Connessioni latenti

di Erina91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** incontro del destino..? ***
Capitolo 2: *** Piccola Nakiri ***
Capitolo 3: *** Esplosiva pausa pranzo ***
Capitolo 4: *** Per un boccale di birra.. ***
Capitolo 5: *** Contatto rischioso..? ***
Capitolo 6: *** Doloroso distacco.. ***
Capitolo 7: *** Come una costante ***
Capitolo 8: *** Festa movimentata ***
Capitolo 9: *** Procedendo verso Parigi ***
Capitolo 10: *** Dichiarazione! ***
Capitolo 11: *** Ricerca disperata ***
Capitolo 12: *** Strani sentimenti ***
Capitolo 13: *** Sensuale seduzione! ***
Capitolo 14: *** Voce confortante ***
Capitolo 15: *** Per un soffio.. ***
Capitolo 16: *** La sofferenza di Erina ***
Capitolo 17: *** Istinto paterno ***
Capitolo 18: *** La decisione di Megumi ***
Capitolo 19: *** Accettazione o rifiuto? ***
Capitolo 20: *** Proposta! ***
Capitolo 21: *** Verso il medio oriente.. ***
Capitolo 22: *** Connessioni Latenti ***
Capitolo 23: *** Odio & Amore, due poli opposti ***



Capitolo 1
*** incontro del destino..? ***


Incontro del destino..?


Accarezzava i suoi capelli, baciava ogni minima parte del suo corpo, solleticava la sua pelle con il tocco pregiato delle sue mani. Si beava del momento senza tralasciare nulla, come se fosse un prezioso tesoro. Un puro gioiello.
La dolcezza dei suoi movimenti era così aggraziata e travolgente che per un attimo sentì svanire la sbronza.

I suoi palmi erano caldi, grandi, delicati. Il suo respiro mentre le sue labbra si avvicinavo a quelle sue per unirsi in un incontro di lingue passionale e affamato sapeva di un misto di tabacco e alcol che, se non fosse stata brilla, non avrebbe nemmeno apprezzato e invece in quel momento lo trovò sensuale e piacevole. Il profumo di spezie di cui tutto il corpo di Yukihira era dotato era talmente invitante da farla impazzire. Per non parlare dell'audacia con la quale scorreva con i polpastrelli lungo le sue cosce, in un gesto azzardato eppure ammaliante, tanto magnetico da confonderla.
O forse era l'alcol che la faceva sentire confusa? Già.. cosa stava facendo? Com'erano finiti a letto insieme lei e Yukihira?
Aveva vuoti di memoria a causa del miscuglio di cocktail e dei ripetuti brindisi assunti.

Cosa stava facendo nell'appartamento di Yukihira?
Non lo sapeva, ma in quel momento, con lui che la vezzeggiava in modo tanto lenitivo, non le interessava della mente annebbiata e neanche voleva chiedersi come potessero essere finiti a letto insieme.
Voleva semplicemente godersi l'attimo ed imprimerlo.

Non c'era mai stato niente tra lei e Yukihira, anzi, non avevano nemmeno un rapporto amichevole.
Diciamo che si sopportavano a vicenda, ma era chiaro ad entrambi che c'era un'insolita attrazione tra di loro. C'era sempre stata e fin dai tempi delle superiori. Alla fine non era neanche strano che fossero finiti a letto insieme dopo due bicchieri di alcol, avevano resistito sei anni senza soddisfare l'interesse reciproco, negandolo con insistenza fin dall'inizio, ma si sa che poi l'attrazione sessuale esplode.

Ormai erano adulti consapevoli, avevano 21 anni, e anche se aveva vaghi ricordi della serata prima di ritrovarsi nel letto di Yukihira, avevano terminato gli studi e si erano laureati ed era sicura che fossero andati a festeggiare la cerimonia di chiusura dei loro tre anni universitari.
Però, davvero, perché adesso era accanto a Yukihira e si stava facendo cullare dal suo tatto?
Beh, cosa importava.. amava quel momento e voleva goderselo, e poi era brilla, ormai era la fine e non aveva il pieno controllo del suo corpo, specialmente se covava da tempo il desiderio verso di lui.

Socchiuse gli occhi e iniziò ad ascoltare le meravigliosi sensazioni che lui le stava regalando con i suoi baci, con il suo contatto, con il toccarla nei punti sensibili strappandole gemiti di apprezzamento...

Erina sobbalzò sulla sedia del suo studio. Un'altra volta quel ricordo..
Erano ormai sei anni che ripensava a quella notte con lui.
Perché non riusciva a dimenticare?
Certo che non poteva farlo.
Quella notte le aveva cambiato la vita: da quella notte era nata Marika.
Non aveva più visto Yukihira da allora, si era solo ritrovata nuda nel suo letto e con flebili ricordi della notte passata insieme e prima che si svegliasse si era vestita velocemente ed era scappata dal suo appartamento, come una codarda, con la testa che girava e la fastidiosa nausea post sbornia.
Era un evento che non doveva succedere, per cui aveva fatto la scelta giusta quel giorno.
Lei e Yukihira non condividevano niente ed erano troppo diversi, non sarebbe durata, e poi erano ubriachi.. come poteva ritenerla una notte importante? Era stato solo puro e semplice sesso, niente di più.
Si era pentita perché per la prima volta aveva fatto un gesto avventato e di conseguenza aveva dato la colpa alla sbronza, che l'aveva spinta a fare qualcosa che altrimenti, se fosse stata lucida, non avrebbe fatto.
Eppure, nonostante le sue convinzioni, continuava a ricordare quel momento e ciò che la faceva sentire ancora più “sporca” era che ricordarlo era perfino piacevole e quasi lo rimpiangeva.
Lui non l'aveva più ricercata e lei piuttosto che abbassarsi a cercarlo aveva preferito fuggire da una situazione che sarebbe stata sfavorevole per entrambi; se non ché, da quella notte, era nata la loro figlia.
Erano comunque rimasti legati in qualche modo, indissolubilmente, anche se questo legame lo sentiva solo lei: Marika era figlia di Soma, ma lui non lo sapeva e lei non aveva intenzione di dirglielo perché questo avrebbe comportato ripercussioni non indifferenti ed era tardi ormai, in ogni caso Soma aveva perso sei anni di vita della loro figlia. 
Sarebbe stato orribile dirglielo adesso; per cui, visto che non si erano più visti, aveva optato per il silenzio.
Tra l'altro, era arrivata alla conclusione che l'unica cosa bella di quella notte era stato il concepimento della sua bambina.
Nessuno sapeva di chi era figlia, a parte lei e Alice, neanche il suo attuale fidanzato Rokuro Suzuki: era stato scelto dalla sua famiglia un paio di anni fa. Insieme si erano trovati bene e avevano iniziato a frequentarsi, ormai erano un paio di anni che erano una coppia e anche Marika si era abituata alla presenza di Rokuro e pian piano si era affezionata a lui.
Rokuro si comportava come un padre con Marika; nonostante questo, però, Erina non lo amava.
Nemmeno uscendo insieme sentiva di essere innamorata di lui. Certo.. gli voleva bene, ci teneva tantissimo, ma non era amore e sebbene avessero fatto l'amore così tante volte da perdere il conto, il ricordo di quella notte focosa con Yukihira, di fine università, non l'aveva mai abbandonata.
Benché fosse assai brilla quella sera, ogni giorno un dettaglio in più di quella notte faceva capolino dentro la sua testa.
Di questo passo avrebbe ricordato visibilmente tutto. Eppure non vedeva Yukihira da ben sei anni. Com'era possibile?
Era andata avanti con la sua vita, no? Stava con Rokuro, aveva un impiego promettente e remunerativo, una bellissima figlia.. ma tutto questo non bastava a distogliere l'attenzione da quel ricordo. Era frustrante.

Bussarono al suo studio e fu costretta a spostare la concentrazione al suo lavoro.
Entrò sua cugina Alice, che stringeva con delicatezza la manina di Marika.
Erina sorrise vedendola con la divisa dell'asilo.
-ciao mamma!- esclamò la bambina lasciando la mano di Alice per correre in contro a lei, che rispose con dolcezza alle manifestazioni d'affetto della figlia. -ciao tesoro!- sorrise, -com'è andata a scuola?-
-oggi la maestra ha spiegato un sacco di argomenti nuovi.- raccontò allegra. -però la mensa non era buona, come sempre.-
-come sempre è molto delicata di gusti.- commentò Alice, sulla porta.
-hai preso anche Naoki?- domandò lei ad Alice.
Naoki era il bambino di Alice e Ryou ed era nato un anno dopo il loro matrimonio, aveva appena due anni, ma l'asilo di Naoki e quello di Marika si trovavano nello stesso edificio; così, quando lei doveva lavorare, Rokuro pure e Alice non era di turno, era quest'ultima che passava a prendere tutti e due i bambini.
-sì, è con Ryou.-
Erina annuì. -grazie per averla presa.-
L'altra sorrise. -di niente cuginetta.-
-passando al lavoro, domani abbiamo un catering per un matrimonio in un castello nelle campagne di Tokyo e dobbiamo già essere lì nel pomeriggio. Tu e Ryou dovrete lavorare sodo.-
-nessun problema, lasceremo Naoki alla nonna.
Tu piuttosto.. come farai con Marika? So che nonno è impegnato con gli esami alla Tootsuki.-
-sarò costretta a lasciarla alla baby sitter.- sospirò stancamente, guardando la figlia.
-sei contenta di stare con Benio, Marika?- cercò di fargliela prendere bene.
-Benio è gentile e carina con me, però vorrei tanto vedere la mamma all'opera.-
-la prossima volta che ci sarà un ricevimento meno impegnativo ti porto, d'accordo?-
-ma Rokuro oniichan non può portarmi al parco domani?-
-no tesoro, purtroppo Rokuro è impegnato a lavoro con me domani.-
Lei lavorava come chef e coordinatrice in una società di catering/banquieting che si occupava della gestione di eventi di lusso, ricevimenti importanti o meno per matrimoni, feste etc etc.. in luoghi come castelli, ville, parchi, anche case di ricchi nobili. Tale società aveva il nome di “Adashino Tokyo C.B Society”.
Erano conosciuti in tutto il Giappone come una società che offriva piatti perfetti e di alta qualità e un servizio di sala notevole e sfarzoso. Avevano avuto anche diversi incarichi all'estero e spesso lei viaggiava con la sua brigata di cucina e di sala. Suo nonno era stato un valido sostenitore di quella società tanto rinomata e aveva varie conoscenze all'interno di essa, nella quale lei, Alice, Ryou, Hisako e Hayama lavoravano a contratto indeterminato come chef e lei, oltre a fare da chef, coordinava e gestiva tutto il personale al momento degli eventi e si occupava delle questioni burocratiche.
Rokuro invece, l'uomo scelto dai Nakiri e ora suo attuale fidanzato, lavorava nella stessa società come imprenditore nella produzione economica dei servizi offerti da essa, occupandosi della gestione dei conti e degli incassi guadagnati nel corso dei loro incarichi. -ho capito.- asserì triste la bambina, -allora starò con Benio.-
-brava! Mi dispiace tanto piccola, comunque stasera passiamo la serata insieme.- sorrise alla figlia.
Le dispiaceva molto non poterla accontentare perché adorava vedere il sorriso felice della sua bambina, ma con il lavoro non riusciva sempre a darle la considerazione che si meritava; sebbene, spesso, cercava il modo di rimediare.
Quando viaggiava per lavoro, infatti, la portava sempre con sé e Marika sembrava davvero amare viaggiare e conoscere posti nuovi e cibi ancora lei sconosciuti. Tutte le volte che partiva, appunto, Marika era felice perché sapeva di poterlo fare anche lei e che avrebbe esplorato attività nuove e tante diverse esperienze. Era una bambina molto intelligente, sveglia, curiosa, sicura di sé e socievole, attratta dal mondo al di fuori del Giappone.
-perfetto! Allora a più tardi, Erina.- la salutò Alice.
-a presto zia Alice.-
-certo! a presto piccola!-
Poi si fermò un attimo sulla porta e si voltò verso Erina:
-sei sicura di volerla lasciare alla baby sitter domani? Non penso che mia madre sarebbe contraria a tenere anche lei assieme a Naoki. Se vuoi glielo chiedo.-
-non preoccuparti, non voglio disturbare la zia.-
-ma farei la brava mamma.- protestò Marika, allettata dalla proposta.
-lo so, ma anche Benio è un ottima compagnia.-
-non preoccuparti, cuginetta, ci pensa mia madre. Chiuso qui il discorso!-
-evvai!!- esultò la bambina, -la zia Eleonore è così bella, mi insegnerà tante cose.-
Erina sospirò arresa, vulnerabile di fronte al sorriso della figlia.
-e va bene, Marika, fai la brava come hai detto.- in seguitò portò lo sguardo su Alice.
-grazie. Fammi chiamare dalla zia quando glie l'hai chiesto.-
Alice alzò il pollice. -d'accordo.-
In seguito uscì dalla stanza.

Erina tornò a guardare la bambina.
-vuoi il libro di favole che stai leggendo?-
-certo! Tra poco andiamo a casa?-
-sì, ho quasi finito.- sorrise ancora, -ecco a te.-
La bambina prese il libro, tranquilla si sedette sulla poltrona al lato dello studio e iniziò a guardare le figure del libro e a leggere come poteva le lettere.
Erina firmò gli ultimi incarichi accettandoli tutti e ogni tanto controllava che Marika non si annoiasse e stesse bene.

 

****


-Yukihira..che facciamo davanti alla porta del tuo appartamento?- chiese lei con la voce impastata a causa della sbronza.
-non lo so Nakiri. Sei tu che mi hai tirato per la maglietta e mi hai chiesto di accompagnarti a casa.- biascicò lui, brillo quanto lei.
-e perché sono davanti casa tua e non al mio appartamento di lusso?- bofonchiò singhiozzando.
Le guance rosse per colpa dell'alcol.
Si sorreggevano a vicenda dato che barcollavano in modo imbarazzante e Soma stava cercando di tirare fuori dalla tasca dei pataloni le chiavi del suo appartamento, riscontrando diverse difficoltà nel farlo.

-il tuo appartamento è troppo distante per accompagnarti, accontentati del mio Nakiri.- farfugliò lui, sghignazzando senza motivo. Sempre colpa dell'alcol.
-immagino di non avere altra scelta, allora.- accosentì lei singhiozzando ancora, -ho un mal di testa assurdo.- si portò una mano sulla fronte. Soma la fissò quando furono entrati nell'appartamento preso in affitto, in quei tre anni che aveva studiato all'università, nella facoltà di alimentazione e cucina (il percorso scolastico e finale dopo la Tootsuki).
Erina aveva il volto arrossato e il naso all'insù
pure, sembrava così fragile in quel momento.
Non sapeva se era a causa dell'alcol o perché alla fine l'aveva sempre pensato, ma guardandola così da vicino la trovò bellissima. Vagamente realizzò che, trascinato dall'euforia scatenata da tutti gli alcolici che entrambi_e anche il resto dei loro amici/compagni_ avevano bevuto per festeggiare la fine dell'università, l'aveva portata nel suo appartamento e adesso anche in camera sua. Cosa stava facendo? Perché in quel momento, sbronzo com'era, avvertiva l'insistente bisogno di baciarla? Le labbra di Erina erano fini, rossi come mele mature, umide e così attraenti che voleva assaggiarle. Non riusciva a riflettere bene con tutto quello che aveva bevuto, ma poteva avvertire nettamente il desiderio per lei e probabilmente spinto dalle emozioni amplificate dai drinks, dopo aver barcollato un altro po' per raggiungerla, afferrò la sua vita e portò la ragazza contro di sé.
-che stai facendo, Yukihira?- chiese lei, con poca enfasi.
Anzi.. sembrava apprezzare che lui la stringesse e infatti non lo allontanò. O almeno.. così a lui parse.
Anche lei sembrava attirata dalle sue labbra e involontariamente, il volto un po' confuso, la testa che sicuramente le stava girando tantissimo e la confusione che aveva in quel momento la sollecitarono a portare la sua bocca vicino alla sua.  Soma a quel punto, seppur brillo ma abbastanza lucido per capire che era consenziente, rispose al bacio con ardore e una danza eccitante di lingue prese il via. Senza smettere di baciarsi, la scaraventò sul letto e la sovrastò con il suo corpo virile. Entrambi erano confusi, ma non bastava ad interrompere la folle lussuria che li aveva travolti.
La pelle di Erina era così morbida, profumata, liscia. Bellissima.

Iniziò ad accarezzare ogni punto che lo incuriosiva e lo intrigava, che voleva sentire..

Soma spalancò gli occhi confuso.
Si era addormentato davanti alla scrivania, a leggere dei libri di ricette di cucina per rinnovare i piatti della tavola calda che gli aveva affidato suo padre. Un'altra volta i ricordi di quella notte a tormentarlo e il senso di colpa per aver lasciato correre la mattina seguente, quando Nakiri era già scomparsa. Erano sbronzi tutti e due quella sera, ma la notte d'amore che avevano trascorso era stata così intensa ed enigmatica che dopo sei anni continuava a pensarci, a sognarla, a desiderare di riviverla. Era lui che aveva deciso di non ricercarla, poiché non sapeva davvero cos'era stato.
Prima di quella sera loro si parlavano solo in maniera professionale, collaboravano proprio perché dovevano farlo, lui aveva sempre cercato di instaurare un rapporto di amicizia con lei, ma Nakiri era sempre rimasta distante.
Eppure, quella notte, coinvolti da non so cosa (forse proprio l'alcol), tutta l'attrazione che avevano provato l'uno per l'altra da quando si erano incontrati la prima volta era esplosa. La loro era un'attrazione strana, prima solamente un interesse culinario, un confrontarsi rispetto al loro modo opposto di cucinare. Anche un odio inizialmente, ma l'astio era sparito già dal secondo anno delle superiori e si era trasformato in una accettazione reciproca dell'altro.
Più di lì, tuttavia, non c'era stato altro. Una amicizia singolare, magari, ma se doveva essere sincero definirsi amici era eccessivo, così come considerarsi dei semplici estranei era riduttivo.
Con il passare degli anni la loro maturazione psicologica e mentale, le loro esperienze sentimentali, avevano portato entrambi alla tacita compresione di essere fortemente attratti l'uno dall'altra, anche sull'aspetto sessuale e fisico e non solo culinario. Comunque, almeno fino a quella notte di sei anni fa che le circostanze li avevano portati nel suo appartamento, ubriachi, non avevano mai sfamato l'attrazione che li univa. E beh, nonostante la sbornia, Soma ricordava ogni giorno un passaggio in più della bellezza di quei momenti, un dettaglio che gli era sfuggito, ma soprattutto le profonde e uniche sensazioni che aveva provato a fare l'amore con Nakiri.
Nemmeno lui sapeva perché, poi, non era tornato a cercarla per parlare di quello che era successo; forse perché, essendo ubriachi, per uno dei due poteva essere stata una semplice notte di sesso dettata dalle emozioni alterate dall'alcol e nulla di più.. o magari perché aveva avuto paura. No.. molto probabilmente, se non l'aveva cercata, era perché nemmeno lui sapeva cosa provava per lei. Insomma.. non l'aveva mai compreso. Era strano. Era misterioso come sentimento.
Ciò non toglieva, però, che ogni volta che gli tornava alla mente uno “sprazzo” di quella notte si portava a chiedersi cosa sarebbe successo se fosse andato a cercarla, se non avesse lasciato correre.
Quei dubbi non sarebbero mai svaniti perché ormai era troppo tardi per tornare da lei.
Erano passati sei anni e tutti e due si erano rifatti una vita_o almeo credeva_ e anche lui era fidanzato: stava con Megumi Todokoro da quattro anni. Lei era stata la sua amica e partner di cucina alle superiori e anche all'università.
Avevano iniziato ad uscire insieme, con naturalezza, un anno dopo aver terminato l'università e alla fine si erano messi insieme. Soma voleva bene a Megumi, provava una sorta di sentimento affettuoso per lei e anche fisicamente non gli dispiaceva, ma non era convinto fosse amore. Quello che aveva provato quella notte con Nakiri era qualcosa di stupefacente e impareggiabile in confronto ai sentimenti che lo legavano a Megumi, ma nonostante questo stava bene con lei e alla fine l'importante era avere un rapporto stabile. Era convinto di questo, ma era sicuro che se avesse iniziato ad uscire con Nakiri dopo quella sera, le emozioni che gli avrebbe scatenato lei sarebbero state molto più intense.
Era bastata una notte d'amore per capirlo, però adesso era acqua passata e doveva farsene una ragione.
La decisione del giorno dopo quella notte era stata presa e, anche se avesse davvero sbagliato, adesso non poteva tornare indietro perché lui e Nakiri non si erano più visti e non sapeva come contattarla. Andava bene così.

A parte questo, aveva mandato curriculum in altri posti di lavoro: agenzie di catering/banqueting, ristoranti etnici e occidentali, hotel di lusso etc etc. Gli piaceva lavorare alla tavola calda, ma voleva accrescere di più le sue conoscenze culinarie e anche suo padre gli aveva suggerito di ampliare i suoi orizzonti di esperienza, se voleva veramente diventare uno chef coi fiocchi. Ancora nessuna risposta da quei posti a cui aveva spedito la sua carriera scolastica e lavorativa, ma era fiducioso perché la sua esperienza ce l'aveva; anche se voleva migliorarsi ulteriormente.
Comunque, aveva pazienza e di certo il guadagno non gli mancava lavorando alla tavola calda.
Suonarono il campanello di casa sua, sicuro che era Megumi che era venuta a dormire da lui.
Infatti, quando l'aprì, ecco che la sua ragazza dalle ciocche bluastre e arricciate e gli occhi color cioccolato apparve davanti alla porta con in mano dei sacchetti della spesa.
-ciao Megumi!- sorrise lui, lasciandole un bacio a fior di labbra.
-ciao Soma-kun.-
Lui la invitò ad entrare.
-tutto bene al ristorante?- chiese subito.
-tutto bene. Da te?-
-confusionario, ma bene.- si grattò la nuca. -che ci facciamo per cena?-
-che ne dici dell'omurice*?-
-perfetto! Tu sì che sai che ne vado matto.- l'abbracciò affettuoso. -la facciamo insieme?- propose dopo.
Megumi annuì sorridendo.

Prima che potessero mettersi all'opera davanti ai fornelli, il suo cellulare squillò.
-scusa Megumi, è un numero sconosciuto, devo rispondere.-
Detto questo tirò fuori dalla cavità dei Jeans il suo Iphone e rispose:
-pronto? Chi parla?-
-e lei Yukihira Soma?-
Dall'altra parte della cornetta la voce cavernosa di un uomo.
-sì, sono io. Con chi parlo?-
-lavoro per l'Adashino Tokyo C.B Society.-
Soma realizzò che quel nome lo conosceva perché aveva mandato il suo curriculum anche a loro, anche se non si era fatto illusioni di essere assunto dato che ricercavano un personale e degli chef molto qualificati e metodici.
Non poteva crederci che l'avevano davvero chiamato. Poi l'uomo proseguì:
-ci ha mandato il suo curriculum un mese fa, ricorda? L'abbiamo letto e abbiamo trovato in lei caratteri
stiche idonee al nostro lavoro. Ha frequentato la Tootsuki e sappiamo tutti che è la migliore scuola di cucina del Giappone. Si è laureato con ottimi voti sia nella pratica che nella teoria al corso di proseguimento dopo tale scuola superiore e abbiamo letto che gestisce da solo un ristorante. Che ne dice?-
-esattamente. Mi sta dicendo che sono assunto?-
-non ancora. C'è bisogno di un colloquio. Venga domani mattina negli uffici della società. Puntuale per le 10.30.
Consideri che, anche se verrà assunto, dovrà prima affrontare un periodo di prova in cui guadagnerà lo stesso stipendio di un comune dipendente. Se andrà bene dipenderà solo da lei.
Maggiori dettagli gli verranno spiegati domani.- concluse l'uomo formale.
Soma non riusciva a credere di avere una possibilità di lavorare nella società di Catering/Banqueting più famosa di tutto il Giappone. Aveva proprio escluso a priori di ricevere risposta da loro e invece era successo.
Si aprì un espressioni eccitata e Megumi lo raggiunse in camera sua:
-Soma-kun.. tutto bene? Non ti vedevo più tornare in cucina.-
Sgranò gli occhi quando vide che Soma sorrideva elettrizzato.
-Megumi!!- esultò alzandola da terra, -è successa una cosa incredibile, sai?-
-Soma-kun mettimi giù. Mi stai agitando.- fece timida.
L'abbracciò ancora. -mi hanno offerto un lavoro coi fiocchi.-
-davvero?- anche il suo volto si fece radioso.
-già. Sai che società è l'Adashino C.B?-
-certo che lo so! Tutti la conoscono.- anche Megumi era stupita.
-domani ho un colloquio con loro.- annunciò solare.
-wow! Sono davvero felice per te, Soma-kun. Se vieni assunto sarà un ottimo lavoro.-
-già. Non vedo l'ora di fare nuove esperienze. Dobbiamo festeggiare Megumi!- esclamò.
-non abbiamo niente per farlo.-
-non preoccuparti, mio padre conserva sempre del buon saké nel ristorante sotto.-
-allora perfetto.- sorrise lei.
-vado a prenderlo. Aspettami qui!- le strizzò l'occhiolino.

 
 
****


Si era svegliata presto la mattina, aveva accompagnato Marika all'asilo e nel pomeriggio Benio sarebbe andata a prenderla al suo posto e l'avrebbe portata alla villa di Eleonore.
Quel pomeriggio doveva essere davanti al castello, luogo del catering, assieme a tutti gli altri dipendenti.
Aveva fatto una rapida tappa in ufficio per prendere tutto quello che le serviva, quando il suo compagno comparve davanti alla porta del suo studio:
-buongiorno dolcezza.- sorrise, -sei quasi pronta per andare?-
Lei sussultò spaventata:
-Rokuro.. non apparire così nel mio ufficio, il tuo silenzio è inquietante.-
Lui ridacchiò. -Marika starà bene?-
-sì, andrà dalla zia dopo l'asilo.-
Lui si avvicinò a lei e l'abbracciò per la vita, per poi unirsi in un bacio.
Quando si staccarono, riprese a parlare:
-hai visto il novellino? Sai che già da oggi ci aiuterà con il catering?-
-il novellino..?- strabuzzò gli occhi lei. -non sapevo che avessero già reclutato altri chef. Perché? Cos'ha che non va?-
-sembra davvero un “sempliciotto”.- ridacchiò lui, -non sono sicuro che abbia veramente le capacità.-
-se il direttore l'ha assunto ci sarà un motivo.-
-forse hai ragione. Di solito non assume a caso.-
-piuttosto che pensare ai nuovi assunti, sbrighiamoci che sennò arriviamo in ritardo.-
Rokuro annuì. -ti aspetto giù in macchina.-
-sì, devo passare ad avvisare il direttore che noi andiamo.-
I due si seperarono ed Erina uscì dal suo studio.

Mentre camminava a passo spedito per i corridoi della società, si bloccò di colpo quando vide uscire dallo studio del suo direttore l'ultima persona che si sarebbe immaginata: Soma Yukihira.
Sgranò gli occhi e iniziò a salirle la pressione al cervello. L'avrebbe riconosciuto fra mille.
Cosa ci faceva lui lì? Possibile che fosse lui il novellino di cui Rokuro parlava?
Non ci poteva credere.
Tutti pensieri di quella notte di sei anni fa tornarono come “lame affilate” alla sua mente e avvertì il volto farsi bruciante, poiché avvampò in maniera disastrosa. Ma non era questo il problema. Il problema era che il padre di sua figlia e probabilmente uno dei suoi più grandi errori era davanti ai suoi occhi.
In quel momento non aveva il coraggio di andare da lui e sperava che procedesse dall'altra parte del corridoio senza accorgersi di lei perché non era psicologicamente pronta ad affrontarlo.
Peccato che le sue pregate richieste non furono accontentate e Yukihira si voltò nella sua direzione.
Si bloccò di colpo anche lui, spalancò gli occhi spiazzato e per un attimo nessuno dei due trovò cosa dire.
Lui distolse lo sguardo. -Nakiri..- pronunciò solo.
-Yukihira..- le fece eco lei. Si fissarono dritti negli occhi, entrambi scioccati di essersi rivisti, soprattutto di essersi incontrati in quelle impensabili circostanze.
Erina non riusciva a smettere di fissarlo e sentiva che, da quando lui si era accorto di lei, la bocca si era cucita e anche se provava a parlare le parole non le uscivano. Non riuscì a controllare i pensieri e le sensazioni che la travolsero in quell'attimo. Oltre a trovarlo più affascinante di quello che ricordava, capì che l'attrazione per lui purtroppo non era mai svanita e che non era mai davvero cambiato: bello, volto luminoso, ciuffi sbarazzini come al solito e occhi ambra così determinati e accattivanti da crearle dei brividi di trepidazione. In aggiunta a tutte quelle impressioni fu assalita dal panico perché, se veramente lui aveva iniziato a lavorare per l'Adashino C.B, c'era anche l'agile possibilità che conoscesse Marika. Se Yukihira avesse scoperto che gli aveva tenuto nascosto di avere una figlia, sarebbe successo l'irreparabile.
Alla fine lei l'aveva privato del ruolo di genitore. Sapeva di avergli fatto una cosa terribile, ma neanche si sarebbe immaginata che avrebbe pagato per le sue azioni in quel modo tanto meschino. Perché il destino era così crudele con lei?
Da quel giorno in poi sarebbe cambiato tutto. Lo sapeva. Sospirò. Doveva, però, trovare la forza di avere un atteggiamento normale anche dopo quello che era successo tra loro, altrimenti oltre a risultare strana sarebbe sembrata pure sospetta.
Deglutì meccanicamente, alzò lo sguardo verso di lui, e cercò di ricomporsi:
-cosa ci fai qui, Yukihira?- domandò in tono leggermente insicuro.

 
 
****


Soma scosse la testa in seguito all'attimo di confusione e stupore e assecondò il comportamento di Nakiri di fronte a lui:
-potrei farti la stessa domanda, Nakiri.-
-lavoro qui da diversi anni ormai.- rispose rapida. -tu piuttosto.. perché eviti di rispondere?-
-non sei cambiata per niente.- constatò arricciando un dolce sorriso che la fece letteralmente sciogliere.
-sono stato assunto per un periodo di prova.
Se va bene e saranno soddifatti del mio lavoro, mi faranno un contratto a tempo indeterminato.-
-lavorerai qui?- sbiancò tesa lei.
-già. Saremo di nuovo colleghi.-
Non riusciva a smettere di guardarla.
Veramente era davanti a lui?
Mai si sarebbe aspettato di poterla incontrare ancora.
Oltretutto, avrebbero iniziato a lavorare insieme.
Nakiri era incantevole e sensuale come se la ricordava.
Quei lunghi capelli biondi erano il paradiso per i suoi polpastrelli: così lisci, tanto profumati e delicati.
Per non parlare di quelle labbra rosee e succose.
Il volto aggraziato, delizioso, e quelle iridi lilla che lo guardavano incerte, grandi, e da cui traspariva ogni più piccola sensazione. O almeno.. lui aveva sempre cercato di interpretare il suo sguardo perché aveva osservato Nakiri fin dall'inizio, fin dalla prima volta che l'aveva incontrata, sebbene ci aveva messo almeno tutti i tre gli anni delle superiori per comprendere che era intrigato da lei e che soprattutto ne era fortemente attratto. L'attrazione per lei, ora che ce l'aveva davanti agli occhi e lo poteva confermare, non era mai svanita e ne aveva la certezza visto che pure in quel momento ne era incantato. Non era cambiata molto anche se erano passati sei anni. Certo.. i lineamenti del suo corpo e del viso anche, di tutto, si erano fatti più adulti, l'espressione più matura.. ma aveva subito riconosciuto chi era appena incrociato il suo sguardo. Del resto.. come poteva non farlo? L'immagine di quella unica notte d'amore era vivida dentro di lui, persistente, ricca di ardenti emozioni.  Non l'aveva mai dementicata.
Ora che era lì, davanti a lui, si ritrovò a pensare che il destino non era stato molto gentile nei suoi confronti perché l'aveva fatta apparire nella sua vita, di nuovo, solo quando lui era già fidanzato con Megumi e sicuramente anche lei si era rifatta una vita. Il tempismo era stato scarso. Decisamente scarso. Schifoso.
Si strinse in un sorriso amaro che cercò di nascondere a Nakiri.
Come doveva comportarsi adesso?
Forse la normalità sarebbe stata la soluzione migliore, così fece:
-allora oggi abbiamo un catering verso le campagne di Tokyo.-
Cercò di sciogliere con uno dei suoi sorrisi la tensione che si era accumulata in quei pochi secondi in cui si erano visti.
-già. Quindi, vedi si sbrigarti e di darti da fare per arrivare puntuale alla villa.
Ricorda che è il tuo primo catering, è fondamentale, se farai confusione sarai segnato per sempre.- lo avvisò distaccata.
-sarebbe un consiglio, Nakiri?- sorrise sbarazzino.
-un avvertimento, idiota.- sbottò seccata. -non sei davvero cambiato.-
-avresti preferito lo fossi?-
-non ti avrei sopportato comunque, dunque sarebbe stato uguale.-
Lui nascose un sorriso. Gli era davvero mancato quel loro stuzzicarsi a vicenda.
Davvero voleva lasciare la situazione come stava?
Veramente non voleva affrontare il discorso di quella notte passata insieme?
Erano passati sei anni, sarebbe stato inutile parlarle di quello dopo che erano solamente pochi minuti che si erano incontrati di nuovo. Però lui odiava lasciare le situazioni non chiarite, anche se non era il momento giusto.
Non poteva semplicemente entrare nel discorso e con non curanza.
-ci vediamo là, Yukihira. Non perdere altro tempo.- continuò lei, dandogli le spalle.
Lui la rincorse e la fermò per il braccio, -aspetta Nakiri..-
Cosa aveva fatto? Non doveva entrare adesso in quel discorso?


 
****


Lei restò in silenzio e poi scrollò il suo braccio per allontanare quello di Soma.
-lasciami Yukihira.- ordinò dura. -dobbiamo chiarire la nostra situazione..- cominciò poi, raccogliendo un consistente respiro -..se veramente inizierai a lavorare qui, non deve arrivare a nessuno quello che è successo tra noi.-
Qui acuì il tono di voce e seguì:
-è stato uno sbaglio quello che è successo e lo sai anche tu.- esordì a fatica, perché dire certe parole faceva più male di quello che credeva. Era dura. -sono sicura che entrambi ci siamo rifatti una vita da allora. Io sono fidanzata adesso, che tu lo sia o meno non mi interessa, e non voglio che Rokuro fraintenda il nostro rapporto.- precisò.
Ogni frase che diceva era una sofferenza per il suo petto, sentiva lo stomaco ribollire di angoscia e gli occhi farsi umidi.
Perché era così difficile mettere un muro tra loro? Perché faceva tanto male?
Diavolo! Protestò mentalmente, erano passati sei anni. Perché non dimenticava?
Era doloroso, ma doveva continuare il discorso che aveva iniziato.
Non riusciva a sostenere il suo sguardo. Parlò di spalle:
-..per cui, Yukihira, se ti dovessero chiedere come mai ci conosciamo tu gli risponderai che siamo stati dei semplici compagni di accademia ma che non abbiamo mai avuto occasione di costruire un rapporto di amicizia. Chiaro?-
Ce l'aveva fatta a terminare la sua condizione.
Ora si sentiva agitata dalla sua risposta ma al contempo sollevata di aver terminato di dire quello che voleva.


 
****


Alla fine c'era entrata lei nel discorso che lui aveva pensato bene di evitare.
Abbassò gli occhi amareggiato. Cosa si aspettava davvero?
Non doveva essere sorpreso da quello che Nakiri aveva precisato, era prevedibile che la situazione sarebbe finita in questo modo. Alla fine era giusto. La loro era stata una notte di sesso dettata dall'alcol. Era questa la conclusione. L'amara verità.
In fondo la loro occasione l'avevano persa e, appunto come anche lei aveva detto, in sei anni si erano rifatti una vita e buttarla via per una sola notte non ne valeva la pena, o almeno.. non finché le basi per un rapporto stabile non c'erano.
Lui stava con Megumi. Lei stava con un altro. Punto.
Era costretto ad accettare quella condizione, sia per rispetto alla sua relazione con Megumi che per far andare avanti il lavoro ottenuto e raggiungere i suoi obiettivi. Era questa la cosa più importante.
Accettare ciò che Nakiri aveva deciso era la cosa migliore perché altrimenti ci sarebbero stati ancora più dubbi e tensioni essendo diventati colleghi. Dovevano concentrarsi nel lavoro.
Dovevano condividere un rapporto civile e per farlo doveva rassicurarla:
-mi sembra un'ottima proposta, Nakiri.- appunto disse, adottando un sorriso di circostanza. -non c'è mai stato niente tra noi, a parte quella notte..- mentre lo diceva, avvertì le immagini di quella sera tornare nitide, come ogni volta che ci pensava, e ciò che aveva detto gli sembrò la menzogna più grossa del mondo.
-inoltre, anch'io sono impegnato adesso. Non voglio far soffrire questa persona.- però decise di portare avanti la bugia:
-dunque, accetto la tua condizione.-
Era una sofferenza confermare di essere d'accordo con lei, tuttavia non poteva fare in altri modi.
-bene, mi fa piacere che ci siamo chiariti.- asserì lei. -a più tardi Yukihira.-

Lui la guardò allontanarsi finché non scese le scale e la sua figura scomparve.
Aveva bisogno di una sigaretta per smaltire la fastidiosa inquietudine che lo aveva assalito dopo quella conversazione.
Così, tirò fuori dalla tasca il pacchetto di sigarette e aprì una delle finestre del corridoio per iniziare a respirare con calma il tabacco. Non fumava spesso ed era un bene, ma quando ne sentiva l'impellente bisogno lo faceva.
Suo padre alla fine gli aveva trasmesso un po' del suo vizio, anche se non avrebbe mai iniziato a fumare come il suo vecchio.
Ora che si pensava.. era probabile che anche quella notte con Erina aveva fumato, ma i ricordi erano ancora un po' vaghi.
Intanto che pensava e cercava di non ricordare quello che era successo con Nakiri poco fa, gli saltò all'occhio una Porsche grigia metalizzata inserita in uno dei parcheggi privati della società.
Un elegante e giovane uomo, poco più vecchio di lui, capelli castani e brizzolati, un po' di barbetta e due occhi scuri e acuti poggiava stancamente la mano sopra al tettino della costosa auto.
Soma era sicuro che stesse aspettando qualcuno e infatti, poco dopo, vide la figura di Nakiri camminare di fretta e produrre un ticchettio squillante con i suoi tacchi a spillo.
La gonna che portava ondeggiava ad ogni passo e la camicetta rossa si stringeva con sensualità nella parte sopra: era davvero sexy, perfino la sua camminata era ammaliante, non c'era alcun dubbio. Sicuramente quell'attraente uomo era il suo compagno e le sue teorie furono purtroppo confermate quando arrivò davanti a lui e gli lasciò un bacio sulla labbra per poi dirgli qualcosa che non poteva udire da lì. Si morse il labbro infastidito.
Perché era infastidito? Che cavolo di domanda si era fatto?
Lo era perché per lui non era finita proprio per niente.
Aveva deciso di soffocare i suoi sentimenti e alla fine stava bene con Megumi, era assolutamente ridicolo che fosse geloso del compagno di Nakiri. Si sarebbe abiutato a vedere Nakiri come una collega e basta, non sarebbe stato tanto difficile no? Ben per lei se aveva il fidanzato. Certo che i suoi pensieri sprizzavano falsità da tutti i pori e lo sapeva, ma ormai aveva preso la sua decisione. Aveva deciso di non buttare via la vita che si era costruito in quei sei anni.
Aveva scelto di stare con Megumi.
Doveva accettare che Nakiri faceva parte del suo passato, anche se sarebbe stato doloroso e qualsiasi cosa ci fosse stato tra loro quella notte non c'era più. Decise di chiudere lì quei pensieri e di portare nel dimenticatoio la scena che aveva appena visto nel parcheggio. Sospirò. Doveva sbrigarsi se non voleva arrivare in ritardo al suo primo catering.
Cercò nella rubrica dell'Iphone il numero di Megumi e la chiamò per avvertirla che non sarebbe tornato per cena, quindi di non scendere dalla campagna per lui. In seguito, durante il tragitto dall'edificio della società a dove aveva parcheggiato la sua moto, sentì il bisogno di chiamare Takumi_il suo migliore amico_e fare quattro chiacchiere con lui, specialmente perché era l'unico a sapere della notte trascorsa con Erina.
Fortunatamente Takumi rispose subito alla sua chiamata di "SOS":
-pronto Soma. Strano che mi chiami a quest'ora della giornata. Non lavori?-
-ho fatto un colloquio Takumi.- raccontò lui, cercando di mostrarsi allegro.
-davvero? Per quale lavoro?-
-mi hanno assunto in prova all'Adashino C.B!-
-non ci credo!- gridò Takumi, dall'altra parte della linea. -che culo che hai avuto.-
Soma ridacchiò divertito dalla reazione dell'amico.
-tu come va al tuo ristorante?-
Takumi lavorava in un ristorante italiano con suo fratello gemello Isami e gestiva l'import&export degli alimenti italiani-giapponesi e viceversa. Infatti, era spesso in volo per andare in Italia o dall'Italia al Giappone.
-tutto bene. Sono tornato proprio ieri da Firenze.-
-bene!-
-e come farai con la tavola calda di tuo padre?-
-ha detto che non mi devo preoccupare, ci penserà lui  e quando non c'è, perché in viaggio, la chiuderà per qualche giorno.-
-capisco. Ben per te amico.- disse sincero, -e con Megumi come sta andando?-
Soma non si aspettava quella domanda, ma del resto doveva immaginarsela visto che Takumi era amico di entrambi e teneva molto alla sua attuale ragazza. Si rattristò un po' ripensando all'incontro con Nakiri.
Da quello che aveva provato nel rivederla, gli sembrava come se avesse tradito Megumi da quanto era stato intenso l'impatto. Ecco perché aveva chiamato Takumi.
Takumi sembrò intuire che c'era qualcos'altro oltre a volergli comunicare il suo nuovo e promettente impiego:
-tutto apposto, Soma? Non hai sentito cosa ti ho chiesto?-
Lui si riscosse alla chiamata di Takumi:
-sì, sì.. scusami, mi ero distratto un attimo.-
-non sono convinto. Forza! spara! Non sta andando con Megumi?-
-non è questo. Con Megumi mi trovo bene.
Solo che è successa una cosa stamani mattina..- iniziò a raccontare, non ce la faceva a tenerselo -..ho rivisto Nakiri.-
Ci fu un attimo di silenzio in cui Soma immaginò che anche Takumi era rimasto sconvolto dalla notizia bomba.
-non ci credo..- difatti fiatò. -dove l'hai incontrata?-
-non l'ho incontrata, ho appena scoperto che siamo colleghi.-
Dopo aver rivelato gli avvenimenti di quella mattina a qualcuno, dato che a Megumi non sarebbe riuscito a dirlo ancora, si sentì leggero come una piuma. Takumi, però, non rispose immediatamente alle sue parole.
-è un bel problema eh..- infine disse, -tu cosa provi per lei adesso che l'hai rivista?-
-non lo so.- cominciò scettico, -so solo che ci siamo rifatti una vita tutti e due: anche lei è impegnata con un uomo, che tra l'altro sembra davvero in gamba e pure ricco sfondato a quanto pare.-
-sarà stato scelto dalla sua famiglia per lei.- suppose Takumi, dall'altra parte.
-può essere, ma il punto è che sembrano molto legati.-
-ti destabilizza questo, vero? Sii sincero Soma.- lo incoraggiò l'altro.
-anche se fosse. Sai quel è la mia scelta.- replicò, -e poi sono passati sei anni.-
-gli anni contano poco, dipende quanto è stato intenso quello che hai provato.-
-lo è stato, ma ho scelto comunque di non mandare all'aria la mia vita a causa di una sola notte con Nakiri. La scelta l'ho fatta tempo fa, ho deciso di non inseguirla, e adesso non posso semplicemente.. tornare indietro. Ho Megumi, poi.-
Sapeva che stava ostinatamente cercando di convincere se stesso e se ci pensava lucidamente era assai patetico.
-..inoltre, Nakiri non prova più niente e sta con un altro, come ti ho detto. La nostra era solo una forte attrazione.-
-basta ne sia convinto tu, Soma, della tua decisione. -riprese Takumi, -sii cauto e cerca di non far soffrire Megumi.
Sono anche suo amico e mi arrabbierei se tu le facessi qualcosa che non mi aggrada.- lo avvertì severo.
-non lo farò.- cercò di tranquillizzarlo. -grazie di avermi ascoltato, Takumi.-
-di niente. Chiama quando vuoi.-
Con questo, Soma fu il primo a chiudere la conversazione.
Parlare con Takumi lo aveva aiutato, ma non era stato lo stesso abbastanza.

Adesso doveva salire in moto, arrivare per tempo al castello dove si sarebbe svolto il suo primo ricevimento, cercare di raccogliere tutto il controllo possibile per affrontare nuovamente Nakiri senza lasciarsi andare e concentrarsi sul lavoro.
Sarebbe stato difficile, ma doveva farcela. Alla fine aveva sempre superato le difficoltà con successo.
Perché non anche questa volta?
Sapeva che da adesso in poi non sarebbe stato più lo stesso, ma doveva ignorare agilmente le trasformazioni che avrebbe subito la sua vita per riuscire a portare avanti quello che aveva costruito con Megumi senza farlo crollare.

 
 
****


Guardava il verde paesaggio scorrere attraverso i finestrini della Porche del suo compagno.
L'incontro con Yukihira l'aveva messa in crisi, che cercasse di negarlo o meno.
Cosa avrebbe fatto al momento che avrebbe conosciuto anche Marika?
Ora che avrebbero lavorato insieme, sarebbe riuscita a fare finta di nulla come aveva stabilito e a portare avanti la sua vita senza eventuali conseguenze o incidenti di percorso? Era pericolosa la situazione in cui era finita.
Sentire che dopo averlo visto un'altra volta gli incomprensibili sentimenti che provava per lui, se veramente erano sentimenti, non erano mai scomparsi ma erano stati portati in secondo piano per dare attenzione al presente e basta, avvertiva un groppo allo stomaco. Un agitazione inspiegabile che aveva acceso in lei pensieri peccaminosi appena aveva incontrato gli occhi di Yukihira e involontariamente aveva squadrato il suo notevole corpo.
Era davvero bello. Si era fatto molto più virile di quando era un ragazzino e anche molto di più da quella notte.
Era maturato e sicuramente, dai definiti pettorali che trasparivano dalla maglietta sportiva e aderente che indossava quella mattina, non aveva mai smesso di allenare il fisico. Era affascinante. Sentì le guance imporporarsi e spontaneamente portò le mani su di esse, come a voler bloccare i pensieri sconci che la stavano invadendo.
Era ubriaca quella notte, ma non aveva dubbi che con nessun altro aveva provato sensazioni simili.
Si chiedeva sempre quel era la differenza, visto che era attratta anche da Rokuro, eppure nessuna delle infinite notti di sesso passate con lui le erano rimaste impresse così tanto come quella trascorsa con Yukihira. Era ridicolo.
Rokuro si accorse che era pensierosa e la distolse dal ricordo di Yukihira:
-Erina.. tutto bene? Sei davvero silenziosa oggi.-
-tutto bene. Sono solo stanca.- rispose schiva. -non preoccuparti.-
-non sono convinto, ma lasciamo stare.- sorrise smagliante attraverso lo specchietto retrovisore.
Avere Rokuro che la scrutava come a voler capire cosa la tormentava era abbastanza invadente e fastidioso, ma in effetti era normale se la notava strana. Alla fine era il suo compagno, era naturale si preoccupasse per lei.
Quando riprese a parlare, perché quel silenzio lo metteva a disagio, la domanda che le fece era l'ultima che voleva sentire dato che riguardava il soggetto fisso della sua testa:
-hai incontrato il “novellino”, alla fine, uscendo dall'edificio?-
Tutti i muscoli di Erina si irrigidirono di fronte a quella domanda e avvertì degli indesiderati brividi percorrerle tutto il corpo. Deglutì appena, agitata, come mai non riusciva a rispondere a una domanda tanto facile?
Era stata lei a mettere in chiaro a Yukihira cosa dire se qualcuno avesse chiesto loro come si conoscevano.
Perché non riusciva a rispondere le stesse identiche parole?
Era elementare come risposta, e pure ben organizzata. Perché?
Alla fine, in qualche modo, riuscì a trovare le parole per rispondere a Rokuro:
-sì, l'ho incontrato.- dichiarò provando a restare fredda e indifferente.
-davvero? Come ti pare? Semplicietto, vero?- ridacchiò sicuro della sua risposta.
-sì, proprio un “sempliciotto”.- concordò lei, distratta.
Che stava dicendo? Era sicura che la risposta era uscita impacciata e poco convinta.
Che figura avrebbe fatto con Rokuro?
-non sembri molto convinta che lo sia, sai?- sostenne Rokuro, perplesso.
-dici..?- recitò incisiva, cercando di rimediare a quella debolezza:
-penso solo che i sempliciotti siano le persone che invece vanno temute di più.-
Se l'era cavata con una frase "a effetto”. Sperava che lui se la “bevesse” perché non voleva discuterci.
Non era proprio il momento visto che dovevano lavorare.
-capisco.- asserì l'altro, -sono per caso esperienze passate che te lo fanno credere?-
Erina spalancò gli occhi allibita: come poteva essere così sveglio?
Forse sarebbe stato più difficile del previsto nascondere il suo rapporto con Yukihira a Rokuro.
Rapporo poi? Era eccessivo definirlo tale: era stata solo una notte di sesso da sbronzi e l'origine del legame rimaneva lo stesso anche se non aveva mai dimenticato. Peccato che da quella notte era nata Marika. Altra conseguenza da sottolineare. Sentì il respiro farsi accellerato a causa dell'ansia e cercò di gestire decentemente le improvvise difficoltà che stava riscontrando a parlare con il suo compagno. -sì, sono esperienze passate che me lo fanno credere.- affermò sbrigativa.
Doveva cambiare discorso al più presto perché testardo e sagace com'era, Rokuro sarebbe stato capace di continuare quel discorso fino all'arrivo al castello. Voleva evitare che succedesse. Lo aveva fatto spesso anche quando si trattava di chiederle del padre di Marika, ovviamente lei odiava parlare di quell'argomento con lui e finivano per discutere pur di evitare di rispondergli. Era sicura che il suo desiderio di sapere di chi era figlia, essendo un ragionevole dubbio e tra l'altro anche insoddisfatto, lo tormentava costantemente. A proposito di questo, quindi, ora che Yukihira era diventato loro collegata, la curiosità avrebbe logorato Rokuro ed era un grosso problema conoscendo il suo lato possessivo e morboso.
Si portò le mani davanti agli occhi, li socchiuse, e cercò di sostituire quei pensieri pessimesti con qualcosa di più felice e positivo. -quanto manca ad arrivare, Rokuro? Ho un gran mal di testa.-
Aveva trovato l'argomento per cambiare discorso. Il mal di testa era sicuramente dovuto a tutto quello che stava affrontando. Era di tensione e sarebbe peggiorato se continuava a pensarci.
L'uomo si aprì in un'espressione confusa di fronte a quel cambiamento improvviso, ma evitò di ritornare sul discorso di prima. -ancora dieci minuti e ci siamo. Almeno.. il GPS mi dice così.- quindi disse.
-meno male..- sospirò lei.
-vuoi un'analgesico? Ce l'ho dentro la valigetta da lavoro.-
Erina scosse la testa. -non importa. Sono sicura che una boccata d'aria mi farà bene.-
L'uomo annuì. -allora tranquilla, ci siamo quasi.- sorrise affettuoso.

Finalmente arrivarono di fronte al castello.
Gran parte del personale aveva già parcheggiato all'interno dell'immenso parcheggio.
Tra pochi minuti avrebbe rivisto Yukihira: doveva preparsi e cercare di dimostrarsi normale, realizzata e tranquilla davanti a lui. Il lavoro era più importante dei suoi problemi privati e doveva essere abbastanza forte da metterli da parte in quei momenti. Peccato che non fu facile imporsi quell'atteggiamento dopo che vide arrivare Yukihira su una moto nera, lucida, sicuramente nuova di zecca visto quanto era pulita e brillante, sfilarsi il casco e scuotere i ciuffi scarlatti per darsi una sistemata; un gesto che a Erina parse talmente seducente da farla arrossire: infatti era arrossita di brutto.
Un sorriso eccitato ad accompagnarlo, il solito che aveva quando faceva nuove esperienze e che era tanto carismatico da farle invidia. Le iridi ambra erano emozionate e ilari.
Indossava una giacca di pelle marrone sopra alla maglietta di quella mattina e un paio di Jeans chiari che gli aderivano alle gambe esaltando i giusti muscoli. Non era eccessivamente "pompato", era giusto. Era perfetto.
Aveva un fisico ben marcato. Normale. Si vedeva che era atletico.
Si adagiò sopra al sellino della moto, con aria tranquilla, rovistò all'interno delle tasche dei suoi Jeans e tirò fuori una sigaretta per accenderla. Appena lo osservò portare la cicca alle labbra e inspirare da lì, il profumo misto di tabacco e alcol che aveva sentito quella notte solleticò alle sue narici:

Il suo respiro mentre le sue labbra si avvicinavo a quelle sue per unirsi in un incontro di lingue passionale e affamato sapeva di un misto di tabacco e alcol che, se non fosse stata brilla, non avrebbe nemmeno apprezzato e invece in quel momento lo trovò sensuale e piacevole.

Nitidamente ripensò alle sensazioni di quel momento e si incantò ancora di più a guardarlo.
Come poteva essere diventato ancora più sexy di allora?

-eccolo il novellino.- interruppe i suoi vaneggiamenti, Rokuro. -che strafottenza invidiabile.- commentò, poi, divertito.
Rokuro stava studiando Yukihira con interesse, come se cercasse di trapassarlo per poi capire che tipo era.
Era un'occhiata pungente. Non erano stati gli unici ad accorgersi dell'nvolontaria eccentricità di Yukihira: un paio di giovani cameriere del servizio in sala sghignazzarono come “oche” o almeno a Erina così parsero appena udì le loro parole:

-chi è quel giovane uomo?- disse la prima, guardando incuriosita e quasi estasiata Yukihira.
-non lo so. Può darsi che sia nuovo? Non l'ho mai visto in cucina.- rispose l'altra.
-è affascinante, vero?- si unì un'altra.
-in effetti ha un non so ché di sexy.- commentò maliziosa un'altra, l'ennesima ragazza accanto a loro.
-sembra semplice, ma trasmette un ala di mistero.- si aggiunse un'altra ancora.

Possibile che si stesse irritando per colpa di quegli apprezzamenti verso Yukihira?
Era finita tra loro, anzi.. non era mai iniziata. Era lei che l'aveva deciso.
Essere gelosa di quelle ragazze era davvero infantile.
Strinse i pugni cercando di controllare il fastidio che la stava invadendo.
-in effetti sta attirando molto l'attenzione.- notò Rokuro ridacchiando, ascoltando anche lui ciò che quelle ragazze dicevano. -forse hai ragione a dire di non sottovalutare i “sempliciotti”. Speriamo che sia bravo anche come chef.-
-già. Non voglio problemi.- decretò lei, nel vano tentativo di nascondere quello che sentiva.
Sapeva di non essere sincera con se stessa, comunque il suo compagno sembrò non sospettare nulla.

Presto sarebbero entrati.
Era sicura che Yukihira se la sarebbe cavata in cucina, sapeva combattere ogni tipo di situazione quando si impegnava e come chef, doveva ammetterlo, l'aveva sempre fatto. Le capacità, seppur insolite, ce l'aveva.
Sapeva anche che entrati dentro doveva in ogni caso affrontarlo, che cercasse di evitarlo o meno.
Nel frattempo erano arrivati pure Alice, Ryou, Hisako e Hayama.
Anche loro quattro erano stati raccomandati per le loro competenze all'Adashino C:B Society da suo nonno.
Il direttore e fondatore della società, Takeshi Adashino, si fidava del parere di Senzaemon e per questo aveva assunto chi lui gli aveva proposto, lei compresa. Infatti, dopo averli presi come dipendenti, era rimasto compiaciuto dalle loro capacità e li aveva presi a contratto indeterminato.



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Angolo autrice: immagino che non vi aspettavate che pubblicassi subito il primo cap della nuova long.
In effetti non era mia intenzione, ma siccome domani dovrò ricominciare a studiare con le pubblicazioni non sarò regolare come le ultime settimane; quindi ho deciso di farlo subito ;D. Cosa ne pensate? l'ambientazione è totalmente diversa da "My Sweet Chef", infatti ho messo AU.
Soma ed Erina e non solo sono tutti più grandi e maturi sentimentalmente e professionalmente, di conseguenza anche la fanfic tratterà argomenti più maturi come lavoro, famiglia, sentimenti più adulti, tipo di relazioni già stabili e ovviamente anche sesso :P.  Ho 24 anni e il campo di questa fanfic è decisamente più il mio genere e rispecchia meglio il mio stile. Spero apprezzerete questi cambiamenti e mi auguro di non avervi deluso con questa scelta di narrativa diversa. Rokuro e Marika avranno un ruolo molto importante nella storia, sono PG di mia invenzione, ma Rokuro non sarà solo un ostacolo come era Carter. E' già più inserito nella storia per il suo rapporto con Erina. Ho in mente di renderlo un PG interessante, spero di riuscirci.. ç____ç
Se poi non ci riuscirò, pace XD. Ovviamente, la coppia principale è la Sorina (e altre saranno accennate) e avrete un quadriangolo (lo so, sono sadica :P), ma sapete chi amo come coppia e di certo non sono quelle iniziali <3. Per creare un progetto del genere ho dovuto pensare molto ai PG, a come collegarli ai protagonisti, a creare i contesti, a scegliere il nome della società per cui lavorano Soma ed Erina. A stabilire ogni ruolo e lavoro dei PG che fanno da contorno e sono più o meno legati ai protagonisti. Ho dovuto immaginare il carattere di Soma ed Erina da adulti senza andare troppo OOC e spero che come inizio sia andato bene e che anche continuando non faccia qualche errore con la loro personalità. Ci tengo davvero a questo progetto e spero che ne esca qualcosa di intrigante, soprattutto nelle dinamiche Soma/Erina/Marika/notte di fine università. Quasi ogni capitolo vi mostrerò attraverso i ricordi di Erina e Soma, le loro sensazioni, uno sprazzo della notte (e anche della serata, prima di arrivare all'appartamento di Soma.  Scoprirete pian piano chi era presente quel giorno) d'amore che sei anni fa hanno passato la nostra bellissima coppia *-*.
Prima di salutarvi e sperare di aver reso piacevole questo primo cap volto più che altro a presentare i PG e a mostrarvi il contesto, vorrei chiedervi chi di voi ha l'accesso ad EFP anche sopra i 18 anni. Perché se tutti ce lo avete, posso mettere come segnalino il rosso invece che arancione, perché essendo più maturi i protagonisti potrei osare di più in quei momenti (anche se non troppo di più eh XD), in caso ci fosse qualcuno che invece non ce l'ha allora lascio tranquillamente arancione. Fatemelo sapere se deciderete di recensirmi. Grazie davvero della pazienza di aver letto tutto ciò che ho scritto! <3
Spero di non deludervi!! ç____ç e mi auguro che mi farete sapere cosa ne pensate.

*Omurice: una specie di omelette con sotto il riso fritto, avvolto da una frittata e condito con alcune semplici spezie. Sopra il pomodoro o il kechup (più quest'ultimo). Per chi non lo sapesse, è un classico piatto giapponese.

detto questo..
A prestoooo!!!!!! *____* un bacione a tutti! <3 Erina91

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Capitolo 2
*** Piccola Nakiri ***


Piccola Nakiri



Entrato nel salone d'accoglienza di quel castello di discrete dimensioni, tutto in pietra e freddo con il ghiaccio proprio a causa della sua struttura, Soma si trovò sorpreso di vedere che molti dei suoi compagni d'accedemia e di università lavoravano per l'Adashino C.B. Era abbastanza chiaro che il vecchio preside della Tootsuki, data la presenza di Nakiri, nutriva rispetto per la società Adashino e aveva proposto vari dei suoi migliori studenti.
Sorrise pensando che forse il direttore della società si era fatto influenzare dalle parole di Senzaemon anche per assumere lui. Tuttavia, non gli interessava sapere come fosse riuscito ad entrare lì_sebbene solo in prova_ ma avrebbe fatto del suo meglio per venire assunto definitamente. Non poteva perdersi un'occasione del genere, doveva mettere tutto se stesso per quell'impiego. Ghignò eccitato, sarebbe stato produttivo lavorare per l'Adashino.
Fissò i suoi vecchi compagni d'accademia e constatò che in fondo non erano cambiati molto da allora.
Non li aveva più visti, ma erano i soliti eccentrici.
Andò in contro a loro, Hisako sobbalzò nel vederlo:
-Yukihira-kun. Sei davvero tu?- era meravigliata, così come gli altri. -non ci credo..-
-in persona, Arato-san!- esclamò lui, -ragazzi.. non siete cambiati per nulla.-
-nemmeno tu.- proseguì Hisako.
Ryou gli lanciò un'occhiata di sfida:
-ci becchiamo anche qui, Yukihira.-
-quando ti hanno assunto?- chiese curiosa, Alice, invece.
-esattamente questa mattina.-
-mia cugina come l'ha presa?-
Soma non sapeva cosa rispondere a quella domanda e abbozzò un sorriso:
-chi lo sa..- recitò vago. Ripensare a lei e al suo compagno lo faceva ribollire, ma doveva cercare di trattenersi.
Aveva scelto Megumi. Punto. Non poteva permettersi di pensare ad un'altra donna.
-dov'è, a proposito, Nakiri? Non l'ho vista nel parcheggio.-
Cercò di sviare il discorso su come Nakiri aveva preso la sua presenza.
-era fuori con Rokuro-san, poco fa.- rispose Hisako.
-che ci racconti di bello?- domandò Alice, incuriosita dalla sua vita.
-niente di particolare. Prima di essere assunto in prova qui, ho lavorato alla tavola calda del mio vecchio.
Comunque, adesso voglio accrescere di più le mie conoscenze.-
-e proprio da te, Yukihira.- bofonchiò disinteressato, Ryou.
-e voi?- chiese lui.
Alice si avvicinò a Ryou e gli scoccò un bacio sulla guancia.
-ci siamo sposati e abbiamo un bambino.-
Soma fu piacevolmente stupito dalla notizia.
-in effetti non era così impensabile, già stavate insieme ai tempi dell'università.-
Alice ridacchiò maliziosa.

Il ritrovo dei vecchi compagni della Tootsuki fu interrotto dall'arrivo di Erina e Rokuro.
Lui e Erina si guardarono intensamente e cercarono di rispettare quello che avevano deciso qualche ora fa.
Soma indugiò sul compagno di Erina al suo fianco e non riuscì a trattenersi dall'analizzarlo da capo a piedi, considerando che era affascinante proprio come era sembrato dalla finestra che dava sul parcheggio.
Rokuro si aprì in un sorriso smagliante e passò la mano a Soma:
-piacere Yukihira, mi chiamo Rokuro Suzuki, sono il compagno di Erina.-
Soma notò che anche l'uomo stesso lo fissò come se volesse analizzarlo e quell'occhiata indagatoria non gli piacque affatto, tuttavia strinse con energia la mano di Rokuro. -piacere, Soma Yukihira.-
La stretta del compagno di Erina gli sembrò più energetica del previsto e Rokuro non smetteva di scrutarlo con esaminata intenzione. Così lui fece di conseguenza. Un gruppo di giovani cameriere interruppe quel momento di reciproca analisi.
Le giovani si accerchiarono attorno a Yukihira costringendo involontariamente il gruppo dei suoi compagni a farsi da parte per fare spazio a loro. -sei nuovo, vero?- iniziò una, sorridendo graziosa. -piacere, Lizzie.-
Lizzie. Era straniera e probabilmente inglese, la fisionomia del suo volto e non solo era completamente diversa dalla sua.
-io invece sono Yurika.-
La guardò. Lei invece era palesemente giapponese.
Fece la conoscenza anche di una terza cameriera, che gli passò la mano:
-Hikari.- sembrava la più seria di tutte.
Le giovani ragazze cominciano a tempestarlo di domande sulla sua vita, su quanta esperienza aveva come chef per essere stato assunto dall'Adashino C.B, se aveva la compagna.. Rispose a tutte le domande cordialmente e anche all'utima:
-sì, sono impegnato.- sorrise. Le prime due che si erano presentate sembravano quasi deluse dalla sua risposta.
La trovò ironica come reazione.
Ad un tratto, a salvarlo da quella tempesta di domande, arrivò Nakiri che fissò seccata il gruppetto di ragazze:
-che state a perdere tempo in chiacchiere? andate a mettervi la vostra divisa immediatamente.
Dobbiamo ancora preparare tutto per il catering e non c'è molto tempo.-
Le tre giovani cameriere sembravano temere Nakiri dalla reazione spaventata che ebbero e lui cercò di trattenere le risate.
Non era cambiata per niente, davvero, incuteva ancora timore negli altri con i suoi atteggiamenti severi e autoritari, esattamente come alle superiori e all'università. Era bella anche per questo. Soma scosse la testa a quel pensiero, dato che non poteva permetterselo, e vide le giovani ragazze scappare a cambiarsi terrorizzate.
Lui ed Erina si fissarono e lei fu la prima a parlare:
-vai anche tu, Yukihira, siamo in ritardo.- ordinò sbrigativa, facendo per andarsene.
-l'hai proprio spaventate eh?- la stuzzicò lui, divertito.
-non hanno un atteggiamento serio. Mettersi a sghignazzare davanti ad uomo a lavoro, alla loro età.
Sono adulte e vaccinate, dovrebbero mettere avanti i doveri lavorativi.-
-sei sempre troppo dura, Nakiri.-
-smettila di difenderle.- sbottò irritata. -..e mettiti a lavoro.-
Lui ridacchiò e fece come gli era stato detto.
Gli era sfiorata l'idea che fosse gelosa di quelle cameriere visto com'era stata dura con loro, ma se ci rifletteva bene era impossibile che lo fosse dato che era impegnata con Rokuro e sicuramente non provava più niente per lui_semmai aveva davvero provato qualcosa quella notte_. Abbassò gli occhi a terra, stizzito da tali emozioni sconvenienti.
A parte che nemmeno lui sapeva cosa aveva provato, ma il fatto che si sentisse così deluso era una prova che alla fine per c'era stato veramente qualcosa. Si morse il labbro un'altra volta e andò a cambiarsi per il catering.
Ora doveva solamente pensare ad impegnarsi come chef.
Era cruciale che il primo catering andasse bene se voleva avvicinarsi al posto che gli spettava.


 
****


Vedeva l'appartamento di Yukihira sfuocato, era buio, ma la testa le girava e l'acol le faceva appannare la vista.
Si lasciò cadere pesantemente sopra al letto matrimoniale di Soma, lui a sovrastarla con tutto il suo attraente corpo.

Sentì a malapena il letto cigolare da quanto era coinvolta dalle carezze di Yukihira.
Lui avvicinò le labbra verso le sue per unirle un'altra volta, avvertiva nettamente la lingua esplorare tutta la sua bocca. Era morbida, sapeva di un misto di arancia, alcol e ovviamente tabacco.
Chissà che cocktail aveva bevuto per avere un gusto tanto dolciastro e delizioso?
Non era completamente lucida, anzi, non lo era per nulla visto quanto si sentiva spaesata, eppure il sapore della labbra di Yukihira era così piacevole che istintivamente rispose con trasporto alla danza che lui stava cercando con la sua lingua. Lui baciava con seducente intenzione il suo volto, lo leccava, lo sfiorava con i suoi soffici labbri e arrivava fin al suo orecchio leccando e mordendo pure quello, strappandogli gemiti involontari. Poi riscendeva con pacata lentezza lungo il suo collo, per assaggiarlo, solleticarlo con il suo respiro, che le scatenò dei brividi di eccitazione che la fecero gemere ancora. Raggiungeva i suoi seni e allo stesso tempo saliva con la sua mano, con pragmatica sensualità, lungo la sua coscia per inarcarla e avvolgerla attorno al suo corpo. Quelle carezze erano magnetiche, passionali, agognate perché attese per anni da tutti e due.
Com'era possibile che nonostante fosse brilla riuscesse a sentire l'intensità di quel momento alla perfezione? Senza perdersi un passaggio? Era succube della mani di Yukihira, ma era anche spinta dal desiderio di creargli altrettanto piacere. Stringeva la sua coscia attorno alla sua schiena, in una stretta morsa, come se di punto in bianco avesse paura che lei si staccasse e invece fece il contrario: strinse le sue gambe in una presa ancora più solida.
Lui era in boxer e la pelle del suo petto era umida e bollente, confortante, la faceva sentire a suo agio; di conseguenza, il desiderio di avvinghiarsi ancora di più a lui, era dettato da quella sensazione di gradevolezza che tutto l'organismo di Yukihira le stava regalando. 
Sentiva la sua eccitazione fare pressione vicino ai suoi slip, le piaceva, e nel frattempo lui non aveva smesso di vezzeggiarla su tutti gli strati del suo corpo ormai quasi nudo.
Le sfilò agilmente anche il reggiseno, appunto, e iniziò a massaggiare e palpare i suoi seni, succhiare i suoi capezzoli turgidi e lei fece lo stesso con lui nelle parti più intime.
Era stupefacente che anche con lo sbronza a limitare loro la concentrazione, in quel momento riuscessero comunque a coordinare i movimenti e ascoltare le sensazioni in maniera completa e il loro lambirsi a vicenda era privo di “sbaffi”..

Erina scosse la testa sconvolta dall'ennesimo pensiero rivolto a quella notte.
Arrossì di botto. Un'altra volta si era fatta sopraffare dai ricordi con lui.
Prima di avviarsi nelle cucine per coordinare gli chef, era passata anche in sala ricevimenti per controllare che fosse tutto sistemato. Era un allestimento tutto di lusso_come un po' tutti quelli dell'Adashino C.B_: tende bianche a coprire le larghe vetrate, visto che si trattava di una cena di matrimonio all'occidentale, era in tema. Tavoli rotondi e anch'essi ricoperti di tavoglie bianche e di lino, il cui tavolo degli sposi era al centro; un'apparecchiatura completa e ricercata, scicchettosa.
Un buffet per gli antipasti lungo le pareti e un altro per l'aperitivo pre cena. Sì, era tutto perfetto.
Vide le due cameriere accomodare le ultime zone fuori posto e si mise ad osservarle: sì, molto graziose, ma erano proprio dell'oche. -incompetenti.- borbottò fra sé e sé, acida. Come potevano pensare di sedurre un uomo sul posto di lavoro?
Continuò a pensare, ricordando come sghignazzavano poco fa con Yukihira. No.. la verità era un'altra.
La verità era che a lei dava fastidio che facessero le cretine con Yukihira e non perché questo le distraeva dal lavoro.
Si era irritata già quando lui era apparso, bello con la sua moto a seguito, e loro avevano iniziato a fare degli espliciti apprezzamenti al suo fascino. Poi, quando le aveva viste andare da lui e riempirlo di domande, la “mina” era esplosa e con la giustificazione che dovevano andare a cambiarsi l'aveva allontanate da lui.
Sperava che Yukihira non si fosse accorto del suo fastidio, altrimenti tutto quello che gli aveva imposto di fare sarebbe risultata una presa di giro. Comunque.. non era un buon inizio se solo a vederlo interagire con altre ragazze carine si ingelosiva, anzi, le faceva solo capire che per lei non era stata solo una notte e via e anche i continui ricordi ne erano la conferma. Lo sapeva che Yukihira era affascinante, ma avrebbe preferito restare l'unica ad essersi accorta del suo fascino_sebbene in maniera tardiva_ ma quel capriccio, se ci pensava, era davvero ridicolo. Erano passati sei anni ed era chiaro che non sarebbe stata l'unica a considerarlo affascinante, così come non era la sola a pensarlo nemmeno ai tempi delle superiori e nei tre anni di università, visto che per essere un “sempliciotto” era parecchio popolare nei suoi anni scolastici, benché lui non fosse a conoscenza di esserlo; sembrava che non si accorgesse molto delle ragazze che gli facevano il filo, lo faceva solo quando pure lui provava un degno interesse.
Cercò di chiudere la mente sull'argomento Yukihira e lanciò un'altra rapida occhiata alla sala per poi avviarsi verso le cucine e controllare la situazione pure lì.
Avevano quasi tutti già sistemato l'attrezzatura e pulito le postazioni e stavano per mettersi all'opera.
Tra un'ora sarebbero arrivati i clienti.
Studiò i suoi colleghi, parevano tutti concentrarti e pronti a preparare.
Portò istintivamente gli occhi su Yukihira, che a sua volta la fissò e le sorrise.
Lei distolse lo sguardo in fretta, prima che dei nuovi ricordi con lui comparissero.
Alla fine, notò Alice venire nella sua direzione:
-cuginetta.. dobbiamo parlare.- annunciò subito.
Alice l'afferrò per il polso e la trascinò in una zona lontana da orecchie indiscrete.
Dopo essersi assicurata che fossero sole, esordì:
-come stai?-
-in che senso?- domandò retorica, anche se sapeva bene dove voleva arrivare.
-non fare la finta tonta, Erina, mi riferisco a Yukihira-kun.-
-siamo colleghi.- tentò di fermare il discorso sul tempo.
-certo.. e che mi dici di come lo guardi?-
-lo guardo come guardo tutti.- ribatté ancora, mentendo.
-non dire idiozie. Adesso basta, Erina, sono l'unica a sapere che lui è il padre di Marika.
Smettila di fingere che non sia così con me.-
Erina sgranò gli occhi e portò la mano sulla bocca di Alice:
-sei scema? Yukihira è vicinissimo a noi! Non entrare in questo discorso!-
Alice salì a spostare la mano di Erina dalla sua bocca:
-tranquilla, ho controllato che non ci fosse nessuno.-
-sarà bene!- tuonò lei, alterata.
-dunque?- riprese, poi, Alice. -lo sai che adesso che te e Yukihira siete colleghi, la situazione non sarà più come prima? Marika viene spesso a lavoro. La incontrerà.-
-lo so, non hai bisogno di mettermi in guardia come se non sapessi prendermi le mie responsabilità.
Sono già agitata di mio, quindi non seccarmi.-
-non è solo la questione Marika, Erina, si tratta anche di te: non ti è passata.
Tu non hai mai smesso di pensare a quella notte e tu stessa me l'hai detto. Stai con Rokuro adesso, è vero, ma cosa provi sinceramente per Yukihira? Vedi di rifletterci, perché lo so quanto tu sia avvezza a passare sopra ai tuoi sentimenti per non interrompere il perfetto equilibrio che ti sei costruita negli ultimi anni.-
-ho già chiarito con Yukihira come stanno le cose e che non voglio che quella notte che c'è stata tra noi venga fuori.
Anche lui tra l'altro è impegnato.-
-come al solito fai la scelta più facile.- asserì Alice, piatta:
-ma ricorda che da quella notte è nata Marika e che bene o male sarai sempre legata a lui per questo.-
-non provo più niente per lui, anzi, non so davvero cosa ho provato per lui.-
Alice sospirò.
-fai come preferisci, ma non fare cavolate e soprattutto cerca di non coinvolgere altre persone nella lotta con te stessa.-
-ma anche se fosse, Yukihira non considera quella notte importante.-
-beh.. questo non puoi saperlo. E poi, cosa avrebbe dovuto dire quando hai voluto precisare la situazione con lui?
Non puoi sapere che tipo di rapporto ha con la sua compagna e quanto questo sia coinvolgente o meno.
Io non credo abbia dimenticato.-
-resta comunque un pensiero soggettivo, Alice, non voglio distruggere l'equilibrio che ho raggiunto per qualcosa di utopico e instabile. Con Rokuro va bene, abbiamo una relazione solida per ora, con Yukihira sarebbe come ricominciare da capo senza sapere se ci sono basi per farlo e al momento non ci sono perché anche lui è impegnato.-
-d'accordo. Chiudiamo qui il discorso, tanto sei la solita cocciuta.-
Detto questo, Alice la guardò un'ultima volta e tornò alla sua postazione in cucina.
Era chiaro che non era convinta delle risposte che aveva dato ad Alice, ma voleva lo stesso far funzionare il rapporto con Rokuro. Non voleva che il ritorno di Yukihira scombinasse la sua vita sentimentale, era più che altro agitata all'idea che era inevitabile che prima o poi lui e Marika si sarebbero incontrati e a quel punto, cosa sarebbe successo?
Sarebbe riuscita a mantenere il segreto che erano padre e figlia?
Sentiva il cuore battere a mille per l'ansia causata da quel pensiero.
Cercò di raccogliere un respiro profondo, svuotare la mente  e impegnarsi nel lavoro di coordinatrice.
Anche se a fatica, in qualche modo riuscì a controllare la tensione.

Si mise a guidare con autorevolezza la brigata di cucina e si occupò di velocizzare la preparazione dei piatti facendoli anche lei. Lei, i suoi compagni della Tootsuki e non solo, grazie alla lunga e perseverante esperienza a scuola e all'università, erano tutti molto rapidi e sapevano come ottimizzare il tempo delle preparazioni senza fare confusione con gli ingredienti o con i fornelli. Erano diventati esperti. Le mani di tutti, le sue comprese, si muovevano decise e meccaniche.
Gli occhi erano svegli, acuti, scorrevano rapidi dal bancone, ai fornelli, a cercare gli ingredienti nella postazione e fuori, senza esitazione; così come il corpo, che intuitivo faceva lo stesso e in maniera omogenea gestiva il lavoro con scioltezza. Aveva osservato le capacità dei suoi colleghi, uno per uno, ma come al solito era rimasta sorpresa che Yukihira riuscisse a mantenere il ritmo degli altri senza accusare stanchezza o distrazione, si era già adeguato allo stile esecutivo e tecnico degli altri. Era bellissimo mentre cucinava, la solita fascia bianca sulla fronte, stretta, i ciuffi scarlatti sbarazzini e spettinati.
Era sudato ma non se ne curava, riusciva comunque ad avere la resistenza degli altri.
Aveva le iridi travolte da una luce vivace ed eccitata mentre toccava gli alimenti, condiva i piatti, ornava le pietanze e gestiva la sua postazione e un sorriso ilare e euforico solcava le sue labbra.
Erina sapeva quanto fosse bravo, anche se aveva uno stile di cucina scontato, casalingo ed elementare ma che risultava lo stesso efficace ed eccelso perché era minuzioso e accurato. Era tanto che non lo vedeva in azione ed era rimasta incantata come se fosse la prima volta_sebbene non glielo avrebbe mai detto quanto fosse stupita dal suo stile_.
Che lo ammettesse o meno, era sicura che il primo catering di Yukihira sarebbe stato un successo.
Sapeva anche che, con la determinazione e la passione per la cucina che aveva, avrebbe ottenuto il contratto a tempo inderminato dopo il periodo di prova. Sarebbe presto diventato ufficialmente un suo collega, non sapeva quanto ci sarebbe voluto, ma era sicura ce l'avrebbe fatta. Doveva abituarsi fin da adesso ad averlo come collega poiché non poteva fare altrimenti: le capacità per entrare all'Adashino C.B, seppur strambe, ce l'aveva.

Il tempo in cucina, sotto i festeggiamenti del matrimonio nell'altra sala, passò più veloce del previsto ed era arrivato il momento del riassento perché si era fatto le 2.00 di notte e il salone si era totalmente svuotato dei suoi ospiti.
I suoi colleghi, Alice e Hisako comprese, avevano già ripulito la loro posizione in cucina, si erano cambiate e l'avevano da poco salutata. Al castello erano rimasti solo lei e Rokuro, che doveva segnare gli ultimi conti incassati, seduto su di uno dei tavoli rotondi del salone. Il castello svuotato dalla gente era silenzioso, Erina poteva vedere attraverso le finestre verticali una fitta nebbia cerchiare le sue altolocate e antiche mura.
Erano in mezzo alla campagna, in pieno autunno, era normale che la condensa fosse salita a causa dell'umidità, ma restava comunque un'atmosfera inquietante e suggestiva. Erina era sicura che all'interno della regale residenza fossero rimasti solo lei e il suo compagno, finché non passò dalle cucine per vedere che vi era ancora Yukihira a prepare qualcosa di insolito, sembrava l'impasto per una schiacciata, strabuzzò gli occhi confusa.
Come mai stava cucinando una schiacciata?
Anzi, perché non moriva dalla voglia di buttarsi su un letto e ronfare?
Rimase ad osservarlo qualche minuto indefinito mentre maelleava la pasta con le giuste dosi e la calibrata manipolazione.
-che stai facendo ancora qui, Yukihira? Sono tutti andati via e sono le 2.00 di notte.-
Alla fine non era riuscita a trattenersi, la sua pulsione mentale e l'interesse per lui l'avevano portata a farsi notare sul ciglio della cucina.

Soma fermò i movimenti e portò gli occhi su di lei:
-oh! Nakiri!- sorrise radioso. -avevo fame. Con tutte le corse in cucina non ho mangiato neppure un boccone, mi è venuto voglia di schiacciata e ho deciso di farla.-
-sei totalmente fuori di testa.- affermò aspra:
-lo sai che ne avrai ancora per una buona ora tra il mettere in forno la schiacciata e ripulire?-
-non preoccuparti, farò più veloce di quanto pensi.-
Non sopportava la sua sprezzante sicurezza, ma anche per questo era unico.
Distolse lo sguardo da lui. -alla fine te la sei cavata per essere il tuo primo catering.-
Soma prese la schiacciata e la infilò nel forno a legna di cui la cucina del castello era dotata.
-vorrebbe essere un complimento questo?- la punzecchiò.
Lei si sentì arrossire. Possibile che con Yukihira si imbarazzasse ancora come una ragazzina, qualsiasi frase dicesse?
-sappi che questo lavoro sarà molto stancante, soprattutto perché non smetterai mai di spostarti da una città all'altra, da un paese all'altro. Non è una semplice società di catering/baquenting che lavora solo nel tuo spazio nazionale.
Non avrai nemmeno tanto tempo per la tua famiglia, o la tua compagna..-
Perché gli stava dicendo certe cose?
Forse perché anche lei ci aveva messo parecchio tempo a trovare il ritmo e a riuscire a gestire adeguatamente anche la vita privata e sentimentale, in special modo a trovarlo per stare con Marika e ancora oggi la bambina non poteva essere sotto i suoi occhi tutte le ore, a causa del suo frenetico lavoro.
-lo so, Nakiri.- la rassicurò tranquillo. -tutti conoscono l'Adashino C.B e soprattutto lo stesso direttore mi ha avvertito delle conseguenze di questo lavoro, ma se devo essere sincero non mi importa di quanto e come mi dovrò spostare finché posso fare esperienza come chef. Questo è il cammino che ho scelto e va bene così.-
Le strizzò l'occhiolino e tirò fuori dal forno a legna la sua schiacciata.
A lei scappò un sorriso.
Yukihira era proprio come se lo ricordava: testardo, determinato e pronto a tutto pur di raggiungere i suoi obiettivi.
Risplendeva davvero ai suoi occhi e ciò che più le faceva male era non poterglielo dire.

 
 
****


-e con la tua compagna come la metti?- chiese ancora, Nakiri.
Soma avvertì una sorta di celato fastidio nel modo in cui aveva posto la domanda.
Era rimasto abbastanza perplesso da quella sua osservazione e pensò che essa fosse dettata da un desiderio incoscio di sentire Nakiri gelosa di Megumi. Quella speranza, oltre ad essere irrispettosa e meschina nei confronti della sua ragazza attuale e si odiò per quello, era anche vana dato che era pressoché impossibile.
-è abbastanza in gamba da comprendere le mie ragioni.- rispose allora, lui.
Era la pura verità in fondo.
-capisco.- asserì lei, incrociando le braccia e portando gli occhi di lato.
-e Suzuki-san cosa pensa del lavoro che fate?-
Perché era entrato in argomento “Rokuro Suzuki”?
Un attimo. Rifletté: era stata Nakiri ad entrare prima nel discorso “compagni”, lui stava solo seguendo il filo dell'insolita conversazione che stavano avendo.
Avvertendo il nervoso percorrere tutti i suoi reattivi nervi, morse la schiacciata che si era preparato per contenerlo.
Cosa stava facendo?
Nakiri sembrò abbastanza infastidita dalla sua domanda, vista l'espressione che fece.
-io e lui, oltre ad essere una coppia, siamo anche colleghi: il problema di non potersi vedere non si pone.- iniziò piatta:
-È difficile non ritrovarsi insieme in viaggio, sebbene svolgiamo compiti diversi, il nostro contributo è fondamentale in qualsiasi situazione. Lui si occupa dei conti, io della coordinazione generale.-
-certo. Ovvio.- annuì lui.
Era difficile nascondere quanto facesse male sentirla parlare del suo compagno con tanta flessibilità.
Oltre a questo, raccogliere un momento nel quale Nakiri non era sotto gli occhi attenti di Rokuro era assai difficile.
Scosse la testa a quel pensiero: così non andava. Perché doveva pensare a quanto fosse raro “beccarla” da sola?
Lui doveva vederla come una collega e nulla di più, aveva Megumi, non doveva nemmeno balenargli l'idea di trovarsi da solo con Nakiri. A questo proposito, in quel momento_per quanto Rokuro fosse nei paraggi_loro due erano soli e stavano parlando tranquillamente. Abbassò gli occhi a terra:
-sono contento per voi.- aggiunse poi, mentendo.
-o meglio.. sono contento che hai trovato qualcuno con cui ti trovi.- si corresse.
Quella era una mezza verità: da una parte era davvero contento che Nakiri fosse felice della sua vita, dall'altra non riusciva a mascherare il fastidio che gli suscitava quella situazione. Per quanto pensasse a Megumi, al suo rapporto con lei, alla confidenza che avevano e al fatto che lei aveva la capacità di farlo sentire “a casa” grazie alla sua indole dolce, graziosa e materna, solo con Nakiri sentiva il desiderio accenderlo ogni volta che la guardava.
Era intrigato da lei, dalla sua personalità decisa e sensuale, dalla sua dinamicità.
Con lei era una lotta interminabile, una passione ardente, un costante ed imprevedibile punto interrogativo, un continuo incentivo a mettere in pratica le sue capacità solo per lasciarla senza fiato. Ecco cos'era Nakiri per lui.
E poi era bellissima, in tutti i sensi. Il suo corpo per intero l'aveva visto una sola volta, ma era bastato a rendere quella notte d'amore eccitante, oltre al coinvolgimento emotivo. Quella sensazione di appagamento ed estasi totale da allora non l'aveva più provata. Sì, neanche quando faceva l'amore con Megumi.
Certo.. il piacere e l'orgasmo lo raggiungeva comunque e senza problemi, ma mancava sempre qualcosa.
Cos'era quel qualcosa? Lui cosa provava per Megumi? Che differenza c'era con Nakiri?
Quindi.. quale era il vero amore tra i due?
Potevano esserlo entrambi, anche se l'impatto emozionale era differente e piacevole in ogni caso?

Nel frattempo aveva finito anche di masticare la schiacciata e ora doveva solo ripulire la sua postazione di lavoro.
Era calato un silenzio imbarazzante tra lui e Nakiri, non sapeva da quanto era immerso nei suoi pensieri.
Forse solo qualche minuto, il tempo di finire la schiacciata.
-comunque Yukihira..- ricominciò lei -..voglio che tu sappia che questo è solo l'inizio e dovrai portare avanti il lavoro rispetto alla tua vita sentimentale, se vuoi che esso funzioni e vada a buon fine. I sacrifici vanno fatti.-
Lui ridacchiò. -sono quasi sorpreso dai tuoi consigli, Nakiri.-
Lei sbuffò. -non sono consigli, scemo, è solo che non voglio problemi nel posto dove lavoro.
Sai che sono puntigliosa e metodica su questo aspetto.-
-lo so eccome!- esclamò lui, -anche questo fa parte del tuo fascino!-
Dall'espressione spiazzata di Nakiri, lui capì che quel complimento era stato inaspettato.
-non ricominciare Yukihira..- borbottò impacciata.
Lui socchiuse gli occhi, riproverandosi mentalmente per l'ennesima frase istintiva.
-scusa Nakiri, è più forte di me.- ammise portandosi la mano dietro il collo per incrinarlo di lato, in un gesto che sapeva tanto di una persona a disagio.
Lei sospirò. -vedi di trattanerti di più, stupido. Non è giusto nei confronti della tua ragazza che tu faccia apertamente apprezzamenti sul carattere di un'altra.-
-prendilo come un dato di fatto, Nakiri, non un complimento.- rispose sorridendo e cercando di sciogliere la tensione che con il suo atteggiamento schiatto aveva creato.
Ed in effetti era sicuramente un dato di fatto che lei fosse affascinante e non era certo l'unico a pensarlo.
Poco dopo si portò davanti a lei con un pezzo della schiacciata avanzata:
-vuoi assaggiarla? Neanche tu hai mangiato.-


 
****


Tutti le movenze di Yukihira, il suo attraente aspetto, ciò che diceva, come lo faceva e come cercava di riportare alla stabilità la loro evidente attrazione reciproca le stavano scatenando l'effetto contrario poiché sentiva tutto il suo organismo contorcersi in un'eccitante fribrillazione e anche se stringeva con forza i pugni per contenerla, il desiderio di andare a letto con lui un'altra volta non si spegnava. Aumentava solo di più.
Nel tentativo di gestire la potente attrazione, cercò di rilassare le palpebre socchiudendole lentamente, raccolse un enorme respiro che probabilmente_visto quanto Yukihira era vicino a lei_lui udì, e sputò fuori l'aria cercando di controllare le emozioni che stavano sovrastando le buone intenzioni di rimanere fedele a Rokuro, sebbene i banconi della cucina continuavano a sembrare altamente invitanti per farsi scaraventare sopra da lui.
“Fermati Erina”, si disse mentalmente, a seguito di quel pensiero poco casto.
Bloccò il cervello che stava ricominciando a vagare oltre i confini proibiti, o almeno ci provò, e riaprì gli occhi per ritrovarsi Yukihira ancora davanti a lei, in mano un boccone di schiacciata che profumava di un gustoso misto di forno a legna, olio e sale che le stuzzicò l'olfatto e anche le papille gustative.
-non hai bisogno di imboccarmi, Yukihira.- bisbigliò quasi timida. -e poi come fai a sapere che non ho mangiato?-
Chiedendo questo calò a fatica la sua mano, per spostarla dalla sue labbra, seppur pensando a quanto sarebbe stato seducente farsi imboccare da lui. In qualche modo, però, riuscì a gestire i pensieri e a tenerli a freno.
Si fissarono dritti negli occhi, lei scese lungo la sua mano e sfiorò appena le sue dita per sfilargli con delicatezza la schiacciata dalla mano. Anche se le loro dita si erano toccate brevemente, avvertì comunque un formicolio interiore e piacevole invaderla appena una rapida immagine delle mani curate di Yukihira che accarezzavano la sua pelle, di quella notte, attraversò la sua mente. -spero per te che sia almeno decente il sapore.- sbottò, cercando di ignorare le forti sensazioni che solo toccarlo per un attimo erano nate in lei. Lui ridacchiò:
-rimarrai sicuramente sorpresa, Nakiri!- la guardò ancora. -..e per rispondere alla tua domanda di prima: ti osservo sempre, Nakiri, ecco perché ero sicuro non avessi mangiato.-
Erina avvampò di fronte a quella esplicita dichiarazione, seppur fosse una sciocchezza.
Per domare la vergogna, diede un morso alla schiacciata nella speranza di distrarsi e fu a quel punto che la sua bocca avvertì subito quanto la consistenza della schiacciata fosse soffice e come la farina interna fosse cotta alla perfezione; più masticava più scendeva in pronfondità, un sapore olivastro la raggiungeva:
-ci hai messo dei piccoli pezzetti d'oliva verde dentro!-
Lui annuì. -esattamente. Che te pare? Buona, vero?-
-penso che sia colpa del fatto che ho fame, se non sono morta dopo il primo boccone.-
Lui scoppiò a ridere di fronte a quel commento:
-sempre molto gentile, vedo.- ironizzò. -ma credo che come parere possa andare.-
Yukihira sembrò contento di vedere che l'aveva mangiata tutta.
-adesso sbrigati a rimettere e pulire tutto! Lo sai che è tardissimo?-
-ai suoi ordini, collega.- le strizzò l'ennesimo occhiolino.
Prima che di vederlo tornare al suo posto, però, rimasero entrambi a fissarsi l'ennesima volta.
Un'occhiata chimica. Un'attrazione magnetica. Un desiderio soppresso.
-mi mancava, sai? Tutto questo.- confessò lui, trascinato dal momento.
Nuovamente.. erano rientrati nel “limbo” dei ricordi, una zona prossimale pericolosa per la situazione in cui erano.
Nemmeno lei se la sentiva di negarlo o rimproverlo per ciò che aveva detto.
Anche per lei era lo stesso. Pure a lei era mancato.
Alla fine si erano guardati come rivali, un amore/odio travolgente che solo una notte era esploso ma aveva lasciato il segno e continuava a perdurare nel tempo. Una connessione latente. Un legame indissolubile da cui era nata una nuova vita.
Sarebbe davvero riuscita a non scombinare tutta la sua vita per Yukihira?
Ardua impresa. Cosa provava per lui? E che rapporto era, dunque, quello con Rokuro?
Prima che Yukihira ricomparisse nella sua vita, era sicura che i sentimenti provati per Rokuro fossero amore. Stava bene.
E ora? Tutto era stato rimesso in discussione da un semplice e fortuito incontro inaspettato.
Non doveva pensarci. Aveva fatto una scelta. Punto.
Quel momento d'intensa riflessione, fu interrotto da Rokuro che comparve sull'arco in pietra delle cucine.
Sperava di essersi sbagliata, però le sembrò che lanciasse un'occhiata tagliente a Yukihira: il modo in cui l'aveva fatto era stato così sottile e subdolo che era impossibile che anche Yukihira se ne fosse accorto.
Solo chi conosceva bene Rokuro poteva captare l'astio improvviso. Di base Rokuro era un uomo razionale, paziente, composto e inflessibile_soprattutto a lavoro_mostrava le sue dolcezze solo nei momenti intimi, negli attimi in cui erano da soli e quando vi era Marika; però, quando si arrabbiava, era abbastanza spaventoso perché finiva per controllarsi troppo e l'ira esplodeva tutta assieme. Aveva avuto occasione di notare che era anche piuttosto possessivo e geloso, anche se protettivo, con lei. A parte questo, lo reputava in gamba.
Tuttavia.. non era strano che Yukihira con il suo atteggiamento arrogante ed estremamente fiducioso facesse saltare i nervi, anche a lei succedeva, perché era una persona che, volente e meno_anche se non aveva ancora capito come_suscitava invidia a causa delle sue enorme capacità, radicato altruismo e carisma.
Non potevi fare a meno di vederlo come un potenziale e temibile rivale, per quanto "sempliotto" e gentile.
-Erina.. tutto apposto? È tardi, dobbiamo andare.- la richiamò il suo compagno.
Rokuro non smetteva di fissare Yukihira con una certa dose di competizione.
-ho finito adesso con i conti.- aggiunse schivo.
Anche Soma aveva quasi terminato di rimettere, doveva solo dare una lavata al bancone ricoperto di farina.
A lei sembrò che pure lui non provasse simpatia per Rokuro, benché le avesse detto di essere felice per lei.
Era geloso di Rokuro?  sussultò di fronte a quella curiosità interiore. Basta.
Non doveva più volare con la fantasia o farlo avrebbe solo complicato la decisione presa.
Lanciò un'ultima occhiata verso Yukihira, ricambiata, poi strinse con dolcezza la mano di Rokuro con l'intento di calmarlo un po': lo sentì rilassare leggermente perché la stretta da forte si era fatta più delicata.
-d'accordo. Vado a togliermi la divisa.- lo avvisò.
Prima di andarsene aveva bisogno di avvertire Yukihira sulla chiusura del castello:
-Yukihira.. sbrigati a finire di pulire, solo noi abbiamo le chiavi per chiudere il castello e, se non vuoi rimanere dentro, ti conviene andare presto a cambiarti.-
-certo! Non preoccuparti!- sorrise sbarazzino, -ho quasi finito.-
-Rokuro.. fai un giro d'ispezione per il castello per vedere se è tutto apposto.-
Il giovane e affascinante uomo annuì. -vado!-
Portò gli occhi su Yukihira per unirsi in uno scambio di sguardi penetrante e ricambiatocon la stessa intensità, e senza dire nulla si avviò per il giro d'ispezione.

 
 
****


Era passato qualche giorno dal primo catering che l'aveva impegnato.
Era stato nuovamente chiamato a lavoro e si trovavano tutti in sala riunioni per discutere visto che sembrava vi fosse presto un altro ingaggio per l'Adashino C.B.
La sala riunioni era grande, moderna, spaziosa.
Era riempita da un lungo tavolo ovale, a ventro, dalle rifiniture in nero e delle poltrone bianche a circondarlo.
Aveva già salutato gran parte dei compagni/colleghi, gli unici che mancavano erano Nakiri e il suo compagno.

Pochi minuti dopo entrarono anche loro nella sala congressi:
-buongiorno a tutti!- fece un saluto generale, lei.
Un'altra volta sentì gli occhi di Rokuro addosso, ma l'occhiata di sfuggita che gli lanciò Nakiri fu capace di sostituire lo sguardo indagatore dell'uomo. -accomodatevi tutti.- li invitò cordiale. -ho accettato un altro banqueting, si svolgerà a Kyoto e si trattenerà di una cerimonia post ricevimento congressuale.-
-quanto dovremmo stare via questa volta?- chiese Alice.
-sono 4 giorni di pernottamento. Hotel prenotato dall'Adashino C.B.- precisò.
-per quando lo abbiamo in programma?- domandò Hisako.
-tra una settimana. Bisogna essere lì per il fine settimana, sentire i nostri clienti su quali sono le tipologie di preferenze per il banqueting e discutere come organizzarlo.-
-perfetto!- intervenne Soma, elettrizzato.
-castello o villa?- si inoltrò Ryou.
-villa questa volta.-

La riniune fu interrotta dal muoversi della porta della stanza e Soma fu stupito di vedere che la figura che comparì al suo interno era una bellissima bambina dai riccioli d'oro abbastanza lunghi, due occhi color ambra, che indossava un vestitino azzurro assai grazioso impreziosito da teneri merletti bianchi.
-mamma!- esclamò con le iridi luminose, vispe e grandi.
Mai si sarebbe aspettato di vederla correre tra le braccia di Nakiri, piuttosto inizialmente aveva pensato fosse la figlia di una delle cameriere che aveva conosciuto, anch'esse sedute attorno al tavolo. Poi a seguito entrò anche una giovane ventenne, con un caschetto moro e due occhi azzurri, sembrava molto agitata e infatti:
-mi perdoni l'interruzione, signorina Nakiri, Marika è voluta correre a tutti i costi da lei.
Dice che aveva un sacco di cose da raccontarvi.-
Soma rimase incantato quando assistì al sorriso più dolce, affettuoso e delizioso mai visto sul volto di Nakiri.
Non l'aveva mai vista sorridere in modo così radioso e doveva dire che risplendeva ulteriormente e la bambina aveva il suo stesso sorriso. Chi era il padre della bambina?
In principio pensò che era figlia di Rokuro vista la relazione stabile che avevano, però se ci rifletteva attentamente non poteva essere dato che Marika doveva avere all'incirca sei anni e probabilmente Nakiri non stava ancora con il compagno attuale, soprattutto perché era proprio vicino a quel periodo che loro erano andati a letto insieme.
Dunque, era stata con altri uomini dopo di lui e anche prima di Rokuro.
Non che quell'idea gli piacesse, ma alla fine era geloso anche di Rokuro ed era abbastanza scontato che lo sarebbe stato di chiunque avesse goduto delle "grazie" di Erina dopo di lui. Purtroppo non poteva negarlo né farci niente.
Rimase a fissare la bambina.
Perché sentiva una legame strano verso quella bambina?

Da quando era comparsa nella sala riunioni, subito aveva avvertito una sensazione di pace e dolcezza, tenerezza, verso di lei. Quella sensazione gli era saltata all'occhio perché con nessun'altra bambina aveva avvertito una simpatia immediata, un istinto di protezione tale, come con Marika.
Tornò a guardare Nakiri, amava la figlia con tutto il cuore.
Sembrava un fiore anche lei mentre sorrideva a Marika che la stringeva a sua volta.
-non preoccuparti Benio. Grazie per averla tenuta fino a quest'ora.-
-la ringrazio molto.- sorrise la ragazza, -ciao tesoro!- e salutò Marika.
-ciao Benio!- rispose al saluto, la bambina, scuotendo energicamente la mano.
Poi Benio lasciò la stanza e richiuse la porta.
La bambina alzò gli occhi verso la madre, in piedi a parlare con i colleghi:
-mamma! Posso venire anch'io a Kyoto?- domandò emozionata.
Soma non smetteva di guardarla, più lo faceva più un precoce affetto paterno verso di lei cresceva.
Pensò addirittura che dipendesse dal fatto che assomigliava così tanto a Nakiri e perché era figlia sua, ma non era sicuro fosse quello il motivo. -certo tesoro.- sorrise la donna.
Un'altra volta il suo cuore fece una capriola indesiderata a cogliere quel sorriso impareggiabile e unicamente rivolto a Marika. -te l'avevo detto che ti avrei portata.-
La bambina esultò e si abbracciò ancora di più la madre.
Il suo sguardo innocente si scostò dall'attenzione rivolta totalmente alla donna e si posò su Rokuro.
-Rokuro oniichan!- esclamò allegra e corse anche da lui:
-sei contento se ci sono anch'io?-
-certo che lo sono.- rispose l'uomo.
Ecco. Vedere la simpatia che aveva per il compagno di Nakiri lo disturbò abbastanza, sebbene non ne capisse i motivi del suo fastidio. Fu a quel punto che la bambina alzò lo sguardo e si girò attorno, lo notò, si soffermò su di lui.
Lo fissò per qualche minuto indefinito e lui fece lo stesso, istintivamente le sorrise: era stata un pulsione spontanea del viso. La bambina continuò a fissarlo confusa, lo analizzò con i piccoli occhi del suo stesso colore.
L'espressione aggrotata del volto era fiera come era solita adattare Erina, e anche tanto arguta:
-oniichan..- cominciò sotto gli occhi meravigliati dei presenti -..sei nuovo?-
Soma fu piacevolmente colpito dalla sua capacità d'attenzione ai dettagli.
Davvero si era accorta che era nuovo?
Era incredibile. -già.- le fece l'occhiolino lui, -e tu ti chiami Marika, vero?-
La bambina annuì.
-e tu, oniichan, come ti chiami?-
Da quando l'aveva notato, l'attenzione si era proiettata solamente su di lui e il resto delle altre persone non aveva più importanza. Le brillavano gli occhi.
-mi chiamo Soma, piccola.- le sorrise dolcemente.
-sembri proprio un eroe delle favole.- commentò lei, con le “guanciotte” arrossate.
Lui ridacchiò divertito, grattandosi la nuca:
-non mi avevano mai paragonato ad un eroe delle favole!-
Ogni tanto, oltre a parlare con la bambina, buttava lo sguardo verso Nakiri che stranamente era sbiancata all'improvviso.
Stava bene? Sembrava tesa.
-Soma oniichan, a Kyoto ti farò vedere il mio libro di favole.- decise sorridendo candidamente.
Un'altra volta ricambiò il suo sorriso d'istinto.
La loro allegra conversazione, fuori dal resto del mondo, fu interrotta da Nakiri:
-Marika.. la mamma deve finire di spiegare il programma, perché non ti siedi sulla poltrona accanto a Rokuro?
È comoda, sai? Ci sprofondi dentro.-
La bambina si distrasse dalla conversazione e all'idea sfiziosa di sprofondare nella poltrona ubbidì alla madre.
Era stata anche educata bene, era sveglia ma tranquilla. C'era da aspettarselo dall'educazione di Nakiri.
La domanda su chi fosse il padre, però, non aveva smesso di tormentarlo da quando aveva realizzato che Marika era figlia di Erina. -Yukihira, se non ti dispiace, gradirei anche la tua attenzione.- lo riportò alla realtà.
-perdonami Nakiri.- sorrise ilare, -ora ti ascolto.-
Lei sospirò e riprese a parlare.


 
****


Riprese a spiegare i dettagli riguardo Kyoto, come uno schema già prefissato, meccanico, di conseguenza la sua parte interiore stava assistendo ad un tormento psicologico: si era sentita svenire quando Marika era apparsa senza preavviso nella sala riunioni, poiché non si era preparata psicologicamente al suo incontro con Yukihira ed era stato tutto inaspettato e ansiogeno proprio per questo. Era riuscita a controllare bene l'agitazione del momento, finché la bambina non aveva notato la presenza di Yukihira ed erano letteralmente finiti in un mondo a parte, cosa che poteva succedere solamente tra padre e figlia. Com'era stato previbile, era scattata subito un'attrazione affettuosa tra i due e lo si poteva vedere da come Marika lo guardava, con quegli occhi innocenti eppure incantati e per Yukihira era stato lo stesso: immediamente le aveva sorriso in maniera amorevole e dolce, protettiva. I suoi sorrisi erano dolci sempre, anche quelli che rivolgeva a lei, ma con Marika era stato diverso. Il suo sorriso era stato diverso: era tale e quale a quello di un padre che sorride alla figlia per farla sentire il fiore più prezioso del mondo. Un fiore da vegliare e curare, proteggere con tutte le possibilità disponibili.
Erina era fortemente convinta di avere anch'essa un sorriso esclusivo per la figlia, così come Yukihira ce l'aveva per Marika.
Nessuno dei due sapevano di essere padre e figlia, ma più si sarebbero avvicinati più la certezza li avrebbe raggiunti.
La loro vicinanza avrebbe reso consapevole Yukihira che non era poi così impossibile pensare che Marika fosse sua figlia.
Già la somiglianza delle iridi era un indizio, ma anche l'età che la bambina aveva.
Con adeguate ricerche poteva benissimo arrivare alla verità anche con un semplice sospetto, che avrebbe fumentato le ricerche. Più si sarebbe avvicinato a lei, più la verità sarebbe saltata fuori. Era questo che la agitava dato che sapeva di avergli fatto una cosa orribile a privarlo del ruolo di padre. Avrebbe chiesto il suo affidamento se l'avesse scoperto?
L'avrebbe odiata? Sicuramente. Anzi.. indubbiamente.
Poteva reagire in qualsiasi maniera ed era questo che la spaventava di più e con la consapevolezza di non poter tornare indietro e dirgli subito di avere una figlia. La terrorizzava l'idea di essere odiata da lui e sapeva benissimo perché: Yukihira era l'ultima persona da cui voleva essere odiata. Era ovvia la risposta alla sua paura.
Ed era la solita risposta: quella notte era stata molto di più di una "botta e via" per lei.
L'incertezza dei suoi sentimenti per Rokuro, dopo la comparsa di Yukihira, era un'altra prova che non l'aveva dimenticato e che sarebbe stato difficoltoso portare avanti la sua vita senza lasciarsi andare e nascondere quello che sentiva veramente e che si ostinava ad evitare di esplorare per non interrompere l'equilibrio che si era creata. Il fatto che si impuntasse a seguire la strada sentimentale più facile e solida. Si stava distraendo troppo a pensare e a dirla tutta riusciva ad esporre i dettagli della loro prossima tappa solo perché sapeva già cosa e come dirlo.
-quindi.. questo è tutto quello che dovete sapere.- concluse infine, sorprendendosi lei stessa di essere riuscita a gestire con discrezione le emozioni e le paure che la stavano assalendo.
-ora potete andare. Spero di essere stata chiara. E grazie dell'attenzione.-
Detto questo, pian piano tutta la sala riunioni si svuotò.
Quando anche Yukihira fu uscito dalla stanza, non riuscì a controllare un respiro di sollievo che non sfuggì né a Alice né ad Hisako, ma si risparmiarono di interrogarla a lavoro. Le ringraziò mentalmente per non averlo fatto.
-andiamo mamma?- la voce armoniosa della figlia la sollevò da quel pesante macigno per un attimo.
-certo tesoro.- sorrise, prendendo Marika per mano.




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Angolo autrice: ecco qua il nuovo capitolo. Prima del previsto immagino, ma preferisco comunque precisare che la pubblicazioni saranno meno frequenti (come sempre: causa studio ç___ç). Cosa ne pensate? ancora non ho presentato tutti personaggi che circondano Erina e Soma, ma vi assicuro che pian piano lo farò. Abbiate pazienza D: .
Come vi è parso questo capitolo? le interazioni Sorina? sono IC? e non solo loro. Soprattutto, come vi è parso l'incontro tra Soma e Marika? spero di non avervi deluso.
Mi auguro anche di essere stata chiara per quanto riguarda il lavoro dell'Adashino C.B, ovviamente con lo scorrere dei capitoli spiegherò anche i ruoli di tutto, ma intanto:

Erina: Chef durante gli eventi. coordinatrice di cucina, gestione dei clienti (contratti dei catering/banqueting, procedure burocratiche prima di ogni evento)
Soma: Chef durante gli eventi. Approvvigionamento delle merci, prodotti, alimenti. (sì, vi accennerò quest'ultima cosa nei prossimi cap)
Rokuro: gestioni degli incassi, conti dei guadagni dell'Adashino C.B.
Alice: Chef durante gli eventi. Si occupa anche della pubblicità e del marketing della società (che viene rivoluzionato ogni anno per rimanere sempre innovativi)
Ryou: Chef durante gli eventi. Fa a turno con Alice per la gestione della pubblicità del marketing.
Hayama: Chef durante gli eventi. Esperto delle spezie usate nel corso degli eventi. Import&Export di esse. Viaggia spesso per questo.
(spiegherò per bene nei prossimi cap anche il suo ruolo, quando lo presenterò come pernaggio. Spiegherò anche i motivi della sua assenza).
Hisako: Chef durante gli eventi. Sceglie gli ornamenti floreali secondo i gusti dei clienti. Anche della decorazione della sala sui vari aspetti.
Oltre questo, fa da informatrice a chiunque glielo chieda.

Spero che con questo sia più chiara la logica della società che mi sono immaginata.
Sicuramente è una logica elementare visto che le aziende non sono il mio campo, ma non è questo il fulcro della storia come sapete! XD

Detto questo, ringrazio tantissimo chi mi ha lasciato la recensione!! *____* <3 gentilissimi!! *___* e soprattutto ringrazio tutte le persone che hanno letto My Sweet Chef e hanno deciso di seguire (sperando che ne esca un buon progetto XD) anche la mia nuova longfic. Grazie chi ha messo la fanfic a seguite/preferite/ricordate.

Spero a presto!! *____* un bacione immenso a tutti!! <3<3 Erina91

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Capitolo 3
*** Esplosiva pausa pranzo ***


Esplosiva pausa pranzo



Le strette vie che portavano al suo appartamento erano silenziose e buie, le luci della città spente e solo i lampioni assaliti dai moscerini notturni ad illuminare la banchina. Le vetrine dei negozi chiuse da vecchie saracinesche.
Le strade erano spoglie e solo lui ed Erina a sorreggersi a vicenda perché barcollavano.
Nonostante fosse ubriaco, l'aveva fissata tutta la sera con sguardo voglioso.
Non si era perso un attimo delle sue mosse rimanendo stupito quando l'aveva vista correre fuori dal locale dove stavano festeggiando.. Cosa stavano festeggiando, poi? ah.. giusto.. la fine dell'università. 

Aveva avuto un altro rapido vuoto di memoria a causa della sbornia, eppure il momento in cui Nakiri l'aveva rincorso fuori dal locale era limpido e chiaro.
-Yukihira.. perché ci stiamo tenendo per mano?- chiese confusa lei.
-per sorreggersi.- scoppiò a ridere lui.
-ah! Giusto..- recitò vaga, -allora posso stringerla di più?- squittì brilla.
-nessuna obiezione lady Nakiri.- ironizzò lui, singhiozzando.
Anche lei scoppiò a ridere.
-mi porti a casa, vero?- biascicò ancora, lei, a euforia finita.
-certo, è quello che sto facendo.-
-non so come mai..- fece una pausa, quasi perdendo l'equilibrio, che prontamente lui salvò con la sua mano per la seconda volta -..non sembra la direzione di casa mia.-
-forse hai ragione, Nakiri..- si unì anche lui, -sarà davvero così..?-
-facciamo un salto al kombini*..- farfugliò lei, singhiozzando ancora.
-è pericoloso! Ci sono i maniaci!- esclamò lui, alzando il tono della voce senza motivo e avvicinando pericolosamente il volto a quello di Nakiri. Si fissarono intensamente negli occhi.
-sei inquientante Yukihira!- starnazzò lei, spigendolo via e facendo traballare entrambi, -non mi fissare così.-

Aveva le guance arrossate a causa dell'alcol, sembrava quasi innocente e per un attimo non si accorse nemmeno di star barcollando. -se spingi cadiamo, Nakiri.- ridacchiò.
-bella la luna, Yukihira..- se ne uscì lei improvvisamente.
Soma scoppiò a ridere. -quella non è la luna, Nakiri, è un lampione!-
-che diavolo dici, Yukihira, quella è la luna!- ribatté lei capricciosa.
Soma la fissò divertito. -andiamo a casa mia?-

Lei era tornata a fissare un punto indefinito e non rispose alla sua domanda.
Quella situazione era surreale, ma estremamente gradevole.
Era sbronzo, però poteva affermare con certezza che si stava divertendo.
Spontaneamente, probabilmente perché l'alcol l'aveva aiutato a prendere quella scelta, portò davvero Nakiri a casa sua.
Era il posto più vicino..


Girando per negozi assieme a Megumi, un'altra volta gli era tornato in mente un momento di quella serata con Nakiri perché ricordava bene ogni passaggio, compresa quella camminata spassosa con lei fino a casa sua e la sensazione d'isolamento totale dati i negozi chiusi e la scarsa presenza di gente a giro. Strano, vero?
Sì, strano.. perché era ubriaco, ma forse non abbastanza da non ricordare dettagliatamente tutto e no.. probabilmente perché i sentimenti di quella notte erano ancora vivi in lui e stuzzicavano la sua mente con amaro rimpianto.
Certo che quella sera Nakiri era proprio bella eh?
Involtariamente gli scappò un sorriso a quel pensiero.
Se pensava che adesso lavorava con lei e che quasi tutti i giorni la vedeva, la scia di sensazioni che aveva provato stava fuoriuscendo come un fiume in piena. Come adesso: era ad un appuntamento con Megumi ma pensava ad un'altra donna. Si sentiva proprio uno schifo. Oltrettutto gli sfuggiva anche quello che lei stava dicendo, si guardava attorno, ma tutto quello che sperava di vedere era la figura di Nakiri con indosso la gonna e la camicetta sexy che portava l'altro giorno.
In più, da quando aveva conosciuto Marika, non faceva altro che chiedersi chi era il padre della bella bambina e dov'era in quel momento. Come mai Erina era costretta a lasciare Marika ad una baby sitter e non al padre?
Moriva dalla voglia di chiederglielo, ma non poteva farlo.
Non aveva il diritto di farlo. Rokuro lo sapeva? Ovvio che sì, la domanda che si era fatto era stupida.
Già, Rokuro.. quell'uomo non gli piaceva. Era affascinante e sicuramente molto intelligente, certo, ma trovava sgradevole il modo in cui lo controllava, lo studiava, e soprattutto il suo appiccicarsi a Nakiri come una “cozza”.
A primo impatto sembrava proprio un uomo_anche se in gamba_possessivo e morboso.
Mentre lavorava era razionale e brillante, sapeva fare indubbiamente il suo mestiere di contabile, ma immaginava che un po' tutti avessero lati positivi e negativi. Quando aveva detto a Nakiri che era contento che avesse trovato una persona con la quale si trovava era la pura verità perché comunque sembrava che Rokuro avesse cura di lei, però il fastidio che provava nel vederli insieme non si era placato lo stesso. Ogni giorno era un'autentica tortura vederli venire e tornare insieme a lavoro e spesso si era immaginato lui al posto dell'uomo. Si era immagino di tornare in moto con Nakiri da lavoro. Da soli.
Quei desideri erano sbagliati, malsani, era come tradire mentalmente Megumi perché talmente intensi da fargli provare un fastidioso senso di infedeltà nei confronti della sua ragazza attuale.
Non guardava Megumi con lo stesso sguardo desideroso che rivolgeva ad Erina. La guardava con dolcezza, ovvio, ma era una dolcezza candida e non quel tipo di dolcezza con cui dovresti guardare la donna con cui stai.
Era più un senso di protezione. Senso che comunque provava anche verso Nakiri, ma era ugalmente diverso da quello provato per Megumi: era una protezione spontanea, sì, ma anche dettata da una sensazione di proprietà.
Esatto, la differenza era questa: vedeva Nakiri come una sua proprietà e sentiva il bisogno di “marcare il territorio” con lei, mentre con Megumi non era mai stato troppo geloso o aveva sentito il desiderio di affrontare i suoi spasimanti_forse perché per ora non aveva sentito di essi_cercando di controllare l'istinto di dire “lei è la mia compagna”; necessità che invece, da quando aveva saputo che Nakiri faceva coppia fissa con Rokuro, sentiva costantemente.
Ormai era da quando aveva superato la prima fase all'Adashino C.B, con il primo catering, che non poteva fare a meno di mettere a confronto ciò che sentiva quando era con Nakiri e quando era con Megumi. Stava bene con entrambe, ma la differenza attrattiva, emozionale, pervasiva, istintuale, dal punto di vista sessuale continuava ad essere netta.
Era attratto da Megumi, gli piaceva fare l'amore con lei, ma con ella non avvertiva quella sensazione di soffocamento interiore scatenata dal forte desiderio sessuale provato verso Nakiri; soffocamento che sembrava potersi risolvere solo se fosse andato a letto con Nakiri e forse_anzi sicuramente_ neanche in quel caso. Non gli sarebbe bastato: anche dopo essere andato con lei per la seconda volta il desiderio carnale sarebbe raddoppiato, i muscoli si sarebbero serrati a causa della continua tensione sessuale tra loro e il cuore avrebbe iniziato a battere imperterrito a causa dell'eccitamento generale alla sola idea di riviverlo. Come sentiva in quel momento. Cosa stava pensando? Doveva mettere un freno alla sua mente.
Era con Megumi, doveva rivolgere l'attenzione al presente, a lei: Megumi era il suo presente, Nakiri il suo focoso passato. Nakiri sarebbe stata il passato per sempre_visto che era impegnata_Megumi poteva diventare il suo futuro.
Cercò di convincersi in questo modo, provando a tornare alla realtà, ma la sua ragazza lo anticipò per primo stringendo con più forza la mano che gli teneva. -Soma-kun.. quella cintura di pelle scura secondo te può piacere a mio padre?-

 
 
****


Megumi si soffermò a vedere gran parte delle vetrine del centro commerciale dove lei e Soma si erano diretti quel pomeriggio. Doveva assolutamente comprare un regalo a suo padre, che presto sarebbe stato il suo compleanno e aveva pensato bene di chiedere a Soma di accompagnarla perché pensava che la scelta sarebbe stata più facile.
Tuttavia, lui era distratto. La teneva per mano mentre si fermava a vedere gli interni delle vetrine, ma non lo sentiva presente. Certo.. non che lo shopping per un uomo fosse il maggior divertimento, però di solito ascoltava quello che diceva ed era più reattivo; invece, da quando aveva iniziato a lavorare all'Adashino C.B, sembrava assorto e quasi assente, in un mondo a parte. Iniziava a preoccuparsi. Lei e Soma stavano insieme da quattro anni ormai e pensava che fossero entrati in una relazione stabile, ma lui non gli aveva detto “ti amo” neanche una volta. Inizialmente aveva pensato fosse normale visto che ognuno ci metteva il suo tempo ad innamorarsi, però erano quattro anni e doveva essere già successo; eppure, la parola “ti amo”, non era mai uscita dalla sua bocca. Neppure lei l'aveva mai detto ed era consapevole di amare Soma con tutto il cuore, tuttavia aveva paura a fare la prima mossa nel dirglielo dato che, visto che lui non l'aveva mai fatto, non poteva sapere come l'avrebbe presa. Era successo varie volte che gli avesse detto “mi piaci”, soprattutto nei momenti intimi, ma la soglia del “piacere” e dell'affetto non era mai stata superata.
Cosa pensava Soma della loro relazione?
Quanto era importante?  Lo era quanto lo era per lei?
Erano tutti dubbi che non lasciavano mai la sua testa perché davvero non capiva cosa lui pensasse: avevano 27 anni, un lavoro fisso entrambi, conviveno quasi.. però a dispetto di questo lui non aveva mai affrontato un discorso sul futuro insieme, nemmeno gli era sfiorata l'idea di ufficializzare il rapporto con un matrimonio o mettere su famiglia con lei_cosa che invece a lei era successo varie volte di immaginare, sebbene non glielo avesse mai confessato_. Non se la sentiva di farlo: prima di tutto perché solitamente era l'uomo a fare la prima mossa, secondo.. comprendere i pensieri di Soma, conoscere i suoi veri sentimenti, le emozioni che provava a stare con lei era sempre stato difficile farlo.
Era sicura che Soma le volesse bene, che si trovasse bene con lei, ma cosa c'era oltre questo legame per lui?
Si era sempre fidata di lui e anche per questo le sembrava abbastanza meschino pensare che i sentimenti non fossero pienamente reciproci dato che stavano insieme da diverso tempo. Al contempo, da quando aveva cominciato quel nuovo lavoro, si era fatto addirittura più distante e spesso si fermava a pensare qualcosa che non le era dato sapere. Non gliene aveva mai parlato e probabilmente non voleva farlo per qualche motivo, e a dirla tutta le raccontava poco anche del nuovo impiego e dei conseguenti avvenimenti. Voleva davvero affrontare quel discorso con lui, chiedergli i motivi, essergli utile se c'era qualcosa che lo tormentava ma purtroppo per il carattere che aveva non sapeva da dove cominciare e soprattutto aveva paura a farlo perché sentiva che non gli avrebbe detto la verità, piuttosto avrebbe cercato di rassicurarla.
Strinse più forte la sua mano e fu a quel punto che Soma sussultò:
-Soma-kun.. quella cintura di pelle scura secondo te può piacere a mio padre?-
-scusami Megumi, ero pensieroso. Quale cintura intendi?-
-quella nella vetrina a destra.- la indicò, cercando di nascondere la tristezza.
Lui la guardò. -penso che sia nel suo stile.- approvò sorridendo.
Finalmente sembrava tornato alla realtà.
Lei abbassò la testa.
-Soma-kun.. tutto bene a lavoro?-
Sperava che ponendogli quella domanda, lui avrebbe accennato a qualcosa.
-a lavoro?- ripeté lui, -ah sì! A lavoro..-
Appunto, già il modo in cui rispondeva non era consolatorio.
-perché una domanda del genere?-
Lei sospirò stancamente:
-forse è solo una mia impressione, Soma-kun, ma sembri distratto ultimamente.
Ho pensato che c'entrasse il nuovo lavoro.-
-il lavoro non c'entra.- sorrise lui rassicuramente, -è tutto apposto, non preoccuparti.-
Lei annuì e non insisté con le domande, dato che chiaramente non era motivato a rispondere poiché le risposte erano vaghe e sbrigative. Dunque, si alzò sulle punte e gli lasciò un bacio sul volto e quando si staccò disse:
-se hai bisogno di parlare conta su di me.-
Alla fine, visto che non voleva parlargliene, era l'unica frase da dire.
Lui gli sorrise grato. -lo so. Grazie Megumi.-

Entrati nel negozio, comprata la cintura, Soma riprese a parlare:
-sai Megumi.. questo lavoro prenderà molto tempo e sarò spesso in viaggio, anche all'estero, non sarà come prima. Potremmo finire per vederci meno. Credi di potercela fare a sopportarlo?-
-avevo già messo in conto questa possibilità, Soma-kun.- rispose lei:
-so quanto per te sia importante fare questo tipo d'esperienza e non ti fermerò.-
-sapevo che avresti capito.- ridacchiò lui.
Fu dura per lei dire quella frase, ma non voleva  interrompere la sua carriera di chef per i suoi sentimenti.
Megumi aveva già accettato l'idea che si sarebbero visti meno quando Soma le aveva dato la notizia della sua assunzione qualche giorno fa; però, proprio per questo, sperava che lui prendesse l'iniziava e decidesse di ufficializzare il loro rapporto perché così sarebbe stata più tranquilla.
Comunque, se ancora non era sua intenzione, non poteva farci niente. Doveva semplicemente fidarsi di lui.
-andiamo a bere qualcosa?- propose Soma.
-certo! Dove vuoi.- sorrise lei.

 
 
****
 

Erina era andata a fare una bevuta con Hisako dopo aver accompagnato Marika da Alice, dove sarebbe rimasta per la notte.
Si trovavano all'interno di un piccolo locale dove vi era un bar e dei tavolini in legno.
Aveva fissato con Hisako per le 21.00, per fare due chiacchiere, visto che era un po' che non si vedevano fuori da lavoro.
Da quando lei e Yukihira erano diventati colleghi lei e Hisako non avevano più affrontato il discorso, ma era certa che la sua amica fosse preoccupata per lei sapendo i loro precedenti.
Hisako aveva ordinato un Mojito, lei un bicchiere di birra giapponese. Classica insomma.
Non era solita andare nei locali per bevute, se non per festeggiare qualcosa, e poi esse dovevano saper deliziare il suo gusto e lì la birra giapponese era abbastanza saporita e di buona qualità. Assieme alle due bevute, il cameriere aveva portato loro anche stuzzichini, salatini e patatine: la peggior spazzattura, come la definiva lei. In fondo andava bene così e quello era il luogo ideale per due chiacchiere tra amiche: lontano dal lavoro, dai suoi attuali problemi sentimentali interiori e con un sottofondo di musica pop o tecno. Inoltre.. aveva bisogno di svagarsi un po', parlare con Hisako e uscire dalle solite routine quotidiane. -..e così ieri sono andata a cercarlo anche lì.- terminò Hisako.
-e alla fine quel maledetto libro l'hai trovato?-
-certo, ma ho dovuto girare all'incirca quattro librerie. Non sono molto forniti.-
-ma su internet, no? Non hai pensato di cercarlo lì?-
-è che non mi fido a comprare merce su internet e avevo bisogno di quel volume di cucina medica cinese al più presto.
Sai che quando mi impunto a voler sperimentare qualcosa di nuovo non mi ferma nessuno.- ridacchiò Hisako.
-eccome se lo so! Come quella volta nello shokugeki con Hayama.- ricordò lei, -dopo che la prima volta ti ha sconfitto e umiliato, hai sperimentato una serie di piatti e alla fine sei riuscita a prenderti la rivincita su di lui una volta_sebbene adesso siete praticamente allo stesso livello_ ma lui continua a fare passi avanti.-
-è vero ed è proprio questo che mi stimola a non smettere di fare le mie ricerche.
Certo che è proprio presuntuoso, non credi?- sbottò lei stizzita.
Erina si aprì in una risata graziosa. -però ti piace, amettilo Hisako.-
Hisako arrossì di botto. -cosa stai dicendo? È insopportabile.-
-non prendermi in giro, si vede che sei intrigata da lui. Anche il fatto che sia proprio lui a spingerti involontariamente a dare il meglio di te, e nessun altro, ti fa capire che senti il bisogno di avvicinarti a lui in qualche modo.-
-certo.. di avvicinarmi alle sue abilità, non a lui come persona. E poi, scherzi Erina? Con Hayama? Non faremmo altro che discutere! Già lo facciamo, figurati come coppia, penso che potremmo distruggere qualsiasi stanza in cui ci troviamo.-
-è proprio questo che vi fa fare scintille!-
-come puoi dirlo? Te e Rokuro siate tutto l'opposto di come saremmo io e Hayama: non discutete mai, siete molto simili, siete d'accordo su ogni decisione. Siete assolutamente la coppia perfetta. Avete un rapporto complementare.-
Lei si aprì in un mezzo sorriso. -già, è così.-
-e allora? Come fai a dire che io e Hayama staremmo bene insieme?-
-chi lo sa..-
Già.. perché aveva detto a Hisako che lei e Hayama sarebbero stati bene insieme?
Ciò che la sua amica diceva era logico:
Come poteva stare con una persona con cui avrebbe discusso sempre?
Hisako finalmente sembrò capire prima di lei:
-adesso mi è tutto più chiaro.. ti ricordiamo te e Yukihira, vero?-
Erina sussultò colta di sorpresa. Sì, probabilmente la risposta era quella.
-Erina.. è questo quello che ti tormenta in questi giorni?
Mi hai chiesto di andare a bere insieme perché c'è qualcosa che ti affligge?-
-non pensare questo, Hisako, mi andava davvero di fare due chiacchiere con te.-
-ma c'è un “però”, vero?- colpita è affondata. -c'entra la ricomparsa di Yukihira.-
Erina annuì timorosa. -anche se fosse, ho la mia vita con Rokuro.-
Il problema principale non erano solo la sorta di sentimenti che provava per Yukihira, ma anche la questione Marika: si erano conosciuti e questo la terrorizzava. Non poteva dirlo, tuttavia, ad Hisako: lei non sapeva che Marika era figlia di Soma. Hisako sapeva che erano andati a letto insieme una volta, la stessa sera che tutti festeggiarono la laurea, ma non di Marika. -lo capisco, Erina, ma sei sicura di ciò che provi per Rokuro?-
-certo che sono sicura!- esclamò. No.. risposta troppo rapida, distolse lo sguardo.
-no..- cominciò ammettendo -..da quando è ricomparso Yukihira sono piena di dubbi ed è un fastidio.
Avevo finalmente trovato un equilibrio con la mia vita e lui deve sempre distruggerlo o crearmi difficoltà. È frustrante!-
-non è colpa di nessuno dei due se vi siete incontrati di nuovo.-
-ma Marika..- sgranò gli occhi, sconvolta si tappò la bocca perché spontaneamente erano uscite le uniche parole che non doveva dire. Hisako si fece confusa:
-Marika..?- appunto. -giusto, Marika, tu non mi hai mai detto di chi è figlia e io non ho insistito perché volevo aspettare fossi tu a parlarmi del suo vero padre e a raccontarmi com'erano andate le cose o perché costui non è mai venuto a rivendicare il suo affidamento. Dunque, perché in un discorso dove parliamo di Yukihira-kun mi parli di Marika?-
Si fece seria. -Erina.. spero tu smentisca quello che sto pensando.-
Cosa doveva fare? Ormai si era incastrata da sola. Hisako aveva capito.
-il fatto che non mi rispondi, mi fa pensare che non me lo puoi smentire..-
Sospirò stancamente. -..perché non me l'hai mai detto?-
Hisako sembrava ferita da quella mancanza e lei sapeva che aveva tutte le ragioni di esserlo.
-chi altro lo sa, Erina?- chiese ancora.
-non te l'ho mai detto perché volevo che il minor numero di persone lo sapesse.-
-posso capire le tue ragioni, quello che non capisco è perché non ti sei fidata di me.-
-mi fido di te, Hisako, lo sai.- replicò lei, giustificandosi:
-mi dispiace avertelo tenuto nascosto per tutti questi anni, ma nemmeno io sapevo cosa fare allora.-
Hisako sospirò nuovamente:
-hai fatto una cosa terribile a Yukihira-kun, lo sai?-
-so perfettamente di aver fatto una cosa terribile. Non hai bisogno di farmelo notare.- affermò lei infastidita.
Qualcun altro oltre a sua cugina glielo aveva precisato. -lo so..- ripeté sottovoce, guardando altrove.
-perché non glie l'hai mai detto?-
-adesso scoppierai a ridere, ma ho avuto paura a farlo dopo aver scoperto di essere incinta.- iniziò a raccontare lei:
-era già passato un mese e mezzo dopo quella sera ed ero scappata da casa sua senza nemmeno avvisarlo. Ero fuggita.
Ero consapevole, la mattina dopo la sbornia, di aver fatto un errore.
Poi, quando ho scoperto di essere incinta, era troppo tardi e ho scelto di non dirglielo..-
-..privandolo del ruolo di padre.- concluse Hisako aspra, per lei, beccandosi un'occhiataccia da parte di Erina.
-comunque, ora posso capire quanto tu sia in ansia.-
-non voglio lo stesso distruggere quello che mi sono costruita in questi anni.-
-non si tratta solo di questo, Erina, si tratta anche dei tuoi sentimenti.. quanto pensi di poter ignorare ancora ciò che senti per Yukihira pur di non mandare all'aria tutto?-
-ti ripeto che per me è finito tutto quella notte.- protestò lei.
-io ritengo che non sia così: se avere Yukihira come collega ti destabilizza a tal punto, per me è chiaro che non è finita.
Mi hai sempre detto di non aver dimenticato.-
-mi destabilizza perché in fondo è il padre di Marika.-
-..e perché sei pazza di lui.- concluse di nuovo per lei, Hisako. -si vede, Erina.-
-non è vero!- tuonò ancora lei, non riuscendo a controllare il rossore alle guance.
-pensaci bene, Erina, smettila di giocare alla coppia perfetta con Rokuro e ascolta il tuo cuore.
Cerca di capire con chi vuoi veramente stare.-
Lei non sapeva più come rispondere alle parole di Hisako perché in fondo sapeva che aveva ragione.
Lei era confusa, questo era chiaro; nello stesso tempo, però, non voleva buttare via il bilanciamento trovato negli ultimi anni. -ho già deciso, Hisako.- così terminò piatta.
-ho scelto di stare con Rokuro. Poi, hai sentito no? Yukihira è fidanzato.
Anche per lui è finita. È meglio andare avanti.-
-come vuoi. Non ho altro da suggerirti. Fai come ti senti.-
Calò il silenzio tra le due ragazze, poi Hisako riprese a parlare:
-per favore, siamo amiche, non mi tenere più nascoste cose così importanti.
Ci sono rimasta male, ma posso passarci sopra se mi prometti di iniziare a fidarti di me.-
-te lo prometto. Grazie della comprensione, Hisako.- sorrise lei.
Lei ricambiò affettuosamente il sorriso. Improvvisamente, poi, si fece timida e iniziò a sfregarsi i pollici agitata.
-sai per caso quando tornerà Hayama dall'India?- borbottò impacciata.
Erina cercò di trattenere le risate. -lo dicevo che sei intrigata da lui.-
Hisako sobbalzò arrossendo. -smettila! È solo curiosità.-
-guarda che non ti devi vergognare, sai?-
-ti ho già detto come la penso, quindi smettila di fare certe insinuazioni.-
-comunque, purtroppo credo che ne avrà ancora per un paio di mesi.-
-capisco..- asserì. Il tono con cui aveva risposto sembrava dispiaciuto.
Erina capì che le sue teorie sui sentimenti di Hisako per Hayama erano giuste, anche se lei continuava a negarli.
Alla fine la capiva, anche lei sapeva di star facendo lo stesso in qualche modo_non poteva fare altrimenti_.



****



Hisako aveva cercato di negarlo, ma era vero che sentiva di essere incuriosita da Hayama.
Fin dall'inizio forse lo era stata, ma la consapevolazza di ciò l'aveva raggiunta solo da quando erano diventati colleghi e avevano iniziato a lavorare insieme. Trovava Hayama affascinante, anzi, a dirla tutta lo riteneva davvero bello.
La pelle scura, che sembrava quasi abbronzata, quelle ciocche albine lughe e sempre legate da una coda gli donovano un fascino singolare, oltre a ricordargli un samurai vissuto nell'antico Giappone. E quegli occhi verda acqua pentranti, impassibili, misteriosi erano capaci di crearle dei piacevoli brividi ogni volta che posava lo sguardo su di lei.
Non sopportava il suo atteggiamento arrogante, ma dall'altra parte lo trovava seducente e non negava che sentire da Erina che non l'avrebbe visto per due mesi le faceva sentire già la sua mancanza. Era sicura che questo interesse non era reciproco, poiché Hayama non sembrava esattamente coinvolto dalle questioni amorose e preferiva di gran lunga viaggiare alla ricerca di spezie piuttosto che parlare con lei. O almeno.. la sensazione che aveva avuto era questa.
Oltretutto, non c'era spesso alla sede dell'Adashino C.B perché era sempre a giro e per lo più il suo ufficio restava vuoto.
Certo.. lo faceva per lavoro, visto che era l'esperto di spezie e si occupava lui di selezionarle via via per ogni evento, ma non aveva molta possibilità di vederlo e di parlarci. Lei, oltre ad essere timida, era altrettanto orgogliosa e il comportamento detestabile di Hayama sicuramente non la spingeva a fare la prima mossa o a cercare di farsi notare, ma prima di tutto accettare da lui visto che la trattava come se fosse la persona più insignificante del mondo.
Non lo faceva apposta, ma l'impressione che le dava era quella. Si chiedeva come le potesse interessare un tipo tanto odioso e irrispettoso. Stava bene da solo, e lo vedeva, quindi perché era attratta da un tipo simile?
Non l'aveva mai capito, però non poteva più dire di non esserlo.
Alla fine si impuntava a voler raggiungere solo lui, mentre le capacità degli altri ragazzi non le erano minimamente interessate e questo perché voleva essere notata da lui, voleva incuriosirlo come lui faceva con lei. Come fare?
Sospirò tra i pensieri. Non era solo la "questione Hayama" a tormentarla, anche quando Erina le aveva confermato che Marika era figlia di Soma c'era rimasta male nel sapere che lei non le aveva detto un dettaglio tanto importante in quei sei anni. Non aveva insistito nel sapere chi era il padre della bambina perché vedeva che Erina faticava a parlarne, però sperava che un giorno trovasse il coraggio per farlo anche con lei. Pensare che fosse Yukihira forse non era poi stata una sorpresa per lei: da una parte aveva supposto lo fosse visto che Erina le aveva sempre detto di non aver dimenticato quella notte e di non capire cosa fosse stato, però non aveva avuto la certezza finché non era stata Erina stessa a dirglielo involtariamente. L'arrivo di Yukihira all'Adashino C.B l'aveva talmente sconvolta che le era crollato il mondo addosso, Hisako poteva immaginare i motivi e ora che sapeva che era il padre di Marika più che mai.
La situazione era critica ed Erina sembrava ancora molto confusa riguardo i suoi sentimenti, l'unica cosa che poteva fare era starle accanto e aiutarla se aveva bisogno. Sperava che dopo che le aveva detto di essere sincera con lei, Erina si facesse meno problemi a raccontarle la verità sui suoi sentimenti e non solo.
-non l'hai presa bene, vero?- la riportò alla realtà Erina.
-cosa..?- tentò lei, anche se sapeva dove voleva arrivare: Hayama.
-Hayama, ovvio.- le confermò. -non lo vedrai per un po'.-
-cosa vuoi che cambi, tanto è sempre così. Poi ti ripeto che non è adatto a me.-
-non conosco la cultura indiana, ma ho la sensazione che non sia così facile per loro stare con chi vorrebbero.
La loro religione induista e soprattutto la loro tradizione non glielo permette. Non so se hai pensato a questo.-
-ad Hayama non è rimasto nessun parente indiano, che io sappia, non so cosa lo leghi ancora alla sua patria oltre le spezie originarie.- rispose lei. -è stato cresciuto da Shiomi sensei, lo sai. Quindi, non ti saprei dire.-
-dico solo che dovresti sbrigarti ad avvicinarti a lui.-
-sai che non lo farò, anche se volessi. Te l'ho già detto.-
Erina sospirò ancora. -va bene, non insisto, chiudiamo qui il discorso.-
Hisako le fu grata per aver deciso di chiudere la “questione Hayama” e le due ragazzi ripresero a chiacchierare del più e del meno senza affrontare conversazioni sentimentali. Quella sera passò tranquilla e adesso anche Hisako sapeva veramente tutto di Erina, seppur consapevole che si era cacciata in un bel guaio e che il ritorno di Yukihira non sarebbe stato privo di repercussioni per la sua più cara amica.


 
****


Soma era stato appena informato dal direttore dell'Adashino C.B che oltre a prestare le sue competenze e i suoi servigi come chef durante i catering/banqueting, nei giorni cui compito non era quello doveva occuparsi dell'approvvigionamento e della selezione delle merci pre e post banchetti e delle ordinazioni con i fornitori. Dunque, eccolo lì, seduto all'interno del suo ufficio dalle dimensioni contenute e raccolte, a provare a gestire il suo nuovo mestiere. In fondo non era tanto diverso da quello che faceva alla tavola calda di suo padre quando lui non c'era, poiché anche in quel caso gestiva le ordinazioni delle merci e aveva rapporti con i fornitori di esse. L'unica differenza apparentemente minima_ma così non era affatto_era che i clienti della sua tavola calda erano più o meno i soliti e il posto per essi non era poi tanto, mentre per quanto riguardava l'Adashino C.B si occupava di un pubblico vasto e di richieste raffinate ed eleganti provenienti non solo dalla sua Nazione ma da tutto il mondo e di conseguenza le merci da scegliere erano variegate e a seconda del tipo di evento. Venivano fatte richieste non unicamente di cucina giapponese, ma di ogni tipo di Nazione con le sue culture e i suoi cibi originari. Con l'Adashino C.B sperimentavano qualsiasi tipo di cucina e bene o male dovevano cavarsela per ogni tipo di piatto richiesto e in ogni campo culinario: questo comportava l'arrivo e la richiesta di una quantità infinita di prodotti e ingredienti provenienti dall'estero e scelti con cura. Ecco la differenza: la tavola calda ospitava un gruppo ristretto di clienti, il servizio dell'Adashino C.B invece si rivolgeva ad un vastissimo pubblico.
Era molto più impegnativo come lavoro e siccome le procedure in qualsiasi catering/banqueting che contrattava con l'Adashino C.B erano ricercate, servizievoli e maestosamente organizzate doveva essere tutto perfetto pre e post banchetti. Ora che ci pensava, affrontare difficoltà di questo tipo per seguire e accrescere la carriera nella quale si era inserito, era istruttivo; quindi, appunto per questo, avrebbe fatto del suo meglio anche nelle gestioni burocratiche.
Non si buttò giù subito vedendo la numerosa lista di fornitori a cui la società si affidava, perché non era da lui farlo, e pian piano sarebbe riuscito a controllare tutto. Alla fine le sue conoscenze non erano ancora ai livelli dell'Adashino C.B e quell'idea, seppur non gli impedisse di sottovalutare il suo ruolo, lo elettrizzava anche.
Fortunamente era arrivato in anticipo quella mattina a lavoro, così invece di iniziare a lavorare alle 9.00 come faceva solitamente, aveva iniziato un'ora prima e riuscì a terminare in maniera decente metà dei compiti di quel giorno entro l'ora di pranzo. Si stiracchiò tutte le ossa e i muscoli del corpo e dopo essersi lasciato andare ad uno sbadiglio, decise che era il momento di andare a riempirsi lo stomaco alla mensa della sede dell'Adashino C.B.
Ora che ci pensava, era stato tutto la mattina rinchiuso nel suo studio e anche entrato a lavoro non aveva visto nessuno dei suoi vecchi compagni d'accademia, soprattutto né Nakiri né il suo compagno.
Il lavoro aveva tenuto occupata la sua mente, per cui i pensieri su Nakiri e Megumi non l'avevano assalito; però, adesso che si stava rilassando e accusava stanchezza e appetito, era tornato a pensare a lei e a sentire i sensi di colpa verso la sua ragazza. Se doveva essere sincero, ma non fiero del pensiero, sentiva la voglia di vederla.
Voleva vedere Nakiri, pur consapevole che lei sarebbe stata in compagnia di Rokuro.
Chissà se a mensa l'avrebbe vista?
Poi un divertente dubbio raggiunse la sua testa:
Davvero la mensa dell'Adashino C.B riusciva a soddisfare il “palato di dio” di Nakiri?
Beh, data l'eleganza e la struttura moderna e nuova dell'edificio, probabilmente anche la cucina aveva i suoi punti di forza.
Tra questi pensieri, entrò nell'ascensore e pigiò il tasto del pian terreno: la mensa si trovava sotto tutti gli uffici.
Dal chiacchiericcio che proveniva da là, suppose ci fosse tanta gente. Lanciò una sfuggevole occhiata all'orologio a polso ed in effetti erano le 13.00 in punto, gran parte dei suoi colleghi pranzava a quell'ora.
Sperò di trovare posto.

Arrivato nella sala con servizio “Self Service” constatò che in effetti era piena di gente.
Il suo sguardo volò alla ricerca di un tavolo vuoto o nella speranza di trovare qualcuno di sua conoscenza, quando adocchiò le lunghe ciocche bionde di Erina in uno dei tavoli al centro e con sua enorme sorpresa non c'era Rokuro con lei.
Hisako, Alice e Ryou, a quanto pare, avevano già mangiato e lei era da sola a pranzo.
Strabuzzò gli occhi sorpreso e non riuscì a fare a meno di pensare che era la prima volta che la “beccava” senza Rokuro.
Non doveva raggiungergli quel pensiero, non riuscì a trattenerlo: era estremamente felice di vederla da sola e poteva essere un'occasione per stare con lei. La sua razionalità gli diceva di sedersi ad un altro tavolo_posti per uno ce n'erano a bizzeffe_e di non farsi notare da lei evitando il contatto, ma i suoi sentimenti non la pensavano allo stesso modo e la loro prepotenza sovrastò le sue buone intenzioni e così, dopo aver riempito il vassoio per il suo pranzo, finì per dirigersi al tavolo dove sedeva lei. -yo! Nakiri!- poggiò il vassoi sulla superficie.
La ragazza lo vide arrivare all'improvviso e sussultò stupita:
-Yukihira!- le caddero anche le bacchette dalle mani.
-posso mangiare con te?-
Domanda inutile visto che si era seduto prima di chiederle il permesso di farlo.
-cosa me lo chiedi a fare se ti sei già accomodato?-
Lui ridacchiò. -hai ragione.-
Staccò le bacchette e iniziò a mangiare i suoi spaghetti saltati.
-come mai Suzuki-san non è con te oggi?-
Sapeva che sarebbe stato meglio evitare una domanda tanto diretta, ma la curiosità lo stava uccidendo da quando l'aveva vista da sola al tavolo. Lei gli riversò un'occhiataccia a causa della domanda indiscreta.
-è in ferie.- affermò schiva. -domanda di riserva?- chiese sarcastica.
-sì, ce l'ho.- le strizzò l'occhiolino lui, giocoso:
-che ne pensi del cibo della mensa?-
-salvabile.-
Lui ridacchiò ancora.
-sapevo che non ti saresti aperta ad apprezzamenti.-
Dopo l'ennesima pausa silenziosa tra i due dove si guardarono intensamente, lei parlò:
-come ti sei trovato a gestire il primo giorno del tuo nuovo incarico?-
-sono arrivato in anticipo oggi a lavoro e pian piano sono riuscito a trovare il ritmo.-
-non sarà facile il compito che ti ha dato il direttore.-
-già, non lo è. O almeno.. è molto diverso che alla tavola calda.-
-ovvio, stupido. Il tuo ristorante è a gestione familiare, qui si parla di una società.-
Lui rise. -in effetti è molto diverso.-
Lei lo fissò attentamente e lui si incantò ad osservare gli aggraziati lineamenti del suo volto: occhi arguti esaltati da un leggero tocco di mascara nero e un filo di matita. Contorni delicati del viso, labbra sottili e rosee spiccate da un lucidalabbra trasparente; il colore della pelle nivea e liscia.. ogni cosa: era perfetta.
Si soffermò sulle labbra umide: sapeva già quanto fossero soffici, ma voleva assaggiarle nuovamente e sentire se la loro morbidezza era rimasta tale da allora. Scese con lo sguardo verso il suo collo scoperto, per arrivare fino alla scollatura del top azzurro che indossava e lasciava intravedere leggermente la divisione dei seni rotondi cercando di ricordare dettagliamente la loro forma. Tornò a seguire la scia del suo collo immagindando di vezzeggiarlo in tutte le maniere possibili, come quella notte, e avvertì nettamente l'eccitazione sopraggiungere. Si dette un freno appena in tempo.
Aveva osservato e pensato a tutti i passaggi che avevano fatto i suoi occhi sul corpo di Erina nel giro di pochi secondi, esattamente il tempo che lei ci mise a rispondere:
-come fai Yukihira?-
-a cosa ti riferisci, Nakiri?-
-intendo..- riprese lei:
-..come fai ad avere un discreto controllo delle emozioni di fronte a tutte le difficoltà che ti si presentano?-
-sono stato abituato così fin da piccolo dal mio vecchio.- rispose lui, sorridendole.
-capisco.-
Non riuscì a controllare i suoi occhi che volarono nuovamente verso il corpo di Nakiri.
-smettila di guardarmi come se fossi fatta di crema pasticcera, Yukihira!- esplose imbarazzata, lei. -..è da quando parliamo che lo fai. Sei scandaloso!-
-perdonami Nakiri, è più forte di me. Quel top che indossi è una calamita.-
-controllati! idiota!- si alzò di scatto dalla sedia. -ne abbiamo già parlato.-
-sbaglio o anche tu non smetti di fissare il mio corpo?-
Lei avvampò di botto. -ti sbagli..- farfugliò sottovoce.
-comunque, dobbiamo tornare a lavoro.-
Non voleva interrompere quel momento che era riuscito a coglierla da sola, così cercò un modo per non farlo:
-sono appena le 14.00, Nakiri, la pausa finisce alle 15.00.-
-e allora preferiresti stare qui fino a quell'ora? Meno tempo passiamo insieme, meglio è.
Lo vedi come va a finire, poi? Tu scombini tutti i miei programmi col tuo atteggiamento poco ortodosso.
Lo facevi anche in passato.-
-davvero? Forse non me ne rendevo conto. Mi veniva naturale.- le strizzò l'occhiolino, lui.
-già.- concordò lei, -per questo qualcuno deve riportarti alla serietà.-
Lui ignorò le sue parole e insisté:
-poco importa, è presto. Prendiamoci un caffé alla macchinetta, Nakiri, voglio dire.. fino alle 15.00 cosa fai tutta sola in ufficio, sennò? Rilassati.-



 
****


Lei strinse i pugni distogliendo gli occhi da lui: si stava facendo miseramente convincere.
Quella conversazione tra loro stava diventando pericolosa. Da quando era apparso davanti a lei e si era messo a sedere al suo tavolo, non era riuscita a gestire i suoi occhi che incontrollati indugiavano costantemente sulla maglietta blu scuro, aderente, che stringeva il fisico massiccio e scolpito di Yukihira desiderando sentirne la sua consistenza.
Oppure, distratta, posava le iridi sul volto dell'uomo fissandosi sulle sue labbra che avrebbe voluto gustare e ricordare quando quella notte l'aveva sentite la prima volta ed era rimasta sconvolta da quanto le era piaciuto baciarle.
Poteva sentire il profumo di Yukihira invadergli le narici anche in quel momento e i ciuffi rossi scomposti sarebbero stati un lenitivo per i suoi polpastrelli. No.. non andava bene quella vicinanza, sadicamente essa accendeva in lei il desiderio che cercava di sopprimere. In più, il suo modo di fare sbarazzino era una “droga” per le sue emozioni, perché erano capaci di farla sentire viva e solare. Esattamente.. Yukihira con il suo carettere vivace e allegro superava i canoni della quotidianeità, rendeva indimenticabile ogni attimo passato con lei ed era capace di scioglierla, farla “lasciar andare”, farle godere la bellezza di violare le rigide regole che si imponeva quando era a lavoro. Era una boccata d'aria fresca, ecco.
Era spaventoso quanto la presenza di Yukihira fosse capace divertirla, stava così bene con lui che non riusciva a rifiutare quasi nessuna delle sue iniziative strampalate e anche adesso che le aveva chiesto di prendere un caffè sapeva che non sarebbe stata capace di declinare l'invito perché anche dentro di lei lo voleva; questo non era affatto positivo per la sua relazione con Rokuro e per la situazione con Marika.
Stava bene con Rokuro, ma non quanto la faceva sentire eccitata e radiosa passare del tempo con Yukihira.
In passato, nel rapporto con Yukihira, non aveva mai pensato a certe sottogliezze e anche se dentro di lei egli l'aveva fatta sempre sentire così, aveva continuato ad ignorare quelle sensazioni fino a quelle notte che per colpa dell'alcol tutte le emozioni represse erano scoppiate. -d'accordo. Però non farmi ritardare il lavoro.-
Aveva accettato, come immaginava.
-non lo farò. Può sembrare che la prenda alla leggera, ma anch'io ho un sacco di lavoro da fare nel pomeriggio.-
Detto questo, i due uscirono dalla mensa e si diressero verso le macchinette.
-offro io.- esordì lui, sorridendole.
-come vuoi.- borbottò impacciata.

Passò qualche minuto in cui si portarono verso il chiostro dell'edificio, circondato da folti cespugli e da una fontana sfarzosa al centro di esso. Il vento a solleticarli con piacevole freschezza.

Osservò i ciuffi di Yukihira scuotersi grazie all'aria.
-Marika..- cominiciò lui guardando avanti a sé serio e pensieroso, lasciandola di stucco: era così presa a pensare a quanto stava bene con lui che le era sfuggito il pensiero che Yukihira, dopo aver conosciuto la bambina, potesse chiederle informazioni. Era stata ingenua a non pensarci per tutto il tempo quando doveva prevederlo e di conseguenza evitare che si sedesse al suo tavolo e rifiutare il suo invito per un caffé prima della fine della pausa lavoro.
-..è davvero dolce e ti assomiglia molto.- asserì solo, abbozzando un sorriso che era esattamente identico a quello che aveva rivolto alla bambina la prima volta che l'aveva vista: inconsapevolmente paterno e protettivo.
-perché sei entrato in questo discorso, Yukihira?- chiese timorosa e con il cuore a mille.
-non è Suzuki-san il padre, vero?- proseguì lui, ignorando la sue perplessità.
-non credo siano affari tuoi.-
Era orribile rispondergli così visto che era come dirgli di non intromettersi proprio al padre della bambina.
Era come negargli un'altra volta la sua esistenza, il suo diritto di padre. Era semplicemente atroce e non seppe nemmeno lei come riuscì a mantenere la dovuta durezza nella pronuncia di quelle parole.
-questo vuol dire che poco dopo di me sei andata a letto con un altro uomo.
Lo conosco? È dell'accademia pure lui?-
Lei si sentì tremare di fronte a quella domanda improvvisa.
Avvertì la gola farsi secca e l'angoscia raggiungere la bocca dello stomaco in un subbuglio rapido delle viscere.
Yukihira era palesemente infastidito e dal tono impersonale, sebbene freddo, poteva affermare con certezza che gli seccasse il pensiero che lei dopo di lui fosse andata a letto con un altro_anche se non era vero_. Deglutì meccanicamente.
Cosa doveva rispondere?
Certo che lo conosceva, era lui il padre di Marika. Non poteva assolutamente rispondere questo.
-non lo conosci.- rispose cercando di risultare irritata dalla privata invasione.
Era l'unica risposta plausibile che le era venuta in mente, ma anche questa volta avvertì una fitta dolorosa farla sentire “disgustosa”. -perché ti interessa?-
-vuoi la verità, Nakiri?- fece lui incisivo. -mi dà fastidio il pensiero.-
-non siamo mai stati insieme veramente, Yukihira. Cosa ti importa con chi sono stata a letto?-
-hai ragione. Non posso farci niente.- adottò un sorriso di circostanza.
Sentire tali parole da lui, non doveva, ma l'aveva resa in qualche modo felice.
-..ma ora è acqua passata.- puntualizzò in seguito, anche se non sembrava convinto.
-già, lo è.- lo assecondò lei, cercando di nascondere la tristezza.
-dov'è il padre di Marika? Perché non c'è?-
Erina sussultò ancora davanti all'ennesime domande su Marika.
Era paradossale parlarne proprio con lui e proprio per questo non doveva farlo.
Doveva troncare immediatamente quella discussione e con scaltrezza_anche se era davvero dura farlo perché questo la faceva sentire ancora più “schifosa”_. -non so se tu sia duro di comprendoio o solamente fastidioso, Yukihira, ma non riesco a capire come tu non comprenda che queste domande sono personali, fuori luogo e assolutamente seccanti per me. Quindi, non chiedermi più del padre di Marika.-
Non seppe nemmeno lei come riuscì a gestire i conati di rigetto del pranzo mentre la sua bocca tirava fuori quelle parole infastidite ed ostili, ma sperava che in quel modo lui la smettesse di chiedergli spiegazioni.
-scusami per l'invadenza, Nakiri, cercherò di non strapparti più informazioni sul padre di Marika.-
Alla fine sembrava veramente dispiaciuto di essere stato tanto impiccione_anche se nel suo caso, benché lui non lo sapesse, aveva tutte le ragioni di esserlo_.
-devo andare.- annunciò piatta, lei, e fece per alzarsi dalla panchina dove si erano seduti.
Lui la fermò per le dita. -aspetta..-
-hai intenzione di trattenermi ancora?- anche se lei lo avrebbe voluto.
Scosse la testa: non doveva pensare certe cose. Era sbagliato. Doveva andare.
Però, da quando era venuto al suo tavolo, moriva dalla voglia di chiedergli perché l'aveva fatto.
Entrambi avevano scelto le persone con cui stavano, quindi perché ci teneva tanto ad instaurare un legame con lei?
Così non riuscì a trattenersi:
-perché sei venuto al mio tavolo con tutte le possibilità che avevi di evitarlo?-

 
 
****


Era rimasto spiazzato di fronte alla domanda di Nakiri, soprattutto dopo che aveva cercato in tutte le maniere di penetrare nella sua vita e sapere di chi era figlia Marika e dov'era il padre della bambina in quel momento. Si era anche rimproverato di aver ascoltato le sue pulsioni mentali e aver ammesso che sapere che lei aveva fatto l'amore con altri uomini poco dopo essere stata con lui lo aveva irritato. Non doveva semplicemente fissarsi su Nakiri perché più lo faceva, più si allontanava da Megumi e, anche se non di fatto, la tradiva. Era consapevole di quanto Nakiri lo influenzasse, lo destabilizzasse, gli facesse perdere la testa perché intrigato da lei come da nessun altro; però non andava.. lei stava con un altro e lui pure, eppure non riusciva a controllare le sue emozioni quando era con lei e d'impulso agiva. Sapeva che era scorretto perché in qualsiasi caso non potevano tornare indietro e distruggere ciò che si erano costruiti in quei sei anni che erano stati separati.
-ti ho visto da sola e d'istinto sono venuto a farti compagnia.- comunque rispose.
-dovresti proprio smetterla di fare tutto quello che ti passa per la testa senza riflettere.-
-Nakiri.. se davvero non ti importasse più di quello che è successo tra noi, perché allora ti preoccupi tanto che da semplice collega quale sono venga a fare compagnia ad una mia collega che è da sola?- fece pressione sulla frase “collega”.
Per l'ennesima volta si era lasciato andare e si era fatto trascinare dal tumulto di sensazioni e reazioni che lei gli scatenava.
Non riusciva a non puzzecchiarla, era un gesto irrazionale, e infatti la colse impreparata di fronte a quella esplicita frase allusiva. -questa frase non ha senso, Yukihira.-
-in cosa non avrebbe senso questa frase?- chiese ancora, lui, canzonatorio.
Cercava di darsi un freno, ma non ce la faceva. Era più forte di lui.
-perché tu non dovresti essere qui.- ribatté lei, non sapendo cosa ripondere.
-peccato, perché non posso fare a meno di essere qui.- replicò lui.
-abbiamo passato la pausa pranzo insieme solo perché oggi non c'è Rokuro, Yukihira.-
-può darsi, ma preferisco mangiare e stare in compagnia durante la pausa piuttosto che da solo e anche tu dovresti fare lo stesso.- sorrise ilare. Ormai aveva iniziato, non poteva tornare indietro e purtroppo si stava divertendo.
-beh.. la tua suddetta “compagnia” è arrivata al limite della sopportazione e se ne sta andando.
Dovresti farlo anche tu se vuoi che ti assumino definitamente.-
-e perché non sembri convinta di andartene? Stai esitando.-
-non sto esitando!- sbottò lei arrossendo, -smettila con certe insinuazioni.-
Perché la stava fermando? Cosa stava facendo? Era impazzito?
La sapeva la risposta: voleva sfruttare al massimo quelle ore in cui non c'era Rokuro ed era davvero meschina e immatura come scelta d'azione, visto che in questo modo la situazione tra loro due si faceva sempre più critica e controproducente. Lui sospirò. -senti.. non ci vedo niente di male a parlare e basta.-
-anche se lo facessimo, vedi come finiamo?-
Lui si fece confuso e scherzoso la stuzzicò ancora:
-come finiamo Nakiri?-
-smettila di scherzarci sopra, Yukihira. Odio questo tuo atteggiamento.-
-d'accordo, allora non dire frasi compromettenti.-
-è meglio se ci salutiamo qui. Lascia la mia mano Yukihira.-
Nakiri aveva ragione, il loro interagire si stava facendo sempre più azzardato; era meglio terminarla qui, soprattutto perché pensò a Megumi e a quello che lei gli aveva detto quando erano andati a comprare il regalo a suo padre.
Doveva smetterla di farla preoccupare con il suo insolito comportamento degli ultimi giorni e poi Nakiri aveva Rokuro e questo era un dato di fatto: cercare di tenere Nakiri vicina non avrebbe portato a nulla finché la situazione era questa e anche pensare che essa potesse cambiare era pressoché impossibile.
Perché lo faceva? A quele scopo, allora?
Non sapeva neppure lui quali fossero i suoi sentimenti per Nakiri.
Perché doveva seguire qualcosa di indefinito e per ora incomprensible?
Anche se sapeva che prima o poi doveva riflettere su cosa sentiva per Nakiri e anche capire che differenza c'era da quello che sentiva per Megumi.
Lasciò controvoglia la sua mano. Si costrinse a farlo.
-tutto sommato hai ragione, è meglio tornare a lavoro.- accennò un sorriso enigmatico.
Lei sembrò sorpresa da quella risposta visto che probabilmente si aspettava più insistenza da parte sua, conoscendolo.
-mi ha fatto piacere passare la pausa pranzo con te, Nakiri.- aggiunse solo.
Erina arrossì lievemente. -grazie di avermi offerto un caffè, anche se di una misera macchinetta.-
Lui ridacchiò divertito. Quello era il modo di Erina di dirgli che pure a lei aveva fatto piacere passare del tempo con lui, però si immaginava non glielo avrebbe detto.
In seguito, ambedue tornarono ognuno al proprio lavoro.



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Angolo autrice:  ecco a voi il terzo cap. Come vi è parso? vi ho anche presentato Hisako e Megumi, e accennato ai programmi di Hayama.
Spero di avervele presentate bene e di esservi fatti più o meno l'idea di ciò che pensano e di quali sono i loro sentimenti.
Avrete anche i loro pensieri via via con la storia, anche se il "centro" rimarranno Soma ed Erina.
Con lo scorrere dei capitoli avrete anche il punto di vista di Takumi e Hayama.
Purtroppo ho deciso di rendere già una coppia sposata Alice e Ryou, quindi per quanto riguarda la loro storia d'amore non avrete molto.
Anche se Alice farà la sua parte nella storia, come avete già visto dallo scorso cap :P. Cosa pensate delle scene Sorina di questo cap? vi sono piaciute?
Del capitolo in generale? Dal prossimo vedrete delle interazioni in più tra Soma e la piccola Marika e non solo XD.
Intanto, ringrazio tantissimo chi mi ha recensito e messo tra le storie preferite/seguite e tra gli autori preferiti. Grazie davvero! <3
Cercherò di rispondere il prima possibile alle vostre recensioni :D. Grazie tante!! *-*
Spero a presto!! *________*

*Kombini: supermercati nutturni tipici del Giappone.


Un bacione immenso!! <3 <3 Erina91

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Capitolo 4
*** Per un boccale di birra.. ***


Per un boccale di birra..


L'hotel dove l'Adashino C.B avrebbe pernottato era un cinque stelle e sicuramente costruito per i lavoratori ambulanti visto che disponeva di una sala congressi e vi erano pochi clienti per una vacanza e per la maggior parte erano in viaggio per lavoro. C'erano infatti molti clienti stranieri.
La struttura era elegante, in perfetto stile giapponese, poiché dotata anche di terme.
Il viaggio non era stato lungo perché erano partiti per Kyoto dopo pranzo usando il treno superveloce, lo Shinkasen*, che in due ore li aveva collegati alla stazione di Kyoto. Lui si era accontentato dei posti in seconda classe mentre ovviamente Nakiri, il suo compagno e la piccola Marika erano seduti in prima classe e nel corso del viaggio non li aveva visti.
Adesso erano tutti all'interno dell'hall dell'hotel, in fila per mostrare i loro documenti d'identità.
Lui e Nakiri, dopo quel giorno che avevano passato tutta la pausa pranzo insieme data l'assenza di Suzuki, non avevano più avuto un'accesa conversazione; il ché, se ci pensava, era un bene: più distanti stavano, meglio era.
Tuttavia, ogni tanto volgeva lo sguardo verso di lei per scoprire di essere ricambiato.
Suzuki sembrava tornato a fissarlo con insistenza e la piccola Marika_che Nakiri, come da lei promesso, aveva portato a Kyoto_ invece non faceva che dedicargli teneri e timidi sorrisi che erano capaci di renderlo di buonumore.
Osservò la tessera/chiave automatica che la recepisionist gli aveva passato dopo aver controllato il suo documento, per poi involontariamente posare gli occhi sulla mano di Nakiri che_appoggiata sul bancone dell'hall in marmo color mattone_ stringeva la sua di tessera, da cui intravedeva il numero della camera, per scoprire che la sua era la 121 e quella di loro tre invece la 122: erano praticamente accanto di stanza e sullo stesso piano del palazzo.
-ci siamo tutti con le tessere?- chiese Nakiri, spostando la mano dal bancone della hall.
Il gruppo di colleghi rispose affermativo.

-che facciamo come primo giorno?- intervenne Alice:
-la riunione con i clienti per organizzare il banchetto la facciamo tra un paio di giorni?-
-sì, i nostri clienti arrivano domani l'altro e la riunione è fissata per la sera stessa in cui arrivano.- spiegò Nakiri.
-allora oggi abbiamo il pomeriggio libero.- rispose Suzuki.
In seguito si voltò verso le “sue donne”:
-Marika, Erina.. che ne dite di fare un giro per Kyoto?-
-va bene.- accettò lei, -ti va Marika?-
La bambina si fece entusiasta. -certo mamma!!-
Era un fastidio, pensò lui, sembravano proprio una famiglia.
-andiamo anche noi Ryou, Naoki?- propose Alice, invitando la sua di famiglia.
-se proprio ci tieni.- bofonchiò Ryou. Alice gli sorrise grata.
-Hisako e Yukihira-kun, voi che fate?- domandò poi, ai due “scoppiati”.
Lui ridacchiò. -penso che ne approfitterò per fare una telefonata alla mia ragazza, visto che ancora non le ho detto com'è andato il viaggio.- istintivamente portò gli occhi su Erina per notare con sorpresa che sembrava aver sentito ciò che aveva detto. Non sapeva se era solamente la sua immaginazione, ma ebbe l'impressione che si fosse stizzita alla sua risposta.
Doveva proprio smetterla di cercare una speranza nei pensieri di Nakiri, dato che sembrava che con il suo compagno andasse tutto bene. Al contrario della reazione di Erina, difatti, l'uomo sembrò sollevato dalla sua decisione di non andare con loro. Marika mise il broncio, lasciò la mano della madre e andò verso di lui:
-Soma oniichan.. non vieni con noi?-
Rimase spiazzato dalla domanda poiché non se l'aspettava.
Nakiri invece sembrò agitarsi ulteriormente: forse si sentiva in difficoltà con l'invadenza della bambina.
Lui sorrise a Marika. -no piccola, non posso.-
Si sentì dispiaciuto nel declinare l'invito e infatti la bambina si rattristò. In seguito, di colpo, la vide arrossire e stringere i pugnetti con forza per poi alzare lo sguardo verso di lui e fissarlo con schiettezza:
-allora una di queste sere ti faccio vedere il mio libro di favole, quindi tieniti libero Soma oniichan.-
Era rimasto piacevolmente colpito dalla risolutezza di Marika perché gli ricordò molto l'atteggiamento decisionale di Nakiri. Lui le sorrise ancora e prima che potesse rispondere, Nakiri lo anticipò:
-tesoro.. andiamo? Yukihira ha da fare.- la chiamò dolcemente, lei.
L'espressione di Nakiri era tesa, quasi irrigidita, anche se non capiva il motivo delle sue reazioni visto che non sembrava affatto arrabbiata con la figlia. -sì! Arrivo!- esclamò la bambina, allegra. -a dopo Soma oniichan.-
Prima di correre verso la madre, gli rivolse un altro grazioso sorriso.
Chissà perché si sentiva già tanto attaccato a quella bambina e quando sorrideva il cuore si scaldava senza motivo?
Non gli era mai successo con altre/i bambine/i. Poco importava, doveva solo smetterla di ricercare ostinatamente i motivi e probabilmente l'attaccamento, la curiosità e l'attenzione verso Marika erano dovuti solo a quello che lo legava a Nakiri_non era ancora chiaro cosa_. Decise che era il momento di chiamare Megumi dato che stava di nuovo pensando a Nakiri ed era giusto avvertirla del suo tranquillo arrivo per non farla preoccupare e poi, da una parte, sentiva l'estremo bisogno di ascoltare la sua voce rassicurante e dolce.

 
****


Era già la sera del secondo giorno che si trovavano a Kyoto.
Ieri pomeriggio aveva visitato la città con Rokuro e Marika, accompagnati anche dalla famiglia di Alice.
Benché fossero tutti nello stesso hotel, per ora era riuscita ad evitare incontri pericolosi con Yukihira e soprattutto a distrarre Marika dalla curiosità che sentiva verso suo padre. Purtroppo non poteva privargli di interagire perché già di per sé si sentiva uno schifo a tenerla a distanza da lui per paura e specialmente perché vedeva che Marika non smetteva di sorridere quando incrociava lo sguardo di Yukihira e lei era assai sensibile al suo sorriso.
Rokuro dormiva, aveva lasciato Marika alla supervisione di Alice visto che pure Naoki non aveva molto sonno e voleva giocare con il padre. Le era passato il sonno, di conseguenza aveva preso la decisione di scendere al bar dell'hotel per farsi preparare una tisana calda. Per arrivare al bar, però, dovette passare per forza dalla hall e rimase pietrificata quando attraversando il corridoio del salone d'accoglienza adocchiò Marika e Yukihira parlare serenamente in un quadretto che, doveva ammetterlo, era di una dolcezza infinita: la bambina era accovacciata sul divano in cui sembrava sprofondare da quanto era piccola e minuta, appoggiata sulla spalla di Yukihira che la aiutava a sorreggere l'enorme e bellissimo libro di favole che stavano leggendo insieme. Marika aveva un sorriso solare, luminoso, divertito mentre raccontava al giovane uomo le avventure della sua regina preferita e lui ascoltava con attenzione e a suo agio.
Non erano tanto distanti, per cui poteva sentire le esatte parole della conversazione:

-Soma oniichan.. non trovi che l'eroe delle storia ti assomigli?- disse Marika, le guance candidamente arrossate e un sorriso innocente che lui ricambiò con naturalezza e ridacchiò davanti all'affermazione della bambina.
-dici Marika? Anche se lui e biondo e io sono rosso?-
La bambina annuì con decisione.
-è vero che lui è biondo e tu rosso, ma avete tutti e due i capelli spettinati.- sostenne ancora, ridacchiando armoniosa.
-questo è vero, piccola, ma i suoi occhi sono verdi e io ho il tuo stesso colore.-
La bambina osservò curiosa gli occhi di Yukihira:
-è vero, Soma oniichan..- cominciò -..abbiamo lo stesso colore degli occhi.-
-già.- le accarezzò i riccioli biondi affettuoso.
-io direi che la giovane Regina invece somiglia tanto a te. Ha i capelli scuri e tu sei bionda, ma avete gli stessi riccioli.-
La bambina si aprì nell'ennesima risata spontanea e festosa.
-la giovane Regina è più simile alla mamma.- poi aggiunse sorridendo.
Lui ricambiò il sorriso e sembrò approvare l'opinione di Marika:
-è vero. Somiglia anche alla tua mamma.- constatò infatti:
-ma proprio perché tu somigli tanto a lei, la piccola Regina mi ricorda te.-
La bambina arrossì emozionata.
-il cavaliere sembra Rokuro oniichan, invece.-
Yukihira si portò una mano sul mento.
-mh.. forse l'atteggiamento è simile.-
La bambina rise ancora.
-Soma oniichan.. a te piace la mia mamma?-
Lui sembrò colpito da quella domanda inaspettata, impreparato su come rispondere.
-sì, mi piace. La tua mamma è forte.- alla fine optò per la sincerità.
-è vero.. la mamma è forte. Mi vuole tanto bene.-
-sì, te ne vuole tanto.- concordò lui, facendogli un'altra carezza tra i ciuffi. Calò un altro silenzio tra i due dove entrambi erano impegnati a girare le pagine del pesante libro, quando la bambina riprese a parlare:
-ti piace il mio libro?- gli occhi le brillavano. -te l'aveva detto che te lo mostravo.-
Lui sorrise ancora. -certo piccola! Mi piace molto.-
Marika saltellò allegra sul divano. -allora te ne farò vedere tanti altri!-
-con molto piacere Marika.-

Non seppe nemmeno lei quanto rimase ad osservare l'interazione tra Marika e Yukihira, ma l'atmosfera era così rilassante e ricca d'amore che non era riuscita ad intervenire. Marika stava bene con Yukihira. Fin troppo.
Lui, come al solito, con il suo temperamento solare e semplice riusciva ad affascinare chiunque.
Per quanto provasse ad allontanare la figlia da lui per impedire che il suo fatale errore venisse scoperto, la simpatia e l'innocente interesse che Marika provava per il padre non poteva gestirlo né controllarlo perché comunque il legame di cui essi non erano consapevoli continuava ad unirli in maniera indiscussa e adesso si chiedeva quanto fosse giusto cercare di separarli ancora per un suo tornaconto? per una sua egoistica paura?
Quando erano insieme non vi era nessun altro attorno a loro: erano solamente Yukihira e Marika. Padre e figlia.
Non era più contemplabile intromettersi tra loro, soprattutto perché invece che fargli del bene li avrebbe solo resi tristi.
Non sapevano di essere padre e figlia, ma tenerli a distanza sarebbe stato inutile.
Doveva semplicemente lasciare che scegliessero loro cosa fare, indipendentemente da ciò che sapevano l'uno dell'altra.
Guardandoli ridere e scherzare, giocare e divertirsi insieme, non poteva fare a meno di pensare a quanto erano belli.
Sapeva dentro di sé che Yukihira sarebbe stato un padre fantastico se solo gli avesse detto la verità e Marika, poi, non l'aveva mai vista così in sintonia con una persona se non con lei. Provava simpatia per Rokuro ma con Yukihira, oltre ad essere totalmente a suo agio come succedeva a lei quando stava con lui, era indubbiamente al settimo cielo e risplendeva come una principessa. Involtariamente gli scappò un sorriso a quel pensiero.
Voltò gli occhi verso Alice, Ryou e Naoki. Alice non aveva interrotto la conversazione tra Marika e Yukihira pur sapendo lei stessa ciò che li legava e aveva preferito lasciarli stare, continuando a fare le parole crociate con disinteresse.
Forse anche lei aveva trovato fossero in un mondo a parte e non aveva avuto il coraggio di separarli.
Ryou dormicchiava accanto alla moglie e il piccolo Naoki era crollato in collo al padre. Erano un bel quadretto anche loro.
Diede un'occhiata all'orologio a polso e constatò che in effetti era 00.00 e decisamente tardi per una bambina di sei anni.
Raccolse un profondo respiro e attraversò il centro della hall.
Alice la notò e maliziosa la seguì con lo sguardo andare verso padre e figlia.
Prima o poi l'avrebbe rimproverata per aver lasciato fare Marika e Yukihira, ma in quel momento lo trovò inadeguato, specialmente a seguito dei pensieri che aveva fatto vedendoli assieme. Per quanto aveva paura ogni volta che li sorprendeva in compagnia, non avrebbe più provato ad allontanarli e si sarebbe tenuta l'angoscia per sé perché non era giusto e soprattutto avrebbe creato sospetti il suo provare a separarli e non era quello che voleva.
Yukihira era un suo collega e non poteva impedire la sua presenza a causa di un problema personale, di un suo errore irreparabile. Punto e basta.

-mamma!!- esultò la bambina, accorgendosi di lei.
Si alzò dal divanetto dove si era accovacciata vicino a Yukihira e le corse in contro.
-Yukihira..- disse solo verso il giovane uomo, rivolgendogli un'occhiata di sfuggita, che lui ricambiò.
-sai mamma.. ho fatto vedere a Soma oniichan il mio libro di favole.-
-ho visto tesoro.- le sorrise affettuosamente. -gli è piaciuto?-
La bambina annuì con convinzione. -tantissimo! Vero Soma oniichan?-
-molto.- confermò lui sorridendo. -mi ha paragonato all'eroe.- raccontò divertito.
-tesoro.. davvero trovi che Yukihira assomigli ad un eroe delle favole?- recitò scettica.
-certo mamma! Tu no? Sembra proprio un eroe.- insisté Marika animata:
-e poi ho detto a Soma oniichan che tu somigli alla giovane Regina.-
Se non ricordava male dal libro preferito di Marika, la Regina si innamorava dell'eroe alla fine della storia ed era pure ricambiata. A quella comparazione arrossì di botto.
-Nakiri.. sai che la giovane Regina a fine storia si innamora dell'eroe?- si intromise Yukihira, sbarazzino, in una considerazione esplicitamente allusiva al loro rapporto che lei colse immediatamente diventando ancora più rossa.
-è vero mamma!- si unì la bambina eccitata e ovviamente ingenua riguardo alla battuta di Soma.
-e Soma oniichan ha detto che gli piaci.- aggiunse facendola sussultare.
Non poteva dire di aver sentito tutta la loro conversazione, poiché sarebbe passata da “stalker” agli occhi di Yukihira e non poteva permetterselo. Accarezzò la zazzera della figlia e dopo averle rivolto un tenero sorriso, portò gli occhi seccati su Yukihira. -..sì tesoro, ma non diceva sul serio quando l'ha detto.- precisò in tono nervoso. -non è così, Yukihira?- seguì sardonica. Lui ghignò divertito dalle sue reazioni.
-parlo sempre sul serio, Nakiri.- replicò in tono scherzoso.
Marika si aprì in una risata deliziosa alla risposta di Yukihira, che sorrise contento di aver divertito la bambina.
Erina sospirò arresa e dopo un'ultima occhiata fulminante destinata a Yukihira tornò a parlare con la figlia:
-Marika, è tardi, è ora di andare a letto.- prese la sua manina con leggerezza.
-saluta per bene Yukihira, che tanto lo rivedi domani.-
La bambina annuì ubbidiente, tornò a prendere il suo libro di favole mollato sul divanetto e si avvicinò a Yukihira alzandosi goffamente sulle punte. -Soma oniichan, mi dai il bacio della buonanotte?- sorrise candida.
Lei rimase di stucco per l'ennesima volta: con Rokuro non aveva mai preso l'iniziativa e ci aveva messo molto tempo a prendersi le confidenze con lui e questo era incredibile se pensava che non era neanche un mese che Yukihira e Marika si erano conosciuti. Il legame che li univa a loro insaputa era più forte di quello che credeva e sarebbe cresciuto ulteriormente senza possibilità di fermarlo perché era spontaneo. Lui ricambiò il sorriso della bambina con dolcezza:
-certo piccola.- accettò e si chinò verso di lei per aiutarla ad avvicinarsi alla sua guancia.
Alla bambina, dopo la risposta affermativa, brillarono gli occhi dalla felicità e senza pensarci due volte scoccò un tenero bacio sulla guancia di Yukihira. -grazie per aver letto il libro con me, Soma oniichan.- disse, scuotendo la mano per salutarlo con energia da vendere. Lui fece lo stesso. -di niente Marika.-
-notte Yukihira.- salutò Erina, sbrigativa.
-notte Nakiri.- sorrise anche a lei, che un'altra volta si sentì ardere.



 
****


Soma era rimasto in piedi finché non aveva visto Marika e Nakiri entrare nell'ascensore e scomparire davanti a lui.
Si lasciò andare ad un sospiro rilassato. un'altra volta si era fatto prendere dal momento facendo quella battuta esplicita a Nakiri e sfruttando quell'occasione servita su un piatto d'argento.
Era stupefacente, a tal proposito, la tranquillità che sentiva quando stava con la piccola Marika.
Anche quella sera erano stati due ore a leggere il libro che la bambina desiderava tanto mostrargli, ma non si era accorto delle ore che scorrevano e, se l'avesse fatto, probabilmente avrebbe detto a Marika che era tardi e che doveva andare a letto.
Se ci pensava, era sorprendente come la bambina si era affezionata a lui dopo neppure un mese che si conoscevano.
Marika non aveva timore di lui in quanto sconosciuto, non si vergognava, era semplicemente naturale e affettuosa nei suoi confronti e lui sentiva di voler fare lo stesso.
Forse erano questi i motivi che lo facevano sentire in pace quando passava del tempo con la bambina.
Tuttavia, con Suzuki non era lo stesso. O almeno.. Marika sorrideva anche in presenza di Suzuki e sembrava essersi legata all'uomo; però, in egual modo, aveva la sensazione che si sentisse meno libera, come se lo vedesse una figura superiore ed intransigente e in qualche maniera questo la faceva sentire meno spigliata davanti al compagno di Nakiri.
Con lui invece sembrava più tranquilla e a suo agio eppure era uno sconosciuto in confronto.
Era paradossale la situazione; però, osservando le interazioni tra Suzuki e Marika, era questo che traspariva agli occhi di un esterno. Da una parte raggiungere tale realizzazione confrontando i diversi modi di interagire della bambina lo compiaceva perché lui era sicuramente il preferito tra i due, dall'altra era una situazione strana se pensava da quanto poco si parlavano. Inoltre, Nakiri sembrava temere i momenti in cui lui e Marika parlavano e aveva notato che non gradiva il loro avvicinamento. Aveva pensato fosse per rispetto verso il suo compagno: in teoria era Suzuki che doveva fare da padre alla bambina visto che erano una coppia, e non uno sconosciuto come lui. Il fatto che Marika preferisse passare il tempo con lui rispetto al suo fidanzato sicuramente la metteva in difficoltà: era l'unica spiegazione che si dava alle reazioni tese di Nakiri quando vedeva lui e Marika assieme. Cosa doveva fare?
Sarebbe stato meglio dire a Marika di trascorrere più tempo con Suzuki perché la sua mamma ci teneva?

Rifletté attentamente su quell'opzione, forse la più ovvia, non certo una sua preferenza: esattamente.. a lui piaceva passare del tempo con Marika, si divertiva a giocare con lei e questo non lo aiutava a prendere la scelta più giusta.
Sapeva che era sbagliato come comportamento, però a lui Suzuki non piaceva.
Avrebbe continuato a fare come stava facendo finché non sarebbe stata Nakiri stessa a dirgli di consigliare a Marika di considerare allo stesso modo Rokuro. In ogni caso, nemmeno i bambini riuscivano ad adottare in maniera disinvolta un determinato atteggiamento e non era colpa né di Marika né di Nakiri se la bambina non riusciva a provare una totale simpatia per Suzuki. Anche loro avevano la propria personalità e le proprie esigenze, era giusto che la situazione restasse tale con Suzuki finché non sarebbe stata Marika stessa a decidere di aprirsi all'uomo.
Immaginava la situazione non fosse facile: Suzuki non era il padre della bambina e fino a qualche anno fa il mondo di Marika girava attorno a lei e alla madre. Quando all'improvviso ti vedi comparire un uomo che potrebbe “rubarti” in senso metaforico la mamma, non doveva essere facile per i bambini accettare subito la nuova figura.
Anche Marika avrà avuto bisogno di tempo per digerire la questione e forse ancora oggi non aveva accettato del tutto l'idea di non essere più solo lei e la mamma. Sobbalzò meravigliato dai suoi pensieri:
Perché si stava preoccupando dell'emozioni di Marika?
Alla fine lui non c'entrava nulla con la bambina, Nakiri aveva il suo pieno affidamento e doveva essere lei a gestire al meglio la sua vita pensando ai bisogni e alle emozioni della figlia. Marika era piacevole e allegra, innocente, si sarebbe comportato con lei come se fosse stato un parente acquisito. Ridacchiò fra sé e sé a quel pensiero: già lo trattava come un familiare e questo era a dir poco esilirante. Davanti a quello spassoso pensiero, pensò che era il caso di andare a letto perché domani sarebbe stata una giornata impegnativa e stancante. Anche la famiglia Kurokiba si era ritirata nella sue stanze.
Rovistò all'interno della tasca dei Jeans alla ricerca del cellulare e scrisse un rapido messaggio della buonanotte a Megumi, per poi andare dritto a letto.


 
****


Il giorno del banqueting di quell'importante congresso era finalmente arrivato.
I clienti erano per gran parte avvocati rinomati e volevano festeggiare l'apertura dello studio in cui avrebbero collaborato.
Il luogo dove si svolgeva il banqueting era una villa classicamente giapponese, circondata da un giardino in perfetto stile orientale e il proprietario era colui che sarebbe diventato il direttore dello studio. La scelta dei piatti e della cucina era perlopiù fondata su pietanze nazionali e il servizio conforme alle tradizioni al loro paese.
In quanto a lavoro in cucina sarebbe stato una passeggiata visto che loro erano esperti e originali in quel campo.
Come al solito, Hisako si era occupata degli ornamenti floreali.
Ryou e Alice sarebbero stati più che altro impegnati in cucina perché non c'era bisogno di pubblicità.
Hayama era riuscito a mandare loro, dall'India, le spezie ideali per il banqueting e in tempo per quel giorno.
Rokuro era già pronto a gestire i conti e lei stava già ampiamente coordinando la brigata di cucina.
Yukihira sembrava aver fatto un ottimo lavoro con l'approvvigionamento delle merci perché avevano tutto il materiale e gli ingredienti a disposizione per mettersi all'opera e in quel momento era concentrato nel suo ruolo di chef in una prestazione assurdamente brillante. Lo aveva osservato per un po', come sempre faceva, e poi si era messa a cucinare anche lei per aiutare il gruppo. Naoki e Marika erano sotto il controllo di Rokuro che, fino alla chiusura dei conti, non aveva molto da fare. La bambina si era portata la sua bambola preferita e stava giocando con lei, mentre Naoki scoppiava a piangere nei momenti in cui si annoiava e metteva in seria difficoltà Rokuro: Alice, quindi, era costretta a prendere una pausa da lavoro lasciando tutto nelle mani di Ryou e gestiva i cambi con lui. Più o meno, il banchetto trascorse nel migliore dei modi fintantoché Marika non si stancò di giocare con la bambola e si avvicinò all'entrata delle cucine:
-Rokuro oniichan..- cominciò timorosa. -..posso guardare la mamma a lavoro?-
-va bene, ma non disturbarla troppo.-
-d'accordo.- allegra si avvicinò alla soglia della porta.
Salutò a distanza la mamma, che in un attimo in cui non era indaffarata le sorrise.

Ormai il servizio era arrivato al dolce e frenetiche, le giovani e graziose cameriere che Erina tanto non sopportava per il loro primo approccio confidenziale con Yukihira, si avvicinavano al pass per prendere i piatti con il dessert, che scomparivano e apparivano con una rapidità sensazionale sulla superficie del bancone: esso divideva cucina e corridoio, che portava alla sala principale. Tirò un sospiro di sollievo e si asciugò il sudore con un pezzo di scottex grosso quando constatò che mancavano davvero gli ultimi piatti del dessert.
Marika era ancora sulla porta ma non stava guardando lei: i suoi occhi erano proiettati verso Yukihira ed erano affascinati da lui e dai suoi movimenti fluidi mentre cucinava e riempiva agilmente le porzioni con gli ultimi dessert, esattamente come ogni volta si incantava anche lei a guardarlo in azione. Marika aveva gli occhi sgranati, luminosi, stupefatti e ammirati in direzione di Yukihira, tanto che non si accorse nemmeno di Rokuro quando si affiancò a lei e perplesso guardò chi stava seguendo con gli occhi. Erina vide le iridi di quest'ultimo assottigliarsi e l'espressione del suo volto farsi rigida al momento che realizzò chi la bambina stava guardando tanto estasiata. Probabilmente per il suo compagno fu l'ennesimo affronto alla sua dignità ora che non solo la sua fidanzata ma anche la figlia di essa era incuriosita da Yukihira.
Non sapeva come fare e cosa, si sentì dispiaciuta nel vedere Rokuro così deluso e amareggiato.
Yukihira_senza farlo apposta_gli faceva abbassare l'autostima e non era il solo che senza volerlo faceva sentire tale, a causa del suo enorme potenziale e le sue tante qualità_seppur lei sapesse che anche Yukihira aveva i suoi difetti_.
Si tolse la cuffia, si sciolse le ciocche bionde facendole ricadere lungo la schiena in una massa voluttuosa e profumata, e si slacciò anche il grembiule per poi andare in direzione del suo compagno, consolarlo con la sua presenza e distoglierlo dall'attenzione di Yukihira. -tra poco abbiamo finito il servizio, Rokuro, vuoi un aiuto a velocizzare i conti?- chiese gentile, avvolgendo le braccia attorno al suo collo e alzando gli occhi verso di lui.
L'uomo, a quel contatto, sembrò spostare l'attenzione furiosa da Yukihira, costantemente osservato da Marika.
-non preoccuparti Erina, non sono tanti i conti e ce la faccio bene da solo.-
-d'accordo. Come preferisci.-

L'uomo tornò a guardare l'espressione di Marika mentre guardava Yukihira:
-anche Marika sembra incuriosita dal "novellino".- notò appunto.
Erina si fece agitata e cercò di non farlo capire a Rokuro:
-è uno che si fa notare.- rispose solo, non sapendo cosa dire. -è esuberante in tutto quello che fa e in cucina più che mai.- seguì, cercando di risultare credibile e indifferente al punto giusto pur di non farlo preoccupare ulteriormente.
Lui sospirò consapevole, stringendola per la vita e facendo aderire i bacini.
-non è solo questo, Erina, anche a te fa lo stesso effetto.-
Lei portò gli occhi a terra:
-ti sbagli Rokuro, coordinare e osservare è il mio lavoro.-
-sei diversa quando sei con lui.- continuò ancora, lui.
-è una tua impressione. Mi piace veder lavorare anche te.-
Da una parte era vero perché Rokuro era meticoloso e per questo intrigante quando svolgeva i suoi compiti da contabile, ma dall'altra era diverso: non avrebbe mai smesso di guardare Yukihira mentre era impegnato nelle sue competenze di chef, perché era meraviglioso. Non poteva rispondere così a Rokuro o sarebbe finita male; e, per quanto Yukihira fosse capace di tirare fuori le sue debolezze emotive o sovrastare il muro che li divideva quando cucinava e non solo, era anche un ostacolo per la vita che si era creata con Rokuro e Marika proprio per ciò che le faceva emergere.
-è vero anche questo.- sorrise lui. Poi si fece pensieroso.
-mi sono sempre chiesto una cosa da quando Yukihira-kun è arrivato..- riprese difatti, facendole salire l'ansia lunga tutta la spina dorsale -..voi due vi conoscevate già?-
Si aspettava quella domanda, prima o poi, ed era abbastanza scontata poiché Yukihira non aveva nascosto di conoscere già gran parte dei colleghi da quando era arrivato all'Adashino C.B.
Aveva preparato la risposta da fornire da tempo ed era solo arrivato il momento di farlo:
-sì, ci conoscevamo già.- affermò decisa, -abbiamo frequentato la stessa scuola e la stessa università.
Perché mi fai una domanda simile?-
-perché fin dall'inizio hai parlato di lui come se lo conoscessi da tempo e volevo avere la certezza che fosse così.- rispose pacato lui. -eravate molto amici?-
Altra domanda prevedibile e attesa, aveva la risposta anche per essa:
-non eravamo amici, solo compagni di scuola.-
-capisco. Meglio così.- le rubò un bacio a fior di labbra che lei ricambiò cercando di ignorare i sensi di colpa per avegli mentito. -ora vado a fare i conti.-
Detto questo, si separò da lei e andò verso la sua postazione di contabile.

Marika, appena notò la presenza della madre poco distante da lei, saltellò allegra e euforica la tirò per il braccio trascinandola vicino alla porta delle cucine:
-mamma!- esultò indicando Soma impegnato a fare l'ultimo piatto di dessert, -hai visto quanto è rapido Soma oniichan? Sembra che abbia braccia e mani doppie!-
La donna sorrise giocando e sistemando le treccine bionde della bambina che, vivace com'era, non stava mai ferma e l'acconciatura si era tutta distrutta. -sì tesoro, è molto veloce. Tutti lo sono.-
Nemmeno lei riusciva a spostare lo sguardo da Soma mentre accomodava l'acconciatura di Marika.
-è vero, ma Soma oniichan è supervelocissimo!!- marcò l'ultima parola, in maniera squillante.
Sì.. era decisamente il più veloce, lo sapeva anche lei.
-sì, non possiamo dire di no.- ammise infine e la bambina chinò la testa indietro per guardarla in volto e rivolgerle un esteso sorriso soddisfatta dalla sua risposta.
-adesso Marika gli zii e Yukihira devono sistemare le loro postazioni, quindi lasciamoli lavorare tranquilli e andiamo da Naoki che l'abbiamo lasciato solo con Rokuro.-
La bambina si rattristò al pensiero di doversi allontanare dalle cucine, ma educata fece come la madre le aveva detto e la seguì da Naoki e Rokuro.

Quando la villa tornò ad essere una semplice residenza del proprietario e tutti ebbero sistemato, revisionato e pulito le loro posizioni tornarono verso l'hotel dopo aver salutato il loro cliente che era sembrato compiaciuto dal loro lavoro.
Marika si addormentò in macchina: per spostarsi le avevano prese a noleggio un paio, pagate anch'esse dell'Adashino C.B.
Anche Naoki si era addormentato.

-Rokuro, per favore, potresti portare Marika in camera senza svegliarla?- chiese lei, arrivati a destinazione.
Marika aveva sei anni e nonostante fosse magrolina faticava comunque a prenderla in collo e aveva bisogno di Rokuro per alzarla. -certo.- rispose lui. Prese la bambina tra le braccia come una principessa, riuscendo a non svegliarla.
Ryou trascinò Naoki come Rokuro aveva fatto con Marika.
Hisako e Alice diedero la buonanotte a loro volta, sorridendo, e andarono verso la loro camera.
Ad un tratto la voce di Yukihira la raggiunse:
-io non ho ancora sonno, ragazzi, per cui vado a fare una bevuta al bar dell'Hotel.
Chi si vuole unire a me ben volentieri.- portò gli occhi su di lei, facendola arrossire.
Era per caso un invito a seguirlo al bar? Perché l'aveva guardata?
Erina scosse la testa e cercò di far finta di nulla.
Non aveva sonno neppure lei e l'idea di unirsi a lui purtroppo l'allettava, ma provò ad ignorare la sua parte irrazionale e seguì Rokuro in camera.
Anche tutti gli altri dissero di essere stanchi declinando l'invito di Yukihira con gentilezza.



 
****


-allora ragazzi!- esclamò Alice.
-dovremmo brindare un'ultima volta alla nostra laurea prima di andarcene a letto! Voi che dite?-
Nonostante la quantità d'alcol assunta dalla cugina di Nakiri, lei sembrava ancora lucida rispetto a lui e ad altri.

Lui invece, da quanto era brillo, sentiva tutti i discorsi, le risate e le chiacchiere ovattate e avvertiva la testa girargli fortemente. Questo, però, non gli impediva di portare lo sguardo su Nakiri seduta sul divanetto fra Hisako e Isshiki.
Ella aveva gli occhi rossi, le guance e il naso all'insu arrossati a causa dell'alcol. Alternava, come lui, momenti di lucidità a momenti di totale assenza o esagerata allegria. Non l'aveva mai vista così fuori di sé.

Eppure, sebbene fosse ubriaco, poteva dire di vederla sempre bellissima nel suo vestito verde acqua che calzava dolcemente lungo il suo corpo risaltando le sodi forme.
I lunghi capelli erano sciolti, arricciati leggermente sulle punte in fondo, ma sempre morbidi ed eleganti.
Era sicuramente la più bella di tutte, benché anche Megumi sembrasse molto più carina del solito.

In effetti, anche da astemio, non aveva mai smesso di osservare i lineamenti di Nakiri.
Anzi.. forse anche negli anni precedenti qualcosa di lei l'aveva sempre attirato, no, anche senza il “forse” era così, ma quella sera le sensazioni che lei gli aveva sempre scantenato sembravano amplificate in qualche modo. Scosse la testa. Cosa stava pensando? Era l'alcol a renderlo tanto consapevole di lei?
Il ché era paradossale visto che in teoria il bere doveva rendere più naturali ed espliciti perché il tutto appariva distorto e confuso. Quindi.. perché cosapevole?
Distrattamente e aprendosi nell'ennesimo singhiozzo, seguendo l'invito di Alice, alzò in alto il boccale per unirsi agli altri per l'ultimo brindisi post laurea; però, anche in quell'attimo, non distolse gli occhi da Nakiri che insolitamente aveva fatto lo stesso per tutta la serata. Magari anche questo era colpa dell'alcol: gli faceva vedere cose non reali, effetto allucinogeno insomma. Ridacchiò fra sé e sé, di fronte a quel pensiero.
Sentì i cincin unirsi in uno squillante suono che raggiunse le sue orecchie in maniera più fitta e chiassosa.
Sentiva la testa pungere un po', così appurò che era il caso di avviarsi a casa e fare una bella dormita risanatoria:

-io penso che andrò ragazzi.- avvisò loro, alzandosi a fatica dalla poltroncina e avvertendo subito i giramenti testa assalirlo e farlo traballare.  Fece un rapido saluto generale e si avviò barcollante verso l'uscita del locale.
Udì a malapena la voce di Hisako:
-Aldini.. forse dovresti accompagnarlo, non si regge in piedi.-
Sentì spostare la poltrona dove sedeva il suo migliore amico, ma ormai aveva già raggiunto l'entrata del Karaoke per uscire. Sorprendentemente, fermatosi davanti alla porta perché la testa lo aveva disturbato con un altro giramento, quella che sentì non fu la voce del suo amico ma di Nakiri:
-Yukihira..- e non era finita qui, non sapeva se era l'effetto dell'alcol o meno, però lo aveva perfino afferrato per la manica della camicia -..accompagnami a casa.-
La sentì singhiozzare e ora, sicuro che fosse veramente lei, si girò in sua direzione.
La guardò attentamente: gli occhi di lato e le lunghe ciglia incrinate di conseguenza, le guance arrossate, il collo niveo rivolto verso sinistra e la curata mano smaltata accompagnata dal braccio leggermente piegato, a porgersi verso la manica della camicia e a stringerlo in una presa consistente ma assai debole perché femminile.
Era la prima volta che vedeva Nakiri tanto graziosa e timida.
Era forse colpa della vergogna che stava accusando nel chiedergli una cosa tanto intima?

Rimase incantato e pensieroso di fronte a quella richiesta, ma alla fine le sorrise.
Se doveva essere sincero e forse era a causa delle infinite bevute, desidarava da tutta la sera passare del tempo da solo con lei; non aveva immaginato essere possibile.
-d'accordo Nakiri, ti accompagno a casa.-
Lei apparse sollevata dalla risposta positiva e fece per fare un passo avanti, ma perse l'equilibrio per colpa dei giramenti di testa e lui la sorresse appena in tempo. Involontariamente Nakiri finì contro il suo petto, sicuro che in seguito sarebbe scattata lontano da lui per l'imbarazzo, invece rimase lì, appoggiata contro di lui e lui a tenerla per le spalle.
Si sentì accaldato davanti a quel contatto ed era convinto di essere arrossito.
Perché avvertiva le sensazioni tanto nitidamente benché fosse ubriaco?

Nemmeno lui era molto stabile visto quanto aveva bevuto e infatti, poco dopo, lei dovette spostarsi perché si sentì andare all'indietro. Scoppiò a ridere senza motivo, si grattò la nuca impacciato. -siamo proprio fuori.- rispose solo.
-io non lo sono, Yukihira, tu lo sei.- mugognò lei, singhiozzando.
Poi si incamminarono tra le vie buie e solitarie reggendosi a vicenda..

Diede un altro sorso al boccale di birra scura giapponese, accomodato sul panchetto del bar dell'hotel, e sentì scendere il  sapore rinfrescante lungo la gola che fu capace di dissetarlo.
Il gusto era buono e al piano bar dell'albergo c'era tanta tranquillità dato che era mezzanotte passata.
Il panchetto in pelle era comodo e il bancone del bar in mogano scuro era la sua unica compagnia, poiché il barista, dopo averlo servito, si era ritirato nel retro del locale lasciandolo solo. Appena aveva sfiorato il boccale in vetro, aveva ricordato visivamente un altro sprazzo di quella sera visto che l'ultimo brindisi della serata l'avevano fatto con la birra.
Era stato il gesto dopo esso che l'aveva stupito di più: Nakiri gli aveva chiesto di accompagnarla a casa.
Ricordava distintamente la sensazione di calore e desiderio che l'aveva invaso quando lei era scivolata tra le sue braccia, senza farlo apposta. Proprio come gli era chiaro, già allora la desiderava follemente e quella notte passata insieme era la “traccia” tangibile della passione che li legava da tempo. Ne era convinto.
Di nuovo stava pensando a lei e un'altrettanta sensazione di frustrazione lo accolse quando pensò al banqueting di quella sera e al fastidio provato in una sfuggente occhiata in cui aveva visto Nakiri e Suzuki-san in atteggiamenti di chiara effusione, a come le mani del compagno di Nakiri scorrevano lungo il corpo di lei in una mordace bramosia sessuale, in un possessivo senso di desiderio corporale. Si accorse solo dopo di aver sbattuto con troppa enfasi il boccale sul bacone, ricordando quel momento che l'aveva seccato e si chiedeva davvero com'era riuscito a riempire gli ultimi piatti di dessert senza far notare il suo disprezzo. Perché con Megumi non gli succedeva lo stesso?
Non aveva mai perso la testa a tal punto, sebbene protettivo anche con lei.

Non ebbe il tempo di riflettere su tali emozioni perché spiazzato notò Nakiri arrivare al bancone, dove era appoggiato, sedersi silenziosamente sul panchetto di fianco al suo.
La sentì schioccare la lingua in un gesto stizzito e lanciargli un'occhiata intimidatoria di profilo per poi minacciarlo:
-non commentare o aprire bocca sennò sei morto, Yukihira.-
Lui non riuscì a trattenersi dallo scoppiare in una risata sguaiata.
-ti avevo detto di non dire una parola, idiota.- protestò aspra.
Lui provò a darsi un contegno, ma non fu un controllo immediato data l'ironia della situazione.
-cosa ci fai qui, Nakiri?- domandò in seguito, ridacchiando divertito.
-non avevo sonno.- asserì atona.
-potevi dirlo subito quando ho offerto il mio invito a tutti.-
-a Rokuro non avrebbe fatto piacere se avessi accettato il tuo invito.-
-però alla fine sei venuta lo stesso. Lui come la pensa a riguardo?-
Lei lo fulminò. -dovresti proprio smetterla di ficcare il naso nelle relazioni altrui.-
-era solo una curiosità. Tutto qui.-
-dorme. Marika pure.- alla fine lei rispose.
-capisco.- abbozzò un sorriso enigmatico.
-non hai pensato alla possibilità che si svegli e che trovi una parte del suo letto vuota?-
-sbaglio o stai continuando a ficcare il naso, Yukihira?- ribatté sferzante.
-Non ho ficcato il naso, Nakiri. Ti ho solo mostrato altre possibilità e le conseguenze di scappare di soppiatto dal letto del tuo compagno.- ghignò sbarazzino.
-non sono scappata di soppiatto!- gridò offesa, -per chi mi hai preso, stupido?-
-d'accordo. Allora non dovresti preoccuparti.- portò gli occhi su di lei, con aria giocosa:
-giusto.. perché dovresti preoccuparti di una bevuta con un collega?-
Lei lo fissò rabbiosa. -odio il modo subdolo con cui mi provochi, Yukihira!-
Lui rise ancora. -ti prendo solo un po' in giro, Nakiri. Scherzo.-
Lei si fece assorta. -a volte non sembri davvero scherzare, sai?-
Lui sgranò gli occhi colpito da quella constatazione.
-sembri infastidito davvero.- aggiunse ancora lei, tornando a fissarlo con decisione.
Lui non sapeva cosa rispondere dato che ciò che aveva detto era la verità: portava la loro conversazione sullo scherzo, ma c'era un'invidia di fondo dietro alle sue battute e Nakiri l'aveva capito subito.
Abbassò gli occhi sul boccale di birra ormai vuoto.
-dici? Forse.- ammise alla fine. Non era bravo a mentire.
Lei sussultò davanti a quella risposta e quando tornò a guardarla notò che sembrava a disagio.
-sei scorretto Yukihira.- rispose sottovoce.
Lui si aprì un sorriso amareggiato. -ho solo detto quello che mi passava per la testa.-
-sei scorretto proprio perché la tua sincerità è un problema per me.-
-perché è un problema, Nakiri?- domandò lui, fissandola con serietà.
-è un problema e basta.- borbottò schiva. -è meglio che vada.-

Si alzò dal panchetto ma lui la bloccò di nuovo. -aspetta..-
-anche quando fai in questo modo sei sleale.- bisbigliò ancora.
-mi dispiace Nakiri.- disse lui, -hai fatto un'osservazione su di me e non sono riuscito a mentirti.
Anzi.. probabilmente se la mia ragazza fosse qui l'avrei ferita.-
-lo penso anch'io.- concordò placida, lei -..in fondo ho fatto lo stesso con Rokuro.-
Ci fu un attimo di silenzio.
-perché lo facciamo secondo te, Nakiri?- riprese lui.
-non saprei..- fece lei, vaga -ma quello che c'è stato tra noi è acqua passata, Yukihira, tu stesso l'hai detto.
Noi siamo il passato, i nostri compagni sono il presente.
Ciò che ci lega non è niente in confronto a quello che abbiamo con loro.
Alla fine è stata solo una notte di sesso, giusto? Niente di più, niente di meno.-
La sua espressione sembrava nostalgica mentre diceva quelle parole e sentiva che non era del tutto sincera nel fornirgli spiegazioni sul loro rapporto. Però era giusto fare così e lo sapeva anche lui.
-ti offro una birra, Nakiri, da semplici colleghi. Beviamoci su!-
Gli stizzò l'occhiolino alzando il boccale vuoto in alto.
Era doloroso. Era l'unica maniera per riportare la situazione alla tranquillità e non creare tensione tra loro quando sarebbero tornati a lavoro. Lei sospirò e tornò a sedere sul panchetto. -d'accordo Yukihira.-
Chiamarono il cameriere e ordinarono due birre piccole.
Succhiarono un sorso nello stesso momento, poi lui sorrise:
-rinfrescante, vero?-
-accettabile.-
Lui ridacchiò davanti alla prevedibile risposta.


 
****


Tutto quello che aveva risposto a Yukihira era un'autentica menzogna: era scappata di soppiatto da Rokuro sfruttando il momento che russava come un ghiro senza pensare alle conseguenze del gesto.
Non era scesa perché non aveva sonno, l'aveva fatto perché sentiva il bisogno di stare, stuzzicarsi e parlare con Yukihira infliggendo l'ennesimo tradimento mentale al suo compagno.
Non era vero quello che aveva risposto sulla notte di sesso tra loro e nemmeno che era acqua passata.
Oltre questo, il suo cuore aveva fatto una capriola incontrollata quando lui le aveva confessato di essere infastidito dalla vicinanza tra lei e Rokuro. La sincerità di Yukihira era un problema perché ogni volta che lei faceva passare per sincere le sue menzogne, con lui, si sentiva uno schifo e questo non andava bene perché voleva dire che gran parte delle parole e di ciò che diceva erano bugie e di conseguenza un autentico mentire a se stessa. Cosa doveva fare?
L'attrazione tra lei e Yukihira era ancora forte e bene o male, anche se non esplicitamente, se l'erano detto con i gesti e il loro punzecchiarsi. Anche in quel momento non riusciva a pensare ad altro se non a come la camicia nera che Yukihira indossava si amalgamasse con seducente virilità ai suoi pettorali e quei bottoncini sganciati in cima lasciassero poco spazio all'immaginazione e soltanto ad un reale desiderio carnale e probabilmente non solo.
Per non parlare di quei pantaloni beige che si stringevano perfetti alle gambe sode e tonificate di Yukihira rendendolo accattivamente e sexy. Era sexy davvero, che lo negasse o meno. A differenza della bellezza elegante e standard di Rokuro, Yukihira possedeva un fascino selvaggio e indomabile e, nonostante la sbronza, ricordava quanto fosse notevole a letto_anche Rokuro lo era, ma la passione di Yukihira non ce l'aveva nessuno_ e di fatto, come sapeva più che bene, una notte tanto più bella di quella non l'aveva più passata. Dunque, no, non era stata solo una notte di sesso e follia.
Perché stava facendo certi pensieri? Perché erano tanto persistenti?
In modo da gestirli, deglutì tutto d'un fiato il boccale di birra e con la foga che aveva usato non si accorse di aver lasciato una scia di schiumina bianca della birra lungo la guancia sinistra e non fece in tempo a farlo perché Yukihira ridacchiò divertito. -Nakiri..- iniziò tra le risate, lui, e lei lo guardò irritata.
-cosa vuoi? Perché ridi all'improvviso?-
-..no, niente.- però non riusciva a smettere di ridere e lei si infastidì ancora di più. -la guancia..- continuò lui.
-la guancia cosa?!- tuonò lei, -invece di ridere, termina la frase!-
Lui rapidamente, senza darle il tempo di spostarsi o realizzare le sue intenzioni, avvolse il braccio dietro la sua schiena e leccò le tracce di schiuma sul suo viso con la lingua.
-la schiuma.- appurò infine, staccandosi dalla sua guancia e sorridendo malizioso.
Lei rimase pietrificata, colta di sorpresa di fronte a quel contatto e quando divenne consapevole del gesto audace di Yukihira iniziò a sentire il cuore martellare nel petto, dei piacevoli brividi d'eccitazione attraversarle tutto il corpo e un calore ardente invaderla per poi portarla ad avvampare per la vergogna.
-perché sei così, idiota??!- esplose infatti, -perché non riesci a trattenerti?-
-ho agito d'istinto un'altra volta.- decretò lui. -era troppo divertente il pensiero della tua reazione, Nakiri.-
Proseguì sinceramente:
-anche se quello che è successo tra noi è acqua passata, l'attrazione per te non è svanita e questo è un dato di fatto.-
-ti staresti giustificando per caso?-
Lui scosse la testa. -no, non lo sto facendo.- preciso -voglio solo che tu sia consapevole di questo.-
-a quale assurdo scopo?-
-una piccola rivincita nei confronti del tuo compagno.- rispose ironico.
-sei proprio un bambino.- sbottò lei, altezzosa. Lui ridacchiò.
-è pur sempre un gesto intimo.- protestò severa:
-come immaginavo: è troppo pericoloso starti accanto. Vedi? Anche stasera è finita così.-
-mi diverto con te, Nakiri. Il rapporto che abbiamo adesso mi piace.- confessò lui, -però, anche se siamo impegnati, penso sia giusto che entrambi si sia consapevoli dell'attrazione che ci lega perché forse riusciremmo meglio a gestirla.-
-questa è una tua opinione, Yukihira. Io non ho detto di essere attratta da te.-
-è vero, non l'hai fatto.- accordò lui.
-però mi cerchi sempre con lo sguardo. Vorresti negare anche questo? Perché lo faresti, quindi?-
Lei distolse gli occhi arrossendo e non negò né confermò: non aveva parole per esprimersi perché, se avesse risposto, glie l'avrebbe data vinta. Lui sospirò stancamente.
-prenderò il tuo silenzio come risposta positiva, Nakiri.-
Bevve un altro sorso di birra sorridendole.
Lei incrociò le braccia seccata e gli rivolse un'occhiataccia.
-credi a quello che ti pare, Yukihira.-
-infatti farò così.- le sorrise con dolcezza.

Calò un silenzio tombale tra i due, nel quale potevano sentire solo le loro gole deglutire il liquido scuro della birra.
-piaci molto a Marika.- esordì lei all'improvviso.
Ovviamente, dopo quell'asserzione, si pentì di essere entrata in un discorso tanto rischioso.
La birra l'aveva portata ad aprirsi di più con lui.
-già. Anche a me piace stare con lei. Chissà perché? Sarà perché vi assomigliate?-
Le aveva tirato l'ennesima “frecciatina” fuori luogo e una vena di nervoso pulsò sulla sua fronte.
-finiscila Yukihira.-
-sei entrata tu nel discorso Nakiri.-
-potevi anche trovare risposta migliore.- replicò lei seccata.
-vero anche questo.- confermò. -perché con Rokuro non è così?- riprese il discorso principale.
-Marika si è legata a Rokuro, ma in effetti a volte sembra temerlo.-
Lui annuì. -forse perché dà l'impressione di una persona dura ed esigente, poco affettuosa.-
-la sensazione a primo impatto è quella.- concordò lei, -ma in realtà non è così.-
-con te infatti è molto appiccicoso.- commentò leggermente stizzito.
-non ricominciare Yukihira.- rispose aspra, lei.
-non hai il diritto di giudicare il nostro rapporto. Come la prenderesti se lo facessi con te e la tua compagna?-
-chi lo sa..- ridacchiò lui, -probabilmente reagirei allo stesso modo.-
-esattamente.- convenne lei, soddisfatta dalla sua risposta.
Dopo passarono altri minuti di silente tranquillità, in cui nessuno dei due parlò.

-è meglio andare a dormire, Nakiri. Domani dobbiamo preparare tutto per ripartire.- annunciò per primo.
Improvvisamente si era fatto distaccato e lei non comprese i motivi.
Lo vide alzarsi dal panchetto, passarle accanto e spontaneamente accarezzarle i capelli in un gesto di pura tenerezza anche se sfuggente. -notte Nakiri e grazie della chiacchierata.- accennò un sorriso incomprensibile.
Lei si alzò dal bar solo dopo che Yukihira fu scomparso, con mille domande e dubbi in testa.
Cosa gli era preso stavolta?



 
****


Si adagiò contro la parete dell'ascensore specchiandosi nello specchio al suo interno.
Davvero.. cosa stava facendo?
Si stava comportando con Nakiri come se fosse una sua proprietà e questo non andava bene.
Un'altra volta non era riuscito a combattere la forte attrazione che nutriva per lei e aveva finito per avere atteggiamenti inadeguati. Quando si trovava in compagnia di Nakiri tutto svaniva, Megumi anche purtroppo, e finiva per commettere gesti volti ad un approccio più intimo o per provarci con lei. Se continuavano ad avere questo rapporto, avrebbe finito per tradire davvero Megumi ed ecco perché aveva deciso di troncare lui la conversazione con Nakiri.
Più parlava con Nakiri, più si rendeva conto che i sentimenti provati per Megumi si facevano meno chiari.
Incontrare nuovamente Nakiri l'aveva confuso non poco.
Se davvero fosse stata una forma d'amore quella provata per Megumi e non solo un semplice piacere e trovarsi bene, perché era bastato così poco a mettere in discussione i suoi sentimenti e tutto il rapporto che aveva costruito con lei appena Nakiri era ritornata a devastare le sue emozioni? Cosa provava veramente per Nakiri?
Era chiaro che ogni volta che stava con lei la sua mente viaggiava attraverso pensieri proibiti e peccaminosi e rivedeva e soprattutto.. risentiva tutte quelle sensazioni che aveva provato quella sola ed unica notte.
Anche quella sera, mentre bevevano la birra, non aveva smesso di fissare e studiare i suoi lineamenti: le ciglia lunghe decorate da un leggero tocco di mascara e matita che illuminavano i suoi occhi lilla, un rossetto color pesca a spiccare le labbra fini e invitanti. Le ciocche bionde con le quali lei involontariamente giocava spostandole e scuotendole, in un movimento seducente, femminile e ammaliante che lo estasiava.
La magliettina giallo senape dal tessuto rugoso ed elegante, sebbene dalle punte velate, e dalle spalline calate faceva intravedere i laccetti del reggiseno di pizzo nero impreziosendo il suo corpo con raffinata maestria e risaltando le sue snelle rotondezze. Quei Jeans chiari, a vita bassa, attilati, che non nascondevano il ventre piatto e sottoliniavano la magrezza delle cosce. Ai piedi indossava dei decolté neri che, quando l'aveva vista arrivare al panchetto, accentuavano sicuramente la bellezza del suo corpo. Tutto di lei lo affascinava e lo attraeva come una calamita, accendendogli un desiderio accecante. No.. non si era mai sentito così preso da Megumi.
Ecco perché con Nakiri spesso perdeva il lume della ragione e sarebbe stato un problema se non faceva in modo di placare le emozioni che lo spingevano da lei. Era doloroso sentirla parlare di Suzuki e lo era stato ancora di più quando, un'altra volta, le aveva sentito dire che quella notte per lei era stata solo sesso.
Sapeva anche lui che non diceva sul serio perché aveva imparato a conoscere abbastanza bene le espressioni di Nakiri e di fatto era un bravo osservatore, ma anche se così era, quelle parole facevano male comunque. Cosa doveva fare?
Non voleva lasciare Megumi finché non era chiaro dei suoi sentimenti, perché sapeva che ora come ora se ne sarebbe pentito e sicuramente non era pronto a farlo perché teneva pure a lei_sebbene, a parte il piacere, non sapeva quali sentimenti lo legavano a Megumi_. Stava pensando troppo. La stanchezza si stava facendo insostenibile e in quel momento non poteva riflettere lucidamente perché non aveva basi solide per farlo.
Ci avrebbe dormito su e pian piano avrebbe capito cosa voleva o chi.



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Angolo autrice: ciao cari miei! *-* ecco il nuovo cap. Vi confesso che sono molto orgogliosa di come mi è uscito e spero che piaccia anche a voi.
Spero siate rimasti compiaciuti dalle scene Sorina e soprattutto da quelle Soma/Marika. Vorrei tanto sapere cosa ne pensate!^^ siete soddifatti? <3
Vi anticipo che nel prossimo cap vi presenterò anche Takumi, finalmente XD (piccolo spoiler). Per Hayama invece dovrete aspettare ancora un po' invece.
Per adesso Hayama è India, ma ho in mente di rendere abbastanza travagliato il rapporto tra lui e Hisako :P. I PG vi sono sembrati IC?
Vi avverto che il prossimo cap sarà molto più lungo, all'incirca 16/17 pag; quindi, quando lo pubblicherò, avrete molto da leggere ;D.
Tuttavia, non so quando lo pubblicherò: con lo studio sono straincasinata e nonostante lavori sodo sono un po' indietro, dunque dovrò dare priorità ad esso ç_ç.
Ma tranquilli.. cercherò di non farmi aspettare troppo :). In compenso, ringrazio tantissimo chi mi ha lasciato le recensioni! vi adoro! <3 gentilissimi! *-*
Risponderò ad esse il prima possibile ;D. Perdonatemi se non l'ho ancora fatto D: . Ringrazio anche chi ha messo la fanfic tra preferite/seguite/ricordate.
Grazie davvero! *-* il vostro sostegno è importantissimo per me! (soprattutto di quelli che mi recensiscono) quindi, non abbandonatemi! <3
Allo stesso tempo spero di non deludervi con il proseguire dei capitoli, perché ci tengo a farmi sempre piacere ciò che scrivo. E' essenziale per me! :)

*Shinkasen: un tipo di treno che c'è in Giappone, superveloce. Un po' come la nostra frecciarossa, ma forse anche più veloce da quello che ho letto O.O.

Grazie ancora a tutti!! *_____* a presto!!
Un bacione immenso ai miei cari recensitori! <3 *______*

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Capitolo 5
*** Contatto rischioso..? ***


Contatto rischioso..?



Tutti ridevano. Erano allegri. Emozionati. Rilassati dopo aver concluso anche l'università.
Non era solita unirsi ai festeggiamenti, ma Alice e Hisako avevano insistito nell'invitarla a brindare con loro e pur di non sentire ancora le loro insistenze aveva deciso di accettare.
Dopo una cena fatta di stuzzichini e schifezze varie, ovviamente di scarsa qualità per i suoi gusti, aveva iniziato a buttare giù qualche bicchiere d'alcol e per ora sentiva di reggerlo abbastanza, sebbene le girasse un po' la testa ma niente di eclatante. Gran parte dei suoi compagni cercavano di coinvolgerla nei festeggiamenti post laurea e anche Yukihira, o meglio.. lui aveva sempre cercato di coinvolgerla nella sua stretta cerchia di amici ma non c'era mai riuscito pienamente.
Certo.. capitava ogni tanto che si ritrovasse con loro, soprattutto perché Alice e Hisako avevano legato molto con i ragazzi del dormitorio Stella, ma lei li sentiva ancora un gruppo di estranei, benché aveva in parte iniziato ad accettarli.
L'unico che le trasmetteva sensazioni strane e sconosciute, però, continuava ad essere Yukihira.
Condividevano un rapporto di amore/odio e pian piano aveva capito di essere attratta da lui.
Tale attrazione, tuttavia, doveva restare sconosciuta a Yukihira perché non era assolutamente il suo tipo e aveva deciso di ignorarla fin da quando aveva avvertito certe emozioni verso di lui.

In ogni caso, quella sera al Karaoke, non riusciva a smettere di guardarlo.
No.. alla fine il suo sguardo era sempre rivolto a lui, che lo negasse o meno e questo era un dato di fatto, ma quella sera gli sembrava più attraente del solito: era al settimo cielo, aveva un sorriso meraviglioso ed era circondato dai suoi amici che quasi lo “veneravano”. A volte le capitava di incrociare i suoi occhi ambra ed immergervisi, poiché il contatto visivo era stranamente reciproco, e lui non si risparmiava di sorriderle con dolcezza_come aveva sempre fatto_.
Non sapeva cosa le prendeva, ma sentì il bisogno di avvicinarsi a lui e fargli portare le tenere e euforiche attenzioni verso di lei. Forse era colpa dell'alcol che le stava lentamente entrando in circolo? Per disperazione scattò dal divanetto, avvertendo un leggero capogiro, e andò verso il bar ignorando i richiami di Hisako per prendersi un altro “shottino”.
Quando tornò verso il divanetto dove sedeva, la voce stonata di Takumi raggiunse le sue orecchie spaccandole un timpano mentre cantava a squarciagola al karaoke, poggiò il bicchierino sul tavolo e si portò le mani davanti alle orecchie socchiudendo gli occhi:
-fatelo tacere, vi prego!-
Hisako e Alice scoppiarono a ridere e anche Yukihira si fece divertito vedendola in difficoltà e lei si sentì arrossire senza motivo: era sicuramente colpa dei bicchierini che aveva bevuto.
-niisan.. basta così! non ti si può sentire!- intervenne Isami.
-grazie al cielo..- sospirò lei, dopo l'intervento del secondo Aldini.
Takumi si fece imbarazzato e ridacchiò. -scusate ragazzi.-

Lei sbuffò stancamente e avvicinò la mano verso il bicchierino poggiato sul tavolo, per ingranare altro alcol nella speranza che quello che sentiva per Yukihira si placasse almeno per quella sera.
Hisako le portò dolcemente la mano sul dorso per fermarla:
-Erina.. non credi di star bevendo un po' troppo? Sembri iniziare a non reggerlo più.-
-ma che dici Hisako! Sto benissimo!-
Anche Alice scosse la testa.
-credo che Hisako abbia ragione, cuginetta.-

Ryoko ridacchiò. -anche Soma sembra un “tantino” esagerato oggi.-
Lei non ascoltò le raccomandazioni delle due ragazze e dopo aver lanciato l'ennesima occhiata a Yukihira che, in effetti, pareva ancora più arzillo a seguito dell'ennesimo sorso del suo cocktail e buttò giù lo shottino preso avvertendo la gola bruciare da quanto era forte posando, infine, il bicchierino sul tavolo con più violenza del previsto. -stanotte starai male, cuginetta.- la stuzzicò Alice.
-sta zitta.- bofonchiò lei.
-non riesco a capire cosa ti porti ad essere così avventata stasera.-
la presenza di Yukihira e quello che mi fa sentire” avrebbe voluto rispondere, ma non dovette farlo perché Alice arrivò da sola alla risposta, sghignazzando:
-lo so io il motivo..-
Hisako si fece perplessa.
-e quale sarebbe?- chiese lei, provocatoria, sentendo lo shottino procurarle giramenti di testa più violenti nell'espandersi poco a poco.
-vedrai che lo capirai da sola appena l'alcol ti sarà entrato del tutto in circolo.-

Lei, in principio, non capì la frase enigmatica di Alice e così la fissò irritata.
Hisako sospirò arresa di fronte al loro ennesimo battibecco.
Passò un'altra buona ora quando Alice, spostatasi accanto a Ryou e scoccatogli un bacio a fior di labbra, dichiarò di voler fare un ultimo brindisi prima di salutarsi.
Lei si sentiva confusa, comprendeva alcuni discorsi ed altri no, alternava momenti di allegria ad altri di totale passività. Però, nonostante questo, lo sguardo si posava senza controllo verso Yukihira e anche il “rimedio alcol” era stato completamente inutile.
Lo vide alzare il boccale di birra assieme a tutti gli altri, anche lui si muoveva a fatica e sembrava un po' brillo, e portare gli occhi su di lei stringendosi in un sorriso accennato che con assoluto disappunto la emozionò.
Ci fu il cincin di tutti i boccali che per lei fu più un fastidioso fracasso visto che la testa non smetteva di girare.
Dunque, finì per bere anche un po' di birra e quella fu decisamente la “botta” finale alla sua conseguente sbornia che la portò a fare pazzie al momento che la voce calda di Yukihira la raggiunse:
-penso che andrò ragazzi.-

Si alzò barcollando dalla poltrona e dopo un veloce saluto generale si avviò verso l'uscita del karaoke.
Lei sentì a malapena Hisako suggerire ad Aldini di accompagnarlo, che spontaneamente si alzò dalla poltrona in un desiderio immediato di raggiungerlo. Desiderio di cui nemmeno lei si capacitava ma che non era riuscita ad ignorare.
Non fece caso alla testa che le girava e udì solo Hisako chiamarla:
-dove stai andando Erina?-
e Alice risponderle:
-lasciala andare.- e aggiungere:
-l'avevo detto che avrebbe capito appena l'alcol sarebbe entrato nel sangue.-
Nemmeno in quel caso, dato che era sbronza, capì cosa intendeva Alice.
Poco dopo, si ritrovò fuori dal locale ad afferrare la manica della camicia di Yukihira in una stretta che per lei era consistente. -Yukihira..- biascicò sottovoce -..accompagnami a casa.-

Si svegliò di soprassalto realizzando di trovarsi nella sua camera, sotto le coperte del letto a baldacchino e con Rokuro che, di fianco a lei, continuava a dormire profondamente. Si portò una mano sulla fronte e si lasciò andare ad un lungo sospiro, per poi accertarsi se in camera era tutto in ordine: le finestre socchiuse, le eleganti tende di lino che ondeggiavano grazie al venticello mattutino e il cinguettio degli uccellini.
I raggi del sole trasparivano attraverso alcuni spiragli della finestra.
Silenzio totale, a parte il respiro regolare di Rokuro girato di spalle, la stanza leggermente buia.
Un'altra volta un ricordo. Ancora il sorriso di Yukihira stavolta sottoforma di sogno, seppur inerente ad un fatto reale. Ancora quelle sensazioni indefinibili. Di nuovo quella confusione mentale.
Quando sarebbero finiti quei ricordi? O per meglio dire.. rimpianti?
Scosse la testa. Il suo unico rimpianto era non aver detto a Yukihira di Marika per paura, non la scelta che aveva preso la mattina dopo quella notte. Era sicura di ciò? Ormai aveva dubbi anche su quello.
Portò gli occhi sulla sveglia che puntava le 9.00 di domenica mattina.
Né lei né Rokuro avrebbero lavorato: la sede dell'Adashino C.B, salvo casi di banqueting/catering, restava chiusa la domenica. Aveva la giornata libera ed era un'occasione per passare del tempo con Marika.
Si sedette a bordo del letto, stiracchiandosi un po', quando un “batuffolo” di riccioli biondi invase la camera e le corse in contro. -buongiorno mamma!-
Sprizzava energia già di prima mattina e posò le mani sulle cosce della madre per alzarsi sulle punte e scoccarle un bacio del buongiorno che lei ricambiò con il sorriso.
-andiamo a fare colazione?- disse emozionata.
-Marika.. abbassa la voce, Rokuro dorme ancora. Ha lavorato tanto ieri.-
-d'accordo.-
-vieni..- le prese la manina, cercando di fare meno rumore possibile, accostò la porta di camera sua e uscì con Marika portandola verso la cucina. -ora posso parlare?- chiese allegra, la bimba.
-Sì, ora puoi.- sorrise lei, -siediti che preparo la colazione.-
-oggi Asako oneechan, non c'è?-
Asako era la loro domestica, che dal lunedì al sabato lavorava da loro facendo le faccende e occupandosi di preparare loro la colazione le mattine infrasettimanali.
Prima lavorava alla villa di suo nonno, ma da quando era andata a vivere da sola con Marika lui l'aveva mandata da loro visto che, essendo sempre a lavoro, c'era bisogno che qualcuno si occupasse della pulizia della casa.
Solo la domenica era lei a preparare i pasti a Marika e nei giorni di altre feste. Ovviamente, poi, aveva anche una cucina privata dove esercitarsi e quando aveva tempo sperimentava piatti nuovi.
-no tesoro, torna domani.-
-Rokuro oniichan quando si sveglierà?-
-non lo so. Ieri era molto stanco.-
Dopo aver finito di preparare la colazione, si accomodò di fronte a Marika.
-andiamo da qualche parte insieme, mamma?- propose la bambina, radiosa.
La vide mangiare con gusto il pancake che le aveva preparato e ne fu davvero felice.
-certo! Oggi non lavoro.-
Non riusciva a dire di no a quel sorriso.
-evviva!- esultò lei.
-prima però finisci di mangiare, Marika. La colazione è importante.-
La bambina annuì energica e tornò a guardarla:
-un giorno voglio diventare brava come te a cucinare, mamma!-
Lei sorrise. -lo diventerai piccola.-
-anch'io ho il palato forte come il tuo, vero?-
In effetti Marika era molto sensibile al cibo come lei_anche se non aveva il palato sviluppato quanto il suo_però sentiva ingredienti che ad altre persone sarebbero sfuggiti. Fin da piccola lo era stata.
Amava sua figlia con tutto il cuore.
Era nata da un rapporto occasionale, era vero, però era stata anche il dono più bello.

Nel frattempo che mangiavano e lei stava bevendo una bel caffellatte anche Rokuro comparve in cucina:
-buongiorno bellezze!- salutò arruffandosi i capelli: lo faceva tutte le mattine, pensò divertita lei.
In compenso a lavoro aveva il capello sempre ordinato.
-Rokuro oniichan!- lo salutò allegra Marika.
-buongiorno.- lo salutò lei, alzandosi da tavola per dargli un bacio.
-io e Marika abbiamo deciso di passare la giornata insieme. Ti unisci a noi?-
L'uomo si fece pensieroso, poi dispiaciuto disse:
-mi dispiace Erina, ma devo rivedere alcuni conti. Mi tocca andare in biblioteca.-
Anche Marika sembrava triste della sua risposta.
-d'accordo. Non preoccuparti.- lo rassicurò, Erina. -fai colazione?-
-mi sono svegliato anche troppo tardi, quindi penso che la farò fuori.-
Erina annuì, poi alzò un mano verso di lui per accarezzargli una guancia.
-come preferisci. Allora buon lavoro!-
-grazie! a voi.. buon divertimento!-
Dopo aver salutato anche Marika, andò a cambiarsi in camera.
Lei portò l'attenzione sulla figlia:
-vorrà dire che ci divertiremo noi due!- le fece un affettuoso buffetto sul naso.
Marika ridacchiò contenta. -vado a vestirmi!-
Prima di uscire dalla cucina del tutto, però, si bloccò sull'uscio della porta:
-mamma.. quando rivedrò Soma oniichan?-
L'aveva colta con una domanda impreparata e fu a quel punto che la certezza la raggiunse del tutto: Yukihira aveva già fatto breccia nel cuore di Marika. Era una considerazione che aveva già fatto nei giorni di Kyoto, ma mai si sarebbe aspettata che sua figlia le chiedesse subito di lui e desiderasse a tal punto rivederlo.
Non sapeva come risponderle, così alla fine optò per restare sul vago:
-non lo so tesoro..-
-devo venire a lavoro da te per vederlo?-
Lei sospirò ancora. -immagino di sì.-
Era l'unica risposta che poteva darle.
-allora domani verrò a lavoro da te!- affermò la piccola, decisa.
Ormai non l'avrebbe più fermata. Si erano conosciuti e si sarebbero visti ancora tante altre volte.
Era inutile stupirsi del reciproco interesse che avevano l'uno per l'altra perché la situazione era già più che ovvia. -prima devi andare a scuola, però.-
-certo! Dopo la scuola mi faccio accompagnare da Benio.-
Aveva un sorriso così dolce quando pensava a Yukihira, si sentiva quasi gelosa, però allo stesso tempo_per quanto era preoccupata_era felice di vedere la gioia nei suoi occhi.
Era sollevata se vedeva Marika stare bene, del resto era sua madre.
-su! Ora va a cambiarti che andiamo!-
-andremo a mangiare in un ristorante buonissimo, vero?-
-sì, te lo prometto.- le sorrise.
Detto questo la bambina uscì contenta dalla cucina.
Aveva sentito parlare che dalle parti del centro di Tokyo vi era un ristorante italiano d'alto livello, che si classificava tra i migliori della prefettura. A Marika piaceva il cibo italiano e a lei pure, se anche era buono, dopo averla portata a giro tutta la mattina potevano andare lì a pranzo.
Rokuro sarebbe rimasto tutto il giorno in biblioteca.
Si sarebbero fatte portare verso il centro di Tokyo dal loro autista, o meglio.. dall'autista di suo nonno.


 
****


La stessa mattina..
Si aprì in un ampio sbadiglio entrando in cucina per prepararsi la colazione.
Lanciò una rapida occhiata all'orologio notando che erano le 10.00 passate e che aveva dormito più del solito. Normalmente alle 9.00 era in piedi, ma il lavoro che svolgeva all'Adashino C.B era molto più stancante e stressante. Corpo e mente erano totalmente impegnati a gestire i compiti e per fortuna la domenica non lavorava. Mise a cuocere sui fornelli un pentolino per scaldare il thé e andò alla ricerca di qualche cereale da sgranocchiare. Non aveva molta voglia di cereali, così decise di preparare un uovo strapazzato e riempirsi lo stomaco che stava brontolando vergognosamente.
Megumi era rimasta la notte da lui, come era solita fare, e aveva deciso di lasciarla dormire tranquilla.
Si sedette su di una delle sedie e iniziò a mangiare l'uovo strapazzato che si era cucinato in un batter d'occhio ed era venuto pure buonissimo.
Intanto che mangiava, ecco che vide comparire un'assonnata Megumi sulla porta e, dopo essersi aperta in uno sbadiglio anche lei, si avvicinò a lui per sorridergli e lasciargli un bacio a fior di labbra.
-buongiorno Soma-kun.-
-buongiorno a te Megumi!- la salutò lui, allegro.
-vuoi un po' di uovo strapazzato? Ne ho fatta una quantità esagerata!- ridacchiò divertito.
-quasi quasi. Ho una gran fame!-
-è nella padella. Serviti pure.-
La vide andare verso i fornelli:
-come al solito esageri in cucina.-
-tanto non avanzerà. A breve ne prenderò un'altra porzione.-
Anche Megumi si accomodò a sedere e iniziò a gustarsi l'uovo.
-delizioso!-
Lui alzò il pollice compiaciuto.
Passò qualche attimo di silenzio in cui svuotarono con piacere la colazione.

-programmi per oggi?- domandò lui.
Megumi sospirò dispiaciuta.
-purtroppo sono di turno a pranzo oggi, al ristorante. Papà mi aspetta per le 11.30.-
-allora non hai molto tempo.- notò lui, guardando l'ora che segnava le 10.30.
-ah!- gridò, notando l'ora. -che sbadata.. non mi ero accorta fosse così tardi!-
Soma scoppiò a ridere. -non preoccuparti, hai ancora un'ora di tempo.-
Megumi, agitata, buttò giù tutto d'un sorso il caffellatte.
-scappo a cambiarmi!- si alzò di scatto dalla sedia. -scusa Soma-kun.-
-non preoccuparti.- le sorrise.
Adorava Megumi proprio perché così era: insicura ma decisa quando c'era da impegnarsi.
Prendeva sul serio il suo lavoro e dava il meglio di sé quando aiutava i suoi genitori al ristorante.
Sparecchiò anche per lei e infilò tutto in lavastoviglie per poi avviarla al lavaggio.
Megumi tornò qualche minuto dopo già vestita e leggermente truccata. I capelli sciolti dolcemente lungo la schiena e le guance arrossate a causa dei movimenti rapidi e frenetici.
Aveva un ciuffo fuori posto e gli scappò un sorriso, notandolo, spontaneamente le si avvicinò e le posò una mano sulla testa per sistemarle il ciuffo. -rapidissima come al solito!-
Anche lei rise. -peccato che non mi sia pettinata a dovere.-
-ora sei apposto. Pronta?-
Lei annuì. Però, prima di andare verso la porta, si fermò sotto di essa:
-tu che farai oggi, Soma-kun?-
-penso che andrò a trovare Takumi. È un po' che non facciamo due chiacchiere che non siano a telefono e questo fine settimana è a Tokyo.-
-d'accordo.- portò gli occhi a terra. -mi dispiace non poterti fare compagnia.-
Lui le sorrise rassicurante. -tranquilla! Lavora sodo!-
-sicuro!- lo assecondò lei sorridendo. -allora vado!-
Si avvicinò a lei e si unirono in un bacio di dolce saluto.
Aspettò che uscisse dalla porta e si lasciò andare ad un lungo sospiro.
Più stava con lei, più si sentiva in colpa per non averle detto che Nakiri era una sua collega e soprattutto perché i sentimenti verso Megumi, da quando lei era comparsa, si erano fatti estremamente confusi.
Adesso che ci pensava, però, anche agli altri non aveva mai detto il nome della sua ragazza: neanche loro sapevano che la sua suddetta fidanzata era proprio una loro vecchia compagna di scuola.
Nemmeno a Nakiri aveva detto il suo nome e probabilmente questo dipendeva dal fatto che, se glielo avesse detto, lui e Nakiri si sarebbero allontanati ulteriormente e il suo “stare con un'altra” l'avrebbe avvertito come qualcosa di ancora più reale costruendo l'ennesimo muro tra di loro e purtroppo sentiva benissimo_nonostante la sua scelta_che non era quello che voleva. Allora cosa voleva?
Perché quando stava con Megumi e la vedeva sorridere si convinceva che la sua scelta era stata giusta, però quando rivedeva Nakiri veniva assalito da una serie di sentimenti talmente forti da mettere in discussione tutto nel giro di un secondo? Quali erano i suoi veri sentimenti? Cosa doveva fare?
Megumi gli piaceva molto e separarsi da lei sapeva gli avrebbe fatto male..
Allora perché voleva Nakiri? Cosa provava per lei?
Perché, più che altro, l'impatto emozionale di quando stava con Nakiri era tanto devastante e travolgente rispetto a quello provato per Megumi? Dipendeva solo dall'attrazione?
Sapeva di essere attratto da Nakiri più che da Megumi e la notte che continuava a ricordare ne era la prova inconfutabile, ma sapeva altrettanto di non poter dire che le emozioni provate per lei fossero solo attrazione fisica. Ancora stava pensando a lei. Una volta solo, senza Megumi attorno a lui, nel silenzio tombale del suo appartamento l'unico pensiero fisso diventava Nakiri e più cresceva più gli sembrava di tradire Megumi ed era una sensazione orribile, seppur ricca di percezioni intense che solo Nakiri riusciva a scatenargli.
Tuttavia, lei stava un altro e doveva farsene una ragione.
Perché non riusciva a farsela?  Perché la sua testa non si arrendeva all'evidenza?
Era più forte di lui e anche nei momenti che stava con lei agiva d'istinto.
Decise che era il momento di mettere un freno ai suoi pensieri, dubbi e domande e di chiamare Takumi per avvisarlo che avrebbe fatto un salto da lui. Così, cercando di controllare il cervello, compose il numero del suo amico per chiamarlo. -ciao Takumi!- lo salutò appena rispose al cellulare.
-oh! Soma!- rispose ilare, l'altro. -volevo chiamarti anch'io.-
-senti, pensavo di fare un salto al tuo ristorante oggi prima per pranzo. Hai da fare? O hai troppi clienti?-
-no, tranquillo! C'è sempre un posto per te.-
-perfetto! Allora mi vesto e vengo.-
-buono! Ti aspetto.-
Fu anche il primo ad attaccare la telefonata.
Cercò di sistemare decentemente la camera e si vestì per andare da Takumi.
Almeno, parlando con lui, forse avrebbe pensato meno a Nakiri.

Tra una cosa e l'altra si era fatto quasi l'ora di pranzo e arrivò al ristorante da Takumi verso 12.00.
Aveva deciso di andare in auto, dato che sembrava tirare parecchio vento e non voleva ammalarsi proprio il giorno prima di ritornare a lavoro o Nakiri lo avrebbe ucciso.
Il ristorante di Takumi era ubicato in una zona favorevole per i turisti visto che si trovava esattamente nella zona commerciale di Tokyo dove vi erano i migliori negozi di marca e anche i locali più in voga.
In quel che si definisce “centro città” insomma.
Parcheggiò l'auto abbastanza vicino al ristorante e prima di entrare decise di fumarsi una sigaretta, poiché la testa era tornata a pensare a Nakiri. Il locale era tradizionalmente italiano in tutti i sensi, vi era una parte di tavoli fuori in cui le belle giornate era anche piacevole mangiarci ed era piuttosto grande e fornito di tavoli anche dentro, oltre che raffinato. Davanti all'entrata del gazebo riempito appunto da vari tavoli tondati e non, vi era la locandina con elencato tutto il menù italiano e di stagione, e il piatto del giorno.
Il locale, oltre ad essere elegante, era anche accogliente e professionale.
Insomma, non c'era da stupirsi se era considerato tra i migliori ristoranti italiani di Tokyo.
Sicuramente Isami e Takumi, assieme alla loro famiglia, avevano fatto un ottimo lavoro.
Spense la cicca per buttarla nel grande portacenere, leggermente più distante dal gazebo ed entrò dentro.
Vide Isami alla cassa e, dato che tirava un po' di vento fuori, i clienti erano per lo più concentrati all'interno del locale. -Soma!- esclamò il fratello gemello di Takumi. -è un po' che non ci vediamo! come te la passi?-
Lui gli sorrise, cordiale. -direi abbastanza bene.-
-Niisan mi ha detto che ti hanno assunto all'Adashino C.B. Ottimo colpo!-
Lui ridacchiò. -grazie mille. Comunque, per ora sono solo in prova.-
-sicuramente ce la farai ad essere assunto definitivamente.-
-lo spero. Sarebbe essenziale per la mia carriera di chef.-
-sono d'accordo.- concordò, -vado a chiamarti niisan. Ora ci scambiamo il turno e io vado in cucina.-
-grazie mille!- si adagiò sul bancone della cassa guardandosi intorno per notare che i clienti sembravano mangiare con gusto. Come al solito, la cucina Aldini non si smentiva mai.
Era felice che avessero tanto successo.

-eccoti qui!- arrivò Takumi, liberandosi del grembiule usato in cucina.
-ti ho tenuto un tavolo per le 13.00, sei d'accordo? Sei venuto prima del previsto.-
Lui si grattò la nuca. -non avevo niente da fare.-
-strano! Sei sempre indaffarato!- scherzò lui, -dove hai lasciato Megumi?-
-aveva il turno a pranzo oggi, quindi fino a stasera non credo la vedrò.-
-capisco. Sei sicuro che sia tutto apposto?- si accertò Takumi, preoccupato. -ti vedo abbastanza teso.-
-non ti si può nascondere niente, eh?-
Non riuscì a non incupirsi, poiché ogni volta che parlava con Takumi_dato che era il suo migliore amico_si sentiva un “libro aperto”. -si tratta sempre di Nakiri?-
Lui annuì sincero.
-da quando e ricomparsa tutti i miei sentimenti sono stati messi in dubbio.
Quando sono con lei agisco d'istinto e mi sento in colpa verso Megumi.-
-non l'hai tradita, vero?-
L'espressione del volto di Takumi era a dir poco spaventosa, capace di creare brividi perfino a lui.
-no, non l'ho fatto. Ma è chiaro che non so più cosa provo per lei.-
Takumi si scaldava sempre quando si trattava di Megumi: era molto protettivo verso di lei_anche se lo faceva per tutte le persone a cui teneva_però Megumi era l'unica ragazza in grado di farlo andare fuori controllo.
Non aveva mai capito perché. -sai che sono legato ad entrambi, Soma, però dovresti davvero capire cosa provi prima di tradirla.- era tornato ad essere moderato, -di questo passo andrà a finire così.
Dimmi se sbaglio.. ancora non le hai detto che lavori con Nakiri, giusto?-
Lui scosse la testa. -no, ma sto pensando di dirglielo quando saremo più liberi entrambi.
Al momento non trovo l'occasione giusta.-
-già il fatto che trovi difficoltà nel dirglielo dovrebbe farti ragionare. La fai preoccupare così, sai? Immagino che ha già provato a chiederti spiegazioni. Sono sicuro che anche lei si è accorta che sei più assente e distratto.-
-l'ha fatto, in effetti.- non riuscì a negare nemmeno questo. -le ho detto che non si deve preoccupare, ma chiaramente non basta perché continuo ad esserlo e mi dispiace molto per questo.-
Takumi sbuffò. -cerca di non farla soffrire, Soma.- lo avvisò, in tono fermo, che sapeva più che altro di un severo avvertimento. -lei non c'entra. Tu sei l'unico che può capire cosa provi veramente, ma devi farlo in modo che lei ne risenta le conseguenze il meno possibile.
Lei ti ama e tu lo sai. Non è giusto farla stare male così o farla agitare.-
-hai ragione. So che la faccio stare male. So che devo capire cosa provo il prima possibile.-
Takumi gli tirò una pacca sulla spalla:
-bravo! Prenditi il tuo tempo, ma cerca di farlo con discrezione e soprattutto dille il prima possibile che te e Nakiri siete colleghi perché se lo scoprisse da sola sarebbe peggio. Non gli hai detto neppure degli altri, vero? Lei non sa niente del nuovo lavoro o sbaglio?-
-no, con lei non ho quasi mai parlato del nuovo impiego.-
-allora muoviti a farlo!-
-sì, troverò sicuramente il momento di farlo in questi giorni. Lo devo fare.-
-d'accordo. Poi mi farai sapere.-
Con questo, portarono il discorso su altro e Takumi iniziò a raccontare delle sue avventure con le ragazze:
-..dunque, poi com'è finita con quella ragazza che era venuta a lavorare qui in sostituzione?- domandò Soma, a fine racconto, curioso della sua risposta.
-oh.. siamo usciti qualche volta. Ci sono andato a letto.- confessò, infine, imbarazzato.
-non è una novità Takumi. Vai a letto quasi sempre con le ragazze che frequenti, anche se poi non dura. Quindi, cosa pensi di lei?-
-è carina, sì. Se la cava a letto, ma dopo un paio di mesi mi è scesa perché mi ha dato l'impressione di una che le piace solo “spassarsela” e anche di una persona superficiale su vari aspetti.
Si preoccupava solo dell'aspetto fisico e parlava solo di sé. Inizialmente non sembrava così.-
-non è sicuramente il tuo tipo.- affermò lui, ridacchiando.
-da quando mi sono lasciato con Haruka non ho più trovato nessuno che mi colpisse a tal punto.
Finisco sempre per classificare relazioni deludenti.-
Fu il suo turno di fare una pacca di incoraggiamento a Takumi:
-vedrai che troverai presto la persona giusta. Ne sono sicuro!- alzò il pollice.
-speriamo.- sorrise. -di certo non mi arrendo!-
Scoppiarono a ridere.
Soma fu contento di aver sollevato l'umore a Takumi.

 

****


Quelle risate con Soma gli erano mancate e la conversazione era stata piacevole. Lui e Soma erano sempre stati molti amici o almeno.. da dopo il secondo anno di superiori avevano instaurato una solida amicizia e lui poteva tranquillamente ritenerlo il suo migliore amico. Non si vedevano spesso perché entrambi lavoravano tutto il giorno o quasi, e lui spesso era in viaggio in Italia per l'import&Esport degli alimenti.
Tuttavia, si sentivano spesso per telefono e ambedue si raccontavano le novità. Takumi sapeva di poter contare su Soma e per quest'ultimo era lo stesso; anche se un periodo si vedevano meno, il loro legame non si infrangeva. Lui sapeva cos'era successo tra Nakiri e Soma la serata dei festeggiamenti post laurea.
Nel corso di tutto il periodo scolastico, seppur i due non ne erano consapevoli, vi era sempre stata un'attrazione speciale tra loro; così, quando Soma gli aveva raccontato quello che era successo tra loro, non era stata una notizia inaspettata. Certo.. i due ci avevano messo ben sei anni per riconoscere di piacersi e con l'aiuto di molti bicchieri di alcol_e ancora adesso Soma faticava a comprendere i suoi sentimenti per Nakiri e a capire cosa provava invece per Megumi_. A proposito di quest'ultima, lui era molto legato a lei e avevano stretto un'amicizia al secondo anno di superiori perché lei era spesso con Soma.
Megumi era stata la prima ragazza con cui aveva fatto amicizia seriamente, poiché le ragazze del suo fanclub_anche se carine e affettuose_ nemmeno in quel periodo gli sembravano molto intelligenti.
Nel corso degli ultimi anni aveva classificato relazioni sentimentali per la maggior parte finite male, per un motivo o per un altro, e l'unica ragazza con cui era stato diverso tempo era stata Haruka.
Si era messo con lei poco dopo l'università ed erano stati insieme fino all'anno scorso. Era stata la sola ragazza a cui aveva voluto veramente bene e la prima della quale si era innamorato. Era finita perché lei si era innamorata di un altro. Megumi e Soma, nel periodo della rottura, erano stati molto vicini a lui e cercavano di aiutarlo a non pensare. Se con Soma aveva un rapporto di rispetto e di stretta amicizia, con Megumi gli veniva spontaneo essere protettivo e scaldarsi pesantemente se qualcuno la faceva soffrire, di conseguenza non voleva arrivare ad arrabbiarsi pure con il suo migliore amico perché non riusciva a capire cosa provava per la sua attuale ragazza. Se l'avesse fatta soffrire si sarebbe infuriato anche con Soma, perché come non sopportava di veder star male quest'ultimo ancora di più non accettava di veder piangere Megumi.
In effetti non aveva mai capito perché con Megumi fosse tanto tutelativo e perché fosse l'unica ragazza in grado di renderlo irrequieto e nervoso quando veniva ferita.
Non aveva mai pensato a fondo a quei sentimenti ambigui verso di lei, soprattutto perché aveva sempre ritenuto fosse un atteggiamento normalmente da amico essere protettivo con lei perché ci teneva.
E, a parte questo, era anche la ragazza di Soma e dunque intoccabile.
Proprio per questo continuava ad evitare di pensare alla “stranezza” dei suoi comportamenti quando si trattava di Megumi e preferiva comunque vederla da amica senza scavare a fondo o farsi delle domande riguardo ai suoi veri sentimenti. Aveva semplicemente deciso di vivere nell'ignoranza e per ora gli andava bene così finché vedeva i suoi amici felici, sebbene tale felicità negli ultimi giorni sembrava vacillare specialmente da parte di Soma che appariva molto teso. Ad un tratto, stupefatto, vide entrare nel suo ristorante una bellissima donna dai lunghi capelli biondi che stringeva la mano di una bambina di all'incirca sei anni.
Non era un viso nuovo, in particolare gli era familiare il portamento regale e altezzoso, quando infatti incrociò il suo sguardo e incontrò gli occhi lilla la riconobbe: Nakiri Erina.
Anche lei era abbastanza sorpresa di vederlo quando lo riconobbe e tantomeno sembrava felice di vedere che il ragazzo di spalle era Soma. Quando vide che stava venendo nella loro direzione, lui scuoté bruscamente Soma che era rivolto verso di lui e dava la spalle a Nakiri, dunque non si era accorto del suo arrivo.
-non ci posso credere..- recitò meravigliato. -Soma! Guarda chi è arrivato?-
-si può sapere che ti prende all'improvviso, Takumi?-
-girati e basta.-
A quel punto Soma lo fece.


 
****


Strabuzzò gli occhi al momento che Takumi l'aveva costretto a girarsi per accorgersi che inaspettatamente Nakiri era finita al ristorante di Takumi il giorno che aveva deciso di andarci anche lui.
Che fosse uno scherzo del destino?
Lo spiazzamento generale fu interrotto da Marika che, accortasi di lui, con le guance arrossate e gli occhi radiosi corse nella sua direzione per abbracciarlo.
-Soma oniichan!!- gridò festosa.
-ciao Marika.- rispose alle manifestazioni d'affetto della bambina.
Anche Erina li raggiunse e dopo aver smaltito la sorpresa portò gli occhi su Takumi.
-Aldini.. non sapevo lavorassi qui.-
-è un piacere rivederti Nakiri.- sorrise lui. -ho faticato a riconoscerti.-
Soma fissò Nakiri e non seppe nemmeno lui quanto si sentì felice di vederla e questo non andava affatto bene. -ci becchiamo dappertutto, eh Nakiri?-
Smorzò la situazione nella speranza di sciogliere il tumulto interiore di sensazioni contrastanti che lo travolse e la tensione creatosi tra loro di fronte a quell'incontro.
-già, che seccatura.- sbottò lei, incrociando le braccia.
Lui ridacchiò e Takumi intervenne:
-avevate prenotato un tavolo?-
-sì, per due.-
-allora vi faccio accomodare.-
Poi si voltò verso di lui:
-anche il tuo si è liberato.-
-Soma oniichan, mangi con noi?-
Lui la guardò con dolcezza, sotto gli occhi diligenti di Nakiri che già attraverso la sua espressione corrucciata gli suggeriva come rispondere alla figlia:
-no, Marika, ho un altro tavolo prenotato. Mi dispiace.-
Takumi si fece confuso e si accostò al suo orecchio:
-sbaglio o hai tralasciato qualcosa quando mi hai parlato di Nakiri? Non mi avevi detto che aveva una bambina. È la figlia del suo compagno attuale?-
Lui scosse la testa. -ti spiego tutto per bene quando Nakiri non c'è.- a sua volta gli rispose nell'orecchio. Takumi sospirò e alzò le spalle:
-d'accordo, ma direi che qui la situazione si fa ancora più complicata.
A maggior ragione dovresti capire cosa provi per lei.-
-già.- dovette confermare. -comunque, è meglio che vada al mio tavolo.-
-sii cauto, Soma, mi raccomando.-
Lui alzò il braccio per accennargli di aver recepito l'ultimo consiglio.
Portò gli occhi al tavolo di Marika e Nakiri, incrociò lo sguardo di quest'ultima e le sorrise come suo solito mettendola in difficoltà visto che sembrò farsi impacciata, mentre Marika sembrava triste perché non poteva mangiare con loro. Non voleva illudersi, ma era sicuro che anche Nakiri si sentisse in colpa per averlo costretto a mangiare da un'altra parte date le imprevedibili circostanze. Come sempre era bellissima: indossava un vestito in lungo, a maglia, azzurro _da pomeriggio_ che addolciva graziosamente le forme del suo corpo e la snellezza del fisico veniva risaltata da un paio di zeppe chiuse, color cuoio.
Le ciocche chiare ricadevano delicate e maestose lungo la schiena e le punte erano leggermente arricciate in fondo. Il leggero trucco le illuminava di più il viso e il mascara allungava le sue ciglia con eleganza.
Non era l'unico che si era voltato a guardarla, o comunque era interessato alla sua figura, gran parte della schiera maschile presente nel locale sembrava deliziato da lei. Senza volerlo, Nakiri faceva sempre quell'effetto. Era stupenda e lui avvertiva solo di più il desiderio di “marcare il territorio” con lei, benché riuscì a controllarsi dal non farlo per tutto il pranzo.
Nel corso del pasto, ambedue si erano osservati e scrutati più volte di sfuggita, in un'attrazione silenziosa e spontanea. Ogni volta che si trovava con lei, e quel giorno non fu un eccezione, le emozioni lo travolgevano.

Il pranzo trascorse così e a termine di esso, lui andò da Takumi per salutarlo e ringraziarlo.
-guarda che dovrai darmi delle spiegazioni quando hai un attimo.- lo avvertì.
-lo farò. Grazie del pranzo.- gli sorrise.
Detto questo, uscì dal ristorante e si adagiò davanti all'entrata accendendosi l'ennesima sigaretta per sfogare l'agitazione. Anche Marika e Nakiri avevano quasi finito di mangiare e aveva deciso di aspettarle.
Sarebbe stato giusto andare via, anche per rispetto a Megumi, ma l'idea di aspettarle era stata più forte di lui e così aveva finito per ascoltare nuovamente la sua parte irrazionale.
Infatti, poco dopo, eccole uscire anche loro dal locale:
-oh no, Yukihira!- esordì lei, -sei ancora qui? Perché ci hai aspettate?-
Marika invece era più che felice perché afferrò la sua mano con tenerezza:
-grazie Soma oniichan!-
Erina sospirò arresa vedendo il sorriso felice della figlia.
-non vi ho aspettato. Ho solo fumato una sigaretta.- mentì lui, ghignando.
-potevi farlo da qualsiasi parte e invece hai deciso di farlo qui davanti.-
-come vi è sembrato il ristorante di Takumi?- cambiò discorso lui, distanziandosi con loro dal locale e affiancandosi ad Erina mentre Marika stringeva ancora la sua mano. La mano di Marika era così piccola in confronto alla sua che quasi non la sentiva, eppure fu capace di regalargli un calore affettivo non indifferente.
-non è stato male.- ammise Nakiri, alla fine.
-la sogliola con le patate era buonissima!- esultò la piccola Marika. -tu che hai mangiato Soma oniichan?-
Lui le sorrise. -il piatto del giorno: il rosbif.-
-ah! Quello che ha mangiato anche mamma! Vero? Vero?-
-sì, è vero tesoro.- confermò lei.
-abbiamo ordinato la stessa cosa, dunque.- strizzò l'occhiolino in direzione di Nakiri.
Lei distolse lo sguardo vergognosa. -già..- borbottò.
Arrivò davanti al parcheggio dove aveva lasciato l'auto e avvertì una sensazione di malinconia all'idea di doversi separare da loro. -io ho la macchina qui.- comunque annunciò.
Nakiri era di nuovo senza Rokuro e poteva essere un'altra occasione per passare del tempo con lei.
Scacciò immediatamente quel pensiero molesto: doveva pensare a Megumi che, anche di domenica, lavorava e invece lui andava a “spassarsela” con un'altra? non era giusto. Era scorretto. Eppure..
La sua contorta indecisione mentale, fu interrotta dalla manina di Marika che strinse ancora una volta le sue dita. -Soma oniichan.. vai di già via?-
Lui si fece sinceramente dispiaciuto. -mi dispiace piccola..-
Decisa, andò versò Nakiri e la fissò determinata:
-mamma! Perché non invitiamo Soma oniichan a venire all'acquario con noi?-
Lui sgranò gli occhi colpito dalla richiesta di Marika e portò lo sguardo su Nakiri che, oltre ad essere in seria difficoltà visto che la bambina pareva molto felice se decideva di andare con loro, sembrava anche abbastanza preoccupata. -Marika, ascoltami..- tentò allora, lui, chinandosi verso Marika pronto a spiegarle per bene che non poteva andare con loro perché aveva da fare_anche se faceva male_la risposta che anticipò Nakiri lo spiazzò del tutto:
-no Yukihira! Lascia stare. Vieni all'acquario con noi.-
A Marika brillarono gli occhi:
-grazie mamma!- esclamò abbracciandola.
Appena lui notò il sorriso di Nakiri capì che, per quanto difficile, era convinta delle decisione presa.
Avvertì in tepore avvolgere con dolcezza tutto il suo organismo di fronte a quella risposta positiva. Involontariamente sorrise. -allora vengo volentieri.-
I tre si avviarono verso l'acquario che non era molto distante da dove erano loro.

 

****


Alla fine aveva invitato Yukihira ad andare all'acquario con loro.
Non era riuscita a dire di no a sua figlia e soprattutto a rinunciare alla possibilità di passare dell'altro tempo con lui perché l'idea la allettava, che lo accettasse o meno, e i momenti che loro tre passavano insieme erano sempre intensi e ricchi di sentimenti. Quando lei e Rokuro trascorrevano le giornate con Marika, l'atmosfera era tranquilla ma non così naturale e gradevole; probabilmente perché Marika, sebbene aveva accettato Rokuro, non si sentiva a suo agio con lui come invece Yukihira la faceva sentire. Il motivo per cui la situazione era diversa non era solo perché Yukihira era il vero padre della bambina, ma anche perché lui era così: solare, semplice, divertente, socievole e coinvolgente. Marika si sentiva a suo agio con lui anche per questo e la sintonia che c'era tra loro_perché padre e figlia_incrementava solo di più la piacevolezza di stare con lui.
Purtroppo non solo per Marika, pure per lei. Ed ecco perché aveva finito per invitarlo ad andare con loro: non l'aveva fatto solo perché Marika sarebbe stata più felice, sebbene soprattutto per questo, ma anche per lei.
Per un suo desiderio egoistico di stare con lui in assenza di Rokuro.
Perché, se aveva deciso di prendere le distanze da Yukihira, non riusciva a farlo?
Perché non portava avanti le sue scelte senza infilarsi in situazioni critiche come quella? Cosa la spingeva a sperare di passare del tempo con lui pur sapendo che anche lui aveva una relazione con un'altra?
E perché lui non rifiutava mai?
Anzi, a dirla tutta, il più delle volte era Yukihira a cercarla e a parlarle per primo da quando aveva iniziato a lavorare all'Adashino C.B ed era successo spesso. Forse proprio perché nemmeno a lui dispiaceva stare con lei, allora si sentiva di fare lo stesso. Però questo non andava bene, la allontanava solo di più da Rokuro e i dubbi che aveva sui suoi sentimenti per lui non facevano altro che intensificarsi.
Comunque, aveva deciso di passare una giornata con Marika, tranquilla, motivata nel farla divertire.. non poteva nuovamente farsi assente e pensierosa per via di lui. Sapeva che, se si sarebbe lasciata andare, con la presenza di Yukihira la giornata sarebbe cambiata del tutto. Aveva paura di ciò che avrebbe provato stando con lui. In realtà l'aveva sempre quando Yukihira si avvicinava, perché le sensazioni provate e la bellezza dei momenti erano così intensi da spaventarla. Sapeva che invitarlo sarebbe stato un rischio; però, se non voleva rovinare tutto, doveva cercare di ignorare la sua testa e pensare che stava con Rokuro e che tra lei e Yukihira era finita. Sentì la spalla di Yukihira sfiorarla appena si affiancò a lei e assaporò i brividi d'emozione percorrerle tutto il corpo a solo quel lieve tatto, dall'altra parte Marika stringeva le sue dita con amorevole dolcezza e le sensazioni che le aveva acceso Yukihira portandosi accanto a lei raddoppiarono quando le sue labbra accarezzarono il suo orecchio e il caloroso fiato attraversò l'interno di esso accendendole un palpito d'eccitazione non voluto. -faresti di tutto per vedere il suo sorriso, vero?- le sussurrò.
Lei avvampò senza controllo. -ovvio, è mia figlia.-
Soma le sorrise con dolcezza. -grazie di avermi invitato.-
-l'ho fatto solo perché Marika ci teneva.- ribatté mentendo. -non fraintendere.-

 

****


Avevano pagato l'acquario ed entrati dentro notarono che vi erano molte famiglie con bambini o coppie felici.
Lui ed Erina si sentirono a disagio a quell'idea.
Attraversarono le molte sale dove vi erano una vasta infinità di pesci dai più piccoli ai grandi: cavallucci marini, vari paguri, meduse, pesci colorati, pesci palla, anguille.. e ancora delfini, squali etc etc.
Marika sembrava felicissima e anche lui non poté fare a meno di sorridere vedendo la bambina tanto elettrizzata. -guarda com'è grosso quel pesce palla, Soma oniichan!- lo indicò.
Lui ridacchiò rispondendo:
-probabilmente ha mangiato troppo. Sembra che stia per scoppiare.-
Soma portò di sbieco gli occhi verso Nakiri, di fianco a lui, e notò che stava cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere. Marika invece si aprì in una risata scatenata e sovreccitata passò da una vasca all'altra sempre sotto gli occhi attenti di Nakiri. Marika, essendo poco più avanti, li aveva lasciati soli ed era calato il silenzio tra loro. -wow!- esclamò lui, interrompendolo per primo. -quel luccio sauro è molto grande, sarebbe delizioso da fare al forno.- ridacchiò divertito. -tu che dici Nakiri?-
-dico che sei proprio fissato con la cucina.-
Si aprì in una risatina graziosa, lasciandolo senza fiato per quanto fosse bella mentre rideva ad una sua battuta. -in effetti lo sono.- confessò, poi, sorridendo. -sei bella quando ridi, Nakiri, dovresti farlo di più.-
Non era riuscito a controllare le sue parole e le aveva fatto l'ennesimo complimento.
Lei arrossì e abbassò gli occhi a terra:
-smettila di provarci con me, Yukihira.-
-ho fatto solo un'osservazione.- replicò lui, -è la verità ciò che ho detto.-
-non dovresti.. perché devi sempre mettermi in crisi?-
-è divertente farlo. E poi lo sai che sono attratto da te.-
Lei arrossì ancora. -questa non è una giustificazione.-
-no, non lo è.- asserì lui, fissandola intensamente.
Aveva un ciuffo fuori posto, così gli venne d'istinto prenderlo e sistemarlo in una delicata carezza dietro l'orecchio per poi sorriderle e farla imbarazzare.
Lei rimase colpita dal gesto.

 

****


Portò gli occhi altrove incapace di rispondere perché ancora incantata ed emozionata.
Calò nuovamente il silenzio intanto che di sfuggita continuava a seguire Marika che si spostava da una vasca all'altra molto rapidamente. Il silenzio fu distrutto da lei:
-Yukihira.. come mai eri da solo al ristorante degli Aldini?-
Era da quando l'aveva visto da solo nel ristorante italiano che si chiedeva dove fosse la sua compagna poiché moriva dalla curiosità. Attese la sua risposta:
-potrei farti la stessa domanda, Nakiri.-
-ah! Lascia stare!- esplose irritata, -mi domando perché te l'ho chiesto.-
Immediatamente si era pentita di aver dato adito alla sua curiosità.
Si era fatta trascinare dal momento intimo da lui creato e non andava bene.
-lavorava. Non ero con lei per questo.- rispose in seguito.
-anche Rokuro aveva da fare: doveva rivedere alcuni conti.-
-capisco. Avresti voluto essere con lui all'acquario?-
-no, non direi.- ammise tranquilla, -ci vediamo a lavoro e conviviamo, praticamente, avremo certamente altre occasioni per andarci insieme.-
-capisco. Bene.-
Erina notò che l'espressione di Yukihira si era nuovamente oscurata e avvertì il desiderio di sapere come mai si era incupito all'improvviso, ma si trattenne. Marika, nel frattempo, era tornata verso la loro direzione:
-Soma oniichan! Mamma! Venite a vedere quanto sono belli i delfini!-
Loro due sorrisero alla bambina e Marika strinse la mano di Nakiri.


 
****


A fine visita dell'acquario si avviarono verso il parcheggio vicino al ristorante di Takumi.
Marika sembrava essersi spenta: era cotta, anche se felice della giornata.
Raggiunto il parcheggio dove aveva lasciato la macchina e sotto il cielo pronto a tramontare, lui chiese loro:
-come tornate a casa?-
-verrà l'autista di mio nonno a prenderci.-
Lui si guardò attorno: era quasi buio, il vento si era alzato, Nakiri non era troppo coperta per stare ad aspettare un'autista e Marika sembrava talmente cotta da non reggersi in piedi poiché le si chiudevano gli occhi.
Guardò ancora una volta Nakiri e si accorse che sembrava stringersi alla ricerca di calore perché il vento si era raffrescato. Lui, senza pensarci due volte, si sfilò il cappotto che indossava e sotto gli occhi stupiti di Nakiri glielo avvolse attorno alle spalle. -tieni questo.- le sorrise gentilmente.
-non importava Yukihira.- farfugliò impacciata, sistemandolo meglio sulle spalle. -.. ma grazie.-
-vi accompagno a casa con l'auto.- decretò lui.
-non dire cavolate! L'autista non ci metterà tanto ad arrivare.-
-per me non è un problema e preferisco così.- sorrise rassicurante.
-d'accordo.- acconsentì lei, -ma non voglio essere in debito con te.-
-non chiedo nessun debito. Figurati.- ridacchiò lui divertito.
Marika si stropicciò gli occhi e mugugnò assonnata:
-grazie Soma oniichan.-
-di niente piccola.-
Le carezzò la testa scomponendogli la “capigliatura” riccioluta.
Intanto che raggiungevano la macchina, si ritrovò a pensare a quanto era stato bene quella giornata.
Amava stare con Nakiri perché era tutta un'avventura. Una scoperta costante. Era esilarante la sua compagnia e non finiva mai di provare emozioni nuove e di conoscere lati di lei che non aveva mai visto: quella risata alla sua battuta gli aveva fatto saltare il cuore. Quando l'aveva sfiorata per sistemarle quel ciuffo, avrebbe voluto osare di più. Baciarla. Stringerla a sé. Cosa voleva dire tutto questo?
Perché quando era con Nakiri la figura di Megumi quasi scompariva?
Ennesime domande. Ennesimi dubbi.
Chi amava davvero?
E poi c'era Marika. Adorava vederla felice.
Perché era tanto travolto da quella bambina? Cosa aveva di speciale? Solo l'essere figlia di Nakiri?
Scossa ancora la testa: non era solo per quello.
Sperava di capire presto cosa voleva perché non poteva andare avanti.

In macchina, durante il tragitto e cullata dai movimenti, Marika si addormentò.
Arrivarono davanti a casa di Nakiri grazie alle indicazioni che lei gli aveva dato.
-grazie del passaggio, Yukihira.- disse lei. -ora sveglio Marika.-
Lui d'impulso la fermò per la mano e si fissarono intensamente negli occhi, in uno scambio che durò per un tempo indefinito e prezioso. La mano di Nakiri era liscia, curata, e le dita affusolate e nivee.
Non avrebbe voluto lasciare quella mano per nessun motivo e infatti non lo fece neanche quando le spiegò il motivo per cui l'aveva fermata dallo svegliare la bambina:
-non preoccuparti. Se non ce la fai a portarla ci penso io.-
Lei rimase a fissare le mani che si stringevano per alcuni secondi silenziosi e poi, controvoglia e lentamente, scivolò via dalla sua presa. Il buio nascondeva il rossore delle sue guance.
-se per te non è un problema.- rispose sottovoce.
-nessun problema, davvero.- la tranquillizzò lui, rimpiangendo il contatto con lei.
Uscì dall'auto e si sistemò la bambina sulle spalle.
Poi si fermò di colpo. E se in casa ci fosse stato Rokuro?
-Suzuki-san non è in casa, vero?- allora chiese.
-no, mi ha scritto per messaggio che cenava con un amico.-
Lui sospirò sollevato. -meno male. Sarebbe stato un problema.-
-già.- asserì lei piatta.
Soma entrò in casa di Nakiri guardandosi attorno e lei gli mostrò dove si trovava la camera di Marika, dove lui adagiò la piccola sul letto. Nakiri sistemò il letto della bambina e la coprì un po'.



 
****


A lei non sfuggì l'espressione di dolcezza e affetto che Soma rivolse a Marika e ebbe sempre più la certezza, e anche il terrore, che il suo segreto non sarebbe durato ancora a lungo se andavano di questo passo.
Avvertì una stretta dolorosa al petto che poteva significare solo una cosa: paura e angoscia.
E sì, anche se avevano passato insieme una bellissima giornata. Solo lei, in effetti, sentiva_e perché solo lei lo sapeva_di aver passato una giornata in famiglia. In fondo la realtà era quella: loro erano una famiglia, anche se lei e Yukihira non stavano insieme e lui e Marika non sapevano di essere padre e figlia.
Abbassò gli occhi a terra, accolta nuovamente dai sensi di colpa.
Accostò la porta della camera della figlia appena anche Yukihira fu uscito.
Lo accompagnò alla porta. A stare in casa da soli stavano rischiando grosso e probabilmente erano consapevoli entrambi della criticità della situazione.
Portata in camera Marika, inoltre, l'atmosfera tra loro si era fatta ancora più pericolosa e ricolma di tensione sessuale, soprattutto perché veniva loro naturale guardarsi con agognata voglia carnale.
Lei pensava di riuscire a gestire l'attrazione, ma in effetti stava riscontrando parecchia fatica nel farlo e sicuramente il suo sguardo era desideroso quanto quello di Yukihira. Si sentiva una traditrice.
-grazie di aver portato su Marika per me, Yukihira.-
Cercò di placare i loro animi ardenti passando ad avere una conversazione di civile e formale gratitudine.
-non è stato niente di ché, Nakiri.-
Si guardarono ancora una volta. Si parlarono con gli occhi, celando per l'ennesima volta la loro inconfessata passione e i misteriosi sentimenti che li legavano.
-è meglio che vada adesso.- fu lui a spostare lo sguardo, stavolta. -ci vediamo a lavoro Nakiri.- poi aggiunse, avviandosi verso il cancello dell'uscita. Fu a quel punto che la sua mano si mosse da sola, come se il suo cervello non la controllasse più, e afferrò il polso di Yukihira. Cosa aveva appena fatto?
Era troppo tardi per tirarsi indietro, ormai.
Lui si voltò verso di lei e la schiacciò con audacia contro il muro all'entrata poggiando la mano su di esso, sembrava un scatto brusco, ma in realtà le era parso tanto sensuale.
La porta dell'appartamento, nel mentre, si era chiusa da sola a causa di una folata di vento.


 
****


Cosa stava facendo? Perché l'aveva sbattuta contro il muro?
Era stato un gesto incontrollato, ma al momento che lei lo aveva fermato per il polso non ci aveva visto più e la parte irrazionale aveva agito per conto proprio. Era così vicina a lui: i loro corpi erano stretti l'uno con l'altra, contro la parete, le labbra sembravano talmente invitanti da fargli perdere il senno.
Voleva baciarla, maledizione. Quasi inconsciamente, travolto anche dai ricordi di quella notte, dai suoi capelli scese lungo il collo in una infuocata carezza che lo portò fino alla sue natiche fino a raggiungere la sua coscia coperta dal lungo vestito, come se fosse la cosa più preziosa che avesse tra le mani. Portò la testa al lato destro del suo collo, scostò le ciocche e con le labbra assaggiò gli strati di pelle in quei punti, realizzando quanto gli erano mancati e quanto avrebbe voluto sentirli ancora. Sentire lei in tutto e per tutto.
Avvertì il suo desiderio farsi certo quando il suo membro s'irrigidì chiedendo di averla. Si staccò dal collo sentendo le risposte positive di lei alle sue carezze, condite da reali apprezzamenti, e si avvicinò al suo orecchio. -giochi sporco, Nakiri.- fiatò.
Lei, in tutto questo, aveva stretto le mani attorno alla sua schiena in un abbraccio affamato e anche in quel momento non aveva lasciato la presa. I loro occhi erano vicinissimi, le labbra ancora di più.
Erano stretti in un abbraccio carnale e ardito.
Il profumo di lei invadeva le sue narici spingendolo ad assaporarlo di più in un unione bramosa di corpi nudi. Cosa stavano facendo? Avevano i loro compagni. Fu il loro pensiero comune.
Di questo passo, anche se si erano solo toccati con desiderio senza baci o senza essere andati a letto insieme, li avrebbero traditi perché l'attrazione era forte.
-non possiamo..- annaspò lei, il respiro affannato.
-cosa suggerisci di fare allora?- fece lui stancamente, poggiando la fronte contro la sua.
Lei inizialmente resto in silenzio, poi rispose:
-vattene a casa Yukihira.- lo spinse via a stento, cercando di imporsi. -Rokuro potrebbe tornare a momenti.-
-abbiamo fatto una scelta. Io ho scelto.- poi continuò.
Lui si staccò da lei, consapevole pure lui che non era solo. Non erano liberi.
Erano impegnati entrambi e avevano scelto, ma era ancora più chiaro_dopo quello che era successo_quanto la voleva. Visto che lei rispondeva alla sua passione allo stesso modo, aveva avuto la conferma che anche per Nakiri era rimasto qualcosa di quella notte. -Nakiri.. tu ami Suzuki-san?-
Voleva saperlo. A seconda della sua risposta, si sarebbe comportato di conseguenza o almeno.. ci avrebbe provato come meglio poteva.
-non dovresti farmi questa domanda, Yukihira, non sono affari tuoi.-
-date le circostanze e, visto cos'è successo, la domanda sorge spontanea.-
Passò qualche secondo di pausa prima di rispondere, sembrava pensierosa.
-sì, lo amo.- alla fine disse.
La risposta fu dolorosa, però almeno in questo modo sarebbe uscito da casa sua con più convinzione.
Non nascose l'espressione ferita, che nemmeno a lei sfuggì.
-tu ami la tua ragazza, Yukihira?-
Quella domanda lo colse di sorpresa poiché non sapeva neppure lui cosa sentiva per Megumi, però alla fine decise di dargli la risposta più ovvia in quel caso:
-sì, immagino di sì.- eppure sentiva che c'era qualcosa che non andava in essa.
Faceva male. Faceva dannatamente male. Cosa provava veramente per Megumi?
-allora facciamo finta che non sia successo nulla.- decise alla fine, lei, sebbene sembrava amareggiata quanto lui. Però, dopo che gli aveva detto di amare Rokuro, doveva smetterla di interpretare la realtà a suo piacimento.
-allora a domani Nakiri.- si chiuse la porta alle spalle stringendo i pugni frustrato.
Perché era tanto doloroso?
Eppure aveva quasi tradito Megumi. Per quanto si sentisse in colpa, la risposta di Nakiri era più dolorosa.
sì, lo amo”. Strinse di più i pugni, pensandoci ancora, fino a farsi male.

 

****


Aveva mentito. Aveva detto a Yukihira di amare Rokuro quando nemmeno lei sapeva ciò che provava.
Si era spaventata sentendo quanto amasse essere toccata da Yukihira e i ricordi di quella notte, le sensazioni, dopo che l'aveva di nuovo accarezzata in quel modo, si erano fatti ancora più vividi e reali. Forti.
Era stata costretta a dire di amare Rokuro perché sapeva che, se non l'avesse fatto, se non avesse convinto se stessa un'altra volta, avrebbe finito per tradirlo perché era chiaro purtroppo quanto desiderava Yukihira.
Era chiaro come le sensazioni nei momenti che passava con lui fossero totalmente diverse e più incisive, penetranti, incandescenti. Come poco fa. Non c'era paragone.
Allora cosa provava per Rokuro? E per Yukihira?
In ogni caso aveva deciso di allontanare quest'ultimo e aveva ampi dubbi che, dopo che gli aveva detto di amare un altro, lui sarebbe tornato da lei o avrebbe insistito. Inoltre, pure lui aveva detto di amare la sua ragazza; per cui, quello che era successo tra loro pochi secondi fa, cos'era stato?
Davvero niente? Un scatto di folle desiderio? Un momento di debolezza? O qualcosa di più?
No.. decisamente qualcosa di più. Aveva allontanato Yukihira.
Aveva resistito alla tentazione di “lasciarsi andare”, allora perché si sentiva profondamente triste? Perché stava così male? Aveva quasi tradito Rokuro e si sentiva in colpa per quello, ma in qualche modo il pensiero che Yukihira rinunciasse del tutto a lei a causa di quello che gli aveva detto era ancora più angosciante.
Era devastante. Struggente. Le spaventava.
Si toccò gli occhi e li sentì umidi: stava piangendo ed era un po' che non le succedeva.
Si lasciò calare lungo il muro, portandosi le ginocchia al petto.
Avrebbe pianto un po' e prima che Rokuro tornasse si sarebbe infilata a letto in modo che lui non sarebbe accorto nel suo pessimo stato d'animo.


 
****


Pensò che, da quando aveva lasciato l'appartamento di Nakiri, non aveva controllato neanche una volta il cellulare. Nemmeno quando era all'acquario. E anche adesso era troppo frustrato da come si erano messe le cose in generale per interessarsi al telefono. Non aveva scritto a Megumi perché sapeva che era impegnata a lavoro e non voleva disturbarla, ma ormai doveva aver finito e la stava sicuramente facendo preoccupare.
Davanti all'auto, tirò fuori dalla cavità dei jeans scuri il suo Iphone e controllò chi l'aveva cercato per scoprire che Megumi le aveva lasciato un sacco di messaggi:

Soma-kun, come stai? Che stai facendo?”  il primo messaggio delle 16.30.

Ho finito prima di lavorare. Ce la faccio a scendere dalla campagna.
Stasera a cena non ho il turno. Cosa ne pensi?”
Il secondo messaggio delle 18.00.

ti aspetto a casa, tanto su in campagna non c'è molto da fare.
Quando hai un attimo rispondimi! baci”  il terzo messaggio delle 19.30.

E poi c'era un ultimo messaggio di mezz'ora fa, ovvero alle 20.45.
non hai risposto a nessuno dei messaggi, Soma-kun, sto iniziando a preoccuparmi.
Dove sei? Tutto apposto? È successo qualcosa?”


Si schiaffeggiò la fronte come a maledirsi.
Era per caso un'idiota?
Aveva fatto preoccupare Megumi da morire.
Non andava bene. Non era da lui far soffrire le persone.
Era sempre stato altruista e cercava sempre di fare la cosa giusta e trovare una soluzione a tutto senza alcuna ripercussione. Voleva bene a Megumi. Teneva moltissimo a lei. E come un bastardo la stava facendo soffrire. Con Nakiri non c'era speranza finché stava_e a detta di lei.. amava Rokuro_ allora perché far soffrire la persona più vicina a lui in quel momento per un suo tornaconto? Per dei dubbi che prima che Nakiri tornasse a far parte delle sue giornate riusciva a gestire discretamente, sebbene i continui ricordi di quelle notte passata con lei. Non era giusto. Spense il cellulare perché aveva praticamente la batteria scarica e mise in moto la macchina per tornare a casa sua. Megumi lo stava aspettando. Era preoccupata.
Doveva correre da lei e scusarsi. Doveva pensare solo a lei adesso, perché in questo modo la coinvolgeva nella sua confusione mentale e la faceva stare male. Non voleva farla stare ancora peggio, così le avrebbe detto di essere stato a cena con dei colleghi e si sarebbe scusato a dovere.
Sì, era purtroppo costretto a mentirle e non era nemmeno bravo a farlo.
Non l'aveva effettivamente tradita, ma l'aveva quasi fatto e questo era orribile.
Lei non doveva assolutamente saperlo.



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angolo autrice: sono riuscita a pubblicare prima del previsto il nuovo cap. Non fateci l'abitudine, però, purtroppo sono ancora piena di studio almeno fino a metà settembre ç_____ç come vi parso questo cap?
Apparentemente più sembrare che succederà presto qualcosa tra Erina e Soma, vista la scena finale XD.
In realtà questo è solamente l'inizio e vi farò penare tanto! molto più che in My Sweet Chef (per chi l'ha letta, sa cosa intendo :D ), poiché la situazione è assai più complessa :P. Ma tranquilli.. per chi mi conosce, sa che mi piacciono i lieto fine ;D. Comunque, come vi è sembrato questo appuntamento a 3? le scene Sorina? e quelle tra Marika e Soma? inoltre, vi ho anche presentato Takumi. Adesso sapete qualcosa in più anche di lui *-* Come avrete capito, con questa fanfic ho deciso di tentare con la TakuMegu perché gli ultimi cap del manga sembrano intenti a farli avvicinare e penso che possano essere carini insieme, ma vediamo. Questo non vuol dire che non amo più la TakuHisa eh! ;D
Come vi sembra? l'ho gestito bene? anzi.. ho gestito bene tutta la vicenda?
Nel prossimo cap vi anticipo che sarà meno incentrato su Soma ed Erina. Vedrete molto Megumi (eh sì, purtroppo c'è anche lei e non ho intenzione di deludervi nemmeno con lei_anche se non è decisamente tra le mie simpatie preferite come PG, ma vorrei dare il giusto tono anche a lei se voglio rendere la fanfic realistica_).
Intanto, ringrazio tantissimo chi mi ha recensito lasciadomi delle stupende recensioni! grazie davvero! *-*
Non so come farei senza di voi <3<3 come solito, vi risponderò il prima possibile alle recensioni. Abbiate pazienza :(  spero di non deludervi con i prossimi cap D: .
Grazie a chi ha messo la fanfic a preferite/seguite/ricordate. Grazie davvero! *____* P.S: voglio fare una precisazione sulla scena finale. Anche se lei e Soma hanno avuto un contatto più diretto rispetto ad altri dello scorso cap, non lo ritengo un tradimento perché io uso la parola "tradimento" solo se due persone che non stanno insieme si baciano sulla labbra o fanno l'amore o preliminari intimi. Quindi, Soma ed Erina in questo cap non hanno tradito i loro compagni per me.
Spero a presto!!^^

Un bacione grande a tutti!! <3<3 Erina91

 

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Capitolo 6
*** Doloroso distacco.. ***


Doloroso distacco..


Era arrivato a casa e aveva aperto la porta con le chiavi pensando che Megumi si fosse addormentata, stancata di aspettarlo per gran parte della giornata. Però, quando entrò in cucina per prendere da bere, la notò seduta sulla sedia.
Era molto preoccupata e lui si sentì ancora più miserabile.
-Soma-kun..- sussurrò alzandosi di scatto dalla sedia.  -cos'è successo? Perché non hai risposto ai miei messaggi?-
-mi dispiace Megumi, non ho avuto molto tempo per controllare il cellulare e pensavo fossi a lavoro.
Mi sono accorto solo da poco dei tuoi messaggi.- era una mezza verità, ma si sentì comunque meschino e lo sarebbe stato ancora di più quando le avrebbe mentito su con chi era.
-ok, non preoccuparti di quello. Nemmeno io sapevo che avrei finito prima di lavorare.- rispose lei, -dove sei stato?-
Distolse lo sguardo timorosa della risposta. Era arrivato il momento di mentirle ancora e, mentre cercava di formulare la risposta da darle, tutti i ricordi di quello che era successo con Nakiri poco fa tornarono a farsi persistenti travolgendolo di sensi di colpa. -sono stato ad una cena con dei colleghi di lavoro.- alla fine disse. Il petto gli faceva male.
Avvertiva la gola bruciargli come a volerlo punire per averle detto l'ennesima cavolata sulla sua compagnia della giornata e l'espressione del volto si fece cupa. -scusa Megumi, ti ho fatto agitare non rispondendo ai tuoi messaggi.- aggiunse amareggiato. Lei sospirò silenziosamente.
-l'importante è che tu stia bene, Soma-kun.- dichiarò, -però non farmi più preoccupare così. Sono stata male.-
Lui annuì consapevole. -sì, perdonami.-
Megumi gli sorrise. -come hai intenzione di farti perdonare?-
Lui ricambiò il suo sorriso con dolcezza:
-che ne diresti di dormire da me? Ti può andare bene?-
-d'accordo.- accettò lei, avvicinandosi lentamente a lui per accarezzarlo sulla guancia.
Lui posò la sua sopra quello di lei e la baciò.
Finirono in camera sua, nudi, a fare l'amore e mentre lei si prendeva cura del suo corpo con la sua innocente delicatezza, lui sperò di dimenticare il desiderio con cui aveva toccato Erina solo un'ora fa unendosi alla sua attuale ragazza.
Per un po' i pensieri su Nakiri furono sostituiti dalle carezze di Megumi, ma quando quest'ultima si portò sopra di lui per guidare l'amplesso lei al suo posto, ecco che il volto di ella fu sovrapposto a quello di Nakiri che aveva preso la stessa iniziativa l'unica notte che avevano fatto l'amore..

Era finalmente entrato dentro di lei dopo un scambio di sguardi complici e la sensazione era bellissima, complementare, affine, calda e travolgente.. si muoveva dentro di lei con passione: prima lentamente e poi sempre più rapidamente, alternando via via le spinte come più lo aggradava, cercando anche di ascoltare le esigenze di Nakiri che, a sua volta, si stringeva a lui con forza. Le gambe avvolte strettamente alla sua vita, le mani che lo vezzeggiavano mentre si adeguava ai suoi movimenti, in un tumulto di emozioni reciproche e potenti capaci di farlo andare fuori di testa.
Erano sbronzi, ma in quel momento era come se non lo fossero da quanto le sensazioni dell'attimo erano tangibili e profonde. Erina poi, cogliendolo di sorpresa per via della lucidità del gesto, con un agile scatto delle gambe ribaltò le posizioni ottenendo il dominio dell'amplesso al posto di Soma. Si scosse i capelli a cavalcioni sopra di lui, facendo crollare la voluttuosa massa lungo la schiena in una manovra sensuale quanto incantatrice, e lo fissò dritto negli occhi, dall'alto, per poi iniziare a guidare lei l'atto sessuale affondando le mani tra i suoi ciuffi rossi e muovendosi dentro di lui intanto che lui la sosteneva per le cosce talmente lisce da fargli quasi da scivolo mentre le carezzava con piccante audacia..

Troppo tardi. Deluso da se stesso per aver anteposto il sinuoso volto di Nakiri a quello di Megumi mentre facevano l'amore ma troppo stanco per pensarci, si addormentò immediatamente.

 

****


Megumi lo osservò dormire tranquillo e con dolcezza iniziò ad accarezzargli i capelli, felice di aver chiarito con lui.
Non sapeva chi erano questi colleghi con cui era stato a cena, ma aveva deciso di fidarsi di lui e di credere nei suoi sinceri sentimenti perché lei amava davvero Soma. Sorrise. Peccato che, quando scese verso la sua fronte per lasciargli un dolce bacio, lo sentì_fra il sonno_ pronunciare il nome di una ragazza che non era lei e tale ragazza la conosceva più che bene:
-Nakiri..- aveva farfugliato. Perché Soma aveva pronunciato il nome di Nakiri?
Era consapevole che forse era solamente uno stupido sogno in cui poteva essere presente Nakiri, ma sentirgli dire il cognome/nome di una ragazza che non era lei le aveva fatto male e tutti i dubbi che la assillavano da quando Soma aveva iniziato a lavorare all'Adashino C.B tornarono a farsi ragionevoli.
Lui non le aveva mai parlato del suo lavoro e neanche dei nuovi colleghi.
Aveva pensato che il suo essere pensieroso e distratto fosse dovuto al fatto che non si trovava bene nel nuovo posto di lavoro, con i colleghi, ma Soma era una persona molto socievole e amichevole e difficilmente faticava ad inserirsi nei posti dove metteva piede. Subito suscitava interesse, fiducia e simpatia e, se veramente quella sera aveva cenato con i colleghi, allora voleva solo dire che il problema non era quello perché le relazioni sul posto di lavoro andavano bene.
Che fosse Nakiri, allora, il problema? Pensò.
In effetti aveva sempre considerato il loro rapporto strano fin da quando andavano a liceo e si era spesso chiesta cosa entrambi provassero l'uno per l'altra, ma siccome_da quello che sapeva_tra loro non era mai successo nulla, si era convinta che il loro legame fosse unicamente competitivo sull'aspetto professionale e non si era più preoccupa di sapere cosa li univa. Però non aveva nemmeno mai pensato di chiederlo, un po' per mancanza di coraggio e un po' perché non voleva risultare invadente e dimostrarsi troppo appiccicosa, ma adesso voleva saperlo.
Ci mise parecchio ad addormentarsi perché era agitata un'altra volta, alla fine stravolta dalla stanchezza si addormentò anche lei accovacciandosi accanto a Soma e con due sole domande in testa:
Cosa le nascondeva? Perché si era fatto improvvisamente introverso?


 
****


Avevano appena ottenuto un ingaggio per un catering/banqueting in Francia, a Parigi, per delle elezioni politiche. Sarebbero partiti fra tre settimane. Erina, tuttavia, non riusciva a smettere di pensare a quello che era successo con Yukihira la sera prima e a tutto ciò che stare con lui, toccarsi a vicenda, interagirci le scatenava. Aveva quasi tradito Rokuro da quanto era rimasta ammaliata dalla giornata di ieri, da quello che aveva comportato, e ancora non se ne capacitava. Aveva faticato a fermarsi quando avevano iniziato a sfiorarsi e anche se alla fine c'era riuscita non sapeva perdonarselo.
Se Rokuro l'avesse scoperto si sarebbe infuriato come non mai e questo, oltre a renderla ancora più consapevole della pericolosità della situazione con Yukihira, la spaventava fortemente. Lei e Yukihira dovevano prendere in qualche modo le distanze per evitare altri rischiosi incidenti di percorso, o per meglio dire.. scatti di disastrosa irrazionalità causati dall'attrazione, per proteggere il rapporto che condividevano con le persone più vicine a loro in quel momento.
Comunque, era costretta a bussare al suo ufficio per avvisarlo del nuovo contratto dell'Adashino C.B a Parigi.
Avrebbe colto anche l'occasione per puntualizzare che da lì in poi si sarebbero allontanati il più possibile in modo da non trovarsi in situazioni emotivamente distruttive ed istintive.
Presa tale decisione, uscì dal suo studio per fare tappa a quello di Soma.
Nel frattempo che attraversava il corridoio che portava alla stanza di Yukihira, vide entrare dentro essa una ragazza dai capelli blu, che scendevano lisci lungo la schiena, e dalla figura magra e minuta. In mano aveva quello che sembrava un cestino di bento e, avendola vista di spalle, non capì chi era; poteva dire con certezza, però, che non lavorava all'Adashino C.B, anche se le sembrava fisicamente familiare, almeno da dietro. Si meravigliò.
Pensò subito fosse la ragazza di Yukihira venuta a trovarlo sul posto di lavoro e cercò di ignorare il moto di fastidio che la invase di fronte a quel pensiero. Non si preoccupò più di tanto della situazione o di lasciar loro un po' di intimità tra “fidanzatini” e con aria seccata spalancò la porta dell'ufficio di Yukihira senza essere minimamente invitata, quando inaspettatamente li beccò a baciarsi con trasporto uniti uno stretto abbraccio: lui la stringeva per i fianchi, lei aveva le mani avvolte dietro il collo e a quel punto non ci vide più dal fastidio, che prese il sopravvento sotto forma di rimprovero professionale. -Yukihira!- tuonò rabbiosa, infatti, -questo non mi sembra il posto ideale per fare i piccioncini e dovresti lavorare seriamente.-
Lui e la ragazza si staccarono e quando quest'ultima si girò verso di lei, finalmente la riconobbe: Megumi Todokoro.
-Nakiri-san..?- fiatò lei, altamente sconvolta.
-Todokoro Megumi?- si fissarono per un tempo indefinito.
Erina portò gli occhi su Soma e per la prima volta lo vide preoccupato.
Tra i tre si creò un'atmosfera di sgomento e tensione. Comprese subito l'agitazione di Yukihira, quando Megumi si girò verso di lui e con gli occhi vitrei gli rivolse un'occhiata delusa e risentita:
-Soma-kun.. perché non mi hai detto che lavori con Nakiri-san?-
Lui si fece assai dispiaciuto, ma lei anticipò la sua risposta:
-gli ho chiesto io di non coinvolgere troppo la vita personale con il lavoro.-
Soma rimase spiazzato quando udì che lei lo aveva protetto.
Perché aveva preso le sue difese nonostante la rabbia provata dopo averlo visto avvinghiato a Todokoro?
Semplicemente le era venuto spontaneo.
Comunque, Todokoro sembrava ancora ferita e cercava di trattenere le lacrime.
-ho bisogno di stare un po' da sola, Soma-kun.- asserì lei.
-Nakiri-san.- lanciò un'altra occhiata in sua direzione, triste, poggiò il bento sopra la scrivania di Yukihira e corse via dallo studio.


 
****


Soma non la fermò perché sapeva che in quel momento sarebbe stato inutile.
Nakiri aveva preso le sue difese inventandosi una motivazione per lui, ma era chiaro che non sarebbe bastato: aveva deluso Megumi e si faceva sempre più schifo. Se l'era cercata. Odiava come si stava comportando e non si era mai sentito in difficoltà come si sentiva adesso. Era calato il silenzio nella stanza e anche Nakiri sembrava motivata a rispettarlo senza guardarlo negli occhi. Anche lei in qualche modo appariva delusa da lui.
La seguì portare la mano sulla maniglia della porta, il volto rivolto in basso, e pronta ad uscire da lì.
Istintivamente la fermò ancora e lei si girò irritata verso di lui:
-Yukihira! Lasciami!- ordinò gelida. -a differenza tua io devo lavorare.-
-non dovevi vedere quello che hai visto.- affermò lui.
-no, infatti. Sarebbe stato meglio di no.- concordò lei piatta. -cosa fai ancora qui? Todokoro ti sta aspettando, la ami no?-
La amava? Probabilmente no. Allora perché non riusciva a lasciarla?
-tu che avresti fatto al mio posto, Nakiri?- riprese lui. -avresti detto a Suzuki-san che lavoravi con una persona per cui avevi provato qualcosa di forte in passato?-
-non ho mai provato qualcosa di forte per te.- replicò lei, dura. -non parlare al plurale.-
-non hai risposto alla mia domanda, Nakiri.- insisté lui.
-non hai bisogno di sapere la risposta, Yukihira.-
-invece sì, perché sono sicuro che la nostra situazione non sia troppo diversa.-
-è molto diversa invece..- continuò lei -..non puoi paragonarle perché non ho mai provato per te quello che sostieni.-
-so quando menti, Nakiri, e ora lo stai facendo.-
-poco importa. Non voglio più rischiare di tradire Rokuro e voglio che tu sappia che da adesso in poi avremo un rapporto esclusivamente professionale.- precisò -..e tu dovresti andare da Todokoro, invece di stare a discutere con me.
Tra noi non potrà mai esserci niente, Yukihira.- ribadì ancora.
-allora perché hai preso le mie difese? Potevi tranquillamente evitarlo.-
Lei arrossì. Perché invece di correre da Megumi stava a battibeccarsi con Nakiri?
La stava usando come valvola di sfogo, ecco perché, e serviva.
-non lo so perché l'ho fatto.- sbottò impacciata. -era meglio se non lo facevo.-
-grazie per averlo fatto, Nakiri.- infine lui disse, spostandole le ciocche davanti e poggiando la fronte dietro la sua nuca.
-questo non significa niente, Yukihira.- borbottò. -ora vattene da lei e lasciami andare a lavorare.- in seguito aggiunse, allontanandosi dal contatto con lui, per guardarlo negli occhi in un'espressione risoluta:
-sarà la prima ed ultima volta che ti salvo il sedere, chiaro?-
Lui finalmente si aprì in uno dei suoi bellissimi e dolci sorrisi.
-chiaro.- alzò il pollice. -ora devo correre da Megumi e scusarmi con lei.
Prendo un paio di ore libere perché per me è troppo importante.-
Lei annuì, ma lui notò uno taglio di tristezza nelle iridi lilla che gli confermò ancora una volta che anche per lei era difficile negare di aver provato una sorta di sentimenti per lui quella notte. Solo che adesso non poteva pensare a questo, poiché doveva immediatamente chiarire il fraintendimento con Megumi.
-scusa Nakiri!- esclamò sbrigativo e corse via dell'ufficio all'inseguimento di Megumi.
Non sentì la risposta di Nakiri:
-non è con me che ti devi scusare, idiota.- borbottò fra sé e sé.


 

****


Megumi non riusciva a crederci: Soma le aveva mentito per due mesi interi.
Nakiri aveva detto che l'aveva fatto per il segreto professionale,  o quello che era, ma quello che faceva più male era che lui non si era fidato di lei. Pensava davvero che, se glielo avesse detto, questo avrebbe comportato un coinvolgimento attivo e quindi limitativo nel lavoro? Aveva deciso fin dall'inizio che non avrebbe interrotto il cammino verso il successo di Soma, eppure lui aveva lo stesso evitato di dirle chi erano i suoi colleghi e soprattutto che Nakiri era una di esse.
Comunque, Megumi non era convinta che si trattasse solamente di una questione professionale, il cognome che Soma aveva pronunciato mentre dormiva poteva essere una sciocchezza, ma anche no. Cosa provava lui per Nakiri?
Voleva sbagliarsi, però anche quando lei era apparsa nell'ufficio di Soma senza bussare o chiedere il permesso per entrare e loro due erano stati costretti a separarsi, aveva notato in Soma un'espressione quasi tesa.
Forse era solo preoccupato perché sapeva di non averle detto che lavorava con Nakiri, ma se invece fosse stato perché non voleva che lei li vedesse in atteggiamenti intimi per qualche motivo? Scosse la testa: non voleva credere che Soma provasse davvero qualcosa per Nakiri. Inoltre, in questi quattro anni che loro erano stati insieme, lui non le aveva quasi mai parlato di Nakiri se non con distacco e neanche le aveva accennato a qualche sentimento provato in passato per lei.
Megumi non era convinta, però, e sapeva che prima o poi gli doveva chiedere spiegazioni su di lei.
Ora era troppo delusa e frustrata per farlo e sentiva il volto rigato di lacrime e incapace di trattenerle.
Perché era andata sul suo posto di lavoro?
Sarebbe stato meglio non andarci, ma era stato più forte di lei: la curiosità di sapere con chi lavorava aveva preso il sopravvento ed ecco com'era finita. Non aveva voglia di parlare di Soma adesso, tra l'altro nemmeno l'aveva seguita per scusarsi quando era fuggita dal suo ufficio. In mezzo ad una sensazione di tristezza permanente, tuttavia, all'improvviso e senza apparente motivo comparve nella sua testa l'immagine di un sorridente Takumi.
Aveva bisogno di parlare con qualcuno e, sebbene le sembrò strano vedere che la prima persona a cui aveva pensato era stata lui, istintivamente lo chiamò per sapere se per caso era a Tokyo.
Il telefono squillò per un po' e infine, sollevata, lui rispose alla sua chiamata:
-Megumi..?- era sorpreso di sentirla. Ovvio. -tutto apposto? È strano che mi chiami.-
-scusa Takumi-kun, non volevo disturbarti.-
-nessun disturbo. Più che altro, ti senti bene? Hai la voce strozzata.-
Lei cercò di asciugarsi le lacrime finché poteva, poi rispose:
-sei a Tokyo?-
-sì, fino a stasera sì. Ho un volo domani per l'Italia.- fece una pausa.
-hai bisogno di qualcosa, Megumi?- poi chiese premuroso. -Sai di poter contare su di me.-
-sì, lo so, grazie Takumi-kun.- rispose lei, sottovoce, grata.
-sono dalle tue parti. Posso passare al tuo ristorante o ti disturbo?-
-certo! Passa pure. Il pranzo è finito da un po', siamo alle pulizie.-
-grazie. Allora arrivo.-
Detto questo attaccò lei per prima la conversazione.

Fortunatamente era davvero vicina al suo ristorante e quando entrò all'interno vide che era piuttosto vuoto.
Takumi era alla cassa e appena notò quanto era stravolta, le corse in contro preoccupato:
-oddio Megumi! Ma cosa ti è successo?- cercò all'interno della tasca dei pantaloni un fazzoletto di stoffa e glielo passò:
-c'entra Soma per caso?- l'espressione di Takumi si fece ruvida di fronte a quella domanda, adirato con il suo migliore amico. Dopo un attimo di silenzio, Megumi si asciugò gli occhi e annuì.
Lui sospirò, come se se lo immaginasse:
-lo sapevo che prima o poi avrebbe fatto una cazzata, che idiota.- sbottò.
-te la senti di raccontarmi cos'è successo?-
La fece accomodare su di una delle sedie e si sedette anche lui nella direzione opposta della sedia appoggiando le mani in cima allo schienale per guardarla in volto. -se non ti va, tranquilla, posso anche farti compagnia in silenzio finché non ti sarai sfogata del tutto.- le strizzò l'occhiolino affettuoso.
Megumi, davanti a quelle parole, fu riconoscente a Takumi e si calmò un po' vedendo il suo dolce e gentile sorriso.
In seguito, si fece coraggio ed iniziò a raccontargli cos'era successo tra lei e Soma.
-..Takumi-kun, tu sapevi che lui e Nakiri-san erano colleghi?-
Terminò il racconto con quell'ultima domanda titubante, nella speranza che Takumi non le mentisse sulla risposta.
Sapeva che era amico di entrambi, però voleva credere nella sua sincerità e attese.
Takumi portò gli occhi a terra, mortificato:
-sì Megumi, lo sapevo.- ammise. -mi dispiace fare la spia con lui perché è pur sempre il mio migliore amico, però penso che tu in questo momento abbia bisogno di sapere la verità e spero che anche lui ti dia una motivazione valida sul perché non te l'ha detto e che si faccia perdonare in qualche modo.-
-Nakiri-san ha detto che era stata lei a chiedergli di non coinvolgere troppo la vita privata con il lavoro, però mi sembra eccessivo come motivo. In fondo si trattava solo di dirmi che lavoravano insieme. Non ci vedo niente di male, Takumi-kun. Quindi, perché non me l'ha detto? Ne sai qualcosa?-
Lui si fece triste nuovamente. -no.. mi dispiace Megumi.-
-capisco.- adottò un sorriso di circostanza e si alzò dalla sedia.
-adesso devo proprio andare. Ti ho disturbato anche troppo. Perdonami Takumi-kun.-



 
****


Lui la fermò rapidamente per la mano prima che si alzasse completamente dalla sedia. -Megumi, dovresti parlarci. Dovresti chiedergli cosa pensa.- suggerì. -dovresti farti le tue ragioni. Dovresti essere più diretta con lui.-
Perché la stava prendendo tanto a cuore?
Perché nel vederla tanto fragile davanti a lui sentiva la necessità di stringerla a sé? Di proteggerla?

E ancora.. perché era talmente arrabbiato con Soma che, se fosse stato presente, gli avrebbe mollato un bel destro che non si sarebbe più dimenticato? Com'era già successo altre volte, si scaldava eccessivamente quando si trattava di Megumi, malgrado ciò ancora non comprendeva il motivo di tale disagio o delle sue forti reazioni. Non sopportava di vederla triste e si sentiva totalmente incapace di aiutarla. Non poteva aiutarla: se era possibile l'avrebbe fatto.
Le aveva detto la verità riguardo al sapere già che Nakiri e Soma erano colleghi poiché se lo meritava, però non poteva dirle che sapeva anche dei latenti sentimenti di Soma per lei perché questo l'avrebbe distrutta e, per quanto bramava farlo per la rabbia verso l'incivile atteggiamento del suo amico, non poteva tradire la sua fiducia.
Era convinto che doveva essere Soma a spiegare a Megumi come si sentiva verso Nakiri, questo non era compito suo farlo. La difficile situazione che si era creata era unicamente un problema tra Soma e Megumi.
Non poteva mettersi ulteriormente in mezzo, quello che lui pensava o diceva influiva solo in parte nel rapporto tra Soma e Megumi ed era chiaro che c'era qualcosa che non andava in esso. Dovevano parlarsi di persona per chiarirsi_e sicuramente nemmeno questo sarebbe bastato_ lui poteva solo suggerire loro cosa fare per soffrire il meno possibile e rendere la questione più facile da digerire. Come lui si sentiva verso Megumi, inoltre, doveva restare qualcosa di platonico ed indefinito. Niente di più. Non doveva pensarci.
-Takumi-kun.. pensi che non ci abbia provato in questi giorni che l'ho visto strano?
L'ho fatto, ma non è servito a niente: Soma-kun continua a chiudersi in se stesso e il mio intervento è totalmente inutile.-
-si vede che non ci hai provato abbastanza, Megumi, con Soma ci vuole polso ed insistenza.
Tentare e basta senza andare fino in fondo non serve.-
Lei abbassò le iridi castane di lato e si asciugò anche l'ultima lacrima.
-va bene. Allora, quando arrivo a casa, cercherò di parlarci ancora una volta.-
Lui le sorrise compiaciuto. -brava!- alzò il pollice.
-come pensi che si metterà tra noi?- chiese.
-non lo so, Megumi.-
-sai Takumi-kun..- riprese lei nostalgica -..ti confesso che sono sempre stata dubbiosa sui suoi sentimenti per me da quando stiamo insieme. È una cosa meschina da pensare, ma lui non mi ha detto “ti amo” nemmeno una volta.-
-non posso sapere con certezza cosa lui prova per te, l'unico che può risponderti è Soma. Considera che la risposta potrebbe piacerti, come no, devi essere consapevole delle conseguenze di chiederglielo.-
-hai ragione. Ho paura a chiederglielo, in effetti, sai com'è il mio carattere: sono tranquilla, insicura e pacifica, a volte anche codarda; in questo caso sono codarda. Però so che prima o poi dovrò farlo.-
Lui d'impulso poggiò una mano sulla sua spalla, per farle coraggio, poi con l'altra volò verso la sua guancia candida facendola leggermente arrossire:
-fatti coraggio Megumi!- le sorrise con dolcezza. -so che sei forte.-
Quel contatto per lui fu veramente prezioso, ma lei non doveva saperlo.
Sembrava colpita dal suo gesto ed in effetti era stato imprevedibile anche per lui.
-grazie di avermi ascoltato, Takumi-kun.-
Spostò la mano dal suo volto e tornò a guardarla negli occhi:
-conta su di me quando hai bisogno.-
Lei annuì sollevata. -troverò il modo di ripagarti, Takumi-kun.- affermò decisa.
-ora ti lascio lavorare che si sta avvicinando l'orario della cena.-
-non ti preoccupare.- sorrise lui.
-a presto Takumi-kun!- e con questo lo salutò uscendo dal ristorante e lasciandolo pensieroso.
-a presto, Megumi.- si disse fra sé e sé, lui.
Per ora aveva fatto la scelta giusta e, anche se essa non era a suo favore, era felice comunque di averla rassicurata un pochino.

 

****


Soma era arrivato a casa, ma Megumi non era ancora tornata.
Alla fine era stata Nakiri ad avvertire il direttore della sua pomeridiana assenza e ancora lui non l'aveva ringraziata abbastanza per la gentilezza. Era agitato e si sentiva sempre più in colpa per Megumi, capiva bene se non voleva tornare a casa per quel giorno. Mezz'ora dopo, tuttavia, la sentì rientrare in casa e spontaneamente l'abbracciò stretta appena superò l'entrata dell'appartamento. -voglio spiegarti, Megumi. Ascoltami!-
Le lasciò un bacio delicato sulla testa e lei non si scansò da lui.
-se non volessi le tue spiegazioni non sarei tornata, Soma-kun.-
Sciolse l'abbraccio e raccolse un respiro profondo prima di parlare:
-grazie.- disse sollevato. -mi dispiace non averti detto di Nakiri. Ho sbagliato a tralasciare un dettaglio del genere.-
-accetto le tue scuse, Soma-kun, ma non basta.-
Sapeva che aveva ragione, era giusto che Megumi volesse delle risposte in più e si aspettava ciò che gli avrebbe chiesto.
Avrebbe cercato il più possibile di essere sincero con lei.
-cosa provi per Nakiri veramente?-
Esatto. Sapeva che la domanda sarebbe stata quella.
-perché me lo chiedi, Megumi?-
-credo più o meno alla risposta che Nakiri mi ha dato quando parlava di non coinvolgere troppo la vita privata a lavoro, ma credo anche che non sia tutto qui perché mi sembra una richiesta eccessiva.
Soma-kun.. dopo aver fatto l'amore con me ieri sera, tu fra il sonno hai pronunciato il suo nome.-
Lui sgranò gli occhi sorpreso: addirittura adesso, oltre a sovrastare l'immagine di Nakiri a quella di Megumi mentre facevano l'amore, la sognava pure? La situazione era più disperata del previsto.
-era solo un sogno, Megumi.- mentì ancora. -quanto ai miei sentimenti per Nakiri: a dirla tutta non lo so, ma so quello che voglio e cosa ho scelto. Qualsiasi cosa ci sia tra me e lei è passata..- mentì di nuovo facendosi schifo -..sto con te Megumi, non con lei, e anche Nakiri ha un compagno e questo non sono io. Abbiamo una vita nostra, e lei ha anche una figlia, ciò che ci lega è un rapporto professionale, di rispetto e di convivenza reciproca.-
Più diceva tali parole, più sapeva di mentire a se stesso e a Megumi per gran parte del discorso.
In ogni caso.. se non voleva far preoccupare per l'ennesima volta Megumi, che non c'entrava niente con la sua confusione mentale, doveva rendere veritiero ciò che sosteneva:
-mi dispiace di averti fatto stare male.
D'ora in poi cercherò di parlarti di più del mio lavoro, quindi spero che mi perdonerai.- concluse.
-grazie delle risposte, Soma-kun.- si aprì in un sorriso accennato:
-sicuramente domani starò meglio, ma per oggi preferisco dormire a casa mia perché ho bisogno di stare sola.-
Lui annuì concorde. -come preferisci, Megumi, ci vediamo domani.-
Lei si alzò sulle punte e gli lasciò un bacio a fior di labbra.
-sì, a domani.-
Lui la seguì dalla finestra incamminarsi verso la metro che l'avrebbe portata alle campagne. -perdonami Megumi..-
Comunque, nonostante tutto, era contento di averle spiegato la situazione.
Si sentiva un bastardo ad averle mentito ancora, ma era felice di aver fatto la scelta giusta e di averla raggiunta in tempo per scusarsi.

 

****


Era passato qualche giorno da quando aveva detto a Yukihira di correre da Todokoro e ancora non l'aveva avvisato che la prossima tappa sarebbe stata a Parigi. Aveva preferito aspettare che le acque si calmassero, prima di parlarci, visto quanto avevano rischiato di tradire i loro compagni. Ora mancava solo lui da avvertire e non poteva più tirarsi indietro perché il suo ruolo era di occuparsi dell'approvvigionamento delle merci, entro la data della partenza, e aveva meno di un mese per organizzarsi con i fornitori. Dunque, si alzò dalla sedia del suo studio e si diresse verso quello di Yukihira stavolta senza fare incontri strani. Davanti all'entrata, come una vigliacca, stava esitando dal bussare perché un'altra volta il contatto si sarebbe fatto pericoloso. Alla fine, facendosi forza, bussò:
-avanti.- la invitò lui, sorpreso nel vederla dentro al suo ufficio.
-Nakiri.- gli rivolse un sorriso dei suoi soliti, solare, che con disappunto convenne essergli mancato da morire in quei pochi giorni che si erano visti solo di sfuggita senza parlarsi e questo non era un bell'inizio.
-prima che tu ti faccia strane idee, Yukihira..- esordì precipitosa e distaccata -..sono qui solo per avvisarti della prossima tappa dell'Adashino C.B. L'altra volta, con tutto il casino che hai combinato, non sono riuscita a farlo.-
-tranquilla Nakiri, non c'era bisogno di precisarlo.- ridacchiò divertito. -oppure speravi che ti dicessi che credevo fossi passata per una scappatella in ufficio?- aggiunse punzecchiandola, in tono scherzoso quanto lascivo.
Lei lo fulminò seccata, arrossendo:
-sta zitto, idiota. Ti sembra il momento di fare certe battute? Sei proprio senza ritegno. Guardati! nemmeno quattro giorni e sei già tornato ad essere il solito sarcastico fuori di testa. Sei quasi spaventoso!-
Lui scoppiò a ridere di fronte a quelle parole.
-è perché ho chiarito con Megumi.- confessò sorridendo. -quindi, cosa volevi dirmi Nakiri?- chiese.
Era tornato il solito e in qualche modo le aveva fatto piacere: con quella battuta era riuscito a sciogliere la tensione creatosi tra loro e fu purtroppo costretta ad ammettere che non era stata poi così negativa come idea, almeno aveva riportato alla normalità_se così si poteva definire_quello che era il loro rapporto prima della visita all'acquario.
-fra tre settimane l'Adashino C.B parte per Parigi.-
-wow! Parigi!- esclamò eccitato. -non ci sono mai stato.
Il mio vecchio ha sempre detto che è una città meravigliosa! Non vedo l'ora! Tu ci sei stata?-
-una volta da piccola, ci sono andata con mio nonno. Non ricordo molto.-
-capisco. Però, per essere tra tre settimane, me l'hai detto in largo anticipo.-
-questo perché dovrai occuparti degli appuntamenti con i fornitori entro quel giorno. Cerca di non fare errori, Yukihira.- lo avvisò severa. -appena mi sarò informata con i clienti francesi su quale tipo di banchetto preferiscono, ti faccio sapere cosa ci serve, da lì il compito è tuo. Chiaro?-
-chiaro. Non farò errori, tranquilla, ormai mi sono abituato.-
Le strizzò l'occhiolino.
-quanto giorni sono? Dato che andiamo oltreoceano immagino che saranno più di quattro giorni, giusto?-
-sì, esatto. Staremo dieci giorni.-
-di cosa si tratta?-
-è un una festa post elezioni politiche. Per i politici francesi è molto importante.-
-perfetto!- esultò. -sarà decisamente elettrizzante!-
Lei sospirò stancamente.
-comunque, le finanze per il viaggio sono a carico unicamente dalla società. Hotel e aereo sono già prenotati.-
-grazie delle informazioni Nakiri. Vedrò di gestire gli appuntamenti con i fornitori il più velocemente possibile.-
Dopo tali parole si fece pensieroso e prima che lei se andasse le chiese:
-Ma Marika? Verrà con te? Dieci giorni sono parecchi.-
Erina sussultò davanti a quella domanda: non si aspettava che anche Yukihira le chiedesse subito di lei.
-appunto perché sono dieci giorni, troppi, dovrò portarla a Parigi con me. Non posso lasciarla a Benio né tantomeno a nonno perché deve lavorare pure lui. Quindi sì, ci sarà.- rispose, cercando di celare la sensazione di panico che l'aveva assalita all'improvviso. Ora aveva detto tutto, era meglio se fuggiva prima che la situazione tra loro degenerasse.
Si agitò ancora di più quando seguì Yukihira alzarsi da dietro la scrivania e venire in sua direzione.
Si bloccò subito, incapace di muoversi al momento che lui poggiò una mano sulla sua vita, con delicatezza, e le sussurrò nell'orecchio producendole dei brividi interiori:
-grazie per l'altro giorno, Nakiri.- era stato un gesto innocente, nulla in confronto a quello che era successo tra loro l'ultima volta a casa sua, ma nonostante questo era stato capace di renderla vulnerabile al suo leggero tocco. -non ho fatto niente, Yukihira. È un sollievo sapere che ti sei chiarito con Todokoro e che non dovrai saltare altre preziose ore di lavoro.-
Aveva portato la frase sul livello professionale perché, se lo avesse assecondato ancora quando lui la tentava, sarebbero finiti sulla scrivania facendo crollare a terra ogni ben di dio su di essa. Per fortuna anche Yukihira dopo averla ringraziata un'altra volta, sebbene in una maniera alquanto audace, si era subito staccato da lei.
-hai detto al posto mio, al direttore, che avevo bisogno del pomeriggio libero per una cosa importante.
Se non lo avessi fatto, non l'avrei passata tanto liscia. Quindi, è giusto che ti ringrazi.- le sorrise con gentilezza.
-ho anche detto che non ti avrei più aiutato.- protestò lei.


 
****


Non andava bene. Nakiri gli era mancata troppo in quei giorni che si erano ignorati a vicenda per non peggiorare ulteriormente la situazione e, come al solito, l'attrazione che nutriva per lei gli stava giocando brutti scherzi alla testa e se non si sbrigava ad uscire dal suo ufficio non l'avrebbe controllata.
Non si trattava solo di attrazione, però, perché anche il non poter parlare con lei lo faceva sentire come se gli mancasse qualcosa. Inoltre, quando si comportava in maniera tanto gentile con lui come aveva fatto quel giorno che aveva discusso con Megumi, era davvero irresistibile. Dichiarava di farlo solamente per non mettere a repentaglio il lavoro, ma lui sapeva che lo faceva perché gli importava di lui; perché si curava di lui. Teneva a lui con sincerità e lo stesso valeva per lui.
Era solo merito di Nakiri se aveva chiarito con Megumi poiché lei, oltre a proteggerlo inventandosi una “scusa”, aveva anche avvisato il capo al posto suo. Da una parte era felice di aver chiarito con Megumi, dall'altra non sopportava l'idea che Nakiri lo aveva visto baciare un'altra. Era vero che non stavano insieme, che in teoria non c'era niente tra loro e che era giusto com'erano andate a finire le cose, però avrebbe preferito lo stesso non essere visto.
Perché? Non doveva pensarci. Punto. Perché continuava pensarci?
-è vero, lo hai detto. E, se devo essere sincero, non voglio più dover ricorrere al tuo aiuto per qualcosa. Essere protetto da te Nakiri, quando dovrei essere io come uomo a farlo, è veramente frustrante.-
-in effetti è stato imbarazzante, Yukihira.- concordò lei.
-la prossima volta sarò io a farlo, Nakiri.- annunciò determinato.
-non devi farlo per ripagare ciò che ho fatto, Yukihira.-
-no, ti sbagli, non lo faccio per ripagarti.- sorrise spensierato.
-lo sai perché lo faccio, Nakiri, ma non dovremmo più entrare in questo discorso.-
-esatto, quindi evita di farlo.- lo assecondò lei, gelida.
Distolse lo sguardo da lui per guardare di lato. Sembrava malinconica.
-a Parigi dovremo interagire il meno possibile, Yukihira.- riprese schietta.
-lo so, Nakiri.- accettò lui, cercando di gestire la fitta dolorosa al petto.
-questo vuol dire che dovrai anche trattenerti dal dire frasi fuori luogo. Non so se mi sono spiegata.- lo fissò minacciosa.
Lui scoppiò a ridere. -non lo garantisco, ma ti sei spiegata.-
Si guardarono dritti negli occhi, intensamente, calò un silenzio significativo tra loro e lei fu la prima a spostare le iridi altrove. -beh.. ci vediamo, Yukihira.- farfugliò ritrosa.
-ci vediamo Nakiri.- abbozzò un sorriso, lui, cercando di resistere alla tentazione di fermarla prima che uscisse dal suo ufficio. In qualche modo ce l'aveva fatta a controllarsi. Quanto sarebbe durata?
Era stato difficile farlo anche in quel momento, come sarebbe finita se un'altra non programmata situazione, e anche piuttosto favorevole, si sarebbe presentata? Ogni volta che erano insieme, partivano "scintille di passione", e sì, era abbastanza sveglio per capire che lo stesso valeva per Nakiri.



*************************************************************************************
Angolo autrice: ciao a tutti!! ecco il nuovo cap<3. In parte l'avevo già scritto, quindi sono riuscita a completarlo^^.
Come avete visto, vi ho mostrato di più Megumi e anche Takumi ha fatto la sua parte :D. Cosa ne pensate?
Come ho gestito i PG? il chiarimento SouMegu? le scene Sorina? spero di non avervi deluso D:
dal prossimo finalmente vi presenterò anche Hayama e avrete una piccola scena AkiHisa ;D.
Perdonatemi se vi ho fatto aspettare di più per presentarvi Hayama. Ormai dal prossimo cap sarà presente anche lui.
Detto questo, ringrazio tantissimo le persone che continuano a recensirmi ogni cap. Leggere le vostre recensioni è meraviglioso *___* e il mio lavoro esce sicuramente meglio grazie a voi!^^ ringrazio anche chi ha messo la fanfic tra preferite/seguite/ricordate e soprattutto chi mi ha messo tra gli autori preferiti!! *___* sono contenta! :D

A presto!!*-* un bacione immenso a tutti!! <3 Erina91


 

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Capitolo 7
*** Come una costante ***


Come una "costante"



Mentre Soma si dirigeva a lavoro con la moto, suonò il suo cellulare e non fece in tempo a rispondere prima che smettesse.
Arrivato davanti alla sede dell'Adashino C.B, controllò chi era e vide una chiamata persa di Takumi.
Portò il polso verso gli occhi per dare un'occhiata all'ora: mancavano dieci minuti alle 9.00, così poteva tranquillamente richiamarlo prima di entrare a lavoro. Compose il numero del suo migliore amico; però, quando egli rispose, avvertì subito dalla voce cupa che sembrava di cattivo umore. -tutto apposto, Takumi?- chiese infatti, -sembri nervoso.-
-ovviamente lo sono, Soma!- sbottò irritato.
Lui si fece perplesso e si grattò la nuca imbarazzato:
-immagino che ho fatto qualcosa di sbagliato, se sei tanto arrabbiato.-
-si tratta di Megumi.- cominciò serio:
-qualche giorno fa è venuta al mio ristorante in lacrime perché tu continui a mentirle.-
Soma era sorpreso di sentirlo: Megumi non gli aveva detto di essere passata da Takumi il giorno della loro discussione e ora era tutto chiaro. -non sapevo fosse passata da te.- sospirò stancamente.
-spero che tu ti sia scusato con lei, dopo. Sarebbe stato il minimo.-
-sì, abbiamo chiarito e mi sono scusato.-
-senti Soma, quanto ancora pensi di poter mentire a te stesso?
La tua indecisione fa stare male Megumi. Dovrai deciderti prima o poi.-
-Takumi, hai accennato a Megumi dei miei sentimenti per Nakiri?-
-ovvio che non l'ho fatto. Sono arrabbiato con te, ma per quanto l'idea mi alletti non ho intenzione di tradire la tua fiducia. Però, credimi, per come ti stai comportando con lei mi resta difficile mantenere il tuo segreto.-
Lui si fece sollevato davanti a quella risposta.
-grazie per avermi coperto.- infine disse. -so che sto facendo continui errori con lei, ma non la sto prendendo in giro.
Io tengo veramente a lei.-
-so che ci tieni, Soma, ma tenere non vuol dire “amare”! C'è una netta differenza tra le due cose.
Lo capisci questo? Devi capire cosa vuoi.-
Lui non rispose, poiché non aveva parole con cui ribattere e Takumi continuò:
-non voglio entrare troppo nelle dinamiche relazionali tra te e Megumi, ma non sopporto di vederla piangere a causa tua. Non si tratta solo di questo, Soma, è che non vi vedo felici.
Non dovreste esserlo se andasse tutto bene tra voi? Non lo dico solo per lei, lo dico anche per te.-
Takumi era incredibilmente sincero e sensibile ed era per questo che si fidava ciecamente di lui come amico e come sostegno. Gli era grato. -non è che non sia felice con Megumi, solo che a volte mi sento incompleto.-
-evidentemente perché i tuoi sentimenti per lei non sono abbastanza forti.-
-sì, probabilmente è così. In ogni caso, se la lasciassi, so che soffrirei.-
-sicuramente, perché sei molto legato a lei. Però è proprio per questo che dovrai fare una scelta prima di commettere altri errori di cui poi ti pentirai.- insisté Takumi. -questo è quello che ti dico. Pensa prima di agire.-
-grazie della conversazione, Takumi. Ora devo proprio andare perché potrei entrare in ritardo e Nakiri mi “fucilerebbe”.-
Takumi ridacchiò, dall'altra parte della linea, e prima di attaccare la conversazione gli disse:
-tengo molto a Megumi, Soma, cerca di non farla soffrire perché, anche se sei il mio migliore amico, non ci penserei due volte a tirarti un pugno se la vedessi tornare al mio ristorante in lacrime. Chiaro?-
-lo so, Takumi.- detto questo, chiuse la chiamata per entrare a lavoro.
Takumi aveva ragione su tutti i fronti, ma cosa doveva fare?
La situazione di Nakiri, tra l'altro, non lo aiutava a fare una scelta visto che anche lei era impegnata.
Se non lo fosse stata, cosa avrebbe fatto?
Scosse la testa: non doveva pensarci perché quella possibilità non doveva neppure prenderla in considerazione.


 
****

 
Uscita prima da lavoro, Erina era andata a prendere Marika a scuola per portarla a casa di un'altra bambina che l'aveva invitata per il pomeriggio. Sembrava felice di andare da lei, poiché sorrideva. -sai mamma, a Karin-chan piace tanto il mio libro di favole e mi ha detto che a casa sua avremmo giocato con le principesse che piacciono tanto a lei.-
-davvero? Allora vi divertirete di sicuro.-
-la mamma di Karin-chan è bravissima! Fa dei dolci buonissimi!
Una volta ne ha portato uno a scuola per festeggiare il compleanno di Karin-chan.-
-detto da te, Marika, che hai un gusto molto più sviluppato di altri bambini, deve essere davvero brava a fare i dolci.
Mi piacerebbe assaggiarli.-
-allora vieni anche te a casa di Karin-chan, mamma!- esclamò emozionata.
-di sicuro la sua mamma ha un fatto un dolce per merenda.-
-non posso tesoro. Non è educato entrare in casa di altre persone senza essere invitati.-
Le sorrise dal specchietto retrovisore.
-ok..- fece dispiaciuta la bambina. -allora sentirò la mamma di Karin-chan se ne posso prendere un po' da portare a casa!-
-neanche questo è educato, Marika.- la riprese materna, -se è la mamma di Karin a dirti che ne puoi portare un po' a casa, allora puoi accettare. In caso contrario, però, non importa che tu le chieda una cosa del genere.-
-però così tu non potrai assaggiare il suo dolce.- si imbronciò la bambina. Erina sospirò.
-i miei dolci sono sicuramente più buoni di quelli della mamma di Karin, ne farò uno a casa e me lo mangerò.-
Alla bambina brillarono gli occhi dopo quella risposta:
-allora, se lo fai, posso mangiarlo anch'io?-
-certo!-
-penso anch'io che i dolci tuoi, mamma, siano decisamente più buoni!-
Marika si aprì in un sorriso tanto ampio e radioso che la sciolse, lei ridacchiò allegra di fronte alla devozione della figlia. -siamo quasi arrivati, tesoro.-
La bambina annuì, in seguito si fece pensierosa e le chiese:
-mamma.. come sta Soma oniichan? Non l'ho più visto.-
Erina sussultò davanti a quella domanda.
Ogni volta che passavano diversi giorni in cui Marika non vedeva Yukihira, istintivamente le chiedeva come stesse o dove fosse. Marika pensava spesso a Yukihira e questo era pericoloso. Trascorsero alcuni attimi di riflessivo e ansioso silenzio prima di rispondere alla bambina. La guardò dritta negli occhi ambra e fu a quel punto che le iridi espressive e luminose di Yukihira, improvvisamente, si sostituirono a quelle di Marika.

Era girata verso di lui e specchiava nelle sue iridi ambra e Yukihira faceva lo stesso, confusa su quanto era successo, e disorientata a causa dell'alcol ancora in circolo. Avevano fatto sesso e, per quanto era ubriaca, sentiva distintamente le sensazioni dell'amplesso trascorso, sotto le lenzuola, nudi entrambi. Le loro gambe tiepide che si sfioravano con delicatezza e l'incapacità di ambedue di distogliere lo sguardo l'uno dell'altra.
In quel momento non era capace di riflettere su quanto era successo tra loro e la stanchezza e l'alcol non la aiutavano a farlo. Non voleva farlo perché sapeva che, se l'avesse fatto, avrebbe finito per impazzire.
Inoltre, non era abbastanza lucida per formulare un pensiero razionale.

-Yukihira..- allora sussurrò, avvicinando le labbra alle sue. -..perché siamo finiti a letto insieme?-
Il suo fiato sapeva ancora di alcol e tabacco, ma restava piacevole.
Lui portò una mano verso di lei e le accarezzò la guancia con dolcezza.
-non lo so, Nakiri. Volevamo farlo, forse?-

Lei lo fissò nuovamente a seguito di quelle parole e si incantò di fronte alla luminosità nei suoi occhi, alla solarità del suo sguardo. Al calore espressivo delle sue iridi vive e sincere. Tutti e due non erano completamente sani per affrontare una conversazione sensata e ragionevole, stavano parlando a vanvera, distratti, si mangiavano le parole mentre conversavano. Eppure, sebbene la sbronza, a lei sembrò la conversazione più naturale del mondo. Sapeva che probabilmente era ancora colpa delle bevute, perché esse alteravano la realtà. Erano sensazioni irrazionali.
-non doveva succedere..- farfugliò sottovoce, mentre gli occhi si chiudevano e il colore delle iridi di Yukihira rimaneva impresso nella sua mente, cullando il suo sonno in una languida gradevolezza.
L'alcol la stava assopendo e lui non la spinse via.
Si stava addormentando nel letto di Yukihira pur sapendo che doveva andarsene, ma non era in condizione di farlo e gli effetti soporiferi delle bevute e la rilassatezza del momento furono più forti di lei..

Aveva ricordato ancora.
Gli occhi di Marika, perché così simili a quelli di Yukihira, avevano acceso l'ennesimo pensiero rivolto a quella notte.
Era stata un'immagine fulminea, incontrollata, potente. Quello era stato l'ultimo momento nel quale aveva guardato negli occhi Yukihira, prima di addormentarsi e svegliarsi la mattina seguente per andarsene e non vederlo più fino ad oggi.
Ecco perché gli occhi di Yukihira erano persistenti nella sua testa, non solo perché erano identici a quelli di Marika.
L'aveva guardati così profondamente, quella notte, che ne aveva memorizzato i contorti, le ciglia, le loro più piccole imperfezioni e ciò che trasmettevano in quell'attimo: dolcezza, amore, desiderio, affetto.
Tali espressioni, quella notte, erano solamente rivolti a lei e per lei. Fu assalita da una malinconia indesiderata a quel pensiero, cercò di scacciarla con poco successo e distrattamente rispose a Marika:
-sta bene. Lo vedrai al prossimo evento, tesoro.-
-quando sarà?-
-tra non molto. Andremo a Parigi.-
Cercò di cambiare discorso per distogliere Marika dalle domande su Yukihira.
La bambina, infatti, si fece eccitata all'idea del prossimo viaggio:
-dov'è Parigi, mamma?-
-In Francia. Sarà un viaggio lungo, ma la città è bellissima.- raccontò, contenta di aver portato l'attenzione di Marika altrove. Parlarono di Parigi per il resto del tragitto in auto, finché non arrivarono di fronte alla villetta dove viveva l'amichetta di Marika.

Accompagnata Marika da Karin, rientrò a casa.
Rokuro era seduto nello studio e stava revisionando alcuni conti arretrati.
Sembrava teso, oltre che nervoso, lei si preoccupò subito vedendolo così.
Si portò sulla porta della stanza e Rokuro le lanciò un'occhiata di sfuggita e le rivolse una smorfia seccata:
-Erina.. sto lavorando.- asserì brusco.
-anche se lo stai facendo, sembri irritato e non credo che questo ti permetta di concentrarti nel lavoro.
Per caso ho fatto qualcosa per meritarmi uno sguardo tanto adirato da parte tua?
Devo ringraziare che Marika è da una sua amica, allora.- continuò stizzita.
-non sono dell'umore di sopportare le tue accuse, Erina.- sbottò lui, gelido, lanciandole un'occhiata intimidatoria.
-stai insinuando che sarebbero accuse infondate? Guarda come ti rivolgi, Rokuro.- incrociò le braccia offesa.
Ci fu una lunga pausa riflessiva tra i due. -hai ragione, scusa Erina.- portò gli occhi di lato, dispiaciuto.
-me la sto rifacendo con te senza motivo, ma sono veramente irritato!-
-se invece di attaccarmi, come stai facendo adesso, mi spiegassi cosa sta succedendo forse anch'io sarei in grado di capire.-
Schioccò la lingua infastidito e voltò la sedia girevole verso di lei:
-mi ha chiamato il direttore e mi ha detto che non c'è bisogno che venga a Parigi per svolgere il ruolo di contabile perché i clienti francesi hanno pagato in anticipo il banqueting. Ecco perché mi girano le scatole.-
Erina sospirò cercando di sdrammatizzare:
-non ti sembra di essere un po' eccessivo, Rokuro? In fondo si tratta solo di un banqueting.
Non è che sarai escluso per sempre dagli eventi.-
Peccato che, con quelle parole, ottenne l'effetto contrario e lui si scaldò di più:
-non è il saltare un banqueting il problema, Erina!- tuonò appunto. -è che mi infastidisce l'idea che tu e Yukihira-kun sarete a stretto contatto per tutto il viaggio e per dieci giorni. Possibile che tu non capisca?-
Lei sgranò gli occhi allibita. Non gli aveva detto di quello che era successo con Yukihira qualche giorno fa e non poteva averlo saputo da nessuno perché nemmeno Hisako o Alice lo sapevano e Yukihira di certo non glielo aveva detto.
Come poteva essere tanto agitato allora?
-sei per caso impazzito, Rokuro?!- esplose lei, oltraggiata. -come puoi farne una tragedia solo per questo? Ti ho già detto che Yukihira è solo un vecchio compagno di scuola. Niente di più. Le tue sono solo paranoie!-
Rokuro le riversò uno sguardo furioso che fu capace di metterle i brividi:
-non sono solo paranoie, Erina, non sono stupido! Vedo che sei attratta da lui. Cosa credi?
È ovvio che la cosa mi secchi non poco!-
-no, Rokuro, la verità è che sei troppo geloso e possessivo.- ribatté lei piccata:
-non sono attratta da Yukihira. Hai perso il controllo.-
Si sentiva uno schifo a mentirgli ancora, ma adesso aveva la certezza che Rokuro si era accorto della sua attrazione per Yukihira e purtroppo era l'unica cosa da fare per calmarlo: rispondere con sicurezza alle sue insinuazioni.
Era sempre stata brava a nascondere le sue emozioni.
Perché non sfruttare la sua abilità per salvaguardare la relazione con Rokuro?
-ho imparato a conoscerti un po', Erina, e posso dire con certezza che quell'uomo ti piace. Non andare a Parigi.-
-adesso stai esagerando, Rokuro! Smettila di limitare il mio lavoro! Io andrò a Parigi! 
Non mi interessa che la cosa ti infastidisca, soprattutto perché è solo frutto della tua invidiosa immaginazione.-
Erina, di fronte a quel litigio_forse il più accanito della sua intera relazione con Rokuro_si trovò a pensare a quanto era sollevata che Marika era da una sua amica perché altrimenti avrebbe assistito ad una spiacevole scenata.
Sapeva che era colpa sua se Rokuro era arrivato a tanto: non aveva nascosto abbastanza bene la sua attrazione per Yukihira e ora ne pagava amaramente le conseguenze, però era pur sempre vero che il suo compagno, oltre ad essere più sagace di qualcun altro, era anche eccessivamente geloso. Troppo. Non lo sopportava quando faceva così.
Tuttavia, nonostante sapesse di questi suoi difetti e altre volte glieli avesse sottilmente mostrati, non l'aveva mai visto tanto iracondo e soprattutto non avevano mai discusso così pesantemente nel corso della loro relazione.
-smettila di mentire, Erina.- continuò ancora, lui, glaciale.
-smettila con queste ossessioni.- replicò lei, all'estremo della sopportazione. -perché non vai a schiarirti le idee e poi torni qui sano di mente? Questa discussione sta diventando abbastanza fastidiosa.-
-infatti è proprio quello che farò. Ho bisogno di smaltire il nervoso!-
La ignorò del tutto e uscì di casa sbattendo la porta violentemente, tanto da farla sobbalzare.
Era colpa sua se avevano finito per discutere. Sua e del comportamento irragionevole che aveva quando si trovava di fronte a Yukihira. Perché era ricomparso nella sua vita? stava rivoluzionando tutto anche senza farlo consapevolmente. Continuava a fare da “fantasma” nella sua testa e invadeva la sua vita privata anche senza essere fisicamente presente.
Era il suo pensiero fisso dopo Marika. La sua rovina. La sua dolce persecuzione. Era una “costante” senza fine che la tormentava quando non voleva e la coinvolgeva anche quando pensava di nasconderla.
Con Rokuro non poteva fare altrimenti.
Era costretta a mentirgli benché era doloroso e faticoso, perché doveva smentirgli quello che credeva.



****


Bussarono alla porta del suo studio e Soma, inutilmente speranzoso, pensò che fosse Nakiri perché stare lontano da lei, come stabilito, sembrava più difficile del previsto. 
Non era lei purtroppo, era Alice, che con un sorriso malizioso comparve sulla porta. 
-buongiorno Yukihira-kun!-
-buongiorno Alice! Pensavo fosse tua cugina. Esattamente.. cosa ti porta nel mio ufficio?-
-mi dispiace deluderti, Yukihira-kun, ma non sono il tuo dolce amore inconfessato: la mia docile, cara cuginetta.- recitò sarcastica, ancheggiando in sua direzione e posizionando sensualmente i gomiti sulla scrivania per chinarsi e dare i glutei alla porta. Lui strabuzzò gli occhi di fronte a quella battuta, e a tutte le sue movenze, poiché non se l'aspettava.
Cercò di nascondere il rossore sul viso, visto che a quanto pareva nemmeno agli altri riusciva a celare la sua attrazione per Nakiri, benché era sicuro che Alice sapesse quello che era successo tra loro sei anni fa e le sue provocazioni erano già una prova della sua consapevolezza. Cercò di riprendersi e infine ridacchiò divertito:
-non c'è niente tra me e tua cugina, Alice.- negò poi, mentendo, -piuttosto.. non credi che, se qualcuno ti vedesse nella posizione in cui sei, penserebbe che mi stai seducendo? Non credo che Kurokiba ne sarebbe felice.-
-oh Yukihira-kun! Per me è davvero divertente fingere di sedurti ed osservare le reazioni scandalizzate di mia cugina.
Non trovi anche tu che siano spassose?-
-in effetti anche alle superiori lo facevi.- ricordò lui, divertito. -ora che mi ci fai pensare.. le reazioni di Nakiri sono esilaranti quando la prendi in giro.- sorrise con tenerezza, davanti a quel pensiero.
-oh mamma!- sbuffò lei ironica, aprendosi in una smorfia tediata:
-hai un'espressione da diabete quando parli di mia cugina!-
Lui si grattò la nuca e mentì ancora:
-davvero? Non mi sembra. Sono così con tutti.-
Lei sospirò arresa. -non c'è gusto a stuzzicarti, Yukihira-kun.- continuò. -Cavolo! ami davvero la tua ragazza attuale?-
-perché mi stai facendo queste domande, Alice?- chiese sospettoso lui. -non sei venuta qui per parlarmi di Nakiri, giusto?-
Lei gli portò un dito sulle labbra:
-parli troppo.- affermò schietta, sogghignando. -infatti ho di meglio da fare.-
-allora perché sei qui?-
-per invitarti al mio compleanno questo fine settimana.-
-alla villa del vecchio preside?-
Si portò in piedi dalla sua posizione sexy e rispose:
-sì, ma lui non ci sarà. Saremo solo noi giovani, per questa volta, e gran parte dei dipendenti dell'Adashino C.B. Ci stai?-
-non ho impegni. Penso che potrò venire.-
-bene!- esclamò lei sorridendo. -ah! Dimenticavo!-
Lo fissò dritto negli occhi e dopo una lunga pausa disse:
-è invitata anche la tua ragazza.-
-wow! Davvero?- fece sorpreso. -glielo dirò sicuramente, allora. Grazie.-
-se ti darà una risposta affermativa, allora fammi sapere: devo contare gli invitati.-
-certo!- alzò il pollice. -ti farò sapere il prima possibile.-
-perfetto!- dopo averlo fissato ancora intensamente, aggiunse:
-cerca di trattenere di più le facce “a pesce lesso” che fai quando ti parlo di mia cugina. È evidente che sei cotto di lei!
Mi spiace solo per la tua povera ragazza. Chissà perché è così ingenua?- proseguì drammatizzando.
Non ebbe il tempo di rispondere ad Alice che era già uscita dal suo studio vittoriosa.
Era così evidente il suo interesse per Nakiri?
Perfino Megumi, che aveva incontrato Nakiri dopo sei anni e solo una volta, si era accorta che non gli era indifferente, tutt'altro.. Alice aveva ragione su gran parte dei fronti, ma non sull'ingenuità di Megumi.
Inoltre, ora che aveva invitato entrambi alla sua festa, era chiaro che la serata non sarebbe stata facile da affrontare visto il complesso quadretto: lui e Megumi, Nakiri e Rokuro. Non poteva non dirlo a Megumi, le aveva già mentito troppo ed era giusto farla partecipare di più al suo lavoro quando ne aveva la possibilità e in ogni caso lo avrebbe scoperto innescando l'ennesimo litigio e non era quello che voleva. Gli avrebbe detto dell'invito di Alice. L'avrebbe portata alla festa.
Presa tale decisione, tornò a svolgere le ultime pratiche prima della pausa pranzo_già stava morendo di fame_.

L'ultima ora di lavoro passò più rapidamente di quello che aveva pensato.
Sistemato l'ufficio dopo aver fatto gli ultimi controlli, che non avrebbe usato fino alle 15.00, prese l'ascensore e si avviò verso la mensa per mangiare. Non era molto affollata dato che era più tardi del solito e così trovò facilmente un posto dove sedersi. Intanto che si guardava attorno per vedere chi c'era, vide uscire dall'ascensore Nakiri, da sola, e colse subito il volto arrossato, gli occhi lucidi e gonfi, un'espressione stanca ed esasperata. Cosa le era successo ad un tratto?
Quando era a lavoro era sempre curata, pettinata, truccata, in forma, gli abiti accuratamente formali ed eleganti, sexy, eppure quel giorno appariva ridotta ad uno straccio. Voleva saperlo. Non poteva vederla stare così male ed avvertì un groppo allo stomaco. Dov'era Rokuro? Era in ferie anche quel giorno?
Gli era anche passato l'appetito e pure lei, sebbene aveva ordinato una porzione di fresco sushi, non sembrava motivata a mangiare. In seguito, all'improvviso, la vide lasciare il tavolo dove si era accomodata_con il piatto ancora pieno_e dirigersi verso il chiostro dove uno dei primi giorni si erano trovati a parlare di Marika.
D'istinto fece anche lui lo stesso e la seguì fuori: era seduta sulla fontana e stava toccando l'acqua da cui scendeva di getto la piccola cascata bagnata e fresca. Sembrava delusa, in qualche modo anche arrabbiata, così si avvicinò a lei:
-Nakiri.. non pranzi?-
Lei, finalmente notandolo, sussultò colta di sorpresa:
-Yukihira! Perché mi hai seguita?-
-ho visto che non hai toccato cibo e che sei uscita.
Ho notato subito che c'era qualcosa che non andava da quando sei arrivata dall'ascensore.-
Lei arrossì di botto. -possibile che mi fissi sempre? Sei quasi inquietante!-
-non fissavo te in particolare, Nakiri..- iniziò lui sorridendo -..ero annoiato, in mensa non c'era nessuno, per cui mi guardavo intorno. È stato solo un caso se ti ho vista uscire dall'ascensore.
Però non credo di sbagliarmi a sostenere che oggi non sei molto in forma.-
-e secondo te di chi è la colpa??- esordì adirata, guardandolo accusatoria.
-non ne ho idea! stavolta non credo di aver fatto niente.-
-involontariamente lo hai fatto.- borbottò lei, sottovoce, impacciata.
-allora spiegami! Cosa avrei fatto?-
-abbiamo deciso di parlarsi il meno possibile, giusto?
Quindi, Yukihira, perché dovrei parlarti degli affari miei? No grazie.- sbottò acida.
-sono anche affari miei se dici che c'entro, Nakiri.- ribatté lui.
-io e Rokuro ieri abbiamo discusso a causa tua! Sei contento adesso?-
-ed è colpa sua se stai per piangere?-
-non abbiamo discusso tanto pesantemente ed è successo perché tu sei ricomparso nello mia vita.- lo fissò sprezzante.
-mi dispiace se hai discusso con lui, Nakiri, ma siamo nella “stessa barca”.-
-cavolo! Perché ne sto parlando con un'idiota come te?- brontolò irritata.
-evidentemente perché non mi consideri davvero un'idiota.- sorrise divertito.
-sta zitto! razza di cretino! È una cosa seria!-
-allora raccontami come sono andate le cose, Nakiri.- si propose lui.
Si guardarono profondamente negli occhi, in una attrazione subliminale e complice.
Lui, d'impulso_come faceva sempre_le accarezzò le ciocche bionde con amorevolezza:
-non mi piace vederti così, Nakiri.- confessò serio. -se tu non puoi essere mia per tanti motivi, allora neanche Suzuki-san ti merita. Sa che potrei tranquillamente strapparti a lui, se volessi?-
Lei diventò paonazza davanti a quelle parole e distolse lo sguardo spostando bruscamente la sua mano dalla sua testa.
-non provarci, Yukihira. Non dire certe frasi. Non sono qui per fare l'ennesimo torto a Rokuro.-
-dov'è lui adesso?- chiese incisivo.
-a casa. Non è venuto a lavoro a causa del litigio.-
-perché avete litigato, Nakiri?-
-te l'ho detto che è per colpa tua! Odio ripetermi!-
-perché sarebbe colpa mia? Ha saputo quello che è successo l'altra sera?-
Scosse la testa. -di fatto non è successo nulla l'altra sera.- precisò lei.
-Nakiri.. a me Suzuki-san non piace.- asserì gelido.
Lei si spiazzò. -perché adesso te ne esci con questo discorso?-
-non lo so, ma non mi convince.-
-non lo fa perché sei geloso di lui, Yukihira.- protestò lei stizzita.
-allora perché stai così? Se il motivo non è per l'altra sera, allora cos'è?-
Lei si fece all'improvviso pensierosa e silenziosa, portò gli occhi a terra.
Lui le alzò il mento con delicatezza, per farsi guardare negli occhi:
-perché si è arrabbiato?- chiese di nuovo, più cauto.


 

****


Lei si sentì accarezzare dal tocco gentile di Yukihira e un tepore le percosse tutto il corpo creandole piacevolezza e tranquillità immediate. Un'altra volta desiderò che lui non smettesse di sfiorarla, che non spostasse quella mano dal suo mento, che osasse di più. Frena Erina. Si impose ancora. Sapeva che doveva rispondergli e sapeva altrettanto che la risposta sarebbe stata “perché si è accorto che sono attratta da te”, ma se glielo avesse detto avrebbe finito per dichiarare esplicitamente di essere attratta da lui e, nella situazione in cui erano, sarebbe stato dannoso per entrambi.
Yukihira continuava a guardarla in attesa della sua risposta e la spingeva a dire la verità perché essere osservata da lui in quel modo la faceva purtroppo impazzire. Scostò nuovamente la sua mano dal mento e si fece ardita:
-è perché il direttore gli ha chiesto di restare a Tokyo e di non partire per Parigi.- alla fine disse. -ieri si è arrabbiato perché si è accorto dell'attrazione che provo per te..- acuì il tono di voce, imbarazzata -..per cui, Yukihira..- riprese -..è colpa tua! È tutta colpa tua e del tuo comportamento!- Lo stava davvero dicendo? Era fuori di testa?
Non era riuscita a trattenersi. -ecco perché s'è arrabbiato. Ecco perché abbiamo discusso.
Ecco perché sei fastidiosamente un problema per me!-


 

****




Soma scoppiò a ridere davanti a quelle parole. A quello sfogo insolito e inaspettato, rendendolo in qualche modo emozionato perché lei aveva ammesso apertamente di essere attratta da lui, di getto, nella sua maniera schiettamente tenera e vergognosa. Goffa. Adorabile. Bellissima. -sei adorabile Nakiri.- appunto disse, ghignando.
-alla fine lo hai ammesso di essere attratta da me!- la punzecchiò sollazzato.
Lei lo spinse via. -smettila di scherzare, Yukihira. Sei insopportabile!-
Lui rise vittorioso. -come ti senti adesso?-


 

****


Bella domanda. Come si sentiva adesso?
Nonostante le sue battute fuori luogo, il suo prendersi gioco di lei, le sue dolci carezze.. era riuscito a farla sentire meglio con il suo fare giocoso, a rilassarla, a farle spostare l'attenzione dal pensiero della discussione con Rokuro.
Perché era sempre capace di sollevarla? Come ci riusciva?
-come prima. Ovvio.- rispose orgogliosa.
-e quindi Rokuro non verrà a Parigi?- cominciò ancora, facendosi riflessivo, e tale reazione la riempì d'ansia visto che poteva frullargli di tutto in testa. -esatto! ma questo non vuol dire che noi potremmo stare più vicini, chiaro?-
-chiaro.- decretò concorde.
-comunque, Nakiri, per quanto Suzuki-san non mi convinca, da uomo quale sono, ti posso dire che stasera gli passerà.-
-lo spero!- incrociò le braccia scocciata. -anche perché gli ho detto chiaramente che si fa troppe paranoie su di te.-
-però tali paranoie non sono poi così infondate, giusto?- la stuzzicò di nuovo.
Lei gli lanciò un'occhiata minacciosa:
-non peggiorare la situazione, Yukihira.-
-sono contento di vederti meglio..- poi disse, sorridendo rassicurato.
-sappi che non è merito tuo!- puntualizzò avvampando.
Lui sorrise ancora. -comunque Nakiri..- riprese lui serioso -..se dovesse ancora farti stare in questo modo, non lascerò correre come questa volta.-
Lei si fece timida e imbarazzata di fronte all'atteggiamento protettivo di Yukihira, cercando di non farglielo notare:
-non ci sarà bisogno del tuo intervento, Yukihira.- dichiarò severa.
-capito? Non metterti più in mezzo perché faresti solo di peggio.-
-lo sai che lo farò, Nakiri, se lo riterrò necessario.-
Calò il silenzio tra loro.
-non parliamone più. E non dire a nessuno di ciò che ti ho raccontato, capito?-
-non lo farò.- la tranquillizzò. -ora è meglio andare.-
Detto questo, lo vide alzarsi dalla fontana.
Lei lo fermò per la maglietta abbassando lo sguardo, lasciandolo stupito:
-grazie Yukihira..- bisbigliò timidamente.
Lui le sorrise stringendo con delicatezza la sua mano. -di niente, Nakiri.-
Quando la lasciò si avviò verso l'entrata dell'edificio per dirle:
-ci vediamo alla festa di tua cugina.-
Erina rimase sbigottita. -ti ha invitato?-
Lui le strizzò l'occhiolino:
-sì, l'ha fatto. E ha invitato anche Megumi.-
Al nome di Megumi avvertì il riconoscibile fastidio che la travolgeva ogni volta che un'altra ragazza si avvicinava a Yukihira. Fastidio che cercò scacciare con scarso successo.
-credi che verrà?- domandò curiosa, maledicendo la sua avidità di sapere su come la pensava Yukihira.
-sì, penso di sì. Stasera glielo chiederò.- confermò lui.
Dopo averle rivolto un ultimo sorriso scomparve.



 
****


Tirò un sospiro sollevato dopo essersi separato da lei: era stata dura resisterle, come sempre, quando lei lo aveva afferrato per la camicia aveva seriamente rischiato di baciarla, di perdere il controllo.
Oltretutto, vederla tanto fragile e spaventata, agitata, era l'ultima cosa che voleva.
Gli era montata la rabbia quando aveva capito che era stato Suzuki-san a farla piangere e a renderla tanto triste.
In quel momento avrebbe voluto spaccare la faccia al suo fidanzato perché, se lui la faceva soffrire, non si meritava Nakiri. Si sentì a disagio al pensiero di ciò che le aveva detto mentre la consolava, era stato assai sdolcinato e difficilmente lo era_solo in momenti in cui se lo sentiva davvero_: le parole di Alice riguardo alle sue espressioni leziose quando pensava a Nakiri lo avevano condizionato. Veramente le aveva detto:

Se tu non puoi essere mia per tanti motivi, allora neanche Suzuki-san ti merita.
Sa che potrei tranquillamente strapparti a lui, se volessi?”

Ripetendolo nella testa, come un'ossessione, gli appariva sempre più come una dichiarazione d'amore.
Era imbarazzante e soprattutto l'ennesimo tradimento morale inflitto a Megumi. Chi voleva prendere in giro?
Era ovvio che quella che voleva non era Megumi, ma chi voleva ora come ora era irraggiungibile.
Che senso aveva lasciare Megumi, una persona con cui in fondo stava bene, pur sapendo che Nakiri non sarebbe stata sua?
Era questa la domanda principale. L'incertezza che lo tormentava, in aggiunta a quello che aveva costruito con Megumi e la sicurezza che, se l'avesse lasciata, non solo ne avrebbe sofferto ma sarebbe anche finita per sempre e non avrebbero avuto più nessun tipo di contatto. Nemmeno un'amicizia. Se solo Nakiri gli avesse dato una incentivo in più, tipo un segnale, un cenno_seppur piccolo_che si sarebbe rivelato fondamentale nel fare la sua scelta; qualcosa di significativo che gli dicesse che non avrebbe buttato via tutto lasciando andare Megumi per lei, forse l'avrebbe fatto. Forse. Così però non era stato purtroppo. Poco importava. Per ora era contento di averle sollevato il morale.


 
****


Hisako, mentre raggiungeva il suo ufficio dopo la pausa pranzo, era passata accanto allo studio di Hayama e, se fino a qualche settimana fa ci passava e lo trovava chiuso a chiave, a luci spente, silenzioso, quel giorno era illuminato: poteva intravedere il flebile lume da sotto la porta. La domanda sorse spontanea e diretta: Hayama era tornato? Quando?
Avvertì il cuore festeggiare di gioia a quel pensiero. Un pensiero che trovò indesiderato, molesto, inadeguato poiché le confermava solo_con disappunto_ che Hayama la intrigava e che in quel momento si sentiva felice di sapere che era tornato. Poggiò piano la mano sulla maniglia della porta, fu quasi un leggero sfioramento, indecisa se bussare o meno per salutarlo. Anche se l'avesse fatto cosa gli avrebbe detto?
Lui l'avrebbe solo fissata con impassibilità e disinteresse, quasi fosse un fastidio, perché così lui faceva.
Anche per questo all'Adashino C.B Hayama non aveva stretto tante amicizie e se ne stava sempre in solitudine.
Alla fine, se ci pensava, l'unica con la quale aveva parzialmente parlato, anche se a monosillabi e con noncuranza, era lei.
Il fatto che era sempre in viaggio per l'import&export delle spezie non lo aiutava a legare con gli altri.
Se di per sé era anche una persona taciturna e distaccata, oltre che presuntuosa, era chiaro che la gente non si avvicinasse perché lo temeva. Probabilmente, se veramente avesse bussato a quella porta, lui l'avrebbe scortesemente mandata via. Però non le importava. Voleva provarci lo stesso. Voleva salutarlo.
Difatti, alla fine si fece coraggio e bussò.
Lui la invitò ad entrare in tono glaciale e lei, lievemente timorosa, entrò.
Hayama alzò gli occhi verso di lei rapidi, sfuggenti, soffermandosi ad analizzarla con sufficienza, come se fosse l'oggetto più insignificante di tutta la stanza e alterandola non poco. -cosa ci fai qui?-
-come al solito ti isoli dal mondo, eh!- lo provocò lei. -non sapevo fossi tornato.
I rapporti sociali non sai nemmeno cosa siano!-
-perché dovrei rendere conto a te di quando torno?- replicò lui, annoiato.
Lei distolse lo sguardo offesa:
-non ho detto che dovresti rendere conto a me di quando torni. Dico solo che dovresti avere più rispetto dei tuoi colleghi.-
Hayama le lanciò un'occhiataccia seccata. -sto bene così.- affermò duro. -piuttosto.. è davvero fastidioso questo tuo modo di fare. Se sei passata per litigare, allora fa pure retromarcia. Non ho bisogno di seccature.-
-non sono certo passata per discutere. Volevo solo salutarti, ma a quanto pare il tuo caratteraccio ti rende ottuso.
È stata solo una perdita di tempo. Non dovevo bussare. Mi domando perché l'ho fatto!-
-probabilmente non hai niente di meglio da fare.- constatò lui.
-sei proprio odioso!- sbottò risentita. -scusa se volevo sapere com'era andata in India, visto che sei stato via per due mesi.-
-potrei fraintendere certe parole, sai? Sembra che ti sia mancato.-
Lei arrossì di botto, colta di sorpresa di fronte a quella domanda:
-figurati! Come potresti essermi mancato? Sei così presuntuoso!-
-allora puoi anche andartene. Mi stai facendo perdere tempo.-
-infatti me ne vado! Non resterò un secondo di più dentro questo ufficio.-
Sbuffando, fece per dirigersi verso la porta dell'ufficio: lo sapeva che sarebbe finita così ad Hayama non importava un fico secco di lei. Anzi.. ad Hayama non importava di nessuno, men che meno di lei.
Perché era entrata? Perché aveva fatto quella pazzia che le avrebbe scatenato il nervoso?
Ora sarebbe stata irritata fino alla fine dell'orario lavorativo.
Com'era possibile che lui la facesse imbestialire a tal punto?

No, la domanda era..
Come poteva piacergli un tipo tanto antipatico? Un tale bastardo che provava gusto a farla arrabbiare e basta?
Nonostante questo, a lei continuava a piacere. Doveva essere davvero masochista. Di sicuro aveva qualche problema.
-che frustrazione!- esclamò ad alta voce, fuori, adagiata sulla porta dell'ufficio di Hayama su cui sbadatamente tirava calcetti. Quando, ad un tratto, la voce di quest'ultimo la raggiunse nuovamente:
-se sei ancora appoggiata alla porta, perché non ti rendi utile?-
Lei strinse i pugni e la spalancò bruscamente:
-che hai detto? Come facevi a sapere che ero fuori dal tuo ufficio?-
-forse non te ne sei accorta, ma stavi tirando dei calcetti alla porta: si sentiva ed era abbastanza snervante; quindi, piuttosto che rovinarmi la porta con quei trampoli che indossi, perché non porti questo al direttore?-
Hayama adottò un sorriso arrogante che la infuriò ulteriormente e lei afferrò con violenza il foglio che le stava passando, fissandolo rabbiosa. -te l'avrei distrutta tutta, quella maledetta porta, se solo avessi potuto!-
-come vuoi. Basta che poi paghi i danni.- asserì lui, con indifferenza.
-non ti sopporto.- gli sbatté il foglio sulla scrivania.
-e non sono la tua segretaria, per cui portatelo da solo questo foglio al direttore.-
Detto questo, avvertendo le guance andare a fuoco a causa della figura che aveva appena fatto e dopo che lui l'aveva umiliata ancora, uscì dal suo ufficio senza dire una parola. Alterata e irritata.
Perché l'aveva fatto? Come poteva essere cotta di un uomo simile?
Se solo avesse voluto, avrebbe fatto in modo che quei sentimenti non le appartenessero.
Che quell'interesse per lui non esistesse affatto.


 

****


Questa volta Arato era veramente uscita lasciandogli in mano il documento che doveva consegnare al direttore.
Era tornato dall'India solo un paio di giorni fa dopo essere stato due mesi nel suo paese d'origine e, se doveva essere sincero, era abbastanza contento di essere tornato_anche se presto sarebbe ripartito_.
Non sapeva il motivo, soprattutto perché non aveva coltivato tanti rapporti con i colleghi di lavoro e questo neppure se li conosceva dai tempi delle superiori. Non era una persona esattamente socievole e cordiale, affabile, neanche gli interessava fare amicizia e non capiva come la gente tenesse tanto ad una tipologia di legame così futile.
Cosa ci trovavano di affascinante? La persona più vicina lui, o meglio.. colei per cui sentiva di provare un vero attaccamento ed affetto era Jun che, fin da quando era piccolo, gli aveva praticamente fatto da madre e le aveva dato un motivo per vivere. Per il resto, per lui erano tutti estranei.
Anche se c'era forse un'eccezione in quella cerchia di persone che si ritrovava come colleghi: Hisako Arato.
Era l'unica con la quale poteva dire di aver fatto conversazione benché, più che parlare, si scontravano ed insultavano a vicenda. Tuttavia, se doveva essere obiettivo, trovava divertente stuzzicarla e avere quel rapporto competitivo con lei era quasi intrigante perché con le sue impetuose reazioni gli dava involontariamente soddisfazione.
Chissà perché lo faceva?
Da una parte la personalità di Arato era fastidiosa ed insopportabile, dall'altra aveva qualcosa di interessante poiché era innocentemente astuta e diretta. Era anche la sola che aveva avuto il coraggio di affrontarlo, di provare a parlarci, escluso il direttore e Nakiri che lo facevano per lo più a "fini" professionali. Adesso che ci pensava, con Arato era iniziata ai tempi delle superiori quando lui l'aveva sconfitta ed umiliata nella loro prima sfida.
Poi una volta lei lo aveva battuto, ma era stato un caso sporadico perché in seguito aveva continuato a perdere contro di lui. Sicuramente, quel loro sfidarsi e accanirsi l'uno contro l'altra, era iniziato proprio da quel momento.
Dunque.. Arato era la persona con cui, con ironia, interagiva di più sul posto di lavoro.
Nel frattempo che rifletteva mentre firmava gli ultimi accordi con i migliori fornitori di spezie, avvertì il vibrare del cellulare: era solo un messaggio. Distrattamente guardò il nome davanti allo schermo: Akhila Sharma.
Sospirò stancamente e rapidamente lesse il messaggio:
 
 
“Ciao Akira! tutto bene il viaggio?”
Le inviò una risposta sbrigativa, dato che si erano visti fino a pochi giorni fa:
“Sì, tutto bene.”


Già. Arato e Jun non erano le sole con cui aveva una specie di rapporto.
Con loro ce l'aveva in Giappone, in India la persona più vicina a lui era Akhila.
Non aveva familiari stretti in India, poiché erano tutti morti e sepolti: non a caso lo avevano abbandonato prima di farlo.
A quel pensiero si infastidì. Se non ché, l'unica cosa che sapeva dei suoi genitori, era che prima di abbandonarlo avevano lasciato tra i suoi effetti personali una misera lettera che stabiliva un contratto matrimoniale con una donna_allora bambina quanto lui_della sua stessa casta per portare avanti la dinastia. Tale donna era Akhila Sharma e, durante le prime volte che era tornato in India per lavoro, il padre della ragazza lo aveva contattato dopo avergli mandato una foto della figlia e infine glie l'aveva presentata. Prima di allora aveva visto Akhila solo in foto e da parere maschile l'aveva trovata bella, anche se non gli importava più di tanto. In seguito, dopo averla conosciuta, ogni volta che andava in India si vedevano e spesso andavano a letto in insieme. Per lui, però, si trattava solo di attrazione, di desiderio genetico maschile. Niente di più. Anche per lei sembrava così, tuttavia era decisamente più affettuosa rispetto a lui.
Se doveva essere sincero, a lui non piacevano le tradizioni religiose, morali, relazionali del suo paese natale, le trovava opprimenti e rigide. Senza senso. Dunque, non gli importava niente di quel contratto di matrimonio firmato da quella sottospecie di genitori che si era ritrovato, dato che di lui non gli era mai importato. Frequentava Akhila, ogni tanto, solo per convenienza e perché non era male avere anche un solo contatto in India. Poteva essere utile, specialmente perché la casta a cui apparteneva Akhila era benestante. E poi, forse, per un altro motivo: una delle cose che avevano in comune lui e Akhila, infatti, era che entrambi erano senza genitori_se non contava come lui vedeva Jun_.
I suoi lo avevano abbandonato, quelli di Akhila invece erano morti di recente e in un certo senso compativa la solitudine che sentiva lei perché anche i membri della sua casta non mostravano troppo interesse per Akhila.
Per lui, dunque, non c'era un interesse personale verso di lei_anche se in qualche modo si era attaccato ad Akhila, però nulla di serio almeno da parte sua_.
I suoi pensieri furono interrotti dalla segretaria del direttore, che bussò alla porta e invitata dalla sua voce entrò:
-sig.Hayama.. il direttore chiede se è al completo con le spezie per Parigi.-
-sì. Ecco il foglio con tutti gli accordi presi. Glielo puoi passare.- rispose schivo, consegnandole il documento che prima aveva dato ad Arato. Lei lo prese. In seguito, facendosi falsamente timida e amabile, gli chiese:
-andrà anche lei a Parigi, vero, questa volta?-
Lui inarcò un sopracciglio scettico, chiedendosi perché ogni volta che la segretaria del suo capo entrava nel suo ufficio, tentasse un approccio con lui:
-sì, andrò. Ora puoi dare.- la congedò sbrigativo, ancora perplesso.
Lei sembrò offesa dal suo esplicito rifiuto, ma non gli importava.
La seguì uscire dal suo studio alquanto stizzita.





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Angolo autrice: buonasera cari lettori!! *-* ecco il nuovo cap. Ho fatto l'esame stamani mattina ed è andato bene, quindi ho deciso di pubblicare subito il nuovo capitolo stasera^^. E' molto più lungo rispetto agli scorsi ed è probabile che d'ora in poi lo saranno, ma dipende un po'. Cosa pensate di questo cap? vi ho finalmente presentato Hayama e vi ho dato una rappresentazione più chiara del carattere di Rokuro e di come vede il rapporto tra Soma ed Erina.
Mi dispiace che non avete visto molte interazioni tra Marika e Soma, ma già dal prossimo cap parleranno un pochino e vedrete che impressione avrà Megumi della bambina :P . Le scene Sorina come sono? e quella AkiHisa?
E' la prima volta che mi cimento con loro, per cui non so se li ho resi bene o che tipo di impressioni avrete della presentazione di Hayama, ma spero di non avervi deluso D: . Fatemelo sapere voi! ;D
Della vita di Hayama invece cosa ne pensate? vi piace la storia che ho creato attorno a lui? (ovviamente sarà collegato anche al suo rapporto con Hisako). Ringrazio tantissimo chi mi ha recensito e chi mi ha messo tra autori preferiti e ha messo la fanfic a preferite/seguite/ricordate. Vi risponderò il prima possibile alle recensioni, mi scuso in anticipo se non riuscirò a ringraziare tutti personalmente visto il problema che sta avendo EFP in questo momento ç___ç (spero risolvano presto perché sembra davvero noioso). Comunque, siete sempre fantastici! <3 e ribadisco che non sarei così emozionata a pubblicare i cap, se non avessi voi che mi incoraggiate e sostenete con i vostri consigli/opinioni! grazie veramente! *-*

A presto! un bacione immenso a tutti! <3<3 Erina91

 

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Capitolo 8
*** Festa movimentata ***


Festa movimentata


Stava aspettando che anche Megumi fosse pronta per andare alla festa di Alice.
Quando le aveva chiesto se voleva venire, lei aveva accettato subito e quel fine settimana era arrivato prima di quanto si aspettasse. La festa cominciava alle 20.00 e probabilmente il servizio sarebbe stato a buffet.
Mentiva se diceva di non essere preoccupato per quella sera, perché l'idea di ritrovarsi lui, Megumi, Nakiri e Suzuki nello stesso posto non lo entusiasmava affatto. La situazione sarebbe risultata tesa, soprattutto dopo che aveva saputo del litigio tra Nakiri e Suzuki e in seguito a quello che era successo anche tra lui e Megumi.
Di sicuro c'erano state delle incomprensioni spiacevoli da entrambe le parti e non era convinto che quella serata sarebbe finita bene, però la situazione così era ed erano costretti a conviverci pacificamente.
Chissà se Nakiri e Suzuki avevano chiarito?
Quella domanda gli sorse spontanea, poiché lei non gli aveva più detto com'era finita.
Le sue preoccupazioni interiori furono interrotte dall'arrivo di Megumi che comparve sulla porta finalmente pronta e acconciata. Era carina: indossava un vestito sbracciato, nero, che arrivava poco sopra le ginocchia.
Esso scendeva dolce lungo la sua figura minuta e ai piedi portava un paio di tacchi anch'essi neri.
Le ciocche erano lisciate e ben pettinate, un pinza raccoglieva i due ciuffi ai lati scoprendole il viso. Il trucco leggero.
-come sto, Soma-kun?- chiese, portando le mani sul vestito e girando un paio di volte su stessa per fargli vedere anche la sistemazione dietro. Lui le sorrise con dolcezza.
-stai bene, Megumi.-
Lei arrossì compiaciuta. -grazie.-
-hai preso tutto? Andiamo?-
-come andiamo?- domandò lei.
-pensavo in moto, quindi afferra il casco.- e glielo lanciò, strizzandole l'occhiolino.
Lei lo prese al volo e poi lo indossò.

Arrivati davanti a villa Nakiri, lui e Megumi vennero accolti dal maggiordomo che aprì loro il portone.
Egli li fece strada verso l'immenso salone d'accoglienza che poi li avrebbe portati nella sala ricevimenti.
Megumi era sempre più estasiata dalla maestosità e dalla grandezza della residenza, dai suoi contenuti sfarzosi e dall'arredamento al massimo dell'eleganza. Mentre si incamminavano, accompagnati dal maggiordomo, verso il salone dove si sarebbe svolto il party sentivano provenire da esso voci, chiacchiere, rumori di cocci che si toccavano, di bicchieri che tintinnavano. Musica pop e non solo ad alto volume, regolarizzata da casse che rimbombavano in tutte le mura della villa. E, da quanta confusione c'era, Soma poteva dire che gli invitati erano tanti e Megumi era senza parole.
Arrivati davanti al salone l'affollamento fu ancora più evidente e l'ampio spazio veniva ravvivato non solo della bellezza e della qualità di cibi e bevande alcoliche e non esposti sul buffet, di ogni tipo, ma anche dagli infiniti colori degli eccentrici abiti, molti di essi di marca, indossati dagli invitati. Dopo un formale inchino anche il maggiordomo li lasciò.
Gran parte dei suoi colleghi erano arrivati, ma il suo sguardo andava alla ricerca di una sola persona: Nakiri. La vide seduta sul panchetto del pianoforte che amorevolmente parlava e sorrideva a Suzuki e questo, per quanto doveva aspettarselo, lo infastidì non poco. Era contento che avessero chiarito, ma nello stesso tempo non riusciva a controllare la gelosia.
Come se non bastasse, era bellissima: indossava una golf color beige, bucherellato e da portare con le spalline calate, sopra ad una canottiera marrone i cui laccetti venivano scoperti dalle spalline del golf. Sotto vestiva una gonna nera, velata, che scendeva fluidamente fino alle caviglie, risaltando la snellezza dei suoi fianchi e delle gambe.
Infine.. portava un paio di tacchi con la zeppa abbastanza alta e grossa, che si adeguavano finemente alla forma dei piedi.
I capelli erano raccolti in una crocchia originalmente arrangiata eppure curata, rifinita da forcine, da dove calavano un paio di ciuffi arricciati dietro l'orecchio. Il volto lievemente truccato ma significativo a renderla ancora più affascinante.
Rimase incantato a guardarla per altri secondi indefiniti e distrattamente osservò il resto dei suoi colleghi: anche Alice e Hisako erano molte belle e parlavano un po' con tutti. Hayama, invece, se ne stava da solo a bere un cocktail pre cena, con una gamba sull'altra. Ryou veniva trascinato dal piccolo Naoki verso il buffet che sgambettando goffamente provava a correre. Per ora c'era una bella atmosfera, peccato che l'irritazione per Nakiri e Suzuki non era svanita.
Sospirò stancamente. Il suo sguardo, in seguito, cadde sulla piccola Marika che correva da una parte all'altra della sala con un'altra bambina della sua età e un allegro sorriso solcava le sue labbra. Sembrava divertirsi.
Fu a quel punto che la bambina si accorse di lui e arrestò la corsa:
-che ti succede, Marika-chan? Non vuoi più giocare?- chiese l'altra bimba.
Marika non parve sentire la sua amichetta che la richiamava e andò verso di lui.
-Soma oniichan!- esultò emozionata. -sei arrivato!-
Megumi si fece chiaramente confusa vedendo Marika correre felice da Soma.
-ciao piccola!- la salutò sorridendo e accogliendo le manifestazioni d'affetto della bimba quando si porse per abbracciarlo e subito avvertì una calorosa felicità e un senso di nostalgia quando rispose con dolcezza all'abbraccio.
Era dal giorno dell'acquario che non si vedevano e il tenero sorriso di Marika gli era mancato.
Non si soffermò a pensare al motivo per cui si sentiva così, ormai era diventata una reazione spontanea quando stava con Marika, quindi lo ritenne normale. -vedo che ti stai divertendo!- poi le disse.
Nel frattempo, anche la sua mora amichetta si era avvicinata a loro e lo stava scrutando curiosa perché non l'aveva giustamente mai visto attorno a Marika. -già!- confermò lei radiosa.
Guardò la sua amica e li presentò:
-Karin-chan.. lui è Soma oniichan!-
-ciao oniichan..- lo salutò lei timidamente, nascondendosi dietro Marika.
-piacere Karin-chan!- le sorrise lui, facendola vergognare ancora di più.
-chi sei?- domandò sottovoce, insicura, ancora nascosta dietro Marika.


 
****


-sono un collega della mamma di Marika.- rispose Soma, tranquillo.
-..e il mio eroe delle favole!- aggiunse Marika, sorridendogli candidamente.
Lui si grattò la nuca divertito. -più o meno.- concordò.
-Marika-chan!- esclamò Karin, uscendo allo scoperto. -allora è lui?-
-sì.- annuì Marika radiosa. -te l'ho detto l'altra volta quando sono venuta a casa tua e ti ho mostrato il mio libro preferito.-
-Marika.. avevi già parlato di me a Karin?- chiese sorpreso.
Lei sorrise armoniosa. -certo!-
Rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Megumi era senza parole, perplessa e interessata a sapere chi erano quelle due bambine e perché la bambina che si chiamava Marika appariva tanto attaccata a Soma e non sembrava avere problemi di timidezza con lui.
La osservò meglio: aveva all'incirca sei anni, era bellissima quasi da sembrare un vivace angioletto con quei riccioli biondi e lo sguardo innocente e solare, ma ciò che la colpì di più era il colore dei suoi occhi che, oltre ad essere luminosi e grandi, erano identici a quelli di Soma. Chi era questa bambina? Perché sembrava tanto affezionata a Soma?
Mentre rifletteva si ricordò della discussione avuta con lui qualche giorno fa e di quello che lui gli aveva detto di Nakiri: aveva accennato che aveva una figlia. Che fosse proprio Marika la bambina di Nakiri?
La risposta era ovvia. Quella bambina si chiamava Marika Nakiri e non poteva essere altrimenti perché erano molto simili. Era strano, però, il legame che sembravano aver intessuto la bambina e Soma: c'era simpatia, affetto, dolcezza, protezione negli occhi del secondo e affinità, affetto, ammirazione, confidenza negli occhi della prima.
Sembravano davvero padre e figlia, lei aveva anche il suo stesso colore degli occhi.
Spalancò le iridi e scosse la testa scioccata di fronte a quell'assurdo pensiero. Non poteva essere.
Era impossibile che Marika fosse figlia di Soma. Da quello che sapeva tra lui e Nakiri non c'era stato niente oltre al rapporto professionale e forse un'inconfessata attrazione che non era mai stata soddisfatta.
Doveva essere impazzita per fare una supposizione simile.
No, il problema era che dopo quello che era successo tra loro aveva perso la fiducia in Soma e questo non poteva cambiare anche se avevano chiarito le incomprensioni. Per cui metteva in dubbio, inconsciamente, qualsiasi cosa riguardasse la vita del suo compagno. Era diventato un problema non indifferente nella sua relazione con lui. Faceva male.
Era per caso paranoica?
Comunque, doveva riprendersi in fretta e per farlo afferrò la mano di Soma che strinse la sua di conseguenza.
Stava per chiedergli conferma su chi era Marika, quando fu quest'ultima a farle la stessa domanda:
-oneechan.. chi sei?-
Soma fissò la bambina e rispose:
-lei è una persona molto vicina a me.- la presentò. -si chiama Megumi.-
-piacere oneechan.. io sono Marika.- le sorrise.
Allora Megumi avvicinò lentamente la mano e gliela strinse:
-piacere mio, piccola.-
Sentì Soma raccogliere un sospiro sollevato.
Anche lei, dopo aver visto la tenerezza con cui Marika le si era rivolta, si rilassò un po' e istintivamente le sorrise.
Si presentò anche a Karin.

 

****


Era più tranquillo ora che sembrava che Marika non avesse problemi con Megumi, benché era sicuro che quest'ultima avesse capito che la bambina era la figlia di Nakiri. Però, ad un tratto, Marika se ne uscì con una domanda:
-Soma oniichan.. sei vicino a Megumi oneechan come anche mamma e Rokuro oniichan sono vicini?- avvertì subito un moto di fastidio di fronte alla curiosità di Marika perché già era geloso di Nakiri e Suzuki.
-sì, è così, Marika.- dovette rispondere adottando un sorriso di circostanza.
La bambina si fece improvvisamente silenziosa, ma quella tesa conversazione fu interrotta dall'arrivo di Alice:
-buona sera a voi!- carezzò con affetto le zazzere delle due bambine e quel gesto riuscì a distogliere loro l'attenzione da lui e Megumi. Poi aggiunse sorridendo pacata:
-bambine.. perché non andate a vedere i nuovi stuzzichini arrivati?-
Lui le fu grato per averlo tolto da una situazione complessa.
-certo zia!- ubbidì subito, Marika, stringendo la mano di Karin:
-andiamo Karin-chan?-
L'altra bambina annuì docile.
Marika rivolse l'ultimo simpatizzante sorriso verso di lui, scuotendo la mano energica:
-ci vediamo dopo, Soma oniichan!-
Guardò anche Megumi e la salutò educatamente.
-certo! A dopo, Marika.- rispose lui, accarezzandogli la testa premuroso.
Megumi, intanto, portò gli occhi su Alice:
-buon compleanno, Nakiri-san.- le augurò cordiale.
-grazie Todokoro.- sorrise lei, falsamente servizievole. -Erina mi ha detto di recente che la “fantomatica” ragazza di Yukihira-kun eri tu. È un piacere rivedersi dopo anni. Non sei cambiata molto.-
-già, anche per me lo è. Soma-kun mi ha detto che te e Kurokiba siete sposati.
A dir la verità anch'io ho saputo da poco che siete colleghi.-
Alice lanciò un'occhiata sospetta verso Yukihira:
-davvero?? ma pensa un po'!- esclamò sarcastica e adocchiò subito l'espressione agitata di Megumi davanti a quell'allusione. Lui si fece nervoso e cercò di rimediare l'atmosfera cambiando discorso:
-buon compleanno, Alice.-
-non avete nessun regalo per me?- ironizzò fintamente avida.
-il regalo è unico: ogni collega ha messo una parte di soldi.-
-lo immaginavo.. era solo per prendervi un po' in giro.-
-neanche tu sei cambiata Nakiri-san.- constatò Megumi, sorridendo.
Lei ridacchiò maliziosa. -lo prenderò come un complimento!-
Passò un attimo di silenzio e fu lui ad interromperlo:
-Megumi.. che ne dici se andiamo a salutare anche gli altri? È un po' che non li vedi, giusto?- propose lui.
Alice annuì e li fece strada verso gli altri.

 

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Gli ospiti erano tutti arrivati e la festa era entrata nel vivo già da un paio d'ore.
Da lontano, Erina, nonostante Rokuro non l'avesse lasciata un attimo da sola perché da quando avevano discusso si era fatto addirittura più morboso, aveva osservato tutto l'arrivo di Todokoro e Yukihira seguendo di sfuggita l'interazione tra i due, sempre attaccati perché lei non sembrava sentirsi a suo agio in ambienti altolocati e tanto eleganti. Aveva analizzato la conversazione tra Marika e Yukihira che, come al solito, si era rivelata assai significativa e profonda, amorosa e ricca d'affettività, condita da sorrisi sinceri e adoranti da ambedue le parti, che l'avevano portata a preoccuparsi ulteriormente del suo segreto. Infine, come se non bastasse, aveva visto il momento in cui Alice era andata a “salvare” la situazione e allo stesso tempo a peggiorarla con la sua eccentrica personalità, creando zizzania tra Yukihira e Todokoro.
In effetti.. era da sua cugina esagerare nel giocare con gli equivoci, solo per un sano divertimento personale, sadicamente, e in qualche modo_forse_ cercandole di farle un favore con Yukihira, a lei non gradito.
Mentre guardava si era soffermata, soprattutto, a studiare i comportamenti che Megumi e Yukihira avevano l'uno con l'altra ritrovandosi gelosa del loro potersi toccare, sfiorare, parlarsi senza doversi preoccupare delle ripercussioni; cosa che lei, per tanti motivi, non poteva fare. In particolare perché si ostinava a far funzionare il suo rapporto con Rokuro, che già di suo stava vacillando per colpa degli ambigui sentimenti provati per Yukihira, ma in special modo perché era invidiosa di come si presentasse graziosa e delicata Todokoro e costretta a dover ammettere che si era fatta più carina nel corso degli anni. Il fisico minuto e il volto delizioso, uniti alle sue timide movenze, erano indubbiamente il pezzo forte del suo fascino e di fatto era infastidita di vederla così vicina a Yukihira desiderando, con disappunto, di voler essere al suo posto.
In egual modo doveva fare attenzione che Rokuro non si accorgesse della sua confusione mentale e non era facile perché, dopo la discussione, sembrava controllarla di più rispetto a prima. Fortunatamente, per ora, gli aveva nascosto piuttosto bene le sue preoccupazioni e, se guardava Yukihira, cercava di farlo con la migliore discrezione possibile.
Ascoltava quello che Rokuro diceva con attenzione essenziale, cercando di fornirgli risposte scontate e che gli dessero una soddisfazione immediata. Effettivamente, quell'atteggiamento, era irrispettoso nei suoi confronti.
Non lo riteneva, comunque, del tutto errato se pensava che per gran parte della festa Rokuro si era fatto soffocante ed era sicura che la spiegazione al suo atteggiamento maniacale era la presenza di Yukihira nello stesso luogo e, se avesse continuato a stargli così appiccicato, presto glielo avrebbe fatto notare finendo per litigarci ancora.
Dunque, avvertì un'istantanea sensazione liberatoria quando lui annunciò:
-vado a prenderti da bere, che ne dici?-
-grazie!- gli sorrise. Pensò che era il momento di allontanarsi fingendo di intrattenere altre conversazioni con i colleghi, ma non fece in tempo a farlo che Rokuro era già tornato con un bicchiere di spremuta d'arancia.
-ecco a te!- lei afferrò il bicchiere e iniziò a bere un sorso.
-tu cosa hai preso?- gli domandò.
-oh! Un bicchiere di vino bianco. Vuoi assaggiare?-
-no, grazie, sto bene con la spremuta.-
Rokuro appoggiò il gomito sul tavolo dove erano seduti e portò gli occhi su Yukihira e Todokoro, agitandola, preparatosi a ricevere l'ennesima accusa di adulterio. Per suo sommo sollievo non successe:
-davvero deliziosa la compagna di Yukihira-kun, non credi?-
L'irritazione la accolse lo stesso di fronte all'ennesima frecciatina.
-già.- decretò lei piatta. -dove vuoi arrivare, Rokuro? Non l'hai detta a caso.-
-ti assicuro che nella mia considerazione non c'era alcun doppio fine, Erina.- puntualizzò secco. -non ho intenzione di ripetere quello che è successo tra noi l'altra volta, perché sappiamo benissimo entrambi come finirebbe.-
-spero che pensi davvero ciò che hai dichiarato.- replicò lei.
-lo penso davvero.-
Lei lo fissò con decisione:
-allora perché mi sei stato attaccato tutta la sera? Non hai parlato con nessuno dei colleghi con cui ti trovi meglio, preferendo la mia compagnia tutto il tempo. Mi sento controllata, Rokuro, e ti assicuro che è fastidioso.-
Lui si sentì offeso da tali parole e gelido ribatté:
-ho solo pensato che ti facesse piacere la mia compagnia, Erina.-
Lei sospirò esasperata:
-non fraintendere.- esordì rapida. -non ho detto che non mi piace la tua compagnia, ti ho solo fatto notare che oggi sembri irrequieto e come se sentissi il bisogno di starmi più vicino, quando di solito parli con tutti e entrambi abbiamo sempre avuto i nostri spazi. È diverso stasera.-
-forse hai ragione, Erina, sono irrequieto.- ammise schietto. -so che abbiamo chiarito la discussione che abbiamo avuto, ma come hai ben capito la presenza di Yukihira-kun mi rende nervoso e mi infastidisce.-
-dovrai imparare a conviverci con questo fastidio perché lui è un nostro collega e non possiamo farci niente.- rispose duramente, lei. -ti ripeto che le tue paure sono infondate.- aggiunse mentendo ancora e sentendosi in colpa.
Lui si aprì in una smorfia irritata. -quindi, cosa vuoi che faccia?-
-parti con il lasciarmi lo spazio che mi lasci di solito in tali occasioni.- cominciò asserendo perentoria. -per colpa tua non ho parlato neanche un po' con Hisako o Alice e lei è anche la festeggiata. Ti pare corretto?-
Rokuro finalmente si fece comprensivo e probabilmente rassicurato dal fatto che le sue intenzioni di staccarsi da lui non sembravano contemplare l'idea di una sua futura conversazione con Yukihira_ed era ciò che il suo compagno temeva di più_dato che aveva parlato unicamente di Hisako e Alice. Così, per convincerlo ulteriormente, sostenne ancora:
-sappi che, se non c'è fiducia nel rapporto, non si va da nessuna parte.-
Si sentiva un'ipocrita a dire moralità simili visto che, se Rokuro avesse saputo quello che c'era nella sua testa, la verità identità di Marika in primis e ancora.. i pensieri poco casti che si faceva su Yukihira, l'adulterio mentale continuo, i ricordi passati e costanti di quella notte, le menzogne che gli aveva detto per far andare avanti la loro relazione.. e soprattutto ciò che era successo qualche giorno fa tra lei e Yukihira, la poca fiducia in lei che già gli era rimasta sarebbe crollata nel giro di un secondo e i valori che tanto ostentava per avere un miglior rapporto con lui sarebbero apparsi solamente come buone parole, nonché lei come la persona più bugiarda e falsa tra i due.
-sbaglio o i tuoi amici/colleghi, hanno cercato un approccio con te per tutta la sera?
Dovresti parlarci anche solo per accontentarli vista la loro disponibilità.-
-ora che mi ci fai pensare, dovevo chiedere un favore anche ad uno di loro.- rifletté attentamente.
-vado a farlo. Sei contenta adesso?-
-grazie di aver capito. Ci vediamo più tardi.-
Quando si fu allontanato, si lasciò andare ad un sospiro sollevato.
Come aveva detto a Rokuro, decise di andare a parlare con Alice e mentre si dirigeva verso sua cugina notò con sorpresa Hisako e Todokoro parlare animatamente. Era la prima volta che vedeva quest'ultima lontano da Yukihira, di conseguenza aveva perso di vista anche lui e nel salone non sembrava esserci più. Cercò di pensarci il meno possibile e si impose di andare a fare conversazione con Alice, almeno Rokuro sarebbe stato tranquillo. Non voleva discuterci ancora.
Il loro rapporto ultimamente non era più complementare, si era fatto fortemente contrastante e non era piacevole.

 

****


Si era portato sul principesco balcone della villa, improvvisamente bisognoso di prendere una boccata d'aria e di fumare una sigaretta in santa pace, lontano dal chiacchiericcio da sala e dalla tensione che avvertiva nel far fronte a quella pesante e stressante situazione tra lui e Megumi, Suzuki ed Erina. Megumi non si era separata un attimo da lui perché non sembrava sentirsi a suo agio in ambienti tanto prestigiosi, non che lui si sentisse meglio ma sicuramente appariva più abituato di lei. Anche Suzuki, come aveva notato, con sua disapprovazione non si era allontanato un attimo da Nakiri privandolo di avere qualsiasi contatto con lei e da una parte era stato meglio vista la presenza di Megumi e la sua intenzione di non farla più soffrire, dall'altra era frustrante vederli sempre accollati e intenti in qualche sdolcinata effusione. Sembrava che solo lui sentisse la tensione e questo era mortificante se si chiedeva come in realtà Nakiri la pensasse in proposito e, se ci riflettiva, ai suoi occhi risultava spensierata. Di certo era brava a nascondere le sue emozioni, gliene doveva dare merito. Soffiò fuori l'ennesima nuvoletta di fumo osservandola passivo espandersi in una condensa grigiastra e lentamente dissolversi nell'aria, in una visione quasi ipnotica da quanto era immerso nei suoi pensieri e sentì il nervosismo acuirsi pian piano. Aveva colto l'occasione per stare un po' da solo quando aveva visto Megumi adeguarsi all'atmosfera e agli invitati iniziando a parlare di ricordi passati con Hisako, sicuramente la più amichevole e socievole tra le ragazze, visto che sia Nakiri che Alice erano complesse e avevano un caratterino piuttosto peperino e indomabile, non adatto alla semplicità di Megumi. O meglio.. se non fosse successo quello che era successo tra lui e Nakiri, forse Megumi sarebbe andata d'accordo anche con lei, solo che ormai la frittata era fatta e la rivalità tra le due per colpa sua era scoppiata e di certo da adesso in poi Megumi avrebbe guardato Nakiri con una vena sospettosa.
Caratterialmente Megumi era una persona tranquilla e modesta, ma questo non voleva dire che fosse ingenua o codarda, dato che aveva mostrato varie volte un coraggio nascosto_anche se lo metteva in mostra in rare situazioni_.
Comunque, era felice che si fosse di nuovo aperta con i suoi vecchi compagni di scuola e lui aveva deciso di lasciarla da sola pensando che fosse la cosa migliore, visto che era teso e sarebbe stato inutile.
Alzò gli occhi verso il cielo, ammirando il luccichio delle stelle di quella notte e fu a quel punto che la loro luminosità lo portò a ricordare ancora quella notte con Nakiri, come un tormento..

Lei lo fissò dritto negli occhi e lui si specchiò in quelli suoi.
Lo sguardo di Nakiri era languido mentre gli trasmetteva attraverso esso ciò che fare l'amore con lui le aveva scatenato. Le loro gambe erano vicinissime e si strusciavano a vicenda in una piacevole e preziosa carezza.
Entrambi erano confusi ed incerti sui loro sentimenti perché le emozioni potevano benissimo essere state amplificate dalla sbronza, e anche in quel momento in cui il loro guardarsi aveva più valore di qualsiasi altra parola poteva essere frutto dell'alcol assunto, ma a lui non importava, voleva solo godersi l'attimo e cicatrizzarlo come l'immagine dei suoi stessi occhi perché quella notte brillavano solo per lui e come due stelle incantevoli. Lo esploravano con curiosa attenzione, lucidamente si chiedevano cos'era stata quella notte e allo stesso tempo sembravano avere paura della risposta. Irrazionalmente, invece, neanche Nakiri sembrava volersi soffermare sui dubbi, su ciò che aveva provato e ne ebbe la prova quando avvicinò le labbra alle sue alla ricerca di un altro contatto ravvicinato e desiderato:
-Yukihira..- sussurrò -..perché siamo finiti a letto insieme?-
Lui d'istinto, voglioso di sfiorarla, avvicinò la mano verso la guancia e gliela accarezzò con dolcezza.
-non lo so, Nakiri. Volevamo farlo, forse?-

Aveva detto esattamente quello che pensava ed era la verità, perché se era successo era perché lo volevano.
Si parlavano a vanvera, ma più che parlare biascicavano parole che avevano_nonostante fossero brilli_una sincerità di fondo. Rappresentavano un desiderio sopito per anni ed esploso nel momento più impensabile e assurdo, eppure tangibile e rivelatore, o almeno era quella la sensazione che ebbe in quell'istante e non voleva dimenticarla.
Sperava di ricordarla anche la mattina seguente.

Non smise per un attimo di guardare gli occhi di Nakiri e neanche spostò la mano dalla sua guancia, finché le palpebre di lei non si chiusero lentamente e, nel “limbo” del dormiveglia, farfugliò:
-non doveva succedere..-
Ci mise più tempo di lei ad addormentarsi e la guardò dormire accucciata accanto lui, ascoltando il suo respiro regolare capace di rilassarlo a sua volta, spontaneamente le carezzò con il dito medio la pelle delicata della sua guancia e salì in un movimento cauto e cullante verso la sua fronte per spostare con cura i ciuffi che gliela coprivano: un leggero tatto accompagnato da un abbozzato sorriso.
-non voglio che tu dimentichi ciò che è successo, Nakiri..- commentò fra sé e sé, guardandola e stupendosi della razionalità di quelle parole_visto quanto si sentiva ancora sotto alcolici_e specialmente dell'intensità del desiderio pronunciato. -e soprattutto..- riprese ancora -..nemmeno io voglio dimenticare quello che è successo.-

Anche se la possibilità di ritrovarsi con ricordi vaghi, data la sbronza, era sicuramente la più probabile sperava comunque di ricordare le sensazioni provate quella notte con lei.
Sebbene alternasse momenti di passività ad altri di estrema chiarezza, sentiva che le parole che gli erano uscite di bocca erano sincere e fortemente dettate dalla sua volontà..


Esattamente. Le stelle quella sera brillavano come gli occhi di Erina quella notte.
Aveva desiderato non dimenticare ciò che era successo tra loro e la sua speranza in qualche modo era stata accontentata, peccato non si immaginasse avrebbe patito a tal punto nel ricordarne i dettagli. Non era pentito di aver sperato di non dimenticarne le sensazioni, ma di certo non si aspettava che il ricordo diventasse tanto doloroso.
-Yukihira..- la lieve voce di Nakiri raggiunse le sue orecchie in una carezzevole e nostalgica melodia proveniente alle sue spalle. A sua volta si girò per rendersi conto che lei era proprio davanti a lui:
-Nakiri..- disse solo, retorico. Lei sbuffò ed esausta rispose:
-credimi, non pensavo di trovarti proprio sul balcone. Speravo di poter stare da sola, ma sembra che il destino trovi gusto nel farci incontrare nei momenti meno opportuni. Non credi che sia meschino?-
Portò gli occhi avanti, lontano dal suo sguardo, affiancandosi a lui e appoggiando le mani sulla ringhiera.
Lui seguì papalmente ogni sua mossa, osservandola piegare la schiena in un gesto involontariamente sensuale, per mettersi in una posizione più comoda sulla ringhiera. -il tuo turno sul balcone è finito, Yukihira, vattene dentro.-
Lui ridacchiò divertito da tali parole e stette al suo gioco:
-mi dispiace, Nakiri, ma c'ero prima io.-
Lei lo fissò contrariata:
-sai di tabacco da far paura.- sbottò aspra. -quante sigarette hai fumato?-
Lui si grattò la nuca, a disagio. -almeno un paio nel giro di mezz'ora.-
-ti fa male.- lo rimproverò severa. Poi, ad un tratto, d'impulso aggiunse:
-anche quelle notte sapevi di quell'odore..-
Aveva ricordato un dettaglio di quella notte proprio parlando con lui e non sembrava averlo fatto con esplicita intenzione, era stato spontaneo e assolutamente non necessario ai fini della conversazione. Si stupì di sentire quanto fosse insignificante come dettaglio, rispetto ad altri, eppure era incredibile che si ricordasse un particolare del genere.
Dal suo punto di vista era significativo perché Nakiri sembrava ricordare precisamente ogni evento di quella notte come faceva anche lui. -Yukihira!- in seguito esplose, arrossendo. -non fare caso a ciò che ho detto!-
Era tornata a pensare con razionalità e lui trovò ironica la sua reazione.
-sai che non puoi farmi una richiesta simile, vero?- la stuzzicò infatti.
-non farci caso e basta!- ribadì ancora, innervosita.
-oltre a sapere di fumo, di cosa sapevo?-
Lei lo fulminò minatoria. -finiamola!-
Lui la osservò ancora, considerando ogni minima piccolezza di quella sera: dai lineamenti del suo volto, alla posizione in cui si trovava, allo stile vestiario, a come si sentiva ad averla finalmente accanto dopo tre ore senza interagirci e le sensazioni furono numerose ed ugualmente potenti: era irresistibile. Perché erano finiti sullo stesso balcone?
Era la sua rovina quella situazione e lui lo sapeva benissimo, soprattutto ora che l'ennesimo ricordo della notte d'amore con lei era sopraggiunto. -sai Nakiri..- cominciò appunto, consapevole di starsi inoltrando in un “territorio proibito” e dettato unicamente dall'impulsività che lo assaliva quando era con lei:
-..stasera anche tu sei affascinante quanto lo eri quella notte.-
La vide imbarazzarsi, colta dall'imprevedibile complimento, che la portò a distogliere lo sguardo da lui e a cercare goffamente di correre ai ripari. -perché hai detto una frase simile?- protestò tesa e agitata, frustrata. -lo sapevo che dovevo andarmene dal balcone, perché a quanto pare nessuno dei due riesce a rispettare ciò che ci siamo prefissati.-
Si voltò dandogli le spalle e un'altra volta lui la fermò per il polso:
-perché ti sei inclusa anche tu nella considerazione?-
-dovresti proprio finirla di fermarmi in maniera tanto brusca, Yukihira.-
Scrollò il polso dalla sua salda presa e se lo massaggiò:
-lo sai perché, Yukihira.- affermò seccamente.
-finiscila di cercare delle risposte da me perché non voglio dartele. Non voglio alcun tipo di rapporto.-
-se non vuoi darmele, allora trattieniti anche tu.- replicò lui. -sostieni di avere più controllo di me quando siamo insieme, ma effettivamente ogni volta ti contraddici da sola. E non dirmi che non è così.-
-questo perché tu, purtroppo, con il tuo fastidioso modo di fare sei persuasivo.- ribatté accusatoria.
-non è questo il motivo, Nakiri.- insisté lui:
-reagisci in una determinato modo alle mie attenzioni perché tra noi non è affatto finita.-
-il problema, Yukihira, è che non è nemmeno cominciata e non ho intenzione di farla iniziare adesso!-
Lo fissò gelida. -spero ti sia chiaro.-
-ah sì? Io invece credo che era cominciata già prima di quella notte, solamente che noi non l'avevamo capito pienamente.-
-questa è solo una tua opinione. Un tuo convincimento.- borbottò titubante. -da parte mia non è così.- precisò in seguito, diretta. Ci fu un attimo di silenzio nel quale tra i due non ci furono più parole.
Fu lui ad interromperlo portandosi una mano tra i ciuffi, esasperato:
-cosa stiamo facendo, Nakiri? Che tipo di conversazione è questa?-
-una conversazione che non doveva iniziare, Yukihira.- decretò lei:
-sei tu ad averla cominciata con il tuo solito modo di fare; con la sua sincerità e la tua schiettezza, esattamente le caratteristiche che mi mettono più in difficoltà.- seguì ancora. -dobbiamo smetterla.-
-non lo faremo. Lo sai questo, Nakiri?- continuò lui incisivo. -non lo faremo perché, che lo vogliamo o no, c'è qualcosa tra noi. E sai perché c'è? Perché ogni volta che stiamo insieme ogni nostro scambio di parole è capace di mettere in discussione tutto ciò che di più caro abbiamo adesso.-
-e allora, Yukihira, visto che sei tanto saggio e realista, cosa proponi di fare?-
Ovviamente la frase le era uscita provocatoria.

 

****


-non lo so, Nakiri.- rispose lui:
-non finché continuiamo ad essere indecisi su cosa vogliamo veramente l'uno dall'altra. Non finché siamo impegnati.-
Sapeva che Yukihira aveva ragione, ma non voleva dargli una soddisfazione simile perché era consapevole che, se avesse risposto con sincerità, avrebbe compromesso nuovamente la sua relazione con Rokuro. In fondo era inutile che accusasse Yukihira di avere un scarso autocontrollo quando si trattava di parlarci perché lei stessa ce l'aveva e la frase che gli era uscita sul fumo ricollegandolo a quella notte ne era la prova inconfutabile. In realtà, inoltre, sebbene il fumo facesse male davvero, ogni volta che vedeva Yukihira fumare pensava al profumo che aveva la notte in cui avevano fatto l'amore e finiva per far andare per la sua strada la mente. Era sexy quando fumava, tra l'altro, ma in effetti a lei faceva sempre quell'impressione e, per quanto si ostinasse a nascondere le sue emozioni_con poco successo_finiva comunque per apprezzarlo in tutti i sensi possibili ed era deprimente e poco ortodosso. Era più che ovvio che, quando si trovava da sola con lui, le emozioni erano amplificate e finiva per gradire, purtroppo, follemente la sua presenza.
Che lo negasse o meno, stava bene con Yukihira: era agitata sì, vista la quantità di sensazioni sconosciute, però nello stesso tempo si sentiva anche a suo agio. Non analizzata. Non giudicata. Guardata solamente per la persona che era e non per il suo grado di appartenenza sociale o per il palato sopraffino di cui era dotata, o ancora.. per le infinite capacità che aveva. Solamente lei come persona a se stante. Nella sua individualità.
Quella sensazione di accettazione e completezza totale l'aveva sentita anche quella notte, nonostante la sbronza, e la sentiva ogni attimo che condivideva con Yukihira. L'attrazione per lui non svaniva, in quei casi, anzi.. raddoppiava facendosi sempre più intensa e incontrollabile. Quella sera non era da meno. Inutile dire come era rimasta incantata dal suo corpo, dal suo volto, da come gli abiti che indossava calzassero febbrilmente sui suoi fisici contorni.
Nelle sue virili forme, nella suo fascino selvaggio quanto attraente e sfizioso, per non parlare della magnetica immagine di Yukihira che si portava il filtro della sigaretta verso le labbra ispirando la nicotina con pacatezza, in un gesto impersonale che apparteneva solo a lui, ma che lei trovava affascinante come il ricordo di quelle stesse labbra che sapevo di un misto di frutta, alcol e tabacco che l'avevano vezzeggiata con ricercata passione quella notte e pochi giorni fa. Frena Erina. Si impose ancora, stava vagando un'altra volta su “sentieri pericolosi” e non poteva permetterselo dato che doveva mostrarsi autonoma e decisa davanti alle fragilità che le scatenava Yukihira con un semplice tocco capace di destabilizzarla.
E allora mentì ancora, ermetica:
-io non sono indecisa, non mettermi in bocca parole che non ho detto.-
Lui sospirò ancora, senza speranza:
-lo sai che sei davvero testarda, Nakiri?-
-lo sai che questo vuol dire accusare, Yukihira? Non sto mentendo.-
-è vero che sei brava a nascondere le tue emozioni e ciò che pensi e francamente è una parte di te che ho sempre trovato intrigante fin dai tempi delle superiori, ma non abbastanza per me. 
Te l'ho detto che ti osservo sempre.- sorrise ilare. -..e ho imparato a capire un po' come ragioni.-
-non ti sembra di essere un tantino presuntuoso?-
Il sorriso che le aveva rivolto l'aveva letteralmente sciolta, ma doveva fare in modo di dimenticarlo se non voleva cascare nuovamente nella “trappola” dell'irrazionalità mentre lo affrontava fieramente.
Lui scoppiò a ridere allegro. -lo sai che un po' lo sono, Nakiri.-
-e dovresti anche smetterla di farmi complimenti nella speranza che ti assecondi nel tuo continuo flirtare con me.-
-anche tu lo fai Nakiri.- la punzecchiò lui, allusivo. Si scambiarono un'occhiata che lei poté definire solamente “passionale” e “desiderosa”, incapaci entrambi di trattenerla, immersi in una seduzione tacita e reciproca che durò qualche secondo indefinito. -certe frasi dovresti dirle a Todokoro Megumi.-
Silenzio che fu interrotto da lei con l'asserzione meno adeguata al momento, visto che era stata pronunciata con una punta di fastidio che nemmeno a Yukihira sfuggì, portandola a maledirsi per la lingua tagliente che si ritrovava.
La risposta di Yukihira la spiazzò:
-non puoi dire qualcosa che non pensi fino in fondo, giusto?-
-mi stai dicendo che non credi che Todokoro sia intrigante?-
-non ho detto proprio questo.- obiettò lui tranquillo. -penso solo che tu lo sia di più perché sei molto più complessa di Megumi. Questo non vuol dire che attribuisca a Megumi una mancanza di fascino, altrimenti non ci sarei stato insieme per quattro anni, solamente che possedete caratteristiche diverse e le tue saltano più all'occhio. Come ben sai, eri popolare e molto ammirata alle superiori.- ridacchiò divertito, ricordando i momenti in cui Nakiri attraversava i corridoi della Tootsuki attirando gli occhi addosso, i suoi compresi, con il suo regale spiccare. Soprattutto i suoi di occhi. Si corresse sorridendo vivace. -penso che sia una cosa orrida da pensare della tua ragazza.-
-può darsi, in effetti.- concordò lui, enigmatico. -anzi.. sicuramente è così.-
Adocchiò un'espressione dispiaciuta nel volto di Yukihira.


 
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Lui era più che consapevole che la sua attrazione per Megumi era carente, o almeno.. non forte quanto doveva essere e questo lo faceva sentire in colpa. Era raro cogliere espressioni tanto addolorate nei suoi occhi e lei decise di rispettare il suo silenzio. Trascorse qualche minuto prima che lui riprendesse a parlare e a “sparare” commenti privi di tatto:
-ho notato che hai chiarito con Suzuki-san.- difatti disse. -sono contento.-
Lei si irritò di fronte a quell'esplicita menzogna:
-non dire cose che non pensi, Yukihira.-
-a quanto pare faccio davvero schifo a mentire, eh?- ironizzò con amarezza.
-infatti fai schifo.- rincasò lei. Yukihira ridacchiò:
-comunque..- riprese -..da una parte ho mentito, dall'altra no: sono sollevato di non vederti più ridotta come qualche giorno fa. Sai Nakiri.. non mi interessa come stia Suzuki-san e nemmeno cosa abbia in mente, ma se si tratta di te preferirei non doverti più veder stare così male.-
Lei avvampò davanti a quella frase tanto dolce quanto protettiva:
-come al solito, Yukihira, sei talmente diretto da scioccarmi.- farfugliò impacciata. Lui la fissò negli occhi, portò lentamente una mano sulla sua guancia strappandole un'espressione sbigottita e le fiatò vicino alle labbra:
-lo prenderò come un complimento, Nakiri.- detto questo, salì dal viso verso i ciuffi biondi, giocando distrattamente con il suo ricciolo a lato dell'orecchio, per poi lasciarle un'ultima carezza sui capelli, tenera, lieve, ipnotizzante, facendole sentire le gambe molli, il corpo leggero come una piuma e vulnerabile come un uccellino appena uscito dal nido. Vergognosa.
-grazie per la conversazione.- in seguito aggiunse, facendo calare la mano che aveva giocato con il suo ciuffo.
-sono contento di esserti riuscito a parlare.-
Il colpo finale glielo inflisse con il sorriso più meraviglioso della serata, unicamente rivolto a lei.
Rimase bloccata, in piedi sul balcone, finché Yukihira non scomparve dalla sua vista lasciandola con il fiato sospeso.
Riuscì a buttare fuori l'aria dalla bocca solo dopo qualche minuto, accompagnata da un sollievo: aveva veramente pensato che di lì a poco l'avrebbe baciata. Da una parte era contenta non fosse successo, non doveva succedere, dall'altra le aveva lasciato l'amaro in bocca e dovette fare fatica ad ammettere, purtroppo sentendosi orribile, che lo aveva un po' sperato e questo non andava bene. Anzi.. era sempre peggio. Nonostante si imponesse controllo e maturità, una gestione delle emozioni che a 27 anni dovevi già avere, con Yukihira faceva un costante sforzo per “mettersi un freno”, soprattutto quando se ne usciva con quegli inaspettati gesti che, seppur innocenti, celavano un desiderio carnale profondo, una sublime passione dal potere di riaccenderle ogni emozione sotterrata dopo quella notte con lui.


****
 

Stava raggiungendo Megumi, che era intenta a prendere da bere al buffet, con ancora l'immagine del volto di Nakiri impresso nella testa. Confuso dalla quantità di sensazioni che aveva provato e come si era sentito ad avere avuto la possibilità di parlare con lei anche quella sera. Avvertiva ancora la mano bruciare, le dita fremere, dopo averla sfiorata un'altra volta ed era fuggito via perché altrimenti la voglia di baciarla sarebbe esplosa vista anche l'atmosfera ideale e i comuni ricordi di quella notte di entrambi. Per la prima volta avevano, sebbene negando a vicenda o non ammettendo pienamente ciò che provavano, guardato solo a quello che li legava. Niente Suzuki. Niente Megumi. Solo loro. Esclusivamente loro. Almeno per gran parte della discussione avuta. Più la guardava, più voleva baciarla e capire cosa li legava. Perché qualcosa ancora c'era e sarebbe stato inutile continuare a negarlo poiché, più lo negava, più questi misterioso legame e la potenza delle emozioni ristagnavano dentro di lui, chiedendo di essere esternati e soddisfatti.
Voleva davvero capire cosa provava per Nakiri, indipendentemente da Megumi.
Se lo avesse capito, sarebbe stato anche capace di prendere una scelta definitiva e in qualsiasi caso avrebbe messo fine ai dubbi che Megumi aveva. In positivo o in negativo, per ambedue.
Voleva fare chiarezza e per farlo aveva bisogno di tempo, di più risposte.
Tra l'altro non riusciva a credere che di nuovo era riuscito a mantenere un controllo decente con Nakiri, benché l'enorme fatica visto quanto la bramosia di baciarla fosse pressante, e invece ce l'aveva fatta.
Tuttavia, sapeva che prima o poi_se non faceva qualcosa_avrebbe finito per commettere la stessa pazzia che aveva rischiato qualche giorno fa e tale possibilità non era da sottovalutare, poiché i sentimenti per Nakiri si facevano sempre più chiari e crescenti ogni giorno di più. Ogni più piccolo momento trascorso con lei.
Era arrivato da Megumi e lui lo salutò con dolcezza.
Tentò di bloccare la mente e rispose all'affettuoso sorriso della sua ragazza, cercando di non farle capire quanto era teso e preoccupato per quello che stava ribollendo dentro di lui.



****


Il party era quasi arrivato al termine e Hisako aveva parlato con tutti e si era stupita anche della lunga conversazione avuta con Megumi, che era dai tempi dell'università che non vedeva. Non era sembrata molto a suo agio in mezzo a tutte quelle persone d'alta classe, ma alla fine avevano parlato in modo tranquillo e aveva notato che si era rilassata un po'.
Nel corso della serata, tuttavia, non aveva mai spostato lo sguardo da Hayama, con cui non aveva nemmeno parlato.
Ora che era da sola e molti degli invitati se n'erano andati, la voglia di parlaci si era fatta più esplicita.
Lo adocchiò accerchiato da cameriere professioniste: Alice aveva invitato anche loro.
Sembravano tempestarlo di domande e lui appariva molto infastidito.
Pensò che fosse l'occasione giusta per avvicinarsi e così fece inventandosi una scusa per separarlo da loro:
-Hayama.. sembra che Erina ti voglia parlare e mi ha chiesto di chiamarti.-
Era l'unica giustificazione che le era venuta in mente.
Lui la scrutò come se volesse capire quanta verità ci fosse dietro il suo avviso, ma alla fine la assecondò superandola per andare verso Erina sotto gli occhi seccati delle loro colleghe cameriere.
-era una cavolata, vero?- si arrestò di colpo lui, fissandola con arroganza e una volta allontanati da loro.
-dovresti ringraziarmi di averti tolto da una situazione spiacevole.
Sei insopportabile, ma so anche quanto odi stare al centro dell'attenzione.-
-non ho bisogno del tuo aiuto.- dichiarò lui freddo. -cosa vuoi?-
-non è che tutte le volte che vengo a cercarti voglio qualcosa eh?-
-l'impressione che mi dai è quella.- decretò lui.
-ne ho abbastanza di questa festa e l'aria è diventata soffocante. Vado a fare un giro nel parco della villa.-
Hisako non sapeva come rispondere, avrebbe solo voluto chiedergli se poteva andare con lui, ma le sembrava una richiesta troppo audace. Dunque formulò una frase ambigua, che non dicesse niente di particolare:
-anch'io ho bisogno di una boccata d'aria.-
Lui la fissò perplesso:
-mi stai seguendo per caso?-
-certo che no!- esplose arrossendo. -non ho intenzione di andare dove vai tu.-
-fai come ti pare, tanto resti fastidiosa comunque.- con questo accelerò il passo lasciandola su tutte le furie, così finì per ricorrerlo e fermarlo tirandolo per la camicia bianca quando si ritrovarono nel parco:
-ogni volta mi chiedo dove tu abbia messo la gentilezza!- esclamò rabbiosa.
-perché dovrei essere gentile con qualcuno che non mi interessa?-
La frase era allusiva e cattiva, dolorosa, ed Hisako sapeva benissimo essere riferita a lei.
Tali parole la ferirono, come sempre.
-allora, se non ti importa niente, perché sono l'unica con cui parli a lavoro?-
-perché sei l'unica che mi ronza attorno come una mosca.-
-sei proprio uno stronzo!- sputò lei, in tono sprezzante. -se devo sentirmi paragonare ad una mosca, allora vorrà dire che ti ignorerò come fanno gli altri. Non ha senso sprecare fiato con uno come te.-
-allora non sprecarlo. A me non cambierebbe niente.- rispose atono.
-perché sei così? Davvero non ti importa niente degli altri?-
-no, non ne ho bisogno. Ora puoi anche lasciarmi in pace.-
Lei abbassò gli occhi a terra.
-allora, se le cose stanno così, vorrà dire che farò finta che tu non esista al pari degli altri!- gridò irritata.
Fece per rientrare, ma la voce profonda di Hayama la raggiunse:
-non sei costretta ad andartene se vuoi stare fuori.-
Hisako, di spalle, avvertì un dolce calore invaderla.
Era vero che continuava ad essere considerata da lui come una persona insignificante e priva di interesse, ma almeno rispetto ad altri aveva il piccolo privilegio di potergli parlare senza che lui la respingesse del tutto e questo, seppur piccolo, poteva essere un inizio. -però non rompermi troppo le scatole.- aggiunse brusco, lui, in seguito, incamminandosi verso la fontana. Camminarono per un un po', in silenzio, sotto il cielo stellato.
Lui davanti, lei dietro, ma erano insieme e di questo era contenta.
Si fermarono davanti alla fontana della villa e ad Hisako tornarono in mente i discorsi che di sfuggita aveva udito tra lui e le cameriere, ricordando una domanda che riguardava le caste in India e soprattutto la conversazione avuta con Erina qualche mese fa. Sapeva che, se glielo avesse chiesto, si sarebbe scocciato per l'invadenza, ma era curiosa e finì per interessarsene quasi d'istinto rompendo il silenzio che si era creato tra loro:
-è vero che in India avete ancora i matrimoni combinati?-
Si maledì subito per avergli davvero posto la domanda, in particolare quando vide l'espressione di Hayama farsi cupa:
-non riesci proprio a tenere a freno la lingua, eh!- protestò ostile.
-era solo una domanda!- replicò lei, offesa.
-dove lo hai sentito?-
-qualche volta ho letto articoli simili.- mentì, ancora stizzita dal suo scontroso comportamento.
-non mi sembra di aver chiesto chissà cosa!-
-qualsiasi cosa tu abbia sentito, non mi importa.- esordì lui, scaldandosi:
-non mi interessa cosa vogliono le tradizioni indiane, perché di fatto io sono un cittadino giapponese. Niente mi lega al mio paese d'origine se non le spezie. Non mi importa di nient'altro.- continuò. -non osare più farmi domande simili.-
Dicendole quest'ultima frase, si portò troppo vicino al suo viso. Le loro labbra, i loro occhi, tutto dei loro volti era pericolosamente vicino, tanto che lei non riuscì a trattenere l'imbarazzo scattando lontano da Hayama e inciampando all'indietro prima di rispondergli a dovere. Successe tutto molto in fretta: inciampò all'indietro rischiando di cadere nella fontana e pronta ad infradiciarsi tutta a causa della sua goffaggine, ma lui l'afferrò immediatamente per la schiena evitando di farla cadere e lei finì contro al suo petto, godendosi a pieno quel rapido momento in cui casualmente fu stretta tra le sue braccia. Tutto si aspettava tranne che essere salvata da lui ed Hayama la strinse per qualche secondo che lei trovò in più.
-è per questo che sei fastidiosa.- brontolò poi, allontanandola pian piano dal suo corpo e facendole rimpiangere il contatto.
-allora perché non mi hai lasciato cadere?- lo fissò con aria di sfida.
-la prossima volta lo farò.- ghignò lui. -ho solo ricambiato il favore che mi hai fatto prima con le cameriere.-
-allora sai anche ringraziare qualche volta. Sono quasi sollevata.-
-non era un ringraziamento. Non farti strane idee.- ribatté glaciale. -ci vediamo.-
Detto questo, dandole le spalle, si incamminò verso la porta da dove erano usciti, lasciandola confusa e piena di emozioni.
Lo osservò da dietro: la camicia bianca che aderiva perfettamente al suo corpo e creava un ottimo contrasto con il colore scuro della sua pelle. I capelli legati dietro, argentati, ondeggiavano mentre si adeguavano al suo passo tanto virile quanto presuntuoso. E anche come quei pantaloni beige risaltassero le gambe atletiche. Tutto di lui, seppur insopportabile, era affascinante e lei non poteva farci niente se si sentiva attratta da ambe le parti: la sua complessa e distaccata personalità, e il suo splendido fisico. A lei piaceva purtroppo.



 
****


Hayama sentiva ancora i fianchi di Arato tra i suoi polpastrelli, una sensazione che lo stava in qualche modo confondendo.
Erano tanto magri e morbidi i suoi fianchi? Davvero?
Sembrano così piccoli tra le sue mani, che gli era rimasto la sensazione della loro delicatezza tra di esse, come se fossero qualcosa di prezioso da proteggere. Non l'aveva mai guardata nella sua longilinea figura, o meglio.. la maggior parte delle volte si era soffermato a guardarla in volto perché era la parte di lei che gli saltava più all'occhio quando si affrontavano, parlavano o discutevano. Il volto di Arato aveva dei lineamenti delicati, dolci, ma in qualche modo appariva anche tradizionale e scontato, ma non l'aveva mai trovato inguardabile, anzi.. era l'unica che guardava veramente in faccia, pienamente, quando avevano una conversazione e si era abituato a guardarla dritto negli occhi color cioccolato, grandi ed eloquenti. Fisicamente non si era mai fatto un preciso parere su di lei e per questo la snellezza e la forma della sua vita erano stati una sorpresa, così come il profumo di sciampo alla mandorla che aveva solleticato le sue narici appena il caschetto liscio di Arato aveva sfiorato le sue spalle. Infatti, senza farlo apposta, il contatto con lei era durato più del previsto ed aveva finito per accorgersi di piccolezze alle quali prima non faceva nemmeno caso, essendo costretto ad ammettere a se stesso che toccarla non gli era dispiaciuto: era pur sempre una donna, benché lui non l'avesse mai vista come tale fino ad esso. Però da lì era cambiato qualcosa. L'aveva guardata sotto un altro aspetto: al momento che aveva deciso di interrompere il contatto, i suoi occhi d'impulso erano scesi dal viso lungo tutta la traiettoria del suo corpo e di conseguenza verso l'abbigliamento della serata, trovando addirittura interessante come i trampoli che avevano quasi distrutto la porta del suo ufficio slanciassero il suo sottile fisico e le donassero un tocco speciale, oltre a fornirle uno stile vestiario in qualche modo singolare e positivo, unito a quei pantaloni neri e larghi che calavano eretti, calzando perfetti sulle gambe. Erano accompagnati nelle parte sopra da una camicia incastrata dentro ai pantaloni e infiocchettata di strati uno sopra l'altro sul petto e adornati da una lunga collana in oro bianco larga e lunga. In pochi secondi aveva osservato tutto questo, dando una considerazione diversa ad Hisako e iniziando a vederla come ciò che era: una donna e non solo un soggetto che si divertiva a stuzzicare_anche se questo non sarebbe mai cambiato_.
Tuttavia, sebbene tale considerazione, non voleva dire affatto che la trovasse affascinante, solamente più curiosa di prima. Era stupito dai suoi pensieri e soprattutto perplesso. Dunque, volontariamente, visto che Arato per lui continuava ad essere una persona anonima e banale ai suoi occhi, diede la colpa alla pesantezza della serata per averla vista in modo diverso, rifiutandosi di credere che gli piacesse una ragazza tanto mediocre.
In realtà per lui gran parte delle persone erano mediocri e prive di interesse e lei non non faceva certo la differenza e questo neanche se era l'unica con cui parlava sul posto di lavoro. Non voleva riflettere su ciò che aveva notato quella sera, poiché gli sembrava uno spreco di tempo cominciare ad interessarsi a lei da quel punto di vista. Per come era fatto, al massimo, ci sarebbe andato a letto e basta. Era quello che di solito faceva con le donne, senza coinvolgersi troppo emotivamente.
Non voleva. Lo trovava inutile andare oltre il rapporto carnale.



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Angolo autrice: ecco qua il nuovo cap. Alla fine non vi ho fatto aspettare tanto. Ho visto che il problema di EFP, nonostante ancora l'avviso presente, sembra risolto. Questo cap è parecchio lungo, molto più di quello scorso e spero di non avervi deluso con le scene o non di non avervi annoiato troppo.
Come vi è sembrata la festa? le interazioni tra tutti i PG e le scene Sorina?
Avrete delle scene più frequenti tra Marika e Soma nel prossimo cap. Abbiate pazienza ç___ç.
E dal prossimo cap avrete anche la partenza per Parigi. Ovviamente Megumi ha subito pensato che Marika e Soma sembrassero padre e figlia, ma ha preferito ritenere che fosse impossibile nonostante il forte sospetto.
Risponderò alle vostre recensioni il prima possibile! scusate! >.< intanto, ringrazio tantissimo chi mi recensisce sempre! *-* <3 davvero! siete fantastici! vi dico subito però che, sebbene il problema di EFP sembra risolto, aggiornerò comunque meno frequentemente di come facevo prima perché adesso mi è ricominciato tutto, corsi compresi e ho meno tempo.
Poi dovrò presto iniziare il tirocinio che mi impegnerà quasi tutto il giorno, per cui avrò meno tempo :(
Spero che avrete pazienza e che continuerete a seguirmi e recensirmi comunque! grazie ancora! <3
Fatemi sapere cosa ne pensate! ;D

Un bacione grande a tutti! <3<3 Erina91



 

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Capitolo 9
*** Procedendo verso Parigi ***


Procedendo verso Parigi..
 

Soma sarebbe partito il giorno seguente e Megumi non riusciva a stare tranquilla all'idea che lui sarebbe stato lontano da lei per dieci giorni e a stretto contatto con Nakiri. Non aveva visto interagire lui e Nakiri alla festa di Alice, ma Soma continuava ad avere quell'aria spaesata e distratta quando era con lei e anche la sera del compleanno sembrava che cercasse chiunque tranne lei e questo la feriva, perché sentiva di conseguenza di passare in secondo piano e di sfuggire ai suoi occhi. Anche se lui le aveva detto di non provare niente di particolare per Nakiri, era chiaro non fosse così. Semplicemente non voleva crederci, preferiva continuare ad illudersi piuttosto che accettare di non essere amata da lui e tenerlo accanto finché poteva. Il varco sentimentale tra loro, tuttavia, si allargava sempre di più.
Mentre scorreva nella rubrica dei numeri inseriti tra i “preferiti” alla ricerca del numero di Soma per chiamarlo nella speranza di sentirsi rassicurata dalla sua voce, comparve il nome e il numero di cellulare di Takumi.
Si soffermò distrattamente a guardare i contorni dei numeri che componevano il suo cellulare ed esitante, non seppe nemmeno lei come mai, cliccò sopra il suo numero e invece di chiamare Soma chiamò proprio Takumi.
L'uomo rispose immediatamente:
-Megumi! Pronto!-
-Takumi-kun..- sussurrò, confusa lei stessa di averlo chiamato. -come stai?-
-abbastanza bene, te?-
-anch'io..- rispose mentendo.
Non voleva stancarlo nuovamente con i suoi problemi con Soma, ciononostante l'affettuosa e gentile voce di Takumi la rilassò. -dove sei adesso?- chiese lui.
-sono a casa di Soma-kun.- rispose lei -sto aspettando che torni da lavoro.-
-capisco. So che avete chiarito i malintesi. Come va adesso?-
Calò il silenzio tra loro, Megumi non sapeva cosa rispondere: da una parte avevano chiarito, dall'altra continuava ad esserci qualcosa che non andava nella loro relazione e questo le creava disagio e tristezza.
-abbiamo chiarito, sì.- disse solo, vaga, risultando alle orecchie di Takumi poco convincente:
-non sembri molto sicura.-
Voleva evitare di scocciarlo ancora, così portò il discorso altrove:
-no, è che sono un po' giù perché domani partirà per Parigi e starà via dieci giorni.
Sarebbe la prima volta che non ci vediamo per così tanti giorni.-
-posso immaginare. Ma sono sicuro che passeranno veloci.-
-lo spero..- in qualche modo era riuscita ad evitare il “discorso Nakiri”.
-senti, semmai ti dovessi sentire sola nei giorni che lui non c'è, puoi sempre chiamarmi per fare due chiacchiere o venire al ristorante da me. Lo sai che sarai sempre la benvenuta per me e Isami.- le disse in tono allegro.
Le dolci parole di Takumi riuscirono a strapparle un sorriso sollevato.
-grazie Takumi-kun, terrò conto del tuo invito.- rise in maniera graziosa.
-bene! Sono contento!- esclamò lui. -vieni pure quando vuoi.-
-grazie davvero. Sembra che parlare con te mi tranquillizzi.-
-penso che sia positivo, allora!-
Lei rise ancora, spensierata:
-allora ti lascio lavorare. Presto dovrai occuparti della cena al ristorante.-
-già e stasera abbiamo anche un sacco di prenotazioni!-
-allora buon lavoro!- gli augurò lei. -sono felice che il tuo ristorante piaccia così tanto.-
-sì, lo siamo anche noi.- concordò lui. -a presto Megumi.-
-a presto, Takumi-kun.-
Non riusciva a crederci, ma sembrava che parlare con Takumi fosse la cura migliore ogni volta che stava male per Soma. Chissà perché? Osservò ancora il numero di Takumi, pensierosa.
Intanto che rifletteva sulla conversazione con Takumi, sentì Soma rientrare in casa.
-sono tornato Megumi!- avvisò dal fondo dell'ingresso.
Lei prese un respiro profondo e gli andò in contro per salutarlo:
-bentornato, Soma-kun.- sorrise. -tutto bene a lavoro?-
Posò la valigetta da lavoro sulla sedia della cucina e le rispose:
-sì, tutto bene. Scusa se ho ritardato un po', ma Nakiri doveva dirci gli ultimi dettagli sulla partenza di domani.- spiegò entusiasta. Lei invece, appena aveva detto “Nakiri”, era sussultata senza farlo apposta.
-ah.. bene.- farfugliò solo, distogliendo gli occhi da lui per portarli a terra.
Soma comprese subito che sembrava angosciata e per rassicurarla portò le mani sopra le sue spalle dicendo:
-dieci giorni passeranno veloci, Megumi.- sorrise premuroso:
-appena torno a Tokyo ti porterò a cena fuori, che ne dici? È tanto che non lo facciamo.-
Lei abbozzò un sorriso di circostanza e decise di non entrare un'altra volta nel discorso di Nakiri per non passare da “fidanzata gelosa”. -d'accordo. Allora quando torni andremo a cena fuori.-
-mi dispiace lasciarti sola per diversi giorni, ma voglio che tu stia tranquilla perché il mio sarà solo un viaggio di lavoro.-
-lo so, Soma-kun.- annuì lei, cercando di celare la preoccupazione.
Soma guardò l'orologio dopo aver chiarito con lei sobbalzando:
-devo sbrigarmi a fare la valigia!- affermò, -altrimenti non ce la faccio a finirla per domani mattina. Scusa Megumi!-
Corse in camera per aprire le ante dell'armadio e iniziare a scegliere cosa portare e cosa no, buttando all'aria tutto.
A Megumi scappò da ridere vedendolo tanto agitato.
-vuoi una mano, Soma-kun?-
Lui le sorrise. -no, tranquilla. Poi metto apposto tutto.-
-come preferisci.- ridacchiò divertita. -allora vado a preparare la cena.-
Lui annuì. -grazie mille! Sono sicuro che preparerai qualcosa di fantastico!-
Lei arrossì imbarazzata per il complimento. -ci proverò.- ed uscì.
Appoggiata contro la porta di Soma, sospirò sollevata: era riuscita a controllare abbastanza bene l'agitazione che sentiva al pensiero che lui stesse via con Nakiri per diversi giorni.
Se c'era riuscita doveva anche dare merito a Takumi per averla fatta sentire meno sola con le sue parole.
Sorrise pensando alla conversazione avuta con lui e a ciò che le aveva detto.


****


La mattina dopo arrivò rapidamente e l'Adashino C.B si era messa d'accordo di trovarsi davanti all'aeroporto due ore prima di attraversare il gate. Arrivarono tutti molto puntuali, mancavano solo Erina e Marika. Non dovettero aspettarle molto. Quando arrivarono, Erina stringeva la mano di Marika e quest'ultima fece i salti di gioia nel vederlo:
-Soma oniichan!!- Marika gli corse in contro con un ampissimo sorriso e lui istintivamente l'alzò da terra, festoso, prendendola da sotto le ascelle e portandola più in alto di lui.
-buongiorno piccola!!- ricambiò il suo sorriso, -è un po' che ci vediamo, vero?-
Non riuscì a controllare un'occhiata che andò verso la figura di Nakiri, abbastanza sorpresa di vederlo compiere un gesto tanto paterno e affettuoso, incapace di muovere un muscolo. Anche gli altri rimasero un po' confusi, ma rispetto a Nakiri ci fecero meno caso. Lui decise che era il momento di portarla giù, nel frattempo che Marika gli rispose piena di dolcezza:
-mi sei mancato, Soma oniichan!- la purezza delle sue parole fu capace di riscaldargli l'animo, ma si trovò in difficoltà a rispondere allo stesso modo_visto che anche a lui era mancata_perché sapeva che Nakiri non era molto contenta che Marika provasse tanta simpatia per lui_non aveva ancora capito perché_.
Fortunatamente arrivò Arato in suo soccorso:
-andiamo a fare i controlli prima di entrare.-
-sì, è meglio sbrigarci.- allora si unì, Nakiri, lanciandogli una veloce occhiata.
Tuttavia, la bambina non si risparmiò di prendergli la mano e stringere la sua, molto più grande, e di guardarlo con devozione unica. -come sta Karin-chan?- gli chiese, sorridendole, e stringendo a sua volta la sua piccola mano.
-Karin-chan sta bene.- rispose allegra la bimba.
-siete molto amiche, vero?-
Marika annuì radiosa:
-è la mia migliore amica.- portò gli occhi luminosi in alto, per specchiarsi dentro i suoi.
-anche Karin-chan ha detto che sembri un eroe delle favole, dopo averti visto.- continuò a raccontare:
-però gli ho anche detto che Soma oniichan non potrà diventare anche il suo eroe, perché sei già mio.-
Diceva tali parole con un'innocenza che ogni volta lo lasciava senza fiato.
Lui scoppiò a ridere, divertito dalle sue tenere fantasie:
-va bene, Marika, non diventerò anche l'eroe di Karin-chan.- la rassicurò sorridendo e lei ne fu felice.
Sentiva gli occhi addosso di Nakiri e sapeva benissimo il motivo.
La goccia che fece traboccare il vaso in quell'atmosfera fu un uomo dei controlli che, come se fosse la domanda più normale del mondo, improvvisamente chiese:
-è sua figlia, vero? Ha lei i suoi documenti d'imbarco?-
Lui sgranò gli occhi di fronte a quella domanda e d'impulso guardò Marika, soprattutto i suoi occhi ambra identici ai suoi. No.. non era sua figlia; però, se doveva essere sincero, avrebbe tanto voluto lo fosse. -non sono il..-
La sua risposta venne completata da Nakiri:
-..no signore, non è il padre.- intervenne freddamente, sentendosi sempre più schifosa nel dare una risposta tanto falsa. -sono sua madre.- tirò fuori dalla valigia i documenti d'imbarco della bambina e la sua cartella:
-ecco i suoi documenti.- e glieli passò, lasciando l'uomo un po' confuso dalla situazione.
Beh.. chi non lo sarebbe stato?
Anche Marika sembrava perplessa e passava da Soma a Nakiri freneticamente, con aria preoccupata perché sua madre sembrava essersi innervosita.
Attraversarono il pass senza problemi e Marika si avvicinò a Nakiri:
-mamma.. sei arrabbiata con me? Cos'è successo?-
La donna si addolcì e le sorrise:
-no, tesoro.. tu non c'entri. La mamma è solo nervosa perché ha paura dell'aereo.- la tranquillizzò.
Lui sapeva perfettamente che Nakiri aveva mentito alla figlia sulla paura dell'aereo e comprese che era nervosa perché il controllore aveva paragonato lui al padre della bambina e con assoluta convinzione. Dunque, agli occhi della gente, apparivano davvero come se fossero padre e figlia? Era confuso da quel pensiero poiché lui, essendo dentro alla situazione, forse non si accorgeva di avere atteggiamenti fraintendibili. Certo.. sentiva di essere molto protettivo e dolcemente naturale con Marika, ma lei non poteva essere sua figlia. Sarebbe stato assurdo.
Nakiri invece, dopo aver consolato la bambina, gli riversò uno sguardo seccato.

Alice, passando accanto a lui mentre teneva per mano il suo bambino, lo stuzzicò:
-sei proprio partito con il piede sbagliato con lei, eh?-
Lui si portò una mano dietro la nuca, stranito, e ridacchiò:
-davvero non capisco cos'ho fatto di male.-
Alice sospirò arresa, recitando vagamente:
-vai a capirla la mia cuginetta. A volte penso che sia proprio scema.-
Soma non comprese l'ambiguità della frase e scosse la testa confuso.
Anche Marika lo guardò tristemente perché si era accorta che era nata un po' di tensione tra lui e sua madre.
Era proprio sveglia. Non voleva farla stare male per questo; quindi, la prima cosa che gli venne in mente, fu regalarle un sorriso rassicurante che in effetti fu capace di rallegrarla un po'.

Arrivato il momento d'imbarco, vide che Nakiri era in difficoltà a trascinare le due valigie: quella sua e quella di Marika.
Di solito ci pensava Rokuro ad aiutarla quando c'erano valigie, ma lui adesso non c'era. Così gli fu spontaneo affiancarsi a lei e Marika, mentre si dirigevano verso il loro aereo, e portare una mano verso quella di Nakiri poggiata sul manico della valigia. Al contatto con la sua mano lei sussultò portando gli occhi a terra imbarazzata:
-che vuoi Yukihira?-
-lascia che una delle due valigie la porti io.- le sorrise con dolcezza:
-tu devi portare il doppio avendo anche la roba di Marika e capisco che sia faticoso.-
-non ho bisogno del tuo aiuto.- rifiutò aspra.
Anche Marika alzò gli occhi verso di lui e lo guardò con aria ammirata:
-sei proprio un'eroe, Soma oniichan!-
Erina spalancò gli occhi meravigliata, arrossendo di fronte al commento di Marika.
Distolse lo sguardo e gli passò la valigia, vergognosa. -grazie.- borbottò, accelerando il passo verso l'aereo.

Salite le scale d'acciaio, che portavano all'immenso ed elegante aereo, Soma l'aiutò anche a posare le valigie negli scomparti dopo aver posato la sua. Dopodiché lesse il numero del suo posto e strabuzzò gli occhi accorgendosi che esso  si trovava  proprio accanto a quello di Marika ed Erina. Anzi.. peggio ancora, la piccola Marika sedeva fra lui ed Erina e tale cornice li trasmise la sensazione di una vera famiglia. Lui stesso si sorprese di quel pensiero.
Non doveva affatto paragonarsi ad una famiglia con Nakiri dato che di norma condividevano solo un rapporto professionale e collaborativo_anche se entrambi sapevano di non sentirsi solo questo_.
-non ci posso credere!- esclamò Nakiri, adirata. -siamo anche accanto di posto!-
Lui ridacchiò di fronte a quelle parole:
-è stato un caso, Nakiri, non è colpa nostra se ci siamo ritrovati vicini. Non preoccuparti, me ne starò zitto.-
Marika era ancora confusa e tristemente chiese alla madre:
-mamma.. perché stai litigando con Soma oniichan?-
Le parole dispiaciute della bambina, lasciarono ambedue senza parole.
-non preoccuparti, Marika, la mamma non sta litigando con me.- la tranquillizzò lui, -è solo un po' agitata per il viaggio.- Rivolse un'occhiata ammiccante a Nakiri:
-..sai, è solo orgogliosa e non vuole ammettere che prova simpatia per me.- la punzecchiò.



 
****


Lei gli riservò un'occhiata minatoria, ma prima che potesse ribattere la risata spensierata di Marika alla battuta di Soma la fece tacere; quindi, infastidita e imbarazzata, girò la testa dall'altra parte incontrando l'espressione divertita di Alice che, accomodata dalla parte opposta dell'aereo, la salutò maliziosamente facendola sbuffare arresa.
Hisako, invece, la stava guardando preoccupata per la situazione in cui si era cacciata.
Finalmente l'aereo decollò.

Passò qualche ora e Marika, stanca di giocare con il cellulare della madre, portò gli occhietti ambra verso Yukihira che subito ricambiò lo sguardo con tenerezza:
-tutto apposto, Marika? Volevi chiedermi qualcosa?-
La bambina annuì concitata. -giochiamo all'uomo nero, Soma oniichan?-
Lei, che era immersa nella lettura di un libro da qualche ora, sobbalzò di fronte alla richiesta di gioco di Marika e chiuse con un tonfo sordo il libro facendo divertire Yukihira:
-agitata, Nakiri?- fece giocoso, lui.
-perché non giochiamo io e te, tesoro? Yukihira non avrà voglia di farlo.-
Lo scrutò come ad imporgli una risposta negativa.
Yukihira, però, andò controcorrente e sorrise alla bambina:
-certo! Gioco volentieri, piccola.- e premuroso le carezzò i ciuffetti biondi.
A quella risposta Erina si scaldò ma evitò di replicare perché, se Marika li avesse sentiti discutere ancora, ci sarebbe rimasta male e purtroppo a sua figlia piaceva Yukihira. Piaceva quanto piaceva a lei, solamente in maniera diversa.
Lui continuò il discorso iniziato:
-mi sto un po' annoiando, quindi ci sto. Perché non facciamo una partita tutti e tre?- propose allegro, indugiando su di lei:
-dai.. facciamo giocare anche la mamma.-
Il sorriso che le donò fu la spinta finale ed irresistibile che la portò ad accettare l'invito a giocare tutti e tre.
La bambina si fece entusiasta e goffamente cercò dentro al suo zainetto_impreziosito di stoffa ornata da fiori colorati_ il mazzo di carte, sotto gli occhi amorevoli sia di lei che di Yukihira.
-eccole!- esultò sorridendo e posandole sul piccolo tavolino nel suo posto.

Iniziato a giocare, Yukihira scoppiava a ridere ogni volta che lei beccava e restava con l'uomo nero in mano, imitato da Marika. -mamma.. sei davvero sfortunata!-
-no.. è Yukihira che è troppo fortunato. E probabilmente bara.-
-bari, Soma oniichan?- alzò un sopracciglio perplessa, la bambina. -se bari non vale!- mise il broncio. -non va bene barare!-
Lui scoppiò a ridere. -non sto barando, Marika, e tua madre dovrebbe sapere che non sono il tipo da farlo. È solo che non riesce ad accettare la sconfitta, per cui trova ogni giustificazione per criticare le mie vittorie..- ogni parola che diceva la faceva innervosire sempre di più. -..anzi, le nostre vittorie..- si corresse, proseguendo a prenderla in giro e facendo anche un buffetto tenero sul naso all'insù di Marika, a cui strappò una risatina deliziosa.
-..visto che anche tu sembri essere molto fortunata.- terminò, riferendosi alla bambina.
Ghignò verso di lei. -non è vero, Nakiri?-
-bugiardo, Yukihira!- tuonò lei, risentita, cercando di stare al gioco:
-non metterle in testa cose non vere.-
Marika, fortunatamente, prese i battibecchi tra i due come una “scenetta” comica scoppiando a ridere ed in effetti, per quanto ci fosse una verità di fondo, erano comici. Non si provocavano con cattiveria ma con sottile umorismo e, odiava ammetterlo, trovava piacevole il loro modo di interagire e sembrava divertire molto anche Marika. Non andava bene.
Perché si sentiva a casa?
Perché avvertiva quella quiete familiare pericolosa quanto lenitiva, sebbene non si meritasse di sentirla?
Yukihira, tra l'altro, non sapeva neanche che sua figlia era proprio vicino a lui.
Perché un'altra volta si erano ritrovati accanto?
Per quanto ci provasse, non riusciva a frenare il rapporto tra Marika e Soma, che cresceva sempre di più, e soprattutto a bloccare la sensazione che lei stessa sentiva dopo il "ritrovo familiare". Ogni volta era in un limbo emozionale che si presentava tra fitte dolorose, a causa del suo segreto e di quello che aveva fatto a Yukihira_la cosa più terribile_e tra calde sensazioni di dolcezza, pace, benessere e tenerezza che avvertiva quando erano tutti e tre insieme. Come una vera famiglia. Che doveva fare? Non era giusto sentirsi così. Non doveva abituarsi all'idea di lei, Marika e Yukihira come una famiglia e questo anche se effettivamente lo erano.
Yukihira sembrò accorgersi che si era incupita all'improvviso e le confermò quell'impressione dicendo loro:
-continuate voi a giocare. Vado un attimo da Hisako e mia cugina.-
-perché te ne vai, mamma? Non ti diverti più?- Marika si fece triste:
-mi dispiace se hai perso. Ti aiuto io a giocare?-
Lei si girò verso la bambina e le accennò un sorriso materno:
-no, mi sono divertita.- le disse sincera. In fondo era la verità.
-non preoccuparti per me, tesoro, vado un attimo a parlare con la zia Alice e poi torno a giocare, va bene?-
Yukihira la fissò come se la stesse studiando e lei fece di conseguenza:
-devi dirmi qualcosa, Yukihira?- chiese dura.
Yukihira non rispose immediatamente, dunque lei, non ottenendo risposta, fece per alzarsi dal sedile ed andarsene quando lui scattò da sedere e afferrò il suo polso.
-Nakiri.. le carte ti aspettano, dopo, non vuoi la rivincita con me e Marika?- ironizzò, strizzandole l'occhiolino.
Lei arrossì senza controllo.



 
****


Le dita di Nakiri erano magre e scheletriche in confronto alle sue e profumavano di sapone alla malva.
Dal polso era sceso delicatamente alla sua mano e con le sue dita aveva racchiuso quelle di Nakiri. Un contatto breve ma intenso, accompagnato da un loro guardarsi con gli occhi. Capirsi.
Nemmeno lei sembrava intenzionata a staccare la sua mano da lui e sfiorando le sue dita aveva sentito il rigido anello in oro bianco che portava al dito medio, che non le aveva mai visto indossare.
Appena, infatti, i suoi polpastrelli toccarono tale anello, lei scostò la sua mano e farfugliò:
-Rokuro mi ha chiesto di tenerlo per questo viaggio, come simbolo del nostro rapporto, visto che non potrà esserci.-
-è l'anello che ti ha regalato per il fidanzamento?- domandò lui, serio.
-non credo siano affari tuoi, Yukihira.-
-può darsi, ma sei tu che hai sentito il bisogno di spiegarmi appena ho toccato l'anello. Non ti ho obbligata a farlo.-
-me lo regalò il primo anno che si stava insieme.- allora disse sbrigativa.
-Soma oniichan.. continuiamo a giocare?- li interruppe Marika, bloccando la loro discussione, dopo aver mischiato le carte. Le carezzò la testa spostando lo sguardo da Nakiri per dedicarlo alla bambina:
-certo piccola! Hai mischiato bene le carte?-
Marika annuì ricambiando il suo affettuoso sorriso.
Prima di rimettersi a giocare, guardò nuovamente Nakiri non riuscendo a trattenere un'espressione nostalgica.
Tuttavia, non parlò e non chiese altro.
-prenditi cura di Marika mentre vado dalle altre.- quindi lei disse, distaccata.
Guardò la figlia e premurosa aggiunse:
-tesoro.. torno tra poco a giocare, ok? Fai la brava con Yukihira.-
-sì!- rispose ubbidiente.
Lui e Nakiri si guardarono rapidamente e lei raggiunse_come aveva detto_Alice e Hisako.



 
****


Quando Erina tornò a vedere come stavano Yukihira e Marika, vide che quest'ultima si era addormentata con la guancia sulla spalla dell'uomo. Lui la vide arrivare e sorridendo si portò un dito sulle labbra per dirle di “fare silenzio”.
-è crollata.- constatò sottovoce. -tutte queste ore in aereo, seduti senza far niente, deve essere stancamente per una bambina.- seguitò ascoltando il respiro regolare di Marika ed osservandola con affetto e cura.
-fatico a sopportarle anch'io.- ridacchiò fra sé e sé, continuando a guardarla.
Erina sospirò stancamente:
-come facciamo? Presto dovremmo fare anche lo scalo.-
-non preoccuparti, la sveglieremo per tempo.-
Tornò a sedere accanto a lui e volse gli occhi altrove borbottando:
-grazie per aver giocato con Marika a carte e per essere stato con lei mentre parlavo con Alice e Hisako.-
Lui sembrò sorpreso che lei lo avesse ringraziato, poi sorrise:
-è stato un piacere, Nakiri, mi sono divertito anch'io.-
-questo perché sei un ragazzino troppo cresciuto.-
Lui scoppiò a ridere divertito. -certo che sei proprio sfortunata a carte, eh? Io e Marika ti abbiamo stracciato in un attimo.-
-solo perché tu hai barato, Yukihira.- ribatté lei arrossendo.
-no, non è così.- abbozzò un sorriso indecifrabile:
-anche se è stato divertente giocare con te.- aggiunse assorto, sfuggendo al suo sguardo.
Calò il silenzio tra i due e lui volse le iridi verso gli stretti finestrini dell'aereo, osservando il cielo che gli scorreva davanti.
-stai bene, adesso?- chiese improvvisamente, qualche minuto dopo.
Lei sussultò colpita, portando la mano sulla guancia e il gomito adagiato sul tavolino.
-a cosa ti riferisci?- lo sapeva a cosa si riferiva, ma non voleva avere nessun tipo di conversazione intima ed amichevole con lui perché ciò l'avrebbe portata a desiderare di più e non poteva permetterselo.
-mi riferisco a prima, Nakiri. Te ne sei andata perché ti sentivi troppo rilassata a stare accanto a me? L'atmosfera che si era creata tra noi ti piaceva e questo non doveva succedere, dato che avevamo deciso di prendere le distanze durante questo viaggio. Neanche tu ci riesci, o sbaglio?-
-cosa staresti insinuando, Yukihira?
Non sono andata da Alice e Hisako per parlare di te, di noi, del problema che abbiamo a stare vicini.-
-Nakiri.. non hai bisogno di mentire. Mi sento ugualmente.- confessò schietto, finalmente guardandola in volto.
Si scambiarono una profonda occhiata, ricca di tensione sessuale e di forti emozioni che parlavano per loro descrivendo quanto erano attratti l'uno dall'altra ed incapaci di cancellare gli ambigui sentimenti che condividevano. Incapaci di ignorarli. Ancora una volta. -non sto mentendo.- asserì lei, in tono insicuro.
Lui non considerò affatto la sua risposta e insisté con la sua teoria_purtroppo fondata_:
-forse dovremmo davvero chiederci cosa c'è tra noi.-
-non c'è niente tra noi, Yukihira. Smettila di sostenere il contrario.-


 
****


-Nakiri.. mentire a se stessi non fa bene.- protestò lui.
Esatto, sentiva che Nakiri non era convinta di quello che diceva o comunque cercava di imporsi il pensiero opposto, in modo da allontanarlo o da evitarlo più che poteva.
Le occhiate che si scambiavano, il suo malessere, il fatto che la relazione con Suzuki non andasse a causa del suo ritorno_così come quella tra lui e Megumi_come lei cercava di fuggire da quello che sentiva per non distruggere il suo rapporto con Suzuki e soprattutto quello che era successo tra loro settimane fa e ciò che rischiava di capitare ogni volta che avevano un qualsiasi tipo di contatto, anche insignificante e rapido, per colpa della forte attrazione e interesse che sentivo l'uno per l'altra.. non erano solo delle sue sensazioni. Erano tangibili. Chiare. In qualche modo ingestibili.
Poi, oltre a questo, la bellezza di Nakiri era qualcosa che non riusciva davvero ad ignorare. Il suo corpo non voleva ignorarla. Chiedeva costantemente di averla e di risentire le stesse sensazioni di quella notte, come un'ossessione, e come se il destino trovasse gusto nello stuzzicare e far emergere nuovamente quei sentimenti. Quello che avevano condiviso.
Con Megumi mancava qualcosa. Qualcosa che gli sfuggiva, ma che sentiva essere importante e probabilmente era proprio il sentimento d'amore. Non amore in quanto affetto, quello già c'era tra lui e Megumi, ma quel sentimento che ti faceva impazzire. Quello che ti faceva desiderare di stare con questa persona per tutta la vita, che sai non ti avrebbe mai stancato e che sarebbe eternamente stato ricolmo di sorprese e affamato di una seduzione continua tra due persone, e no.. quello non c'era. Esso lo sentiva solo con Nakiri. Ecco qual'era la differenza: lui amava Nakiri, non Megumi.
E forse l'aveva amata fin dall'inizio e questo anche se non si erano visti per sei anni.
Quella notte aveva scatenato tutto tra loro. Quella notte era stata, seppur ubriachi fradici, la scintilla che aveva acceso e reso evidente quel sentimento che anche oggi sentiva. Era stata la “miccia” che aveva acceso tutto.
Lui la mattina dopo sarebbe dovuto andare a cercarla, chiarire quello che era successo e dirle che per lui non era stato solo sesso. Perché non l'aveva fatto?
Ogni volta si chiedeva se, se l'avesse fatto, a quest'ora ci sarebbe stato lui al posto di Suzuki oppure Nakiri lo avrebbe respinto comunque? Adesso voleva saperlo. Ora che aveva ammesso a se stesso di amarla, voleva sapere se anche per lei sarebbe stato diverso se fosse andato a cercarla. Sapeva di non poterglielo chiedere. È vero che sentiva che anche per Nakiri non era finito tutto quella notte e c'erano ancora dei sentimenti rimasti in sospeso, latenti. Però, per quanto fosse abbastanza sicuro di questo, le sue restavano impressioni. Pareri soggettivi. Finché lei non gli dimostrava di provare esattamente le stesse emozioni e finché restava indecisa tra lui e Suzuki o negava i suoi sentimenti, non poteva certo costringerla a ricambiarlo e specialmente.. a sceglierlo. A fare la scelta più difficile ed azzardata, anche andando in contro ad incertezze, assenza di basi e di stabilità. Non potevano sapere come sarebbe andata tra loro se veramente avessero provato a stare insieme, se entrambi avessero fatto, decisi, un tentativo. Una prova.
Era chiaro che la mancanza di certezze spaventava. Anche a lui lo spaventava in qualche maniera, benché forse in modo minore. Questo perché era sempre stato più impulsivo di Nakiri e viveva più alla giornata di lei.
Nakiri invece era chiaramente più pragmatica, dinamica e rigida di lui in quanto a scelte di vita e di prendere decisioni precipitose neanche a parlarne. Forse perché era stata abituata così fin da piccola.
Alla fine erano passati pochi secondi di riflessione e in tutto questo, in parte, aveva capito cosa voleva.
Tuttavia, finché restava legato a Megumi non poteva crearsi delle aspettative con Nakiri.
Cosa doveva fare? Doveva lasciarla? o faceva un errore a farlo?
No.. prima voleva capire meglio cosa voleva Nakiri, altrimenti sarebbe stato inutile e c'era da considerare i sentimenti di Megumi. Lei era una persona a cui teneva tantissimo e farla soffrire era l'ultima cosa che voleva.
Neanche voleva perderla, ma forse lasciarla sarebbe stata la soluzione meno dolorosa per Megumi piuttosto che continuare a mentire sui suoi sentimenti per lei. Fissò Nakiri in modo da studiarla, cercare di capirla, in attesa della sua risposta.
Cosa vuoi Nakiri? Cosa provi davvero?
-ti ho già detto che amo Rokuro, Yukihira, come devo fartelo capire?-
Sapeva che la risposta sarebbe stata quella, così sospirò con aria apparentemente rassegnata.
Non aveva voglia di parlare di Suzuki, in particolar modo ora che sapeva quali erano i suoi sentimenti per lei.
-ti chiedo solo una cosa, Nakiri..- cominciò lui, allora, posandole un dito sulle labbra e carezzando il suo orecchio con il caldo fiato. Lei diventò paonazza e non riuscì a respingerlo di fronte all'ennesima seduzione -..rifletti su cosa desideri veramente e fai la scelta migliore, non quella più facile, ma quella che ti consiglia l'istinto.- terminò lui.



 
****


Erina rimase un attimo impietrita, ancora impegnata ad ascoltare le sue sensazioni, e quando si riprese lo allontanò richiedendo un disperato aiuto al maggior controllo possibile che per fortuna non venne meno.
Perché era tanto complicato quando si trattava di scontrarsi con la fastidiosa determinazione di Yukihira?
Era un autentico problema per la sua razionalità e per il suo corpo, la sua attrazione per lui, che ogni volta veniva incoraggiata ad essere manifestata e a ricambiarla da quanto era ammaliante.
-non farti illusioni, Yukihira, anche se ci riflettessi non aspettarti che sarai tu la mia prima scelta.- alla fine affermò, mentendo ancora a se stessa e riconoscendo quanto fosse falsa quella risposta, trovandola addirittura troppo maligna; difatti si sentì in colpa immaginando di averlo ferito. Però, se così non faceva, sarebbe andata contro tutti i suoi principi e le imposizioni che si dava da quando lui era ricomparso e non voleva farlo.
Oltretutto, a bloccare il suo avvicinamento a Yukihira c'era anche la "questione Marika" e la paura che lui scoprisse la verità su di lei, quello che gli aveva fatto, e per la rabbia gliela portasse via e tantomeno, pur sapendo di pensare in maniera egoistica, voleva che lui si allontanasse. Sapeva che Yukihira, anche se avesse scoperto ciò che gli aveva fatto_benché fosse una cosa terribile_non gli avrebbe mai portato via Marika perché non era tipo da farlo.
Si sarebbe arrabbiato pesantemente, ma non l'avrebbe ricambiata con la stessa cattiveria. Questo perché?
Perché sentiva in qualche modo, anche se un po' contrariata dal pensiero, di potersi fidare di lui.
Quindi, cosa voleva davvero? Vuoto totale. Non lo sapeva. Oltre al segreto di Marika, di cosa aveva paura?
Qui la risposta la sapeva più che bene, anche se non voleva accettarla: sapeva che, se Yukihira avesse scoperto di Marika appena loro avessero instaurato un relazione_già il pensiero la scioccava perché era chiaro che, a discapito di quello che si ostinava ad ignorare, le sarebbe piaciuto_l'avrebbe perso per sempre. Magari non gli avrebbe portato via Marika, ma indubbiamente l'avrebbe odiata e avrebbe sicuramente finito per perderlo a causa del suo fatale errore.
Ed era questo che la spaventava. Perché poi? Non voleva pensarci.
Se fosse andata fino in fondo al suo cuore la risposta l'avrebbe subito trovata, ma non doveva farlo. Punto.
Ecco perché voleva distruggere ogni sua aspettativa.
Era consapevole di star scappando come una vigliacca, non riusciva a fare altrimenti nella situazione in cui era.
Guardò Marika, dolcemente, e le accarezzò una guancia e le spostò in ciuffi davanti agli occhi mentre dormiva beata e tranquilla. -non mi interessa quello che dici, Nakiri, ti chiedo solo questo.- le sorrise sbarazzino e compiaciuto:
-poi staremo a vedere.-
-sei il solito arrogante.- incrociò le braccia offesa, eppure si sentì rassicurata da tali parole.
Lo vide guardare Marika dormire, con tenerezza:
-presto dovremmo svegliarla. Manca un'ora all'atterraggio e mezz'ora prima deve allacciarsi le cinture.- cambiò discorso, lasciandola stupita. Lei decise di assecondarlo, sollevata di essere usciti da quel discorso imbarazzante:
-dobbiamo prendere un altro aereo e poi in un'ora siamo a Parigi.-
Lui annuì. Per il resto dell'ultima ora, restarono in silenzio aspettando che arrivasse il momento dell'atterraggio.

Il viaggio con il secondo aereo passò più veloce di quanto si erano immaginati.
Fortunatamente lei e Yukihira non si trovarono più accanto e di conseguenza non ebbero pericolose conversazioni.
Durante l'ultima ora di viaggio dormirono tutti visto che, con il fuso orario, era buio.

Arrivati a destinazione nell'hotel prenotato ed extra lussuoso, stanchi morti dopo il lungo viaggio, dopo aver consegnato i loro documenti alla reception presero tutti le loro chiavi per dirigersi a letto.
Lei e Yukihira si lanciarono l'ennesima occhiata penetrante, senza farlo apposta.
Alice e Ryou portarono Naoki a letto. Anche Hisako e Hayama sembrarono fare lo stesso.
Lei non aveva molto sonno, ma Marika doveva dormire per essere in forma il giorno dopo.
Così prese l'ascensore con Yukihira, purtroppo.
Erano accerchiati da specchi e marmo color marrone-arancio.
Lei era al primo piano, Yukihira al terzo. Infatti, lei e Marika uscirono per prime dall'ascensore e quando si aprirono le porte di esso la bambina si avvicinò a Yukihira e gli strinse la mano:
-grazie per aver giocato a carte con me, Soma oniichan.- sorrise felice.


 
****


Lui ricambiò l'affettuosa occhiata della bambina e le carezzò la testa:
-di niente piccola. Ora vai a dormire che ci vediamo domani mattina.-
Marika annuì concitata. Anche Nakiri non era riuscita a trattenere un sorriso di fronte a quella scena.
Per quanto cercasse di negarlo, erano meravigliosi da vedere e lei non poteva fare a meno di pensarlo in questi attimi.
-posso darti il bacio della buonanotte?- gli chiese Marika, con purezza assoluta.
Erina strabuzzò gli occhi alla domanda della bimba, ma non fu capace di impedirlo perché vide Yukihira chinarsi in ginocchio per guardare la bambina e posarle una mano sulla spalla e l'altra sul volto per farle una paterna carezza:
-certo! Tutti baci che vuoi.-
In seguito, le strizzò l'occhiolino nella maniera più simpatica e gentile possibile. Maniera che gli apparteneva.
Erina rimase estasiata davanti alla scena e guardò i due senza riuscire a commentare o dire niente.
Alla risposta di Yukihira, vide Marika ridere di gusto e scoccargli un bacio sulla guancia tutta emozionata:
-a domani, Soma oniichan!- esclamò, prendendo la mano di Nakiri.
Lui si alzò da terra e indugiò su di lei, sorridendole e facendola lievemente arrossire.
-notte anche a te Nakiri. A domani.-
-notte Yukihira.- gli augurò lei, quasi timidamente.
Strinse con delicatezza la mano della bambina e si incamminò nel corridoio che le avrebbe portate alla loro camera, sotto i suoi occhi vigili.



 
****


Fece un'ultima carezza sulla paffuta guancia di Marika mentre riposava tranquilla, sotto le coperte del letto della suite.
Con tutto quello che era successo con Yukihira le era passato il sonno e aveva il terrore di addormentarsi e sognare nuovamente quella notte. Non era un disgustoso terrore, lo era perché sapeva che l'avrebbe influenzata ancora.
Sospirò stancamente e decise di scendere nella hall per vedere se le tornava il sonno.
Preso l'ascensore, ripensò a come quella sera lei e Yukihira si erano salutati.
Soprattutto ripensò a tutto quello che lui aveva fatto per Marika: erano piccolezze, eppure di una dolcezza infinita e purtroppo lei non riusciva a non sorridere a quel pensiero, pur sapendo la gravità della situazione.

Arrivati nella hall notò che nei divanetti di essa, in bianco pelle, vi era seduta Hisako e sembrava immersa nei pensieri almeno quanto lei; così, curiosa e preoccupata per l'amica, decise di raggiungerla:
-Hisako!- la ragazza, sentendosi richiamare, sussultò sorpresa.
-Ti senti bene? Che fai sveglia a quest'ora?- continuò a chiederle premurosa.
-Erina!- finalmente rispose. -scusami, non ti avevo visto. Ero distratta.-
-..e parecchio! Non è da te esserlo, Hisako. Tutto apposto?-
Si sedette di fianco a lei e la fissò in attesa della sua risposta:
-anche tu sei sveglia, Erina.- constatò ridacchiando lei.
-già. Ho dormito un po' in aereo e non mi sono ancora abituata al fuso orario. Immagino ci vorrà qualche giorno.-
Il motivo per cui non riusciva a dormire era un altro, ma non voleva far preoccupare Hisako visto che sembrava in difficoltà quanto lei. Che si trattasse di Hayama?
-sappiamo entrambi che il motivo non è questo.- esordì Hisako, sorridendo.
-sì, ma non mi sembra il caso di parlarne adesso.- cercò di sviare il discorso, lei, rapida:
-anche tu sembri in crisi, comunque.-
Fu proprio Hisako la prima a sfogarsi con lei quando iniziò a parlare:
-è tornato Hayama e purtroppo, ora che lo vedo più spesso, penso seriamente di essere attratta da lui.
Devo avere qualche problema!-
-in effetti non è la persona più socievole del mondo.- concordò Erina, -però.. posso immaginare il perché tu ne sia attratta: a modo suo è affascinante. Troppo arrogante per i miei gusti e infatti cerco di parlarci solo lo stretto necessario, ma non credo che tu debba vederlo come un problema il fatto che ti senta attratta da lui.- poi seguì schiettamente:
-credo tu abbia dei gusti pessimi in fatto di uomini. Certo.. belli, nulla da dire, ma con un pessimo carattere.
Però non puoi farci molto se ti piace.-
Hisako spalancò gli occhi sbigottita:
-per caso, Erina, stai parlando anche per te stessa?-
Lei avvampò di fronte a quella domanda e impacciata ribatté:
-certo che no! Rokuro è affascinante e non ha un pessimo carattere.-
Hisako sospirò spazientita. -non mi riferisco a Rokuro.-
Lei restò in silenzio, impossibilitata a rispondere.
-è successo qualcosa con Yukihira, non è vero? Penso di averlo capito.-
-non è successo proprio niente!- sbottò imbarazzata.
-smettila di negarlo, Erina, lo vedo che vi siete avvicinati nuovamente.- protestò ancora, Hisako:
-inoltre Yukihira sembra sempre più legato a Marika e sai cosa succederebbe se scoprisse la verità. Cosa pensi di fare?-
-ci siamo già messi d'accordo che avremmo cercato di parlarci il meno possibile.- rivelò ostinata, incrociando le braccia.
-non mi pare che lo stiate facendo. Non fate altro che guardarvi.
Anche se non vi parlate è palese che siate reciprocamente interessati.-
-Hisako! Per favore!- esplose esasperata, Erina. -non peggiorare la situazione.
So benissimo che è critica e ho discusso con Rokuro anche per questo. Lui se n'è accorto. Come credi che mi senta?-
-ecco perché ultimamente vedevo tensione tra voi due. Sapevo che era successo qualcosa.
Non sei arrivata a tradirlo, vero?-
Lei scosse la testa:
-no. Anche se..- si bloccò prima di concludere la frase, poiché il ricordo di quella sera a casa sua tornò con prepotenza.
Hisako era allibita. -..anche se?- rincasò.
-lascia stare.- asserì brusca.
-Erina.. non dovresti davvero tenerti tutto dentro. Fa male.
Lo sai che sarò sempre dalla tua parte, per cui non lo dirò a nessuno.-
-grazie Hisako.- accennò un sorriso sincero verso la sua amica.
-l'hai quasi tradito con Yukihira, vero?- e lei arrivò dritta alla verità.
Lei abbassò gli occhi a terra e amareggiata annuì per risponderle.
Calò il silenzio tra le due ragazze. Silenzio nel quale Hisako si lasciò ricadere esausta contro il soffice schienale del divanetto, socchiudendo le palpebre. -hai capito cosa provi per Yukihira, Erina?- riprese ancora, lei, a seguito di quella lunga e placida pausa. -non posso credere che tu non l'abbia capito.-
-probabilmente l'ho capito, ma non voglio accettarlo.- infine confessò.
-dovrai farlo prima o poi, perché non sono sentimenti da sottovalutare.-
Hisako la fissò seriamente, cercando di farla ragionare:
-cosa mi hai detto prima su Hayama? Ridimmelo un po'.-
-che non puoi farci niente se ti piace.-
-esatto. Questo vale anche per te. Quindi, dovrai accettare prima o poi quello che provi. Anche se ti costringessi a non accettarlo, quello che senti per Yukihira non sparirà. Tieni conto di questo, Erina.- sorrise gentile.
-non posso farlo, Hisako. Sarebbe azzardato!
Insomma.. non posso buttare all'aria tutto per qualcosa di dubbioso ed incerto.-
-ora riesci a pensarla così e in qualche modo vai avanti con tale pensiero, ma alla fine non ce la farai più e finirai per commettere qualche errore. Yukihira non se ne andrà, lavora con noi, e questo non ti aiuta a dimenticarlo. Anzi.. il solo fatto di vederlo tutti i giorni e reprimere ciò che provi è già un problema. Sarà sempre più stressante per te.
Per questo dico che alla fine dovrai comunque fare una scelta, anche con la possibilità di pentirtene.-
-sono convinta della scelta che ho fatto, Hisako, per cui non insistere.- decretò esitante:
-e preferirei non parlare più di Yukihira, se fosse possibile.-
-va bene. Per ora non ne parleremo più.
Almeno, però, fammi il piacere di riflettere, oppure pensaci su a quello che ti ho detto.-
-Oltretutto Hisako, non stai facendo lo stesso con Hayama? Voglio dire.. ti piace, ma con lui fingi ancora che non sia così. Ti tiri indietro ogni volta che hai l'occasione di esprimergli quello che provi e finite sempre per battibeccarvi.
Di questo passo nemmeno tu farai grossi progressi.-
-questo è un altro discorso, Erina.- arrossì lei, acuendo la voce. -pensi che noi abbiamo un rapporto simile a quello che avete tu e Yukihira, ma in realtà è ben diverso e sicuramente non reciproco: non capisco Hayama e di certo non credo che provi qualcosa per me, a differenza vostra che chiaramente vi piacete e vi desiderate.
Forse non mi vede neppure come donna.-
-credo sia impossibile una teoria del genere, Hisako. Hai troppa poca fiducia in te stessa.
Per caso credi di non avere speranze con Hayama?-
Lei annuì. -..e poi c'è anche la questione delle Caste indiane.-
Gli occhi di Erina si assottigliarono confusi:
-cosa c'entrano le Caste, adesso, con te e Hayama?-
-avevi ragione a sostenere che in India fossero ancora favorevoli ai matrimoni combinati per le unioni tra Caste indiane.
È vero che ad Hayama non interessa la cultura indiana e neanche sembra volerla seguire, ma pensi che abbia davvero scelta? Di fatto è indiano.-
-di fatto lo è, Hisako, ma legalmente no: è un un cittadino giapponese e non ha più legami familiari in India.
Sono morti tutti. Penso che abbia più autonomia di scelta, in questo caso, rispetto ad un comune indiano.-
-forse hai ragione. Forse mi sto facendo troppi problemi.-
-quanto ai suoi sentimenti per te, non saprei, però posso dirti con certezza che sei l'unica con la quale parla mentre sei a lavoro. Penso sia un passo avanti, almeno ti considera degna d'attenzione in confronto ad altri.-
-figurati. Pensa che sia inutile e banale, come tutti.-
-io non credo, Hisako, ma puoi scoprirlo solo tu. Continua a parlarci e non farti buttare giù se ti respinge. Insisti.
Penso che sia l'unico modo per capirlo.-
-non sarà facile, ma ci proverò. Non mi arrenderò!- esclamò determinata.
Erina celò un sorriso sollevato, felice di aver un po' aiutato Hisako.
Passò qualche altro attimo di silenzio, prima che quest'ultima riprendesse:
-non ti preoccupa lasciare Marika da sola in camera?
Solitamente le volte che eri fuori dalla camera c'era Rokuro con lei, anche se dormiva.-
-un po' mi preoccupa, ma sta dormendo tranquilla e alla fine è passata solo mezz'ora.
Ora, però, penso che sia arrivato il momento di tornare da lei.-
-che programmi hai per domani?-
Lei ci pensò su e ricordò quello che Marika le aveva chiesto più volte:
-penso che porterò Marika a Disneyland Paris. Me l'ha chiesto tante volte.-
Hisako sorrise con approvazione:
-mi sembra un'ottima idea!
Abbiamo dieci giorni per vedere Parigi, tranne qualche giorno in cui dovremmo organizzare il banqueting.-
-esatto.- concordò lei. -penso che Marika sarà felice se la porto lì.-
-lo sarà sicuramente. Ma credo che anche a Naoki piacerebbe.- sorrise.
-infatti, mi sa che sarò costretta a trascinare anche mia cugina.-
Hisako ridacchiò osservando la finta espressione contrariata di Erina mentre pensava ad Alice e famiglia.
Dopo le ultime e brevi chiacchiere, lei e Hisako si salutarono e andarono a letto, avvertendo la stanchezza raggiungerle.
Era servito ad entrambe parlare di ciò che le tormentavano: adesso erano più rilassate e potevano dormire.



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Angolo autrice: buonsera ragazzi! come state? ecco il nuovo cap. Come vi è sembrato? come avrete letto, la maggior parte delle scene si svolgono in aereo e a fine cap avete saputo anche la prossima collocazione di scena! XD
Come si sono sembrate le interazioni Sorina e Marika/Erina/Soma? vi ho regalato delle scene in famiglia! :P (anche se per ora solo Erina sa la verità ;D ). La conversazione tra Hisako e Erina come vi è sembrata?
Finalmente Soma ha ammesso i suoi sentimenti per Erina e sembra più deciso a lasciare Megumi, ma purtroppo non lo farà subito.. non vi rovino niente! :P Non preoccupatevi, però, vi darò molte scene Sorina nella "saga Parigi" ;D.
Ringrazio tantissimo chi ha lasciato le recensioni nell'ultimo cap, sempre meravigliosi! *-* <3 
Mi dispiace che sono un po' meno rispetto ad altre volte :( ma va bene così!
Non so quando aggiornerò il prossimo cap, però, purtroppo. Abbiate pazienza ç__ç

Spero a presto!^^ un bacione a tutti! <3 Erina91

 

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Capitolo 10
*** Dichiarazione! ***


Dichiarazione!



Dopo che Yukihira l'aveva buttata sul letto e sovrastata senza interrompere l'appassionato incontro di lingue, aveva anche iniziato ad osare di più dal punto di vista carnale e tattile: le mani di Yukihira, infatti, salivano lente dalle cosce per arrivare verso il ventre, da sotto l'abito, facendo scorrere anche il vestitino sempre più su.
Una carezza, un movimento passionale nei quali quelle stesse dita che la stavano facendo impazzire giocavano a diretto contatto con la sua “femminilità” creandole irresistibile piacere.

Lui la guardava negli occhi mentre la stimolava ed erano iridi sincere, travolte di desiderio quanto le sue.
C'era silenzio nella stanza, solo i suoi gemiti di apprezzamento ad interromperlo.
Lei voleva di più e non era la sola: il coinvolgimento di Yukihira era palese. Anche se era sbronza sentiva che non avrebbe resistito ancora a lungo, e più lui approfondiva il contatto con lei più voleva spogliarlo e fare di conseguenza.

-Nakiri.. se mi guardi così ti voglio solo di più!- commentò in tono biascicato, lui, ancora sotto alcolici; probabilmente quello che diceva, la schiettezza delle sue parole, era dettata molto dalla sbornia in circolo.
Però, nonostante questo, quella frase l'aveva spinta ad agire:
-non dire una parola Yukihira. Sei ubriaco.- farfugliò dunque, sotto i respiri affannati di entrambi.
-anche tu lo sei, Nakiri.- bofonchiò lui ridacchiando, infilando il volto sotto al suo vestito per assaggiare pienamente, esplicitamente la sua “grazia”, facendola sobbalzare a causa dell'iniziale sfioramento.
Fu a quel punto, immersa tra le forti emozioni, le eccitanti sensazioni seguite dalle sue risposte vocali, che decise di togliergli totalmente la maglietta per lasciarlo a petto scoperto.

Quando lui ebbe finito di stuzzicarla con i preliminari, decise che era il suo turno di procurargli lo stesso piacere, stupendosi di quanto il suo essere brilla l'avesse resa più impulsiva ed ardita.
Per cui, presa tale decisione, cominciò a scendere con la sua mano verso la sua “virilità” e dotata di un improvviso impeto gli fece provare ciò che lui aveva fatto con la sua parte più intima, ascoltando pian piano il suo gradimento. Continuarono in questo modo, vezzeggiandosi a vicenda da ogni parte, fintantoché non si scoprirono reciprocamente, ritrovandosi nudi..

Erina scattò a sedere, sul letto del lussuoso hotel, appena si fu svegliata da un nuovo ricordo di quella notte e decisamente il più piccante di tutti. Si portò le mani sulle guance, schiaffeggiandole nel tentativo di fermare il calore che le stava assalendo. Sapeva di essere rossa come un pomodoro. D'istinto portò gli occhi verso la parta opposta del letto matrimoniale, realizzando solo in quel momento di essere a Parigi da ieri e, forse per la prima volta in un viaggio, senza avere accanto Rokuro. Si sentì quasi sollevata di non averlo vicino, poiché con l'atteggiamento che stava avendo non voleva rischiare di discuterci ancora. Si portò una mano sulla fronte, si spostò i ciuffi biondi che arruffati gliela scoprivano, trascinò le dita sugli occhi aprendosi in un lungo respiro risanatore o almeno sperava lo fosse.
Aveva bisogno di rinfrescarsi il volto visto che lo sentiva ancora andare a fuoco per l'imbarazzante ricordo.
Pian piano si alzò dal letto, cercando di non svegliare Marika che dormiva ancora tranquilla.
Di sfuggita guardò l'ora, notando che era le 9.00 di mattina e pensando che presto doveva comunque svegliarla.
Si sciacquò il volto e si sentì subito riavere da quella sensazione di calore. Si guardò nello specchio sopra al lavandino per vedere che, anche con il ricordo che l'aveva accompagnata per metà notte, sembrava riposata.
Era un un po' pallida, ma alla fine era il suo colore naturale.
Sentì la vocina assonnata di Marika chiamarla:
-mamma..- e ripetutamente -mamma.. dove sei?-
Uscì dal bagno e andò a dare il buongiorno alla bambina:
-ciao piccola! Ti sei svegliata. Ero in bagno. Come hai dormito?-
Marika sorrise radiosa. -bene! Il letto è comodissimo!- esclamò emozionata.
La vide allargare le braccia in sua direzione per farsi dare un abbraccio del “buongiorno” e lei non se lo fece ripetere due volte prima di stringerla a sé con tutta la dolcezza e la leggerezza possibile.
-te mamma? Come hai dormito?-
Non rispose subito alla domanda della figlia perché per l'ennesima volta le tornò in testa quello che aveva visto in sogno, un altro sprazzo di quella notte. -mamma?- allora la riprese imbronciata, vedendola distratta.
A quel punto scosse la testa cercando di scacciare quell'attimo:
-ho dormito bene anch'io.- sorrise materna.
La bambina fu felice di vederla tornare alla realtà.
-che facciamo oggi?- domandò euforica, poi.
Erina le sorrise annunciando:
-ho intenzione di portarti a Disneyland! sei contenta?-
A Marika brillarono gli occhi per il programma che le aveva proposto ed esultò entusiasta, saltellando sul letto:
-davvero?? grazie mamma!-
Si portò tra le sue braccia nella maniera più innocente e spontanea, stringendola più forte che poteva.
Erina sorrise vedendo la bambina tanto felice. Sorriso che si spense quando Marika si staccò da lei:
-può venire anche Soma oniichan?- chiese speranzosa.
Lei rimase senza parole e si trovò incapace di rispondere subito ad una richiesta tanto rischiosa.
Alla fine cercò di rifiutare docilmente, in modo che sua figlia non ci restasse troppo male:
-tesoro.. Yukihira avrà da fare oggi. Non penso voglia venire a Disneyland con noi.
Ti andrebbe bene se invece venissero gli zii e Naoki?-
La bambina si rattristò facendosi capricciosa:
-no! Voglio anche Soma oniichan!-
Erina sospirò impotente. Marika si era già affezionata parecchio a Soma. Cosa doveva fare?
In fondo era suo padre e non poteva cancellarlo quando le faceva più comodo.
-Marika.. perché ti piace tanto Soma oniichan?-
La sapeva la risposta, ma voleva davvero sentire cosa pensava sua figlia.
La bambina sorrise allegra e le paffute guancette si colorino di un candido rosato, sicuramente capace di sciogliere qualsiasi persona la guardasse. -con Soma oniichan mi sento protetta e poi è divertente, mi fa tanto ridere, oltre ad essere il mio eroe. Voglio davvero che Soma oniichan venga con noi per questo.-
Poi continuò lasciandola di stucco per la sua argutezza:
-..e in più, mamma, anche a te sta simpatico Soma oniichan.
Quando siamo tutti e tre insieme è divertente e anche tu sei più felice.- sorrise luminosa.
Tali parole, seppur dette con tanta ingenuità e all'oscuro della gravità della situazione, erano la pura verità.
Questo era ciò che sentiva Marika. Questo era chiaramente quello che aveva scatenato il ritorno di Yukihira nella sua vita, anzi.. nella loro vita: sua e di Marika. Ormai era dentro il cuore di Marika ed era anche dentro il suo di cuore, che lo negasse o meno. “Ti senti così perché è il tuo papà, Marika” pensò dentro di sé, cercando di trattenersi dal rivelarlo alla bambina. Non doveva assolutamente farlo.
Guardò con tenerezza Marika, rivolgendole un sorriso, afferrò la spazzola posata sul comodino di fianco al letto ed iniziò a pettinarle i capelli lunghi ed indomabili, morbidi e profumati.
-è vero che Soma oniichan è così, no?- riprese in seguito, la bimba, curiosa di sapere la sua risposta.
Lei la fissò in silenzio, in principio indecisa se rispondere o meno. Gli occhi di Marika, però, pieni di ammirazione per Yukihira, la portarono a dirle con sincerità:
-immagino di sì.- affermò impacciata, cercando di celare il rossore.
Davanti a quella risposta, Marika si fece elettrizzata. -allora può venire?-
Erina, pur sempre sensibile alla felicità di Marika e desiderosa di non distruggere quel dolce sorriso confidente e leale, infine annuì. -proverò a chiederglielo, d'accordo?-
-grazie mamma!- urlò felice.
Si avvicinò lentamente al suo volto e le scoccò un bacio riconoscente sulla guancia.
-di niente tesoro.- lei rispose.
Seguì la bambina andare in bagno e la aiutò a scegliere cosa mettersi.

Preparate entrambe, scesero nella hall e trovarono Alice e la sua famiglia ad aspettarle:
-vi stavamo aspettando. Cosa avevi in mente di fare oggi?-
Marika andò a salutare, festosa, anche gli zii e Naoki.
-io e Marika andiamo a Disneyland.-
Nel frattempo scesero nella hall anche Hayama e Hisako.
-allora penso che ci uniremo anche noi!- seguì Alice. -ti scoccia cuginetta?-
-no, fate come volete.-
-Hisako e Hayama. Voi che fate?- Alice portò gli occhi sui due.
Hisako rimase in silenzio ed Hayama rispose primo:
-non me ne frega nulla di uno stupido parco divertimenti per bambini, preferisco informarmi sulle spezie francesi.
Quindi vi precedo.- si infilò le mani nelle tasche, lasciò la carta/chiave alla reception e andò verso l'uscita dell'hotel.
Intanto che lui andava verso le porte scorrevoli dell'albergo, arrivò anche Yukihira, che ridacchiando constatò:
-alla fine mi sono svegliato per ultimo.-
Erina e Yukihira si guardarono e lui le sorrise.
Lei distolse lo sguardo vergognosa, in tempo per vedere Marika andare verso Yukihira con un sorriso meraviglioso che fu subito ricambiato da lui. -ciao piccola! Ti vedo allegra!- la fissò con dolcezza:
-dove ti porta la mamma?- alzò lo sguardo verso di lei che, arrossendo un po', le riversò un'occhiataccia.
-andiamo a Disneyland!- annunciò la bimba -viene anche tu, Soma oniichan?-
Yukihira si sorprese dell'invito della bambina ad andare con loro ed Erina fece per intervenire nell'affettuosa conversazione tra i due, ma lui la anticipò:
-se anche la mamma è d'accordo, allora vengo.-
Portò gli occhi su di lei, in attesa della sua approvazione.
Erina guardò Marika, che sembrava fiduciosa di ricevere una risposta positiva; infatti, poco dopo, decise di rispettare la promessa che aveva fatto alla figlia in camera:
-Marika ti vuole, non è un problema se vieni pure tu.- boccheggiò brusca.
-se anche a Nakiri va bene, immagino di non avere altra scelta.-
Non gli era sfuggito uno sbuffo contrariato da parte di Erina, ma più che restarci male cercò di mascherare un sorriso compiaciuto perché adorava vedere le reazioni di Nakiri. Quest'ultima, dal canto suo, vide sorridere di sbieco Alice ed ebbe l'istinto di fulminarla a causa della sua simpatia per l'accoppiamento lei/Yukihira e come, con i suoi atteggiamenti, influenzava il loro rapporto. -bene!- iniziò risoluta, sua cugina. -allora andiamo tutti!-



 
****
 

Nel frattempo, Hisako, in tutto questo, seguì Hayama allontanarsi sempre di più.
Portò rapidamente gli occhi anche all'altro gruppo, sentendosi di troppo perché tutti_anche Yukihira ed Erina che non lo erano_sembravano accoppiati, a causa della confidenza reciproca e condivisa.
Non aveva voglia di restare sola e allo stesso modo, dopo quello che era successo alla festa di Alice, voleva raccogliere un momento_anche breve_per stare con Hayama e conoscerlo di più, cercare di capirlo. Avvicinarsi.
Erina bloccò i suoi pensieri, chiedendole:
-Hisako.. che hai deciso di fare? Non hai ancora risposto.-
Nel mentre, Hayama era già fuori dell'hotel.
Pian piano, poi, anche il resto del gruppo uscì e si ritrovò fuori con Hayama.
-passo anch'io. Preferisco fare altro.- in seguito rispose, ad Erina.
Hayama si incamminò nuovamente. -ci vediamo.- asserì sbrigativo, allontanandosi ancora dal gruppo.
Hisako lo guardò separarsi dagli altri, quando Alice andò in suo soccorso:
-Hayama! Hisako è nelle tue mani!- gridò richiamandolo per lei, facendola arrossire furiosamente:
-non vorrai mica lasciarla sola tutto il giorno?-
-non ho bisogno della balia!- starnazzò offesa, Hisako, arrossendo.
Lui si bloccò di colpa e lei, di fronte a quella reazione, si fece confusa.
-che faccia come vuole. Non mi cambia se viene.- recitò piatto.
Si sentì nuovamente a disagio davanti a quella risposta.
-casomai ci separiamo per strada.- farfugliò nervosa ed agita, orgogliosa.
Lui non rispose, Hisako guardò seccata Alice:
-questa me la paghi. Non ho bisogno del tuo aiuto.- la rimproverò sottovoce.
-non è vero. Eri bloccata davanti all'entrata dell'hotel e ti vergognavi come una ladra nel chiedergli se potevi andare con lui.- ribatté Alice, ghignando. Hisako le rivolse un'accurata smorfia, poi si affiancò ad Hayama premurosa di mantenere le dovute distanze da lui e salutò da lontano l'altro gruppo, sorridendo principalmente ad Erina che, di suo, le regalò uno sguardo incoraggiante. Hisako la ringraziò silenziosamente.


****


Era stato contento che Marika gli avesse chiesto di andare con loro.
Sapeva che Erina aveva fatto fatica ad accettare che venisse proprio per quello che avevano deciso di fare quando sarebbero arrivati a Parigi, ovvero prendere le distanze l'uno dell'altra per il bene delle loro rispettive relazioni. Lui la amava, ma Nakiri sembrava invece voler continuare ad ignorare i suoi sentimenti per lui_qualsiasi sentimento provasse_.
Erano arrivati a Disneyland e dopo aver pagato i biglietti, tutti erano rimasti incantati dalla bellezza del parco divertimenti. Le attrazioni disney erano infinite, c'erano di tutti i tipi ed erano bellissime e colorate.
A Marika brillavano gli occhi e lui fu felice di vederla tanto emozionata.

Quando la bambina andava a fare qualche attrazione, lui e Nakiri si ritrovavano da soli e questo anche perché Alice e Ryou, con Naoki, sembravano scomparire come a farlo apposta. Marika, inoltre, aveva chiesto varie volte a lui e Nakiri di accompagnarla in qualche divertimento ed infatti erano tutti e tre finiti sul trenino che gli aveva fatto fare il giro panoramico del parco. Pure Naoki sembrava divertirsi e Marika giocava con il “cugino” e rideva felice.
Vi erano anche tanti locali carini, ristoranti e bar a tema disney e presto sarebbe arrivata l'ora di pranzo.

Gran parte della mattinata trascorsi così e, poco prima di pranzo, Marika salì sull'ultima giostra prima di andare a mangiare. Naoki, dal canto suo, trascinò i genitori verso un'altra attrazione e lui e Nakiri restarono ancora da soli.

Il quieto e imbarazzante silenzio che si era creato tra loro fu distrutto dalle parole di Nakiri, che però cercava di non incrociare il suo sguardo. -scusa se Marika ti ha costretto a venire. Era meglio se le dicevi di no.-
Nemmeno lui la guardò, piuttosto si soffermò a vedere Marika emozionata di essere su una giostra.
Gli veniva d'istinto controllarla perché si sentiva molto protettivo verso quella bambina e, quando la vedeva ridere, spontaneamente gli veniva di sorridere a sua volta, così le rispose sinceramente:
-non mi ha costretto, Nakiri, volevo venire al parco.-
Finalmente si girò a guardarla intensamente e per un attimo entrambi si deliziarono di quel momento nel quale non vedevano nessun altro, se non loro due. -perché sei venuto, Yukihira? A volte sembra quasi che tu lo faccia apposta. Avevamo deciso come comportarsi a Parigi prima di partire.-
-sto solo cercando di godermi il viaggio, il nuovo paese e la bellissima città.
Non ci sono doppi fini dietro alla mia scelta di venire a Disneyland con voi.-
Sapeva che stava mentendo e probabilmente anche a Nakiri la sua risposta era risultata falsa, ma non poteva fare altrimenti se non voleva agitarla. -stai mentendo, Yukihira. Se decidi di farlo, almeno fallo bene.- appunto lei sbottò.
-mi stai chiedendo di essere sincero, Nakiri?
Vuoi che ti dica ciò che penso veramente, pur sapendo cosa comporterà la mia risposta?-
-non ti sto chiedendo di essere sincero.
Sto solo dicendo che dovresti mentire con più convinzione, perché è chiaro che volevi darmi un'altra risposta.-
-che risposta pensavi o speravi ti dessi, Nakiri?-
Si voltò verso lei, serio, cercando di capire dove volesse arrivare.
Nakiri lo guardò irritata dal suo comportamento provocatorio:
-il fatto che tu non menta con convinzione mi mette in difficoltà. Non aiuta a frenare l'irreparabile.-
-è perché non voglio più rispettare la decisione che abbiamo preso prima di partire. È perché ho capito cosa voglio.- alla fine confessò, sorridendole. “Perdonami Megumi, se amo Nakiri. Perdonami per averti illuso..” si disse fra sé e sé, sentendosi in colpa per lei. Sempre più. Ora sapeva cosa voleva.


 

****


Nakiri si fece perplessa davanti a quella risposta, a quel cambio di rotta, e riscontrò dei reali problemi nel ribattere. Anzi.. voleva solo saperne di più. Voleva capire cosa intendeva con quella frase. Cosa sapeva di volere.
Indugiò su di lui e si fece coraggio nel chiedergli:
-cosa hai capito di volere, Yukihira?- sussurrò timorosa.
-voglio sapere cosa provi per me, Nakiri.- le sorrise impertinente -..e se non me lo vuoi dire, lo scoprirò da solo. Non mi allontanerò più da te. Non prenderò le distanze. Ho deciso di conquistarti un'altra volta!
Ho deciso di fregarti a Suzuki-san!- dichiarò con determinazione ad arroganza.
Lei, davanti a quelle dichiarazioni, avvampò miseramente:
-non puoi decidere tutto da solo, Yukihira!- esplose al culmine della vergogna:
-devo ricordarti che sei fidanzato con Todokoro? Mi hai detto di amarla!-
Lui si fece malinconico.
-ho capito che non è così: tengo molto a Megumi, ma non la amo. Credo di non averla mai amata davvero.-
-e con questo cosa vorresti dire?-
Era scioccata. Non aveva parole per esprimersi. Questo significava che era innamorato di lei?
A quel pensiero sentì il cuore esploderle nel petto. Il corpo si riempì di calore, leggerezza, felicità, speranza.
Perché speranza?
Lei stava con Rokuro. Stava bene con lui.
Cosa sperava davvero? Perché era felice che implicitamente le avesse detto di aver scelto lei?
La sapeva eccome la risposta, ma anche così non voleva rinunciare alla sua relazione con Rokuro.
Aveva paura ad avvicinarsi a Yukihira, probabilmente sentiva di non meritarselo per quello che gli aveva fatto. Avrebbe messo a rischio tutto, perfino il suo equilibrio di vita, lasciando Rokuro per provare con Yukihira. Non poteva farlo e basta. Doveva uscire da quella situazione. Doveva distruggere l'entusiasmo e la sicurezza di Yukihira.
Tuttavia, nonostante questo, proprio a causa dei suoi sentimenti per lui non riusciva a trovare la freddezza per allontanarlo del tutto. Respingerlo. Questo perché forse non voleva davvero farlo.
Perché dentro di lei sapeva quali erano i suoi sentimenti e chi amava davvero.
Poi lui continuò:
-ho deciso di lasciarla, Nakiri. Tanto, che la lasci per quello che provo per te o meno, è un dato di fatto che non la amo.
Non posso continuare a stare con Megumi illudendola e facendole credere di provare lo stesso.
Non posso farle questo, capisci?- seguì ancora:
-per rispetto per lei e dei suoi sentimenti per me, è giusto che la lasci.
Voglio che tu sappia, però, che non ho intenzione di lasciarti a Suzuki e troverò il modo di farti ammettere i tuoi sentimenti per me.- le strizzò l'occhialino, rendendola ancora più timida ed emozionata di fronte a lui.
-è tempo sprecato, Yukihira!- tuonò alterata, poco dopo, quando si fu ripresa da quello stato di passività e vulnerabilità che le scaturiva Yukihira con i suoi modi di fare, le sue parole, i suoi potenti sentimenti.
E ancora.. il suo carisma, la sua allegria, la sua sincerità, la sua fermezza.
-avrai anche capito ciò che vuoi Yukihira, ma non ti è proprio soggiunta l'idea che per me non potesse essere lo stesso?
Non voglio la tua stessa cosa.- ribadì nuovamente, mentendo a lui e soprattutto a se stessa.
Lui le sorrise ancora e salì verso i suoi capelli per sfiorarle il volto con dolcezza.
-non credo sia proprio così, Nakiri. Ti ho già detto come la penso.-

La loro conversazione fu interrotta da Marika che, scesa dall'ennesima giostra, corse gioiosa da loro e tirò Yukihira per un braccio. -Soma oniichan! Vieni con me su quella giostra?-
Lui le sorrise con dolcezza, ma lei bloccò la risposta di Yukihira:
-Marika.. è ora di pranzo. Andiamo a mangiare prima! Ci andrai dopo!-
-non hai fame, piccola?- si unì Yukihira.
La bimba annuì concitata. -un po'.-
-allora andiamo a mangiare.-
Vide Yukihira stringere la mano della bambina e quella scena, benché la discussione avuta prima, le strappò un sorriso. Sapeva che, al momento che lei e Yukihira sarebbero rimasti soli, sarebbero rientrati nel discorso che li aveva tenuti impegnati prima che Marika scendesse dalla giostra. Purtroppo non riusciva a smettere di pensare alle parole che le aveva detto Yukihira ed a sentire le emozioni invaderla da capo a piedi. Emozioni potenti, talmente tanto da mettere in discussione_come al solito_tutto ciò che cercava di imporsi, evitando che la sua vita andasse in frantumi di nuovo oppure si facesse incerta per colpa di qualche pazzia che avrebbe commesso se Yukihira continuava a farla vacillare e ad incitarla ad accettare i suoi sentimenti per lui, ricambiarli, viverli reciprocamente, ascoltarli, definirli in due. Libera di poterlo amare senza vincoli, senza paure o preoccupazioni. Senza l'angoscia e i sensi di colpa che sentiva da sei anni, da quando Marika era nata. Le squillò anche il cellulare e notò sullo schermo il nome “Alice”.
Quando rispose lei li chiese dov'erano e fissarono di trovarsi davanti all'entrata del ristorante scelto per pranzare: il migliore di Disneyland che, da quello che si diceva, era capace di soddisfare il suo “palato sopraffino”.


 
****

 
Finito di mangiare, il gruppo era tornato a fare altre attrazioni e si era fatto presto metà pomeriggio.
Soma non faceva altro che pensare a quello che aveva detto a Nakiri poco prima di pranzo.
Non riusciva a crederci di averlo fatto. Davvero aveva detto a Nakiri ciò che gli frullava in testa da ieri?
Aveva pensato di aspettare ancora prima di dirle quali erano i suoi sentimenti per lei e ciò che aveva deciso di fare con Megumi, ma l'interesse e l'insistenza di Nakiri l'avevano incoraggiato a dirle tutto e ad ammettere la scelta che aveva fatto. A dirle che aveva scelto lei e che non si sarebbe arreso, ma avrebbe lottato per conquistarla e motivarla ad aprirsi con lui, a far sì che lei capisse quello che provava per lui e alla fine a sceglierlo. Era consapevole che sarebbe stata dura, poiché Nakiri era testarda e in un certo senso_anche se non capiva il motivo_aveva il terrore di lasciarsi andare con lui.
Era stata dura prendere quella decisione, riconsiderare la sua relazione con Megumi e riflettere su ciò che sentiva per ambedue le ragazze, realizzando di amare profondamente Nakiri e magari da sempre. Sapeva che avrebbe fatto soffrire Megumi e proprio per quello sarebbe stato doloroso lasciarla, ma altrettanto era chiaro che se avesse proseguito a stare con lei il loro rapporto sarebbe diventato falso, di “facciata” e avrebbero continuato a soffrire tutti e due in ogni caso e soprattutto lui non sarebbe riuscito a smettere di provarci con Nakiri o a soffocare i suoi sentimenti per lei, finendo per tradire davvero Megumi. Aveva i suoi limiti e al momento l'aveva raggiunti, poiché la sua mente era stata sostituita in un attimo da Nakiri da quando era ricomparsa nella sua vita. Non aveva mai provato qualcosa di tanto forte per Megumi e desiderava davvero vivere quei sentimenti, esplorarli fino in fondo, proprio perché anche in passato aveva rimpianto di non averli ascoltati e adesso non voleva più ignorarli. Voleva pienamente sentirli. Voleva Nakiri.
D'istinto la guardò mentre Marika le chiedeva di poter comprare un palloncino su cui vi era stampata la principessa di Aladino, Jasmin. Il petto gli si riempì di emozioni dolci e passionali, agognate, così come rimase estasiato dalla sua incantevole figura come sempre e da come sapeva far spiccare eleganza e bellezza con piccoli gesti, movenze, passi, parole o meccanici movimenti. Quando si girò verso di lui e si guardarono, d'impulso le sorrise e lei abbassò gli occhi a terra come se si sentisse a disagio. Reazione che trovò adorabile.

In seguito, notò Nakiri e Alice parlare fra loro sull'acquistare un gelato ai bimbi.
Marika, infatti, gli corse in contro e lo abbracciò. -Soma oniichan! Compri un gelato a me e Naoki?-
-Marika!- la riprese Nakiri -non si chiede alle persone di comprarci le cose.
È maleducazione, sai?- le spiegò severa, ma anche con delicatezza.
-scusa mamma..- disse dispiaciuta.
-non preoccuparti, Nakiri, glielo offro volentieri un gelato.-
Marika gli sorrise graziosamente e Nakiri le accarezzò i ciuffi biondi:
-non c'è problema Yukihira.- declinò schiva. -vieni Marika, andiamo a prendere il gelato con Naoki e gli zii.-
La bambina annuì ubbidiente.
-quasi quasi va anche a me un gelato!- decise lui, facendo ridere di gusto Marika:
-quindi, offro io ad entrambe. Ci state?-
Erina lo guardò infastidita dall'intromissione, ma lui non ci fece caso.
-tranquilla Nakiri, lo faccio volentieri e non voglio che tu sia in debito con me.-

Si portarono al chiosco dei gelati, quello che secondo il volantino di Disneyland vendeva i gelati più buoni e fece per pagare il cono a tutte e due, più il suo. -non disturbarti, Yukihira.- lo fermò lei prima che passasse i soldi al commesso, dovendo per forza bloccare la sua mano e accendendo nuovamente l'attrazione tra loro, a quel solo tatto.
La mano di Nakiri era fredda e nello stesso tempo finirono per scaldarsele a vicenda:
-non sei un po' troppo poco coperta, Nakiri? Sta facendo buio.-
Lei sfilò via la mano dalla sua presa e si guardò i piedi, impacciata.
-sto bene, Yukihira. Basta che non paghi i gelati.-
Alla fine, dopo diverse insistenze, lui riuscì ad offrire loro il gelato e si portarono a sedere verso una panchina.
In quella di fronte a loro vi era seduta la famiglia Kurokiba e Soma aveva deciso di stare in piedi per lasciare più posto a Marika e Nakiri. Lui e Nakiri si lanciavano occhiate sfuggenti, rapide, ma ricche di potenza attrattiva e sottintesa.
Ad un tratto, Marika, ancora con il gelato gocciolante in mano, si alzò dalla panchina dove sedeva sotto lo sguardo incuriosito e attento di Nakiri. Si avvicinò a lui e alzò gli occhi ambra verso suoi, identici. Era così piccola e minuta, in confronto a lui, che si intenerì immediatamente_come gli succedeva ogni volta quando si trattava di Marika_.
Lei gli sorrise. Ridacchiò con tenerezza, divertito, vedendo che aveva la bocca un po' imbrattata di cioccolato.
-che gusto hai preso Soma oniichan?-
-ho preso cioccolato e fragola.- rispose ilare.
-hai preso il cioccolato come me!- esclamò lei.
-già..- le accarezzò la testa con cura. Marika era così incantata dalla figura di Yukihira che non si accorse che il gelato riprese a sgocciolare e finì sulla sua maglietta. -oh!- notò lui ridacchiando, vedendo la chiazza di cioccolato.
Ancora la bambina non si era accorta di niente; Nakiri, invece, che aveva seguito tutta la scena, si intromise:
-attenta Marika!- e l'avvisò, -stai sporcando la maglietta di Yukihira con il cioccolato.-
La bambina, al richiamo della madre, si rese conto del danno e si fece mortificata, guardandosi le ballerine verde acqua.
-mi dispiace Soma oniichan..-
Lui le fece un buffetto sul naso e la rassicurò:
-non preoccuparti piccola. La maglietta è vecchia.-
Gli altri non si erano resi conto del trambusto, poiché Alice era concentrata a ripulire la bocca di Naoki dal pistacchio.
A quel punto Erina venne in suo soccorso, cogliendolo di sorpresa:
-Yukihira!- brontolò difatti, -non stare lì in palato! va ripulito subito prima che si attacchi!
Se lo lasci seccare, poi si ripulisce male al lavaggio definitivo.-
-non è un problema, Nakiri, è veramente vecchia questa maglietta.-
-vai almeno a sciacquarla alla fontanella. Non è tanto distante da qui.-
-d'accordo.- le sorrise giocoso. -se lo dici tu.-
Detto questo, fece per avviarsi verso la fontana.


 
****



-tesoro..- Erina si rivolse a Marika. -stai un attimo con la zia, ok?-
La bimba annuì. -mi dispiace aver macchiato la maglietta di Soma oniichan, mamma.-
Era veramente triste per averlo fatto. -è arrabbiato con me?-
Lei guardò sua figlia e le sorrise rassicurante:
-no, non lo è. Non è il tipo. È comprensivo a modo suo. E poi ti sei già scusata con lui.
Sono sicura che non gli importi davvero niente.-
Marika sembrò tranquillizzarsi:
-grazie mamma. Quando torna parlo di nuovo con Soma oniichan.- strinse i pugnetti fieramente.
Erina sorrise di fronte a quella scena.
Anche se non sapeva che era suo padre, Marika lo amava già moltissimo e lei non poteva farci nulla.
-brava tesoro! Adesso vai da Alice.-
La bambina non se lo fece ripetere due volte e raggiunse la “zia”.

Erina rimase a guardare Yukihira farsi sempre più lontano mentre le dava le spalle, indecisa se seguirlo o meno, soprattutto perché poche ore fa gli aveva esplicitamente detto di provare qualcosa di forte per lei e lei lo aveva rifiutato proprio perché non poteva permettersi di assecondare quello che sentiva. Se fosse andata con lui, sarebbero rimasti nuovamente soli e non era convinta fosse la scelta più furba. Tuttavia, i suoi veri desideri un'altra volta la spinsero a prendere la decisione più istintiva: lo raggiunse veloce e si affiancò a lui.
-ti accompagno.- borbottò, sfuggendo al suo sguardo per l'imbarazzo.
Lui sembrò soddisfatto della scelta che aveva preso, quando si girò verso di lei per scambiarsi un'occhiata penetrante:
-vedo che alla fine stai seguendo il mio consiglio, Nakiri.- ghignò sollazzato.
-di cosa stai parlando, Yukihira? Sta zitto.- protestò arrossendo un po':
-vengo solo per assicurarmi che non dovrai smacchiare quella maglia con strani prodotti.- aggiunse, cercando di giustificarsi. Chiaramente la risposta era stata ridicola, ma non voleva compiacerlo ancora di più.
Lui scoppiò a ridere divertito. -Nakiri.. non sei brava a nascondere i tuoi sentimenti come credevo.- la punzecchiò ancora.
-non credere chissà cosa, stupido. Sei davvero presuntuoso!-
-allora perché mi hai accompagnato quando non c'era bisogno?-
Lei diventò paonazza. -te l'ho già detto il motivo.- farfugliò timidamente.

Arrivati alla fontana, lui cercò di ripulirsi dal cioccolato alla meno peggio trovando diverse difficoltà nel farlo visto che la posizione dove si era sporcato era un po' scomoda per arrivarci con le mani.
Lei sbuffò esasperata:
-che stai facendo, Yukihira? Così non va via nulla!-
Lo guardò ancora tentare di rimuovere per quel che poteva la macchia.
-ah! Lascia fare a me, idiota!- esordì infine, esasperata.
Lui le passò il fazzoletto umido e lei iniziò a strofinare con forza il punto marroncino, macchiato, riuscendo in qualche modo a farlo diventare meno nitido. -wow Nakiri! Non ti facevo così brava nelle pulizie.
Pensavo che appartenendo alla famiglia Nakiri fossi servita e riverita.-
Lei lo guardò male, stizzita da tali parole:
-come credi che pulisca tutte le macchie che si fa Marika?
A casa mia non ho sempre la domestica che mi pulisce e stira, Yukihira.-
-non c'è bisogno che ti scaldi.- ridacchiò. -volevo solo scherzare un po'.
Dopo quello che ti ho detto è nato un po' di attrito e non mi piaceva.-
-non tornare su quel discorso, Yukihira.-
Cercò di sviarlo subito, sentendosi imbarazzata nel ricordare le parole di Yukihira di qualche ora fa:
-non voglio più affrontarlo e mi sembra di averti già risposto.-
Fu dura dire certe parole e non voleva farsi sopraffare nuovamente dai suoi sentimenti per lui, dunque cercò di troncare subito_sebbene a fatica_l'inizio di quella pericolosa discussione.
-non era mia intenzione farlo, Nakiri, ma questo non vuol dire che ritiro quello che ti ho detto qualche ora fa.- puntualizzò diretto. L'afferrò per la vita, lasciandola spiazzata, e se la portò contro il corpo.
Le vezzeggiò le lunghe ciocche bionde con un audace gesto, carnale e desideroso, e le sussurrò continuando:
-soprattutto perché voglio poterti sfiorare senza impedimenti, in questo modo, esattamente come sto facendo adesso e anche di più. Questa volta non voglio rimpiangere di non averci provato..- mentre il suo caldo fiato le stuzzicava l'orecchio, sentiva delle eccitanti scintille percorrerle tutto il corpo, incontrollate, insaziabili per il suo organismo. Per la sua attrazione per lui. Acuì ulteriormente il tono di voce, creandole altri brividi incandescenti:
-..per non averlo fatto quella notte di sei anni fa. Hai capito, Nakiri?-
Rimase pietrificata: era da quella sera a casa sua che non erano più stati tanto vicini.
Serrò tutti i muscoli del corpo, tesa e vogliosa, avvertendo una sensazione di impotenza nel rispondergli e nello spingerlo via e in special modo notando che tutto di lui, fino al collo, la desiderava.
Voleva restare in quella posizione, sentire il suo petto contro il suo: lui che assaporava la sua pelle nel toccarla o ispirava il suo profumo dai capelli, respirava vicino al suo orecchio.. ma non poteva farlo. Non doveva.
Lo allontanò e con aria decisamente affranta, espressione che purtroppo non riuscì a nascondergli perché stava pian piano perdendo il controllo emozionale, cercò di dirgli:
-è troppo tardi ormai, Yukihira. Non puoi recuperare così facilmente, soprattutto non puoi costruire qualcosa che non c'è mai stato e che si basa su una sola notte. Dovresti essere più realista.-
-credo che niente sia impossibile finché sei in vita e di certo non mi convinci con belle parole.-
Le strizzò l'occhiolino, fiducioso, proseguendo:
-vorrei tanto sapere cosa avresti fatto se fossi davvero tornato a cercarti quando sei fuggita dal mio appartamento.
Cosa avresti fatto, Nakiri?-
La guardò dritta negli occhi, specchiandosi nell'espressività di quel colore violetto alla ricerca di una sua possibile risposta.
Lei deglutì agitata, raccogliendo la forza per scoraggiarlo ancora e in particolare per se stessa, visto che continuava ad essere indecisa nelle sue scelte per colpa di Yukihira: del suo coinvolgente comportamento, della sua sicurezza, la sua determinazione ed insistenza. -ti avrei respinto comunque.- ammise in tono strozzato, a seguito dell'ennesima menzogna che le scatenò una fitta dolorosa al petto, come se una lama affilata l'avesse appena trafitta mortalmente. Questo perché anche lei si chiedeva sempre cosa sarebbe successo se fosse tornata indietro o se veramente avesse detto a Yukihira di essere rimasta incinta di Marika quella notte. La situazione sarebbe stata la stessa di oggi ugualmente?
Era chiaro che, dopo quello che gli aveva fatto, non poteva semplicemente permettersi di frequentarlo e lui non doveva sapere di Marika. Frequentarsi con Yukihira, dunque, comprendeva il dirgli di Marika perché prima o poi l'avrebbe scoperto e sarebbe successo solo più in fretta. Ecco perché non poteva stare con lui. Ecco perché seguiva a negare i suoi sentimenti per Yukihira ed era proprio per proteggere Marika e per non allontanare_egoisticamente_ da lei Yukihira che trovava la poca forza per respingerlo costantemente. Mentire a se stessa.
Mentire a Rokuro, a Yukihira e anche a Marika. Credeva di proteggerli in questo modo.
-non sembri essere convinta di quello che dici.- obiettò lui.
-non importa quello che credi Yukihira. La mia risposta è questa.-
Si incamminò distanziandolo. -non avrei dovuto accompagnarti alla fontana.-
-l'hai fatto perché volevi, Nakiri.- sorrise lui, raggiungendola.
-ti avevo chiesto ti non affrontare più questo discorso. Perché fai sempre di testa tua?-
-perché penso che tu stia sbagliando, Nakiri.-
Lei lo fissò rabbiosa:
-non hai il diritto di dirmi che sto sbagliando! So perfettamente quello che faccio.
Per cui smettila. Non so più come dirtelo.-
-hai ragione.- concordò lui sincero, lasciandola colpita. -non ho il diritto di dirlo, però i tuoi atteggiamenti verso di me restano contraddittori e questo è un dato di fatto. Sicuramente non lascerò andare la possibilità di stare con te proprio per questo. Starà a te decidere cosa fare alla fine di tutto.-
Lei sbuffò arresa. -fai come ti pare, Yukihira. Tanto sei cocciuto.-
Vi fu un momento di calma tra i due, nel quale non dissero altro e camminarono solo fianco a fianco, per tornare dagli altri e da Marika. Silenzio che fu interrotto da lui che cambiò discorso:
-grazie per la maglietta, Nakiri.- le sorrise allegro.
-di niente.- bofonchiò imbarazzata, accelerando il passo.
Finalmente i due arrivarono dal gruppo.


****


Nel restante arco della giornata, prima che il sole tramontasse davvero, lui e Nakiri non si trovarono più in situazioni intime. Stava ricordando ogni sensazione che aveva provato nello stringerla a sé davanti alla fontana e sentiva ancora il suo dolce profumo solleticargli le narici. I polpastrelli gli andavano a fuoco al pensiero della carezza che le aveva fatto tra le ciocche. Non negava di non essere rimasto ferito quando lei gli aveva risposto che, anche se fosse tornato a cercarla dopo quella notte, l'avrebbe rifiutato comunque. Non sapeva quanto fosse vera quella risposta, ma anche se non lo fosse stata faceva male. Certo.. non era tipo da arrendersi, e in ogni caso non l'avrebbe fatto, voleva capire perché Nakiri era tanto restia ad accettare i suoi sentimenti od a lasciarsi andare. Sapeva di piacergli, lo sentiva, e da come si comportava e cercava a modo suo un approccio con lui, oppure perché non lo allontanava mai del tutto quando tentava un contatto più fisico con lei, avvertiva che nemmeno a lei dispiaceva, anzi. La prova più inconfutabile era stata quella sera a casa di Nakiri, nella quale lei aveva risposto chiaramente alla passione che li aveva travolti. Era stata lei, tra l'altro, a fermarlo davanti alla porta per non farlo andare via.. quindi, perché continuava a scappare?
Di cosa aveva paura?  Solo dell'instabilità e dell'insicurezza di dove sarebbe andato quel rapporto?
Di dover lasciare andare l'equilibrio che si era creata per provare con lui?

Davvero era solo questo? O forse a causa della sua nobile famiglia?
Gli sembrava molto strano che i motivi fossero questi.
Oppure, l'opzione peggiore, amava davvero Suzuki come gli diceva. Si irrigidì a quel pensiero.
Allora perché lo cercava? Lo seguiva? Si preoccupava per lui? Lo aiutava?
Non si sarebbe arreso. Ci avrebbe provato fino alla fine dopo aver chiuso con Megumi. Anche pensando a lei si rattristò sentendosi un bastardo per essersi accorto troppo tardi di non amarla davvero. Dopo quattro anni.
Chissà come si sentiva Megumi?
Sapeva che la stava facendo soffrire moltissimo e anche quando si sentivano per telefono, si scambiavamo messaggi mentre erano lontani, sentiva distintamente l'agitazione ce la stava logorando. E questo era tutta colpa sua.
Scusa Megumi” si disse ancora, non potendo fare altrimenti che scusarsi con lei mentalmente.
Al ritorno da Parigi doveva parlarle assolutamente.



 
****


Lui ed Arato erano andati al “mercato Barbés”. Un mercato parigino specializzato nella vendita di spezie rare, dove voleva tanto andare quando aveva letto delle informazioni su di esso prima di partire per il viaggio di lavoro.
Aveva letto che vendeva spezie d'alta qualità e di ogni genere ed in effetti, da quando si era inoltrato all'interno, il suo olfatto estremamente sensibile e sviluppato non smetteva di inalare il profumo di spezie, che era assai variegato.
Prima di andare al mercato, avevano fatto un giro per Parigi e lui e Arato non avevano parlato quasi per niente, anzi.. avevano girato in silenzio, come se fossero da soli; poiché, ogni volta che aprivano bocca, finivano per insultarsi.
Lui non riusciva a non stuzzicarla e di conseguenza lei si innervosiva subito, però doveva ammettere che aveva trovato spassoso quel pomeriggio proprio grazie a quei battibecchi e si stupiva lui stesso di pensarlo, dato che aveva sempre trovato la sua attuale compagnia anonima. Tuttavia, più conosceva Arato e più si rendeva conto che qualche lato positivo ce l'aveva, aspetto fisico compreso. Esatto.. dalla festa di Alice Nakiri aveva osservato Arato in maniera diversa, più completa, soprattutto perché erano finiti per caso pericolosamente vicini e questo gli aveva dato modo di studiare_a lui prima ignote_alcune caratteristiche della ragazza che non gli erano dispiaciute, ma questo non voleva dire che provasse un'interesse particolare per Arato o volesse portarsela a letto. L'aveva solamente un po' rivalutata; però, da qui a fare un passo in più oltre il rapporto professionale, ce ne correva. Aveva pensato tutto questo mentre passeggiava con una silenziosa Arato dietro di lui e ispirava tutti i profumi delle spezie per capire quali fossero le migliori, realizzando che probabilmente il banco migliore era vicino. Il mercato era nutrito da un atmosfera piacevole, allegra e piena di vita, anche piuttosto affollata_si vedeva che era molto famoso grazie alla numerosa presenza di persone_.
Il sole stava lentamente scendendo sotto e dietro i colli creando un tramonto arancio/rossastro, tiepido, confortante, rilassante. Anche Arato sembrava entusiasta dei banchi.
Finalmente raggiunsero il banco che il suo stesso olfatto gli suggeriva e vi era al servizio un anziano signore dal sorriso enigmatico che, dalla pelle scura come la sua, anch'egli sembrava di origini indiane:
-quale spezia posso consigliarti o farti assaggiare, ragazzo?-
-le voglio assaggiare ed annusare tutte.- affermò deciso. -poi sceglierò in base al mio olfatto e un po' anche al sapore.-
L'uomo si meravigliò. -può davvero scegliere solo in base all'olfatto?-
-esattamente. Ce l'ho superiore a chiunque.-
L'uomo si fece compiaciuto:
-interessante. E la sua signorina cosa vuole?-
Hayama si voltò verso Hisako, ancora rimasta in silenzio, che arrossì a seguito della domanda del vecchio signore e dall'allusione “sua signorina”. Allusione che lui stroncò subito con poco tatto e rispetto:
-non è la mia ragazza.- infatti rispose duro. -figurati. Non fraintenda.-



 
****


Hisako si sentì offesa e tanto ferita di fronte a quella risposta glaciale.
Hayama aveva pronunciato quelle parole come se fosse un affronto per lui essere paragonato al suo ragazzo. Come se fosse uno sgradevole fraintendimento ciò che l'uomo aveva detto e tale visione l'aveva davvero resa triste, mandando in fumo anche le poche speranze che si era costruita di diventare più intima con lui. Più vicina. Di essere la sua ragazza un giorno.
In fondo.. cosa si aspettava?
Lo sapeva fin dall'inizio che Hayama non la vedeva nemmeno come donna.
Cosa credeva? Come pensava di conquistarlo?
Continuava solo ad illudersi e pensò che forse era il caso di lasciar perdere una volta per tutte.
-mi dispiace di aver frainteso.- si scusò il vecchio uomo, quasi spaventato dalla reazione eccessiva di Hayama.
Hisako cercò di trattenere le lacrime che minacciavano di uscire, visto che sarebbe stato vergognoso scoppiare a piangere davanti ad Hayama. Si sarebbe solamente ridicolizzata e non voleva arrivare a livelli tanto pietosi.
Nel tentativo di scacciare l'amarezza, si unì anche lei alla conversazione tra il vecchio signore ad Hayama, soprattutto per rispondere al primo. -ci terrei comunque ad assaggiare qualche spezia, signore.-
Adottò un sorriso di circostanza rivolgendolo al venditore e fingendo che Hayama fosse trasparente.
L'uomo ricambiò il suo sorriso con gentilezza:
-con molto piacere signorina. Aspettate qui, visto che siete i clienti più preziosi della giornata_date le tue capacità ragazzo_vado a prendere le spezie migliori e non esposte al banco.-
Hayama annuì alle parole dell'uomo, per ringraziarlo mentalmente.
Lei e Hayama rimasero soli, racchiusi nella tensione che si era creata, e senza parlare.
La situazione spiacevole tra i due, con sua sorpresa, fu interrotta proprio da quest'ultimo:
-non dovevamo separarci a metà giornata? Perché sei venuta al mercato delle spezie?
Non sono il tuo campo e non credo ti interessino davvero.-
Hisako si infastidì per quelle parole e lo fissò furente:
-perché pensi che sia una persona tanto priva di interessi?
Sono venuta al mercato perché mi incuriosivano le spezie. Ti sembra così strano?-
Era una mezza verità: era interessata veramente alle spezie, ma lo aveva seguito proprio perché voleva stare ancora con lui.
-non ti sei mai interessata alle spezie.- sostenne ancora lui.
-tu non sai niente di me, Hayama!- esplose allora lei, alterata:
-perché invece di partire subito con i pregiudizi non provi prima a conoscerle le persone?-
Hayama schioccò la lingua a mo di sarcasmo, rispondendo presuntuoso:
-mi stai suggerendo di provare a conoscerti, per caso?-
-esattamente.- asserì lei, fieramente. -perché è questo che fanno le persone normali. Prima di giudicare solo dall'apparenza si parlano e si conoscono. Di certo non sparono insinuazioni facendole passare per vere anche quando non lo sono.- continuò risentita, -sono venuta perché mi interessava sapere qualcosa di più sulla cucina speziata.
Quindi, Hayama, invece di darmi della frivola, perché non provi prima a cambiare approccio con gli altri?-
Hisako, dopo quelle parole, si ritenne soddisfatta perché sembrò che Hayama non avesse di che ribattere_per ora_.
Nel frattempo tornò il vecchio signore con diverse vaschette ripiene di spezie e le poggiò sul banco:
-ecco tutte le spezie migliori che ho. A voi la scelta!- li incitò borioso.
Hayama iniziò a toccarle, annusarle, assaggiarle con attenzione e nel silenzio più assoluto.
Hisako rimase colpita dalla minuziosa analisi che gli vide eseguire nello sceglierle e nel sentirle in tutti i modi possibili, quando alla fine si bloccò e la guardò dritta negli occhi:
-vuoi informarti sulle spezie? Allora voglio proprio vedere quanto ti sia sensibile ad esse.- ghignò.
Lei sgranò gli occhi allibita. -sarebbe una sfida?-
-quello che vuoi. Vediamo come analizzi il sapore e il profumo.-
-d'accordo!- esclamò lei. -di certo non mi tiro indietro!-
-assaggia questa che, come penso tu sappia, è paprika.- le offrì lui.
Prima che potesse portare la mano verso la vaschetta piena di polvere di paprika, lui avvicinò il cucchiaino verso la sua bocca. Lei lo guardò negli smeraldo e arrossì all'idea di averlo tanto vicino.
-prima annusala, poi assaggia.- le ordinò brusco. -parti subito male.-
Forse se lo era immaginato e sicuramente era stato così dato che era sicura di non piacergli; però, nel momento in cui lui aveva portato alla bocca il cucchiaino per farle annusare la paprika, le era parso che si soffermasse un po' troppo sulle sue labbra, come se ne fosse attratto. Comunque, ignorò quei pensieri molesti ed illusori e fece come lui le aveva detto.
Non riuscì a trovare qualcosa di particolare in quella spezia, sicura che lui l'avrebbe insultata per la sua incapacità.
-allora?- rincasò. Dovette essere sincera purtroppo:
-non sono riuscita a trovare la differenza. Mi sembra paprika normale.-
-come immaginavo: le spezie non sono il tuo forte. Non capisci la loro essenza.-
-infatti non sono il mio campo.- ribatté aspra. -ho solo detto che mi interessavano, non che fossi esperta.-
Si sorprese nel vedere che, mentre gli rispondeva a tono, Hayama posò fuggevolmente gli occhi sulle sue labbra. Di nuovo.
Allora forse non si era sbagliata quando aveva notato quel dettaglio, pensò.
Uno spiraglio di speranza le si accese nuovamente, ma doveva nascondergli il rossore e soprattutto le emozioni che provò a quel piccolo pensiero. -se non capisci la loro essenza non puoi interessarti.- replicò lui.
-questo perché tu non hai la pazienza di spiegarmi.- sbottò lei, adirata.
-non avrebbe senso spiegarti. Sono fuori dalla tua portata. Inoltre, sarebbe un'autentica perdita di tempo.-
-posso sempre chiedere a qualcun altro delle lezioni, allora.- protestò ancora, lei, fissandolo con sfida.
Intervenne nella loro accesa discussione il vecchio uomo dietro al banco, divertito dalla comica “scenetta”:
-mi dispiace disturbare i vostri esilaranti battibecchi, ma sto per chiudere per oggi. Ragazzo.. mi dovresti dire cosa compri.- Sorriso loro cordiale e affabile.
-prendo queste tre.- allora disse, Hayama, indicando le tre vaschette_quella della paprika compresa_.
L'uomo si fece soddisfatto. -grazie dell'acquisto.-
Sistemate le spezie, anche loro due tornarono verso l'hotel.



 
****



Hayama, da quando era rientrato in hotel dopo gli acquisti al mercato, non riusciva a distogliere la mente dai contorni delle labbra di Arato. Si chiedeva perché si fosse soffermato sulle sua labbra dopo averle avvicinato il cucchiaio con la paprika.
In qualche modo si era sentito attratto dalla loro morbidezza, dalla finezza, e più volte aveva continuato a fissarle.
Lentamente stava arrivando alla consapevolezza delle sue sensazioni e quella giornata con lei lo aveva aiutato a capire come si sentiva: era attratto da Arato. In qualche maniera quella donna gli piaceva. Sentiva di volerla portare letto, di osare di più. Sicuramente, se ci avesse provato e l'avesse portata a letto, tutte quelle sensazioni di inappagamento e desiderio quando stava con lei sarebbero scomparse. Perché ovviamente si trattava solo di attrazione: non gli interessava instaurarci un legame serio perché sarebbe stata solo una perdita di tempo, però fisicamente il suo corpo sembrava attirarlo. Oltretutto, dalla considerazione che lei gli dava, era anche abbastanza convinto che non l'avrebbe respinto se ci avesse provato. Tuttavia, proprio perché sarebbe stata solo una notte e visto che erano colleghi, non era proprio il caso di assecondare le richieste del suo corpo. Non voleva fastidi sul posto di lavoro e una notte di sesso con Arato lo sarebbe stata, perché avrebbero continuato comunque a vedersi in sede e non solo. Non voleva mettere a repentaglio la sua vita lavorativa solo perché desiderava portare a letto una donna per una notte. Era da sconsiderati farlo.
Doveva cercare di non farle capire che era attratto da lei, per cui trattarla come faceva sempre era la soluzione migliore e la più intelligente. Però doveva ammettere che passare quella giornata con lei non era stato così spiacevole come si era immaginato all'inizio e già tale considerazione non era un buona a nasconderle come si sentiva.




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Angolo autrice: Ecco qua il nuovo cap! ;D spero di non avervi deluso. Come vi sono sembrate le scene Sorina? il flashback di quella notte è un po' più esplicito degli altri, come avrete letto, ma credo di essere riuscita a rispettare i canoni di "arancione" nelle descrizioni. Almeno lo spero! D:
Quelle Marika/Erina (soprattutto di come la piccola Marika vede sua madre con Yukihira) e Soma/Marika? non mi sono soffermata molto sulle descrioni di Disneyland, anche perché non ci sono mai stata davvero e anche se ho guardato su internete informazioni, qualcosa di riassuntivo non l'ho trovato, quindi sono un po' andata ad occhio e immaginazione. Spero non vi dispiaccia! sul "Mercato Barbés" invece, luogo scelto per le scene AkiHisa, mi sono informata abbastanza bene. Come avrete visto, Soma ha praticamente deciso di lasciare Megumi per i suoi forti sentimenti per Erina; però, da quello che vedrete dal prossimo cap che pubblicherò, ci sarà un contrattempo che coinvolgerà la vita di Megumi che gli impedirà di lasciarla al ritorno da Parigi. Vi dico solo questo! :P
Quanto alle scene AkiHisa? cosa ne pensate? non è molto lunga la loro parte, ma intanto Hayama ha ammesso di provare un qualche tipo di attrazione per Hisako, sebbene per il suo orgoglio e il suo modo pregiudizioso e arrogante di pensare abbia deciso di non voler (per ora :P XD) andare oltre con lei. Ci riuscirà? vedremo! XD
Ringrazio tantissimo chi ha lasciato le recensioni! grazie davvero! <3 come dico di solito, cercherò di rispondervi il prima possibile. Perdonatemi se ritardo sempre! >.<' grazie ancora di tutto, in particolare ringrazio chi mi lascia ogni cap una recensione. Ve ne sono davvero grata! *-*

A presto!! *______*
Un bacione grande!! <3 Erina91


 

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Capitolo 11
*** Ricerca disperata ***


Ricerca disperata


Megumi quel giorno non lavorava, per cui aveva deciso di scendere in città per fare alcune compere che altrimenti nel suo piccolo paesino non avrebbe potuto fare. Quando non era impegnata a lavoro aveva bisogno di distrarsi o sennò veniva assalita da preoccupazioni a causa della lontananza da Soma. Inoltre, non era finita qui, aveva scoperto da poco attraverso il suo vecchio padre che gli incassi al ristorante ultimamente non stavano andando e se le “entrate” economiche avessero continuato ad essere basse, lei e la sua famiglia sarebbero stati costretti a chiudere il locale e perdere così il lavoro.
Tutte queste preoccupazioni, gravi problemi, non la stavano aiutando ad affrontare la lontananza da Soma e avrebbe voluto che fosse lì per sostenerla e dirle che sarebbe andato tutto bene, fornendole un'ondata di ottimismo, com'era solito fare in questi casi. Tuttavia, si sentivano poco per telefono e anche il fuso orario era talmente scoordinato che era difficile raccogliere un momento per chiamarsi, soprattutto quando nessuno dei due era impegnato con i propri affari lavorativi od era fuori. Era partito da due giorni, ma a lei sembravano molti di più e non era un buon inizio dato che ne mancavano ancora otto prima del suo ritorno. Voleva sentirlo e sfogarsi con lui sulla gravosa situazione finanziaria in cui si trovava adesso la sua famiglia, anche per chiedergli consiglio su come uscire dalla “crisi” visto che lui stesso, fino a qualche mese fa, gestiva un ristorante e sicuramente era in grado di trovare una soluzione o aiutarla con la sua mente geniale ed impulsiva.
Si chiedeva perché proprio mentre lui era assente doveva scoprire che il ristorante dei suoi genitori, il posto dove pure lei aveva un impiego fisso, non stava andando come avrebbe dovuto. E neanche voleva stressarlo troppo con quella situazione, dato che stava lavorando anche lui. Le veniva da piangere, ma doveva farsi coraggio e non abbattersi: questo era quello che Soma le aveva insegnato da quando si conoscevano. Si domandava anche come stessero andando le giornate a Parigi e più se lo chiedeva, più aveva ipocritamente paura che Soma non le restasse fedele.
Non voleva veramente crederlo, voleva fidarsi di lui, ma non ci riusciva: era più forte di lei e stava male per questo.
Non voleva partire prevenuta, anche perché questo l'avrebbe solo fatta soffrire di più, ma il fatto che avesse perso la fiducia in lui non poteva cambiare con un semplice schiocco di dita: non dipendeva da lei, bensì dagli avvenimenti dell'ultimo periodo. Aveva perdonato Soma per non averle detto la verità su Nakiri, ma la “ferita” rimaneva aperta.
Il “pallino” mentale nel quale si chiedeva quali fossero i sentimenti di Soma per Nakiri, nonostante tutte le ripetute smentite di quest'ultimo, restava immutato e ricolmo di incertezze. Oltretutto, con i problemi che aveva adesso, faticava davvero a combattere ogni disgrazia che gli era capitata lucidamente. Soprattutto la situazione del ristorante.
Intanto che si pettinava i capelli, i suoi occhi calarono sulla lucina blu che stava brillando sul pulsante centrale del cellulare: aveva un messaggio e sapeva essere di Soma. Era sicuramente uno dei suoi ultimi messaggi, così lo lesse:

 
Tutto bene, Megumi? Sono andato a Disneyland come prima giornata a Parigi.
I figli delle cugine Nakiri volevano andarci XD.
Mi sono divertito. Ti saresti divertita anche tu, ne sono sicuro.”

Involontariamente le scappò un sorriso leggendo quel simpatico messaggio.
Guardò l'ora, vi erano sei ore di differenza tra Parigi e Tokyo ed adesso erano le 15.00 del pomeriggio a Tokyo e a Parigi erano all'incirca le 9.00 di mattina: Soma si era sicuramente svegliato da poco, così, d'istinto, lo chiamò.
Aveva bisogno di sentire la sua voce e forse era il momento giusto.
Infatti, pochi secondi dopo, rispose alla chiamata. -Megumi!-
-buongiorno Soma-kun.- sorrise sollevata di sentirlo parlare di nuovo.
-come stai?- chiese subito, lui. -hai letto il mio messaggio di ieri?-
-sì, l'ho letto adesso.- confermò. -quindi hai visto Disneyland!-
-già, quando sono partito non pensavo ci sarei mai andato.-
Lo sentì ridacchiare dall'altra parte della linea. -ti saresti divertita!-
-immagino di sì, lo sai che mi piacciono i cartoni disney.-
-lo dico proprio per questo.- continuò:
-hai fatto bene a chiamarmi in questo momento, perché presto sarei sceso a colazione. Come va, per il resto?-
Megumi, davanti a quella domanda, era indecisa se metterlo al corrente del ristorante della sua famiglia perché non voleva tenerlo troppo a telefono, però alla fine optò per farlo: aveva bisogno di parlarne e sentire cosa lui pensava.
-in realtà le cose non vanno bene al ristorante dei miei genitori, Soma-kun: l'ho scoperto proprio ieri sera a lavoro. Non ero sicura se dirtelo proprio per telefono, ma sono molto preoccupata per il futuro della mia famiglia e del nostro ristorante: se saremo costretti a chiudere, perderò anche il lavoro e poi dobbiamo anche pagare l'affitto della casa alla proprietaria.
Come faremo? Non ho dormito stanotte per questo.- raccontò amareggiata.
Calò il silenzio tra i due, per qualche secondo, poi Soma le rispose:
-mi dispiace molto, Megumi. Davvero non riesco a crederci! Fino a poche settimane fa andava tutto bene, come può esserci stato un calo dell'entrate tanto improvviso? Avete fatto per caso degli acquisti troppo dispendiosi?-
-non ne ho idea. Sono i miei genitori che si occupano di trattare con i fornitori, quindi ci può stare che mio padre abbia esagerato con gli acquisti. Però è anche vero che sono tanti anni che gestisce il ristorante e mi sembra strano un errore tanto elementare. Penso si tratti più di un calo di clientela.-
-ma perché un calo di clientela così netto?-
Megumi si fece riflessiva e suppose:
-mh.. forse si tratta della concorrenza: hanno aperto un ristorante di pesce nella nostra zona e vicino al nostro locale.
Ci sta facendo perdere i clienti. Come sai il mio paese è molto piccolo e ce ne sono davvero pochi di ristoranti, il nostro era uno di quei pochi e si trovava anche tra i più buoni. Proprio per questo i clienti venivano a mangiare da noi.
Ora, con questo nuovo ristorante e la voglia di novità, la gente vuole altro.
Penso che dipenda da questo, Soma-kun, non da qualche errore dei miei genitori.-
-allora, se si tratta di questo, si può risolvere!- disse lui, tranquillo.
-cosa proponi, dunque?-
-un rinnovo del menù, delle ricette. Magari anche della pubblicità sulle nuove ricette. L'essenza del ristorante della tua famiglia, però, deve restare la stessa o sennò rischiate di fare peggio. Quello che forse dovete cambiare è la scelta dei piatti. Sono sicuro che diventerete un'ottima concorrenza, in questo modo, per l'altro ristorante. Provate Megumi!- le suggerì.
-mi starai accanto nel frattempo, Soma-kun?- domandò timidamente.
Vi fu una pausa nella conversazione: Soma non gli fornì una risposta immediata e questo la lasciò abbastanza perplessa. -sì, lo farò.- in seguito acconsentì, in tono distratto. Megumi, di conseguenza, davanti alla risposta di Soma, fu assalita da una sorta di inquietudine: la voce del suo ragazzo si era fatta più cupa, quasi contenuta nel rispondergli, e non gli piacque.
Cercò di scacciare quella sensazione decidendo di farla passare solo per un'impressione o si sarebbe solo ferita ulteriormente. -grazie dei consigli, glieli dirò anche ai miei genitori.-
-d'accordo!- il suo tono era tornato squillante, ma i dubbi permanevano.
-mi ha fatto piacere sentirti, Megumi!- aggiunse, -ci sentiamo più tardi.-
-certo, Soma-kun. Buona giornata!- gli augurò.
-buona giornata anche a te, Megumi, e stai tranquilla: tutto si risolve!-
-grazie del sostegno, Soma-kun.-
-lo sai che ci sono quando hai bisogno.-
Le strappò un sorriso: alla fine era sempre premuroso con lei e questo non era cambiato da quando era partito.
Nonostante questo pensiero, però, lo strano comportamento di Soma, che aveva interpretato attraverso la chiamata, non la lasciava tranquilla. Che fosse successo qualcosa tra lui e Nakiri? Che avesse capito qualcosa in quei due giorni?
Sentì l'angoscia farsi pungente, deglutì tesa, cercò di scappare un'altra volta dalla brutta sensazione che non le lasciava respiro. Doveva farcela a controllarsi. Doveva pensare ad altro.
In suo aiuto venne l'immagine sorridente del volto di Takumi e la frase che le aveva detto a telefono prima che Soma partisse:

Semmai dovessi sentirti sola quando Soma non c'è, puoi sempre chiamarmi o venire direttamente al mio ristorante. Sarai sempre la benvenuta.”

Con in testa quelle parole, stava per chiamarlo, ma abbassò la mano prima di farlo: non voleva parlare con Takumi di Soma, poiché non ci faceva nemmeno bella figura e poteva sembrare che lo chiamasse solo quando le faceva comodo, così evitò. Si sorprese quando, un'ora dopo, fu proprio Takumi a chiamarla. -Takumi-kun!-
-ciao Megumi! Come stai?-
-tutto bene, te? È successo qualcosa?-
-no, tranquilla. Sto bene, comunque.- la rassicurò. -che fai tra poco?-
-sono andata a fare compere tutta la mattina, ma adesso ho finito. Perché?-
-sono le 16.00 e tra un'oretta devo rientrare a lavoro per il servizio della cena al ristorante.
Che ne dici se ci prendiamo un caffè veloce insieme, prima?-
Megumi era meravigliata e si stupì nel sentirsi emozionata per l'invito.
-volentieri!- difatti accettò di buongrado. Almeno si sarebbe distratta.
-perfetto! Allora fissiamo alla caffetteria di fianco al mio ristorante?-
-certo. Allora a tra poco, Takumi-kun.-
-a tra poco.-

Per fortuna la caffetteria non era molto distante da dove si trovava, dunque arrivò abbastanza veloce all'appuntamento con Takumi. Lui era già lì e fu strano vederlo in abiti quotidiani e non con la solita divisa da chef dopo tanto tempo.
Rimase affascinata: i capelli biondi erano allungati e non coperti dalla cuffia da chef e alcuni ciuffi ribelli coprivano la sua fronte spaziosa, donandogli un'aria più virile del solito, non rovinando comunque i suoi lineamenti fini e delicati.
Gli occhi azzurri erano grandi, luminosi, sembravano felici e furono capaci di rasserenarla subito.
I jeans scuri calzavano perfetti sulle gambe toniche e il golfino largo, a righe bianche e nere, scendeva sportivo e con stile risaltando la costituzione fisica massiccia e scolpita. Era anche migliorato molto esteriormente: il volto dai contorni femminili e aggraziato era rimasto tale, ma si era fatto in qualche modo più maturo e mascolino. Forse perché aveva un aspetto più allenato rispetto al passato. Era bello. Sembrava un modello da come era perfetto, modi di fare compresi.
Non lo aveva mai guardato in quella maniera e ora che ci pensava era anche la prima volta che uscivano da soli al di fuori del ristorante Aldini e senza Soma fra loro. Non erano più un “trio” ma un “duo”. La loro uscita poteva essere scambiata per un appuntamento agli occhi di sconosciuti e il fatto che in quel momento avesse guardato Takumi sotto un altro punto di vista_meno confidenziale e amichevole_ritenendolo addirittura un uomo attraente, di certo non la incoraggiava a vedere quell'incontro come un'uscita tra amici ma come un vero appuntamento tra un uomo e una donna. Arrossì di botto.
Cosa stava pensando? Era fuori di testa?
Si trattava solo di Takumi, non di un estraneo, perché stava immaginando qualcosa di tanto imbarazzante?
Lei amava Soma, no?
La risposta era ovvia: sì, lo amava, altrimenti adesso non sarebbe stata così male mentre era a Parigi.
Allora perché stava guardando Takumi per l'uomo affascinante che era?
Da quando aveva iniziato a vederlo come un uomo e non come un semplice amico?

Era innamorata di Soma, indubbiamente, però sembrava essersi accorta proprio in quel momento che Takumi era un essere maschile proprio come il suo compagno attuale. Quell'uscita, dunque, visti gli apprezzamenti mentali e i pensieri che stava avendo, doveva vederla come un appuntamento? Non lo sapeva e neanche voleva pensarci.
Non voleva succedesse niente, dato che stava con Soma, ma non riusciva proprio a non sentirsi a disagio all'idea di uscire da sola con Takumi. Cosa significava? Forse che un po' Takumi le piaceva?
In ogni caso, non doveva pensarci.
Probabilmente era stato solo l'impatto con Takumi vestito in abiti quotidiani che l'aveva confusa. Niente di più.
Raccolse un respiro profondo, cercando di controllare l'agitazione causata dai pensieri che l'avevano appena invasa, e gli andò in contro. -sempre puntuale, Takumi-kun.- gli sorrise, graziosa.
-anche tu Megumi.- notò lui.

Entrarono nella caffetteria che si presentò come un locale molto accogliente e raccolto, in qualche modo romantico. Avvampò a quel pensiero. Perché continuava a fare certi pensieri?
Concluso il momento di imbarazzo, si accomodarono ed iniziarono a parlare del più e del meno, in attesa del cameriere.
Ad un tratto lui si soffermò a guardarla e all'improvviso le chiese:
-sei davvero sicura di stare bene, Megumi?-
-certo Takumi-kun, non preoccuparti. Perché me lo chiedi?-
Non era la verità, ma non voleva farlo preoccupare più del dovuto.
-sembri tranquilla, però anche tormentata. Forse è solo un'impressione.-
-penso tu abbia ragione a sostenere che sono tormentata, ma credimi se ti dico che preferisco divertimenti oggi.
Non mi va di pensare, quindi parliamo tranquillamente, come prima..- accennò un sorriso -..d'accordo, Takumi-kun?-
Lui annuì comprensivo. -come preferisci!- accettò. -allora cercherò di farti divertire il più possibile!-
Le strizzò l'occhiolino e lei stranamente si sentì imbarazzata.
-grazie. Ti sono davvero grata.-


 

****


Finalmente il cameriere portò loro i due caffè ordinati.
Takumi aveva ascoltato Megumi mentre parlava, ma aveva anche notato che non sembrava tranquilla come gli faceva credere. Gli era venuto spontaneo chiederle se andasse davvero tutto bene e dalla risposta di Megumi aveva compreso non essere così. Tuttavia, lei gli aveva chiesto esplicitamente di non parlarne e alla fine aveva deciso di non insistere e di rispettare la sua richiesta, poiché sembrava essere quello che voleva. Si sentiva un po' in colpa verso Soma per aver chiesto a Megumi di uscire e inizialmente aveva seriamente considerato quell'incontro come un'uscita tra amici: non c'erano state cattive intenzioni dietro al suo invito a Megumi e neanche doppi fini, visto che era la ragazza del suo migliore amico; però, quando l'aveva vista comparire davanti a lui, quell'invito si era trasformato in un vero e proprio appuntamento.
Un'altra volta aveva guardato Megumi per quello che era: una donna e anche graziosa in tutta la sua semplicità.
A quel punto, sentendosi irrimediabilmente attratto da lei come donna, era stato travolto dai sensi di colpa perché ciò voleva dire che a lui sembrava di avere un appuntamento con la ragazza del suo migliore amico e non era piacevole sentirsi tanto meschino. Comunque, si era convinto che avrebbe ignorato gli ambigui sentimenti provati per Megumi e così aveva celato i suoi veri pensieri parlando del più e del meno, evitando di entrare in discorsi imbarazzanti e cercando di non esporsi con le parole. Controllare frasi complimentose fu arduo, perché ogni secondo moriva dalla voglia di dirle “sei davvero carina” e questo non era positivo. Ed era ingiusto anche nei confronti di Soma e neanche era corretto approfittarsi delle debolezze di Megumi negli ultimi giorni per insinuarsi nella sua testa o ricrearsi un piccolo spazio nel suo cuore solamente perché provava un certo interesse per lei. Interesse che doveva proprio fingere di non avere in maniera da non commettere errori e soprattutto per non rovinare il suo rapporto di amicizia con Soma e Megumi.
I suoi vaneggiamenti furono interrotti da una domanda di quest'ultima:
-Takumi-kun, dov'è Isami-kun oggi?-
Lui sorrise compiaciuto e vide Megumi farsi confusa alla sua reazione:
-è fuori con Mito Nikumi.- annunciò, poi.
A quella risposta, le si illuminò il viso per lo stupore misto a felicità:
-davvero? Allora si sono messi insieme?-
-proprio così.- confermò solare. -da qualche giorno.-
-sono davvero felice per Isami-kun e Mito-san.-
-anch'io lo sono per loro, soprattutto per mio fratello.-

Nel frattempo che parlavano un cliente passò troppo vicino a Takumi e, dato lo spazio ristretto della caffetteria, per sbaglio gli diede una gomitata proprio quando aveva in mano la tazzina di caffè e il liquido scuro si versò leggermente sulla suo golf a righe bianche e nere. -oh cavolo!- imprecò infatti, sobbalzando sulla sedia.
-oddio Takumi-kun! Ti sei bruciato?- chiese apprensiva lei, alzandosi di scatto dalla sedia a sua volta.
Takumi sbuffò un po' e il giovane ragazzo che l'aveva colpito si scusò quasi intimorito_anche se era davvero dispiaciuto_.
-no, tranquilla Megumi. Era già meno caldo di prima.- in seguito le rispose.
Lei corse subito ai ripari rovistando nella sua borsetta e tirò fuori un porta salviette, di quelle profumate.
-va pulito subito.- affermò. Dunque, accuratamente, si alzò dalla sedia, guardò Takumi e si specchiò nelle sue iridi azzurre, bloccando per un attimo i movimenti_o almeno a lui era sembrato così_che stava facendo.
Vi fu uno scambio di sguardi intenso, complice, intimo. Tale scambio fu purtroppo interrotto dalle parole di lei:
-Takumi-kun.. girati verso di me.- lo invitò timidamente, cercando di sfuggire ai suoi occhi. Lui fece come gli era stato detto e lei cercò di ripulirgli la macchia di caffè dal golf come meglio poteva. Takumi si sentì a disagio a quella vicinanza, soprattutto ripensando a come si erano guardati prima. Trovò addirittura adorabile la premura e la gentilezza di Megumi da quando gli si era versato il caffè addosso. Non riuscì a controllare i suoi occhi che andarono verso la scollatura della maglietta che indossava, lasciando intravedere la divisione tra i suoi rotondi seni.
“Scusa Soma” fu il suo unico pensiero, visto che stava guardando con desiderio la sua ragazza.
Era chiaro che fosse attratto da Megumi e anche se continuava a negarlo era sempre più difficile fingere che non fosse così.
Sapeva che doveva subito fermare quello che sentiva, per cui disse:
-basta così, Megumi, è abbastanza pulito adesso.- la allontanò per le spalle e le sorrise con tenerezza, cercando di mascherare le sensazioni che avvertiva ad averla tanto vicino. -mi sei stata di grande aiuto.-
-sicuro che sei apposto, Takumi-kun?-
-sicuro.- ripeté lui fiducioso. Calò un vergognoso silenzio tra i due, ricco di tensione magnetica ed attrattiva.
D'istinto osservò Megumi: la trovava davvero carina con quella maglietta verde smeraldo con un leggero scollo al petto, lunga, sopra ad un paio di leggis neri che calzavano perfetti alla sua vita e sulle snelle gambe, risaltate da un paio di stivaletti neri con una piccola zeppa. Le lisce ciocche, sciolte, scendevano aggraziate e ben acconciate incorniciandole il volto delicato e lievemente truccato, quello che bastava a spiccare la naturale bellezza di Megumi.
Fu proprio dopo averla guardata in quel modo, che non riuscì a trattenersi dal dirle quello che non avrebbe dovuto:
-sei davvero carina oggi, Megumi.-
Guardò altrove, si portò le mani sopra agli occhi a mo di imbarazzo e si sentì un po' arrossire.
Si maledì per aver parlato davvero.
Anche lei distolse lo sguardo impacciata e farfugliò non sapendo cosa dire:
-grazie Takumi-kun, è la prima volta che te lo sento dire.-
Lui cercò di rimediare a quello che aveva detto senza creare disguidi:
-non farti problemi per quello che ti ho detto, ok, Megumi? Il mio era solo un semplice complimento.
L'ho pensato e l'ho detto, non c'è niente dietro.-
Da una parte era la verità, dall'altra sapeva che l'aveva detto perché era da tempo che dentro di lui pensava che Megumi fosse carina e aveva sempre cercato di scacciare il pensiero. Però, vista l'atmosfera che si era creata tra loro quel pomeriggio, non era riuscito a controllarsi come al solito. Era stato più forte di lui.
Mentre rifletteva, guardò l'orologio al polso e si accorse che era già passata un'ora e presto sarebbe entrato a lavoro.
Colse quell'opportunità per cambiare discorso e sciogliere l'imbarazzo:
-adesso devo proprio entrare a lavoro. È già passata un'ora.-
Non negò che gli dispiacesse interrompere quell'uscita perché si era accorto di stare bene in compagnia di Megumi, oltre a trovarla carina. Continuava ad essere sbagliato sentirsi così con lei, ma non poteva farci nulla.
-oh! Hai ragione Takumi-kun!- esclamò lei, stupita -è passata veloce un'ora.-
Lui la guardò e sorrise: era felice di sentire che anche per lei quell'ora era passata veloce: era positivo, perché voleva dire che stavano bene insieme. Ignorò subito quel pensiero, non poteva permetterselo.
-già, è passata veloce. Mi ha fatto piacere vederti!-
Alla fine voleva essere sincero con lei. Era giusto dirglielo.
-anche a me.- ricambiò il sorriso lei. -grazie della compagnia.-
-di niente. Lo sai, quando vuoi.-
Era un po' emozionato nel dire quelle parole, però non poteva fare a meno di essere felice che Megumi si trovasse bene  con lui. -certo, volentieri.- rispose lei, radiosa.

Detto questo, andati alla cassa per i caffè, pagò lui per tutte e due.
-grazie di avermi offerto il caffè.- disse lei, timida, usciti dal locale.
-è stato un piacere.- le sorrise lui.
Infine si salutarono. Erano meravigliati entrambi per come si era rivelata quella breve uscita.
Erano stati bene, anche se si era trattato solo di un'oretta scarsa.



 
****


Intanto, a Parigi, lei, Soma e Marika erano finiti nuovamente a visitare la città da soli. Questa volta, però, non era stata l'insistenza di Marika a convincerla ad invitare Soma, ma la scaltrezza di sua cugina a farlo.
La mattina erano tutti partiti con l'idea di visitare Parigi in gruppo, tranne Hayama che preferiva stare per conto suo, ma Alice aveva cambiato idea all'improvviso e proprio poco prima di uscire dall'hotel, decidendo di fare lo stesso tour con Hayama e portarsi dietro anche Hisako. Aveva provato a dire che pure loro si univano, ma Alice aveva sviato la sua intenzione dicendo che erano esauriti i biglietti. Ecco spiegato perché lei, Soma e Marika si trovavano in quella situazione. Sua cugina era veramente tremenda quando ci si metteva.

Comunque, era già passata l'ora di pranzo e nel corso della mattinata avevano visitato il famoso museo del Louvre, anche se non tutto perché i reparti erano moltissimi e per Marika sarebbe stato troppo noioso e stancante.
Poi, fatta la pausa pranzo, erano ripartiti con la visita di altri panorama artistici di Parigi.
Adesso stavano solo camminando tra le strade, che erano molto affollate.
Allontanarsi sarebbe stato pericoloso, specialmente per Marika che era piccola; quindi, le stringeva stretta stretta la mano e allo stesso tempo camminava affianco di Soma. Quel giorno, però, Marika sembrava avere la giornata storta_a volte le capitava_e girare fermandosi poco era stato anche faticoso per lei.
Lo stato d'animo di sua figlia iniziò a degenerare quando passarono accanto alla sala giochi:
-mamma! Vorrei entrare lì dentro!-
Soma fissò la sala giochi e guardò Erina, che cercò di rispondere a Marika:
-tesoro.. ci sono posti migliori da vedere anche per te, invece che la sala giochi.- sapeva che, rispondendole in quel modo, avrebbe iniziato a lamentarsi proprio perché appariva più irrequieta del normale.
-voglio andarci lo stesso! Mi accompagni Soma oniichan?-
Andò verso l'uomo e lo trascinò per la mano, Soma prima guardò la bambina e sapendo di non potersi intromettere nelle sue scelte restò in silenzio, guardò anche Erina come a chiedergli cosa doveva risponderle.
-no, Marika. Niente sala giochi! Andiamo in un parco, vuoi?- insisté la donna.
-quale parco?- Marika mise un broncio contrariato.
-un parco qui vicino, ce ne sono tanti.-
Allora anche Soma cercò di andare in suo soccorso, visto che la bambina non appariva lo stesso convinta:
-Marika.. sono sicura che i parchi sono più divertenti e spaziosi della sala giochi, non credi? Se vuoi ti spingo sull'altalena.-
Marika allora si fece entusiasta e si aprì in un sorriso smagliante.
-mi spingerai davvero sull'altalena, Soma oniichan?-
-è una promessa piccola!- alzò il pollice e le strizzò l'occhiolino.
Erina si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, pensando che Marika si fosse pienamente convinta; peccato che, dopo un'altra mezz'ora di cammino verso il parco consigliato e riportato sulla cartina di Parigi, la bambina iniziò a fare nuovamente i capricci davanti ad una vetrina di un negozio della Disney rimanendo incantata da una Minny enorme seduta su un cubo rosso a pallini bianchi, proprio come il classico abito della topolina più famosa della Disney.
-mamma.. possiamo comprarla?-
Erina strinse la mano di Marika e fu costretta a risponderle:
-no tesoro, è troppo grande e non possiamo comprarlo.-
Non che le mancassero i soldi per comprarlo visto che apparteneva ad una delle famiglie più ricche di Tokyo e non solo, ma non voleva viziare Marika con degli acquisti troppo eccessivi e, se voleva tanto Minny, glie l'avrebbe regalata per il compleanno. Voleva insegnarle che era più bello comprare alcuni oggetti quando lo si faceva soprattutto grazie ai nostri sforzi. Questo non voleva dire che non comprava mai niente a sua figlia, tutt'altro, ma per pupazzi tanto grossi e anche ingombranti (soprattutto perché avrebbero dovuto portarli indietro con l'aereo e causa delle grosse dimensioni rischiava di non entrare nemmeno nelle valigie da stiva) non voleva spendere e in particolare non voleva inculcarle in testa l'idea che, siccome erano di famiglia ricca, tutte le era dovuto. Marika, tuttavia, la risposta di “rifiuto” non la prese benissimo.
-perché no? Minny è bellissima! Dai mamma! Per favore!-
-ti ho detto di no, Marika! Non farmelo ripetere!-
La trascinò più distante dal negozio della disney, mentre la bambina cercava di ritirarla indietro iniziando quasi a fare le bizze. Yukihira non sembrava sapere cosa dire e dunque optò per il silenzio.
Lei si sentì in imbarazzo davanti a lui, a farlo assistere ad una discussione simile:
-mi dispiace Yukihira.- poté solo dire. -di solito è molto tranquilla ed educata, ma ci sono dei giorni in cui è più stanca e si impunta sulle cose o su degli oggetti. Un po' come tutti i bambini.-
Marika continuava ad essere arrabbiata e lei tentò nuovamente di calmarla:
-Marika! Per favore! Ti ho detto che non possiamo. Non insistere!-
Furono proprio quelle parole a distruggere completamente la quiete e far del tutto esplodere Marika:
-cattiva mamma!- gridò con le lacrime agli occhi, il paffuto volto arrossato e gli occhietti lucidi.
Era la prima volta che si sentiva dire “cattiva” da sua figlia e questo la ferì moltissimo, sentendosi invasa dai sensi di colpa e dalla paura di essere stata troppo dura. In un gesto involontario, difatti, le aveva lasciato la mano e prima di riuscire a fermarla, la vide correre via e sparire tra la folla. -Marika!!- le grida disperate che la richiamarono partirono sia da Yukihira che da lei. Il primo sgranò gli occhi e nemmeno lui era riuscita a bloccarla in tempo. Il richiamo gli era uscito spontaneo. Anche lei aveva provato a rincorrerla, ma i passanti le avevano tagliato la strada e l'aveva persa di vista in un secondo: fu assalita da un panico che non aveva mai provato. Era una sensazione orribile, talmente tanto che le veniva di rigettare per le dolorose fitte allo stomaco causate dalla preoccupazione di averla persa di vista e solo perché sconsideratamente le aveva lasciato la mano. Iniziò a ripetere meccanicamente, in sussurro, il nome di sua figlia.
-Marika..- e ancora. -Marika..- e di nuovo piena d'angoscia:
-Marika dove sei!?!- Provò a chiamarla ad alta voce, ripetutamente, nella vana speranza che non si fosse allontanata troppo e potesse sentire la sua voce. Sentì delle lacrime di paura scenderle dagli occhi e Yukihira, vedendola tanto agitata come non l'aveva mai vista, d'impulso la abbracciò e le iniziò ad accarezzare i capelli con cura come se fosse una bambina in preda allo spavento. -non chiamarla più, Nakiri, l'hai già fatto più di dieci volte. Non ti sente.- iniziò col il dirle -stai tranquilla, non sarà andata lontano. La troveremo sicuramente! La troverò sicuramente!- affermò con decisione.
Lei non riuscì a trattenersi, rispose all'abbraccio di Yukihira perché ne sentiva veramente il bisogno. La sua voce fiduciosa e rassicurante fu capace di tranquillizzarla un po' e quell'abbraccio era sincero, così come le parole dell'uomo.
Inoltre, se lo conosceva bene, Yukihira quando diceva qualcosa non si tirava indietro e finché non otteneva ciò che voleva non si sarebbe arreso. Sapere di avere una persona come lui accanto, in quel momento, ottimista, la stava aiutando moltissimo_anche se la forte preoccupazione per Marika non spariva_.
Parigi era immensa, era lontano mille miglia da Tokyo e sua figlia aveva solo sei anni.
Non sapeva niente di quella città, per lei era sconosciuta. Il traffico stradale era mortalmente pericoloso.
E se le fosse successo qualcosa?
A quel pensiero le veniva quasi da svenire da quanto faticava a reggersi in piedi. Sentiva la stabilità delle gambe farsi molle, lo stomaco bruciarle dal terrore e dai sensi di colpa. Dov'era? Solo l'abbraccio confortante di Yukihira a tenerla in piedi, ad impedirle di crollare dallo spavento e per il senso di vuoto totale che stava provando, mentre il sorriso solare e innocente di Marika lentamente si faceva sfuocato nella sua testa. Le lacrime ormai sgorgavano imperterrite dai suoi occhi lilla.
Yukihira proseguiva ad accarezzarle la testa, a stringerle la mano con forza per trasmetterle coraggio e continuava a dirle frasi rassicuranti nel tentavo di calmare quella crisi per farla tornare lucida e iniziare cercare Marika.
-Nakiri! Riprenditi! Se ti riduci così non si va da nessuna parte.
Dobbiamo pensare a come trovarla e decidere da che parte cominciare a cercarla.- esordì ancora lui. -non buttarti giù!-
Dopo quelle parole Erina sembrò riprendersi un po' e annuì, tirando su con il naso per poi allontanarsi dalle sue braccia forti. -hai ragione, Yukihira.- provò a dire, in tono strozzato.
Yukihira prese in mano la situazione e cercò di ragionare con lei:
-Nakiri.. per caso dentro lo zainetto a fiori di Marika hai lasciato qualcosa che ci potesse aiutare a trovarla?
Tipo un numero di cellulare?-
Erina ci rifletté attentamente e ricordò di aver messo dentro ad una delle tasche dello zainetto il suo numero di cellulare. L'aveva sempre fatto per precauzione, perché questo la rassicurava.
-ora che mi ci fai pensare, dovrebbe esserci un foglietto con il mio numero dentro ad una tasca.-
-perfetto!- sorrise soddisfatto. -questo è un buon inizio, almeno se qualche affidabile adulto si accorge che Marika è sola potrebbe chiamarti per dirti dove si trova e a quel punto sarebbe più facile trovarla.-
-dobbiamo comunque iniziare a cercarla!- precisò lei.
-ovvio!- concordò lui. -forse è meglio dividerci per cercarla, che ne dici?-
-sì, penso sia la cosa migliore!-
Si guardarono ancora una volta e lei si allontanò per prima.
Lui la fermò per il polso e le sorrise sereno:
-la troveremo, Nakiri. Stai tranquilla!-
Erina lo ringraziò mentalmente, si asciugò le lacrime e iniziarono a cercarla separatamente.
In due zone diverse, ma comunque intorno.



 
****


Soma, separato da Nakiri, rifletté su dove potesse essere andata la bambina.
Anche lui si sentiva molto preoccupato ed angosciato. Non era sua figlia, era solo la bambina della donna che amava, eppure si sentiva tutti i muscoli tesi a causa del terrore che avvertiva. Era riuscito a malapena a rassicurare Nakiri e a scrollarla un po' da quello stato passivo e disperato, cercando di nasconderle la sua preoccupazione, ma nonostante questo non pensava ad altro: voleva trovare a tutti i costi Marika. Se le fosse successo qualcosa?
Si sentiva devastato e si stupiva sempre di più di come si era attaccato a quella bambina. Come desiderasse rivederla sorridere. Si era rattristato molto a vederla piangere, era anche la prima volta che lo faceva di fronte a lui perché solitamente era una bimba solare e spensierata. Anche veder discutere Nakiri e Marika non era stato piacevole. Loro che erano sempre insieme, che condividevano a suo dire un rapporto meraviglioso: Nakiri stravedeva per Marika e avrebbe fatto di tutto per lei_come normalmente una madre farebbe per la figlia_ e non solo.. era diversa con Marika, si addolciva in maniera adorabile, e Marika la seguiva a ruota: si vedeva come adorava sua madre e lo dimostrava in tanti modi, soprattutto quando le regalava quei sorrisi meravigliosi, il cui destinatario spesso e volentieri era pure lui.
Adorava vedere Marika sorridere e per tale motivo sentiva il cuore scoppiargli nel petto dall'ansia. Voleva trovarla subito.
Doveva pensare con più precisione dove potesse essere andata.
Parigi era immensa, Marika era così piccola in confronto e anche il traffico stradale lo preoccupava seriamente.
Da quando era scomparsa Marika, tutto ciò che lo rendeva nervoso prima che succedesse, dopo la conversazione con Megumi, era stato sovrastato dal desiderio folle di trovare la bambina. Appena l'avrebbe trovata si sarebbe concentrato sulla decisione presa dopo la conversazione con Megumi. Ora era fondamentale trovare Marika.
Così pensò ancora a dove potesse essere, quando finalmente gli venne in mente che Marika voleva tanto comprare quel pupazzo di Minny enorme. Con tale illuminazione, fece retromarcia decidendo di passare dal negozio della disney nella speranza di trovarla lì dentro. Appena trovò il negozio, si fiondò subito dentro guardando in qualsiasi angolo, dal più invisibile al più grande, girando freneticamente la testa: purtroppo non c'era traccia di Marika.
Dov'era allora? Il solito groppo d'ansia si formò nuovamente in gola.
L'unica era provare a chiedere alla commessa se avesse visto una bambina con la stessa fisionomia di Marika.
Alzò gli occhi al cielo, nel tentativo di controllare il terrore che sentiva e si avvicinò alla giovane donna:
-mi scusi signorina..- la donna si fece attenta e gli sorrise gentilmente:
-chieda pure signore!-
-..per caso ha visto nel negozio una bambina bionda, riccioluta e con gli occhi del mio stesso colore?
Me lo dica per favore! È importante!-
La donna lo guardò dritto negli occhi e si fece pensierosa, per poi dire:
-mi dispiace signore, la sua descrizione è un po' generale.
Essendo in un negozio disney ne vedo tanti di bambini con le caratteristiche che ha detto.-
-la prego! faccia mente locale più che può. Non troviamo più questa bambina ed è già quasi mezz'ora che la cerchiamo.- Sentiva l'inquietudine salirgli sempre di più, ma almeno lui doveva mantenere se voleva aiutare Nakiri a ritrovare Marika. La donna si fece più concentrata e ad un tratto sembrò ricordare qualcosa di importante:
-ora ci penso, ho visto una bambina simile non tanto tempo fa: sembrava un po' spaesata, in effetti, e sul punto di scoppiare a piangere. Non ho visto adulti accanto a lei..- lui sgranò gli occhi per il sollievo.
Poteva essere un indizio e infatti non la lasciò continuare, intervenendo:
-..ha per caso visto dov'è andata?? la prego me lo dica!-
-mh.. ho visto che una donna si è avvicinata a lei, aveva un altro bambino che teneva per mano e non sembrava pericolosa, gli ha chiesto qualcosa che non ho sentito e poi sono uscite.- descrisse.
-dove sono andate??- chiese ancora, cercando di captare informazioni più precise:
-ha visto all'uscita in che direzione sono andate?-
La donna ci pensò ancora. La stava tempestando e lo sapeva, ma non poteva fare altrimenti.
La sentì proseguire:
-non vorrei sbagliarmi, però mi è parso che attraversassero la strada e prendessero la destra.
Non ci faccia troppo affidamento, però.-
-quanti minuti fa più o meno, tutto questo, se lo ricorda?-
-no, mi dispiace. Ma non tanto tempo fa.-
-grazie signorina! Mi è stata di grande aiuto!-
Uscì rapidamente dal negozio della Disney, attraversò la strada e corse velocemente nella direzione che la commessa gli aveva detto. Se era una donna intelligente, la persona che l'aveva trovata, non si sarebbe allontanata molto da dove l'aveva raccolta. Confidava in questo.

Qualche passo più là, dopo una faticosa corsa, ecco che si trovò davanti ad un parco e portò gli occhi su diverse panchine nella speranza di vederle. Finalmente, dopo aver guardato in ogni punto, notò una donna con accanto un bambino più piccolo di Marika e Marika stessa: poteva riconoscerla tra mille, quei riccioli lunghi e biondi non ce l'aveva nessuno. ù
La donna teneva le mano della bambina e con delle carezze sulla testa cercava di consolarla perché sembrava lacrimare un po'. Vide la donna anche cercare qualcosa nello zainetto di Marika.
Non riusciva a crederci, l'aveva davvero trovata. Sorrise radioso. Tutta la tensione che aveva accumulato nel cercarla e per la paura di non trovarla, si alleggerì in un secondo; dunque, le raggiunse.
Prima che potesse chiamare la bambina, però, fu proprio quest'ultima ad accorgersi di lui:
-Soma oniichan!!- lo chiamò correndo da lui, gli occhi umidi per colpa dei pianti e il viso arrossato perché rigato di lacrime.
D'istinto l'abbracciò stretta, più che poteva, mentre la bambina cercava di calmarsi.
-ho avuto tanta paura, Soma oniichan.- disse tra i singulti.
Sentiva le mani della bambina stringerlo forte, a sua volta, segno che si era presa uno bello spavento.
Lui cercò di rassicurarla con gesti affettuosi e carezze sulla zazzera bionda.
-ero preoccupato anch'io piccola.- ammise sinceramente. Si rilassò.
-sono felice di averti trovata! Sono così felice! Adesso va tutto bene, ci sono io, e ti riporto subito dalla mamma.-
La bambina sembrò calmarsi un po', si staccò da lui e alzò gli occhietti ambra verso quelli suoi. Lui fu travolto da una sensazione di tenerezza, vedendo gli occhi lucidi e anche di sollievo quando vide che si stava calmando.
-mi dispiace tanto, Soma oniichan, per essere scappata via dalla mamma.-
-la mamma era molto preoccupata per te, sai? Dovremmo avvertirla subito che ti abbiamo trovato.
Non ce l'hai più con lei, vero?-
La bambina scosse la testa con convinzione:
-voglio solo tornare dalla mamma.- tirò su con il naso e si asciugò gli occhi con le mani.
Lui gli sorrise con dolcezza. -allora andiamo subito da lei.-

La donna che aveva trovato Marika si portò davanti a loro e gli sorrise:
-è il padre della bambina?-
Soma sussultò nuovamente, di fronte a quella domanda che già gli avevano fatto.
Ormai era chiaro che agli occhi degli altri sembrava davvero il padre.
Era bello sentirsi paragonato al padre di Marika e nello stesso tempo era triste perché così non era.
-no, purtroppo. Sono un amico della madre. Eravamo insieme prima che Marika si perdesse.-
-allora mi posso fidare a lasciarla nelle sue mani, visto che la bambina sembra molto vicina a lei. Sembra tranquilla.-
-sì, grazie davvero per averla trovata. Se non vi avesse incontrata non so come avremmo fatto. Le sono davvero grato! Se c'è qualcosa che posso fare per lei, per ricambiarla, me lo dica senza problemi.- le rivolse un sorriso.
-no, non desidero niente in cambio.
Sono una madre anch'io e capisco quanto possa essere dolorosa e devastante l'ansia per un figlio.-
-allora la ringrazio molto!- ripeté lui.
-mi potrebbe guardare un attimo Marika? Faccio una chiamata alla madre, che la starà ancora cercando.-
L'aveva già chiamato più volte per sapere se l'aveva trovata, con tanto di messaggi ripetitivi con la stessa domanda.
Doveva avvertirla che andava tutto bene o Nakiri sarebbe finita nuovamente in crisi.
La donna davanti a lui annuì e iniziò ad intrattenere Marika.

Lui si portò da parte e cercò nella rubrica il numero di Nakiri.
Lei rispose subito alla chiamata e chiese subito, inquieta:
-l'hai trovata?! Ti prego, Yukihira, dimmi che l'hai trovata!
È un'ora che la cerco. Sono fuori di testa!-
-l'ho trovata.- rispose svelto lui. -va tutto bene, Nakiri.-
La sentì sospirare dalla parta opposta della linea e poteva immaginarsi benissimo la reazione di alleviamento che la accompagnò. -dov'era? Dove sei?- poi iniziarono le domande.
-era in un parco con una donna e un altro bambino, è stata lei che l'ha trovata. Il parco è vicino alla torre Eiffel.
Non importa che vieni qui, ci troviamo davanti alla torre, d'accordo? Volevamo andarci al tramonto, no?-
-d'accordo! Però sbrigati Yukihira!-
Lui sorrise. -certo! Arrivo subito e ti porto Marika.-
Con questo, riattaccò la conversazione.
Ringraziò ancora la signora, salutò il bambino e prese la manina di Marika.
-raggiungiamo la mamma, piccola?-
La bambina sorrise radiosa.
-non vedo l'ora di abbracciare la mamma!-



 
****


Erina li vide arrivare. Soma stringeva la mano di Marika e la bambina, appena la notò, lasciò la mano di quest'ultimo e corse da lei.  -mamma!!-
Lei aprì le braccia per accoglierla e si abbassò all'altezza della bimba per avvolgerla meglio: tutto questo sotto il sorriso solare di Yukihira. -grazie al cielo stai bene, tesoro. Ero preoccupata per te. moltissimo.- confessò, non smettendolo di abbracciarla. -sono così felice che sei qui!-
-mi piace un sacco sentirti dire certe tenerezze, Nakiri.- la stuzzicò lui.
Lei, ancora stringendo Marika, le riversò un'occhiataccia:
-non è il momento di scherzare, Yukihira.-
La bambina si intromise nel loro battibecco e agitata chiese:
-mamma.. sei ancora arrabbiata con me?-
-no piccola, non lo sono più. Quello che mi importa è che tu sia qui.-
La bambina ricambiò il sorriso della madre e tornò tra le sue braccia:
-mi dispiace essere scappata da te. Non lo farò più.- disse tra i singhiozzi.
Marika le aveva sorriso, ma dalla felicità per essere di nuovo con lei era anche scoppiata a piangere.
-non farmi più preoccupare così, Marika.-
La bambina scosse la testa, tirò su con il naso. -non scappo più.-
-brava!- le disse lei, accarezzandole i ciuffi i biondi.
Portò gli occhi su Yukihira, lo fissò intensamente, lasciò il corpicino di Marika con tenerezza e andò verso di lui. Spontaneamente lo abbracciò, lasciandolo spiazzato perché ci mise un po' prima di ricambiare il suo gesto, portò la bazza sulla sua spaziosa spalla e constatò in un sussurro:
-l'hai trovata, Yukihira.-
-già.- asserì lui, sorridendo. Avvolse la braccia attorno al suo corpo esile ricambiando la stretta con passione, inebriato dal suo profumo, dal suo contatto, soprattutto dall'attrazione forte per lei e da quello che sentimentalmente provava.
Per entrambi fu dura staccarsi. Lei fu la prima a farlo e, impacciata, volse lo sguardo altrove borbottando:
-scusami.-



 
****


Lui ridacchiò alla sua reazione. Sfiorarla e stringerla come lei gli aveva lasciato fare non l'aveva lasciato come al solito indifferente, anzi.. sentiva di volerla ancora più vicina. Era la prima volta che sembrava essergli davvero grata, a parte forse quando si era sfogata con lui dopo la discussione con Suzuki. Aveva scelto di lasciare Megumi e di provare a conquistare nuovamente Nakiri, ma era da quella mattina_dopo la chiamata della sua ragazza_che era stato costretto a rimettere in discussione i suoi piani e a mettere da parte la sua decisione per cercare Marika e pensare solo a lei.
Megumi gli aveva detto che il suo ristorante, quello della sua famiglia, era in una situazione finanziaria critica, in calo, e gli aveva chiesto esplicitamente di restargli accanto perché aveva bisogno di tutto il sostegno possibile in quel momento e quando sarebbe tornato a Parigi. Anche se non amava Megumi, le voleva bene ed era una persona molto importante per lui. La conosceva e si era accorto, attraverso quella chiamata, che era disperata per ciò che stava accadendo e non si era più sentito di rispettare l'idea di lasciarla al ritorno. Non poteva farlo subito, l'avrebbe distrutta solamente di più.
Quindi, proprio perché aveva deciso di rimanerle accanto finché non avesse risolto con il lavoro, aveva cercato di controllare il desiderio di avere contatti fisici con Nakiri, anche se piccoli, per tutto il giorno. Di gestire i sentimenti per lei che si stavano espandendo come un fiume in piena, in particolar modo ora che aveva ammesso di amarla; però, dopo che lei lo aveva abbracciato ringraziandolo con tanta sincerità, avrebbe voluto stringerla ancora.
Ora come ora, appunto, voleva godersi quel momento con lei:
-Nakiri.. perché ti stai scusando per avermi abbracciato?-
-perché non avrei dovuto farlo, idiota.- sbottò lei, arrossendo.
-io invece sono felice che tu abbia fatto quello che volevi.- la punzecchiò.
Intanto, Marika, se le rideva come al solito a vederli battibeccare e Soma sorrise alla bimba vedendola più tranquilla.
Guardò ancora Nakiri, si soffermò sulle sue labbra, sentendosi fortemente attratto da esse. Scese verso i suoi fianchi longilinei, voleva dannatamente accarezzarla. Sentire il corpo di Nakiri contro il suo. Però, prima che potesse fare alcuna mossa, fu proprio lei ad avvicinarsi nuovamente.
Quest'ultima si schiarì la voce in un gesto leggermente imbarazzato, iniziando:
-comunque Yukihira..- fece una pausa in cui portò gli occhi di lato per nascondere il rossore delle guance, poi d'istinto la vide alzare la mano verso il suo volto e posarla delicatamente al lato destro della sua guancia, cosa che lo portò a sgranare gli occhi per l'inaspettato gesto, e infine a lasciargli una carezza nella quale ci mise tutta la dolcezza possibile_o almeno a lui così sembrò_. Sostenne il suo sguardo, ignorando la vergogna, e terminò:
-..grazie per averla trovata.-
Lui, in tutto questo, era rimasto talmente incantato dai suoi teneri movimenti che ricevette la frase di ringraziamento a “scoppio ritardato” e solo dopo posò la mano sul dorso di quello di Nakiri. -di niente Nakiri.- fiatò sorridendo.
Rimasero in quella posizione per qualche secondo e anche lui tornò alla realtà unicamente quando anche lei sembrò farlo, vedendola scivolare bruscamente dal suo volto quasi scottata da quello che aveva fatto.
Un'altra volta era stata guidata dall'impulso. Lui, infatti, giocò ancora su questo:
-l'hai fatto di nuovo, Nakiri.- ghignò soddisfatto:
-hai fatto ciò che volevi senza pensarci troppo.  Dovresti farlo più spesso, sarebbe tutto più facile.-
-evita di commentare, Yukihira.- tuonò paonazza.
Lui scoppiò a ridere divertito, guardò Marika e cambiò discorso:
-il sole sta tramontando, andiamo sulla torre Eiffel?-
Erina gli sembrò grata per averlo fatto. -sì, andiamo. Vuoi Marika?-
Sorrise alla bambina e quest'ultima annuì felice.
-voglio vederla!- esultò, con gli occhi luccicanti per l'emozione.
Marika afferrò la mano di Nakiri e si frappose tra lui e lei, trasmettendo loro una sensazione di “pace” e “normalità”.


 
****


Arrivati in cima alla torre, ormai il tramonto era già in corso e anche le temperature si erano lentamente abbassate.
Erina era pensierosa. Stava ripensando a tutto quello che era successo con Yukihira, quel giorno, sempre più colpita dalla sintonia e l'empatia tra lui e Marika: era riuscito a trovarla e glie l'aveva riportata. Odiava ammetterlo e ringraziarlo non sarebbe mai stato abbastanza. Non sapeva nemmeno di essere il vero padre della bambina, eppure aveva preso a cuore la sua ricerca, l'aveva sentito sinceramente ansioso per Marika e aveva fatto di tutto per trovarla. In ogni cosa ci metteva il massimo ed era una delle sue tante caratteristiche che, anche se non glielo diceva apertamente, ammirava moltissimo.
Non erano tanti giorni che erano a Parigi, però tutto quello che si era imposta di non fare con lui prima di partire stava andando a farsi friggere. In un modo o nell'altro si trovavano sempre da soli, o con Marika, e rispettare le distanze da lui diventava sempre più difficile. Nonostante Rokuro la tempestasse di messaggi e chiamate quando si incastravano con il fuso orario, tutte le volte che si trovava con Yukihira quasi si dimenticava di essere fidanzata con Rokuro e finiva per commettere gesti fraintendibili con Yukihira. Proprio come prima. Non riusciva a controllare l'istinto ed era per questo che era pericoloso stare accanto a lui. Stava troppo bene ed era sbagliato sentirsi così. In tal modo non lo allontanava, anzi.. aumentava solo le sue aspettative, soprattutto visto che lo faceva anche dopo che lui le aveva indirettamente detto di “aver scelto lei”, decidendo di lasciare Todokoro. Anche ora, sulla torre, davanti alla bellezza arancina del tramonto e alla meravigliosa visuale di tutta Parigi dall'alto, le sue iridi si posavano rapide sulla forma delle dita delle mani di Yukihira.
La mano calata di lato, aperta e rilassata, la spingeva a volerla stringere, a voler unire le loro mani in una salda presa e godersi il tramonto insieme, a contatto. Subito. Scosse la testa: non doveva fare certi viaggi mentali; più li faceva, più veniva guidata dall'irrazionalità. Tuttavia, non ci riusciva.
La sua insaziabile mente fu bloccata da Yukihira, che guardò Marika:
-le si stanno chiudendo gli occhi. Ho paura caschi in terra dal sonno.-
Effettivamente, da quando erano arrivati in cima alla torre Marika sembrava essersi zittita all'improvviso.
Era stata travolta dal sonno tutta insieme. -è stata una giornata lunga e stressante per lei, si è presa un bello spavento e adesso che è più rilassata la stanchezza ha preso il sopravvento.-
-lo penso anch'io.- Yukihira rivolse un sorriso affettuoso a Marika.
-senti.. che ne dici se la prendessi in spalla?- si propose, in seguito.
Inizialmente non sappe cosa rispondere. Se l'avesse presa in spalla avrebbe comportato un ulteriore avvicinamento affettivo tra loro, però alla fine non ci sarebbe stato niente di male nel farlo. Dunque, guardò ancora Marika, e rispose cercando di non incrociare i suoi occhi:
-se non ti scoccia.-
-nessun problema!- le strizzò l'occhiolino di rimando, contento.
Detto questo, guardò la bambina.
-vuoi salire sulle mie spalle?-
Marika sembrava entusiasta di farlo e con le sue ultime forze, prima di crollare definitivamente, si fece aiutare da Yukihira e salì dietro le sue spalle. -grazie Soma oniichan..- farfugliò assonnata. -sei comodo..-
Erina non riuscì a fermare un sorriso di tenerezza davanti a quella scena.
Pochi attimi dopo, Marika, con la testa riccioluta e il mento adagiato sopra la spalla di Yukihira, si addormentò profondamente e loro si trovarono da soli. -si è addormentata.- decretò ridacchiando, Yukihira.
-già. A quanto pare sei davvero comodo.- lo provocò ironizzando.
-vorresti provare anche tu, Nakiri? L'altra spalla è vuota. È tutta tua.-
Avvampò di colpo di fronte a tale allusione.
-figurati.- boccheggiò timida.
-scherzavo. Piuttosto preferisco vederti prendere l'iniziativa, come hai fatto prima. In qualche modo lo trovo più naturale.- ammise con aria nostalgica. Erina osservò il volto di Yukihira impegnato a guardare verso l'orizzonte e a godersi il panorama dalla torre, in un silenzio quasi riflessivo. Il riflesso dei colori del tramonto illuminava i suoi ciuffi rossi, donando una bellissima luce ai contorni del suo viso e al colore dei capelli.
Gli occhi ambra erano più esplicativi del solito e trasmettevano una sensazione di felicità mista a malinconia: sapeva di farlo stare male con la sua indecisione_anche se lui sapeva nascondere bene le emozioni quando voleva e cercava di non mostrarle i suoi punti deboli, in quel caso i suoi sentimenti per lei o la paura della sua scelta_.
I suoi occhi parlavano per lui. Spontaneamente spostò le sue osservazioni dal suo volto prima verso Marika, che si reggeva a lui con le braccia avvolte attorno al suo collo e lui la sosteneva con un braccio solo, e a seguito indugiò in direzione del suo braccio molle e rilassato_libero dalla presa di Marika e calato lungo la vita_si bloccò a guardargli le dita, ancora una volta indecisa e vogliosa di stringerle. Non gli piaceva vederlo malinconico, con suo disappunto, in special modo se pensava di essere lei a farlo sentire tale e fu proprio grazie a quel pensiero che si fece coraggio e portò cautamente la mano verso la sua e sfiorò le dita di Yukihira con le sue. Lui, al contatto, sussultò e portò lo sguardo stupito su di lei.
-ti pentirai anche di avermi preso la mano?- sorrise sbarazzino.
-non ti riesce proprio startene zitto per una buona volta?- esplose lei, stizzita.
-no, lo sai che non sono il tipo. Quindi? Ti tirerai indietro ancora?-
-se ti ho preso la mano è perché lo volevo davvero, questa volta, stupido.-
Arrossì vergognosa, distogliendo gli occhi da lui.
-però non pensare chissà cosa, chiaro? Non ho dimenticato che sto con Rokuro.- aggiunse.
-..e io non ho dimenticato quello che ti ho detto a Disneyland.- ribadì lui.
-dovrai accettarlo prima o poi, come stanno veramente le cose.-
-per ora non voglio accettarlo e neanche voglio lasciare questo mano.-
-sei insistente. Anche se ci teniamo per mano non vuol dire nulla, lo faccio anche con Hisako qualche volta.-
-in effetti, in fondo ci teniamo solo per mano e abbiamo fatto ben altro.-
-Yukihira!!- gridò imbarazzata, staccandosi da lui subito:
-non riesci proprio a non dire certe frasi, eh? Sei ingestibile!-
Lui riprese la sua mano, ridendo divertito, e lei non riuscì ad evitarlo.
-non è un tradimento questo, Nakiri.- iniziò pacato:
-ora voglio stare così e sei stata tu la prima a cercare un contatto, quindi non tirarti indietro.-
-non va bene lo stesso che tu dica certe frasi.- lo riproverò nuovamente.
-solo per oggi, potresti essere meno rigida?- le suggerì lui. -te l'ho detto, Nakiri, ascoltare l'istinto a volte non fa male e tantomeno non pentirsi di averlo voluto seguire. Anzi.. credo sia giusto fare così, all'occorrenza.-
-non ho bisogno delle tue lezioni di vita, Yukihira.- ribatté lei, poi sussurrò:
-ma solo per oggi..- sospirò imbarazzata e assecondò quello che desiderava fare, legando completamente la sua mano con quella di Yukihira. Ci fu un attimo di silenzio, nel quale continuarono a godersi lo spettacolo dalla torre Eiffel e a tenersi per mano, in una cornice familiare ed intima dalle capacità fotogeniche e romantiche.
Dopo lei parlò di nuovo:
-grazie ancora per aver trovato Marika.-
Era la terza volta che lo ringraziava, ma non sapeva davvero come ripagarlo.
-ero preoccupato anch'io, Nakiri. Molto.- confessò sincero.
-lo so..- bisbigliò consapevole -..l'ho visto.-
Lo so eccome, Yukihira, è anche tua figlia” pensò fra sé e sé con una fitta al petto, perché sapeva di non poterglielo dire e altrettanto di sentirsi in colpa.

Quel tardo pomeriggio trascorse così, fintantoché non rientrarono in hotel.
Anche gli altri li stavano aspettando: era già tutti tornati.



***********************************************************************
angolo autrice: salve! ecco il nuovo cap. Cosa ne pensate? questa settimana era il turno di Takumi e Megumi, cosa ne pensate della loro scena? finalmente iniziano a guardarsi come un uomo e una donna eh! :P anche il prossimo cap avrà una piccola scena tra loro, ma sarà meno ricca di questa. Spero non vi dispiaccia che dia spazio anche a loro.
Delle scene Sorina, Soma/Marika, Marika/Erina/Soma e Erina/Marika cosa pensate? spero di non essere andata troppo OOC con i personaggi ç___ç. Mi auguro di non avervi deluso >.< adesso sapete anche perché Soma non potrà lasciare subito Megumi quando torna. Lo so! sono sadica! XD  ma aspetto le vostre opinioni^^.
Ringrazio tantissimo chi ha lasciato le recensioni e chi ha messo la mia fanfic a seguite/preferite.
Spero a presto! *-*

Un bacione a tutti! <3 Erina91

 

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Capitolo 12
*** Strani sentimenti ***


Strani sentimenti



Anche il banchetto a Parigi era andato bene. Sicuramente era stato tra i banqueting più eleganti a cui aveva partecipato da quando era entrato nell'Adashino C.B. Quei dieci giorni lontano da Megumi e vicino a Nakiri_senza Suzuki_gli erano serviti per capire cosa provava per Nakiri e gli avevano permesso di fare una scelta, seppur dolorosa, tra lei e Megumi. Certo.. la situazione economica della famiglia di Megumi era abbastanza grave e gli sarebbe rimasto accanto finché non avessero risolto perché glielo aveva praticamente promesso, dovendo per forza ritardare la rottura con lei.
Era molto legato alla famiglia di Megumi, i genitori di lei lo trattavano proprio come se fosse un figlio acquisito poiché erano di per sé gente accogliente e affabile; dunque, soprattutto per Megumi, aveva deciso di aspettare a lasciarla. Separarsi da lei ora che era in difficoltà non sarebbe stato lui: voleva bene a Megumi e non poteva cancellare quei quattro anni nel quale avevano condiviso tanto con uno schiocco di dita, glielo doveva per essergli rimasto accanto ed averlo amato profondamente. Lui, a differenza di Megumi, era stato scorretto nei suoi confronti: credendo di amarla, capendo troppo tardi che non era amore, l'aveva presa in giro tutti quegli anni. Anche per rispetto dei suoi sentimenti, per gratitudine, gli sembrava giusto aiutarla e restarle vicino in quel momento difficile.
Atterrati a Tokyo a 12.00, un'ora dopo era arrivato al suo appartamento trovando Megumi ad aspettarlo.
Quest'ultima gli aprì la porta e lo abbracciò forte, unendo le labbra con le sue.
-mi sei mancato, Soma-kun.- sorrise con dolcezza.
Lui ricambiò il sorriso e le rispose:
-anche te, Megumi.-
Da una parte era la verità, dall'altra no, perché ciò che gli mancava di più era poter stare liberamente con Nakiri_sebbene ora non potesse a causa della situazione di Megumi_.
Tra i pensieri, posò la valigia da svuotare sul letto matrimoniale.
Megumi l'aveva seguito in camera e lui l'afferrò per la vita, carezzandole il viso con l'altra mano, chiedendole premuroso:
-come stai Megumi? La situazione al ristorante è sempre la solita?-
Lei portò gli occhi a terra.
-purtroppo non è cambiata da qualche giorno fa. Immagino che ci vorrà del tempo. Spero si risolva.
Sono un po' spaventata, perché vedo che anche i miei genitori sono stressati.-
Strinse la sua mano con delicatezza e adottò un sorriso di circostanza:
-però non voglio parlare di questo. Non ci siamo visti per diversi giorni e vorrei godermi il tuo ritorno.-
Lui si intenerì di fronte a quel commento e declinò dispiaciuto:
-domani sera andiamo a cena fuori insieme. Te l'avevo promesso e così festeggiamo il mio ritorno per bene.
Devo abituarmi al fuso orario di Tokyo e non ci vedo più dal sonno. Ti dispiace?-
-nessun problema, Soma-kun.- fece lei, comprensiva. -ti capisco.-
-grazie della comprensione.- riprese lui:
-però parlare posso parlare, ce la faccio benissimo!- alzò il pollice ridacchiando. -quindi stai tranquilla.-
Anche lei si unì alla risata e iniziò a chiedergli di Parigi. -com'è andata? È una bella città? E il banchetto?-
Soma cominciò a raccontarle tutto, evitando intenzionalmente di parlare di quello che aveva capito in quei dieci giorni e che giornate aveva passato con Nakiri. Era difficile mentirle perché si sentiva orribile; però, se non voleva incrementarle l'ansia che già aveva per i problemi finanziari del suo ristorante, non poteva fare altrimenti per proteggerla dal dolore.
Lei, tuttavia, sembrò dubbiosa e pensierosa mentre spiegava com'era Parigi, com'era andato il banchetto e cosa gli era piaciuto di più della città. Cercò di nascondergli cosa stava pensando intanto che parlava, ascoltò solo in silenzio, facendogli qualche domanda più approfondita sul paese e sulla cultura francese quando le interessava un argomento in particolare, specialmente se si trattava di trucchi alimentari o ricette culinarie.
-..per cui, se ne hai la possibilità, dovresti proprio andarci!- concluse.
-potremmo tornarci insieme, Soma-kun, mi faresti da guida.- replicò lei.
Lui rimase un attimo spiazzato dalla domanda inaspettata e inizialmente non seppe cosa rispondere, poi abbozzò un sorriso. -magari potremmo.- disse in tono vago e in qualche modo disinteressato.
Megumi si era accorta della sua risposta sbrigativa e non si trattenne:
-tutto bene? Ho detto qualcosa di sbagliato?-
Soma allora, accortasi dell'errore, cercò di rimediare come poteva:
-no, no. Non hai detto nulla di sbagliato. Sono solo stanco e a volte finisco per sembrare assente per questo.
Mi dispiace Megumi.- mentì ancora.
-ok..- accettò lei, con poca convinzione, ma non continuò il discorso.
Avvicinò le labbra fini verso le sue posandogli le mani sulle spalle e lo baciò cercando di farsi spazio all'interno della sua bocca. Lui infine, trascinato dalla sua dolcezza, rispose al bacio.

Quando si staccò da lui, sembrò ricordare qualcosa di importante:
-ah! Dimenticavo Soma-kun!- esclamò infatti, -tra poco è Natale! Lo sai che i miei genitori ti vogliono da noi, in quel periodo, per qualche giorno: ci tengono a vederti e ora più che mai, perché sono sicura che saresti in grado di farli sorridere e di dargli qualche consiglio utile.- avrebbe preferito non passare anche quell'anno il Natale con la famiglia di Megumi, soprattutto adesso che sapeva di non amarla. Illudersi o prendersi gioco delle persone non lo sopportava; per cui, continuare a stare con lei finché non fossero migliorate le “entrate” al ristorante, significava anche mentire ai suoi familiari sui suoi sentimenti. Sarebbe stato insopportabile da digerire, ma non poteva farci niente e neanche rifiutare l'invito a casa dei suoi genitori  perché Megumi ci sarebbe rimasta male.
Così, dopo essersi lasciato andare ad lungo sospiro, rispose:
-tranquilla Megumi! Non me lo sono dimenticato.-
Le strizzò l'occhiolino cercando di mascherare il fastidio che sentiva nel fingere con lei.
-verrò sicuramente dai tuoi genitori, come tutti gli anni.-
Megumi fu felice e sollevata dalla risposta. -grazie Soma-kun.- accompagnò tali parole con un bacio a fior di labbra.
-bene! Ora ti lascio riposare e intanto vado a fare la spesa per stasera.-
Pensò pure che, visto che era quasi Natale, doveva comprarle un regalo e che presto doveva iniziare la ricerca di esso. Spinto dai sentimenti per Nakiri, poi, desiderò comprare un regalo anche a lei e sapeva che, a differenza della scelta del regalo per Megumi, trovare un regalo adeguato a Nakiri sarebbe stato molto più difficile: era decisamente più complessa di Megumi in fatto di gusti e sicuramente non sapeva cosa potesse piacerle.
Si rese conto che, in quei pochi secondi, la sua mente era stata nuovamente invasa dai sentimenti per Nakiri, dimenticandosi di rispondere a Megumi. -ti ringrazio. Che ne dici se stasera preparo io la cena?-
-amo la tua cucina, Soma-kun, quindi sì.-
Detto questo, lo salutò lasciandolo da solo.
Al momento che fu sicuro fosse uscita di casa, imprecò adirato:
-maledizione!- “Perdonami Megumi..” pensò fra sé e sé.
A quel punto crollò distrutto dal fuso orario.



 
****


Megumi lo sospettava: Soma non era sincero e neppure tranquillo come cercava di farle credere, era tormentato.
La sua non era solo stanchezza, era sofferenza.
Aveva raggiunto la definitiva conclusione che le stava nascondendo qualcosa, che mentiva. Avvertì un dolore atroce al petto quando le soggiunse la forte sensazione che a Parigi fosse successo qualcosa tra Nakiri e Soma, e che quest'ultimo non le avesse detto come si sentiva veramente proprio perché sapeva che la situazione finanziaria del ristorante della sua famiglia era critica. Fu dolorosa l'idea che Soma non provasse più niente per lei e avesse deciso di restarle accanto solamente per pietà e commiserazione. Se ci rifletteva le veniva da piangere e sinceramente voleva credere di starsi sbagliando e soprattutto che fossero solo paranoie insinuate dalla gelosia provata per Nakiri. Preferiva credere alla seconda opzione piuttosto che pensare che Soma stesse con lei unicamente per compassione perché era riprovevole. Ed era meschino nei suoi confronti avere tutti questi dubbi sulla loro relazione, non fidarsi di lui, ma era più forte di lei: c'era qualcosa che non la convinceva nel comportamento di Soma e questo da quando era ricomparsa Nakiri.
Megumi scosse la testa cercando di scacciare quelle moleste supposizioni. Anche così, però, non riusciva a cancellare la dura realtà che da diversi mesi non era più come prima con lui. Era cambiato praticamente tutto. Lui era cambiato.
Cercò di bloccare tali pensieri quando finalmente entrò nel supermarket. Doveva smetterla di essere tanto sfiduciata e insicura. Doveva farsi forza e fu proprio l'ennesima immagine del volto di Takumi a tirarle su il morale e anche il suo cuore ebbe un sussulto di gioia. Perché? Bella domanda. Prima o poi doveva anche capire perché si sentiva in quel modo quando si trattava di pensare a Takumi_visto che era innamorata di Soma e soffriva per lui_.
Per ora, benché la forte convinzione di amare Soma, c'era qualcosa che le impediva di rinunciare al consolante e allegro volto di Takumi poiché era stato come una "medicina" contro la sofferenza.



 

****


Erina chiuse la telefonata dopo aver acquistato l'ennesimo cliente per il prossimo evento: sarebbero andati a Nagano i primi di gennaio, sulle montagne giapponesi. Aveva prenotato l'hotel per una settimana. L'organizzazione del banchetto si sarebbe svolta interamente là e anche l'appuntamento con i clienti con cui avrebbero collaborato nella direzione di esso. Sarebbe stato interessate: avevano la possibilità di sciare per qualche giorno e soprattutto sia Marika che Naoki si sarebbero divertiti molto sulla neve. Marika sciava da quando aveva 4 anni e aveva fatto i corsi per due anni di fila e più volte all'anno, seguita molto da Alice. Aveva deciso di informare i suoi colleghi del nuovo programma il giorno seguente in riunione. Tra l'altro Alice si era fissata di voler organizzare una festa di Natale prima di salutarsi per le vacanze natalizie (non avevano banchetti in quel periodo e dunque l'Adashino C.B chiudeva per una settimana dal 23 dicembre in poi). Inizialmente Erina era stata contraria a quella proposta, ma poi anche Hisako l'aveva convinta e alla fine aveva accettato.
Ora che ci pensava, visto che la festa sarebbe stata tra una decina di giorni_da quanto avevano stabilito_era il caso di iniziare ad avvisare i colleghi dell'evento e prima che prendessero altri impegni. Visto che ormai mancava poco alla fine dell'orario lavorativo e tutte la sua burocrazia della giornata l'aveva completata in anticipo, decise che poteva iniziare ad avvisare i colleghi. Passò da gran parte degli uffici per avvertire, raccogliendo diversi invitati, quando si ritrovò davanti a quello di Yukihira. Doveva dirlo anche a quest'ultimo, però dopo Parigi la situazione tra loro si era complicata ulteriormente facendosi più pericolosa e limitativa di prima. Avrebbero dovuto allontanarsi e invece si erano solamente avvicinati di più passando gran parte delle giornate insieme e lontano dagli attuali e rispettivi compagni.
Yukihira aveva salito un altro “scalino” dentro al cuore di Marika, sempre di più, e purtroppo anche dentro il suo. 
Temeva di entrare dentro al suo ufficio e farsi travolgere dai suoi sentimenti per lui, perché sapeva benissimo come si sarebbe sentita. Come lui l'avrebbe fatta sentire e come purtroppo le riscaldasse l'animo con un solo sorriso.
Doveva solo controllarsi, essere indifferente, e rispettare le dovute distanze.
Raccolse un profondo respiro per farsi coraggio e alla fine bussò.
La calda e armoniosa voce di Yukihira la accolse e si ritrovò dentro allo studio senza neanche accorgersene.
-Nakiri!- le sorrise solare. Vide che gli occhi di Yukihira si posarono sul suo completo da lavoro: camicetta bianca un po' sbottonata in cima e gonna nera accompagnata da tacchi a spillo.
-certo che questa divisa ti dona davvero!- si complimentò esplicito -da quando siamo diventati colleghi l'ho sempre pensato, però non te l'ho mai detto.- aggiunse, come se fosse il comportamento più naturale del mondo.
Lei avvampò. -potevi continuare a non dirlo.-
-scusa Nakiri, lo sai che a volte non mi trattengo.- ridacchiò divertito.
La guardò negli occhi, studiandola, immergendosi in essi.
Si sentì a disagio di fronte quello sguardo, per quanto intenso e penetrante fosse. Assai appassionante.
Per l'imbarazzo suscitato dalla piacevolezza di essere guardata così da lui, cercò di essere la prima a distogliere l'attenzione in modo da mantenere il dovuto distacco; per farlo socchiuse gli occhi.
Sentì solo la poltrona del ufficio spostarsi e i passi di Yukihira farsi sempre più vicini a lei, finché non avvertì il suo respiro sul volto e il profumo speziato misto a tabacco che tanto la attraeva invaderla.
Prima che potesse fare qualcosa, fu lui a parlare:
-cos'è che ti porta nel mio ufficio? È per qualche comunicazione?-
-sì, solamente per una comunicazione.- precisò puntigliosa, sfuggendo ai suoi occhi un'altra volta.
-cercherò di essere il più breve possibile perché non ho intenzione di perdurare questo incontro con te.
E anche adesso sarebbe meglio tornassi a sedere.-
Yukihira ignorò la sua asserzione e rimase davanti a lei.
-quale sarebbe questa comunicazione?-
Alla fine raccolse la forza per sostenere il suo volto.
-Alice vuole organizzare una festa di Natale. Ci saresti?-
Deglutì tesa, appena lui le sfiorò le dita con leggerezza.
-tu ci andrai Nakiri?- le domandò ad un passo dalle sue labbra.
La guardò nelle iridi e indugiò nuovamente verso i suoi labbri.
-sei troppo vicino, Yukihira.- riuscì solo a farfugliare. -mi dà fastidio.-
Le dava fastidio non perché le facesse schifo, affatto purtroppo, bensì perché presto sarebbe finita per essere irrimediabilmente attratta dalle labbra di Yukihira lasciandosi guidare dall'istinto_come sempre_vista la vicinanza eccessiva tra le loro bocche e non poteva succedere, eppure lui sembrava tentarla apposta. Sapeva benissimo cosa lei sentiva e quello che lui voleva, glielo aveva chiaramente confessato, e come sfruttare le sue debolezze e i suoi sentimenti per lui in uno sfizioso e sottile gioco di seduzione. -non hai risposto alla mia domanda, Nakiri?-
-non lo faccio finché non ti allontani.- replicò a fatica.
Lui allontanò le labbra delle sue, sorprendendola, e portò gli occhi di lato. Il suo volto si fece improvvisamente cupo:
-tranquilla Nakiri, volevo solo stuzzicarti un po' per divertirmi con le tue reazioni.- asserì rivolgendole un sorriso tutt'altro che divertito, piuttosto amareggiato e falso; infatti era stato imprevedibile.
-non pensavo che ti saresti tirato indietro subito. E cos'era questa pessima risposta? Non è da te, Yukihira.-
-Nakiri.. non avevi detto che avresti stringato il nostro incontro? Perché invece di farlo ti stai preoccupando per me?-
-hai ragione! Non dovrei preoccuparmi per te, visto come ti stai comportando.- ribatté offesa. -quindi, invece di chiedermi cosa farò io, perché non mi confermi la tua presenza alla festa o meno?-
-verrò alla festa. Ci tengo a salutare anche gli altri.-
-non mi chiedi più se ci sarò anch'io?- prima di fermare quella domanda, essa era uscita di bocca d'impulso e maledì la sua mancanza di autocontrollo. Arrossì di botto. -lascia stare, Yukihira.- borbottò, ritirando tali parole.
-vuoi che te lo chieda, Nakiri?- domandò provocatorio.
-si può sapere perché fai così? Certo che sei proprio lunatico!-
-non farci caso. In questi giorni non sono me stesso.- decretò schivo.
Abbozzò un sorriso dolce e glielo regalò. -non ce l'ho con te, Nakiri. Spero che tu ci sia alla festa.-
Lo strano atteggiamento di Yukihira stava iniziando ad incuriosirla e moriva dalla voglia di sapere cosa c'era che non andava e perché gli sembrava più triste del solito e circondato da un'ala di sofferenza.
Yukihira solitamente non era tipo da far vedere i suoi punti deboli, ciò che lo preoccupava, in qualsiasi caso era avvolto da un'aura di ottimismo e altruismo verso gli altri. Soprattutto con le persone a cui teneva.
Quel giorno sembrava essere angosciato e l'aveva notato subito. Qualcosa lo preoccupava e pensò di essere lei il problema. Non poteva mostrarsi troppo agitata per causa sua, preoccupata nel vederlo diverso_perché questo avrebbe comportato un avvicinamento emotivo ulteriore_e, visto che non poteva permetterselo, non insisté con le domande cambiamendo completamente discorso. -è invitata anche Todokoro.-
Non sopportava di dovergli dire di portare la sua ragazza dato che egoisticamente avrebbe preferito non ci fosse; però, non chiederle di lei, sarebbe stato ingiusto e sospettoso. Si era perciò sforzata di invitarla.
-certo, glielo dirò.- disse lui. Non negò di aver sperato in una risposta diversa_anche questo era sbagliato_.
Sbaglio o Yukihira le aveva detto avrebbe lasciato Todokoro perché non era innamorato di lei?
Perché continuava a starci insieme e a fingere che il loro rapporto fosse tornato come prima?
Per caso aveva deciso di proseguire la loro relazione?

Quella possibilità la ferì: avvertì un groppo doloroso e fastidioso allo stomaco al pensiero che lui avesse mentito su ciò che le aveva detto o ripensato alla decisione di lasciarla per lei. Voleva chiedergli spiegazioni sul perché fingesse di non averle detto quelle parole a Parigi o perché si sentisse tanto nervoso quel giorno.
Era doloroso sapere di non poterlo fare se voleva allontanarlo e dimenticarlo una volta per tutte.
Si stupì di trovare la forza di non entrare in quel discorso.
-d'accordo.- affermò piatta. -fammi sapere se verrà. Sto contando chi c'è.-
Calò il silenzio tra loro ed Erina, che faticava a trattenere le domande su Todokoro, decise che era il momento di uscire prima che la sua curiosità esplodesse di lì a poco.
-non andartene subito, Nakiri.- la richiamò, fermandola per la spalla. -non voglio che tu te ne vada. Che tu vada da Suzuki.-
Lei continuò a dargli le spalle e Yukihira seguì:
-dopo la festa di Natale non ci vedremo fino a gennaio perché andrò dai genitori di Megumi. Quindi resta.-
Si stizzì sentendo che nemmeno prima del periodo natalizio aveva intenzione di lasciare Todokoro e la teoria di un suo ripensamento diventava sempre più probabile. Cosa stava facendo, allora? Cosa voleva?
-non stiamo insieme, Yukihira, smettila di comportanti come se fossi una tua proprietà. Secondo.. non parlarmi di Todokoro con tanta leggerezza. Non sopporto di averti sentito dire parole tanto forti sul lasciarla, a Parigi, e poi sentirti parlare dei tuoi amorosi programmi con lei durante le vacanze di natale. Come sai, odio essere presa in giro.
Non avrei comunque lasciato Rokuro per te..- deglutì davanti all'ennesima mezza bugia a se stessa -..ma neanche accetto di lasciarmi sedurre dalle tue parole per poi sentire che sembri aver ritirato tutto ciò che mi hai detto.-

Era arrabbiata. Frustrata. Invidiosa.
Si faceva schifo per essere così gelosa di Todokoro e per non riuscire a nasconderlo a Yukihira.
Le braccia di Yukihira la avvolsero da dietro in un abbraccio pieno di sentimento e ricco d'amore, di passione e dolcezza. Non riuscì a scappare da quel contatto tanto prezioso, rassicurante, capace di frenare la sensazione di abbandono e spaesamento che l'aveva travolta appena lui aveva annunciato che avrebbe passato il natale dai familiari di Todokoro.
Sapeva benissimo cosa provava per lui. Ora più che mai. Ascoltare cosa le stava trasmettendo quell'abbraccio di un impatto emotivo ricolmo di significati, che racchiudeva tutti i veri sentimenti di Yukihira per lei, le aveva solo schiarito di più le idee. Sapeva quel era il significato di quel sentimento. Lo sapeva chiaramente. Lei amava Yukihira.
In ogni caso, nonostante la consapevolezza e l'accettazione di quei sentimenti, continuare a stare con Rokuro era la soluzione migliore per proteggere il segreto che nascondeva a Yukihira. Quel segreto non doveva uscire dalla sua bocca.
Sperava solo che, accontentandosi del rapporto con Rokuro, pian piano anche i suoi sentimenti per Yukihira si sarebbero placati e magari spinti nell'angolino più profondo della sua coscienza.
-ci sono dei motivi seri, che non ti posso dire, per cui continuo a stare con Megumi.
Non lo faccio per amore, Nakiri, credimi. Non ho dimenticato quello che ti ho detto a Parigi.
Quello che provo per te non è cambiato.-
Non smise di abbracciarla stretta.


 

****


Era arrivato al limite: non riusciva più a mentire a Megumi, ogni giorno che passava accanto a lei era sempre più difficile recitare; eppure non poteva lasciarla e per conseguenza aveva sempre più fretta di farlo, di interrompere quella stressante messinscena. Ogni volta che parlava con Megumi e lei si mostrava carina e sincera con lui, era sul punto di chiuderla definitamente perché si sentiva orribile. Allo stesso tempo aveva fretta di stare con Nakiri perché, vedendola ogni giorno, la forte attrazione e i profondi sentimenti per lei crescevano a dismisura facendosi inarrestabili e irresistibili.
Tutto ciò lo rendeva irrequieto, impulsivo, emotivamente instabile e decisamente lunatico.
Anche in quel momento, mentre la abbracciava e cercava di non allontanarla pur sapendo che questo inconveniente con Megumi gli avrebbe impedito di dedicarsi del tutto alla conquista di Nakiri, voleva tanto non se andasse.
Voleva unirsi a lei e dare sfogo ai suoi sentimenti, ma era vincolato a Megumi e di fatto non poteva farlo. Di fatto era ancora fidanzato con Megumi. Non poteva semplicemente cancellare la situazione in cui era. Era sbagliato.
-Yukihira.. qualsiasi cosa tu dica non mi interessa.- tentò di allontanarlo ancora lei.
-non possiamo fare quello che stiamo facendo. Basta.-
Sentiva distintamente che per Nakiri era difficile respingerlo, ma c'era sempre qualcosa che le dava una forza in più di lui per farlo. Yukihira voleva tanto sapere cosa fosse e perché si ostinasse ad ignorare i suoi sentimenti per lui.
-se dopo la festa di natale saremo distanti per me sarà la cosa migliore, Yukihira: io sarò con Rokuro, Marika e Alice_e famiglia_da mio nonno e tu sarai da Todokoro come è giusto che sia.
Non lascerò Rokuro per te e a maggior ragione se so di non potermi fidare di quello che dici.-
Si staccò bruscamente dalla sua presa e lui si portò una mano tra i capelli.
-non mi tirerò indietro comunque, Nakiri.- ribadì serio. -lo sai che non lo farò.-
Lei lo guardò ancora negli occhi. Soma colse in Nakiri un'espressione malinconica: non era felice di quello che aveva detto, però continuava ad esserci qualcosa che le impediva di ammettere completamente quello che pensava e ciò che desiderava davvero. Voleva scoprirlo. Voleva capirla di più. Perché si costringeva a stare con una persona che non amava davvero?
-quello che dovevo dirti l'ho detto. Me ne vado.- cercò di usare un tono freddo, ma a lui parse più che altro tremante ed ebbe l'istinto di accarezzarle una guancia: alzò lentamente la mano verso il suo volto, ma qualcosa negli occhi determinati di Nakiri_convinti di andarsene_lo bloccò dal concludere il movimento e di conseguenza abbassò la mano lungo il suo fianco, dispiaciuto, portando le iridi di lato. Ripensò alla frase che gli aveva detto:

Non lascerò Rokuro per te, a maggior ragione se so di non potermi fidare di quello che dici.”

Frase che ovviamente alludeva alla dichiarazione che le aveva fatto a Parigi.
Era vero tutto quello che le aveva detto: voleva lasciare Megumi ed era sottinteso che lo facesse perché amava Nakiri. Perché l'aveva scelta. Questo, tuttavia, lo sapeva solo lui e non poteva aspettarsi che Nakiri gli credesse sulla parola_non era tipo da farlo_ e soprattutto se era comunque ostinata a stare con Rokuro. Come aveva immaginato: se restava legato a Megumi per amore o per altro, Nakiri non avrebbe mai aperto il suo cuore a lui. Adesso non poteva e in questo modo non sarebbe riuscito a conquistarla. La situazione in cui era finito era schifosa, complessa e priva di scelta purtroppo, lo sarebbe stata fintantoché il problema della famiglia di Megumi non si fosse risolto oppure migliorato anche solo un po'.
-per oggi ti lascerò andare, Nakiri.- le sorrise, allora, con tenerezza. -ti ho stuzzicato abbastanza.- ridacchiò cercando di sciogliere la tensione creatosi tra loro. Non poteva fermarla di nuovo. Non ora. Non era il momento.
Capiva i motivi di Nakiri e doveva rispettarli per adesso e, se era una persona matura, doveva anche essere capace di riuscirci. Lei lo guardò negli occhi. -mi aspetto che tu ci sia alla festa.- confessò vergognosa:
-se mancherai non ti perdonerò!- puntualizzò paonazza e per la prima volta spontanea da quando le aveva detto di “lasciar perdere”, segno che sciogliere la tensione con il suo atteggiamento sbarazzino era servito ad appianare la conversazione.
-a domani, Yukihira.- lo salutò, in seguito, sottovoce.
-a domani, Nakiri.- le sorrise lui.
A quel punto si salutarono definitamente e lei lasciò il suo studio.
Lui sospirò stancamente: sapeva di aver fatto i suoi errori e scegliere di rimanere accanto a Megumi ancora un po' l'avrebbe frenato dall'essere più esplicito e diretto con Nakiri, ma anche quest'ultima era davvero testarda e lui sapeva che sarebbe stato arduo riuscire a stare finalmente con lei. Insieme come una vera coppia.


 

****


Megumi stava girando per negozi alla ricerca dei regali di Natale. Non aveva idea di cosa regalare a Soma perché sembrava avere già tutto, ma non voleva presentarsi a Natale senza un regalo_poiché lui glielo avrebbe fatto_.
Da quando era tornato da Parigi, la distanza tra loro sembrava essersi fatta più ampia di prima e anche a lavoro non riusciva a pensare ad altro che alla loro precaria relazione, incapace di riuscire a recuperare il rapporto che avevano in passato. Tuttavia, non poteva farci nulla perché la rottura del loro rapporto non dipendeva da incomprensioni, anche forse, ma soprattutto dalla mancanza dei sentimenti che condividevano in passato. Non era più come prima e non potevano tornare indietro. Ormai la loro relazione si era raffreddata, ma anche così Megumi sperava che andando con lui dai suoi genitori per Natale e stando diversi giorni a stretto contatto, in un paesino sperduto e Soma lontano dall'Adashino C.B e specialmente da Nakiri, potesse aiutarli a recuperare quello che avevano perso negli ultimi mesi.
Era consapevole fosse una vana speranza, ma fino alla fine voleva tentare e tornare ad essere quelli che erano prima.
Nel mentre rifletteva, passò accanto ad una vetrina nella quale era esposta_attorno al collo di un manichino_ una sciarpa a righe bianche e blu. Restò diverso tempo ad osservare incantata quella sciarpa sportiva ed invernale, di marca, e quello che la sorprese fu che non collegò tale oggetto ad un possibile regalo da fare a Soma, bensì a Takumi; infatti, un immagine di Takumi con quella sciarpa al collo e vestito con Jeans, golf e scarpe da ginnastica comparse nella sua testa: dentro alla sua mente gli calzava a pennello apparendogli come un modello occidentale di discreta bellezza.
Scosse la testa confusa da quel pensiero: quell'appuntamento al bar sembrava averle fatto il lavaggio del cervello e difatti non riuscì a controllare i suoi movimenti che, istintuali, procedettero all'interno del negozio di capi maschili.
Mezz'ora dopo uscì con in mano il sacchetto e la sciarpa scelta per Takumi, ancora perplessa dalle sue reazioni.
Non aveva mai fatto un regalo a Takumi, questa era la prima volta. In effetti gli era grata per il sostegno e l'appoggio che lui le aveva dato ogni volta che stava male per Soma, ma sapeva altrettanto che non era esattamente un gesto di gratitudine quello che aveva appena fatto. Era stato spontaneo. Non riusciva a capire cosa sentiva per Takumi, poiché i sentimenti per Soma non erano affatto svaniti. Continuò a pensare a cosa stava succedendo al suo cuore e seduta in un piccolo locale gli scrisse addirittura un biglietto di auguri, in cui vi riportò anche i ringraziamenti per esserle stata vicina negli ultimi mesi di sofferenza. Pensando a quello che stava facendo si sentiva imbarazzata, visto che era anche la prima volta che gli scriveva un biglietto. Le sembrava di essere una ragazzina alla prima cotta e arrossì di botto di fronte a quel pensiero, maledicendo il suo adulterio mentale. Che stava facendo? Ora ne aveva la certezza: nonostante i radicati sentimenti per Soma, era evidente che in qualche modo si sentisse attratta dalla gentilezza di Takumi e ultimamente anche dal suo aspetto fisico. Come se non bastasse, il destino volle che proprio andando verso la metro per tornare al suo piccolo paesino di campagna, attraversò davanti al ristorante di proprietà degli Aldini. Si bloccò senza riflettere, guardò prima l'entrata del locale con il suo elegante gazebo e poi la strada davanti a sé, indecisa se entrare a salutare i gemelli o meno e alla fine, spinta molto dall'irrazionalità, fece la prima scelta trovando alla cassa_impegnato a contare gli incassi del pranzo_proprio Takumi che, vedendola, si aprì in un espressione sorpresa:
-Megumi! Che ci fai qui?-
Megumi, prontamente, nascose dietro la schiena il sacchetto con dentro la sciarpa per Takumi.
Perché era entrata? Chi glielo aveva fatto fare?
-scusa l'improvvisata, Takumi-kun..- iniziò timidamente e provò a giustificarsi:
-..è che stavo andando verso la metro per tornare nel mio paesino e passavo di qui e alla fine sono entrata.
Sicuramente sarete occupati. Scusate!- si stuzzicò le mani dietro la schiena, intente anche a stringere più che potevano il sacchetto della sciarpa, nervosa e devastata dal tumulto di emozioni che la stavano assalendo.
Takumi le sorrise con dolcezza e lei non riuscì a controllare il subbuglio del suo cuore davanti a quel sorriso.
-non preoccuparti.- la rassicurò gentilmente:
-avevo appena finito di contare gli incassi del pranzo. Mi fa piacere che hai pensato di entrare.-
Lei distolse lo sguardo e si sentì leggermente arrossire.
-spero di non averti disturbato, Takumi-kun.-
-no, affatto. Sono sincero.- ribadì ancora, con naturalezza. -come stai? Soma è tornato, vero?- chiese, avvicinandosi a lei.
Megumi si trovò il volto di Takumi abbastanza vicino al suo, sussultando a quella vicinanza, nel frattempo che si specchiò nei suoi occhi color cioccolato per scambiarsi un'occhiata intensa ed attrattiva.
-sì, è tornato.- rispose infine, dopo una pausa in cui era rimasta ad osservare i delicati contorni del viso di Takumi sentendosi per un attimo mancare il respiro. -sto abbastanza bene, a parte i problemi al ristorante.-
-che tipo di problemi?- chiese con aria preoccupata, Takumi, portando una mano sopra la sua guancia per accarezzargliela in un gesto che sembrò essere stato inconscio, che la mandò in confusione.
-sono gravi?- rincasò ancora. Megumi era ancora scioccata dal contatto con la calda mano del ragazzo e non rispose immediatamente. Arrossendo un po', ancora impacciata per la carezza, piegò lievemente le labbra in un sorriso e rispose:
-un po', ma non voglio deprimermi subito. Voglio essere ottimista.-
Anche Takumi le sorrise e sembrò accorgersi solo in quel momento di aver posato la mano sulla guancia di Megumi e la scostò quasi scottato; dunque, imbarazzato quanto lei, volse lo sguardo altrove e si grattò la nuca intimidito:
-scusa Megumi, ho l'abitudine a prendermi troppe libertà a volte.-
-nessun problema, Takumi-kun.- farfugliò lei, -anzi.. è meglio che vada, altrimenti la metro per il mio paesino nel tardo pomeriggio inizia a passare ogni mezz'ora e arrivo troppo tardi a casa.- aggiunse frettolosa, dandogli le spalle a causa della tensione che si era nuovamente creata tra loro_come succedeva ultimamente dopo quell'appuntamento_.
Lui si schiarì la voce proseguendo:
-ammiro molto come cerchi di affrontare i momenti difficili e provi a nascondere le tue paure, ma si vede che non stai affatto bene. Sembri stressata e spossata, per cui se hai bisogno di consigli_anche per il ristorante dei tuoi genitori_non farti problemi a chiedermi aiuto, ok?-
Megumi nascose un sorriso, commossa dalle premure di Takumi e dalle curate attenzioni che le riservava.
Su questo aspetto_soprattutto quello emotivo_ anche se le dispiaceva ammetterlo, la stava incoraggiando molto più di Soma. Non sapeva se fosse colpa della distacco che sentiva da parte di quest'ultimo o proprio una questione di differenti caratteri, ma era più sul rispondersi con la prima opzione perché di fatto Soma si faceva in quattro per tutti, soltanto non era bravo a mentire sui suoi sentimenti se sapeva di far soffrire qualcuno e finiva involontariamente per allontanarsi. Anche se le aveva detto che le sarebbe rimasto accanto in questo periodo buio, aveva l'impressione che cercasse di non crearle più aspettative o di non illuderla, solo limitarsi a sostenerla in questo momento difficile e tale atteggiamento di certo non la faceva sentire positiva sul recupero del loro rapporto. Ora come ora sembrava una causa persa.
Doveva trattenere le lacrime, non voleva che Takumi la vedesse piangere e fosse poi costretto a consolarla come al solito; gli sarebbe sembrato di approfittarsi della sua disponibilità e non era passata da lui per quello. Ancora non sapeva cosa l'avesse convinta ad entrare al suo ristorante, ma era certa non fosse per ricercare un conforto o della misera compassione. Voleva farlo e basta. -grazie Takumi-kun.- gli disse solo.
Tornò vicino a lui e guidata da un istinto magnetico gli spostò un ciuffo ribelle dalla fronte, sorprendendosi lei stessa per quello che aveva fatto e lasciandolo conseguentemente di stucco. -perché sei così gentile con me?-
Perché gli aveva fatto una domanda tanto ardita dopo averlo nuovamente sfiorato?
In questi giorni doveva essere emotivamente instabile, perché non era possibile che in presenza di Takumi la sua testa viaggiasse per conto proprio senza riflettere sulle ripercussioni dei suoi comportamenti.
Takumi portò gli occhi a terra, celò l'imbarazzo come reazione al suo gesto, e poi tornò ad esplorare il suo volto.
-non lo so perché lo faccio. Ti sembrerà strano, ma non riesco a capirlo. Mi viene spontaneo con te.
Mi dispiace non poterti rispondere con certezza, Megumi.-
Lei si fece vergognosa e fece due passi indietro da lui:
-no Takumi-kun, scusami tu per la domanda indiscreta. Non dovevo fartela e basta. In questi giorni non sono in me, quindi non fare troppo caso ai miei atteggiamenti. È l'ultima cosa che vorrei.- provò a rimediare.
Nemmeno lei capiva cosa le stava succedendo, in quei giorni, e forse la sua situazione familiare l'aveva sconvolta a tal punto che finiva per commettere azioni che, se invece fosse stata tranquilla e rilassata, non avrebbe commesso.
Come quello che le scatenava Takumi: magari era solo un eccesso di gratitudine per il suo sostegno, vista che sentiva di amare ancora Soma. Non era possibile che le piacessero due persone contemporaneamente, giusto?
-non è successo niente di strano. Non ti devi scusare.- la tranquillizzò lui.
Lei rimase in silenzio, lo guardò ancora negli occhi e annuì:
-bene.. adesso è meglio che vada davvero. Devi lavorare.-
-sono contento che sei passata, Megumi.- confessò lui, sinceramente.
-ha fatto piacere anche a me.- ammise lei.
Lo salutò e si avviò rapidamente verso l'uscita del ristorante.
A causa della camminata cadenzata e frettolosa, saltò fuori della sua borsa un piccola busta che non produsse nessun suono nel piombare a terra e prima che potesse raccoglierla e rendergliela, lei era già uscita.


 

****


Takumi raccolse quella piccola busta, provò a rincorrere Megumi ma lei era già scomparsa dalla sua vista e mentre se la rigirò tra le mani vide che dalla parte opposta vi era scritto “per Takumi-kun”. Sgranò gli occhi colpito e travolto dalla curiosità la aprì e strappò la carta della busta per tirar fuori un foglio dove vi erano scritte delle parole:
 
Ciao Takumi-kun, so che non ci siamo mai fatti regali di Natale e forse ti sembrerà strano, ma ho voluto fartelo lo stesso per ringraziarti di essermi rimasto accanto nei momenti difficili negli ultimi mesi.
Mi sembrava giusto ringraziarti in qualche modo e così ho comprato il regalo.
Questo anche per dirti che non voglio che tu faccia la stessa cosa, per cui non preoccuparti di farmi un regalo per cortesia.
Spero ti piaccia!

Buon Natale, Takumi-kun!


Takumi era senza parole. Quel biglietto, seppur semplice, gli aveva fatto battere il cuore a mille e non era sicuro gli sarebbe successo con qualsiasi altra ragazza, anzi.. non era per niente convinto: era felice. Era emozionato. Ricevere un biglietto tanto dolce da lei, gli aveva solamente aperto di più quello che sentiva: aveva la certezza che Megumi gli piacesse.
Già lo aveva capito quel giorno che si erano visti per un caffè, ma l'emozione che sentiva dopo aver letto un misero biglietto gli aveva confermato i suoi sentimenti e questo era un grosso problema dato che Megumi era la ragazza del suo migliore amico. Aveva provato a lungo ad ignorare i suoi sentimenti per Megumi, ma adesso il suo cuore non ce la faceva più a nasconderli. Voleva ammetterli. Voleva accettarli completamente. Non poteva più mentire a se stesso.
E adesso cosa doveva fare? Sapeva di doversi tirare indietro, di non potersi intromettere nella relazione tra Megumi e Soma perché avrebbe perso l'amicizia del suo amico e probabilmente anche la ragazza che gli piaceva.
Era consapevole che Megumi amasse Soma e anche se sembrava essersi accorta di lui in qualche modo, non poteva certo aspettarsi che un semplice interesse per lui potesse sostituire o prendere il posto dei suoi sentimenti per Soma.
L'aveva amato per tanto tempo e anche se si fossero lasciati non l'avrebbe dimenticato facilmente.
Erano stati insieme quattro anni, più due di quasi totale convivenza: non era una relazione da poco.
No.. non poteva intromettersi nel loro rapporto, non finché continuavano a stare insieme.
La soluzione migliore per evitare che i sentimenti per Megumi crescessero ancora, era eliminare qualsiasi tipo di contatto con lei e questo anche se sapeva che Soma non provava più le stesse emozioni di un tempo per Megumi.
Non poteva mettersi in mezzo e basta. Crearsi delle speranze con lei, tra l'altro, non lo aiutava a non pensarci.
Quindi sì, sebbene volesse restarle accanto, aiutarla in questo periodo storto, buio, non poteva permettersi di rovinare i rapporti con Soma e Megumi. Sì, se non fosse stata lei a cercarlo, lui non l'avrebbe fatto. Doveva resistere dal farlo, almeno finché la situazione tra lei e Soma non fosse stata chiara. A questo proposito, voleva sentire Soma com'era andata a Parigi e se aveva capito cosa voleva e con chi desiderava stare. Sapeva che adesso non era il momento di chiederlo: se lo avesse chiamato per parlare solo della sua situazione con le due ragazze, l'avrebbe fatto solamente per un suo egoistico interesse e non voleva “vendere” o sfruttare così la loro amicizia. Sarebbe stato meschino da parte sua e in ogni caso doveva essere Soma a decidere di parlargliene. Comunque, pensò anche che gli avrebbe fatto piacere sentirlo visto che era da quando era partito per Parigi che non si parlavano e ancora di più che non si vedevano dato che erano stati entrambi molto indaffarati. Deciso questo, infatti, compose il suo numero per chiamarlo stabilendo che avrebbe evitato del tutto il discorso Megumi/Nakiri. -pronto Soma! Come stai?-


 

****


Un ora prima..
Le vacanze di Natale si avvicinavo e Soma era andato a cercare un regalo per Megumi, visto che lei sicuramente glielo avrebbe fatto. Non aveva idea di cosa farle e alla fine, passando davanti ad una gioielleria, le comprò un paio di orecchini in oro bianco. Stava pensando da diversi giorni, inoltre, di prendere anche un regalo a Nakiri.
Non conosceva i suoi gusti in fatto di regali, dunque stava girando a vuoto; tuttavia, appena attraversò una vetrina di un pittoresco negozio di soprammobili, notò esposto quello che sembrava un antico carillon con sopra una figura di una bambolina vestita con un lungo abito perlato, bionda, che gli ricordò Nakiri. Oltre a questo, di non poco spessore, tale bambolina aveva tra le mani una torta di fragole. Estasiato da quel carillon, entrò dentro al negozio e aprì il cofanetto da dove si innescò una dolce melodia che ricordava molto il sottofondo di un valzer. Pensò subito che fosse adatto a Nakiri: elegante e grazioso al punto giusto, difatti sembrava anche caro, ma non gli importò; infatti decise di comprarlo immediatamente perché pareva essere rimasto l'ultimo in vendita. Non sapeva quando glielo avrebbe dato visto che per il resto delle vacanze natalizie non si sarebbero frequentati, purtroppo, e anche durante la festa di natale che aveva in mente di organizzare Alice sarebbe stato impossibile, dato che pure Megumi e Suzuki sarebbero stati presenti e non aveva nessuna intenzione di far soffrire la sua ragazza_almeno finché continuavano a stare insieme voleva proteggerla dalla sofferenza_. La commessa del negozio impacchettò il carillon con la maggior cura possibile.
-faccia attenzione..- lo avvisò -..è un oggetto delicato, cerchi di non fare movimenti troppo bruschi.-
Gli passò il pacco e gli sorrise. -la ringrazio. Starò attento.-
Salutò la commessa ed uscì dal negozio. Era soddisfatto degli acquisti che aveva fatto ed era sicuro che, sebbene non conoscesse pienamente i gusti di Nakiri, quel carillon le sarebbe piaciuto. Pensò anche a Marika e stupendosi lui stesso, desiderò fare un regalo anche a lei. Voleva davvero dare alla bambina qualcosa di suo, speso con il suo stipendio e questo anche perché i bambini amavano il natale e Marika non sarebbe stata da meno. Tempo fa non si sarebbe mai immaginato di pensare di fare un regalo ad una bambina e invece adesso ci teneva a farle una sorpresa. Aveva veramente iniziato a volerle un gran bene. Appunto per questo, mentre procedeva a guardare altri negozi alla ricerca di un regalo per Takumi, passò di fronte ad un negozio di scarpe da bambini e fu attirato da un paio di piccole ballerine con un delizioso fiocchetto in cima, di un rosso acceso: sembravano delle ballerine adatte ad una piccola principessa e visto che a Marika piaceva sentirsi tale e lo riteneva il suo eroe delle favole, pensò che le sarebbero state benissimo.
Intanto che guardava i delicati e sottili contorni, la punta rotonda delle scarpette, si immaginò la piccola Marika con indosso quelle ballerine e sorrise affettuosamente. Convinto della sua impressione, sorridendo fra sé e sé, entrò nel negozio di scarpe e comprò le ballerine alla bambina. Sperava gli piacessero e che Nakiri non si sarebbe arrabbiata per la sua decisione di fare un regalo a sua figlia: aveva ampi dubbi su quest'ultimo pensiero, ma lui si era sentito di farlo.
Di sicuro Suzuki avrebbe fatto un regalo alla bambina e lui non voleva essere da meno: non era solo questo il punto, ci teneva davvero a fare un regalo a Marika e trovò quelle ballerine perfette per lei.
Ora che aveva comprato tutto, poteva andare diretto a casa dato che si era fatta quasi sera e moriva già di fame.
Nel frattempo che procedeva verso la macchina, partì la suoneria del suo cellulare e rispose subito quando lesse che era Takumi. -pronto Soma! Come stai?- chiese il suo amico.
-ciao Takumi! Ti avrei chiamato anch'io stasera!-
-ti ho anticipato!- esclamò compiaciuto. -che mi racconti? A Parigi?-
-a Parigi tutto bene. È una città molto bella: il mio vecchio l'aveva detto.-
-già! Tuo padre deve esserci andato spesso nel corso dei suoi viaggi.-
-sì, anche se non mi ha mai raccontato molto.- ridacchiò divertito.
-tipico di tuo padre.- si unì alla risata, Takumi.
-chiaramente deve essere una delle capitali dove sono i nati i migliori chef. Vero?-
-oh sì!- concordò lui, -anche durante il catering ho imparato diversi trucchi dal gruppo di catering francese che ha collaborato con noi. È stato un lavoro di squadra.- raccontò entusiasta -per non parlare della finezza dei cibi e le ricercate tecniche di condimento e come gli ingredienti venivano uniti dagli chef e li incastravano l'uno con l'altro creando un sapore raffinato, in maniera assai diversa dal nostro modo di cucinare. Insomma.. adesso capisco come sei riuscito a trovare il modo di preparare piatti italo-giapponesi trovando il giusto incontro tra le due culture: viaggiare oltreoceano aiuta molto a migliorare la propria tecnica di cucina.
Lo sapevo già, ma sperimentare questa esperienza di persona è molto diverso, credo. Tu che dici?-
-dovremmo presto fare una sfida e voglio sapere molto di più sulle tecniche di cucina francese: trova un giorno per farla.-
Soma scoppiò a ridere davanti all'impetuosità e alla determinazione di Takumi. -sarà difficile perché lavoriamo entrambi durante la settimana, ma penso che prima di andare al paesino di Megumi un giorno lo trovo.-
-anch'io in effetti ho molto da fare con la gestione del ristorante, ma se sapere di più sulle tecniche francesi mi aiuterà a migliore ancora la mia cucina penso che sarà utile trovarci un giorno. Anche per gli auguri di natale.-
-certo!- esultò Soma, -non vedo l'ora!-
-cambiando discorso..- riprese Takumi -..a natale vai dai genitori di Megumi?-
-sì, come ogni anno e hanno bisogno di qualche consiglio.-
-ti riferisci ai problemi finanziari del loro ristorante?-
Soma si fece perplesso. -come sai dei suoi problemi, Takumi?-
Calò il silenzio tra i due e Soma lo richiamò visto che non rispondeva:
-Takumi.. ci sei ancora? Tutto bene..?-
-sì, sì, scusa Soma!- rispose finalmente, lui, sbrigativo. -dicevi?-
-dicevo..- ricominciò allora lui -..come sai dei problemi del suo ristorante?-
-beh, ecco..- iniziò incerto -..Isami l'ha incontrata per caso l'altro giorno, l'ha vista un po' giù e lei gli ha accennato dei suoi problemi. Ecco tutto. Però non sappiamo i dettagli della situazione.- puntualizzò rapido.
-penso che gli darai consigli utili perché tu stesso hai gestito un ristorante e sai le complicanze.-
-vedrò quello che posso fare, ma sono positivo: si risolleveranno.-
-invidio davvero il tuo ottimismo.- dichiarò sincero, Takumi:
-quindi mi fido di te e anche Megumi si fida. Sarai in grado di sostenerla.-
-lo spero. Non voglio che perda il lavoro. Dovrebbe ricominciare tutto daccapo e con le sue capacità non se lo merita.-
-sono d'accordo.- la voce di Takumi sembrò acuirsi all'improvviso, ma lui ignorò quella sensazione pensando fosse stato solo un problema di linea. Ci fu un'altra piccola pausa dalla conversazione, poi Soma riprese a parlare:
-te e Isami invece? Andrete dai parenti italiani per natale?-
-molto probabilmente, ma non abbiamo ancora deciso del tutto.-
-capisco.- sorrise solare, -allora ci sentiamo per vederci per gli auguri!-
-ovvio!- affermò Takumi. -quando vuoi.-
-in settimana sicuramente.- ribadì Soma. -grazie della chiamata!-
-di niente! A presto!-
-a presto!-
Detto questo, Takumi fu il primo a riattaccare e Soma cercò di evitare di pensare che gli era apparso strano: sembrava che Takumi volesse dirgli qualcosa e che non fosse rilassato come al solito.
Sperò solo non fosse niente di grave, ma non poteva saperlo finché non gliene avrebbe parlato.
Sospirò stancamente e decise che avrebbe aspettato fosse Takumi a scegliere quando parlargli, perché era giusto così. Takumi aveva sempre rispettato i suoi tempi quando si trattava di parlare di argomenti seri o meno.




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Angolo autrice: buonasera ragazzi! ecco a voi il nuovo cap! ;D anche in questo cap ho dato molto spazio a Megumi e Takumi (UmiUmi, come chiamano la coppia nel fandom XD) e questo perché dovevo far vedere i cambiamenti nei sentimenti di Megumi per Takumi (anche se ama ancora Soma e spera di recuperare il rapporto con lui, ha capito di provare qualcosa per Takumi). Cosa avete pensato delle scene UmiUmi e soprattutto di quelle Sorina? (Erina vorrebbe tanto sapere perché Soma non ha lasciato Megumi, ma fa di tutto per trattenersi dal chiederlo e Soma non parla ad Erina della situazione di Megumi perché non vuole farla passare male agli occhi di Erina, ma ce la farà a nasconderle ancora i motivi? beh.. lo vedrete nel prossimo cap! XD ). Il prossimo cap sarà dedicato alla festa di natale e vedrete nuovamente anche AkiHisa :P e ovviamente non mancheranno le scene Sorina, come al solito! *-* spero che questo cap non vi abbia deluso.. >.< cosa pensate del regalo di Soma ad Erina? come avrete visto, tra l'altro, non vi ho mostrato com'è andato il banquenting a Parigi, ma vi ho un po' riassunto attraverso la conversazione tra Soma e Takumi come si è svolto e com'è andato. La fanfic non è molto incentrata sulla cucina (fa da sfondo), però mi auguro che questo non vi disturbi troppo.
Intanto.. ringrazio tantissimo chi ha lasciato le recensioni! *____* grazie davvero! <3 cercherò di rispondervi il prima possibile, promesso, abbiate pazienza D: e chi ha messo la fanfic a preferite/seguite. Attendo le vostre recensioni! ;D
A presto!! *____*

Un bacione grande a tutti!! <3 Erina91

 

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Capitolo 13
*** Sensuale seduzione! ***


Sensuale seduzione!


Soma era preoccupato perché Megumi non era ancora scesa dalla campagna e tra un paio d'ore dovevano essere alla villetta di Alice e Ryou per la festa di natale. Stava rimettendo alla meno peggio casa sua mentre aspettava l'arrivo di Megumi, e gli occhi si posarono sul sacchetto che conteneva il pacco regalo con il carillon preso a Nakiri. Non sapeva quando darglielo e quella sera non era il caso, dunque ripose con cura anch'esso all'interno dell'armadio. Non sopportava il distacco che si era creato tra lui e Nakiri da quando lei aveva saputo che per ora non aveva intenzione di lasciare Megumi, ma alla fine non poteva aspettarsi altro. Nel frattempo che ripensava a Nakiri, a quanto desiderasse il suo contatto e lasciarsi andare ai sentimenti che provava per lei, ecco che il cellulare suonò vedendo che si trattava di Megumi.  -pronto?-
-pronto Soma-kun..-
Megumi aveva la voce roca accompagnata da qualche colpetto di tosse e capì che non stava bene, preoccupandosi un po'.
-che ti succede, Megumi?-
-scusa Soma-kun, ma a quanto pare ho un po' di febbre e non me la sento di scendere.
Mi dispiace un sacco non poter venire alla festa.-
-dispiace anche a me, ma fai bene a rimanere a letto e a riposarti. Comunque, domani in tarda mattinata verrò diretto a casa da te. Spero che già domani tu stia meglio. Mi raccomando.. non sforzarti troppo.-
-non lo farò, tranquillo. Sono felice che domani ci vediamo.-
-anch'io.- le disse lui, retorico, benché non fosse totalmente la verità.
-grazie. Divertiti anche per me alla festa.-
-lo farò. A domani Megumi. Prenditi cura di te.-
-ci proverò. A domani.-
Megumi riattaccò la conversazione per prima e Soma si sentì un'infame pensando che era contento non venisse alla festa: così non andava.. presto non sarebbe più riuscito a nascondere la verità a Megumi, perché quella recita stava diventando uno sfinimento per il suo umore. Sbuffò affranto.
Si vestì rapidamente indossando un paio di jeans scuri e un golf a collo alto, nero, pronto per andare alla festa di natale. Lanciò un'ultima occhiata al regalo per Nakiri ed uscì da camera sua. Dopo aver messo il giubbotto invernale ed essersi avvolto in una grande sciarpa, salì sulla sua moto per andare verso la destinazione, ovvero la villetta di Alice e Ryou.
Mentre sfrecciava con la moto lungo le vaste e trafficate strade di Tokyo, un'atmosfera natalizia e luminosa ricolma di lucine e di nastri bianchi e rossi che circondavo alti alberi di natale al centro delle piazze, lo accompagnò nel gelido tragitto. Il cielo era nebuloso e sembrava aver voglia di nevicare, sperò solo non iniziasse a farlo prima che fosse tornato a casa dalla festa o in moto sarebbe stato un problema. Arrivò prima del previsto, dopo essersi districato bene dal fitto ingorgo creato dalle auto a mo di slalom, e parcheggiò la moto all'interno dei parchimetri della villa dei suoi amici.
Aveva riconosciuto diverse macchine dei suoi colleghi, tra cui l'elegante porche di Suzuki. Sospirò stancamente fissando l'auto metallizzata e nuova di zecca: fino alla fine aveva sperato che Suzuki fosse colto da un imprevisto che gli avrebbe impedito di presentarsi alla festa e invece quell'uomo c'era e per l'ennesima volta era costretto a vedere lui e Nakiri attaccati come due caramelle appiccicose. L'inizio della serata non si preannunciava affatto gradevole, pensò frustrato.
Un silenzioso maggiordomo lo scortò dentro alla villetta e fino alla sala eventi dove si sarebbe svolta la festa, la quale era addobbata anch'essa da decorazioni allegre e natalizie capaci trasmettere serenità e calorosa accoglienza agli ospiti.
Gran parte dei suoi amici e colleghi erano già arrivati e si guardò attorno osservando un po' gli invitati e cercando di sbieco la figura di Nakiri, che vide chiacchierare con Suzuki_come sospettava_ e come al solito era incantevole. Quella sera portava un attillato vestito rosso che le arrivava poco sopra le ginocchia, e sopra una giacchetta elegante e nera.
Ai piedi portava un paio di decolté dello stesso colore della giacca.
Le ciocche bionde erano sciolte, acconciate rigorosamente di lato, difatti scendevano aggraziate lungo il fianco.
Era irresistibile. E quello che faceva più male era non poter andare da lei e parlarci liberamente.
Si guardò ancora in giro, notando la mancanza di Marika e chiedendosi dove fosse.
Pensò che Nakiri non l'avesse portata perché era una festa tra colleghi e da sola si sarebbe annoiata.
Adocchiò Alice venire in sua direzione, seguita da Hisako.
-ciao Yukihira-kun!- lo salutò la prima, sorridendogli maliziosa.
-ciao Alice! Grazie per questa festa e per l'invito.- le sorrise cordiale.
-ciao Yukihira-kun.- lo salutò Hisako.
-ciao anche a te, Arato-san.-
-almeno ci salutiamo per bene prima di partire per il prossimo catering.- constatò l'altra.
-a proposito.. dov'è Todokoro? Erina non l'ha chiamata?-
-sì, l'ha fatto, solo che non è potuta venire per l'influenza.-
-ma pensa un po'!- esclamò, con aria sospettosa. -che peccato.-
Soma vide Hisako dare una gomitata a Nakiri e quest'ultima continuò:
-comunque, sono contenta che tu sia venuto. Serviti pure con quello che vuoi.- lo invitò facendo gli “oneri di casa”.
-certo! Lo farò!-
-a dopo Yukihira-kun.- lo salutò Hisako, sorridendo.
-a più tardi.- le rispose di rimando, lui.
Si portò vicino al buffet ed iniziò ad assaggiare quello che poteva e gli ispirava trovando tutto estremamente raffinato e delizioso, continuando a guardare Nakiri a distanza e sempre accostata a Suzuki. Alla fine aveva fatto bene a non portare i regali, visto che per ora sembrava che il suo compagno non volesse separarsi da lei. Sbuffò seccato.

 

****

Finalmente Rokuro si era allontanato da lei per dedicarsi ad altri colleghi, potendo ora tirare un sospiro di sollievo.
Da come la controllava non riusciva neanche a spostare lo sguardo da lui perché aveva paura di fargli capire quanto era attratta da Yukihira_come al solito_. Con suo disappunto, avrebbe voluto incrociare i suoi occhi almeno una volta, eppure la presenza di Rokuro non glielo permetteva. Per gran parte delle prime due ore non si erano né parlati né guardati con Yukihira. Non negava, tuttavia, di essere rimasta affascinata da lui appena era comparso sotto gli archi del salone, con quei jeans aderenti e sportivi, quel golf che risaltava discretamente i suoi pettorali e le larghe spalle. I ciuffi ribelli e più lunghetti ricadevano dolci sulla sua fronte, contribuendo a spiccare quella bellezza che lei riteneva “mozzafiato” e si vergognava a pensarlo. Solo in quei pochi secondi era riuscita a guardarlo, ma lui non aveva fatto altrettanto perché sembrava più interessato a guardarsi attorno. Però, ciò che l'aveva sorpresa di più, era vederlo arrivare senza Todokoro e la domanda che voleva fargli sul perché lei non fosse venuta la stava tormentando da tutta la sera.
Che l'avesse davvero lasciata?
No, non era possibile: solo qualche giorno fa le aveva detto di non poterla lasciare per un motivo che non le era dato sapere e sicuramente la situazione non era cambiata. Inizialmente non gli aveva creduto sulla parola_anche se lui le aveva detto di non aver dimenticato la dichiarazione_e soprattutto si era sentita ferita di essere stata presa giro dalle sue parole, di essersi emozionata davanti alla sua dichiarazione e aver davvero sperato che lui scegliesse di lasciare Todokoro per lei. Ma quelle erano tutte false speranze e non solo per lui, specialmente per lei, perché il segreto di Marika restava una “croce” e Yukihira non doveva sapere di avere una figlia. Alla fine, come si ripeteva sempre a "macchinetta", aveva scelto di restare con Rokuro perché era la soluzione migliore per proteggere l'identità di Marika.
Quindi, perché continuare a sperare cose impossibili? Ne avrebbe solo sofferto di più.
Hisako, accanto a lei, vedendo che sembrava aver perso il filo del discorso per farsi pensierosa, la richiamò:
-Erina.. hai capito cos'ho detto?-
Lei sussultò e rispose a Hisako, dispiaciuta:
-no, scusami. Ero distratta.-
La sua amica sospirò rassegnata e le ripeté:
-ti ho chiesto cosa pensavi della festa.-
-come tante altre.- espose vaga. -mi sto solo godendo i pochi minuti senza Rokuro.- proseguì distrattamente.
-godendo..?- recitò perplessa Hisako. -ho capito bene, Erina?-
-sì, lo hai fatto.- confermò lei, infastidita:
-ultimamente è diventato più possessivo del solito. Non mi lascia un attimo di respiro. È fastidioso.-
-cosa potevi aspettarti? È ovvio che lo sia diventato.
Lo vedi come ti sei ridotta da quando Yukihira è tornato? Pensi solo a lui e non mi dire di no.-
-anche se fosse..- cominciò lei stancamente -..anche se fosse non posso stare con lui, Hisako.
È il padre di Marika! Se mi avvicino scoprirà tutto.-
-è solo questione di tempo, Erina, lo scoprirà in ogni caso. Già adesso sembrano padre e figlia, al momento che avrà qualche informazione in più su di lei, lo verrà a sapere e non potrai farci nulla.
Non pensi di doverglielo dire personalmente?-
-no!- esclamò impetuosa. -se glielo dico sarà peggio.-
-sarò peggio quando lo scoprirà da solo. Credimi.-
-non posso e basta. E poi la vita con Rokuro non è così male, per Marika è già un buon padre. Se Marika scoprisse che Yukihira è il suo vero padre, per quanto è piccola, sarà comunque devastante per lei. Va bene così.-
-Marika ha già inconsapevolmente accettato Yukihira-kun come suo padre, perfino io vedo che non è così aperta con Rokuro. Non vedrà mai Rokuro come vede Yukihira-kun, Erina, e lo sai anche tu.- seguitò Hisako:
-e te invece? davvero vuoi continuare a struggerti, a guardare Yukihira da lontano, ad amarlo senza poterglielo dire_ proprio come fai adesso_solo per paura che il tuo segreto venga fuori? Lo sai che questo ti porterà ad una depressiva esistenza? Non sopporterai ancora a lungo e io, come tua migliore amica, non voglio vederti cadere in depressione a causa della tua ostinazione. Non sarai mai felice con una persona che non ami davvero.-
-non ho bisogno che tu me lo dica, so perfettamente a cosa andrò in contro con la scelta che ho fatto, ma questo non cambierà. Soprattutto non lo farà se so che con Yukihira non ho certezze e se mi dice prima una cosa e poi ne fa un'altra ritirando tutto indietro.- rispose allusiva e stizzita, ripensando alla sua dichiarazione a Parigi e alla parole nel suo ufficio su Todokoro. -cosa ti avrebbe detto che poi ha tirato indietro?-
-lascia perdere. Non mi va nemmeno di ripensarci.- replicò brusca.
-d'accordo. Allora non chiederò.- accordò tranquilla.
Erina fu grata ad Hisako per non insistere con le sue opinioni e soprattutto con le domande su Yukihira.
Calò il silenzio tra le due; silenzio che fu interrotto nuovamente dalle parole di Hisako:
-certo che se non ci fosse Alice queste feste non esisterebbero nemmeno!-
Erina ridacchiò divertita, seguita da Hisako.
-già, anche se a volte è troppo insistente e si sente ancora una ragazzina. Voglio dire.. non siamo più delle studentesse, dovremmo dedicare le nostre giornate a qualcosa di più utile che a delle feste scatenate come queste.-
-feste che però rendono le nostre monotone giornate più interessanti e vivaci, non credi?- vide Hisako guardare davanti a sé e soffermarsi sulla figura di Hayama, seduto su un panchetto, e accerchiato dalle solite cameriere.
-se Alice non pensasse a queste feste, non potrei nemmeno vederlo al di fuori del lavoro..- aggiunse, forse senza neanche rendersi conto di aver pronunciato quel romantico pensiero su Hayama ad alta voce; infatti, Erina, sgranò gli occhi stupita. -ti riferisci ad Hayama?-
Fu a quel punto che Hisako si portò una mano davanti alle labbra, imbarazzata dalle sue parole.
-l'ho davvero detto ad alta voce?-
-già, lo hai fatto.- appurò. -come va con lui? A Parigi ci sono stati sviluppi?-
-ovvio che no!- sbottò Hisako. -continuo a non capire cosa mi piaccia di lui.-
-è inutile che te lo chiedi. È difficile sapere cosa ci piace delle persone che scegliamo.-
Hisako sapeva che quella frase valeva anche per lei e Yukihira.
-già, hai ragione.- concordò.
-comunque, per quanto sia sicura che non andremo d'accordo come coppia, ho deciso di provarci lo stesso.-
-penso che tu faccia bene. Approfittane finché puoi farlo.- altra frase riferita alla situazione tra lei e Yukihira, che era già una relazione impossibile_almeno per lei avrebbe continuato ad esserlo_.
-anche ora dovresti andare da lui, invece di stare a chiacchierare con me. Gli hai fatto un regalo di natale, giusto?-
Per Hisako quella fu una domanda inaspettata.
-sì, non l'ho detto a nessuno, però glie l'ho fatto e non so quando darglielo.-
-a maggior ragione, visto che glie l'hai fatto, dovresti andare da lui.-
Hisako si aprì in una risata sarcastica ed amareggiata.
-me lo tirerà dietro. Lo so. Non accetterà mai un regalo da me.-
-se non provi nemmeno sei patetica.- la incitò scaltra.
-come al solito sei sempre diretta, eh Erina?- sorrise Hisako.
-a fine serata andrò da lui e proverò a dargli il regalo che gli ho fatto.-
Parlarono ancora un po', finché non le raggiunse anche Alice.



 
****


Passata un'altra ora, Soma aveva bevuto e chiacchierato un po' con tutti gli invitati.
Si era accomodato su di un pacchetto, in attesa di digerire il ricco pasto e nel mentre aveva visto che finalmente Suzuki si era staccato un po' da Erina, nonostante continuasse comunque a controllarla di sfuggita. Quest'ultima invece, dopo aver parlato con Alice e Hisako nell'arco dell'ultima ora, si alzò dalla sedia allontanandosi per andare verso le cucine da sola.
La seguì con gli occhi, incantato da tutti i suoi movimenti che gli apparivano sempre sensuali e seducenti, e desideroso di unirsi per ricercare un attimo per parlare con lei. Avvicinarsi. Ascoltare la sua voce e assaporare il suo profumo, che da quando si era distanziata sembrava aver lasciato la scia in tutto il salone, accendendo in lui il desiderio di nutrirsene di più.
Sapeva che sarebbe stato rischioso, visto che Suzuki era presente alla festa, ma il desiderio di stare con lei era più forte della sua razionalità e così_senza riflettere_colse l'attimo in cui Suzuki era più distratto e la seguì nelle cucine.

Le porte delle cucine erano socchiuse e lui poteva vederla di spalle mentre armeggiava con i piatti nel lavello, godendo della visuale della sua schiena scoperta_dato il vestito scollato dietro e la crocchia arrangiata per sistemare i piatti in lavastoviglie_candida e liscia, attraente, spinto dalla voglia di accarezzarla e baciarla dalle scapole fino alla zona lombare e ancora più sotto.. il solo pensiero lo fece eccitare, deglutì meccanicamente, cercando di controllare i suoi “istinti famelici”. Il desiderio, anche così, non si spense e cercò di pensare ad altro per gestirlo come meglio poteva.
Iniziò, dunque, a contare mentalmente in modo da tenersi impegnato e alla fine riuscì a sopprimere “provvisoriamente” la voglia di lei e a ritrovare la compostezza della quale aveva bisogno per passare qualche minuto con ella senza impazzire. -Nakiri!- la chiamò, appunto. -che stai facendo qui da sola?-
Si avvicinò a lei e d'impulso le sfiorò in un flebile secondo le pelle scoperta dalla scollatura del suo vestito.
Nakiri sobbalzò appena lo vide affiancarsi completamente.
Le loro cosce quasi si toccavano da quanto erano vicine e il profumo di Nakiri si fece immediatamente riconoscibile.
Vi fu uno scambio di sguardi intenso tra loro, penetrante, surreale e decisamente condito da un attrazione fisica da capogiro per quanto era potente. Rimasero a fissarsi in quella maniera per un tempo indefinito e agognato: entrambi volevano un momento per stare da soli, lontano dalla confusione della festa, in una zona silenziosa di quella villetta.
Una zona a cui appartenevano ambedue ed amavano: la cucina.
-cosa ci fai qui, Yukihira?-
Fu Nakiri la prima ad interrompere lo scambio di sguardi.
-te l'ho fatta prima io la domanda.- la punzecchiò lui.
-lo vedi anche da solo cosa sto facendo.- ribatté lei, piatta.
-stai rimettendo. Esatto. E perché dovresti rimettere te?-
-perché come vedi gli chef che hanno cucinato sono in pausa.-
-anche se sono in pausa, lo avrebbero fatto comunque dopo.-
Lei sospirò esasperata. -dunque.. dove vorresti arrivare Yukihira?-
-perché non ammetti e basta di essere fuggita dalla festa perché ti sentivi oppressa da Suzuki-san?-
Nakiri lo fissò rabbiosa, replicando:
-perché continui a sperare che questi siano i miei pensieri?-
-perché questi sono i tuoi pensieri. Perfino io posso dire che Suzuki-san si è fatto soffocante, ultimamente.
Ti è stato accollato tutta la sera.-
-sei solo geloso, Yukihira, e non ne hai il diritto visto come ti rimangi le parole.- protestò aspra lei, fissandolo con sfida.
Si era immaginato che gli avrebbe rinfacciato la decisione presa tornato da Parigi, per Megumi.
-e se anche fosse? Questo non ti fa capire cosa provo davvero Nakiri?-
-perché mi hai seguito?- intervenne lei, ignorando le sue parole.
-l'ho fatto perché ero preoccupato.- affermò schiettamente.
-non dovevi. Sto bene.- decretò distaccata. -ora puoi andare.-
-se sei ostinata a rimettere, allora ti darò una mano. Posso?-
-anche se ti dicessi di no, non mi ascolteresti. Fai come ti pare, idiota.-
Lui ridacchiò divertito ed iniziò ad aiutarla ad infilare i piatti in lavastoviglie.
Passò qualche attimo di silenzio tra i due e solo il suono dei piatti che si scontravano ad interromperlo.
Nel frattempo, ogni tanto, le loro mani si toccavano di sfuggita producendo loro una sensazione di nostalgia del contatto reciproco e un'attrazione fatale che sembrava solo raddoppiare e farsi pericolosa.
-dov'è Marika? Non l'hai portata oggi?-
Fu lui a rompere quel silenzio cercando di trovare una via di fuga dal desiderio per lei.
-lei e Naoki sono rimasti dalla madre di Alice e con mio nonno. Torneremo a prenderli a festa finita.- spiegò Nakiri, schiva, cercando di non incontrare i suoi occhi. Sapeva perché scappasse dal suo sguardo ed era perché probabilmente stava riscontrando delle difficoltà quanto lui, a gestire quell'intrigante e tentatrice vicinanza: le loro cosce che ad ogni movimento si strusciavano, ne sentivano il calore a vicenda e ne erano succubi. E ancora.. le loro mani che involontariamente finivano per toccare gli stessi oggetti da mettere a posto e di conseguenza creavano l'ennesima preziosa occasione per approfondire il contatto, renderlo più concreto e audace. Neanche lui sapeva come riuscisse a resistere alla tentazione di sentire Nakiri, farla sua seduta stante, e più quella prossimità si accorciava più sentiva il suo controllo venir meno, ribellarsi, frantumarsi per lasciarsi andare. -capisco.- rispose solo, lui, socchiuse gli occhi e ricominciò a contare nella testa nella speranza di riacquistare un minimo di lucidità.
Vi fu un'altra tacita pausa nella loro passiva conversazione, in cui continuarono a rimettere la cucina.
Lui cercò di concentrarsi solo su quello, nel riassettare, visto che contare nella testa per darsi un contegno non era servito a molto poiché non riusciva a smettere di guardarla, scrutare ogni suo gesto, trovandolo sempre più seduttivo e ammaliante.


 

****


Portava gli occhi in un punto imprecisato, spaesata e distratta, si fissava come una scema sui contorni e i ricami di porcellana di piatti e bicchieri dando le spalle a Yukihira e sfuggendo al suo intenso sguardo, alla ricerca di una “via d'uscita” da quel “tunnel” di emozioni e sentimenti indistruttibili, da quell'ardente attrazione che le suscitava la distanza ravvicinata con lui. O provando a scappare in tutti i modi dall'incessante e afrodisiaca sensazione di come le virili mani di Yukihira sfiorassero accidentalmente le sue mentre afferravano gli stessi oggetti, la stessa argenteria. Oppure come le loro gambe sentissero il contrasto con quelle dall'altro in un'azione non voluta, anche insignificante di per sé; eppure per lei sentire il tepore del corpo di Yukihira vicino al suo, la sua consistenza, era deleterio. Era talmente rischioso che si era costretta a far finta non ci fosse_e non era facile_decidendo di soffermarsi su qualsiasi altra presenza materiale o meno in quella stanza pur di ignorare come il suo organismo si facesse infuocato e reagisse in modo incontrollabile ed istintuale ai brevi contatti con Yukihira, desiderasse di più, la spingesse a rispondere con chiarezza a ciò che chiedeva il suo corpo e ai suoi sentimenti; a dare adito a quelle leggere ed innocenti effusioni per farle diventare qualcosa di reale, definito, immediato peccaminoso anche, molto probabilmente. Lo desiderava così tanto che le sembrava di impazzire, sentiva la testa esploderle e questo perché aveva sottovalutato e soppresso troppo a lungo i suoi veri sentimenti. Anche così, però, quello che nascondeva a Yukihira gli impediva di dare sfogo alle sue emozioni e la fermezza a voler mantenere il segreto di Marika era ormai rimasta l'unica cosa che l'aiutava ad innalzare pali tra lei e Yukihira. Esatto. Yukihira aveva ragione: era scappata dal salone perché non sopportava più il morboso controllo di Rokuro, che si era fatto quasi ossessivo e, se lo era diventato, era colpa sua e della sua incapacità di nascondere le vere emozioni. E probabilmente, se non ci fosse stata Hisako ad ascoltare i suoi sfoghi, anche quella sera avrebbe finito per discutere con il suo compagno.
Da quando Yukihira era arrivato alla festa non aveva fatto altro che pensare a lui, non smettendo di chiedersi dove fosse Todokoro e perché non l'aveva lasciata come le aveva detto, finendo per dubitare ancora_giustamente_delle sua sincerità e dell'autenticità della sua dichiarazione a Parigi. Il fatto di essere presa in giro da Yukihira, che giocasse con i suoi sentimenti o volesse stare con due piedi in una scarpa l'aveva ferita più di quanto credeva e, nonostante la forte attrazione di quel momento, in cucina, era tormentata da tutte quelle domande ed era arrivata perfino alla conclusione che lui non lasciasse Todokoro perché la amava e quello che provava per lei era solo un punto di vista fisico e sessuale. Sapeva che non era il tipo da guardare una donna solo per quell'aspetto, perché era sincero. Però, tale doloroso pensiero, gli era sfiorato e per avere la certezza che non fosse quel tipo d'uomo voleva avere conferme dalla sua bocca e non gli avrebbe creduto finché non gli avesse spiegato i motivi per cui non aveva ancora lasciato Todokoro. Qualche giorno fa era riuscita a contenersi dal chiedergli spiegazioni, ma ora che erano da soli, fuori dal posto di lavoro, si sentiva angosciata da tutte quelle domande ed era consapevole che avrebbe finito per porgliele direttamente. Anche l'idea che Rokuro fosse a pochi passi da loro, dalla cucina dove si erano rifugiati, passò in secondo piano e lentamente diventò un problema futile rispetto ad avere risposte ai suoi dubbi. Non era solo questo, anche i rapidi contatti che avevano avuto lei e Yukihira intanto che rimettevano, si erano come al solito fatti più importanti della sua situazione con Rokuro. Non poteva farci nulla. Voleva sapere di Todokoro.
Voleva delle risposte alle sue domande mentali. Moriva dalla curiosità. E fu così che, immediatamente dopo, chiese:
-dov'è Todokoro? Non è venuta nemmeno lei.-
-ha l'influenza e non è potuta scendere. Perché?-
Lei, seccata dalla domanda finale, posò bruscamente l'asciughino sul bancone della cucina e si portò davanti a lui sfilandogli dalla presa, con poca grazia, la scopa con cui stava spazzando in terra.
-davvero fingi di non capire? Sei uno stupido, Yukihira!- esplose irritata.
-non è che fingo di non capire, Nakiri, è che non vuoi credermi.-
Erina si trovò il volto di Yukihira pericolosamente vicino al suo, talmente tanto che riusciva a vedere ogni più piccola parte del suo viso e sentiva il suo respiro. La loro occhiata fu magnetica, potente, vogliosa.
Tale scambio di sguardi si fece ulteriormente intenso quando vide che Yukihira portò gli occhi sulle sue labbra, facendola imbarazzare. -non dovevi avvicinarti così tanto, Nakiri.- sussurrò, scendendo con le dita dalla sua tempia fino a raggiungere i contorni delle sue labbra, toccando con il pollice la loro morbidezza e seguendo la loro linea.
Erina rimase pietrificata, oltre che incantata, davanti a quel gesto. Cercò di riprendere compostezza, scacciando via la sua mano_a fatica_. -dovresti smetterla di stare con due piedi in una scarpa.- sbottò stizzita.
Tornò verso il bancone e gli dette le spalle. Fu il suo errore più grande perché Yukihira, già profondamente attratto dallo scollo dietro alla sua schiena prima di entrare in cucina, si portò dietro di lei e d'istinto iniziò a vezzeggiargliela con una mano in una docile eppure sensuale carezza che partiva dalla clavicola, passava alle spalle e scendeva giù fino alla sua zona lombare, lenta, gestita in maniera tale che lei non si perdesse neanche un passaggio e la più piccola emozione.
I suoi muscoli si irrigidirono, infatti, estasiati da quel movimento passionale e ricco di desiderio carnale, ma allo stesso tempo di dolcezza, che faceva trasparire un'essenziale e veritiera mancanza di lei come persona, come donna, come preferenza sessuale. Tutto. Perché in uno solo tocco riusciva a trasmetterle tutto ciò che provava? 
Il cuore le batteva a mille, il respiro si fece accelerato producendole una nitida sensazione di soffocamento interiore tipica di quando sei fortemente attratto da una persona, a tal punto che pensi di non poterne fare a meno e desideri solo condividerla e appagarla, guarirla. -Yukihira..- ripeté in un bisbiglio mozzato.
Lui portò le labbra sulla sua spalla e le lasciò un delicato bacio su di essa, creandole dei brividi, salendo poi verso il collo e scorrendo con le mani lungo il suo corpo, con curata delicatezza e agognato desiderio.
-Nakiri..- cominciò, non smettendo di sfiorare e inspirare il profumo della sua pelle
-..ogni giorno ripenso a quella notte passata insieme e ti desidero.
Per questo ti ho detto che non dovevi avvicinarti. Sapevo che sarebbe finita così.- ridacchiò ironico.
Quella stessa risata sembrava essere un messaggio di ironica arresa al combattere i suoi sentimenti per lei.
Una risata amareggiata che le faceva capire che per lui era dura stare con Todokoro e desiderare lei a livelli tanto estremi e folli. Ciò le confermava solamente la sincerità dei suoi sentimenti. Tuttavia, testarda ed orgogliosa com'era, non riusciva ad accettare che lui le avesse detto che avrebbe lasciato Todokoro dopo essersi dichiarato e poi non l'avesse fatto per qualche motivo a lei ignoto. Voleva saperlo comunque. Trovando la forza di spostarsi all'interno del cerchio che Yukihira aveva creato tra lei e il bancone, bloccandole la “via d'uscita” dal suo corpo tanto accogliente e iniziando a farla andare fuori di testa con la sua teperatura corporea, si voltò verso di lui e lo fissò con decisione. -non era questa la risposta che volevo.-
-lo so cosa mi hai detto, Nakiri.- sospirò lui, stringendola ancora per la vita, in  maniera talmente stretta che i suoi seni e i suoi pettorali potevano sentirsi, scatenando in entrambi solo più difficoltà a gestire la loro attrazione e sentimenti.
Erina sentì subito quanto lui la volesse attraverso il contatto con le sue gambe, vergognandosi di trovare piacevole essere smaniata tanto anche quando doveva costringersi a respingerlo un'altra volta.
Avvampò senza controllo e distolse lo sguardo imbarazzata. -allora, se hai capito, voglio delle spiegazioni.- farfugliò, spingendolo via con la forza di una lumaca, consapevole di non volerlo spostare davvero dalla posizione nella quale erano, o almeno.. la sua parte irrazionale non voleva separarsi. Voleva restare in quel modo.
Lui le portò un ciuffo dietro l'orecchio, calando con la mano anche verso il suo collo latteo.
-non è mia intenzione stare con due piedi in una scarpa.- precisò.
-allora perché fai così? Perché non hai fatto come mi hai detto? Perché non hai lasciato Todokoro? Non ti capisco.-
Tutta le domande che voleva fargli furono “sputate” fuori come un fiume in piena.
-odio che tu ti sia preso gioco di me, Yukihira.- concluse gelida.



 
****


Soma stava ancora rimpiangendo il contatto con lei da quando si era sfilata dalla sua presa e sentiva l'eccitazione fremere al ricordo di qualche minuto prima che fuggisse da lui. Si immaginava che lo avrebbe poi tempestato di domande ed era sicuro che non sarebbe riuscito a nasconderle la verità prima che quella giornata giungesse al termine.
Quelle domande erano chiaramente giuste, perché Nakiri si meritava una risposta ad esse visto che in questo modo chiunque avrebbe creduto che lui facesse il doppio gioco con le due ragazze. Lui, però, era l'unico che sapeva non essere così perché aveva ben chiari i suoi sentimenti per Nakiri e quelli per Megumi e, se non fosse successo quell'imprevisto con la famiglia Todokoro, a quest'ora non avrebbe fatto soffrire entrambe come faceva. E non si sarebbe sentito uno schifo.
-mi dispiace Nakiri. Non era mia intenzione farti stare così.- l'unica cosa che poteva fare era scusarsi.
-scusarsi non serve a nulla. Se vuoi veramente farti perdonare_e forse anche in quel caso non lo farò_allora l'unica cosa che puoi provare a fare è dirmi sinceramente il motivo per cui mi hai mentito a Parigi.- trattò fredda.
-non ti ho mentito.- replicò, -perché non credi al fatto che è te che amo?-
Si sorprese lui stesso di aver finalmente detto quelle due parole tanto significative e tutto ad un tratto, realizzando di averlo fatto davvero, arrossì di botto e spostò gli occhi altrove per nascondere il disagio_visto che era la prima volta che lo diceva a qualcuno e ad alta voce_. Neanche a Megumi. -è così, Nakiri.. ti amo.- ripeté ancora, sottovoce. -ti amo.-
L'espressione di Nakiri era talmente sbigottita che per un attimo sembrò aver perso conoscenza. Conoscenza che lui cercò di recuperare inchiodandola nuovamente al bancone d'acciaio per poi abbracciarla forte, godersi il suo profumo e carezzarle la testa. -dico sul serio.- aggiunse. Finalmente Nakiri sembrò riprendersi, senza lasciare quell'abbraccio cullante.
-per me non è lo stesso, Yukihira.- sentiva che le parole di Nakiri erano una bugia, perché dalla sua voce sembrava star per piangere da un momento all'altro. -inoltre, non posso fidarmi di te se non mi dici la verità.-
-se ti dicessi la verità, allora, ti fideresti?-
Tornò a guardarla dritta negli occhi, con serietà, non lasciando la sua nuca.
-se ti dicessi il motivo per cui non ho lasciato Megumi, cosa farai? Avrai pazienza e ammetterai a te stessa che ciò che provi per Suzuki-san non è amore? Lo lascerai davvero per me?-
-non lo farò.- decretò rapida. -non voglio farlo.- acuì la voce, insicura.
-capisco. Allora chi sta veramente con due piedi in una scarpa tra di noi?-
-lo facciamo entrambi.- ribatté lei, -ma a differenza tua io non ti ho mai mentito sulla scelta che ho preso: ti ho sempre detto che non avrei lasciato Rokuro, in ogni caso. Anche se mi fai vacillare, Yukihira, non lo farò.-
-è vero. A parole me l'hai sempre detto, ma i gesti parlano più di esse: il fatto che ti ostini a voler sapere il motivo per cui non ho lasciato Megumi come ti ho detto, è la prova che inconsciamente consideri già la possibilità che lo faccia e venga da te, ti porti via da un tunnel da cui non riesci ad uscire per un motivo che non so. O sbaglio?- le sorrise sbarazzino, compiaciuto. Lei arrossì furiosamente e lo allontanò ancora. -sbagli.- obiettò scaltra.
-allora resta inutile che ti spieghi il motivo.-
Fece per allontanarsi, deluso, e prima che potesse farlo lei lo fermò per il polso, abbassando gli occhi di lato, a disagio.
-anche così..- iniziò timidamente -..anche così..- provò ancora -..anche così lo voglio sapere, Yukihira!-
E alla fine aveva confessato di volerlo sapere, arrossendo e vergognandosi della sua indecisione e maledicendo l'istinto per l'ennesima volta. Lo tirò verso di sé e lui si lasciò trascinare nascondendo un sorriso solare quando lei posò la fronte contro la parte alta del suo petto. -se veramente mi ami, dimmelo!- tuonò ancora. Sostenne il suo sguardo:
-perché non l'hai lasciata?-
-avevo ragione a pensare che vuoi saperlo perché sai benissimo cosa provi per me, anche se non lo ammetti.-
Lei si stizzì. -invece di girarci intorno, dimmelo e basta!-
Lui portò le mani sulle sue guance, avvicinando di più le labbra a quelle di Nakiri come attirato da esse. Un'altra volta e in una connessione che presto sarebbe diventata tradimento, ma lui le disse solo:
-quando mi sono dichiarato a te, Nakiri, l'ho fatto perché quello che provo era chiaro nel mio cuore e anche adesso questo non è cambiato: non amo Megumi, sono stato costretto a restarle accanto perché il ristorante della sua famiglia ha avuto problemi e, volendogli davvero bene, non me la sono sentita di lasciarla proprio in questo momento difficile.
Sono fiducioso che si riprenderanno, ma finché non succederà non posso lasciarla.-
Lei rimase spiazzata e lo lasciò continuare:
-credimi, non sai quanto sia difficile restarle accanto fingendo di provare ancora dei sentimenti per lei o reprimere il forte desiderio che ho per te ogni volta che ci troviamo così vicini e soprattutto i sentimenti che vorrei mostrarti liberamente, a gesti e a voce. Ogni volta che ti vedo a lavoro è dura e anche quando sei con Suzuki-san e non posso venire lì da te lo è.
Ti sto dicendo tutto questo, mi sto aprendo come di solito non faccio mettendo a nudo le mie debolezze, perché voglio che tu mi creda. Che ti fidi delle mie parole. Sono serio, Nakiri.-
Erina era senza parole e probabilmente il cuore le stava esplodendo nel petto a causa di tutte quelle emozioni.
-adesso mi credi?- terminò sorridendo.
-grazie per avermi spiegato, Yukihira.- appariva sollevata: questo lo compiacque e gli bastò come risposta alla sua domanda. Infilò le mani tra i suoi ciuffi andando verso la sua alta crocchia, arrangiata prima di iniziare a rimettere le cucine, e scioglierla con sensualità vedendo cascare la sua bionda massa lungo la schiena, sentendo l'aroma di essa invaderlo totalmente.


 
****


-anche quella notte i tuoi capelli sapevano di questo profumo. Erano morbidi proprio come oggi.
Non sei davvero cambiata, Nakiri.-
Erina rimase folgorata da quel gesto tanto tenero quanto seducente, in particolare dalle sue parole che gli apparsero come una dolce melodia per le orecchie, e sentì la mano di Yukihira scivolare dal collo dietro alla sua nuca e sotto la sua massa di ciocche, scatenandole delle scintille lungo il corpo. Si guardarono negli occhi: un occhiata infuocata e paralizzante, indimenticabile. Cosa stavano facendo?
Stava davvero lasciando che lui la carezzasse ancora mentre Rokuro era a due passi da loro?

-non è il caso di parlare ancora di quella notte, Yukihira.- tentò di fermare l'irreparabile, sottovoce, con aria confusa: era ancora immersa ad ascoltare le sensazioni che lui le stava regalando con un solo tocco e dunque non riusciva a respingerlo come voleva_anche se mai ce la faceva pienamente_soprattutto ora che le aveva detto di amarla e la faceva sentire tanto vulnerabile e sentimentale, la stuzzicava portandola nuovamente nel limbo dei ricordi: zona proibita e critica.
-..e poi dovresti allontanarti. Non siamo da soli ed ormai è diverso tempo che ci siamo separati dagli altri: se Rokuro ci scoprisse in una situazione simile, non potrei perdonarmelo e neanche perdonartelo. Hai capito? Smettila di sedurmi.-
Fu difficile essere tanto categorica con le parole, ma aveva ancora la lucidità per proteggere la sua relazione con Rokuro: in ogni caso il suo “errore fatale” le avrebbe impedito di stare con Yukihira, anche se le aveva detto di amarla, per cui continuava ad essere una relazione impossibile la loro_nonostante i suoi veri sentimenti_. Non poteva e basta.
Doveva interrompere quel momento prima che degenerasse. -non ricominciare.- lo scongiurò quasi.
Lui sembrò comprendere. -so bene che adesso non possiamo stare insieme, Nakiri, e questo perché ti ho spiegato la situazione con Megumi. Però vorrei tanto capire perché tu, invece, se ti senti così quando sei con me, non lo lasci?- sostenne lui. -specialmente se hai creduto a quello che ti ho detto e non sei rimasta indifferente alle mie parole e so che non lo sei stata. Cos'è che ti frena dal farlo? Vorrei capirlo.-
Erina era preparata a quella domanda, ma non poteva dire che il motivo era il segreto che gli nascondeva.
-non capiresti Yukihira.- dunque riprese:
-abbiamo due modi di pensare, vivere la vita, il lavoro e le relazioni diverso.- si inventò, soffrendo a dismisura per le menzogne che gli diceva e avvertendo lo stomaco contorcersi dal dolore.
-sto bene con Rokuro.- mentì di nuovo, -e per ora non ho intenzione di lasciarlo. Dovrai accettarlo.-
-questo anche se finirai per tradirlo?-
-allora potrei dire la stessa cosa di te: sai che anche continuando a stare con Todokoro, nei momenti che ci provi con me, potresti finire per tradirla? Anche se non provi più niente per lei, il fatto che tu tenti costantemente un approccio più intimo tra noi e se questo andasse a buon fine, sarebbe comunque tradimento. Vuoi questo Yukihira?-
-no, non lo voglio. Ma non posso lasciarla.-
-mi rimproveri che non riesco a lasciare Rokuro, ma alla fine fai ugualmente: se fossi davvero convinto di lasciarla, a quest'ora_anche con la grave situazione finanziaria della sua famiglia_l'avresti già fatto. Quindi, davvero non può essere solo questo il motivo per cui non la lasci.
Può darsi che tu non lo faccia perché ti respingo continuamente?- lo canzonò sprezzante.
-sbagli Nakiri: mi respingi ma non sei decisa nel farlo ed è proprio questo che mi porta a credere nei tuoi sentimenti per me.- seguitò determinato. -per cui, puoi respingermi tutte le volte che vuoi, ma non mi tirerò indietro!-
-che idiota! Tenterai a vuoto!- borbottò improvvisamente impacciata.
-non credo..- le fece un carezza sulla guancia e le sorrise dolcemente.

Erina non ebbe il tempo di rispondere, che Rokuro spalancò le porte delle cucine sotto i suoi occhi sconvolti e li raggiunse allontanando con una violenta spinta Yukihira, fulminandolo ferocemente, a tal punto da mettere i brividi anche a lei.
-non starle così vicino con tanta leggerezza, Yukihira.- asserì gelido.
Lei notò che stava ribollendo di rabbia e cercava di controllarsi più che poteva, ma sapeva che arrivati a casa sarebbe esploso “l'inferno” e avrebbero discusso ancora, pesantemente: doveva prepararsi a questo e sapeva che il suo compagno aveva tutte le ragioni di essere furioso, dato quanto si era allontanata dal salone per finire sola con Yukihira.
-Erina! Che cosa stai facendo qui? È più di un'ora che ti cerco!- fece adirato, spostando lo sguardo iracondo da Yukihira a lei. Già il modo in cui le si era rivolto, come la guardava_con delusione_e come era furioso con Yukihira, non promettevano nulla di buono. -stai fraintendendo, Suzuki-san.- intervenne allora, Yukihira. -Nakiri non ha fatto niente.-
-taci Yukihira! Non è decisamente il momento!- sbottò Rokuro rabbioso.
-hai già fatto danni e non hai il diritto di intrometterti. Vattene!-
Erina provò a fermare Rokuro. -hai frainteso.-
-ne parliamo a casa!- replicò risoluto. -andiamocene!-


 
****


Lui e Nakiri si scambiarono un'ultima occhiata in cui le trasmise rassicurazione e il messaggio subliminale “dovremo riparlarne prima o poi”. Dopo questo, Suzuki trascinò via Nakiri dalla cucine e l'unica cosa che lui poté fare fu restare in silenzio perché in effetti non aveva il diritto di intromettersi. Però, se Suzuki avesse torto un capello a Nakiri, non glie l'avrebbe fatta passare liscia. Se fosse successo qualcosa di serio, avrebbe spaccato la faccia a quell'uomo, perché avrebbe protetto Erina a tutti i costi. Certo.. Suzuki era un uomo possessivo e geloso, ma forse proprio per quello che provava per lei, non avrebbe fatto niente di grave. Se invece fosse successo il contrario, lo avrebbe ridotto in cenere. Era anche colpa sua se Nakiri si era infilata in una situazione critica, nessuno dei due aveva pensato che rimanendo così distanti dagli altri, scomparendo insieme per tanto tempo, Suzuki avrebbe iniziato a preoccuparsi e li avrebbe cercati.
Se n'erano accorti troppo tardi. E tante domande lo affollavano:
Cosa aveva sentito Suzuki della loro conversazione? Cosa aveva visto?
Sperò non avesse ascoltato niente e la possibilità che non avesse sentito la loro discussione era probabile dato che, il posto in cui erano quando parlavano, era abbastanza lontano dalle porte principali. Però tutto era possibile, ma voleva essere ottimista. Non voleva davvero aver messo Nakiri in una situazione precaria, poiché doveva essere lei a fare la scelta finale tra lui e Suzuki e dunque anche nel chiudere o decidere di continuare la relazione con il compagno attuale.
Non si sarebbe arreso, ma neanche l'avrebbe costretta a fare qualcosa che non voleva e, per ora, sebbene non amasse Suzuki, non sembrava affatto convinta di lasciarlo. Voleva capire perché.
Non poteva costringerla a parlare: questo l'avrebbe solo allontanata di più da lui.



 
****


Hayama fu tra le prime persone ad andarsene dalla festa perché non gli piaceva molto questo genere di party e dopo un po' si annoiava, soprattutto gli infastidiva che quelle cameriere lo seguissero dappertutto.
Frustrato, tra l'altro, gli era capitato di guardare spesso in direzione di Arato e di ripensare all'attrazione che aveva scoperto di provare per lei a Parigi, che a quanto pare stava sottovalutando perché anche quella sera sembrava intrigarlo e non riusciva ad evitarlo. Certo.. cercava di prevenire che lei si accorgesse delle attenzioni che le rivolgeva; difatti, quando guardava verso di lui, volgeva lo sguardo altrove prima che finissero per guardarsi a vicenda.
Dunque, contrariato dai suoi assurdi comportamenti ed emozioni, aveva deciso di andarsene prima degli altri.
Davvero non capiva come potesse essersi interessato ad Arato, anche dal punto di vista fisico, e non aveva nessuna intenzione di assecondare la nascita da questa attrazione, come aveva già stabilito a Parigi.
Pensò che andandosene in anticipo, avrebbe gestito meglio la sua curiosità di avvicinarsi a lei lasciando che fosse solo il lavoro a fargli da ostacolo, visto che finché non ripartiva per l'India era costretto a vederla tutti i giorni a lavoro e già in quel caso era limitativo. Com'era finito in una situazione tanto imbarazzante? Da quando era scattato il tutto?
Doveva assolutamente impedire un ulteriore avvicinamento e accrescimento di sentimenti, non voleva “crepe” lungo la sua carriera, specialmente per colpa di una donna insignificante come Arato. Si stupiva addirittura di trovarsi in difficoltà a causa di una donna, non gli era mai successo_se non con Shiomi, che vedeva come una madre, o con Akhila, alla quale si era affezionato empaticamente per le dolorose esperienze che li accomunavano_ e infatti non riusciva a capire cosa potesse essere quello che lo trascinava verso Arato o cosa lo avesse attirato di lei e del suo corpo. Semplicemente continuava ad ignorare i messaggi della sua testa ogni volta che si trattava di Arato, perché era quello che voleva fare: non voleva avere impicci ed Arato era uno di essi. Cosa aveva sempre fatto lui con gli impicci sulla sua strada?
Li eliminava con tutte le sue forze, li spingeva via dal suo mondo per non sopportarne poi il futuro distacco, e solo poca gente aveva fatto entrare nel suo cuore ed Arato non doveva diventare una di quelle persone.
Convinto di andarsene dalla festa, fece un cenno di saluto disinteressato rivolto a tutti e si avviò_accompagnato dal maggiordomo_verso l'uscita. Uscito fuori e raggiunto il parcheggio dove aveva inserito la macchina, notò proprio Alice e Arato parlottare fra loro, sottovoce. Com'era possibile? Era venuto via apposta per evitare altri contatti con Arato e invece se la ritrovava esattamente nel parcheggio?  Che scherzo di cattivo gusto era quello?
Scossa la testa confuso e cercò di andare verso l'auto sperando che non notassero la sua presenza, in modo da prevenire i rispettosi saluti. Tale mossa, però, fu destinata a fallire perché la voce squillante di Nakiri lo raggiunse:
-Hayama! Che fai? Vai via senza salutare la padrona di casa?-
-ho fatto un saluto generale poco fa, perché dovrei salutare doppiamente?- ribatté schivo, cercando di non incrociare gli occhi di Arato. -come al solito resti il maleducato di turno!- intervenne sferzante, proprio quest'ultima.
A quel punto non poté più sfuggire al suo sguardo.
-brava Hisako, lascio a te la ramanzina ad Hayama.- affermò maliziosa, Alice.
-dove pensi di andare?- la richiamò Hisako, oltraggiata.
-dagli ospiti, non posso lasciarli troppo a lungo senza la mia presenza.-
Detto questo, ancheggiando, ignorò il resto dei richiami di Arato e andò verso la villa allontanandosi definitamente dal parcheggio. Lui non poté fare a meno di pensare che il destino “giocasse sporco” con i suoi sentimenti e minasse il suo cammino perché era finito nella situazione che voleva evitare di più: era rimasto solo con Arato.
-è meglio che mi sbrighi a chiamare il mio autista. Non ho nessuna intenzione di restare un minuto di più con te.- cominciò lei. Lui le dette le spalle e si allontanò senza una parola. -ehi tu! Non saluti nemmeno? Fingi che non ci sia?-
 Si bloccò seccato e le rivolse un'occhiata di profilo:
-avevi fretta di chiamare il tuo autista e hai detto di non voler stare un minuto di più con me, visto che la cosa è reciproca, ho evitato di cominciare l'ennesima discussione senza senso.- si giustificò tediato.


 
****
 

Hisako restò ferita da quelle parole, dall'ennesima indifferenza, dalla sua ipocrisia, rimproverandosi ancora una volta di non riuscire a lasciarlo perdere e a sotterrare i suoi sentimenti. A proteggersi da un amore masochista, che le avrebbe portato ulteriore sofferenza: più il tempo passava vicino a lui_senza essere ricambiata_più tali sentimenti si radicavano, “facevano il nido” dentro di lei, diventando sempre più difficili da sopprimere.
Ripensò al suggerimento di Alice prima che chiamassero Hayama:

-Invece di chiamare il tuo autista, trova il modo di farti accompagnare da Hayama e dagli il tuo regalo.
Quanto pensi di tenerlo in borsa? In eterno?-


Sospirò stancamente, rispondendosi mentalmente:

“Vorrei tanto farlo, Alice, ma Hayama continuerà a trattarmi allo stesso modo.
Proprio come anche adesso sta facendo, ferendomi ancora.”


Hayama proseguì, vedendo che restava in silenzio:
-se non hai altro da dirmi, me ne vado. Mi stai facendo perdere tempo.-
-non ho altro da dirti, infatti.- replicò. -tanto non avrebbe senso e non capiresti.
Non capisci i sentimenti delle persone. Sei freddo e patetico.-
Lui la fulminò. -se pensi che sia patetico, perché mi parli?-
-ovviamente perché ho sperato fossi diverso, però mi hai delusa.-
-è così che sono e non cambierò perché tu lo vorresti, per me non conti nulla.- gli sputò lui, seccamente.
-ci vediamo a lavoro.- con questo aprì lo sportello dell'auto e salì sopra, lasciandola sola in mezzo al parcheggio e mettendo in moto. Hisako, amareggiata dall'ennesimo rifiuto, si avviò verso il cancello dopo aver chiamato il suo autista e si mise ad aspettarlo sul marciapiede.
Passato qualche minuto d'attesa in cui il suo autista non era ancora arrivato e tutta infreddolita, si stupì di vedere la macchina di Hayama accostare lungo la banchina e aprire il finestrino per osservarla con circospezione:
-che diavolo pensi di fare ferma in mezzo alla strada, come una scema? Il tuo autista non è ancora arrivato?-
Hisako gli riversò un'occhiata ostile. -a quanto pare sta ritardando.- asserì stizzita.
-piuttosto.. hai dimenticato qualcosa? Perché sei tornato indietro?-
-che palla al piede sei.- sbottò scocciato.
-e questo cosa c'entra con la mia domanda?-
Hayama non le rispose, Hisako notò solo che si sfilò la sciarpa nera che stava indossando e gliela lanciò sgarbatamente dal finestrino. -indossa questa e sali.-
Sgranò gli occhi scioccata, dopo aver afferrato la sciarpa che gli aveva lanciato.
-dove dovrei salire, scusa?- domandò poi, con aria scettica.
-è inutile che aspetti il tuo autista. Stiamo vicini di casa, o sbaglio?
Oppure adesso hai anche dimenticato dove abiti, oltre ad essere tanto stupida?-
Hisako si aprì in un'espressione astiosa e protestò:
-non l'ho dimenticato e non sono stupida.-
-sarebbe stato un problema, in caso.- commentò sarcastico e provocatorio.
-hai intenzione di accompagnarmi tu?- allora chiese, curiosa di sapere il motivo per il quale era tornato indietro dopo averla trattata “da cani”. Per caso si sentiva in colpa per essere stato tanto bastardo?
Si avvolse lentamente la sciarpa attorno al collo, che sapeva del suo profumo alle spezie: penetrante e attrattivo, buono. Nascose le guance arrossate dal pensiero che aveva appena fatto_nonostante tutta l'avversione verso di lui_.
-così sembra.- confermò sbrigativo, fornendole la risposta alla sua domanda. Non la guardò in faccia mentre disse quelle parole, fissava la strada oltre a sé, ed Hisako pensò che si sentisse a disagio per la risposta: non riuscì a contenere un sorriso davanti a quella possibilità. Sorriso che cercò di celare per non fargli capire il suo interesse: se glielo avesse fatto capire, l'occasione di essere accompagnata da lui_e non solo_a casa, sarebbe svanita e non voleva privarsi dell'opportunità di passare più tempo con lui e concludere quella serata con serenità. Non riusciva a credere che le avesse dato una risposta positiva, le sembrava incredibile essere riuscita a strappargli un passaggio.
-grazie allora. A volte sai essere anche gentile.-
-solo perché eri davvero penosa in mezzo alla strada.- puntualizzò lui, distante.
A lei andò bene lo stesso, era contenta di potersi sedere nel sedile accanto al suo. Non era mai successo e poteva essere un altro piccolo passo avanti nel loro rapporto, che le accese nuovamente la speranza.
Chiamò velocemente il suo autista, dicendogli che non aveva più bisogno che passasse a prenderla e si adagiò comodamente contro lo schienale del sedile, un po' nervosa a causa della vicinanza e dell'intimità della situazione.
Forse sarebbe riuscita a dargli anche il regalo, se avesse trovato il coraggio contando anche che glielo potesse tirare dietro. Durante il tragitto in macchina, non tanto lungo, rimasero in silenzio finché Hayama non si affiancò al portone del suo appartamento. Hisako restò seduta, indecisa se dargli il regalo o meno, impaurita dalla reazione che potesse avere.


****


Hayama si stava rimproverando per quello che si era abbassato a fare: non solo aveva aspettato ad andare via, per vedere quando l'autista di Arato sarebbe arrivato e per non lasciarla da sola in mezzo alla strada, ma alla fine le aveva perfino dato un passaggio a casa. Gli era venuto spontaneo attendere che lei salisse sull'auto dell'autista, controllarla mentre aspettava, in qualche modo sentendo il bisogno di essere protettivo con lei e forse un po' dettato dai sensi di colpa per come l'aveva trattata nel parcheggio. Non era da lui provare senso di colpa per qualcosa che aveva fatto, che solitamente non gli sarebbe interessato; eppure, da quando aveva capito di provare un fastidioso interesse per quella donna, c'erano volte_come anche quella sera_che non riusciva ad ignorare la sua irrazionalità e quella sera era stato uno di quei momenti.
O come quella volta alla festa di compleanno di Alice, quando d'impulso aveva salvato Arato da un'imbarazzante caduta.
Ora che ci pensava, forse era proprio da quella sera che era partito tutto, che era nata un'attrazione per lei.. e questo unicamente perché l'aveva sfiorata per la prima volta. Anche quella sera, alla festa di natale, avrebbe dovuto lasciarla in mezzo alla strada, a tremare di freddo, ma non ce l'aveva fatta: appena aveva visto che l'autista di Arato ritardava e si era accorto che stava tremando ad aspettarlo, d'istinto era tornato da lei e l'aveva invitata a salire in macchina.
Anche all'interno di essa, era la prima volta che l'atmosfera tra loro si era fatta tanto intima ed era il colmo se pensava che era stato lui che inconsapevolmente aveva permesso che accadesse. Portò gli occhi verso il profilo di Arato_che non lo guardava in faccia_: il liscio caschetto, le gambe accavallate con eleganza ed in evidenza perché avvolte da un paio di calze trasparenti che quasi lo invitavano ad ammirare la loro fluidità e snellezza portandolo a desiderare di accarezzargliele in uno scatto immediato; così come quel vestito color panna risaltava il suo fisico sottile che veniva altrettanto slanciato da degli stivaletti di un marroncino camoscio, con il tacco alto. Scosse la testa cercando di fermare i pensieri che, forse per la prima volta, si stavano facendo concreti e inarrestabili, talmente tanto da non riuscire a bloccarli.
Ancora si imponeva di non guardarla negli occhi, altrimenti avrebbe davvero finito per toccare le sue gambe e non era il caso. Non era da lui farsi prendere dal desiderio per una donna. Non si riconosceva e questo era tutta colpa di Arato e del suo atteggiamento insistente e provocante, agguerrito, testardo e al contempo goffo e timido, divertente.. in qualche modo fascinoso. Si morse il labbro nel tentativo di fermare la sua testa e decise che era arrivato il momento di ripartire, prima che la voglia di lei esplodesse creandogli fastidi. -grazie del passaggio, Hayama.- esordì lei, piatta. -e grazie della sciarpa..- aggiunse sottovoce, arrossendo, facendo per restituirgliela. Lui afferrò la sciarpa posandola sopra al cofano, annuendo distrattamente di fronte ai suoi ringraziamenti e ancora perplesso dalla follia del suo cervello.
Portò silenziosamente le mani sullo sterzo e l'altra verso le chiavi per mettere in moto l'auto.
-hai intenzione di scendere o preferisci essere spinta fuori?-
Non la guardò in volto, poiché sarebbe stato controproducente per i suoi viaggi mentali e questo anche se provava a combattere l'attrazione.

 

****


Hisako si fece assorta, realizzando che il fatto che si fosse creata un'atmosfera favorevole tra loro era stata solo un'impressione della sua personalità da sognatrice romantica, visto che con quelle ultime parole Hayama aveva distrutto nuovamente tutto, amareggiandola. Quando poi aveva poggiato le mani sullo sterzo per ripartire, anche la possibilità di trovare un momento per dargli il regalo si era frantumata. Davvero voleva che quella serata finisse con un “nulla di fatto”? Che il regalo restasse nel suo armadio, a marcire, per resto dei prossimi anni?
Visto che tanto ormai il momento giusto per darglielo era distrutto, tanto valeva tentare: glielo avrebbe dato lo stesso, altrimenti se ne sarebbe pentita fino alla morte.
-se pensi di spedirmi a calci, fuori, perché mi hai accompagnato fino a casa? Vorrei saperlo.-
-eri penosa sul marciapiede, come ho detto. Mi avevi fatto entrare il nervoso.-
-sei proprio un bastardo.- esplose adirata, fissandolo con astio.
-dopo questa “uscita” direi che ho perso anche troppo tempo.-
Posò una seconda volta le mani sullo sterzo, convinto che fosse arrivato davvero momento di dileguarsi, quando lei lo fermò nuovamente. -aspetta..- sussurrò timidamente, poggiando con delicatezza la mano sul suo braccio, prima che accendesse il motore. -cosa vuoi ancora?-
-smettila di essere così arrogante!- tuonò offesa.
-sto perdendo la pazienza. Perché diavolo non scendi?-
-sai che novità!- ironizzò lei, schernendolo.
Successivamente, in un rapido movimento, tirò fuori dalla borsetta un piccolo pacchetto regalo e glielo tirò sulle gambe annoiata. -questo è tuo.- Hayama fissò il regalo, se lo rigirò tra le mani aggrottando la fronte stranito e prima che potesse dire altro, Hisako farfugliò altezzosa:
-non farti strane idee e se non ti piace buttalo pure, scemo.-
-cosa sarebbe? Come mai mi hai fatto un regalo?-
-solo una gentilezza di Natale, come ho detto.
L'ho fatto a tutti i colleghi più vicini e mi sono sentita costretta a farlo anche a te.- boccheggiò.
Come “reazione a catena” scappò dal suo sguardo, imbarazzata, certa che le avrebbe tirato dietro il pacchetto.
Senti le iridi verde smeraldo, di Hayama, fissarla intensamente e avvertì del disagio arrossendo per il modo in cui la guardava, tenendosi pronta a tutto. -se ti sei sentita costretta era meglio se non lo facevi.- iniziò infine, gelido:
-non mi interessa il Natale e tantomeno i regali. Sei libera di riprendertelo.-
-buttalo via, allora!- esclamò lei, risentita. -io non lo riprendo. Mi pesa.-
Scese dalla macchina e chiuse lo sportello con discreta violenza.
Hayama fece capolino dal finestrino e le rispose:
-facciamo che lo prendo al posto della tariffa per il passaggio che ti ho dato.-
Non le nascose un ghigno e lei schioccò la lingua senza speranza. -mi avresti fatto davvero pagare?-
-considerato quanto tu sia irritante ed impegnativa, sì.- dichiarò tranquillo.
-nessuno ti ha chiesto di darmi un passaggio.- precisò lei, allusiva.
Si sorprese, poi, di vedere un abbozzato sorriso sulle labbra dell'uomo.
-immagino sia così.- fece evasivo. -ci vediamo Arato.-
Era la prima volta che Hayama gliela dava vinta. Rimase colpita.
Prima di entrare dentro al portone del suo appartamento, tutte le emozioni che aveva cercato di trattenere per fronteggiare l'indifferenza e la presunzione di Hayama, esplosero tutte insieme in un misto di malinconia, tristezza, soddisfazione e felicità per come si era svoltata la serata: era perfino riuscita a dare il regalo ad Hayama ed a modo suo lui l'aveva accettato. Non l'aveva ringraziata; però, quell'accenno di sorriso prima che mettesse in moto l'auto, fu come un ringraziamento per lei. Forse era solo una sua impressione illusoria, ma aveva avuto la sensazione che Hayama si fosse un pochino sciolto con lei. In fondo, per quanto le avesse fatto pesare il passaggio in macchina, l'aveva accompagnata a casa.
A modo suo era stato premuroso, accorto, protettivo. Non era andato via lasciandola sola in mezzo di strada, aveva aspettato che il suo autista arrivasse_ed era sicura di questo_ e quando aveva notato il ritardo si era fatto avanti, offrendole uno strappo e passandole la sciarpa perché si era accorto che stava patendo il freddo. Sì.. erano solamente piccoli gesti, ma per Hisako erano già abbastanza. Essi le davano una spinta in più a non arrendersi, a non dimenticare i suoi sentimenti per Hayama: questo anche se avrebbe comportato sofferenza e tanta determinazione. Non avrebbe rinunciato a provarci, era una pazzia non farlo, ma voleva credere che i suoi sentimenti lo avrebbero raggiunto un giorno.



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Angolo autrice: buonasera cari miei lettori! *-* ecco il nuovo cap sulla festa di natale organizzata da Alice.
Come avrete notato, il cap è più lungo del solito e spero che non vi annoierete a leggerlo :(. Volevo raccontare la festa di natale in un capitolo, senza farlo doppio, e volevo rendere bene tutte le scene Sorina e AkiHisa (infatti sono molto lunghe entrambe). Cosa avete pensato? vi sono piaciute come l'ho gestite? ho voluto rendere la scena Sorina al picco massimo dell'attrazione, da entrambe le parti, in una sensuale seduzione (come da titolo). Spero vi sia piaciuto^^. Adesso che succederà tra Rokuro ed Erina? cosa avrà visto Rokuro? purtroppo la nostra Erina è molto ostinata e pensa che Rokuro sia l'unica via di fuga, sicura, che le permetterà di continuare a tenere nascosta l'identità di Marika; dunque, come avrete capito, si costringe a stare con lui.
Purtroppo dovrete aspettare ancora abbastanza prima di vedere Erina e Soma insieme. La situazione sarà ancora ricca di ostacoli per loro, ma questo non vuol dire che non avrete presto un bacio serio :P o che non ci saranno scene piccanti! :P
Intanto i due hanno realizzato e ammesso i sentimenti reciproci ;D. E dell'AkiHisa che mi dite? Hayama si sta sciogliendo eh? anche se pian piano_si sa che è un "bastardello" XD_per cui farà soffrire ancora Hisako.
Spero di non essere andata troppo OOC con i PG e se l'ho fatto, vi prego di farmelo notare (è giusto saperlo, almeno ci starò più attenta :D ). Bene! ringranzio tantissimo chi ha lasciato una recensione e chi ha recensito ogni capitolo con tanta passione! grazie davvero! vi adoro e non so come farei senza di voi! *___* non so quando pubblicherò il nuovo cap perché ancora non l'ho scritto, ma tranquilli.. ho già creato delle bozze e so già come portare avanti la fanfic e concluderla! ;D
Scusate se mi sono dilugata troppo! D:

Un bacione grande!! <3 a presto! *-* Erina91


 

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Capitolo 14
*** Voce confortante ***


Voce confortante


Erano all'incirca le 1.00 quando Erina, Marika e Rokuro arrivarono a casa. C'era tensione tra lei e Rokuro, come doveva aspettarsi, e anche quando erano passati a riprendere Marika dal nonno e dalla zia Eleonore tale tensione non era svanita.
Infatti Rokuro, appena entrati nell'appartamento,  la fissò adirato e impetuoso disse:
-dobbiamo parlare, Erina.-
Lei guardò Marika, preoccupata: non sarebbe riuscita ad evitarle una spiacevole discussione tra lei e Rokuro.
La bambina era già confusa e passava frenetica da lei a Rokuro, leggermente impaurita.
-cosa succede mamma?-
-niente tesoro. Non preoccuparti. Vai in camera tua e infilati sotto le coperte, che dopo vengo a darti la buonanotte.-
Le regalò un sorriso, per rassicurarla. Marika non ascoltò immediatamente la raccomandazioni della madre e tornò a guardare timorosa l'espressione spaventosa di Rokuro.
-vai Marika.- le ordinò allora, nuovamente, sperando che stavolta la ascoltasse.
Fortunatamente Marika si convinse e andò dritta in camera sua, in silenzio, sotto gli occhi controllanti di Erina.
Lei e Rokuro rimasero soli e a quel punto l'uomo indugiò freddamente sul suo volto:
-come mai eri da sola nelle cucine con Yukihira? Cosa vi stavate dicendo? Adesso voglio che tu sia sincera, altrimenti ti costringerò ad esserlo.- affermò minaccioso. Erina gli riversò un'occhiata astiosa:
-adesso mi minacci anche? Ti rendi conto a che livello disperato è arrivata la tua gelosia per Yukihira?
E poi proprio mentre c'è anche Marika in casa. Non potresti evitare?-
-non farmi passare per quello che è in torto per non dover essere sincera. Ti ho visto come lo guardavi, sai?
Non ho ascoltato la vostra conversazione perché non sentivo, ma i tuoi occhi parlavano per te.
E, anche con questo, hai ancora il coraggio di negare il tuo interesse per quel bastardo?-
-prima di giudicare avresti dovuto ascoltare anche la conversazione: stavamo discutendo per delle divergenze a lavoro.-
Si inventò, sentendosi sempre più falsa per la costante recita che era costretta ad attuare.
Le mancava il respiro al pensiero di quanto si stesse rendendo insensibile. Sapeva perfettamente che Rokuro aveva tutte le ragioni di essere arrabbiato, eppure si imponeva di mentire per proteggere il segreto di Marika e spietatamente ed egoisticamente sfruttava i sentimenti di Rokuro per celare i suoi errori, per continuare miseramente a nascondere e negare l'amore che provava per Yukihira. Solamente per se stessa e per il bene di Marika.
Stava chiaramente sbagliando, ma la paura della verità era più forte di lei. Più dolorosa. Non voleva viverla perché sapeva che, se l'avesse fatto, avrebbe perso tutto. Avrebbe perso Yukihira per sempre.
-pensi che creda a questa versione?- insistette Rokuro, canzonatorio. -non ci credo più da tempo.- aggiunse duro ed ostile.
-cosa provi per me adesso? Dimmelo!-
A quella domanda rimase senza parole, incapace di rispondere subito ad essa, e alla ricerca di una possibile soluzione.
-i miei sentimenti per te non sono cambiati.- alla fine puntualizzò mentendo -è con te che voglio stare. Non con Yukihira.-
-se veramente le cose stanno così, allora non avere più contatti con Yukihira.
Se continuerai a creare tali vicinanze con lui, lo farò licenziare dal direttore.-
Erina lo fissò allibita. -ti rendi conto di cosa stai dicendo?-
-certo e sono serio. Non accetto di essere lasciato o tradito da te. Non ti lascerò a quell'uomo e sarò disposto a tutto per farti restare con me e questo implica anche il chiedere al direttore di licenziare quel bastardo.-
-non ti permetterò di licenziare Yukihira!- esclamò lei furiosa. -è un prezioso collaboratore e tu non puoi mettere in mezzo il nostro rapporto con il lavoro! Non hai il diritto di prendere certe decisioni impulsive!-
Lui si avvicinò pericolosamente al suo volto. -sto iniziando a pensare che tu mi abbia davvero tradito a Parigi, visto come prendi le difese di Yukihira.- il volto irrigidito, le labbra arricciate in una smorfia piena d'ira e capace di metterle i brividi. Era la prima volta che trovava Rokuro davvero spaventoso e per un attimo non riuscì a muoversi.
Riuscì solo poco dopo ad allontanarlo con una leggera spinta e a sostenere il suo sguardo.
-non l'ho fatto.- ammise schietta. -se non ti fidi di me, Rokuro, allora forse dovremmo lasciarci.
Se continuerai così prenderò tale decisione e sai che quando faccio una scelta non mi tiro indietro.-
Fu a quel punto che lui prese le distanze da lei e dette un pugno al muro, facendola sussultare per violento colpo.
-non te lo permetterò! Non voglio lasciarti perché ti amo!- esplose furente. -è lui che ti sta plagiando con le sue belle parole, vero? Non voglio dargli questa soddisfazione perché farci lasciare è quello che vuole. Possibile che tu non lo capisca?-
Erina lo fermò per il braccio ancora alzato, gli sanguinava la mano dopo il pugno al muro.
-dovresti metterci una fascia.- gli suggerì.
Lui scostò bruscamente il braccio dalla sua presa. -non cambiare discorso.-
-le cose non stanno così.- ribadì solo, non trovando altre parole.
-se non riesci a credermi non andremo da nessuna parte, Rokuro.-
-è un po' difficile crederti.- replicò glaciale, -è chiaro che quell'uomo sta cercando di conquistarti. Non mi fido di quel bastardo e proprio perché vedo che non sei indifferente al suo fascino faccio fatica anche a fidarmi di te. Non puoi impedire i miei sospetti e sta pur sicura che da adesso in poi cercherò di farti evitare ogni contatto con lui quando mi è possibile.-
-smettila di minacciarmi!- gridò lei, seccata. -sei soffocante!-
-cosa ti aspettavi, Erina? Sei tu che hai creato questa situazione!-
-no, sono le tue paranoie ad averlo fatto.- ribatté aspra.
-stai attenta a quello che dici.- la avvisò ancora. -considera che tutto dipenderà dal tuo comportamento e se vuoi veramente proteggere la carriera di quell'uomo..- proseguì sprezzante -..allora stai lontana da lui!-
-vattene Rokuro!- tuonò lei, esasperata. -non sei in te! È già la quarta minaccia che ricevo per colpa della tua accanita gelosia. Vai a schiarirti le idee fuori di qui e poi forse accetterò le tue scuse.-
-è davvero frustrante vedere come ti scaldi quando si tratta di Yukihira, ma non credere che rinuncerò a te solo perché quel bastardo ha la capacità di farti il lavaggio del cervello. Sono davvero furioso!- digrignò i denti. -per oggi me ne vado perché non ho voglia di restare ed è meglio se non ti vedo.-
Si portò davanti alla porta e le puntò il dito contro, proseguendo:
-ma ricorda, Erina: sono io il tuo compagno.
Stai lontana da Yukihira e cerca di avere con lui un rapporto esclusivamente professionale.-
Lei non ebbe il tempo di rispondergli, che lui se ne andò sbattendo ferocemente la porta.
Si lasciò calare lungo il muro, portandosi le mani davanti agli occhi, che si fecero immediatamente umidi a causa del stress emotivo che stava subendo. Era riuscita a sostenere la conversazione a fatica e poi, quando Rokuro era uscito, era crollata totalmente. La relazione con Rokuro non andava: era piena di crepe e più provava a recuperare il rapporto per nascondere il suo segreto, più il suo compagno arrivava vicino alla verità. Non sarebbe riuscita a nascondere ancora a lungo i suoi veri sentimenti a Rokuro e questo tutto per colpa del ritorno di Yukihira. Aveva scombinato tutto. Eppure, anche in quel momento, voleva vedere Yukihira ed essere stretta tra le sue braccia. Incoraggiata e coccolata come una miserabile.
Era più difficile del previsto portare avanti quella messinscena, perché le sue emozioni parlavano per lei.


 

****


Soma era da un paio di giorni che, con la macchina, era arrivato al paese di Megumi e anche il 25 dicembre non tardò a giungere. Suo padre gli aveva scritto un messaggio per avvisarlo che probabilmente per quel natale non sarebbe stato presente perché gli avevano offerto un impiego sostitutivo come chef all'estero, per una cena natalizia importante.
Non c'era rimasto male, alla fine sapeva che suo padre non era tipo da rifiutare un lavoro e anche per questo era sempre in viaggio. Soma, dunque, si era praticamente abituato a vivere da solo fin da quando era un irrequieto adolescente. L'atmosfera nella villetta della famiglia di Megumi era allegra e festosa. Gli avevano dato come sempre un benvenuto caloroso e, nonostante i problemi che stava accusando il loro ristorante, sembravano comunque vivere con serenità ed armonia: Megumi aiutava suo madre a cucinare, il cicciotto padre della sua ragazza invece leggeva il giornale in tranquillità e a farsi riscaldare dal caminetto addobbato da calze natalizie e lui, dopo aver cucinato un po' con Megumi, se ne stava in attesa del succoso pranzo. L'aria era familiare ad accogliente, come sempre, tanto che gli sfuggì un sorriso rilassato.
Però, sebbene si sentisse a suo agio, il pensiero di Nakiri non l'aveva abbandonato un attimo.
Era preoccupato per lei perché dalla sera della festa organizzata da Alice, non gli aveva fatto sapere più niente: non si era fatta sentire ed era come scomparsa_non che si aspettasse chissà cosa visto che non si erano lasciati bene, ma la paura che Suzuki l'avesse trattata male per colpa sua lo tormentava_. Il comportamento di Suzuki l'aveva agitato e avrebbe voluto sapere com'era finita tra loro per poter tirare un sospiro di sollievo e non dover intervenire per proteggere Nakiri e spaccare la faccia a quell'uomo. Dall'ultima volta che avevano parlato, tra l'altro, sentiva profondamente la sua mancanza e smaniava nella speranza di trovare un'occasione per chiamarla e farle almeno gli auguri di natale. O sentire come stava, assicurarsi che stesse bene, che non piangesse in solitudine, che non tremasse; che si stesse godendo il natale senza sentirsi angosciata da Suzuki. Voleva sapere, inoltre, come stava Marika: se si stava divertendo, se era soddisfatta dai regali e sperava non avesse assistito a discussioni spiacevoli tra Nakiri e Suzuki.
Esattamente.. era invaso da tutte quelle domande su Nakiri e Marika. Era attaccato ad entrambe ed amava Nakiri.
Era talmente distratto che non si era nemmeno accorto come e quando la famiglia di Megumi aveva portato in tavola gli antipasti per iniziare il consistente pranzo. Nel frattempo erano anche arrivati tutti gli altri parenti della sua ragazza: cugini, zie, nonni_la più vecchia era in carrozzina_ e l'immensa tavolata, da vuota ed ordinata com'era, si era completamente riempita. Conosceva un po' tutti i parenti di Megumi, anche se li vedeva solamente in occasioni di feste e il natale era il giorno in cui li frequentava di più. Era ancora in piedi.
Megumi gli sorrise e andò verso di lui per trascinarlo e portarlo accanto a lei.
-Soma-kun.. che fai ancora in piedi? il posto accanto a me è il tuo. Manchi solo te.- gli fece notare, premurosa.
Anche il padre di Megumi gli strizzò l'occhiolino e sua madre gli sorrise:
-forza figliolo! Accomodati! Come mai oggi sei così timoroso?-
Soma si grattò la nuca, ridacchiando.
-sto bene. Stavo solo gustando con gli occhi l'infinità di cibo che c'è sul tavolo.- si inventò preventivo.
Sospirò stancamente e la tavolata iniziò a nutristi con gusto, producendo un rumoroso "bacchettare" con le bacchette.
Soma poteva riconoscere fra mille il sapore dei piatti preparati da Megumi tra tutti gli altri:
-questo l'hai fatto tu, vero Megumi?- le chiese sorridendole.
Lei arrossì. -già. Come ti sembra Soma-kun?-
Dai suoi parenti partirono diversi “deliziosi” e lui le strizzò l'occhiolino:
-hanno già risposto loro.-
Ci fu un attimo di silenzio in cui gran parte degli invitati mangiò senza parlare d'altro, quando la madre di Megumi intervenne per domandargli:
-caro.. dov'è Joichiro quest'anno? Avevo invitato anche lui.-
-mamma!- la riprese Megumi. -lo sai che lavora.-
La zia di Megumi_sorella di sua madre_si portò le mani sulle guance leggermente arrossite:
-oh.. quell'affascinante uomo scappa sempre!- drammatizzò teatrale.
-zia!- si imbarazzò Megumi. Soma ridacchiò divertito da quella comica scenetta.
Erano ormai tre anni che lui andava tutti i natali dalla famiglia di Megumi e vedeva i suoi parenti, le volte che c'era suo padre la zia di Megumi sembrava dimostrare un'interesse per lui.
Da quanto le aveva raccontato Megumi, sua zia era sigle da anni e aveva una predilizione per gli uomini dallo stile e i tratti salvaggi e virili: suo padre, quindi, faceva decisamente al caso suo.
-oh! Tranquilla nipote! Scherzavo! Mi avrebbe fatto piacere vederlo.-
Poi fissò lui e aggiunse sghignazzando:
-però anche il tuo ragazzo diventa ogni anno più bello. Ha proprio preso da suo padre.-
Soma scoppiò a ridere nuovamente e Megumi sospirò arresa.
Più si lasciava andare a quella piacevole atmosfera, più la pesantezza dei suoi falsi sentimenti per Megumi lo devastava, creandogli fitte alla testa. Tuttavia, se non voleva far preoccupare Megumi o insospettire lei e i suoi parenti, doveva riuscire a fingere ancora un po'.

Al momento che furono portati i secondi in tavola e la madre di Megumi si sedette di nuovo, la goccia che fece traboccare il vaso e gli avrebbe fatto accumulare un tensione emotiva maggiore e una grossa responsabilità_difficile da gestire e controllare_ uscì dalle labbra del padre di Megumi che, mentre masticava la carne con piacere, esordì tranquillamente:
-allora figliolo! sono ormai quattro anni che sei fidanzato con la mia dolce figliola, quando pensavate di sposarvi e mettere su famiglia? adesso avete sicuramente l'età giusta.-
Lui sgranò gli occhi, deglutì agitato, e fu assalito da uno sgradito malessere causato dai sensi di colpa, e da un forte disagio, dato che non poteva sposarla. Cosa doveva rispondere?
Megumi era anche accanto a lui: se avesse detto loro di non avere intenzione di sposarla l'avrebbe ferita e giustamente suo padre l'avrebbe ucciso; perché, anche se era un uomo in carne e sembrava goffo e gentile, in realtà era molto protettivo con la figlia_come tutti i padri_. Fu Megumi ad intromettersi per prima:
-papà! Perché fai una domanda simile, adesso?- arrossì.
-ha ragione tesoro!- si unì la madre, contrariata.
Erano tutti osservati in silenzio dai parenti di Megumi e questo non lo aiutò a sentirsi meglio, anzi.
-siete nell'età migliore per fare figli e io desidero presto dei nipoti. Mi sembra normale fare una domanda simile.- rispose, come se fosse la risposta più naturale e ovvia della giornata. Era diretta, chiara e ragionevole.
Soma era sempre più in difficoltà. Già lo era a causa della situazione dei suoi sentimenti e di quello che doveva sopportare per evitare di deludere Megumi, di farla soffrire soprattutto, e di non insospettire i suoi genitori.
-ci sono momenti e momenti per chiederlo.- continuò allora, la madre di lei.
-cara.. tu non vuoi dei nipoti? Ormai stanno insieme da un po'.- replicò il padre di Megumi, sorridendo in loro direzione.
-e poi siete perfetti insieme.-
Megumi diventò paonazza e Soma distolse lo sguardo per evitare di esplodere o far notare il suo disappunto e la sua agitazione. Fu pronto a rispondere e a dire qualcosa tipo “ci penseremo”, ma fortunatamente la madre di Megumi venne nuovamente in suo soccorso:
-quando si sentiranno pronti a farlo, saranno loro a dircelo. Perché non cambiamo argomento e ci godiamo il dolce?-
L'uomo borbottò qualcosa di incomprensibile, ma poi ripreso anche dalla parole del fratello e dai nipoti, decise di dare ascolto alla moglie. Soma fu profondamente grato alla madre di Megumi per averlo tolto da una situazione spiacevole e critica per lo stato in cui si trovava. Sapeva che non rispondendo, però, Megumi poteva in ogni caso farsi dei problemi e tormentarsi. Stava cercando in tutti i modi di toglierla da uno stress aggiuntivo e invece con i suoi atteggiamenti finiva sempre per fare il contrario; difatti, quando la guardò di profilo, notò che si era improvvisamente fatta cupa e triste.
“Mi dispiace Megumi..” riuscì solo a dirsi mentalmente.
Avrebbe voluto spaccare la testa contro il muro in modo da cancellare tutto il fastidio che sentiva nel mentirle, nel rendersi insensibile e taciturno, per punirsi per quello che le stava facendo. Finì, quindi, di fretta il dolce e adottò un sorriso di circostanza_che fu in parte in grado di ingannare i parenti di Megumi, ma non Megumi stessa perché lo conosceva meglio_e in un saluto generale annunciò cercando di essere naturale:
-ho mangiato davvero troppo. Sono pieno. Davvero buonissimo!-
Si complimentò con la madre di Megumi che a sua volta gli sorrise affettuosamente.
-adesso ho bisogno di una sigaretta per digerire.- terminò.
Aveva cercato di portare la sua “fuga” sull'umorismo, in maniera tale che il resto degli invitati_e in particolare il padre di Megumi_non si accorgesse che voleva andarsene perché gli mancava il respiro per i sensi di colpa.
L'unica che aveva capito che fingeva era Megumi, ma se non fosse uscito in giardino per prendere una boccata d'aria avrebbe finito per dirle tutta la verità e non era il caso, soprattutto in un giorno di festa e ancora, nonostante la situazione del ristorante stesse lentamente migliorando, non poteva farlo. Doveva aspettare ancora un po', che si tirassero su.
Infatti, quando si alzò dalla sedia, la mano di Megumi lo fermò.
-Soma-kun..- sussurrò sottovoce.
Lui d'istinto le strinse la mano:
-scusa Megumi, tra un po' torno. Tranquilla.-
Le regalò un mezzo sorriso e a quel punto lei lasciò la sua mano tornando a guardare, con aria passiva, il piatto ormai svuotato dai suoi ingredienti.

Uscì in giardino, godendo della visuale della veranda, i cui interni erano riempiti dall'orto che il padre di Megumi curava con tanta premura e da cui uscivano i prodotti migliori e biologici, di qualità, usati nel loro ristorante.



 
****


Erano diversi minuti che Soma era uscito in giardino e anche il resto dei suoi parenti si era alzato dalla tavolata per accomodarsi in soggiorno e chiacchierare tranquillamente.
Lei aveva aiutato sua madre e sua zia a rimettere a posto la cucina, la sala da pranzo e a riporre gli avanzi in frigo.
Megumi non riusciva a smettere di pensare al comportamento di Soma dopo che suo padre gli aveva suggerito di chiederle di sposarlo_a quel pensiero arrossì ancora_ e già quanto aveva esitato a rispondere, senza nemmeno dire “ci stiamo pensando o ci penseremo”, la rendeva sempre più dubbiosa sui suoi sentimenti e sul futuro della loro relazione.
Aveva sperato che allontanarlo da Tokyo, da Nakiri, dalla caotica città e passare diversi giorni con lui potesse aiutare a migliore il loro rapporto e riportarlo sulla giusta strada e invece, da quando era arrivato, il distacco che sentiva da parte sua non era svanito di una virgola. Certo.. era sempre gentile e premuroso, non aveva rinunciato a fare l'amore con lei, ma la parte emotiva “peccava”: non era pienamente coinvolto. Era assente, distratto, pensieroso.
Sembrava anche annoiato e angosciato da qualcosa. Era distante e insoddisfatto.
Voleva credere non fosse così, ma il “suo silenzio” dopo la domanda di suo padre le faceva solamente perdere le speranze, portarla a considerare la possibilità che presto si sarebbero lasciati; probabilmente, se non fosse stato lui a farlo per mancanza di coraggio, se non vedeva cambiamenti sarebbe stata costretta a farlo al suo posto.
Sentiva che Soma non l'amava più e tale possibilità stava pian piano diventando certezza, e lei non sarebbe più riuscita a stare con una persona che non provava gli stessi sentimenti per lei. Piacergli e basta non era abbastanza: stava diventando avara e tale avidità l'aveva portata a tentare ancora una volta di tenerlo stretto a sé, ma era stato inutile. Completamente inutile. Allora cosa aspettava a lasciarla?  Perché esitava a farlo? 
Davvero era unicamente perché compativa lo stato del suo ristorante?

Supporlo faceva male e ammetterlo a se stessa ancora di più.
Eppure, siccome lo amava ancora, non riusciva a “darci un taglio” e questo anche se sapeva essere solo insensato masochismo. Mentre pensava a tutto questo e si riempiva la testa di ulteriori e dolorosi punti interrogativi, sentì il suo cellulare vibrare e vide sullo schermo che era un messaggio di Takumi. Le scappò un piccolo sorriso leggendolo:

 
Buon natale, Megumi! Come te la passi?”

Sentirlo l'aveva rallegrata. Perché?
Rispose subito al messaggio:

Buon natale anche a te, Takumi-kun. Qui tutto bene. Da te?”

Al “tutto bene” aveva mentito, ma non voleva farlo preoccupare.
Che lo volesse ammettere o no, voleva solo sentirlo.
La risposta arrivò subito:

Tutto bene. Alla fine non siamo andati in Italia: sono venuti i parenti qui.
Ho cucinato il cotechino italiano con il purè ed è venuto spettacolare.”

Dalla risposta di Takumi gli sembrò compiaciuto dal suo piatto.
Stava per rispondergli, ma immediatamente dopo ricevette un altro messaggio che la stupì non poco:

 
Cosa significa questo biglietto? l'hai perso l'altro giorno al mio ristorante.
E' accompagnato da qualcosa, giusto? e immagino che non ci sia biosogno di rendertelo! :P
Non dovevi, sai? XD

 
Successivamente dopo le arrivò anche un allegato con la foto del biglietto a cui si riferiva e realizzò solo in quel momento di aver perso il biglietto di auguri al ristorante di Takumi quel giorno.
Arrossì fin sopra i capelli e si aprì in uno squittio imbarazzato che fece girare tutti i suoi parenti verso di lei.
-tutto apposto, tesoro?- chiese confusa, sua madre.
-certo mamma!- rispose subito lei. -mi è venuto in mente una cosa.-
-spero non sia niente di grave.-
Megumi scosse la testa.
Tornò a guardare lo schermo con il messaggio e la foto del biglietto, senza riuscire a trovare una risposta che non la facesse vergognare. Era scherzoso come SMS, date le simpatiche "emotion", ma per lei fu imbarazzante lo stesso.
Perché si sentiva in qual modo?
In fondo si trattava solo di Takumi. Un suo vecchio amico e non era mai stata tanto a disagio con lui.
Però persino lei si rendeva conto che tra loro qualcosa era cambiato.
Era confusa perché sapeva di amare Soma, ma i sentimenti per Takumi erano difficili da interpretare o almeno.. per ora non li capiva appieno.
Sospirò asfissiata dalla testa che non le lasciava un attimo di tregua e alla fine rispose rivelandogli sinceramente la verità:

Hai ragione, Takumi-kun, è accompagnato da qualcosa.
Devo darti un regalo. Era con quello il biglietto, come c'è scritto.
Che figuraccia!  >///<

La risposta di Takumi arrivò velocemente:
 
Dal biglietto l'avevo capito. Volevo solo averne la conferma :P.
E' la prima volta che mi fai un regalo.
Mi ha fatto piacere e non dovresti vergognarti per la "svista" del biglietto.

Ti sembrerà strano, ma te ne ho fatto uno anch'io.”

Megumi sgranò gli occhi e arrossì candidamente.
Takumi, però, la precedette ancora inviandole un nuovo messaggio:

 
La prossima volta che ci vediamo, ce li scambiamo.
A presto! E ancora tanti auguri!
P.S: salutami Soma”

Stavano già andando oltre con quella conversazione, Takumi aveva fatto bene ad inviarle subito un SMS di “chiusura” di essa. Da una parte si sentì sollevata perché, anche se si trattava di Takumi, le sembrava di tradire Soma perché pian piano stava capendo che Takumi non le era affatto indifferente e dall'altra_era la sua parte irrazionale che parlava_le dispiacque molto interrompere subito gli scambi di messaggi, perché essi la facevano sentire bene. La facevano sorridere e un'altra volta l'avevano aiutata a non pensare al comportamento di Soma al momento più opportuno.
 
Spero che ti piacerà.
Grazie del messaggio, Takumi-kun.

Mi ha fatto piacere sentirti.
A presto!”

Quando pensò che la conversazione fosse finita davvero, le arrivò un ultimo messaggio di Takumi che le fece sussultare il cuore:
 
Anche a me. Molto.”

Non diceva niente, ma quel “molto” l'aveva riempita di dolce e amorevole calore, tanto che rimase imbalsamata a fissare la scritta e con un sorriso da “ebete”.
Cosa provava davvero per Takumi? Solo perché le dava considerazione si sentiva così bene quando ci interagiva?
Rimase a pensare a tutto questo nel frattempo che aspettava che Soma rientrasse dal giardino.
Sarebbe voluta andare da lui, ma era chiaro che fosse nervoso e avesse bisogno di stare da solo e si era imposta di non farlo. Di non diventare gelosa perché questo l'avrebbe solo fatta soffrire di più.
Aveva la vaga sensazione che avrebbe chiamato Nakiri per gli auguri di natale, ma del resto non poteva impedirgli di farlo perché lei aveva parlato fin adesso con Takumi e il suo atteggiamento con quest'ultimo non era stato affatto innocente visto come si sentiva quando pensava, stava o parlava con lui.


 
****


Erina era a festeggiare con i suoi parenti, Marika e Rokuro. Avevano pranzato e aperto i regali che, come al solito, erano stati bellissimi e costosi sia per lei che per Marika. Nel frattempo che parlava con Rokuro_alla fine erano passati un paio di giorni dalla loro furiosa discussione e dopo le sue minacce avevano in parte chiarito tra loro, anche se era ovvio che la loro relazione non andasse per niente e fosse diventata burrascosa_sentì vibrare il cellulare ripetutamente e con sommo spiazzamento lesse il nome di Yukihira, che la stava chiamando come se niente fosse.
D'istinto, vista la vicinanza con Rokuro, gli riattaccò in faccia_data la loro ultima pericolosa interazione e anche per questo fu dura farlo_sperando che lui non insistesse a chiamarla. Però, come di consueto, aveva sottovalutato la testardaggine di Yukihira ed infatti ecco che il cellulare iniziò a vibrare per la seconda volta. Anche la seconda volta chiuse la chiamata, sperando che accettasse la risposta di rifiuto. Inizialmente sembrò accettarlo, però, dopo pochi minuti, il telefono riprese a vibrare e a quel punto, portata all'esasperazione, dichiarò sbrigativa:
-arrivo subito.- e con questo uscì nel parco della villa.
Si augurò solo che Rokuro non la seguisse fin lì, altrimenti si sarebbe sentita pedinata in ogni dove ed era già insopportabile il suo essergli così appiccicato.

-Yukihira! Maledizione!- esplose seccata, uscita fuori, senza neanche salutarlo
-se ti riattacco ci sarà un motivo, no? Perché mi hai chiamato? Sono con Rokuro.-
-yo Nakiri! Avrei continuato a chiamarti finché non avresti risposto.- ridacchiò, dall'altra parte.
La voce seducente, armoniosa e calda di Yukihira, però, fu capace di trasmetterle una quiete improvvisa e un senso di piacevolezza. Si rese conto che effettivamente era in astinenza dalla sua voce. Da lui. Dal suo contatto.
E, per quanto fosse arrabbiata, ragionando razionalmente desiderava sentirlo anche solo per qualche minuto; probabilmente, se non fosse stato lui a chiamarla, lei non l'avrebbe fatto neanche a costo di soffrirne la mancanza.
-lo so, infatti non sopporto il tuo atteggiamento sconsiderato!- continuò appunto, aspra, scacciando i suoi molesti pensieri_nonostante il sollievo che l'aveva accolta dopo aver risposto alla sua chiamata_.
-sai quanto è irrispettoso sentirci per telefono quando i nostri compagni sono a due passi da noi? Credi che a Todokoro faccia piacere? Probabilmente si starà già chiedendo che fine hai fatto e perché, invece di trascorrere la giornata con lei, te ne stai a parlare a telefono con me. Quindi, se hai qualcosa da dirmi, fallo subito! almeno chiudiamo qui la conversazione e la facciamo durare solo qualche minuto senza creare sospetti agli altri.- precisò duramente o almeno ci provò ad esserlo. Perfino il respiro di Yukihira che attraversava la linea telefonica_mentre ascoltava in silenzio il suo ammonimento_le era mancato e questo era imbarazzante se pensava che si erano visti solo un paio di giorni fa: esso le rimase impresso perché sentiva ancora il respiro sulla sua pelle mentre gliela accarezzava con le labbra e ispirava il suo profumo quel giorno in cucina e ora più che mai gli ricordava quel momento. Lo sentiva nitido. Paradisiaco.
-non ci vedo niente di male a volerti chiamare per farti gli auguri di natale.-
-se proprio ci tenevi a farmeli, bastava mandarmi un messaggio: sarebbe stato sicuramente meno sospetto e più accorto. Non credi?- recitò incisiva.
-hai ragione Nakiri. Vuoi la verità? Volevo sentirti. Mi mancavi.-
Erina arrossì di fronte a quel commento. -perché sei sempre tanto diretto?- farfugliò timidamente.
-è la mia natura.- affermò ridacchiando ilare. -e volevo dirti che mi è dispiaciuto per come sono andate le cose l'altra sera, ma non mi pento di averti detto ancora una volta i miei sentimenti perché sono reali.-
-sai che ho avuto l'ennesima discussione pesante con Rokuro per colpa tua? Sai a cosa ha dovuto assistere Marika mentre sua madre veniva trattata da traditrice bugiarda? Mentre veniva insultata?-
La voce di Yukihira si fece cavernosa davanti a quelle parole:
-ti ha fatto qualcosa? È stato rude con te, per caso? Come stai davvero?-
Perfino lei poteva sentire quanto Yukihira fosse incollerito con Rokuro fraintendendo la sua frase: era stato violento a parole, ma non l'aveva toccata, aveva solo rovinato un po' il muro. Anche se aveva avuto paura di quella reazione, sapeva che comunque non le avrebbe torto un capello. Certo.. si scaldava facilmente quando era ossessionato dalla gelosia per Yukihira, ma non era tipo da mettere le mani addosso ad una donna. Ci andava giù pesante con le accuse, le minacce, gli insulti ma.. non superava tale soglia ed era sicura non l'avrebbe mai fatto, solo che questo Yukihira non poteva saperlo.
-non mi avrebbe mai toccato. Te l'ho detto di non avere bisogno della tua protezione e in questo caso non mi sento di dire che non capisco Rokuro: quello che c'è tra noi è evidente e le tue insistenze hanno seccato perfino lui.
È per questo che non dovevi chiamarmi.-
-come ti ho sempre detto..- riprese seriamente, allora Yukihira -..non sopporto quando le persone a cui tengo vengono maltrattate e se Rokuro continuerà ad avere un atteggiamento dominante con te o farà assistere Marika a discussioni spiacevoli, non lascerò perdere.- puntualizzò gelido.
-credi che sia così debole da non avere il controllo della situazione?-
-no, non lo credo, ma non puoi impedirmi di essere protettivo con te. Credo solo che Rokuro non sia l'uomo adatto a te e non solo perché non lo ami davvero, ma anche perché non sa come trattarti e non ha rispetto di te.-
-e te credi di avere rispetto dei miei sentimenti e delle mie decisioni facendo in questo modo? Mettendoti sempre in mezzo? Mi crei solo più disagio, Yukihira.- replicò lei frustrata. -non costringermi più a fare una scelta. Smettila di cercarmi, scrivermi, chiamarmi.. stai semplicemente.. lontano da me.-
Doveva dirgli per forza quelle parole se voleva preservare la carriera di Yukihira, perché Rokuro l'avrebbe licenziato veramente se non si fosse deciso a rinunciare ai suoi sentimenti per lei. A conquistarla. Dentro di lei non voleva che rinunciasse davvero, ma non poteva fare altrimenti per proteggerlo e soprattutto per evitare che scoprisse tutto su Marika.
-non smetterò di farlo e non capisco perché stai cercando di convincermi a rinunciare a te pur sentendo cosa provi, è questo che stai facendo ogni volta, e credo di aver capito che c'è qualcosa che ti impedisce di lasciare Rokuro.
Non ti chiederò cosa perché non me lo dirai, ma sappi che lo so.-
-se è questo ciò che volevi dirmi, allora chiudo la conversazione.-
-se lo fai ti chiamerò nuovamente.- rise ancora. -finché non rispondi.-
-allora spegnerò il telefono, così non lo sentirò vibrare.- protestò lei.
-allora aspetterò che tu lo accenda di nuovo e ti chiamerò ancora.
D'altra parte non potrai tenerlo spento per sempre, giusto Nakiri?- ironizzò sghignazzando.
-sei esasperante Yukihira!- sbottò lei, raggiunto il limite della sopportazione.
Lui scoppiò a ridere e d'impulso le scappò un sorriso incontenibile perché si trovò a pensare che aveva sentito addirittura la mancanza della sua allegra risata e ancora di più del suo sorriso, che poteva benissimo immaginarsi mentre le parlava, la punzecchiava, giocava dispettoso con lei al cellulare.
-mi mancava il farti indispettire.- proseguì lui. Lei sospirò arresa.
-come puoi essere tanto persistente? Non ti stanchi?-


 
****


-non mi stanco mai. Indubbiamente.- le rispose retorico. Poi aggiunse:
-però sono contento di averti convinto a non chiudere la conversazione.-
-non mi hai convinto. Mi hai costretto.- volle ribadire, lei.
-e comunque non credere che mi sia passata la rabbia solo perché fai il simpatico.-
Lui sorrise di fronte a quel commento: sentirla a telefono le aveva solamente confermato che moriva dalla voglia di vederla. Adorava stuzzicarla, provocarla per farla indispettire, farsi giocoso con lei.. ed erano proprio queste loro interazioni, oltre alla folle attrazione condivisa, che non lo stancavano mai ed erano imprevedibili e frizzanti. Estremamente gradite e rilassanti. Però, appena aveva sentito la voce di Nakiri a telefono, aveva avvertito subito un gradimento interiore, una preziosa pace e serenità. Qualcosa che fu capace di allietarlo e “curarlo” dal malessere che sentiva, dall'inquietudine di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato, di dover mentire costantemente a Megumi e alla sua famiglia; dal vuoto che percepiva e da quella “mancanza” che poteva essere colmata solo da Nakiri. Esattamente.. era così che si era sentito appena lei aveva risposto, al momento che aveva udito il suo tono deciso e sensuale. Oppure quando l'aveva portato a ricordare due giorni fa al solo ascoltare il suo respiro e ad immaginarlo di sentire ancora le mani sul suo corpo, sui suoi strati di pelle nivea e liscia o il sapore di essa e il suo profumo; e ancora.. la consistenza delle sue bionde ciocche, morbide, fluide. Tutto. Aveva ricordato tutto chiaramente. E ricordarlo l'aveva portato a volerla raggiungere seduta stante_anche se sapeva essere impossibile_. E non solo.. era stato assalito anche da una rabbia accecante quando Nakiri gli aveva detto di aver discusso pesantemente con Suzuki. Per lui non era sicuro che lei avesse vicino un uomo che, anche se non le avrebbe mai messo le mani addosso, aveva un comportamento sovrastante e assolutamente morboso. Non si sarebbe stupito se l'avesse minacciata usando lui come “capo espiatorio” per farlo, ma finché non aveva certezze non poteva partire prevenuto. In ogni caso, però, per quanto trovasse sbagliata la scelta di Nakiri di restare con un uomo che non era adatto a lei e che soprattutto non amava, restava comunque sua la scelta e non poteva fare più di tanto per portarla verso di lui. Usare la sua persistenza e farle capire che non avrebbe in qualsiasi caso rinunciato a lei, era l'unica soluzione da poter adottare per raggiungerla e, anche se Nakiri sembrava cocciuta e decisa a restare con Suzuki_per motivi a lui ignoti_ non avrebbe smesso di “andare verso di lei” finché ci sarebbero state speranze.
-anche se sei ancora arrabbiata, non cambia il fatto che volevo sentirti.
Volevo chiamarti e l'ho fatto.- difatti le disse, pacato e rassicurante.
-anche se dici così, non cambia il fatto che sia rimasta delusa dal tuo “cambio di rotta” e del tutto immotivato.
Mi hai spiegato perché non hai lasciato Todokoro, ma per me resta solo una scusa perché hai paura a lasciarla.
Hai paura che, visto che ti rifiuto sempre, sia del tutto inutile separarti da lei.-
-sei te che hai paura, Nakiri. Non so il motivo, ma è così.- ribatté lui.
Lei non gli fornì una risposta immediata e questo lo rese solo più confuso, ma da una parte gli schiarì le idee e la sensazione che ci fosse un motivo dietro al suo costringersi a restare con Rokuro, ma non aveva idea di cosa si trattasse.
Voleva chiederglielo, però era sicuro non gli avrebbe risposto.
Sentiva che era qualcosa di molto serio e, proprio per questo, era sicuro non glielo avrebbe mai rivelato.
Però, tale motivo, non poteva frenarla a tal punto da rovinarle la vita e sopprimere i suoi veri sentimenti, stando con una persona che non amava per il resto della sua vita.
-non ho paura.- alla fine asserì, asciutta.
-d'accordo. Però prima o poi dovrai darmi delle spiegazioni specifiche.-
Nakiri era ferma nelle sue parole. Poteva fare qualsiasi cosa o continuare con le domande a vuoto, ma sarebbe stata una fatica inutile vedendo quanto fosse convinta di non dirgli altro.
-so che adesso sarebbe impossibile aspettarmi la verità da parte tua.
Non so cosa ti porta ad essere tanto decisa, però questo non bloccherà le mie intenzioni con te.- sorrise fiducioso.
-se continui con questo discorso ti riattacco davvero in faccia!-
-non ho più intenzione di farlo.- la tranquillizzò divertito.
Ci fu una pausa in cui pensò, oltre a Nakiri, anche alla piccola Marika e si sentì curioso di sapere come stesse e se aveva trovato i regali belli. -come sta Marika?- dunque spontaneamente chiese.



 
****


Erina sussultò a quella domanda: l'istinto paterno non si smentiva mai, anzi.. si era fatto sicuramente più pressante e anche Marika aveva già chiesto di Yukihira più volte visto che era passato un po' da quando si erano visti.
Era da Parigi che non si vedevano e, dato che il loro affettuoso rapporto purtroppo si era intensificato ulteriormente da allora, non era impensabile che entrambi chiedessero l'uno dell'altra. Sospirò stancamente.
-sta bene. Si sta divertendo e ha ricevuto tanti bei regali.- gli raccontò breve.
-ti sembrerà strano, ma quella bambina mi manca e pure il suo sorriso adorabile.- ridacchiò sbarazzino, accompagnato da un tono dolce esclusivamente dedicato al pensiero di Marika.
Sobbalzò stupita: era la prima volta che le diceva esplicitamente di sentire la mancanza di Marika.
-odio ammetterlo, ma anche tu le manchi.- borbottò impacciata.
Era indecisa se dirgli o no la verità sullo stato d'animo di Marika che lo riguardava, ma la dolcezza con cui aveva parlato di sua figlia l'aveva totalmente sciolta e di conseguenza le era venuto spontaneo essere sincera.
-mi fa piacere. Spero di vederla presto.- ammise paterno.
-devo anche darle una cosa quando la incontrerò.- aggiunse distrattamente.
-di cosa stai parlando?- domandò lei, perplessa.
-sarà una sorpresa.- disse divertito. -non mi sembra il caso di parlarne a telefono e non c'è gusto.- seguitò:
-..e devo dare una cosa anche a te quando torno.- acuì la voce, cauto e misterioso.
Ci riuscì in pieno ad intrigarla, perché d'impulso lei intervenne:
-non voglio niente, Yukihira, e neanche per Marika. Evita di fare cose inutili.- lo riprese brusca.
-devo andare adesso.- lo avvisò poi, prima che lui rispondesse -..e non mi chiamare più.- ordinò infine, in un mugugno strozzato che non riuscì a trattenere, segnale che gli riferiva solo un messaggio: anche per lei era difficile staccarsi dalla loro conversazione e chiudere la chiamata. -ci vediamo.- Riattaccò la linea e fra sé gli disse:
-buon natale anche a te, Yukihira..-
Avvertì una lacrima bagnarle la guancia e sfacciatamente se l'asciugò: non stava sbagliando. Continuare a stare con Rokuro era la scelta migliore. Sapeva anche lei essere solo auto convincimento, poiché non aveva altra scelta, ma faceva davvero male sopprimere costantemente i suoi sentimenti e controllare la direzione in cui il suo cuore desiderava andare, ma per Marika e Yukihira doveva farlo. Doveva resistere finché poteva. Era giusto che solamente lei sopportasse quel “peso” perché era stata colpa della sua codardia se quella notte era fuggita e un mese dopo aveva deciso di non mettere al corrente Yukihira di essere incinta di lui. In fondo era stato un suo grave errore e Marika e Yukihira erano le vittime del suo sbaglio: bastava lei a rimetterci. Sentì Rokuro chiamarla e si accorse che era passata mezz'ora da quando si era allontanata dal soggiorno per rispondere alla chiamata di Yukihira: non poteva dire a Rokuro di essere stata tutto quel tempo al cellulare con lui o sennò erano “punto e a capo”, per cui decise che gli avrebbe detto che era uscita a prendere una boccata d'aria perché non si sentiva bene. Sperava solo che ci credesse e questo anche se ultimamente faticava a fidarsi di lei.



 
****


pochi secondi prima..
-buon natale, Nakiri..- sussurrò fra sé e sé, a discussione conclusa.
Nakiri aveva attaccato per prima e non era riuscito a farsi perdonare del tutto, ma era contento di averci parlato per un po' e di aver avuto occasione di sentire la sua voce_anche se era stata distaccata e categorica a telefono_.
Sapeva che era testarda ed orgogliosa, pertanto non avrebbe smesso in un secondo di essere arrabbiata con lui e faceva parte della sua personalità fare la sostenuta. Decise che, sceso dalle campagne, sarebbe andato diretto da lei per vederla di persona e dare i regali a lei e Marika. Si augurava di trovare un momento nel quale Suzuki non fosse presente, perché altrimenti l'avrebbe rivista solo il giorno della partenza per Nagano e a quel punto sarebbe stato troppo tardi dar loro i regali. I suoi pensieri furono bloccati da Megumi, che era uscita in giardino:
-Soma-kun.. tutto bene?- afferrò con tenerezza la sua mano e lui accennò un sorriso per tranquillizzarla ancora una volta.
-tutto bene. Scusa Megumi, avevo bisogno di una boccata d'aria.-
Lei sostenne il suo sguardo in maniera quasi amareggiata:
-hai chiamato Nakiri-san, vero? È passata mezz'ora da quando ti sei allontanato. Posso capire che tu voglia farle gli auguri..- seguì insicura, bisbigliando -..ma non è piacevole lasciare gli invitati per una chiamata tanto lunga, Soma-kun. Anche papà si è preoccupato di dove fossi.-
-hai perfettamente ragione, Megumi..- concordò lui sinceramente dispiaciuto.
-sì, l'ho chiamata per farle gli auguri, ma poi siamo entrati in una discussione di lavoro e la conversazione si è prolungata..- tentò di mentire come meglio poteva, ma si sentiva sempre più ipocrita e falso; inoltre, dall'espressione affranta di Megumi, capì che non bastava scusarsi per il suo comportamento e a far sì che lei gli credesse.
-..perdonami Megumi.- allora rincasò, -mi scuserò per bene con i tuoi parenti. Non sono stato rispettoso.-
-non è questo, Soma-kun..- provò lei -..è che sembri tormentato da qualcosa e questo non rende l'atmosfera piacevole per me e i miei genitori. Vorrei che tu me ne parlassi e forse potrei capire il tuo comportamento.-
-non è colpa tua, Megumi. È un problema mio. Ho sentito Nakiri solo per fargli gli auguri.- mentì nuovamente. -le cose stanno davvero così, non preoccuparti. Non è il caso che facciamo aspettare ancora i tuoi familiari. Rientriamo per la cena.- le propose, sviando il discorso: si sentiva in modo terribile, ma doveva sopportare più che poteva.
Megumi, probabilmente vedendo che non aveva intenzione di proseguire il discorso e forse per evitare di far sentire a disagio la sua famiglia, annuì tristemente: era delusa, lo sapeva, ma non poteva pretendere altro per la situazione precaria in cui era. Era già tanto se Megumi riusciva a controllare i suoi dubbi per il bene della sua famiglia.
Da una parte era davvero ammirevole_non ché fosse una novità, visto che sapeva quanto lei fosse in gamba_ ma dall'altra era veramente dura sapere di farla preoccupare a tali livelli e, anche se provava a rendere piacevole la loro convivenza, era chiaro che non potesse proteggerla pienamente dalla sofferenza. Volente o nolente, metteva sempre avanti Nakiri e di questo sicuramente Megumi se n'era accorta. “Maledizione!” imprecò mentalmente e con questo rientrarono nella villetta.
Quella situazione era davvero stressante per tutti e non poteva fare niente per impedirlo.
Era la prima volta che si sentiva inerme e impotente.



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Angolo autrice: ecco a voi il nuovo cap! ;D come vi è sembrato? le scene UmiUmi (TakuMegu) e quelle Sorina?
Come avrete letto, stavolta ho deciso di impostare la conversazione Sorina tutta al cellulare (e quella UmiUmi per messaggio) e mostrarvi il legame che Soma ha con i familiari di Megumi e perché, oltre per Megumi stessa, si sente tanto in colpa anche per la famiglia di lei. Spero di aver reso bene l'impatto emotivo tra Soma ed Erina anche al cellulare.
E cosa pensate della discussione tra Rokuro ed Erina? il primo sembra proprio aver capito tutto, ma non è intenzionato ad arrendersi con Erina e sta iniziando a covare un odio profondo per Yukihira. Chissà cosa succederà?
Spero di non avervi deluso con questo cap ç___ç e spero che la fanfic continui ad essere interessante!
Ringrazio tutti quelli che mi hanno recensito e hanno messo la fanfic a preferite/seguite. Come al solito, cercherò di rispondere alle vostre recensioni appena ho un attimo. Perdonatemi! >.<
A presto! e grazie ancora a tutti  i miei lettori/recensitori!! *____*

Un bacione immenso! <3 Erina91

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Capitolo 15
*** Per un soffio.. ***


Per un soffio..


Era sceso dalla campagne di Megumi un giorno prima del previsto, perché non riusciva più a sopportare di mentirle ed ingannarla; dunque, aveva usato il lavoro come giustificazione per tornare a Tokyo e lei e la sua famiglia sembravano aver compreso la sua “falsa necessità”. Megumi solitamente, quando si avvicinava il Capodanno, aveva la tradizione di passarlo in famiglia e con la gente del suo paesino. Le era dispiaciuto non poter scendere con lui, ma aveva deciso di restare con la sua famiglia per quell'anno. A differenza di quello che Megumi si sarebbe immaginata, invece, Soma era sollevato di essere sceso in anticipo perché restare anche solo una settimana con lei e la sua famiglia, mantenere un minimo di tranquillità e di naturalezza con loro, era diventata una tortura per il suo stato d'animo già assai corrotto dall'adulterio mentale e quasi fisico. Inoltre, era chiaro che anche Megumi non si fidasse più di lui e quella settimana trascorsa insieme gli aveva fatto capire che, qualsiasi soluzione cercasse per non preoccuparla ulteriormente, era inutile perché lei era già diventata piuttosto insicura sul proseguimento della loro relazione. Anche se Megumi non gliene parlava, sapeva cosa pensasse a riguardo e non era né fiduciosa né ottimista. Da una parte non sapeva cosa fosse meglio; però, forse, consapevole del loro futuro incerto, si sarebbe già personalmente fatta meno illusioni e la prossima separazione magari sarebbe stata più sopportabile anche per lei. Sì, forse che avesse già in parte accettato la futura rottura, era meglio per lei: almeno, raggiunto quel momento, non si sarebbe trovata impreparata. Sapeva che, una volta lasciati, anche il loro rapporto amicale si sarebbe completamente distrutto; poiché, dopo quattro anni di relazione e convivenza, era assai difficile restare in contatto a seguito di una rottura. Era pressoché impossibile.
Non poteva aspettarsi che Megumi l'avrebbe capito o perdonato, perché sarebbe stato troppo bello per essere vero.
Se aveva deciso di lasciarla, doveva mettere in conto anche il loro addio definitivo e, anche se avrebbe sofferto senza di lei_perché comunque le voleva bene ed era molto attaccato_sapeva perfettamente cosa desiderava il suo cuore e a chi apparteneva.. beh, esso, era tutto per Nakiri. Era sempre stato per lei.
Quella notte sarebbe stata l'ultima dell'anno e quella sera dovevano andare al tempio per salutare per sempre l'anno corrente. Proprio in quel momento, nell'attimo in cui pensò al tempio e ai suoi sentimenti per Nakiri, in un'istante l'immagine di ella trapassò la sua mente e ne avvertì immediatamente la mancanza.
Aveva deciso fin dall'inizio che, sceso dalle campagne di Megumi, sarebbe andato diretto da Nakiri per dare i regali che aveva fatto a lei e alla piccola Marika, sperando di riuscire a raccogliere un momento nel quale Suzuki non fosse stato presente. Sarebbe stato molto difficile che i due non fossero assieme per il giorno di Capodanno dato che, nel loro paese, l'ultimo giorno dell'anno era addirittura più importante del natale ed era un affronto non trascorrerlo con la persona più vicina a te: quel pensiero era fastidioso, ma doveva considerarlo se non voleva creare ulteriori problemi a Nakiri o metterla in una situazione pericolosa con Suzuki. Doveva essere più discreto nel restarle accanto, altrimenti avrebbe fatto di peggio.
Pensò attentamente a come potesse sapere le intenzioni di Suzuki e scoprire cosa avesse fatto Nakiri quella sera e poi realizzò che l'unica che poteva saperlo era Alice. Fortunatamente aveva il suo cellulare e, visto che c'era ancora qualche ora prima che arrivasse l'ora di cena, decise di chiamarla. Alice rispose poco dopo alla chiamata:
-Yukihira-kun..? quale onore?-
Ovviamente era sorpresa, non si aspettava una sua chiamata dato che non avevano chissà quale rapporto.
Erano amici, certo, ma non erano “amici intimi” e più che altro si parlavano solo a lavoro o ad alcuni eventi organizzati da lei. Alice, però, era l'unica persona che gli era venuta in mente.
-yo Alice! Mi aspettavo rimanessi colpita dalla mia chiamata.-
-tranquillo Yukihira-kun, so perfettamente il motivo di tale chiamata.-
-chissà perché lo sai sempre.-
Lei rise maliziosamente. -forza!- lo incitò poi, -chiedimi tutto quello che vuoi sulla mia cuginetta.-
Soma sospirò arreso: come c'era da aspettarsi, aveva capito tutto al volo.
-sai per caso cosa facevano Suzuki-san e Nakiri, stasera?-
-cadi bene, se è questo che ti interessa sapere.- iniziò sardonica, -Rokuro non potrà andare dalla mia cuginetta stasera: era dai suoi genitori, ma a causa di una tempesta di neve dalle sue parti non potrà raggiungerla.-
Per la prima volta Soma si ritenne fortunato perché aveva completamente la “strada spianata” con Nakiri, per quella sera, Suzuki non l'avrebbe mai raggiunta ed era l'occasione migliore per chiarire, farsi perdonare e dare i regali a lei e Marika. -sei davvero sicura che Suzuki-san non andrà da lei stasera?- domandò incredulo e per avere maggior sicurezza.
-più che certa.- affermò convinta.
-ho chiamato Erina poco fa per farle gli auguri di Capodanno ed invitarla al tempio stanotte. Lei mi ha detto questo.-
-capisco!- sorrise solare, lui. -grazie mille!-
Prima che potesse riattaccare, Alice aggiunse fermandolo:
-ha anche detto che ci penserà ad unirsi con Marika. Vuoi unirti a noi?
Ci saranno anche Hayama e Hisako, oltre a me e Ryou e Naoki.-
Continuò persuasiva e artificiosa:
-Se hai intenzione di venire, convinci anche Erina a farlo: è testarda, ma ho la vaga sensazione che tu ci riuscirai.-
-ci proverò. Promesso!- sorrise lui. -grazie dell'invito e delle informazioni, Alice.-
-di niente, Yukihira-kun.- disse lei. -buona fortuna con la mia cuginetta.-
Con questo, fu anche la prima a riattaccare la telefonata.

Voleva vedere Nakiri. Voleva andare da lei. Voleva riunirsi a lei. Aveva dannatamente bisogno di Nakiri.
Guardò l'orario e vide che era quasi l'ora di cena.
Prese velocemente i regali che aveva fatto a Marika e Nakiri ed uscì per andare da quest'ultima, con la sicurezza che Suzuki non ci sarebbe stato.


 

****


Rokuro l'aveva chiamata un paio d'ore fa per avvisarla che purtroppo non ce l'avrebbe fatta a raggiungerla per passare il Capodanno insieme, a causa di una tempesta di neve dalle sue parti. Contrariamente a quello che si aspettava, era sollevata che non potesse scendere: non l'avrebbe soffocata con le sue ossessioni e timori verso Yukihira. Già tale pensiero doveva farla riflettere su quello che esattamente voleva perché, se prima provava ancora una sorta di sentimenti per lui, da quando erano iniziate quelle furiose discussioni tra loro anche l'affetto che nutriva per egli si era affievolito.
Sapeva che Rokuro aveva ragione, eppure le loro discussioni la innervosivano solo di più, poiché non sopportava che Marika assistesse a scenate simili. Di certo non sarebbero rimaste indifferenti a sua figlia.
Oltretutto, da quando Yukihira l'aveva chiamata per farle gli auguri di Capodanno, il risentimento e il fastidio che provava per lui per aver invaso la sua mente mettendo in discussione l'equilibrio perfetto della sua vita, per non aver lasciato Megumi e averle fatto riscoprire l'amore nei suoi confronti stava perdendo tono: sentiva che pian piano anche quella piccola “scintilla” di rabbia (che le aveva permesso di fare la sostenuta a telefono) rimasta sarebbe presto svanita, dovendo fare nuovamente i conti con quello che sentiva per lui, che diventava ogni giorno sempre più pressante e incontrollabile da gestire e sopprimere. Da allora, e non solo, non aveva smesso di pensare a Yukihira, alla sua chiamata, alle sue parole “devo darti una cosa” e a quello che la sua mente insistente e determinata avrebbe messo in atto pur di raggiungere il suo cuore. Pur di vederla. Pur di ricercare un momento per stare con lei. Ed era proprio questo a metterla in difficoltà.
Appunto perché provava forti sentimenti per lui, qualsiasi cosa facesse era capace di smuovere le sue emozioni confondendo le sue scelte. Di scioglierla da quello stato di indecisione cronica, frenato solamente dall'ostinata intenzione di proteggere la carriera di Yukihira, il suo segreto e Marika stessa da un'autentica batosta.
E di proteggere se stessa dall'inevitabile addio di Yukihira se avesse scoperto la verità.
I suoi pensieri furono interrotti dall'arrivo della piccola Marika che euforica le chiese:
-mamma! Perché non andiamo anche noi al tempio con li zii?-
-sei sicura di farcela ad alzarti a mezzanotte per andare, tesoro?-
La bambina si aprì in un esteso sorriso.
-certo! Vorrei esprimere un desiderio per l'anno prossimo!- raccontò eccitata.
La mamma le carezzò la testa.
-posso sapere che desiderio vorresti esprimere piccola?-
La bambina rise spensierata. -se te lo dico prima di esprimerlo, non si avvera!-
-ah! Davvero le cose stanno così?- stette al gioco, lei, procedendo a farle il solletico.
Marika scoppiò in una risata sguaiata, visto che lo soffriva, e iniziò a correre per la casa intanto che Erina la rincorreva.
Quello scenario divertente venne disturbato dal campanello che suonò. Erina si fece perplessa: non aspettava nessuno dato che Rokuro non sarebbe venuto ed Alice e Hisako non potevano essere.
Quando andò alla porta per aprire, fu spiazzata di vedere_attraverso il videocitofono_che si trattava di Yukihira.
Non gli aprì subito perché doveva metabolizzare la sorpresa e soprattutto gestire le numerose emozioni che la assalirono riconosciuto il suo volto. E quello che più la sorprese era che, vedendolo, si era sentita felice. Sollevata. Tranquillizzata.
Cosa ci faceva a casa sua? Non era da Todokoro?
E poi anche tutto il resto di dubbi e domande la devastarono.
Più guardava all'interno del videocitofono, più il tempo materiale per elaborare lo stupore veniva meno e infatti, per la seconda volta, Yukihira suonò il campanello e ripetutamente. Fu a quel punto che, senza pensarci ulteriormente, la sua mano si mosse da sola e raggiunse il tasto per aprire il cancello. Deglutì meccanicamente, agitata, tesa, emozionata.
Aveva veramente aperto. Seguì la camminata di Yukihira e dopo aver contato mentalmente prima di aprire il portone, ecco che se lo ritrovò davanti tutto sorridente:
-stavo iniziando a credere che mi avresti lasciato fuori a patire il gelo, Nakiri.- commentò scherzoso. -posso entrare?-
-l'hai già fatto. Idiota.- borbottò distogliendo lo sguardo da lui.
-sei ancora arrabbiata, vero?-
-ovvio!- sbottò lei, -e ora che sei pure venuto a casa mia senza preavviso, lo sono ancora di più.
Ti avevo esplicitamente chiesto di non cercarmi più.-
-e io ti avevo esplicitamente detto “dovevo darti una cosa”.- replicò lui, retorico.
Quei battibecchi furono interrotti dall'arrivo di Marika che, riconosciuto la voce di Yukihira, era corsa da loro tutta emozionata. -Soma oniichan!!- lo abbracciò forte. -mi sei tanto mancato!-
Erina sospirò arresa.
-anche tu, piccola.- le disse lui, sorridendole con tenerezza.
-resti con noi per l'ultimo giorno dell'anno?- chiese ancora, Marika, guardando speranzosa la madre.
-è la tua mamma che deve decidere.-
Erina si sentì costretta a far credere a sua figlia che tra lei e Yukihira andasse tutto bene, perché altrimenti ci sarebbe rimasta male. Anche Yukihira sembrò approvare tale decisione quando si guardarono dritti negli occhi. Intensamente.
-mi sei mancata anche tu.- confessò per primo, lui.
Lei avvampò colta alla sprovvista.
-vuoi restare a cena?- propose, in seguito, spostato gli occhi altrove per evitare di incrociare di nuovo il suo sguardo e intenta a voler cambiare discorso, pur di impedirsi di rispondergli sinceramente “lo stesso vale per me”.
-dai Soma oniichan! Resta a cena!-
Lui tornò a guardare Marika, ancora stretta a lui, che lo guardava dal basso con un'espressione talmente tenera da strappargli un battito. Fissò lei nuovamente e le rispose. -se per te va bene, Nakiri.-
-se non mi andasse bene, non te lo avrei nemmeno chiesto.- farfugliò incerta.
Fu a quel punto che attraversò completamente la soglia del portone.
-fra poco è ora di cena. Che ne dici se cuciniamo tutti insieme? Non l'abbiamo mai fatto.- tentò lui, allegro.
-sii!!!- esultò eccitata, Marika.
-se proprio ci tieni.- acconsentì lei, guardandolo.
Portò nuovamente gli occhi verso la sua bambina e le sorrise:
-però tesoro, se dobbiamo cucinare insieme, vai a metterti il grembiule.-
-subito!- esclamò. Prima, però, afferrò la mano di Yukihira.
-Soma oniichan, vuoi vedere la mia cameretta?-
L'uomo la guardò affettuosamente. -con molto piacere!-
Lanciò un'ultima occhiata penetrante verso di lei e strinse la mano di Marika.
Quando i due si furono allontanati, lei incrociò le braccia e sbuffò arresa:
-come dovrei fare con te, Yukihira? Perché sei così testardo?-
Poggiò esasperata la testa contro il muro ai lati della cucina, dando dei piccoli colpetti su di esso, come a punirsi per come il suo cuore battesse senza sosta da quando Yukihira era arrivato a casa sua e maledicendosi per non riuscire a restare arrabbiata con lui. Perché era tanto debole?
Si domandò anche come sapesse che Rokuro non era con loro, consapevole dell'importanza del Capodanno per il loro paese. Nel frattempo che rifletteva, ecco che Marika e Yukihira tornarono in cucina e lui le sorrise:
-è davvero carina la camera di Marika.-
-Soma oniichan ha anche detto che i pupazzi che ho sono bellissimi.-
-davvero? Lo sai che piacciono anche a me.- disse lei.
Yukihira scoppiò a ridere. -non mi dire che sei gelosa, Nakiri?-
-figurati! Di te, poi? So benissimo quanto Marika mi vuole bene.-
Anche Marika rise divertita dal loro prendersi giocosamente in giro.
-forza allora!- le incoraggiò Yukihira. -iniziamo a cucinare!-
Marika saltellò felice, ma lei la frenò.
-aspetta tesoro! Cosa ti ho detto? Mettiti il grembiule.-
-hai ragione! Scusami mamma!-
Il tutto sotto lo sguardo premuroso e paterno di Soma.
Erina afferrò poi il grembiule più grande e mentre aiutava Marika a legare il suo, lanciò l'altro a Yukihira.
-anche tu, Yukihira. Devo dirtelo io?-
Lui ridacchiò grattandosi la nuca, afferrando il grembiule, un po' imbarazzato.
-non sapevo dove lo tenessi, Nakiri.-
-bastava chiedere!- lo rimbrottò.
-cosa prepariamo?- intervenne Marika, già pronta in modalità azione.
-ferma dove sei!- la bloccò ancora, Erina. -ti devo legare i capelli.-
La bambina sbuffò annoiata e Soma rise di fronte a quella scenetta tipicamente materna.
Prese tra le mani i ribelli riccioli d'oro, lunghi, della sua bambina e iniziò a legarli lentamente e con accurata delicatezza.
Era così impegnata a fare una coda alta alla bimba, che si era dimenticata di legare i suoi di capelli; infatti, quando ebbe finito di sistemare quelli di Marika, ci pensò proprio Yukihira a rimediare a quella sua svista: scivolò lungo il suo braccio latteo e liscio, raggiungendo il polso in un magistrale e sensuale sfioramento, e sfilò da esso il codino che aveva legato attorno. -ti sei dimenticata di legarti i tuoi, Nakiri.- le fece notare, sussurrandolo al suo orecchio e creandole dei brividi incontrollati, privandola della forza di allontanarlo_come sempre_. -lo faccio io al tuo posto.- stabilì aggiungendo.
Lei, dandogli le spalle, sgranò gli occhi meravigliata e senza riuscire ad aprire bocca a causa delle forti sensazioni che avvertì al breve contatto, eppure talmente pregiato da scioccarla. Sensazioni che le erano mancate terribilmente, nonostante fosse solo poco più di una settimana che non vedeva Yukihira. Sentì la mano di quest'ultimo passare sotto i suoi capelli e salire lungo il suo collo in un'affamata ed insaziabile carezza, per poi avvolgere le mani attorno alle sue pesanti ciocche raccogliendo i ciuffi dispersi e acconciandole pacatamente una coda di cavallo, che lasciò andare con grazia solamente dopo qualche interminabile minuto nel quale le era mancato il respiro da quanto si sentisse soffocare dall'attrazione per lui e succube delle sue mani. Era stato un tocco semplice, innocente, ma lei vi aveva distintamente avvertito il desiderio reciproco celato dietro ad esso. Sottinteso. Irrefrenabile. Magnetico.
Era davvero possibile sentirsi così?
-non pensavo di essere tanto bravo a legare i capelli.-
Yukihira smorzò la tensione sessuale creatosi tra loro, ridacchiando, e lei gli fu quasi grata per averla fatta uscire da quella “bolla” di sentimenti ed emozioni che l'avevano assalita per quegli infiniti minuti.
-non montarti la testa.- allora lo riprese, riacquistata la lucidità mentale. -potevo anche farmela da sola.-
Marika, fortunatamente, era stata distratta da tutti gli ingredienti che avevano poggiato sul bancone e non si era accorta di quel momento di estrema intimità tra loro. Anche perché lo sentivano solo loro. Apparteneva unicamente a loro e di conseguenza erano gli unici a considerarlo.



 
****


La voce frizzante di Marika riuscì a svegliarlo da quello stato ricolmo di vogliosi desideri proibiti:
-iniziamo a cucinare?-
-certo tesoro!- decretò Nakiri.
Lui annuì distrattamente, perché ancora impegnato ad ascoltare quelle sensazioni.
Poteva avvertire ancora la morbidezza delle ciocche di Erina sulle sue mani. La sottigliezza e i contorni delicati del suo collo e il profumo intenso e ammaliante che emanava. E quello dei suoi capelli. Dio quanto gli era mancato!
Era folle crederlo, eppure gli sembrava di non sentirla da giorni. Beh, in effetti, forse ne subiva profondamente la mancanza anche perché non erano mai stati davvero insieme, a parte contatti passionali ma non espliciti_esclusa quella notte di sei anni fa_e più si avvicinavo, si amavano, più ne sentivano la necessità.
-vieni Soma oniichan?- lo chiamò la bimba, dunque, stringendo la sua mano.
Fu proprio in quel momento che riuscì a tornare alla realtà, sebbene lui e Nakiri continuassero a guardarsi fuggevolmente.
-comunque Nakiri!- si affiancò a lei, sbarazzino. -sarà un vero piacere assaggiare il gusto speciale dei tuoi piatti.- dichiarò, strizzandole l'occhiolino e facendola silenziosamente imbarazzare. Marika si unì al loro, frapponendosi tra i due con un sorriso solare. -facciamo il cheesecake come dolce?-
-mi sembra un ottima idea, piccola!- le accarezzò la testa, lui, tenero.
-io comunque andrai sulla cucina italiana.- suggerì dopo, -che dici Nakiri?-
-come ti pare.-
-com'è la cucina italiana?- domandò incuriosita Marika.
-una delle cucine migliori al mondo.- le spiegò Yukihira.
-dal tuo punto di vista.- puntualizzò Erina. -la cucina francese è migliore.-
-questo perché sei di parte, Nakiri.- la punzecchiò lui. -è la tua specialità, no?-
Nakiri si sorprese davanti a quella asserzione:
-come fai a saperlo?-
-credi che non ti abbia osservato nei nostri anni scolastici?- replicò tranquillo lui. -anche allora i miei occhi erano puntati su di te. Volevo attirare la tua attenzione con i miei piatti, Nakiri. Non mi sembra di non avertelo fatto capire, no?-
-mamma.. te e Soma oniichan vi conoscevate già?-
Stavolta Marika aveva ascoltato la loro conversazione e questo sembrò mettere a disagio Nakiri, per qualche motivo, e non rispose subito. Fu lui a rispondere al tuo posto facendo un buffetto sul nasino di Marika:
-certo piccola. La tua mamma era la ragazza più bella della scuola.
Tutti la conoscevano, sai? Era molto ambita dai ragazzi della scuola.-
Nakiri diventò paonazza, fin sopra ai capelli. -cosa stai dicendo a Marika, Yukihira?!- esplose vergognosa.
Alla bambina_al contrario di quello che si aspettava Nakiri_brillò gli occhi.
-davvero?- recitò con aria sognante. -eri la più bella del reame, mamma?-
-esattamente.- ribadì lui, ghignando soddisfatto verso Nakiri che in risposta lo fulminò in un misto tra l'imbarazzo e l'infastidito. -adesso piantala di raccontare a Marika com'ero a scuola.-
-Soma oniichan.. anche per te era la più bella del reame?-
-certamente.- confermò lui, -ma era anche assai ingestibile. Come adesso.-
La bambina rise di gusto e Nakiri tornò a sentirsi imbarazzata.
-perché non ti concentri sul tagliuzzare la pancetta, invece di raccontare favole a Marika, Yukihira?
Non vedi quanto l'hai tagliata imperfetta!-
Alla fine avevano deciso di preparare la carbonara come primo.
-lo vedi piccola, che t'avevo detto? È ingestibile.- scherzò ancora, divertito.
La bambina si aprì nell'ennesima risata spensierata.
-adesso basta Yukihira!- sbottò ancora, imbarazzata.
Passò un altro minuto di ilari risate, tra padre e figlia, e i bronci offesi_ che lui trovava adorabili_di Erina.
-non influenzare Marika con il tuo atteggiamento ironico.- lo rimproverò di nuovo, ovviamente non con vera rabbia.
-stavo scherzando, Nakiri, smettila di fare l'offesa.-
Le sorrise dolcemente.
-lo vedi? Ti sei arrabbiata e hai tutti i capelli in disordine, nonostante te li avessi legati così bene.-
Si avvicinò a lei e le sistemò un ciuffo dietro l'orecchio quasi sbigottita.
Lei spostò la sua mano da suo orecchio. -faccio da me.- farfugliò impacciata.
-non puoi.- la fermò nuovamente lui, guardandola divertito:
-hai le mani impastate di farina per fare la pasta. Vuoi anche macchiarti i capelli?-
-dico Yukihira, dovresti proprio smetterla di usare ogni occasione per toccarmi. Pensa al tuo lavoro.- arrossì nuovamente, lasciandolo con un sorriso esclusivamente rivolto a lei.

Marika era tornata a guardare le uova all'interno della ciotola e vide Yukihira sbattere il guscio nella ciotola che aveva attirato la sua attenzione e seguì concentrata i movimenti di Yukihira mentre apriva del tutto l'uovo.
-wow! sembra divertente! Soma oniichan.. il prossimo uovo lo posso aprire io?-
Gli occhietti vispi e super interessati all'effetto che le avrebbe fatto aprire l'uovo e versarlo assieme al resto.
Soma guardò Nakiri per avere la sua approvazione e Marika guardò la madre, a sua volta.
-posso provare mamma?-
-d'accordo tesoro, ma fai attenzione che i gusci graffiano un po'.-
Yukihira allora si sentì libero di intromettersi:
-aspetta Marika, ti faccio vedere come si fa che la mamma è impegnata ad impastare la pasta e non può.-



 
****


Erina nascose un sorriso rilassato, allietata dalla tenerezza di quella scena padre/figlia.
Non riusciva a fare a meno di pensare a quanto fossero belli e affiatati, benché non sapessero neanche di avere davvero un legame sangue. Era consapevole di quanto fosse sbagliato, da parte sua_dopo quello che aveva fatto_sentirsi felice di trascorrere una serata “in famiglia”. Vide la bambina annuire concitata di fronte alle parole di Yukihira e, sotto i suoi occhi attenti, li guardava agire in un prezioso e affettuoso duo: Soma, infatti, prese la manina della bambina e le fece battere sul bordo della ciotola l'ennesimo uovo per il condimento della carbonara, mostrandole come separare i gusci senza farsi male o buttarlo fuori. Descrisse e mostrò con cautela e pazienza i movimenti giusti a Marika che, felice di essere riuscita a fare qualcosa di nuovo, sorrise serena. -grazie Soma oniichan!-
Guardò lei e le corse in contro.
-hai visto come sono stata brava, mamma? Non è caduta nemmeno una traccia di guscio nella ciotola.-
-tutto merito del suo maestro e della tua genetica capacità, Marika!- esclamò Yukihira, guardando prima con amorevolezza la bambina mentre festosa si godeva i complimenti della madre e poi lei scambiandosi così, a vicenda, un'occhiata intensa. Lei, di fronte al sorriso meraviglioso di Yukihira, non riuscì a contenersi e d'istinto abbozzò di rimando un suo di sorriso, stavolta rivolto esclusivamente a Yukihira e totalmente incapace di trattenerlo.
-comunque Nakiri..- riprese lui -..penso che Marika abbia proprio preso da te: impara alla svelta e sembra dotata di una discreta manualità. Potresti diventare davvero un ottima chef, piccola. Ti piacerebbe?- guardò la bimba.
Quest'ultima si voltò nuovamente verso Yukihira e sostenne fieramente il suo sguardo.
Uno sguardo che la accomunava a Nakiri.
-sì, mi piacerebbe!- dichiarò affermativa, sorridendo.
-ho sempre detto alla mamma che un giorno mi piacerebbe diventare brava come lei a cucinare.-
-lo diventerai sicuramente, piccola.- ammise sincero.
-grazie Soma oniichan!- e lo abbracciò stretto.



 
****


Passato qualche altro minuto, mentre Marika girava attorno agli ingredienti e correva per la cucina con le mani infarinate, Soma notò che Nakiri aveva quasi finito con l'impasto per le pasta e a breve l'avrebbe distesa con il mattarello.
Vide che faceva un po' di fatica a controllare i suoi movimenti mentre preparava perfettamente quella morbida consistenza, e allo stesso tempo a dare un occhio a Marika che sembrava ancora piena di energie.
Si spostò dalla sua postazione e si portò dietro Nakiri accarezzando il suo corpo, lasciandola di stucco ed impedita a spostarsi visto che l'aveva praticamente circondata, portando di lato il suo volto per posarlo sulla sua spalla.
-non puoi fare cento cose insieme, Nakiri, lascia che ti dia un mano a velocizzare la preparazione.- le sorrise rassicurante.
Lei portò gli occhi verso le sue iridi. -Yukihira..- fiatò inizialmente -..cosa pensi di fare?-
-ti aiuto, no?- rispose lui, semplicemente.
Scivolò lungo le sue braccia e poggiò le mani su quelle sue.
Nakiri avvertì nettamente il calore e il contatto con esse perché sussultò.
-ti aiuto a completare l'impasto.- precisò in seguito, lui, vicinissimo al suo collo. -ti sembra essere il caso di creare appositamente una vicinanza tra noi? Ti ho già detto di non raccogliere ogni opportunità per avvicinarti a me.-
-ti sto solo aiutando. Tutto qui.-
Nakiri ignorò le sue parole e pensò subito a quello che avrebbe pensato Marika al momento che si fosse distratta dal correre per la cucina e spargere farina, cercando di scostarsi_anche se controvoglia_dalla sua salda stretta:
-tesoro! Perché non vai a lavarti le mani? Tra poco è pronto.-
Aveva colto subito l'intenzione di Nakiri di non mostrare a Marika situazioni troppo esplicite e, anche se la stava solo abbracciando da dietro per aiutarla ad impastare, era chiaro che poteva non risultare innocente dalla parte di una bambina. Poi, anche se cercavano di negarlo_soprattutto Nakiri_era ovvio che vi era un'attrazione peccaminosa tra loro, visto che già in quel momento il suo corpo mostrava distintamente di bramare Nakiri.
-d'accordo mamma!- accettò la bimba, ubbidendo.
La sentì sospirare sollevata quando Marika uscì dalla cucina e poi portò l'attenzione su di lui.
-..e facendomi sentire quanto mi desideri ti sembra di aiutarmi? Idiota.- boccheggiò timidamente.
-allontanati! Faccio da me qui!-
-abbiamo quasi finito, Nakiri. Vuoi interrompere proprio adesso? Dobbiamo solo stendere la pasta con il matterello.-
-sei proprio cocciuto, Yukihira!- tuonò lei -..e mi domando perché non riesco a rimanere arrabbiata con te anche con questo. È frustrante!- Soma ridacchiò facendole il pizzicorino alla guancia con i ciuffi rossi, intanto che stendevano insieme l'impasto. -vorresti dire che non sei più arrabbiata?-
Alla fine s'era incastrata da sola.
-non ho detto questo.- obiettò lei impacciata. -penso solo che cucinare mi ha fatto un po' passare il nervoso. Ecco.-
-come al solito eviti di ammettere quello che pensi veramente, Nakiri.-
-e te perché, almeno una volta, non potresti lasciar correre e non farmi notare quanto mi rendi patetica e vulnerabile? Credi che sia facile per me?-
-se fosse facile sarebbe preoccupante, non credi Nakiri?- recitò incisivo, -il fatto che per te non sia facile per me è positivo, perché mi conferma solo quello che penso.- ghignò compiaciuto.
Lei lo spinse via. Una spintarella delicata e per niente decisa.
-quanto sei presuntuoso! Odio la tua perpetua sfrontatezza!-
Lui scoppiò a ridere, irritandola.
Tornò a guardarlo negli occhi, specchiandosi in essi e aggiunse:
-abbiamo finito qui! Adesso non c'è bisogno che stiamo attaccati, giusto?-
-in realtà non abbiamo esattamente finito, Nakiri.- proseguì misterioso.


 

****


-Cosa vorresti dire?-
Prima che potesse spiegarle qualcosa, la colse di sorpresa alzandola per le ascelle e mettendola a sedere sul bancone, spostando tutti gli utensili su di esso. Lei, mentre lui la tirava su, fu solo capace di tirare un “urletto” colpito e fissarlo poco dopo spiazzata. -che stai facendo?-
Lui vezzeggiò le sue cosce, carezzandole lentamente, e avvicinò il volto alle sue labbra.
-vorrei che assaggiassi la crema di formaggi che ho preparato per il cheesecake. Potresti farlo?-
Lei si fece scettica. -e che bisogno c'era di mettermi sopra al bancone?-
-perché così saresti scappata con più difficoltà!-
Le strizzò l'occhiolino facendola avvampare furiosamente.
-non voglio assaggiarla. Non mi interessa.- asserì lei, schietta.
-ah no? non mi hai ancora detto "delizioso".- iniziò sarcastico. -peccato! Allora la assaggerò per conto mio.-
-bravo Yukihira! E adesso lasciami scendere!-
Non le diede il tempo di allontanarsi, la fissò negli occhi in uno scambio passionale reciproco_capace di distrarla per un attimo_che poco dopo sentì la sua mano stringere il suo polso, trascinandole un dito verso il cremoso impasto e immergendolo all'interno, per poi portarlo vicino alle sue labbra e leccarlo come se fosse il gesto più naturale del mondo, creando un'intimità tale tra loro che si costruì così in fretta dal non lasciarle lo spazio di reagire. No. Non aveva reagito. Non l'aveva respinto solamente perché non voleva farlo. Se avesse voluto allontanarlo l'avrebbe fatto, ma il suo corpo non voleva. Per quanto ci provasse, era una battaglia persa. Cosa doveva fare?
Le sembrava di essere completamente impazzita. Il cuore le esplodeva.
-mh.. mi ritengo davvero soddisfatto.- commentò il sapore.
Si godette probabilmente la sua espressione meravigliata e sogghignò divertito.
-adesso puoi scendere, Nakiri.- sogghignò lui.
Quell'attimo, successivamente, venne interrotto da Marika:
-ho fame mamma! Mangiamo?-
Loro due si scambiarono un'altra occhiata, in cui lei lo incenerì per l'ennesimo gesto ardito e in seguito tornò a guardare la bambina. -certo tesoro. È quasi pronto.-
Era sollevata che Marika li avesse interrotti.



 
****


La cena passò in armonia ed era nato dalla loro cucina un connubio di sapori incredibile dato che sia le sue mani che quelle di Nakiri erano quelle di due prestigiosi chef le cui capacità, seppur estremamente dotati entrambi, erano anche molto diverse. Soma sapeva che presto sarebbe arrivato il momento di dover dare loro i regali, dato che presto Marika sarebbe andata a letto per poi potersi svegliare a mezzanotte per andare il tempio.
Alice gli aveva chiesto di convincere Nakiri ad accettare l'invito, ma ancora non avevano affrontato l'argomento.
Erano seduti in soggiorno. Avevano appena finito di guardare con Marika Mary Poppins, un classico per i bambini.
La bambina stava ormai accusando la stanchezza e si ritrovò a guardarla mentre le si chiudevano gli occhi, con sorriso pieno di dolcezza. Nakiri si alzò dal divano e accarezzò la zazzera bionda della bambina:
-tesoro.. sei sicura di voler andare al tempio? Sembri stanca.-
La bambina annuì assonnata. -dormo un po' adesso. Poi possiamo andare, mamma?-
Soma vide che Nakiri non era ancora pienamente decisa e tentò di insistere_visto che Marika sembrava tenerci_:
-perché non vuoi andarci?-
-sono cose che non fanno per me.-
-..ma alla fine penso che ci andrai perché Marika ci tiene?- la stuzzicò.
-ti ha chiesto Alice di convincermi?-
-non proprio. Sono io che ti invito. Andiamo?-
-perché dovrei accettare solo perché sei tu a chiedermelo?-
Lui ridacchiò. -se non vuoi accettare perché sono io ad invitarti, almeno fallo per Marika che ci tiene. Giusto piccola?-
La bambina annuì concorde. -anche la zia Alice ci tiene, mamma.-
Erina sospirò. -e va bene. Allora verso 00.00 ti sveglio, tesoro.-
Marika scese dal divano e corse ad abbracciare la madre, grata.
-però adesso a letto, che sennò dopo non ti alzi.- le fece una pacchetta sulla schiena e sorrise.
Pensò anche che, prima che la bambina uscisse dal salotto, era il momento di dare loro i regali; dunque, raccolse un profondo respiro, e richiamò la bambina. -aspetta Marika!-
Erina si fece perplessa e attese che lui continuasse.
Fu proprio in quel nano secondo che sembrò realizzare quello che stava per dire.
-ho una cosa da darti e anche alla tua mamma.-
-cosa devi darmi, Soma oniichan?-
Lui le strizzò l'occhiolino in maniera amichevole e dolce.
-è solo un regalino per una bella principessa come te, dal suo eroe.-
Marika strabuzzò le iridi stupita. -mi hai fatto un regalo Soma oniichan?-
Lui annuì per confermare e tirò fuori dal sacchetto un pacco regalo.
-ti avevo detto che non dovevi, Yukihira.- brontolò allora, Nakiri.
-lo sai che faccio sempre di testa mia.- replicò lui, sollazzato.
-grazie mille Soma oniichan!- esultò Marika, scartando il regalo, per poi tirare fuori un paio di ballerine rosse con un piccolo fiocchetto. -solo bellissime!!- gridò estasiata. -sembrano proprio per una principessa.-
-l'ho scelte apposta.- sorrise felice. -perché non le provi?-
Nakiri gli riversò un'occhiataccia.
-quanto sarai testardo.- farfugliò stizzita.
-ammettilo che ho ottimo gusto anche nello scegliere l'abbigliamento.- la provocò lui, ghignando.
-dove avresti, poi, ottimo gusto anche?- ribatté lei.
-ovviamente in cucina e nello scegliere gli ingredienti. Non trovi Nakiri?-
-sai cosa ne penso e dovresti smetterla di essere tanto arrogante.- incrociò le braccia piccata.
Poco dopo distolse lo sguardo e tornò a guardare le ballerine che aveva regalato a Marika; d'impulso non riuscì a trattenere un tenero sorriso intanto che osservava la sua bambina provarsi le scarpe.
-alla fine non sono male.- bisbigliò timida, sperando che lui non la sentisse; peccato che non successe:
-lo penso anch'io e a quanto pare ho pure azzeccato il numero.- affermò entusiasta.


 

****


Era orgoglioso del suo regalo, proprio come un padre lo sarebbe stato notando che la figlia aveva apprezzato il pensiero e anche la scelta. -che stupido. Possibile che non ascolti mai quello che dico?- tuttavia disse.
La sua irritazione si placò subito quando vide Marika correre da Yukihira e stringerlo forte con il sorriso sulle labbra. -grazie tante, Soma oniichan! Sono bellissime! Le metterò durante le feste.-
Notò Yukihira avvolgere le braccia attorno al corpicino di Marika e accarezzarle premurosamente la testa.
-sono contento che ti piacciono.- confessò sincero.
Purtroppo dovette interrompere quel momento tra loro perché il tempo scadeva e Marika doveva almeno dormire mezz'ora prima di alzarsi a mezzanotte per andare al tempio. -su amore, adesso vai riposarti.-
La bambina si staccò dall'abbraccio con Yukihira e annuì educata.
Lasciò un piccolo bacio sulla guancia di Yukihira dicendo:
-a fra poco, Soma oniichan.-
-a fra poco, Marika.-
Detto questo, lei accompagnò Marika a letto per rimboccarle le coperte e poco minuti dopo tornò in soggiorno da Yukihira con la tensione addosso: sarebbero stati mezz'ora piena loro due da soli e Yukihira ancora non le aveva nemmeno dato quello che le aveva detto.

Tornata da Yukihira, infatti, ecco che avvertì il respiro farsi corto a causa dell'atmosfera intima e quello che la colpì di più fu proprio che lui sembrò notare il suo disagio fissandola incuriosito:
-Nakiri.. vedo che non sono l'unico ad aver notato un cambiamento.-
-potresti evitare di commentare, allora?- sbottò lei, arrossendo. -..o vorresti finire come l'ultima volta che sei venuto qui?-
-non nego che mi piacerebbe, ma no, perché vedo che non sei convinta e sto ancora con Megumi.-
Poi specificamente aggiunse:
-questo non vuol dire che lascerò perdere: come ho detto, aspetterò che tu faccia una scelta senza chiedere spiegazioni sul tuo comportamento. Per quanto sia interessato a sapere cosa ci sia che ti blocca con me, ho deciso che rispetterò la tua privacy finché Suzuki-san non ti torce un capello.
Anche con quello che ho appena detto hai intenzione di restare arrabbiata con me?-
Lei lo scrutò attentamente per scoprire quanto fosse motivato e non vi era la minima traccia di incertezza nei suoi occhi. Era serio e sicuro di sé, talmente tanto da farla imbestialire e nello stesso tempo renderla fortemente traballante e altrettanto emozionata. La risposta uscì di bocca da sola:
-non sono più arrabbiata, Yukihira.- asserì sottovoce -ma non cambio idea.-
Provò a sostenere il suo sguardo con la stessa decisione, ma era chiaro che la sua compostezza era più vacillante di quella di Yukihira. -dimentichi sempre di essere impegnato o sbaglio?
Come puoi ostentare tutta questa superficialità nel rapporto con Todokoro?-
-non lo dimentico e mi sento costantemente uno schifo, Nakiri, però so già quello che desidero e purtroppo non posso fingere di amare un'altra donna e questo anche se so che il mio comportamento risulta egoista e meschino.-
Si avvicinò a lei e le accarezzò una guancia, lasciandola senza parole.
-sono felice che Suzuki-san non sia potuto venire.- sorrise birichino. -almeno posso darti il regalo che ti ho fatto.-
Lei spostò il collo di lato per evitare di incrociare i suoi occhi e rimanere nuovamente incantata dal suo sguardo e dal suo volto. -non voglio niente.- dichiarò imbarazzata. -io non ti ho fatto nulla, Yukihira.-
-lo sapevo Nakiri, non preoccuparti. Non mi interessa.- le sorrise gentile.
Tornò verso il sacchetto da dove prima aveva tirato fuori il pacco per Marika e le consegnò quello che aveva fatto per lei. -l'ho trovato perfetto per te.-
Lei non riuscì a nascondere le guance che si imporporarono e lentamente scartò il regalo per trovarsi tra le mani un cofanetto di legno antico e pregiato. -aprilo.- le incoraggiò lui.
Prima di aprirlo, lo guardò un'ultima volta e poi fece come gli aveva detto e, alzato il coperchio, un bambolina molto somigliante a lei apparve e una melodia simile ad un valzer partì. -è un carillon..- fiatò sorpresa.
Tornò a guardarlo:
-come.. come..dove l'hai..?-
Non aveva parole per descrivere la grazia con cui quel carillon si presentava davanti a lei: fine, femminile, eppure anche opulento di una dolcezza infinita. Lui le mise un dito sulle labbra.
-questo è un segreto, Nakiri.- scoppiò a ridere divertito dalla reazione confusa di lei.
-non è niente di ché, alla fine. Ho pensato che fosse adatto a te e l'ho preso
. Non ti somiglia un po'? Ha anche una torta in mano. Spero che ti piaccia.-
Erina lo posò con cura sopra alla credenza e indugiò di nuovo sul viso di Yukihira.
-non dovevi farlo. Questo è troppo.- esordì in seguito, aprendosi in una smorfia addolorata.
-credi che per me sia facile proseguire i miei obiettivi se continui a fare in questo modo?
Non ci riesco, Yukihira. Non ci riesco.- si sfogò, quasi con le lacrime agli occhi. -perché sei così?-
Lui, vedendo che era difficoltà, la colse impreparata quando avvolse le braccia attorno al suo esile corpo, posando la fronte di lei contro il suo petto. Entrambi si godettero il calore che i loro corpi vicini li trasmise.
Il regalo di Yukihira le era piaciuto così tanto che le era venuto da piangere e soprattutto le aveva solamente fatto capire di più quanto per lei fosse difficile fuggire continuamente da lui. Dalle sue braccia. Dalla sua personalità allegra e accogliente. Dolce a modo suo. Infatti non era riuscita a nascondere le sue emozioni appena aveva ricevuto tra le mani quell'incantevole carillon, regalato e comprato con il cuore. Con passione. Con l'amore più puro ma anche focoso e travolgente.
Ma lei non poteva. -non era mia intenzione farti piangere Nakiri.- riprese Yukihira.
-e non so perché sei tanto decisa a non stare con me, a tal punto da rimproverare te stessa per esserti sentita felice del regalo e ferirti in questo modo. Sai che non mi piace questa situazione?-
Lei restò in silenzio e Yukihira la strinse ancora a sé, facendola immergere nel suo profumo di spezie e nella protezione del suo corpo. -a questo punto non cambio idea su quello che credo provi, però mi darò da fare per capire come mai sei tanto restia a lasciare Suzuki-san. Cosa di porta ad essere tanto masochista.-
-perché non lasci perdere e basta? Se tu scoprissi la verità te ne pentiresti di essere tanto determinato con me.- disse piatta, incapace di contenere parole che non avrebbe dovuto dire.
Scattò dalle sue braccia, spaventata, e lo fissò negli occhi timorosa e in attesa della sua risposta di rimando.
-a cosa ti riferisci, Nakiri?- infatti lui domandò, cogliendo la sfumatura velata e nascosta di quelle parole.
Ecco, adesso gli aveva messo “la pulce dell'orecchio”. Complimenti Erina! si maledì dentro di sé, seccata.
-niente. Non fare caso a ciò che ho detto, Yukihira. Ero confusa.-
Tentò di rimediare sperando che lui cambiasse discorso, invano purtroppo:
-dovrei pensare che il motivo per cui non vuoi stare con me è perché mi stai proteggendo da qualcosa, Nakiri?-
No Yukihira, sono io che mi sto proteggendo dal tuo addio quando verrai a sapere la verità che ti nascondo” si disse dentro di sé, agitata per come si era complicata la situazione dopo le sue parole “di troppo”.
Lui la bloccò per la schiena portandola vicino al suo viso:
-si tratta davvero di questo?-
-hai frainteso, ti ho detto.- provò ancora, allontanandolo.
-non credo di averlo fatto, invece, dalle tue reazioni. Cosa c'è che ti preoccupa veramente?- difatti riprese con insistenza.
-non c'è niente!- scappò di nuovo. Si guardò attorno cercando una via di fuga possibile, quando finalmente la trovò: l'orologio a pendolo all'angolo del soggiorno. -ah!- squittì teatrale, -è quasi mezzanotte! Dobbiamo svegliare Marika!-
Lui la fermò per il polso. -è chiaro che stai scappando, Nakiri.-
-è chiaro che siamo in ritardo, Yukihira.- ribatté retorica e severa, lei, cercando di sviare il discorso per distoglierlo dalla sua “nuova” fissazione. -ascoltami bene!- iniziò lui, afferrandola per le guance in modo da calmarla:
-..non ho bisogno di essere protetto. Quindi smettila di fare sacrifici per me, Nakiri. Chiaro?-
-non sto facendo sacrifici per te!- protestò lei, mentendo.
-so che non è così.- ribadì ancora, lui, fiducioso.
-prima o poi dovrai darmi delle risposte al tuo comportamento assurdo, sai? Non mi scrollerò tanto facilmente da te.-
Le regalò un sorrisino impertinente, prima di concludere definitamente la discussione:
-precisato questo, andiamo a svegliare Marika.-
Tirò un sospiro di sollievo, resasi conto che si era salvata per un soffio e angosciata dalla consapevolezza che Yukihira non avrebbe lasciato stare.


 

****


Era chiaro che Nakiri gli stava nascondendo qualcosa di serio e dopo le sue ultime parole e come era apparsa spaventata che lui scoprisse la verità, non aveva più dubbi che ci fosse qualcosa che non andava.
Non aveva idea di cosa si trattasse, ma certamente non si sarebbe arreso dallo scoprirlo.
Certo.. finché ne aveva la forza, avrebbe lasciato fosse lei a trovare il coraggio per dargli una spiegazione.
Però era anche vero che moriva di curiosità e non era un tipo assai paziente e presto non sarebbe più riuscito a contenersi. Cosa gli nascondeva? Perché lo stava proteggendo?
Anzi.. stava veramente proteggendo lui come sembrava aver dedotto?

Era chiaro che per ora non gli avrebbe detto niente, ma era altrettanto tangibile che lei provasse gli stessi sentimenti per lui e questo_come era successo anche quella sera_presto l'avrebbe portata a fare una “scelta”.
In effetti era preoccupato per lei, sembrava che ciò che gli nascondeva la angosciasse a tal punto da imporsi di negare i suoi sentimenti per lui e a continuare una relazione che ormai era già finita. Era agli sgoccioli.
Perché Nakiri continuava ad essere tanto masochista e testarda? Cosa doveva fare per aiutarla? Restargli accanto?
Lo respingeva costantemente, eppure quando erano vicini era evidente che provassero qualcosa di forte l'uno per l'altra e che l'attrazione era solamente una parte di quelle potenti emozioni. Cosa la portava a rifiutarlo?
Ormai era ovvio che non lo facesse perché non provava lo stesso, c'era sicuramente un problema maggiore dietro alla sua indecisione. Alla sua autentica paura. Cos'era? Voleva saperlo per aiutarla; però sapeva anche che, se l'avesse costretta a dirgli la verità, non solo l'avrebbe ferita ma l'avrebbe anche persa per sempre.
Non voleva, dunque doveva provare ad aspettare affinché Nakiri non fuggisse ancora di più.

Tra i pensieri, ecco che erano arrivati al Tempio e avevano già incontrato tutti i loro amici.
Era talmente pieno di dubbi e domande che non si era nemmeno accorto di quanto avessero camminato per arrivare lì. Sentiva solo la piccola mano di Marika che stringeva la sua, in una presa delicata.
-siete arrivati finalmente!- li accolse Alice. -grazie per aver convinto la cuginetta, Yukihira-kun.-
Gli regalò un'occhiata complice, a cui rispose a malapena visto che era ancora immerso nella sua testa.



 
****


Hisako era molto contenta che Hayama fosse andato con loro al Tempio.
E, dopo aver preso il saké sotto al Tempio tirando fuori un biglietto che recitava “anno fortunato”, era ancora più felice. L'atmosfera era allegra e colorata, animata, e anche Marika e Naoki sembravano divertirsi.
Aveva notato che si era creata una certa intimità anche tra Erina e Yukihira, sebbene già ci fosse anche prima_ed era palese_ma sembrava più accentuata del solito. Era un po' preoccupata per i “colpi di capo” che poteva avere Erina, ma era anche vero che con Rokuro non sembrava andare e la sua amica aveva capito più che bene quali fossero i suoi veri sentimenti; solamente per il segreto che nascondeva a Yukihira, aveva paura ad esprimerli. Capiva benissimo che non era facile uscire da una situazione tanto complicata, benché i sentimenti reciproci di entrambi: qualsiasi reazione potesse avere Yukihira, scoperta la verità, sarebbe stata indubbiamente negativa e non avrebbe avuto nemmeno torto ad arrabbiarsi.
In qualche modo si sentiva di comprendere Erina; perché, anche se la sua situazione con Hayama era decisamente meno complicata di quella della sua amica, restava ugualmente pessimistica a causa della personalità del suo collega e del suo atteggiamento incomprensibile e contrastante, in qualche modo anche misterioso e introverso. Proprio mentre osservava il gruppo di amici attorno a loro, notò che Hayama sembrava scomparso all'improvviso ed iniziò a cercarlo con gli occhi, per poi notarlo poco distante dal Tempio e impegnato in una accesa conversazione al cellulare. Si incuriosì di fronte a quella scena e di colpo il resto dei suoi colleghi svanì per lasciare tutto lo spazio all'affascinante figura di Hayama e alle domande riguardo a chi potesse essere a telefono per farlo scomporre in quel modo e per la prima volte osservò delle vere reazioni emotive sul suo volto. Sentì salire un groppo alla gola e la curiosità logorarla fino a farla stare male; difatti, d'istinto, si allontanò anch'ella dal suo gruppo per avvicinarsi di più ad Hayama e nascondersi dietro un albero come una “stalker” senza speranza.

-non preoccuparti, tanto verrò a breve.-

Furono le uniche parole che udì prima di vederlo riattaccare la conversazione e alzare gli occhi al cielo con aria sfinita e in qualche modo anche apprensiva. Chi era a telefono?
Siccome gli era parso preoccupato, le venne spontaneo uscire dal suo “nascondiglio” e portare timidamente le mani dietro la schiena, per chiedergli timorosa e pronta a ricevere una risposta infastidita:
-tutto a posto? Sembri teso, come al solito.-
Di getto portò anche gli occhi verso il polso mascolino per adocchiare, del tutto inaspettatamente, che indossava il bracciale che gli aveva regalato. Arrossì imbarazzata e contenta di vedere che alla fine non trovava quell'accessorio inutile e l'aveva addirittura messo. -non sono affari tuoi. Perché mi spiavi?-
Hisako sobbalzò paonazza. -non ti stavo spiando, idiota.-
-abbi almeno il coraggio di ammetterlo!- la riprese duro.
-sai che ho l'olfatto più sviluppato di voi e il profumo che indossi si sente a chilometri.-
Hisako non prese quelle parole come una critica, bensì come complimento.
Aveva riconosciuto il suo profumo e questo la deliziò non poco.
Erano due le cose che l'avevano resa felice in quel momento: il fatto che indossasse il suo bracciale e l'idea che avesse riconosciuto subito il profumo. -potresti anche provare a rispondermi meglio.
Perché devi essere sempre così odioso? Mi stavo solo preoccupando per te.-
Colse una “scintilla” di stupore negli occhi di Hayama, davanti alle sue ultime parole.
-non hai bisogno di preoccuparti per me.- distolse le iridi da lei.
-d'accordo. Allora non ho niente da fare qui.- lo assecondò delusa.
Non contenta, però, di come si erano messe le dinamiche tra loro, tornò a guardarlo di profilo con sfida:
-cercavo solo di coinvolgerti. Pensavo che dopo la festa di Alice fosse cambiato qualcosa tra noi, invece sei il solito detestabile e rispondi sempre in malo modo.-
Lui si fece confuso. -cosa esattamente ti aspettavi?
Per me non è cambiato niente e dovresti smetterla di essere tanto ingenua.-
-sei sicuro che non sia cambiato niente, Hayama? E il bracciale che indossi come me lo spieghi?
Se veramente non ti importasse l'avresti gettato via.-
Schioccò la lingua in un gesto infastidito e tornò a guardare altrove:
-non fraintendere, l'ho messo solo perché mi andava di farlo.-
-anche se così fosse l'hai messo e non hai “scuse” per negare l'evidenza.-
-perché stai spingendo su questo inutile discorso?
Piuttosto non dovresti scusarti per aver ficcato il naso nei miei affari personali?-
Hisako si aprì in una risata derisoria e sarcastica:
-perché dovrei farlo quando non ho fatto niente per meritarmi la tua rabbia?-
-smettila di starmi intorno e basta.- ordinò gelido.
Lei, ormai completamente ferita, gli dette le spalle dicendo amareggiata:
-ah.. ma cosa ti parlo a fare. Non cambierai mai!-
Prima che si convincesse del tutto che Hayama l'avrebbe ignorata e trattata schifosamente per tutta la notte, la sua voce profonda la colse alla sprovvista:
-non verrò a Nagano con voi.-
Lei si arrestò di colpo continuando a volgergli le spalle.
-perché improvvisamente ti sei premurato di avvisarmi? Non mi sopporti, no?-
-qualcuno doveva pur saperlo.- rispose in tono disinteressato.
-sei la prima che mi sono trovato davanti e ho pensato di dirtelo.-
Hisako sospirò stancamente. -fai come ti pare.-
Fece qualche altro passo, ma la sua voce la fermò nuovamente:
-riparto per l'India e starò via un altro mese.-
Per quanto fosse arrabbiata, si rattristò di fronte a quella novità ma orgogliosamente continuò a non guardarlo in faccia: non voleva che la vedesse dispiaciuta dalla notizia, nonostante tutto. Aveva anche lei una sua dignità.
-era il capo, quindi?- riuscì solo a domandare, sottovoce.
-no, non era lui. Non vado solo per lavoro.-
Hisako si stupì di quelle parole e a quel punto tornò a sostenere la sua espressione.
-in che senso? Perché me lo stai dicendo?-
-problemi personali che non hanno niente a che fare con te.
Soddisfatta delle risposte che tanto desideravi?- ironizzò pungente.
Lo fissò rabbiosa. Per un attimo aveva sperato avesse voglia di aprirsi.
Perché doveva sempre farsi illusioni simili?
-no, infatti non sono affari miei e non capisco la tua esigenza di dirmeli solo per poi rispondermi esattamente nella tua solita maniera irrispettosa.- Adesso era totalmente convinta di volersene andare.
Aveva sognato fin troppo e per il suo bene sarebbe stato meglio cancellare quel momento.
Aumentò il passo, irritata, e proseguì per la sua strada bofonchiando acida:
-beh..buon viaggio.-
Pensò che quella tortura emozionale fosse finita lì, ma le parole di Hayama la richiamarono un'altra volta:
-grazie per il regalo dell'altra volta!- aveva anche alzato la voce pur di farsi sentire e, sebbene fosse ancora adirata con lui, arrossì senza controllo.



 
****


Perché l'aveva richiamata?  Perché si era abbassato a ringraziarla del regalo?
Tali atteggiamenti non erano affatto da lui, ma il suo labiale si muoveva da solo ogni volta che vedeva Arato fare un passo in più allontanandosi, d'istinto la bloccava come un disperato e questo era denigratorio e assolutamente imbarazzante per lui. Perché aveva indossato quel bracciale?
Era lui che la respingeva e rifiutava costantemente, facendola arrabbiare, eppure tutte le volte che tentava un rifiuto poi sentiva il deprimente bisogno di “riprendersela”. Il suo atteggiamento appiccicoso e premuroso nei suoi confronti lo trovava asfissiante, ma al contempo lo faceva sentire vivo e considerato.
Non aveva capito perché lo faceva, ma lei era sempre presente ogni volta che succedeva qualcosa che lo innervosiva, come poco minuti fa: Akhila l'aveva chiamato per pregarlo di tornare presto da lei perché il rapporto con i familiari delle sue Caste era diventato ancora più opprimente e le mancava il respiro. Lui alla fine era sempre l'unico che in qualche modo la tirava fuori da quella vita di oppressione ed imposizioni; e, dato che il direttore lo aveva avvisato da poco che sarebbe dovuto tornare in India a breve, l'aveva rassicurata che avrebbe fatto in modo di venire. Teneva ad Akhila, ma non sopportava la sua fragilità, la sua passività e il suo continuo appoggiarsi a lui; però, anche se così era, per quanto fosse solitario e freddo, non era così menefreghista da ignorare una persona che soffriva, soprattutto se anch'ella l'aveva aiutato in un suo trascorso periodo buio. Per quanto fosse faticoso, sentiva il bisogno di ricambiarla se poteva farlo.
Tuttavia, quella situazione lo stressava non poco ma Arato, con la sua fastidiosa presenza, era stranamente capace di tirarlo fuori da quella “grana” che erano le tradizioni del suo paese d'origine, facendolo sentire un cittadino libero e giapponese. Non era uno che rispettava le norme indiane, ma purtroppo il rapporto che aveva con Akhila non gli permetteva di uscire del tutto dal disprezzo che provava per le regole di quel paese tanto rigido e conservatore. Dalle sue intransigenze.
Era davvero solo per questo che aveva fermato Arato? Perché era gentile?
In fondo aveva deciso di evitare quel principio di sensazioni quando si trattava di quest'ultima, ma la sua mente e il suo corpo sembravano agire per conto proprio ed ecco che, pateticamente, trovava ogni giustificazione o frase per bloccare la camminata ferita di Arato. Il suo cuore, tra l'altro, ebbe un sussulto quando lei_a seguito dei suoi ringraziamenti_riportò gli occhi su di lui e, benché fosse notte, poté intravedere un sorriso accennato attraverso le sue labbra.
-sei davvero strano, lo sai? Perché di punto in bianco mi ringrazi?-
Giocò un po' sulle sue parole, prendendolo in giro su quello che si era piegato a dire.
-avevo già capito che ti fosse piaciuto, visto che lo indossi, e non si mette gli accessori per caso. Neanche tu lo fai.- ridacchiò divertita. Di fronte a quelle parole, non seppe nemmeno lui perché si sentì improvvisamente arrossire.
Provò a rimediare alla “frittata fatta”, con poco successo:
-ti ho già detto perché l'ho messo. Hai davvero bisogno di farmelo notare?-
Sapeva essere una frase insensata, dato che non aveva “scuse”: l'aveva messo perché gli piaceva e voleva indossarlo.
Si sentiva ridicolo.
-sono abbastanza soddisfatta adesso.- rise graziosamente.
Una risata che lo lasciò di stucco per com'era deliziosa e delicata e si vergognò di produrre un pensiero tanto sdolcinato e del tutto fuori dalla sua personalità. Cosa gli prendeva? Non aveva deciso di sotterrare quell'iniziale attrazione?
E invece stava facendo il contrario. Si stava rammollendo come uno stupido.
-mi fa piacere che lo indossi.- continuò lei, sorridendo.
-sappi, però, che se lo perdi in India, ti puoi scordare di riceverne un altro.- lo minacciò spiritosa.
Finalmente si riprese da quello stato alternativo:
-neanche mi interessa.- replicò, -non sono tipo da perdere oggetti.-
-sarà bene.- commentò -beh.. spero a presto.- aggiunse timidamente.
Un'altra volta, come reazione a quelle parole gentili e sincere, avvertì il suo cuore fare un'incomprensibile capriola che, per quanto la trovasse inadeguata, non fu spiacevole provarla. Perché si sentiva felice?
Probabilmente era impazzito ed era tutta colpa di quella donna invadente.
Arato era banale e schietta. Come poteva essere davvero interessato a lei?
Era assurdo e sicuramente andando in India avrebbe capito che si trattava solo di un'emozione momentanea, che presto sarebbe svanita. La guardò ancora nei suoi occhi espressivi, specchiandosi in quel color nocciola, rimanendo per qualche minuto indefinito ad esplorare i sottili contorni del suo viso.
Arato sorrideva ancora e sembrava veramente felice della loro ultima chiacchierata.
Perché poi? Perché sorrideva in quel modo?
Eppure quel sorriso, con disappunto, gli aveva riscaldato il cuore.
-sì, ci vediamo.- infine concluse, asciutto e distratto.
-stai attento in viaggio.- terminò lei, mentre lentamente si allontanava da lui.
Rimase ad osservare la sua schiena, stranito, finché essa non scomparve del tutto.



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Angolo autrice: mi scuso enormemente per il ritardo e specifico subito che purtroppo i miei impegni sono ripresi tutti insieme e non potrò mantenere il ritmo di 10-15gg con le pubblicazioni. Posterò i cap più lentamente. Abbiate pazienza.
Inoltre, per scrivere un cap_e farlo bene_ un giorno non mi basta e neanche poche ore. Ho bisogno di tempo per renderlo ugualmente curato e dettagliato allo stesso livello degli altri, soprattutto se le scene sono tante e lunghe.
Intanto, come avrete visto, questo cap è composto di 20pag e ci ho messo anche di più a scriverlo anche per tale motivo.
Avevo molte cose da descrivere e nelle mie bozze le scene scelte erano diverse da riportare, per cui è nato molto più lungo.
Non vi assicuro che gli altri che pubblicherò lo saranno meno, però! XD detto questo.. spero che continuerete a segurmi!
Cosa ne pensate delle scene Sorina di questo cap? (avete visto che gli ho dato un tono diverso? o almeno ci ho provato_spero di non essere andata troppo OOC con Soma D: ) e di quelle tra Marika e Soma? ho voluto raccontare un scenario tipicamente familiare. E, oltre a questo, per la prima volta ho inserito "la pulce nell'orecchio" a Soma! XD
Però non aspettatevi che scoprirà a breve di Marika eh? :P per quello dovrete aspettare ancora molto (è il "centro" della fanfic, se lo rovino subito non c'è gusto, no? :P ). E delle scene AkiHisa? finalmente Hayama sta iniziando a provare qualcosa di leggermente più forte dell'interesse e l'attrazione per Hisako, ma è ancora troppo ottuso ed orgoglioso per ammetterlo. E poi, ovviamente, c'è la situazione con Akhila. Detto questo! fatemi sapere le vostre opinioni quando potete!^^ ringrazio tantissimo chi mi ha lasciato le recensioni e, come al solito, cercherò di rispondervi il prima possibile.
Scusate ancora per il ritardo ç____ç spero a presto!!

Un bacione grande a tutti <3! Erina91

 

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Capitolo 16
*** La sofferenza di Erina ***


La sofferenza di Erina


Megumi era scesa dalle campagne per salutare Soma prima che partisse per Nagano e proprio quella mattina stessa si erano salutati e lui se n'era appena andato. Come solito aveva avvertito un distacco da parte sua: la solita sofferenza interiore che pensava di nasconderle senza successo, che le creava solamente ulteriore rammarico.
Stava iniziando a capire a cosa fosse dovuta tutta quella sofferenza di Soma, soprattutto il dolore che aveva provato l'aveva aiutata a realizzare tristemente la risposta: lui non l'amava più e continuava a restare con lei solo perché la sua famiglia stava passando un periodo difficile con il lavoro. Aveva finto di non capire sperando di aver frainteso i sentimenti di Soma. Aveva provato a negare la realtà pur di non arrivare ad una considerazione tanto estrema del suo rapporto con lui, ma aveva raggiunto il limite e adesso non riusciva più a sopportarlo. Sapeva cosa sarebbe successo appena il ristorante della sua famiglia si fosse rimesso “in sesto”. Sapeva che sarebbe finita con Soma. Era consapevole che la loro separazione era prossima ed era solo questione di qualche mese scarso di “falsa convivenza”, poi sarebbe finita.
Da una parte era sollevata di aver raggiunto la verità prima che la loro relazione finisse: almeno non si sarebbe trovata impreparata al momento che lui l'avrebbe lasciata; dall'altra, aspettare il ritorno di Soma e il riassetto economico del suo ristorante, era diventata una tortura psicologica ed emozionale talmente angosciosa che quasi ogni giorno scoppiava a piangere all'improvviso, arrivando alla conclusione che al ritorno di Soma avrebbe messo fine lei stessa al loro rapporto o altrimenti si sarebbe dovuta imbottire di antidepressivi. Avrebbe chiuso con lui in ogni caso, anche se la situazione finanziaria della sua famiglia non fosse ancora tornata alla normalità, perché era diventato tutto assai insopportabile. Sapeva che sarebbe stata male ma non poteva fare in altro modo, né permettersi di perdere tempo a disperarsi o a mentire, oppure a nascondere come si sentisse davvero. Nei pochi giorni che era stata dai suoi genitori senza Soma, aveva riflettuto su questo prendendo finalmente la decisione che aveva trovato più sensata, per lei e per lui.
Appena tornato da Nagano gli avrebbe parlato e avrebbero rotto.
Nel frattempo che pensava alla sua scelta e rimetteva in ordine l'appartamento di Soma, infilando in valigia le ultime cose per ritornare al suo paese e lavorare a tempo pieno per quella settimana senza di lui, squillò il suo cellulare.
Dopo aver letto il nome di Takumi sullo schermo, si asciugò di sfuggita una lacrima, tirò su col naso e rispose sperando che quest'ultimo non si accorgesse della sua voce strozzata. -pronto Takumi-kun?-
-buongiorno Megumi!-
La voce rassicurante e allegra del ragazzo le scaldò subito il cuore, strappandole un sorriso.
-come stai? Tutto bene il Capodanno?-
-abbastanza bene. Te?-
-bene, direi. Siamo stati più che altro in famiglia.- raccontò con aria vivace.
-anch'io l'ho passato solo con i miei genitori e la gente di paese.-
-perché Soma non l'ha trascorso con voi?-
-no purtroppo. È dovuto tornare a Tokyo per lavoro.-
Megumi stava iniziando a dubitare anche di ciò che le aveva detto quando era sceso dalla campagna in anticipo. Aveva la sensazione che non l'avesse fatto solo per lavoro, ma non voleva pensarci proprio mentre parlava con Takumi a telefono. -capisco.- asserì quest'ultimo, dispiaciuto per loro. Poi constatò:
-l'Adashino C.B lo impegna parecchio.-
-già.- concordò lei -adesso è appena ripartito per Nagano con la società.-
-sì, mi aveva accennato che sarebbe stata la prossima tappa.
Però non mi aveva precisato il giorno della partenza.- proseguì lui.
-comunque Takumi-kun..- riprese lei, sentendo la necessità di cambiare discorso poiché, parlare del viaggio di Soma, significava pensare al fatto che lui e Nakiri sarebbero stati insieme per un'altra intera settimana e non era sicura di riuscire a mantenere la dovuta compostezza con Takumi. -..perché mi hai chiamato? Volevi dirmi qualcosa?-
-ti ho chiamato per sapere come stavi.- rispose -..anche se avrei un favore da chiederti e sei l'unica a cui posso farlo..- aggiunse timoroso. A Megumi apparse in seria difficoltà e pensò che le dovesse chiedere qualcosa di strano, ma lui l'aveva sostenuta tanto in questo periodo buio_anche se forse inconsapevolmente_ e voleva ricambiare perché ci teneva e chiaramente sapeva di provare qualcosa di più oltre l'amicizia, per Takumi, anche se i suoi sentimenti per Soma non erano svaniti. -chiedimi pure, Takumi-kun.- alla fine, quindi, si offrì di aiutarlo.
-grazie Megumi. Mi salvi.-
Takumi si aprì in una risata nervosa, lasciandola sempre più perplessa e incuriosita dal favore che voleva chiederle.
-per caso saresti libera nel fine settimana o lavori?-
Stava per rispondergli di non potere visto che aveva detto ai suoi genitori che li avrebbe aiutati il più possibile con il ristorante dato che Soma non c'era_anche se suo padre gli aveva detto sinceramente che non c'era problemi se si fosse presa un giorno di riposo, ma lei aveva rifiutato_. -perché sai.. Mito-san ha insistito con Isami per fare un'uscita a quattro: purtroppo ha frainteso che io sia fidanzato_non so cosa gli ha detto mio fratello per farla arrivare a tale conclusione_..-
Rise divertito dal pettegolezzo -..per cui ho pensato di invitare te per l'uscita, dato che non ho altre amiche femmine a cui chiedere. Ti scoccerebbe venire?- le propose puntualizzando:
-se è un problema non preoccuparti. Capisco.
Non è che me la prendo e posso immaginare che pensi sia una richiesta assurda.-
Calò il silenzio tra i due, che Megumi definì leggermente imbarazzante visto che tale proposta comprendeva il fingere di essere la presunta fidanzata di Takumi davanti a Mito e, dato quello che sentiva per lui, sarebbe stato l'ennesimo appuntamento tra loro. Cosa doveva fare? Accettare o no?
La voce di Takumi venne in suo soccorso nuovamente:
-scusa Megumi, non ho precisato che ho intenzione di chiarire il malinteso con Mito attraverso mio fratello; per cui, non è che dovrai fingere di essere la mia ragazza o qualcosa del genere..- precisò sottovoce, impacciato.
A quel punto Megumi sussultò, trovando il favore molto meno pesante ed imbarazzante di quello che si era aspettata e di conseguenza fattibile. Si scusò mentalmente con i suoi genitori e accettò l'invito:
-ok, se le cose stanno così, allora vengo volentieri.
Uscire e distrarmi non farà male: con tutto quello che sto passando ne ho bisogno.-
-penso anch'io che uscire ti farà bene.- sostenne lui, -almeno non pensi per un po' ai problemi economici della tua famiglia. Divertirsi è sempre un toccasana per l'umore e così mi fai anche compagnia, senza farmi sentire il terzo incomodo con mio fratello e la sua ragazza. Quindi, grazie Megumi.-
-grazie a te, Takumi-kun. E grazie della chiamata.- sorrise emozionata.
-sono contento che ti abbia fatto piacere.-
-allora ci sentiamo per questo fine settimana.-
-certo! Ti scrivo appena fisso con Isami e Mito.-
-d'accordo. A presto Takumi-kun.-
-a presto!- e con questo chiuse la conversazione.
Di nuovo, parlare con Takumi, l'aveva fatta sentire meglio ed era riuscito a farla ridere e a tirarle su il morale senza che glielo avesse chiesto. Forse era anche merito di Takumi se stava affrontando la critica situazione con Soma con più forza di quello che credeva ed era incredibile. Parlare con Takumi, oltre a rallegrarla, la faceva sentire bene e le trasmetteva sicurezza, premura, tranquillità.. facendola sentire meno sola. Non sapeva come, ma era consapevole di poter contare su Takumi in ogni momento e questo la rassicurava, la consolava, le impediva di buttarsi giù totalmente.
Cosa volevano dire tutte queste emozioni?
Era ovvio non essere solo amicizia, poiché sapeva di essere attratta anche fisicamente da lui. Amava ancora Soma, ma pian piano Takumi stava veramente entrando nel suo cuore? Probabilmente era così e forse l'unico impedimento a “lasciarsi completamente andare” con Takumi, a farsi cullare dai sentimenti che stavano nascendo per lui, a scoprirli ed ascoltarli, erano i radicati sentimenti per Soma. Magari, con il passare del tempo, sarebbe stata disposta ad esplorare anche ciò che sentiva per Takumi. Forse quando avesse chiuso del tutto con Soma, essendo costretta ad accettare la rottura definitiva. Ecco cos'era Takumi per lei: la sua “speranza” a ricominciare, a buttarsi in un nuovo amore, certamente diverso da quello con Soma ma ugualmente meritevole di essere vissuto. Non era il ripiego, perché i sentimenti per lui erano già iniziati quando stava ancora con Soma, era solamente una nuova possibilità. Non aveva prove che Takumi sentisse lo stesso per lei, ma alcuni atteggiamenti del ragazzo le avevano fatto capire che ci teneva molto. Vi era un'attrazione sottintesa tra loro, non esplicita perché entrambi condividevano uno stretto rapporto con Soma e non potevano permettersi di manifestarla apertamente, ma reale. E questo lo sapeva anche lei. Sentiva di provare qualcosa per Takumi e, sebbene fosse ingiusto verso Soma, neanche poteva negare tali emozioni dentro di lei. Ed ecco perché aveva accettato l'invito di Takumi quel fine settimana, sfruttando il giorno di riposo che le aveva offerto suo padre.
Non ce l'aveva fatta a dire di “no” a Takumi perché non voleva farlo e questo rispondeva già ai suoi sentimenti: a qualunque altra persona avrebbe detto di non potere, ma se si trattava di Takumi le era impossibile declinare l'invito.

 

****


Erano arrivati a Nagano e il congresso per il quale dovevano preparare il banchetto si sarebbe svolto all'interno della grande villa il penultimo giorno. Stavolta non avevano dovuto prenotare un hotel visto che la villa era dotata di un'infinità di stanze e il ricco imprenditore avrebbe ospitato loro dell'Adashino C.B alla sua villa, che tra l'altro era un conoscente del nonno di Nakiri ed era per questo che era stato così gentile da ospitarli nella sua residenza per una settimana.
La villa si trovava poco sotto alle piste da sci e vicinissimo agli impianti sciistici, tra le montagne innevate.
Il paesaggio era incantevole e le temperature, seppur basse, erano ideali per sciare.
Più o meno sapevano tutti sciare e l'unico a cui non piaceva farlo era Suzuki, che in quelle ore se ne stava alla villa a godersi tutti i maggiori servizi di lusso possibili.

Il primo giorno a Nagano, infatti, dopo aver svuotato e sistemato le valigie nelle proprie camere ed essere accolti da un ricco brunch di benvenuto organizzato dal proprietario della villa, chi sciava_lui compreso_ si era diretto agli impianti per fare lo skypass e noleggiare tutta l'attrezzatura da sci almeno per i primi cinque giorni: la mattina dopo avrebbero subito cominciato a sciare. E così il primo giorno era trascorso e anche il secondo era scorso bene e senza intoppi.
Soma aveva avuto modo di constatare, in quei due giorni di fitto sport invernale, che Nakiri non aveva stile nello sciare e probabilmente aveva iniziato solo da poco a farlo, infatti cercava di trattenere le risate ogni volta che la vedeva scendere tutta rigida dalle piste blu e rosse, e per ultima. Alice e Hisako invece erano molto brave e la piccola Marika era assai spigliata nello sciare, al contrario della madre. Alice gli aveva raccontato di essere stata lei a portarla la prima volta sulle montagne quando aveva quattro anni e ormai ci andava tutti gli anni, dunque erano già due anni che Marika sciava e aveva imparato alla svelta e non temeva le piste. Secondo quanto gli aveva raccontato Alice, poi, sembrava che anche Ryou fosse bravo a sciare ma non l'aveva ancora visto farlo perché doveva seguire Naoki che andava sullo slittino, nelle piste per bambini. Lui invece, grazie a suo padre, c'era andato spesso a sciare e aveva imparato bene.
Ciò che vi era di positivo quando salivano sulle piste, era il fatto che si trattava delle uniche ore in cui Suzuki non soffocava Nakiri con la sua presenza ed era proprio in questi momenti che loro due parlavano di più e poteva godersi la sua vicinanza, senza impedimenti, divertendosi anche con la piccola Marika.

Nel terzo giorno di sci avevano terminato tutti la pista rossa e si erano messi ad aspettare che anche Nakiri scendesse.
-certo che la mia cuginetta è proprio negata eh!- commentò Alice.
-Alice!- protestò Hisako. -non essere cattiva con lei!-
Marika rise allegra. -la mamma è brava in tutto, ma sciare non le riesce.-
-visto Hisako? Anche Marika lo dice ed è sua figlia.-
-Soma oniichan.. sei bravissimo a sciare!- esclamò incantata, la bimba, unendolo alla conversazione mentre seguiva con gli occhi la lenta discesa di Nakiri. -grazie piccola! Ma anche te sei davvero in gamba!-
Le fece un buffetto sul naso, l'unica parte del volto della bimba scoperta.
Marika sorrise compiaciuta dai complimenti.
-non potresti aiutare la mamma?- dopo gli domandò, speranzosa. -sono sicura che puoi aiutarla, Soma oniichan!-
Soma scoppiò a ridere. -per me non sarebbe un problema, ma è la tua mamma che è troppo orgogliosa per ammettere di essere negata e di aver bisogno di qualche lezione extra. Non me lo chiederebbe mai!-
Alice intervenne insidiosa:
-penso che la nostra Marika abbia avuto un'idea geniale.-
-non cominciare anche tu, Alice.- cercò di fermarla, Hisako, dalle sue idee bizzarre.
-quanto sei apprensiva Hisako! Cosa c'è di male nel crearle un'opportunità per migliorare il suo stile di sci?- indugiò su di lui -non credi anche tu, Yukihira-kun?-
-e cosa avresti in mente, Alice? Lo sai che non accetterà.-
-sono ancora le 10.00 di mattina.
Avete tempo finché non fa buio per una lezione extra, che ne dici? Troverò il modo di convincerla.-
Finalmente, intanto che Alice studiava il suo diabolico “piano”, anche Nakiri arrivò in fondo alla pista stravolta.
-non potete andare più piano?- guardò sua figlia, contrariata.
-anche tu Marika, non dovresti correre sulle piste. È pericoloso!-
-mamma.. sei troppo lenta.-
Nakiri incrociò le braccia, offesa dall'essere giudicata anche dalla figlia.
-siete voi che andate troppo veloci!-
Portò gli occhi su Hisako:
-almeno tu potresti aspettarmi! Perché ti fai influenzare da questi due?- sbottò, riferendosi a lui ed Alice.
Hisako si fece dispiaciuta:
-mi dispiace Erina, ma credo che noi andiamo ad un passo normale, è solo che tu hai paura ad aumentare anche se di poco la velocità e quindi resti indietro.- prima che Hisako potesse aggiungere altro, lui si intromise:
-Nakiri.. credo che il tuo problema non sia tanto la velocità, ma come usi le gambe e ti pieghi per curvare: nel modo in cui le usi le stanchi solo di più ed è per questo che rallenti la discesa e stanchi soprattutto le ginocchia.-
-Yukihira!- esplose risentita, -possibile che tu debba atteggiarti ad esperto in ogni campo?
Chi mi garantisce che il tuo modo di sciare sia giusto e migliore del mio?-
Soma rise divertito.
-non lo so se è giusto, ma sicuramente scendo più fluidamente di te.- la punzecchiò.
Nakiri sbuffò seccata. -allora cosa dovrei fare secondo te? Questo è il mio modo di sciare!-
-ovviamente sbagliato!- concluse Alice per lei. Strizzò di nascosto un occhiolino a lui e si affiancò a Nakiri.
-visto che Yukihira-kun sembra il più bravo di noi a sciare, che ne diresti di prendere qualche lezioncina extra con lui per oggi? Almeno non rallenti nemmeno me e Hisako.-
-stai scherzando Alice?!- esclamò oltraggiata, Nakiri. -neanche per sogno!
Figurati se mi faccio dare lezioni da un presuntuoso come lui!-
Soma sapeva sarebbe finita così.
-..e non posso lasciare Marika da sola con voi.- aggiunse.
La bambina si avvicinò alla mamma e le sorrise:
-non preoccuparti per me, mamma. Sto con Hisako e la zia Alice.
Soma oniichan ti insegnerà bene e poi torniamo insieme.-
Nakiri quasi si commosse dalle parole della figlia e sorprendentemente accettò l'idea di Alice:
-e va bene! Ma solo per oggi! Mi fanno troppo male le gambe e se c'è un modo per non sforzarle così tanto, allora meglio.-
Portò gli occhi di lato, vergognosa. -che ne dici Yukihira?-
Soma trovò adorabile la reazione impacciata di Erina, sorridendole.
Si avvicinò a lei spinto dall'occhiata data al casco, legato troppo molle, portò lentamente la mano verso la chiusura di esso, vicina al collo, e la guardò negli occhi lilla, intensamente. Fu occhiata profonda, magnetica, avida di desiderio e di sentimenti reciproci; e, non interrompendo quello sguardo affamato, le strinse meglio il casco suggerendole vicino alle labbra. -intanto legati per bene il casco, che è pericoloso se scivoli.-
Nakiri era rimasta colpita dal suo gesto e di fatto anche lui fissò le sue labbra rosee sopraffatto dalla voglia di baciarle soavemente. In quel momento il resto dei loro “compagni” di sci scomparve, lasciando spazio solo alla loro passionale attrazione -..e sì, sono disposto a darti lezioni extra.- sorrise rispondendo alla sua domanda, solo dopo una pausa di silenziosa seduzione. Marika andò verso di lui, togliendosi un attimo gli sci dai piedi.
-Soma oniichan.. per oggi ti lascio la mamma, ma domani tornate a sciare con me. Proteggila, ok?-
La tenerezza delle sue parole, gli strappò un battito.
-non preoccuparti piccola, insegnerò meglio alla mamma come usare le gambe e vedrai che domani sarà un po' migliorata.-
La bambina annuì concitata e allargò le braccia per abbracciarlo. -a dopo Soma oniichan.-
Successivamente andò anche da Nakiri, stringendola affettuosamente.
-ci vediamo dopo, mamma.-
-va bene tesoro.- le disse lei, -fai la brava con Hisako e Alice, e non esagerare con la velocità. Stai attenta, ok?-
-tranquilla, starò attenta.-
-nessun problema cuginetta, puoi contare sulle mie attenzioni.
Te pensa a divertiti con Yukihira-kun.- la raccomandò soddisfatta.
Nakiri le lanciò un'occhiataccia, ma non le rispose.

Poco dopo, lui e Nakiri si avviarono verso delle piste più fattibili e facili per esercitare le gambe di quest'ultima.


 
****


Era ormai un'ora piena che veniva sostenuta dalle mani di Yukihira mentre facevano qualche pista insieme. Già il contatto con le sue mani, anche se separate dai guanti di lui, la destabilizzava; così come il contatto visivo che avevano e le occhiate che si scambiavano: infatti, anche se le stava spiegando, alcune frasi le sfuggivano e finiva per fare il contrario di quello che le diceva di fare. -ecco, adesso incrina meglio le gambe?- le suggerì, distraendola e facendole spostare l'attenzione sugli sci.
-Nakiri.. non ti facevano così distratta! Quando cucini sei al massimo della concentrazione. Che ti succede?-
La stuzzicò dispettoso, sorridendo sbarazzino:
-può essere che la nostra vicinanza ti crei problemi a tal punto da non riuscire a seguire ciò che dico?-
Lei si aprì in una smorfia piccata, incrociando le braccia.
-figurati! È che non sai spiegare!- cercò di nascondere il rossore che le sue guance avevano assunto.
Lui ridacchiò sollazzato.
-come al solito preferisci mentire piuttosto che ammettere che sei in difficoltà perché ti sto reggendo per fianchi e le mani.-
Lei lo spinse via. -guarda che non hai bisogno di sostenermi così tanto!- brontolò stizzita:
-non è la prima volta che metto un paio di sci, sai?-
-lo so; solo che, per cambiare modo di usare le gambe, la possibilità di perdere l'equilibrio aumenta mentre fai la pista, invece se ti reggo eviti rovinose cadute.- protestò lui, sorridendo allegro e giustificando l'eccessivo sfioramento fisico. -comunque, già adesso sembra meglio.-
Lei sospirò arresa, incontrando i suoi occhi con aria malinconica:
-Yukihira.. perché hai accettato l'invito esplicito di mia cugina a lasciarci soli?
Mi pareva di averti già detto che avrei preferito evitarlo.-
-sto solo cercando di farti un favore, in modo che ti stanchi meno nello sciare.- disse lui.
-inoltre, almeno anche Marika sta più tranquilla.-
-nessuno ti costringe a farlo, sai? Le cose non cambieranno tra noi.
Non ho intenzione di venire da te, in ogni caso. Non posso farlo.-
-è il tuo “non poterlo fare” che non capisco, Nakiri.- insisté lui, facendole fare una leggera curva. Peccato che, uno degli sci si impiantò nella neve e si piegò facendola oscillare di lato: lui prontamente impedì la caduta e lei finì contro il suo petto, con la mano di lui dietro la schiena e le labbra in prossimità delle sue. Vide Yukihira soffermarsi attratto dai contorni delle sua bocca, continuando a stringerla contro il suo petto e lei, da quanto era incantata dal suo volto, non lo allontanò. -dovresti lasciarmi..- farfugliò timidamente, scostando gli occhi di lato in modo da controllare la sua voglia di fare lo stesso con le labbra di lui -..per questo dico che non dovevi stare al pericoloso gioco di Alice.- seguì bisbigliando insicura.
-sai bene cosa vorrei fare in questo momento, Nakiri.- confessò lui, sincero -e, al contrario di te, sono abbastanza grato ad Alice.- rise sereno -l'unico momento in cui Suzuki-san non è con te è quando siamo sulle piste da sci e, prendimi per un'opportunista, ma sono contento di poterti dare lezioni private.- le strizzò l'occhiolino compiaciuto.
Erina si sentì inizialmente incapace di rispondere perché dentro di lei sapeva di aver desiderato un momento per restare da sola con Yukihira e socializzare intimamente con lui, dall'altra sapeva che in questo modo non andavano da nessuna parte: non sarebbe mai riuscita a respingerlo definitamente e, più si frequentavano e passavano del tempo insieme come in quel momento_rischiando di baciarsi da un secondo all'altro_più tutte le sue convinzioni e la sua resistenza si indebolivano e venivano scavalcate dalla persistenza di Yukihira e il suo costante e ammaliante modo di sedurla.
-così non va Yukihira..- mormorò stancamente, -così non va..- ripeté ancora, amareggiata, fissandolo tristemente.
-cosa dovrei fare con te? È dura sai? Molto!-
Lui le accarezzò i lunghi capelli che fuoriuscivano dal cappello di lana nero_con il ponpon_che indossava, sorridendole dolcemente. -la situazione al ristorante di Megumi migliora ogni giorno di più, Nakiri: quando torniamo da Nagano chiuderò la nostra relazione in qualsiasi caso, che tu accetti di provare con me o meno.- precisò tranquillo -ti prego di considerare i tuoi sentimenti entro quel periodo. Quello che tu provi per me è abbastanza chiaro ogni momento che ci tocchiamo, come adesso, per cui spero che tu capisca che stare con una persona che non ami non fa bene a nessuno dei due e a lunga andare ti porterà a deprimerti.- proseguì -so che dopo che avrò finito il mio discorso tu mi respingerai ancora per proteggermi da non so cosa, ma sai quanto io sia insistente.-
Erina lo fissò dritto nelle iridi ambra, in silenzio, esplorando la fisicità del suo volto e cogliendo il cappello leggermente storto e d'istinto, talmente presa dal momento intenso, alzò le mani verso esso e glielo sistemò con cautela calando con la mano lungo la pelle del suo viso, in una amorevole carezza. -Yukihira.. un giorno capirai perché faccio questo e perché, per quanto provi i tuoi stessi sentimenti e quello che c'è tra noi sia reciprocamente vero, non posso stare con te.-
Gli aveva praticamente confessato di amarlo, anche se non aveva detto direttamente tali parole, ma il fatto che continuasse a dire di voler stare con Suzuki suonava ormai falso anche al suo cuore e Yukihira aveva pienamente capito che c'era un motivo preciso per cui si imponeva di rifiutarlo tutte le volte.
-Nakiri.. ti rendi conto di ciò che hai appena detto?- le fece notare, stringendola più forte a sé.
-come dovrei prendere tale confessione? Credi che dopo quello che hai detto, faccia un passo un indietro?
Sai che non lo farò.- puntualizzò nuovamente, sorridendole.
-anche se l'ho fatto, non cambiano le mie intenzioni.-
-allora perché, se la situazione è questa e quello che senti per me è reale, ti ostini a respingermi e non lasci Suzuki-san?-
In tutto questo, erano rimasti abbracciati di lato, nella pista da sci e si scaldavano a vicenda, godendosi la vicinanza fisica tanto accomodante, confortevole e passionale. Cercavano entrambi di resistere dall'unirsi in un succoso e lungo bacio. -anzi..- si corresse lui -..anche se non volessi provare con me, perché continui a stare con lui se non lo ami più?-
-il motivo per cui lo faccio, beh, sai che non te lo dirò.-
Cercò di trattenere le lacrime per il senso di colpa nel mentirgli di nuovo.
-c'entra Suzuki-san? Ti sta in qualche modo obbligando o ricattando a stare con lui? Oppure riguarda un'altra cosa?-
-Yukihira!- esclamò irritata dalla sua problematica invadenza, fissandolo in un misto di rabbia e tristezza.
-ti ho già chiesto di non farmi domande. Non c'entra Rokuro e soprattutto nemmeno lui sa alcune cose di me.
Non ci siamo mai aperti come dovremmo e forse questo ha contribuito ad allontanarci a vicenda.
Smettila di indagare su di me, ti fai solo male. Non sono affari che ti riguardano.-
Aveva parlato duramente mentendo tutto il tempo: faceva male e non sapeva come riuscisse a non scoppiare a piangere.
Fu a quel punto che colse l'occasione per separarsi da lui, delusa.
-so che mi riguardano perché altrimenti non avresti bisogno di proteggermi.-
Calò il silenzio tra i due ed Erina non rispose alla sue parole decidendo di cambiare completamente discorso:
-ho fame. Raggiungiamo il primo rifugio ed andiamo a mangiare. Credo che basti con le lezioni.-
Era stato un altro vano tentativo di fuggire dalla realtà.

Così, senza chiedere l'aiuto di Yukihira, fece per avviarsi per conto suo lungo la pista blu. Però, da quanto era infelice dell'ennesima conversazione avuta con Yukihira e distratta da tale pensiero, inciampò con gli sci rischiando di cadere ancora; fortunatamente lui l'aveva già raggiunta e, morale della favola: finirono distesi sulla neve, una sopra l'altro e per la seconda volta con le labbra pericolosamente vicine. Gli occhi di Yukihira indugiarono lungo la lieve scollatura della tuta da sci che indossava e, oltre a sentire la morbidezza del seno di Erina che solleticò il suo petto facendolo eccitare, adocchiò anche una collana in oro bianco con un ciondolo a forma di fiore, che sporgeva da tale scollatura. Yukihira salì verso essa con le mani ricoperte dai guanti, in una tenue carezza che la percosse di brividi lungo il corpo, immergendosi nei suoi occhi, abbozzando un sorriso esclusivo per lei e afferrando con cautela la collana. -questa..- cominciò pensieroso, non interrompendo il loro incontro di sguardi -..questa collana..- provò ancora -..l'avevi anche quella sera. La ricordo bene.-

 

****


Mentre Soma analizzava la collana e allo stesso tempo non distoglieva gli occhi dal volto di Nakiri, l'ennesimo ricordo di quella notte sopraggiunse.

Era seduto accanto a Takumi, che gli stava descrivendo la meravigliosa tesi che aveva preparato ed esposto per la sua discussione di laurea.  Per fortuna aveva ancora poco alcol in circolo, dunque riusciva a seguire bene il racconto del suo migliore amico e la sua soddisfazione per il risultato finale di essa, ma nello stesso tempo era inarrestabilmente impegnato ad osservare i movimenti e i gesti di Nakiri, con suo sommo stupore. Guardava attratto i suoi sorrisi brevi ad accennati mentre parlava con Arato e sua cugina, e distrattamente giocava con il ciondolo della collana che portava al collo latteo. Ogni sua movenza era incantevole, così come il modo con il quale nervosamente si mordeva il labbro inferiore e si inumidiva la bocca in un gesto spontaneo e femminile. Probabilmente era colpa della festosa atmosfera o forse anche il poco alcol che_per ora_aveva assunto gli stava dando prima del tempo alla testa, ma in quel momento trovò del tutto superficiale il racconto della splendida discussione di Takumi rispetto al fascino e alla bellezza eterea di Nakiri, seduta esattamente di fronte a loro; difatti, all'ennesima orgogliosa esagerazione del suo migliore amico, rispose disinteressato e pensieroso, tirando uno “sfondone” del tutto estraneo al suo racconto:
-dunque la professoressa ti ha detto che sei affascinante..-

Resasi conto troppo tardi di aver detto un'imbarazzante assurdità, portò gli occhi su Takumi vedendolo assottigliare gli occhi e aprirsi in un espressione confusa. -io non ho usato la parola “affascinante”..- stabilì solo, alquanto perplesso. -come ti è venuta questa? Ho detto che la professoressa ha trovato la mia tesi ben elaborata ed “esilarante”.
Stai bene, Soma? Dubito mi stessi ascoltando, hai proprio travisato il mio discorso.-

Lui si grattò la nuca dispiaciuto e a disagio per aver frainteso il discorso di Takumi.
Aveva in testa di aver appena trovato Nakiri affascinante e, rispondendo a Takumi, aveva assecondato la sua descrizione con tutt'altro termine da egli usato. Doveva essere proprio impazzito.

Scoppiò a ridere per la gaffe, giustificandosi:
-scusa Takumi, ho seguito fino ad un certo punto e poi sono andato altrove.-
-hai bevuto solo un cocktail per adesso, eppure hai fatto confusione.
Credo che tu lo regga davvero male, amico.- ridacchiò anche Takumi. Tuttavia, anche questa volta, Soma si era perso parte del discorso perché preso ad ascoltare la conversazione tra Nakiri, Alice e Hisako:

-questa collana è bellissima, Erina!- esultò la terza, guardandola ammirata.
-già, cuginetta.. vedo che te la stai “cianciando”, chi te l'ha regalata?-
-non è poi un granché.- rispose lei, piatta -sai.. come al solito oggi mio nonno mi ha presentato tre ragazzi papabili per essere i miei futuri mariti e uno di essi mi ha regalato questa collanina. Ci stava bene con il vestito e l'ho messa. Tutto qui. Non sopporto il fatto che voglia che, adesso laureata, trovi subito marito.- si lamentò:
-è veramente seccante e poi non ce n'è uno che mi attiri.-
-non sei costretta ad uscire per forza con qualcuno, no?- intervenne Hisako.
-sono d'accordo. Però, secondo me, invece di lamentarti dovresti essere contenta di avere tutti questi pretendenti.- si unì Alice, falsamente invidiosa -per me la tua popolarità è un affronto..- continuò sarcastica, -ma che ci possiamo fare.-
La fissò con sfida, ricambiata dall'altra.

-te dovresti stare zitta, Alice, che ti sei scelta da sola l'uomo con cui stare!- ribatté acida, infatti, riferendosi a Ryou.
Alice sorrise maliziosamente:

-in effetti sono stata più fortunata di te, cuginetta.- la punzecchiò impertinente, -ma questo non vuol dire che nonno ti costringerà a sposarti. Non è così tremendo.-
-lo so che non lo farà mai, ma è comunque una routine noiosa.-
-si può sapere come si chiama il ragazzo che ti ha regalato la collana?
Oppure eri così presa da essa che neanche ti ricordi il suo nome?-

-ti sbagli! Certo che lo ricordo!- sbottò davanti alle insinuazioni di Alice.
-allora come si chiama?- si intromise Hisako, curiosa, sorridendole affettuosa.
-Rokuro Suzuki.- asserì asciutta, lei, portando gli occhi altrove per celare l'imbarazzo.
-comunque, se anche iniziassi a frequentare qualcuno degli uomini che mi presenta mio nonno, di certo prima di decidere porterò la nostra conoscenza per le lunghe, soprattutto perché nessuno mi ha ancora attirato a tal punto da metterci insieme o iniziarci seriamente una relazione.-

-lo sappiamo che sei così, eppure le tue prime relazioni l'hai già avute.-
-ovvio, come tutti.- affermò altezzosamente -ma più di sei mesi non è mai durata: anche perché, appena venivano a sapere a quale famiglia appartengo, fuggivano come dei vigliacchi.- raccontò frustrata.

Le altre due ridacchiarono davanti all'espressione imbronciata di Nakiri, mentre lui ne rimase piacevolmente divertito; sebbene, appena aveva sentito di come viveva le relazioni Nakiri e chi le aveva regalato la collanina che si toccava inconsciamente, una vena di fastidio l'aveva assalito all'improvviso e senza alcun motivo.
Pensò che anche tale reazione dipendesse dai due cocktail che aveva ingerito e ci passò sopra.
Fu Takumi a scacciare momentaneamente il suo malessere, aprendogli in qualche modo gli occhi:

-ecco perché non mi ascoltavi! Stavi fissando Nakiri!-
Sembrava abbastanza sorpreso dal suo comportamento e si trovò d'accordo con lui, perché lui stesso ne era rimasto colpito e si era sentito strano pensando addirittura a quanto lei fosse bella e affascinante, attirato dalle sue espressioni, parole e movimenti involontari o meno, che trovò a dir poco adorabili. Scosse la testa sbigottito e Takumi seguitò:
-ti sei preso una cotta per lei?- ovviamente non si aspettava tale domanda e sussultò spiazzato.
-ma che stai dicendo? Non abbiamo mai avuto un vero rapporto. Solo che..- nemmeno sapeva come proseguire il discorso, quindi restò a metà frase aprendo e chiudendo la bocca meccanicamente.

Non gli sfuggì il sorriso comprensivo di Takumi e una pacca sulla spalla che lo accompagnò.
-non hai bisogno di rispondere, Soma, se non sai cosa dire.
In effetti Nakiri è molto bella, ma anche molto popolare e la sua famiglia non è certo semplice.- commentò riflessivo. -bevici su con il prossimo brindisi di festeggiamenti e vedrai che presto capirai cosa senti per lei e troverai la risposta alla domanda che ti ho fatto.-
Soma non ascoltò fino in fondo le parole del suo amico, ma l'essenza del discorso gli era arrivata chiaramente. Successivamente si alzò con Takumi per andare ad ordinare un altro “shottino” sperando di buttare giù quella strana sensazione al pensiero di Nakiri e, nel momento in cui si alzò dal divanetto con quest'ultimo, ella indugiò su di lui e si guardarono per dei secondi indefiniti ma intensi. 
L'unica reazione che trovò adeguata e più naturale per nascondere la confusione e il disagio emozionale, fu alzare la mano verso di lei in segno di saluto e regalarle un piccolo sorriso che in qualche modo la fece arrossire e distogliere lo sguardo in uno scatto fulmineo.
Al ritorno con il nuovo “shottino” e dopo essere tornati a sedere sul divanetto, un'altra volta si ritrovarono a guardarsi nello stesso attimo sfuggente e, d'impulso, mandò giù di colpo lo “shottino” svuotando il bicchierino e avvertendo lo stomaco bruciare violentemente a tal punto da scatenargli qualche colpetto tosse che Takumi cercò di calmare con delle piccole botte sulla schiena. -bevi con calma, Soma.- lo assisté amichevolmente.
-penso di avere qualche problema di alcol, Takumi, mi sento strano.- ammise infine, al suo amico. -non capisco..-
-dai tempo al tempo, amico.- lo incoraggiò l'altro, sorridendo saggiamente.
A Soma dette l'impressione che il suo migliore amico avesse capito tutto prima di lui, nonostante lo stato d'animo attuale in cui si trovava fosse qualcosa di personale..

-può darsi.- concordò Nakiri, quando tornò al presente con la mente.
-sono sicuro di questo.- sostenne ancora. -te l'ha regalata Suzuki-san.-
Sapeva di aver detto quelle parole con una punta di irritazione, che non scappò a Nakiri.
-come fai a saperlo?- era meravigliata.
-perché quella sera ne parlasti con Arato e Alice. Dicesti il suo nome.-
-perché stai ricordando questo mentre siamo uno sopra l'altro?-
-perché ho visto la collana e ho ricordato. Quella sera ti ho osservato molto e allora non capivo cosa sentissi per te.
Quindi, tu e Suzuki-san vi siete conosciuti il giorno della tua laurea?-
-sì, esatto.- confermò lei -poi da lì lui ha continuato a venire alla reggia di mio nonno, sempre più spesso, partecipando a quasi tutte le feste e banchetti organizzati dalla famiglia Nakiri e questo per tre anni abbondanti. Dopodiché abbiamo iniziato a frequentarci ufficialmente da soli.- raccontò, -per il fatto che ero rimasta incinta di Marika e per i primi periodi dopo la sua nascita non potevo dedicare la mia attenzione a nessun altro perché lei era troppo piccola.
Ma perché te lo sto dicendo? No anzi.. perché ti interessa saperlo?-
-non ho un motivo particolare. Solo che anche allora, quando ti sentii parlare di lui, avvertii un certo fastidio.
Come adesso che mi hai descritto com'è andata tra voi. Credo realmente che c'è sempre stato qualcosa di sottinteso tra noi nei nostri anni scolastici. Rimpiango di non essere tornato a cercarti dopo quella notte, Nakiri.
Magari adesso non ti ostineresti a stare con lui.-
Portò una mano sul suo volto, sorridendole con aria inquieta. Le guance di lei erano gelate a causa della bassa temperatura.
-sarebbe cambiato qualcosa se ti avessi cercato?
Quello da cui stai cercando di proteggermi lo avremmo potuto affrontare insieme?-
Nakiri portò la testa di lato, sentendo il contatto con la neve bianca.
-non sarebbe cambiato niente.- rivelò mentendo nuovamente, asciugandosi una lacrima che scese dalla guancia.
-in ogni caso, Yukihira, non possiamo tornare indietro. Non avremmo dovuto andare a letto insieme, quella notte.-
-dunque, ti sei pentita di essere venuta a letto con me quel giorno?-
Non rispose subito, segno che non sarebbe stata una dichiarazione né sincera né convincente.
-per quanto mi riguarda, farei la stessa cosa.- allora lui rispose per primo.
Le rivolse un sorriso solare ed autentico, che le garantiva la sua sincerità.
-se non fosse stato per quella notte forse non avremmo mai capito cosa provavamo, e proviamo ancora, l'uno per l'altra. Non lo credi anche tu? ed è per questo che non dimentico.-
-non puoi avere la certezza di questo, Yukihira.- lo smontò ancora, gelida.
Lui non si fece intimidire e la “spiaccicò” di più contro il suo petto.
-voglio stare con te, Nakiri.- sussurrò nel suo orecchio, scostando il cappellino da esso, con leggerezza.
-non riuscirò a resisterti a lungo, come puoi sentire e vedere anche adesso.-
Lei arrossì davanti a quell'affermazione, avvertendo la sua eccitazione sfiorare il suo inguine.
Soma tornò a posare gli occhi sulle sue labbra, talmente vicine alle sue che quasi poteva immaginarsi e ricordarne la loro morbidezza. Erano più rosse e gonfie del solito a causa del freddo e delle alture montane. Poteva sentire il caldo respiro di Nakiri stuzzicagli il viso e il profumo della lunga chioma bionda invadere tutto lo spazio circostante, la loro sofficità tastare i suoi polpastrelli. Quel momento fu deleterio e nessuno dei due fu capace di spostarsi da quella traumatica posizione per la loro fatale attrazione e di conseguenza Soma non riuscì a controllare i suoi desideri e finì per unire le labbra con quelle di Nakiri in un bacio famelico, mordace, passionale.. che si trasformò ben presto in un incontro di lingue che si cercavano, si esploravano con così viva voglia di sentirsi e assaggiarsi quasi come se fosse la prima e l'ultima. La mani di Nakiri affondarono tra i suoi ciuffi_ora scoperti dal cappello perché nell'audace movimento l'aveva perso_ trascinata dall'attimo, con forza, desiderio. Una presa così incandescente che trasmise a Soma tutti i sentimenti di Nakiri e la sua voglia di stringerlo, toccarlo, baciarlo con trasporto. Da parte sua, lui invece, avvolse la braccia attorno alla schiena di lei, accarezzando con avidità ogni parte del suo corpo e scendendo dalle labbra verso il suo collo, baciando, leccando e mordicchiando anch'esso ripetutamente, per poi tornare a succhiarle le labbra, a giocare con esse, ed a vezzeggiare i suoi glutei in una salda tattilità. Non si resero immediatamente conto di essere in mezzo alle piste e, fortunatamente per loro, era ora di pranzo e quasi tutti gli sciatori a mangiare. Le piste, per cui, erano svuotate e silenziose; solo i gemiti di apprezzamento di lei e i respiri affannati di entrambi a ravvivarle. Continuarono a baciarsi con foga, in uno scambio intimo, esageratamente atteso e profondo di lingue, risentendo le emozioni, le sensazioni, i sentimenti, perfino sulla loro pelle.. il momento in cui quella notte di sei anni fa avevano unito per la prima volta le labbra scoprendo un'intesa sessuale, emozionale, un'attrazione caratteriale e fisica magnetica, e realizzando sentimenti radicati in loro forse da tempo. Latenti.
Fu un bacio potente, lungo, che venne bloccato da lei che si alzò di scatto da lui battendo il sedere a terra vista la pesantezza degli sci. -accidenti Yukihira!- esplose avvampando. -cos'ho fatto?-
Era disperata e anche lui avvertì pian piano i sensi di colpa verso Megumi, quando il momento di forte eccitamento corporale iniziò ad assopirsi. -non doveva succedere!- gridò agitata, -perché mi hai baciato?-
-mi dispiace Nakiri.- disse solo -hai ragione.- abbassò gli occhi a terra deluso da se stesso e invaso dai sensi di colpa verso Megumi; tuttavia, si sentiva ancora fortemente travolto da quel bacio e, benché la fitta dolorosa al petto che sentiva per aver baciato un'altra ancora da impegnato, sentiva ipocritamente di aver fatto la cosa giusta perché guidato dai suoi veri sentimenti. Dalle emozioni che gli accendeva solo Nakiri e così riprese:
-però, nonostante questo, mi è servito a confermare completamente le mie incertezze su Megumi. Non mi sono mai sentito così preso da lei e adesso l'ho chiaro anche attraverso il contatto fisico con te. Ti desidero Nakiri ed è di te che sono innamorato. Hai risposto al bacio con la stessa esigenza fisica mia, quindi anche tu hai provato lo stesso o sbaglio?-
-anche se avessi provato lo stesso, non cambia che non posso stare con te!
Non doveva succedere, Yukihira. Non dovevamo lasciarmi andare.-
Si mise la mano tra i capelli, scossa dalla situazione:
-e ora? Se lo sapesse Rokuro..- annaspò preoccupata.
-è tutta colpa tua, Yukihira!- tuonò, poi, accusatoria.
-davvero non capisci la mia situazione? Perché agisci sempre senza considerare le ripercussioni?-
Soma si avvicinò provando a rassicurarla con protezione e sicurezza:
-Suzuki-san non lo verrà mai a sapere. Era inevitabile che sarebbe successo. Quanto pensi avremmo resistito con quello che proviamo? Ho fatto la stessa cattiveria a Megumi, ma è anche vero che io ho già chiari i miei sentimenti e lascerò Megumi tornati da Nagano. Tu che farai invece? cosa senti?-
Erina sbuffò. - cosa sento non conta. Anche se lasciassi Rokuro, non verrei da te.- decretò fredda e decisa.
Lui si avvicinò ulteriormente a lei, si tolse gli sci_lei lo aveva già fatto mentre si sfogava su quello che era successo_e l'abbracciò. -Nakiri.. perché non proviamo? Cosa ti frena dal farlo?
Qualunque cosa te lo impedisca, possiamo affrontarlo insieme.-
-non puoi e non devi saperlo, Yukihira.- persisté perentoria, lasciandosi comunque abbracciare.
-questo non dovevi farlo! Smettila di tentarmi! Un bacio è già qualcosa che non doveva succedere e adesso avremo i sensi di colpa con i nostri compagni. Come pensi che staremo?-
Cominciò a dare dei pugni al suo petto, irrequieta e angosciata.
-desidero solo rientrare alla villa e nei prossimi giorni, finché non si torna da Nagano, cercheremo di non avere rapporti solo se non è strettamente necessario. Chiaro?- lo allontanò controvoglia, e lui non poté fare a meno di accettare quella condizione. -per cui smettila di influenzarmi. Lo sai che non posso e non voglio permettermelo.-
-va bene, Nakiri. Penso anch'io che sia la soluzione migliore, almeno finché sto ancora con Megumi. Ma sai che prima o poi dovrai accettare di non provare più nulla per Suzuki-san? Inoltre, pensi di riuscire ad importi di non avere contatti fisici con me con quello che proviamo e con l'attrazione che condividiamo? Soprattutto ora che si è accesa di nuovo.
Non sarà facile e sappi che non lascerò stare perché non voglio avere più rimpianti. Mi seccano.
Non voglio ripetere l'errore di quella notte e scoprirò il motivo per cui stai cercando di proteggermi.
Sai quanto io sia determinato.- arricciò un sorriso orgoglioso e furbastro, lasciandole un bacio dolce sulla fronte.
Lei provò a scansarsi all'ennesimo contatto, ma il suo desiderio di non farlo fu più forte di lei.
Alzò le iridi lilla verso di lui, lo guardò in una smorfia addolorata.
-la tua insistenza è inutile, Yukihira, e anche concludere la relazione con Rokuro lo è, sebbene i miei sentimenti per te.
Sai perché? Perché quando le tue ricerche su di me arriveranno al “pettine”, le cose tra noi cambieranno per sempre e anche i tuoi sentimenti finiranno per vacillare. Non avrai più la forza di insistere come fai adesso e tutti i tuoi sforzi fatti per conquistarmi ti risulteranno solamente una perdita di tempo.
È proprio per questo che non credo sia un bene stare insieme, per entrambi.-
Lui sgranò gli occhi scioccato dalle sue parole e per qualche secondo indefinito non riuscì neppure a ribattere.
-cosa stai dicendo, Nakiri?-
-quello che ho detto, Yukihira.- ribadì schiva, sorpassandolo.
Raccolse gli sci da terra e se li mise in spalla per avviarsi verso il rifugio camminando_meno male mancava poco alla fine della pista_. -se è l'unico modo che ho per allontanarti da me, allora continuerò ad usarlo.- riprese, dandogli le spalle.
-non mi farai domande, giusto? Sai che non ti risponderò. Sai anche che costringermi a farlo ti farà solo perdere punti con me: ho intenzione di sfruttare tutto il possibile per proteggerti da qualcosa che ti farebbe solo male.-
Si fermò in mezzo alla pista per voltarsi verso di lui e sostenere fieramente il suo sguardo:
-esattamente! Hai ragione Yukihira: non voglio stare con te perché sto cercando di proteggerti da qualcosa.
In tutta sincerità, questo è il mio modo di preoccuparmi per te e di dimostrarti cosa sei per me. Ti prego rispettalo.-
Soma era allibito e per la prima volta riscontrò delle discrete difficoltà nel replicare alle parole di Nakiri. Nonostante quelle parole facessero male, così come l'ennesimo rifiuto di lei, esse gli avevano anche strappato un battito mai causato da nessuno. Era commosso dalle sue parole perché, benché non volesse stare con lui, il fatto che fosse tanto determinata a proteggerlo non poteva che significare quanto lei lo amasse davvero. Nakiri non aveva detto direttamente di amarlo, ma quelle parole erano sicuramente la prova che così era. Però, anche con questo, non era tipo da farsi proteggere da una donna e proprio per tale motivo aveva bisogno di scoprire il prima possibile da cosa lo stesse proteggendo; poiché, farlo, l'avrebbe aiutata ad uscire da una relazione che non era più tale da mesi. Era diventata per scostata.
-credi che dicendo queste parole, Nakiri..- si affiancò a lei afferrandola per un braccio -..rinuncerò a te? Sai che odio essere protetto dagli altri, soprattutto da te. Non ne ho bisogno e certamente farò in modo da non essere protetto.-
-fai come ti pare, Yukihira, ma considera anche la possibilità di star perdendo tempo prezioso e che le tue scelte potrebbero non andare a buon fine come invece speri facciano. So che, testardo come sei, quello che ho detto non ti fermerà dal provare ad ottenermi. Tuttavia.. è l'unico modo che ho per proteggerti e non smetterò di farlo solo perché va contro i tuoi principi essere tutelato da una donna. Nemmeno io cederò finché posso.-
Gli occhi di Nakiri erano coscienti, sicuri, non possedevano la benché minima incertezza mentre dicevano quelle parole e lui ne rimase seriamente affascinato. Il suo atteggiamento, ad ogni modo, l'aveva solamente convinto di più che lei era la donna con cui voleva passare il resto della sua vita. Nakiri era abile nel tenergli testa e lui aveva bisogno di questo.
Lo era sempre stata, in qualsiasi campo, e la sua personalità combattiva era un'altra parte di lei che lo faceva impazzire e che sinceramente ammirava perché era capace di non annoiarlo e di rendere imprevedibile tutta la sua conquista, che si faceva sempre più avvincente e specialmente ora che era abbastanza sicuro che lei provasse lo stesso.
In egual modo era curioso di sapere i motivi dei suoi costanti rifiuti, non dettati da un vero desiderio di respingerlo per mancanza di sentimenti, ma per qualcosa che la assillava e le impediva di essere felice con lui.
Se l'avesse lasciata sola in questo momento, se avesse accettato le sue condizioni di “lasciar stare” anche se non era una sua vera volontà, allora il piano di farla diventare la sua donna e di proteggerla da un triste futuro sarebbe stato sicuramente destinato a fallire. No, doveva restarle accanto: sapeva che tale scelta era quella più giusta per raggiungerla davvero.
-allora prenderò il nostro rapporto come una sfida e una protezione reciproca. Non sopporto di essere tutelato da te, è vero, ma so anche che non posso impedirti di agire come stai facendo.
Però nemmeno io posso rinunciare dal farlo: questo già lo sai. Sai anche che non mi tirerò indietro.-
Si scambiarono un'altra occhiata intensa e Nakiri fu la prima ad interromperla:
-adesso puoi anche lasciarmi il braccio. Ci siamo detti quello che volevamo, ma la distanza che ho stabilito dopo quello che è successo prima non cambierà. Non so come tu ti senta verso Megumi, ma io non voglio ferire Rokuro e assolutamente non voglio che lo venga a sapere. Non deve più succedere.-
-rispetterò ciò che abbiamo deciso, ma tornati da Nagano lascerò Megumi ugualmente.
È giusto che la liberi da un rapporto che non avrà futuro, poiché i sentimenti che provavo per lei non esistono più.-
-fai come vuoi, basta che tu non ti penta nella tua scelta quando l'avrai fatto.-
-no, perché penso sia la cosa migliore.-
Detto questo, i due ripresero a camminare con gli sci sulla spalla fino al rifugio più vicino per pranzare.
-dopo pranzo torniamo dagli altri.-
Quelle furono le ultime parole di Nakiri, a cui lui annuì concorde.



 
****


Tornati alla villa dopo la giornata di sci, Erina non aveva smesso di ricordare nella sua testa il bacio appassionato con Yukihira: sentiva ancora le sue labbra tiepide e morbide sulle sue, le mani sul suo corpo che la accarezzavano con focosa bramosia e che le avevano acceso la nostalgia di quella notte trascorsa con lui e la voglia di riviverla, una forte mancanza del suo tocco, il desiderio della sua pelle contro il suo corpo e addirittura la piacevole e compiacente sensazione del suo membro eccitato che faceva pressione contro il suo inguine. A quell'ultimo pensiero si vergognò profondamente della sua volgare immoralità e per aver gradito di essere desiderata così tanto. Tutto dunque. Era stato difficile separarsi da lui.
Lo era stato altrettanto interrompere la vicinanza fisica e quel bacio che le aveva trasmesso emozionalmente tanto di più di quelli che per anni si era scambiata con Rokuro. Se si fosse spinta oltre cosa sarebbe successo?
Era chiaro che, se si fosse trovata in una camera da sola con Yukihira e non distesa sulla neve, il controllo sarebbe venuto meno finendo per avere un rapporto completo che purtroppo per lei sentiva di voler ripetere da tempo con Yukihira e certamente i ricordi di quella notte, sempre nitidi, e la sua persistenza nel volerla “fare sua” non l'aiutavano a sopprimere quella peccaminosa “fantasia” e il romanticismo passionale che aveva provato quella notte che l'aveva talmente estasiata da lasciare il segno dentro al suo cuore, a tal punto da sentire il morboso bisogno della presenza di Yukihira sulla sua pelle, nella sua vita, nel suo cuore. Nei suoi ricordi. Adesso anche nel suo presente. Ora che si erano baciati nuovamente più che mai. Adesso che era riscattato tutto. Forse Yukihira aveva ragione. Forse se non avessero trascorso quella notte insieme, nessuno dei due avrebbe capito di amarsi a vicenda. Lei davvero non rimpiangeva quella sera come aveva fatto credere a lui e non solo perché da quella era nata Marika, ma anche perché aveva provato tanto e, nonostante la sbronza, aveva veramente sentito di amare profondamente qualcuno e il momento vissuto, avvertendo un affinità di sentimenti indimenticabile, rara, in qualche modo dolcemente prepotente ed invasiva. Cicatrizzante. Mai più rivissuta.
Voleva proteggere Yukihira dallo scoprire la verità distruggendo così l'immagine irrealistica che egli aveva di lei, in maniera che lui sarebbe fuggito e rimasto deluso, lasciandola sola al suo amaro rimpianto. Sapeva che l'avrebbe scoperto presto_non si sarebbe tirato indietro pur di stare con lei_ma si sentiva veramente egoista a voler ritardare maggiormente la “rivelazione” soprattutto per impedire il suo inevitabile abbandono sentimentale. Stava cercando finché poteva di allontanarlo da lei, ma cosa avrebbe fatto quando ad un certo punto sarebbe crollata? Perché sì, sarebbe successo.
Non era abbastanza forte da riuscire a fronteggiare i suoi sentimenti per Yukihira fino alla fine, in eterno, in special modo adesso che si vedevano praticamente tutti i giorni. Avrebbe ceduto alle sue emozioni, ne era consapevole.
Anche in quel momento, ad esempio, non riusciva a non pensare a quel bacio mozzafiato e voleva di più.
Voleva stare con lui; e, proprio per questo, fintantoché ce la faceva a resistere_a fatica_in qualche modo, doveva sfruttare le poche forze che le erano rimaste per respingerlo.
Bussarono alla porta della sua camera e “vide la luce” quando Rokuro comparve davanti a lei.
Non riusciva a cancellare le emozioni del bacio con Yukihira, dunque sperò che Rokuro fosse la soluzione a farle dimenticare per un po' quel momento. -Rokuro..- gli regalò un sorriso di circostanza.
-Erina.. tra poco bisogna scendere a cena. Come mai non sei ancora pronta?-
Da quanto era avvolta dai pensieri, non si era accorta di essere rimasta in intimo per diversi minuti: infatti Rokuro non smetteva di esplorare il suo corpo con compiaciuto apprezzamento e lei decise di usare la sua attenzione:
-non ho ancora fame.-
Si portò davanti a lui e iniziò a carezzargli il collo, in un tentativo di sedurlo.
-Marika è con Alice. Che ne dici?-
Esplorò in una carezza, con il dito, scendendo lentamente con esso lungo il petto di Rokuro continuando a fissarlo negli occhi e avvicinando le labbra. -scendiamo più tardi?- propose suadente, vicino alle sue labbra carnose.
Rokuro era confuso dal suo atteggiamento e lei sapeva perché: era un po' che non mostrava un desiderio tanto esplicito nei suoi confronti, anche se solo lei sapeva essere una disperata via di fuga dai sentimenti per Yukihira.
Comunque, il seducente modo adottato per vedere di rimuovere per un po' le sensazioni provate con Yukihira, sembrò avere successo con il suo compagno.
-non so cosa pensare di questo comportamento, Erina, stai davvero cercando di sedurmi come non facevi da tempo?-
Avvolse le mani attorno alla sua vita fine e calò nei pressi della sua clavicola scoperta per baciarla e assaggiarla con assetata risposta alle sue manifestazioni affettive. Lei circondò le mani attorno al collo di Rokuro e sfiorò le sue labbra, per poi approfondire il bacio. Quando si staccò per riprendere fiato, rispose audacemente:
-perché sei tanto stupito, Rokuro?
Credo solo che ultimamente le nostre prestazioni sessuali siano state un po' piatte. Vorresti rimediare?-
Si sentiva davvero un'opportunista ad usare il corpo di Rokuro nella speranza di appagare il suo desiderio verso Yukihira e ancora di più quando lui le sorrise compiaciuto dalla sua proposta. -direi che è un'ottima idea!-
Fu a quel punto che ogni parte di tessuto che copriva il suo corpo volò via in un brevissimo secondo, portandola a fare lo stesso con gli eleganti abiti di Rokuro.

Il rapporto completo fu assai piacevole e apprezzato da ambedue, sicuramente più di altre volte che si erano uniti, ma questo non servì affatto a cancellare il piacere irrazionale e gustoso, impeccabile, sentimentalmente forte, che aveva provato sentendo le mani di Yukihira sul suo corpo e le loro lingue che si cercavano con folle e nostalgica trepidazione.
Ovviamente la differenza era netta. Assai netta. Molto. Che stupida era stata?
Veramente aveva pensato che facendo l'amore con Rokuro avrebbe cancellato le sensazioni che solo Yukihira le donava?

Era stata proprio ingenua a sperarci: era chiaro che quella sensazione di inappagamento e infelicità non sarebbe svanita, visto che lei lo amava a tal punto da avere paura delle sue reazioni davanti alla verità.
Era innamorata di lui perfino da temere il suo distacco o il suo odio. La sua amarezza di fronte alla schifosa persona che era stata negandogli una figlia a sua insaputa. E soprattutto si vergognava della codardia nell'avere paura a confessargli tutto, a scusarsi della sua sbagliata scelta: non ci riusciva perché aveva il terrore di non essere mai perdonata ed era costantemente angosciata dal senso di colpa. Ed era proprio per questo che si imponeva di proteggerlo dalla sofferenza e si rifiutava di stare con lui sapendo di non poterselo meritare per ciò che aveva fatto. Poteva provare di tutto, ma purtroppo nulla avrebbe permesso che l'amore nei confronti di Yukihira cessasse. Neanche quello che aveva fatto la spingeva ad allontanarsi da lui. Non ne era semplicemente capace.
Un paio di lacrime scesero dai suoi occhi e Rokuro, ormai ripresosi dall'orgasmo, se ne accorse e ne fu dispiaciuto:
-cosa ti prende, Erina? Perché stai piangendo all'improvviso?-
Lei scosse la testa amareggiata.
-niente. Ho pensato ad una cosa triste.-
-di cosa si tratta?- chiese apprensivo, asciugandole le lacrime con le dita.
-ho ricordato un momento con mia madre.-
Fu costretta a mentirgli, poiché non era riuscita a gestire l'emotività. -scusami Rokuro..-
Si scoprì dal lenzuolo di seta perlata e si portò a sedere.
-..forse è meglio rivestirsi ed andare a mangiare, che ci aspettano tutti.-
Così fece, prendendo gli abiti per rivestirsi. Lui fece lo stesso e d'istinto l'abbracciò da dietro:
-se hai bisogno di parlare, sai che ci sono.-
-lo so.- annuì grata, posando la mano sul suo braccio che circondava il suo collo e sentendosi sempre più in colpa verso di lui: per averlo tradito poche ore fa e per non amarlo allo stesso modo.
Rokuro, nel scarso tentativo di alzarle il morale, le bisbigliò al suo orecchio malizioso:
-certo che era un po' che non ci sentivamo così appagati dopo un rapporto, eh?
Pensi che riusciremo a tornare la coppia che eravamo prima, ora?-
Erina sobbalzò, incapace di rispondere subito a quella constatazione.
-già..- disse solo -..forse ci riusciremo.-
Cercò di essere il più convincente possibile con quelle parole, ma dentro di lei sapeva che era un “sogno” impossibile: restava con Rokuro unicamente perché altrimenti si sarebbe sentita sola e perché era diventata abitudine, visto che con la persona che veramente amava non poteva stare. Sapeva essere una motivazione pietosa, ma non riusciva a lasciare Rokuro perché, ridicolmente, faceva da ennesimo ostacolo, giustificandole l'impossibilità di una relazione con Yukihira.
Era da pazzi, vero? Sì, sapeva esserlo. Era da malati? Sì, lo era.
Eppure, avere la “scusa” di stare con Rokuro a portata di mano, la sollecitava dallo stare distante da Yukihira, dal non assecondare i sentimenti per lui e dal ritardare il momento della verità. Era diventato essenzialmente un rapporto utilitaristico. Socchiuse gli occhi cercando di controllare le lacrime che minacciavano nuovamente di sgorgare da essi.
Sciolse la presa di Rokuro e gli donò un sorriso costruito, dicendo:
-grazie del sostegno. Andiamo dagli altri? Marika ci sta aspettando.-
Lui annuì legando il braccio dietro alla sua schiena, amorevolmente, e insieme si avviarono per cenare con il resto dei loro colleghi. Il pensiero di Yukihira continuò a devastarla sera e notte, pesantemente.



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Angolo autrice: finalmente sono riuscita a pubblicare il nuovo cap! mi scuso profondamente per l'enorme ritardo; ma, come avevo anticipato, i miei impegni sono ricominciati tutti insieme e sono riuscita a trovare il tempo solo durante in questi giorni di festa per continuare. Purtroppo la situazione con le pubblicazioni continuerà ad essere tale, dunque non so quanto tempo ci metterò a pubblicare il prox cap (spero meno di un mese, ma non garantisco.. ç____ç).
Cosa ne pensate di questo cap? come avrete visto, Soma ed Erina si sono baciati e per la prima sta diventando sempre più difficile resistere ai sentimenti provati per Soma e anche il suo rapporto con Rokuro è diventato doloroso. L'unico motivo che la spinge a resistere a Soma è proprio la paura di perderlo scoperta la verità. Come avete visto la scena del bacio? è stata abbastanza intensa? sono riuscita ad esprimere il coinvolgimento di Erina e Soma e quanto follemente si desiderano? :P non abbiate paura a dirmi cosa ne pensate! XD allo stesso tempo, ho raccontato un altro sprazzo di quella notte passata.
Esattamente, Erina ha conosciuto Rokuro proprio quel giorno (anche se si sono messi insieme molti anni dopo a causa del fatto che lei era incinta di Marika e sarebbe stato piuttosto complesso. E voleva dedicarsi solo alla figlia). Sorpresi?
Il flashback come vi è sembrato? fatemi sapere! *___* risponderò alle vostre recensioni il prima possibile, abbiate pazienza per i miei continui ritardi :( spero solo che non smetterete di seguirmi a causa di questo D:
Grazie ancora di tutto a chi ha messo la mia storia a preferite/seguite e a chi mi recensisce sempre!^^

Spero a presto!! ;D
Un bacione immenso! <3 <3 Erina91

 

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Capitolo 17
*** Istinto paterno ***


Istinto paterno


Mancava ormai un paio di giorni alla fine del nuovo viaggio di lavoro e domani si sarebbe svolto il banchetto tanto agognato. Avevano noleggiato gli sci e tutta l'attrezzatura per lo sport invernale fino ad oggi e infatti il gruppo di sciatori composto da lui, Erina, Marika, Alice e Hisako si trovava nuovamente sulle piste dalle 10.00 di mattina. Erina, dopo aver fatto una piccola lezione extra con lui un paio di giorni fa, aveva fatto qualche passo avanti con la posizione delle gambe e scendeva dalla pista più fluidamente rispetto a prima. Certo.. era chiaro avesse una capacità d'apprendimento notevole, ma il suo aiuto era servito. Mentre completava la pista seguendo la scia di Alice e Hisako, stava ripensando a tutto quello che era successo quel giorno quando lui e Nakiri si erano trovati da soli e soprattutto al bacio che si erano scambiati.
Quella sensazione paradisiaca di passione e il voglioso desiderio di ripetere al più presto l'esperienza di quel bacio mozzafiato e le impareggiabili emozioni provate, che aveva rivissuto dopo sei anni, non l'avevano mai abbandonato negli ultimi due giorni in cui lui e Nakiri si erano a malapena parlati. Tra l'altro, ogni volta che la vedeva comparire insieme a Suzuki_dopo la giornata di sci_non solo provava una gelosia folle, mai sentita per nessuno, ma incrociando lo sguardo di lei sentiva la gola chiudersi da quanto cercasse di trattenersi dal non fissare le sue labbra, per non ripensare alla loro morbidezza quando aveva posato le sue su quelle di lei o sentire i polpastrelli che ricordando accarezzavo appetitosamente il suo corpo. Era una vera tortura emotiva sopportare tutto questo pur sapendo che, se solo Nakiri si fosse lasciata andare o gli avesse spiegato i motivi dietro al suo continuo ritrarsi, sarebbe potuto esserci lui al posto di quell'uomo. Invece, come lei gli aveva fatto capire, lo stava palesemente ignorando con una perpetua espressione di sofferenza e tristezza sul volto. Perché faceva così? Perché era tanto ostinata e masochista?
Stava diventando insostenibile passare sopra a tutti i dubbi e le domande che lo assillavano riguardo all'inspiegabile comportamento di Nakiri. Era talmente immerso nella mente, che quasi non si accorse di arrivare in fondo alla pista e parecchio dopo Alice e Hisako. -Yukihira-kun.. si può sapere che ti prende negli ultimi giorni?
Sei assorto e distratto, lento a sciare.- giustamente la prima gli chiese, confusa.
Lui si aprì in una risata nervosa, grattandosi la nuca a disagio e alla ricerca di parole che non fossero troppo rivelatrici:
-credo sia colpe delle ricche cene. Mi sento un po' appesantito ultimamente.-
Cercò di smorzare i sospetti di Alice con un simpatico riferimento alle abbondanti cene preparate dagli chef della villa dove erano ospitati; peccato che Alice non sembrò affatto convinta della sua risposta e provò a chiedere un'altra volta, ma Hisako la fermò in tempo lanciandole un'occhiata critica e dicendole a bassa voce:
-Alice.. credo che a volte tu sia troppo insistente. Inoltre, non vedi che stanno arrivando anche Marika ed Erina?-
Soma dovette ringraziare mentalmente Arato per aver bloccato l'ennesima invadenza di Alice verso i suoi sentimenti e portò gli occhi su Marika e Nakiri che avevano raggiunto l'ultimo pezzo del percorso rosso.
Il sorriso di Marika era solare e divertito, si vedeva proprio che amava sciare e lui non poté fare a meno di sorridere dolcemente vedendola tanto eccitata con un paio di piccoli sci ai piedi.
Marika era adorabile e ogni volta che la guardava avvertendo il suo buonumore gli si scaldava il cuore.
Era arrivato al punto di provare un attaccamento insolitamente paterno verso quella bambina, provando un moto di rabbia al pensiero che un anonimo padre avesse rinnegato una bambina tanto dolce e allegra, ben educata.
Spesso, oltre ai punti interrogativi sulle motivazioni per le quali Nakiri si costringesse a non stare con lui, si chiedeva anche dove fosse il padre di Marika, cosa facesse.. perché era scomparso e, se l'aveva fatto, lo era perché morto oppure perché aveva schifosamente deciso di fuggire dalle sue responsabilità di padre, lasciando Nakiri con una bambina da accudire e crescere da sola? Chiunque fosse quell'uomo, perché Nakiri non ne parlava mai?
Da quello che aveva saputo, neanche Suzuki sapeva chi fosse.
Pensò anche che, il motivo per cui lei lo respingeva, potesse essere legato al misterioso padre di Marika; e, se così era, perché stare con Suzuki non lo vedeva come problema? Tutte quelle domande lo tormentavano da mesi, ormai.
Chi era davvero a conoscenza di tutto questo tra le persone attorno a Nakiri?
Hisako e Alice sapevano la verità, oppure anche loro erano all'oscuro di tutto?
Involontariamente, pensierose, le sue iridi indugiarono su Hisako e Alice.
Che fosse il caso di chiedere a loro?
Sapeva non essere il momento giusto dato che, farsi notare da Nakiri mentre chiedeva di lei e dello sconosciuto padre di Marika alle sue amiche, non era affatto furbo se sperava di conquistarla.
Sospirò stancamente decidendo che non era il caso, e stabilì che avrebbe parlato con le ragazze in un altro momento.
In tutto quel breve arco di tempo in cui si immerse nelle sue riflessioni, anche Marika e Nakiri erano arrivate vittoriose alla fine della pista. -perfetto!- esultò Alice -cuginetta.. vedo che le lezioni extra con Yukihira-kun hanno dato i suoi frutti: sei un po' migliorata con le gambe.- la stuzzicò, maliziosa.
Nakiri, d'istinto, portò gli occhi su di lui che le regalò un sorrisetto soddisfatto, facendola arrossire.
-non è solo merito di Yukihira.- farfugliò, improvvisamente timida.
-va bene, come vuoi. Come al solito non ammetteresti mai di essere migliorata grazie a qualcuno.-
-sta zitta, Alice! e proseguiamo con le piste.-
Lui e Marika se la risero sotto i baffi, di fronte ai battibecchi delle due.

La giornata proseguì tranquilla fino al primo pomeriggio quando, intanto che completavano l'ennesima pista, Soma vide che Marika era in difficoltà e stava pericolosamente finendo contro la rete_poco stabile_che circondava il tragitto e che aveva il compito di proteggere gli sciatori dal pendio esterno che, sebbene non fosse mortalmente profondo, non era comunque pianeggiante e, se una bambina ci fosse caduta, non ne sarebbe uscita completamente illesa data la fragile corporatura. -Marika!!!- urlò, allora, spaventato_come a volerla avvertire del pericolo_seguito dall'acuto urlo di Nakiri che, da quanto fosse disperato, risuonò in tutta la pista. Prima che la bimba potesse cadervici e, visto che era quello più vicino a lei e aveva la possibilità di raggiungerla e proteggerla dal farlo, cercò di accelerare la velocità con gli sci e successe tutto molto in fretta: dopo aver aumentato la velocità, si parò davanti a Marika prima che finisse contro la rete instabile, bloccandola in tempo, ma aveva già sfiorato la rete con i suoi sci e di conseguenza fu proprio lui a cadere di sotto al posto della bimba, sotto gli occhi sconvolti di Nakiri, delle altre e di Marika stessa che lo chiamò agitata:
-Soma oniichan!!-
-Yukihira!!-
-Yukihira-kun!-
I richiami delle altre tre ragazze, furono gli ultimi che udì prima di scivolare e rotolare del tutto, perdendo i sensi.


 
****


Erina era montata sull'ambulanza con Yukihira, dopo che i soccorsi alpini erano arrivati per riportarlo a valle e tutto il tragitto all'interno di essa le sembrò talmente eterno da diventare una vera angoscia da quanto era agitata e in pena per l'incolumità dell'uomo che amava. In tutto il tempo che erano scesi a valle, in cui era salita sull'ambulanza per restare accanto a Yukihira mentre i medici intervenivano per occuparsi del primo soccorso, lui non si era affatto svegliato.
Aveva alcuni graffi sul volto e un polso era più ferito di altri punti, ma lui non si svegliava.
Sentiva le lacrime scenderle dagli occhi come un fiumi in piena, mentre con una mano d'impulso gli carezzava i capelli. -Yukihira.. Yukihira.. perché sei sempre così avventato?- ripeté ancora, flebilmente. -e un'altra volta hai salvato Marika.
Come potrò mai ripagarti? Perché devi sempre essere tanto impulsivo da mettere a rischio la tua vita?-
Le lacrime non volevano finirla di sgorgare e la mano non riusciva a smettere di sfiorare la sua fronte.
Nel frattempo, i medici che si stavano occupando di tutto il necessario per operare al meglio, la videro in crisi ed uno di questi le disse cercando di calmarla:
-si tranquillizzi, signorina, non è fin di vita.
È solo incosciente a causa dell'impatto, ma il casco l'ha protetto da problemi più gravi al cranio.-
Quelle parole la rassicurarono tantissimo e anche i singulti si placarono un po', ma le sue dita non smisero di esplorare i suoi capelli. -grazie dottore.- sussurrò stancamente, tornando a guardare distrutta l'uomo disteso sul lettino mobile.
-resisti Yukihira, siamo quasi in ospedale e ti faranno tutti i controlli. Ma perché sei tanto folle? Idiota.- borbottò, ancora rigata di lacrime. -Cosa farei se non ci fossi più?-
Quelle parole, che le uscirono tanto naturali, la colpirono e questo perché le fecero capire quanto davvero amasse quell'uomo. Sapeva di non poter stare con lui a causa dei suoi segreti, ma come poteva essere tanto egoista da pensare che non avrebbe vissuto senza di lui? Come credeva di sopprimere i suoi sentimenti pensando ad una situazione in cui lui non ci sarebbe stato? Non aveva il diritto di sperare che lui restasse per sempre accanto lei, di approfittare della sua disponibilità. Si metteva perfino in pericolo di vita pur di proteggere quella che non sapeva essere sua figlia e lei continuava a volergli nascondere l'identità di Marika. Darlo per scontato era diventato un altro dei suoi difetti, purtroppo.
Aveva inconsciamente iniziato a pensare che lui, in qualsiasi caso, ci sarebbe sempre stato e questo era imperdonabile per quello che gli aveva fatto. Per avergli nascosto tutto come una vigliacca; eppure, anche così, non riusciva a dirgli la verità.
Anche così, non voleva se ne andasse. Non voleva stare senza di lui.
Come poteva essere tanto miserabile e debole?
Come poteva anche solo sperare di avere tutto? Di non rinunciare a nulla?
E durò così il tragitto in ambulanza, con i rimorsi e i sensi di colpa sempre più enfatizzati da quello che era successo, dall'ennesimo “sacrificio” di Yukihira, fin quando non raggiunsero l'ospedale e lui fu trascinato sul lettino all'interno dell'edificio mentre lei correva dietro ad esso prima che entrasse nella stanza dove gli avrebbero fatto tutti i necessari esami e cure.

Passò una mezz'ora buona, nel corso della quale erano arrivati anche gli altri_Marika compresa_ , da quando si era messa a sedere in sala d'aspetto e in attesa del responso medico, amareggiata e profondamente agitata.
Il fatto che il medico in ambulanza l'avesse tranquillizzata dicendo che Yukihira non era in fin di vita, l'aveva aiutata a migliorare il tumulto emotivo che la stava logorando; però, finché non fossero usciti da quella stanza confermando la sua salvezza, non riuscì ad essere troppo presente con gli altri: Marika sembrò accorgersi di quanto male stesse e, teneramente, si portò vicino a lei. Ma anche la bambina stava piangendo.
-mamma! Soma oniichan starà bene, vero? Vero?- chiese apprensiva, scuotendole le mani, con le lacrime agli occhi.
-Soma oniichan mi ha protetto..-
Erina, in uno stato passivo, strinse le piccole mani della figlia e provò a donarle un sorriso lenitivo.
-starà bene, tesoro.. deve!-
Le fece una carezza sulle guancette candide e paffute, e salì fino alle trecce dei capelli in un docile gesto premuroso e materno. -non piangere..-
-neanche tu, mamma. Soma oniichan è il mio principe ed è forte.-
Si asciugò le lacrime dagli occhi, goffa, cercando di dimostrarsi matura.
A quel punto Alice decise di intervenire in una nota ottimista, com'era lei:
-sono sicura che Yukihira-kun tornerà in forma nel giro di poco tempo. Erina.. credo tu ti stia preoccupando troppo: il dottore in ambulanza non ti ha detto che non è in fin di vita e che gli dovevano solo fare una risonanza magnetica per confermare che la botta alla testa non era grave? Per cui, perché non ti fidi? Vedrai che presto ci daranno notizie positive.-
Hisako annuì concorde. -sono sicura che Alice ha ragione.-
-anche se così fosse, finché non so qualcosa in più non riesco a darmi pace.
Yukihira è finito in ospedale per proteggere Marika e questo compito dovrebbe essere mio. Sono io sua madre.
Io dovevo proteggerla. In un modo o nell'altro finisco sempre per affidarmi a lui e non riesco a sopportarlo.
Non posso affidarmi a lui, specialmente per come mi comporto. Quell'uomo è così testardo da farmi innervosire.
Perché non lascia stare?- un'altra volta lacrime di frustrazione stavano uscendo dalle sue iridi.
-mi dispiace mamma.. non sono stata attenta e Soma oniichan si è fatto male.-
Marika assunse un triste broncio portando gli occhietti vivaci, ora lucidi e spenti, verso li stivaletti con il pelo che portava ai piedi. Fissò le scarpe dispiaciuta, ma Erina cercò di rasserenarla_visto che non era colpa sua_:
-tesoro.. non è colpa tua. A volte le sci non si riescono a controllare.-
-esatto piccola!- si unì Alice, sorridente. -sono sicura che Yukihira-kun è intervenuto per proteggerti perché sapeva quanto fosse pericoloso per te e l'ha fatto d'istinto perché tiene molto a te. Non sentirti in colpa.-
-vedrai che si sveglierà presto e si comporterà come se non fosse successo nulla.- aggiunse Hisako.
Erina invece, si occupò di asciugarle le lacrime:
-sono contenta che stai bene, Marika.- le disse sollevata -..e forse Hisako e Alice hanno ragione: dobbiamo essere positive. Il dottore non ha affatto detto che la situazione è critica. Dobbiamo avere pazienza ancora un po' e presto ci verranno a dire che Yukihira sta bene e avrà solo bisogno di riposo.- detto questo, cerco di adottare un sorriso di circostanza per alleviare le preoccupazioni della figlia; che, com'era prevedibile, più il tempo passava e più iniziava a vedere Yukihira come una figura di riferimento, un padre che non sapeva di avere, un uomo che per il suo inconscio impulso paterno avrebbe fatto di tutto per proteggerla. Più realizzava il cambiamento che avveniva tra i due, più diventava impossibile evitare che Marika iniziasse a provare un affetto profondo verso suo padre e viceversa. Lei_come già sapeva_non sarebbe riuscita a fermare quel sentimento nascente e reciproco tra i due. Era pressoché inevitabile e probabilmente era giusto così, anche rischiando che un giorno Yukihira avrebbe scoperto tutto quello che gli aveva nascosto e ciò di cui l'aveva privato per sei lunghi anni. Nel momento nel quale stava facendo tutti quei pensieri, ecco comparire il medico che si era occupato delle cure di Yukihira. Tutto quello che aveva nella testa venne interrotto bruscamente e spontaneamente si alzò di scatto dalla sedia. -come sta..?- chiese apprensiva e con voce strozzata, deglutendo ansiosamente.
Anche gli altri si fecero attenti, aspettando la risposta del dottore.
L'uomo accennò un sorriso sereno, che fu capace di scioglierle il macigno che aveva sul petto.
Strinse con forza il pail da sci e ascoltò l'uomo:
-ha avuto un lieve trauma cranico: il forte impatto è stato protetto dal casco; quindi, essendo un trauma lieve, ha solo perso conoscenza ma non ha avuto danni al cervello. Per un po' di giorni soffrirà di cefalea e vertigini, ma gli effetti non dovrebbero durare più di una settimana. Inoltre.. ha una distorsione al polso e dovrà stare in assoluto riposo finché non guarisce del tutto.- ogni parola che usciva di bocca dal dottore, fu capace di sollevarla dall'angoscia che la stava uccidendo. -quindi, Soma oniichan starà bene?- anche Marika alzò le luminose iridi ambra verso il dottore, emozionata e felice di sapere che Yukihira era completamente fuori pericolo. Il dottore le sorrise.
-certo piccola, puoi stare tranquilla.-
-hai sentito mamma? Hai sentito?- iniziò a scuotere il corpo della madre.
-ho sentito tesoro..- le sorrise dolcemente, abbracciandola.
-quando possiamo andare da Soma oniichan?- domandò ancora, la bimba.
-potete entrare anche adesso, ma il paziente sta riposando: vi consiglierei di fare a turno.
Comunque, tra un paio d'ore al massimo dovrebbe svegliarsi.-
-la ringrazio molto, dottore.- disse Alice. -Erina.. dovresti farlo tu per prima.-
Anche Hisako e Ryou erano d'accordo con tale decisione.
-non so se.. insomma..- cominciò incerta, ancora travolta dai sensi di colpa.
-oh.. e smettila di essere tanto restia! Mi dai il voltastomaco!- brontolò Alice, stufa, dandole una spintarella per incoraggiarla ad entrare nella stanza.
-Marika.. che ne dici se andiamo a comprare un succo di frutta al bar dell'ospedale?- andò in soccorso di Alice, Hisako, sorridendo alla bimba. -dopo il succo però andiamo da Soma oniichan, vero?-
-certo! Abbiamo deciso che la prima ad entrare sarà la tua mamma.-
-ok.. grazie Hisako oneechan.-

Hisako, sua figlia, Ryou e Naoki si allontanarono per andare al bar, mentre Alice cercò di convincerla ancora ad entrare:
-si può sapere perché fai tanto la ritrosa? È abbastanza chiaro chi voglia accanto, Yukihira-kun, al suo risveglio.
Smettila di esitare ed entra! So benissimo che vuoi farlo, ma hai paura che le emozioni prendano il sopravvento.
Perché per una volta non lasci che lo facciano?-
-Alice.. tu non capisci, io..- non riusciva a trovare le parole per spiegarsi, anche perché ogni volta che si trattava di Yukihira le emozioni prendevano il sopravvento senza controllo e ovviamente l'avevano già fatto diverse volte.
-finiscila di blaterare frasi senza capo né coda e vai da lui.-
Lei sospirò e, visto che dentro di lei voleva davvero entrare da lui e stringerlo più che poteva, finalmente fece un passo dentro la stanza e la porta si chiuse dietro di lei. Lo trovò riverso nel lettino, con diversi fili attaccati dell'elettrocardiogramma, gli occhi beatamente socchiusi: almeno sembrava dormisse tranquillo.
Sospirò affranta e si portò sul panchetto che dava sul lettino.
Spontaneamente riprese ad accarezzargli i ciuffi scarlatti con una mano e con l'altra andò a stringere quella di lui, fuori dalle lenzuola. Restò così, muta, a vegliarlo per dei minuti indefiniti; lentamente, distrutta dalla giornata di sci e dalla stressante situazione che stava vivendo, si addormentò al capezzale del suo letto.
La chioma bionda finì adagiata sul lettino di Yukihira, spargendosi su di esso in una pesante massa.


 
****


Aprì pacatamente le palpebre, ancora con la testa e il polso dolenti, e gli ci volle qualche minuto per realizzare di trovarsi in un letto d'ospedale attaccato a dei fastidiosi macchinari medici, comprendendo l'origine del luogo attraverso il soffitto bianco e le lenzuola del lettino anch'esse del medesimo colore. Aveva odiato fin da piccolo gli ospedali perché gli davano il voltastomaco, ma avvertì distintamente una mano piccola e tiepida stringere la sua e tale contatto fu capace di trasmettergli una sensazione di cura e tranquillità, tanto da farlo passare sopra al disgusto provato verso il luogo.
Girò il volto cauto, visto che la testa era ancora dolorante, e vi trovò accanto al suo letto Nakiri appoggiata e addormentata su di esso. Il colore pallido del suo volto, alcune gocce di lacrime che lo inumidivano, l'espressione sopita ma stravolta..gli fecero capire che l'aveva fatta preoccupare molto cadendo fuori pista e finendo in ospedale.
Pian piano, tutti i brevi ricordi di com'era andata gli tornarono in mente: era caduto per proteggere la piccola Marika e, visto che Nakiri era da lui, suppose che il suo salvataggio avesse avuto successo.
Non sapeva fosse solo la sua immaginazione, i forti sentimenti che provava per Nakiri o la sua vana speranza quando sopraggiunsero altre vaghe immagini di lui in ambulanza, Nakiri disperata e in lacrime. Se fosse stata la realtà, non avrebbe voluto farla agitare a tal punto e neanche rovinarle il penultimo giorno a Nagano con la sua avventatezza; però, quando si era accorto che Marika avrebbe rischiato molto cadendo fuori pista, le sue gambe erano scattate da sole, fuori controllo, senza la benché minima esitazione nel proteggerla. La sua unica priorità era evitare che la bimba si facesse male: non aveva riflettuto su quello che poteva succedere a lui o a quali conseguenze avrebbe portato il suo folle gesto.
Aveva agito, punto. Perché era tanto attaccato a Marika? Come mai agiva d'istinto anche con lei?
Ogni volta che pensava a lei, affettuosamente ricordava il suo dolce sorriso, oppure quando la vedeva in difficoltà.. ogni gesto che metteva in atto era spontaneo, diretto, completamente dettato da un immediato senso di protezione e tutela. Stava davvero iniziando a chiedersi se fosse normale. Non ebbe il tempo di rispondersi perché vide Nakiri svegliarsi e al momento che si accorse che anche lui l'aveva fatto, sussultò impreparata.
-Yukihira..- fiatò in un espressione tra il sollevato e l'incredulo, nel vederlo finalmente attivo.
-Nakiri..- ebbe solo il tempo di bisbigliare il suo nome, prima di avvertire le braccia di lei avvolgersi attorno a lui, in una presa così stretta quasi da soffocarlo. Lui, prima inizialmente sorpreso davanti alla consistenza e al tepore di quell'abbraccio, restò a braccia alzate e in seguito rispose a quella stretta accarezzandole i ciuffi biondi con tenerezza, sorridendo. -mi dispiace di averti fatto preoccupare, Nakiri.-
-sei un idiota, Yukihira!- esplose lei, stringendolo ancora e accanendosi contro di lui probabilmente nel tentativo di rimproverarlo di essere stato tanto incosciente e infatti:
-perché sei sempre tanto folle? Lo sai quanto sono stata preoccupata? Non sopporto la tua eroica impulsività!-
Lui ridacchiò, divertito dalle reazioni contrastanti di Nakiri e, con premura, la scostò dall'abbraccio per guardarla nelle iridi umide a causa delle lacrime e sorriderle rassicurante. -sono contento di aver fatto quello che ho fatto.-
Portò entrambi le mani sulle sue guance e le asciugò le ultime lacrime.
-Marika sta bene, giusto? L'importante è questo.- .
-se sta bene è solo perché tu sei tanto pazzo da rischiare la vita, Yukihira.
Se non ci fossi stato tu, non so cosa le sarebbe successo e non potrò mai ringraziarti abbastanza per questo; però, anche con questo, non voglio che tu finisca all'ospedale a causa del tuo naturale istinto di protezione.-
-sai Nakiri.. mi diverte molto vederti tirare fuori tutte le tue emozioni e tuoi sentimenti per me, perché hai avuto paura di perdermi.- scherzò, cercando di smorzare la situazione come faceva di solito; ma a lei non piacque:
-ti sembra il momento di scherzare? Guarda come ti sei ridotto, stupido!-
Lui ridacchiò ancora, stizzendola.
-davvero non ti capisco, Yukihira. Anche dopo che hai rischiato di farti male sul serio, riesci a fare battute?-
-perché non sono affatto pentito di aver agito. E poi.. hai visto, no? Non mi è successo niente di grave e anche Marika sta bene. Non potresti considerare gli aspetti positivi della situazione, invece di rinfacciarmelo?-
-non te lo sto rinfacciando, Yukihira, in fondo hai salvato mia figlia e se non ci fossi stato non so come sarebbe andata e sarei stata sicuramente più distrutta di adesso perché lei è il bene più prezioso che ho. Ciò che intendo è che essere sempre tanto sconsiderato, potrebbe portarti ad affrontare momenti peggiori di questi. Perché ogni tanto non sei più egoista?-
-oh credimi, Nakiri, io sono molto egoista.- si aprì in una risata di amarezza -se non lo fossi, pensi che sarei tanto insistente con te? So che tu provi qualcosa per me, anche se scappi, ma il motivo per cui lo faccio è anche perché ho bisogno di te: per questo sono egoista.- le accarezzò una guancia e continuò il discorso, godendosi la morbidezza della sua pelle:
-il fatto che sia tanto determinato con te è una forma di egoismo.-
Nakiri lo fissò spiazzata, incapace di ribattere alla profondità delle sue parole; neanche allontanò le mani dal suo viso, lasciandosi cullare dal suo tocco. Fu proprio lui il primo a calare le sue dita dalla sua guancia e pensieroso iniziò a guardare davanti a sé. -sai Nakiri..- cominciò assorto -..quello che ho fatto oggi non l'avrei fatto per chiunque: per quanto la mia vena altruista ed eroica_come tu la definisci_sia parte di me, non la metto in atto per tutti.
Il fatto che l'abbia usata per proteggere tua figlia, mi confonde un po'..-
Tornò a specchiarsi nelle iridi di Erina e vi lesse una sorta di celato panico, un tormento misterioso, una sensazione di paura improvvisa. Assottigliò gli occhi perplesso da tutte quelle tortuose impressioni collegando, però, tali emozioni alla sua immaginazione visto che era stato questioni di un attimo, anzi.. un breve secondo.
Così, ancora stranito, proseguì il discorso:
-..che sia perché si tratta di tua figlia? no..- si corresse sorridendo -..è abbastanza ovvio che mi sia affezionato a lei, ma..- fece una pausa riflessiva, in cui gli parse che Nakiri trattenesse il fiato per qualche motivo -..c'è anche da dire che, per quanto provi simpatia verso i bimbi, l'affetto che provo per Marika e l'istinto protettivo nei suoi confronti è qualcosa che non ho mai avvertito per nessuno di loro. Sarà che è la bambina che conosco meglio ed è più vicina rispetto agli altri.. allora perché, se così è, non provo lo stesso verso Naoki? Insomma, tu che ne pensi?
Mi piace questa sensazione paterna che provo verso di lei, ma il perché non me lo so spiegare.
Il perché Marika sia più importante degli altri bambini, per me, non lo capisco..-
Nakiri sembrava essersi mozzata la lingua e quando lui girò gli occhi verso di lei, a seguito dei suoi ragionamenti ad alta voce su Marika, vide che sembrava stupefatta. Trovò divertente quell'espressione a pesce lesso, di Nakiri, e ci giocò un po':
-credo di averti sorpreso, eh Nakiri?- portò una mano verso il mento. -vedila in modo positivo, semmai staremo insieme avrò un rapporto stretto con Marika e sarò come un padre per lei. Tra l'altro, la simpatia che provo per tua figlia è reciproca: sento che anche Marika si è molto affezionata a me e sono contento di questo. Sono innamorato di te, Nakiri, ma è altrettanto importante che vada d'accordo con tua figlia, se desidero che la nostra relazione abbia pieno successo.-
Le sorrise solare. -ed è per questo che sono sollevato che Marika stia bene e soddisfatto di averla protetta.
Mi è venuto spontaneo farlo.- terminò il tutto, allegramente, e finalmente Nakiri sembrò riprendersi da uno stato di completo spaesamento, distogliendo lo sguardo da lui:
-sicuramente ti senti così perché è mia figlia..- provò a rispondergli, esitante:
-non nego il fatto che vi siate affezionati l'un l'altro, ma credo sia normale visto quanto vi vedete a causa del nostro lavoro. Marika è molto attaccata anche a Rokuro, Alice e Hisako. Non sei un eccezione, Yukihira.-
Soma avvertì una dose di incertezza nelle sue parole, come se non credesse davvero in quello che diceva o come se volesse aggiungere altro. -in ogni caso, azzardati a fare un'altra volta una follia del genere e sarò io a darti il definito colpo di grazia! Non tollero che tu ti metta in pericolo!- ribadì, cambiando improvvisamente discorso.
Lui ridacchiò sollazzato. -e sai perché Nakiri?-
La stuzzicò, dispettoso, avvicinando le labbra alle sue e facendola arrossire per l'inaspettato gesto.
-smettila di prendermi in giro! Sono stata ad aspettare che ti svegliassi non per ripetere quello che è successo tra noi qualche giorno fa, ma perché ero preoccupata. Il fatto che sia qui, non significa che abbia deciso di concedermi a te; per cui, se è possibile, non avvicinarti troppo.- lo avvisò, con poca convinzione.
-sei stato tu la prima a ricercare un contatto abbracciandomi, Nakiri.-
-solo perché ero felice che ti fossi svegliato!- sbottò paonazza ed orgogliosa -e poi, voglio dire.. hai battuto la testa e hai anche una distorsione al polso, come fai ad essere tanto vivace e in grado di scherzare? Sei assurdo.-
Lui abbassò la testa, cupo. -lo faccio perché non voglio pensare di essere in ospedale o ai dolori che sento dappertutto.
Odio gli ospedali! Il fatto che tu sia qui è l'unica cosa che mi impedisce di scendere da questo letto ed andarmene.-
Nakiri si fece confusa davanti a quelle parole:
-e questo cosa significa? Perché odio a tal punto gli ospedali?-
-non sono solito mostrare le mie debolezze, lo sai..- adottò un sorriso di circostanza, non riuscendo ad incrociare lo sguardo di lei per paura di farle vedere il suo volto sofferente -..ma visto che, se non mi apro con te, ho ancora meno possibilità che anche tu lo faccia, ti dirò il motivo per cui odio gli ospedali.-
La fissò negli occhi, mostrandole per la prima volta una tristezza nascosta e iniziò a raccontarle tutto:
-mia madre era malata di tumore e ha finito i suoi giorni in ospedale. Quand'ero piccolo, avevo circa 7 anni, nei suoi ultimi mesi di vita facevo su e in giù per l'ospedale per andare a trovarla: credo che è da allora che l'odore disinfettante, i colori pallidi dei muri e dei lettini, il rumore dei macchinari.. tutto dell'ospedale mi dà il voltastomaco!-
Si aprì in un ampio sospiro, come se avesse fatto lo sforzo più grande nel raccontarle tutto e, d'impulso, poggiò la fronte sopra la spalla di Nakiri, alla ricerca di un silenzioso conforto. -questo è tutto. Adesso lo sai e sappi che non l'ho mai rivelato a nessuno. Quindi, Nakiri, trova il coraggio di aprirti anche tu dicendomi i motivi per cui fuggi da me.
Non ti metterò fretta, come ti ho detto; ma, semmai dovessi sentire anche un accenno di voglia di farlo, ripensa a quello che ti ho raccontato di me. Spero che ti sarà di incoraggiamento.-
Detto questo, si alzò dalla sua spalla, le donò un sereno sorriso e le lasciò un imprevedibile bacio sulla fronte.
-la prossima volta non sarà un bacio tanto innocente, lo sai vero?- la punzecchiò ancora, compiaciuto, e con un sorriso sbarazzino. -Yukihira!!- arrossì di botto, lei. Lui scoppiò a ridere in una sguaiata risata.
-se solo non fossi pieno di dolori e stanchezza, non stessi ancora Megumi, ti avrei dato un bacio diverso. Lo vorrei fare, ma so che andrà a finire come l'ultima volta e l'ospedale non è esattamente un posto appropriato per farlo, tu che dici?-
-ti avrei respinto, in ogni caso. È solo che sei davvero difficile da prevedere, Yukihira, e questo è senza dubbio irritante.-
-grazie per essere qui. Grazie anche di esserti preoccupata per me e di avermi ascoltato.- riprese nuovamente.
-mi dispiace per tua madre. Capisco come ti senti, anche la mia è morta quando ero piccola. Se non ci fosse stato mio nonno, non so cosa avrei fatto.- affermò lei. Si guardarono profondamente negli occhi in uno sguardo complice, fiducioso, passionale e desideroso. Un'occhiata ricca di tutto.
Soma vide Nakiri alzare la mano verso di lui e appoggiarla sulla sua guancia: una soffice carezza, che racchiudeva un intenso sentimento d'amore e una vera preoccupazione dietro a quello che gli era accaduto.

 

****


-sai cosa provo per te, Yukihira, e anche se ho deciso di non assecondare questi sentimenti, non presentarti più davanti a me su un lettino di un'ambulanza, senza sensi, ricoperto di ferite e sangue. È stata veramente dura.
Non scomparire mai più da sotto il mio sguardo.-
Lui le sorrise ilare, quasi commosso dalle sue parole.
Erina stava ripensando a tutto quello che era successo nel corso di quella giornata, di come era stata in pena per Yukihira, di come non riuscisse a trovare il modo di ricambiare tutto quello che lui aveva fatto per sua figlia, di come si era messo in serio pericolo e soprattutto.. a ciò che le aveva confessato riguardo a come si sentisse verso Marika, come avvertisse che l'affetto che provava per la bambina fosse allo stesso tempo normale ed anormale, insolito, inspiegabile.
Ogni parola che usciva dalla bocca di Yukihira, le faceva provare emozioni contrastanti: se da una parte sentire quanto l'uomo già inconsapevolmente amasse e avesse accettato Marika come sua possibile figlia, anche adottiva_visto che non sapeva avessero un reale legame sanguigno_la rendeva felice, dall'altra era stata assalita dal panico di fronte alla possibilità che lui sarebbe potuto arrivare alla verità a breve, dati i già giustificati dubbi e ragionamenti che faceva analizzando il suo rapporto con Marika e come e quanto esso fosse cresciuto nel giro di qualche mese e di conseguenza, davanti alla sua richiesta di voler sentire una sua opinione rispetto ai sentimenti affettivi e paterni nati per sua figlia, non era riuscita a dargli una risposta chiara e coincisa; si era, dunque, agitata perché conosceva benissimo la risposta ai suoi dubbi e non poteva dargliela fino in fondo. Di fatti, come si era immaginata, Yukihira non era rimasto soddisfatto da quello che invece gli aveva detto, al posto della verità: non le aveva creduto, ma aveva apprezzato che non avesse approfondito il discorso; perché, se l'avesse fatto, probabilmente non sarebbe stata in grado di continuare a nascondergli quel segreto tanto pesante.
-sai che per evitare che succeda di nuovo dovremmo stare insieme?- Yukihira interruppe la sua mente vagante, proseguendo ad ironizzare la loro conversazione sfruttando il suo "punto debole": purtroppo proprio lui, se escludeva Marika. Non riusciva a credere a quanto si sentisse sollevata vedendolo tanto “arzillo” dopo quello che era successo e a quanto fosse stata dolorosa quella giornata piena di angoscia quando non sapeva ancora niente del responso medico. Vederlo eccitato, sorridente come al solito anche se in un lettino d'ospedale, giocoso e provocante.. l'aveva portata a sentire una sensazione di leggerezza appena l'aveva trovato sveglio e più o meno in salute.
Non riusciva davvero ad esprimere quanto si sentisse rincuorata.
Cosa avrebbe fatto se gli fosse successo qualcosa di grave?
Già a pensare ad una possibilità simile, si sentiva soffocare e morire dentro.
Non era successo, ma c'era andato vicino. Avvertì le lacrime “spingere”, all'interno dei suoi occhi, minacciando di voler uscire; però, siccome non voleva farlo preoccupare ulteriormente, cercò in tutti i modi di controllare la fragilità emotiva di quel momento. Così stette al suo gioco ancora una volta:
-non potresti smettere di cogliere ogni occasione per ribadire che staremo insieme? Sai che questo non è possibile.
Non dovresti davvero costruirti false speranze, Yukihira.- borbottò impacciata.
Incrociò le sue iridi ambra e il suo volto ridente, per l'ennesima volta, incantata e deliziata.
-Yukihira..- iniziò insicura -..sono davvero felice che stai bene.
So che te l'ho già detto, ma odio ammettere che è tutto ciò che ho bisogno di dirti, adesso.
L'importante è che non ti sia successo niente di grave.
Hai protetto Marika e non potrò mai ripagarti a dovere per questo. Ci sei sempre per lei.-
La sua mano si mosse ancora una volta da sola, pronta a raggiungere le guance di Yukihira e, mentre questa saliva verso esse, anche il suo volto sembrava seguire la traiettoria delle sue dita, portandola diretta verso le labbra di Yukihira, per poi fermarsi a metà strada come ammaliata e calamitata da loro incontro visivo, in cui ebbe un flash immediato sul passionale bacio che si erano dati sulle piste da sci. Restarono in silenzio qualche secondo a guardarsi, attratti l'uno dall'altro, esplorandosi reciprocamente, probabilmente immersi ambedue nello stesso ricordo. Un ricordo che anche in quel tacito attimo sentivano la voglia di rivivere. Fu lui a parlare per primo, sciogliendo quel momento di sensuale e silenziosa fascinazione, che spiegava solo quanto si amassero e desiderassero, o quanto volessero essere liberi di stare insieme sperando in qualcosa di impossibile dal suo punto di vista.
-ci sarò sempre anche per te, Nakiri. Tengo ad entrambe molto e beh..- seguì lui, sottovoce, soffermandosi sulle labbra di lei e sghignazzando -..soprattutto quando il tuo istinto ti porta a ricercare il mio contatto, come adesso.-
Lei diventò paonazza, ma non riuscì ad allontanare il viso dal suo e allora Yukihira, vedendola consenziente e incapace di separarsi come al solito, avvicinò ancora di più la sua bocca per unirla definitivamente con lei; peccato che un secondo prima di baciarsi, ecco che Marika spalancò la porta rompendo l'atmosfera che si era creata tra loro:
-Soma oniichan! Soma oniichan!- iniziò a chiamarlo, ripetutamente, correndogli in contro per abbracciarlo forte.
-ciao piccola..- disse lui, stringendola teneramente a sua volta e carezzandole le ciocche bionde.
-scusate ragazzi, ma Marika voleva davvero entrare.- commentò Alice, entrando nella stanza, seguita dagli altri.
Erina si trovò a sopprimere un respiro di sollievo, ringraziando mentalmente sua figlia per il tempismo: se non fosse arrivata, avrebbero finito per baciarsi di nuovo commettendo lo stesso errore.
Guardò con un sorriso materno sua figlia stritolare Yukihira, che sembrò apprezzare le tenerezze della bimba_dato l'accennato sorriso che solcava le sue labbra mentre Marika gli faceva “le feste”_.
-sono super contenta che stai bene! Tanto tanto!- marcò le parole, pura ed innocente, assolutamente sincera.
-grazie di avermi protetto, Soma oniichan.-
Erina osservò Marika socchiudere gli occhietti ambra, ascoltando il caldo abbraccio dell'uomo con un sorriso solare.
Era palese che la figura di Yukihira avesse iniziato a fornirle sicurezza e tale sentimento si spiegava da come tutti i piccoli gesti d'affetto, d'amore, di vera gioia le venivano naturali, spontanei, fiduciosi e pieni d'ammirazione quando si trattava di interagire con lui. Ormai la figura di Yukihira era luminosa nel cuore di Marika e, se veramente se ne fosse andato, era sicura ne avrebbe sentito la mancanza: in fondo, anche se non lo sapeva, era suo padre. L'attaccamento verso di lui era genetico, radicato, inevitabile nel momento nel quale avrebbe iniziato a viverlo e inconsciamente ad avvertirlo.
Marika aveva bisogno di Yukihira. Allora perché continuava ad essere egoista e ad avere paura a rivelarglielo?
Perché questo poteva portare a risvolti imprevedibili: Yukihira poteva decidere di mettere da parte l'odio per lei, per quello che gli aveva fatto, e diventare ufficialmente il padre di Marika; oppure, in caso di risvolti negativi, andarsene e lasciarla da sola: forse non l'avrebbe mai fatto perché c'era una bambina di mezzo, ma per una loro utopica relazione non ci sarebbe stato futuro in entrambi i casi.
Come poteva aspettarsi che Yukihira l'avrebbe perdonata, un giorno, se gli avesse detto tutto?
Non sarebbe successo.
-stai bene, vero Marika? Ti ho protetto bene, come un vero eroe?- scherzò allegro, facendole un buffetto sul naso all'insù, che le strappò un armoniosa risata. -certo Soma oniichan! Ma ho avuto tanta paura..- ammise tristemente.
-sono contenta che stai bene! Davvero tanto!- ripeté, con voce squillante.
Si asciugò le lacrime.
-non piangere più, piccola. Sto bene e l'importante è che la mia principessa sia salva!- le strizzò l'occhiolino, con aria simpatica. Marika annuì concitata e sorrise, ora tranquillizzata.
-quando uscirai dall'ospedale?- domandò Alice.
Nessuno, neanche Erina, fin ad ora si era espresso di fronte a quel momento dedicato interamente a padre e figlia_inconsapevoli di esserlo_. -visto che il dottore ha detto che non ti sei fatto niente di grave, non credo ci vorrà molto prima che ti dimettano.. giusto?- si unì Hisako, rilassata.
-tornerai presto a giocare con me, vero Soma oniichan?- chiuse, emozionata, Marika.
Lui le accarezzò i ciuffi biondi, premuroso e rassicurante rispose:
-certo! Vedrai che domani starò già meglio!- esclamò sicuro, alzando il pollice.
-cerca di non sforzarti troppo, però, ci siamo capiti Yukihira?- puntualizzò Erina, fissandolo risoluta.
Lui le sorrise, alzando il pollice. -tranquilla Nakiri!-
-ah!- tuonò Hisako, come se si fosse ricordata solo in quel momento di qualcosa di importante.
-Erina! Dimenticavo!- infatti continuò:
-mi ha chiamato Rokuro-san, tutto preoccupato sul cellulare, visto che sono le 20.00 di sera e non siamo ancora tornati alla villa. Non l'avevi avvertito di quello che era successo? Sembrava all'oscuro di tutto! Pensavo l'avessi chiamato!-
Hisako era alquanto meravigliata. Giusto! Realizzò subito dopo: era stata talmente preoccupata per Yukihira che si era dimenticata di avvertire il suo compagno sulla situazione.
Non gli aveva detto che avrebbero fatto tardi a causa dell'incidente.
-già.. mi sono dimenticata di avvertirlo.. Sono proprio una stupida!- si rimproverò ad alta voce -adesso lo chiamo.-
Uscì di corsa dalla camera di Yukihira, per chiamarlo; Hisako, tuttavia, le corse dietro per fermarla per una spalla.
-..e cosa pensi di dirgli, anche se lo chiamassi? Siamo seri, Erina, sei stata due ore al capezzale del letto di Yukihira, credi sia normale dargli una spiegazione simile? Sai quanto sia geloso di lui: se sapesse una cosa del genere, per quanto Yukihira abbia rischiato la vita, non gli farebbe piacere sentirlo.-
Lei la fissò piccata. -e allora cosa proponi di fare, Hisako? Non posso mentire ogni volta, lo sai! E poi, se fosse arrabbiato, avrebbe tutte le ragioni di esserlo.. sa perfettamente che la situazione tra noi è cambiata e, come sai, abbiamo già discusso di tali problemi. Dopo che non l'ho nemmeno chiamato per dirgli perché non siamo tornati, penso che si meriti almeno una spiegazione sensata. È il minimo che posso fare. So che si arrabbierà, ma ci sono altre alternative? Ne conosci qualcuna?-
Hisako sospirò. -senti.. ci ho parlato io a telefono prima: dice che avevi il cellulare spento e gli ho detto che avevi la batteria scarica. Lui poi mi ha chiesto dov'eravamo tutti; ma, siccome volevo evitare che venisse all'ospedale vedendoti tanto distrutta per le condizioni di Yukihira e dandogli così adito ai suoi dubbi sui tuoi sentimenti, gli ho raccontato quello che è successo, dicendogli che gli avresti spiegato tutto dopo, nel dettaglio: ho pensato fosse la cosa migliore in quel momento, dato che non eri in condizioni di parlare a telefono. Poi, vedi tu cosa fare. L'unico consiglio che posso darti è di non fargli vedere quanto tu sia stata preoccupata per Yukihira. Quindi, se lo chiami, cerca di essere naturale.-
-grazie Hisako, ma non dovevi davvero fare una cosa del genere.-
-perché saresti stata in grado di parlargli? Ne dubito. Anche adesso si vede quanto tu sia spossata dagli avvenimenti di oggi. Prendi un respiro profondo prima di chiamarlo e sii cauta con le parole.- le sorrise gentile, concludendo:
-adesso torno dagli altri. Ti aspetto nella stanza.-
Lei annuì e guardò la sua migliore amica allontanarsi.
Poi, raccolto un respiro profondo cercando di controllarsi, chiamò Rokuro.


 
****


Qualche minuto dopo, nella stanza dove si trovava, Soma vide entrare il dottore:
-vedo che si è svegliato Sig.Yukihira! Come si sente?-
Anche il resto dei suoi amici si mise in ascolto delle parole del medico.
-un po' frastornato, il polso e la testa dolenti, ma per il resto sto bene!- decretò compiaciuto -quando verrò dimesso?
Vede.. domani ho un banchetto importante e se lo perdessi mi dispiacerebbe molto!-
-sei per caso impazzito Yukihira!?- rientrò impetuosa nella stanza, Nakiri, facendo addirittura spaventare il medico e ghignare Alice. -credi di poterti occupare di un banchetto dopo una caduta simile?
Come al solito metti avanti tutto a te stesso! Sei il solito idiota!-
Lui ridacchiò divertito e piacevolmente onorato dalle premure di Nakiri.
-mi dispiace Sig.Yukihira, però credo che sarà impossibile per lei partecipare a questo banchetto: anche se per fortuna non ha avuto gravi danni fisici, ha una distorsione al polso e il lieve trauma cranico, per guarire del tutto, avrà bisogno di qualche giorno di assoluto riposo e pochi movimenti bruschi.
Non sarebbe in grado di gestire lo stress di un banchetto senza svenire.-
Davanti a quella rivelazione, gli dispiacque molto: amava cucinare e il lavoro per lui era importante, per cui sapere che si sarebbe perso un'esperienza del genere lo seccò non poco. Non poteva fare altrimenti, a malincuore, che accettare le condizioni del medico, se voleva riprendersi del tutto. Sbuffò frustrato e alzò gli occhi verso il soffitto, amareggiato dalla sua situazione; tuttavia, anche così, non era affatto pentito di aver protetto la piccola Marika e, pensando a lei_dopo averla guardata di sbieco mentre era impegnata a giocare con Naoki_arricciò un sorriso.
-comunque, potrà essere dimesso già da domani. Per stanotte la terremo sotto osservazione per essere sicuri che stia davvero bene.- proseguì il dottore -detto questo, buona guarigione Sig.Yukihira.-
-la ringrazio dottore! Seguirò i suoi consigli.-
L'uomo fece un inchino rispettoso ed uscì dalla stanza.
-finalmente ti sei deciso a pensare a te stesso!- lo provocò Nakiri, esasperata.
Lui rise, rispondendo con aria spassosa:
-facendo in questo modo potrò tornare il prima possibile a cucinare!-
I due si guardarono di nuovo negli occhi: chimici, attratti, brillanti.
Per un attimo, il resto delle persone della camera scomparve restando “metaforicamente” sono loro due dentro essa e ciò che provavano. -non cambierai mai!- affermò lei, regalandogli un sottile sorriso che solo lui riuscì a cogliere_dato che era tutto per lui_. Entrambi, però, ripensarono al "quasi secondo bacio" che c'era stato prima.

E fu così che lui trascorse tutta la notte in ospedale, in osservazione, e dopo che Nakiri e gli altri se ne furono andati tutta la malinconia e il fastidio che sentiva nello stare nell'ospedale, tornò precipitosamente: non dormì molto bene la notte, ma si consolò pensando che domani l'avrebbero dimesso e avrebbe rivisto la piccola Marika e Nakiri.



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Angolo autrice: ecco qua il nuovo cap, ragazzi! mi scuso per l'enorme ritardo, ma ho passato una sessione esami devastante all'uni e ho finito con gli esami solo qualche giorno fa. Non sono riuscita a trovare il tempo per aggiornare.
Ma tranquilli, non ho abbandonato affatto il progetto! XD cosa ne pensate di questo cap? come avrete visto, Soma inizia a a farsi le prime domande su Marika e stavolta dice cosa pensa in faccia ad Erina, che nel panico! ahahah XD
Per il resto, questo cap è un po' drammatico e molto concentrato Soma ed Erina e Soma e Marika. Spero di aver reso bene le scene in ospedale, ma non troppo pesanti. E soprattutto, spero di essere rimasta IC con i PG.
Cosa ne pensate? Vi è piaciuto? fatemi sapere! *-* ringrazio tantissimo chi ha lasciato le recensioni e chi ha ripreso a seguirmi <3 <3. Mi scuso enormemente per non aver ancora risposto alle vostri recensioni, ma cercherò di farlo il prima possibile. Perdonatemi ç____ç Spero di non avermi deluso! ç___ç
P.S: il prox cap sarà dedicato un po' anche alla UmiUmi (TakuMegu).

Un bacione grande!! grazie davvero!! *_____*
Erina91

 

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Capitolo 18
*** La decisione di Megumi ***


La decisione di Megumi


Megumi si stava preparando per l'uscita a quattro con Takumi, Isami e Mito.
Era anche l'ultimo giorno per Soma a Nagano e per telefono, proprio ieri, aveva scoperto che durante una caduta era finito all'ospedale. Inizialmente si era spaventata quando glielo aveva raccontato e sarebbe voluta andare da lui per accertarsi che stesse veramente bene, ma l'aveva rassicurata dicendole che non era niente di grave_anche se purtroppo non avrebbe potuto partecipare al banchetto che lo aspettava oggi_.
Mentre rifletteva sulla conversazione di ieri con Soma, si diede un'ultima sistemata allo specchio prima di uscire.
Provò una sorta di senso di colpa per il suo ragazzo al pensiero di star uscendo con Takumi, visto ciò che provava per lui, e soprattutto perché_che lo negasse o meno_era felice di farlo.

Arrivò davanti al luogo dell'appuntamento puntuale e vide che anche tutti gli altri c'erano già. Takumi le sorrise e lei lo ricambiò, poi salutò allegra anche Mito e Isami. Mito l'abbracciò stretta, felice di vederla dopo tanto tempo:
-Megumi! Sono davvero contenta di essere riuscita a rivederti!-
-anch'io! Volevo chiamarti da tempo, ma tra una cosa e l'altra mi è sempre passato di mente.
Soprattutto perché sono indaffarata con la gestione del ristorante dei miei genitori e mi prende tanto tempo.-
-ah! Lavori ancora lì?-
-sì.. abbiamo avuto una specie di crisi di recente, ma pare che ultimamente stiamo risalendo grazie al cambio di menù. Sono molto sollevata da questo perché eravamo in serie difficoltà finanziarie.-
-sono contenta che abbiate risolto, Isami mi aveva accennato la situazione.-
-che vogliamo fare, ragazzi?- intervenne Takumi, portò gli occhi su di lei che si sentì arrossire di fronte a quello sguardo dolce quanto interessato, compiaciuto dal suo aspetto più rilassato e forse anche apprezzando il suo stile vestiario.
-direi di sì.- sussurrò sottovoce, allora, ancora lusingata dall'occhiata intensa di Takumi che, accortasi di essere stato troppo esplicito, si schiarì la voce portando gli occhi altrove, facendola imbarazzare ulteriormente.
-che ne direste di partire con l'andare a pattinare?- propose Isami, cercando l'approvazione degli altri.
Mito si mostrò subito propensa e annuì afferrando la mano di Isami:
-va bene! Non sono propriamente brava a pattinare, però mi piace.-
Megumi sorrise, invece, accettando e motivata a provare.
-allora se siamo tutti d'accordo, avviamoci!- si unì Takumi, alzando il pollice.

Come c'era da aspettarsi da un appuntamento a quattro, lei e Takumi camminarono fianco a fianco per non risultare troppo invadenti tra Mito e Isami e quest'ultimi_giustamente perché stavano insieme_procedevano tenendosi per mano e pattinando insieme. Morale della favola: si era creato l'ennesimo appuntamento non programmato tra lei e Takumi, che furono piacevolmente costretti a trascorrere gran parte del tempo insieme.
Il contesto si fece ulteriormente critico al momento che dovettero separarsi da Isami e Mito perché quest'ultima, scivolando sulla pista da pattinaggio, aveva preso una sgradevole e forte botta alla rotula del ginocchio ed Isami la dovette trascinare al pronto soccorso per fare una radiografia immediata, scusandosi con loro.

-speriamo che Mito-san non si sia fatta niente di grave.- disse apprensiva, lei.
Takumi le mise una mano sulla spalla e le sorrise rassicurante:
-sono sicuro che non sia niente di serio.-
Il contatto con la presa leggera e calda di Takumi la destabilizzò non poco.
Il tocco era delicato, morbido, gradevole, sinceramente pieno d'affetto.
Era un po' che non si sentiva accarezzare con tanta naturalezza da qualcuno: tutti i momenti in cui Soma la sfiorava sentiva quanto in realtà non fosse trascinato da quel contatto ed ogni volta era una dolorosa ammissione ed una certezza, che, per tenerlo egoisticamente accanto a lei o non separarsi da lui,  oppure nella speranza che non la lasciasse per Nakiri.. si imponeva di negare. Però.. più passava il tempo a sforzarsi di stare con qualcuno che non la amava più e a pregare che questo cambiasse, più sentiva che era sbagliato, ingiusto, che stava solamente perdendo tempo precludendosi altre possibilità. Precludendosi il fatto che, a causa della sua ostinazione e del suo sofferente amore per Soma, stava anche rinunciando a qualcuno che forse teneva seriamente a lei e che, di conseguenza, la faceva sentire bene.
Sapeva, avvertiva, ascoltava le carezze di Takumi e, più lo faceva, più aveva la conferma che c'era qualcosa tra loro; che Takumi provasse dei reali sentimenti, che ci tenesse davvero a lei.
-speriamo tu abbia ragione.- rispose distrattamente alle sue parole, ancora immersa tra i suoi pensieri. Essi raggiunsero il picco quando, d'istinto, portò gli occhi su Takumi presentandosi più audace di quello che credeva:
-senti Takumi-kun..- infatti iniziò -.. per caso hai fretta di tornare a casa?-
Il ragazzo sussultò colpito da tali e inaspettate parole.
-no, oggi il ristorante è chiuso. Io e Isami ci siamo presi un giorno libero.-
Voltò gli occhi altrove, si portò una mano dietro la nuca per nascondere l'imbarazzo, continuando il discorso:
-e tu Megumi?- La domanda era alquanto impacciata e lui pure, ma lei lo trovò adorabile.
-no, come sai ho il giorno libero oggi.- affermò in seguito, sorridendo timidamente e sostenendo il suo sguardo.
-che ne diresti di stare ancora un po' fuori? Non ho molto da fare.-
Infine, dunque, il diretto invito che tanto voleva fargli uscì spontaneamente dalle sue labbra e, forse per la prima volta, non avvertì più di tanto il senso di colpa verso Soma per aver chiesto a Takumi la continuazione di quell'appuntamento.
Che avesse finalmente accettato l'idea che con Soma fosse finita?
E che, se non voleva soffrire ancora, doveva essere decisa a lasciarlo_anche se questo l'avrebbe emotivamente distrutta_?
Cercò di trattenere le lacrime per non far preoccupare Takumi e rovinargli la giornata con i suoi problemi sentimentali, poi attese la sua risposta:
-volevo proprio chiederti la stessa cosa, Megumi.- convenne lui, poco dopo:
-a casa da solo non saprei cosa fare ed oggi è una bella giornata e anche il mio giorno libero.
Mi sembrerebbe uno spreco passarlo da solo, non credi?-
-va bene..- arrossì lei, sorridendo candidamente. -cosa vorresti fare?-
-anche solo passeggiare va bene.-
-allora andiamo ad un parco!- acconsentì lei, radiosa.
Con questo proseguirono verso uno dei parchi più grandi di Tokyo sorridendo e parlando del più e del meno.
Ogni tanto le loro dita si sfioravano, ma entrambi erano limitati dal farlo pensando a Soma.


 
****


Takumi sentiva che qualcosa anche nei sentimenti di Megumi era cambiato, nei suoi confronti. Avvertiva che ricercava e desiderava il suo contatto_pur essendo ancora legata a Soma_ e questo, oltre a farlo sentire male nei riguardi del suo amico, purtroppo lo deliziava e lo portava a voler approfondire le effusioni con lei, a soddisfarle, considerarle seriamente e questo anche facendo un torto a Soma. Sapeva che quest'ultimo non provava più niente per Megumi e da un certo punto di vista tale realizzazione lo spingeva prepotentemente ad agire con Megumi; ma, nonostante questo, non riusciva a non sentirsi un traditore verso Soma, approfittandosi della nascita di interesse per lui da parte di Megumi. Era chiaro che entrambi si piacevano ed adesso più che mai, ma cosa sarebbe stato giusto fare in questo caso? Continuare a passeggiare con Megumi senza toccarla, viverla pienamente, sentire la morbidezza della sua pelle o la delicatezza della sua mano, oppure senza soffermarsi sulle sue labbra desiderando di assaggiarle.. non gli bastava più. Il sentimento affettivo, amoroso ma platonico che stavano vivendo era bello ed emozionante, tuttavia stava anche iniziando a non essere più abbastanza_almeno per lui_ e più trascorreva del tempo con lei, più voleva farla sua. Stringerla, proteggerla, vezzeggiare ogni parte del suo corpo. Desiderarla sentimentalmente e sessualmente. Cercò di darsi un freno a quel pensiero poco casto e d'istinto fece un salto di lato allontanandosi dalla loro vicinanza, tanto da far sobbalzare anche Megumi:
-Takumi-kun! Stai bene?- chiese, preoccupata dal suo improvviso scatto.
-scusa Megumi.- riuscì solo a risponderle, riportandosi lentamente di fianco a lei -credevo di aver pestato qualcosa che non dovevo.- si inventò, ridacchiando. Provò a pensare a qualcosa per cambiare discorso e finì per chiederle del suo ristorante_visto che non ne avevano più parlato_:
-ho sentito che dicevi a Mito-san che la situazione al tuo ristorante è migliorata molto rispetto a qualche settimana fa.
Sono contento di questi miglioramenti.-
-oh sì, ci stiamo riprendendo. Ora infatti sono più tranquilla.-
-si vede! Oggi eri raggiante..- portò le iridi verso di lei facendo una silenziosa pausa, osservandola intensamente, e non riuscendo a trattenersi dal dirle apertamente:
-..e anche molto carina.-
Si accorse troppo tardi di aver osato più di quanto avrebbe dovuto, ma stranamente non si pentì di aver espresso ciò che aveva pensato da quando l'aveva vista comparire davanti a loro, nel posto di ritrovo, e per tutto il resto della giornata.
I suoi sentimenti per lei stavano esplodendo senza controllo.
Megumi invece, stupita dall'ennesimo complimento, diventò paonazza portando gli occhi sulle ballerine che indossava ai piedi. -grazie Takumi-kun.-
Calò il silenzio tra i due.
Fu lei a riprendere a parlare:
-sai Takumi-kun..- indugiò davanti a sé con aria nostalgica e riflessiva -..se non ci fossi stato tu, in questo periodo, non so cosa avrei fatto.- Takumi avvertì il suo cuore fare una capriola di felicità davanti a quella frase.
-cosa vorresti dire?- domandò confuso, desiderando approfondire il discorso.
-intendo che sei stato un sostegno essenziale. Per tutto. Ti avevo già accennato questo aspetto, ma ci tengo veramente a dirtelo a voce.- spiegò lei, brevemente -mi hai aiutato a capire tante cose ed è forse grazie a te se adesso riesco ad affrontare la situazione a testa alta, anche se fa molto male accettare la realtà dei fatti. Però adesso lo so. So cosa devo fare.-
-non capisco dove vuoi arrivare, Megumi.-
Era perplesso, ma le forti emozioni di quel momento lo stavano piacevolmente invadendo. Sentire quelle parole da parte di Megumi era stata la cosa più bella della giornata, se non ché la migliore da tempo immemore.
-non è facile spiegarti come mi sento, ma abbi pazienza ancora po': devo risolvere alcune questioni da domani in poi.-
Si aprì in un sorriso di circostanza, sforzato, che spiegava solo quanto cercasse di mostrarsi forte e decisa senza scoppiare in lacrime da un momento all'altro. Takumi era sempre più confuso, triste e ferito per lei. Si sentiva inutile, incapace di aiutarla, insignificante, ma sapeva perfettamente a quale questione si riferisse con quel discorso: c'entrava Soma e in qualche modo era anche lui il protagonista. Megumi stava cercando di fargli capire i sentimenti che stavano nascendo per lui, seppur in maniera contorta. Era consapevole quanto Megumi fosse ancora legata a Soma, però adesso aveva la conferma dei suoi nascenti sentimenti verso di lui.
-sai Megumi.. dovresti davvero smettere di nascondere il tuo dolore.- le suggerì -ho capito cosa stai cercando di dirmi.- D'istinto le strinse la mano, specchiandosi con decisione nei suoi occhi -aspetterò.- poi dichiarò, convinto.
Megumi sgranò gli occhi davanti ad una risposta tanto rapida.
-so cosa stai pensando, Megumi.- continuò consapevole, -pensi che stia tradendo Soma perché sento qualcosa per te?-
Lei arrossì di fronte a quell'esplicita dichiarazione, poi scosse la testa:
-no, Takumi-kun, non stai tradendo Soma-kun. Sappiamo benissimo quanto certi sentimenti siano invadenti ed ingestibili. So cosa prova Soma-kun per Nakiri. Ho cercato e sperato non fosse così, ma lui è innamorato di lei e non prova più niente per me. Paradossalmente stiamo ancora insieme solo perché lui è compassionevole e sa in che situazione mi trovo con il ristorante. Sta con me solo per pietà.- questa volta pianse davvero, -ma io non posso continuare così, è troppo doloroso accettare questa verità.- mormorò. -scusami Takumi-kun.- aggiunse, tra i singhiozzi -è meglio che vada adesso.
Sapevo sarebbe finita così oggi. Non voglio perdurare questo incontro o disturbarti ulteriormente.-
Detto questo, lasciò lentamente la sua mano e aumentò il passo per fuggire.
Takumi rimase a guardare la sua figura allontanarsi sempre di più, strinse i pugni con forza, rabbioso:
-Soma.. perché sei dovuto arrivare a questo punto?-
Senza pensarci due volte, prima di vedere la schiena di Megumi sparire completamente, iniziò ad inseguirla più veloce che poteva, fino a raggiungerla, e afferrò il suo polso in una salda stretta e affannato dalla corsa.
Lei si girò di scatto, colpita. -Takumi-kun..-
Fu in quel momento che Takumi non pensò a niente, l'abbracciò solamente forte e in una presa confortevole, consolatoria, al contempo passionale, sincera e desiderosa. Quando si staccò da lei sorrise con dolcezza, portando le mani ai lati delle sue guance, asciugandole le ultime lacrime con i pollici, per poi dirle tutto quello che si teneva dentro:
-so che sei ancora legata a Soma, Megumi, ma non posso più tenermi dentro quello che provo per te. So anche cosa significa ciò che mi hai detto prima e per me è già tanto. Te l'ho sempre detto che non sopporto di vederti così e ho solo compreso di recente il motivo per cui mi senta tanto ferito da cosa stai passando; quindi, fidati di me, aspetterò il momento in cui sarai pronta a separarti da Soma e anche quando deciderai di dedicare i sentimenti che stanno nascendo dentro di te solo a me. So che dovrei sentirmi in colpa per il fatto che sto cercando di conquistare la ragazza del mio migliore amico..- distolse lo sguardo, desolato, aprendosi in una risata amara -..ma conosco Soma meglio di chiunque altro e so benissimo quali siano i suoi veri sentimenti; per cui, no, non credo di star facendo qualcosa di sbagliato. Non penso che tutto questo farà soffrire Soma. Ti potrà sembrare una cattiveria o un discorso egoista, ma è così che mi sento veramente.-
Megumi si emozionò davanti alle parole di Takumi, abbassò la testa poggiandola contro il suo petto e lui continuò a tenerla fra le sue braccia. Non furono pronunciate altre parole fra loro, vi era unicamente una tacita consapevolezza dei loro sentimenti reciproci. Di ciò che provavano. Di un nuovo inizio dopo che Megumi avesse trovato la forza di chiuderla con Soma e fosse riuscita a donare le sue nuovi emozioni, in maniera totale, a Takumi.



 
****


Erina si trovava nel suo ufficio ad occuparsi di alcuni lavoretti agili per l'Adashino C.B.
Erano passati un paio di giorni da quando erano rientrati da Nagano e non aveva smesso di pensare al bacio che si erano dati lei e Yukihira sulle piste da sci. Fortunatamente, dopo il giorno del banchetto a Nagano, lei e Yukihira non si erano più visti perché avevano tutti ripreso a lavorare alla Sede solo oggi e grazie al non averlo visto, per quanto sentisse purtroppo la sua mancanza, era riuscita a dosare i suoi sentimenti mettendoli in un angolino. Sapeva, tuttavia, che il controllo delle sue emozioni_al momento che si fossero di nuovo incontrati_sarebbe venuto meno.
Mentre firmava distrattamente alcuni fogli e pensava a tutta quella complicata situazione, ecco che squillò il telefono fisso appoggiato sulla sua scrivania. Rispose immediatamente e si sorprese di sentire che proveniva dall'Italia e si trattava di un urgente ingaggio a Venezia, una delle città più belle dell'Italia. Riattaccata la telefonata e dopo aver confermato loro la presenza, si premurò subito di avvertire il direttore e di occuparsi di avvisare anche il resto dei suoi colleghi.
Lasciò da parte il lavoro che stava facendo e andò in ogni ufficio a dare la notizia del nuovo e lontano incarico.

L'attimo degli avvisi scorse velocemente e alla fine si trovò a dover avvertire anche Yukihira, fermandosi a fissare la porta del suo ufficio con aria preoccupata. Restò in silenzio, a disagio, davanti alla porta, per qualche minuto indefinito; in seguito, raccolse un enorme respiro e bussò. La voce dell'uomo l'accolse subito e il tono da lui usato le era parso addirittura più caldo e armonioso del solito. Sembrò spiazzato quando la vide comparire in mezzo alla stanza, tanto che sussultò confuso ma rivolgendole istintivamente un sorriso. -Nakiri! Cosa ci fai qui?-
-Yukihira..- il suo nome fu l'unica parola che uscì dalle sue labbra.
Lo vide alzarsi da dietro la scrivania e venirle in contro.
Gli era tanto mancato che per un attimo rimase a fissarlo mentre si avvicinava sempre di più, come incantata dalla sua affascinante figura. Non che fosse una novità il fatto che ogni volta rimasse deliziata dal suo portamento e i suoi modi di fare, ma quella mattina le era sembrato fosse passato troppo tempo dall'ultima volta che si erano parlati e invece si trattava solo di un paio di giorni. -immagino che tu sia qui perché devi darmi qualche comunicazione riguardo al lavoro.-
Lei annuì subito, rispondendogli freddamente:
-esatto! Non ci sono altri motivi per cui sono qui.-
-come al solito eviti di essere sincera con te stessa e con me.- la provocò divertito, Yukihira -comunque, è stato lo stesso un piacere la tua visita.- Le strizzò l'occhiolino, sbarazzino, facendola arrossire.
-risparmia la tua ironia, Yukihira, il motivo per cui sono qui è solo per lavoro.-
-d'accordo allora! Sono tutto orecchi!- ridacchiò sollazzato dal suo atteggiamento contrastante.
Erina si sentì abbastanza infastidita di fronte a quella risposta non data seriamente e dal non riuscire più a distoglierlo dall'idea che lei cercasse di mantenere le distanze perché era costretta a farlo per motivi suoi, non tanto perché non volesse stare con lui; purtroppo sapeva benissimo essere una recitazione la sua e anche il respingerlo non veniva più preso con serietà da Yukihira. Era arrivata ad un punto della situazione nel quale non sapeva più come comportarsi perché Yukihira era perfettamente consapevole dei suoi sentimenti verso di lui. Sapeva che anche lei lo amava davvero, ma era frenata dai suoi errori passati. Cercò di tornare alla realtà ritrovando la sua compostezza, in modo tale da esporre le novità:
-adesso, Yukihira, cerca di prendere seriamente il tuo compito e ascoltami..- lo fissò negli occhi, severa -..mi hanno chiamato stamattina dall'Italia e hanno bisogno che noi partiamo tra un paio di giorni per Venezia per l'organizzazione di un banchetto lampo per il matrimonio di un rinomato politico.- cominciò a raccontare -ho avvertito tutti molto rapidamente visto che da stasera bisogna subito iniziare a mettere le prime cose in valigia.-
-capisco! interessante! Mi piace questo ingaggio inaspettato! Poi in Italia non ci sono mai stato!
Da stasera inizierò a preparare tutto.- sorrise entusiasta. -quanto giorni sono?-
-si tratta solo di quattro giorni. Il banchetto è il penultimo giorno.-
-d'accordo! Grazie di avermi avvisato Nakiri.-
In seguito si fece pensieroso, chiedendole infine:
-ma con Marika come fai? Non ricomincia la scuola domani?-
Lei sospirò.
-sarò costretta a farle saltare i prossimi quattro giorni: vado troppo lontano per lasciarla al nonno e non me la sento.-
-sicuramente sarà emozionata all'idea di andare a Venezia, è un città davvero particolare.- pensò ad alta voce, aprendosi in un amorevole sorriso che si presentava solo quando la sua mente era rivolta a sua figlia e inconsapevolmente agiva come un padre affettuoso. -lo sarà sicuramente.- concordò Nakiri, incapace di controllare la tenerezza delle sue parole di fronte al sorriso paterno di Yukihira. Calò il silenzio tra i due e fu un silenzio in cui lei pensò fosse il momento giusto per andarsene, prima che la passione tra loro esplodesse_visto che si guardavano già molto desiderosi_.
Peccato che, un'altra volta, il pensiero tornò al focoso bacio sulle piste da sci.
A tale pensiero si irrigidì tutta, deglutendo nella speranza di gestire le sue emozioni e i vivi ricordi di quel giorno.
Si fermò di colpo prima di uscire dalla stanza, decidendo di dare le spalle a Yukihira, poi d'impulso chiese impacciata:
-come sta il tuo polso? Si è ripreso bene?-
Sentì i suoi passi farsi sempre più vicini dietro la schiena e come reazione immediata trattenne il respiro, socchiudendo gli occhi cercando di gestire la pressione al cervello causata dalla loro reciproca tensione attrattiva, sotto le sembianze di metaforiche scintille elettriche che sembravano scricchiolare ad ogni movimento silenzioso e lento di Yukihira verso di lei. Movimento che, come si aspettava, si fece più audace quando sentì i polpastrelli di lui sfiorare le ciocche bionde e spostarle davanti ai suoi occhi per scoprirle il collo, piegandosi pacatamente in prossimità della sua nuca per lasciarle un bollente bacio che la fece gemere in maniera incontrollata, intanto che anche le mani scendevano sensualmente dalla parte anteriore della schiena per carezzarle le braccia, fino a raggiungere i fianchi.
Sentì, in seguito, il respiro di Yukihira stuzzicarle l'orecchio e sussurrarle malizioso:
-come puoi vedere mi sono ripreso pienamente, Nakiri, adesso non ho problemi a spingermi oltre con te. Che ne dici?- recitò giocoso. Sentì il cuore esploderle nel petto, furioso, incapace di fermarlo.
-Yukihira..- farfugliò stremata, stringendo con forza il suo braccio e girandosi per guardarlo nelle iridi ambra -..sai che non sono qui per farmi sedurre.- borbottò solo, non trovando altro da dire visto che si era veramente stancata di combattere i suoi sentimenti, soprattutto perché la persistenza di lui era diventata talmente irrefrenabile dal non riuscire ad affrontarla con lucidità e decisione. Oltretutto, il bacio che c'era stato tra loro aveva solamente incrementato i suoi desideri e aizzato le emozioni che tanto cercava di nascondere o rilegare nella parte più piccola del cuore, senza alcun successo.
-non so più cosa fare con te. È diventato pesante affrontarti ogni volta, perché finisci sempre per fare come ti pare.
Sei un vero tormento!-
Lui ridacchiò sereno, mostrando di non sentirsi offeso dalle sue parole. -se sapessi di non avere possibilità non lo farei.- ammise sinceramente, sorridendo  -..e te mi stai dimostrando tutt'altro.-
-esatto! È così!- esplose esasperata, spingendolo lontano di qualche passo -mi pare tu abbia già confermato per conto tuo quali sono i miei sentimenti per te, ma avrai anche capito che per me accettare di provarli e desiderare di voler venire da te non è positivo, giusto? Che non è quello che voglio?- lo attaccò furiosa, seguendo come un fiume in piena:
-ad un certo punto dovrai anche rispettare la mia volontà! Smettila di costringermi ad accettare ciò che provo per te! Non voglio e basta!- dalla rabbia le era anche uscita qualche lacrima e l'espressione dispiaciuta e confusa di Yukihira non fece altro che ingrandire la sua ferita, il suo dolore.

Ci fu un attimo in cui entrambi non parlarono, si guardarono e basta: lei con un espressione rigida e sofferente in volto e lui sempre più perplesso dalla sua ostinazione. Solo qualche minuto dopo Yukihira riprese a parlare:
-perché non vuoi accettarli, Nakiri? Tu stessa mi hai appena detto cosa provi per me? Non capisco perché tu voglia ridurti così solo per sforzarti di respingermi e di non stare con me. C'è chiaramente qualcosa che non so dietro i tuoi comportamenti. Per caso il problema è qualcosa che mi riguarda? Con la tua famiglia? Con Marika?-
All'ultima domanda, sbiancò totalmente, distogliendo di scatto lo sguardo da lui nella speranza che non notasse il suo improvviso panico. -qualsiasi cosa sia.. perché sei tanto orgogliosa da non volerlo affrontare insieme? Davvero hai intenzione di affidarti totalmente ad un uomo che non ami e che per di più ti tratta in maniera tanto possessiva ed ossessiva? Davvero non riesco a capirti, Nakiri. Ti fai solo male e questa cosa inizia a darmi sui nervi!- sbottò irritato.
-chi sei tu per dirmi che ti do sui nervi? Non sai nemmeno in che situazione mi trovo e non hai il diritto di parlarmi in questo modo!- replicò risentita. Lui l'afferrò strettamente per le spalle:
-ovvio che non lo so se non ti spieghi e se continui a fare la misteriosa!- protestò contrariato -mi sembra solo che tu stia facendo un enorme cazzata!- aggiunse urtato -non mi ricordavo fossi tanto remissiva e codarda!-
-se credi che stia facendo una cavolata allora perché non mi lasci in pace e vai per la tua strada? Se mi trovi noiosa, remissiva e codarda perché non smetti di perseguitarmi!? Credi sia facile respingerti ogni volta?-
-non smetto perché so perfettamente chi sia la vera Nakiri e ciò che sei adesso non ti rappresenta. Non ti riconosco! Credo che il problema si nasconda tutto dietro a quello da cui stai cercando di proteggermi o che mi nascondi con tanta determinatezza. Sono sicuro di questo.- affermò convinto.
Lei portò gli occhi altrove, stancamente:
-lascia la mia mano, Yukihira. Subito!- ordinò con fermezza, sdegnata -mi stai facendo perdere tempo!
Ti sembra il momento di discutere? siamo a lavoro!-
In realtà voleva solo evitare il discorso con qualsiasi mezzo possibile.

 

****

Soma, contrariamente alla richiesta di Nakiri, la tirò a sé portando la vicinanza dei loro visi in una situazione pericolosa.
Si specchiò negli occhi lucidi e tristi di Nakiri, esplorò con curiosità e un affamato desiderio il suo volto lievemente truccato, i tratti delicati e candidi da bambolina di porcellana e in particolare le sue labbra sottili, rosee e succose, che da diversi giorni_dopo il bacio sulle piste_desiderava risentire e gustarsi.
-Nakiri..- cominciò con aria divertita, ridacchiando senza motivo -..sei sexy anche quando ti arrabbi!
Quasi quasi trovo divertente anche farti perdere la pazienza!- continuò a ridere, solare e spassoso.
Il suo era stato anche un modo per rompere quel momento di freddezza e rabbia appena nato, per alleggerire il fastidio creatosi dalla loro ennesima discussione. Lei avvampò davanti a quel commento, facendolo sentire ancora più soddisfatto; poi, ritornata impostata e distaccata, ribatté:
-credi che con una battuta simile dimentichi tutto? Sai che è impossibile!-
-non ho mai pensato che ti dimenticassi della discussione, so che non puoi farlo, ma non mi piace quando la situazione si fa troppo seria.- In tutto questo, però, continuò a stringerla contro di lui in una calorosa ed avida stretta, ricca di erotismo, incrementata dalla vicinanza dei loro visi e soprattutto delle loro labbra.
Potevano sentire ambedue il respiro dell'altro, che non fece altro che accrescere la voglia di concedersi a vicenda.
Furono infatti attimi di vera e proprio desiderio carnale, ricolmo di sentimenti ed emozioni represse e la costante voglia di ripeterle, sentirle emozionalmente e fisicamente. Vi era tutto questo in quella circostanza.
-prima o poi dovrai considerare la serietà di alcune situazioni e parole, Yukihira; e, il fatto che tu ancora non riesca a farlo, è un sintomo di immaturità e della tua invadente persistenza nel cercare di convincermi.-
Tuttavia.. ogni parola, frase, perfino lo sguardo e i movimenti di tutti e due, per quanto si accusassero e litigassero, descriveva invece il desiderio di “lasciarsi andare”, unire le labbra e magari possedersi sulla scrivania.
Tutto era ardente, eccitante, paradisiaco in quell'attimo. Lo era a tal punto che lui non riuscì a più a trattenersi e alzò per i glutei Nakiri, che sussultò colpita dall'imprevedibile gesto, adagiandola a sedere sullo spazio vuoto della scrivania e avvinghiando le sue gambe dietro ai suoi fianchi, che lei provò a togliere senza alcuna speranza.
Fu così che Nakiri si arrese e gli diede il tempo di protrarsi verso il suo collo, scostando i ciuffi di troppo e scendendo a baciarle la morbidezza delle sue pelle su di esso, strappandole qualche risposta di disappunto gradimento.
-sai che non sono il tipo, Nakiri.- le fiatò sulle labbra, rispondendo alle sue parole -ma sono serio con te.-
Sorrise radioso e prima che lei potesse fuggire nuovamente la baciò con trasporto.
Nakiri, impossibilitata a respingerlo, schiuse le labbra e cominciò così uno scambio di lingue furioso, trascinante, senza alcun freno. Bacio che si adattò completamente con i seguenti contatti più intimi in cui Nakiri avvolse le braccia attorno al suo collo e circondò con forza le sue gambe, chiudendolo contro di lei, che avvertì la sua erezione solleticarla_ma questo non interruppe quel momento di reale passione tra loro, tutt'altro_.
Di conseguenza, lui, ascoltando l'evidente coinvolgimento anche da parte di Nakiri, si sentì più libero e voglioso di condividerlo e viverlo pienamente perché non aspettava altro da giorni e, se si voleva essere più precisi, da anni_visto che non aveva mai dimenticato quella notte_. Dunque, aumentò l'attrazione da capogiro di quel momento scendendo con la mano sotto la gonna di Nakiri, che sobbalzò davanti al suo “osare oltre” ma era talmente fuori di testa che non lo bloccò, e riuscì a sfilarle con facilità le calze che coprivano le sue gambe, portando poi la mano verso la sua parte più nascosta. Però, proprio quando stava per liberarla anche degli slip, un'immagine di Megumi saettò nella sua mente facendolo sentire uno schifo: in fondo tradire andando a letto con un'altra, anche se l'amava, era molto peggio di qualche bacio. Subito dopo, vedendo la sua esitazione, anche Nakiri bloccò la sua mano spingendolo via.
-che cavolo facciamo di nuovo! Che diavolo mi è preso ancora! Non posso fare questo a Rokuro, accidenti!
Non posso venire a letto con te, Yukihira! Perché è così difficile?- imprecò disperata, sfogandosi, scendendo rapida dalla scrivania e andando alla ricerca delle sue calze, volate in qualche angolo remoto della stanza.
Dopo averle raccolte, si sistemò la camicetta e lo osservò con aria frustrata, nel frattempo che lui era rimasto a capo chinato e ancora travolto dai sensi di colpa verso Megumi. -non possiamo andare avanti così, Yukihira..- continuò stravolta -..non possiamo. Dobbiamo trovare una soluzione! Siamo anche a lavoro e per fortuna che non è entrato nessuno!
Mi sembra di impazzire! mi stai facendo impazzire con il tuo comportamento!-
-hai ragione, Nakiri..- concordò solo, lui -..devo parlare con Megumi subito. Non posso aspettare ulteriormente!
Devo dirle quello che voglio veramente.-
-fai come ti pare, ma anche così la situazione non cambierà dato che non ho intenzione di assecondare i miei sentimenti per te.- detto questo, dopo aver indossato di nuovo le calze, fece per uscire dal suo studio; tuttavia, appena la vide scappare, la trattenne per un polso. -aspetta..-
-Yukihira, ti prego, lasciami stare.. sto davvero male per colpa tua!-
Nakiri cercò di scrollarsi dalla sua presa, dimenandosi, senza comunque riuscirci, perché poco dopo lui la abbracciò da dietro e fu un abbraccio sincero e ricco di sentimenti. -prima voglio che tu sappia che mi sono fermato solo perché sto ancora con Megumi, non perché ci sono stati cambiamenti nei miei sentimenti. Anche quando le avrò parlato non smetterò di fare ciò che sto facendo con te perché me è la cosa giusta da fare e qualsiasi cosa tu mi nasconda non mi fermerà.-
Nakiri si staccò da quell'abbraccio tanto confortante, a fatica, alzò lo sguardo verso di lui e tristemente gli disse:
-non è così facile, Yukihira.. quando lo scoprirai sicuramente ti fermerai.-
Dopo questa frase alquanto emblematica e allo stesso enigmatica e malinconica, accompagnata da un sorriso amareggiato che lo lasciò sempre più perplesso e pieno di domande, Nakiri abbandonò il suo studio.
Sapeva di non poterla fermare più perché non era ancora nella posizione di farlo finché non avesse lasciato Megumi.
Se non chiudeva con lei non sarebbe mai stato sinceramente determinato e convinto a conquistare Nakiri, perché i sensi di colpa verso quest'ultima avrebbero continuato a bloccarlo.


 
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Erina rientrò a casa dopo quell'intensa giornata, sentendosi sempre di più mancare il respiro di fronte all'emozioni provate nello studio di Yukihira e alla sofferenza che sentiva tutte le volte che le sopprimeva, impuntandosi ad allontanarlo e rifiutarlo, oppure a come era costretta a trattarlo gelidamente.
Era davvero angosciante e quel dolore costante le dava il voltastomaco da quanto facesse male e da come si sentisse orribile ogni volta che ripensava a ciò che gli aveva fatto in passato, a come continuava a nascondergli la verità.
Solcata la porta del suo appartamento, tuttavia, si trovò tutta la casa in disordine e sottosopra, spaventandosi all'idea che fossero entrati dei ladri; presto, però, scoprì che era stato Rokuro a buttare tutto all'aria, ora seduto sul divano con il volto irrigidito, il nervosismo che gli usciva da ogni parte del corpo, da ogni vena, da ogni ciuffo castano scomposto: era nero di rabbia e lei quasi si agghiacciò davanti a quella visione, indietreggiando di qualche passo. D'impulso, agitata e impaurita, collegò il motivo della sua ira alla possibilità che potesse aver visto lei e Yukihira pronti a possedersi sulla scrivania di quest'ultimo e decise di tacere, ringraziando il cielo che Marika fosse da Alice e che sarebbe tornata solo in serata. Purtroppo, però, Rokuro si accorse della sua presenza e si trovò obbligata ad affrontarlo cercando di non far trasparire la paura che sentiva, considerando la possibilità che li avesse visti davvero. -si può sapere cos'è questa confusione?-
Rokuro, probabilmente seccato dal suo tono arrogante, la fulminò glaciale:
-stasera non resto a dormire a casa tua, Erina.- decretò piatto, sorpassandola per andare verso il portone di casa.
Lei celò un sospiro di sollievo quando non fece nulla di pericoloso.
Era sicura non l'avrebbe mai toccata, ma sapeva che diventava spaventoso quando c'era qualcosa che andava storto.
-è successo qualcosa, Rokuro?- chiese allora, fermandolo per il polso robusto. In ogni caso, sembrava che il motivo della sua rabbia non fosse legato a lei e Yukihira; almeno non a quello che era successo tra loro oggi.
Adesso era più che certa che non avesse notato nulla, altrimenti la sua reazione sarebbe stata addirittura più eccessiva e preoccupante. -perché hai buttato all'aria tutto il mio appartamento? Prima di andartene dovresti almeno aiutarmi a rimettere, oppure darmi una spiegazione.-
-non sono dell'umore per affrontarti, Erina, perché sarai sicuramente contenta della spiegazione che ti darò.- rispose piccato e sarcastico -e non voglio darti questa soddisfazione. Salutami Marika.- terminò schivo.
-pensi che sia giusto andartene così, lasciarmi con tutta questa roba da rimettere in ordine, e accusandomi senza darmi una motivazione valida ai tuoi scatti di rabbia?-
-perché? Te non fai lo stesso? Mi dai qualche spiegazione riguardo ai tuoi sentimenti per quel bastardo?
Mi dispiace solo che le nostre conversazioni siano diventate così ristrette.
Pensavo che da Nagano fossi tornata lucida, dopo quella notte che abbiamo passato insieme, ma evidentemente non riesco proprio a fidarmi. Ma non credere che ti lascerò a lui!-
-Rokuro! Maledizione!- tuonò spazientita -perché adesso mi parli così?!-
Lui la fissò sprezzante e deluso, in seguito ribatté iracondo e minaccioso:
-se succede qualcosa tra te e quel bastardo mentre siete a Venezia, giuro che lo mando dritto all'ospedale!! chiaro Erina?- terminò incisivo -sei mia!- Lei strabuzzò gli occhi stranita. -cosa c'entra adesso Venezia?-
-arrivaci da sola.- sbatté forte la porta ed andò via, furibondo.
Lei capì subito che tutta quella rabbia era causata dal fatto che anche questa volta il direttore aveva chiesto a Rokuro di restare a Tokyo a lavorare e lui, accecato dalla gelosia al pensiero che lei e Yukihira restassero nuovamente da soli per più giorni, aveva buttato all'aria tutto il suo appartamento per sfogare l'irritazione e l'ostilità verso Yukihira, e quella contro di lei. Sapeva benissimo che tutto ciò che Rokuro le diceva era la pura verità e, per quanto cercasse di nascondergli i suoi sentimenti per Yukihira, lui aveva già capito quello che provava veramente e che lo sfruttava e basta: come “scoglio”, come giustificazione, come sfogo sessuale nel tentativo di sopprimere il folle desiderio per Yukihira, come maschera dei suoi sentimenti.. per ogni cosa e tutto per respingere chi amava veramente. Si sentiva sempre peggio; però, anche così, non riusciva a lasciarlo perché era consapevole che, se l'avesse fatto, egoisticamente non sarebbe più stata in grado di rifiutare Yukihira o di allontanarlo. -mi dispiace Rokuro..-
Si accasciò a terra, versando lacrime amare e ininterrotte.
Aveva raggiunto il limite, se continuava di questo passo avrebbe avuto un esaurimento nervoso.
Il peso che aveva addosso si sarebbe fatto sempre più insostenibile.
Che doveva fare? Qual'era la cosa giusta?
E quelle stesse domande si ripetevano nella sua mente come un circolo vizioso.
Nessuno avrebbe potuto rimediare ai suoi errori.
Non poteva tornare indietro, se fosse stato possibile l'avrebbe già fatto e avrebbe detto tutta la verità a Yukihira: si sarebbe risparmiata tutta quella sofferenza, ne era convinta.

 

****


Soma tornò a casa da lavoro e trovò tutte le piccole valigie di Megumi accostate al muro dell'ingresso, osservandola fare in su e in giù per il corridoio e ogni tanto tirare su con il naso.
Provò a fermarla prendendola per un braccio, ma lei nascose il volto per non fargli vedere che stava piangendo.
-Megumi.. non mi hai sentito rientrare?-
Lei restò in silenzio, poi mormorò:
-Soma-kun.. sono un po' impegnata adesso. Parliamo dopo.-
-ma sei arrivata appena ieri!- protestò lui, confuso da tutte quelle valigie.
-me ne sto andando. Ho da fare al ristorante domani.- annunciò sbrigativa, stringendosi in un sorriso abbozzato che non aveva niente a che vedere con la sua solita naturalezza. Inoltre, era chiaro stesse piangendo fino a poco fa.
-mi dispiace Megumi..- disse solo -..al tuo ristorante ancora non va?-
-al mio ristorante va meglio, ma non è questo il punto Soma-kun..- esordì affranta:
-..in questo momento non voglio restare qui.-
A quel punto capì che, il motivo della sua improvvisa fuga, era lui.
Prese un enorme respiro e decise che era arrivato il momento di parlarle o almeno accennargli qual'era la sua attuale situazione. -prima che tu vada ho bisogno di parlarti Megumi..- iniziò infatti -..fra un paio di giorni parto per Venezia, per cui prima di andare vorrei affrontare il discorso che ho evitato da tempo..-
Megumi lo fissò negli occhi asciugandosi le lacrime e intervenendo prima che proseguisse il discorso:
-so cosa mi vuoi dire, Soma-kun..- Aveva la voce strozzata e lui si sentì orrendo e schifato da se stesso -..adesso non voglio ascoltare le tue spiegazioni. Non è il momento. Non ce la faccio e sono di fretta.-
-Megumi.. aspetta..- cercò di riprendere la frase, lui, visto che non ce la faceva a vederla ridotta così per colpa sua.
-Soma-kun!- lo interruppe di nuovo, lei, adesso più risoluta:
-ho detto no! lasciami un po' di tempo per elaborare la situazione e ne parleremo quando torni da Venezia, è l'ultimo favore che ti chiedo..- Dopo questa richiesta dovette accettare le sue condizioni: in quel momento non sembrava affatto intenzionata ad affrontare il discorso e in un certo senso la capiva e forse si sarebbe comportato ugualmente se ci fosse stato lui al suo posto. Le voleva bene, quindi si sentì obbligato a considerare la sua richiesta e soprattutto come punizione alle sue involontarie cattiverie. -va bene..- furono le uniche parole che disse.
Megumi non parlò più, ringraziandolo mentalmente, e lui la guardò solo mettere le ultime cose in valigia prima che se ne andasse. Successivamente, un'ora dopo, uscì dalla portone guardandolo un'ultima volta negli occhi ma senza aprire bocca. Quando se ne fu andata, abbassò gli occhi a terra e bofonchiò tra sé e sé:
-scusami tanto Megumi..-
Ripensò ai suoi occhi rossi e lucidi, al suo viso rigato di lacrime, a quanto l'avesse fatta soffrire sentendosi sempre più orribile, dando un violento pugno al cuscino di fianco a lui. -maledizione!- inveii adirato con se stesso.



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angolo autrice: finalmente sono riuscita a pubblicare il nuovo cap. Spero che tutte le persone che mi seguono, continueranno lo stesso a farlo_nonostante il grandissimo ritardo_ e spero di non avervi deluso con questo cap. Come avrete visto, siamo arrivati ad una svolta decisiva della storia e la relazione tra Soma e Megumi terminerà per bene dopo il periodo a Venezia. Come avrete notato, ho dato parecchio spazio anche al rapporto UmiUmi (TakuMegu) e mi auguro di essere riuscita a gestire decentemente ogni scena del cap. Mi piacerebbe tantissimo sapere la vostra opinione!^^ grazie davvero a chi ha lasciato una recensione e chi prosegue a seguirmi, sebbene le lente pubblicazioni (purtroppo sarà ancora così con l'università e gli impegni sono anche aumentati ç___ç). Però, abbiate pazienza.. D:
Risponderò alle vostre recensioni, come sempre in ritardo ç_____ç, appena mi sarà possibile! grazie infinite anche a chi ha messo la fanfic a preferite/seguite.
Spero a presto! *-*

Un bacione grande! <3 Erina91

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Capitolo 19
*** Accettazione o rifiuto? ***


Accettazione o rifiuto?


Erano arrivati da un po' a Venezia ed era abbastanza tardi.
Il loro alloggio si trovava in uno degli alberghi più famosi, antichi e lussuosi della città, l'hotel Danieli, la cui hall vantava di rifiniture, colonne, banconi e poltrone in oro colato e stoffe rosso bordò, le tonalità tipiche veneziane.
La pavimentazione, soprattutto al centro, era ricoperta da tappeti persiani di estrema qualità e fattura. Le alte scale che portavano alle camere erano anch'esse ornate da tappeti color bordò, intonati alle stoffe usate in tutto l'arredamento dell'albergo. Probabilmente Yukihira non aveva mai visto un Hotel più affascinante e sfarzoso di quello e per un attimo rimase incantato di fronte a tanta bellezza e lucentezza. Lui e la piccola Marika, tra l'altro, avevano la stessa espressione confusa e sbigottita stampata in faccia, apparendo davvero come padre e figlia.
Erina si sforzò di controllare un sorriso: non poteva abituarsi a questa idea di famiglia perché presto sarebbe finita e Yukihira, appena scoperto la verità, si sarebbe sicuramente allontanato da lei. Le si strinse il cuore a quel pensiero.
Comunque, al contrario dei due, non si stupì più di tanto degli arredamenti dell'hotel Danieli perché non era la prima volta che pernottava in un albergo tanto lussuoso: suo nonno l'aveva portata spesso in questi tipi di hotel quando era una bambina e anche da ragazza ogni tanto. -questo hotel è indubbiamente favoloso!- commentò Alice.
-mai vista una cosa simile.- si aggiunse Hisako, accanto ad Hayama.
-immagino che voi ricchi sarete contenti di tutte le comodità del mondo.- sbottò contrariato, proprio quest'ultimo.
Hisako gli riservò un'occhiata offesa. -dovresti proprio finirla di essere così scontroso.-
-ho solo detto la verità.- affermò impassibile.
-adesso sbrighiamoci a consegnare i nostri documenti, che ho fretta di andare a letto.- proruppe dopo.
Via via presentarono i loro documenti e presero le chiavi della camera.
Lei, Yukihira e Marika erano rimasti gli ultimi da registrare e gli altri salirono in ascensore per raggiungere le loro stanze dopo un saluto veloce_visto che era tardi_.

Calò il silenzio e la tensione creatosi tra lei e Yukihira complicò ulteriormente la situazione tra loro, facendola sentire a disagio; fortunatamente Marika, senza saperlo, fece da anestetico stringendo le dita di Yukihira.
-Soma oniichan! Domani andiamo in gondola!-
Lo guardò dritto negli occhi, speranzosa ed emozionata all'idea della gita, mentre lei si sentì in difficoltà perché sapeva come sarebbe finita: si sarebbero ritrovati insieme un'altra volta, da soli, come la famiglia che apertamente non erano. Provò, quindi, a distogliere le intenzioni di Marika prima che Yukihira potesse darle la sua risposta all'invito:
-tesoro..Yukihira non può venire con noi in gondola domani.-
Vide sua figlia aggrottare la fronte, imbronciata e dispiaciuta, e poi indugiare ancora su Yukihira: 
-perché non puoi, Soma oniichan?-
Yukihira ridacchiò, accarezzò affettuosamente la zazzera bionda della bimba e indirizzò le iridi su di lei, ghignando divertito. -già Nakiri, perché non posso venire?-
Lei, irritata dal suo andargli contro, ribatté:
-perché non puoi e basta. Lo sai. Non complicare la situazione.-
-non sono mai andato in gondola, potrebbe essere divertente.-
-sii!! vieni con noi Soma oniichan! Può venire mamma?-
Erina sbuffò con aria arresa, lo fulminò sottilmente, e arricciò un sorriso regalandolo a Marika.
-se proprio ci tieni, allora acconsento.-
-grazie mamma!- e la strinse abbracciandola stretta.
-adesso però a letto, che è tardi!-
La bambina annuì e lasciò la mano di Yukihira davanti alla sua porta.
-buonanotte piccola. A domani.-
Non ebbe il tempo di dire qualcosa, che vide Yukihira chinarsi e portarsi all'altezza di Marika per lasciarle un tenero bacio sulla fronte, che fece gioire profondamente la bambina. -buonanotte Soma oniichan!-
Erina si girò a guardare sua figlia entrare nella stanza, per poi avvisarla:
-tesoro.. intanto lavati e metti il pigiama, che tra poco vengo a darti la buonanotte.-
Marika annuì e ubbidiente fece come le aveva detto.

-Nakiri.. hai creato apposta questa circostanza per restare sola con me?- domandò giocoso e sorridente.
Lei abbassò la testa sospirando:
-Yukihira.. perché continui a complicare le cose? Perché semplicemente non le hai detto che non potevi venire con noi?
Ti ho dato anche l'incipit per farlo e invece prosegui a fare di testa tua, non mi ascolti e non consideri il mio volere.
Stai diventando pesante per il mio cuore, lo capisci?-
Lui si aprì in un sorriso fiducioso e tranquillo, carezzò la sua guancia con tenerezza e incrociò il suo sguardo, per poi calare gli occhi verso le sue labbra. -perché non ho di nuovo intenzione di prendere le distanze da te.- dichiarò deciso.
-sai Nakiri? Megumi se n'è andata da casa: non conviviamo più, lei ha capito cosa provo per te e quando torno da questo viaggio ci separeremo definitivamente. Capisci cosa significa questo?-
Nakiri lo fissò affranta, amareggiata, raggiunse il dorso della mano di Yukihira e lo strinse, per poi scostarlo stancamente dal suo viso. -è tutto inutile lo stesso, Yukihira: che tu lasci Todokoro o meno, non verrò comunque da te.
Spero che quando continuerai a sentire le mie resistenze, a vederti costantemente rifiutato, allora ti arrenderei perché saresti ferito in ogni caso. Non perdere tempo ad avvicinarti a me; perché, anche se provo dei sentimenti per te, non posso seguire il mio cuore. So perfettamente che le mie parole sono inutili alle tue orecchie, ma credimi.. è meglio così.-
Lo osservò un'ultima volta, constatando che l'aveva rattristato di nuovo ma che non vi era alcun accenno di arresa nel suo sguardo, e in seguito gli diede le spalle cercando di trattenere le lacrime.
-buonanotte Yukihira.-
Peccato che le sue parole fossero strozzate a causa delle lacrime e non riuscì a trattenere un singhiozzo che fu rovinoso.
Yukihira, infatti, con tutta probabilità sentendo il singulto, agguantò il suo polso e la strinse a sé, da dietro, sfiorandole i fianchi con desiderio. -allora queste lacrime cosa significano, Nakiri?-
-non sto piangendo, idiota. Lasciami!- gridò tirando su col naso, vincolandosi dalla sua presa, ma non abbastanza da trovare la forza e il desiderio di scappare completamente_visto che quell'abbraccio era davvero confortante_.
-solo un altro pochino, Nakiri.- le sussurrò all'orecchio. -fidati di me.-
Ora smise del tutto di ribellarsi a quel contatto tanto piacevole e si lasciò cullare dalle sua braccia accoglienti, protettive e calde. -può bastare così?- pronunciò quella frase con voce rotta, trasmettendo il messaggio di non volersi davvero separare da lui. -è tardi.. è devo andare da Marika, che mi sta aspettando per darle la buonanotte.-
A quel punto, Yukihira sciolse l'abbraccio e la lasciò andare.
-dai un altro bacio a Marika da parte mia, allora.- abbozzò un sorriso leggermente deluso e poi aggiunse:
-ma non credere che nelle prossime sere che siamo a Venezia, sarò così accondiscendente con te.-
Nakiri sospirò, ignorando le sue parole. -buonanotte Yukihira. A domani.-
-notte Nakiri.-


 
****


Megumi era scesa dalla campagna per incontrarsi con Ryoko visto che era tanto che non si vedevano e aveva voglia di stare in compagnia di un'amica. Era giù di morale a causa di quello che era successo con Soma: sapeva che a breve, dopo il suo ritorno, avrebbero affrontato la questione per lasciarsi definitivamente.
In questi giorni in cui Soma era a Venezia, lei e Takumi si erano sentiti spesso per telefono e per messaggio e grazie a questo era riuscita ad affrontarli con fierezza. Era doloroso, ma sicuramente i sentimenti che stavano sbocciando per Takumi facevano da sostegno al suo morale e riusciva ad andare avanti abbastanza bene.
Ryoko ancora non sapeva della sua prossima rottura con Soma ed era consapevole che quel giorno l'avrebbe aggiornata sulla situazione. Al momento stavano girando per negozi, facendo un po' di shopping_visto che a Ryoko piaceva molto farlo_. Decise che le avrebbe raccontato tutto a pranzo, che sarebbe stato il momento migliore.
Peccato che, mentre passavano da un negozio all'altro, attraversarono un bar in cui Megumi adocchiò due figure riconoscibili sedute attorno ad un tavolo e si bloccò sul posto, avvertendo una sgradevole sensazione di fastidio alla bocca dello stomaco davanti alla scena: Takumi era seduto di fronte ad una ragazza, la sua ex più importante e il suo primo amore, che lei conosceva di vista_qualche volta l'aveva incontrata per caso quando i due stavano insieme_.
La conversazione tra loro sembrava procedere senza intoppi e la coppia appariva molto confidente ed intima, si vedeva che c'era stato qualcosa di forte e che forse, almeno per la ragazza, non era del tutto chiusa.
Ryoko non si era ancora accorta del suo disagio, della sua improvvisa.. gelosia? Invidia? Paura?
Cos'era davvero quella brutta sensazione, finora mai provata oltre che per Soma?
Avvertì a malapena Ryoko dire tutta emozionata:
-non ti piace questo pizzo sulla maglietta? Io lo trov..-
Fu in quell'attimo che la sua amica si accorse del sua condizione di fragilità, appoggiandole la mano sulla spalla per incoraggiarla. -tutto bene, Megumi? Cosa ti succede all'improvviso? Ti senti male?-
Lei non le rispose subito, ancora intenta ad osservare i due all'interno del bar.
Ryoko, non ricevendo risposta, realizzò chi stesse guardando:
-aspetta, aspetta.. ma quello seduto nel bar con quella ragazza carina non è Takumi Aldini?
Sono anni che non lo vedo, l'ho riconosciuto a malapena. Devo ammettere che si è fatto un bel ragazzo, è maturato molto fisicamente e possiede dei tratti leggermente più virili di prima. Wow!- esclamò meravigliata e del tutto inconsapevole di come lei stesse; ma questo era anche normale dato che Ryoko ancora non sapeva come si sentisse riguardo a Takumi e cosa era cambiato con Soma. In seguito si fece pensierosa:
-aspetta un attimo, Megumi, mi sento confusa: perché guardi Aldini e quella ragazza con tanta tristezza?
Immagino che sia successo qualcosa che non so.- suppose preoccupata, Ryoko, -in effetti, ora che mi ci fai pensare, oggi mi sembravi un po' turbata e come se ci fosse qualcosa di diverso nel tuo sguardo, oltre ad essermi sembrata spaesata.
Ho pensato fosse solo una mia impressione e non ti ho chiesto nulla. Inoltre, non volevo essere troppo invadente.-
Le donò un sorriso comprensivo, offrendosi premurosa:
-ne vuoi parlare? Deduco che c'entri Aldini, visto come lo guardi.-
Lei abbassò gli occhi a terra, finalmente trovando la forza di parlarne con qualcuno:
-in realtà sono cambiate tante cose, Ryoko, da qualche mese a questa parte..- confessò iniziando -..non ci siamo più viste perché lavoriamo a tempo pieno entrambe, per cui non potevi sapere cosa stesse accadendo e al momento sei l'unica amica con cui posso parlarne.- detto questo, iniziò a raccontarle tutto dal principio e da quando Soma aveva iniziato a lavorare all'Adashino C.B. Ryoko, ad ogni parola, era sempre più sconvolta dagli infiniti avvenimenti che c'erano stati negli ultimi mesi. -quindi.. io e Soma-kun siamo prossimi alla rottura e, come avrai notato, sto malissimo..-
Le scese una lacrima incontrollata, -ma Takumi mi è stato molto vicino in questo periodo, è cambiato, e con la sua gentilezza e la sua premura si è fatto lentamente spazio nel mio cuore. Ecco spiegati i sentimenti che stanno nascendo per lui.- concluse, dopo mezz'ora di racconto -..ed ecco spiegata anche la mia reazione ferita di fronte a lui con la sua ex ragazza. So di sembrare volubile in questo modo, dato che all'apparenza pare che passi dall'uno all'altro senza alcun ritegno. In verità non so neanch'io cosa mi stia succedendo: sto male per Soma-kun ma allo stesso tempo ciò che provo per Takumi-kun mi dà la forza di andare avanti, di superare i momenti di crisi quando ripenso alla fine della relazione con Soma-kun e al perché è finita. Se penso all'idea che anche Takumi-kun possa tornare dalla sua ex, o ci stia pensando visto che sono insieme, mi sento veramente agitata.-
-non avevo idea che ti trovassi in una situazione tanto complicata, Megumi.- disse tristemente, Ryoko -perché non me ne hai parlato subito se ne avevi bisogno? Ti avrei ascoltata immediatamente e forse avrei provato ad alzarti il morale.-
-hai ragione, ma non ti ho chiamato perché non me la sentivo ancora di parlarne e non avevo del tutto accettato la situazione. Adesso me ne sono fatta una ragione e sto cercando di tirarmi su ed andare avanti.-
-mi dispiace molto che sia finita tra te e Soma.- dichiarò sinceramente. -mi sembravate una coppia davvero affiatata e non mi sarei mai aspettata che sarebbe finita in questo modo.
Anche se, ora che ci penso, Yukihira e Nakiri hanno sempre condiviso un rapporto insolito.-
-già..- concordò affranta.
-e ora che pensi di fare con Aldini? Credi davvero che possa tornare con la sua ex?- riprese il discorso:
-sai.. non lo conosco molto, perciò non posso darti un'opinione concreta. Però, se non ricordo male, te e Aldini siete sempre stati molti vicini per via di Yukihira. Forse, se è come mi dici, dovresti fidarti dei sentimenti di Aldini per te. Mi sembra un ragazzo serio. Comunque, se vuoi essere sicura, credo che dovresti chiedere direttamente a lui spiegazioni.
So che potrebbe essere imbarazzante, ma non hai molta scelta.-
-lo so, ma non ho molto coraggio al momento: ho paura di ricevere una risposta negativa e sai che sono molto insicura.-
-però, se vuoi avere delle risposte, non puoi fare altrimenti.- sostenne ancora e le suggerì:
-chiamalo appena puoi, e chiedigli se potete vedervi.-
-proverò a fare così, non ho molte alternative.-
-brava! Fatti forza, Megumi!-
-grazie di avermi ascoltata.-
-figurati!- sorrise -anzi, la prossima volta che hai bisogno chiamami subito che correrò in un attimo.-
Lei annuì grata, accennando un sorriso lievemente più sereno.
Poi, siccome non voleva stressare ulteriormente Ryoko, cambiò discorso:
-a te, invece? Come vanno le cose all'Hotel?-
-per ora gli affari vanno a gonfie vele, ma devo ringraziare Ibusaki che mi aiuta molto a gestire la brigata di cucina.-
-sono contenta che le cose ti vadano bene almeno a te e soprattutto che tra te e Ibusaki scorra tutto benissimo.-
-mi ha chiesto di sposarlo, sai? Proprio un mese fa. Ho ancora in mente quella sera.- raccontò emozionata.
-sono felicissima!!- esultò Megumi -questa sì che è una bella notizia! A quando le nozze?-
-sono programmate per questa estate e ovviamente sei invitata e, se va bene con Aldini, porta tranquillamente anche lui.-
-lo terrò conto. Grazie Ryoko.- accettò gentile.
La conversazione continuò così per tutto il pranzo e Ryoko le disse tutte le idee che aveva in mente per organizzare un matrimonio coi fiocchi, lei l'ascoltò con piacere e per un po' la sollevò dal pensiero di Soma e Takumi.
Al momento che fosse stata più libera, avrebbe trovato la forza di chiedere a Takumi cos'era successo con la sua ex, ma per ora voleva solo godersi la giornata con la sua amica.


 
****


Per il secondo giorno a Venezia lei, Yukihira e Marika erano stati tutto il pomeriggio insieme, facendo anche la famosa gita in gondola a cui Marika teneva. Rientrati in hotel stanchi ma felici, soprattutto sua figlia, era salita un attimo in camera per farsi una doccia_ne aveva veramente bisogno_ lasciando Yukihira con Marika. Era stata proprio la bambina a dirle che sarebbe rimasta con lui mentre la aspettava. Alice, Ryou e il resto della combriccola invece, non erano ancora rientrati dalla loro visita della città. Presto sarebbe anche stata ora di cena e un corpulento banchetto li avrebbe deliziati.
Dopo la doccia era scesa nella hall, che si presentava sempre molto luminosa e accogliente, ma non raggiunse subito Marika e Yukihira perché rimase incantata davanti alla scena in questione: i due stavano chiacchierando animati, sorridendo felici e divertiti, e Marika aveva un'espressione lucente e festosa in volto mentre riparlavano della gita in gondola. Si mise in ascolto, nascosta dietro ad una colonna; perché, oltre a sentirsi incuriosita dall'allegra e dolce atmosfera, non voleva interromperla: aveva smesso da un po' di provarci, tanto tutto era inutile.
L'istinto della figlia sarebbe sempre stato quello di andare da Yukihira, cosciente o meno del loro legame sanguigno, e l'impulso paterno di quest'ultimo l'avrebbe sempre trascinato verso Marika, consapevole o meno.
Con questa considerazione, seguì la conversazione da lontano:

-Soma oniichan.. hai visto quanti pesci c'erano? Erano bellissimi!-
-certo! Ne ho visti anche di belli grossi!- esclamò lui -e hai sentito il rumore dolce che faceva la gondola? Era rilassante!-
-sii!- concordò eccitata -anche se il signore che guidava la gondola era un po' spaventoso. Avevo paura e mi guardava male.- Yukihira le spettinò i ciuffetti biondi con affetto, ridacchiando:
-non guardava male te, piccola, era fatto così lui. Fidati.- la rassicurò con tenerezza -anche se non so come ha fatto a reggere la gondola, visto che era un uomo molto robusto.- aggiunse spassoso.
Anche Marika rise. -vorrei imparare a remare, Soma oniichan!- continuò la bambina, entusiasta.
Yukihira rise ancora, divertito. -vuoi proprio imparare a fare tante cose eh?-
-sì!- affermò risoluta -la mamma sa fare tante cose, vorrei diventare brava come lei.-
-fai bene a prendere come modello la tua mamma, è davvero ammirevole.-
La bambina annuì concitata, ma ad un tratto si rabbuiò:
-sai Soma oniichan.. la mamma è molto triste in questi giorni.-

Lei si sorprese delle parole della figlia e notò Yukihira aprirsi in un'espressione confusa e poi risponderle:

-perché pensi che la tua mamma sia triste in questi giorni, piccola?-
-non lo so..- sussurrò cupa -..anche Rokuro oniichan non sembra felice e resta molto meno con la mamma.-
Lui sembrò farsi molto attento al racconto di Marika:
-la mamma è più felice quando sta con Soma oniichan.- rincasò ancora, mostrandosi molto più sveglia e acuta per la sua tenera età. -oggi è stato divertente perché la mamma era contenta e perché c'era Soma oniichan che la faceva ridere.-

Prima che potesse fare una mossa e intervenire nella conversazione tra Marika e Yukihira, vide quest'ultimo portare una mano sulla guancetta paffuta e morbida della bambina, facendole un'amorevole carezza:

-Marika-chan.. pensi davvero che la tua mamma sia più felice quando sta con me e te?
Ti piacerebbe se la mamma trascorresse più tempo con me?-
-sì, se la mamma è più felice.-
Soma sorrise sereno davanti all'involontaria approvazione di Marika e osservò la bambina con tutto l'amore possibile, dicendole sottovoce_ma non abbastanza perché Erina poté sentire benissimo_:
-allora ti prometto una cosa piccola: farò sorridere la tua mamma più spesso.
Lei sorride poco, ma quando lo fa è davvero incantevole.-
La bambina sgranò gli occhi sollevata e radiosa:
-Soma oniichan.. allora ti piace davvero tanto la mia mamma!-

Erina, sempre nascosta dietro la colonna e in ascolto, si sentì arrossire e il cuore iniziò a batterle nel petto furioso e questo soprattutto quando Yukihira diede la sua risposta a Marika:

-moltissimo!- le confermò, schietto e sincero. Marika sorrise ed era un sorriso rilassato, tanto da strapparle un battito anche a lei_sebbene glieli strappasse sempre, visto che era sua figlia_.

-Soma oniichan.. quando l'hai salvata dallo scivolare mentre saliva in gondola, sei stato un vero eroe!- commentò sognante, Marika, tornando al racconto di oggi.
-è che la tua mamma è molto impacciata certe volte.-
Ridacchiò ripensando, probabilmente con divertimento, alla scena di quel pomeriggio.

Anche lei, nel frattempo che sentiva ed entrambi avevano ricordato il momento in cui era quasi scivolata salendo in gondola, ricordò nei dettagli la sensazione delle sue braccia che l'avevano sorretta prima che si prendesse una storta e la voce calda, e vicino all'orecchio, con la quale le aveva detto “stai attenta a dove metti i piedi, Nakiri”.
Si era sentita veramente a disagio in quel momento_dato che aveva fatto una figuraccia e si era ridicolizzata_al ché gli aveva risposto di rimando ed orgogliosamente:
“non ho bisogno del tuo aiuto, Yukihira”.
Fatto sta che, come sempre, quella percezione di protezione, cura mista a seduzione, l'aveva fatta andare in brodo di giuggiole ed era perfettamente d'accordo con sua figlia quando aveva detto che Yukihira l'aveva protetta come un'eroe.

-comunque Marika-chan, anche tu sembravi una principessa mentre eri in gondola e con quel vestito colorato che indossavi e queste treccine tutte spettinate.- giocò con le sue ciocche sbarazzine come un padre farebbe con una figlia. Marika rise di gusto, tanto che la sua risata naturale e armoniosa inondò tutta la hall ravvivandola.
-grazie Soma oniichan!- le guancette arrossate per il complimento e le iridi color ambra accese e ridenti.

In quel momento neanche lei riuscì a trattenere un vero sorriso, che le scappò vedendo quanta sintonia c'era tra Marika e Yukihira, constatando ancora che i due apparivano proprio come padre e figlia al resto degli altri.
E dire che ancora nessuno dei due sapeva di esserlo e questo per colpa sua.
Scacciò immediatamente quel pensiero e decise che era il momento di intervenire, visto che anche gli altri erano tornati e presto sarebbero andati a cena. Così, presa tale decisione, uscì dal suo “nascondiglio” e si diresse verso di loro.
Yukihira fu il primo a vederla:
-Nakiri! Eccoti qui! Stavamo proprio ricordando il momento in cui ti ho sorretto oggi.-
Lei sospirò, fingendo di non sapere. -magari mi avrete pure deriso perché ho fatto una figuraccia!-
Yukihira e Marika si guardarono e scoppiarono a ridere nello stesso momento, facendola spazientire e vergognare.
-Soma oniichan ti ha protetto.-
-è vero, ma non ho intenzione di essergli grata per una sciocchezza simile.-
Incrociò le braccia risentita, andando subito al dunque:
-piuttosto tesoro.. penso sia il caso di andare a cena e anche Yukihira si deve preparare per quello, quindi andiamo a sistemarci anche noi.-
Marika annuì sorridendo, guardò Yukihira e lo salutò:
-a dopo, Soma oniichan.-
-a dopo piccola.-
In seguito, alzò brevemente gli occhi verso di lei fissandola intensamente:
-a dopo anche con te, Nakiri.-
-grazie per aver tenuto compagnia a Marika mentre non c'ero.-
-nessun problema!- le strizzò l'occhiolino, facendola sussultare per l'imbarazzo.

La cena con gli altri trascorse velocemente e molto presto lei, Yukihira e Marika si ritrovarono di nuovo da soli_visto che avevano le camere allo stesso pieno_. Marika e Yukihira si salutarono con affetto, come sempre, mentre lei attese un secondo prima di seguire la prima. Ripensò ancora alla giornata trascorsa con Yukihira, a quanto e come era stata bene, e in particolare a come era riuscita a mettere da parte le sue angosce e i suoi pensieri frustranti per un paio d'ore, godendosi la bella giornata e la gita in gondola. Ripensò al sorriso di Marika, alla conversazione che aveva ascoltato tra i due e a come la bambina guardava con ammirazione Yukihira, a quanto i due avessero stretto negli ultimi mesi.
Doveva ammettere che erano davvero belli da vedere e che Yukihira era seriamente in grado di farle sorridere entrambe, ma sapeva altrettanto di non potersi permettere tanta felicità e armonia perché le sue bugie continuavano a tormentarla; tuttavia, anche così, avvertiva il profondo bisogno di ringraziare Yukihira.
Prima che potesse iniziare il discorso, dato che erano rimasti soli in mezzo al corridoio in un'ora tarda, fu proprio lui ad aprire bocca per primo:
-e questa volta perché ti sei fermata prima di entrare, Nakiri?- chiese con maliziosa impertinenza.
Lei incrociò il suo sguardo, sentendo nettamente la forte attrazione e chimica che c'era tra loro e cercando di ignorarla.
-grazie per la giornata di oggi. Hai fatto ridere e divertire Marika.-
-è tutto ciò che hai da dire?- esordì lui, diretto -non hai riso anche te? Non ti sei rilassata?
Non sei stata bene con me? Dimmi la verità, Nakiri.-
-sai già la mia risposta, Yukihira.
E sai già come la penso, ma ho aspettato ad entrare solo per ringraziarti di Marika e non per me stessa.-
-io credo che il ringraziamento valesse per entrambe e che sei rimasta a parlare con me perché desideravi farlo.- affermò lui, con convinzione e sorridendo con dolcezza:
-vorrei che tu riflettessi su come ti senti davvero, Nakiri, soprattutto quando sei in mia compagnia.-
Sapeva già la risposta dietro a quella asserzione: era più felice e naturale quando si trovava in compagnia di lui e Marika, questo però non poteva farlo sapere a Yukihira. Lui la guardò ancora, la analizzò come se cercasse di capire cosa le passava per la testa, facendola vacillare e_prima che riuscisse a farlo del tutto_cercò come sempre una via di fuga, voltandogli le spalle. -adesso devo proprio andare, Yukihira. Ci vediamo domani, che è il giorno del banchetto.
Dobbiamo essere in forma per dare il massimo.-
Lui non rispose subito, sentendosi penetrata dal suo sguardo: tutt'altro che spiacevole da provare.
Successivamente, si sentì afferrare per il polso e due attimi dopo si trovò contro i suoi pettorali.
-Nakiri.. cerca di ragionare sui tuoi sentimenti e su ciò che vuoi davvero.
Anche Marika si è accorta che c'è qualcosa che non va, lo sai? Perché devi essere tanto testarda?-
Erina provò a scrollarsi dalla presa, ma non vi riuscì perché era troppo forte e lei poco decisa.
-sei un masochista, Yukihira. Sei egoista, insistente, ingestibile. Non ce la faccio più con te! Sono arrivata al limite e, se non sarai tu a prendere le distanze da me, finirai per farti male. Perché non mi ascolti quando parlo?-
-perché penso che stai sbagliando e che forse non hai capito come sono fatto. Credi che sia tanto irresponsabile da non riuscire a sorreggere i tuoi “pesi”? Qualsiasi essi siano? Hai paura Nakiri e tu non sei mai stata tanto codarda ed è per questo che non accetto il modo in cui stai affrontando la situazione. So che sei sempre stata forte e che tendi spesso a tenerti tutto dentro, sentimenti e paure comprese, perché così ti hanno insegnato. Facendo in questo modo ferisci te stessa e finisci per cercare le soluzioni più facili, come il costringerti a restare con una persona che non ami davvero.
Trovo che sia poco costruttivo, oltre che seccante.-
Lei, infastidita da tali parole, gli tirò una leggera gomitata nello stomaco per allontanarlo e poi sostenne il suo sguardo.


 
****


Soma esplorò i contorni delicati del volto di Nakiri, la sua attenzione si concentrò prima sui suoi labbri che nervosamente si stava mordendo, poi sul viso bagnato di lacrime e infine sugli occhi lucidi e vitrei, tristi e insoddisfatti, spaventati e timorosi. Il suo cuore ebbe un sussulto di compassione, incomprensione, frustrazione a vederla tanto distrutta a causa di qualcosa a lui sconosciuta. Soprattutto, lo portò a chiedersi per l'ennesima volta di cosa si trattasse e a supporre che doveva essere un problema serio per renderla tanto sconvolta, stressata e impaurita all'idea di farlo venire fuori per dirglielo, e che sicuramente c'entrava lui in qualche modo o altrimenti non avrebbe mai avuto tanto terrore ad affrontarlo con il diretto interessato. Si trovò per un attimo incapace di rassicurarla, consolarla, sentendosi completamente inutile.
Stava davvero male a vederla in crisi e, prima che potesse dire o fare altro, fu lei a parlare per prima, ad attaccarlo con accanimento e quasi come fosse uno sfogo personale:
-non puoi parlare in questo modo pensando di aver capito come sono fatta, Yukihira. Non hai idea di cosa non ti posso dire e se lo sapessi non parleresti in questa maniera e tantomeno saresti così sicuro di te, motivato e pronto a tutto per conquistarmi. Non sai cosa ho passato in questi anni che non ci siamo visti e quanto sia stato difficile occuparsi di tutto, senza crollare dalla stanchezza, o crescere Marika da sola e renderla abbastanza autonoma. Quando mi sono messa con Rokuro molti dei miei “pesi” si sono alleggeriti, lui mi ha aiutato tanto, ed è per questo che non sopporto che tu sia ricomparso nella mia vita così all'improvviso, scombinandola e confondendo i miei sentimenti, le mie certezze, il mio equilibrio e continui a farlo anche quando ti respingo senza pietà. Non ti sopporto! Perché dovevi apparire di nuovo e farmi innamorare di te come una stupida? Non chiedermi più nulla. Non farmi domande sul mio passato.
Smettila di farmi esitare!- gridò esasperata. Il volto di Nakiri era disperato, smunto, pallido come un cencio.
Lui invece aveva ascoltato tutte le sue parole facendola sfogare fino alla fine e, anche se sembrava al limite delle forze, in qualche modo appariva più sollevata, leggera, libera. Si avvicinò nuovamente a lei, lento, e senza chiederle il permesso l'abbracciò forte, le sfiorò i ciuffi biondi per farle una leggera carezza, portò la sua testa contro il suo petto e appoggiò il mento sui suoi capelli per fornirle una sensazione di conforto e tutela, di rilassante tepore.
Non era sconvolto da tutto ciò che Nakiri aveva dentro, questo perché si vedeva già ad occhio che si trovava in un momento di forte stress emotivo e sapeva essere anche lui la causa di tutto ciò; poiché, consapevole dei loro sentimenti reciproci, non dava segno di arresa e questo pur sapendo che la metteva in una situazione di forte pressione.
Sapeva di essere insistente, ma sapeva altrettanto che non poteva fare diversamente; perché, lasciando perdere, l'avrebbe persa del tutto e non voleva lasciarla andare di nuovo. Aveva avuto una seconda possibilità di stare con lei, cosa che non si sarebbe mai immaginato e di conseguenza non voleva lasciarsela sfuggire.
Credeva davvero ci fosse stata da sempre una connessione tra loro, a partire da quella notte passata insieme.
I sentimenti per lei dopo sei anni erano ricomparsi con prepotenza, con rapidità incredibile, e questo non poteva che significare la forte connessione tra loro, il filo misterioso che li legava l'uno all'altra e che li univa con ostinazione.
-tranquilla Nakiri, non ti chiederò niente finché non vorrai parlarmene tu stessa. Però, anche così, non mi arrenderò con te.- sorrise solare mentre continuò a stringerla a sé. -non so cosa tu abbia passato in questi anni che non ci siamo visti, ma ho una certezza: ho perso l'occasione di stare con te sei anni fa perché ho capito troppo tardi cosa provavo, ho una seconda possibilità per farlo e so che i sentimenti sono reciproci; quindi.. non ho intenzione di lasciarti andare di nuovo.
Spero che presto mi accetterai e prenderai la decisione giusta.-
Sentì le spalle, e tutto il resto del corpo di Nakiri, sciogliersi e rilassarsi al suo sensibile tocco.
Ad un tratto fu lei a staccarsi dal suo petto e ad incontrare il suo sguardo:
-sei davvero insistente, Yukihira. Fai come ti pare.- borbottò impacciata, asciugandosi le lacrime restanti strusciando la manica della camicetta sul viso. -adesso devo proprio tornare da Marika. Ho perso anche troppo tempo con te stasera.-
Distolse gli occhi portandoli a terra e si avvio verso la porta della sua camera.
Soma rise davanti alle infinite reazioni di Nakiri, che trovava sempre adorabili.
-vai da Marika, allora, non lasciarla troppo a lungo da sola.-
Si fece affettuoso pensando alla bambina e alla vivace conversazione che aveva avuto con lei poco ore fa.
Lui e Nakiri, poi, si fissarono intensamente negli occhi, con passione, trasporto, avidità.
Puntò le labbra sottili e rosee di lei, bramando di assaggiarle in tutti i modi possibili.
Immaginò i polpastrelli sulla sua pelle ricordando ogni dettaglio delle sue forme e dei suoi contorni fini, ripensando a come l'aveva toccata l'altro giorno nel suo ufficio e volendolo ripetere con un fugace scatto verso di lei.
Anche Nakiri sembrava particolarmente presa da quello scambio visivo e neanche intenzionata ad interromperlo.
Soma avrebbe voluto scoprire cosa stesse pensando, ma d'istinto iniziò a ridurre la distanza tra loro.
Voleva davvero farla sua in quel momento.


 
****


Erina lo vide accorciare le distanze sempre di più, senza fermare l'occhiata che si stavano scambiando.
Il cuore le sembrava voler uscire dal petto e la forte attrazione invadendo, specialmente quando si soffermò sulla sua fisicità, sui pettorali che l'avevano stretta fino a pochi secondi fa e che erano tanto comodi e gradevoli da farla impazzire, così come la grandezza delle sue mani che l'avevano avvolta e accarezzata. Senza accorgersene si ritrovò a pensare a come si era sentita, a cosa aveva provato e amato quando stavano per fare l'amore nello studio di Yukihira.. tutto questo le fece perdere la ragione: non aspettò che fosse lui a fare la prima mossa e d'impulso gli corse in contro avvolgendo le braccia attorno al suo collo e, prendendolo in contropiede con il suo gesto, unì le labbra con le sue in un bacio mordace, travolgente, che finì per trascinarli in una foga affamata nella quale le loro lingue si vezzeggiavano, giocavano, si cercavano con trepidazione, e in cui le dita di Yukihira andarono a cercare senza esitazione la vita di Nakiri, portandola più vicina al suo corpo. Voleva farle sentire quanto gradisse quel bacio inaspettato e la schiacciò contro il muro della hall con piacevole rudezza, non sgarbata, tutt'altro.. frenetica e assetata ma allo stesso tempo eccitante e sensuale, senza bloccare l'incontro di lingue. Erina si sentì chiudere contro il muro, in una conca che non le lasciava respiro, e non perché fosse fastidiosa o soffocante bensì follemente attesa. Sentiva tutto il corpo un fremito, bruciante d'emozione e desideroso di spingersi oltre, ancora e ancora.. di nuovo. Come nell'ufficio di Yukihira. Come quella notte di sei anni fa. Come ogni volta e forse anche di più perché tale “danza accattivante” era partita da lei, lui aveva solo seguito le richieste del suo corpo.
La veemenza di quell'attimo scoppiò solo di più quando Yukihira scese dalle sue labbra verso il collo, leccandolo, solleticandolo, succhiandolo e poi passò alla scapola. Nello stesso momento salì con l'altra mano da sotto la sua camicetta, sfiorando la sua pelle con avidi gesti, e raggiungendo il gancetto del reggiseno per sganciarlo con facilità e bearsi anche della rotondezza dei suoi seni, della durezza dei suoi capezzoli con dita e labbra, strappandole gemiti di piacere incontrollati. Erina, con l'ultimo spiraglio di lucidità e mentre si stringeva con forza alla schiena di Yukihira, si ritrovò a pensare a quanto fossero fortunati che erano le 1.00 di notte e che a quell'ora non sarebbe passato nessuno in corridoio, o meglio, sarebbe stato assai difficile.
La situazione andò avanti così per un po', si gustarono a vicenda tutte le parti del corpo che era possibile raggiungere senza doversi denudare; quando, ad un certo punto, Yukihira_che aveva già aperto la sua stanza prima che lei gli saltasse addosso_diede un calcetto alla porta della sua camera, si scambiò uno sguardo intimo con lei, trascinandosela dietro e fiatando con l'affanno irregolare causato dall'impeto:
-Nakiri.. in questo modo.. Ti desidero..-
Lei si trovò spiazzata di fronte a quella dichiarazione_anche se lo sentiva ampiamente quanto lui la desiderasse_ma avvertiva, con rammarico, di provare lo stesso perché le sembrava di essere impazzita come una “cagnetta in calore” e si vergognava da morire a pensarlo, dato che l'autrice della delicata circostanza in cui si trovavano era lei: assecondando ciò che voleva il suo corpo e la sua mente, il suo cuore, si era lasciata andare ai sentimenti che provava, alla magnetica attrazione che sentiva per Yukihira e a quella inspiegabile, irresistibile connessione tra loro. Aveva perso ancora.
Proprio perché aveva realizzato questa amara verità, per un attimo ascoltò le richieste delle sue emozioni e lo seguì in camera, ma prima di soddisfare completamente quel “bisogno” e attendere che Yukihira proseguisse con l'amplesso, un'immagine di Marika saettò la sua mente seguita dall'angosciante e spaventoso pensiero che aveva mentito a Yukihira su tutto riguardo a sua figlia, facendola tornare alla realtà in un rapidissimo secondo.
Yukihira sembrò accorgersi del suo ritrarsi:
-Nakiri.. cosa ti prende?-
Anche l'eccitazione del momento svanì in un attimo.
Le posò una mano sulla testa, preoccupato, cercando di sistemarsi la maglietta scombinata dalla sua presa e prendendo un respiro consistente per darsi una calmata, visto che anche lui aveva totalmente perso il controllo.
Lei lo spinse via, sebbene fosse una spinta del tutto priva di forza.
-non posso Yukihira. Scusami.-
Abbassò gli occhi a terra, delusa ed imbarazzata.
-mi dispiace.. ciò che provo mi sta davvero facendo impazzire e non posso permettermelo. Te l'ho detto. Inoltre, ho lasciato Marika da sola già da più di un'ora.- aumentò il passo per correre fuori dalla sua stanza, ma lui la fermò di nuovo.
-ho detto smettila!- allora tuonò, lei, gelida.
-stavolta quel è il problema? Si tratta di Suzuki-san? Ti senti in colpa per lui?-
-sarei veramente insensibile se non mi sentissi in colpa.- constatò piccata.
-ti senti in colpa perché non prendi una decisione, nonostante tu sappia benissimo cosa vuoi Nakiri.- replicò lui, sibillino.
-la tua decisione intelligente sarebbe quella di lasciarlo?- ribatté stizzita e offesa dal suo mezzo rimprovero -..sei proprio l'ultimo che ha il diritto di farmi la predica visto che ti sei preso molto tempo prima di lasciare Todokoro.- brontolò aspra e cun una punta di gelosia, dandosi un'energica sistemata a capelli e vestiario, ormai del tutto in disordine.
-allora perché mi saresti saltata addosso?-
Lei avvampò vergognosa, ripensando a come e quanto si era dimostrata consenziente.
-hai anche il bisogno di chiederlo?- continuò provocatoria -lo sai..-
A quell'ultima risposta notò Yukihira gongolare di felicità e compiacimento.
Successivamente, quest'ultimo proseguì con la discussione:
-la situazione resta comunque diversa, Nakiri, io non sto più con Megumi.-
-anche se fosse diversa, devi ancora chiarire con Todokoro.-
-ma in questo in modo non mi sento più vincolato a lei e posso lasciarmi andare.
Quindi, ti chiedo.. il problema è sempre Suzuki-san per te?-
Scese il silenzio tra i due e per un attimo non rispose, visto che adesso il problema di fondo sembrava essere_come al solito_tutte le sue menzogne ed erano proprio queste a farle frenare ogni azione irrazionale.
-non si tratta solo di Rokuro, Yukihira.- ammise titubante, seguendo:
-ci sono troppi impedimenti che non mi permettono di ascoltare ciò che vorrei.
Ti ho già detto che non voglio che tu insista o che mi pressi, anche se sai quello che provo, ma siccome sembra che con il fuggire non vada da nessuna parte_e stasera ne è un esempio_fai quello che ti pare.
Tanto, qualsiasi cosa ti dica, non mi ascolti e anch'io ne ho veramente abbastanza di questa situazione e di respingerti, per poi assecondarti perché mi condizioni. Quindi.. libero di continuare con la tua conquista fino alla fine, ma non aspettarti che sia facile. Ci sono tante cose che non sai.- con quest'ultima frase, il tono si acuii e avvertì una fitta di dolore e rimorso.
Cercò gestire le sue emozioni come meglio poteva:
-quanto a Rokuro: è ovvio che mi senta in colpa, visto che l'ho già tradito con te, ma è anche vero che allontanarti diventa sempre più complicato e per colpa tua sono molto confusa. Visto che lavoriamo insieme non posso ignorarti, e soprattutto.. non riesco a farlo: sei diventato un peso enorme e mi crei un sacco di problemi.
Oltretutto, ho anche Marika e non posso lasciarla un minuto di più da sola. Lasciami andare adesso. Ti prego.-
Esatto, era così che stavano le cose: non voleva più respingerlo continuamente, era diventato troppo doloroso e insopportabile e visto che_ per quanto ci provava_non riusciva comunque a resistere a Yukihira, era finita a fare discorsi confusi, a dire frasi enigmatiche, vaghe e incomprensibili pur di non ammettere che non ce la faceva più e che, probabilmente, d'ora in poi avrebbe fatto ancora meno resistenza se lui avesse provato a toccarla, sfiorarla, a baciarla.. perché la sua parte irrazionale aveva messo completamente K.O quella razionale e riflessiva.
Non l'avrebbe rivelato a Yukihira, ma a se stessa l'avrebbe detto: voleva provare ad essere meno categorica e rigida con lui, anche a costo di sentirsi continuamente in colpa verso Rokuro; perché tanto, che ci provasse o meno, avrebbe tradito di nuovo il suo compagno. Lasciare Rokuro?
Se avesse trovato il coraggio per farlo distruggendo anche l'ostacolo che le impediva di andare dritta da Yukihira, l'avrebbe fatto, ma purtroppo non era ancora mentalmente pronta per un'apertura totale con lui.
Aveva ancora paura e finché non avesse scoperto il segreto su Marika, avrebbe continuato ad averne; questo era chiaro.
Dunque, sapeva benissimo qual era la risposta dietro a tutte quelle riflessioni e, oltre ad essere una risposta egoista, era anche piuttosto meschina nei confronti del suo compagno attuale: non avrebbe più rifiutato le carezze, le effusioni, le attenzioni di Yukihira, se ce ne fosse stata occasione. Orrendo, vero? Decisamente.
Si sentiva terribile, ma non poteva fare altrimenti: doveva accettare di amare Yukihira e di desiderarlo davvero.
Chissà se in questo modo si sarebbe sbloccata riuscendo finalmente a prendere una schietta decisione sul da farsi?
Si sarebbe messa alla prova, anche a costo di sentirsi una persona orribile.


 
****


Gli occhi di Nakiri erano imploranti e lui capì benissimo che non poteva lasciare da sola una bambina.
Quello che non aveva compreso appieno erano i suoi discorsi. Cosa significavano davvero?
Era l'ennesimo rifiuto o una celata e piccola apertura verso l'accettazione completa dei suoi sentimenti per lui?
Questa volta, forse per la prima, non era stato un categorico “no”, era sicuramente un “nì”, benché non avesse dichiarato di volerla chiudere con Suzuki per stare con lui.
Era curioso di capire cosa intendesse con quelle frasi vaghe, quindi andò dritto al punto per rispondere ai suoi dubbi:
-Nakiri.. non ho ben capito il tuo discorso: mi hai respinto di nuovo o posso interpretare le tue parole in modo un po' diverso?- scoppiò a ridere, sollazzato dalla situazione e dallo strano atteggiamento di Nakiri.
-interpretale come ti pare.- boccheggiò paonazza. -devo farti anche da traduttore adesso?-
-per caso significa che, se la prossima volta ritento un avvicinamento più intimo di un semplice abbraccio_come poco fa_non mi allontanerai più nemmeno se i tuoi principi ti dicono di farlo?-
Sentiva che gli occhi brillavano di felicità, anche se sapeva di dover aspettare la risposta di Nakiri prima di esultare e aggrapparsi alla piccola speranza che lo aveva appena raggiunto. Lei portò gli occhi a terra, nervosa. Soma notò che si mordeva il labbro, tesa, indecisa su come rispondere; poi, all'improvviso, ecco che la risposta tanto attesa arrivò:
-immagino che puoi pensarla in questo modo..- fece esitante, arrossendo come un pomodoro maturo.
-tuttavia!- puntualizzò preventiva -..non farti troppe illusioni su di noi perché, come ti ho già detto, ci sono cose che non sai e che potrebbero farti cambiare idea. Anzi.. sicuramente cambierai idea.-
Terminò a bassa voce, affranta, cercando di nascondere un'espressione sofferta_che a lui non sfuggì_.
Nonostante questo era davvero contento del piccolo sviluppo che c'era stato quella sera.
-non sono uno che cambia idea tanto facilmente, Nakiri.- ribadì, sghignazzando allegro -..per cui non aspettarti che sia tanto superficiale o sconsiderato. Sai come sono fatto.-
Nakiri sospirò stancamente, optando per il silenzio.
-adesso vai da Marika, che sicuramente già dormirà e l'hai lasciata troppo sola.- arricciò le labbra premuroso, ricordando il sorriso innocente e radioso della bambina e tutto per lui.
Lei annuì. -buonanotte Yukihira.-
-buonanotte anche a te, Nakiri. A domani.-
I due tornarono ognuno nelle proprie stanze.
Forse era davvero cambiato qualcosa.


 

****


La stessa sera prima del banchetto, anche Hayama si trovava in camera sua e non riusciva a dormire.
Non faceva altro che rigirarsi nel letto e gli stava entrando il nervoso.
Non trovava la posizione per prendere sonno e, dando un'occhiata all'orologio, si era accorto che erano le 23.00 passate. Sbuffò scocciato, dando una botta al cuscino. Non aveva più voglia di stare in camera.
Chissà se facendo una camminata notturna sarebbe cambiato qualcosa?
Con questo pensiero, decise di scendere al bar del hotel indossando i vestiti scelti per quel giorno.
In silenzio, poi, uscì da camera sua procedendo verso la sua destinazione.
Pensò con tranquillità che sarebbe stato da solo e che nessuno gli avrebbe rotto le scatole a quell'ora, soprattutto una certa donna di sua conoscenza, che, da un pezzo a questa parte, non faceva altro che tempestare la sua testa e confonderla. Anche quel mese che era stato India, nonostante avesse avuto tanto da lavorare e fosse in compagnia di Akhila, Arato aveva spesso occupato uno spazio, seppur breve, all'interno della sua mente.
Ancora non si spiegava cosa lo avesse attratto di quella donna dato che era banale e priva di fascino, eppure_con disappunto_sentiva di esserne in qualche modo attirato. Speranzoso di godersi la solitudine prima di tornare a letto, aveva raggiunto l'elegante bar dell'hotel, ma strabuzzò gli occhi quando notò che seduta su uno degli alti panchetti vi era proprio quel tormento di donna, Arato Hisako. Si fermò davanti alle colonne che davano sul locale, indeciso sul da farsi, se entrare o meno. Però, quando si trovò ad osservarla con più attenzione, i sue occhi percorsero tutta la sua figura: il solito liscio caschetto, probabilmente soffice, cerchiava il suo volto minuto ma aggraziato e leggermente truccato.
Dal viso scese verso il vestito in lungo, giallo canarino e un poco scollato, di maglia, che godeva di uno spacco di lato che le scopriva le gambe snelle e sode, accavallate con femminilità ed eleganza.. rimase davvero intrigato da quella visione e fu seccato di dover ammettere che in fondo non era male, anche se pur sempre sempliciotta.
Sembrava assorta, pensierosa, e aveva tra le mani un bicchierino che pareva contenere whisky.
Lo sguardo era vuoto e pacato. Fu proprio questo suo stato d'animo che lo trascinò distrattamente verso di lei.
Così, silente, prese posto nel panchetto accanto al suo e fu a quel punto che lei sobbalzò colta di sorpresa, facendo anche versare un po' il liquido ambrato. -Hayama!- appariva molto stupita. -cosa ci fai qui?-
-non riuscivo a prendere sonno.- rispose schivo.
Portò le mani sul bancone, senza incrociare gli occhi di Arato nella speranza di restare indifferente alla sua singolare bellezza. -dove diavolo è il barista? Non fanno servizio a tutte le ore?-
-certo, altrimenti come potrei aver avuto del whisky.- replicò stizzita dalla sua sgarbatezza_come al solito_ -è solo che ci sono pochi clienti a quest'ora, per cui è andato in terrazza a fumarsi una sigaretta. Abbi pazienza.-
-allora dammene un po' del tuo.- ordinò brusco, stavolta incontrando i suoi occhi e fissandola con insistenza.
Hisako sembrò sentirsi a disagio di fronte a quello scambio visivo e, forse cercando di scioglierlo, assunse un'espressione di fastidio, allontanando il bicchierino da lui per precauzione.
-se non l'hai notato, visto che mi hai colto di sorpresa, l'ho versato per metà.-
-è perché sei maldestra. Non è colpa mia.-
-non è vero!- protestò offesa -in ogni caso attendi il barista.-
Detto questo buttò giù tutto d'un colpo il restante whisky nel bicchierino, prendendo un sospiro consistente.
Lui scrutò ogni suo movimento, gesto, curioso di cosa la stesse preoccupando visto che sembrava tesa.
-non ti sembra di esagerare? Quanti ne hai bevuti di shottini da quando sei qui?- usò il tono sbagliato per chiederlo: era stato pungente. Arato lesse le sue parole come l'ennesima provocazione:
-e a te cosa importa se mi ubriaco?-
-perché non ho intenzione di fare la fatica di portarti in camera quando non ti reggerai più in piedi.
Sono capitato qui per caso perché volevo rilassarmi. Non voglio fastidi.-
-nessuno ti chiederà di farlo e soprattutto nessuno ti ha invitato a sederti e a vedermi bere.-
La loro discussione fu interrotta dall'arrivo del barista, tornato dalla sua “pausa sigaretta”.
-mi porti uno shottino di Whisky anche a me.- ordinò subito.
L'uomo annuì e versò il liquido marroncino all'interno del bicchierino.
Fatto questo, gli chiese in un cortese inglese:
-ha bisogno d'altro, signore?-
-se non vuole lavorare, ci lasci direttamente la bottiglia e la metta in conto sulla nostra prenotazione.-
L'uomo fece un mezzo inchino e seguì la sua richiesta, sotto gli occhi sconvolti di Arato:
-dico Hayama.. sei impazzito?-
-vuoi bere? Allora fallo.- e le passò sfacciatamente la bottiglia.
-hai idea di quanto possa costare una bottiglia di whisky in questo hotel?-
-data la sua maestosità, anche più di 100 euro.-
-e allora perché l'hai presa?-
-smettila di fingere di avere problemi di quattrini, Arato.-
Quella risposta la irritò non poco, tanto che rabbiosa sputò:
-sei il solito stronzo!- afferrò sdegnosa la bottiglia e si versò dell'altro whisky.
Lui non si scompose minimamente di fronte a quell'insulto, in fondo riconosceva di aver esagerato; difatti, avvertì una specie di senso di colpa assalirlo ed era raro succedesse.
Indugiò nuovamente sul delicato profilo di Arato, soffermandosi su di esso, e d'istinto la sua mano andò verso la bottiglia. -vacci piano.-
Hisako diede uno schiaffo alla sua mano:
-molla.-
-allora smettila di fare la melodrammatica.-
Lei si stupì di nuovo delle sue personali premure e per un attimo lasciò andare la bottiglia, per specchiarsi nei suoi occhi e parlargli francamente:
-Hayama.. davvero non ti capisco: mi tratti come se fossi il peggio fastidio, eppure ti preoccupi che possa bere troppo. Come sei fatto veramente?-
Quella domanda lo colse alla sprovvista, non si aspettava di essere così palese davanti a qualcuno: Arato aveva scoperto una parte di lui che solo a pochi mostrava. Era una persona distaccata, ma sapeva di avere una gentilezza di fondo se si trattava di proteggere qualcuno a cui teneva: Jun e Akhila erano un esempio.
Ad Arato personalmente non aveva mai fatto vedere quella parte di lui, ma lei sembrava essersene accorta comunque.
-ho esagerato.- affermò solo, riferendosi alla cattiveria che le aveva detto prima.
Non voleva dirle con chiarezza che si sentiva in colpa, quindi sperava che due parole bastassero a farglielo capire.
Avvicinò le mani verso la bottiglia di Whisky e se ne versò un altro un po' nel bicchiere sotto lo sguardo perplesso di Hisako. -stai cercando di scusarti?-
Inizialmente non le rispose, poi tornò a guardarla intensamente.
-vedila come vuoi.-
Hayama giurò di aver visto un accenno di sorriso sulle labbra sottili di Arato e in un attimo ricordò il suo sorriso quando l'aveva ringraziata del bracciale che indossava ancora adesso, che l'aveva davvero colpito.
Si bloccò a studiare i contorni della sua bocca, immaginando la sua morbidezza e il suo sapore, e desiderando di sentirli.. scosse la testa cercando di fermare quegli inadeguati pensieri e deglutendo un altro bicchierino, seguito da Arato. Quest'ultima, poi, sembrò farsi timida all'improvviso e chiedergli timorosa:
-com'è andata in India?-


 
****


Hisako avvertiva continuamente lo sguardo di Hayama addosso, creandole una sensazione di piacevolezza e di disagio, sebbene fosse onorata dal suo insolito interesse e soprattutto stupita dalle sue scorbutiche premure.
Che si stessero davvero avvicinando?
Da una parte voleva sperarci, ma dall'altra aveva ancora in testa la conversazione udita a telefono, tra lui e qualcun altro_a lei sconosciuto_che si trovava in India ed era ciò che maggiormente la faceva sentire dubbiosa.
In quel mese che Hayama era stato in India aveva pensato molto a lui e gli era mancato, ma si era anche sentita angosciata perché sapeva esserci qualcun altro ad aspettarlo da un'altra parte del mondo. Voleva sapere chi era, voleva conoscere il rapporto che avevano e quanto questo fosse serio, ma non trovava la forza di entrare nel discorso; anche perché, se l'avesse fatto, rischiava da distruggere quel poco che aveva costruito con lui ultimamente.
Non voleva interrompere quella situazione di vicinanza che si stava pian piano creando, eppure era proprio il “non sapere” che la faceva stare male ed ecco perché pensava che la soluzione migliore_ovviamente ridicola_fosse annegare le sue paure in alcuni bicchierini di Whisky, per non pensarci almeno per qualche ora.
Tuttavia, non era riuscita a trattenersi dal fargli una domanda generica riguardo al suo viaggio.
-sarei curioso di sapere come mai sei tanto interessata ai miei viaggi in India.
Dubito che sia davvero per accrescere la tua conoscenza professionale.-
Hisako si sentì in difficoltà a quella constatazione e portò gli occhi sul bicchierino ancora mezzo pieno, pronta a buttare giù il resto. -cosa vorresti sentirti dire, allora?- ecco, era stata impulsiva.
-esatto. Hai ragione. La mia domanda ha altri fini. Soddisfatto?-
Ormai la frittata era fatta e dalla frustrazione, oltre a ributtare giù un altro bicchierino, le sfuggì anche qualche lacrima.
La reazione di Hayama, tuttavia, la colse di sorpresa, al momento che si sentì solleticare l'orecchio dal suo caldo fiato, che le scatenò dei brividi d'eccitazione:
-so perfettamente che sei attratta da me, Arato.- bisbigliò.
Lei sgranò gli occhi e scattò lontano da Hayama.
-cos'hai detto?- recitò spiazzata.
-non fingere di non aver capito.- accennò un piccolo ghigno quando la vide arrossire per averla messa imbarazzo.
-ti sbagli!- obiettò mentendo, ma non poteva ammettere che era la verità: aveva il terrore della sua risposta.
-potrai essere un tipo intrigante, ma non pensare che il mio interesse vada al di là di un semplice rapporto di convivenza pacifica.- continuò con aria goffa. Era incapace di mentire.
-..anche perché, come potrebbe piacermi un tipo tanto odioso?- borbottò, inghiottendo l'ennesimo shottino di Whisky. Dopo le numerose ondate di alcol assunte, iniziò anche a sentire la testa girarle e andare un po' in confusione, provando in tutti i modi a restare lucida per non fare un'altra figuraccia con Hayama.
-se non è così, meglio, perché sei troppo ingenua e debole per i miei gusti.- decretò glaciale.
Hisako si sentì nuovamente offesa, ma stava diventando troppo brilla per formulare un discorso sensato.
-mi gira la testa.- biascicò solo, portandosi la mano a sorreggere la fronte.
-perché sei stupida. Te l'avevo detto di non bere più whisky ed è per questo che sei debole.
Sarebbe un fastidio portarti su in camera, per cui preparati a dormire sul bancone del bar per stanotte.-
-è colpa tua che hai comprato una bottiglia intera.- fiatò, con un piccolo sprazzo di coscienza. Molto breve.
-nessuno ti ha detto di berla quasi tutta.-
Provò ad alzarsi dal panchetto, ma un capogiro le fece perdere l'equilibrio.
Hayama, senza riflettere, la sorresse evitando che cascasse.
-sei proprio senza speranza.- sbottò seccato -..oltre ad essere sconsiderata perché non hai pensato al banchetto di domani e ti sei ubriacata.-
-sta zitto..- mugugnò frastornata.
Appoggiò la fronte sul bancone, dato che non aveva la forza di alzarsi e strappò un sospiro stufo ad Hayama.
Iniziò a sentire gli occhi chiudersi, provò a tenere le palpebre aperte, ma la sonnolenza a causa della sbronza prese il sopravvento e si addormentò sul piano bar sotto gli occhi di Hayama.
Lo avvertì a malapena dire:
-aspetterò che tu ti riprenda. Che impiastro.-


 
****


Hayama attese che quella donna si riprendesse, ma quando guardò l'ora notò che erano le 1.00 passate e che, se voleva essere in forma per il banchetto, doveva andare a letto anche lui.
Sospirò stancamente, portando gli occhi sul viso addormentato di Arato: vista così appariva quasi innocente.
Si incantò ad ascoltare il suo respiro regolare, sentendole uscire frasi sconnesse dalla bocca.
Tra queste, sentì perfino farfugliare il suo nome: si meravigliò e avvertì una strana sensazione alla bocca dello stomaco, non era spiacevole, tutt'altro.. calda ad accogliente. Portò la mano sul petto e si disse fra sé e sé, sempre più scettico:
-cosa mi sta succedendo? Cos'è questa sensazione?-
Tornò a sbirciare il volto di Arato e si accorse solo dopo che le sue dita si stavano avvicinando verso la sua guancia, pronto ad accarezzarla con una strana dolcezza. Si strinse il polso con l'altro mano e fermò quell'azione del tutto fuori luogo e assolutamente vergognosa per uno come lui. -cosa sto facendo?- si domandò ancora, stranito.
I suoi pensieri furono interrotti dal ritorno del barista:
-signore, dovrebbe riportarla in camera: la sua ragazza non può dormire qui.-
La sua ragazza? Davvero sembrava la sua ragazza? Assurdo.
-non è la mia ragazza.- precisò subito, duro.
-la prego lo stesso di riportarla in camera.- insisté l'uomo.
-l'avrei fatto comunque.- rispose infastidito.
-la ringrazio.-
Detto questo, tornò su Arato e provò a svegliarla.
Peccato che sembrava veramente calata in un sonno profondo e dopo altre perpetui e piccoli scossoni, senza riuscire a distoglierla dal sonno, constatò che l'unica soluzione era portarla di peso in camera. Sbuffò scocciato.
-te la farò pagare, Arato.-
Così, con una delicatezza che non sembrava appartenergli, se la mise sulle spalle trovando il suo peso davvero leggero per le sue braccia. Il volto della ragazza era vicinissimo al suo, dato che era appoggiato sulla sua spalla, e poteva sentirne il suo profumo e il respiro. Il suo cuore, a quella sensazione, sembrò perdere l'ennesimo battito e l'attrazione per lei farsi sempre più deleteria. Doveva darsi una calmata se voleva portarla in camera senza “violarla” mentre dormiva.
Era impazzito? Tutto questo non era da lui.
Preso l'ascensore, raggiunse il piano di Arato e cercò all'interno della sua borsetta la chiave della sua camera.
La trovò quasi subito e la porta si aprì con uno scatto.
Entrato con calma, lievemente l'adagiò sul letto e la coprì con le lenzuola.
Rimase chinato ad osservare il suo volto ancora dormiente, attirato dalle sue labbra rossastre.
Voleva davvero baciarla?
Sapeva qual era la risposta, ma era dura da accettare.
Notò un ciuffo fuori posto, a coprirle la fronte, e d'impulso glielo scostò riportandolo verso gli altri in una leggera e gentile carezza. Guardandola ancora, con suo sommo stupore, sentì la sua bocca incrinarsi in un sorriso che era qualcosa tra il dolce e il divertito. Scosse di nuovo la testa, confuso dalle sue reazioni irrazionali.
Cos'erano tutte queste sdolcinatezze? Cosa provava per quella donna?
Ritornò prima ai tratti del suo viso, poi di nuovo alle sue labbra e, attirato come una calamita da esse, scese cautamente verso di loro finendo per lasciarle un casto bacio: erano morbide proprio come si era immaginato.
Poi, scioccato dal suo gesto, si allontanò quasi scottato e spaventato all'idea che lei potesse averlo sentito: non voleva che lo venisse a sapere perché era ancora infastidito all'ipotesi di essere attratto da una come Arato.
Dunque, dopo un'ultima occhiata sperando che non si fosse svegliata né accorta di niente, fuggì dalla sua camera chiudendo la porta dietro di sé. Rimase sulla stipite della porta per un po', il cuore in agitazione nel petto.
-come mi sono ridotto.- si maledì imbarazzato, schiaffeggiandosi la fronte.


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Angolo autrice: sono riuscita ad aggiornare anche prima del 28. Mi dispiace tantissimo di avervi fatto attendere due mesi prima di postare il nuovo cap, ma sono veramente piena di impegni. Spero continuerete a seguirmi e recensirmi lo stesso. Come vi è sembrato questo cap? come avrete visto è mooolto lungo e pieno! in questo modo spero di aver un po' rimediato all'enorme ritardo :D. Come sono state le scene AkiHisa e Sorina? e quelle tra Marika e Soma? spero di essere rimasta abbastanza IC con i personaggi e di non avervi deluso. Tranquillo, non abbandono nulla ;D.
Ringrazio tantissimo chi recesisce e continua a seguirmi, nonostante i ritardi. Ringrazio chi ha messo la fanfic a seguite/preferite e spero che, anche i nuovi lettori, possono farmi sapere cosa ne pensano.
Come sapete, non so quando aggiornerò di nuovo. Cercherò, però, di non farvi aspettare altri due mesi.
Avevo una gran voglia di postare anche perché abbiamo avuto di recente una bellissima notizia: la terza stagione anime di Food Wars, che spero possa far apprezzare ancora di più a tutti la Erina e la Sorina (visto che riguarderà anche lei e il loro avvicinamento). Cercherò di rispondere il prima possibile alle vostre recensioni, abbiate pazienza! ç___ç
Grazie di tutto! per tutto! :)

A presto!! Erina91


 

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Capitolo 20
*** Proposta! ***


Proposta!



L'aereo era atterrato all'aeroporto di Tokyo nel primo pomeriggio e dopo aver fatto le procedure di check out il gruppo di colleghi si era separato andando ognuno per la propria strada. Erina non era nemmeno riuscita a salutare Yukihira per bene perché era da diverso tempo che parlava fittamente al cellulare, non guardando nessuno in faccia.
Pensò subito che si trattasse di una Todokoro vogliosa di chiarire completamente la situazione con lui e le scappò perfino una smorfia stizzita immaginando tale possibilità. -mamma..-
Fu proprio Marika, che la teneva con la sua piccola mano, a chiamarla in causa.
-dimmi amore..- le sorrise premurosa.
-Rokuro oniichan ci aspetta a casa?-
Decisamente non si aspettava quella domanda dato che Marika teneva a Rokuro ma non era mai stata tanto coinvolta da lui. -non lo so tesoro. Forse è in ufficio a lavorare.-
Cercò di smorzare la tensione e il senso di colpa che l'aveva invasa dopo aver sentito il nome di Rokuro.
-perché non lo andiamo a trovare in ufficio? Vuoi vederlo?-
Sentì un forte dolore al petto, metaforico, sempre più schifata da se stessa.
Marika annuì sorridendo candidamente e approvando la sua proposta.
Si aprì in un sorriso malinconico e forzato: era difficile nascondere i suoi veri sentimenti alla figlia.
Le sembrava di essere falsa anche con lei.


 
****


Soma riattaccò finalmente la chiamata con il suo direttore e solo dopo aver chiuso del tutto le impostazioni del cellulare si rese conto di cosa gli aveva ordinato: sarebbe dovuto andare in trasferta, ad Osaka, per un mese intero perché uno degli chef della filiale dell'Adeshino C.B di Osaka aveva avuto un infortunio sul lavoro ed era costretto a stare a riposo per un mese intero e, avendo bisogno di personale abbastanza rapidamente, questo fine settimana doveva partire subito.
Non riusciva a credere a ciò che gli era stato commissionato.
Sapeva perfettamente cosa avrebbe implicato una tale richiesta: Osaka era lontana da Tokyo e sarebbe stato costretto a prendere un appartamento in affitto per l'intero mese. In più, sarebbe stato lontano dall'Adeshino C.B di Tokyo e soprattutto da Nakiri: ciò non avrebbe giovato alla loro relazione. Già lei era restia a seguire il suo cuore, a vivere i forti sentimenti che provavano reciprocamente_per qualche motivo a lui ignoto_e la distanza non avrebbe favorito l'incremento del loro rapporto e neanche una soluzione ad esso, tutt'altro.. probabilmente li avrebbe solo allontanati di più.
Sarebbe anche stato difficile darle la notizia perché, anche se non l'avrebbe mai ammesso, era sicuro l'avrebbe sconvolta. Però avrebbe pensato a come gestire questa questione con lei dopo aver fatto una cosa ancora più importante: chiarire il suo rapporto con Megumi, chiuderla per mettere fine alla sua sofferenza e porla nella condizione di andare avanti senza di lui. Aveva aspettato fin troppo ed era giusto che Megumi sapesse la verità. Era corretto essere totalmente sincero con lei perché se lo meritava. Sarebbe stata dura mettere la parola “fine” alla loro lunga relazione, ma non poteva più mentire a lei e specialmente a se stesso. Decise che avrebbe cercato di parlare con Megumi prima di andare in trasferta ad Osaka.
E così fece: uscito dall'aeroporto andò dritto al paesino di Megumi, pronto a parlare con lei.
Non la chiamò nemmeno per avvertirla.


 
****


Megumi aveva appena terminato di lavorare e da quella mattina avvertiva un forte disagio dentro di lei: Soma era tornato a Tokyo proprio oggi ed era consapevole che avrebbero parlato della loro situazione il prima il possibile, mettendo fine alla loro relazione. Si sentiva soffocare a quel pensiero, ma dall'altra parte era giusto chiuderla se i sentimenti che li legavano in passato erano svaniti. Anche per lei non era più come prima e non solo perché veniva continuamente ferita dal distacco di Soma nei suoi confronti, ma anche perché lei stessa provava dei sentimenti verso un'altra persona: Takumi.
Infatti, da quando aveva visto quest'ultimo con la sua ex, sentiva una forte spinta al voler sapere il motivo di quell'incontro improvviso dopo anni e ciò le creava preoccupazione. Sospirò stancamente, chiedendosi come fosse finita in una situazione sentimentale tanto complicata e dolorosa.

Raggiunto l'appartamento dei suoi genitori, tutte le sue angosce presero il sopravvento al momento che notò Soma davanti al cancello della villetta, seduto sullo scalino del marciapiede e probabilmente ad aspettarla.
Deglutì agitata e prese un respiro profondo avvicinandosi a lui:
-Soma-kun..-
Quest'ultimo alzò gli occhi verso di lei. Dentro essi vi era tristezza, dolore e sensi di colpa.
Non era emotivamente tranquillo per ciò che stava per fare e lei sapeva benissimo di cosa si trattava.
-scusa se sono piombato all'improvviso a casa dei tuoi genitori, Megumi, ma tornato a Tokyo l'unica cosa che volevo fare era affrontare la nostra situazione con te; altrimenti, se avessi aspettato ancora, non so se ce l'avrei fatta.-
Lei abbassò la testa con aria addolorata:
-so perché sei qui, Soma-kun, non hai bisogno di giustificarti o dire altro.-
-Megumi.. io.. ecco, non posso più stare con te.
È difficile anche per me chiudere la nostra relazione perché sei stata molto importante, ma..-
-..ami Nakiri-san. Lo so..- terminò per lui, lei.
Si sforzò di guardarlo negli occhi e adottare un sorriso di circostanza, che risultò assai amareggiato.
-avevo capito da tempo i tuoi sentimenti per lei, ma ho sempre cercato di passarci sopra sperando solo di sbagliarmi. Tuttavia.. sapevo non essere così. Sapevo che sarebbe finita tra noi a causa dei tuoi sentimenti per lei. Dei vostri sentimenti reciproci.- le scappò una lacrima, che provò a scacciare con tutta l'energia che aveva in corpo e aggiunse risolutamente:
-però Soma-kun, proprio per questo, se non fossi stato tu a fare la prima mossa per chiuderla l'avrei fatta io perché, anche se avessi continuato a fingere di non conoscere i tuoi sentimenti per Nakiri-san, non sarei stata felice di essere in eterno la tua seconda scelta.- sostenne il suo sguardo con decisione. Soma sgranò gli occhi colpito dalla tenacia e dal controllo emotivo di Megumi. -tsz..- borbottò abbozzando un sorriso e commentando:
-sono davvero orgoglioso di essere stato il tuo ragazzo, Megumi: ho sempre apprezzato il coraggio interiore che nascondi.-
Lei restò in silenzio, quando ad un certo punto Soma avvolse le braccia attorno al suo corpo carezzandole la testa affettuosamente. -mi dispiace di averti fatto soffrire, Megumi. E perdonami per non essere riuscito a darti tutto quello di cui avevi bisogno. Sono sicuro che troverai un ragazzo migliore di me, che ti amerà con tutto il cuore.-
Lei si fece stringere per un po' beandosi per l'ultima volta del contatto fisico di Soma, del suo tepore, delle sue braccia e di nascosto si lasciò andare a lacrime silenziose. Poi, quando sentì di essersi sfogata abbastanza, lo allontanò da lei.
-ti ho veramente amato, Soma-kun. E te..? l'hai mai veramente fatto? Mi hai mai davvero amato?
Rispondi solo a questa domanda.- sapeva essere una richiesta masochista perché il terrore di non essere mai stata veramente amata da lui la tormentava da sempre. Da quanto avevano iniziato a frequentarsi.

 
****


Soma fu colto impreparato davanti a quella domanda e per un attimo non seppe cosa risponderle, anche perché nemmeno lui sapeva se l'avesse amata davvero in questi anni che erano stati insieme. Già il fatto che avesse dubbi non era positivo.
Si specchiò negli occhi color nocciola di Megumi e lesse in essi tanto desiderio di voler sapere la verità.
Probabilmente, se non l'avesse amata neanche un po', non ci sarebbe stato insieme. Quindi sì, sicuramente era stato innamorato di lei per un periodo, anche se tale innamoramento non era stato tanto forte da sconvolgerlo come invece era successo con i sentimenti verso Nakiri. Sapeva la risposta:
-sì.. sono stato innamorato di te, Megumi. Davvero.-
Megumi lo fissò attentamente, cercando di analizzare l'espressione del suo volto per avere la certezza che non mentisse.
Poi sorrise: finalmente si accorse della sincerità delle sue risposta, ma non commentò ulteriormente e non gli pose altre domande. -spero che tu riesca a trovare la felicità, Soma-kun. Addio..-
Queste furono le sue ultime parole prima di vederla avvicinare le chiavi alla serratura del cancellino. D'istinto, in seguito, l'afferrò per il polso prima che entrasse del tutto. -Megumi.. vuoi davvero chiudere ogni rapporto con me?-
Lei si voltò verso di lui separando il braccio dalla sua mano:
-per ora penso che sia meglio così, Soma-kun. Vederti mi fa stare ancora male. Diamoci un po' di tempo per accettare questa separazione e poi vediamo in futuro.- stabilì sottovoce, provando a trattenere i singhiozzi.
Lui si trovò d'accordo con lei: sì.. far passare un po' di tempo per elaborare la rottura, soprattutto per lei, era la soluzione migliore. -d'accordo. Anch'io penso sia giusto così.-
Infine, la seguì entrare dentro la villetta finché anche la sua schiena non scomparve completamente.
-perdonami se puoi, Megumi..- disse fra sé e sé.


 
****


Qualche giorno dopo..
Quella mattina Erina aveva ricevuto una chiamata dall'India in cui le avevano chiesto di organizzare un banchetto, tra circa un mesetto, per un matrimonio Indiano di grande prestigio e per una coppia che apparteneva ad una Casta assai rinomata di Nuova Delhi_la capitale_e lei, soddisfatta da una proposta tanto allettante, aveva accettato subito e anche il direttore_al momento che lo aveva avvertito della chiamata_era stato onorato dalla richiesta precisandole subito, però, che il suo compagno Rokuro non sarebbe potuto andare a causa di un banchetto di simile importanza proprio in Giappone perché doveva occuparsi dei conti nella loro Nazione per tale evento. Il direttore le aveva anche detto di averlo già avvertito della notizia ed Erina era preoccupata all'idea di vederlo di cattivo umore quella sera stessa. Tuttavia, cercò di non pensarci nel tentativo di non stare in ansia nel corso della giornata. L'India era un paese molto lontano dal Giappone e sarebbero quindi stati via per quindici giorni. Il pensiero che Rokuro non sarebbe andato purtroppo la sollevava. Aveva fatto una scelta e questa era stata quella di non fare più resistenze quando Yukihira avesse provato di nuovo ad avvicinarsi ricercando un contatto con lei. Definirla una “scelta”, in ogni caso, non era esattamente la parola giusta dato che essa era stata dettata dalla sua incapacità di combattere i sentimenti per lui e di gestire la loro letale attrazione. Oltretutto, come se non bastasse, da quando erano tornati nel loro territorio nazionale non aveva smesso di chiedersi con chi Yukihira stesse parlando a telefono tanto fittamente quel giorno e tali domande erano aumentate solo di più dopo che negli ultimi giorni non avevano parlato molto. Sapeva di doverlo avvertire dell'ennesima trasferta all'estero per lavoro, dunque decise che lo avrebbe affrontato dopo la pausa pranzo.

Qualche ora successiva non fece in tempo ad uscire dal suo studio che fu proprio Yukihira a chiedere il permesso di entrare nel suo, anticipandola. Quando egli attraversò la porta del suo ufficio i loro sguardi si incontrarono in maniera enigmatica e coinvolgente, come ogni volta. Tuttavia Erina notò una luce diversa nelle iridi ambra di Yukihira: non erano vivaci e accattivanti come al solito, tutt'altro.. vi era tanta tristezza e di conseguenza, mentre continuarono ad esplorarsi con aria intensa, pensò subito che ci fosse qualcosa che non andava.
D'impulso, sinceramente in ansia, si portò davanti a lui.
-perché sei qui? Sei strano Yukihira. Che ti succede?-
Scese verso la mano di lui e la strinse con dolcezza e apprensione.
Yukihira alzò la testa verso di lei, pronto a risponderle, e probabilmente incoraggiato dalla sua presa delicata e comprensiva. -devo dirti una cosa, Nakiri..- cominciò dispiaciuto.
-immagino che non si tratti di qualcosa di positivo, vista la tua espressione.-
Lui annuì. -il direttore mi ha chiesto un favore e non posso rifiutare.-
Poi prese a spiegare di cosa di trattava:
-quando siamo atterrati a Tokyo ho ricevuto una sua chiamata..-
Lei si aprì in un'espressione che era un misto tra il sollevato e il realizzato; almeno era felice che la famosa chiamata che la preoccupava tanto non riguardasse Todokoro, sebbene fosse molto curiosa di come era finita tra loro dopo il loro ritorno in Giappone. Tutto il suo entusiasmo si spense al momento che Yukihira proseguì il discorso:
-..nella quale mi ha chiesto di andare alla sede di Osaka per un mese, in sostituzione di uno chef che ha avuto un grave infortunio sul lavoro.- Rimase scioccata di fronte a quella notizia totalmente improvvisa.
Per un attimo sentì come se le si fosse bloccato il respiro e la capacità di parlare. Ciò avrebbe significato che lei e Yukihira non si sarebbero visti per un mese? A tale pensiero l'amarezza e l'angoscia si fecero persistenti.
Le sensazioni che provò in quel momento le fecero capire solo di più quanto per lei la presenza di Yukihira fosse essenziale nella sua vita, benché continuasse a respingerlo a causa delle sue paure e segreti.
Perché quando sembrava aver preso una mezza decisione, poi finivano per essere separati da circostanze impreviste?
E poi.. perché era tanto delusa dalla notizia?
Lei stessa aveva cercato in ogni maniera di staccarsi da lui, di sopprimere i suoi sentimenti, il loro amore, la loro attrazione reciproca.. e ora che aveva la possibilità di farlo con più facilità si sentiva morire all'idea di non vederlo.
In quell'ultimo anno passato con lui non aveva fatto altro che allontanarlo, negare ciò che provava per lui, trattarlo con distacco_senza successo_poi, quando aveva deciso di ascoltare in parte il suo cuore, ecco che qualcosa le impediva di farlo.. come ad avvertirla o a metterla in guardia, a ripeterle fino allo sfinimento che non aveva il diritto di amarlo per ciò che gli aveva fatto. -questo..- provò a dire, sottovoce -..noi, ecco..- tentò ancora, incrociando il suo sguardo addolorato.
Yukihira la vide in seria difficoltà, incapace di completare una frase e fargli capire quello che desiderava.
Nel tentativo di consolarla, carezzò la sua guancia con tenerezza e le portò la fronte sulla sua spalla.
-mi aspetterai, Nakiri? Posso credere che questo mese che non ci vedremo non metterà fine a ciò che proviamo?- proruppe accennando un sorriso, -quando tornerò posso sperare che la tua non sia più una mezza scelta? Sarai pronta a passare sopra alle tue paure per stare con me?-
Lei avvolse la braccia attorno al petto di Soma, ma non gli rispose.
Sperò di riuscire a trasmettere tutto il suo amore per lui attraverso quell'abbraccio. Non poteva rispondergli; perché, anche se lo amava, il senso di colpa non spariva e forse non l'avrebbe fatto neppure tra un mese.
-non posso garantirtelo Yukihira.- gli disse -però, anche se non posso darti questa certezza, i miei sentimenti per te non cambieranno nel giro di un mese. Per quanto reprima ciò che provo, non posso più negarlo.-
Yukihira si staccò da lei e le sorrise sbarazzino:
-per ora mi accontento di questa risposta, ma sai che non mi basterà per sempre.- le strizzò l'occhiolino fiducioso, poi se la riportò nuovamente contro il suo corpo e unì le labbra con le sue in un abbraccio infuocato e desideroso. Lei lo strinse con la stessa voglia di lui e seguì un bacio affamato e ardito, nel quale entrambi si toccarono con impazzita passione e audacia.
Le mani di lui lambivano in un febbrile tocco i suoi lineamenti: dal collo, al seno, al ventre.. e poi scendevano giù verso le cosce solide; lei invece affondava le mani nei suoi capelli e con la mano carezzava il suo volto fino al petto e ogni tanto passava a baciargli il collo virile. I respiri si fecero affannosi per ambedue e lui, trascinato dal momento, l'alzò per i fianchi posandola sulla scrivania. Lei lo bloccò tra le sue gambe senza interrompere il bacio.
Ogni tanto si staccavano dalle labbra e si fissavano con desiderio negli occhi.
Si scrutavano intensamente, si immergevano a vicenda nei propri occhi, e respiravano vicino alle loro labbra senza distruggere il contatto visivo. Yukihira, in quei brevi secondi di separazione, le sfiorava le ciocche lunghe e bionde deliziandola con un abbozzato sorriso ricco d'amore e gioia.
Lei invece, come rimbambita, era sicura di guardarlo con aria sognante e attratta. -Nakiri..- bisbigliò lui, vicino alle sue labbra -..non sai quanto ti desidero.- ammise schiettamente. -quando torno sarà anche peggio.-
Si aprì in una risata che lei trovò armoniosa, un misto tra il divertito e l'imbarazzato, e che le scaldò il cuore suscitandole quiete, leggerezza e una sorta di sfuggente felicità regalata solo da quel momento in cui entrambi non pensavano ad altro che amarsi in una chimica tutta loro. Benché non fosse una ragazzina alle prime armi per quanto riguarda l'aspetto intimo di una relazione e, per quanto fosse rimasta contenta delle parole di Yukihira, la sua scaltra quanto sincera dichiarazione la fece comunque arrossire. Non confessò di desiderarlo quanto lui, almeno non in quel momento, ma sapeva che se non fossero stati in ufficio_che faceva un po' da freno per la loro passione_a quest'ora sarebbero finiti direttamente a letto insieme. Nascose ancora una volta i suoi veri sentimenti e, dopo essersi scambiati un'altra occhiata attrattiva, lo allontanò con cura da lei.


 
****


Soma sentiva il cuore battere imperterrito, il corpo fremere davanti al desiderio e all'amore provato per Nakiri, le mani che faticavano a controllarsi dallo stringerla a sé e continuare a baciarla, spogliarla direttamente per poterla sentire sulla sua pelle, beandosi del suo calore, soprattutto adesso che con Megumi aveva chiuso e chiarito ed era più libero di ascoltare le richieste dei suoi sentimenti. Libero di ascoltare quelle emozioni che trascendevano la razionalità, potendo adesso essere espresse senza commettere costanti adulteri. E apertamente. Però, quando pensava di aver fatto passi avanti con Nakiri e di essere riuscito ad avvicinarsi a lei dopo i suoi ripetuti rifiuti, trovava davvero ingiusto che ora dovesse lasciarla da sola per un intero mese. Sapeva quali fossero i reali sentimenti di Nakiri. Sapeva che la persona che amava era lui, ma era altrettanto consapevole che questa trasferta improvvisa avrebbe portato inevitabilmente ad un altro allontanamento emotivo e fisico, potenzialmente pericoloso se considerava il fatto che Suzuki avrebbe avuto a disposizione un mese intero per evitare che Nakiri si separasse da lui, a maggior ragione se sapeva di avere campo libero data la sua lontananza.
Era certo che al di là di quella sua aria composta e seria, fiduciosa e prudente, Suzuki fosse invece molto teso quando si trattava del rapporto che legava lui e Nakiri. Era stato anche il primo ad accorgersi dei sentimenti che provavano l'uno per l'altra temendo fortemente che lui gliela portasse via; appunto per questo, era sicuro di essere una presenza invadente e inopportuna per Suzuki, così come una figura da eliminare dal suo tragitto e dalla vita di Nakiri, affinché non potesse dividerli e rovinare la loro relazione. Di conseguenza aveva la sensazione che il misterioso fidanzato di Nakiri non fosse affatto intenzionato a lasciarla andare, in particolar modo a lasciarla scegliere chi amare o con chi stare, e tale pensiero lo preoccupava non poco. Non era contento, dunque, di lasciare Nakiri da sola con Suzuki, ma sapeva di non poter fare diversamente perché si trattava di una richiesta partita dai piani alti dell'Adashino C.B e si sarebbe presentata anche come un ottima opportunità per accrescere le sue competenze di chef. Era obbligato ad accettare per ambedue i motivi. Comunque, da quando aveva varcato l'ufficio di Nakiri, si era ripromesso di non versare tutte le sue preoccupazioni del viaggio a lei ma di passare un momento nel quale solo loro due esistevano. Non Suzuki, non l'Adashino C.B, neppure le ore lavorative. Voleva salutarla con il sorriso e rassicurarla che questo viaggio, per quanto lo agitasse dentro, non li avrebbe separati e i loro sentimenti_soprattutto la sua determinazione a volerla conquistare_non sarebbero cambiati.
Almeno lui voleva infonderle certezze e tutela, se lei non poteva farlo per qualche arcano motivo.
I suoi pensieri furono interrotti da una mano di Nakiri che si portò lungo la sua guancia, in un placido e gentile tocco. -Yukihira.. mentre sei via, non stare in ansia per me. Mi conosci e sai che posso campare benissimo senza la tua protezione. Spero che tu non metta in dubbio la mia individualità.-
Tali parole erano esattamente da Nakiri, tant'è che gli scappò un ghigno orgoglioso di fronte a quella smorfia.
-ma ti mancherò almeno un po'?- domandò, allora, giocoso -non ti esprimi mai, Nakiri, almeno prima di partire non potresti darmi qualche dolce soddisfazione?- le strizzò l'occhiolino.
-sei il solito idiota, Yukihira.-
Nakiri non riuscì a controllare una risatina divertita, che lui trovò davvero adorabile.
-non ti aspetterai mica che diventi improvvisamente sdolcinata con te.- borbottò impacciata -..e poi sai già la risposta.- asserì, nascondendo una timidezza di fondo.
Calò il silenzio tra i due. Silenzio nel quale lui la prese per fianchi portandola più vicina a sé, desiderando sentire nuovamente il suo corpo, e guardandola incisivo:
-quando tornerò da Osaka non voglio più solo baciarti, Nakiri.- decretò asciutto -vorrei stare con te seriamente! Vorrei poterti toccare senza avere il “fantasma” di Suzuki-san che ci divide o ce lo impedisce.
Vorrei rivivere quella notte di sette anni fa. Pienamente. Pensi possa essere possibile una richiesta del genere?-
Lei spalancò gli occhi spiazzata e leggermente seccata da quelle parole:
-mi avevi già chiesto se fosse possibile e ti ho risposto che non posso darti sicurezze, Yukihira.
Avevi detto che eri contento della mia risposta e che ti bastava quella per adesso. Perché ritorni sul discorso?-
Lui sospirò stancamente, portò di lato le sua testa sfiorandole il collo latteo e lasciandole baci bollenti su di esso.
-..è che non sopporto l'idea di lasciarti da sola con Suzuki-san per un intero mese.- le fiatò in prossimità della sua pelle, creandole dei brividi di eccitamento lungo tutta la spina dorsale.
-avevo deciso di non dirtelo, ma il pensiero mi disturba non poco e non posso andare via senza farti capire quanto mi infastidisca. Per quanto non digerisca quell'uomo, adesso capisco come si sia sentito tutte le volte che il direttore gli ha impedito di venire in viaggio di lavoro con te, lasciandoci soli. Adesso mi sento allo stesso modo e forse anche peggio visto che si parla di un mese.- strinse i pugni con forza, frustrato. -mi dispiace Nakiri.-
Lei chiuse le dita attorno alla sua mano serrata, cercando di rilassarlo, e gli donò un sorriso tranquillo.
-mi stupisco di te, Yukihira, così convinto di conquistarmi e adesso innocente e incerto come un agnellino indifeso.-
Lui rimase alquanto meravigliato dalla provocazione di Nakiri e per attimo assottigliò gli occhi allibito; però, proprio grazie a tale provocazione, riuscì a riprendersi da quell'evidente stato di incertezza con lo aveva travolto accogliendo la sua sfida in maniera positiva e ironica, assecondando le parole che lei aveva usato per svegliarlo:
-sei una continua sorpresa, Nakiri..- ridacchiò sollazzato dal suo atteggiamento contrastante -..prima mi rifiuti con tutte le tue forze, poi mi fai stare in pena per te, in seguito mi smuovi e mi attrai, e adesso osi addirittura provocarmi per farti conquistare? Sei davvero unica!-
-chi ti dice che ti abbia dato dell'agnellino indifeso per indurti a continuare con la tua inutile tattica di conquista?-
Incrociò le braccia orgogliosa. Lui rise di nuovo, poi commentò con dolcezza:
-adesso sono davvero felice, Nakiri. Ti ringrazio di avermi provocato.-
Le era veramente grato perché, se non lo avesse sollecitato a darsi una svegliata con il suo modo tanto singolare e personale nel farlo probabilmente non sarebbe partito per Osaka sereno. Nakiri non si esprimeva molto e, se lo faceva, era perché si trovava in circostanze critiche od era avvenuto un miracolo, ma possedeva la caratteristica tanto affascinante di dire qualcosa di opposto e far capire lo stesso cosa pensasse veramente. Quello era stato uno di quei momenti: provocandolo gli aveva fatto capire che dentro lei non voleva che lui rinunciasse alla sua pressante conquista. Voleva che continuasse a provarci e che forse la liberasse_inconsapevolmente_da quel peso che si portava dentro, che le impediva di stare con lui e che era terrorizzata di rivelare.
Si baciarono ancora e ancora, sempre con più coinvolgimento, ed entrambi persero la cognizione del tempo.


 
****


Successivamente, quando fu il momento di separarsi perché la pausa pranzo era terminata, Erina dovette constatare che non aveva ancora avvertito Yukihira del prossimo evento che si sarebbe svolto in India.
-Nakiri.. penso che dovrei tornare in ufficio, adesso.- annunciò tristemente, sciogliendo la presa_controvoglia_di quell'abbraccio mozzafiato. -aspetta Yukihira.. mi sono dimenticata di dirti una cosa.-
-di cosa si tratta?-
-non so se il direttore ti ha già avvisato sul prossimo evento importante.-
Lui si fece pensieroso. -no, non credo mi abbia ancora detto niente.-
-andremo in India per quindici giorni.
Ci hanno incaricato di organizzare un bacchetto per un matrimonio di un ricco indiano.-
Si fece stupito. -davvero?? ed è la prima volta che andate?-
-esatto. Immagino che Hayama abbia fatto un ottimo lavoro in India, se hanno chiesto proprio a noi di organizzare il tutto.-
-come c'era da aspettarsi dalle capacità di Hayama.-
Poi aggiunse, chiedendo:
-ma io starò via per un mese. Per quando è fissata la partenza?
Sei sicura che il direttore abbia chiesto anche a me di partecipare?-
-esattamente tra poco più di un mese, quindi sei sicuramente incluso.-
-buono a sapersi!- esclamò eccitato -..e Suzuki-san?-
Quella domanda era lecita e sicuramente, con disappunto, anche Yukihira sperava come lei di trovarsi da soli come a Parigi. Portò la testa di lato, cercò di controllare il leggero disagio che la soggiunse al pensiero della risposta che stava per dargli, infine boccheggiò impacciata:
-saremo da soli anche stavolta..-
Erina notò che Yukihira stava cercando di gestire l'euforia davanti a quella risposta e, prima che potesse trasmetterla anche lei_per farsi poi assalire dai sensi di colpa_provò a darsi un contegno:
-..ma questo non significa niente. Anche se ho accettato i miei sentimenti per te, la questione Rokuro resta e anche la mia attuale decisione. Non desidero farti illusioni, Yukihira. Per quanto sia diventata più accomodante, ciò che razionalmente penso non cambia. Vorrei che fosse chiaro prima della partenza.- Era doloroso dire certe parole, ma se aveva detto ciò era proprio perché lei stessa non sapeva mettere un freno ai suoi sentimenti, nonostante lo sbaglio più grande commesso con lui: il segreto che ancora gli celava. -sono contento lo stesso di poter essere di nuovo soli.- sorrise birichino -almeno, anche se non ci vedremo per un mese, potrò rimediare alla tua mancanza in quei giorni in India. Ora parto ancora più felice.-
Lei sospirò arresa: non c'era verso, non era nell'indole di Yukihira essere pessimista ed arrendevole ed era anche per questo che lo amava.

Passò qualche altro attimo silente, in cui entrambi rielaborarono tutta la conversazione avuta e ciò che avevano chiarito durante la pausa. -quando partirai per Osaka?- fu lei la prima ad interrompere il silenzio, facendogli la domanda che tanto la rattristava. Non riusciva a sostenere il sguardo perché sapeva che, se lo avesse fatto, sarebbe corsa nuovamente ad abbracciarlo senza lasciarlo più e non poteva permetterselo.
-domani mattina. Per questo sono voluto passare oggi.
Volevo salutarti come si deve prima di partire e ribadirti ciò che provo per te e cosa voglio.-
-capisco..- mormorò -non verrò a salutarti alla partenza.-
-lo so. Non voglio che tu venga. Sarebbe ancora più difficile se lo facessi.-
-preferirei anche non sentirti per telefono, se possibile.- puntualizzò ancora lei, -non perché non voglia, ma non puoi sapere quando sarò con Rokuro.-
-avevo già messo in conto questa possibilità. Non ti chiamerò. Proverò a non farlo.- accordò lui, -ma sai che ti penserò.-
-anch'io..- ammise sottovoce -lo farò..-
-ottimo.- sorrise allegro, alzando il pollice -adesso è meglio che mi avvii.-
Posò la mano sulla maniglia della porta, pronto ad aprirla, dandole le spalle.
Lei, d'istinto, lo abbracciò da dietro e appoggiò la fronte contro la sua ampia schiena.
-grazie di essere passato, Yukihira.- bofonchiò dietro di lui.
Lui si voltò per guardarla e le rivolse un sorriso solare e accogliente, caldo e ricolmo d'amore mentre la allontanò da sé. -Nakiri.. ricordati che ti amo.- disse quelle parole nel modo più naturale possibile e sempre con un sorriso stampato in faccia pieno di dolcezza. Dolcezza che era tutta per lei.
Rimase colpita da quelle parole, non disse altro, lo vide solo andarsene pochi secondi dopo averle dette.
Restò più del dovuto a seguire la sua spalle che lentamente attraversavano il corridoio, consapevole che per un mese non l'avrebbe più viste. Tuttavia, nonostante il distacco non programmato, le sue labbra restarono comunque arricciate in un tenero sorriso. Per la prima volta da quando Yukihira aveva iniziato la sua conquista sentì di non aver commesso qualcosa di imperdonabile. Sentì solo di aver seguito ciò che desiderava e per un attimo avvertì un senso di spensieratezza dentro di lei, che purtroppo durò solo qualche minuto perché il pensiero, il segreto di Marika, sovrastò completamente_ancora_quella sfuggevole sensazione di pace. Ed ecco che la paura, l'irrequietezza, il senso di colpa tornarono ad essere dominanti. Posò gli occhi a terra, dispiaciuta -perdonami Yukihira..-


 
****


Yukihira era partito da tre settimane per Osaka e, come pattuito tra loro, non si sarebbero né visti né sentiti in modo da prevenire ulteriori problemi. Sebbene tale accordo, lei ne sentiva ugualmente la mancanza e non faceva altro che pensare a lui. Perfino la sua Marika, da quando se n'era andato, era diventata molto cupa e le chiedeva spesso dove fosse o quando tornasse, se sarebbe tornato o meno. Era talmente affezionata a lui che non riusciva più a consolarla o rassicurarla del suo ritorno. Proprio per questo, continuare a nascondere ad entrambi la loro relazione parentale era diventato sempre più difficile. Marika sembrava avere davvero bisogno della presenza di Yukihira, inconsciamente, pur non conoscendo il loro legame sanguigno. Rokuro pareva non bastarle più come figura maschile, paterna, ed essendo una bambina acuta ed intelligente si era già accorta che nel loro rapporto di coppia mancava qualcosa ed era svanito ciò che c'era stato in passato: non vi era più il sentimento, la sintonia, uno scambio di opinioni. Era diventato tutto più piatto e convenzionale ed anche lei lo sapeva, ma Rokuro continuava ad essere l'unico motivo che la rasserenava dalla verità dietro alla nascita di Marika. L'unica sicurezza, il palo che si frapponeva tra lei e Yukihira, la sua “scusa” per non affrontare la situazione con il reale padre della bambina. Era sicuramente da vigliacchi tale atteggiamento, però per adesso non poteva fare altrimenti che “sfruttare” Rokuro. Mentre rifletteva su tutto ciò, aveva raggiunto la scuola di Marika per prenderla all'uscita.
La bambina aveva iniziato da un mesetto* la prima elementare e per ora sembrava molto brava scuola ed era orgogliosa delle sue capacità nello studio, nel leggere e nello scrivere.
Eccola che le correva in contro con la sua elegante e infiocchettata divisa scolastica, blu scuro, per abbracciarla.
-mamma!-
-ciao tesoro!- la salutò con amore, lei, sorridendole con affetto. -sali in macchina su, non vorrai mica far aspettare l'autista!- La bambina annuì e montò sopra al sedile posteriore.
-com'è andata a scuola?-
-ho preso 9 ad economia domestica*, perché ho impastato e condito bene l'impasto per fare la pasta frolla.
Sai per fare i biscotti.- raccontò entusiasta.
Lei sorrise soddisfatta davanti alle già autentiche capacità culinarie insite in Marika: era proprio figlia sua e di Yukihira, ridacchiò fra sé e sé.
-pensi che Soma oniichan sarebbe felice del mio voto?- domandò poi, speranzosa, e con gli occhietti che le brillavano emozionati. Si meravigliò davanti a tale commento.
-pensi che, se lo chiamassi e gli dicessi che ho preso un bel voto, oniichan tornerebbe da me?- seguì la figlia, lasciandola sempre più colpita. Le sui iridi ambra, così simili a quelle di Yukihira, erano attraversate da una luce inaspettatamente nostalgica. -mi manca Soma oniichan, mamma..-
La botta finale al suo cuore fu raggiunta quando vide la sua bambina salire con le dita verso i suoi occhi, per stropicciarseli, nel asciugarsi le lacrime di coccodrillo che sembravano voler uscire. Lei stessa si sentì travolta dal dolore di Marika e dal suo amore sfrenato per il padre che non sapeva di avere. -tesoro.. Yukihira tornerà tra poco.- tentò ancora di consolarla.
-quando?-
-presto. Quando tornerà verrà in India con noi e potrai rivederlo.-
-davvero? Non è una bugia?-
-certo che no, piccola, lo sai che non dico bugie.-
A quel punto, convinta dalle sue parole, tornò ad essere serena.

Pochi minuti dopo, sentì vibrare il cellulare all'interno della sua borsa.
-pronto, Rokuro..? tutto bene? Come mai mi chiami mentre stai lavorando?-
-Erina.. stasera ho prenotato un tavolo al ristorante francese “Voulevard”, che si trova all'ultimo piano dell'hotel “Palace Horse”. Pensi di poter lasciare Marika a tua cugina per stasera? Vorrei fare una cenetta romantica con te.-
Lei si fece perplessa di fronte a quel galante invito: era tanto che Rokuro non le chiedeva di fare una cena romantica a lume di candela e, vista la frattura nel loro rapporto, le sembrò alquanto dubbiosa come uscita; infatti sentì il panico a assalirla. Che volesse fare il “grande passo” nella speranza di poter recuperare la loro quiete relazionale con un contratto scritto su carta? Certo che, se fosse stato così, poteva essere la soluzione più rapida a mettere fine ai suoi tormenti, alle angosce scaturite dai suoi segreti issando un muro definitivo tra lei e Yukihira, e il segreto di Marika sarebbe rimasto un po' più a lungo al sicuro; se non ché, da quando non l'aveva più visto a causa di quella trasferta, la mancanza di lui si era fatta addirittura più prepotente ed era tutt'altro che scomparsa: dentro di lei e i suoi veri sentimenti le dicevano solo che_pur non volendo e non potendo_stava attendendo il suo ritorno.
-va bene, Rokuro, sentirò se Alice può tenere Marika per questa sera.-
-grazie Erina. Sono davvero contento che tu abbia accettato.-
Anche volendo non avrebbe potuto dirgli di no perché sapeva che ci sarebbe rimasto male e oltretutto non avrebbe risolto niente, poiché lui avrebbe provato di nuovo ad invitarla in seguito. Purtroppo per tanti motivi era vincolata a lui e, benché non lo amasse più, gli voleva bene e questo era un dato di fatto. Inoltre, credeva nei suoi sinceri sentimenti per lei.
Chiusa la chiamata, sospirò preoccupata: doveva affrontarlo in ogni modo.
Non era detto che volesse davvero farle la proposta, ma doveva aspettarsi di tutto.
Avrebbe deciso al momento, secondo ciò che provava, cosa fare.



 
****


La sera arrivò in un secondo ed ecco che si ritrovò con Rokuro, seduta ad un tavolo di quel ristorante di lusso e a lume di candela, di fronte ad un Montblac di proporzioni cubiche, che faticava a finire per colpa della tensione che aveva addosso durante tutta la cena. Lei e Rokuro avevano parlato tanto, molto più di altre volte, e dopo diverso tempo che non intrattenevano conversazioni piene di discorsi e parole su ogni ambito.
Tutto sommato stava trascorrendo una bella serata con lui, come un tempo, e non negò di avvertire un cipiglio di malinconia di fronte ai vecchi ricordi e momenti passati con lui.
Forse era rimasto ancora qualcosa tra loro?
Doveva tentare ancora una volta di recuperare il rapporto?
Fu travolta perfino da domande di questo tipo, ma il pensiero di Yukihira era costante dentro la sua testa, nel suo cuore, in ogni spazio vuoto nei meandri più bui del suo corpo. Lo amava. Punto. Cosa fare allora? Cos'era giusto?
-Erina.. tutto bene? Sei distratta e pensierosa da tutta la sera.- notò apprensivo, lui, facendola sobbalzare.
Lei si schiarì la voce, nervosa:
-scusa Rokuro, è che non mi sento molto bene e sono un po' stanca.-
Posò il cucchiaino sul piattino e iniziò a stuzzicarsi i pollici, indecisa se essere la prima a chiedergli il motivo per cui avesse organizzato la cena. -posso sapere il motivo di questo sfarzoso appuntamento? Non fraintendermi .. è stata una bella cena, però mi fa strano visto che era diverso tempo che non passavamo una serata così. C'è qualcosa che devi dirmi?-
Alla fine non era riuscita a trattenersi e glielo aveva chiesto. Sentì la voce tremare a quella domanda e al pensiero che stesse davvero per farle la proposta di matrimonio. Cosa avrebbe risposto se si trattava di quella?
-in effetti c'è un motivo per cui ti ho chiesto di uscire stasera..- esordì lui, serio e professionale -..non credi che dovremmo portare la nostra relazione ad un livello superiore di quello che è adesso?-
Come sospettava, le stava veramente per chiederle di sposarlo e tale impressione si fece confermativa quando lo sentì rovistare nella cavità dei suoi pantaloni di seta marrone.
Fu proprio due secondi dopo che strinse la sua mano adagiata sul tavolo, rigida come una corda di violino e fredda come il ghiaccio a causa dell'agitazione, e con l'altra mano portò al centro di esso un cofanetto di velluto nero, pregiato ed elegante, aperto come una conchiglia e con all'interno un anello di fidanzamento pre matrimonio di oro colato e autentico.
-sposami Erina!- la guardò dritta negli occhi, intensamente, mentre lei non aveva ancora realizzato completamente il contesto perché fino alla fine aveva sperato che non si trattasse di ciò che pensava, perché sapeva l'avrebbe messa in seria difficoltà; non tanto perché amava Rokuro_non era più così_ma per il fatto che era l'unico ostalo tra lei e Yukihira e sapeva che, se avesse accettato di sposarlo, avrebbe perso Yukihira per sempre ma sarebbe anche riuscita a portare fino alla tomba il segreto sulla nascita di Marika.
Ma era davvero quello che voleva continuare a nascondere le origini di sua figlia?
A privare Yukihira del suo affetto paterno per la bambina?

Anche se lo avesse sposato, avrebbe davvero risolto i suoi sentimenti per Yukihira o messo fine ai suoi sensi di colpa?
Era giusto sposare Rokuro?
Yukihira in ogni caso sarebbe sempre stato vicino a Marika dato che loro due erano colleghi e la bambina era sua figlia. Quindi, anche se avesse continuato a scappare prima o poi lui avrebbe scoperto la verità e l'avrebbe perso comunque.
Non l'avrebbe mai perdonata per ciò che gli aveva fatto.
Cosa doveva fare, allora? Inoltre..
Yukihira cosa aveva fatto con Megumi? L'aveva lasciata davvero?
Prima che partisse non si era azzardata a chiederglielo, ma adesso che doveva prendere una decisione sapere se l'aveva fatto era fondamentale. Se non lo avesse fatto, nonostante tutto, che senso avrebbe avuto seguitare ad aspettarlo e soprattutto non sapeva nemmeno cosa avrebbe fatto al momento che fosse tornato e come avrebbe reagito.
Era piena di dubbi, così tanto che le stava scoppiando la testa.
-Erina..- la richiamò Rokuro -allora? Cosa ne pensi?- rincasò, mettendole ancora più fretta:
-non ti basta che ti ami? Cosa vuoi di più?-
Nello stesso momento in cui era devastata dalle incertezze e paure udì il suono di un messaggio che proveniva dal suo cellulare. Tutto andava bene purché la distogliesse da quello stressante caos che aveva in testa.
-aspetta un secondo Rokuro..- farfugliò sbrigativa, cogliendo subito quell'occasione.
Con il cuore a mille cercò il cellulare all'interno della sua borsa..


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Dopo mesi, ecco il nuovo cap. Mi scuso per l'enorme ritardo. So che le scuse servono a poco, ma ve le faccio lo stesso.
Ringrazio chi mi ha recensito e inserito la storia tra seguite/preferite. Spero che questo cap vi sia piaciuto. Mi dispiace di avermi lasciato con un punto interrogativo sulla risposta di Erina a Rokuro, ma credo che stavolta non dovrete aspettare tanto per la risposta. Mi auguro di riuscire ad aggiornare prima e sono abbastanza positiva su questo. Inoltre, tranquilli, Soma sarà già tornato nel prox cap.
Grazie ancora di tutto.

*Mesetto: la scuola in Giappone inizia ad aprirle.
*Economia domestica: in Giappone è una delle materie scolastiche

Baci! Erina91



 

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Capitolo 21
*** Verso il medio oriente.. ***


Verso il medio oriente..
 

Erina riusciva a malapena a tenere tra le dita il cellulare da quanto le tremavano le mani a causa della pressione che involontariamente il suo compagno le faceva nell'aspettare una sua risposta alla proposta di sposarsi. In qualche modo lo squillo del telefono che la avvisava di un messaggio era stato un colpo di fortuna e l'aveva aiutata a trovare una “scusa” per ritardare la sua risposta. Fu proprio grazie al messaggio che lesse che presa una decisione definitiva: era di Yukihira.
 
Nakiri.. so che avevamo deciso di non sentirci, ma non ce l'ho fatta: mi sei mancata davvero in questo mese. 
Come stai? Mi hai aspettato?
Tra poco sarò di ritorno.”
Yukihira.

Sgranò gli occhi al termine della lettura e ansiosa ripose frettolosamente il cellulare in borsa e d'impulso sostenne lo sguardo impaziente di Rokuro:
-non sono in grado di darti una risposta in questo momento. Mi daresti un po' di tempo per pensarci?
So che può sembrare una richiesta egoista, Rokuro, ma vedendo come il nostro rapporto si sia raffreddato non posso prendere una decisione tanto affrettata. Non credi che sia sbagliato?-
Detto questo, gli restituì il cofanetto che conteneva l'anello di fidanzamento regalatole da lui.
Quest'ultimo aggrottò le sopracciglia irritato:
-Pensi che creda a questa giustificazione?- obiettò spinoso -so perfettamente che il motivo per cui non riesci a prendere una decisione immediata è perché ti sei presa una sbandata per quel coglione di Yukihira.
È lui che ti ha fatto il lavaggio del cervello! Il fatto che il nostro rapporto si sia incrinato è solo colpa di quel bastardo. Perché non capisci? Tu non sei innamorata di quell'uomo! Credi solo di esserlo!-
Lei gli riversò un'occhiata infastidita.
-intanto abbassa i toni, Rokuro, siamo in un luogo pubblico.- continuò a disagio -che ne sai dei miei sentimenti?
Solo io so ciò che provo e quello che ti ho detto è come mi sento: non desidero fare un passo azzardato se non sono sicura di volerlo davvero. Sai perfettamente che la nostra relazione è in bilico e di conseguenza ti chiedo solo di darmi un po' di tempo per pensarci. Pensi che stia chiedendo troppo?-
-sono mesi che sei confusa, Erina, non ce la faccio più a sopportarlo.
E sta pur sicura che Yukihira non ti avrà se non lo voglio.-
-non hai il diritto di incatenarmi in questo modo, te l'ho sempre detto. Se pensi davvero di avere ancora una possibilità con me dovresti accettare la mia richiesta di tempo. Se non la accetti ti tagli le gambe da solo. Dovresti sapere quanto io sia categorica nelle mie scelte e sai che anche se ti arrabbi non accetterò la tua proposta di matrimonio se non ne sono convinta e di certo tale tuo atteggiamento non porterà a nulla di positivo.-
Rokuro non si fece tuttavia influenzare dalle sue parole ed insisté:
-fra un paio di giorni parti per l'India con quel bastardo. Non voglio aspettare altro tempo sapendoti là con lui.-
Erina scattò in piedi furiosa, facendo girare diverse persone sedute ai tavoli attorno a loro.
-ti rendi conto che mi stai costringendo ad accettare la tua proposta di matrimonio per tuo tornaconto e a causa di una ossessiva paura? E anche se l'accettassi pensi che cambierebbe qualcosa in quello che penso o nei miei sentimenti?-
Seguì risoluta:
-ho bisogno di riordinare la mente e credo di avere il diritto di farlo. È questione di rispetto, Rokuro.
Il rispetto è fondamentale in una relazione sana, lo sai? Così mi allontani solo di più.-
A quel punto il suo compagno restò in silenzio, sebbene innervosito, distogliendo lo sguardo da lei offeso e ferito nell'orgoglio. Erina, quindi, colse l'occasione per congedarsi: aveva il terrore di restare ancora.
-ora, sei vuoi scusarmi, credo che questo appuntamento sia stato appena rovinato dal tuo atteggiamento.-
Con questo gli diede le spalle e si avviò verso l'uscita, bloccandosi a metà strada per aggiungere:
-non c'è bisogno che mi riaccompagni a casa, preferisco tornare in taxi.-
Prima che potesse attraversare l'uscita, però, Rokuro l'afferrò per il braccio con forza.
-va bene, Erina, come vuoi.- acconsentì in tono frustrato -faremo come dici: aspetterò fino a quando non torni dall'India.-
Lei scostò la mano da lui, in quel momento disgustata di essere toccata.
-fai come preferisci.- asserì freddamente, andandosene del tutto.
Intanto che aspettava il taxi, scoppiò a piangere: si era davvero spaventata di fronte al comportamento possessivo e impositivo di Rokuro e si chiese se fosse sempre stato tanto inquietante o se era solo per colpa della sua indecisione e dei suoi errori se era diventato in quel modo. Sicuramente aveva sbagliato con lui, ma in quell'attimo si sentì sollevata che quella accanita e violenta discussione fosse avvenuta in un luogo pubblico e non quando si trovavano a casa da soli, perché in quel caso avrebbe temuto per la sua incolumità. Era ovvio che la sua decisione ponderasse più verso Yukihira e non solo perché lo amava alla follia ma perché egli non era Rokuro: Yukihira non si sarebbe mai comportato così con lei; certo, era insistente e testardo ma in maniera diversa, più delicata e rispettosa. Se davvero avesse accettato di stare con Yukihira sapeva benissimo che sarebbe finita in maniera disastrosa, forse anche peggiore, perché stavolta si sarebbe trattato di qualcosa di grave e che lei stessa aveva volutamente creato. Era davvero terrorizzata dalla vita, in quel momento, e dal non riuscire ad andare avanti a testa alta_come in fondo aveva sempre fatto_e se riusciva ancora a farlo era solamente perché aveva Marika. Tutta la sua forza di volontà nasceva grazie a sua figlia e dal desiderio di proteggerla.
Era contenta di essere fuggita da quel ristorante e dalla soffocante presenza di Rokuro.
Solo quando arrivò il taxi riuscì a rilassarsi pienamente.


 
****


Soma aveva deciso di partire direttamente dall'aeroporto di Osaka per raggiungere Nuova Delhi perché aveva considerato che avrebbe fatto prima a fare in questo modo, visto che aveva già i bagagli pronti e sarebbe stata una fatica inutile tornare a Tokyo per un giorno e poi ripartire subito.
Era molto contento dell'esperienza vissuta cucinando per la sede dall'Adashino C.B di Osaka: aveva conosciuto chef interessanti, oltre ad avere migliorato la preparazione dei piatti tipici della città.
Tutto sommato era stata un'occasione importante per la sua carriera di chef.
Però, nonostante questo, non sentirsi né vedersi né tantomeno parlarsi con Nakiri era stato molto difficile da sopportare perché aveva sentito profondamente la sua mancanza per tutto il mese che non aveva incrociato il suo sguardo o ascoltato la sua voce; così, rimesso apposto gli scatoloni che si era portato dietro, non aveva resistito e le aveva mandato un messaggio. In qualche modo voleva farle capire che non l'aveva dimenticata e che i suoi sentimenti non si erano affievoliti, tutt'altro.. si erano rafforzati ulteriormente e adesso non vedeva l'ora di incontrarla di nuovo.
Il suo capo, quello dell'Adashino C.B di Tokyo, gli aveva mandato solo ieri tramite email il biglietto aereo per Nuova Delhi e le indicazioni per trovare l'Hotel in cui avrebbero pernottato in quei giorni. Se non altro era fortunato di non doversi occupare di tutte le trattative per il viaggio ogni volta che dovevano andare all'estero per i banchetti, sicuramente gli toglieva una fatica in meno, sebbene fino all'ultimo era stato preoccupato che il direttore si fosse dimenticato di spedirgli il tutto; fortunatamente così non era stato ed ecco che era riuscito a partire ed arrivare senza problemi.
Proprio adesso, infatti, si trovava davanti all'entrata dell'Hotel assai caratteristico e senza dubbio sfarzoso e professionale, in perfetto stile indiano. Non aveva ancora visto nessuno dei suoi colleghi, tantomeno Nakiri e Marika, ma pensò che non avessero ancora raggiunto l'hotel. L'albergo dove avrebbero soggiornato_come aveva supposto prima di entrare_era sofisticato e lussuoso, e soprattutto.. nuovo di zecca: attraversato il salone di accoglienza che vantava di una elegante hall, il centro della sala era ornato da un'alta e possente statua di un elefante e attorniata da tantissimi tappeti.
Ai lati del salone, invece, vi erano altrettanti tappeti con poltrone e divanetti, e un bar dove servirsi.
Tale bar era qualcosa che non aveva mai visto: oltre ad essere molto chic, era anche fornitissimo di bevande.
Quando andò a ritirare la sua chiave elettronica e a mostrare agli addetti del ricevimento il suo documento di identità, quest'ultimi gli spiegarono anche che in cima al palazzo vi era la piscina e la palestra, mentre in ogni piano delle terrazze  con dei tavolini dove sedersi o fare un aperitivo, dalle quali potevi godere di una ampia e romantica visuale della città.
Insomma, per essere un paese come l'India, al momento sembravano essere capitati bene almeno riguardo al dove soggiornare. Nel frattempo che chiamava l'ascensore per andare a vedere la camera, sentì suonare il cellulare e vide che si trattava di Alice. Pensò subito che fossero arrivati anche loro e che gli volesse dire dove avevano fissato di incontrarsi per salutarsi. -pronto Nakiri-san!-
-Yukihira-kun! Pensavo non mi rispondessi.-
Lui ridacchiò fra sé e sé -e perché non avrei dovuto?-
-avevo paura che non fossi ancora arrivato. Com'è andato il viaggio?-
-piuttosto bene, e nonostante la grandezza di questa città, ho trovato quasi subito il nostro hotel.
Voi dove siete al momento?-
-non avevo dubbi che saresti stato il primo ad arrivare.- commentò divertita.
-noi siamo arrivati in questo momento e ci troviamo nella hall per ritirare le nostre chiavi elettroniche.
Ci vediamo direttamente a cena, a questo punto?-
-figurati! Fino a poco fa c'ero anch'io. Non ci siamo beccati per un pelo.- scoppiò a ridere sbarazzino.
-comunque sì, vediamoci a cena. Devo ancora posare le valigie e immagino anche voi.-
-ottimo! Allora alle 19.30 in punto ci troviamo nella hall e andiamo a cena.-
-perfetto! A dopo, Nakiri-san.- chiuse per primo la conversazione.
Avrebbe voluto raggiungerli subito dato quanto gli fossero mancate Nakiri e Marika, ma sarebbe stato scomodo scendere con tutte quelle pesanti valigie a carico e sicuramente a cena ci sarebbe stato più tempo e calma per trascorrere delle ore con entrambe. Doveva anche dire a Nakiri di aver rotto definitivamente con Megumi.
Prima di partire per Osaka non era riuscito a dirle niente e in particolar modo voleva ribadirle ciò che provava per rassicurarla che non era davvero cambiato niente nei suoi sentimenti.

Dopo aver posato le valigie e sistemato la sua roba negli armadi a disposizione, si fece una rapida doccia e poi scese nella hall alle 19.30 in punto. La famiglia di Alice, che era scesa per prima, lo accolse e lo salutò con tanto affetto e calore.
Ryou gli diede una pacca sulla spalla.
-allora Yukihira, com'è andata la trasferta alla sede di Osaka?- domandò nel suo solito tono cupo.
Lui sorrise compiaciuto. -sono stato via un po', ma è stata davvero una bella esperienza.-
E iniziò a raccontare quello che aveva appreso.
-e voi invece? Ve la siete cavata a Tokyo senza di me?- chiese scherzoso.
-più che bene, Yukihira-kun!- esclamò orgogliosamente Alice -anche se per mia cugina non è stato affatto un periodo facile..- aggiunse sottovoce. A quel punto si fece più attento che mai:
-cosa intendi con questo? È successo qualcosa a Nakiri o a Marika-chan?-
Alice lo fissò penetrante.
-credo che dovrebbe essere lei a parlarti di questo periodo che non ci sei stato.- iniziò seria, -però mi auguro che, semmai doveste diventare una coppia, tu non la faccia soffrire; perché, se dovesse succedere, non te la farò passare liscia.-
Di fronte a quelle parole iniziò a preoccuparsi e a diventare impaziente di sapere cosa fosse successo in quel mese che era stato assente. La loro discussione fu interrotta dall'arrivo di Hisako e Hayama, che uscirono dall'ascensore insieme.
Come al solito, attorno a loro, vi era un'atmosfera tesa.
-sei tornato, Yukihira.- constatò solo, Hayama, freddo.
-è sempre un piacere vederti.- gli strizzò l'occhiolino di rimando.
-tsz..- bofonchiò annoiato.
-ciao anche a te, Arato-san!- si soffermò su di lei.
-ti vedo davvero bene, Yukihira-kun.- gli sorrise cordiale.
-a proposito Hayama!- esordì Alice -eri già stato in questo hotel?-
-solo qualche volta, quando la mia permanenza in India è stata breve.-
Hisako colse quell'attimo per attirare l'attenzione di Hayama:
-e allora dove stavi quando ti fermavi per mesi?-
Lui le riversò un'occhiata infastidita, probabilmente seccato dalla sua invadenza.
-non credo siano affari tuoi, Arato.-
-mi sembra di averti fatto una domanda perfettamente normale, non c'è bisogno che ti scaldi tanto.- sbottò offesa.
Il loro battibecco terminò poco dopo, quando tutti notarono che Nakiri e Marika stavano arrivando.
Nel momento nel quale le sue iridi e quelle di Nakiri si incontrarono, il suo cuore ebbe un sussulto non indifferente. Quanto gli era mancata? Tantissimo.
Il suo istinto avrebbe voluto stringerla seduta stante per quanto aveva avvertito la mancanza della sua voce, dei suoi occhi tanto accesi ed espressivi, del suo contatto fisico, del suo profumo. Tutto. Davvero tutto gli era mancato.
La loro fu un'occhiata intensa: ambedue si parlavano con gli occhi, si dicevano attraverso essi che volevano solo rivedersi soddisfacendo i loro forti sentimenti. Poi, ad un tratto, vide correre verso di lui la piccola Marika che con un luminoso e innocente sorriso lo abbracciò con tutta l'energia che aveva in corpo.
-Soma oniichan!!- lo chiamò vivacemente, mentre continuava ad abbracciarlo e ad affondare i suoi riccioli d'oro contro di lui. D'impulso, dopo quella sincera manifestazione d'amore e d'affetto, non riuscì a controllare un sorriso dolce e paterno, carezzando i ciuffetti biondi della bimba.
-mi sei mancato, Soma oniichan.- farfugliò con naturalezza, per poi confessare imbronciata:
-avevo paura che non saresti tornato.-
-anche tu mi sei mancata piccola.- dichiarò teneramente:
-dove credi che sarei andato senza la compagnia della mia bella principessa?-
Marika si aprì in una risata armoniosa e festosa, abbracciandolo ancora più forte.
-ti voglio tanto bene, Soma oniichan.-
Lui quasi si commosse davanti a quelle parole tanto dolci quanto sincere.
Le carezzò una guancia affettuoso. -anch'io..-
Tutto il gruppo assistette a quell'incontro pieno d'amore.

Soma tenne vicino a sé Marika per tutta la cena perché la bambina non ne voleva sapere di separarsi e lui era molto felice di questo. Allo stesso tempo, nel corso del pasto, lui e Nakiri non smisero di scrutarsi, esplorarsi con curiosità e vogliosa intenzione di parlarsi, interagire, potersi finalmente toccare di nuovo.
Tuttavia, oltre a notare ciò, non aveva smesso di chiedersi cosa intendesse Alice quando gli aveva accennato di come Nakiri avesse passato l'ultimo mese che lui non c'era stato. E anche adesso, osservando Nakiri, si era accorto che non era propriamente in forma emotivamente parlando e il pensiero andò subito a Suzuki, avvertendo lo stomaco contorcersi e ribollire all'idea che potesse essere colpa sua.
Decise_come aveva già stabilito in partenza_che quella sera l'avrebbe presa in un momento in cui era sola per parlarle e chiarire la loro situazione attuale e soprattutto sapere cos'era successo davvero nel corso della sua assenza.



 
****


Dopo cena, dato che le temperature si erano abbassate molto in serata, il gruppo si spostò al quarto piano del palazzo dove vi era un area bar e nella quale potevano passare una serata al caldo davanti ad una bevuta e chiacchierare del più e del meno. Erina stava tenendo d'occhio Marika e Naoki che si divertivano insieme e di nascosto guardava Yukihira parlare animatamente con sua cugina Alice. Da quando l'aveva rivisto il suo cuore sembrava esplodere e non accennava a voler smettere di battere all'impazzata. In quel periodo che non si erano né parlati né incontrati, le era mancato moltissimo e ora che ce l'aveva davanti agli occhi non riusciva a crederci. Avrebbe voluto chiedergli tante cose, in particolare sul suo attuale rapporto con Todokoro, dirgli che se era stata in grado di rifiutare la proposta di matrimonio di Rokuro era solo grazie a lui e al suo messaggio mandato al momento opportuno. Voleva dirgli che gli era mancato e quanto avrebbe voluto trascorrere quella serata in intimità con lui per rimediare a tutto il mese che non avevano potuto farlo. Sapeva che quei sentimenti erano inopportuni, ingiusti, che sarebbe stato meglio non provarli per ciò che aveva fatto, ma non riusciva a fare a meno di desiderare di ascoltarli, benché il costante senso di colpa. Tale senso di colpa, inoltre, si era fatto molto più pressante quando prima aveva visto sua figlia correre emozionata da lui e dirle con tanta naturalezza quanto gli volesse bene.
Udire quelle parole le aveva scatenato due reazioni opposte: da una parte era contenta che Marika, pur non sapendo di avere legami di sangue con Yukihira, gli volesse talmente bene come se involontariamente sentisse di essere sua figlia.
Gli veniva così spontaneo da sconvolgerla. Dall'altra.. aveva ulteriormente incrementato le sue angosce, il suo rimorso, la paura di rivelare la verità a Yukihira. Il terrore che lui sparisse e non tornasse più, che finisse per odiarla.
In fin dei conti, ogni volta che pensava a quello che aveva fatto, sentiva che il cuore le si gelava improvvisamente e il panico prendeva il sopravvento. Però, nonostante questo, la voglia di stare con lui e di lasciarsi andare non si acquietava e ora più che mai desiderava ascoltare il suo cuore, anche rischiando che una volta scoperta la verità lo perdesse per sempre.
Notò il soggetto dei suoi pensieri alzarsi dalla sedia, posare il bicchiere vuoto sul tavolo, lanciarle l'ennesima e sfuggente occhiata e annunciare agli altri:
-vado un attimo a prendere un po' d'aria, ragazzi.-
Il resto dei suoi colleghi/amici annuì. Erina restò con loro, indecisa se raggiungerlo o meno, visto che poteva essere l'occasione giusta per restare da soli e potersi parlare in privato. Fu proprio Alice a smuoverla dal suo stato di indecisione col suo fare intraprendente e sicuro, bisbigliandole all'orecchio maliziosa:
-si vede lontano un miglio che vorresti andare da Yukihira-kun.-
Lei avvampò, colta nel segno. Iniziarono a parlare sottovoce:
-è tutta la sera che vi guardate con desiderio. Penso che dovresti agire.-
-ma ti sembra il momento di dire certe cose in mezzo a tutti?-
-sto parlando sottovoce apposta, cuginetta.- ridacchiò giocosa.
-e comunque so benissimo da me cos'è meglio fare.- borbottò indispettita.



 
****


Nel mentre, Soma era uscito ritrovandosi in una di quelle immense terrazze di cui gli aveva parlato il personale della hall. In effetti il panorama era incantevole e affascinante, pieno di luci di palazzi che sembravano più belli di ciò che erano.
Gli scappò un sorriso malinconico di fronte ad esso.
Nel tentativo di calmare i suoi “bollenti spiriti” a causa dell'attrazione e dei sentimenti verso Nakiri, aveva anche acceso una sigaretta. Quando si trovò tra le mani il pacchetto ebbe un flash di quella notte in cui avevano fatto l'amore.
Ricordi che era un po' che non sopraggiungevano con tale violenza.

Una vivace luce proveniente dal sole del mattino filtrò attraverso la finestra della camera solleticandogli gli occhi, che furono costretti a schiudersi. Avvertì lo stomaco sottosopra e una leggera sensazione di nausea infastidirlo, ma niente in confronto al pungente mal di testa che sembrava una lama affilata. Faticò a ricordare i dettagli della notte, almeno inizialmente, dato quanto fosse brillo.. poi essi giunsero tutti insieme al momento che le sue iridi furono in grado di esplorare con attenzione la camera da letto: le lenzuola a terra, le grinze del letto, i cuscini che sembravano volati da una parte all'altra della stanza.. per non parlare dei suoi vestiti della sera prima sparsi in ogni dove. Successivamente, ecco una strana emozione fare capolino. Un'emozione che era esplosa tutta insieme e poi tutti i passaggi della notte: l'immagine pressante di Nakiri bella come non mai e le sue mani che carezzavano ogni punto del suo corpo, con estrema cura e passione; come i suoi lunghi ciuffi biondi si spargevano su di lui facendogli il solletico e il suo intenso profumo imperniava tutta la stanza. Infine.. la loro unione, il loro rapporto carnale ricco di desiderio e complicità, la morbidezza della sua pelle e delle sue labbra. Davvero nessuna donna era mai riuscita a farlo sentire tanto bene e nessuna notte d'amore che aveva mai trascorso era stata in grado di trasmettergli tante emozioni insieme. Una valanga di sensazioni e sentimenti che sembravano essere giunti all'improvviso, in un attimo fuggente, al primo sguardo, alla prima notte d'amore.. Cos'era stato veramente? L'aveva sognato? Per quanto fosse ubriaco era impossibile averlo solo sognato, no.. era successo veramente. Ma fu qui, nel corso di uno spiraglio di lucidità che lo riportò alla realtà, alla mattina stessa e non alla notte scorsa, che voltò la testa verso la parte opposta del letto che adesso era completamente vuota, solitaria, povera.. solo traccie del profumo di Nakiri e qualche ciocca di capelli biondi che le apparteneva. 
Sgranò gli occhi e irrequieto, quasi disperato, si alzò dal letto e la cercò per tutto l'appartamento: spalancò la porta del bagno, ma nulla.. era sgombro. Fiducioso, corse in cucina.. e con delusione vi era solamente una tazza abbandonata sul tavolo che aveva ancora il segno del suo rossetto rosato sui bordi, che gli fece capire che era stata lei ad usarla confermandogli di non essersi immaginato tutto. Andò nel piccolo salotto con l'ultimo spiraglio di speranza di trovarla lì, ma anche il divano era deserto e sembrava così triste da lasciargli un dolore acuto ed inspiegabile: se n'era andata. Era sparita.  
Si era volatilizzata lasciandolo senza un biglietto di avviso, senza alcuna parola.. ed ecco la consapevolezza raggiungerlo con tanta frustrazione e rabbia. Che fosse stato solo lui a provare qualcosa di tanto potente? 
A sentire una chimica non indifferente tra loro?
Sentì pizzicare la fronte ed un ultimo ricordo lo accolse: le dita di Nakiri che sfioravano i suoi ciuffi con delicatezza e le sue labbra soffici che gli lasciavano un bacio sulla fronte, che sapeva tanto di addio, poi quelle parole pronunciate in un soffio strozzato che lo ferirono solamente di più: 
Mi dispiace Yukihira..” accompagnate da una lacrima che gli inumidì lo strato di pelle in quel punto.
Non riuscì a controllare un pugno che volò contro la parete, i
ncrinandola leggermente.
Era successo davvero come nell'ultima immagine di lei? 
Non gli interessava nemmeno saperlo. Era troppo adirato. Cosa avrebbe dovuto fare?
Probabilmente, se se n'era andata, era perché si era accorta_pensando con un cerco rammarico_di aver commesso uno sbaglio. Doveva in ogni caso cercarla? Da una parte avrebbe voluto farlo per chiarire ciò che c'era stato tra loro, almeno quello che aveva provato lui, ma lui stesso non comprendeva il suo stato d'animo e non faceva altro che chiedersi se l'intensità di quelle emozioni fossero state solo frutto dell'alcol o se invece si era trattato di qualcosa di reale e tangibile. Di sentimenti concreti e sinceri, di un amore mai scoperto di provare fino a quella notte.. 


Il vento scosse le tende della terrazza facendole ondeggiare come un mare in tempesta.
Quegli sprazzi d'aria gelida erano tipici dell'India, che solitamente era un paese caldo, ma quando calava la notte diventavano sempre più frequenti.. o almeno, questo era quello che gli aveva descritto suo padre il periodo in cui c'era andato. Non che avesse mai trovato l'India una meta interessante e curiosa da visitare, ciò che gli ispirava era altro, ma ora che si trovava lì si dovette ricredere perché in qualche modo possedeva il suo fascino.
Quando il filtro della sigaretta fu consumato del tutto, fece per rientrare ma si bloccò trovandosi Nakiri di fronte a lui.
-Yukihira..- farfugliò lei, portando le iridi di lato in un gesto che trovò femminile e ammaliante, come se celasse un piacevole disagio. -Nakiri..- D'impulso le donò un sorriso ricco di tenerezza. -cosa ti porta qui?-
La vide incamminarsi lentamente in sua direzione, senza interrompere il loro scambio di sguardi.
In modo spontaneo, in seguito, gli strinse le dita tra le sue ricambiando il suo sorriso.
-sei davvero tornato.- constatò in maniera impacciata ed adorabile, atteggiamento che gli fece capire che anche a lei era mancato molto. -ti avevo detto che l'avrei fatto.-
Le strizzò l'occhiolino, avvolgendo le braccia attorno al suo esile corpo nel modo più naturale del modo.
-mi sei mancata molto.- le sussurrò nell'orecchio.
Nakiri non gli rispose la stessa cosa, ma gli fece capire che anche per lei era uguale stringendolo con più forza.
-ma non ti vedo in forma come al solito. È per caso successo qualcosa di spiacevole mentre non c'ero?-
La vide esitare, come se fosse indecisa se rispondere o meno.
Si fece perplesso e preoccupato:
-Nakiri.. i sentimenti per te non sono cambiati, quindi non avere paura di dirmi cos'è successo.-
Lei si separò dall'abbraccio e sostenne il suo sguardo con decisione:
-c'è una cosa che non ti ho chiesto prima che tu partissi e riguarda la tua attuale situazione con Todokoro.
Vorrei che tu fossi sincero su questo.-
-se ti rispondessi che abbiamo chiuso, quale sarebbe la tua reazione?
Se ti dicessi che ho rotto con lei perché voglio stare con te, cosa faresti?-
Nakiri spalancò gli occhi spiazzata. -è davvero finita tra voi?-
Nelle sue iridi vi era una luce particolare che si divideva tra il sollievo e la preoccupazione. Una luce che voleva interpretare e comprendere fino in fondo:
-sì, è finita prima che partissi per Osaka.- allora le confermò.
Attese che lei continuasse il discorso, ma dalla sua bocca non uscì nulla.
-..e te, Nakiri, stai ancora con Suzuki-san?- dunque rincasò:
-per tutto il periodo che ho vissuto ad Osaka ho sperato che tu mi aspettassi, che non prendessi decisioni azzardate perché non c'ero e che la tua relazione con Suzuki-san avesse avuto finalmente una conclusione.
Ma oggi ti vedo e mi rendo conto che questo non è successo perché sembri stare ancora male, per cui..-
Prima che proseguisse, lei lo interruppe:
-..l'ho fatto! Ti ho aspettato, Yukihira!-
Tali parole lo resero davvero felice ed emozionato.
-io.. ecco..- riprese lei -..Rokuro mi ha chiesto di sposarlo, ma io non ho accettato!
Almeno per ora, non ho accettato la sua proposta..-
Lui si fece scettico. -cosa intendi con “almeno per ora?”-
-ti ho già detto cosa penso della tua richiesta dello stare insieme e sono ancora incerta su questo punto, ma quando Rokuro mi ha fatto la proposta mi sono sentita assalire dall'ansia perché non volevo farlo. Il tuo pensiero non faceva altro che disturbarmi, anche se la mia parte razionale mi diceva di accettare di sposarlo perché sarebbe stata la soluzione migliore.. però non ce l'ho fatta! E poi, quando tu mi hai scritto..- seguì nervosa.
Lui ridacchiò divertito intervenendo:
-..mi stai dicendo che il mio messaggio ti ha salvato ancora una volta?-
Era davvero soddisfatto di aver interrotto un momento tanto pericoloso ed importante tra Nakiri e Suzuki.
-non sto dicendo questo!- protestò imbarazzata -dico solo che il tuo messaggio ha contribuito un pochino..-
-se non ti avessi scritto avresti davvero accettato la sua proposta?-
Si rese conto di aver pronunciato quella frase con un tono lievemente piccato, ma la risposta di Nakiri lo rassicurò un po':
-probabilmente avrei fatto lo stesso anche se non mi avessi scritto.-
-quindi, se ho capito bene, avete chiuso?-
Abbassò la testa come se fosse timorosa.
-no, non l'abbiamo fatto.. penso che ci troviamo in una sorta di pausa.- suppose con aria vaga.
Soma aggrottò la fronte confuso. -Nakiri.. non starai davvero contemplando l'idea di sposarlo sperando di trovare una via di fuga dalla nostra relazione che per qualche motivo sembra spaventarti?-
-mi sembra di essere stata abbastanza chiara su questo punto.- ribatté aspra -non ho accettato la sua proposta subito, ma lui si aspetta una risposta quando torniamo dall'India e questo mi crea ansia perché so perfettamente di non poter essere decisa con nessuno di voi due.-
-Quello che non capisco, Nakiri, è perché ti trovi indecisa sul da farsi pur conoscendo i tuoi sentimenti per me e sapendo che se ti sposassi con Suzuki-san non saresti felice in ogni caso perché non provi più niente per lui.
Mi hai appena detto di avermi aspettato e di non essere riuscita ad accettare la sua proposta di matrimonio poiché sai che sarebbe uno sbaglio, quindi.. perché continui ad essere tanto timorosa?-
Ci fu una lunga pausa tra loro, poi lei iniziò a farfugliare parole incomprensibili che non fecero altro che stranirlo di più:
-io.. Marika.. tu.. lei..-
Improvvisamente arrestò ciò che stava per dire e un'espressione di panico indefinito attraversò il suo sguardo, che fu in seguito accompagnato da un fulmineo pallore che lo lasciò senza parole facendolo preoccupare:
-cos'è ti prende? Sei sbiancata tutta insieme!-
Le accarezzò una guancia premuroso -ti senti male? Hai bevuto troppo?-
Nakiri scosse la testa e scostò la mano dalla sua guancia.
-lascia stare. Non so cosa mi sia preso..- fiatò tremante.
-cosa stavi per dire su Marika? Sono sicuro che volevi dirmi qualcosa.- insistette lui, curioso -ti preoccupa che possa essere difficile avere una relazione tranquilla con una bambina a carico che non è mia figlia?
Pensi che possa stancarmi dopo un po' perché non riusciamo a trovare il nostro spazio?
È questo che ti impedisce di prendere una decisione?-
-tu non capisci Yukihira!- tuonò esasperata -lei è..-
Si bloccò ancora.

 
 
****


-tu non capisci Yukihira!- tuonò esasperata -lei è..-
No, non poteva dirlo. Non doveva dire la verità a Yukihira.
Si bloccò di nuovo e cercò di trovare un modo per sviare il discorso o portarlo altrove.
Se solo avesse detto la verità l'avrebbe perso per sempre.
Si tormentò le dita da dietro, nervosa; il suo cuore da una parte voleva “sputare” tutto fuori perché era talmente coinvolta da Yukihira che non riusciva più a mentirgli e qualsiasi momento poteva essere potenzialmente pericoloso per versare ogni cosa, ogni sensazione, il senso di colpa a causa di quello che gli aveva nascosto.
Dall'altra era tanto terrorizzata dal farlo che sarebbe potuta svenire di lì a poco; così, quando finalmente riuscì ad aggrapparsi alle possibili motivazioni che le aveva esposto Yukihira, disse:
-esatto, sono preoccupata per le motivazioni che hai detto. So che hai legato molto con Marika e soprattutto che le vuoi bene, ma non pensare che questo basti a rendere la nostra relazione facile: se davvero dovessimo sposarci o andassimo a vivere insieme.. sai che non saremo solo io e te. Non avremo l'intimità che credo tu desideri e crescere una figlia, soprattutto se piccola e indifesa come Marika, non è una passeggiata.-
Era consapevole che dire tali parole non era carino, in particolare se lei stessa sapeva che Yukihira sarebbe potuto essere il padre migliore del mondo se solo avesse cresciuto Marika fin dall'inizio, ma era lei che non gli aveva dato l'opportunità di farlo: l'aveva privato di tutto questo prima di poterlo mettere effettivamente alla prova e ancora adesso ne pagava amaramente le conseguenze, come in quel momento, che si era sentita costretta a sfruttare le parole di Yukihira per celare la verità. -ti sentiresti davvero di farlo?-
-se non me la fossi sentita non avrei fatto niente fin dall'inizio con te, Nakiri.
Sai che non sono tipo da fare qualcosa per costrizione.
Perché continui ad avere una visione di me immatura e irresponsabile?
Non credo di essere tanto peggio di Suzuki-san, anzi.. presuntuosamente penso di aver costruito un rapporto assai più confidenziale e affettuoso con Marika di quello che lui ha instaurato con lei nei vostri due anni di relazione.-
Sghignazzò realizzato, con la chiara intenzione di volerlo sminuire.
-sei un'idiota, Yukihira!- esplose Nakiri -come fai a prendere tutto così alla leggera? Stiamo parlando di cose serie!-
Lui ridacchiò divertito dal suo atteggiamento, poi la strinse a sé:
-..e allora perché non mi metti semplicemente alla prova?-
Le mordicchiò il lobulo dell'orecchio, giocoso, creandole dei brividi di eccitazione e poi scese lungo il suo collo latteo lasciandole qualche bacio bollente. Lei si beò del suo profumo che tanto le era mancato e si fece accarezzare dalle sue mani che desiderose cercavano un maggior contatto. I respiri si fecero affannosi e anche lei si fece trascinare dal momento avvolgendo le mani attorno al sua schiena andando alla ricerca delle labbra di lui per unirsi in un bacio appassionato che non condividevano da tempo. Yukihira si accorse subito delle sue richieste e schiuse la bocca per accoglierla e rispondere al bacio da lei cercato. Si baciarono con foga e trepidazione perché entrambi avevano sentito la mancanza della loro intimità, che si trasformò in una spasmodica ricerca di un contatto ulteriore; tant'è che lei finì contro la parete della terrazza (che per fortuna era vuota) e lui la chiuse nell'angolino di essa_ non con rudezza_ vezzeggiando ogni parte del suo corpo dalla più nascosta alla più scoperta con audaci carezze, specchiandosi nei suoi occhi e respirando vicino alle sue labbra. Un'occhiata incisiva, penetrante, complice. Assai passionale.
Un'occhiata che la fece impazzire a tal punto che le scappò di dire, boccheggiando sottovoce:
-mi sei mancato anche tu, Yukihira.- arrossì vistosamente.
Alla fine glielo aveva detto. Non era riuscita a trattenersi.
Yukihira si aprì in un ghigno che era un misto tra il dolce e l'entusiasta, che lei trovò dannatamente attraente, poi tornò a baciarla con trasporto_ricambiato ampiamente_ e mentre assaggiava il suo collo, affondava la testa nella sua clavicola mordicchiandoli entrambi, le rispose a fiato corto:
-sei in pausa con Suzuki-san, vero?-
Come a volere la certezza di essere libero di fare qualcosa senza il suo “fantasma” tra i piedi, se non adesso perché era complicato, ma nei prossimi giorni_visto che ne avevano quindici a disposizione_.
Lei non gli rispose, ma fece solo un piccolo cenno in modo da fargli capire che la risposta era affermativa.
Rimasero così, stretti tra le braccia l'uno dell'altra, ad amarsi, assaggiarsi e rimediare al mese che non si erano visti, cercando di rispettare i limiti di decenza, per un tempo indefinito.
Fu Yukihira ad interrompere il momento, sfiorandole i capelli con dolcezza e donandole un abbozzato sorriso, che sinceramente la rasserenò. -Nakiri, se prendo te prendo anche la piccola Marika..-
Le strizzò l'occhiolino proseguendo con determinazione e sicurezza:
-..e non perché mi sento costretto a farlo, tutt'altro.. non so il motivo, ma tengo veramente a quella bambina e alla sua felicità. Ti assicuro che saprò prendermi cura di entrambe e anche meglio di Suzuki-san.-
Si commosse di fronte a quelle parole. Era incredibile il modo in cui Yukihira già parlasse di Marika come se sapesse inconsapevolmente di essere suo padre. Le sfuggì una lacrima dagli occhi, che scacciò in malo modo: se Yukihira avesse notato la sua eccessiva reazione avrebbe solo avuto più sospetti. Però, nonostante questo, non poteva fare a meno di sentirsi felice delle sue parole dette con tanta sincerità e naturalezza.
-inoltre, Nakiri..- riprese malizioso, bisbigliandole all'orecchio febbrile:
-..in questi quindici giorni che passeremo insieme, senza Suzuki-san, farò in modo di far sparire tutti i tuoi dubbi sulla sua proposta di matrimonio. Troverò il modo di farti diventare completamente mia e di darti più certezze possibile.
Solo così verrai da me, giusto?-
Lei, di fronte alla quella dichiarazione tanto esplicita, diretta e completamente inaspettata, diventò paonazza.
-Yukihira!- sibilò sconvolta -sei incredibile..- 
Tuttavia, in qualche modo adesso si sentiva più tranquilla.
Il “mattone” che aveva sullo stomaco, almeno momentaneamente, sembrava essersi alleggerito.
Se non altro l'amore sconfinato di Yukihira e la sua persistenza erano stati in grado di calmarla.


 
****


Erano già trascorsi diversi giorni da quando erano arrivati in India e avevano visitato alcuni luoghi di essa, oltre ad aver fatto un paio di riunioni per organizzare il ricevimento nel modo più rigoroso e perfetto possibile, trovando finalmente una gestione completa del banchetto, che si sarebbe svolto il giorno seguente in uno dei palazzi più sfarzosi e antichi di Nuova Delhi. Quella mattina si ritrovarono tutti nella Hall per una gita finale della città e delle attrazioni più consigliate e da non perdere, che avevano prenotato prima della partenza.
Hisako era scesa prima degli altri pensando di essere la prima ad arrivare, ma per sua sfortuna_o fortuna_vi era già Hayama seduto su di una delle poltrone che, con aria annoiata, stava scrivendo un messaggio a qualcuno.
Si portò le mani dietro la schiena e cautamente si avvicinò a lui che, sentendo i suoi passi, incontrò i suoi occhi alzando un sopracciglio a mo di sfacciataggine. -buongiorno Arato.-
-buongiorno a te, Hayama. Strano che sia il primo ad essere sceso.-
-non sono molto entusiasta di questa gita di gruppo, ma sto aspettando una persona che verrà con noi.
Non potevo ritardare.- spiegò brevemente.
Hisako si fece interessata, ma evitò di chiedere informazioni in più perché sapeva che lo avrebbe infastidito.
Sebbene fosse curiosa di chi fosse questa persona, non poteva fargli vedere quanto gli importasse saperlo.
Aveva la sensazione di chi fosse, anzi.. era sicura si trattasse di quella persona che spesso era in contatto con Hayama e di cui lui si premurava di non parlare. Si sentiva agitata e proprio per questo non vedeva l'ora che gli altri scendessero per bloccarla dal fare domande indiscrete e inadeguate. Fortunatamente le sue richieste furono accontentate quasi subito e anche il resto dei suoi colleghi/amici raggiunse la hall per partire per la gita.
Si salutarono tutti molto velocemente e Alice domandò:
-dove ci troviamo con la guida?-
-penso ci raggiunga direttamente all'Hotel.- rispose lei.
-ci siamo tutti?- chiese Yukihira.
Qui Hayama intervenne lasciandola di stucco:
-sto aspettando una persona che si unirà a noi. Mi ha scritto adesso di trovarsi nelle vicinanze dell'hotel.-
-e chi sarebbe questa persona?- si insinuò Nakiri.
-una conoscente.- asserì brusco.
Tutti si fecero stupiti davanti a quella dichiarazione.
-non pensavo che avessi degli amici vedendo quanto ti sia indifferente tutto il resto del mondo.-
Non era riuscita a trattenersi e lo aveva provocato.
-sento una vena di fastidio nel tuo tono, Arato.- ghignò canzonatorio, -se ti dà fastidio che si unisca qualcun altro alla gita nessuno ti costringe a venire con noi.-
Lei strinse i pugni seccata.
-pensi che mi importi davvero chi frequenti?-
A quel punto, vedendo che la situazione si faceva tesa tra i due, Yukihira decise di interrompere una discussione che sarebbe presto degenerata in qualcosa di spiacevole:
-su ragazzi, non mi sembra il caso di discutere già di prima mattina.
Non credo vi siano problemi se si unisce qualcun altro a noi.-
Ricevette una gomitata poco delicata da parte di Erina ed Hisako se ne accorse perché lo sentì gemere di dolore.
-perché mi stai picchiando, Nakiri?-
-perché sei un'idiota, Yukihira.- replicò l'altra.
-non capisco..- disse perplesso.
-proprio per questo dico che sei un'idiota.-
In quel momento Hisako decise di rassicurare Erina:
-non preoccuparti, Yukihira-kun ha ragione: non ha senso mettersi a discutere su certe e inutili piccolezze con qualcuno come Hayama.- gli riversò un'occhiata sprezzante_che fu ricambiata_e si avviò verso l'uscita dell'Hotel dandogli le spalle. In fondo era stata lei la prima a rivolgersi in malo modo perché era diventata gelosa al pensiero che un'altra donna si unisse a loro e soprattutto di essere obbligata a trascorrere una giornata intera con lei ed Hayama a due passi.
Sapeva dal principio che sarebbe stato un giorno difficile.
Mentre stava per uscire, fu attirata da una figura che stava venendo in loro direzione: era una ragazza indiana, bella e aggraziata, alta, dalle movenze fini e femminili; la pelle scura e un volto grazioso, due occhi grandi e cerulei tanto belli da crearle un senso di disagio e dei ciuffi castani scuro, lisci e fluenti, che le arrivavano quasi fino al bacino.
Sembrava davvero una modella.
Iniziò a chiedersi se fosse lei la persona che Hayama stava aspettando con tanta bramosia.
Le sue domande ebbero immediatamente una risposta quando tale ragazza si portò davanti ad Hayama e lo abbracciò con affetto. -Akira.. mi sei davvero mancato!- esclamò radiosa.
La reazione di Hayama la lasciò alquanto sorpresa perché a differenza della freddezza che di solito adottava con lei, verso quella ragazza appariva piacevolmente intenzionato ad accettare le sue manifestazioni d'affetto e difatti rispose al suo abbraccio con assoluta partecipazione, tant'è che anche il resto degli altri li osservò con aria confusa.
Sentì una fitta metaforica assalire il suo petto vedendo quanto il rapporto tra Hayama e quella ragazza sembrasse profondo e confidenziale, di rispetto reciproco.
Poco dopo i due si staccarono e la ragazza finalmente parve accorgersi di loro e sorridendo parlò:
-voi dovete essere i colleghi di Akira.
Scusate se non vi ho notato subito, in effetti non mi sono comportata in modo educato.-
-non preoccuparti.- disse Alice, scrutandola da capo a piedi in modo quasi inquisitorio.
-possiamo sapere almeno il tuo nome?-
Chiunque conoscesse Alice, lei compresa, poteva dire che il sorriso che rivolse alla ragazza non fu dei migliori: costruito, sarcastico e falso. Per fortuna la nuova arrivata non sapeva quanto Alice fosse sadica, per cui non colse la falsità dietro al suo sguardo. Nonostante questo, si sentì più leggera notando la Nakiri porsi in modo tanto impertinente.
Lei non sarebbe mai stata in grado di essere coraggiosa al suo livello.
-sono Akhila Sharma. È un piacere conoscervi tutti.-
Passò la mano ad ognuno di loro, ponendosi sempre in maniera raffinata ed educata.
Bastava vedere cosa indossava a farle capire che la Casta a cui apparteneva fosse ricca di origine.
-che legami hai con il nostro Hayama?-
Alice continuò la sua indagine, sempre più in modo invadente e presuntuoso, tant'è che Hayama la guardò male diverse volte, visto che aveva “toccato” la sua privacy e lui odiava chi ficcanasava nella sua vita con tanta scaltrezza.
Vide Erina avvicinarsi alla cugina e tirarla per la maglietta, sussurrandole all'orecchio per fermarla:
-stai esagerando, Alice, datti una calmata per favore!-
-non mi piace. La trovo già insopportabile.-
-anche a me non ispira simpatia, ma evitiamo di fare figuracce per il momento. Capisco che tu sia protettiva con Hisako, ma credo che può benissimo tenerle testa da sola. Non ha nulla che le manca.-
Alice si schiarì la voce e cercò di darsi un contegno, adottando un sorriso di circostanza.
-lascia perdere la mia invadenza, sig.na Sharma.- corse ai ripari incitando gli altri a spostarsi dall'hotel:
-piuttosto.. la guida ci sta aspettando. Non vorremo mica rischiare che se ne vada!-

Il gruppo concordò e dopo partirono per il tour che prometteva la visita di gran parte delle attrazioni di Nuova Delhi e una passeggiata sul dorso di un elefante, animale sacro per l'India.

Hisako non smise di osservare Akhila e Hayama nel corso di tutto il giorno che, più si trovavamo vicini, più le confermavano di avere un rapporto assai intimo. Adesso che li vedeva interagire, sfiorarsi ad ogni minima occasione_anche se era più che altro lei a farlo, lui non disdegnava le sue attenzioni_parlarsi e appartarsi, sparendo dalla vista di tutti, era molto convinta che fossero anche “amici di letto” data la confidenza che avevano. Era tutto il giorno che avrebbe voluto scappare via, nascondersi a piangere, perché il suo cuore addolorato la stava facendo soffrire molto.
Ora che li aveva visti insieme, aveva confermato che la persona con cui Hayama parlava era una donna_come aveva sospettato fin dall'inizio_sapeva che avrebbe dovuto accettare la situazione e mettere una pietra sopra sui suoi sentimenti non corrisposti. Hayama era una persona complessa, per niente un bravo ragazzo, e non faceva altro che farla stare male con il suo atteggiamento scostante e gelido; quindi, perché avrebbe dovuto continuare a dare il suo cuore ad una persona tanto complicata e svalutante? Non era giusto soffrire per uno così. Adesso sapeva di non avere alcuna speranza con lui e forse quel viaggio, la consapevolezza di ciò, l'avrebbero aiutata ad andare avanti, a lasciarlo perdere, a dire “addio” ad un amore che non avrebbe mai avuto futuro né la più piccola possibilità di cominciare.

A fine giornata, Erina sembrò cogliere la sua tristezza e, prima di andare a letto, la trascinò da parte per consolarla:
-Hisako.. non posso vederti tanto giù per un tale bastardo come Hayama.-
-è ovvio che stanno insieme, Erina, ma non riesco a farmene una ragione.-
-sei sicura che stiano davvero insieme?- le fece notare l'altra.
-so che Hayama è molto introverso, ma hai mai provato a chiederglielo direttamente?-
-non potrei. Hai visto come si irrigidisce quando qualcuno invade la sua privacy? Basta vedere come ha fulminato Alice per le domande che gli ha fatto su Akhila. E poi.. credo davvero che ci abbia mai provato?
Tante volte ho tentato di avvicinarmi a lui, di parlarci, di accrescere la nostra conoscenza, di farlo aprire di più a me.. ma ogni volta che ci provo vengo trattata come se fossi un fastidio.-
-vuoi sapere come la vedo io?- riprese Erina.
Lei annuì pronta in ascolto.
-..la soluzione più facile sarebbe metterci una pietra sopra o arrendersi vista la difficoltà che si sblocchi qualcosa tra voi a causa del carattere orgoglioso e riservato di Hayama, ma io credo che non dovresti fare la scelta più facile. Credo che dovresti andare da lui ed insistere. Non so come mai, ma non penso che quello che Hayama provi per te sia solo indifferenza o odio. Anche oggi, pur vedendolo sempre con Akhila, ho notato che ogni tanto buttava l'occhio su di te e la sua espressione mi è parsa quasi malinconica. Hayama è una persona molto fredda e ha il brutto vizio di nascondere ciò che prova veramente_come facevo anch'io in passato_ma quando si tratta di te, che lo faccia di nascosto o meno, sembra che qualcosa traspari sempre.- 
Hisako rimase meravigliata di fronte a quelle parole:
-dici sul serio, Erina?-
-non posso darti la certezza che sia così, ma posso dirti che arrendersi tanto in fretta è sbagliato. Anch'io ho fatto lo stesso errore con Yukihira e pur cercando insistentemente di cancellare ciò che provo per lui, di rifiutarlo e reprimerlo ed ignorarlo, non ci sono riuscita. Pur di fuggire dalle mie paure, dai miei sbagli, da quello che gli ho fatto e che lui ancora non sa, inizialmente stavo per fare la scelta più facile e andare tra le braccia di uomo che non amo. Ma adesso che ci siamo rivisti e abbiamo parlato ho capito che egoisticamente non riesco ad abbandonarlo o ad allontanarmi da lui.
Non sono ancora sicura di quello che siamo ora e questo perché c'è sempre la verità su Marika che incombe su di me e sul nostro rapporto, influenza le mie scelte rendendole instabili e poco decise.
Però, benché questo e le infinite difficoltà, voglio provarci anche rischiando di perderlo per sempre.-
-dunque non accetterai la proposta di matrimonio di Suzuki-san?-
Erina si aprì in un sorriso amaro e scosse la testa in segno di diniego:
-non posso farlo perché sarebbe come mentire a me stessa.
Inoltre so che, se anche accettassi di sposarlo, non solo non sarei felice ma non riuscirei nemmeno ad allontanarmi da Yukihira, finendo per tradirlo ancora e diventando una persona più peggiore di quella che già sono.-
Hisako ascoltò con attenzione. -..per cui, non buttare via qualcosa che potrebbe esserci tra voi.
Tenta fino alla fine, anche se questo ti farà stare male. Ma almeno sai di averci provato.-
Le regalò un sorriso gentile aggiungendo:
-oltretutto sono sicura che Hayama non abbia dato il suo cuore a quella ragazza. Sembra tenerci, ma niente di più. Ovviamente sono solo impressioni e sta a te giudicare, Hisako, ma trova un momento per parlarci comunque.- 
Fu in quel momento che prese una decisione:
-hai ragione.. non posso buttarmi giù solo per questo. In fondo, anche se sembrano molto legati, vivono lontano l'uno dall'altra e non devo perdere le speranze.-
Le sorrise con tanta riconoscenza e affetto:
-grazie di avermi ascoltato, Erina, cercherò di seguire il tuo consiglio.-
-brava!- approvò solare.
-adesso è meglio se torno da Marika perché l'ho lasciata in camera di Alice, a giocare con Naoki ed è tardi.-
Hisako annuì. -sì, vai pure.-
Prima che potesse andare via completamente la fermò di nuovo:
-aspetta Erina..sai dove posso trovare Hayama in questo momento?-
Lei ci rifletté su. -hai deciso di parlarci subito?-
-sì, se è possibile. Prima mi tolgo questo dente, meglio è.-
Erina ghignò compiaciuta dalla determinazione di Hisako.
-penso di averlo visto nella sala biliardo, a giocare con Yukihira e Ryou: il che è strano vista la sua tendenza ad appartarsi ed isolarsi, ma si vede che come gli altri due non riesce a dire di no alle sfide che gli propongono.-
Ridacchiò divertita dal pensiero, aprendosi in un espressione adorabile che sciolse perfino Hisako, che la guardò con aria felice e serena. -si vede che le cose con Yukihira-kun stanno prendendo la piega giusta, sembri molto più rilassata dei giorni scorsi Erina. Sono davvero felice per te, anzi.. per voi.-
Lei arrossì distogliendo lo sguardo.
-ma che dici Hisako! Non è solo merito di Yukihira.-
Si unirono in una risata solare e mite, poi si salutarono dandosi la buonanotte e separandosi.

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Capitolo 22
*** Connessioni Latenti ***


Connessioni Latenti


Hayama stava giocando a biliardo con Yukihira e Ryou, ma aveva perso ogni partita.
Era distratto perché il pensiero di Arato non gli permetteva di concentrarsi nel gioco.
Si sentiva irritato perché non riusciva a capire come potesse farsi influenzare a tal punto dagli strani sentimenti che provava per lei. C'era anche Akhila con loro e proprio in quel momento stava seguendo la loro partita, ma durante la gita fatta nel corso della giornata_anche se aveva passato gran parte del tempo con ella_il suo sguardo non aveva lasciato la figura di Arato e non faceva altro che chiedersi cosa stesse pensando del rapporto tra lui e Akhila.
Odiava ammetterlo, ma non voleva che fraintendesse la loro relazione pensando che condividessero qualcosa di serio, quando in realtà_anche se erano in confidenza e lui in qualche modo teneva a lei_andavano solo a letto insieme.
Non era l'unico ad accorgersi di essere pensieroso, difatti Yukihira lo riprese:
-Hayama! È già la quarta partita che perdi, perché sei così scarso?-
-sta zitto, Yukihira, concentrati sulla tua di partita.-
-Forza Akira!- gridò invece, Akhila, alle sue spalle. Niente da fare, il pensiero di Arato non lo lasciava.
Dove si trovava? Perché non era con loro?
Da quando avevano terminato la cena era sparita e i suoi occhi non avevano smesso di cercarla, come ad accertarsi che non si fosse dimentica di lui anche dopo averlo visto in atteggiamenti intimi con Akhila.
Era deprimente avvertire una certa preoccupazione verso tale possibilità, ma da quando l'aveva baciata mentre dormiva_quella sera che l'aveva riportata in camera ubriaca_si era accorto di desiderarla più di quanto credesse e pur essendo frustrante non poteva fare a meno di sentire emozioni di quel tipo.
Che poi si trovava in una sorta di confusione mentale in quanto non riusciva a capire se si trattasse solo di una forte attrazione o se provasse ulteriori sentimenti, qualcosa che andasse al di là del semplice desiderio sessuale verso di lei.
Già il fatto che la cercasse e che si sentisse ansioso perché non la trovava poteva essere un segnale alquanto dubbioso verso quelle ambigue emozioni tanto intense da disorientarlo.
Scosse la testa tentando di scacciare nuovamente quelle sensazioni, in modo da poter mandare in buca la pallina.
Sbagliò mira ancora una volta, lanciando un imprecazione.
-Hayama.. Yukihira ha ragione, che ti prende stasera?-
Riversò un'occhiataccia anche a Ryou.
Fortunatamente intervenne Akhila nella conversazione:
-Akira.. si è fatto tardi, credo che debba rientrare adesso.-
Posò l'asta a terra, senza avvertire gli altri due che si sarebbe allontanato per un po' dalla partita. 
-ti accompagno.- si offrì sbrigativo.
Akhila annuì sorridendogli grata.

Uscirono dalla sala giochi dell'hotel fermandosi in corridoio.
-sono stata davvero bene oggi.- confessò languida -passa a salutarmi prima che tu riparta per Tokyo.-
Lui non le rispose, dunque Akhila si limitò ad avvolgere le braccia attorno al suo collo per unirsi in un abbraccio affettuoso e passionale. Proprio nell'attimo in cui si stavano abbracciando, vide salire dalle scale Arato.
Non riuscì a controllare un'espressione di sorpresa al momento che lei si bloccò a metà scalino per osservare la scena con occhi che gli parsero vitrei e tristi. D'istinto, quasi senza rendersene conto, si staccò bruscamente da Akhila che fu colta di sprovvista dal gesto. -che ti prende Akira?-
A quel punto, visto che lei a differenza sua stava dando le spalle ad Hisako, si voltò per capire cosa stesse succedendo.
-sig.na Arato..?-
Hisako si riscosse provando a mostrarsi indifferente davanti a quella visione.
-continuate pure, non volevo interrompervi..- chiaramente tali parole, almeno a lui, risultarono molto insicure e poco convincenti. Dopodiché li superò e Hayama notò che stava cercando di nascondere il volto, come se non volesse incrociare il suo sguardo. In tono schivo, allora, si rivolse ad Akhila:
-intanto avviati. Ti chiamo domani.-
Fece per seguire Arato, ma Akhila lo fermò ancora:
-ehi Akira! Che ti succede? Mi saluti così?-
Lui le lanciò uno sguardo ruvido, tanto che quasi la spaventò, poi scostò il suo polso dalla sua presa femminea.
-ho qualcosa da fare in questo momento.- asserì piatto.
Allora Akhila, seppur sul punto di piangere, lo lasciò.
-va bene. Ci sentiamo domani..-
Detto questo si allontanò a passo spedito, come se volesse fuggire da lui.
Si sentì un po' in colpa per quello, ma se non avesse affrontato Arato il suo pensiero avrebbe continuato a tormentarlo per il resto dei giorni e ciò si sarebbe trasformato in un vero fastidio.
Non voleva impicci e in quel momento Arato lo era. Era un vero incubo. Un rosicante “tarlo”, perché non riusciva a capire cosa volesse da lei e come fosse potuta diventare la sua ossessione visto che non aveva assolutamente nulla di attraente a suo dire. Il corridoio era vuoto, quindi pensò che Hisako avesse preso l'ascensore per tornare alla sua camera.
Intanto che percorreva il lungo ingresso per raggiungere l'ascensore, passò di fronte ad un'altra saletta dell'Hotel munita di un piccolo bar e la vide lì, seduta su un panchetto, con le gambe accavallate in maniera elegante e sensuale, che ad alta voce ordinava al barista:
-mi dia uno shottino di Baylies al cacao.-
Sospirò irritato e rapidamente la raggiunse, fermando il cameriere che stava per appoggiare sul bancone il bicchierino ripieno. -la perdoni, signore, ha perso la testa.-
L'uomo si fece perplesso allontanando il bicchierino da Arato.
-Hayama!- protestò seccata quest'ultima -chi sei per impedirmi di rilassarmi con una leggera bevuta?-
Continuò sarcastica. -fino a poco fa non stavi salutando la sig.na Sharma con tanto entusiasmo?-
Tornò a guardare il barista.
-non lo ascolti, mi passi quello che ho richiesto.-
L'uomo si fece ancora più stranito e le consegnò nuovamente il bicchierino.
Hayama lo fermò ancora, -si prenda una pausa.- ordinandogli perentorio.
-perché stai mandando via il barista? Per caso ti è venuta voglia di conferire con me in privato?
Pensavo non ti importasse visto come sei.-
-smettila di coinvolgere altre persone in cose che non le riguardano. Stai diventando irritante.-
-..e allora perché ti trovi qui, di grazia?- ironizzò aspra.
-non vorrei ritrovarmi l'ennesimo “sacco di patate” da portare in camera.-
-sarei io il “sacco di patate”?-
-non ricordi proprio nulla di quella sera, vero?-
Si schiarì la voce, leggermente a disagio, preoccupato che si ricordasse del bacio.
-cosa dovrei ricordare secondo te? Il tuo solito atteggiamento da bastardo?-
-niente di particolare. Come al solito sei stata fastidiosa.-
Fu sollevato che non si ricordasse nulla, altrimenti sarebbe stato un vero problema per il suo orgoglio.
Successivamente Hisako riprese altezzosa:
-non ho bisogno di essere controllata come se fossi una bambina, per cui ti chiederei di andartene o di tornare dalla Sig.na Sharma. Non sono dell'umore per affrontare il tuo comportamento in questo momento.-
La vide abbassare nuovamente lo sguardo, cupa, per un attimo si incantò ad osservare i lineamenti del suo volto: le labbra sottili lievemente incrinate, le sopracciglia decorate da un leggero mascara, il volto illuminato solo da delle soffuse luci che facevano atmosfera, tipiche dei bar notturni ma che non facevano altro che risaltare i contorni del suo viso la cui pelle appariva morbida e liscia. Il caschetto incorniciava graziosamente il volto.
Si ritrovò a pensare a quanto fosse carina in quel momento e involontariamente i ricordi andarono a quella notte nella quale l'aveva baciata mentre dormiva. Per un attimo ebbe l'istinto di ripetere l'esperienza, ma scuotendo la testa si trattenne. Calò il silenzio tra i due; poiché, a parte il fastidio per quello che provava, non sapeva cosa dire.
Tale silenzio fu interrotto da Arato:
-Hayama.. si può sapere cosa fai ancora qui? Non hai capito che mi disturbi con la tua presenza?-
-cosa esattamente ti disturba, Arato, il fatto che sia qui con te o che abbia passato l'intera giornata con Akhila?-
Lei sgranò gli occhi spiazzata.
Evidentemente non era completamente brilla perché pareva aver capito bene la domanda che le aveva posto.
Domanda che subito dopo si era pentito di averle fatto, dato che le aveva dimostrato di interessarsi a ciò che provava nel vederlo con un'altra. -il fatto che tu sia qui. Cos'altro sennò.- farfugliò mentre le guance assunsero un colore rosato causato dall'imbarazzo. Poi seguì provando a rendere la sua risposta più credibile:
-non mi dire che stai sperando che sia gelosa della sig.na Sharma! Perché se così fosse, sei completamente fuori strada!- Sputò quelle parole in tono irritato, trasmettendogli il contrario: segno che la situazione tra lui ed Akhila non le era affatto indifferente come cercava goffamente di fargli credere. Non era particolarmente brava a nascondere i suoi sentimenti.
Cercò di celare un ghigno compiaciuto che conseguentemente avvertì come malsano: non riusciva ad accettare di provare qualcosa per Hisako Arato, ma quanto avrebbe potuto nasconderlo ancora?
Già adesso trovava difficile riuscire a mantenere la compostezza e non versarle tutta la verità dietro al rapporto che c'era tra lui e Akhila. Arato non sbagliava supponendo che ci fosse qualcosa tra loro, perché effettivamente c'era visto che andavano spesso a letto insieme_almeno ogni volta che lui andava in India_ma solo quello era. Niente di più.
Tuttavia, con il carattere che aveva e l'incapacità di accettare di essere incuriosito e interessato ad Arato, qualcosa gli impediva di essere totalmente franco con lei. Aveva paura forse? E di cosa?  Quando mai aveva paura di qualcosa?
Non gli era mai importato di ciò che pensassero gli altri di lui, ma sfortunatamente, invece, sembrava importargli molto di quello che Arato pensava. Perché l'aveva rincorsa appena l'aveva notata fuggire via alla vista di lui e Akhila abbracciati? Sapeva perfettamente di averlo fatto perché in quel momento la sua folle incoscienza aveva desiderato chiarire il malinteso con lei; però, ora che si trovava lì, l'unica cosa che riusciva a fare era stuzzicarla e provocarla.
Perché quella maledetta donna doveva renderlo tanto confuso?
-sei davvero sicura di ciò che stai dicendo?- finì per canzonarla di nuovo, difatti Hisako si infastidì nuovamente.


 
****


La fissò intensamente e così tanto che Hisako avvertì le gambe farsi improvvisamente molli ed instabili, giacché quello sguardo oltre ad essere terribilmente affascinante sembrava in qualche modo molto rapito da lei.
Non sapeva se fosse un effetto dell'alcol, ma in quell'attimo lesse tali sensazioni e per la prima volta le parve di suscitare una certa attrazione in Hayama. Comunque non voleva farsi influenzare dalle impressioni che stava avendo perché potevano essere sbagliate o dettate da una sua lieve speranza di donna innamorata persa per qualcuno che non la ricambiava. Cercò di riprendere una sorta di lucidità tentando di osservare e leggere meglio gli atteggiamenti incomprensibili di Hayama nei suoi confronti.
Cosa diavolo voleva da lei?
Perché non la lasciava soffrire in pace e non smetteva di tormentarla dandogli messaggi di implicito interesse?
Ma era davvero interesse, oppure lo faceva solo per farla innervosire?
Non riusciva proprio a capirlo: era talmente enigmatico che quasi la stava incitando a porgli la valanga di domande che faticava a controllare. Le aveva perfino impedito di bere e ora non sapeva neppure come sopportare il dolore e l'ennesimo rifiuto. Inoltre, il fatto che l'avesse seguita subito dopo le stava lasciando qualche speranza che preferiva non avere più dopo averli visti appiccicati e ovviamente era chiaro che quell'abbraccio non fosse solo un semplice abbraccio, ma un'esplicita dimostrazione che i due condividevano o avevano condiviso il letto diverse volte.
Sentì gli occhi inumidirsi ancora, lasciandole un senso di frustrazione che ormai sembrava essere diventato un tutt'uno con lei. Cosa doveva rispondere alla sua ennesima provocazione? Di certo non voleva cedere chiedendogli ogni dettaglio su Akhila e confermandogli di star morendo di curiosità, perché così gli avrebbe solo regalato soddisfazione.
Sapeva di non essere una cima a nascondere le sue emozioni, ma almeno doveva tentare di farlo per proteggere se stessa e il suo cuore. -certo. Non mi interessa affatto quale sia il vostro rapporto.- mentì allora, deglutendo.
Come immaginava, non era sicura di essere stata convincente.
-è inutile che tenti disperatamente di nascondere la tua curiosità sul nostro legame, perché la tua insicurezza ti tradisce.-
Sbatté piccata il bicchierino sul bancone del bar facendo fuoriuscire il contenuto. -adesso mi stai infastidendo, Hayama.-
Gli scaricò un'occhiata astiosa. -può essere che quello che invece muore dalla voglia di chiarire il malinteso_sempre se si tratta di malinteso_sia tu? Se ti interessa tanto dirmi cosa c'è tra voi basta che tu sia più diretto.-
Hayama, con sua sorpresa, si aprì in un espressione sbigottita che le fece quasi sperare di aver indovinato i suoi pensieri. Anche lei, quindi, assottigliò gli occhi spiazzata. -non mi dire.. volevi davvero chiarire la situazione?-
Le sembrò di vedere Hayama imbarazzarsi; infatti, quest'ultimo voltò la testa altrove per nascondere l'attuale disagio e optò per un borbottio incomprensibile. -figurati.- almeno fu questo che le parse di sentire.
Tuttavia, non riuscì a trattenere un risolino divertito.
-da quant'è che ci tieni a chiarire i tuoi dubbi?-
-non capisco cosa ci trovi da ridere. Sei odiosa.- tuonò seccato, precisando:
-..e comunque non era per il motivo che credi che ti ho seguito. Di certo non mi interessa cosa pensi.
Volevo solo evitare di averti come peso sulle spalle.-
Hisako non rispose e tra i due calò un quiete silenzio. -in ogni caso sembra che tu ti sia calmata, per cui è meglio che vada visto che ho già perso abbastanza ore di sonno per colpa tua.-
lo interruppe per primo Hayama. Si alzò dal pacchetto aggiungendo:
-buonanotte. Ci vediamo.-
In qualche modo si rese conto che forse era stata troppo precipitosa nel pensare che Hayama fosse solo venuto a prendersi gioco di lei, come al solito. In quel momento volle credere che fosse venuto per chiarire il fraintendimento_anche se questo l'avrebbe fatta soffrire nuovamente semmai si fosse illusa ancora_perciò decise di fermarlo per il polso poggiando d'istinto la testa dietro la sua ampia schiena. Hayama si arrestò di colpo, colto di sorpresa.
-hai ragione! Sono dannatamente curiosa di sapere quale sia il vostro rapporto!- gridò tali parole con tanta energia che perfino il barista si distrasse dalle sue mansioni di pulizia.
Dopodiché si sentì arrossire come non mai e ringraziò il fatto che Hayama fosse di spalle così da non poterla vedere.
Quanto coraggio aveva dovuto raccogliere per dire quelle parole?
-..puntualizzo che non è perché provo qualche tipo di interesse nei tuoi confronti, chiaro? È solo che sei un tipo molto distaccato e nonostante ci conosciamo da anni con nessuno ti ho mai visto tanto legato, quindi ero curiosa..- si affrettò a dire, alla ricerca di giustificazioni, sperando di celare i suoi sentimenti a senso unico.
Lentamente sentì Hayama salire verso le sue mani avvolte attorno alla sua vita e con delicatezza staccarle dalla presa, ma il suo tocco era stato tanto delicato che piuttosto che sentirsi respinta avvertì il gesto come una tenue carezza.
In seguito, tornò ad incrociare il suo sguardo aprendosi in un ghigno provocatorio.
-sei proprio senza ritegno, Arato.- le fiatò vicino alle labbra.
Prima che potesse rispondere a quella che le sembrò un'offesa, Hayama salì verso la sua testa e le accarezzò i ciuffi come se fosse una bambina, il che non riuscì a capire se fosse positivo o meno come trattamento.
-sei troppo sincera ed è per questo che sei incapace di nascondere quello che pensi. In qualche modo ti trovo pietosa, dall'altra.. non so.. mi susciti qualcosa..- abbassò i toni mentre pronunciava l'ultimo pezzo di frase.
Hisako rimase esterrefatta e incapace di replicare.
Cos'era quello? Un complimento o l'ennesima presa di giro? 
Non riuscì a capirlo, ma le iridi smeraldo di Hayama parvero quasi dolci mentre si guardavano e lui non aveva smesso di carezzarle la testa. Cosa intendeva con “suscitargli qualcosa..?"
-non ti capisco, come al solito.- esordì quando si fu ripresa, scostando controvoglia la mano di Hayama dalla sua testa.
-hai intenzione di rispondermi, oppure continuerai soltanto a giocare?- recitò spazientita.
-stupida come sei prima hai solamente frainteso.- finalmente le disse qualcosa.
-Akhila è brava a letto. Trascorriamo delle buone ore di sesso quando siamo insieme.
Ci conosciamo da tempo, ma facciamo solo questo.-
Da una parte si sentì sotterrare di fronte alle piacevoli prestanze sessuali che, a detta di Hayama, Akhila era capace di condividere con lui; dall'altra, per essere stato tanto schietto nell'esporre la loro “amicizia di letto”, si sentì ferita e desiderò solo mollargli un ceffone. Si trattenne a stento dal farlo, ma l'espressione sprezzante che il suo volto assunse le nacque in maniera spontanea. -ben per voi, allora.-
Lo superò con aria amareggiata. In fondo se l'era cercata: aveva insistito lei per sapere l'origine del loro rapporto, dunque non poteva nemmeno prendersela con Hayama per essersi sentita invidiosa del loro rapporto fisico.
Scacciò via le lacrime, guardando un'ultima volta Hayama e dicendogli:
-trovo il tuo stile di vita davvero pietoso, sai? Sei proprio privo di sentimenti.-
E con questo se ne andò totalmente, con il cuore che bruciava dalla tristezza.
Hayama non aveva detto di provare qualcosa per Akhila, ma era palese che invece la ragazza fosse innamorata e lui sfruttasse solo il suo corpo facendo leva attraverso i suoi sentimenti. Se da una parte era sollevata che non provasse niente per Akhila, dall'altra era delusa dal suo atteggiamento superficiale e menefreghista. Se veramente fosse successo qualcosa tra lei ed Hayama, avrebbe sofferto perché lui era incapace di dare tutto se stesso a qualcuno?
Perché era innamorata di una persona simile?
Se avesse potuto, avrebbe preferito non essere tanto masochista.
Da una parte sospettava già, vedendo il loro intimo rapporto, che andassero a letto insieme ma sentirglielo dire apertamente aveva fatto più male.
In ogni caso, era contenta di aver sciolto i suoi dubbi.
Sarebbe stato meglio arrendersi, vero? 
Pensò con amarezza.
Se solo ci fosse riuscita avrebbe vissuto meglio.


 
****


Quello di cui Hisako non era consapevole era che Hayama, tornato in camera sua dopo la loro conversazione, aveva appena tirato un pugno alla parete ferendosi le nocche. -maledizione!-
Andò in bagno e si sciacquò il viso con l'acqua gelida, guardandosi allo specchio.
Perché doveva piacergli una ragazza tanto sensibile e priva di personalità?
Era così stupida che si vergognava per lei!
Eppure.. quella donna, con il suo fare stupido e tenero, era l'unica capace di scaturirgli qualcosa; però tutte le volte finiva per ferirla perché lui stesso si sentiva debole e miserabile vicino a lei. Odiava quella sensazione. Tutte le sue maschere venivano distrutte e non riusciva a sopportare di averla sempre in testa, provando un continuo e fastidioso senso di protezione e cura nei suoi confronti. Non si era mai sentito così verso nessuno.



 
****


Erina era andata verso la camera di Alice a riprendersi Marika perché l'aveva lasciata lì a giocare con Naoki, ma la bambina sembrava essersi addormentata profondamente sul letto matrimoniale assieme al cugino. Dormiva talmente tranquilla che avrebbe preferito non svegliarla_dato che era stata una lunga e stancante giornata_così non insisté molto quando Alice le propose in tutta sincerità:
-Erina.. per stasera lasciala pure dormire con noi.
Non c'è nemmeno Rokuro che può aiutarti a portarla in camera vostra e faresti una fatica inutile.-
-Wow! Non mi aspettavo una tale gentilezza da parte tua.- scherzò ghignando.
Anche Alice si unì alla risata. -grazie comunque.- aggiunse.
-domattina scenderà con noi giù nella hall.-
Erina annuì e dopo aver lasciato un delicato bacio della buonanotte sulla fronte della sua bambina, salutò la cugina ed uscì dalla loro camera.

Nel mentre saliva l'ascensore, al terzo piano si scontrò con Yukihira che finì col prenderlo con lei.
-Nakiri..- fiatò lui, in tono caldo. Soltanto il sentire la sua voce la fece avvampare.
-Yukihira..- farfugliò di rimando lei.
Calò un silenzio inquieto tra i due, che permise loro di ricordare il bollente bacio che si erano dati sulla terrazza dell'hotel.
Fu il lui il primo ad interromperlo:
-Dov'è Marika? Avevo capito che eri andata a riprenderla da Alice.-
Trovò serie difficoltà nel rispondere a quella domanda, poiché fu proprio quella a ricordarle l'assenza di Rokuro e il fatto che avrebbe dormito sola per quella notte. Se avesse detto a Yukihira tale dettaglio, era sicura che sarebbe potuta essere un'ottima occasione per passare la notte insieme e soddisfare i sentimenti e l'attrazione tra loro che da un po' sembrava voler esplodere in ogni momento in cui si ritrovavano in una situazione di favorevole intimità.
Tuttavia, nonostante il timore di dirgli la verità, non trovò una giustificazione che potesse essere credibile e finì per rispondergli esattamente la realtà dei fatti:
-stanotte dormirà in camera di Alice perché si è addormentata sul loro letto e mi dispiaceva svegliarla a quest'ora tarda.- Diede quella spiegazione in maniera così flebile che per un attimo sperò che Yukihira non avesse sentito bene, ma purtroppo non fu così; Infatti, intanto che l'ascensore continuava a salire e sarebbe arrivato presto a destinazione, quest'ultimo la chiuse contro la parete metallizzata avvicinando il volto al suo e fissandola intensamente.
Nelle sue iridi vi era desiderio, avidità, e non solo, amore e tante emozioni contrastanti.
-questo vuol dire che sarai da sola in camera.- le sussurrò vicino alle labbra, creandole dei fremiti di eccitazione.
Infilò la mano dietro alla sua vita portandosela più vicina e cercando le sue labbra per baciarla di nuovo.
Lei non volle bloccarlo, o meglio.. ciò che provava per lui glielo impedì per l'ennesima volta; ma fece qualcosa di inaspettato: unì le labbra con quelle di Yukihira per prima dandogli volontariamente il consenso a baciarla.
La sensazione delle loro lingue che si cercavano con complicità ed esigenza fu come al solito devastante per le loro emozioni. Uno scambio reciproco di contatti e sfioramenti, alcuni più arditi altri può delicati. Non ne potevano più.
Tutto ciò non bastava. -Nakiri.. non credi che sia arrivato il momento?-
Le propose Yukihira con l'affanno, in un breve attimo in cui si erano fermati per riprendere fiato. Lei lo guardò. Si scrutarono ancora con passione e coinvolgimento, nel frattempo che l'ascensore aveva raggiunto il piano richiesto. L'allusione di quella proposta era chiara. Sapeva che la scelta più razionale sarebbe stata quella di rifiutarlo ancora, però come avevano concordato silenziosamente ambedue: avevano superato il limite di sopportazione e soppressione dei loro sentimenti e per la prima volta lei stessa era chiaramente conscia di ciò che desiderasse il suo corpo; o per meglio dire.. sapeva già da tempo cosa voleva, ma aveva cercato inutilmente di negarlo a se stessa e a lui per un lungo e sofferente periodo nel quale era stata molto combattuta sul da farsi. Sapeva essere egoista ed ingiusto da parte sua assecondare le sue emozioni, non si meritava l'amore di Yukihira, ma allo stesso tempo sentiva che per la prima volta voleva andare contro corrente, mandare a quel paese i suoi principi, ipocritamente fregarsene dei suoi errori almeno per una notte intera, dimenticarsi di avere una situazione in sospeso con il suo attuale compagno. Voleva essere di Yukihira. Punto.
Dunque, affondò le mani nei suoi capelli e riprese a baciarlo con audacia e trasporto.
-resta con me stanotte, Yukihira.- poi dalla sua bocca uscirono quelle parole, sottovoce, quasi timidamente. Parole che non avrebbe mai pensato di dire mesi fa e che credeva di non poter dire anche se avrebbe voluto.
Vide Yukihira aprirsi in un espressione sorpresa. Reazione che durò solo qualche secondo, che finì per trasformarsi in un sorriso compiaciuto e dolce. La trascinò fuori dall'ascensore e continuò a baciarla davanti alla porta della sua camera, ad accarezzare ogni minima parte del suo corpo. Le diede a malapena il tempo di aprire la porta, che poi essa fu chiusa da lui con un calcetto. Seguitò a vezzeggiare tutto di lei, ad assaporare le sue labbra come se non si stancasse mai del loro sapore.
La morbidezza della bocca di Yukihira sembrava così lenitiva come se non l'avesse mai sentita prima.
Con le sue piccole mani carezzò il suo petto con bramosia godendosi i pettorali ben definiti e stringendolo a sé come se potesse sparire da un momento all'altro. Affondò le mani tra i ciuffi scarlatti, glieli spettinò per quanto l'aveva desiderato. Scivolò con le mani sul suo volto, esplorandolo, accarezzandolo.. lo guardò negli occhi come non aveva mai fatto prima perché lui era lì con lei, reattivo, folle, ambito. Avvolse le braccia attorno al suo collo, si aggrappò a lui in una stretta ferrea. Finalmente era libera di sentirlo. Finalmente sembrava essere riuscita a rimuovere per un attimo ciò che gli aveva fatto. Finalmente riusciva a vedere solo lui. Voleva solo lui. Amava solo lui. -Yukihira..ti amo. Ti amo.- gli disse ripetutamente, con il fiato corto, continuando a baciarlo, abbracciarlo, a mordicchiare la sua pelle.
-anch'io..- le fiatò lui all'orecchio. -mi sei mancata, Nakiri.- aggiunse, procedendo a sbottonare la sua camicetta, a baciarle la clavicola e il collo. A toccare i suoi seni ancora ricoperti dal reggiseno; mentre con l'altra mano calava giù ad accarezzare le sue cosce e apriva la lampo di lato alla gonna, per poi toglierle anche quella.
L'accompagnò vicino al letto, proseguendo a ricoprirla di baci e salendo con le mani lungo le calze vicino alla sua “grazia”.
Le sfilò via anche quelle e lei, intanto che Yukihira stava sopra di lei, iniziò a sbottonargli la camicia scoprendo pian piano il petto che tanto voleva sentire sotto ai suoi polpastrelli. Gli accarezzò le larghe spalle, gli addominali, le braccia.
Ogni forma della parte sopra del suo corpo, tra lentezza e voracità.
Poi andò verso i suoi Jeans e sbottò anche quelli, lasciandolo in boxer.
Avvolse le gambe attorno a quelle sode di lui.
Yukihira era andato invece a stuzzicare la sua femminilità, creandole gemiti.
Sentire il suo respiro incontrallato quando lei fece lo stesso con la sua virilità, fu qualcosa che le era mancato tantissimo. Anzi.. sentire il suo respiro talmente vicino al suo corpo, creandole dei piacevoli brividi, avvertire il loro contatto pelle pelle tanto tangibile e reale quando si ritrovarono completamente nudi, rivivere il suo sapore di tabacco e profumo fruttato, riascoltare la chimica nei loro rapporti carnali e i forti sentimenti che provavano l'uno per l'altro.. tutto le era mancato a tal punto che non le pareva vero di poterlo rivivere ancora.
Mentre si toccavano, giocavano con le loro intimità creandosi piacere a vicenda, si baciavano e strusciavano l'uno con l'altro e niente di più bello c'era.. lei pronunciava il suo nome in un sussurro come se non l'avesse mai fatto.
Quanto gli era mancato? Quanto! Era suo. Suo.
-Yukihira.. quella notte non l'ho mai dimenticata..- con la poca lucidità che le era rimasta ammise cosa avesse provato veramente sei anni fa, con lui -..non avrei voluto andarmene.- 
Egli le sorrise con dolcezza e le posò un dito davanti alla labbra.
-Nakiri.. basta rimpianti. Adesso sei mia. Solo mia.-
Le scese una lacrima e abbracciò forte il suo corpo tonico.
Senza aggiungere altro lo sentì avvolgere le gambe attorno alla sua vita, incrociando ancora il suo sguardo per avere la piena certezza di poter entrare dentro di lei completamente e quando si strinse di più a lui, consenziente, divennero un tutt'uno. I movimenti di entrambi si fecero sempre più coordinati e meccanici, solo i loro respiri accelerati ad invadere la stanza, in un limbo mozzafiato.


 
****


Gli sembrava di impazzire.
Nakiri gli era mancata così tanto che non gli pareva vero che adesso si stesse muovendo dentro di lei.
Era bastato che lo sfiorasse un attimo, gli facesse sentire quanto lo amava o desiderava, che si era subito eccitato.
Nakiri era irresistibile. Voleva godersi quella notte, pienamente, assaggiare la sua pelle in tutti i modi possibili.
Sentirla sotto di lui e totalmente dipendente dal calore e l'umidità dei loro corpi riscaldarsi a vicenda.
Intanto che continuava a spingere scendeva verso i suoi seni e li stuzzicava e mordicchiava.
Infilava le dita tra i suoi lunghi ciuffi biondi. Inspirava il suo profumo, quello che gli era mancato da morire.
Era meravigliosa sotto di lui, risplendeva. Aveva un corpo idilliaco.
Sentire la loro pelle diventare un intreccio perfetto con i loro sentimenti era qualcosa che aveva sognato di poter fare da tempo. Il ricordo di quella notte, vivo dentro di lui, non gli aveva permesso di dimenticare l'unicità dei loro sentimenti, la latenza delle loro emozioni, l'ambiguità di quel rapporto senza precedenti. L'amore della sua vita. Probabilmente il suo primo amore. Lei. Era felice, eccitato, soddisfatto. Il poterla toccare senza impedimenti, il vederla convinta delle sue azioni e di ciò che provava non aveva fatto altro che incrementare la passione di quel momento, l'infinita voglia di lei, la bellezza di quell'unione completa. Si aprì in un ghigno compiaciuto quando Nakiri ribaltò le posizioni portandosi sopra di lui, esattamente come quella notte, e iniziò a muoversi al suo posto.
La sua massa di capelli biondi strofinava il suo corpo, creandogli un gradevole pizzicorino. 
Afferrò le sue natiche aiutandola a coordinare i movimenti sopra di lui.
Mentre si faceva "dominare" da lei tracciava una linea indefinita con le dita lungo il suo ventre piatto o dietro la sua spina dorsale, in una affamata carezza, e poi tornava a sorreggere le sue spinte. Altri gemiti incontrollati riempirono la stanza.
Quando tornò lui a guidare l'amplesso, riportandosi sopra di lei, avvertì che stava per raggiungere l'orgasmo; così la strinse più a sé e aumentò la velocità creandole piacere. Raggiunsero il picco del piacere quasi nello stesso momento.
Lui si lasciò andare sopra il suo corpo, appoggiando la testa sul suo ventre e quando stava per uscire da dentro di lei, Nakiri lo bloccò, -aspetta ancora qualche secondo..- domandandogli quasi imbarazzata.
Si fece confuso e lei impacciata girò la testa altrove:
-sei un'idiota, Yukihira, perché mi guardi come se ti avessi chiesto qualcosa di strano..?- 
Lui ridacchiò, stravolto dal “rapporto”.
-..è solo che mi sei mancato e mi piace sentirti vicino.- terminò goffamente.
Quasi si emozionò da quelle parole: era davvero difficile strappare tali dolcezze da Nakiri, ma quando lo faceva lo spiazzava totalmente. -sei incredibile.- allora rispose -come puoi essere acida e tanto adorabile allo stesso tempo?-
Era davvero divertito dai suoi comportamenti contrastanti.
-sta zitto, stupido.- sbottò stizzita, arrossendo.
Le lasciò un bacio a fior di labbra.
Si scambiarono un'occhiata di dolcezza e successivamente commentò alludendo alla sua frase precedente:
-..nemmeno io avrei voluto te ne andassi quella notte.-
-non avevamo detto niente rimpianti?-
-hai ragione, ma anch'io ho sentito il bisogno di dirti come mi sentissi veramente a riguardo. Se avessi capito anni fa ciò che provavo per te e ti avessi cercata forse non avremmo passato tutto questo prima di poter stare di nuovo insieme, come adesso.- Erina si fece improvvisamente cupa e lui divenne perplesso.
-Yukihira.. ho la relazione in sospeso con Rokuro: non posso ancora stare con te e per quanto abbia detto di rimpiangere di essermene andata quella notte, c'è ancora qualcosa che mi impedisce di essere felice con te.
Il problema non sei te; ti amo e lo sai, ma..- si arrestò prima di dire qualcosa di irreparabile.
Si staccò da lei portandosi al suo lato del letto e sospirando stancamente:
-non riesco davvero a capirti, Nakiri.. se non ti spieghi chiaramente come faccio a comprenderti?
Ci amiamo tantissimo, quindi quel è il problema adesso?-
Mise il broncio, spazientito dal suo atteggiamento:
-inizio a credere che non ti fidi davvero di me.- 
-non è questo, Yukihira!- cercò di rassicurarlo.
-ci sono cose che ognuno di noi non può dire. Cose di cui si vergogna profondamente..- iniziò vaga:
-non so ancora dove andrà la nostra relazione e prima ho bisogno di affrontare Rokuro e dirgli la verità.-
-mi stai dicendo che ciò che è successo tra noi stanotte non è la conferma che hai deciso di stare con me?
Allora perché hai fatto l'amore con me? che significato ha avuto per te?-
-l'ho fatto perché è quello che volevo. Non rimpiango di averlo fatto.-
-allora cosa stai dicendo?-
-sto dicendo di andarci piano e ti sto chiedendo di darmi il tempo di metabolizzare quello che è successo. So quello che provo per te e sono contenta di averti dato me stessa per stanotte, ma aspettiamo a stabilire che stiamo insieme..-
Lui sbuffò irritato, dandole le spalle. Perché era sempre così insicura? Cosa gli nascondeva che la preoccupava?
Insistere sul farsi dire il motivo non era la soluzione, ma stava diventando frustrante tutto questo alone di mistero.
Sapere di non essere lui il problema già lo rilassava, ma non sopportava di vederla tanto indecisa e prevenuta.
Il momentaneo nervosismo si placò quando Nakiri appoggiò la testa contro la sua schiena nuda e sudata.
-perdonami Yukihira..- biascicò dietro di lui.
Sentì le piccole mani di ella abbracciarlo da dietro e questo improvviso atto di tenerezza fu nuovamente in grado di scioglierlo. Poi precisò accucciandosi dietro di lui:
-..anche se ho detto di andarci piano non significa che proibisco il contatto fisico tra di noi o ti allontanerò da me.-
Lui abbozzò un sorriso di sollievo misto ad amorevolezza e posò le mani su quelle di lei.
-sono sollevato di sentire almeno questo..- confessò sinceramente.
Nakiri gli lasciò un bacio dietro la nuca, appiccicandosi ancora di più a lui, che non esitò a sentire la sua parte intima risvegliarsi ancora. Si voltò verso di lei poggiando la mano dietro la sua schiena liscia e bianca, lasciandole una carezza che creò dei brividi ad entrambi. La portò più vicina a sé e unì le labbra con le sue in un altro bacio focoso, che li portò tra un preliminare e l'altro a fare l'amore per la seconda volta.

Terminato anche il secondo amplesso, tutti e due crollarono stravolti.
-dovevo pur rimediare a tutta l'astinenza che mi hai fatto patire.- ridacchiò lui, divertito e rasserenato.
Nakiri gli regalò uno sguardo di rimprovero per la sua battuta, ma sotto sotto sorrideva contenta.
Si addormentarono abbracciati, cullati da un sonno ricco di gioie e vizi.



 
****


La mattina dopo fu Erina la prima a svegliarsi e si ritrovò a guardare Yukihira dormire con aria solare, tanto che le scappò un sorriso. Iniziò a giocare con i suoi ciuffi nel tentativo di fargli qualche coccola e pensierosa parlò ascoltando il suo respiro regolare mentre riposava:
-questa volta non farò come sei anni fa, Yukihira. Voglio essere qui al tuo risveglio..-
Quelle parole la riportarono all'ennesimo ricordo di quella notte:

Schiuse le iridi lentamente ritrovandosi ad osservare un soffitto a lei sconosciuto. Tastò il materasso dove era stesa, iniziando a guardarsi attorno per scoprire di non essere affatto nella sua bellissima e lussuosa camera da letto. Anzi.. quella stanza in confronto alla sua poteva essere definita un porcile da quanto era in disordine: cuscini e lenzuola sparsi in ogni dove, per non parlare dei suoi vestiti della sera prima che sembravano essere volati da una parte all'altra della stanza. Avvertì un improvviso mal di testa e senso di nausea assalirla e dovette correre in bagno a rimettere tutto quello che aveva mangiato e bevuto la sera precedente. Ora, nonostante il fastidioso mal di testa che continuava a pungerla, riuscì finalmente a realizzare e soprattutto a ricordare visibilmente gli eventi della notte precedente: lei e Yukihira che si rotolavano nel letto, facendo l'amore, e assaggiandosi in ogni punto come se fossero affamati l'uno dell'altra, spontanei e probabilmente non lucidi.  Andò a fuoco quando ogni dettaglio focoso la raggiunse totalmente, si mise la mano sulla fronte, sconvolta.  -cos'era successo? Com'era stato possibile?- si chiese ad alta voce.
Era scioccata da tutto ciò che aveva provato e in particolare di riuscire a ricordare ogni cosa talmente vivamente, benché la forte sbronza, che le sembrava appena successo e invece era trascorsa una notte intera.
Il cuore le batteva ancora follemente. Le mani di Yukihira che la toccavano e amavano con tanta sensualità le sembrava di sentirle ancora su di lei, avvertendo la pelle bruciare per colpa delle fortissime sensazioni. 
Non era la prima volta che andava a letto con un ragazzo, certo, non che avesse avuto tutte queste esperienze in quel campo, ma era certa di non avere mai provato niente di forte con nessuno e non riusciva a capire quali fossero quegli strani sentimenti che parevano essere nati in una sola notte e di punto in bianco..
Tra lei e Yukihira non c'era mai stato niente, sì..magari una strana attrazione, qualcosa di indefinito, che non aveva mai compreso affondo e forse neanche si era impegnata a voler interpretare proprio perché era sicura non fosse il “suo tipo”, però non si sarebbe certo aspettata di finire a letto con lui solo dopo una notte di ubriachezza. E poi..?
Come aveva potuto perdere la testa in questo modo? Lei che era sempre stata riflessiva, analitica e selettiva.
Come poteva essersi fatta trascinare dalle follie di Yukihira?

Era stato uno sbaglio. Non sarebbe dovuto succedere. 
Lei e Yukihira insieme? Era assolutamente impossibile. Eppure.. eppure.. non riusciva a cancellare le tracce tangibili della notte appena passata, soprattutto perché paradossalmente aveva provato tanto. Troppo. 
Dentro di lei si sentiva emozionata, ma razionalmente si ripeteva che era stato un errore, che tutto quello che aveva provato era stato causato dell'eccitazione dell'alcol in circolo. Sicuramente. Che non poteva essere considerata altro che una semplice notte di sesso. Niente di più, niente di meno. E questo perché non sapeva quali fossero questi sentimenti tanto ambigui e improvvisi. Ma c'era ancora qualcosa che non le tornava ed era l'amarezza nel mentre pensava alla superficialità con la quale stesse trattando quelle assurde e incomprensibili emozioni. No.. non poteva certo farsi influenzare così. Che ne pensava davvero Yukihira? Avrebbe voluto chiederglielo, ma c'era qualcosa che glielo impediva. 
Paura di ricevere un rifiuto da parte sua? Paura di essere solo lei a farsi confondere da tali sentimenti?
Magari per Yukihira era davvero solo stato sesso. Era unicamente lei la pazza ad avere dubbi. 

Lo guardò ancora: dormiva beatamente e l'espressione che aveva apparve così tenera da stupirla.
Ecco che avvertì il cuore fare un'altra emozionata capriola. Le immagini di quella notte tornarono a tormentarla, apparendo nuovamente belle, intense e ricche di sensazioni sconosciute.

Fece per avvicinarsi a lui con la chiara intenzione di spostargli i ciuffi scarlatti dalla fronte, ma timorosa ritirò la mano. Cosa stava facendo? Per trattenersi dal fare qualche gesto avventato, uscì dalla stanza e cercò di scacciare quei pensieri dandosi una sistemata; così, silenziosamente si rivestì e andò in bagno a rifare il trucco.
Si ricordò di non avere ancora preso il caffè della mattina, l'unica bevanda in grado di darle un'autentica svegliata.

Difatti, se lo fece e lo bevve in un sorso. Era ancora confusa da quella notte.
Poggiò distrattamente la tazza vuota sul tavolo in cucina, non rendendosi conto di aver lasciato una leggera traccia di rossetto sul bordo di essa. Cosa doveva fare? Era combattuta: voleva fuggire da lì perché il suo cervello continuava a dirle di aver commesso uno sbaglio, principalmente perché la sera prima erano entrambi ubriachi fradici e di conseguenza nessuno dei due poteva stabilire chiaramente l'importanza di quella notte di sesso. Dall'altra.. quei ricordi, i forti sentimenti avvertiti.. le avevano lasciato una sensazione di dolcezza e realismo dentro che avrebbe in qualche modo voluto approfondire. Scosse la testa: era tutto incerto, la soluzione migliore forse sarebbe stata quella di andarsene e vederla come una semplice notte di sesso. Non c'erano assolutamente basi chiare per sostenere il contrario.
Sentiva il cuore farle male, ma provò a passarci sopra. Voleva vedere Yukihira un'ultima volta prima di andarsene per sempre. Tornò nella camera da letto e raccolse il coraggio, stavolta con più decisione, per appoggiare la mano sulla sua fronte e carezzare i suoi fili rossi e poi scese cauta su di essa lasciandogli un soffice bacio, accompagnato da una lacrima che non riuscì a gestire. Con voce strozzata, non seppe controllare quelle parole che le uscirono dal cuore.
Furono parole che in quel momento trasmisero una tristezza indefinita:
-mi dispiace Yukihira..-

E così se ne andò.
Scappò da lui. Scappò da quei sentimenti.
Scomparse come una vigliacca..


Venne distolta da quel nostalgico e triste ricordo da Yukihira che parve lamentarsi e agitarsi nel sonno, farfugliando parole sconnesse. Solo una parola sentì chiaramente, ovvero il suo cognome: sembrava chiamarla.
Quando ad un tratto lo vide alzarsi di scatto dal letto e gridare:
-Nakiri!-
Ancora un po' frastornato iniziò a cercarla, ma lei si fece avanti prima che si voltasse per trovarla.
-che ti prende, Yukihira? Sono qui.-
Il suo viso sembrò illuminarsi appena si rese conto di quanto lei in realtà fosse vicina.
-Nakiri..- bisbigliò sottovoce, con aria sollevata -..allora sei qui.-
Lei d'istinto gli sorrise rassicurante e gattonò verso di lui per poi lasciargli una carezza sulla guancia e chiedergli:
-cosa stavi sognando per chiamarmi così disperatamente?-
Soma sospirò posando la mano sul dorso di quella di lei, sorridendole a sua volta.
-non so perché, ma ho ricordato nuovamente quella notte e l'attimo in cui mi sono svegliato senza trovarti di fianco a me. Ammetto che in quel momento era veramente furioso nei tuoi confronti: anche se eravamo ubriachi entrambi, mi hai abbandonato come se fossi una prostituta!- esclamò ridendo, ormai divertito da quello che era un brutto ricordo e l'unico attimo di quel giorno che avrebbe voluto dimenticare. Il solo rimpianto.
-sono sollevato di trovarti qui per la nostra seconda notte insieme.-
Lei si sentì arrossire e imbarazzata distolse lo sguardo.
-non dire cose così sdolcinate, mi metti a disagio.- borbottò vergognosa.
Lui la avvolse a sé, stringendola. -grazie per non essertene andata.-
Si staccò strizzandole l'occhiolino e malizioso continuò:
-..e grazie per avermi regalato un'altra notte di fuoco.
Non sarei riuscito ad aspettare oltre, se mi avessi respinto anche ieri sera.-
-Yukihira!- scoppiò paonazza, dandogli una spintarella.
Nel farlo, però, perse l'equilibrio e lui colse l'occasione per portarsela sopra di lui.
Si fissarono profondamente negli occhi. Uno sguardo magnetico, attrattivo, complice.
Le accarezzò i lunghi capelli biondi sparsi sul materasso e le regalò un sorriso dolce e travolgente.
-mi sei mancata davvero..- le ripeté non interrompendo lo sguardo -..e sei incredibilmente bella anche appena sveglia.-
Sgranò gli occhi colpita da quel complimento.
-è la prima volta che te lo sento dire a voce alta..- boccheggiò timidamente.
Lui rise. Una risata cristallina e chiassosa.
-allora sarà bene che ti ricordi di queste parole, perché non aspettarti che te lo dica spesso.
Altrimenti diventeresti ancora più vanitosa di quello che sei.- la punzecchiò giocoso.
-sei sempre il solito idiota.- incrociò le braccia offesa.
Yukihira non smise di ridere. Sbuffò arresa.
In un attimo di silenzio, ripensò a come Yukihira si era svegliato agitato e avvertì un terribile senso di colpa per essersene andata via così quella notte. Già era consapevole di aver fatto un errore, ma ora lo era più che mai.
Si aprì in un sorriso malinconico, che lui parve notare, abbraccindola da dietro:
-tutto apposto, Nakiri? Cosa ti succede tutto ad un tratto?-
Non rispose subito, poi si separò da quell'abbraccio e tornò a guardarlo negli occhi perché una volta per tutte voleva essere diretta e domandargli:
-Yukihira.. sei stato davvero così male dopo quella notte che me sono andata? Talmente tanto da avere gli incubi?-
Lui si aprì in un espressione di amarezza e le raccontò:
-più che essere stato male, mi sono sentito ferito nell'orgoglio. Nessuno dei due aveva ancora capito di provare tali sentimenti l'uno per l'altro, quindi non posso dire di essere stato propriamente male. Però ti confesso che quando non ti ho trovato accanto me è stato frustrante, soprattutto perché poi sei scomparsa nel nulla. Mi sono sentito vuoto perché non ci siamo dati la possibilità di riconoscere prima questi sentimenti. Se uno dei due avesse messo da parte l'orgoglio e fosse venuto a cercare l'altro per chiederci cosa fosse stato, magari a quest'ora sarebbero stati già sei anni che si stava insieme, tu non avresti incontrato Suzuki-san e forse..-
Fece una pausa, di riflesso pensò a Marika e sorrise. Terminò assorto:
-..lei sarebbe potuta essere mia figlia.-
Erina si sentì sbiancare davanti a quelle parole, perdendo un battito difronte a quella dichiarazione.
“è tua figlia pezzo di idiota!” gridò una voce dentro di lei.
Sentì una lacrima bagnarle il viso, avvertendo gli occhi farsi sempre più umidi.
Non voleva assolutamente che Yukihira si accorgesse delle sue lacrime, poiché avrebbe iniziato a chiederle spiegazioni e non avrebbe saputo cosa rispondergli, così volle fuggire da quella stanza:
-vado un secondo in bagno..- annunciò in tono soffocato.
Scappò via e si chiuse la porta alle spalle, calandosi giù lungo la stipite di essa, iniziando a piangere silenziosamente.
-perdonami Yukihira.. perdonami..- singhiozzò. Voleva dirgli la verità. Voleva sputare ogni cosa fuori, egoisticamente desiderava togliersi questo macigno di dosso per sentirsi più leggera.
Continuava a non avere il coraggio e a volte pietosamente sperava che Yukihira capisse da solo quale fosse la verità, in modo tale da non dover fare lo sforzo lei stessa di dirgli tutto. Era un pensiero orribile e codardo, lo sapeva, però non poteva farci nulla: aveva troppa paura di perderlo e di farlo stare male, data la cattiveria che aveva commesso nei suoi confronti. Ma forse, se solo avesse trovato la forza per dirgli di Marika, avrebbe potuto in qualche modo capirla.
Cosa doveva fare? Come poteva trovare la forza?


 
****


Yukihira seguitò a fissare la porta del bagno confuso dalla reazione di Nakiri, visto che le era sembrato di aver detto delle belle parole. Con esse voleva farle capire che desiderava tantissimo che anche Marika facesse parte della loro vita.
A volte non riusciva a capirla: un momento prima sorrideva e quello dopo si rattristava. Avrebbe voluto aiutarla.
I dubbi sulla loro breve conversazione riguardo Marika iniziarono a farsi più chiari e mille domande presero vita:
Perché Nakiri non parlava mai del padre di Marika? 
Era sicuro che non fosse Suzuki poiché lei glielo aveva precisato una volta.
Perché neanche Suzuki sembrava sapere chi fosse?
Era per caso un poco di buono?
Nemmeno Marika parlava mai di suo padre o almeno.. non l'aveva mai sentita farlo. E questo perché?
La risposta più ovvia era che neanche Marika fosse a conoscenza di chi fosse suo padre.
Perché ogni volta che pronunciava la parola “padre” davanti a Nakiri lei sembrava incupirsi e agitarsi all'improvviso? 
Forse era morto e parlarne la faceva soffrire, oppure le aveva fatto un torto senza possibilità di perdono.
Poi un attimo dopo un pensiero sembrò attraversarlo..
Marika aveva 6 anni. Lui e Nakiri avevano fatto l'amore per la prima volta sei anni fa. 
Possibile che.. scatto in piedi sul letto, gli occhi spalancati. Fu questione di un secondo, in seguito scosse la testa davanti a quell'assurdo pensiero: no, Nakiri non sarebbe mai stata in grado di nascondergli una verità tanto scioccante.
Non era possibile ciò che aveva pensato. Si sentì devastare da un immediato senso di tristezza: da una parte avrebbe davvero voluto essere il padre di Marika, poiché sentiva verso quella bambina un'indefinibile sentimento paterno e affettuoso che non aveva limiti. Però era da escludere: Nakiri sapeva nascondere bene emozioni e sentimenti, aveva un autocontrollo ben marcato di se stessa, ma per com'era fatta non sarebbe mai stata in grado di fargli una cattiveria simile. Ne era sicuro. Ma anche così, moriva dalla voglia di saperne qualcosa di più e in particolar modo ora che erano vicini all'essere ufficialmente una coppia. Pian piano avrebbe cercato di carpire qualche informazione in più tramite Nakiri. Ovviamente senza costrizioni o insistenze e facendo solo qualche piccola domanda ogni tanto, in modo da avvicinarsi lentamente al saperne di più sull'identità del padre di Marika.
Voleva scoprirla completamente perché solo così sarebbe riuscito a comprenderla di più.
Sentì scattare la serratura del bagno e adocchiò Nakiri uscire da esso.
Incrociò il suo sguardo poiché protettivo voleva assicurarsi che fosse tutto apposto.
Si era truccata e di conseguenza era difficile capire se avesse pianto davvero o meno.
Inoltre, aveva indossato già i vestiti della giornata.
-stai bene?- domandò apprensivo, avvicinandosi a lei.
-sì, sì.. è solo che la mattina mi lacrima un po' gli occhi.-
Lui annuì più tranquillo, anche se non era convinto fosse stata sincera.
Cercò di rispettare la sua privacy, almeno finché poteva, perché sapeva che adesso non era il momento di indagare ulteriormente. Smorzò quella situazione un po' tesa avvicinandosi al suo orecchio:
-vado a farmi una doccia. Vuoi unirti a me?-
Le strizzò l'occhiolino. Lei avvampò.
-stupido! Non vedi che sono già vestita e truccata? Ho già fatto la doccia.-
Dopo tornò ad essere la solita tenera acida:
-sbrigati a vestirti, che dobbiamo anche scendere nell'hall e riprendere Marika.-
Lui alzò il pollice scherzoso.
-farò in un secondo!-
Le fece un buffetto alla guancia, come se fosse una bambina, e le lasciò un bacio a stampo.
Prima che fosse entrato del tutto in bagno, lei lo fermò per il braccio:
-Yukihira.. la prossima volta chiedimelo prima di fare la doccia insieme.-
Lui ghignò soddisfatto e la trovò adorabile così carina e imbarazzata.
-puoi contarci!-
E infilò in bagno.



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Angolo autrice: ciao a tutti! sì, so di essere in atroce ritardo e non cercherò nemmeno giustificazioni per questo perché purtroppo ho davvero poco tempo per pubblicare ultimamente. Ma non temete: concluderò sicuramente la fanfic.

Ringrazio chi mi ha recensito e chi continua a farlo anche dopo la mia lentezza nelle pubblicazioni.
Cercherò di rispondere il prima possibile anche alle vostre recensioni, abbiate pazienza.. ç___ç
Ringrazio anche chi ha messo la fanfic a seguite/preferite. Spero che questo cap vi sia piaciuto.
Sì.. vi ho fatto aspettare 3 mesi, ma almeno vi ho regalato un cap ricco di scene Sorina *___* 
Avete visto che finalmente la situazione tra di loro si sta muovendo? XD
C'è una ragione se ho dato come titolo al cap "Connessioni Latenti", quello che è anche titolo della fanfic: perché il flashback sulla notte di sei anni fa, che leggerete nel cap, è l'ultimo riguardo ad essa. Questo perché?
Perché scrivendo l'ultimo flashback ho voluto tracciare una linea netta tra passato e presente.
La connessione tra Soma ed Erina è latente grazie a quella notte e metaforicamente seguirà ad esserlo; di conseguenza, dopo che hanno ripassato la notte insieme, ora parte la seconda parte della storia che si concentrerà solo sul presente e sulla "relazione" tra Soma ed Erina nel presente. Ecco perché spiegato il titolo ;D .
Spero di essere stata chiara. Ci tenevo a fare questa precisazione^^.
In ogni caso, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questo cap. Come vi è sembrata la seconda notte tra Soma ed Erina?
Inoltre, avete visto che Soma inizia ad avere dubbi su Marika? solo che non si aspetta proprio che Erina gli abbia nascosto di sua figlia e quindi dentro di lui trova impossibile essere suo padre. Ma vedrete che nei prossimi cap sottilmente indagherà su chi potrebbe essere il padre di Marika :P.
Cosa avete pensato invece delle scene AkiHisa? vi sono piaciute?
Grazie ancora di tutto e grazie a chi mi legge.

Spero a presto!
Baci<3, Erina91 

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Capitolo 23
*** Odio & Amore, due poli opposti ***


Odio & Amore, due poli opposti



Megumi aveva appena terminato il suo turno di lavoro ed era ancora pensierosa su ciò che aveva visto qualche settimana fa, ovvero Takumi con la sua ex ragazza. Avrebbe voluto scrivergli un messaggio e riempirlo di domande, ma non ne aveva avuto il coraggio: troppo spaventata dalla sua risposta. Era vero che non aveva dimenticato del tutto Soma, ma doveva considerare che Takumi era penetrato nel suo cuore in maniera assai prepotente. Proprio mentre stava rimuginando su quanto, ecco che ricevette un messaggio dal protagonista dei suoi pensieri:

 
Ciao Megumi, come stai?
È da un po' che non ci vediamo, vero?
Da quando sono dovuto tornare in Italia non abbiamo più parlato della nostra situazione..
Domani sono a Tokyo, che ne dici di vedersi?
Takumi Aldini.


Rimase a fissare lo schermo del cellulare per qualche secondo indefinito, indecisa su cosa rispondere o meno. Da una parte voleva davvero chiarire come stessero le cose tra loro, dall'altra aveva paura di sentire cosa aveva da dire; tuttavia, doveva affrontarlo o sarebbe stata a tormentarsi ulteriormente. Raccolse un profondo respiro e rispose al messaggio:
 
Ciao Takumi-kun. Insomma..si va avanti.
Penso anch'io che dovremmo incontrarci quando torni.
È meglio chiarire la situazione prima che passi troppo tempo e ho anche una cosa da chiederti.
Facciamo domani sera?

Megumi


Qualche ora dopo, ecco il messaggio di risposta di Takumi:

 
Sì, domani sera mi sembra perfetto!
Uscito dall'aeroporto passo diretto a prenderti.
Ti va bene?


Megumi mandò la riposta di conferma e fissarono per le 20.00 circa, salvo ritardi di volo o altri imprevisti.
Era davvero in ansia per quell'incontro perché, da quando si era lasciata con Soma, era in un periodo in cui si sentiva fragile ed emotiva ed aveva paura ad affrontare una successiva relazione_anche se si fosse trattato di Takumi_.
Come poteva fidarsi di lui?
Da quando l'aveva visto con la sua ex le era sembrato di rivivere un deja vu come con Soma: lui che si innamora di un'altra e lei che viene messa da parte. Sapeva quanto Takumi fosse un bravo ragazzo, serio ed affidabile, ma anche questo non la faceva stare tranquilla. E se fosse andata male anche con lui?
Continuò a pensare negativo per tutto il giorno, provando a distrarsi con la lettura di un libro; però, finché non ne parlava con il diretto interessato, sapeva che non si sarebbe calmata.

Il giorno successivo arrivò in un lampo per Megumi, così come la sera stessa.
Aveva lavorato tutto il giorno al ristorante ed era distrutta. Sarebbe voluta rimanere a casa a riposarsi, ma il desiderio di chiarire con Takumi stava diventando imminente.
Takumi passò a prenderla puntuale come un orologio svizzero e lei stava riscontrando difficoltà a gestire l'ansia pre incontro. Deglutì meccanicamente, si diede un ulteriore pettinata ai capelli e scese per incontrare Takumi.
I loro occhi si incrociarono e Megumi lo trovò più bello che mai: indossava dai pantaloni color cioccolato che risaltavano discretamente le gambe atletiche e una camicia beige di lino aderente, che spiccava i pettorali.
Era radioso, stava sorridendo con sincerità, gli occhi cerulei parevano brillare emozionati e i ciuffi biondi, ben pettinati, le parsero più lunghetti del solito. Le fece un cenno di saluto attraverso un sorriso allegro e persistente, tanto che Megumi si chiese se la stesse solo prendendo in giro oppure avesse davvero frainteso l'incontro con la sua ex: sembrava tanto tranquillo quasi da apparire innocente. Sospirò stancamente e gli andò in contro.
Takumi avvolse le braccia attorno a lei, in una stretta affettuosa e calorosa.
-mi sei davvero mancata Megumi.-
Lei abbozzò un sorriso incerto, che per fortuna sembrò sfuggire all'uomo.
-vogliamo andare?-
La invitò a salire in auto aprendole galantemente la portiera.
Megumi annuì e si accomodò.
Quando anche Takumi fu salito in macchina partirono.
-hai idea di dove cenare, Takumi-kun?-
-certo! Ho prenotato ad un ristorantino italiano. Ovviamente i piatti non saranno perfetti e deliziosi come in Italia, ma presto ti porterò sicuramente a Firenze e lì ti farò assaggiare la vera cucina italiana.
Intanto però accontentiamoci dei ristoranti che abbiamo qui.
Il posto dove ti porto non è male. Sono sicuro che apprezzerai!-
Le regalò un dolce sorriso.

Trovarono un po' di traffico per strada, ma alla fine riuscirono ad arrivare in tempo per la cena senza che  gli togliessero il tavolo. Dopo aver preso gli ordini e le portate furono servite, Megumi constatò di dover affrontare immediatamente il discorso con Takumi e prima di perderne il coraggio. Così cominciò con aria timorosa:
-senti Takumi-kun..- tacque, poiché avvertì il cuore battere a mille per la paura.
Takumi si fece confuso e preoccupato, tempestandola di domande:
-cosa stavi provando a dire Megumi? Sei sbiancata all'improvviso!
Ti senti poco bene? T'è andato qualcosa di traverso o forse non ti piace quello che abbiamo ordinato?-
Megumi scosse la testa e cercò di rassicurarlo:
-no Takumi-kun, non è questo..- gli occhi si fecero spenti e lui, ancora più agitato, le afferrò la mano con tenerezza.
-è successo qualcosa con Soma? Stai ancora pensando a lui?-
-certo che ci penso! Siamo stati insieme per quattro anni e sarebbe impossibile dimenticarlo così velocemente.-
Era esplosa, senza rendersene conto aveva perso le staffe: l'atteggiamento inconsapevole di Takumi la stava infastidendo.
Davvero stava facendo finta di nulla?  Non aveva niente da dirle? Forse era lei che si era sbagliata?
Così, ora più decisa, riprese a parlare:
-sai Takumi-kun.. dopo che mi sono lasciata con Soma-kun ho creduto che iniziare a provare qualcosa per te fosse stata una fortuna, poiché ti ho sempre ritenuto una persona corretta e sincera. Il credere che tu non mi avresti mai mentito mi ha aiutato a non perdere le speranze sull'amore. Soma-kun s'è innamorato di un'altra e questo mi ha fatto perdere fiducia nelle relazioni, ma il pensiero che al mondo ci fosse ancora qualcuno come te: sincero, leale, veramente innamorato di me..mi ha dato la forza per andare avanti. Ma poi..- si bloccò ancora, distolse lo sguardo e scacciò una lacrima dispettosa che non riuscì ad evitare -..poi ti ho visto con lei, con la tua ex, e mi sono sentita presa in giro anche da te.-
Terminò sostenendo fieramente il suo sguardo.
Takumi restò basito e tolse la mano da quella di Megumi.
-quando mi hai visto con lei?-
Sembrava afflitto, ma Megumi voleva andare fino alla fine:
-prima che tu tornassi in Italia. Ero con Ryoko e ti ho visto in un bar a chiacchierare con lei.-
-hai frainteso Megumi.- si affrettò a dirle, lui, facendosi improvvisamente serio:
-è vero, ci siamo incontrati qualche settimana fa.
È stata lei a chiedermi di vedersi perché aveva bisogno di parlarmi di qualcosa. Abbiamo fissato in quel bar e lei mi ha chiesto di tornare insieme perché si era pentita di avermi lasciato.
Le ho detto che non potevo perché amavo già un'altra. Sei te Megumi. Solo te quella persona.-
Megumi si specchiò negli occhi azzurri di Takumi, che in quel momento sembravano sinceri, decisi e senza uno spiraglio di esitazione in ciò che diceva. Era vero? Le aveva detto la verità?
-so bene che fatichi a fidarti a causa del dolore che ti ha creato quell'idiota di Soma, ma guardami negli occhi Megumi..
ti sembra che stia mentendo?-
Lei non rispose e continuò a guardarlo.


 
****


Takumi sperò che Megumi gli credesse perché la sua risposta era la pura verità. Voleva che lei si fidasse di lui, dei suoi sentimenti, del suo amore nei suoi confronti. Dall'altra parte, per quanto volesse bene a Soma, era anche inferocito con lui perché non aveva pensato fin dall'inizio alle conseguenze dei suoi comportamenti, dei suoi errori verso Megumi.
L'aveva ferita profondamente con la sua eterna indecisione e lei adesso non si fidava di nessuno, nemmeno di lui, e questo non poteva sopportarlo. Di base era una persona caratterialmente calma e posata, controllata, ma se solo non fosse stato il suo migliore amico ed unico, il desiderio di mollargli un bel destro non sarebbe riuscito a gestirlo come stava facendo.
-se non riesci ancora a fidarti di me, ti autorizzo a chiederlo direttamente alla mia ex.
Non provo più nulla per lei. Amo te Megumi.-
Lei chinò la testa, silenziosa, Takumi la osservò ancora e la trovò come sempre carinissima: il vestito che indossava le stava benissimo e il volto candido e leggermente truccato era davvero grazioso.
-potresti darmi una possibilità? Anche se faremo le cose con calma vorrei davvero provare a vivere la nostra relazione con gioia e tranquillità. Se non riesci lo stesso a fidarti di me, farò in modo che tu pian piano riesca a farlo.-
Finalmente Megumi alzò la testa verso di lui e lo guardò di nuovo:
-va bene, Takumi-kun. Ancora fatico a fidarmi pienamente, ma dall'altra parte non voglio nemmeno rovinarmi la vita tormentandomi. Facciamolo. Proviamoci.- proseguì il discorso -..e scusami se ti ho fatto preoccupare.-
Lui le sorrise con dolcezza e tornò a stringerle la mano, dicendole:
-grazie della comprensione.-
-però ho una condizione, Takumi-kun..- riprese lei, pochi secondi dopo. 
-tutto quello che vuoi.- le sorrise.
-affrontiamo questa relazione con calma, ok? mi sono lasciata da poco e, per quanto provi qualcosa per te, devo ancora realizzare la rottura e abituarmi al cambiamento di vita. Te lo chiedo per favore, Takumi-kun.-
Lui la scrutò con tenerezza. -tranquilla.. so come ti senti. Avevo già messo in conto questa possibile richiesta, quindi accetto la tua condizione. Ma il contatto fisico non è proibito, vero?- ridacchiò imbarazzato per la domanda.
Megumi arrossì deliziosamente e sorrise, si alzò dalla sedia e gli lasciò un delicato bacio sulle labbra che poi si fece più approfondito e trascinante. Quando si staccarono, ancora ambedue eccitati per il momento, lei disse:
-no..non sono probiti.-
Takumi fu molto soddisfatto della risposta.

La serata seguì così e dopo il chiarimento, senza che i due se ne rendessero conto o stessero troppo a pensarci, finirono nell'appartamento di Takumi e trascorsero la notte insieme. Megumi sentì qualcosa di diverso rispetto a quando faceva l'amore con Soma, nel modo in cui probabilmente Takumi la toccava e accarezzava, la baciava e la stringeva a sé.. nella gestione totale dell'amplesso: c'era dolcezza, passione, tanto desiderio di esplorarla in tutta la sua essenza di donna.
Il tocco era pregiato, come se fosse la cosa più preziosa per lui, c'era amore e cura in esso. Tanto.
Non aveva mai sentito tutto questo nel modo in cui Soma la sfiorava_a parte nei primi tempi che stavano insieme_tutto era più frettoloso e meccanico, non c'era la voglia di godersi il momento nei minimi dettagli. Sembrava finire tutto troppo presto, talmente tanto che a volte quasi non le sembrava di averlo fatto: questo soprattutto negli ultimi tempi e forse da quando Soma aveva capito di amare Nakiri. Ecco cosa si era ritrovata a pensare in quel momento, prima di prendere sonno, con Takumi al suo fianco e girato dalla sua parte, che dormiva beatamente con un sorriso stampato in faccia e rilassato. Poteva avvertire il suo caldo respiro, visto che erano distesi vicini, che fu capace di scaldarle il cuore.
Si addormentò così. Felice.


 
****

-Dobbiamo parlare Rokuro.- esordì Erina, appena il suo compagno varcò la porta del suo appartamento con la chiara intenzione di saltarle addosso e fare l'amore con lei.
Era rientrata dall'India solo un paio di giorni fa, ma non erano riusciti a vedersi prima per il troppo lavoro di lui.
Erina aveva deciso che era arrivato il momento di separarsi e di conseguenza non aveva nessuna voglia di andare a letto con lui, non solo perché così le sarebbe sembrato di tradire Yukihira_ora che avevano fatto l'amore_ma soprattutto non poteva continuare a portare avanti una relazione il cui sentimento era ormai scomparso, non era giusto nei confronti di nessuno. Infatti, quando Rokuro tentò di baciarla nuovamente, lei lo allontanò.
-che ti prende adesso, si può sapere?- abbaiò sgarbato lui -se vuoi parlare facciamolo dopo aver fatto l'amore!-
Provò un altro approccio intimo, offeso di essere stato respinto.
A quel punto lei si fece più decisa e categorica, sostenendo il suo sguardo:
-no.- ripeté piatta. -è finita Rokuro. Non posso sposarti.-

Nemmeno lei riusciva a credere di averlo detto. Non aveva mai trovato la forza di fare un passo azzardato, ma dopo la trasferta in India le era ancora più chiaro che non sarebbe mai riuscita a rinunciare a Yukihira, per quanto ci provasse. Lo amava troppo e continuare a respingerlo era diventato faticoso per il suo cuore. Voleva provare a stare con lui e questo nonostante la paura che scoprisse la verità. Per la prima volta voleva essere istintiva.
L'uomo ci mise un po' a realizzare il significato delle sue parole e adottò una serie di espressioni che si susseguirono una dopo l'altra: confusione, rigidità e infine profonda rabbia. Quest'ultima si scatenò tutta assieme:
-spero tu stia scherzando Erina!- esplose inferocito -credi che ti lascerò a quel figlio di puttana?!-
Ora stava letteralmente gridando -ti avevo avvisato che glie l'avrei fatta pagare se ti avesse anche solo sfiorato!-

Posò con forza le sue mascoline mani sulle sue spalle, tanto che sentì qualche ossicino di esse scricchiolare in modo spiacevole strappandole una smorfia di dolore. Tale forza nelle presa si fece più persistente quando venne avvolta tra le sue braccia e stretta con una potenza che quasi la soffocava.
-sei mia Erina. Con il cazzo che ti lascio andare!-
Non ce la faceva più, la presa era troppo forte che non riusciva nemmeno a rapportarsi con la loro conversazione e dovette gridare per cercare di allontanarlo:
-Rokuro! Mi stai facendo male! Smettila di stringermi!-
Quelle parole facevano davvero fatica ad uscire.
-lasciamo ho detto!!-

Si dimenò nel tentativo di farlo staccare, ma niente.. era più robusto di lei e non riusciva a smuoverlo neanche di un passo. -c'è Marika nell'altra stanza! Ti prego! non fare in modo che veda una scena simile!-
Quando nominò sua figlia, Rokuro sembrò svegliarsi e di scatto_quasi scottato_la lasciò andare.
Erina si prese un paio di secondi per riprendere fiato e cercò di trovare il coraggio di guardarlo in faccia.
Non aveva mai visto un'espressione tanto furiosa nel suo ex compagno: la fissava in un misto di rabbia, astio e disprezzo.  -sei una puttana!- le sputò in faccia, in tono più disgustato possibile.
Prima che lei potesse ribattere qualcosa, un batuffolo dai riccioli biondi e arruffati, una vocina assonnata e confusa li raggiunse:
-mammina..che succede? Ho sentito degli urli. Ho fatto un brutto sogno?-
Si stropicciò gli occhi goffamente.
Alla vista di Marika anche la follia di Rokuro sembrò placarsi.
Erina, adesso tutta presa dalla figlia e speranzosa che non avesse visto nulla di scioccante tra loro, le andò in contro:
-non è successo niente amore. Hai fatto un brutto sogno.- cercò di donarle un sorriso rassicurante per tranquillizzarla.
-non camminare sul pavimento con i piedi scalzi, tesoro, che poi ti ammali. Veloce!
Torna sotto le coperte che tra pochino vengo in camera tua e ti aiuto ad addormentarti.- disse premurosa.

Aveva gli occhi lucidi e vitrei, sul punto di lacrimare, e la bambina sembrò accorgersene; difatti, in apprensione per lei, domandò:
-stai bene mamma? Hai pianto? Sei triste?-
Erina cercò di controllare le lacrime più che poteva, poiché non voleva far agitare ulteriormente Marika.
Strinse i pugni con durezza, abbozzò un altro sorriso per calmarla.
-sì amore. Sono solo un po' stanca.-

Marika per fortuna si calmò. -ok.. allora ti aspetto di là.-
Le regalò un sorriso vivace e innocente, che la sciolse totalmente.
Lei le scoccò un bacio affettuoso sulla fronte, con un sorriso materno e le carezzò i ciuffetti biondi.
Marika l'abbracciò e poi portò lo sguardo su Rokuro:

-buonanotte Rokuro-oniichan.-
L'uomo la fissò, celando lui stesso la rabbia:
-buonanotte..-
Con questo Marika tornò a passettini scalzi in camera sua ed Erina aspettò che fosse entrata del tutto nella stanza prima di tornare ad affrontare Rokuro. Tirò un sospiro di sollievo al pensiero che sua figlia sembrava non essersi accorta della situazione, che sicuramente l'avrebbe spaventata: perfino lei, che conosceva Rokuro meglio, si era preoccupata che potesse fare qualcosa di pericoloso; fortunatamente, però, non era successo.
Dopo un respiro profondo, con una certa audacia, riprese il discorso con lui:
-mi dispiace per come sono andate le cose tra noi. Hai ragione ad arrabbiarti. Ammetto di non aver gestito bene i miei sentimenti e che avrei dovuto decidermi prima, ma per favore..almeno per Marika, che ti ha visto come una figura paterna per tutto il tempo che siamo stati insieme, vattene prima che si accorga con che violenza mi hai trattato stasera. Puoi odiarmi se vuoi, offendermi anche, se ti fa stare meglio.. ma non coinvolgere l'innocenza di mia figlia o distruggere il suo sorriso solo perché mi odi e vuoi farmela pagare. Non voglio che abbia traumi infantili! Per cui, vattene per oggi.-
Rokuro seguitò ad intimidirla con aria sprezzante, offesa e schifata:
-anche se non me l'avessi chiesto me ne sarei andato seduta stante!
Odio anche solo vedere la tua faccia e vorrei riempire di botte quel bastardo!-

Si avvicinò alla porta alterato.
-me ne vado solo per il bene di Marika, che purtroppo non sa ancora che razza di madre si ritrova!-

Si avviò a passo mastodontico all'uscita.
-appena avrò chiuso questa porta non mi rivedrai più! Sappilo!-
Detto fatto uscì sbattendo la porta.
Erina, sollevata che se ne fosse andato senza gravi problemi, si lasciò calare lungo la parete e finalmente si sfogò con le lacrime che non volevano smettere di sgorgare. Non dormì per tutta la notte.

Era in ufficio dell'Adeshino C.B e aveva ricordato l'accanita discussione avvenuta il giorno della rottura con Rokuro; questo perché da allora il suo ex era scomparso ed era circa una settimana che non si presentava a lavoro.
Il direttore aveva fatto sapere loro che si era preso qualche giorno di ferie per problemi personali, ma i genitori stessi di Rokuro l'avevano contattata per sapere dove fosse visto che non lo sentivano da giorni. Certo..si erano separati in modo terribile, ma erano pur sempre stati insieme per parecchio tempo e neppure lei poteva fare a meno di preoccuparsi.
Proprio quando aveva deciso di uscire dal suo ufficio per cercare i colleghi con cui egli si trovava meglio e chiedergli se l'avevano per caso sentito, un ringhio agguerrito raggiunse le sue orecchie come una saetta:
-te la sei portata a letto in India!! Alla fine l'hai fatto davvero!-
Notò che non era stata l'unica ad essere attirata da ciò.
Ma quello che gli altri non sapevano era che purtroppo aveva riconosciuto la voce di Rokuro e sospettava dove fosse.
-figlio di puttana!- le grida aggressive proseguirono. La voce, oltre ad essere minacciosa e arrabbiata, sembrava anche appena confusionaria_come se fosse ubriacato tutta la notte_.
Poi sentì un traballare preoccupante di mobili e mentre un gruppo di persone sembrò dirigersi nella stessa direzione da cui provenivano gli urli, comprese e confermò che il luogo del litigio era proprio l'ufficio di Yukihira.
Corse velocemente in quella direzione e nel frattempo erano accorsi sul posto anche Hayama, Hisako, Ryou e Alice.
La scena che le si presentò la agghiacciò totalmente e per un attimo la lasciò incapace di muovere un muscolo: Yukihira aveva un labbro sanguinante e una guancia gonfia a causa della scazzottata di Rokuro e si trovava a terra contro la scrivania, la cui nuca era molto vicina allo spigolo di essa. Lo vide alzarsi nuovamente e tirare a sua volta un pugno in faccia a Rokuro. La gente intorno era a loro volta spiazzata e spaventata, quindi intimorita di finire nella rissa involontariamente. -non puoi decidere quali devono essere i suoi sentimenti!- esclamò irritato, Yukihira, dopo essersi difeso con un altro pugno. Continuarono così ancora per qualche minuto e quando lei si scosse, finalmente intervenne mettendosi in mezzo_o quasi_:
-smettetela! siete per caso impazziti?!-
In suo aiuto arrivarono anche Hayama, che afferrò Yukihira per bloccarlo, e Ryou che fermò Rokuro dal fare altre mosse fuori di testa. -Suzuki-san..datti una calmata.- apostrofò Ryou.
-Yukihira-kun..non fare scenate!- sbottò irritato Hayama -avete disturbato il mio lavoro con tutto questo fracasso.-
Erina fece per intervenire, ma Hisako la trascinò via:
-sei il soggetto della loro rissa. È meglio che non fai niente, prima che Rokuro impazzisca ulteriormente nel vederti.- le consigliò premurosa. Le altre persone attorno alla stanza, dopo un primo stupore, iniziarono a dileguarsi per paura di finire in mezzo e nei guai.
-per fortuna che oggi il direttore era in ferie, ragazzi! Se avesse assistito ad un litigio simile sareste stati licenziati immediatamente. Spero per voi che il resto della gente che ha assistito alla vostra scazzottata non faccia la spia, altrimenti non so come andranno le cose. Purtroppo dubito fortemente che nessuno dica niente. Ci sono malelingue dappertutto all'Adashino C.B.- si aggiunse anche Alice, obiettiva -è meglio che adesso vi separiate e vi diate una calmata entrambi, perché mi sembra piuttosto infantile risolvere i vostri disguidi in maniera violenta e soprattutto inutile.-
Rokuro fulminò Yukihira come se non ci fosse un domani e quest'ultimo ricambiò l'occhiata allo stesso modo, senza dire nulla. Erina poteva sentire l'odore di alcol provenire dal fiato di Rokuro: doveva avere bevuto molto. 
-spero che tu sia maledetto, Yukihira!- ruggì furente quest'ultimo. -lasciami Kurikiba!- provò a scollarselo di dosso.
Il marito di sua cugina non lo ascoltò e seguì a tenerlo stretto, visto che era più forte e muscoloso di lui.
-seguimi Suzuki-san.- ordinò cupo.
In qualche modo riuscì a a portarlo via dall'ufficio di Yukihira.
Quando Hayama fu sicuro che se ne fossero andati, lasciò la presa di Yukihira. -spero di non finire nuovamente in mezzo a scaramucce ridicole di questo tipo. Ho già perso tempo a tenerti. Controllati Yukihira.-
Con questo, lo fissò duro, e uscì dallo studio.
-Erina..occupati di Yukihira-kun. Sta sanguinando copiosamente sul labbro.- si aggiunse Hisako.
-vado a vedere com'è la situazione tra Ryou e Suzuki-san.- decise Alice.
Yukihira stava ancora fissando innervosito il punto da dove se n'era andato Rokuro.
-bastardo!- imprecò ringhiando e stringendo pugni.
Era ancora contro la scrivania e per i pugni faceva fatica ad alzarsi.
Fu così che lei e Yukihira si ritrovarono da soli nell'ufficio di quest'ultimo.
Erina si avvicinò lentamente a lui e lo strinse per una mano:
-sei fuori di testa, Yukihira?-
Lo aiutò ad alzarsi.
-ha iniziato lui.- dichiarò nervoso.
-può essere. Ma non puoi rischiare di finire all'ospedale, in ogni caso!-
Portò la sua mano sul labbro sanguinante, delicatamente e con femminilità.
-guarda come ti sei ridotto il labbro..-
Ci fu uno scambio di sguardi intenso tra i due.
-l'hai lasciato..?- domandò Yukihira, in tono caldo, carezzandole i bellissimi capelli lunghi. -stai bene?-
-tieni la bocca chiusa, Yukihira, o la spaccatura del labbro peggiora. Prima di parlare di questo dobbiamo disinfettare e mettere del ghiaccio sulle ferite, se non vogliamo che si gonfino ulteriormente.-
Yukihira continuò a guardarla.
-strano Nakiri, pensavo che saresti stata furiosa con me per averlo preso a pugni.- ridacchiò divertito.
Erina gli lanciò un'occhiataccia:
-e lo sono, infatti! Non credere di passarla liscia dopo che ti avrò sistemato la ferita. Seguimi, andiamo in infermeria.-
-ah ecco! Mi sembrava strano.- ghignò sbarazzino.
Erina sbuffò e lo portò nella stanza dell'infermeria.


 
****


Nonostante che le ferite sul viso e i lividi pulsassero molto forte, Soma si sentiva felice perché Nakiri sembrava aver definitivamente lasciato Rokuro. Quell'uomo non gli era mai piaciuto e, per come aveva reagito male alla rottura, probabilmente non si era del tutto sbagliato su di lui. Iniziò a temere che lui e Nakiri avessero avuto una discussione pesante che poteva averla ferita molto, ma ciò che lo preoccupava di più era il fatto che Marika potesse aver assistito a ciò in qualche modo. Quella bimba era troppo dolce ed innocente e non avrebbe sopportato che qualcuno come Suzuki distruggesse il suo candido sorriso e che facesse del male a Nakiri. Al momento del dolore che sentiva non gliene importava nulla, voleva solo sapere se Marika e Nakiri stessero bene dopo la separazione da Suzuki.
Osservò la bellezza di Nakiri mentre cercava negli armadietti dell'infermeria il disinfettante e il ghiaccio.
Era sempre affascinante per lui, in ogni cosa che faceva. Era elegante, aggraziata, femminile, desiderabile.
D'istinto l'abbracciò da dietro, con passione e dolcezza. Lei non si aspettava un tale un gesto e sussultò.
-sono ancora arrabbiata con te, Yukihira. Le smancerie sono abolite!-
Lui rise: il tono che aveva usato non sembrava affatto arrabbiato, anzi.. lo trovò quasi adorabile.
-solo un pochino Nakiri.-
Lei sospirò e si lasciò cullare dal suo tocco delicato ma famelico, mentre le accarezzava tutto il corpo.
Successivamente, dopo aver trovato il resto per curargli le ferite, mise un po' di disinfettante sul cotone e iniziò a tamponargli la spaccatura sul labbro. I loro visi erano molto vicini in questo movimento e traspariva in maniera evidente l'attrazione reciproca. Si parlavano con gli occhi, coi gesti, con il tatto, in un limbo silenzioso ma magnetico e di conseguenza i ricordi della notta trascorsa insieme in India, sembravano tornare legati solo ad ieri.
-penso che sia la prima volta che mi disinfetti con tanta cura, Nakiri.-
La stuzzicò lui, avvolgendo le braccia attorno alla sua vita, non riuscendo a resisterle.
-smettila di parlare che non mi aiuti mentre ti disinfetto.- brontolò giocosa lei.
-va bene..- 
Poi afferrò il ghiaccio sul tavolo e gli incaricò:
-tienilo sulla guancia per dieci minuti, che così il livido non si ingrandisce.-
-agli ordini!-
Calò il silenzio tra i due. Un silenzio in cui Nakiri si accomodò sul lettino al suo fianco.
Il silenzio fu interrotto da lui:
-ora che mi hai disinfettato il labbro posso parlare?-
-non dovresti per non sforzarlo, ma fai come ti pare.-
Con il suo permesso, andò subito al dunque:
-è successo qualcosa Nakiri? Suzuki deve aver preso davvero male la rottura.- 
Lei abbassò gli occhi a terra, triste. -mi sarei stupita se non l'avesse fatto.-
-ma non ha fatto niente a te e Marika, vero? Lei c'era quando avete rotto?-
-ha preso molto male il mio rifiuto alla sua proposta di matrimonio, ma per fortuna non ha fatto niente di pericoloso. Marika c'era, ma dormiva e quando è arrivata nella stanza dove stavamo discutendo la situazione era già più tranquilla, per quanto fredda e difficile da gestire.-
Lui tirò un sospiro di sollievo.
-se solo vi avesse torto un capello, altro che preso a pugni.. l'avrei mandato dritto all'ospedale!-
-ma non è successo, quindi non dare di matto.
Hai già fatto qualcosa che non dovevi e vorrei che questa situazione non si ripetesse.-
-ci proverò..- promise stancamente, anche se era ancora furioso.
In seguito tornò a guardarla negli occhi, intensamente:
-questo significa che adesso siamo definitivamente una coppia?-
Lei non rispose subito, si fece pensierosa, però gli donò un accennato sorriso.
-puoi metterla così, Yukihira. Ma vorrei fare le cose con calma.-
Sentì nuovamente del senso di colpa ad accettare con il segreto che continuava a premerle e a crearle angoscia, ma stavolta non si sarebbe tirata indietro. Yukihira annuì e portò una mano verso il suo volto, per poi avvicinarsi lentamente alla sue labbra per baciarla. Appena Nakiri si sentì stuzzicata dal suo bacio, con trasporto rispose ad esso. Avvolse le braccia attorno al suo collo e lui le accarezzò le cosce con avidità. Fu un contatto fisico intenso ma romantico, qualcosa che era mancato ad entrambi. Seguirono a baciarsi per un po', finendo per raggiungere quasi il lettino dell'infermeria trascinati dal desiderio di assaggiarsi maggiormente, finché qualcuno da fuori non li richiamò all'attenzione:
-Posso entrare? C'è qualcuno?-
Era una loro collega, anche se per lo più sconosciuta.
Lui e Nakiri sobbalzarono e si staccarono controvoglia.
Quando lei si fu ripresa dai respiri affannosi, rispose alla donna:
-sì, entri pure.-
Fu a quel punto che dovettero separarsi.
-Yukihira..tieni ancora un po' di ghiaccio sulla guancia e poi torna a lavoro.-
Si diede una sistemata alle pieghe dei vestiti e ai capelli, totalmente arruffati, mentre lui le sorrise divertito dalla disagiata situazione. -agli ordini!- alzò il pollice, strizzandole l'occhiolino e facendola avvampare.
-a dopo Yukihira.- borbottò impacciata, scappando via dell'infermeria.
-continuiamo dopo, Nakiri.- le rispose malizioso lui.



 
****


Un paio di giorni dopo la furiosa scazzottata tra Rokuro e Yukihira, Erina ricevette l'incarico della prossima trasferta fuori Tokyo che era prenotata per i primi di giugno, una settimana ad Okinawa.
Dopo aver riattaccato la conversazione di lavoro, qualcuno di inaspettato bussò al suo studio.
-avanti!- lo invitò tranquilla. Quando si trovò davanti Rokuro, le si gelò le vene per il panico che attraversò il suo corpo; soprattutto perché l'espressione dell'uomo non prometteva nulla di buono.
-Rokuro..- fiatò solo, meravigliata.
Sembrava irritato e aveva la frotte aggrottata pa causa dei nervi tesi.
La fissò per un po' con quell'espressione sgradevole, in silenzio, e lei deglutì cercando di gestire tutte le emozioni che la stavano cogliendo in quel momento. Con passi brevi ma pesanti si avvicinò alla sua scrivania e successivamente con rabbia posò le mani su di essa avvicinando pericolosamente il volto rigido a quello suo, dichiarando aspramente:
-ho trovato un altro lavoro. Ho appena consegnato le dimissioni al direttore. Sarai contenta adesso che me ne vado!-
Erina non seppe cosa dire, per i primi secondi, poi dispiaciuta rispose:
-non volevo che andasse a finire così, Rokuro.
Non pensavo che avresti addirittura lasciato un lavoro tanto buono. Non era quello che desideravo.-
L'uomo davanti a quelle parole impietosite, si scaldò solo di più:
-credi che mi importi ciò che dici, Erina? Mi dà sui nervi lavorare nello stesso posto di lavoro con te, incontrarci per i corridoi, viaggiare insieme e addirittura guardarti in faccia!- tuonò incollerito -..e soprattutto, sono furioso verso quel bastardo! e ogni volta che lo vedo sento il soffocante bisogno di prenderlo a pugni!-
Si allontanò dal suo viso e continuò a sostenere il suo sguardo con ostilità:
-non voglio più vedervi e vi auguro di soffrire a lungo. Questo è un addio.-
Le diede le spalle con aria frustrata e ferita, dicendole:
-sai qual è l'unica cosa che mi dispiace..?- acuì il tono della voce e riprese:
-..non poter più rivedere Marika, che era diventata come una figlia per me.-
Non le lasciò il tempo di dire altro o rispondergli, che chiuse la porta del suo ufficio lasciandola da sola con la tristezza e il senso di colpa. Rokuro aveva tanti difetti e non era certo la persona più pacata del mondo quando qualcuno lo feriva, anzi, ma la situazione era diventata esasperante fino a questo punto anche per lui perché era stata lei a portarla all'estremo con la sua cronica e deleteria indecisione. Le sue paure e i suoi errori passati. Se solo avesse agito diversamente fin dall'inizio, probabilmente il rapporto tra lei e Rokuro non sarebbe degenerato fino a questo livello passando dall'amore folle all'odio più sfrenato. Ma adesso purtroppo non poteva tornare indietro o rimediare ai suoi sbagli.
Le scese una lacrima amareggiata. -mi dispiace per tutto..- sussurrò fra sé e sé.



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Angolo autrice: buonasera a tutti, cari lettori! sì, so di essere sei mesi in ritardo e mi dispiace.. ma ho avuto davvero troppe cose da fare e anche nei prossimi mesi sarà così. Non so quanto ci metterò ad aggiornare nuovamente la Fanfiction, ma per quanto posso cercherò di farlo il prima possibile. Come avrete visto, siamo arrivati finalmente alla svolta definitiva per la storia. Manca ancora un po' di capitoli, ma la metà della fanfiction è già stata ampiamente superata.
In questo cap, è uscito di scena un po' di gente: Megumi e Takumi, che ormai stanno insieme (Takumi penso lo rivedrete, ma meno..), e Rokuro (per le vostra gioia! XD). Ringrazio chi mi continua a sostenere e ad aspettare sempre con interesse e pazienza i nuovi cap e anche ci mi recesisce ogni volta. Ringrazio i nuovi che hanno messo la storia a preferite/seguite e anche i nuovi recensitori con ulteriori buoni consigli di scrittura. Cercherò di rispondere il prima possibile alle recensioni! 
Sono molto felice per la nostra Sorina nel manga. Chi è in pare con i cap capirà perché? poiché il nostro Soma sembra essersi accorto di lei come donna <3 XD Ora sembra leggermente più simile al mio di Soma (anche se non troppo eh).
Bene! spero a presto! grazie ancora di tutto!*-*

Un bacione! Erina91

 

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