrebbero voluto presentarsi a quelle nozze, siccome si sposava un Lannister e loro avevano dei motivi più che validi per odiarli.
La sposa raggiunse il tempio scortata da due guardie dei Lannister. Mentre percorreva le vie della capitale dei Sette Regni non aveva potuto fare a meno di notare le condizioni sempre più pessime in cui viveva il popolo. La gente era sempre stata piuttosto povera, però da quando era scoppiata la guerra civile nel regno lo era ancora di più.
Non aveva potuto evitare di chiedersi come avrebbe reagito re Robb Stark del Nord quando avrebbe scoperto del suo matrimonio con il Folletto, però preferiva non pensarci, soprattutto il giorno del suo matrimonio.
Arrivata davanti alla grande porta di legno del tempio, la fissò con timore. Tirò un sospiro e avanzò verso il grande portone che venne aperto dinanzi a lei. Una volta entrata dentro al tempio, molte teste si voltarono verso di lei e la fissarono con un certo interesse. Avvertì una morsa allo stomaco. Si guardò attorno con aria spaventata e si rilassò una volta che i suoi occhi marroni incontrarono quelli azzurri di Sansa, che le lanciò un sorriso incoraggiante. Fece per incamminarsi per raggiungere il marito dall'altra parte del tempio, però una voce la bloccò.
« Emily, anzi Alicia, dove credi di andare? » si voltò e vide il re. Sul viso di Joffrey c'era dipinto un ghigno sadico.
« Vostra maestà. » lo salutò, cercando di nascondere il più possibile il disgusto che provava per lui.
« Dato che tuo padre è morto sarò io a condurti da tuo marito. » la informò e le si avvicinò. Le porse il braccio e la rossa, dopo qualche secondo di esitazione, lo prese a braccetto. Percorsero insieme il tempio. Disegnata sul pavimento c'era un'enorme stella a sette punte e attorno delle statue gigantesche raffiguranti i Sette Dei. Il cammino per raggiungere il futuro marito le parve non finire più e avrebbe preferito di gran lunga raggiungere da sola Tyrion e il septo che avrebbe celebrato la cerimonia. Fu molto contenta quando il sovrano le lasciò il braccio, però allontanandosi portò via lo sgabello che avrebbe dovuto facilitare Tyrion nel cambiare il mantello della sua adorata sposa con quello della sua casta. Questo era di colore rosso e c'era ricamato sopra un grande leone dorato.
La cerimonia si svolse tranquillamente. Quando arrivò il momento in cui suo marito doveva sostituire il mantello, si chinò per facilitargli il compito e non notò l'occhiataccia che Joffrey e Cersei le lanciarono. Il bacio tra i due sposi fu alquanto casto e dolce, tuttavia sul viso della sposa c'era un sorriso raggiante.

Più tardi.

Un grande banchetto era stato organizzato al castello e i neo-sposi avevano passato il pranzo chiacchierando e conoscendosi meglio. Emily doveva ammettere che il Folletto era davvero una persona molto intelligente e possedeva persino un certo fascino, nonostante il suo brutto aspetto. A quanto sembrava, non bisognava farsi ingannare dalle apparenze. Vennero servite diverse portate, ma la giovane non mangiò molto; in compenso suo marito bevette molto e questo provocò un gran disagio mal celato alla donna.
Cersei Lannister si trovava seduta a pochi metri di distanza dagli sposi e sussurrò al padre, seduto accanto a lei:
« Perlomeno siamo sicuri che sia fertile. » osservò nel tentativo di consolare il padre. Quel giorno la leonessa aveva indossato un vestito di colore viola, semplice, ma allo stesso elegante. Al collo portava il suo solito medaglione dorato con un leone disegnato sopra. Teneva i lunghi capelli color oro semiraccolti e sulla testa portava un diadema argentato, con dei rubini color sangue incastonati sopra.
Suo padre prese il calice d'argento che si trovava vicino al suo piatto, contenente del vino rosso, e ne bevette un sorso. Si girò verso la neo-nuora che appariva parecchio tesa da quando il suo sposo sembrava ubriaco a causa del troppo vino.
« Spero che tuo fratello non mi deluda come al solito. » notò Tywin, bevendo un altro sorso dal calice.
« Vedrai che tra qualche mese festeggeremo una gravidanza. » lo tranquillizzò la figlia. Tagliò un pezzetto di carne, per poi portarsi il pezzo alle labbra, masticandolo piano.
« Il figlio di Emily dov'è? » chiese curioso l'uomo.
« Penso che sia nella sua stanza. » rispose sorpresa dal suo interessamento per il bimbo.
« Voglio che venga mandato da mio fratello in modo da crescerlo noi e non la madre. Voglio essere sicuro che sia fedele a noi. » affermò il leone con aria speranzosa.
« Non credo che Tyrion sarà d'accordo. » commentò dubbiosa la bionda.
La biancheria da letto era una tradizione dei Sette Regni, sebbene a Dorne non venisse praticata. Durante questa attività gli uomini scortavano la sposa fino alla camera dove la coppia avrebbe trascorso la prima notte di nozze e ciò implicava pure la consumazione per poter rendere valide le nozze. Le donne, invece, si occupavano dello sposo. Probabilmente lo scopo della biancheria da letto era quello di fare aumentare la libidine della coppia in questione, peccato che per le ragazze ancora vergini poteva diventare un vero e proprio dramma, sebbene già la cerimonia in sé poteva esserlo con tutti quegli uomini ubriachi che potevano strappare loro di dosso i vestiti e facevano commenti decisamente inappropriati. Fortunatamente per la Waters suo marito non aveva intenzione di rispettare la tradizione e si diressero nella loro camera da letto da soli. Una volta dinanzi alla porta di legno fu il leone ad aprirla, lasciando entrare la moglie, seguendola poi all'interno. Una volta che la porta fu chiusa, Emily si voltò e lo fissò attentamente.
« Tyrion, dobbiamo consumare il matrimonio. » affermò cercando di sembrare decisa, nonostante si sentisse fortemente a disagio in quel momento.
« Io credo che sarebbe meglio aspettare di conoscerci un po' meglio. » rispose incerto il nano.
« Tua sorella e tuo padre vogliono un erede per Castel Granito e dovremmo darci da fare. » partorendo un erede maschio sperava di ingraziarsi facilmente la regina madre e il suocero.
Il nano annuì con aria vaga e sul suo viso apparve un sorriso forzato.
« Come vuoi tu. » acconsentì e le si avvicinò. Dato che lui sembrava non volersi decidere, lei si chinò e prese il suo viso tra le mani. Lentamente si chinò verso di lui e sfiorò le sue labbra con le proprie. Sapeva che non sarebbe stato semplice per loro, ma era sicura che tutto sarebbe andato per il meglio.

Il giorno dopo

La mattina seguente, una volta sveglia, Emily si fece un bel bagno caldo e si vestì. Fece colazione con il marito e poi lo salutò: lei sarebbe andata a fare visita a suo figlio e forse avrebbe passato la giornata con lui e Sansa, mentre Tyrion si sarebbe occupato probabilmente delle sue mansioni di Primo Cavaliere del Re.
Uscita fuori dalla sua camera, si incamminò nel lungo corridoio per raggiungere quella di suo figlio. Non si trovava molto distante dalla sua e quindi non impiegò tanto per raggiungere la sua destinazione. Una volta dinanzi alla porta l’aprì e sorrise quando vide la culla bianca che si trovava a destra del letto matrimoniale presente, dove tra qualche anno avrebbe dormito suo figlio, ovviamente appena sarebbe cresciuto. Si avvicinò alla culla e il sorriso si ingrandì ancora di più quando vide il volto addormentato di suo figlio.
« Amore di mamma. » lo salutò e il piccolo aprì gli occhi, mostrando le sue belle iridi color viola. Emily allungò le mani e lo prese tra le braccia stringendolo a sé. Tra non molto sarebbe arrivata la balia per allattare il bimbo, siccome non le avevano permesso di fare nemmeno questo. Si sedette sul letto e cullò la creatura, gli accarezzò il capo pieno di riccioli ramati. Sentì bussare alla porta.
« Avanti. » invitò, sicura che si trattasse della baia. Infatti la porta si aprì mostrando una donna di circa trent'anni, molto grossa, con un seno prosperoso e dai lunghi capelli color castano chiaro. Sua figlia era nata qualche settimana prima del suo, però purtroppo era sopravvissuta solo pochi giorni. In seguito la regina l'aveva fatta venire a palazzo. Magari la sua famiglia serviva da anni i Lannister e per questo Cersei aveva scelto proprio lei, tuttavia non le sembrò carino chiederglielo.
« Buongiorno, lady Alicia. » tutti la chiamavano in quel modo ormai, eccetto Sansa e Tyrion, ma sentiva che quel nome non le apparteneva.
« Buongiorno, sono venuta a vedere come sta mio figlio. » affermò e si alzò in piedi, per poi metterle Robert tra le braccia. La donna se lo strinse al petto e poi alzò lo sguardo verso di lei.
« State tranquilla, il mio latte è buono, o almeno nessuno dei miei quattro figli si è mai lamentato. » cinque bambini, se vogliamo contare anche l'ultimo triste parto. Emily tacque e sul suo viso apparve un sorriso dolce.
« Va bene, allora vi lascio, così potrete allattarlo in tutta serenità. » affermò. Uscì fuori dalla stanza e si mise alla ricerca di Sansa. Da quando suo figlio era nato le era stato di nuovo permesso di parlarle e vederla e desiderava recuperare il tempo perduto. Più tardi, quando il piccolino avrebbe finito la sua prima poppata del mattino, glielo avrebbe anche fatto vedere e magari sarebbero riusciti a passare la giornata tutti insieme.
Quando si trovò a pochi metri dalla stanza della Stark vide Tyrion e Shae, la nuova serva della ragazza, intenti a conversare. Li fissò sorpresa, domandandosi cosa mai potessero avere da dirsi quei due. La ragazza dai capelli scuri non la convinceva particolarmente, il suo viso non le dava fiducia.
« Come sta tua moglie? » chiese Shae parlando di lei. Emily si nascose all'inizio di un altro corridoio presente lì vicino.
« Bene, sta bene. Se tutto va per il meglio presto mio padre avrà il suo tanto sospirato erede e per una volta sarà fiero di me. » rispose con aria incerta Tyrion.
« Come mai fai quella faccia? » domandò la serva, che doveva aver notato anche lei il suo tono.
« Dubito che un figlio farà dimenticare a mio padre che sono un nano e che mia madre è morta dandomi alla luce. » precisò scuotendo la testa. Se per questo lo dubitava pure la moglie, sebbene non glielo avrebbe mai detto, siccome non voleva aumentare i suoi motivi per essere negativo per quanto riguardava il suo rapporto con il padre.
« Andrà tutto bene e nel frattempo sarebbe meglio che non dica nulla a tua moglie a proposito di noi due. » osservò Shae allungando una mano verso il biondo e accarezzandogli una guancia. Adesso comprendeva il motivo per cui si parlavano e sembravano conoscersi tanto bene: avevano una relazione. Non si aspettava, conoscendolo, che le fosse fedele, ma neanche che avesse una relazione già prima di sposarla. A parte che le aveva chiesto di sposarla solo per proteggere lei e suo figlio e perciò avrebbe dovuto aspettarselo. Si sentiva stupida. Rinunciò alla sua intenzione di vedere Sansa e si allontanò, dirigendosi nei giardini.
Passò la mattinata nel roseto tanto amato da Elia e che aveva conquistato anche lei ormai. Raccolse alcune rose di colore bianco e le portò a Sansa, intendeva infatti regalargliele per farla contenta.
Una volta arrivata dinanzi alla porta della stanza della giovane, bussò e pochi secondi dopo questa venne aperta mostrando la Stark, che le sorrise apparentemente contentissima di vederla.
« Ciao, Emily! » la salutò allegra. Vedere lei e suo figlio sembrava farle tornare la felicità persa in seguito alla morte del padre e di questo Emily ne era contenta.
« Ti ho portato delle rose. » disse, entrando nella stanza e consegnandogliele.
« Grazie, sei stata gentilissima. »
Pranzarono insieme e poi trascorsero il pomeriggio tutti e tre insieme. Quella notte lei e il marito fecero un altro tentativo e non poté fare a meno di chiedersi quanto tempo ci sarebbe voluto perché restasse di nuovo incinta.

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Capitolo 12
*** 12 Capitolo ***


Sette mesi dopo

Con il passare del tempo la relazione tra Tyrion Lannister ed Emily Waters era rimasta per lo più invariata e la coppia aveva continuato con i suoi tentativi di avere un figlio, ma fino a quel momento senza risultati. Tuttavia il nano e la moglie sembravano determinati a non arrendersi. La donna passava il suo tempo insieme a Sansa e prendendosi cura del figlio che tra due mesi circa avrebbe compiuto un anno.
Dal Nord arrivavano notizie alquanto preoccupati: Robb Stark avanzava verso il Sud con l’intento di attaccare Approdo del Re e liberare la sorella dalle grinfie dei Lannister e riprendersi suo figlio. Girava voce pure che non avesse avuto altra scelta che accettare di sposare lady Roslin Frey, la figlia di lord Frey. La fama che accompagnava l’uomo non era proprio delle migliori ed Emily aveva sentito dire che avesse molti figli, oltre che avuto diverse moglie; la più recente era poco più giovane di lei e non poteva che essere triste al pensiero di quella poveretta in balia del Frey molto più vecchio di lei, naturalmente.
Quel giorno Alicia si trovava nella stanza di Sansa, la quale stava ricamando. Trascorreva buona parte del suo tempo in quel modo: l’ago in mano e il pezzo di stoffa da ricamare nell'altra. Da quando Eddard Stark era morto ed era diventata la “figlia del traditore”, Alicia non le aveva mai visto ricamare un lupo e sospettava perciò che le fosse proibito farlo, oltre che possedere tutto ciò che ricordava in qualche modo la sua casata, soprattutto raffigurante il suo simbolo o riportante il motto.
« Cosa stai ricamando oggi? » chiese curiosa la donna sposata, stringendo a sé il figlio. L’altra alzò gli occhi azzurri dal suo lavoro, che ancora appariva come un disegno senza senso.
« Dei fiori. » rispose tornando a concentrarsi sul suo lavoro. Il bimbo si mosse tra le braccia della madre, questa abbassò lo sguardo verso di lui e il piccolo le sorrise. La madre gli accarezzò il capo ricoperto da riccioli ramati, sempre più lunghi.
« Trovo che assomigli a Robb. » notò sorridendo e accarezzandogli una guancia, per poi appoggiare la testa di Robert sulla sua spalla.
« Vero, hai ragione. Ha il suo stesso naso, credo. » affermò la Stark. Sul pezzo di stoffa che stava ricamando stava incominciando ad apparire un fiore a cinque petali: il gambo e la foglia verde, mentre il fiore in sé lo stava realizzando con un filo di colore rosa. « Stai diventando proprio un bel bambino! Sembra sano e forte. » osservò con gioia.
« Speriamo, non vorrei perderlo come è successo alla sua balia che ha perso la sua ultima figlia. » notò e tirò un sospiro con aria triste, sperando che andasse tutto bene e che Robert continuasse a stare bene come adesso.
« Vedrai che andrà tutto bene. Tu hai la fortuna di poter ricorrere ai migliori maester, eventualmente. » disse con tono rassicurante Sansa, per poi tornare al suo ricamo.

All'ora di pranzo tornò nella sua stanza per poter consumare il pasto in compagnia del marito. Aveva affidato suo figlio alle cure della balia e poi era tornata nella sua stanza. Una volta arrivata scoprì che suo marito non era ancora arrivato, però una serva stava finendo di apparecchiare la tavola. Quando si accorse di lei si voltò e fece una piccola riverenza nella sua direzione, tenendo il capo chino.
« Lady Alicia, presto il pranzo verrà servito. » annunciò ed Emily si sedette sulla sedia a destra del capotavola, siccome in quel posto si sedeva sempre il coniuge. Davanti a lei c’era un piatto e ai lati delle posate, oltre che un calice d’argento su cui c’erano incisi dei piccoli leoni. La serva se ne andò lasciandola sola nella stanza e la rossa rimase in attesa del marito che non tardò tanto ad arrivare, siccome sentì bussare alla porta poco dopo.
« Avanti. » invitò senza preoccuparsi di chiedere chi fosse, siccome dubitava che potesse essere qualcun altro al di fuori del suo legittimo consorte. Infatti la porta si aprì mostrando Tyrion. Il nano si avvicinò al tavolo e si sedette a capotavola come sempre, a parte che era pure l’unico posto libero.
« Buongiorno, siete stata da lady Sansa? » domandò curioso dopo un attimo di silenzio.
« Sì, abbiamo parlato di un po’ di tutto. » rispose, afferrando una mela di colore giallo, che si trovava dentro al cestino di vimini sul tavolo, e sistemandosela accanto al piatto con lo scopo di mangiarla più tardi, una volta che il pranzo fosse finito.
« Come sta il piccolo Robert, che porta il nome del nostro defunto e amato re? » chiese. Non capiva bene perché, ma suo marito sembrava trovare per qualche ragione divertente il fatto che avesse deciso di chiamare suo figlio come il precedente sovrano dei Sette Regni.
« Bene, cresce bene. Sembra che gli piaccia il latte della balia. » rispose. Non le aveva confidato le sue preoccupazioni per il fatto che la figlia della donna fosse morta in fasce, anche perché in fondo non credeva c'entrasse qualcosa il latte con cui l’aveva nutrita.
« Tra pochi mesi comincerà a camminare e poi andrà ovunque, sebbene sia più preoccupato per quando incomincerà a parlare. » confessò e la moglie lo fissò perplessa.
« Come mai? » domandò con un sorriso divertito sul volto.
« Perché dopo dovremo stare attenti a cosa diremo in sua presenza, altrimenti poi rischieremo che, ingenuamente, riferisca tutto, magari pure alle persone sbagliate. » ridacchiò e anche la donna si mise a ridere.
In quel momento arrivò la cameriera con il cibo: quel giorno per pranzo c’era del pollo. La coppia, dopo aver ringraziato, incominciò a consumare il pasto in silenzio, non volava nemmeno una mosca.
« Come sempre i cuochi hanno preparato un ottimo pasto. » esclamò con aria soddisfatta al termine del pranzo Tyrion, che aveva preso due porzioni di carne, prova che doveva seriamente aver gradito il pollo. Emily sorrise, però questa volta non commentò e prese la sua mano. Poi iniziò a tagliare la mela.
« Meno male. » rispose e si portò poi alle labbra un pezzetto di mela che aveva tagliato. Lo masticò piano per assaporare meglio il dolce sapore del frutto.
« Perdonami, ma ti devo lasciare. Ho una riunione con il Concilio Ristretto. » annunciò il marito e si drizzò in piedi. Le sfiorò una guancia con le labbra e poi uscì fuori dalla stanza con l’intento di andare alla riunione. La giovane si domandò di cosa avrebbero parlato quel giorno. Solitamente si incontravano una volta alla settimana, all'inizio di questa, a volte anche di più se c’era qualche occasione importante o succedeva qualcosa che richiedeva subito la loro attenzione.

La mattina dopo

Quando si svegliò il giorno dopo avvertì un forte senso di nausea, tuttavia non ci fece molto caso, nonostante la cosa durasse già da circa una settimana. Fece il suo solito bagno, per poi vestirsi e andare come tutte le mattine da Sansa. Prima prese il suo piccolo, naturalmente, e la raggiunse nella sua stanza. Come facevano spesso, passarono la mattinata insieme. Questa volta decisero di pranzare insieme, anche perché tanto suo marito avrebbe mangiato in compagnia della regina e del padre, perciò si sarebbe ritrovata da sola e non le piaceva l’idea.
Una volta finito di mangiare, si salutarono e Alicia uscì fuori in giardino con lo scopo di far prendere una boccata d’aria al figlio che aveva già mangiato. Sarebbe passata ancora qualche ora prima di doverlo affidare nuovamente alla balia e quindi potevano passare tutto il tempo che volevano in giardino, senza preoccuparsi di nulla.
Dopo aver lasciato il figlio dalla balia più tardi, si recò dalla regina Cersei che desiderava parlarle di chissà cosa. In fondo la rossa sospettava di quale argomento avrebbe trattato la loro conversazione, ovvero del tanto desiderato erede per Castel Granito, poiché dal suo matrimonio erano trascorsi ormai sette mesi e ancora nulla. Eppure lei e Tyrion quasi tutte le sere tentavano di avere un figlio. Ancora non avevano perso la speranza e lui sembrava più positivo di lei. Non affrontavano mai l’argomento e lei non voleva nemmeno insisterci sopra, poiché riteneva che fosse meglio evitare in modo da restare sereni. Temeva che pensandoci troppo avrebbero finito per agitarsi per nulla.
Una volta arrivata davanti alla stanza della cognata, bussò e poi si sistemò la gonna del vestito. Stranamente la fece attendere un po’, tuttavia non intendeva lamentarsi rischiando di farla arrabbiare.
« Buongiorno, Alicia. » la salutò appena ebbe aperto la porta e la vide. L’altra effettuò una riverenza e aspettò che le desse il permesso di alzarsi prima di sollevarsi. « Alzati pure ed entra dentro. » ubbidì e una volta dentro alla stanza il suo sguardo cadde sul grande letto dalle coperte dorate. « Come va il tuo matrimonio con mio fratello? » come previsto voleva discutere di quello, sebbene l’argomento gravidanza ancora non era stato menzionato, per ora.
« Bene, lord Tyrion è un buon marito e andiamo d’accordo. » rispose intrecciando le mani dinanzi al ventre. La regina la fissò attentamente, come se la stesse studiando per capire qualcosa, ma lei non ci fece caso e rimase in silenzio guardandola a sua volta.
« Pensavo che magari avessi qualche bella novità per me. » l’altra intuì subito a cosa si riferisse. A quanto sembrava i suoi sospetti erano fondati: voleva scoprire se per caso fosse incinta e qualche nuovo piccolo leoncino tra qualche mese sarebbe venuto ad allietare la loro esistenza, specialmente quella della regina e suo padre. Non sapeva cosa avrebbero pensato il re, i suoi fratelli e Jaime in proposito. Temeva che suo figlio sarebbe stato solo l’ennesima vittima di quel sovrano e le veniva male al pensiero di cosa avrebbe potuto fargli una volta nato. Lei difficilmente sarebbe riuscita a proteggerlo come avrebbe voluto e dubitava che anche suo marito sarebbe riuscito nell'impresa.
« Purtroppo non ancora, ma sono sicura che tra pochi mesi ci saranno novità. » rispose positiva e sorridendo, cercando di fingersi allegra. La regina le faceva un po’ paura e di sicuro se la sarebbe presa con lei se non fosse riuscita a restare incinta di nuovo, nonostante il fatto che avesse già avuto un figlio; anche il maester aveva detto che non c’erano impedimenti ad un’altra sua gravidanza, o almeno non apparenti.
« Me lo auguro anch'io. » rispose la regina dirigendosi verso un baule di legno ai piedi del suo letto: sopra al baule c’erano diverse pietre preziose, di vari colori e grandezze, incastonate sopra. Non osava nemmeno immaginare quanto mai potesse valere quel baule e il solo pensiero la faceva sentire male. Vide Cersei trafficare nel baule e si domandò cosa stesse cercando, ma non osò muoversi da dove si trovava, lasciando che cercasse da sola quello che desiderava trovare, qualunque cosa fosse.
Alla fine la vide drizzarsi in piedi. Si voltò verso di lei con in mano un braccialetto dorato, con vari rubini brillanti incastonati sopra, e glielo allungò. La rossa la fissò perplessa, immaginava che dovesse essere per lei e la cosa la sorprendeva, poiché non era incinta e quindi di sicuro non meritava alcun premio da parte sua, o qualunque cosa quel braccialetto in un certo senso simboleggiasse.
« Non lo prendi? È per te. » esclamò la bionda con aria contrariata. La giovane allungò la mano, prendendole il gioiello dalle mani. Lo indossò al polso destro e lo guardò ammirata per quanto le sembrasse magnifico. Alzò gli occhi verso la Lannister e le sorrise.
« Grazie molte, non me lo aspettavo! » strillò felice.
« Spero che ricambierai la mia generosità restando presto incinta. » la fanciulla annuì, sebbene non si trattasse certamente di una cosa che potesse controllare e decidere lei.
Non sapeva se in fondo il braccialetto le avesse portato fortuna, ma il giorno dopo maester Pycelle le comunicò che aspettava un bambino. Lei e suo marito ne furono felicissimi e anche tutti gli altri. Pregava con tutto il cuore che fosse un maschio, così sarebbero stati tutti ancora più felici.

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Capitolo 13
*** 13 Capitolo ***


Il Trono di Spade si trovava in fondo alla grande sala e sopra di esso sedeva Daenerys Targaryen, con in braccio un bambino di circa tre anni. Da qualcuno era chiamata "La Madre dei Draghi", da quando le sue tre uova di drago si erano schiuse provocando il ritorno dei draghi nei Sette Regni. La donna teneva sciolti i lunghi capelli bianco-argentati, che le ricadevano elegantemente lungo le spalle. Sulla testa portava una corona dorata raffigurante sul davanti un grande drago a tre teste, simbolo della sua casata, che al posto degli occhi aveva dei rubini. Indossava un lungo vestito di colore azzurro chiaro, senza maniche, però aveva dei lacci di colore bianco che giravano attorno al suo collo.
Il bimbo seduto sulle sue ginocchia, invece, possedeva i tratti tipici dei Lannister: capelli color dell’oro, ricci e piuttosto lunghi; gli occhi, invece, erano di color verde smeraldo. Assomigliava in modo incredibile a Jaime Lannister, però questo stranamente non sembrava turbare Daenerys che lo teneva in braccio.
Si chinò a fissarlo con i suoi occhi color viola e gli sorrise dolcemente. Poi si voltò in direzione della gente presente e il suo sguardo cadde su Myrcella Baratheon, che si trovava in ginocchio sul pavimento di pietra ai suoi piedi. Tutti i presenti osservavano la scena con curiosità, probabilmente chiedendosi cosa avrebbe fatto la loro nuova regina. Nello sguardo della principessa si leggeva determinazione, però anche un po’ di paura.
« Allora, cosa vogliamo fare con lei, mio piccolo principe? » chiese la bionda rivolgendosi al piccolo. Questo allungò le mani verso Myrcella e l’altra lo mise per terra. Seppure con passo incerto, il bambino raggiunse la giovane e si lasciò prendere in braccio da lei. Una volta fatto, la leonessa si drizzò in piedi stringendo a sé il principe. La Targaryen si mosse sul trono, appoggiò la schiena contro lo schienale fatto di spade dietro di lei e strinse con le mani l’estremità dei braccioli con aria pensierosa.
« Non si tolgono i figli alle loro madri. » affermò la Baratheon, mentre il bimbo iniziò a giocare con il ciondolo a forma di testa di leone che portava al collo. Aveva ereditato i lunghi capelli color oro della madre e i suoi stessi occhi verdi, oltre che la sua bellezza, tuttavia si diceva che avesse un carattere completamente diverso dal suo. Nella sua condizione avrebbe fatto bene a non pronunciare quelle parole, però la regina non si scompose.
« Veramente la madre me lo ha dato di sua volontà. » ribadì la donna. « In ogni caso, sembra che questa sia la vostra giornata fortunata, siccome ho deciso che vi lascerò in vita. Tuttavia al primo passo falso avrò la vostra testa e brucerò il vostro corpo su una pira. » l’avvertì. Si alzò e le si avvicinò, strappandole il piccolo dalle braccia senza troppi complimenti e fulminandola con lo sguardo.
« Myrcella! » esclamò la creatura, allungando le manine verso la bionda che socchiuse gli occhi e guardò male la donna più grande.
« Voi non avete cuore! » strillò, causando un mormorio tra i presenti. La Madre dei Draghi le lanciò un’occhiataccia che faceva gelare il sangue, ma ciò non causò alcun effetto alla leonessa.
« Dovreste ringraziarmi piuttosto che vi lascio in vita. » ribadì, stringendo tra le braccia il bimbo.
« La regina Daenerys è una donna misericordiosa, al contrario di vostro fratello e vostra madre. » esclamò una voce dietro Myrcella. La giovane si voltò, insieme a tutti i presenti. Davanti al grande portone era appena apparsa la madre del principe, ovvero Alicia Targaryen, o meglio Lannister, come a breve sarebbe stata nota con un altro matrimonio. Pure il suo sguardo appariva freddo e faceva gelare il sangue nelle vene, forse ancora di più di quello di Daenerys. Con gli anni la sua bellezza non era molto mutata, seppure sembrava essere diventata una persona più fredda e forte. Teneva le mani intrecciate davanti al ventre e indossava un vestito color rosso rubino, adornato da fili dorati che decoravano la gonna dell’abito dalle lunghe maniche. Avanzò nella sala con passo deciso e si sistemò a fianco dell’altra Targaryen.

In quel momento Daenerys si destò da quel sogno, ritrovandosi tutta sudata. Si sedette sul letto, passandosi una mano tra i lunghi capelli chiari. Non era la prima volta che sognava Alicia: la prima volta l'aveva vista con in braccio un bambino, il suo primogenito. Questo era il secondo sogno che faceva su di lei, sebbene questa volta non era apparsa subito, ma solo verso la fine. Allungò una mano verso il calice pieno d’acqua che si trovava sul piccolo tavolino accanto al suo letto e ne bevette uno sorso per cercare di calmarsi.
« Avrò un Lannister come erede. » realizzò e tirò un sospiro, appoggiando la schiena contro lo schienale del suo letto. Purtroppo non aveva molta scelta che accettare l’idea, siccome non avrebbe più potuto avere figli, ma avrebbe potuto crescere lei il figlio di Alicia, come un figlio magari. Poteva sempre obbligare la gente a chiamarlo Targaryen, invece che con quel cognome che odiava con tutto il cuore e desiderava solo vedere tutti quelli che lo portavano morti.

Nel frattempo ad Approdo del Re

Il Folletto si trovava nella sua stanza, seduto al tavolo presente, in compagnia di suo padre e sua sorella. Circa otto mesi erano passati da quando avevano scoperto che sua moglie aspettava un bambino. Il giorno del parto era arrivato e aspettavano con impazienza il momento in cui finalmente avrebbero potuto vedere il nuovo leoncino o leoncina. Difficile dire chi tra i presenti fosse il più nervoso.
« Spero che sia un maschio e sano, non voglio un altro nano in famiglia. » osservò Tywin con tono minaccioso guardando male il figlio, le cui uniche colpe nella vita, che si portava dietro fin dalla nascita, erano: avere involontariamente ucciso la madre nascendo ed essere un nano. Tyrion non si scompose e nemmeno lo fece sua sorella.
« Presto lo vedremo. » notò la regina madre, con lo sguardo concentrato sul calice d’argento vuoto che si rigirava da tempo tra le dita con fare alquanto nervoso.
« Sei alquanto negativa sorella. » commentò Tyrion, a cui avere una figlia o figlio non importava.
« Fa bene ad esserlo, siccome si tratta di te. » affermò freddamente suo padre. In altre circostanze la colpa sarebbe andata alla moglie, ma in questo caso al marito che, senza volerlo, nella sua vita aveva deluso tutti dal momento in cui aveva emesso il primo vagito. Spesso si chiedeva come mai Tywin non l’avesse soffocato nella culla o se non lui sua sorella.
« A me interessa solo che Alicia e il piccolo stiano bene. » confessò. Per loro Alicia poteva anche crepare, bastava che desse loro un erede sano e forte, soprattutto non un nano come suo padre. A Tyrion non sarebbe importato e gli avrebbe dato, forse, ancora più amore. I suoi parenti non fecero in tempo a rispondere che in quel momento si sentì bussare alla porta e tutti e tre si voltarono verso di essa speranzosi.
« Avanti! » strillò Cersei. Nella stanza entrò una serva con in braccio un fagotto bianco e il gruppetto si avvicinò. Tutti constatarono che il nuovo arrivato non fosse un nano e che apparisse sano e con un bel visetto. « Meno male che ha ereditato il fascino mio e di sua madre. » osservò Cersei con una nota di disprezzo nel tono; pure il Folletto ne era felice.
« Si tratta di una bella e perfetta bambina. » annunciò la serva e i presenti ammutolirono: l’espressione sul viso del neo-padre era indecifrabile, però quella di Cersei e del nonno non riusciva a nascondere la disapprovazione e non sembravano per nulla sorpresi.
« Almeno sta bene. » esclamò Tywin, prendendo in braccio la nipotina, che aprì gli occhi che si rivelarono essere come quelli di Emily, mentre i pochi capelli erano biondo oro. Non c’era dubbio che si trattasse di una Lannister.
Alla nascita della bambina, a cui genitori misero il nome di Joanna, come la madre di Tyrion, non seguì un bel periodo: la guerra proseguiva nel regno, Renly morì qualche tempo dopo ucciso, secondo le voci, da una donna e una terribile carestia si abbatté su tutti loro, rendendo i cittadini ancora più affamati e scontenti. Da parte sua il Folletto preferì allontanare moglie e figlia per proteggerle e, ovviamente, anche Robert se ne andò con loro a Castel Granito. La situazione là sembrava migliore e tranquilla e poi in questo modo il leone poteva godersi senza problemi la sua Shae.

Diversi mesi dopo a Castel Granito

La stanza di lady Lannister, ovvero Emily, si trovava nell'ala riservata alla signora del castello e la sua camera da letto era di notevoli dimensioni. C’era vicino un bagno riservato solo a lei, con una grande vasca di marmo costruita nel pavimento di pietra, e una piccola stanza che fungeva da guardaroba, dove erano presenti diversi specchi nella parete che le permettevano di poter vedere ogni angolo del suo corpo quando indossava un vestito. Possedeva inoltre una stanza di medie dimensioni, dove volendo avrebbe potuto consumare i suoi pasti. Poco distante si trovava anche la stanza della sua serva personale. Se le occorreva il suo aiuto, non doveva far altro che chiamarla e in pochi minuti, in teoria, questa sarebbe dovuta arrivare.
Ad Emily non dispiaceva l’ala del castello riservata a lei e aveva cercato di renderla il più possibile adatta a lei, in base al suo gusto personale. Si chiedeva ogni tanto se Tywin Lannister avrebbe gradito gli affreschi raffiguranti diversi paesaggi naturali, però tanto in caso contrario lui non metteva mai piede in quella parte della sua casa. Pranzavano e cenavano insieme qualche volta, tuttavia sempre in rigido silenzio. Pareva non gradire particolarmente la sua presenza lì e non considerava tanto neanche i suoi figli; persino la sua nipotina veniva ignorata la maggior parte del tempo, seppure le riservasse più sorrisi e parole dolci.
Quella mattina Alicia si svegliò presto come al solito, seppure non troppo. Una volta alzata chiamò la sua serva in modo che l’aiutasse a prepararsi. Questa giunse da lei poco dopo con in mano una busta, che poggiò sul tavolino di legno presente nella stanza.
« Lady Alicia, è giunto un corvo da Approdo del Re per lei. » le spiegò la giovane, per poi raggiungere il baule ai piedi del letto matrimoniale presente nella stanza: aveva delle dimensioni normali, delle coperte di colore rosso e dei cuscini dalle fodere dorate. Veramente ovunque si voltasse in quella casa, che non sentiva particolarmente come sua, vedeva oro dappertutto, segno che i Lannister desideravano ostentare particolarmente la loro ricchezza. Si augurava che crescendo Joanna non sarebbe diventata viziata, tuttavia non credeva alla fine che ci fosse il rischio che l’accontentassero in tutto, siccome era una femmina. Comunque temeva l’influenza negativa che sua cognata avrebbe potuto esercitare, come del resto Joffrey, sui suoi figli. Robert non era un Lannister, però pregava lo stesso che crescendo non prendesse il re ad esempio.
Finito di vestirsi, si sedette accanto al tavolo e lasciò alla serva il compito di pettinarle i lunghi capelli rossi. Prese la busta che le aveva portato e l’aprì usando un tagliacarte d’argento con inciso sull'elsa un piccolo drago, regalo di suo marito. La lesse in silenzio, rimanendo impassibile, e alla fine la poggiò sul tavolino.
« Irina, per favore, portami l’occorrente per scrivere, grazie. » ordinò alla serva, che tanto aveva ormai terminato di pettinarla. Questa fece una riverenza e uscì fuori dalla stanza, tornando poco dopo con della pergamena, una penna d’oca e dell’inchiostro. La giovane scrisse la lettera e poi gliela consegnò.
« Inviala immediatamente a mio marito ad Approdo del Re. » esclamò con tono deciso. Quando Irina fu uscita di nuovo, tirò un sospiro e si alzò in piedi. Si avvicinò alla finestra presente nella camera e intrecciò le mani dietro alla schiena. Guardò la natura dinanzi a sé, osservando i giardini della sua dimora. L’idea di tornare nella capitale non l’attirava molto, però Sansa aveva bisogno di lei dal momento che Joffrey l’aveva appena ripudiata per sposare Margaery Tyrell e decine di pretendenti, miranti magari al Nord, le sarebbero piombati addosso. Nella sua lettera le chiedeva il suo aiuto e consiglio e lei non l’avrebbe mai abbandonata.

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Capitolo 14
*** 14 Capitolo ***


Quando Joffrey l’aveva ripudiata per sposare Margaery, Sansa Stark inizialmente si era sentita profondamente sollevata, seppure una parte di lei fosse dispiaciuta per la nuova futura moglie del re. Ma poi aveva compreso che avrebbe dovuto in ogni caso sposarsi, siccome veniva considerata un’arma da usare contro suo fratello maggiore in caso di necessità e il Nord sarebbe stato suo nel caso il suo nipotino fosse morto prematuramente. I Lannister non riconoscevano a Robb il diritto di regnare sul Nord, tanto meno ai suoi fratelli minori. Dal momento che avrebbe dovuto comunque sposarsi e dato che non le avrebbero mai permesso di diventare una Septa, la giovane cominciò a chiedersi chi avrebbe dovuto sposare ora ed era convinta che nessuno potesse essere peggio di Joffrey.
Quella mattina sarebbe arrivata Emily, l’unica persona a corte di cui si fidava e a cui avrebbe affidato la sua stessa vita. Certo, Margaery Tyrell e la sua famiglia sembravano particolarmente gentili con lei, tuttavia non era del tutto sicura di potersi fidare o meno di loro. Tra i vari pretendenti Loras Tyrell, il fratello maggiore di Margaery, era quello che le piaceva di più, principalmente per la sua bellezza, che per il suo carattere e la persona in sé.
La giovane Stark si trovava nella sua stanza intenta a consumare la sua colazione, seduta vicino al tavolo presente nella sua stanza, che appariva discretamente imbandito. Portò alle labbra una tazza bianca fumante, al cui interno c’era del tè caldo, e sorseggiò piano il liquido scuro dopo averci soffiato sopra. Non c’era nessuno a farle compagnia e la cosa non le dispiaceva più di tanto perché in quel modo avrebbe avuto modo di riflettere meglio sui suoi possibili pretendenti. Poggiò la tazza sul suo piattino e tirò un sospiro.
I suoi occhi azzurri caddero sulla finestra davanti a lei, da cui entrava la luce del sole. Spesso si chiedeva se sua madre avesse avuto la possibilità di dire la sua quando suo padre, ovvero il nonno materno della Stark, aveva deciso che doveva sposare suo zio Brandon. Conoscendo sua madre, non si era assolutamente opposta e, probabilmente, anche se non fosse stata d’accordo sulla decisione di suo padre avrebbe acconsentito senza protestare.
In quel momento un leggero bussare alla porta attirò l’attenzione della rossa, facendola voltare verso l'anta di legno.
« Avanti. » invitò con tono gentile e non si sorprese di scoprire che si trattava della sua serva Shae. La bruna le si avvicinò.
« Lady Sansa, è arrivata lady Alicia. » annunciò, non riuscendo a nascondere del tutto il suo disappunto per quel nuovo arrivo, ma la ragazza non se ne accorse o non ci fece caso.
« Dove si trova? » chiese curiosa, finendo velocemente il suo tè.
« L’ho vista poco fa davanti al portone d’ingresso. » rispose l’altra. La rossa, senza proferire parola, ripose di nuovo la sua tazza al suo posto e corse fuori dalla camera, precipitandosi a gran velocità verso l’ingresso del palazzo.
Una volta arrivata nel grande atrio, vide Emily con indossò un vestito elegante, di seta di colore azzurro chiaro, le spalle e una parte del corpo coperta da un mantello da viaggio color nero. Teneva per mano un bimbo piuttosto simile a suo fratello e dedusse che doveva trattarsi di suo nipote Robert. Dall'ultima volta che lo aveva visto pareva essere molto cresciuto. Non vedeva però la figlia della rossa e si chiese dove fosse, finché non vide una donna con in braccio un fagotto di colore bianco che cullava dolcemente tra le braccia.
« Alicia! » la chiamò e la rossa si voltò immediatamente verso di lei. Sul suo viso apparve un grande sorriso e si precipitò verso la lupa, l’abbracciò con trasporto e dopo essersi staccata le sfiorò la fronte con le labbra.
« Sansa, ti trovo bene e sei diventata davvero carina. » si complimentò lasciandola andare. Sembrava felicissima di vederla e pure la lupa lo era.
« Grazie. Come stai? » domandò e il suo sguardo cadde sul piccolo Robert che le aveva raggiunte di corsa e si era nascosto dietro alla madre, stringendo la lunga gonna del suo abito. La fissò con sguardo timido. Sansa non poté fare a meno di addolcirsi davanti a quel tenero visetto e si chinò verso di lui.
« Robert, lei è tua zia Sansa. » la presentò Alicia, rivolgendosi al figlio e spostandosi per darle modo di vedere meglio il bambino. Questo rimase fermo, immobile come una statua. Nei suoi occhi viola si lesse sorpresa, però un sorriso apparve sul suo piccolo volto paffuto e mostrò i suoi dentini bianchi.
« Ciao. » la salutò timidamente. La ragazza gli sorrise e lo abbracciò, stringendolo a sé con affetto. La serva che teneva in braccio la neonata le raggiunse e consegnò la piccola alla madre. La donna la cullò tra le braccia. La Stark si drizzò in piedi e le si avvicinò con sguardo curioso. Dalla coperta bianca spuntavano un bel visetto, profondamente addormentato, e due piccole manine, di cui una intenta a stringere la parte superiore della coperta che l’avvolgeva.
« Com'è bella! » osservò Sansa. L’amica le diede la figlia in modo che la potesse tenere in braccio e fissarla meglio. Joanna non aprì gli occhi e continuò a dormire come se nulla fosse. Stava diventando piuttosto simile a sua madre e non ci sarebbe voluto molto prima di diventare uguale a Emily andando avanti così. « Ti assomiglia. » aggiunse, restituendola alla madre. Questa sorrise con aria soddisfatta.
« Purtroppo non è un maschio. » notò tristemente la donna. « Dimmi, come sono questi pretendenti? » chiese cambiando subito discorso e in risposta l’altra alzò e abbassò le spalle con aria incerta.
« Uno di loro è Loras Tyrell, forse l’unico decente tra tutti. » rispose sinceramente. Con lei poteva essere se stessa, dire quello che pensava veramente.
« Può darsi. » confermò incerta la rossa. Riconsegnò la figlia alla serva e le diede ordine di fare sistemare le sue cose nella sua stanza e di occuparsi dei suoi figli. « Andiamo in giardino? » propose, prendendola a braccetto, e insieme si diressero verso il giardino del castello.
Passarono il resto della mattinata in giardino raccontandosi le ultime novità. A parte la ricerca di un nuovo fidanzato, Sansa non ne aveva di nuove, invece la sua amica neanche una. In realtà passarono la maggior parte del tempo a discutere su quale pretendente fosse il più adatto per la lady. Alla fine nessuno di loro piaceva a Emily, senza contare che sospettava che in realtà a Loras piacessero gli uomini, o almeno si trattavano solo di pettegolezzi che erano giunti alle sue orecchie. La cosa non le importava. Tuttavia se Sansa avesse sposato Loras e quelle voci si sarebbero rivelate fondate, avrebbe finito per soffrire e le sembrava che avesse già sofferto abbastanza. Alla fine la scelta del futuro marito della Stark non sarebbe toccata a loro, ma forse Cersei avrebbe accettato la loro opinione in merito, sebbene fosse solo una vana speranza e Alicia non ci contava particolarmente.

Le settimane seguenti trascorsero velocemente senza ulteriori nuovi eventi. Dal Nord non arrivano proprio buone notizie e sembrava che Robb stesse per sposare una giovane di cui, a quanto sembrava, si era sinceramente innamorato. Però Emily aveva come un brutto presentimento. La gelosia non c'entrava nulla, o per lo meno così la pensava lei. Semplicemente temeva che lord Frey si sarebbe vendicato, offeso dal fatto che Robb avesse messo da parte sua figlia per sposare quella ragazza. L’unica consolazione era che si trattasse di un matrimonio d’amore, però per la Targaryen non si trattava di una gran consolazione e anche Sansa, che sebbene aveva sempre avuto un gran debole per le unioni d’amore, non appariva molto positiva.
Alla fine Cersei e suo figlio Joffrey decisero che Sansa avrebbe dovuto sposare il piccolo Tommen Baratheon. Per diverso tempo la loro sarebbe stata solo un’unione più simile a quella di due amici, magari addirittura fratelli. Il principe era completamente diverso dal re: dolce e gentile, in un certo senso avrebbero potuto definirlo perfino ingenuo. Per Emily e per la sua futura moglie questa era una grande consolazione. C’era la possibilità che crescendo il bimbo diventasse simile a suo zio Jaime, ereditato anche la sua bellezza; ciò era altamente probabile, siccome gli assomigliava già parecchio.
Come previsto dalle due amiche, la loro relazione si dimostrò piuttosto simile a quella che univa due amici, più che due coniugi. Sansa passava la maggior parte del tempo con il suo neo-sposo a giocare con i giochi di questi. Sembravano sinceramente felici tutti e due e finalmente, dopo diverso tempo, troppo, Alicia poteva vedere di nuovo un vero sorriso allegro sul volto della Stark. Si augurava con tutto il cuore che la loro felicità sarebbe durata molto tempo, possibilmente fino a quando non fossero stati entrambi anziani, e sperava che un giorno, non particolarmente vicina data l’età del bambino, avessero tanti bambini dai capelli dorati, come aveva sempre sognato la sua amica.
Poco tempo dopo al matrimonio di Sansa e Tommen, Emily si trovava nel giardino del castello in compagnia di Margaery Tyrell. La futura regina si era dimostrata un’inaspettata piacevole compagnia e Alicia chiacchierava volentieri con lei. Margaery non era solo una bellissima ragazza, forse una delle più belle dei Sette Regni, ma anche molto intelligente, oltre al fatto che condivideva l’ambizione del resto della sua famiglia. Al contrario di lei non le dispiaceva sfruttare una parte del suo tempo per ricamare e se la cavava pure piuttosto bene. In quel momento stava cucendo una bellissima rosa: i petali formati con del filo rosso, mentre il gambo e le foglie da uno di colore verde.
« Ve la cavate piuttosto bene con il ricamo. » notò sinceramente colpita la rossa, osservando con attenzione il lavoro della lady, come faceva di solito con quello della lupa. L’altra distolse lo sguardo dal ricamo e si voltò verso di lei fissandola con attenzione. Forse stava cercando di capire se fosse sincera?
« Grazie, ma voi non ricamate? » chiese curiosa. L’altra scosse la testa, agitando la lunga chioma, e la sua risposta provocò un’espressione di stupore sul volto della Tyrell. « Penso che siate una delle poche lady di questo regno.» notò con tono scherzoso.
« Sapete, io sono cresciuta come una bastarda, quindi non è che il fatto che sapessi ricamare fosse molto importante. » commentò la Targaryen, sistemandosi una ciocca di capelli dietro all'orecchio. « Confesso che a volte preferirei essere ancora una bastarda che portare un nome e un cognome che non sento miei. » ammise. Prima che la bruna potesse rispondere, una voce maschile le interruppe. Voltandosi la rossa vide un servo, di cui ignorava il nome, che la fissava attentamente.
« La regina madre desidera vedervi urgentemente, lady Alicia. » disse semplicemente. La giovane si drizzò in piedi e si sistemò la gonna del vestito con le mani. Prima di andarsene si scusò con la sua compagna e poi seguì il servo all'interno del castello.
Questi la condusse fino alla sala del trono. Quando entrò non poté fare a meno di rabbrividire alla vista che le si presentò davanti: Cersei Lannister, in piedi accanto al figlio seduto sul Trono di Spade, intenta a tenere in braccio suo figlio Robert. La sala era mezza vuota, oltre a loro c’erano solo due membri della Guardia Reale con le loro belle armature lucidate. Avanzò nella grande stanza e con pochi passi si ritrovò al cospetto del re. Si inginocchiò ai suoi piedi, poggiando le ginocchia e la parte inferiore delle gambe sul pavimento di pietra. Abbassò lo sguardo, non osando fissare i due leoni.
« Sembra che non sarò più l’unica regina madre in questo palazzo. » annunciò Cersei e la rossa alzò lo sguardo verso di lei, fissandola perplessa. La bionda strinse il bambino che teneva tra le braccia. Robert fissava la madre sorridendo. Tra loro due doveva essere quello che ci stava capendo meno di tutti in questa storia. « I Frey hanno tradito e ucciso Robb Stark, di conseguenza tuo figlio è il nuovo re del Nord. » annunciò la regina madre, come se fosse la cosa più normale del mondo. Joffrey scoppiò in una risatina di scherno.
Ad Alicia occorse qualche secondo per realizzare la notizia. I suoi occhi si spalancarono e istintivamente si alzò in piedi, facendo un passo all'indietro sconvolta.

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Capitolo 15
*** 15 Capitolo ***


Precisazione: Robert ha due anni circa, mentre sua sorella Joanna ha sei mesi. Non sono brava in matematica e sono diventata matta per far quadrare i tempi della mia storia con quelli originali della serie tv, però penso di esserci riuscita.

Per il nuovo re del Nord non era cambiato nulla, ma sua madre dubitava che i lord e le lady del Nord lo considerassero il loro re, siccome era pur sempre un bastardo e stava crescendo in mezzo ai leoni. Senza contare che sua madre ora era una Lannister, sebbene lei avrebbe fatto a meno di sposare Tyrion se non fosse stato l’unico modo di salvare suo figlio, anche se Tyrion era un buon marito e trattava entrambi i suoi figli con grande gentilezza. Non si sarebbe sorpresa se alla fine Robert lo avrebbe chiamato “papà”, anche se non era il suo padre biologico e temeva che Cersei e Tywin non avrebbero gradito molto.

Mancavano pochi giorni al matrimonio tra Margaery Tyrell e Joffrey Baratheon e molti degli ospiti erano giunti per le nozze. Tra loro c’era anche il principe Oberyn Martell e la sua amante Ellaria Sand. Mancava solamente una cerimonia di nozze a quei due per potersi definire sposati a tutti gli effetti, però lei era una bastarda e quindi non poteva sposarsi. Tuttavia a loro sembrava non importare, non avevano bisogno di un rito religioso per stare insieme a tutti gli effetti.
Cersei Lannister aveva mandato Emily a controllare se la coppia si trovasse bene e le stanze fossero di loro gradimento. La giovane non sapeva come mai avesse deciso di spedire lei. Forse, visti i trascorsi tra la sua famiglia e quella dei Martell e i preparativi per il matrimonio da ultimare, aveva preferito mandare lei.
In ogni caso, la rossa avrebbe preferito passare del tempo con Sansa piuttosto che andare da quei due, tuttavia non aveva altra scelta. Camminò per i corridoi come un’anima in pena. Quando arrivò davanti alla porta della camera da letto di Oberyn ed Ellaria, bussò alla porta e sul suo viso apparve il più bel sorriso finto che potesse ottenere. Pochi secondi dopo la porta si aprì, mostrando una giovane e affascinante donna dai lunghi capelli scuri e mossi, che la fissava allibita con i suoi occhi neri. La sua pelle era di colore olivastro. Il suo vestito era di colore arancione e le arrivava fino ai piedi, dove portava dei sandali di cuoio marrone. Le spalline del vestito erano quasi inesistenti e gran parte delle braccia, della pancia e del seno era lasciata scoperta.
« Scusate, ma voi chi siete? » chiese interrogativa la donna.
« Sono lady Alicia Lannister, la moglie di lord Tyrion, il Primo Cavaliere del Re. » rispose, cercando di non manifestare il grande disagio che stava provando in quel momento. Ellaria rimase un attimo in silenzio e poi sul suo volto apparve un sorriso caloroso.
« Ah, giusto. Entrate pure. » la invitò la donna, spostandosi per lasciarla passare. Alicia si sistemò una ciocca dietro all'orecchio ed entrò nella stanza. Questa non appariva tanto diversa dalla sua, sebbene fosse di dimensioni minori. Oberyn Martell si trovava davanti alla grande finestra presente nella parete e la guardava curioso. « Oberyn, ti presento lady Alicia Lannister. » spiegò la donna, avvicinandosi all'uomo e sistemandosi alla sua destra.
« Ho sentito parlare di voi: la bastarda che è diventata una principessa! Anche se immagino sarebbe, forse, più opportuno dire lady. » osservò sorridendo anche il bruno. La Vipera Rossa era un uomo di circa cinquant'anni, sebbene Alicia non sapesse la sua età esatta. L'uomo aveva capelli neri, mossi, con un evidente picco della vedova, che secondo le voci avevano ereditato tutte le sue figlie. I suoi occhi erano di colore nero e la pelle olivastra. Non sembrava un uomo particolarmente affascinante, però si diceva in giro che fosse un amante passionale, sebbene di questo alla rossa non importava.
« Non sono una principessa, anche se ormai la regina Cersei mi ha dato il suo stesso titolo di regina madre. » spiegò, sperando di non averlo confuso.
« Sì, ho sentito dire che secondo i Lannister vostro figlio è il legittimo re del Nord. » osservò il principe, prima di avvicinarsi al tavolo presente nella stanza per prendere una brocca piena di chissà cosa e rovesciarne un po’ del contenuto, che si rivelò essere del vino, dentro a un calice d’argento. Con sua grande sorpresa glielo allungò. Esitò prima di prenderlo a causa della sorpresa e sul volto di lui apparve un sorriso divertito. « Giuro che non l’ho avvelenato. » affermò, trattenendo a stento una risata divertita.
« Lo spero. » ribadì, cercando di prenderla anche lei sul ridere.
« Ellaria, per favore, puoi andare da lord Baelish? Sai, per quella cosa... » lui e la sua amante si scambiarono un’occhiata di intesa. Dopo aver sorriso ad Alicia, Ellaria uscì fuori dalla camera lasciandoli lì da soli. La bastarda doveva ammettere, sebbene non l’avrebbe mai detto a voce, che si sentiva un po’ a disagio nel ritrovarsi sola con quell'uomo. Bevette un grosso sorso di vino. Questo si rivelò essere un grosso errore, siccome per poco non le andò di traverso a causa del sapore fortissimo e tossì portandosi una mano alla bocca.
« Scusate, avrei dovuto avvertirvi che si trattava di vino di Dorne. Sapete, è più forte rispetto al vostro. » si scusò Oberyn, nonostante non riuscisse a trattenere nuovamente una risata divertita. Lei lo fulminò con lo sguardo, ma poi scoppiò a ridere seguita a ruota dal bruno.
« Non importa, è solo che è decisamente troppo forte. » rispose, asciugandosi la bocca con il dorso del braccio. « Ah, me ne stavo dimenticando! Cersei mi ha mandata qua per chiedervi come vi trovavate e se la sistemazione è di vostro gradimento. » ricordò solo in quel momento. L’altro si guardò attorno e poi annuì.
« Perfetta! » affermò infatti con aria sinceramente soddisfatta. Lei finì il suo calice di vino e lo posò sul tavolo.
« Bene, allora io vado. » fece per raggiungere la porta ed uscire, ma prima che potesse fare anche solo un passo avvertì la sua presa stretta sul suo braccio e si voltò a fissarlo sorpresa. « Ehm… Vi serve qualcosa? » chiese temendo di sciogliersi davanti allo sguardo seduttore che le stava lanciando. Se lo ritrovò poi a pochissimi centimetri di distanza, tanto che i loro corpi per poco non si toccavano, e lei trattenne il fiato ammutolita.
« Perdonatemi. » la lasciò andare. Lei avvertì un forte senso di sollievo e tirò un sospiro.
« Non importa. » rispose, fingendo un tono tranquillo. « Ora scusate, ma devo proprio andare. » continuò, però prima che potesse avvicinarsi alla porta per uscire l’uomo parlò.
« Un attimo, lady Alicia. Vi prego, bevete qualcosa con me. » affermò e le sue labbra si curvarono in un grande sorriso. « Mi piacerebbe pure visitare il castello. Mi hanno sempre insegnato che bisogna essere gentili con gli ospiti, a voi noi? » chiese allungandole il calice.
« Sì, me lo hanno sempre detto, principe Oberyn. » rispose con sguardo incerto. Oberyn era indubbiamente un uomo dal grande fascino, sebbene non si potesse definire fisicamente attraente. Sembrava una persona decisa, che sapeva perfettamente quello che voleva. In quel momento Alicia non credeva di sapere cosa volesse, specialmente da lei.
« Bene, perciò potete accompagnarmi in giro per il castello e a visitare il giardino. » propose con un tono che non ammetteva repliche. Lei rimase in silenzio non sapendo cosa fare e dire.
« Va bene, penso che si possa fare. » acconsentì, anche se sentiva che se ne sarebbe pentita. Aveva come un brutto presentimento e con la sua fortuna si sarebbe di sicuro messa in qualche guaio.
« Bene, perciò dopo pranzo potremmo vederci. » propose e lei bevette un sorso del suo vino, finendolo nuovamente e posandolo sul tavolo.
« Siamo d’accordo. Ci vedremo dopo pranzo e vi mostrerò il castello e i giardini. » rispose sempre più certa che avrebbe finito per pentirsi di quella decisione.
« Però diamoci del tu, va bene? » propose l'uomo. La rossa scosse la testa, agitando la lunga chioma.
« Non penso che la mia cara cognata e suo padre gradirebbero, senza contare che credo sia meglio mantenere le distanze. » esclamò, posandogli una mano sul petto. La sua camicia ne lasciava scoperta la parte iniziale e poté in quel modo avvertire il calore della sua pelle, così allontanò velocemente la mano. Uscì fuori dalla stanza senza aggiungere una parola e ripetendo tra sé e sé: "sei sposata, non te lo dimenticare! La tua sopravvivenza e quella dei tuoi figli dipende anche da questo". Lo ripeté diverse volte, mentre ritornava nella sua camera da letto. Tuttavia questo non l’aiutò a dimenticare la Vipera Rossa che, inutile dirlo, l’aveva ammaliata con la sua calda voce e i modi galanti.

Qualche minuto dopo

Quando Ellaria Sand rientrò nella sua stanza, trovò il suo amante seduto al loro tavolo intento a rigirarsi tra le dita un coltello dalla lama piuttosto lunga e dall'elsa foderata di cuoio nero. La donna si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò all'uomo.
« Spero che tu non intenda conficcarlo nello stomaco di quella bella e giovane lady che è venuta a darci il benvenuto. » osservò, afferrandogli le spalle e iniziando a massaggiargliele piano. Il bruno posò l’arma sul tavolo di legno e si voltò verso Ellaria.
« Lo sai che non mi piace versare del sangue innocente, e poi Tyrion Lannister non è responsabile di quello accaduto a mia sorella e ai miei nipoti. » commentò alzandosi in piedi. Afferrò la bruna per la vita e l’attirò a sé.
« Pensavo che considerassi tutti i Lannister colpevoli, ma forse lunghi capelli rossi come il fuoco e occhi marroni, con le pagliuzze dorate, ti ha ammaliato. » il suo tono non suonava accusatorio, anzi sembrava trovare la cosa divertente. « Quanti anni ha? Venti? » domandò sorridendo divertita. L’altro le accarezzò la schiena.
« Diciannove, credo. » l’altra scoppiò a ridere e cominciò a lavorare con i lacci della sua camicia.
« Non è un tantino giovane? » lo prese in giro, sebbene non lo pensava per davvero, anche se in effetti era così. « Ti caccerai in un mare di guai, lascia perdere. » lo avvertì, togliendogli la camicia e accarezzandogli il petto.
« Andrà tutto bene, ne sono sicuro. » la bastarda scosse la testa, siccome era in disaccordo con le sue parole.
« I Lannister non saranno contenti e a rimetterci sarà quella povera ragazza. » esclamò e stavolta lui non disse nulla. La lasciò andare dirigendosi verso il letto e sedendosi sopra di esso.
« Hai ragione. » rispose infine. La donna gli si avvicinò, sedendosi vicino a lui sul letto, e gli prese le mani tra le sue stringendogliele leggermente.
« Beh non devi rinunciare per forza a lei. » osservò. Il bruno si voltò verso di lei, guardandola sorpreso. La bruna allungò le mani fino alla parte superiore del vestito e lentamente iniziò a farselo scivolare verso il corpo sottile. Una volta che la seta fu arrivata alla vita, lasciando liberi i seni, si sistemò sopra di lui.
« Cosa intendi dire? » chiese confuso e un sorriso divertito apparve sul volto di Ellaria.
« Basterà fare un po’ attenzione ed impedire che altri lo scoprano. Non sarà poi tanto difficile e magari capelli rossi potrebbe gradire la mia presenza. » non sarebbe stata la prima volta che dividevano un’amante, però bisognava vedere se la giovane in questione sarebbe stata d’accordo. Oberyn temeva che Emily non avrebbe acconsentito ad una cosa del genere, o almeno non subito, sebbene potesse essere divertente in un certo senso. « Naturalmente dovrà bere il Té della Luna, altrimenti sarà un po’ difficile spiegare l’eventuale nascita di una bambina dai capelli e gli occhi neri, oltre che dalla pelle olivastra. » scherzò. Tuttavia il principe non lo trovava particolarmente divertente. Non disse nulla e la baciò con passione sulle labbra.
« Un vero peccato che sia sposata, perché altrimenti sarebbe stato tutto più facile. » considerò l’uomo. Ellaria sorrise divertita e lo baciò nuovamente sulle labbra.

Poco tempo dopo

Mezzogiorno era passato da diverso tempo e Oberyn si chiedeva quando sarebbe arrivata la sua guida, però non dovette aspettare tanto prima di sentire bussare alla porta. Si precipitò verso di essa per aprirla e dinanzi a lui apparve Alicia.
« Buongiorno. » la salutò e le labbra della giovane si curvarono in un timido sorriso.
« Allora, vogliamo iniziare il nostro giro? » appariva meno timida di quella mattina e di questo la Vipera Rossa ne era contento.

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Capitolo 16
*** 16 Capitolo ***


La passeggiata di Oberyn ed Emily era stata seguita da altre e in giro la gente aveva iniziato a mormorare. Le presunte corna del Folletto sembravano essere diventate l'argomento dell'anno, seguito solo dalle future nozze reali.
Tre giorni prima del suo matrimonio con Margaery Tyrell, Joffrey Baratheon tirò fuori una vecchia legge. In base a questa, mai rispettata ma ancora in vigore, se una donna sposava un uomo molto giovane, un parente maschio di questi, il più vicino possibile di parentela, avrebbe consumato il matrimonio al posto dello sposo, solo per renderlo valido. Alicia escogitò uno stratagemma per evitare che fosse proprio Joffrey a consumare quel matrimonio. L'unico problema era quello di convincere Jaime Lannister ad adempiere ai doveri coniugali al posto di Tommen e del re.
Quel giorno, piena di determinazione, dopo aver fatto colazione, si mise alla ricerca di Jaime Lannister sicura che lui avrebbe trattato Sansa sicuramente meglio di Joffrey. Una serva le disse che l'avrebbe trovato nella sua stanza nella torre riservata alla Guardia reale e si diresse perciò verso il posto. Una volta arrivata non fu difficile trovare la stanza del leone, grazie anche all'aiuto di un membro della guardia. Una volta giunta davanti alla porta di legno bussò, sperando di trovarlo. La porta subito dopo si aprì mostrando Jaime con solo dei calzoni, ma la rossa non si agitò e parlò tranquillamente.
« Buongiorno, vorrei parlarvi. » disse semplicemente. L'altro la guardò sorpreso, perché per vari motivi non avevano mai scambiato molte parole, quasi nulla. La invitò a entrare e la rossa ubbidì. La camera si rivelò abbastanza grande e luminosa, grazie ai due finestroni presenti sulla parete sinistra. C'era un letto a baldacchino da coperte e tende di colore bianco. Un tavolo di legno dalla forma rettangolare si trovava contro una parete, con due sedie accanto.
« Cosa posso fare per voi? » chiese gentilmente, offrendole anche del vino che si trovava dentro una brocca sul tavolo. Rifiutò il vino, preferendo restare lucida.
« Perdonatemi se vengo a disturbarvi, tuttavia sono costretta perché devo chiedervi aiuto. » rispose e lo guardò mentre si versava del vino dentro ad un calice e ne bevette un sorso, per poi voltarsi verso di lei.
« Sentiamo, cosa posso fare per voi? » domandò ancora, bevendo un altro sorso di vino.
« Avete sentito cosa vuole fare il nostro caro re? » chiese cercando di trattenere la rabbia, sebbene avrebbe voluto spaccare tutto.
« Mi pare di aver sentito qualcosa. » rispose Jaime, posando il calice ormai vuoto sul tavolo.
« Bene, perciò saprete perché sono qui. » esclamò contenta di non dovergli spiegare proprio tutto. Il biondo si diresse verso il letto e si sedette sopra di esso.
« Volete chiedermi di andare a letto con Sansa. Quanti anni ha adesso? » nel suo tono si leggeva una certa disapprovazione.
« Quattordici. » rispose l'altra e tirò un sospiro, passandosi una mano tra i capelli con fare nervoso.
« Credetemi, neanche a me e a Sansa piace questa situazione, ma meglio voi che Joffrey. » non riuscì a trattenersi e si augurò che non se la prendesse per il suo commento sul sovrano.
« Va bene. » acconsentì e lei lo fissò con gli occhi spalancati, perché non si aspettava che sarebbe stato così facile.
« Però, come ormai saprete, un Lannister paga sempre i suoi debiti. » affermò e la donna sorrise scuotendo piano la testa.
« Mi sembrava che fosse troppo facile. » esclamò infatti e Jaime si drizzò in piedi.« Sentiamo, cosa volete in cambio? » continuò.
« Voglio che siate voi a dirlo a mia sorella, semplice. » sarebbe stata una missione suicida, o meglio così avrebbe potuto rivelarsi.
« Accetto. » non poteva rifiutarsi ed era per il bene di Sansa che lo faceva.

Come aveva previsto, affrontare la regina madre non si rivelò un'impresa facile, però la donna parve accettare la sua proposta. Parlare e convincere Joffrey non fu altrettanto facile ed Emily dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non strozzarlo. Quello che la faceva arrabbiare di più era che lui prima buttava via la sua amica come una scarpa vecchia e adesso voleva per forza mettere le sue brutte manacce sulla sua tenera e morbida pelle chiara. Alla fine tutto si risolse per il meglio e quella sera stessa Jaime si recò dalla Stark.

Tre giorni dopo

Il giorno delle nozze arrivò velocemente e tutti apparivano emozionati e felici. Margaery appariva davvero splendida quel giorno, se possibile più bella del solito. Sembrava felice, tanto che Emily si chiedeva se fosse consapevole di cosa andasse incontro o se la sua felicità fosse solo di facciata. Alle nozze seguì un grande banchetto e vari intrattenimenti per festeggiare gli sposi. Peccato che quella giornata di festa venne presto rovinata da Joffrey, che non perse tempo per umiliare il suo povero zio. La moglie di questi ad un certo punto esasperata stava per intervenire quando, in un caro ennesimo segno di provocazione, il giovane chiese al Folletto di servirgli del vino. Prima che la zia del sovrano potesse dirgliene quattro, venne fermata dal marito che le consigliò di andare a fare una passeggiata. Dopo aver annuito, lei si drizzò in piedi e uscì fuori dalla Sala del trono di Spade, dove si stava tenendo il banchetto nuziale. Non passò molto tempo prima che venisse raggiunta in giardino da Jaime Lannister. L'uomo aveva una brutta espressione sul viso e si fermò davanti a lei con il fiatone e l'aria di chi avesse appena visto un fantasma.
« Hanno avvelenato il re e Cersei accusa Tyrion! » spiegò con le parole rotte dal fiato mozzo. Sconvolta l'altra si alzò in piedi.
« Joffrey è morto? » chiese, in fondo per nulla dispiaciuta. Il leone parve riprendersi e cercò di darsi un certo contegno.
« Sì e Cersei sembra essere impazzita. » rispose il biondo. Senza dargli tempo di dire altro, la donna corse via precipitandosi dagli altri invitati. Tyrion Lannister senza volerlo le aveva fatto un favore consigliandole di allontanarsi, poiché non essendo stata presente al momento del presunto avvelenamento non potevano accusarla di nulla. Tuttavia ciò non impedì a Cersei di segregarla in camera fino al giorno del processo.

Tempo dopo

Quando finalmente le fu permesso di uscire dalla sua camera, Emily ne approfittò per precipitarsi nelle prigioni del castello. Ma quando arrivò davanti alla porta che conduceva in esse, trovò a sbarrarle la strada una guardia che la guardava male, come se volesse ucciderla solo con lo sguardo, però la rossa non si lasciò intimorire.
« Desidero parlare con mio marito, lord Tyrion. Penso di averne tutto il diritto. » protestò, fulminando con lo sguardo l’uomo. Ma questi non si spostò neanche di un millimetro, continuando a guardarla male. Sembrava deciso a non farla passare e, probabilmente, dietro alle sue azioni c’era la cara Cersei.
« Sua maestà ha detto di non far passare nessuno, lady Alicia. » ribadì con decisione la guardia. La giovane fece un passo indietro, tuttavia non aveva alcuna intenzione di arrendersi e desiderava andar avanti con la sua decisione e visitare suo marito.
« Nessuno o me in particolare? » esclamò infatti, senza sforzarsi minimamente di trattenere la rabbia che le ardeva dentro. Strinse i pugni delle mani, facendo diventare le nocche delle dita bianche.
« Vi prego di andarvene, tornate nella vostra stanza o andate a farvi un giro per il castello, magari con il vostro amante di Dorne. » sollevò la mano a quelle parole e gli colpì con forza una guancia, lasciandogli perfino il segno della mano.
« Come osate parlarmi così? Io sono una Lannister! » protestò ancora più arrabbiata di prima. « E pretendo di palare con mio marito! » aggiunse. Prima che se ne rendesse conto, alcune guardie arrivarono alle sue spalle e la trascinarono via, stringendole con forza le braccia tanto che temeva avrebbero finito per rompergliele.
« Tyrion! » urlò con tutta la forza che aveva in gola, sperando che il marito la sentisse.
La condussero a forza nella sua stanza e una volta lì la chiusero dentro a chiave. Si precipitò di corsa verso la porta, sbattendo i pugni contro di essa.
« Liberatemi subito. Lasciatemi andare, ho tutto il diritto di vedere mio marito! » strillò in preda alla collera che adesso non riusciva proprio più a trattenere.
« Se pensate di tenermi qui rinchiusa vi sbagliate di grosso. » continuò parlando ancora più forte per essere sicura che la sentissero, nel caso si fossero allontanati lasciandola lì da sola. Giurò a se stessa che non si sarebbe arresa nei minuti che seguirono, determinata a liberare suo marito, siccome era sicura che fosse innocente.

Quella sera

Quando quella sera sentì la chiave che girava nella serratura della porta, si drizzò in piedi velocemente da sopra al letto sul quale aveva passato gran parte della giornata e si precipitò verso di essa, sperando che chiunque fosse le portasse delle buone notizie. La porta si aprì, mostrandole il nuovo re in persona. Tommen stava bene nei suoi abiti bianchi, con cuciture dorate lungo le maniche della casacca che indossava di color beige. L’altra accennò subito ad un inchino, però il ragazzino le fece immediatamente segno di alzarsi e lei ubbidì. La guardava con i suoi occhi color smeraldo. Assomigliava molto al fratello, però sul suo volto leggeva tutta la bontà che Joffrey non aveva mai lontanamente posseduto. Dopo un attimo di silenzio parlò.
« Zia, vi devo parlare. » spiegò, come se lei non l’avesse già capito. Infatti la vera domanda che si stava ponendo era come mai si trovasse lì.
« Domani ci sarà il processo di lord Tyrion e immagino che voi verrete chiamata a testimoniare. Fino a quel momento resterete rinchiusa in questa stanza. » annunciò, e neanche questo la sorprese. Tirò un sospiro e si passò una mano tra i capelli rossi con fare nervoso.
« Mi chiameranno per testimoniare solo nella speranza che peggiori la situazione di Tyrion. Non mi stupirebbe se cercassero di modificare le mie parole in modo che questo accada. » osservò. Non nutriva alcuna fiducia nella giustizia del regno, tanto meno ora che di mezzo c’erano Cersei Lannister e suo padre Tywin, che aveva sostituito al momento Tyrion come Primo Cavaliere del Re. Entrambi odiavano profondamente suo marito e la prima era sicurissima della sua colpevolezza.
« Mi dispiace, ma temo che non potrete rifiutarvi di testimoniare semmai dovessero chiamarvi a farlo. » esclamò e purtroppo lei sapeva perfettamente che aveva ragione. Gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla e stringendogliela leggermente.
« Sarete un buon re, anche se non ci vuole molto per superare in questo vostro fratello. » notò e Tommen annuì, segno che doveva pensarla come lei.
« Farò del mio meglio zia. Ora perdonatemi, però devo tornare da mia moglie e occuparmi di alcune questioni. » disse congedandosi da lei e uscendo fuori dalla stanza, lasciandola da sola.

Il giorno dopo

Non la chiamarono a testimoniare; forse Cersei temeva che mentisse per salvare suo marito. Passò la maggior parte della giornata del processo andando avanti e indietro nella stanza. Le ore passarono velocemente, sebbene lei non se ne rendesse conto. Ad un certo punto sentì bussare alla porta e subito dopo la chiave che girava nella serratura per aprirla. Cersei apparve dinanzi a lei con un’aria corrucciata e intuì che le cose non dovevano essere andate come sperava. Forse suo marito era stato dichiarato innocente, però dubitava che fosse così e sentiva che doveva essere un altro il motivo per cui non era contenta.
« Vostro marito ha chiesto il giudizio degli dei. Sapete questo cosa significa? » chiese furiosa, fulminandola con lo sguardo, come se fosse colpa sua tutta questa situazione.
« Se è innocente, cosa di cui sono sicura, il cavaliere che ha scelto per rappresentarlo vincerà e morirà l’altro che lo sfiderà. » rispose. Le sue parole sincere le costarono uno schiaffo da parte della bionda.
« Tuo marito è un maledetto traditore che ha ucciso suo nipote, il suo re! » esclamò e detto questo uscì fuori dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle. La donna promise a se stessa di fare tutto in suo potere per salvare suo marito. Tutto.

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Capitolo 17
*** 17 Capitolo ***


Due figure cavalcavano su dei cavalli in un sentiero del bosco che si trovava a meno di un chilometro dalle mura che circondavano Approdo del Re.
La figura più avanti era di corporatura sottile, indossava un mantello di colore scuro e teneva il cappuccio calato sulla testa che nascondeva i tratti del viso, rendendola irriconoscibile. La seconda persona con lei, invece, aveva una corporatura decisamente meno snella e indossava pure lui un mantello con il cappuccio calato sul capo, quindi anche la sua identità appariva celata.
« Manca molto alla nostra destinazione? » chiese una voce maschile all'altra persona. Questa si fermò, ma non si voltò.
« Non tanto, siamo vicini. » rispose e poi continuarono il loro cammino.
Alla fine arrivarono vicino ad un piccolo laghetto dall'acqua trasparente che lasciava intravedere il fondale; c’era una cascata alta e dall'aria abbastanza imponente. La prima figura scese da cavallo e condusse il suo destriero fino ad un albero, dove lo legò al tronco in modo che non scappasse, e lo stesso fece l’uomo che era con lei.
« Siamo arrivati. Ho scoperto questa meraviglia della natura per caso facendo un giro nel bosco. Mi piace venirci e andare a cavalcare qua attorno. » affermò, levandosi il cappuccio e scoprendo una lunga chioma rosso fuoco.
« In effetti è molto bello come posto. » confermò l’uomo che nel frattempo era sceso da cavallo e si era tolto il cappuccio, rivelando la sua identità. Non era altri che il principe Oberyn Martell. Si avvicinò alla ragazza che gli sorrise ammaliante. « Come mai mi avete portato qua? » domandò curioso. In risposta lei si slacciò i lacci del vestito, sotto lo sguardo sorpreso di Oberyn, siccome fino a quel momento era stata tanto pudica e fedele al marito. Proprio ora, mentre questi si trovava in prigione in pericolo di vita, sua moglie si comportava in quel modo.
« Vi va di fare un bagno? » propose tranquillamente, restando con addosso solo una sottoveste bianca e scollata che mostrava buona parte dei seni. Detto questo corse verso l’acqua e si buttò al suo interno, provocando un grande spruzzo. Un istante dopo riemerse tutta bagnata dall'acqua e si drizzò in piedi. Ormai la sua sottoveste era diventata semitrasparente e lasciava intravedere gran parte del corpo sotto di essa che, in teoria, avrebbe dovuto celare alla vista dell'uomo.
« Va bene. » acconsentì, non intendendo lasciarsi sfuggire una simile occasione. Si svestì velocemente, restando solo con dei calzoncini addosso. Ma quando ebbe finito di spogliarsi, alzò lo sguardo e con sua grande sorpresa scoprì che la rossa era sparita alla sua vista, scomparsa senza lasciare traccia. Rimase un attimo perplesso, finché i suoi occhi scuri non caddero sulla cascata. Si domandò se per caso dietro di essa non ci fosse l’ingresso di una grotta ed Emily fosse andata proprio lì a nascondersi per fargli un qualche dispetto.
Si precipitò verso l’acqua, si buttò dentro di essa e nuotò verso la cascata. Quando l’attraversò scoprì di avere ragione e che celava agli occhi della gente un altro lago, più o meno delle stesse dimensioni di quello all'esterno. La sua compagna si trovava seduta su una roccia a riva con i piedi ammollo nell'acqua. La grotta era immersa nella semioscurità, tuttavia Oberyn riusciva a vedere lo stesso chiaramente.
« Vedo che mi avete trovata senza problemi. » notò con un sorriso seducente sul volto. La raggiunse e iniziò ad accarezzarle le gambe magre. Lei si gettò tra le sue braccia, avvolgendole attorno al suo collo, e si aggrappò con le gambe alla sua vita. Il bruno le accarezzò allora la schiena.
« Siete una donna piena di sorprese, oltre che affascinante. » commentò compiaciuto. La donna gli sorrise, intrecciando le dita delle mani dietro al suo collo.
« Grazie, però non sono l’unica purtroppo. » il suo volto si rattristò. « Cersei è capace di tutto e se le cose andranno come penso, presto mi ritroverò vedova. » aggiunse.
« Ho sentito che vostro marito ha chiesto un duello per stabilire la sua innocenza; se il suo cavaliere vince vuol dire che gli dei hanno decretato la sua innocenza. » esclamò, ricordando quanto sembrava felice Cersei di venire a conoscenza della decisione del fratello alla fine del processo.
« Sì e temo che Cersei chiederà alla Montagna di rappresentarla. » Oberyn aveva già pensato a quella possibilità e il solo pensiero gli provocava un’ira cieca. « Sbaglio o è lui che ha violentato e ammazzato in quel modo talmente brutale Elia e i vostri nipoti? » continuò. La lasciò andare e la giovane gli lanciò un’occhiata solidale alla vista della brutta espressione apparsa sul suo volto.
« Non ho mai potuto fare giustizia. Robert è apparso così sollevato quando ha saputo di quali crimini si fosse macchiato quell'animale. Io e mio fratello non abbiamo mai avuto giustizia. » disse socchiudendo gli occhi, fino a ridurli a due fessure.
« Questa potrebbe essere la vostra occasione. Combattete per mio marito. » offrì la rossa, avvolgendo di nuovo le braccia attorno al suo collo e il principe l’afferrò per la vita stringendola a sé.
« Potrebbe essere proprio una buona idea e sono sicuro che voi mi dimostrerete tutta la vostra gratitudine. » notò con tono malizioso, prendendo i lacci della sua sottoveste e iniziando a rigirarseli tra le dita.
« Assolutamente, anche adesso se volete. » propose, chinandosi verso il suo collo e baciandoglielo dolcemente. Non passò tanto prima che la situazione si facesse più riscaldata. Furono colti da una grande passione. Emily si rivelò un’amante passionale e piena di sorprese.

Più tardi

Quando Oberyn rientrò nella sua camera a palazzo appariva di buonumore, cosa che attirò subito l’attenzione di Ellaria. Questa aveva passato il pomeriggio in giro per il mercato, cercando qualcosa di bello da comprare. Appena lo vide si drizzò subito in piedi con aria compiaciuta.
« Come mai sei di così buonumore? » domandò sorridendo e fissandolo, mentre si avvicinava al tavolo e prendeva in mano la brocca d’acqua presente su di esso, rovesciandosene un po' in un calice.
« La nostra principessa preferita. » rispose semplicemente, bevendo un sorso.
« Alicia non è una principessa, ma stai parlando di lei, vero? » chiese, sicura di conoscere già la risposta a quella domanda.
« Sono stato a letto con lei, o meglio, ci siamo divertiti dentro una grotta. » confessò.
« Stai giocando con il fuoco Oberyn. Se i Lannister se ne accorgono... Questo non è proprio il momento per andare a letto con quella ragazza. » esclamò scuotendo la testa, consapevole che in realtà sarebbe stato sempre pericoloso. « Se vi scoprono non pagherà solo lei le conseguenze delle vostre scelte, ma anche tu. » la sua suonava come una predizione del futuro. Il bruno finì di bere l’acqua nel calice e lo posò sul tavolo.
« Lo so che è pericoloso. Mi ha chiesto di combattere per suo marito contro la Montagna. » raccontò e sul volto della donna apparve un sorriso di scherno.
« Mi sembrava troppo bello. È venuta a letto con te, ti ha sedotto, solo per convincerti a combattere a nome di suo marito nella speranza che tu vinca. Fammi indovinare, ha fatto appello anche al tuo odio e alla tua sete di vendetta? » domandò, scuotendo la testa contrariata.
« Hai indovinato, ma mi aveva già convinto quando mi ha ricordato chi ha messo fine alla vita di mia sorella e dei miei nipoti. » affermò tranquillamente.
« Sei uno stupido se pensi che a lei importi qualcosa di te. È una moglie fedele in fondo, anche se non ama suo marito, o forse sì, siccome pur di dargli una possibilità di salvarsi è andata a letto con te. » osservò. Contrariamente a quello che lei pensava, Oberyn non era uno stupido e sapeva bene che tutto quello che lei stava dicendo era la semplice e crudele verità. Finché suo marito sarebbe stato in vita, Emily non l’avrebbe mai tradito, eccetto solo per salvargli la vita.
« Ellaria, lo so. L’hai vista? L’hai guardata bene? Hanno ragione su di lei: è molto affascinante e intelligente, ma soprattutto assomiglia a Rhaegar. Ho sentito la gente dire che pare la sua copia al femminile e hanno ragione, sebbene lo dubitassi fino a quando non l’ho vista giorni fa. » raccontò, ricordando quel giorno molto bene.
« Questo non c'entra nulla! Se non stai attento, in ogni caso, lei ti porterà alla morte. La Montagna è forte ed enorme, sarà difficile sconfiggerla. » esclamò la Sand, sempre più contrariata da quella situazione. Ai suoi occhi la rossa appariva come una specie di portatrice di morte.

Una settimana dopo

Il giorno del duello tra Gregor Clegan e Oberyn Martell arrivò piuttosto velocemente. Numerose persone erano venute ad assistere a quel grande evento. Il nuovo re e la nuova regina si trovavano seduti su delle grandi sedie e fissavano in ansia il posto davanti a loro, dove si sarebbe tenuto il duello. Il campo assomigliava ad una piccola piazza colorata.
Tyrion Lannister si trovava sotto ad un gazebo, seduto vicino a un tavolo, con accanto la moglie. Come Sansa, Emily aveva indossato un abito di colore giallo, però la scollatura del suo vestito appariva più prorompente, anche se i due abiti restavano in ogni caso identici. Entrambe tenevano i capelli semiraccolti in un’elegante pettinatura tipica del Sud e avevano intrecciato una parte dei capelli in una treccia, che avevano sistemato in modo che circondasse la parte dei capelli raccolta dietro al loro capo.
« Ti dona quella pettinatura. » affermò suo marito, portandosi alle labbra un calice d’argento e bevendone il vino che si trovava all'interno.
« Grazie. » disse, voltandosi verso di lui e sorridendogli. Allungò una mano e afferrò quella che aveva poggiato sul tavolo, stringendola leggermente. « Andrà tutto bene. » aggiunse con tono incoraggiante, sebbene sapesse perfettamente che sarebbe stata dura. Oberyn Martell stava finendo di prepararsi, con l’aiuto del suo giovane scudiero Daemon, per la competizione che sarebbe potuta costargli la vita. Con i suoi capelli color biondo sabbia, gli occhi azzurri e la mascella quadrata, non appariva come un tipo particolarmente affascinante, sebbene ad Alicia piacesse. Tuttavia non importava, siccome voleva restare fedele al marito.
Oberyn ed Ellaria si scambiarono un bacio passionale prima dell’inizio del duello.
Tutti i presenti rimasero con il fiato sospeso, mentre guardavano i due uomini fronteggiassi. Sembrava che Oberyn fosse concentrato sulla vendetta, data la grande insistenza con cui ripeteva che aveva ucciso sua sorella, oltre che averla violenta, e i suoi nipoti. Si muoveva con grande velocità, agitando la sua lancia come se fosse stata leggerissima. Appariva particolarmente agile, al contrario della Montagna, che invece sembrava voler fare appello a tutta la sua forza.
Ad un certo punto Gregor colpì il terreno, provocando una grande breccia in esso nel tentativo di colpire il Martell, che riuscì a schivare quel colpo che altrimenti avrebbe potuto, probabilmente, essergli fatale. Ad un certo punto Oberyn riuscì a far cadere Gregor colpendolo a una gamba e un urlo terribile uscì dalla bocca di Clegane. La Vipera Rossa lo colpì alla schiena, conficcandogli la sua lancia nella carne e provocando altri schizzi di sangue. La gente parve agitarsi e Cersei impallidì e socchiuse gli occhi con aria minacciosa. Il Clegane cadde a terra con un forte tonfo e la Vipera Rossa lo colpì nuovamente alla schiena e in altri punti.
Pochi minuti dopo, al seguito di altri colpi, cadde un silenzio di tomba tra la folla. Emily si voltò verso il marito, che continuava a fissare la Montagna che non dava segni di vita.
I minuti seguenti sembrarono passare lentamente. Ad un certo punto un maester che Emily non aveva mai visto si precipitò in campo e si inginocchiò accanto al corpo della Montagna. Dopo pochi secondi si drizzò in piedi decretandone il decesso. Allora il bruno tornò trionfante da loro e abbracciò e baciò di nuovo sulle labbra la sua amante, felice di avercela fatta.
« Grazie, principe Oberyn. » affermò grato Tyrion e si drizzò in piedi, raggiungendo il suo salvatore e lo stesso fece sua moglie.
« Grazie a voi, perché mi avete permesso di fare giustizia. » rispose. Sapevano tutti che Cersei non sarebbe stata tanto contenta e probabilmente ne avrebbe studiata un’altra per fargliela pagare cara.

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Capitolo 18
*** 18 Capitolo ***


Attenzione: pubblico in anticipo il capitolo a causa di un impedimento che non mi consentirà di farlo puntualmente la prossima settimana. Mi scuso per il disagio.

Scoprire quale veleno aveva messo fine alla vita del suo adorato cucciolo per la leonessa Cersei Lannister non fu tanto difficile, anzi fu più semplice del previsto. Era riuscita a procurarsene un po’ prima del duello tra Gregor Clegane e la Vipera Rossa. La regina madre aveva scelto di tenere da parte la boccetta contenente il veleno nel caso Oberyn avesse vinto il duello, decretando dunque l’innocenza del suo odiato fratellastro. Cersei voleva farla pagare cara al nano in ogni caso, sebbene ancora non sapesse bene come agire. Una parte di lei desiderava invitare tutta la famiglia a cena e poi vedere il fratello morire davanti ai suoi occhi, la stessa esperienza che lei aveva vissuto per il figlio.
Tyrion ed Emily sapevano che, nonostante il risultato del duello, la donna avrebbe studiato un altro modo per fargliela pagare cara. Non erano per nulla dispiaciuti del fatto che Tywin avesse mantenuto la carica di Primo Cavaliere del Re, nonostante fosse stata comprovata l’innocenza di Tyrion, e speravano di poter abbandonare al più presto il castello. Alla giovane dispiaceva abbandonare Sansa, però ne avevano discusso in privato e la Stark non si era opposta per niente alla sua partenza, anzi l’aveva incoraggiata ad andarsene al più presto.

Una settimana dopo

Sette giorni erano passati dal fatidico combattimento. Emily si trovava nella sua stanza intenta a cullare tra le braccia la figlia, mentre suo figlio giocava sul pavimento con alcuni cavallini di legno che gli aveva regalato Tyrion per il suo compleanno. Per la donna passare il pomeriggio in compagnia dei figli era normale e suo marito, sebbene non fosse più Primo Cavaliere del Re e quindi aveva meno impegni, la lasciva sola con loro.
La piccola Joanna stava cercando di afferrare con le manine una ciocca ribelle di capelli della madre, però questa era troppo in alto per lei e la giovane rideva nel vedere l’espressione di irritazione che sembrava comparire sul volto della piccola. Joanna stava facendo l’ennesimo tentativo di afferrare l’oggetto del suo desiderio, quando qualcuno bussò alla porta. Il rumore attirò l’attenzione della rossa, che si voltò verso di essa.
« Avanti. » la porta si aprì, mostrando Varys con addosso un mantello scuro e un cappuccio calato sulla testa. La ragazza lo fissò sorpresa, mentre l’eunuco chiudeva la porta senza proferire una parola e poi le si avvicinava. Una volta che fu a pochi metri da lei si tolse il cappuccio.
« Perdonatemi, lady Alicia, ma dovete preparare i bagagli in fretta. Portate poca roba con voi. » esclamò, prendendo in braccio il piccolo che non parve essere molto contento di essere strappato dal suo gioco, sebbene stingesse ancora tra le mani i due cavallini.
« Io non capisco. » affermò Alicia, fissandolo confusa.
« Cersei, la nostra amata regina reggente, vuole avvelenare qualcuno di voi per farla pagare a Tyrion. » spiegò l’eunuco. Quella dichiarazione non sorprese per nulla Alicia che si drizzò in piedi stringendo al petto Joanna.
« Cosa avete in mente? » domandò perplessa, posando la neonata sul letto. Si avvicinò al baule che si trovava ai piedi del suo letto e lo aprì nel tentativo di prendere qualcosa per il viaggio.
« Semplice, andrete da Daenerys. » rispose l’eunuco. La rossa alzò lo sguardo dai vestiti dentro al baule e si voltò a fissarlo.
« Non penso che sia una buona idea, cioè non la conosciamo nemmeno. » ribadì poco convinta e dubbiosa, chiedendosi se fosse il caso di fidarsi di Daenerys Targaryen.
« Lo so, ma è vostra sorella in fondo. » notò Varys. Lei estrasse alcune cose dal baule e le posò sul tavolo per poi precipitarsi verso uno degli armadi. Tirò fuori dal mobile un grosso sacco di stoffa e tornò al letto, mettendoci dentro tutto quanto e aggiungendoci pure dell’altro, finché non fu abbastanza pieno. « Cercherò di procurarvi delle provviste per una settimana. » la informò l’uomo, tornando a parlare del viaggio, per poi posare il bambino sul letto accanto alla sorella.
« Avete già parlato con mio marito? » chiese lei, infilando l’ultimo capo dentro al grosso sacco di stoffa che le avrebbe fatto da bagaglio.
« Naturalmente e sembra che non veda l’ora di partire, ma vuole aspettare fino a domani all'alba. Sembra che prima voglia fare qualcosa. » rispose Varys, uscendo fuori dalla stanza e chiudendosi la porta alle spalle. Da parte sua Alicia preferiva non sapere cosa avesse in mente suo marito e preferiva concentrarsi sui preparativi per il viaggio.
Capì che la cosa migliore era che nessuno venisse a conoscenza del suo viaggio; perciò nascose il suo bagaglio e cercò di passare il resto della giornata come se nulla fosse accaduto. La cosa non si dimostrò particolarmente semplice, però fece del suo meglio per fingere che fosse tutto normale e non perse mai d’occhio i suoi figli per timore che Cersei potesse fare loro del male. Avevano sempre sospettato che potesse accadere, tuttavia ora la minaccia sembrava essersi concretizzata.
Scelse di non dirlo neanche a Sansa, sebbene passarono una parte del pomeriggio insieme. La Stark, da quando Joffrey era morto e di conseguenza era diventata regina, sembrava essere molto più felice e serena. Tra lei e Tommen non poteva esserci un vero e proprio rapporto tra coniugi certo, ma in ogni caso parevano felici e provocavano in Alicia un forte senso di tenerezza. Ogni tanto li aveva visti giocare con i gattini di Tommen: tre dolci micetti che Sansa aveva trovato e regalato al coniuge come gesto d’amore. Il re bambino li adorava e voleva davvero bene alla sua tenera sposa.

La mattina seguente

Il cielo sopra Approdo del Re era di un bel mix d’arancione, buona parte di esso era ancora di colore scuro.
Alcuni cavalli erano stati preparati per il viaggio, tre per l’esattezza, ed Emily li trovo ad aspettarla alle porte delle mura della città. Varys si trovava in groppa ad uno dei cavalli e, appena la vide arrivare insieme ai bambini, scese immediatamente da cavallo e la raggiunse.
« Avete visto vostro marito? » chiese preoccupato.
« No, non l’ho visto. » rispose sinceramente, sistemando Robert sopra ad uno dei cavalli. Avrebbe viaggiato tenendo sua figlia avvolta in una stoffa che teneva legata alla vita e attorno alle spalle. La neonata giaceva in essa, sotto al petto della madre e sopra al suo stomaco.
« Eravate in pensiero per me? » esclamò pochi minuti dopo una voce maschile, facendoli voltare. Lei e Varys si erano già sistemati sui loro rispettivi cavalli, quando Tyrion arrivò e si sistemò sul suo.
« Sì, ti stavamo aspettando. » confermò la rossa. Non era tanto in ritardo, solo di qualche minuto. Joanna dormiva, mentre il piccolo Robert sembrava impaziente di partire.
Il loro viaggio ebbe inizio e non ci volle tanto per raggiungere la loro prima destinazione, ovvero il porto più vicino, con l’intento di prendere una nave e raggiungere un mercante di nome Illyrio Mopantis di Pentos.

Quella sera

I due coniugi condividevano la stessa cabina che era abbastanza spaziosa e luminosa grazie alle due finestre, non tanto grandi, che si aprivano sulle pareti della cabina. Si sentiva il rumore del mare perennemente ed Emily non si era ancora abituata ad esso.
Si trovava seduta sul letto intenta a cercare di fare addormentare Joanna cullandola tra le sue braccia, quando suo marito entrò nella stanza con in mano una brocca di ceramica. La posò sul tavolino di legno che si trovava contro una delle pareti di legno e con vicino due sedie.
« C’è qualcosa che non va Tyrion? » prima non aveva potuto chiederglielo, tuttavia si era accorta da quando erano partiti che c’era qualcosa che non andava in suo marito. Il Folletto le si avvicinò e le prese la bimba tra le braccia, che si era appena addormentata. La sistemò nella culla vicino alla parete a destra del letto e, dopo averla fissata per un istante, si sedette dalla parte apposta del letto e si tolse le scarpe. « Allora, mi rispondi? Sei strano. » insistette lei, sperando che non si innervosisse. Il biondo si stese sul letto senza togliersi i vestiti e posò la testa sul cuscino.
« La verità è che prima di andarmene sono voluto passare da mio padre e l’ho ucciso. » raccontò e la moglie lo fissò sorpresa.
« Hai ucciso Tywin? Scusa, ma non sono per nulla dispiaciuta per la sua morte. » rispose sinceramente, coricandosi accanto a lui e poggiando la testa sul suo petto. Lui le accarezzò teneramente i capelli.
« Quando sono arrivato nella sua stanza l’ho trovato in compagnia di Shae. Lei mi ha minacciato con un coltello e io fuori di me li ho uccisi entrambi. » aveva appena ammesso di essere l’amante di Shae, di averla tradita, però lei non si allontanò da lui e cercò di ignorare quel particolare.
« Allora Cersei ha anche un altro motivo per odiarti. » notò, alzando la testa e fissandolo attentamente negli occhi. Lui le sorrise e le accarezzò una guancia.
« Pare di sì. Pensi che il nostro nuovo re se la caverà bene? » domandò. La rossa si limitò ad alzare e abbassare le spalle in risposta.
« Tommen è un ragazzino facilmente manipolabile, temo, e la sua sposa non è molto diversa da lui. » le costava ammettere che Sansa fosse una giovane ingenua, che a volte poteva addirittura sembrare stupida, però era la verità.

Un mese dopo

Circa quattro settimane dopo la loro partenza, come Viserys e Daenerys prima di loro, Tyrion Lannister e Alicia si trovavano ospiti di Illyrio che non piaceva particolarmente alla rossa e cercava di fare del suo meglio per evitarlo. In compenso adorava i grandi giardini della casa e le piaceva passare il suo tempo all'aria aperta con i propri figli.
« Mi chiedo se a Daenerys piaceva stare qua. » affermò una voce alle sue spalle e si voltò solo per vedere che si trattava di Varys. Indossava la sua solita povera veste. Il pavimento sotto ai loro piedi era fatto di pietra bianca e sopra alle loro teste c’era un gazebo con delle tende di colore chiaro che volendo, probabilmente, avrebbero potuto chiudere. Joanna si trovava nella sua stanza e Robert poco distane dai piedi di sua madre, intento a giocare sotto al grande tavolo di legno rotondo vicino a cui la rossa era seduta.
« Anche se le piaceva immagino che dovesse per forza vivere qua. » osservò e l’eunuco si sedette su una delle tante sedie libere attorno al tavolo vicino a lei, precisamente alla sua destra.
« Dovete parlare con vostro marito. » un sorriso divertito apparve sul volto della rossa.
« Tyrion passa il suo tempo a piangere per la sua amante. Non so se è più triste e ferito per il suo tradimento o per il fatto che andasse a letto con Tywin. » notò con tono aspro e pieno di rancore. « Mio marito è uno degli uomini più intelligenti dei Sette Regni e quella là me lo ha ridotto ad uno straccio. A volte fa perfino fatica ad alzarsi dal letto e mi sono dimenticata com'è da sobrio. » aggiunse con una grande voglia di sputare per terra per il disgusto.
« Voi dovete cercare di stargli vicino e aiutarlo. » disse l'uomo con tono amichevole e incrociando le mani in grembo.
« Non sono sicura che aiutare Daenerys nel diventare regina lo aiuterà. » osservò dubbiosa.
« Avrebbe uno scopo, lady Alicia. » su questo non aveva tutti i torti e magari davvero poteva essere in qualche modo utile a migliorare il voler ridare a Daenerys il trono che, secondo alcuni, le spettava di diritto.
« Pensate che il regno starà bene nelle mani di Daenerys Targaryen? » chiese perplessa e piegò di lato la testa. L’eunuco allungò una mano e le strinse una delle sue che si trovava sul tavolo, mentre l’altra stingeva un calice colmo d’acqua cristallina.
« Può darsi. » la giovane tirò un sospiro e guardò suo figlio intento a giocare con i suoi cavallini di legno.
« Va bene, raggiungiamo Daenerys Targaryen. Spero per voi che non dobbiate pentirvi un giorno di averle restituito il suo trono. » affermò e si portò il calice alle labbra, bevendo un grosso sorso del suo contenuto. Si domandò come fosse questa donna di cui tutti parlavano e che era la madre degli ultimi draghi.

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Capitolo 19
*** 19 Capitolo ***


Una carrozza proseguiva su una delle tante strade presenti in quella terra sconosciuta a Emily e i suoi figli, nonché a suo marito e a Varys. In realtà il mezzo su cui viaggiavano sembrava più un carro coperto, però dentro godevano di tante comodità e ai lati, sotto alle piccole finestrelle, c'erano dei lunghi divani coperti da cuscini.
Emily stava seduta con la schiena contro la parete di legno e teneva tra le braccia la figlia, che la fissava attentamente e ogni tanto emetteva dei versi simili a risatine.
Suo fratello Robert, invece, pareva più interessato a giocare con i suoi adorati cavallini di legno. Stava seduto sul pavimento della carrozza e lanciava di tanto in tanto occhiate alla madre e alla sorella o fissava con un certo interesse Varys. Sua madre gli aveva spiegato che era un eunuco, però il bambino non aveva compreso il significato di quella parola ed Emily aveva preferito rimandare la spiegazione.
« Manca molto? » il silenzio nella carrozza venne rotto dalla voce di Alicia, che strinse a sé la bambina. Varys si voltò verso di lei.
« Non tanto lady Alicia, ancora qualche giorno di cammino, circa una settimana o poco più. » rispose l'uomo e poi il suo sguardo cadde su Tyrion, in fondo alla carrozza, in piedi accanto ad un tavolino rotondo, che si stava rovesciando del vino in un calice. « Sarebbe ora che la smetteste di bere e ascoltaste. » osservò, riferendosi ai continui rimproveri da parte della moglie del nano e ai suoi consigli.
« Testardo peggio di un mulo. » commentò Emily. Il loro viaggio durava da quasi due mesi, se si contava il periodo passato in mare. La donna incominciava a non poterne più del marito e studiava modi per attirare la sua attenzione. L'unico momento in cui la degnava di uno sguardo alla fine era quando si coricava a letto e rammentava improvvisamente di essere sposato.
« Non ho molta intenzione di incontrare Daenerys. » confessò e sua moglie socchiuse gli occhi, guardandolo male.
« Non ti dimenticare che è anche mia sorella, in fondo. » notò esasperata e tirò un sospiro. Non le importava veramente, ma sperava che Tyrion se lo ricordasse e cambiasse atteggiamento almeno in presenza della Targaryen. Il nano si portò alle labbra un calice e bevette un sorso del suo contenuto.
« Non preoccuparti, non ho dimenticato le buone maniere. » affermò. « Se ti annoi puoi sempre occupare il tuo tempo passandolo con il Dothraki, imparando i loro modi di fare e la loro lingua. Dicono che sia difficile. » aggiunse e posò il calice una volta finito il vino al suo interno. Con sollievo dei presenti non se ne verso un altro.
Il viaggio proseguì abbastanza tranquillo, eccetto le discussioni tra i due coniugi. I bambini erano tranquilli in compenso. Con grande gioia di tutti, il nano iniziò a bere un po' di vino e a ricordarsi di Emily pure di giorno.
Non era un viaggio faticoso e si trovavano bene dentro la carrozza. Joanna passava il tempo con la madre e suo fratello a giocare con i suoi piccoli destrieri.

Alcuni giorni dopo

Mancava solo un giorno di viaggio alla loro destinazione. Si fermavano sempre un'ora circa per mangiare ad ogni pasto.
Quel giorno, come sempre, si fermarono per mangiare. Mentre sua madre, Tyrion, Varys e il resto del gruppo finivano di pranzare, Robert si trovava seduto in un angolo della coperta colorata che avevano sistemato per terra.
In quel momento sua madre stava dando un morso ad una bella mela rossa, quando una farfalla dai colori accesi attirò l'attenzione del bimbo. Si trovava poggiata sopra al petalo di un fiore bianco, di piccole dimensioni, sul ciglio della strada che stavano percorrendo.
Un istante dopo l'insetto si alzò in volo e si posò sopra ad un altro fiore, di colore rosso. Il piccolo si drizzò in piedi, abbandonando i suoi giochi sopra alla coperta. Con un grande sorriso sul visetto si mise ad inseguire la farfalla, che continuò a spostarsi di fiore in fiore, e non passò tanto prima che Robert scomparisse alla vista dei presenti.

Poco dopo sua madre si accorse della sua scomparsa e allarmò tutti. Iniziarono subito a cercarlo e nel farlo si allontanarono dal loro mezzo di trasporto.
Dopo qualche metro la donna incominciò a disperarsi, finché non sentì l'urlo di un bambino.
« Mamma! » corse in quella direzione attirata dalle urla e si allontanò dalla strada.
Trovò il figlio in un prato, seduto tra l'erba, che fissava con occhi spalancati qualcosa in alto nel cielo. La rossa corse dal piccolo e lo prese in braccio, però non fece in tempo a rallegrarsi per la cosa che udì un ruggito sopra la testa. Sollevò lo sguardo e fissò pure lei il cielo.
Sopra di loro c'era un drago nero, dall'aria maestosa e pericolosa. Fece un passo all'indietro e si chinò, stringendo a sé il figlio, quando il bestione volò sopra di loro a pochissimi centimetri di distanza, tanto che poté sentire il suo calore. Avvertì poi un rumore alle sue spalle e si girò per vedere che il drago era atterrato sopra una grande roccia grigia. Rimase come pietrificata, non sapendo cosa fare.
« Mamma! » la chiamò nuovamente Robert. Chinò lo sguardo verso di lui e cercò di tranquillizzarlo.
« Alicia, Robert! » la voce del marito arrivò alle sue orecchie, però lo ignorò. Si abbassò per terra lentamente e poggiò sull'erba il bambino. Questo si mise dietro di lei, aggrappandosi alle sue gambe con forza. « State fermi. » sentì dei passi dietro di sé, ma tenne lo sguardo fisso sugli occhi del drago. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quella creatura che, in teoria, avrebbe dovuto essere estinta.
Il drago spalancò le fauci enormi e una fiammata uscì dalla sua bocca. La rossa istintivamente si parò con le braccia, sebbene fosse completamente inutile. Non urlò e avvertì il calore delle fiamme che l'avvolgevano, però non dolore. Non fece nemmeno in tempo a sorprendersi che il fuoco scomparve. Riaprì gli occhi e si fissò sorpresa: i suo vestiti erano bruciati, ma la sua pelle era rimasta miracolosamente intatta, nessun segno di bruciature. Capì allora che la gente aveva ragione: lei era una Targaryen.
La bestia spalancò le ali e si alzò in volo, per poi atterrare a pochi metri da lei. La giovane gli si avvicinò e allungò timidamente una mano verso il grosso muso scuro e pieno di scaglie. Gli accarezzò il capo e il lucertolone parve gradire. Emise un verso simile ad un gemito e lei sorrise. Adesso non si sentiva più intimorita dal mostro sputa fuoco e gli si avvicinò ulteriormente.
« Bravo. Va tutto bene. Sei davvero bello. » commentò, dando per scontato che si trattasse di un maschio. La bestia chinò leggermente la testa e la rossa poté accarezzargli ulteriormente il capo sotto gli sguardi attoniti del marito e di Robert.
Ben presto arrivò anche Varys con il resto del loro gruppo. L'eunuco non parve tanto sorpreso, anzi, sul suo volto apparve un sorriso fiero e incrociò le braccia davanti al petto.
« Lady Alicia, se volete il vostro nuovo amico può venire con noi. » la donna si voltò verso l'uomo. Solo in quel momento si ricordò di essere completamente nuda e cercò di coprirsi al meglio con le braccia il seno e le parti intime.
Altri uomini arrivarono e fissarono allibiti Alicia. Tyrion, appena se ne accorse, si parò dinanzi alla moglie con le braccia spalancate, tentando di coprirla più che poteva.
« Ehi! Cosa state guardando? » protestò infastidito, mentre una serva si dirigeva verso di loro con una coperta e aiutava la lady a coprirsi con essa. Questa se l'avvolse attorno al corpo e si chinò verso il Folletto.
« Puoi anche spostarti ora. Sono coperta. » lo avvisò, trattenendo a stento una risata divertita. Il biondo si voltò verso di lei e si calmò subito. La donna allora gli gettò le braccia attorno al collo e gli sfiorò la fronte con le labbra. « Grazie. » disse con tono dolce. Come a voler ricordare la sua presenza, la bestia piantò un forte ruggito e si sentì uno sbattere di ali nel cielo, segno che doveva essere di nuovo volato in aria.
Una volta che Alicia si fu cambiata, il gruppo poté continuare il suo viaggio in compagnia di un nuovo membro. Il drago volava sopra di loro, ma il problema più grande sembrava quello di procurargli abbastanza cibo. Tuttavia scoprirono in fretta che era in grado di procacciarsene da solo ed Emily non era del tutto sicura di voler scoprire da dove venisse quella carne di cui si nutriva.
Si chiedeva se fosse il caso di presentarsi da Daenerys in groppa all'animale, ma temeva che sarebbe stato scortese da parte sua. La bionda avrebbe potuto pensare che volesse farsi bella ai suoi occhi e cercare di convincerla che fosse superiore a lei. In ogni caso le piaceva quel bestione, sebbene fosse di indole troppo feroce per i suoi gusti. I suoi compagni e i cavalli non parevano gradire la sua presenza quanto lei.

La Madre dei Draghi era stata avvertita dell’arrivo di lord Tyrion, dell’eunuco Varys e di lady Alicia e si preparava ad accoglierli nella piramide che da qualche tempo era diventata la sua nuova casa, sebbene sperava non per tanto, siccome desiderava intraprendere al più presto il viaggio per tornare nella sua terra d’origine.
Daenerys si trovava seduta su una grande sedia di legno, che fungeva da trono. In piedi, accanto a lei, si trovava una ragazza di colore, dai riccioli scuri, piuttosto magra e avvenente. Si chiamava Missandei. Dopo che Daenerys l’aveva liberata insieme ad altri schiavi, era diventata la sua consulente di fiducia e sua domestica.
« Quando arriveranno? » chiese Dany, rivolgendosi a Missandei. Questa si chinò verso di lei.
« Dovrebbero arrivare fra poco. C’è un dettaglio che dovreste sapere. » il suo tono era timido e tirò un sospiro prima di continuare. « Pare che Drogon sia con loro. L'hanno trovato due gironi fa e si è subito affezionato, per così dire, a lady Alicia. » la informò, consapevole che la notizia non le avrebbe fatto piacere. Infatti la bionda strinse con forza i braccioli della sua poltrona. Sebbene dal suo volto non trasparisse alcuna emozione, si capiva lo stesso che la cosa la infastidiva. Non era necessario che commentasse a voce. Il suo drago, che aveva cresciuto come un figlio, l’aveva tradiva in quel modo. Avvertì una forte morsa allo stomaco dettata dalla delusione.
Le porte si aprirono qualche minuto dopo. Un nano dai capelli color dell’oro, gli occhi che parevano due smeraldi e dagli abiti eleganti varcò la soglia, seguito da un uomo pelato, dalla corporatura robusta e con indosso una veste. Dietro di loro c’era una figura femminile, a giudicare dal vestito che indossava, che non riusciva a vedere.
« Inchinatevi al cospetto di Daenerys Targaryen, prima del suo nome. Regina degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, Signora dei Sette Regni, Khaleesi del Grande Mare d’Erba, Regina di Meereen, Principessa di Roccia del Drago, Nata dalla Tempesta, La non Bruciata, Madre dei Draghi, Mhysa, Distruttrice di catene. » la presentò con tono solenne Missandei. Doveva essere una delle poche persone a ricordarsi tutti i suoi titoli senza problemi. Il nano ubbidì, insieme a Varys, e in quel modo la bionda poté vedere la donna dietro di loro. Aveva lunghi capelli rosso fuoco e occhi marroni, con pagliuzze dorate, e la pelle chiara. Doveva essere decisamente più alta di lei e possedere pure un seno più grosso. Indubbiamente era affascinante e intuì che doveva essere la famosa lady Alicia, la moglie del Folletto, nonché sua presunta sorella.
« Mia signora, permettetemi di presentarmi. Sono lord Tyrion Lannister e questa è mia moglie, lady Alicia. » esclamò il nano, alzandosi in piedi appena lei gli diede il permesso di farlo e indicando con un gesto del braccio la rossa. La Nata dalla Tempesta si alzò in piedi.
« Siete i benvenuti, specialmente voi lady Alicia. » rispose, fissando con estrema attenzione la dama al suo cospetto, cercando qualcosa di se stessa o di suo fratello nel suo aspetto.

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Capitolo 20
*** 20 Capitolo ***



La notte era calata sulla corte reale e il castello era profondamente addormentato. Nel cielo non c’era nessuna stella che brillava e non si poteva vedere la luna.
Stranamente quella sera non c’era nessuna guardia dinanzi alla porta della regina Sansa e nessuno camminava per i corridoi immersi nella penombra, quando la porta della camera si aprì. Una figura coperta da un mantello nero uscì dalla stanza, portando con sé un piccolo fagotto che teneva sulle spalle, e si incamminò velocemente lungo il corridoio, una volta chiusa la porta.
Raggiunse senza troppi problemi il portone sul retro delle mura. Neppure lì c’era una guardia, fatta eccezione per ser Jaime Lannister che si trovava in piedi accanto al grande portone, seppure di dimensioni minori rispetto a quello principale, intento a tenere le redini di un cavallo. Insieme a lui c'era Brienne, armata e coperta pure lei da un mantello. Non si riusciva a riconoscere i lineamenti del volto.
« Sono in ritardo? » domandò Sansa con il fiatone, raggiunti i due. Jaime scosse la testa e le si avvicinò, trascinando con sé la bestia. La giovane si apprestò a salire in groppa all'animale. Una vola sopra, si sistemò sulle spalle il suo bagaglio e afferrò saldamente con le mani le redini che il biondo le porgeva.
« No, però sarà meglio che vi sbrighiate. In un mese dovreste essere al Nord. » la tranquillizzò Jaime e la rossa annuì. « Il vostro fratellastro, Jon Snow, vi aspetta alla Barriera. » aggiunse. Purtroppo non poteva tornare a Grande Inverno, siccome attualmente non era degli Stark e avrebbero dovuto combattere per riprendersi il castello.
« Sarà un lungo viaggio, ma in circa sei settimane dovremmo arrivare a destinazione. » notò la giovane e poi si rivolse a Sansa. « State tranquilla mia regina, vi proteggerò al costo della mia stessa vita. » esclamò con tono fiero.
« Non sono più una regina ormai e il Nord appartiene a mio nipote, in teoria, che chissà dove si trova in questo momento. » secondo le voci, Emily e suo figlio in quel momento si trovavano al di là del mar Stretto, chissà dove.
« Vedrete che sta bene. Ora pensate a voi. » disse il biondo e tirò un sospiro. « Se mi aveste ascoltato due mesi fa e il mese scorso adesso non ci ritroveremmo in questa situazione. Dover scappare nel cuore della notte... » continuò e con aria nervosa si passò una mano tra i capelli.
« Avete promesso a mia madre di proteggere me e mia sorella, o sbaglio? » adesso si appellava al suo onore e il leone la guardò in faccia. Nel buio non poteva distinguere l’azzurro dei suoi occhi, ma il suo viso lo inteneriva.
« Quando ho fatto quella promessa non mi aspettavo di ritrovarmi in una tale situazione. Cosa intendete raccontare al vostro fratellastro? » chiese, preoccupato all'idea di cosa avrebbe potuto fargli Jon Snow appena la sorellastra gli avesse raccontato tutto.
« Non vi preoccupate, non gli dirò nulla, o meglio non tutto. » doveva ammettere che nel tempo era maturata e sospettava che il merito di tutto non fosse solo al fatto che fosse cresciuta, ma pure l'influenza di sua sorella, Emily e perfino di lady Margaery. « Non vi preoccupate di Tommen: ci penserà lady Margaery a consolarlo. » continuò con tono triste. « Mi dispiace veramente lasciarlo, però ho paura di cosa farebbe Cersei se restassi. » non poteva che condividere le sue paure. Accarezzò il muso del cavallo e lo fissò con i suoi occhi color verde smeraldo.
« Non andate troppo veloce e cercate di evitare il più possibile scossoni. » le intimò. Si rese conto che erano le stesse raccomandazioni che faceva normalmente a Cersei e che aveva fatto anche alla cognata. La Stark annuì.
« Andrà tutto bene. Sono la figlia di mia madre in fondo. » Il cavaliere in groppa al secondo cavallo si diresse verso di loro, mettendosi alla destra di Sansa.
« Perdonate se vi interrompo, ma dobbiamo proprio andare. » intimò preoccupata e la giovane si girò verso Brienne.
« Va bene, andiamo. Vi terrò informato ser Jaime. » promise la quattordicenne. Partirono poi a cavallo dirette verso il Nord e non passò molto prima che scomparissero alla sua vita. Se sua sorella avesse scoperto che aveva aiutato Sansa a scappare si sarebbe arrabbiata come non mai, tuttavia cosa avrebbe potuto fare? Nella vita di errori ne aveva già commessi abbastanza e preferiva evitare di commettere l’ennesimo mettendo in pericolo la Stark, sebbene in ogni caso nei guai, probabilmente, si era messo comunque.
Come previsto, Cersei Lannister si arrabbiò moltissimo. Tutto il castello, forse, aveva udito le sue grida quando la mattina seguente la regina madre si accorse che la nuora era scomparsa nel nulla senza lasciare traccia. Non stravedeva per la giovane, eppure non le dispiaceva come nuora, siccome era più facilmente manipolabile di Margaery. Senza contare che era convinta che la seconda fosse una p*****a e considerava, al contrario, la Stark una giovane casta e decisamente più adatta della Tyrell ad essere la sposa del suo piccolo e innocente leoncino.
Il lato positivo, se così si poteva chiamare, era che non ebbe modo di sospettare del fratello gemello, anche perché era convinta che questo non l’avrebbe mai tradita e si fidava ciecamente del leone. Il Lannister si augurava che il viaggio della lupa dall'aspetto Tully proseguisse tranquillo e senza intoppi, senza che qualcuno le facesse del male.
Solo un mese dopo giunse una lettera per lui dal Nord, firmata da una certa Alayne Stone, eppure intuì subito che doveva trattarsi di Sansa. Nella lettera la quattordicenne lo tranquillizzava informandolo che il viaggio proseguiva per il meglio e che era tutto a posto. Ancora due settimane circa e sarebbero giunte alla Barriera dove le aspettava Jon Snow, pronto ad accoglierle. Pregava con tutto il cuore che la Stark non gli raccontasse tutto perché preferiva evitare di svegliarsi una mattina, ritrovandosi il bastardo di Ned Stark che incombeva sopra di lui con una spada puntata alla gola.

Due settimane dopo

La Barriera doveva essere uno dei posti più freddi del Nord, con delle temperature terrificanti. Sansa non poté fare a meno di domandarsi come facesse il suo fratellastro a sopravvivere in quel posto dimenticato dagli dei.
Raggiunte le porte del Castello Nero, queste si aprirono immediatamente al loro arrivo. La rossa e la sua protettrice varcarono la soglia delle mura. Si ritrovarono nel grande giardino coperto di neve. La Stark notò in un angolo alcuni manichini e diversi bersagli per il tiro con l’arco con cui, a quanto pareva, i membri dei Guardiani della Notte si allenavano tutti i giorni.
« Sansa. » una voce maschile la costrinse ad alzare lo sguardo e sopra ad un balcone di legno vide il suo fratellastro. Assomigliava in modo impressionante a loro padre e la quattordicenne tirò un sospiro dettato dalla nostalgia. Scese da cavallo aiutata da Brienne. Appena ebbe messo piede a terra la donna le rivolse la parola.
« State bene? » le chiese preoccupata e la fanciulla annuì, abbassandosi il cappuccio del mantello ricoperto di pelliccia che indossava per coprirsi dal freddo. Avrebbe dovuto procurarsene uno più pesante, poiché in quel posto altrimenti avrebbe rischiato di congelarsi.
« Sì, sto bene. » rispose e, prima che l’altra potesse proferire parola, Jon apparve al loro cospetto. Si precipitò velocemente verso la sorellastra e questa si buttò tra le sue braccia, abbracciandolo con forza.
« Sansa. » non l’aveva mai considerato tanto, anzi l’aveva trattato sempre con freddezza spinta dall'odio che sua madre provava per lui a causa della storia della sua nascita.
« Jon, sono così felice di vederti. Ma non c’è un posto più tranquillo dove possiamo parlare? » domandò con tono timido, desiderando parlargli in privato e con calma in modo da potergli raccontare tutto, evitando di essere udita da orecchie indiscrete.
« Certo, seguimi. » rispose e la scortò fino all'interno del castello. Brienne rimase indietro nel giardino e fulminò con lo sguardo gli uomini che fissavano la lady come se non avessero visto una donna in tutta la sua vita; non voleva nemmeno sapere quali pensieri, di sicuro poco casti e lascivi, passavano per quelle teste.
Jon scortò la sorellastra fino alla sua stanza. Da quando era diventato il Lord Comandante dei Guardiani della Notte godeva di una camera più spaziosa, con un bel caminetto murato dove ardeva perennemente un bel fuocherello caldo. Possedeva pure un attendente che si occupava di tutti i suoi bisogni. Il letto era stato fatto da poco ed era grato di questo, siccome non avrebbe voluto che la sorellastra entrasse in una camera in disordine.
Sistemò due sedie davanti al fuoco in modo che Sansa non sentisse freddo e si accomodarono uno davanti all'altra. Ordinò al suo attendente di portargli del tè caldo e la sorellastra lanciò un sorriso timido e grato verso il giovane, che si apprestò ad andarsene con l’intento di eseguire gli ordini del suo padrone.
« Mi dispiace tanto per come mi sono comportata con te in passato. Potrai mai perdonarmi? » esclamò sinceramente dispiaciuta, stringendogli una mano tra le sue e guardandolo speranzosa.
« Ti perdono Sansa, in fondo eri solo una bambina. » commentò con tono calmo.
« Grazie, noi siamo gli ultimi Stark rimasti. » disse e intrecciò le mani sul ventre. Abbassò lo sguardo nervosa fissandosele.
« C’è qualcosa che non va, Sansa? Ti vedo pallida. » notò preoccupato. « Vuoi che chiami il maester? » aggiunse riferendosi a maester Aemon, che da numerosi anni si occupava di curare i Guardiani della Notte con grande impegno.
« In effetti c’è una cosa importante che ti devo confessare e non so come. » ammise. Tirò un profondo sospiro per farsi coraggio e si sforzò di trovare le parole giuste.
« Puoi parlare tranquillamente con me. Io non ti giudicherò, tranquilla. » affermò e la quattordicenne tirò un sospiro.
« Quattro mesi fa Joffrey Baratheon ha tirato fuori una legge in base alla quale avendo sposato Tommen, ovvero un bambino e dunque troppo giovane per consumare il matrimonio, un altro membro della famiglia avrebbe dovuto farlo al posto suo. » spiegò e tacque, rammentando quelli che non erano per niente ricordi felici. Ancora rabbrividiva al pensiero di quello che sarebbe potuto succedere se avesse giaciuto con Joffrey.
Si udì bussare alla porta e una parte di Sansa fu grata all'attendente che l’aveva interrotta e dato modo di trovare le parole giuste per proseguire il suo discorso. Teneva tra le mani un vassoio con due tazze di porcellana e li raggiunse dandone una a ciascuno. Jon ringraziò. Avrebbe voluto che fossero tutti gentili come lui. Jaime con lei lo era stato, sebbene non fosse particolarmente felice di quella situazione neppure il leone, però l’aveva trattata benissimo e con enorme dolcezza, che l’aveva sorpresa a dir la verità. Si portò la tazza alle labbra e ne bevette un sorso dopo averci soffiato sopra, e lo stesso fece lo Snow.
« Non dirmi che sei andata a letto con Joffrey. » sul volto del bruno c’era un’espressione di terrore e si calmò non poco quando lei scosse piano la testa negando. L’attendente li aveva lasciati soli e prima di proseguire il suo discorso Sansa bevette un altro sorso.
« No, fortunatamente Emily ha trovato una soluzione alternativa. » si interruppe. « Di quella faccenda si è occupato Jaime Lannister. Ci tengo a precisare che si è comportato benissimo e non mi ha fatto male, cioè poco. » sottolineò attentamente la parola poco.
« Ne sono felice. » rispose il Lord Comandante, facendo quello che pareva un sorriso di sollievo. La lupa finì il suo tè.
« Sì, ma c’è dell’altro Jon. » il bruno la guardò spaventato e poteva chiaramente leggere il terrore nei suoi occhi grigi. Bevette un sorso dalla sua tazza. « Ti giuro che io non ho mai tradito Tommen, io l’amavo, come un fratello, però lo amavo. » affermò tendendoci a precisarlo.
« Ne sono felice, ma non capisco allora quale sia il problema. » Sansa alzò gli occhi al cielo e decise di non tergiversare ulteriormente.
« Jon, sono incinta! » silenzio. Temette che si sarebbe sentito male e lo vide addirittura sbiancare.

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Capitolo 21
*** 21 Capitolo ***


Agli occhi di Jon Snow la Barriera non era il posto più adatto dove far nascere un bambino e per questo aveva deciso di allontanare Sansa e mandarla a stare in qualche posto al sicuro, dove si sarebbero presi cura di lei e di suo figlio. Tuttavia Grande Inverno non apparteneva più alla loro famiglia e quindi era fuori discussione, ma riuscì lo stesso a trovare una soluzione.
Poco distante dal Castello Nero, dove risiedevano i Guardiani della Notte, c’era un piccolo villaggio. Uno degli edifici era adibito appositamente per donne che erano rimaste incinta al di fuori del matrimonio. Alcune di loro potevano pure decidere di lasciare lì il loro bambino una volta partorito, mentre le persone che si erano prese cura di loro si occupavano di trovargli una sistemazione: nel caso di una bambina una soluzione poteva essere quella di mandarla dalle septe, in modo che la crescessero preparandola per diventare come loro. Jon aveva saputo che la maggior parte delle bambine finivano nei bordelli lì nei paraggi, ma questa parte aveva preferito non rivelarla alla sorella e neanche dirle che buona parte delle future madri ospitate erano prostitute.
In ogni caso, la sua sorellastra si presentò alla Casa dei Bastardi, come era stata soprannominata dalle persone meno gentili. La ragazza era tranquilla, con una falsa identità e i capelli tinti di scuro. Per gli abitanti di quella casa e la gente che viveva nei dintorni lei era Alayne Stone. La giovane aveva preferito adottare un’identità falsa non per la vergogna, ma per evitare che la regina Cersei potesse scoprire dove si trovava e della sua gravidanza, o almeno così aveva detto al fratellastro.
Quando poteva il Lord Comandante dei Guardiani della Notte si recava da Sansa per farle visita, assicurarsi che stesse bene e che la gravidanza proseguisse senza problemi.

Due mesi dopo

Un pomeriggio, dopo aver assistito fino alle cinque del pomeriggio agli allenamenti dei suoi confratelli, si recò alla Casa dei Bastardi per far visita alla sorellastra.
L’edificio era una casa a tre piani dalle notevoli dimensioni e le pareti di pietra. Non si poteva dire che avesse un aspetto particolarmente accogliente ed erano presenti pure dei balconi, sopra al portone d’ingresso.
Quando entrò nell'atrio dell’edificio lo trovò gremito di donne, per la maggior parte visibilmente incinta. Le giovani lo fissarono con vaga diffidenza, mentre lo guardavano salire la scala di legno che si trovava in fondo alla stanza per raggiungere la camera dove si trovava la rossa.
Quando entrò nella piccola camera da letto, trovò la rossa seduta su una poltrona, accanto alla piccola finestra presente, intenta a guardare fuori. Le si avvicinò e, una volta che fu a pochi centimetri da lei, le mise una mano sulla spalla destra stringendogliela leggermente. L’altra si voltò, sul suo viso apparve un sorriso dolce e poggiò una mano sul ventre gonfio. Lui prese una delle sedie di legno accanto al tavolino presente, la sistemò vicino alla poltrona e si accomodò su di essa.
« Come stai? » le domandò sinceramente preoccupato per la sua salute. La giovane si accarezzò la pancia.
« Bene, il bambino tira calci anche la notte e non mi lascia tanto dormire, però mi fa piacere. » rispose sorridendo. Jon alzò una mano e l’avvicinò al ventre della sorellastra, però esitò prima di toccarlo e la guardò in attesa che gli desse il permesso. « Toccalo pure. » lo incoraggiò e il giovane glielo sfiorò con la mano. Proprio in quel momento avvertì un colpetto e lei gli afferrò la mano, schiacciandola ancora di più contro la stoffa del suo vestito. La gravidanza l’aveva resa raggiante e non lo schifava più come in passato, però aveva sempre amato pensare che lo facesse perché contagiata dalla madre.
« Pensi che sarà un maschio o una femmina? » in risposta la rossa alzò e abbassò le spalle e il giovane levò la mano, posandosela su una delle gambe.
« Non lo so, però tutta questa energia che possiede mi fa pensare che sia un maschio. » rispose con aria incerta e poi cambiò discorso. « Come vanno le cose alla Barriera? » chiese infatti. Si interessava sempre alla sua vita là e ogni volta gli chiedeva cosa ci fosse di nuovo.
« Bene, a parte il fatto che non sopporto più Stannis, però cerco di trattenermi dal strozzarlo. » rispose e tirò un sospiro, per poi passarsi una mano tra i riccioli scuri. Intrecciò le mani sul ventre.
« Lui è il nostro vero re. » ribadì la rossa e l’altro la fissò sorpreso, siccome era la prima volta che appoggiava le pretese del Baratheon e ammetteva in quel modo che Tommen fosse il frutto dell’incesto tra Cersei e Jaime Lannister.
« Quindi ammetti che Tommen, Myrcella e Joffrey sono dei bastardi? » domandò incerto. La rossa annuì in risposta e tirò un sospiro.
« Sono stata così stupida e ingenua Jon. » confessò. Lui le accarezzò teneramente una guancia e le sorrise debolmente con fare incoraggiante.
« Non pensare più al passato e smettila di chiedermi scusa ogni volta che ci vediamo per quanto accaduto tempo fa. » affermò, riferendosi al fatto che la maggior parte delle volte in cui si vedevano gli chiedeva sempre scusa per come l’aveva trattato in passato.
« Ti ho trattato così male. » rispose. Non era esattamente vero, siccome gli era stata semplicemente indifferente, al contrario di sua madre che non aveva perso occasione per maltrattarlo e farlo sentire sbagliato.
« Vero, però eri una ragazzina che adorava sua madre e perciò cercavi di imitarla in tutto e per tutto, pure quando sbagliava. » rispose.
« Abbracciami, per favore. » non si aspettava una simile richiesta, ma la esaudì lo stesso e l’abbracciò stringendola forte a sé. La rossa appoggiò la testa contro il suo petto e poté avvertire il suo dolce profumo. « Ti voglio bene, davvero. » affermò e lui le accarezzò teneramente la schiena.
« Anch'io sorellina, anch'io. » disse e lei lo lasciò andare. Le prese le mani, stringendogliele leggermente.
« Promettimi che qualunque cosa accada non mi abbandonerai mai e non smetterai di volermi bene. » di nuovo lo sorprese e le sorrise ancora.
« Te lo prometto. » esclamò infatti e la ragazza lo abbracciò ancora, stringendolo ancora più forte a sé.

Tre mesi dopo circa

Una sera Jon si trovava nella sua stanza intento a consumare la sua cena a base di zuppa calda, quando sentì bussare con foga alla porta. Si voltò verso di essa e si pulì la bocca con il tovagliolo prima di parlare.
« Avanti. » invitò e la porta si aprì, mostrando un uomo che gli sembrava di aver notato alla Casa dei Bastardi. Appariva trafelato, agitato e con il fiatone.
« Lord Comandante, Alayne Stone sta per partorire e ha chiesto di voi. » spiegò una volta che riuscì a parlare. A quelle parole l’altro si drizzò in piedi velocemente e lascio perdere la sua cena, uscendo fuori dalla stanza e precipitandosi giù per le scale. In pochi minuti giunse davanti al portone dell’edificio dove veniva ospitata Sansa.
Una furia umana, ecco cosa rappresentava, mentre correva dentro la casa. Prima che qualcuno potesse fermarlo, giunse velocemente al piano dove si trovava la sorella. Già dall'atrio aveva udito le sue urla di dolore. Quando arrivò dinanzi alla porta, trovò ad accoglierlo una donna che lo raggiunse bloccandogli la strada.
« Fermatevi, dovete aspettare qua. » esclamò la donna e lui la fulminò con lo sguardo.
« Non posso lasciarla da sola, per favore. » supplicò, ma la donna scosse la testa.
« Mi dispiace, il maester ha dato ordine di non fare entrare nessuno. A meno che voi non siate esperto di parti, non potete entrare. » parlava con tono calmo, sebbene potesse percepire della contrarietà nel tono della sua voce. Jon tirò un sospiro e si passò nervosamente una mano tra i capelli, cercando di calmarsi.
« Avete ragione. » rispose e si avvicinò al muro che si trovava subito accanto alla porta della camera della sorella. Passò là la maggior parte del tempo mentre attendeva novità. Il solo sentire le urla della sorellastra gli provocava un grande dolore e gli dispiaceva non poter far nulla per aiutare la quindicenne.

Due ore dopo

Il tempo sembrava non passare mai, però alla fine dopo quella che gli parve un’eternità, udì il pianto di un neonato. Avvertì un forte senso di sollievo e si allontanò dalla parete. Pochi secondi dopo dalla camera uscì fuori una donna piuttosto anziana che stingeva tra le braccia un fagotto bianco.
« Come stanno? » domandò preoccupato, senza guardare il neonato.
« La bambina sta bene, ma il maester ha paura che la madre non potrà avere altri figli. » rispose, facendolo impallidire. Aveva sempre immaginato che Sansa avrebbe sposato un lord e avrebbe avuto tanti figli come sua madre Catelyn. 
Entrò dentro alla stanza e trovò Sansa coricata sul letto. C’era puzza di sangue. La raggiunse e si inginocchiò accanto al suo letto.
« Sansa. » la chiamò, sperando che potesse sentirlo. Lei aprì gli occhi pallida in volto, però voltò la testa nella sua direzione senza alcuno sforzo.
« Jon, la bambina... » disse debolmente. Le accarezzò la fronte.
« Sta bene. Mi hanno detto che sta bene, è una piccola guerriera. » sempre che quello fosse il termine adatto. « Sansa... » tacque, non sapendo bene quali fossero le parole adatte per darle una notizia che temeva le sarebbe caduta addosso come un macigno. « Non potrai avere altri figli. » le comunico la notizia con tono pacato e l'espressione della sorellastra non mutò. 
« Non penso abbia molta importanza adesso. » rispose. « Presto la notizia che ho avuto una figlia bastarda si diffonderà in tutto il regno e difficilmente qualcuno vorrà sposarmi. » affermò tranquillamente. Il Lord Comandante dei Guardiani della Notte le accarezzò teneramente la fronte sudata.
« Ma il Nord... » non finì la frase, perché la quindicenne scosse la testa.
« Il Nord appartiene a nostro nipote Robert. » notò. Quel bambino si trovava chissà dove al di là del mar Stretto, secondo le voci, e per quanto ne sapevano poteva essere pure morto. « E poi, se non posso più avere figli, mi vorranno sposare ancora meno. » aggiunse, stavolta con tono più triste. Cercò di mettersi seduta, ma lui la fermò prendendola per le spalle e costringendola a restare coricata.
« Meglio che tu stia giù. Per quanto riguarda le voci... » si bloccò, riflettendo un attimo. « Non sarei il primo Guardiano della Notte ad avere un figlio bastardo. I miei confratelli già mormorano a causa delle mie continue visite ad una certa "Alayne Stone" e solo Brienne sa chi sei veramente. » spiegò e si drizzò in piedi.
« Quindi vorresti addossarti la paternità di mia figlia? » domandò la rossa e lui si limitò ad annuire. L'altra rimase a lungo in silenzio e poi si mise seduta, poggiando la schiena contro il muro dietro di lei. Stavolta Snow non le impedì di muoversi. « Non sono sicura che sia una buona idea, però la bambina assomiglia più a te, Arya e nostro padre, che a me. » nella mente di Jon si creò l'immagine di una bambina dai lunghi riccioli scuri, sempre in disordine, gli occhi grigi e la pelle olivastra, tipica degli Stark. Mai avrebbe creduto di diventare padre e tanto meno di adottare la figlia di una delle sue sorellastre. Cosa avrebbe detto lady Catelyn se fosse stata ancora viva?
Nessuno sembrò sospettare che Sansa fosse la madre di Nadya. Infatti avevano deciso di ommaggiare con il nome il loro padre. Anche se forse i confratelli di Snow sospettavano qualcosa, non lo davano a vedere. Da parte loro i due lupi non fecero nulla per confermare o smentire la paternità di Jon. Apparentemente Sansa poteva sembrare come l'amorevole zia, mentre Jon come colui che aveva tradito i suoi voti, forse per amore, e adesso era padre.

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Capitolo 22
*** 22 Capitolo ***


La camera da letto in cui Daenerys aveva sistemato Emily e suo marito si trovava poco distante dalla sua e subito accanto c'era quella dove riposavano i figli della lady.
I due coniugi e i loro figli passavano la maggior parte del loro tempo in compagnia di Daenerys, cercando di organizzare qualche strategia per impossessarsi del Trono di Spade. Tuttavia Emily preferiva lasciare che fosse suo marito ad arrovellarsi per studiare dei modi per attaccare i Sette Regni e strappare il trono a suo nipote per restituirlo alla casa dei Targaryen. La moglie non tollerava il tradimento del Folletto, tuttavia preferiva evitare di dire a voce alta quello pensava davanti alla Madre dei draghi, per timore che questa facesse del male a lei o ad uno dei suoi figli. Anche in privato restava in silenzio, limitandosi a lanciare occhiatacce al marito e a tenergli perennemente il muso, sebbene lui non ci facesse nemmeno caso.

Il tempo passava velocemente al di là del Mar Stretto e il compleanno di Joanna giunse in fretta. Non poterono organizzare una vera e propria festa, ma riuscirono lo stesso a farle un regalo: una bambola di pezza dalla testa un po' troppo grande rispetto al resto del corpo, dalle gambe e braccia all'apparenza delle giuste dimensioni e con indosso un semplice vestitino bianco, dalle maniche corte, che le arrivava fino ai piedi.
La bimba sembrò gradire molto il regalo e sorridendo diede un bacio sulla guancia alla madre e poi al padre. Gli occhi di Tyrion si riempirono di lacrime e sua moglie pensò che fossero dovute al fatto che non avrebbe mai creduto di poter diventare padre, alla dolcezza e affetto che la loro piccola dimostrava sempre ad entrambi.

Quella sera Emily si trovava nella sua stanza. Era seduta sul letto matrimoniale dalle coperte bianche e stava leggendo un libro dalla copertina marrone, quando sentì bussare alla porta.
Si alzò in piedi e posò il libro sul letto, dopo averlo chiuso. Si sistemò la gonna della camicia da notte azzurra che indossava e si avvicinò alla porta di legno. Quando l'aprì fu sorpresa di trovare dinanzi a sé Daenerys. La donna sembrava nervosa e teneva le dita intrecciate davanti al ventre. Tamburellava con le dita sopra alla pelle del dorso delle due mani.
« Buonasera -la salutò e rimase in silenzio per qualche secondo come se stesse cercando le parole giuste da usare. La rossa la fissava sempre più perplessa non capendo il perché della sua visita, sebbene avessero scoperto di essere parenti la bionda le aveva sempre rivolto poco la parola mantenendo una certa distanza da lei.
« Buonasera. » rispose con aria incerta la giovane. « Ehm... Volete accomodarvi? » aggiunse, facendole segno di entrare. L'altra annuì e varcò la soglia della porta, che Emily chiuse alle sue spalle. Dany non era mai stata lì dentro e la vide guardarsi attorno con aria curiosa e osservare attentamente il sobrio mobilio: il letto, i due tavolini ai lati di esso, l'armadio accanto alla finestrella che dava sulla città e infine la cassapanca dal legno rovinato ai piedi del letto.
« Ho riflettuto a lungo prima di venire qui da voi e parlarvi di questa cosa. La paura di apparire debole mi impediva di venire da voi e parlarvi, ma alla fine ho capito che dovevo mettere da parte l'orgoglio e parlarvi. » spiegò e tirò un sospiro. Alicia aveva sempre creduto che fosse una donna particolarmente forte e la sorprendeva il suo attuale atteggiamento. Sembrava che avesse paura e appariva dubbiosa e non tanto determinata. « Odio doverlo ammettere, però ho bisogno del vostro aiuto, lady Alicia. » confessò infine. La rossa comprese subito quanto le costasse confessarglielo e la fissò confusa.
« In che modo potrei aiutare una donna che possiede tre draghi? » chiese, mordendosi leggermente il labbro inferiore.
« Due. Mi avete rubato uno dei miei figli. » avrebbe voluto smentirla dicendole che era stato Drogon a trovarla e sottomettersi a lei, sebbene si domandava quanto quel mostro le fosse realmente fedele e se mai le avrebbe voltato le spalle come alla sua precedente padrona. « Il mio problema sono appunto i figli. » continuò suscitando ancora più sorpresa nella rossa, che la guardò con gli occhi spalancati e la bocca socchiusa, incapace di parlare. « Io non posso più avere figli e ho bisogno che voi mi date un erede. » sbatté le palpebre stupefatta.
« Come?! » aveva capito male, doveva aver capito male o si stava prendendo gioco di lei.
« Ho bisogno che voi mi date un erede. » ripeté con tono più chiaro e impaziente. La donna si sedette sul letto, siccome aveva sentito improvvisamente le gambe deboli e un grande bisogno di sedersi. La Targaryen si mise davanti a lei e le parve che la guardasse con sguardo supplichevole.
« Un erede? Io ho due figli. » rispose, nonostante ciò non c'entrasse nulla con il discorso che stavano facendo.
« Quindi siamo sicure che siete fertile e non avrete problemi. » affermò positiva la bionda. Non riusciva a credere che potesse chiederle una cosa del genere, soprattutto perché si conoscevano appena e le aveva già di per sé rivolto poco la parola.
« Io dovrei avere un figlio e poi darlo a voi? » voleva capire meglio il suo piano. La Nata dalla Tempesta alzò le mani e sorrise.
« Voi sarete sempre sua madre. Io mi occuperò della sua educazione per prepararlo a governare. » esclamò. Ne parlava come se fosse la cosa più normale del modo.
« Io... Ho bisogno di tempo per pensarci. » rispose, alzandosi in piedi perplessa.
« Capisco. » aveva un'aria comprensiva, seppure nei suoi occhi leggeva una certa dose di delusione. La pretendente al trono si passò una mano tra i lunghi capelli chiari. Uscì fuori dalla stanza senza aggiungere altro, lasciando Alicia confusa e piena di dubbi. Cosa avrebbe dovuto fare? Era perfettamente a conoscenza del fatto che avere un erede avrebbe rafforzato le pretese della sua presunta sorellastra sui Sette Regni. In ogni caso desiderava un terzo figlio, tuttavia non era sicura di volerlo cedere a quella sconosciuta, rimaneva sempre il suo bambino.

Nel frattempo

A Grande Inverno tra pochi minuti sarebbero state celebrate le nozze tra Sansa Stark e Ramsay Bolton. Il bastardo di Roose era stato legittimato non da molto e dal momento che la casa d'infanzia di Sansa in quel momento apparteneva ai Bolton, la quindicenne si augurava con quell'unione di riprendere le terre della sua famiglia. Naturalmente Jon non era stato particolarmente felice di quell'unione, poiché aveva sentito delle voci per nulla rassicuranti su Ramsay. Peccato che non c'era stato modo di dissuadere la ragazza, che tramava di rimpossessarsi di Grande Inverno al più presto.
Sansa osservò il suo riflesso nello specchio, che si trovava poggiato contro la parete di pietra dinanzi a lei, e tirò un sospiro. Doveva ammettere che le donava l'abito bianco e la grande e soffice pelliccia dello stesso colore che le copriva le spalle sottili. I Lannister, in seguito alla sua fuga, avevano convinto il septo a concedere l'annullamento e ora era libera di risposarsi, come del resto il suo dolce marito. A quanto pareva, lui aveva sposato la vedova del suo caro fratello Joffrey, ovvero l'affascinante Margaery Tyrell. L'idea di non poter dare dei figli a quel bastardo pazzo non le dispiaceva tanto e in ogni caso contava di sbarazzarsi di lui e suo padre in fretta, in modo che Grande Inverno tornasse nelle mani dei suoi legittimi proprietari. All'insaputa dei Bolton il suo fratellastro stava radunando un esercito per attaccarli e avrebbe avuto un prezioso alleato all'interno delle mura, naturalmente.
Avrebbe preferito evitare quelle nozze, tuttavia era un sacrificio necessario per il bene di tutti: il suo, quello di Jon, di Nadya e del vero re del Nord, attualmente chissà dove con suo padre. Sperava che fossero al sicuro. Aveva sentito dire che si erano uniti a Daenerys Targaryen e cercavano alleati e navi per attraversare il Mar Stretto e restituire i Sette Regni alla casa regnante precedente.

La cerimonia nuziale venne celebrata nel Parco degli dei e non erano in tanti i presenti. Jon l'aveva consegnata nelle mani del suo nuovo sposo, nascondendo a stento il disappunto. La Stark sospettava che, se avesse potuto, l'avrebbe ucciso all'istante, tuttavia dovevano avere pazienza e aspettare il momento giusto e di possedere abbastanza uomini.
Non si era aspettata una notte di nozze rose e fiori e si era preparata al peggio, eppure proprio non avrebbe potuto immaginare che l'avrebbe trattata in modo tanto selvaggio. La mattina seguente aveva la sua delicata e morbida pelle piena di lividi e graffi. Questo non poteva rivelarlo al suo fratellastro, altrimenti sarebbe successo il finimondo. Jon l'avrebbe ammazzato con le sue stesse ami e di sicuro non avrebbe avuto alcuna pietà, di questo la rossa ne era sicura.

La mattina seguente si alzò dal letto e avvertì subito un forte dolore dappertutto nel corpo. Si voltò verso la figura addormentata del marito che le voltava le spalle e i suoi occhi azzurri caddero sul suo cuscino. Tirò un sospiro, resistendo alla tentazione di prenderlo e schiacciarglielo con forza sul volto fino a soffocarlo.
Con passo felpato si diresse verso la cassapanca ai piedi del letto e l'aprì per recuperare una camicia da notte. Suo marito la sera prima le aveva strappato l'abito e adesso appariva completamente nuda. Trattenne a stento le lacrime mentre si levava il resto del suo abito per poi lasciare scivolare la stoffa lungo il suo corpo, facendo attenzione a non toccare troppo le ferite sulla sua pelle delicata.

Dopo aver fatto colazione insieme alla sua nuova famiglia, lei e Ramsay si recarono poi nel giardino del castello per fare una passeggiata.
Alla giovane non dispiaceva l'aria fredda sul volto e sui pochi tratti di pelle in vista. Avvertiva una morsa allo stomaco ogni volta che vedeva una parte del castello abbattuta o in ogni caso da riparare e una parte di lei era grata che suo padre non potesse vedere in che stato fosse la loro casa.
Lei e Ramsay salirono su uno dei balconi di legno e la rossa si avvicinò al bordo, poggiando le mani coperte da guanti grigi sopra alla ringhiera.
« Lady Sansa. » si voltarono entrambi verso la voce maschile che aveva appena parlato e agli occhi della Stark apparve un uomo che aveva un viso conosciuto, eppure non riusciva a capire chi fosse. Mai avrebbe pensato di essere felice di vedere una delle persone che in passato avevano tradito lei e la sua famiglia, sebbene lui avesse assistito alla sua prima notte di nozze, costretto, e non aveva fatto nulla per impedire a Ramsay di violentarla, ma alla fine non poteva. Theon non sembrava più l'uomo affascinante che era stato un tempo, di quello era rimasta solo una specie di ombra su di lui. La metà lupa aveva sentito vagamente delle voci su cosa gli fosse accaduto da quando i Bolton l'avevano preso prigioniero ed erano cose orribili, a cui non voleva credere. A dire la verità però, conoscendo suo marito, non stentava nemmeno a ignorare i fatti.
« Theon. » esitò prima di chiamarlo per nome, temendo di non potergli rivolgere la parola. Il bastardo Bolton non disse nulla e sentì un forte senso di sollievo. Nonostante i loro trascorsi, stranamente per lei vederlo le provocava un senso di sollievo e poteva essere il suo unico amico in quel momento. « Come stai? » aggiunse, sempre con tono incerto e pensandoci su qualche secondo prima di parlare. Il giovane sollevò le sue mani guantate e le osservò per qualche secondo.
« Bene. » rispose, abbassandole.
« Non disturbare mia moglie e sparisci. » la voce scortese del Bolton le ricordò la sua presenza e si voltò verso di lui. « Andiamo Sansa. » non le parlò con tono gentile e la cosa non la sorprese. Si allontanarono insieme, lasciando Theon da solo fuori sul balcone.
Una parte di lei pensava che si meritava tutto quello che gli avevano fatto per il modo altrettanto terribile con cui aveva trattato i suoi fratellini, tuttavia non riusciva ad evitare di provare un po' di pietà per il ragazzo che un tempo era stato amico di suo fratello e che varie volte aveva visto allenarsi con lui.
Si prospettavano tempi difficili e dolorosi, ma cercava di essere coraggiosa perché lei era una Stark e l'inverno stava arrivando.

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Capitolo 23
*** 23 Capitolo ***



Due anni dopo il matrimonio di Sansa Stark con Ramsay Bolton, al di là del Mar Stretto, Emily diede alla luce un bambino.
Il piccolo Rhaegar - voluto chiamare così da Daenerys, senza che i suoi genitori potessero opporsi - era un delizioso neonato dal dolce visetto roseo e le guance paffute. I suoi occhi erano color verde smeraldo, come quelli del padre, ma i capelli erano quelli bianco-argentati tipici dei Targaryen. Il piccolo possedeva pure la loro pelle chiarissima.
La coppia in ogni caso, nonostante l’attaccamento di Danerys al bimbo, che considerava ormai suo erede, era felice e nessuno di loro poteva immaginare la tragedia che presto si sarebbe abbattuta su di loro.
Una mattina, infatti, la Missandei venne incaricata da Dany di andarle a prendere il neonato in modo che potesse tenerlo in braccio. La donna ubbidì e, uscita fuori dalla stanza della donna, si diresse verso quella del piccolo.
Quando raggiunse la porta l’aprì ed entrò nella camera non tanto grande. Si avvicinò alla culla che si trovava accanto al letto sprovvisto di coperte, siccome la madre della creatura dormiva nella stanza davanti insieme al marito. Missandei allungò le braccia per prendere Rhaegar, ma quando le sue mani toccarono fugacemente la sua pelle morbida la sentì subito fredda. La sorpresa mutò in orrore quando si accorse che il neonato non respirava e non dava alcun segno di vita. Spaventata allora lasciò la creatura cadere nella culla.
« Aiuto! » urlò disperata. Le sue grida attirarono l’attenzione di Tyrion Lannister, che pochi secondi dopo entrò dentro alla stanza con la moglie. Il nano corse verso la culla, doveva aver intuito qualcosa. Sua moglie apparve pallida in viso e incapace di parlare. L’altra le si avvicinò e l’abbracciò, stringendola forte a sé.
« Emily, è morto. » annunciò Tyrion e sua moglie si accasciò disperata tra le braccia della bruna, scoppiando in lacrime.
« Ah! No! » se possibile il suo urlo fu ancora più straziante di quello uscito poco prima dalle labbra della ex-schiava, che le accarezzò dolcemente la schiena nel tentativo di calmarla. « Il mio bambino! » aggiunse singhiozzando disperata, cercando di liberarsi dalla presa di Missandei. Quest'ultima però preferì trattenerla e si mise dietro di lei, stringendole le braccia con le mani.
« Emily, per favore, calmatevi. » intimò, consapevole che sarebbe stato difficile e che il dolore l’aveva accecata.

Alla fine riuscirono a calmarla, sebbene per essere precisi si addormentò piangendo. Daenerys era furiosa, inutile a dirlo, e li convocò tutti nella sua sala del trono all'interno dell’edificio. La bionda si trovava seduta sul suo trono, mentre gli altri si trovavano in piedi dinanzi a lei, eccetto Missandei, che si trovava accanto a lei.
« Com'è potuto succedere? » tuonò furibonda. Varys fece un passo in avanti verso il trono.
« Purtroppo sono cose che capitano: bambini che stanno bene e poi muoiono senza alcuna spiegazione. » non avevano proprio capito la causa della morte di Rhaegar.
« Mia moglie poche ore fa lo ha allatto e quando ha lasciato la stanza stava bene. » disse il nano con amarezza, ripensando alla moglie felice quando era tornata in camera dopo aver finito di allattare il figlio.
« Quindi intendete dire che mio nipote, il mio erede, è morto per cause naturali? » la Madre dei Draghi non sembrava particolarmente convinta mentre pronunciava quelle parole. Per lei tutto ciò era inconcepibile.
« Sfortunatamente sì, mia regina. » disse tristemente Varys. « Tra un anno o poco più magari Alicia darà alla luce un altro bambino. » continuò con tono incoraggiante, sebbene sospettava che ci sarebbe voluto più tempo prima che la giovane si riprendesse e tentasse di avere un altro figlio.
« Tutti ce lo auguriamo. » affermò Tyrion, anche lui poco convinto.

Sette mesi dopo

Spesso Alicia si chiedeva quando avrebbe messo di nuovo piede nei Sette Regni. Adesso si trovava a Roccia del Drago e avvertiva una forte nostalgia. Avrebbe voluto che ci fosse pure Rhaegar, che avrebbe avuto quasi un anno se non fosse morto per cause sconosciute.
Arrivarono dentro alla Sala Grande, dove un tempo Stannis Baratheon aveva accolto i suoi ospiti ed era stato pure incoronato re, quando in teoria il trono apparteneva già a Joffrey. La stanza era piena di colonne e le pareti erano di pietra grigia. Sembrava che da tempo, a causa della polvere presente, nessuno ci mettesse piede; eppure dinanzi al trono grigio di discrete dimensioni, dove un tempo aveva seduto il Baratheon, si trovava una donna a loro sconosciuta dai lunghi capelli rossi e molto affascinante. Non sembrava sorpresa di vederli e incrociò le mani ad altezza del petto, mentre loro avanzavano lungo la sala.
« Vi stavo aspettando. » esclamò. Il gruppetto si fermò a pochi metri dalla rossa.
« Chi siete? » chiese Daenerys senza scomporsi.
« Mi chiamo Mellisandre e so molte cose, vostra maestà. » esclamò tranquillamente la donna. « Avete bisogno del sostegno di Jon Snow se volete vincere la guerra e riavere il vostro trono. Lui è il principe che è stato promesso dalla profezia. » continuò.
« Veramente la profezia potrebbe anche parlare di una principessa. » la corresse Missandei con tono deciso. L’altra non commentò e poi il suo sguardo cadde su Emily.
« Pare che ci siano due principesse qui. » osservò, dirigendosi verso la rossa e fermandosi a pochi centimetri da lei. Lanciò un’occhiata fugace alla piccola Joanna, in quel momento in braccio a Tyrion. Suo fratello, invece, stringeva la mano di Alicia. La donna lanciò un’occhiata pure a lui e poi fissò attentamente la giovane.
« Cosa volete da me? » domandò infastidita l’altra. Robert si nascose dietro alle sue gambe, come intimorito.
« Tutti i figli che vostro marito, lord Tyrion, vi darà moriranno entro il primo anno di vita. » la sua predizione non era sicuramente positiva e il biondo strinse a sé la figlia.
« Joanna ha superato da tempo il primo anno di vita, ne ha quasi tre. » ribadì con un sorriso di scherno dipinto sul viso.
« Oh, sicuro, ma è una femmina. » la sua considerazione provocò un brivido lungo alla schiena di Alicia, che perse tutta la sua sicurezza. Istintivamente Alicia si voltò verso la donna che chiamava sorella e regina. Dany tirò un profondo sospiro e poi si voltò verso Varys, che si trovava dietro di loro.
« Contattate Jon. » esclamò, per poi rivolgere la parola alla sorella e al cognato. « Ho bisogno di un erede maschio. » continuò e non serviva che aggiungesse altro per spiegare cosa intendeva esattamente con quelle parole. La coppia si lanciò un'occhiata e la rossa si sistemò una ciocca dietro all'orecchio. Fulminò poi con lo sguardo Mellisandre, provando un grande desiderio di ucciderla sul momento.

Più tardi

Aveva appena finito di sistemarsi nella stanza che un tempo era appartenuta alla moglie di Stannis, quando sentì bussare alla porta. Non si sorprese quando vide la Targaryen davanti a lei, dopo che ebbe aperto la porta. Tirò un sospiro e la lasciò entrare, per poi dirigersi verso il baule che si trovava ai piedi del letto per tirare fuori le ultime cose.
« Per favore Alicia, cerca di capire. » il suo tono era implorante, ma l'altra non aveva alcuna intenzione di ascoltarla. Estrasse dal baule un vestito di colore giallo e lo ripose nell'armadio presente nella stanza, dove erano già presenti altri abiti di seta. « Un erede maschio potrebbe facilitarmi le cose e aumentare le mie pretese al trono. » continuò, posando le mani sulle spalle della giovane, ma questa le tirò piano una gomitata nella pancia e la bionda la lasciò andare.
« Fatelo da sola allora un erede. Io non sono una specie di fattrice umana. » protestò, girandosi verso di lei. Le parve di leggere mortificazione e tristezza nei suoi occhi viola.
« Credi che per me sia facile questa situazione? Solo gli dei sanno quanto mi piacerebbe avere un figlio, però sfortunatamente sono sterile. » l'afferrò per le spalle e la ragazza non tentò di liberarsi da quel contatto stavolta.
« Io voglio i figli di mio marito! » strillò indignata la rossa. « Io... » esitò prima di continuare, riflettendo un attimo. « Io lo amo. » confessò alla fine con le lacrime agli occhi. Non aveva idea di quando avesse iniziato ad amare suo marito, forse dopo la nascita di Joanna. Per mesi aveva cercato di negarlo mentendo a se stessa, convinta che il nano non la ricambiasse, ma di recente aveva scoperto che anche lui provava i suoi stessi sentimenti. Quando aveva pensato che potessero essere felici insieme, era arrivata Mellisandre con quella maledetta predizione.
« Io lo ucciderò se non farai come ti dico. » un barlume di follia le passò negli occhi dopo aver pronunciato quella minaccia ed Emily spalancò la bocca, incapace di ribattere. « La visita di Jon Snow sembra previdenziale. » notò e uscì fuori dalla camera senza aggiungere altro. Si sedette sul letto pensierosa, chiedendosi cosa doveva fare.

Un mese dopo

Stava aspettando nella sala del trono, in piedi accanto a Daenerys, l'arrivo di Jon Snow e dei suoi uomini. Si chiese se fosse tanto cambiato nel corso degli anni.
Pochi istanti dopo la grande porta in fondo alla sala si aprì e vide Jon in compagnia di un uomo che non conosceva, già avanti negli anni. Tirò un profondo sospiro per prepararsi a quello che sarebbe venuto dopo.
Mellisandre recitò tutti i titoli di Daenerys e per l'ennesima volta in quei mesi Alicia si domandò come avesse fatto ad impararli tutti a memoria.
« Sono Jon Snow, re del Nord. » si presentò Jon e la rossa avverti una forte morsa allo stomaco. « I lord e le lady del Nord mi hanno incoronato loro re. » non sembrava particolarmente fiero di questo.
« A quanto mi risulta, il vostro fratellastro aveva preteso di avere di nuovo l'indipendenza e voi siete solo un usurpatore che porta sulla testa una corona che appartiene a un bambino di cinque anni. » esclamò indignata la Madre dei draghi. Jon fece un passo in avanti e la Lannister non poté fare a meno di pensare che fosse diventato un uomo affascinante e muscoloso. Scosse subito la testa nel tentativo di levare quei pensieri dalla sua mente.
« In assenza del vero re hanno incoronato me, ma vi giuro che non intendevo usurpare il trono di nessuno. » ribadì. « Sono venuto qua perché ho bisogno del vostro aiuto. » tacque per qualche secondo. « Gli Estranei non sono una leggenda, io li ho visti e la Barriera non reggerà in eterno. » tutti i presenti lo fissarono sorpresi.
« Io dovrei credere alla vostra parola? » chiese dubbiosa Dany.
« Mia regina, conosco Jon Snow da una vita, siamo cresciuti insieme a Grande Inverno, e se dice di aver visto gli Estranei io gli credo. » affermò con decisione Emily. La regina si alzò dal trono.
« Ci penserò. Ho bisogno di tempo per riflettere. » disse la bionda. Sul volto del bruno apparve disperazione.
« Vostra maestà, non c'è tempo per riflettere, bisogna agire in fretta! » strillò, ma Dany non si scompose e intrecciò le mani ad altezza del ventre.

Quella sera

In attesa che la Targaryen prendesse una decisione, Jon era stato sistemato in una delle camere da letto del palazzo. Lo trattavano con gentilezza, eppure si sentiva come un prigioniero dentro a quel castello.
Stava guardando il mare che si infrangeva contro le rocce sottostanti, quando sentì bussare alla porta e si voltò verso di essa. La raggiunse e l'aprì. Davanti a lui apparve Emily con un sorriso forzato sul viso e le braccia incrociate ad altezza del petto.
« Mi dispiace per Daenerys. Come sta Sansa? » chiese preoccupata e visibilmente in imbarazzo.
« Bene, sta bene. Ha sposato Ramsay Bolton, però grazie agli dei è morto già da tempo ed è inutile che ti dica che non le manca per nulla. » raccontò, sentendosi ancora in colpa per averle permesso di sposarlo. Lei lo fissò sorpresa.
« Posso entrare? » domandò timidamente. Il bruno tacque, incerto se fosse il caso di farla accomodare, siccome ancora si sentiva molto attratto da lei e non voleva commettere qualche sciocchezza.
« Perdonami, sono stanco. Possiamo parlare domani? » lei annuì sorridendogli.
« Naturalmente. Allora, buonanotte. » la vide allontanarsi lungo il corridoio e non poté fare a meno di chiedersi se non ci fosse qualcosa che non andava, per via del suo comportamento. Sembrava in ansia, tuttavia scosse la testa, pensando che fosse solo una sua impressione, e chiuse la porta.
Quella notte sognò di stringere Emily tra le sue braccia, accarezzare la sua pelle morbida e baciare ogni singolo centimetro della sua pelle liscia. 

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Capitolo 24
*** 24 Capitolo ***


La mattina dopo Jon venne svegliato da un bussare alla porta e si voltò verso di essa, drizzandosi in piedi. Ignorando il fatto che indossasse solo dei calzoni, raggiunse la porta e l'aprì, ritrovandosi davanti Davos. L'uomo non era più tanto giovane e aveva una barba decisamente lunga e di colore grigio chiaro.
« Daenerys vuole che stamattina facciate colazione con lei e la principessa Alicia. » affermò. Si limitò ad annuire in risposta e, dopo averlo salutato, chiuse la porta con l'intenzione di cambiarsi.
Scese a colazione con indosso dei calzoni marroni, una casacca della stesso colore e sotto una camicia grigia. Sentì un'improvvisa nostalgia per il Nord, o meglio per Sansa e Nadya. Da quando Sansa aveva ucciso Ramsay e si erano riuniti il loro legame era cresciuto. Si sentiva in colpa per le notti focose passate insieme e per tutti i baci che si erano scambiati, decisamente non fraterni. Lei era preoccupata quando era arrivato l'invito di Daenerys, temendo che sarebbe morto come Robb e Ned se fosse andato al Sud. Tuttavia lui l'aveva convinta che avevano bisogno dei suoi draghi. Da tre mesi lui e Sansa erano amanti. Tutte le volte che cercava di resisterle lei toglieva la scusa che sarebbe potuto morire da un giorno all'altro a causa degli Estranei, che non si sarebbero più rivisti o che non poteva avere più figli. In tal modo riusciva a sedurlo e a passare la notte insieme. La mattina dopo non osava dirle che fosse pentito e arrabbiato con se stesso per aver ceduto.
Entrato nella Sala dei Banchetti, vide le due donne sedute attorno ad un lungo tavolo che avrebbe potuto ospitare una ventina di persone, a giudicare dal numero delle sedie. La Targaryen si trovava a capotavola e alla sua destra era seduta Emily. Quel giorno sembrava più serena e si drizzò in piedi appena lo vide, venendogli incontro con le braccia spalancate, per poi stringerlo a sé felice e con calore.
« Oh Jon, sono così felice di vederti. Hai dormito bene? » chiese sorridendo, prendendo il suo viso tra le mani.
« Bene, grazie. » rispose. Lo invitò a sedersi vicino a lei e così fece.
« Sono contenta che abbiate riposato bene. » disse la Madre dei draghi con indifferenza, bevendo da una tazza.
« Sì e vi ringrazio per la vostra ospitalità, ma mi chiedo se non debba considerarmi un prigioniero. » confessò con sincerità. Vide confusione nei suoi occhi viola.
« Prigioniero? » chiese perplessa, posando la tazza sul tavolo.
« Dal momento che non mi lasciate muovere liberamente nel castello, mi viene il dubbio di sì. » rispose tranquillamente.
« Mi dispiace, ma ho pensato che ieri sera foste troppo stanco per mettervi a girare per Capotempesta. » affermò. « Oggi rimedieremo. Io non ho tempo per accompagnarvi, però mia sorella sono sicura che sarà così gentile da fare gli onori di casa. » aggiunse lanciando un'occhiata alla rossa, che si rivolse a lui e posò una mano su quella che teneva sul tavolo.
« Naturalmente. Potremmo approfittarne per recuperare il tempo perduto. Sono cinque anni circa che non ci vediamo e mi sei mancato. » disse sorridendo e lui sorrise a sua volta. Non gli dispiaceva l'idea, ma temeva che cosa sarebbe accaduto se si fossero ritrovati da soli.
« Sono felice di passare del tempo con te. » magari lo avrebbe aiutato a dimenticare Sansa e quanto accaduto tra di loro qualche settimana prima. Passarono il resto della colazione in silenzio. Tentò di parlare con Dany degli Estranei, però la bionda pareva non voler assolutamente affrontare l'argomento.

Quel pomeriggio

Per tutta la mattinata avevano girato per il castello, esplorandone le vecchie mura di pietra. Quel pomeriggio, finito di pranzare, decisero di andare sulla spiaggia.
Il mare era tranquillo quel giorno; l'acqua si infrangeva contro gli scogli e raggiungeva la spiaggia.
Jon ed Emily si recarono in riva al mare e si sedettero sulla sabbia, poco distante dall'acqua. Rimasero per qualche secondo a fissare la grande distesa blu, prima che il giovane rompette il silenzio.
« Dimmi la verità: ti trovi bene qui con Daenerys? » quella mattina non aveva avuto il coraggio di chiederglielo, eppure adesso aveva trovato la forza. Si voltò verso di lui, fissandolo attentamente con i suoi occhi marroni con pagliuzze dorate, e si sistemò dietro ad un orecchio una ciocca di capelli che le era finita sulla faccia.
« Sì, non è tanto male. Per carità, non è una sorella particolarmente affettuosa, anzi per nulla... » ammise, voltandosi verso il mare. « Ho sempre desiderato avere dei fratelli o delle sorelle e ti ho sempre invidiato per il bellissimo rapporto che avevi con Robb, Arya, Bran e Rickon, nonostante foste in realtà fratellastri. » continuò con una punta di invidia nel tono.
« Sansa non mi ha mai considerato un fratello, però adesso sta recuperando e si sta facendo perdonare. » non era sicuro che fossero proprio le parole più adatte per descrivere il loro rapporto attuale.
« Sono contenta. » rispose la giovane e gli prese una mano, facendo lentamente risalire la sua lungo il suo braccio. Il bruno sentì un brivido lungo la schiena. « Mi piacerebbe mostrarti la mia stanza. » il suo tono ora era seducente e sbatté le palpebre. Da come si era avvicinata pareva che volesse sbattergli i suoi seni in faccia e la scollatura del suo abito non lo aiutava decisamente a mantenere il controllo. Guardò verso il mare solo per distogliere lo sguardo dalla rossa e lei posò una sua mano sul suo petto, accarezzandoglielo.
« Non mi sembra proprio il caso. » difficile resistere a una donna che aveva amato per tutta la vita. La rossa non sembrava aver alcuna intenzione di arrendersi e avvicinò le labbra al suo orecchio.
« Perché? Non devi nemmeno preoccuparti che possa partorire un bastardo. » comprese immediatamente cosa intendeva dire con questo: aveva un marito e avrebbe potuto far passare il bambino per suo oppure Tyrion era un uomo molto buono che si sarebbe preso a carico il figlio illegittimo della moglie. Magari anche il nano possedeva dei figli illegittimi chissà dove nel regno e la cosa non l'avrebbe sorpreso, poiché aveva sentito della sua passione per le donne.
« Un tempo ti amavo, ma è passato tanto tempo e ormai non mi interessi più. » non si trattava proprio della verità. La rossa si allontanò da lui e si inginocchiò sulla sabbia.
« Daenerys mi ha imposto di sedurti, altrimenti avrebbe fatto del male a Tyrion. » confessò, abbassando il capo con aria colpevole. Questa rivelazione lo fece adirare e si drizzò in piedi, stringendo le mani in dei pugni. « Mi dispiace tanto. » precisò la ragazza. L'aiutò ad alzarsi tenendole le mani e le accarezzò una guancia.
« Non ce l'ho con te, ma con quella donna che solo perché è convinta di essere la legittima regina dei Sette Regni e possiede tre draghi si crede chissà chi. » intendeva affrontarla e farle abbassare la cresta il prima possibile.

Insieme a Daenerys, Missandei, Davos ed Emily andò a visitare una grotta che si trovava vicino alla spiaggia e dove trovò parecchio materiale che gli sarebbe tornato utile per creare armi in Acciaio di Valirya, le uniche in grado di ferire e uccidere gli Estranei. Inoltre c'erano dei disegni sulle pareti rocciose che confermavano l'esistenza di quegli esseri che li stavano minacciando e che tra non molto avrebbero attraversato la Barriera. Una minaccia pericolosa e all'apparenza inarrestabile incombeva sulle loro teste. A quel punto, dopo una lunga riflessione, Dany accettò di aiutarlo e dargli i suoi draghi.

Quella sera

Seduto su una poltrona nella sua camera, davanti al caminetto dove ardeva un bel fuocherello, Tyrion guardava sua moglie che leggeva un libro.
« Come procede la tua missione di seduzione? » quel ragazzo era un uomo d'onore e quindi difficile da sedurre, dunque si chiedeva se sua moglie ce l'avrebbe fatta. La rossa chiuse il libro e lo posò sul tavolino di forma rotonda tra le due poltrone. Senza proferire una parola si alzò e si sedette sulle sue gambe. Prese il suo viso tra le mani e lo baciò con passione.
« Non mi interessa quello che dice Mellisandre. Ti amo e ti voglio. » affermò. La strinse in vita e la baciò nuovamente. Le loro lingue incominciarono una danza sensuale. La donna gli aprì la camicia che indossava, per poi gettarla sul pavimento e chinarsi a baciargli il petto.
« Vuoi un altro figlio? » chiese. La principessa scosse la testa.
« No, non ancora, però possiamo lo stesso divertirci e allenarci a provare. » scherzò. Scoppiò a ridere e le slegò la parte superiore del vestito, scoprendo il corpetto. Avrebbe preferito spostarsi sul letto, tuttavia sua moglie non volle e fu una situazione piacevole quanto scomoda alla fine.
La guardò dormire più tardi. Gli voltava le spalle e poteva vedere i suoi lunghi capelli sparpagliati sulla schiena nuda e sul cuscino. Il nano distolse lo sguardo e tirò un sospiro, guardando il fuoco nel camino, consapevole che una certa biondina non sarebbe stata contenta quando avrebbe saputo che la sua dolce mogliettina non era per nulla interessata a fare un figlio con Jon Snow. Aveva detto di amarlo e questo lo rendeva immensamente felice. Nessuno dei due credeva alle parole di Mellisandre, sebbene una parte di Tyrion avesse un po' di paura.
Quella notte sognò sua madre che giocava in un grande giardino a lui sconosciuto con un bambino. Quando si avvicinò loro non lo degnarono nemmeno di uno sguardo e si allontanarono, provocandogli una grande sofferenza. Solo prima di sparire il bimbo si volto e si accorse che non gli assomigliava per nulla: i capelli neri, gli occhi grigi e la pelle olivastra.
A quel punto si svegliò di soprassalto tutto sudato e si passò una mano sul volto, provato dal sogno. Sua moglie dormiva ancora accanto a lui e si era messa a pancia in su. Una delle coperte era scivolata, lasciando intravedere metà del suo capezzolo. Le lanciò un sorriso e uno sguardo amorevole e si girò verso di lei. Chiuse gli occhi e si riaddormentò. Stavolta, fortunatamente, non ebbe incubi.

Due mesi dopo

Quando rivide Sansa nel giardino di Grande Inverno fu molto felice e scese dal suo cavallo. Dany si trovava in groppa ad un altro cavallo vicino a lui. Scese in modo decisamente più elegante, seguita da Emily. Ignorandole, Jon si diresse verso la rossa che lo aspettava sugli scalini ai piedi del portone d'ingresso. Non fece caso alle altre persone, concentrandosi sul suo bel viso, e l'abbracciò stringendola forte a sé.
« Mi sei mancata tanto. » disse poi lasciandola andare e solo allora si accorse della brutta espressione sul suo volto. Appariva spaventata e pallida. « Stai bene? Hai una faccia. » aggiunse. La giovane tirò un sospiro e prima che potesse dire qualcosa una ragazza dai capelli scuri, esile e dagli occhi grigi, gli corse incontro e l'abbracciò. Gli ci volle un attimo per capire chi fosse. « Arya! » strillò alla fine.
« Dopo dobbiamo parlare. Vi lascio. » disse Sansa e, prima che potesse fermarla, entrò dentro al castello. La sua sorellina sembrava impaziente di recuperare il tempo perduto, ma prima voleva occuparsi dei suoi ospiti e parlare con l'altra sua sorella.

Poco dopo

Si recò nella camera di Sansa appena ebbe finito tutte le sue faccende e stabilito che l'incoronazione del figlio di Emily sarebbe avvenuta tra una settimana.
Quando varcò la soglia della camera da letto, la vide seduta su una poltrona di colore rosso, intenta a ricamare su della stoffa. Le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla, facendola sussultare. Vide che stava ricamando dei lupi sul panno di stoffa di colore grigio.
« Ho ucciso Petyr, o meglio l'ha fatto Arya. » affermò per nulla dispiaciuta. « Ci ha dato il suo sostegno, ma pretendeva che lo sposassi, quindi l'ho condannato per i suoi crimini. » continuò e tirò un sospiro. Sapeva che aveva ucciso lui Lisa, siccome la rossa glielo aveva confessato una volta, dopo aver fatto l'amore. « Intendeva dire a tutti di noi due se non lo avessi sposato. » scoppiò in lacrime e lui l’abbracciò nel vano tentativo di consolarla. Non sapeva quanto rimasero in quella posizione, però non intendeva assolutamente lasciarla andare e sperava di poter assorbire il suo dolore.

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Capitolo 25
*** 25 Capitolo ***


Quella notte Jon dormì nella stanza di Sansa per cercare di calmarla ed essere sicuro che riuscisse a riposarsi. La giovane si addormentò con la testa poggiata sul suo petto e poco dopo riuscì a prendere sonno anche lui.
Quando si svegliò il giorno dopo era già tardi, ovvero le dieci del mattino, e aveva tante cose da fare. Per iniziare, doveva sistemare la faccenda del trono e restituirlo al piccolo Robert. Non pensava che i lord e le lady avrebbero avanzato proteste, siccome avevano incoronato lui senza problemi ed era un bastardo. Il fatto che il bambino fosse un Targaryen da parte di madre lo preoccupava, tuttavia contava sul senso di giustizia della sua gente e su Sansa che amava quel bimbo.
Dopo essersi alzato e vestito, si mise alla ricerca dei suoi ospiti. Raggiunse la camera di Emily, sperando di trovarla lì.
Bussò alla porta, sperando che gli aprisse, e dopo qualche secondo sentì dei passi. Poi la vide apparire davanti a sé con solo una pelliccia, forse di orso, che la copriva; una spalla risultava scoperta. La rossa doveva essersene accorta, perché la coprì.
« Jon Snow, cosa posso fare per voi? » chiese. Gli parlava sempre con grande rispetto, che gli dimostrava da sempre, anche quando erano piccoli ed erano solo dei bastardi. Da bambini erano stati uniti e avevano giocato sempre insieme, però crescendo lei si era allontanata, preferendogli la compagnia di Robb e Theon.
« Vorrei sistemare la faccenda del trono del Nord. » spiegò senza giri di parole e con aria seria. La giovane annuì e si sistemò una ciocca dietro all'orecchio.
« Io cerco Daenerys. Voi dove ci aspettate? » domandò.
« Vi aspetterò nella sala grande. » contava sul fatto che si ricordasse dove fosse. La rossa non fece domande e non lo fermò mentre si allontanava lungo il corridoio. Raggiunse in poco tempo la sala e, quando entrò, la trovò stranamente vuota, eccetto per alcune donne della servitù che stavano pulendo. Si sedette in mezzo al lungo tavolo in fondo alla sala. Una delle ragazze si avvicinò con in mano una scopa.
« Vi serve qualcosa, maestà? » chiese, tenendo il capo chino in segno di rispetto.
« Porta dell'acqua e del pane, poi vedremo cosa gradiscono le mie ospiti. » rispose. La giovane si congedò con un inchino e si apprestò ad andarsene per prendere quello che le aveva chiesto. Ripensò a quando lui ed Emily erano solo dei bastardi e la gente aveva poco rispetto per loro, soprattutto per lei, che ogni tanto serviva la gente. Adesso erano loro quelli serviti e riveriti. A volte il destino era proprio strano, constatò mentalmente. Tirò un sospiro e attese le due donne.

Arrivarono pochi minuti dopo. Per prima giunse Daenerys e dopo un attimo anche Alicia. Si sedettero vicino a lui, la prima alla sua destra, mentre la seconda alla sua sinistra.
« Per prima cosa, dovremo convocare tutti i signori e le signore del Nord e informarli. » disse Jon, rompendo il silenzio instauratosi e offrendo poi alle due donne del pane. Dany ne prese un pezzetto, ma l'altra preferì rovesciarsi dell'acqua in un calice. « Per quanto riguarda gli Estranei... » continuò. La bionda lo interruppe.
« Dobbiamo sistemare le cose. » affermò con decisione, guardandolo male.
« Zia, in questo momento gli Estranei sono la cosa più urgente, se sono veramente così pericolosi. » ribadì la ragazza. L'altra la fulminò con lo sguardo.
« Tuo figlio ha dei diritti! » protestò furente.
« Se gli Estranei e i Non-morti arrivano e ci attaccano non ci sarà nessun Nord da governare e, in generale, i Sette Regni saranno in pericolo. » strillò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli e incrociando le braccia. La Targaryen parve irritarsi ancora di più e si alzò in piedi.
« Come vuoi. Vi lascio a risolvere la faccenda insieme. Più avanti discuteremo dei draghi. » si diresse velocemente verso la porta in fondo alla sala e l'aprì, sbattendola una volta uscita. Jon tirò un sospiro e si rovesciò un po' d'acqua.
« Iniziamo bene. » commentò. Se tutte le loro riunioni fossero andate in questo modo sarebbe stata dura. Non sopportava più la Madre dei draghi. La donna si portò alle labbra un pezzo di pane e lo masticò piano, per poi deglutire.
« Sempre nervosa e si crede chissà chi. Non dovrei dirlo, però è la verità. » ammise tristemente. Le lanciò uno sguardo di compressione e le posò una mano sulla sua, stringendole piano nel tentativo di rassicurarla e darle forza.
« Tutto si risolverà e sistemeremo ogni cosa. » esclamò tranquillamente, cercando di mantenersi positivo. L'altra lo guardò attentamente negli occhi.
« Dimmi la verità: sono davvero così orribili questi Estranei? » chiese spaventata.
« Purtroppo sì, e anche pericolosi. » rispose. « Dobbiamo sistemare la Barriera per tentare di arrestarli e prendere tempo. » aggiunse, anche se non aveva idea per quanto avrebbe funzionato e il tempo che avrebbero guadagnato. Ogni minuto in più e ogni uomo erano preziosi in quei momenti incerti.
« Ho paura che Daenerys non ti sarà di molto aiuto se prima non cedi il trono a Robert. » non poteva che darle ragione.
« Lo so. Siamo tutti in pericolo, ma lei pensa solo a se stessa e a restituire i troni ai loro legittimi proprietari. » notò nervoso. Stavolta fu lei a posare una mano sulla sua.
« Dobbiamo avere pazienza con lei e cercare di non farla arrabbiare. » temeva cosa sarebbe mai potuto accadere se sua zia avesse perso la pazienza.
« Dopo convocheremo i signori e le signore e sistemeremo questa storia. » si alzò in piedi e la rossa fece lo stesso. « Potremmo nominarlo re senza una vera e propria incoronazione, solo di nome. Appena sarà tutto finito gli daremo la sua corona. » propose. La ragazza annuì.
« Potremmo farlo e magari Daenerys si darebbe una calmata. » acconsentì. « Io mi fido di te, ti conosco bene Jon e so che sei un uomo d'onore. » aggiunse.
« Ti ringrazio per la fiducia. » appariva più sicura lei di lui. Sperava con tutto il cuore di non deluderla e di essere pronto per il grande pericolo che incombeva su di loro. « Spero di non deluderti. » aggiunse.
« Sono sicura che non lo farai. » rispose l’altra. Uscirono fuori dalla sala insieme e il giovane decise di andare a vedere il campo di allenamento.
Una volta che si ritrovò vicino al recinto, si strinse nel suo mantello e guardò Arya che si stava allenando con una donna piuttosto alta e dai capelli biondi tagliati corti. Avrebbero potuto benissimo scambiarla per un uomo per via del corpo tutto muscoloso e decisamente poco affascinante. Non era sicuro, però sospettava che si trattasse di Brienne. Aveva sentito parlare bene di lei, della sua forza e del suo coraggio.
« Arya. » la chiamò, quando ebbe finito il combattimento con Brienne. La ragazza si voltò e lo raggiunse di corsa sorridendo. Appena gli fu vicina, si gettò tra le sue braccia stringendolo forte a sé.
« Jon, mi sei mancato tantissimo! » alla fine il giorno prima non aveva avuto abbastanza tempo da dedicarle e gli dispiaceva immensamente. Tuttavia Sansa gli era apparsa troppo sofferente e, siccome era per colpa sua, proprio non se l’era sentita di abbandonarla e lasciarla da sola, perciò era rimasto tutto il tempo con la sorellastra più grande.
« Anche tu sorellina. » chiamarla in quel modo gli era sempre venuto naturale, eppure in quel momento gli suonava strano, visto il rapporto che si era creato tra lui e Sansa.
« Mi sa che c’è qualcun altro che vuole salutarti. » osservò sorridendo e indicandogli un punto alle sue spalle.
« Zio Jon! » Si voltò e vide una bambina che gli veniva incontro sorridente e con le braccia spalancate. Aveva i capelli neri e ricci che le arrivavano fino alle spalle e gli occhi grigi. Si chinò e allargò le braccia a sua volta, per poi abbracciarla e sollevarsi con la piccola in braccio. Questa avvolse le braccia attorno al suo collo e gli diede un bacio sulla guancia.
« Accidenti, sei cresciuta piccola peste. » commentò divertito girandosi verso Arya, che gli si avvicinò e diede una carezza alla bimba.
« Non mi piacciono i bambini, però penso che farò un’eccezione per Nadya. » disse. « Quanto sei bella. » disse con tono dolce, che sorprese Jon. Gli strappò letteralmente Nadya dalle braccia. Non credeva ai propri occhi. Insomma, nella sua vita avrebbe mai pensato di vedere Arya comportarsi in quel modo con una creatura, siccome da quanto aveva sempre capito lei detestava i bambini e non ne aveva mai voluti.
« Mi sorprendi Arya, proprio tu che hai sempre detestato i bambini ora ti affezioni così tanto alla figlia di Sansa? » dopo che Ramsay era morto, la rossa non aveva più voluto nascondere il fatto di essere la vera madre della piccola e nessuno l’aveva giudicata per aver avuto una bastarda, come il fratellastro si aspettava. Invece la gente del Nord provava solo una grande compassione per la ragazza, che pensavano avesse semplicemente ceduto ad uomo nel tentativo di lenire le proprie sofferenze. Nadya assomigliava ad Arya e pareva non possedere nulla di sua madre.
« Non so, forse mia madre aveva ragione quando mi diceva: un giorno cambierai idea e comincerai anche tu a provare il desiderio di sposarti e avere dei figli. » considerò, dando una bacio alla piccina sulla fronte.
« Vuoi avere dei figli? » chiese sconcertato e la bruna scosse la testa divertita.
« Assolutamente no, come ti viene in mente una pazzia del genere? Semplicemente adoro Nadya. » ribadì seriamente la ragazza, restituendogli la piccina. « Penso sia meglio che la riporti alla madre. » aggiunse e si allontanò. Allora rientrò con l’intento di raggiungere la rossa nella sua stanza, dove sperava di trovarla.
« Jon, ti devo parlare di una cosa importante. » si voltò e vide Bran seduto sulla sua sedia a rotelle. Ancora non aveva avuto il tempo per parlare con lui, sebbene gli avesse confidato di volergli dire qualcosa di importante.
« Perdonami Bran, però devo riportare Nadya da Sansa. Poi magari discuteremo di cose importanti. » rispose, accarezzandogli il capo e scompigliandogli i capelli ramati.
« Jon, si tratta di una cosa importantissima. » ribadì l’altro. Posò la bimba e lo abbracciò. Gli era mancato parecchio pure lui, tuttavia voleva assolutamente vedere e parlare con la Stark.
« Ne parliamo più tardi. » affermò, riprendendo in braccio la bruna e rimettendosi in cammino in direzione della camera della lupa.
Arrivato dinanzi alla porta bussò, augurandosi che fosse in camera. Infatti subito dopo la porta si aprì, mostrando Sansa con indosso un bel vestito di colore arancione, con una pelliccia scura attorno alla scollatura. Deglutì, maledicendosi per i suoi attuali pensieri poco casti.
« Jon! Nadya, amore di mamma. » esclamò, prendendogli la piccola e stringendosela tra le braccia. Nell'occhiata che gli lanciò gli parve di leggere amore e non semplice affetto, però poteva essere solo la sua fantasia e in realtà nulla di straordinario come credeva.
« Volevo parlarti. » disse, entrando dentro alla camera da letto.
« Va bene, vado solo a mettere la piccolina a letto, dato che è l'ora del suo riposino. » affermò dolcemente, uscendo dalla camera da letto e tornando solo qualche minuto dopo da sola. Con grande sorpresa del bruno, dopo aver chiuso la porta, prese il suo viso tra le mani e prima che potesse dire o fare qualcosa lo baciò con passione.
« Sansa. » disse quando lei smise di baciarlo.
« Mi sei mancato tanto Jon. » anche lei gli era mancata particolarmente. Non seppe resistere e fecero l’amore sul letto.
Stava coricato accanto a lei sul letto, con la testa della rossa poggiata sul petto, quando sentì bussare alla porta. Sussultò e si alzò velocemente, seguito a ruota dalla giovane.
« Chi è? » domandò, cercando di sembrare calma.
« Sono Bran, sto cercando Jon. » il bastardo maledì mentalmente il fratellino e la sua insistenza. La ragazza aprì la porta leggermente, in modo da poter solo infilare la testa.
« Jon non è qua. » disse.
« Va bene. Se lo vedi digli che devo assolutamente palare con lui. » L’altra promise che glielo avrebbe riferito, poi chiuse la porta e si voltò verso Snow. Tirò un sospiro di sollievo, ma poi sul suo volto apparve un sorriso divertito che provocò una risata da parte del fratellastro.

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Capitolo 26
*** 26 Capitolo ***



Appena sveglio la prima cosa che Tyrion fece fu mettersi a giocare con i capelli della moglie, che dormiva ancora e gli voltava le spalle. Ad un certo punto la bruna gemette e si voltò con gli occhi ancora chiusi.
« Cosa vuoi fare stamattina? » chiese con un sorriso seducente e il nano si mise sopra di lei, baciandole il collo.
« Non ho alcuna fretta di andare a colazione. » affermò, accarezzandole il petto e la pancia attraverso le pellicce e le coperte. La donna sorrise divertita e allargò le gambe.
« Non possiamo restare tanto a lungo, altrimenti Daenerys inizierà a sospettare. » osservò con un sorriso divertito.
« Sei tu quella che ha provocato. Dobbiamo mantenerci in allenamento. » osservò, accarezzandole il ventre. « Altrimenti quando arriverà il momento di avere un altro bambino non ricorderemo più come si fa. » in realtà dubitava che avrebbe mai potuto dimenticarlo, ma ad entrambi piaceva far finta.


Alla fine dovette andare a fare colazione e poi lei volle fare un giro nel Parco degli Dei. Quando entrò avvertì una grande calma e tranquillità. Si avvicinò all'Albero del cuore e accarezzò la testa dentro al tronco, ripensando a Ned, Catelyn, Robb, Rickon, Benjen e tutti gli altri Stark morti. Cadde in ginocchio. Le lacrime scivolarono dagli occhi lungo le guance.
« Emily. » una voce che non avrebbe mai pensato di poter sentire di nuovo la fece voltare e si drizzò in piedi, vedendo davanti a sé Bran seduto sulla sua sedia a rotelle. Teneva le gambe coperte con un telo. Aveva un'espressione seria sul viso.
« Siete venuto a pregare? » chiese, stringendosi nelle sue pellicce e abiti pesanti. Il ragazzo scosse la testa e guardò in direzione dell'albero, e lo fece pure lei.
« Questo posto suscita ricordi dolorosi. » notò tristemente, avvicinandosi al tronco e toccandolo a sua volta.
« Lo so. » rispose. Ai piedi di quell'albero anni prima si erano sposati Catelyn e Ned. « I vostri genitori erano felici. » non riusciva a fare a mano di dargli del voi.
« Non darmi del voi, per favore. Non sei più una serva bastarda, ma una principessa. » quel titolo uscito dalle sue labbra suonava strano alle orecchie della bruna.
« Daenerys mi chiama così solo per rispetto, temo. » ammise, sistemandosi una ciocca dietro all'orecchio.
« Tuo figlio sarà un buon re un giorno. » disse. Si voltò e lo guardò confusa.
« Mio figlio? Ah, Robert. » realizzò, dandosi della stupida e tirandosi una pacca sulla fronte.
« Veramente parlavo di Aegon, però anche Robert sarà un ottimo re. » affermò. Questo la rendeva felice e la tranquillizzava.
« Ne ero sicura. » rispose. « La moglie di Robb doveva essere meravigliosa, fantastica e di sicuro meglio di me. » disse tristemente, chinando il capo e muovendo nervosamente i piedi, sfregandoli l'uno contro l'altro.
« Dubito che ti abbia mai dimenticata e secondo me lei era solo una specie di tua brutta copia. » rispose.
« Il loro bambino è morto, mentre il mio diventerà Re del Nord presto. » notò con tono ironico. La situazione appariva strana e sbagliata ai suoi occhi. « Se qualcuno mi avesse detto che due dei miei figli sarebbero diventati re, penso che gli avrei riso in faccia. » aggiunse.
« La vita è piena di sorprese. Sei tu Visenya. » lo guardò nuovamente stupefatta, però ancora di più stavolta. Era pure terribilmente confusa.
« Come? » stava incominciando a diventare ripetitiva a quanto sembrava.
« Tuo padre era Rhaegar e non il Re Folle, tuttavia Aerys non voleva permettergli di fare il padre. » sapeva che c'era quella possibilità eppure non ci aveva mai pensato particolarmente, preferendo dar retta alla versione ufficiale, ovvero secondo la quale lei era la figlia di Aerys. A parte che essere la figlia di Rhaegar, invece del padre, era di sicuro una prospettiva migliore che sapere di essere la progenie di un pazzo. Si portò una mano alla bocca quando una realizzazione la colpì.
« Io e Jon siamo fratelli. » ringraziò gli Dei che non avessero avuto rapporti sessuali e non fosse rimasta incinta. « Aspetta, tu come fai a saperlo? » chiese dubbiosa.
« Sono il Corvo a Tre Occhi e questo mi permette di vedere il passato e il presente. » spiegò. « Con il tempo persino il futuro, credo. » l'ultima frase la disse con una certa incertezza.
« Potrebbe esserci utile conoscere il fut... » non riuscì a finire la frase perché vide Bran sgranare gli occhi e assumere uno sguardo vago. Si inginocchiò accanto a lui, posandogli una mano sulla spalla.
« Bran? » lo chiamò spaventata, tuttavia lui rimase come assente e con lo stesso sguardo. « Bran? » lo chiamò nuovamente disperata. Finalmente sbatté le palpebre come se si fosse svegliato da un sogno ad occhi aperti. « Come stai? » domandò, accarezzandogli teneramente il capo. Il ragazzo le afferrò il polso stringendoglielo, ma senza farle male, e gli occhi della bruna si spalancarono.
« Ho appena visto una cosa sorprendente. » spiegò sconcertato, sebbene decisamente meno di lei. « Devo assolutamente trovare Jon. » disse e senza ulteriori spiegazioni si allontanò velocemente, lasciandola lì da sola. Emily non poté fare a meno di sentirsi una stupida.

Bran si muoveva il più velocemente possibile, come se avesse gli Estranei alle costole. Arrivato davanti alla porta della camera che cercava, entrò senza preoccuparsi di bussare. Si pentì subito dopo aver visto Sansa terrorizzata che tentava di coprirsi con una pelliccia e Jon nudo nel letto, che si tirava le coperte fino al collo per nascondere la sua nudità.
« Bran! » strillò Sansa sconvolta, diventando rossa per l'imbarazzo. « Ti sembra questo il modo di entrare? » protestò, fulminandolo con lo sguardo.
« Mi dispiace, però devo assolutamente parlare con voi, o meglio con te Jon. » affermò, cercando di mantenere una certa compostezza e a stento trattenne un sorriso divertito. Sapeva di loro due, per questo desiderava dirgli in fretta la verità sulle sue origini.
« Bran, posso spiegarti. » disse il bruno in preda all'agitazione. Appariva più nervoso di sua sorella e lo Stark per un attimo si domandò se fosse il caso di rivelargli subito la verità o quanto appena visto nel Parco degli Dei.
« Vorrei parlarti un attimo in privato, Jon. » Sansa si vestì velocemente e uscì fuori dalla stanza, dicendo che andava da sua figlia. I due, presunti, fratellastri rimasero da soli. La camera da letto cadde in un silenzio imbarazzante. Bran uscì un momento per dare l'opportunità a Jon di vestirsi e quando tornò lo vide in piedi accanto al tavolino, con le mani posate su di esso. Vicino c'era una caraffa e un calice, però non sembrava essersi versato da bere.
« Sentiamo, cosa devi dirmi? » chiese, voltandosi verso di lui. Il ragazzo gli si avvicinò.
« Emily ha bisogno del tuo aiuto. Se non l'aiuterai Jaime Lannister e forse altri la inganneranno presto. » rispose e il bruno lo guardò confuso.
« Cosa stai dicendo? » chiese perplesso. Tra loro e i Lannister non correva buon sangue e Daenerys non tollerava quanto sua nipote sembrava essere legata al marito. Diverse volte aveva detto che se fosse rimasta incinta avrebbe perso il bambino, o questo sarebbe morto dopo qualche mese. Non sapeva perché parlava in quel modo, ma in compenso conosceva bene quella strega di Mellisandre che giurava fedeltà alla gente in base alle sue esigenze. A quanto pareva aveva fatto una qualche predizione e la bionda le aveva creduto, sebbene fosse orribile. Lei li aiutava lo stesso pur di avere potere in più. Non conosceva bene Jaime Lannister, ma non gli era piaciuto quando era venuto a Grande Inverno e una sera, dopo che aveva bevuto troppo, l'aveva visto lanciare occhiate seducenti alla giovane, che l'aveva completamente ignorato, decisamente più concentrata su Robb. Senza contare che era stato proprio lui a buttarlo giù dalla torre.
« Daenerys è fissata per avere un erede, ma qualunque figlio Tyrion darà alla moglie morirà prima di compiere il primo anno di vita o nel ventre della madre. » spiegò. « Aiutala e dalle quel figlio. » lo guardò scioccato, sconvolto dalla sua richiesta, e scosse con forza la testa.
« No, non posso farlo. Non ne ho alcuna intenzione. » ribadì, ripensando alla pelle morbida di Sansa e al sapore dolce delle sue labbra. Un tempo aveva amato Emily e la desiderava ancora, però adesso voleva e amava solo Sansa. Sentiva che lei era la donna della sua vita, non importava che fosse sua sorella.
« Devi proteggerla, devi proteggere la madre del vero Re del Nord. » se gli avesse rivelato che in realtà Emily era sua sorella non avrebbe mai accettato. Nascondergli che Rhaegar e Lyanna fossero i suoi veri genitori in quel momento gli sembrava la cosa migliore da fare per tutelare la giovane e del resto non sarebbe stato il primo figlio Targaryen nato da incesto. Si rendeva conto che era brutto dire e pensare una cosa del genere, forse era molto meglio lasciare le cose come stavano, tuttavia detestava l'idea che venisse ingannata ed era sicuro che il bambino suo e di Jon sarebbe stato un ottimo re un giorno.
« Non lo farò, mi dispiace. » rispose, scuotendo la testa. Si versò dell'acqua nel calice e ne bevette un sorso.
« Cos'è? Sei troppo intento a perderti tra le cosce di nostra sorella per pensare ad altro? » calcò attentamente sulle parole "nostra" e "sorella" in modo da fargli più male. Voleva puntare sul suo onore, sicuro che non avrebbe lasciato una donna in difficoltà se poteva aiutare o addirittura salvarla da un brutto destino. « Ti rendi conto di cosa succederebbe se la gente lo venisse a sapere? » odiava quello che stava facendo e temeva che l'avrebbe odiato nel momento in cui avrebbe saputo la verità sulle sue origini. Tuttavia avrebbe salvato Alicia, anche se il prezzo da pagare era provocare un immenso dolore a Jon; se ne rese conto solo in quel momento.
« Bran... » disse esitante il bruno, allungando una mano verso di lui.
« No, scusa, hai ragione tu. Adesso sarà meglio che vada, però pensaci. » avrebbe lasciato che prendesse lui la decisione giusta. Se ne andò. Intendeva avvertire per lo meno la rossa, in modo che stesse attenta in futuro, anche se non era sicuro che sarebbe bastato.
Raggiunse il campo di allenamento e vide Tyrion Lannister in piedi vicino al recinto, con le mani poggiate in cima alla recinzione. Stava guardando il piccolo Robert intento ad allenarsi con una spada di legno, insieme ad un altro ragazzino più o meno della sua età. Avvicinò le mani e intrecciò le dita sulla pancia.
« Come sta vostra moglie? » chiese gentilmente senza distogliere lo sguardo dai due bimbi. Il piccolo Robert gli ricordava tanto suo fratello e Robb. Sembrava possedere il suo stesso sorriso e determinazione.
« Bene. Ha avuto una discussione con Daenerys ieri sera, ma niente di particolare. » rispose.
« Non si può andare sempre d'accordo con i propri parenti. » osservò, evitando di rivelare che forse conosceva le ragioni del loro litigio.
« Lo so, però la situazione... Beh, è complicata. » disse e tirò un sospiro con aria triste. « Mio padre mi diceva sempre che ero una delusione, nonostante fossi molto intelligente. » rivelò, allontanando le mani dal recinto.
« C’è stato un tempo in cui volevo diventare un cavaliere. Mi dissero che non era più come un tempo e ricordo che ci rimasi malissimo, però tanto ormai... » disse, adducendo alle sue gambe. Il nano si voltò e gli mise una mano sulla spalla, probabilmente con l’intento di confortarlo.
« Gli Dei sanno essere ingiusti a volte. » rispose e tirò un profondo sospiro.
In quel momento arrivò sua moglie, che doveva essere decisamente felice a giudicare dall'allegria dipinta sul suo viso. Si avvicinò al marito, gli posò una mano sulla spalla e si chinò dandogli un dolce bacio sulla guancia.
« Buongiorno Bran. » lo salutò, per poi voltarsi verso il figlio che era caduto a terra. Rideva, quindi non doveva essersi fatto male. « I bambini crescono troppo in fretta. » osservò.
« Vi devo lasciare, ho alcune faccende da sbrigare. » normalmente gli piaceva guardare i cavalieri che si allenavano, sebbene questo gli provocasse un grande dolore, però voleva lasciare da sola la coppia.

Qualche minuto dopo stava attraversando un corridoio, quando sentì la voce di Sansa.
« Non può essere, è impossibile! » sembrava sconvolta e si bloccò improvvisamente vicino alla porta della stanza del nuovo maester. « Ne siete sicuro? » anche se non riusciva a vedere il volto di sua sorella, era sicuro che dovesse avere un’espressione scioccata a giudicare dal suo tono.
« Sicurissimo, lady Sansa. » avvertì un forte sospiro, o meglio sembrava che a qualcuno fosse mancato il fiato per un momento.
« Va bene. Buona giornata. » si allontanò di qualche metro e subito dopo la porta si aprì. La Stark uscì fuori dalla stanza chiaramente provata e scoppiò in lacrime, correndo velocemente lungo il corridoio. Bran avrebbe voluto fermarla, per lo meno per capire cosa fosse accaduto, ma non ne ebbe il tempo perché scomparve velocemente alla sua vista.

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Capitolo 27
*** 27 Capitolo ***



Ad Approdo del Re Jaime stava preparando i suoi bagagli. Aveva quasi finito, quando sentì bussare alla porta. Si voltò verso di essa, pensando di sapere chi fosse, e andò ad aprire. La sua gemella lo fissò seria ed entrò nella stanza. I suoi occhi verdi caddero subito sulla sua grande borsa di pelle e i vari vestiti e oggetti sparsi sul letto.
« Stai preparando i bagagli? » chiese, dando un'occhiata all'interno della borsa.
« Sì, sono quasi pronti. » rispose il gemello, infilando ancora alcune cose nel suo bagaglio. La bionda si piazzò dietro di lui e avvolse le braccia attorno alla sua vita.
« Questo viaggio è necessario. Devi conquistare la loro fiducia. » disse con tono seducente.
« Penso che non sarà un'impresa per nulla facile. Solo Emily vorrà ascoltarmi, mentre Daenerys sarebbe ben felice di trasformarmi in un rogo umano. » commentò, scuotendo la testa e girandosi verso di lei. La leonessa prese il suo viso tra le mani.
« Emily è buona e un'ingenua, anche se è maturata in questi anni. Conquista la sua fiducia con ogni mezzo se necessario. » intimò, allungando una mano verso il bordo del suoi calzoni. La guardò sbalordito, non riuscendo a credere che potesse anche solo pensare ad una cosa del genere. Per carità, Emily era bellissima e l'idea di infilarsi nel suo letto non gli dispiaceva più di tanto, però aveva da poco riottenuto le attenzioni di Cersei e non voleva andarsene lasciandola da sola, figuriamoci giacere con la rossa.
« Come la mia regina comanda. » rispose e un sorriso soddisfatto apparve sul volto della Lannister, che lo baciò con passione.
« Ti amo. Torna da me sano e salvo, ti prego. » senza di lei era sicuro che non sarebbe mai riuscito a stare e il solo pensare di non vederla per chissà quante settimane gli provocava un immenso dolore indescrivibile, sebbene il sentirle dire che lo amava era il miglior incoraggiamento che potesse ricevere.
« Ti amo e tornerò. » rispose, afferrandola per la vita e sbattendola contro il muro cercando di non farle male. Le sollevò le gonne e l'altra avvolse le gambe attorno alla vita. « Voglio avere bene impresso il tuo volto nella mia mente se e quando dovrò giacere con Emily. » esclamò. Fecero l'amore contro il muro, sebbene suonasse più come un addio che un gesto di passione.
Alla fine la Lannister uscì fuori dalla stanza senza preoccuparsi di sistemare bene i lacci del suo coperto e limitandosi alla gonna. Lo baciò prima di andarsene, per poi lasciarlo da solo a finire di organizzarsi per il viaggio.

Un cavallo lo attendeva pronto per lui nelle scuderie quando arrivò. Sua sorella desiderava che andasse da solo da Daenerys in modo da suscitare meno sospetti possibili. Non poteva che darle ragione. Raggiunse il suo cavallo e gli accarezzò il muso.
« Sei pronto per il viaggio? » la bestia non era in grado di capire cosa stava accadendo. Una parte dello Sterminatore di Re si sentiva in colpa al pensiero della dolce Emily, ma anche di Sansa e di tutti gli altri. In compenso non vedeva l’ora di vedere la piccola Nadya che, da quanto aveva capito, secondo le voci, assomigliava più a una Stark che a una Lannister o Tully e aveva ereditato la dolcezza di sua madre.

Un mese dopo

Il fatto che il Lannister stesse viaggiando verso Grande Inverno non era sfuggito alle spie di Varys, che quella mattina bussò alla porta della stanza della regina. Dovette attendere pochi secondi prima che questa si aprisse mostrandogli Dany con indosso una camicia da notte e tutti i capelli in disordine.
« Vostra maestà, le mie spie mi hanno riferito che Jaime Lannister si sta dirigendo al Nord. » spiegò. La bionda socchiuse minacciosa gli occhi fino a ridurli a due fessure.
« Cosa ha in mente? » domandò la donna contrariata, stringendo le mani in dei pugni.
« Sembra che voglia unirsi a noi e giurarvi fedeltà. A quanto pare non approva il fatto che sua sorella si sia unita a noi, per poi non rispettare i patti e unirsi contro la minaccia degli Estranei. » avevano proposto a Cersei un’alleanza in modo da sconfiggere i loro rispettivi nemici, siccome quei mostri erano una minaccia per tutti loro, però la donna aveva inizialmente accettato, per poi tradirli e negare loro il suo appoggio.
« Se vale quanto il giuramento che fece anni fa a mio padre, posso considerarmi morta. » osservò freddamente.
« La principessa Emily direbbe che tutti hanno diritto ad una seconda possibilità e secondo lord Tyrion suo fratello è molto cambiato nel corso degli anni. » notò l’eunuco. « Senza contare che lui e suo fratello, seppure non proprio simili, hanno entrambi gli occhi verde smeraldo e i capelli dorati tipici dei Lannister. » affermò, piegando leggermente la testa di lato e lanciandole uno sguardo e un sorriso d’intesa ed enigmatico. La Madre dei Draghi lo guardò perplessa e si morse il labbro inferiore.
« E Tyrion, a quanto pare, non è in grado di garantirmi un erede maschio. » l’uomo annuì e la donna comprese di aver indovinato le sue intenzioni.
« Ser Jaime ha avuto due figli maschi dalla sorella. Joffrey era fuori di testa, ma Tommen era un bambino dolcissimo. » notò. « Nessuno dei due è vissuto a lungo, tuttavia sono sicuro che non sarà così nel caso del suo possibile terzogenito. » continuò. La Targaryen annuì e tirò un sospiro.
« Evidentemente dobbiamo accontentarci. » rispose scuotendo la testa, non particolarmente felice alla prospettiva del figlio di quell'uomo sul trono.
« Temo di sì, maestà. » rispose Varys. « Quando parlerete con la principessa Emily? » domandò.
« Prima desidero… ehm… studiare il leone per vedere se posso veramente fidarmi di lui. » sarebbe stata più prudente di suo padre e l’avrebbe tenuto d’occhio. Avrebbe pagato caro il più piccolo passo falso commesso e non gli avrebbe dato un’altra possibilità. Varys annuì comprensivo e si allontanò lungo il corridoio. Si presentava un altro problema, ovvero l’ostinazione con cui Alicia restava fedele al marito. Intuì subito che non sarebbe stato per nulla facile convincerla. Avrebbe potuto minacciarla, ma con il tempo si era affezionata a quella ragazza e non desiderava provocarle dolore. Lei non era Viserys.

Quella sera a cena tutti gli Stark erano seduti attorno al tavolo, eccetto Bran, che non si era sentito bene e si trovava in quel momento nella sua stanza. In compenso il piccolo neo-Re del Nord era lì con sua madre e sua sorella Joanna. Il Folletto era impegnato da qualche parte con Daenerys, forse stavano discutendo di strategie di battaglia.
« Vorrei partire. » affermò all'improvviso Sansa, pulendosi la bocca con il suo tovagliolo e posandolo poi sul tavolo. Il suo fratellastro la guardò sorpreso.
« Come mai? » non sopportava l'idea di separarsi nuovamente da lei e desiderava averla vicino a sé, in modo da poterla proteggere meglio da eventuali minacce.
« Sarò solo un peso per voi. La cosa migliore è che vada via con i bambini, magari a Dragonstone. » la vecchia casa dei Targaryen sembrava uno dei posti più sicuri del regno in quel momento.
« Non è necessario che tu te ne vada, Sansa. » intervenne sua sorella, che desiderava pure lei che non se ne andasse, sebbene una parte di lei fosse d'accordo con la sua decisione.
« Staremo molto meglio e più al sicuro a Dragonstone. Lo sapete. » insistette la giovane, accarezzando la testa di sua figlia. La piccola stava mangiando la sua zuppa e si era macchiata la parte superiore del vestitino che indossava. La madre se ne accorse e l'aiutò a pulirla.
« Ne parleremo più tardi. » affermò Jon e la rossa annuì, augurandosi che la lasciasse partire e non creasse troppi problemi. Amava Grande Inverno, però ora le dava un senso di soffocamento.

Quella sera

Dopo cena la giovane si recò nella sua camera e si sedette sulla poltrona dinanzi al fuoco. Recuperò il suo ricamo a cui stava lavorando da qualche giorno: il pezzo di stoffa non molto grande era ricoperto di lupi. Una parte di lei si sentiva stupida a ricamarli su quel drappo, tuttavia sentiva che andava fatto.
Stava finendo la coda di un lupo, quando sentì bussare alla porta. Alzò gli occhi verso le fiamme che ardevano nel camino.
« Avanti. » invitò, concentrandosi nuovamente sul suo lavoro.
« Cos'è questa storia? » chiese deciso Jon, sbattendosi la porta alle spalle. La ragazza non si voltò, continuando il suo lavoro. Questo dovette far adirare il suo fratellastro, che le strappò la stoffa dalle mani. « Guardami in faccia quando ti parlo. » intimò. Senza alcun timore ubbidì e lui parve addolcirsi un po'. Si sedette sull'altra poltrona ed esaminò il suo ricamo, osservandolo con attenzione la stoffa.
« Jon è... una copertina per neonato. » confessò dopo un tempo lunghissimo che ai suoi occhi parve un'eternità. La fissò scioccato e le buttò addosso la stoffa come se fosse stata bollente e non desiderasse bruciarsi. Si alzò in piedi, voltandole le spalle, e poggiò un gomito sulla parte superiore del camino e la fronte sulla mano. « Non è tuo, stai tranquillo. » si girò verso di lei e la prese per le spalle, sollevandola. Scoppiò in lacrime e la lasciò andare, sedendosi di nuovo sulla poltrona.
« Niente più bambini, eh? » domandò nervoso, passandosi una mano tra i capelli.
« Il maester si è sbagliato e io non sono riuscita a difendermi. » raccontò, riuscendo a calmarsi almeno in parte. « E io? Dove cavolo ero io? » strillò furioso con se stesso.
« N-non lo so, forse eri impegnato in qualche riunione. » suppose con voce tremante. Calò per qualche secondo il silenzio tra di loro e poi infine il bastardo lo ruppe.
« Chi? » Aveva bisogno di un nome per sapere chi doveva uccidere.
« Come? » tentava di stare calmo, tuttavia non lo aiutava molto se parlava in quel modo.
« Chi è stato? » stava perdendo la pazienza e la rossa scoppiò di nuovo in lacrime. Di nuovo l'altro parve calmarsi un po'. "Non bisogna urlare ad una donna incinta" gli aveva detto una volta maester Luwin, dicendo che faceva male a lei e al bambino.
« Questo non ha importanza. » rispose singhiozzando la lady e Jon tirò un sospiro.
« Per questo vuoi andare a Dragonstone? » chiese. Sansa annuì con forza.
« Non so cosa farò, magari dopo che il bambino sarà nato lo lascerò là, assicurandomi che lo addotti una buona famiglia. » rispose incerta. Nadya la stava crescendo lei, però con la bimba era diverso.
« Non pensi che sarebbe meglio evitare i lupi? » chiese, adducendo al suo ricamo. L'altra alzò e abbassò le spalle in risposta, tornando al suo lavoro.
« Sì, però in fondo è uno Stark e ho già una figlia bastarda, non può rovinarmi tanto la reputazione. » rispose senza distogliere lo sguardo dalla coda da finire.
« Come vuoi. » rispose, chiedendosi come cavolo fosse possibile che non si fosse accorto di nulla. Eppure gli sembrava di ricordare che negli ultimi mesi fosse stata serena.
Alla fine intuì che doveva essere stato Baelish ed era solo amareggiato che fosse già morto. Avrebbe voluto chiederle di quanti mesi fosse, però non trovò il coraggio di porgerle quella domanda, rischiando di provocarle ancora più dolore.

Sansa e i bambini partirono qualche giorno dopo senza che nessuno sapesse la verità. Veramente Bran aveva insistito più volente per parlare con lui, ma il bruno non aveva voluto saperne di ascoltarlo. Meno di un mese dopo giunse Jaime Lannister. Rimase sorpreso da quanto serenamente Daenerys lo accoglieva.

Il giorno dopo il suo arrivo, Jaime si inginocchiò ai piedi del piccolo Robert giurandogli la sua fedeltà. Infatti il bambino non aveva voluto sapere di partire ed era rimasto a Grande Inverno con sua madre, sebbene sua sorella se ne fosse andata.
Da parte sua il leone era dispiaciuto per non aver potuto vedere Nadya, tuttavia in quel momento aveva altro a cui pensare. Per questo la sera del suo giuramento stava camminando in uno dei corridoi del castello, diretto alla camera da letto di Elena. Non aveva cattive intenzioni e comunque voleva prima tastare il terreno.
Arrivato davanti alla porta bussò e questa si aprì un'istante dopo. Elena aveva i lunghi capelli sciolti e ordinati. Gli sorrise, ignara delle sue intenzioni. Capì che la sua missione si sarebbe rivelata più facile del previsto e si sentì in colpa per questo.

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Capitolo 28
*** 28 Capitolo ***


Quando Jaime entrò nella stanza trovò la cognata seduta alla sua toeletta, intenta a pettinarsi i lunghi capelli rossi. Gli lanciò un sorriso caloroso quando lo vide. Chiuse la porta e sul suo volto apparve un sorriso forzato.
« Non riuscite a dormire? » domandò gentilmente, alzandosi in piedi. Indossava una camicia da notte con una scollatura che lasciava bene poco alla fantasia e mostrava gran parte dei suoi seni.
« No. » confermò. Gli fece segno di sedersi sul letto e lui ubbidì. Lo raggiunse subito dopo, mettendosi seduta accanto a lui.
« Vi manca Cersei, vero? » chiese, posando una mano sulla sua spalla e strofinandogliela piano. Probabilmente intendeva consolarlo in quel modo, o almeno ci stava provando.
« Sì, non è facile per me dimenticarla. » ammise. Da quando era giunto a Grande Inverno era forse la prima volta che diceva la verità.
« Mi dispiace, mi rendo conto che per voi non sia semplice. » rispose con tono comprensivo.
« Speravo di vedere Nadya. » ammise. Gli sarebbe piaciuto immensamente vedere sua figlia, sebbene non fosse del tutto sicuro di poterla chiamare in quel modo.
« Sansa è andata a Roccia del Drago. Laggiù sarà più al sicuro. » ignorava che il vero motivo della partenza della rossa fosse quello di nascondere a tutti la sua gravidanza e di sicuro si sarebbe infuriata se avesse scoperto che gliela aveva tenuta nascosta.
« Sono contento di questo, però mi dispiace. » avvolse un braccio attorno alle spalle e si voltò, fissandolo attentamente in faccia. In fondo forse non sarebbe stato così male condividere il letto con lei e sarebbe stato semplice sedurla se si comportava in quel modo, ovvero lo trattava con così tanta gentilezza.
« Sono sicura che non passerà tanto tempo prima che vediate vostra figlia. Ora perdonatemi, ma tra poco arriverà mio marito, quindi penso sia meglio che ve ne andiate. » annuì e uscì fuori dalla stanza. Mentre camminava diretto verso la propria, incrociò Tyrion e si fermò quando lo vide. Il nano gli si avvicinò e gli sorrise abbracciando. Ancora non avevano avuto tempo per parlarsi, evidentemente era stato troppo impegnato a discutere con la Madre dei draghi per avere tempo per il fratello maggiore.
« Jaime, sono felicissimo di vederti, però da dove vieni? » non gli pareva che il suo fosse un tono sospettoso, tuttavia in parte gli dava quell'impressione in ogni caso.
« Vengo dalla camera di Emily. Abbiamo parlato di Cersei e Nadya. » tanto valeva dire la verità.
« Ah bene, ci vediamo domani. » non sembrava particolarmente convinto, eppure sorrise e si allontanò con aria serena diretto dalla moglie. Invece lo Sterminatore di Re si diresse verso la propria camera e appena entrato in essa si chiuse la porta alle spalle, incominciando a spogliarsi.
« Buonasera. » per poco non fece un salto per lo spavento quando sentì la voce di Daenerys. Si voltò e la fissò scioccato, vedendola seduta sul suo letto. Invece lei appariva tranquillissima, a differenza sua.
« Buonasera. » rispose, dopo un attimo di silenzio. Non sapeva bene come comportarsi con lei. Aveva ucciso suo padre, sebbene in fondo le avesse fatto un favore risparmiandole di crescere con un pazzo.
« Io ho un problema che mi auguro voi possiate aiutarmi a risolvere. » disse, drizzandosi in piedi. « Purtroppo una strega, se così posso chiamarla, mi ha riferito che vostro fratello non è in grado - mettiamola in questo modo - di darmi un erede. s» piegò e lui la guardò perplesso.
« Io non capisco. » disse infatti e lei alzò gli occhi al cielo esasperata e sbuffando. Non era stata per niente chiara e poi si lamentava, ma non commentò. Aveva un certo fisico ed era bellissima, tant'è che sua sorella temeva fosse proprio lei la bella regina che l'avrebbe sconfitto un giorno.
« Siete un Lannister, anche se non uno dei miei preferiti, e potete aiutarci: qualunque bambino darete ad Alicia avrà l'aspetto dei Lannister. » adesso capiva dove voleva arrivare con il suo discorso. Tutte le donne del regno andando avanti così gli avrebbero chiesto di andare a letto con la rossa, ma di certo non le sarebbe mai saltato addosso, anche perché doveva conquistarsi la sua fiducia e in quel caso l'avrebbe persa.
« Non mi sembra per nulla una buona idea. » rispose alla fine, dopo un lungo silenzio. « È della moglie di mio fratello di cui state parlando. » gli ricordò freddamente.
« Lo so, mi rendo conto che vi chiedo tanto, tuttavia ve lo chiedo per il regno. » resistette all'impulso di ucciderla come suo padre, in quanto pure lei doveva essere fuori di testa come lui. Quella del regno gli pareva solamente una scusa e poi lei stava dimostrando, come Cersei e le donne di Dorne per anni, che una donna poteva benissimo governare. « Pensate e riflettete. » uscì fuori dalla stanza, lasciandolo da solo. Per la prima volta da quando era arrivato sentiva forte la mancanza della gemella e di Approdo del Re.

Un mese dopo, Roccia del Drago

C'era voluto circa un mese per raggiungere l'isola. Appena arrivati Sansa si era sistemata iniseme a Nadya, Joann, Brienne, Gilly, Sam e il loro bambino. Sam l'avrebbe aiutata, insieme a Gilly, per il parto. Aveano promesso di mantenere il segreto, giurando di non rivelare a nessuno l'esistenza del nascituro. In seguito alla nascita, la giovane intendeva lasciare la creatura ad una famiglia che abitava sull'isola, ripromettendosi di mandare del denaro e assicurarsi che stesse bene. Non se ne sarebbe fregata come avrebbero fatto altre persone al suo posto, come ad esempio Robert Baratheon.
Quella sera finì di sistemarsi nella camera che un tempo era stata della moglie di Stannis. Fissò attentamente i mobili e gli oggetti presenti. Sentì una morsa allo stomaco quando, guardando il letto, le vennero in mente tutti i figli che lei e il marito avevano perso e istintivamente si portò una mano al ventre, che stava incominciando a mostrarsi sotto le stoffe del suo abito. Aveva appena finito di sistemare i suoi bagagli e visitato i bambini e ora esausta intendeva andare a letto. Tuttavia un bussare alla porta attirò la sua attenzione e capì che avrebbe dovuto rimandare. Aprì la porta, ritrovandosi davanti una donna dai capelli rossi che le era sconosciuta.
« Cosa volete? E chi siete? » domandò infastidita dalla sua presenza.
« Desideravo parlare con voi a proposito del vostro bambino. » si portò una mano al ventre e socchiuse gli occhi, guardandola male.
« Non so come fate a sapere del bambino, però non ho alcuna intenzione di discuterne con voi. Vi pregherei di andarvene, chiunque voi siate. » esclamò.
« Mi chiamo Mellisandre. » si presentò.
« Voi siete la strega che ha convinto Stannis a bruciare viva sua figlia! » osservò con tono freddo, ancora meno desiderosa di vederla e parlarle. L'altra alzò e abbassò le spalle in risposta.
« Ho commesso un errore. » la giovane scoppiò a ridere.
« Un errore? Lo chiamate un errore uccidere una bambina? » strillò indignata, non potendo credere alle proprie orecchi. Avvertì un movimento nel suo stomaco dove teneva ancora la mano poggiata e abbassò gli occhi, fissando il rigonfiamento.
« Voi avete mentito a vostro fratello. » provò un forte desiderio di ucciderla, ma riuscì a trattenersi.
« Non è la stessa cosa! » il suo tono di voce doveva essere particolarmente alto perché giunse Brienne. La donna era vestita per la notte e per la ragazza era strano vederla con addosso una veste.
« Si può sapere cosa sta succedendo? » domandò preoccupata, fulminando con lo sguardo Mellisandre.
« Nulla. » rispose Sansa e la strega se ne andò, lasciandole da sole.
« Tutto bene? » capì che si riferiva alla sua pancia e annuì.
« Tutto bene. » affermò. « Il bambino incomincia a calciare. » c'era una punta amara nel suo tono.
« Non parlate come una donna che è stata violentata. » notò Brienne.
« Sono stanca. » chiuse lì la conversazione e rientrò in camera, chiudendo la porta. Diverse volte si era ripetuta che non doveva affezionarsi al bambino, però era più facile a dirsi che a farsi. Tirò un sospiro e si cambiò, indossando una camicia da note, e si mise a letto. Appena mise la testa sul cuscino, dopo pochi secondi, si addormentò.

La mattina dopo

Dormiva profondamente, quando venne svegliata il giorno dopo dallo strillo di un bambino che proveniva da dietro alla porta.
« Mamma! » aprì gli occhi e si mise seduta, posando la schiena contro lo schienale del letto.
« Arrivo! » rispose, sorridendo allegra. Se tutti i suoi risvegli sarebbero stati come quelli era messa bene. Scese dal letto e raggiunse la porta per aprire. Sua figlia l’abbracciò, posando la testa proprio sul suo stomaco. Una parte di lei era grata che non avrebbe potuto ricordarsi del fratellino o della sorellina, ma si stava affezionando troppo per i suoi gusti all'idea del piccolo e avvertì un'altra morsa allo stomaco, resistendo all'impulso di spingerla via.
« Nadya, cosa c'è? » domandò, piegandosi verso di lei e fissandola attentamente in faccia.
« Io e Joanna vorremmo andare in spiaggia. » affermò. Lanciò un'occhiata alla finestra davanti a lei. Era una bella giornata di sole e l'idea non le dispiaceva. Voleva assaporare di nuovo il calore del sole sulla sua pelle, da tempo non ne aveva l'occasione. Il freddo del Nord le piaceva, tuttavia era piacevole il caldo, ovviamente purché non diventasse insopportabile.
« Va bene. » acconsentì.
Passarono quindi la giornata in spiaggia. Le bambine giocavano con la sabbia cercando di costruire dei castelli o si schizzavano con l'acqua tra di loro, in compagnia del figlio di Gilly. Invece la rossa rimase sulla spiaggia coricata su una coperta e le guardava da lontano.
« Come va? » si voltò, vedendo Gilly sorridente. Anche lei era incinta, sebbene non avanti nella gravidanza come lei e la pancia perciò ancora non si vedeva. Si sedette vicino a lei con un bel sorriso sul viso.
« Bene, e tu? » Aveva tentato di insegnarle un po' di buone maniere, però alla fine ci aveva rinunciato e le piaceva lo stesso, pure se non dava del voi ai nobili. In fondo si poteva dire che fosse nobile quanto loro, se non di più. Senza contare che le piaceva molto, le era davvero simpatica, provava una sincera ammirazione per la bruta e adorava il suo bimbo.
« Bene. Mi ricordo che quando scoprii di essere incinta di Sam subito non fui proprio felicissima, ma poi ho iniziato ad amarlo. Solo che mio padre sacrificava tutti i figli maschi agli Dei e le figlie femmine... » tacque, abbassando gli occhi e strofinandosi il ventre. Jon le aveva raccontato la storia della bruta e la Stark le posò una mano sulla spalla nel tentativo di consolarla. « Non sei stata violentata. » tutti insistevano con questa storia e la lady tirò un sospiro infastidita. Si girò verso i bimbi che stavano giocando in acqua, schizzandosela addosso, e non rispose.

Qualche mese dopo

Il secondo parto era filato liscio. La Stark aspettava che le riportassero il neonato dopo aver finito di pulirlo e visitato. Era impaziente di stringere la sua creatura tra le braccia, anche perché Sam l'aveva incuriosita. Lui e Gilly le avevano detto che stava bene, eppure aveva notato qualcosa di strano nella faccia dell'amico del suo fratellastro. Per giunta con Nadya non ricordava che ci avessero messo così tanto per riportargliela.
Finalmente la porta si aprì e apparve Sam con il neonato in braccio e allungò le mani impaziente. Brienne stava seduta su una sedia vicino al letto e l'era stata accanto per tutto il parto.
« Alla Cittadella ho trovato un documento che attestava l'annullamento del matrimonio tra il principe Rhaegar e la principessa Elia e un certificato di matrimonio con i nomi di Rhaegar e Lyanna. » fissò perplessa Gilly.
« Questo cosa c'entra con il mio bambino? » domandò. Finalmente Sam le diede il neonato e, quando vide i suoi occhi viola e i capelli argentati, intuì come dovevano essere andate le cose. « Jon è il figlio di Rhaegar e Lyanna. Mio padre ci ha mentito. » esclamò sconvolta.
« Hai mentito a Jon perché non volevi che si sentisse in colpa per aver messo incinta sua sorella, vero? » domandò Brienne, accarezzandole teneramente il capo.
« Sì. Per tre mesi ho sospettato di essere incinta e poi il maester lo ha confermato. Ho ripensato a Joffrey e ai Targaryen e ho avuto paura. » raccontò e scoppiò in lacrime. « Per favore, lasciatemi sola. » continuò. Non desideravano lasciarla sola e subito insistettero per restare, tuttavia lei non demorse e insistette. Aveva cambiato idea: niente abbandono, avrebbe tenuto Eddard.

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Capitolo 29
*** 29 Capitolo ***


Entrò nella stanza e si guardò attorno: il letto a baldacchino, la culla, i mobili, un tavolo e una finestra, la cui luce andava dritta sulla culla. Si avvicinò ad essa e guardò il neonato all'interno che dormiva a pancia in su, con il suo visetto paffuto, quelle belle guanciotte rosee e il nasino. Dormiva sereno, del tutto ignaro di cosa lo aspettasse. I frutti dell'inganno erano tutti così carini e teneri? Quei capelli morbidi e dorati lo facevano sembrare un principe delle canzoni, ma suo padre non salvava le principesse dai mostri. Lui buttava i bambini giù dalle torri. Non importava, perché il piccolo Aegon sarebbe stato diverso, per nulla simile a suo padre.
Aprì gli occhi, destandosi dal sogno. Passò una mano sul viso e si strofinò gli occhi. In casi come quelli detestava essere il Corvo a Tre Occhi. Non era giusto intromettersi nella vita altrui, seppure senza volerlo, e desiderava ardentemente vivere la sua vita in piena serenità. Consapevole che non avrebbe più preso sonno, scese dal letto e si sistemò sopra alla sua sedia a rotelle. Uscì poi fuori dalla sua camera, incamminandosi lungo il corridoio. Avrebbe dovuto parlare chiaramente con Emily, sarebbe stata la cosa migliore da fare e la giovane sarebbe stata attenta. Immerso nei suoi pensieri neppure si accorse di essere arrivato in prossimità della stanza di Emily e fissò a lungo la porta indeciso sul da farsi. Svegliarla gli pareva una pessima idea, in quanto dubitava che avrebbe gradito essere destata in piena notte. Decise quindi di tornare a letto, convinto che fosse la cosa migliore da fare.

Il giorno dopo

La mattina seguente intendeva discutere con Emily, ma la giovane non era nella sua stanza e si mise alla sua ricerca. La trovò nella sala grande del castello, seduta al tavolo principale in compagnia di Daenerys, Jon, Jaime, Tyrion, il piccolo Robert e Arya. In quanto re era l'unico dei bambini a non essere partito e non c'era stato modo di convincerlo. Daenerys alla fine aveva concordato che fosse meglio che restasse per via della sua pozione. Più difficile fu, invece, convincere la madre a farlo rimanere.
« Buongiorno. » li salutò, raggiungendoli al tavolo. Emily lo accolse con un sorriso radiante, al contrario del resto del gruppo, che rimase con un'espressione fredda sul volto.
« L'arrivo dei Non-morti e degli Estranei è previsto a breve. Io e la principessa Emily andremo al Sud. » disse Jaime appena si fu sistemato vicino a Jon. Lo guardò con gli occhi spalancati.
« Come al Sud? » chiese infatti. Se avesse avuto qualcosa in bocca gli sarebbe andata di traverso. Lo Sterminatore di Re si voltò verso di lui.
« Speriamo di riuscire a far ragionare Cersei. » rispose la rossa alla domanda. Un mese o più da soli? Questa non ci voleva proprio, bisognava che le parlasse urgentemente.
« Partiremo oggi stesso. » pareva esserci una congiura in atto contro di lui e contro di lei. Appariva tranquilla all'idea di stare via diverse settimane con il cognato. Il grado di parentela poteva rappresentare la sua salvezza, forse l'avrebbe fermata, impedendole di combinare qualche cavolata. Il Folletto non sembrava particolarmente eccitato all'idea del loro viaggio insieme e, dal momento che era a conoscenza di quello che sarebbe capitato, non riusciva a dargli tutti i torti.
« Come mai non andate con Tyrion? » domandò all'improvviso, dopo che un servitore gli ebbe sistemato delle salsicce nel piatto.
« Perché io sono il gemello di Cersei, la conosco meglio, e Tyrion è il Primo Cavaliere della Regina. » rispose con indifferenza Jaime.
« Ce la caveremo. » esclamò serenamente la ragazza, intenta a mangiare della frutta. Solo lei e la Madre dei draghi la stavano mangiando. Jon, invece, non sembrava proprio aver toccato il proprio piatto e restava in silenzio. Dalla partenza di Sansa mangiava poco ed era sempre taciturno. Il neo-Re del Nord gradiva la carne e la gustava con un'espressione allegra sul viso. Un altro musone era Tyrion, ma anche Bran. Difficile dire cosa provassero e pensassero Daenerys e Arya.
« Torneremo tra circa due mesi, forse. » disse incerta la ragazza. « Piccolino. » aggiunse con tono mieloso rivolgendosi al figlio, che si era sporcato la bocca con la carne.
« Fate attenzione. » si raccomandò con tono serio il nano.
« State tranquillo, non ci accadrà nulla di male, e poi sarò al sicuro con uno dei migliori spadaccini del regno. » rispose. Il marito non appariva tanto convinto e ne aveva tutte le ragioni.
« Non vi preoccupate, fratello. La proteggerò al costo della vita. » promise Jaime. Le sue parole non ottennero l'effetto sperato e il nano tirò un sospiro, scuotendo il capo.
« Sarà meglio, siccome se le verrà torto un solo capello vi trasformerò in un rogo umano. » esclamò Dany, puntandogli contro il coltello e fissandolo con sguardo assassino.
« State tranquilla. » invece Bran non lo era per nulla e neanche la pretendente al Trono di Spade, a quanto pareva, e Tyrion. Da parte sua il primo preferì restare in silenzio, determinato a discutere con Alicia dopo la colazione, prima che partisse per Approdo del Re.

Qualche ora dopo

Il grosso zaino era aperto sul letto e la padrona stava mettendo al suo interno la roba che le sarebbe servita durante il viaggio. Alcuni vestiti e altre cose erano sparse sul letto e stava tenendo in mano un abito, quando udì bussare alla porta.
« Ho quasi finito i bagagli! » strillò, pensando che si trattasse del suo compagno di viaggio. La porta si aprì, rivelando invece la figura di Bran. Lo guardò sorpresa e sorrise. « Pensavo fosse Jaime, scusate. » disse, riponendo l'abito nello zaino.
« A proposito di Jaime, non fidatevi di lui. » consigliò e lei lo fissò stupefatta, con gli occhi spalancati.
« Come mai? » domandò sbigottita. « Stiamo parlando di mio cognato, sicuramente non avrà alcuna intenzione di farmi del male. » osservò.
« No, o almeno non esattamente. Intende solo usarvi. » scosse la testa in completo disaccordo.
« Ma no, figuratevi. » esclamò infatti, per nulla convinta. « Non mi farebbe mai del male. » continuò decisa. Lo Stark alzò gli occhi al cielo.
« Se lo dite voi... Buon viaggio. » se non voleva ascoltarlo erano affari suoi, avrebbe pagato le conseguenze delle sue azioni. Negli ultimi mesi quei due erano stati spesso insiemi da soli e sembrava essere nato un bel legame tra di loro. Di che natura fosse era difficile a dirsi, tuttavia era chiaro che avesse carpito la sua fiducia. Se solo lei l'avesse ascoltato invece di fare di testa sua... Parlare con Jaime sarebbe stato inutile e forse pure con Tyrion e gli altri.

Quella sera

La locanda si trovava poco distante dalla strada principale per Approdo del Re. Il locale era piccolo e accogliente, oltre che caldo grazie ai due camini presenti, dove scoppiettavano dei bei fuochi. Alicia si sedette in uno dei pochi tavoli liberi, in un angolo della stanza, e aspettò il ritorno di Jaime che era andato a chiedere per la stanza. Viaggiavano da soli e Daenerys non si era opposta a questo, come la donna si aspettava. La bionda credeva che il leone fosse abbastanza in gamba con la spada per poterla custodire e proteggere.
Non sapeva esattamente quanto dovette attendere, però nel frattempo si era fatta portare del vino e del cinghiale arrosto. Per correttezza voleva aspettare il suo arrivo prima di consumare il cibo. Giunse da lei con un'espressione seria, quasi mortificata.
« Qualcosa non va? » chiese preoccupata, temendo il peggio. Si sedette dinanzi a lei, prima di proferire parola.
« C'è solo una stanza libera e ci toccherà condividerla. » spiegò. La rossa scoppiò a ridere e si coprì la bocca con la mano. « Cosa ci trovate da ridere? » chiese confuso.
« La vostra faccia: pare che abbiate visto un fantasma. Non facciamone un dramma, è solo una notte. » esclamò tranquilla e gli strinse il polso con la mano. « Senza contare che con voi sono al sicuro e posso stare serena, in quanto non mi salterete addosso. » continuò. Gli tornarono alla mente le parole di Cersei. Avrebbe potuto approfittare della situazione per sedurla. Gli mancava terribilmente la sua gemella e in fondo l'idea di andare a letto con la ragazza lo ispirava.
« Naturalmente. » rispose, non proprio sicuro di voler tradire la sua fiducia. Mangiarono in silenzio e poi salirono in camera. Qualcuno aveva provveduto ad accendere il fuoco e il letto matrimoniale era semplice, senza fronzoli. Il Lannister si sedette sul lato destro e la sua compagna su quello sinistro. Rimasero un attimo in silenzio, voltandosi le spalle.
« Vi cambiate prima voi o io? » domandò Emily, voltandosi verso lo Sterminatore di Re, che si drizzò in piedi.
« Prima voi. Esco un momento. Chiamatemi quando avete finito. » uscì fuori dalla camera, si appoggiò con la schiena contro il muro e incrociò le braccia ad altezza del petto, in attesa.
« Potete entrare. » non se lo fece ripetere due volte ed entrò. Si era coricata e le coperte e pellicce le arrivavano fino alle spalle. Era decisamente meglio così, almeno si sarebbe risparmiato eventuali tentazioni. Prima non aveva notato un paravento in un angolo e ne approfittò per cambiarsi dietro di esso. Infine si mise a letto.
« Sembriamo una coppia imbarazzata durante la prima notte di nozze. » disse.
« Forse un po', però io non sono imbarazzato. » rispose, sebbene provasse una sensazione di disagio nel ritrovarsi in una tale situazione.
« Se lo dite voi. » commentò, trattenendo a stento un sorriso divertito. « Vi manca vostra sorella? » la guardò. Aveva i capelli sciolti, sparpagliati sulla schiena e sulle spalle.
« Sì. » rispose. Di bugie in questi mesi ne aveva dette tante e quando possibile preferiva essere sincero. « Ora sarà meglio dormire. Domani ci aspetta un lungo viaggio. » chissà quando avrebbero ritrovato un altro posto bello e comodo come quello.
« Buonanotte. » augurò e si girò, voltandogli nuovamente la schiena. Lui fece altrettanto.

La mattina dopo

Quando il giorno seguente si svegliò, Jaime scoprì con suo grande stupore che Alicia non era nel letto. Dopo un momento di smarrimento, venne colto dal panico. Daenerys gli avrebbe dato fuoco se le fosse accaduto qualcosa. Rammentava bene la sua minaccia ed era sicuro che facesse sul serio. Si alzò dal letto, desideroso di ritrovarla in fretta, e scese al piano di sotto. Provò un forte sollievo vedendola seduta ad un tavolo. La raggiunse di corsa, sedendosi vicino alla rossa, che gli sorrise.
« Buongiorno. Mi sono svegliata prima e ho preferito lasciarvi dormire. » il leone era abituato a viaggiare e non riposarsi, a differenza sua.
« Ho paura che siate voi quella più bisognosa di riposo. » notò, prendendo un pezzo di pane da un cestino sul tavolo. Gli diede un morso e ringraziò gli Dei di avere ancora i denti sani e forti, siccome era duro come la pietra.
« Mi state per caso lanciando una sfida? Ho viaggiato per mesi in compagnia di vostro fratello, perciò penso di potercela fare. » rispose determinata. L’altro sorrise divertito.
« Vedremo. » rispose. Pagarono e se ne andarono per continuare il loro viaggio.

Qualche ora dopo

Il sole era tramontato da poco sopra il bosco. Si fermarono in una piccola radura, vicino ad alcune rocce di discrete dimensioni. Il biondo si occupò di procurare la legna per il fuoco e la giovane preparò i loro giacigli per la notte.
« Il fuoco è acceso. » annunciò in seguito Jaime, dopo aver trafficato per diverso tempo con la legna, in modo da poter accendere il fuoco. La fanciulla era seduta sui sacchi a pelo. Prima di unirsi a lei, mise la carne sul fuoco in modo che cuocesse. Mangiarono in silenzio e, dopo aver parlato per qualche minuto, si coricarono nei sacchi a pelo. Tuttavia, nonostante il fuoco, faceva ancora troppo freddo.
« Riscaldiamoci a vicenda. » propose la donna. Il suo sacco era abbastanza grande per ospitare entrambi.
« Va bene. » acconsentì, sistemandosi accanto a lei. In breve tempo di addormentarono l’uno accanto all'altra, con solo il cielo stellato a fare loro da tetto.

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Capitolo 30
*** 30 Capitolo ***


Viaggiavano insieme da una settimana e la capitale dei Sette regni distava ancora diverse settimane. Stavano sempre fianco a fianco e lui era perennemente all'erta per sentire qualunque rumore sospetto che facesse presagire un’eventuale minaccia. Mangiavano solo a cena e la cosa non pareva disturbare la giovane, che non si lamentava mai e restava per la maggior parte del tempo in silenzio.
Quel pomeriggio raggiunsero un piccolo fiumiciattolo dove i sassi riaffioravano dall'acqua trasparente. Fermarono i cavalli a pochi metri di distanza, Jaime scese dal suo destriero e si avvicinò al corso d’acqua, inginocchiandosi accanto ad esso.
« Avete sete? » domandò, rivolgendosi ad Emily.
« Un po’. » ammise, mettendo i piedi per terra. Legò le due bestie ad un albero e lo raggiunse, inginocchiandosi accanto a lui. Allungò le mani verso l’acqua e ne prese un po’, avvicinandola velocemente alle labbra prima che potesse scivolarle letteralmente tra le dita. Il liquido era freddissimo e la cosa non la sorprese.
« Presto potremo assaporare il calore del sole. » disse il biondo, bevendo a sua volta. Veramente la differenza di temperatura non sarebbe stata tanta, però meglio di nulla e di sicuro si sarebbe fatta sentire. L’uomo non vedeva l’ora di sentire il calore del sole sulla sua pelle e non solo il freddo del Nord.
« Non vedo l’ora. » rispose sorridendo e schizzandogli in faccia dell’acqua. La fulminò con lo sguardo.
« Maledetta, è gelata! » strillò, però per nulla arrabbiato. Era piuttosto divertito e rispose all'attacco, da cui la rossa si difese tirandogli altra acqua addosso. Esattamente non sapeva come, però si ritrovarono per terra con il biondo sopra di lei e l’altra rideva divertita come una matta. In preda alle risate piegò la testa all'indietro. Le ci volle qualche secondo per comprendere la situazione, decisamente controproducente, in cui si trovavano. L’altra sorridendo posò una mano sulla sua spalla come se nulla fosse.
« Tutto bene? » chiese. Lentamente si chinò verso di lei e la baciò. La giovane rimase immobile e poi rispose al bacio, aprendo le gambe e piegandole in modo da accorgerglielo nel mezzo di esse. Infilò le dita tra i suoi capelli morbidi e chiari. « Questo non me l’aspettavo proprio. » disse con le parole rotte dal fiatone.
« Neanche io. » ammise, respirando a fatica a sua volta. Fece per baciarla nuovamente, tuttavia lei mise una mano davanti alla sua bocca per fermarlo.
« No, non mi pare proprio il caso. » scese dal suo corpo, sedendosi per terra, e la ragazza si tirò su.
« Dimenticavo che siete sposata. » osservò, passandosi una mano tra i capelli.
« Sì, con vostro fratello. » gli ricordò, alzandosi e tornando verso l’acqua per bere ancora.
« Tyrion è fedele? » chiese per curiosità, non per provocare. L’altra si limitò ad alzare e abbassare le spalle in risposta.
« Non sempre, lo ammetto. » rispose, voltandosi verso il cognato e facendogli segno di avvicinarsi. Tornò dunque pure lui in riva al fiume e bevvero insieme. Pareva che nessuno dei due avesse fretta di andarsene e proprio nessuna voglia di parlare.
Cavalcarono per il resto della giornata evitando di rivolgersi la parola. Il Lannister non capiva se lo stava ignorando per quanto capitato prima oppure l’evento non c'entrava nulla con il suo comportamento.

Quella sera

Fu decisamente sollevato quando, poco dopo il tramonto, vide una locanda sul ciglio della strada. Si avvicinarono verso l’edificio e affidarono i loro cavalli ad un giovane scudiero di circa quattordici anni, che lavorava nella stalla vicino alla locanda. Poi entrarono. Non c’era molta gente seduta ai tavoli e il leone raggiunse il bancone, sperando di trovare senza problemi due stanze libere. Dietro al balcone di legno c’era una donna di mezza età, con addosso un vestito di colore grigio e i capelli pressoché bianchi raccolti in una crocchia.
« Buonasera. Avete due camere libere? » stavolta dovevano esserci, non potevano essere così sfortunati, sebbene alla fine non poteva definire proprio una sfortuna dividere la camera con Emily.
« Sì, ser. » rispose la donna, che non sembrava proprio averlo riconosciuto. Gli consegnò due chiavi, per poi tonare ai bicchieri che stava asciugando con uno straccio malridotto prima che la interrompesse. Si voltò verso la sua compagna, ritrovandosela a pochi centimetri di distanza, e sorrise consegnandole la sua chiave.
« Sono esausta, è stata una giornata faticosa. » salirono al piano superiore servendosi di una scala esterna alla taverna. C’erano sei camere e trovarono le loro senza alcun problema. La rossa si sistemò in quella a destra del corridoio, mentre lui a sinistra. Emily si sedette sul letto e si distese su di esso, fissando il soffitto. Le mancava suo marito e temeva che non sarebbe riuscita a resistere al fascino dello Sterminatore di Re. Il bacio di poche ore prima ne era la prova.
Non sapeva bene quanto tempo fosse passato prima di sentire bussare. Si sedette e passò una mano tra i capelli.
« Avanti. » disse tranquillamente, convinta che fosse suo cognato. Infatti il biondo comparve dinanzi a lei ed entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
« Perdonatemi, volevo solo vedere come state. » disse gentilmente, con qualcosa di simile a cautela nel tono della sua voce.
« Bene, la camera non è niente male. » a parte il letto, c’era solo una cassapanca poggiata contro una delle pareti e nient’altro. Insomma era decisamente parecchio spoglia e non era proprio in buono stato con le travi dei muri e del pavimento rovinate. « Beh, ammetto che non è proprio una delle camere da letto migliori del regno. » osservò divertita.
« Se vi può consolare, la mia non è messa meglio. » rispose, indicando con un gesto del dito la porta ormai chiusa alle sue spalle. Si accomodò sul materasso accanto alla ragazza. « Scendiamo per cena? » propose gentilmente, avvertendo un certo languorino. Il suo stomaco stava tentando di ricordargli che era ora di cena evidentemente. L’altra si drizzò in piedi e lo afferrò per un braccio, tirandolo verso di sé e costringendolo a sollevarsi dal suo giaciglio per la notte. Rischiò di perdere l’equilibrio per colpa del suo gesto e, per evitare di cadere, poggiò una mano sul suo petto. I loro volti si ritrovarono vicinissimi. « Mi dispiace. » si scusò, allontanandosi immediatamente da lei.
« Sono stufa delle persone che si scusano e non ho fame. » rispose. Lui l'afferrò per la vita tirandola a sé, ricordando le parole di Cersei. « Ti fidi di me? » domandò. I suoi occhi trasparivano titubanza, sembrava incerta su come rispondergli e chinò il capo.
« Dopo quanto capitato, dopo quello che ha fatto Cersei, mi viene difficile fidarmi di voi. Per giunta siete talmente ammaliato dal... » non le permise di concludere la frase e la baciò con passione.
« Fidatevi di me. » sussurrò piano. Lo fissò dritto negli occhi e socchiuse la bocca come per parlare, ma le mise sopra un dito per zittirla. « Shh... Ci siamo solo noi due e nessuna guerra. » continuò, certo che avrebbe ceduto. Infatti l'altra avvolse le braccia attorno al suo collo e baciandosi giunsero fino al letto. La spinse sul materasso, piazzandosi sopra di lei.
« Non dobbiamo. » lo sapeva bene, però non gli importava e lo stava facendo unicamente per Cersei. Cercò di non pensare alla sorella mentre slegava la parte superiore del suo vestito senza che la rossa opponesse alcuna resistenza. L'abito finì presto sul pavimento, seguito a ruota dalla sua casacca e dal resto dei loro vestiti. La sua pelle risultava morbida sotto al tatto e per rispetto alla cognata cercò di non pensare al suo vero amore durante il loro rapporto. Tuttavia la cosa non gli venne proprio bene e per poco dalla sue labbra non uscì il nome di Cersei mentre veniva dentro di lei, riempendola con il suo seme. Si coricò accanto a lei e si passò una mano sul viso leggermente sudato.
« È stato bello. » affermò, voltandosi verso il biondo e strofinando la mano sul suo petto. Non aveva mai avuto tanti peli e più che altro era ricoperto da vecchie cicatrici mai guarite. Ripensò a quando qualcuno - non ricorda chi, magari Arthur Dayne - gli aveva rivelato che Rhaegar aveva una cicatrice sul petto. Adesso lo starebbe prendendo a bastonate su tutto il corpo se fosse stato in vita e al corrente di quello che aveva appena fatto. Aveva ingannato la sua preziosa Visenya, la sua bambina, sua figlia, ovviamente sempre se veramente Emily era la figlia di Rhaegar e non di Aerys.

Nelle settimane che seguirono ebbero rapporti ogni sera. Lui ancora non era riuscito a cancellare la bionda dalla sua testa e non sapeva se si sentiva in colpa più per questo o per quello che stava facendo alla ragazza. Aveva il terrore che Emily potesse innamorarsi di lui, tuttavia non glielo disse e la lasciò fare. Con il passare del tempo lei sembrava più allegra e gli sorrideva spesso, scordandosi della guerra e di tutto il resto proprio come le aveva chiesto lo Sterminatore di Re.
Quando i suoi occhi verde smeraldo videro le mura di Approdo del Re, sentì l'impulso di fermare i cavalli e voltarsi per raccontarle tutto, però non riuscì nel suo intento per timore di subire su di sé il suo sguardo accusatorio. Appariva serena, ignara del pericolo che stava correndo. Insieme raggiunsero il portone d'ingresso. Sulle mura passeggiavano due guardie, che si bloccarono quando li videro.
« Sono ser Jaime Lannister. La principessa Alicia Targaryen è venuta qui per discutere con la regina Cersei. » annunciò. Essere la moglie di Tyrion non l'avrebbe salvata e nemmeno essere la madre di Joanna. Le porte si aprirono e poterono passare. Il loro tragitto fino al castello fu tranquillo e nessuno gli disse nulla, insomma pareva tutto normale.
Poco dopo entrarono nell'atrio del castello e una guardia venne verso di loro, tenendo la mano stretta sull'elsa della spada che teneva legata alla cintura.
« La regina Cersei vi sta aspettando nella sala del trono. » annunciò. « Seguitemi. » aggiunse, voltando loro le spalle e incamminandosi verso la sala in questione. Il leone esitò prima di muoversi, tant'è che la donna gli lanciò un'occhiata confusa e lo prese per mano.
« Tutto bene? Non siete felice di rivedere vostra sorella? » chiese sorridendo. Resistette all'impulso di spingerla via e caricarla sul primo carro che andava al Nord.
« Andiamo. » disse invece e si diressero verso la sala del trono.
Cersei era seduta sul Trono di Spade con in testa la corona, che ad essere pignoli sarebbe dovuta essere di Myrcella. Ogni volta che la vedeva lì seduta gli sembrava stranamente più bella. Avanzarono verso la leonessa e, quando furono a pochi metri di distanza, la rossa lasciò la sua mano e si avvicinò ulteriormente a Cersei.
« Regina Cersei, sono venuta qui a nome di mia zia per... » venne interrotta dalla voce della bionda, che scese dal trono e sollevò una mano per zittirla.
« Prendertela! » rimase immobile, non si mosse di un centimetro e chiuse gli occhi, ignorando le urla della ragazza mentre le guardie l'assalivano per trascinarla via con la forza.
« Jaime! Jaime! Aiutatemi, vi prego! » ripeté diverse volte quella frase, singhiozzando disperata. Riaprì gli occhi solo quando sentì il portone chiudersi.
« Grazie, Jaime. » nel dire quelle parole la Lannister gli mise una mano sulla spalla e si voltò. « Stasera dormiremo di nuovo insieme dopo tanto tempo. » disse entusiasta. Anche lui non vedeva l'ora.
« Mi sei mancata parecchio. » rispose. La bionda lo abbracciò e lui rispose al gesto di affetto stringendola a sé.
« Questa sera ti ricompenserò per la tua fedeltà. » disse con tono seducente e lui non aspettava altro.
« Ho una vaga idea su come potresti fare. » rispose e un sorriso divertito comparve sul viso della bionda.
« Passeremo insieme questa notte, dopo tanto tempo. Mi sono sentita sola senza di te. » rispose, dandogli un bacio passionale sulle labbra.

Quella sera

Sua sorella dormiva di nuovo accanto a lui. Era stato meraviglioso fare l'amore con lei, però adesso si sentiva in colpa per la povera Alicia. L’aveva ingannata e ora si trovava in una squallida cella. Tuttavia Dany teneva troppo a lei ed era la sua unica possibilità per avere un erede. Questo pensiero lo rilassava e lo aiutava a sentirsi meno in colpa.

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Capitolo 31
*** 31 Capitolo ***


Un mese dopo arrivò a Grande Inverno la notizia che Cersei Lannister aveva imprigionato la nipote di Daenerys e Jon si trovava a Capotempesta. Non aveva idea di cosa ci fosse andato a fare e pensò che magari fosse capitato qualcosa di grave alla sorellastra o a sua figlia Nadya. La piccola bastarda Snow. Naturalmente era stata bene attenta ad evitare di chiamarla con quel termine dinanzi a Jon o in presenza di qualcun altro che voleva bene alla Stark. Tutti provavano un gran rispetto per la rossa e la sua gente l’amava e stranamente nessuno la criticava per via di quella nascita illegittima.
La bionda si trovava nella sua stanza, intenta a leggere alcuni documenti, quando qualcuno bussò. Si voltò verso la porta e posò sul tavolino le pergamene che stava leggendo con estrema attenzione. Quei documenti erano importanti e perciò ne richiedevano parecchia. Non poteva permettersi errori di alcun genere.
« Avanti. » disse con indifferenza, tornando a fissare i fogli. La porta si aprì, mostrando Tyrion Lannister con in mano una lettera.
« Regina Daenerys, è giunto poco fa un corvo portante un messaggio da Approdo del Re da parte di mia sorella Cersei. » lo guardò stupita e si apprestò ad aprire la busta. Non si aspettava che la leonessa accettasse così in fretta la loro proposta, ma poteva essere un buon segno. Significava che aveva seriamente intenzione di cederle il trono che le spettava di diritto con tutto ciò che esso comportava.
« Maledizione! Vostra sorella tiene prigioniera Alicia. Vostro fratello ci ha tradito! » urlò furiosa, sbattendo sul tavolo la lettera. Il nano impallidì e preoccupato prese il messaggio, leggendolo. La bionda si drizzò in piedi e nel farlo provocò la caduta della sedia. Si passò nervosamente una mano tra i capelli. « Sono stata una stupida a fidarmi di lui. Come ho potuto esserlo così tanto? Ma la colpa è vostra! » urlò puntando un dito contro il nano, che la fissò confuso.
« Mia? » domandò stupefatto, poggiandosi una mano sul petto.
« Siete stato voi insieme ad Alicia a convincermi che potevo fidarmi di lui. » spiegò sconcertata. Anche Sansa ci aveva messo del suo, raccontandole del modo gentile con cui l’aveva trattata subito prima e dopo essere rimasta incinta. Il minimo che poteva fare, secondo la Targaryen, tuttavia non glielo aveva fatto notare e una parte di lei si pentiva per questo. Il fatto che Jaime avrebbe potuto darle quello che desiderava di più aveva accecato il suo giudizio, purtroppo.
« Abbiamo commesso un errore, maestà. » rispose in ansa per la moglie. « Adesso cosa faremo? » la donna tirò un sospiro e parve calmarsi un pochino. Si sedette sul letto, ragionando sul da farsi e cercando di trovare una soluzione.
«Dobbiamo metterci in contatto con Cersei e risolvere il problema, evitando che io perda il mio trono. » non aveva faticato per mesi per vedersi soffiare quella sedia di metallo da sotto gli occhi.
« Non mi importa un cavolo del vostro maledetto trono! » strillò il Lannister. Non perdeva mai la pazienza e la sua sfuriata la colse di sorpresa.
« Ricordatevi che state parlando con la vera e legittima regina dei Sette Regni. » esclamò con tono minaccioso, socchiudendo gli occhi fino a ridurli a due fessure. Se lo desiderava, poteva farlo incenerire vivo dai suoi draghi trasformandolo in un rogo umano.
« Va bene. » disse e uscì dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle. Adesso bisognava studiare cosa dire al piccolo Robert, però per il momento potevano pure non dirgli nulla e tenerlo all'oscuro, sperando nel frattempo di risolvere la faccenda prima che potessero farle del male.

Una settimana dopo

Nevicava il giorno in cui Jon Snow tornò a casa, o meglio Aegon Targaryen. Quello era il suo vero nome e ancora doveva riprendersi dalla notizia della sua vera paternità, confidatagli da Bran. Non riusciva a credere che suo padre, anzi zio, gli avesse mentito tenendogli a lungo la verità nascosta. Per giunta gli aveva intimato di andare a letto con la sua sorellastra e questo non rendeva per nulla la cosa meno grave. Appena scoperto, si era precipitato da Sansa solo per scoprire che aveva partorito il suo bambino. La perdonò immediatamente per avergli mentito persino lei, sebbene non fosse proprio al settimo cielo per quella nascita inaspettata, poiché il bambino purtroppo era un bastardo.
Appena arrivato si precipitò subito alla ricerca di Daenerys. Doveva assolutamente parlare con lei e in fretta. Intendeva sposare al più presto Sansa, desideroso di legittimare il loro bimbo. Inoltre l’amava con tutto il cuore. Una serva gli disse che la Madre dei draghi si trovava nella sala principale, intenta a discutere con i lord. In assenza sua e della madre del Re del Nord, aveva fatto lei le veci di reggente e con buoni risultati, in base alle voci.
Arrivato dinanzi alla porta entrò senza preoccuparsi di bussare o, in ogni caso, di farsi annunciare. Tutti lo fissarono scioccati appena varcò la soglia della porta e sulla faccia della Targaryen apparve un’espressione infastidita. Tirò un sospiro quando lo vide.
« Lord e lady, potete andare. » l’unica lady presente era Lyanna Mormont. Nessuno fiatò mentre lasciavano la stanza. Non appena anche l’ultimo fu uscito, Daenerys lo fulminò con lo sguardo e si drizzò in piedi, posando le mani sul tavolo.
« Vi pare questo il modo di entrare? » chiese scandalizzata e arrabbiata.
« Perdonatemi, però devo parlarvi di una cosa importantissima. » tirò un sospiro nel tentativo di farsi coraggio e cercò nel mentre di trovare le parole giuste per comunicarle le notizie sconvolgenti che aveva da riferirle.
« Sentiamo. » disse indifferente, sedendosi con un’aria vagamente annoiata.
« Il mio amico Sam ha trovato un documento che attesta l’annullamento del matrimonio tra vostro fratello Rhaegar e sua moglie, la principessa Elia. » sangue innocente versato per nulla. Odiava il suo vero padre per quello che aveva fatto alla prima moglie e ai suoi poveri fratellastri.
« Quindi? » chiese la donna. Quello che doveva dirle inoltre era ancora più complicato e rimase in silenzio, sforzandosi di trovare le parole giuste.
« Rhaegar Targaryen sposò Lyanna Stark in segreto e io sono il frutto di quel matrimonio. » spiegò. La Madre dei draghi tacque per qualche secondo, forse stava trovando la risposta giusta da dargli.
« Questo renderebbe voi mio nipote e per giunta l’erede legittimo al Trono di Spade. » osservò, sollevandosi dalla sedia. Girò attorno al tavolo e se la ritrovò a pochi centimetri di distanza con le braccia incrociate.
« Non mi importa nulla dei Sette Regni. Desidero solo vivere in pace a Grande Inverno con… » tacque prima di continuare. « Con Sansa e il nostro bambino, anzi bambini, in quanto considero Nadya come se fosse mia figlia. » affermò con decisione, determinato a farle accettare le nozze. Daenerys sbatté le palpebre e sollevò le mani perplessa.
« Quindi Sansa Stark ha avuto un figlio vostro. Un Targaryen. » evitò di correggerla per non complicare la situazione, se lo avesse fatto l’avrebbe presa male e le cose risultavano già abbastanza complicate così. Senza contare che aveva parlato più a se stessa che a lui, visto il tono di voce basso.
« Non intendo reclamare il trono. Per quanto mi riguarda, potete tenerlo. » precisò, giusto per inculcarle bene la cosa in testa ed evitare che ci fossero fraintendimenti.
« Questo significa che ho un erede. » constatò. Sorrise al settimo cielo e gli strinse le spalle con le mani. Non rispose, non sapendo cosa dire. Tecnicamente aveva ragione, Ned era il suo erede e si limitò a sbattere le palpebre perplesso.
« Pare di sì. » disse con tono incerto. Bisognava che parlasse con Sansa, però dubitava che la rossa avrebbe voluto separarsi dal piccolo per darlo a Dany.
« Per favore, lasciatemi sola, ho bisogno di riflettere. » gli intimò, sedendosi nuovamente. Ubbidì e uscì fuori dalla sala. Nel corridoio incontrò Tyrion Lannister.
« Vi ha detto di mia moglie? » domandò. « Jaime ci ha traditi e in questo momento Emily è prigioniera ad Approdo del Re nelle mani di mia sorella. » a quanto pareva, Cersei era diventata più pazza di quanto sospettasse se aveva davvero imprigionato la sorella di Dany.
« Non mi ha detto nulla, ma avevamo cose importanti di cui discutere. » affermò giustificandola. Il nano lo fissò perplesso e piegò il capo di lato.
« C’è qualcosa che non va? Sansa non sta bene? » domandò, sinceramente preoccupato.
« Lei sta bene. Ha avuto un figlio. » disse.
« E immagino che sia vostro. » sul suo volto apparve un’espressione stupefatta e i suoi occhi grigi si spalancarono. Come faceva a saperlo? Erano stati attenti. « Oh, non fate quella faccia. Tutti e tre i figli di mia sorella sono di nostro fratello e i Targaryen si sono sposati tra di loro per anni, perciò non mi scandalizzo di sicuro. » continuò con un sorriso divertito sul volto e gli tirò una pacca sulla spalla. « Auguri Jon Snow, spero che il piccolo in questione non si dimostri un pazzo sadico come mio nipote. Ma Sansa è dolce e voi siete buono. Penso proprio che sarà un bambino meraviglioso. » e un bastardo, se non l’avesse sposata il prima possibile. Desiderava che suo figlio non crescesse con l’ombra delle sue origini illegittime e venisse deriso dalla gente com'era capitato a lui.

Un mese dopo ad Approdo del Re

La cella era umida e fredda, non proprio il massimo come alloggio, sebbene la giovane all'interno si augurava con tutto il cuore che fosse solo momentaneo e che al più presto sarebbero venuti a liberarla. Passava la maggior parte del suo tempo a passeggiare avanti e indietro nella piccola cella per tenere le gambe in allenamento e passare il tempo. Le portavano un libro alla settimana e le davano da mangiare un sacco di cibo, nonostante fosse una prigioniera. Cersei ci teneva particolarmente che fosse trattata bene, magari sperava che intercedesse con la draghessa.
Avvertì dei passi forti e chiari lungo il corridoio di pietra e si avvicinò alle sbarre, in attesa del suo ospite. Si aspettava una guardia e invece dalla semioscurità vide spuntare Jaime, con in mano un vassoio con un piatto di carne. Sebbene lo odiasse, non poteva evitare di avere l'acquolina in bocca.
« Ti ho portato da mangiare, è ora di pranzo. » notò e sentì il rumore della chiave nella serratura. La porta composta da sbarre di metallo si aprì. Indietreggiò, permettendogli di entrare. Chiuse la porta e posò il vassoio sul tavolino di legno presente. Lo avevano portato per lei, prima non c'era.
« Adesso potete anche andarvene. » disse infastidita, decisa a mantenere l'atteggiamento freddo che aveva ogni volta che lo vedeva.
« Emily, mi dispiace per quanto accaduto, ma... » non gli permise di finire la frase, desiderosa di evitare di sentire ulteriori bugie.
« Non mi interessa il motivo per cui l'avete fatto. Mi basta solo sapere che mi avete ingannata. » rispose. « E ora vi pregherei di lasciarmi da sola: non voglio che la vostra presenza mi faccia andare di traverso il pranzo. » aggiunse, spostando la sedia e accomodandosi.
« Come volete. » la lasciò da sola, come da lei richiesto, e poté mangiare in santa pace.
La carne si rivelò deliziosa, a quanto sembrava il suo aspetto che sembrava renderla buona era veritiero. Finito di mangiare e bere, le aveva portato anche una brocca piena d'acqua e un calice. Appena fu in piedi, la sua vista si annebbiò e tentò di appoggiarsi alla sedia. Tuttavia questo non le impedì di svenire e accasciarsi rovinosamente a terra.

Poco dopo

Riaprendo gli occhi scoprì di essere sopra ad un letto morbido, con delle calde coperte che la coprivano. Non era più nella sua cella, bensì in una camera da letto. Le ci volle un momento per comprendere realmente dove si trovava e che non fosse un sogno. Cosa stava succedendo? Aveva cambiato brevemente cella o sarebbe rimasta lì dentro in pianta stabile?
Un bussare alla porta attirò alla sua attenzione e si voltò verso di essa, mettendosi seduta e appoggiando la schiena contro lo schienale di legno alle sue spalle.

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Capitolo 32
*** 32 Capitolo ***


Lo stomaco della rossa cominciava a mostrarsi sotto le stoffe dei vestiti e diventava sempre più difficile ignorare il gonfiore. Emily aveva impiegato un mese ad accettare la sua condizione, ma quando il piccolo aveva iniziato a muoversi aveva cominciato ad affezionarsi alla creatura. Accarezzava spesso la pancia o metteva le mani davanti ad essa nel tentativo di proteggerla da un'eventuale minaccia, prima fra tutte Cersei Lannister. Aspettava il figlio di Jaime e temeva cosa avrebbe potuto farle la bionda se avesse anche solo per un momento abbassato la guardia, sebbene fosse gentile, addirittura premurosa per certi versi. Le aveva confessato che le mancavano terribilmente i suoi figli e desiderava fare il possibile perché non accadesse lo stesso a lei.
Camminava lungo uno dei giardini del castello. Le permettevano di uscire due volte al giorno per circa un'ora, a condizione che con lei ci fosse sempre una guardia. L'uomo manteneva una certa distanza, però non la perdeva mai di vista, stando attento a controllare ogni suo minimo movimento, anche quello all'apparenza più innocente. La sua presenza non la infastidiva e lo ignorava per la maggior parte del tempo e lui le rivolgeva raramente la parola. Ignorava il suo nome e non le importava nemmeno conoscerlo.
« Voglio andare al roseto. » disse, dirigendosi verso il punto del giardino dov'erano situate le piante di rosa e, come al solito, il suo cane da guardia non protestò.
Tristemente constatò, come del resto temeva, che non c'era neppure un piccolo fiore e bocciolo in quel periodo. La sua attenzione dunque cadde sulla statua raffigurante la donna di cui forse portava il nome. Fissò attentamente i lineamenti del suo volto alla ricerca di un minimo segno di somiglianza, senza trovarne, e intrecciò le mani ad altezza della pancia.
« Penso sia arrivato il momento di rientrare. Si sta facendo tardi. » il sole stava tramontando e la regina le aveva imposto di tornare prima che facesse buio. In silenzio si allontanarono, dirigendosi verso le mura di pietra. Varcò per prima la soglia, sebbene l'uomo si premurò di aprirle la porta per farla passare. Appena furono entrati, udì una voce chiamarla.
« Emily. » si girò e tirò un sospiro scocciata vedendo Jaime che camminava verso la sua direzione.
« Non ho alcuna intenzione di parlare con te. » esclamò. « Lasciami in pace, Lannister. » aggiunse con freddezza, pronunciando con sdegno il suo cognome.
« Volevo sapere come stavi. » rispose con tono calmo.
« Stammi lontano. » insistette con freddezza allontanandosi, seguita a ruota dal suo cane da guardia. Raggiunsero la sua stanza e aprì la porta, entrando dentro e richiudendosela immediatamente alle spalle. Si piazzò dinanzi allo specchio in modo da poter ammirare il suo riflesso e si girò di lato, posando una mano sul suo stomaco, sottolineando in quel modo la pancia prominente. « Vedrai che sarai un… draghetto forte e sano. » sussurrò piano alla stomaco, senza smettere di strofinarlo, e sorrise felice.

Qualche ora dopo

Si stava preparando per andare a dormire, quando un bussare alla porta attirò alla sua attenzione. Aprì l'anta, ritrovandosi davanti Cersei che la fissava con i suoi occhi color verde smeraldo. Le annunciò che Tyrion sarebbe arrivato a corte; evidentemente qualche sua spia l'aveva visto in viaggio verso la capitale dei Sette Regni. Per poco la giovane non svenne nel sentire quella notizia. Ai suoi occhi era come un terribile incubo e invece per Cersei l'opportunità di catturare il nano. La bionda era tranquillissima e in un certo senso persino eccitata alla notizia che il fratello minore sarebbe arrivato a corte nel giro di pochi giorni. La sua visita comunque si rivelò breve. A quanto sembrava aveva fretta di andare a dormire e magari comunicare la novità pure a Jaime che - Emily ne era sicura - non l'avrebbe accolta proprio bene.

Come la cognata, Jaime aveva appena finito di cambiarsi per andare a letto. Quella sera non si aspettava una visita della sorella. Il fastidio che aveva provato all'idea del nuovo bambino in arrivo era svanito in fretta e questo l'aveva lasciato sconcertato. La leonessa aveva il suo Sangue di luna, perciò era improbabile che sarebbe venuta, quindi il bussare alla porta lo colse si sorpresa e perplesso si diresse verso di essa.
« Buonasera. » disse e, come al solito, entrò senza aspettare un invito.
« C'è qualche problema? » era serissima in volto e dalla sua faccia comprese che era accaduto qualcosa di importante.
« Nostro fratello sta arrivando. » spiegò.
« Tyrion? » chiese vagamente terrorizzato, sperando che non fosse vero.
« Perché? Abbiamo altri fratelli di cui non so nulla? » le si sollevò un sopracciglio e il biondo si passò una mano tra i capelli.
« Perfetto! Una bellissima notizia! Appena Tyrion saprà quello che è successo, chiederà a Daenerys di incenerirmi vivo e lei non vede l'ora. » commentò rassegnato al suo destino, crollando sul letto.
« Oh, non essere melodrammatico. La soluzione è semplice. » esclamò serenamente e lui la guardò perplesso.
« E sentiamo, quale sarebbe? » domandò ironico e lei si sedette vicino a lui, prendendo le sue mani tra le proprie.
« Semplice: dai tutta la colpa a lei. » rispose e l'altro la guardò con gli occhi spalancati per lo stupore e lo sdegno. Scosse violentemente la testa, tanto da farsi male.
« Non se ne parla. Lei è l'unica persona innocente in tutta questa storia. » rispose, mettendo il viso tra le mani. La bionda gli accarezzò la schiena.
« Hai davvero intenzione di raccontare a Tyrion la verità? » chiese preoccupata.
« A chi pensi che crederebbe? A me o alla sua adorata mogliettina? » suo fratello era arrabbiato per il suo tradimento e amava la moglie.
« A sua moglie. » gli concedette la donna, alzandosi in piedi e incominciando a camminare pensierosa avanti e indietro.
« Cederò a Daenerys il trono. » annunciò alla fine. Lui la fissò incredulo con la bocca spalancata e ringraziò il fatto che fosse già seduto.
« Come?! » sicuramente aveva capito male o era uno scherzo di Cersei. Questa cadde in ginocchio ai suoi piedi.
« La mia e la tua sopravvivenza è più importante di qualunque cosa. Possiamo scappare, attraversare in Mar Stretto e vivere nelle Città Libere dove nessuno ci conosce. Potremo sposarci ed essere finalmente una famiglia vera, magari avere altri bambini. » propose con gli occhi che brillavano. Prese la sua mano, portandosela al ventre. « Oggi non mi è venuto il mio Sangue di luna. Potrei essere incinta. » aggiunse speranzosa.
« Incinta?! » ripeté piano, incredulo. « E se fosse come Joffrey? » ipotizzò, vagamente terrorizzato.
« Con Tommen e Myrcella siamo stati fortunati. » rispose positiva, con un sorriso contagioso sul viso.
« Beh, se veramente vogliamo altri figli però dobbiamo continuare a provare. Giusto per sicurezza. » disse malizioso, spingendola sul letto. La leonessa scoppiò a ridere.
« Ti adoro. » disse, avvolgendo le braccia attorno al suo collo e baciandolo.

Qualche ora dopo

Ancora una volta, finito di fare l'amore con Cersei, non poté evitare di pensare a Emily. Stava diventando un'abitudine fastidiosa e inappropriata. Tirò un sospiro e appoggiò la schiena contro lo schienale del letto.
« Cosa c'è che non va? » chiese perplessa la sorella, fissandosi su un gomito e posando la testa sulla mano.
« Niente, è che pensavo al figlio di Emily. » evitava di definirlo il loro bambino perché gli suonava strano e preferiva evitare di dare all'amata ulteriore dolore.
« Da quanto mi risulta, stanno entrambi benissimo. » rispose, sedendosi e poggiando la schiena contro lo schienale, lanciandogli un'occhiata seria.
« Lo so, ma sono preoccupato per la visita di Tyrion e mi dispiace. » rispose nervoso e lei parve sorpresa da quella rivelazione.
« Ti dispiace? » chiese con un sorriso ironico sul volto. « L'idea è stata mia. Non ci pensare. » rispose, accarezzandogli una guancia e sfiorandogli le labbra. Posò la testa sul suo petto e lui le diede un bacio sul capo.
« Avrei potuto rifiutarmi e non l'ho fatto. Ti amo immensamente. » affermò e lei alzò gli occhi verso il gemello.
« Grazie, amore. » disse.
Poco dopo si addormentarono e il leone sognò dei bambini dai capelli dorati e gli occhi color verde smeraldo. Per la prima volta, dopo tanto tempo, era sereno.

Qualche giorno dopo

La regina avrebbe preferito parlare personalmente con Tyrion, però suo fratello aveva insistito per parlarci prima lui e da un lato, forse, era giusto così. In fondo era Jaime il padre del bambino.
Rimase seduta sul suo trono, tesa come una corda di violino. Tentò di concentrarsi sulle richieste di alcuni contadini che le avevano chiesto udienza e si prostravano ai suoi piedi, intimoriti dalla sua presenza.
Il portone si spalancò di colpo e il nano varcò la soglia, seguito da Jaime, che aveva una faccia terribilmente colpevole. Il piccoletto, invece, era a dir poco adirato e la donna si alzò in piedi piano.
« Avrete quello che desiderate. » disse, sebbene non aveva idea di cosa avessero chiesto. « Uscite tutti. »
intimò con un tono che non ammetteva repliche e tutti i presenti lasciarono velocemente la sala, eccetto i suoi due parenti.
« Buongiorno sorella, è bello rivedervi. » disse acido Tyrion, dirigendosi verso la bionda, che gli andò incontro.
« Buongiorno. » finse che la sua presenza non le suscitasse alcun effetto, tuttavia non era esattamente vero e tirò un profondo sospiro. Il leone allargò le braccia.
« Jaime mi ha dato la lieta novella. Immagino che tu sappia già tutto. » Esattamente cosa gli aveva raccontato? Non sembrava particolarmente adirato, però neanche al settimo cielo, il che era perfettamente comprensibile.
« Jaime ti ha detto tutto, deduco. » disse con cautela. Non le importava il suo giudizio, ma dal momento che stava per cedere il suo trono a Daenerys voleva avere un rapporto, per quanto possibile, con il suo Primo Cavaliere del Re.
« Esattamente ed è inutile dire che sono arrabbiato con voi due. » subito credette di aver capito male e sbatté le palpebre perplessa.
« Te la stai prendendo con noi? » chiese scioccata, indicando se stessa e poi il fratello.
« Avete manipolato, ingannato e usato mia moglie. » il suo ragionamento non faceva una piega. Jaime aveva una terribile aria severa e si fregava nervosamente il collo, tenendo il capo chino.
« L'idea è stata mia. » dichiarò, volendo difendere il gemello e tenendoci a precisare.
« La cosa non mi sorprende, più che altro sono stupito dal fatto che voi lo ammettiate. » disse sbigottito. Prima di avere il tempo di dargli una degna risposta, alcune guardie irruppero nella sala del trono.
« Vostra maestà, è appena giunto un corvo con una terribile notizia: la Barriera è caduta e un centinaio tra Estranei e Non-morti sta marciando verso di noi. » esclamò uno terrorizzato. Adesso, oltre ai problemi di famiglia, si univa pure una minaccia terrificante come quella.
« Temo che la nostra riunione di famiglia dovrà aspettare. » disse, rivolgendosi al fratello minore, che sollevò le mani e le agitò.
« Avete bisogno di Acciaio di Valyria. » sentenziò.
« In qualche modo ce la caveremo. » ribadì e si diresse verso il portone, però il nano si parò dinanzi a lei con suo profondo disappunto.
« No, non potete farcela. Non voglio mettere in dubbio la bravura dei vostri uomini, Cersei, ma la cosa più saggia
che potete fare sarebbe quella di evacuare la città. » consigliò.
« Odio ammetterlo, ma avete ragione. » ammise, con grande stupore di entrambi i fratelli. « Date l'ordine di evacuare la città. » annunciò, decisa a non passare per la regina che aveva restituito il trono ai Targaryen e lasciato morire il suo popolo. La donna che era stata un tempo l'avrebbe fatto, quella che aveva fatto esplodere il Grande Settembre di Baelor, tuttavia quella parte di lei era morta da tempo.

L'evacuazione dalla città richiese tutto il giorno, ma verso il tramonto non c'era più nessuno e ormai tutti si chiedevano dove sarebbero potuti andare e cosa fare. Bisognava organizzarsi e in fretta. Alla fine si decise di andare al Nord, evitando di passare per la strada che percorrevano i loro nemici. Forse sarebbero andati loro incontro, però c'era la possibilità di raggiungere il Nord e armarsi in modo da sconfiggere quei mostri. Per Emily c'era un altro fatto terribile: suo marito le aveva rivolto a stento la parola. Tyrion desiderava rasserenarla, ma era troppo preso dalla terribile situazione per far davvero caso alla moglie che andava in giro pallida come un cencio.

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Capitolo 33
*** 33 Capitolo ***


Mancavano ancora circa due settimane all'arrivo a Grande Inverno. Emily andava in giro con una faccia da funerale oppure rimaneva nella sua tenda, seduta su una sedia o sul suo giaciglio, accarezzandosi il ventre gonfio.
Anche quel giorno era al riparo, in piedi accanto al tavolo, intenta a parlare con una donna. Per la precisione era una sarta e, tra le altre cose, si occupava di vestitini per neonato e le stava mostrando alcune delle sue creazioni. Per lei erano delle vere e proprie opere d’arte, con quei disegni perfetti ricamati sopra. Guardandoli non poteva fare a meno di pensare alla sua amica Sansa.
« Questo ha ricamati sopra degli alberi, uccellini e fiori. Tuttavia, se lo desiderate, posso ricamare dei leoni su una copertina. »propose. « Data la situazione, non ho idea di quando la finirò, sinceramente. » ammise.
« No, preferirei un drago. » affermò, senza notare che il marito fosse appena entrato nella tenda.
« Come desiderate, principessa. » rispose. Quel titolo le suonava ancora strano, sebbene ormai avrebbe dovuto esserci abituata. Temeva che ci sarebbe voluto ancora del tempo prima che accadesse e si accarezzò con disinvoltura la pancia, nella quale cresceva in suo piccolino.
« Dunque, desidero dieci vestitini da neonato. Ricamate sopra quello che ritenete più opportuno, basta che non siano leoni. I gatti sono ben graditi. » esclamò. La donna annuì. « Ah! Per tre copertine vale lo stesso discorso dei vestitini. » continuò, ricordandosi di essersi dimenticata di quelle.
« Come desiderate principessa, vi lascio. » prese la sua roba e uscì.
« Vi state organizzando per l’arrivo del neonato? » sussultò nel sentire quella voce e si girò verso Tyrion.
« Sì. » confermò, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Abbassò lo sguardo verso il tavolo, non riuscendo a reggere il suo sguardo.
« Mio fratello si è assunto tutta la responsabilità per l’accaduto e Cersei mi ha riferito che è stata tutta una sua idea. » prese la brocca sul tavolo e rovesciò il suo contenuto in un calice, constatando con dispiacere che si trattava di acqua.
« Davvero? » chiese sorpresa, sedendosi sulla sedia.
« Mi piacerebbe sentire la tua versione del racconto ora. » disse, sedendosi vicino a lei e porgendole un calice, anch'esso pieno d’acqua.
« Non c’è molto da dire. Durante il viaggio ci siamo avvicinati e… » tacque, incapace di continuare, e tirò un profondo sospiro. « Abbiamo iniziato una relazione, per poi scoprire appena arrivati che mi aveva tradita. » concluse. Calò il silenzio tra di loro, uno di quelli che sembravano potesse urlare. La tensione era palpabile.
« Pensi che ti abbia usato? » domandò pensieroso.
« Non ne sono sicura, però è possibile. » rispose incerta, passandosi una mano tra i capelli rossi. « Immagino che chiederti scusa sia inutile. » osservò, convinta che non l’avrebbe mai perdonata.
« Vediamo: una, due, tre... » lo fissò perplessa nel vederlo contare qualcosa con le dita. « Circa una trentina? » era ancora più sorpresa se possibile e non riusciva a capire a cosa si stesse riferendo.
« Di che parli? » domandò infatti.
« Facciamo una cinquantina, ovvero le volte in cui ti ho tradita. Temo che tu sia ancora in svantaggio. » notò, lasciandola a bocca aperta e incapace di ragionare. Dire che era scioccata era un eufemismo, non riusciva a credere alle proprie orecchie.
« Mi stai prendendo in giro? » chiese con gli occhi spalancati.
« Sto solo cercando di farti sentire meno in colpa. Mi hai perdonato non so quante volte e nemmeno tutte. » esclamò, come se fosse la cosa più normale del mondo. Ringraziò che le avesse riempito un calice perché aveva un gran bisogno di bere e se lo portò alle labbra, bevendo un grosso sorso.
« La situazione è diversa. » disse, finito di bere l’acqua. Stavolta era il nano ad essere stupito.
« Diversa? Non capisco cosa intendi dire. » alzò gli occhi al cielo.
« Sono incinta Tyrion! » esclamò un po’ adirata. « Come pensi di spiegarlo alla gente? Appena si verrà a sapere... » non le permise di finire la frase.
« Appena lo verrà a sapere Daenerys farà i salti di gioia. » rispose. « Ha scoperto che Jon è suo nipote, però non ha alcuna intenzione di lasciargli vendicare suo figlio come suo erede. » spiegò.
« Suo figlio? Jon si è sposato? » al Sud non le era giunta nessuna voce in merito.
« A quanto pare lui e Sansa Stark hanno avuto una relazione segreta. Quando lei ha scoperto di essere incinta è scappata, però appena è nato il bambino gli ha rivelato tutto. » raccontò.
« Pensavo che Sansa non potesse avere più figli. » notò sorpresa, però felice che si fossero sbagliati. Il biondo alzò e abbassò le spalle in risposta e bevette.
« Daenerys mi ha permesso di venire a salvarti perché il futuro della sua dinastia era incerto, o meglio del suo trono. » disse. « Dal momento che sei incinta, potrà tornare a dormire sogni tranquilli e se è un maschietto, in teoria, non dovremo essere costretti a seppellirlo in tenera età come nostro figlio. » aggiunse.
« Da tempo non parliamo di Rhaegar. » si rese conto, intrecciando le mani sul tavolo.
« Non c’è nulla di cui parlare, purtroppo il nostro principino è morto in tenera età. » disse, preparandosi un altro calice da bere.
« Non è stata colpa tua. » precisò, prendendogli una mano e stringendogliela leggermente.
« Non è stata colpa di nessuno. » confermò. « E adesso pensiamo a te, al bimbo e ai nostri nemici. » si drizzò in piedi, le diede un bacio sulla guancia e le massaggiò le spalle.
« Daenerys sarà felice, però non hai pensato alla gente. » chinò il capo per poter vedere l’espressione sul suo viso. Restò impassibile nell'udire le sue parole.
« Io un’idea ce l’avrei. » si sedette nuovamente e prese le sue mani tra le proprie. « Potremmo dire che è nato con un mese di ritardo o, se gli Dei ci assistono, nascerà un mese prima o con qualche settimana d’anticipo. » propose. Scosse la testa.
« No, non ti permetterò di mentire per proteggere me. » non glielo avrebbe lasciato fare, non era giusto.
« Io intendo prendermi cura di te e del piccolo. In fondo è mio nipote ed è giusto che io me ne prenda cura. » disse, portandosi una mano al petto mentre lo diceva. Rifletté un attimo e capì che il suo ragionamento non faceva una piega.
« Grazie. » cedette. Si alzò in piedi e gli prese una mano, stringendogliela. « Ti sono immensamente grata. » continuò.
« Avrei una mezza idea su come potresti dimostrarmi la tua gratitudine. » il suo tono era malizioso e la rossa scoppiò a ridere, inginocchiandosi ai suoi piedi.
« Sarà un vero piacere. » disse, slacciando i lacci dei suoi calzoni. Da tempo non facevano l'amore e le era mancato immensamente.
« Ti amo. » si sollevò e lo spinse contro il tavolo, infilandosi in mezzo alle sue gambe e baciandolo con passione.
« Mi sei mancato. » confessò, per poi baciargli il collo. Gli levò la camicia, per poi accarezzargli il petto e la pancia.
« Anche tu mi sei mancata. » lo baciò nuovamente e, dopo qualche secondo, si ritrovò distesa sul letto con il nano sopra che le accarezzava le gambe e le cosce sotto la stoffa della gonna dell'abito.

Due settimane dopo

Daenerys non era felice per l'arrivo di Cersei, ma doveva pensare alla sua gente e non alla leonessa, secondo Jon, che non vedeva l'ora di rivedere Emily. Strano scoprire all'improvviso che la ragazza che conosci da una vita è la tua sorellastra e quella che credi esserlo in realtà è tua cugina. Adesso Sansa era al sicuro a Roccia del Drago con i loro figli.
Attendeva l'arrivo della gente. Era incredibilmente nervoso e camminava avanti e indietro nell'ingresso del castello, sotto lo sguardo divertito di Davos e quello contrariato di sua zia.
« Calmati Jon. » il tono dell'uomo era vagamente ironico e si girò verso di lui, un pochino infastidito inizialmente da quel sorriso. Tuttavia poi la prese sul ridere e sorrise a sua volta.
« Vorrei vedere te se stessi per rivedere tua sorella. » ribadì in sua difesa.
« Non è tua sorella. » commentò irritata la bionda e le lanciò un'occhiataccia.
« Sì che lo è! » tuonò, illudendosi che un giorno l'altro l'avrebbe capito e accettato. Sollevò le mani in segno di resa, sebbene dubitava che sarebbe stato così semplice e che avesse già ceduto. Se ne andò. « Aspetta, devi esserci pure tu quando arriveranno. » la richiamò. La bionda lo ignorò, continuando a camminare, e in breve tempo scomparve alla sua vista. Assunse un'aria scocciata. « Le importa solo di Emily e della sua pagnotta. » commentò contrariato, riferendosi al bimbo che aspettava con quel termine.
« Avete chiamato seriamente il vostro futuro re con il nome "pagnotta"? » chiese l'altro, fingendosi scandalizzato.
« Dal momento che non ne conosciamo ancora il sesso... » si difese, sebbene fosse consapevole che come scusa non reggeva e scoppiò a ridere, seguito a ruota dall'uomo, che scosse la testa divertito.
« Vi consiglio di non chiamarlo in quel modo quando nei paraggi c'è la madre. » gli suggerì.
« Va bene, lo farò. » rispose,, sinceramente grato per il suggerimento, seppure non fosse esattamente quello.
« Vostra maestà, sono arrivati. » annunciò una guardia avvicinandosi. Annuì piano nella sua direzione.
« Va bene. » disse e tirò un profondo sospiro. Uscirono fuori dal castello, ritrovandosi nel giardino di Grande Inverno.
Attesero qualche minuto e poi la gente incominciò ad arrivare. Diede il benvenuto a tutti e poi si mise alla ricerca della sua sorellastra. Lei e Tyrion apparvero da dietro due donne dai vestiti poveri. Si precipitò verso di loro.
« Emily. » gli sorrise e lo abbracciò e lui la strinse forte a sé. « Bentornata. Stai bene? » domandò premuroso. Posò una mano sul proprio ventre gonfio.
« Stiamo bene. » rispose con un sorriso sforzato sul viso.
« Tyrion. » si ricordò del nano e si girò verso il biondo. « Bentornato. Spero che il viaggio sia andato bene. » aggiunse, rivolgendosi ad entrambi.
« Non è stato male. Se penso che la prima volta che sono andata al Sud ero incinta e torno al Nord di nuovo incinta, mi fa un effetto strano. » commentò, continuando ad accarezzarsi la pancia attraverso la stoffa del vestito. Il marito si accostò a lei.
« Come vanno le cose qua? » chiese.
« Abbastanza bene. I Non-morti ed Estranei si sono rivelati più furbi di quanto ci aspettassimo, ma non importa. » rispose, ripensando alle ultime battaglie che non si erano concluse proprio bene ad essere sinceri.
« Speriamo che questa faccenda sia presto risolta. » commentò la rossa.
« Data la tua condizione, preferisco che tu e altre eventuali donne incinta e bambini troppo piccoli per combattere vi mettiate in viaggio per Roccia del Drago. » disse, augurandosi che non creasse problemi e accettasse senza fiatare.
« Non ho alcuna intenzione di abbandonare mio marito e lasciare la mia gente. » ribadì con decisione. Alzò gli occhi al cielo, domandandosi come mai a volte la gente non obbedisse e basta, evitando di complicare una situazione già di per sé difficile.
« Invece lo farai e ricordati chi potrebbe essere il tuo vero re. » incrociò le braccia con aria di sfida e comprese che non sarebbe stato facile quanto sperava.
« Tu non sei mai stato il sovrano di nulla, né ti interessa diventarlo. » rispose. Doveva ammettere che aveva perfettamente ragione.
« Per favore, Emily. » disse con tono implorante, seppure si rendesse conto che fosse inutile parlare ed era preferibile agire.
La rossa, suo malgrado, dovette cedere e partì per la sua nuova casa provvisoria in compagnia di numerose persone. Avrebbe preferito restare a Grande Inverno, tuttavia non ci fu modo per convincere il suo fratellastro e suo marito. Una parte di lei era felicissima all'idea di rivedere la sua vecchia amica Sansa e si domandava come stesse e se fosse cambiata.
Il suo viaggio fu tranquillo e non incontrarono nessun mostro in giro. Per la maggior parte dei giorni piovette. Il mare era in tempesta quando arrivarono a destinazione e dovettero aspettare due giorni addirittura prima di poter raggiungere l'isola. Non le era dispiaciuto l’ultima volta abitare laggiù e presto avrebbe rivisto Sansa. Era entusiasta.

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Capitolo 34
*** 34 Capitolo ***


Sansa era seduta al tavolo presente nella Sala dei Banchetti. C’era posto per una ventina di persone, però quella sera a cena in sua compagnia c’era solamente la sua vecchia amica. Si voltò verso di lei e le strinse la mano che teneva sul tavolo.
« Tutto bene? » Non aveva toccato cibo e le sembrava alquanto triste.
« Semplicemente mi manca mio marito. » confessò. « Sono felice di essere qui con te e i miei figli, tuttavia vorrei che ci fosse qui pure Tyrion. » continuò affranta e si portò una mano alla bocca, iniziando a singhiozzare.
« Ti capisco, Jon mi manca terribilmente. » osservò comprensiva, accarezzandole la mano. « Dovresti mangiare. Pensa al bambino. » aggiunse, sperando di convincerla. L’altra tirò un sospiro e incominciò a nutrirsi.
« I cuochi di Roccia del drago sono più bravi rispetto a quelli di Approdo del Re. » aveva recuperato un po’ del suo buonumore e l’altra ridacchiò divertita.
« Sono contenta che ti piaccia. Il castello non è male, sebbene quello della capitale sia decisamente più… luminoso. » notò. In quel posto aveva vissuto davvero un brutto periodo della sua vita durato qualche anno, tuttavia doveva ammettere che fosse un bel posto alla fine e in assenza di Joffrey immaginava che fosse notevolmente migliorato.
« Hai ragione. » confermò e finirono di mangiare senza smettere di parlare del più e del meno. Riuscirono persino a divertirsi e trovare qualche argomento divertente da trattare, sbellicandosi dalle risate.
Dopo aver augurato la buonanotte alla lady, si diresse verso la sua camera da letto al primo piano. Per la precisione dormiva nell'ala del palazzo destinata alla signora del castello, nelle stanze vicine a quelle della Stark, siccome dormiva in quelle dove un tempo risiedeva Stannis Baratheon.
Entrata nella sua camera da letto, si guardò attorno e come la prima volta non riusciva a fare a meno di sentirsi a disagio: tutti quei mobili erano stati sistemati in quella stanza dalla moglie di Stannis. Mosse le mani.
« Fatti coraggio. » disse piano a se stessa. « In fondo non è la prima volta che dormi qua. » aveva temuto di vedere il fantasma della nonna apparire da un momento all'altro, ma fortunatamente non era accaduto. Si sedette alla toilette e incominciò a pettinarsi i lunghi capelli, dopo aver levato i vari accessori con cui li aveva adornati in precedenza quel giorno.
Aveva appena finito di pettinarsi i capelli quando udì bussare alla porta. Si girò verso di essa, drizzandosi in piedi per accogliere come si doveva il suo probabile ospite, e si sistemò la gonna dell’abito che indossava.
« Avanti. » disse e l'anta si aprì mostrandole Brienne. La fissò sorpresa, in quanto proprio non si aspettava una sua visita. Conoscendola si era stupita che fosse lì e non a Grande Inverno, però immaginava che stesse proteggendo Sansa.
« Buonasera. » la salutò. Si era sempre domandata quanto fosse effettivamente alta, tuttavia non aveva mai avuto il coraggio di chiederle delucidazioni in merito, e forse neanche lei lo sapeva.
« Buonasera. » ricambiò il saluto. « Posso fare qualcosa per te? » aggiunse immediatamente.
« No, volevo solo essere sicura che stavate bene. » rispose, agitando le mani, e poi il suo sguardo cadde sul suo stomaco ormai difficile da nascondere sotto le vesti. « Quanto manca ancora? » domandò curiosa, guardandola dritta negli occhi.
« Circa cinque mesi. » rispose. « Dimmi, non ti sei mai pentita di una scelta che hai fatto? » comandò curiosa. Alzò e abbassò le spalle in risposta.
« Ci sono delle volte in cui vorrei sposarmi e avere una famiglia, ma poi rifletto e mi rendo conto che quello che desidero veramente è combattere ed essere trattata e rispettata quanto un uomo. » spiegò.
« Capisco. Hai paura che in tal caso tuo marito ti ostacolerebbe? E pure avere dei figli? » notò con tono calmo. La bionda annuì con aria rassegnata.
« Purtroppo, per come sono le cose al momento, non posso avere tutto. Un giorno magari noi donne saremo più libere, ma per adesso no. La maggior parte delle donne che conosco lavorano con il marito, se ha una bottega o è un contadino. Le mogli dei soldati restano a casa e badano ai figli. » commentò tristemente.
« Mi dispiace tanto. » affermò sinceramente, prendendole le mani e stringendogliele piano.
« Non dovete scusarvi, in fondo non potete fare nulla in merito. » rispose con aria rassegnata. « Buonanotte. Desideravo solo assicurarmi che voi stesse bene e vedo che è così. Inoltre noto con piacere che vi siete sistemata bene. » osservò e se ne andò con un sorriso forzato dipinto sul viso. 
Chiuse la porta e si cambiò per la notte, indossando una camicia di colore bianco. Poi si stese sul letto, sotto le coperte. Le venne in mente Arya e il suo sogno di imparare ad usare una spada. Suo padre era stato l’unico ad insegnarle, mentre sua madre pretendeva che si comportasse come una perfetta lady senza tener conto delle aspirazioni e dei suoi sogni. Brienne era stata fortunata a trovare persone lungimiranti, sebbene fosse sicura che anche lei aveva trovato delle difficoltà lungo il suo percorso.
Si addormentò qualche ora dopo. Quei pensieri l’avevano tenuta sveglia parecchio, tuttavia alla fine, presa dalla stanchezza, si era addormentata. Sognò un esercito composto da sole donne che combattevano con forza e coraggio, determinate a difendere la loro terra, la gente e le loro famiglie.

Il giorno dopo

Emily consumava la sua colazione in compagnia dei suoi figli e sorrise divertita quando la bambina si sporcò la gonna del suo bel vestitino con la frutta che era intenta a mangiare. Prese il tovagliolo e la pulì.
« Joanna, fai più attenzione. » non intendeva rimproverarla sul serio e stava sorridendo divertita.
« Mamma, quando arriverà il fratellino o la sorellina? » chiese Robert. Crescendo si dimostrava sempre più curioso. Era un bambino perennemente allegro e la sua felicità era piuttosto contagiosa.
« Mancano ancora diversi mesi. » rispose, finendo di pulire la figlia, e le diede un bacio sulla fronte. « Fai più attenzione la prossima volta, mi raccomando. » le consigliò. Sentì bussare alla porta e non distolse lo sguardo dalla figlia e dalla frutta ancora sul suo vestito. « Avanti. » disse e Brienne entrò nella stanza con aria perplessa.
« Mi avete fatto chiamare, principessa? » chiese sorpresa quanto lei quando la sera prima l’aveva vista davanti alla sua camera da letto.
« Sì, Brienne. Desideravo parlarti di un’importante decisione che ho preso e che spero migliorerà la vita di tutti quanti. » affermò eccitata, alzandosi in piedi e battendo le mani.
« Quale sarebbe? » domandò confusa. Il sorriso non svanì dal viso della rossa.
« Ho intenzione di migliorare la condizione delle donne nel nostro regno, magari procedendo poco alla volta per non stravolgere i Sette Regni. » spiegò e gli occhi della bionda si spalancarono a quelle parole.
« State parlando seriamente? » ancora non si era ripresa dallo stupore e non sembrava ancora particolarmente convinta dalla veridicità di quello che aveva detto.
« Assolutamente. Appena la faccenda dei Non-Morti verrà risolta, parlerò con la regina Daenerys. » rispose, decisa a portare a termine il suo progetto.
« Le donne vi saranno grate per questo. » disse fiera di lei e felice all'idea.
« Mi auguro che prendano bene la notizia. » l’ostacolo più grande non era Daenerys, ma i futuri membri del suo Concilio Ristretto. Dany era cresciuta al di là del Mar Stretto ed era diventata una donna importante che aveva imparato a farsi rispettare e ad essere forte e combattiva; senza contare che era una buona monarca, nonostante il fatto che la nipote e Varys temevano che fosse fuori di testa, ma mai pericolosa quanto suo padre, grazie agli Dei. Tyrion non avrebbe creato problemi, però gli altri sarebbero stati sicuramente uomini e potevano non essere d’accordo con le sue idee rivoluzionarie.
« Avete paura che qualcuno possa ostacolarvi? » chiese, dovendo aver intuito le sue preoccupazioni.
« Dubito che molti uomini saranno d'accordo nel concedere maggior libertà alle donne. » commentò tristemente. « Tanti ci considerano solo delle fattrici, stupide, incapaci di ragionare e dire la loro. » aggiunse. La bionda le poggiò una mano sulla spalla con aria incoraggiante.
« Se Daenerys sarà dalla vostra parte non avrete problemi. » contava sull'appoggio della zia. Senza contare che a Dorne diverse donne nel corso degli anni avevano governato, facendo uno splendido lavoro.
« Sono positiva per quanto riguarda Daenerys. » esclamò, sistemandosi una ciocca dietro all'orecchio.
« Vi lascio alla vostra colazione. » senza aggiungere altro se ne andò. L'altra chiuse la porta e si sedette di nuovo a tavola con i figli. 

Un mese dopo

La futura regina dei Sette Regni era intenta a scrivere alcune lettere in camera sua, quando un bussare alla porta la distolse dal suo lavoro. Senza scostare lo sguardo dai documenti, parlò.
« Avanti. » disse, senza smettere di scrivere. Missandei varcò la soglia della porta e le si avvicinò.
« Khaleesis, è arrivata una lettera da Grande Inverno. » le comunicò e le porse un pezzo di carta. La bionda lo prese e lo poggiò accanto alla pila di fogli sul tavolo. « Non la leggete subito? Ne è arrivata una pure per la principessa Alicia. » la informò. Curiosa la giovane l’aprì e ne lesse il contenuto. Il suo volto si rabbuio all'istante.
« Assicurati che la copia di questa lettera non arrivi nelle mani di Alicia. » disse drizzandosi in piedi, tenendo le mani sul tavolo mentre si muoveva. « Non voglio che il suo contenuto la turbi rischiando di danneggiare lei o, ancora peggio, il bambino. » continuò con un tono che non ammetteva repliche. Missandei tirò fuori da una tasca del suo abito un altro pezzo di carta.
« State serena. Ho provveduto a prenderla per sicurezza. » rispose. Dany prese la copia e buttò entrambe le lettere nel fuoco del camino acceso poco distante. Guardò indifferente le missive che si accartocciavano l'una sopra l'altra.

Nel frattempo

La principessa Myrcella Baratheon, anzi Myrcella Waters, come ormai la chiamavano tutti. La verità delle sue origini bastarde era saltata fuori e a causa di questo la bionda aveva visto sfumare le sue prospettive di matrimonio. La cosa peggiore era che ormai si era innamorata del figlio di Doran Martell. Quest’ultimo e suo fratello continuavano a trattarla gentilmente e grazie a lei erano riusciti a mettere da parte, sebbene non del tutto, il loro astio per i Lannister. Tuttavia, come Oberyn non poteva sposare la sua amante in quanto bastarda, Myrcella non poteva sposare Trystane e questo le faceva male.
Quella sera l’ex principessa era seduta alla sua toeletta nella sua camera da letto, intenta a pettinarsi i lunghi capelli biondi. Presa com'era da loro che non si accorse del bussare alla porta. Quest’ultima si aprì, seppure lei non avesse consentito l’ingresso. Trystane entrò e il rumore della porta che veniva chiusa fece voltare la fanciulla, che posò la spazzola sul tavolino e lo guardò sorpresa, drizzandosi in piedi.
« Cosa ci fai qui? Non dovresti esserci. » protestò.
« Desideravo solo scoprire come stavi. Mi dispiace immensamente per quanto capitato e, per quello che vale, io ti sposerei persino se fossi una Bruta. » la giovane sorrise timidamente.
« Grazie, tuttavia questo non cambia la situazione. » Le si avvicinò e posò le mani sulle sue spalle, accarezzando delicatamente la parte superiore di esse.
« Non sei costretta ad andartene. Puoi restare qua e, vista la situazione attuale dei Sette Regni, per te sarebbe più sicuro. » notò, sistemandole dietro all'orecchio un ciuffo di capelli che l’era scivolato davanti all'occhio sinistro. A quel contatto la bionda rabbrividì e arrossì.
« Ti amo. » le parole uscirono dalle sue labbra prima che potesse fermarle e divenne rossa come il vestito che indossava. Lentamente avvicinò il volto al suo e le loro labbra si sfiorarono leggermente.
« Anch'io ti amo e non hai idea di quanto vorrei sposarti. » disse.
« Non importa, godiamoci il tempo che ci resta insieme. » questa volta il bacio fu più passionale del primo e aveva un sapore salato, siccome una lacrima solitaria era scivolata giù da uno dei suoi occhi color verde smeraldo. « Resta con me questa notte, e anche quelle che verranno. » lo invitò, prendendolo per mano e conducendolo fino al letto.

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Capitolo 35
*** 35 Capitolo ***


La guerra si rivelò più veloce di quanto si aspettassero e gli Estranei e Non-morti non riuscirono mai a superare il Mar Stretto, con grande sollievo degli abitanti di Dorne che si erano preparati ad accoglierli come si doveva armati fino al collo.
Myrcella, dalla finestra della sua camera, ammirava il mare in attesa dell'arrivo della nave che l'avrebbe riportata a casa. Sua madre le aveva scritto un mese prima comunicandole che presto si sarebbero riabbracciate e che era incinta. Un altro Lannister puro nato da incesto. La bionda scosse la testa, agitando i suoi lunghi capelli biondi, per cancellarsi quel pensiero dalla mente.
« Manca ancora qualche giorno. » notò Trystane, che era intento a fissarla da un po' coricato sotto le coperte del letto. La ragazza si voltò e si coricò accanto a lui, infilandosi sotto le fresche lenzuola di seta.
« Non hai paura? » chiese, posando una mano sul suo petto nudo, per metà nascosto dalla coperta.
« Paura di cosa? » domandò confuso. La bionda si mise a pancia in su e alzò gli occhi verso il soffitto.
« Che mi portino via. » rispose. A questa prospettiva il principe non sembrava per nulla preoccupato e le accarezzò il ventre.
« Nessuno vi porterà via da qua. » diede un bacio alla sua pancia. La giovane scoppiò a ridere e gli accarezzò la testa, ma tornò seria in fretta.
« Nostro figlio rischia di nascere a pochi mesi di distanza da mio fratello - o sorella - minore. » osservò. « Mia madre desidera riportarmi a casa. Pare che le cose tra lei e Daenerys vadano più che bene. Penso che la prospettiva di avere un erede l'abbia addolcita. » commentò più serena, riferendosi alla gravidanza di Alicia.
« Peccato che quel bambino non incontrerà mai suo padre. » le sue parole rattristarono la leonessa. Tutti avevano creduto alla bugia in base alla quale Tyrion fosse il padre del piccolo che la moglie aspettava, peccato che fosse morto da grande eroe combattendo contro quei mostri per salvare la vita ad alcuni ragazzini. Se non fosse stato per lui quegli esseri li avrebbero senz'altro uccisi. E invece lord Tyrion li aveva salvati, perendo nell'impresa, e per questo sarebbe stato onorato per sempre.
« Alicia starà soffrendo parecchio. Lo amava. » non era sicura che amore fosse il termine giusto, tuttavia aveva voluto un gran bene a suo zio, di questo ne era certa.
« Appena tua madre arriverà parleremo con mio padre, lei e mio zio. Sistemeremo tutto. » avrebbe voluto che fosse così semplice. Da quando avevano scoperto che era incinta avevano trascorso il tempo immaginando il loro futuro insieme e il loro neonato. Nessuno dei due si era concentrato sul futuro concreto; erano stati ingenui e stupidi alla fine, perché altrimenti non sarebbero stati in quella situazione. 
« Temo che non sarà semplice. » ammesso che loro avessero accettato la gravidanza e ne fossero felici, questo non cambiava il fatto che il loro bambino sarebbe stato un bastardo. La bionda aveva trascorso la sua esistenza vivendo come una principessa e come tale la gente l'aveva rispettata. Aveva avuto bellissimi vestiti. Tuttavia, ora che si era scoperta la verità, tutto le era crollato addosso. Non veniva trattata in modo irrispettoso da nessuno, però si era accorta di come la guardavano e il suo bambino sarebbe vissuto con l'appellativo di bastardo per tutta la vita. Sarebbe stato chiamato Sand o con un altro cognome, dipendeva da dove sarebbe nato.
« Non devi essere negativa. » le sorrise e si scambiarono un tenero bacio.
« Non pensi che sia preferibile prima comunicare la notizia a tuo padre? » suppose incerta. Ci pensò per qualche secondo e scrollò le spalle.
« Ritengo che vada bene dargli la notizia quando sarà arrivata tua madre. Desidero evitare che si senta esclusa. » non sarebbe stato proprio così, però ci sarebbe rimasta male se avessero informato prima i due fratelli e poi lei. Per logica una figlia dovrebbe parlare prima con la madre, dopo aver dato la lieta novella al... marito. Al pensiero sentì una morsa allo stomaco. A parte che, anche volendo, essendo una bastarda non avrebbe mai potuto sposarsi. Avrebbe dovuto diventare una septa, invece di andare a letto con Trystane. « Tesoro, mi sembri triste. » era un buon osservatore e si stese sopra di lei. Sul suo volto dai lineamenti delicati comparve un sorriso sforzato.
« No, semplicemente sono preoccupata. » rispose, non proprio sincera, e il bruno le diede un altro bacio.
« Stai serena e non ti preoccupare. » disse piano e le diede una carezza sulla guancia. « Ti amo e voglio bene al nostro bambino. Non mi importa quello che penserà o dirà la gente. » si riteneva terribilmente fortunata ad averlo incontrato e per questo doveva ringraziare Tyrion: se lui non avesse organizzato il loro fidanzamento, probabilmente non si sarebbero mai incontrati. Per questo sarebbe stata grata al nano per tutta la vita.
« Ancora otto mesi e potremo tenere in braccio il nostro bambino. » improvvisamente era diventata positiva e non era spaventata all'idea di incontrare sua madre. Una parte di lei non vedeva l'ora che capitasse, poiché da diverso tempo non la vedeva. « Può darsi che lui - o lei - sarà coetaneo del bambino che aspetta mia madre. » ipotizzò lieta al pensiero.
« Mi è venuta una splendida idea. » esclamò con tono seducente, incominciando a baciarle il collo. « Voglio godermi la tua compagnia finché posso, siccome dopo il parto per un bel po' non potremo fare nulla. » notò dispiaciuto e l'altra ridacchiò. L'aiutò a levarsi la camicia da notte e le accarezzò i seni e la pancia. « Sono proprio cresciuti. » disse, succhiandole un capezzolo. La leonessa gemette, sollevando le gambe ed intrappolandolo in mezzo ad esse. Lo aiutò a levarsi i calzoni e rimasero entrambi nudi.
Non c'era nulla di male nell'amore e lo stesso dovevano averlo pensato i suoi genitori per giustificare la loro ralazione incestuosa. Myrcella aveva sentito dire che sua madre aveva dichiarato di essere troppo disgustata da Robert per avere i suoi figli. Non era stato proprio un buon padre, però non aveva dei cattivi ricordi su di lui e alla fin fine non era stato poi tanto male.

Un mese dopo

L'arrivo dell'ex regina Cersei era atteso con trepidazione da Oberyn Martell e suo fratello Doran, che era seduto sulla sua sedia a rotelle. Una coperta gli copriva le gambe, forse un debole tentativo di nascondere la gotta e non apparire ancora più debole di quanto non lo sembrasse già ai suoi nemici. Il fratello minore era in piedi accanto ad una finestra e fissava le alte porte di legno che tra pochi minuti si sarebbero aperte per permettere l'ingresso della Lannister.
« Chi le darà la notizia? » per quanto i ragazzi fossero stati prudenti, alla fine Ellaria aveva scoperto tutto. Era seduta vicino al tavolo rotondo, a destra del "cognato". Teneva in mano un calice con delle pietre preziose scintillanti incastonate sopra.
« È opportuno che siano i futuri genitori a farlo. » rispose Doran. Aveva preso abbastanza bene la notizia e la prospettiva di diventare zio non gli dispiaceva. Suo fratello si era affezionato alla principessa e gli dispiaceva solo di non aver potuto assassinare lui stesso suo nonno Tywin.
« Avete idea su come intendono chiamare il bambino? » domandò Ellaria. Sapevano tutti che, almeno per il momento, sarebbe stato un bastardo, eppure preferivano sviare l'argomento. 
« Non ne ho idea, però dal momento che Tyrion Lannister è morto di recente e da eroe, magari sua nipote deciderà di omaggiarlo. » osservò, per nulla dispiaciuto alla prospettiva che il suo primo nipote portasse un nome Lannister. « E nel caso che sia femmina hanno detto di volerla chiamare Elia. » a prescindere dal sesso un giorno avrebbe governato su Dorne, ammesso che i suoi genitori si sarebbero sposati, sarebbe stato legittimato o fosse sopravvissuto.
« Elia è un bel nome e mi pare il minimo. » notò, ancora sorpresa dalla facilità con la quale avevano perdonato Myrcella per i crimini della sua famiglia. Ma in fondo che colpa ne aveva lei che addirittura non era ancora nata?
« Dobbiamo smetterla di rivangare il passato. » disse, fulminandola con lo sguardo.
« Dovresti essere tu quello scosso da questa relazione. Era tua sorella e l'amavi, anzi l'amavate. » gli ricordò contrariata.
« Myrcella è una ragazza dolcissima, non è responsabile delle azioni perpetuate da suo nonno e se per questo nemmeno sua madre. » lo fissò scandalizzata.
« Quella ragazza vi ha rincoglioniti tutti! E tu non fai altro che pensare alla sua cara zia. » commentò, riferendosi ad Alicia. Era chiaro che il principe si fosse innamorato di lei, seppure questo non cancellava i profondi sentimenti che nutriva per Ellaria. Non era la prima volta che lo divideva con un'altra, però in questo caso era diverso e temeva che non l'amasse più come un tempo. Ammesso che ancora provasse quel sentimento per la Sand. Faceva ben poco per nascondere la sua gelosia, come del resto lui la sua infatuazione, che non sembrava per nulla momentanea come invece avrebbe preferito la madre di quattro delle sue figlie. Persino Doran se n'era accorto.
« Ah, ecco la carrozza. » annunciò allegramente. La bruna, avvicinandosi alla finestra, vide una carrozza trainata da due cavalli che avanzava verso di loro.
« Andiamo ad accogliere la nostra ospite. Tu, Ellaria, se lo desideri puoi restare qua. » aggiunse ,voltandole le spalle. La donna lo fulminò con lo sguardo, dopo aver lanciato un'occhiataccia alla carrozza che si era fermata a pochi metri di distanza dalla porta principale.
« Resto qua. » esclamò, lasciando la stanza visibilmente scocciata. Oberyn afferrò le estremità della sedia del fratello spingendola in avanti e insieme scesero al piano di sotto.
« Non badare a lei, da quando siamo tornati da Approdo del Re è perennemente di cattivo umore. » disse. 
« Ha paura di essere sostituita. » non aveva capito nulla, eppure conosceva bene le donne. L'altro lo fissò interrogativo, ma prima che potesse domandargli quello che intendeva Doran allargò le braccia, sorridendo in direzione di Cersei che avanzava verso di loro nell'ingresso. « Benvenuta lady Cersei. » l'idea che avesse perso il titolo divertiva non poco i due Martell, ma cercavano di non darlo a vedere. Il ventre sotto le stoffe leggere non era visibile, segno che non fosse particolarmente avanti la gravidanza. Si levò i guanti di seta con fare scocciato e li consegnò ad una delle sue serve.
« Il viaggio è stato buono? » chiese cortesemente, da buon padrone di casa, la vipera più anziana. L'ex regina non sembrava in vena di chiacchiere e si guardò attorno con circospezione. 
« Niente male. Il mare è stato perennemente calmo. » rispose con disinteresse. « Dov'è mia figlia? Desidero riportarla in fretta a casa. » si riferiva a Castel Granito. Salvo passi falsi, le sarebbe stato consentito di viverci e svolgere il ruolo di tutore per la nipotina Joanna. Si diceva che fosse una bimba graziosa e intelligente, completamente diversa dalla zia, e aveva ereditato la furbizia del padre. Alcuni asserivano che assomigliasse vagamente alla nonna e alla povera regina Rhaella.
« Temo che non sarà così semplice. » rispose con calma il principe di Dorne. Se gli sguardi potessero uccidere, ora sarebbe un cadavere visto il modo in cui lo stava guardando la leonessa.
« Mamma. » la voce di Mycella, apparsa dall'altra parte della stanza, parve rilassare la bionda che si precipitò verso la figlia e l’abbracciò, dandole un bacio sul capo. « C'è una cosa importante che devo riferirti. » aggiunse timidamente. La Lannister era perplessa e prese il suo viso tra le mani.
« Stai male? Ti hanno fatto del male? » adesso era la Vipera Rossa quello che lanciava occhiate assassine. Come poteva pensare una cosa del genere? Stava parlando dei Martell e loro non avrebbero torto mai un capello ad una donna. Avanzò spazientito verso le due e il fratello lo trattenne per un braccio, intimandolo di fermarsi. 
« No, sto benissimo madre. » il tono della sua voce era incerto. Prese le mani della madre e gliele strinse. « C’è una cosa molto importante che ti devo dire. » confessò e la prese per mano, conducendola via.

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Capitolo 36
*** 36 Capitolo ***


La regina Daenerys era intenta a scrivere alcuni documenti, o meglio controllava dei conti con l’aiuto del suo Primo Cavaliere della Regina, ovvero Jorah Mormont, che era seduto dinanzi a lei dall'altra parte della scrivania e stringeva tra le mani delle pergamene. Una piccola pila era sul tavolo di legno.
« Ah! » un urlo di donna proveniente da poco distante fece trasalire l’uomo, che istintivamente si voltò verso la porta del solare che dava sul corridoio.
« Jorah, per favore, intendo finire questo controllo prima che il bambino - o bambina - sia nato. » lo rimproverò con indifferenza, continuando a scrivere. Il cavaliere era impallidito in volto e posò i fogli sulla scrivania.
« Insistete per restare qui nel vano tentativo di non pensare, vero? » da quella mattina Alicia era in travaglio e non c’era ancora nessuna novità. Era ormai pomeriggio, sebbene l’ora di pranzo fosse passata solo da qualche ora.
« Non dite sciocchezze. » protestò la bionda, che a Jorah in quel momento ricordava un padre che aspettava impaziente la nascita di un figlio e di avere notizie della sua creatura e della moglie. Mellisandre non aveva dubbi sul fatto che il bambino che sarebbe nato sarebbe stato forte e sano e che la madre non avrebbe avuto particolari complicanze, eppure la Madre dei Draghi non era affatto serena.
« Dovreste incominciare a far trapelare un po’ i vostri sentimenti, a meno che il vostro obbiettivo non sia essere soprannominata la Regina dal Cuore di Ghiaccio. » notò serio, sebbene dentro di sé trovava la prospettiva divertente, però non voleva rischiare di irritarla. Da quando la ragazza era entrata in travaglio era particolarmente irritabile. A parte che, ad essere sinceri, lo era sempre, tuttavia quel giorno più del solito.
« E voi dovreste darmi dei consigli che mi tornino veramente utili. » protestò acida, fulminandolo con lo sguardo e ricominciando a scrivere con maggiore enfasi. L’altro tirò un sospiro e riprese a leggere i conti da controllare, augurandosi che con il passare del tempo si sarebbe calmata, o in ogni caso che sarebbe diventata più malleabile.

Qualche ora dopo

Con il passare del tempo le cose non migliorarono. Più le ore passavano più la Targaryen diventava irritabile e il poveretto era la sua vittima con cui sfogarsi, sebbene non l’avesse colpito o danneggiato in qualche modo. Tuttavia gliene diceva di tutti i colori, sfogando le sue frustrazione su di lui, anche se non ci poteva fare nulla. Mica era colpa sua se il travaglio si era rivelato così lungo. Se ci fossero state delle novità, possibilmente rassicuranti, sarebbe stato un sollievo.
« Regina Daenerys. » avevano appena finito il loro operato, quando una serva irruppe nella stanza come una furia in preda all'agitazione e la bionda si alzò in piedi.
« C’è qualche novità? » chiese agitata. La sua maschera di indifferenza si era spezzata in mille pezzi.
« La principessa Alicia ha dato alla luce un bel maschietto. » annunciò. La Targaryen si precipitò fuori dalla stanza e per poco non fece cadere la serva che sorrideva gioiosa e guardando Jorah si limitò ad alzare e abbassare le spalle come commento.
Arrivata davanti alla porta della camera da letto della nipote, Dany vide il maester che usciva intento a pulirsi le mani sporche di sangue in uno straccio macchiato.
« Allora? » chiese impaziente, in preda all'angoscia.
« La principessa Alicia è molto stanca, però sta bene, e il principino lo stesso. Dovete sentire che polmoni! » a conferma si sentì un forte pianto. Strano che non l’avesse udito fino al suo solare, forse le urla di sua madre erano state ancora più forti.
« Ho sentito. » trattenne a fatica il sorriso divertito che minacciava di apparire sul suo viso. « Posso entrare? » preferiva evitare di stancarla troppo, tuttavia desiderava pure vedere il suo erede, l’unico forse che mai avrebbe avuto.
« Pochi minuti, la madre e il bambino si devono riposare. » rispose. Ricevuto il permesso entrò nella stanza. Una donna l’accolse con un neonato in braccio, avvolto in una coperta bianca, e le sorrise teneramente.
« Vostra maestà, vi presento il nostro nuovo principino. » annunciò felice. Lo prese tra le braccia, trattandolo come se fosse la cosa più delicata al mondo e lo strinse piano, temendo che potesse rompersi per nulla. Possedeva un viso piccolo dalla palle chiarissima, ovvero il colorito pallido tipico dei Targaryen, le sue labbra erano carnose e aveva un bel nasino.
« È bellissimo. » esclamò. Il piccolo la fissava con i suoi occhi color verde smeraldo che brillavano proprio come due pietre preziose. « Peccato per gli occhi. » sperava che non avesse anche i capelli dorati tipici dei Lannister, e possibilmente che fossero biondo-argentati; però neanche quelli rossi della madre le sarebbero dispiaciuti e, anche se non li sopportava, di sicuro sarebbero stati sempre meglio di quelli tipici della famiglia di suo padre.
« Ho visto occhi di bambini che erano chiari appena nati, ma poi con il passare del tempo si sono scuriti. » sarebbe stato splendido se fosse accaduto pure al bimbo.
« Speriamo. » commentò poco convinta, ridandole il piccolo. Si diresse verso il letto, mentre l’altra usciva con il pargolo stretto tra le braccia. Alicia era coricata sotto le coperte che, a giudicare dal buon odore, erano state cambiate con alcune pulite. Si sedette su una sedia accanto al letto e le diede una carenza sulla fronte. L’avevano pulita e profumava vagamente di fiori, seppure aleggiasse in giro ancora odore di sangue. « Come state? » chiese preoccupata.
« Bene, sono solo stanca e ho ancora un po’ male. Sapete, è stato peggio degli altri due parti. » affermò, voltandosi verso di lei e fissandola triste. « Vorrei che Tyrion fosse qui. In alternativa mi sarei accontentata persino di Jaime. » era lui il padre alla fine, nonostante a Danìenerys piacesse dimenticarlo e fingere che fosse veramente il suo marito deceduto. Attualmente lo Sterminatore di Re era al di là del Mar Stretto e viveva a Dorne con Cersey e Myrcella, che secondo i pettegolezzi sarebbe stata anche lei incinta.
« Mi dispiace, però se vi può consolare, ammesso che Aegon cresca forte e in salute, non dovrete subire una quarta gravidanza. » la rassicurò, sfiorandole con le dita la guancia.
« Non so se voglio altri figli, ma prima dovrei trovare un uomo in ogni caso, no? » scherzò ed era lieta che avesse ancora il segno dell’umorismo, in quanto significava che non stava poi tanto male alla fine.
« Immagino proprio di sì. » rispose. « Adesso sarà meglio che vi lasci riposare, altrimenti chi lo sente il maester. » commentò ironica, alzandosi in piedi e uscendo fuori dalla stanza in modo che si potesse riposare dalle fatiche del parto.

Tre anni dopo

La regina Daenerys Targaryen era una buona regnante e voleva bene al suo popolo, sebbene fosse avvezza a qualche raro momento di follia. Era capitato che desse delle punizioni ritenute eccessive da alcuni, tuttavia da qui a dire che fosse folle come il padre o altri suoi predecessori ce ne voleva.
Oberyn Martell era venuto a corte per fare una proposta alla regina, o per essere più precisi a sua nipote Emily, per questo aveva attraversato il Mar Stretto ed era giunto fino alla capitale del regno, ovviamente senza omettere prima di annunciare il suo arrivo con un corvo. Non si aspettava chissà quale accoglienza e neppure gli interessava.
Entrato nella Sala del Trono di Spade scoprì Dany seduta sul trono, con indosso la sua preziosa corona composta da vari fili d’oro intrecciati e con qualche rubino incastonato. L’aveva forgiata lei stessa servendosi del fuoco dei suoi draghi. Il suo vestito era di colore rosso, proprio come le pietre della sua corona, ed era seduta sulla sedia di metallo con aria autorevole dipinta sul viso.
« Regina Daenerys, i miei omaggi. » la salutò con una riverenza appena fu a pochi passi da lei. La bionda gli sorrise facendogli segno con una mano di sollevarsi e lui ubbidì.
« Siete il benvenuto, principe Oberyn Martell. » lo salutò, scendendo dal trono, e si diresse verso di lui levando i pochi metri che li distanziavano.
« Grazie, regina Daenerys. Gradirei conferire con voi in privato. » sottolineò attentamente l’ultima parola, lanciando un’occhiataccia a Missandei, che stava perennemente appiccicata alla draghessa. Lo fissò offesa, però non gli importava assolutamente di averla ferita. Era già brutto che conferisse prima con Daenerys che con la diretta interessata.
Si erano recati in giardino. La regina riteneva che quello fosse il luogo più appropriato per poter discutere in santa pace ed era meno difficile che qualcuno li avrebbe uditi, seppure di quest’ultimo particolare la Nata dalla Tempesta non era del tutto convinta, ne era certo, ma non osò obbiettare.
« Quindi cosa desiderate dirmi? » domandò curiosa, mentre passeggiavano lungo uno dei numerosi sentierini del giardino.
« Sono venuto qui per chiedervi la mano di vostra nipote. » a quella frase la donna si bloccò e lo fissò con gli occhi spalancati, colta impreparata dalle sue parole.
« Intendete dire Alicia? » sorrise divertito.
« Avete altre nipote? » domandò ironico. La regina sbatté le palpebre e riprese a camminare, seguita a ruota dalla Vipera Rossa.
« No, semplicemente non mi aspettavo una proposta del genere. La principessa non si è ancora ripresa dalla morte di suo marito e io voglio tener conto della sua volontà. Ho paura che non accetterà la proposta. » lo informò. Si maledì mentalmente per non aver considerato una simile possibilità e si considerò proprio uno stupido.
« Oh beh, con il passare del tempo potrebbe cambiare idea. » rispose speranzoso e proseguirono sereni la loro passeggiata.

Dieci anni dopo

La proposta venne accettata e partirono una settimana dopo per Lancia del Sole. A Emily dispiaceva separarsi dal figlio, tuttavia la zia le aveva promesso che poteva vederlo una volta all'anno - come del resto gli altri due - o addirittura di più appena sarebbe cresciuto e avrebbe potuto lasciare la sua casa per affrontare un simile viaggio.
Emily era appena giunta ad Approdo del Re accompagnata dal marito e dai suoi due figli minori: Ethan e Visenya. I bimbi aveva rispettivamente sette e quattro anni.
Arrivati nell'atrio del castello vennero accolti da un bambino e due ragazzi, che corsero loro incontro. Joanna era ancora una bambina, seppure graziosa con addosso un vestito di colore giallo, e suo fratello maggiore, invece, era ormai un ragazzo bello che cresciuto che ricordava terribilmente il padre defunto.
« Mamma! » strillò il principe Aegon, correndole incontro e abbracciandola forte. La donna gli sfregò una mano tra i capelli biondi e gli diede un bacio sul capo.
« Come stanno Myrcella e i cuginetti? » chiese Joanna, riferendosi ai cinque figli maschi di Myrcella. Questa aveva giurato a se stessa di non fermarsi finché non le sarebbe nata una figlia femmina e il marito era felice, ma pure preoccupato al pensiero di numerosi bambini urlanti.
« Sta bene e aspetta il sesto figlio. » con la sua fortuna sarebbe stato l’ennesimo maschio, tuttavia la speranza era l’ultima a morire.
« Anch'io devo dare un annuncio importante. » si voltò verso il figlio maggiore.
« Oddio, non dirmi che hai messo incinta un’altra giovane. » qualcuno, non sapeva il nome, aveva avuto la brillante iniziativa di portarlo al bordello vicino a Grande Inverno in modo che perdesse la verginità e imparasse… ehm… qualcosa. Era finita con la prostituta che nove mesi dopo si era presentata con in braccio una neonata. Considerando che la bimba aveva gli occhi viola e, a parte lui, l’unico uomo con sangue Targaryen era Jon, e che questi non avrebbe mai tradito la moglie, era senza alcun dubbio sua figlia. Inutile dire che sua madre e sua zia Dany non avevano fatto esattamente i salti di gioia.
« No, madre. Mi sposo tra un anno! » annunciò al settimo cielo, cogliendola del tutto impreparata. Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, eppure sperava il più tardi possibile. Scoppiò in lacrime abbracciandolo.
« Il mio bambino si sposa! » strillò singhiozzando, poi si allontanò da lui e lo fissò perplessa. « Ditemi, chi è la fortunata? » domandò infatti.
« È una delle numerose nipoti di Wald… » non finì la frase perché sua madre lo interruppe.
« Una Frey? Oddio, mi sento male, mi sento male... » disse sconvolta. Improvvisamente le era mancato il fiato e cadde a terra svenuta. Joanna si rivolse a Robert.
« Te l’avevo detto di dirglielo con cautela. » gli sussurrò sottovoce, senza nascondere il suo sorriso divertito e tirando una pacca sulla schiena del fratello allibito.

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