Imperator

di nuvolenere_dna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nivis Crudelitas ***
Capitolo 2: *** Ultionis Voluptas ***



Capitolo 1
*** Nivis Crudelitas ***


nivis crudelitas  
Angolo autrice
Ehiiii! *si mette una mano dietro alla testa e ridacchia, in pieno stile Crilin*
È già diverso tempo che non pubblico nulla, sono caduta in una sorta di blocco dello scrittore che mi porta a ritenere insoddisfacente ogni cosa che scrivo e, di conseguenza, a cestinarla nei recessi del computer senza nemmeno portarla a compimento.
Questa breve one-shot rappresenta un tentativo di uscire da questa matassa cupa, nella speranza di proseguire con altre one-shot dello stesso tipo, qualora dovesse riscontrare anche il vostro interesse! :)
Come descritto nell’introduzione, questa raccolta si concentrerà sulla figura di Freezer, nella speranza di offrirne una visione personale e di non andare OOC.
Mi sono presa una piccola licenza poetica: l’aspetto fisico di Freezer è immaginato come quello della trasformazione finale (quella contro Goku SSJ, per intenderci), perché la trovo bellissima.
L’avvertimento “Nuovo Personaggio” è stato inserito per includere le comparse che mi serviranno (come in questo primo capitolo) come espedienti narrativi per raccontare ciò che desidero, non saranno in questo senso personaggi veri e propri.
Il rating e gli avvertimenti potranno cambiare nel corso del tempo, qualora verranno aggiunti nuovi capitoli con caratteristiche diverse.
La soundtrack con cui è stata scritta questa one-shot è la traccia “Vampires of Ice”, presente al minuto 34:08 in questa compilation caricata su YouTube : premi qui
Spero che questo piccolo esperimento vi piaccia e vi invito a farmi sapere cosa ne pensate nei commenti.
Un abbraccio grande,
Nuvole
 
 
 
NIVIS CRUDELITAS
~ La crudeltà della neve ~
 

 
 
Candido, giaccio disteso in una vasca di onice, dello stesso nero tremante dello spazio svuotato, attraversato dai soli frammenti degli astri deflagrati.
Lo vedo ancora, vivido dietro le mie palpebre, come uno schiaffo che mi fa vibrare di piacere.
Muori! Morite tutti!
Ho ascoltato quella voce ancora una volta.
La voce della mia coscienza.
« Sei stato impulsivo, Freezer, ancora una volta. I giacimenti minerari di Kenaz potevano essere molto redditizi. »
La voce di Re Cold, venata di disappunto, rimbomba ancora stridula nelle mie orecchie.
Ho forse richiesto il suo parere, padre?
L’ira sibila ancora, dormiente, accovacciandosi nei recessi del mio animo contorto.
È stato sufficiente un attimo, un attimo di troppo, una sola goccia del veleno che scorre indomito nelle mie vene per perdere il controllo.
Respiro piano, le braccia allargate sul bordo, le gambe e il ventre ricoperti da ghiaccio triturato mescolato agli oli preziosi del pianeta Thurisaz. Lambito dai neon che ricoprono il soffitto, le mie membra chiare brillano, luminescenti, quasi robotiche, le biogemme scintillano, di un viola vicino alla fosforescenza. Le labbra scure, rosse come ciliegie mature, vibrano attraversate da un soffio lieve, appena accennato, sospinto dai battiti lenti, ancestrali, di un compressore avvizzito nell’ombra della terra avida.
Muovo i piedi, stringendo con le dita i pezzi di ghiaccio, sentendo i muscoli delle gambe contrarsi e rilasciarsi con rapidità. Lo sporco e il calore ustionante di quel pianeta lurido abbandonano il mio corpo per disciogliersi nel gelo purificatore, scivolando nella valvola di scarico.
Una nuova cascata di ghiaccio triturato si riversa sul mio ventre, andando a sostituire quello che si stava lentamente sciogliendo.
Giro lentamente la testa, ricordandomi della presenza di una schiava alle mie spalle, le cui mani tremanti stringono un secchio di metallo finemente lavorato. Strofino la schiena contro la pietra vibrando per il piacere delle vene dure, rinvigorite dal freddo.
Sono trascorsi quarantacinque minuti dall’inizio del mio bagno, quarantacinque minuti che i suoi occhi sporchi mi trapassano, insistenti nel vagare sulle mie spalle, fra i miei trapezi e la nuca.
La guardo in volto, godendo della smorfia di terrore dipinta su quei lineamenti femminei, rispondendo spietato con un sorriso inquietante, a cui le mie iridi non partecipano, tagliate da una forbice di malizia.
Il silenzio della stanza viene infranto dal fragore delle mie membra che si alzano in piedi nella vasca, forgiando un’onda di ghiaccio che si riversa sul pavimento di marmo.
La donna si avvicina piano, cercando di non far trasparire la soggezione che vibra nelle sue cosce incerte. Ma si tradisce all’istante, lasciando precipitare a terra la spugna trattenuta a fatica fra le dita tremanti.
« Perché ti faccio così paura? Non sono abbastanza gentile, forse? »
Non mi guarda, piegandosi completamente all’interno della vasca, il volto chinato a osservare i miei piedi, strofinati con cura da una nuova spugna, non insozzata dal contatto con il pavimento.
Silenzio.
Sento i brividi attraversarle il corpo esile, la pelle delle mani che si arrossa, pulsante, lacerandosi per il contatto con il gelo.
Ancora silenzio.
Mi curvo leggermente in avanti, afferrandole bruscamente il mento fra le dita e rivolgendolo verso di me. I suoi occhi screziati d’ocra affondano nei miei, rubini talmente intensi da ricordare i carboni ardenti, restituendomi l’immagine di me, onnipotente, candido come la neve, le labbra increspate in un tenero sorriso.
Io so come farti parlare.
Un infinitesimale impulso elettrico dei nervi, una pressione impercettibile delle dita, le unghie che affondano nella sua mandibola fragile. Un osso si frantuma, seguito dalle sue grida di dolore.
Tuttavia il suo sguardo non abbandona l’inferno glaciale delle mie iridi, annebbiandosi di lacrime.
Un bolo di sangue scarlatto fuoriesce dalle sue labbra, sporcando rovente le mie dita gelide.
Una vampata di piacere si espande dentro di me, accompagnata dall’estasi per quell’odore ferroso, limpido, dal suono armonioso dei suoi gemiti di dolore, dell’annichilimento impresso nei suoi occhi chiari. La schiava tace di nuovo, immobile, il resto del corpo compresso da una morsa invisibile.
«Sembra che le mie mani si siano sporcate di nuovo. Saresti così gentile da pulirmele? »
La mia voce dolce è come il vetro, un vento di coltelli che sferza la stanza abbattendosi sul suo volto allucinato.
La lascio andare, facendola sussultare sulle gambe malferme. La schiava arretra e trema di dolore, la bocca devastata dal sangue che continua a deglutire, gocce vermiglie che le colano lungo il mento.
Cerca di trattenere le lacrime, respirando affannosamente e contraendo il volto in una smorfia.
Piangi, stupida!
Si costringe ad avvicinarsi di nuovo a me, afferrando la mano con cui l’ho colpita fra le sue e iniziando a passare la spugna fra le mie dita affusolate, le unghie scure, le linee profonde dei palmi.
La vetrata alle sue spalle cattura il mio sguardo, una voragine sullo spazio aperto in cui non esiste orizzonte.
Sono trascorsi otto mesi dall’ultima volta in cui ho calpestato il suolo di Freezer 1, il pianeta in cui mio padre mi ha dato alla luce, in cui si erge il mio palazzo nobiliare.
Non ho bisogno di osservarlo per vederlo, quel ghiaccio duro come diamante è innervato nella mia carne, coriacea e indifferente, quel vento tagliente soffia imperituro in occhi talmente feroci ed espressivi da bruciare come laser.
Io incarno l’inverno, un inverno ostile e crudele come un vampiro, che racchiude in sé il calore del fuoco mentre vaga nella foresta dilaniata da un bianco fatale.
Guardo di nuovo la schiava, ipnotizzato dal suono incantevole del suo pianto, le lacrime rade come gli ultimi rintocchi di un carillon, disperati e agonizzanti.
Lascia cadere la spugna nella vasca ed esamina le mie nocche screpolate dall’arsura di Kenaz, prendendo una noce di balsamo profumato da una ciotola lignea alla sua destra. Stringe la mia mano piccola e algida fra le sue, tremanti, e inizia a massaggiarla con energia, insistendo sui muscoli irrigiditi, duri per la tensione.
« Lei ha l’abitudine di tenere sempre i pugni contratti, padrone. »
La sua voce tenue come una foglia accartocciata dall’autunno, stritolata dal dolore e dai singhiozzi, è sorprendentemente ferma.
« Non ti interessa che queste siano le stesse mani che hanno sterminato la tua gente? » le domando, provocatorio, gli occhi scarlatti scatenati come fiamme sibilline.
« No. » biascica lei, premendo forte le dita sul mio palmo e strappandomi un brivido di piacere, in una danza di nocche che scricchiolano « A me interessa vivere. »
Vivere?
 « Tu sei già morta. Il giorno in cui hai iniziato a lavorare per me. »
Sorrido spietato, porgendole l’altra mano, ancora immobile, i piedi lambiti dal ghiaccio liquefatto.
Mi nutro del suo terrore, avido come una bestia, ingoiando famelico l’immagine di me stesso riflessa nelle sue iridi, in cui le lacrime si sono fermate, perle congelate fra le ciglia.
Io sono un lento passo di danza sulla neve.
Il passo falso da cui scaturisce una valanga mortale.
 
***

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Capitolo 2
*** Ultionis Voluptas ***


ultionis voluptas Angolo autrice
Buongiooooorno! :)
Oggi parliamo di un tema un po’ particolare, la nascita di Freezer.
Spero che non mi tiriate i pomodori, ho voluto analizzare l’evento dal punto di vista introspettivo quindi mi sono presa un po’ – un po’ tante – licenze poetiche, insomma non troverete un realismo sfrenato, per dirla con un eufemismo *ride*.
La soundtrack con cui è stata scritta questa one-shot è la traccia “Red Rain” dei Gregorian, che potete ascoltare comodamente: qui
Spero che questo capitolo sia per voi all’altezza del primo e che vi piaccia.
Vi aspetto nelle recensioni per parlare insieme della storia, sarei contenta di sapere cosa ne pensate di questo mio secondo – terrib...hmm! – esperimento.
Un abbraccio grande,
Nuvole
 
 
ULTIONIS VOLUPTAS
~ Il piacere della vendetta ~
 
 
Oh, red rain coming down
Red rain
Red rain is pouring down
Pouring down all over me
[Gregorian – Red Rain]
 
 
Una luce accecante si staglia al di là della soglia.
Strofino il naso contro il confine, socchiudendo gli occhi sorpresi. Tutto è scarlatto come sempre. Il rosso è l’unico colore che conosco, oceano di questo spazio in cui mi contorco ormai troppo grande per restare. Con il passare del tempo la porpora è diventata più flebile, come se le mura si fossero consumate, contaminate dal bianco invadente. Nel mio primo ricordo tutto era incommensurabile, enorme, e io nuotavo sospinto verso il confine raggomitolandomi alla ricerca dell’angolo più freddo.
Il mondo sta finendo.
L’universo ha iniziato a contrarsi, autofagocitandosi. Un secondo dopo l’altro noto le pareti restringersi in un silenzio assordante.
Mi raggomitolo nel mio corpo esile, stringendo maggiormente le ginocchia al petto, la coda che sigilla le mie membra in una morsa.
Ho paura.
Quando la luce diviene all’improvviso così intensa, arrivano gli spettri. All’inizio non riuscivo a distinguere le loro parole, erano soltanto sibili di serpenti, affilati come carezze di coltelli, un caos di echi che si confondevano.
«È un mostro! »
«Uccidilo prima che diventi come suo padre!»
Le loro voci oscene si piegano, increspandosi in risate sguaiate.
«Freezer è un demone che dovrebbe stare all’inferno!»
Ghigni crudeli rimbombano, moltiplicandosi all’infinito, morendo nella codardia di un silenzio troppo prolungato. Anche se non parlano con me, mi scopro a tremare molte volte nell’ascoltare quelle conversazioni.
Questo è tutto l’universo che esiste, io sono tutto l’universo... Cosa sarebbe questo Freezer?
Ho tanta paura.
«Quella creatura è l’incarnazione del Male...»
Il male. Cos’è il male? Quello che mi stanno facendo adesso, minacciando il mio mondo gelido e silenzioso. Sento che vuole portarmelo via... Ma chi?
Trascorrono altri giorni di oscurità.
«Freezer»
Un’unica voce, completamente diversa dalle altre, si staglia nettamente nel vuoto da cui è accompagnata. Parla con voce pacata, ferma, ripetendo soltanto quel nome in un sussurro, come una litania.
«Freezer!»
Lo invoca, sempre più severo. Sta chiamando... l’incarnazione del male, il demone, il bastardo odiato da tutti che mi porterà via tutto!
Taci!
Taci!
Eppure la sua voce calma mi ipnotizza, mi blandisce.
Ora ne sono certo. Qualcuno o qualcosa sta cercando di uccidermi.
Sento i muscoli premere contro i confini dell’universo, sempre più angusto. Cerco di contrarmi ancora di più su me stesso, raggomitolandomi il più possibile ma il dolore è troppo forte, le pareti mi stritolano, crudeli. Della porpora che ho respirato finora non restano che briciole che mi affretto a divorare. Il mondo è divenuto biancastro e luminoso, sempre più corrotto. Mi contraggo così forte da affondare le unghie nelle braccia, strizzando gli occhi così forte da vedere una danza macabra dietro le palpebre.
Ho paura.
Sento i muscoli lacerarsi nel tentativo di rimanere tesi e, in un moto di orrore che mi riempie dentro fino a farmi esplodere il cuore, li sento lasciarsi andare, sfibrati dal dolore.
Non ho neppure il tempo di gridare, l’universo implode su se stesso, sbranato dalla luce violenta.
Il mio mondo si frantuma, penetrato da un altro mondo che inesorabile come un’onda lo inghiotte.
I confini si sfracellano, cocci taglienti come lame mi accarezzano le membra, scorticandole, per poi venire scaraventati lontano.
Sento il volto straziato dalle grida, che acute risalgono dalle profondità delle mie viscere, il volto arso dalle fiamme. Mi scompongo su una superficie dura, rovesciato fra i cocci e il ghiaccio triturato, insozzato dalla linfa densa e grumosa che mi ricopre come una gelatina.
Tossisco, vomitando altra porpora, mentre noto una figura gigantesca avvicinarsi a me, le labbra rosse cesellate in una smorfia di soddisfazione. Il suo corpo è immenso e muscoloso, rivestito da un’armatura e da un mantello scuro. Allunga una mano per toccarmi e sento il terrore avvampare dentro di me, ritraendomi istintivamente, finendo per sbattere contro il muro.
Mi giro e sussulto nel notare che la parete mi restituisce un’immagine.
Una creatura piccola mi trapassa con uno sguardo feroce, occhi vermigli come carboni ardenti che bruciano, divampano di furia, incastonati in un corpo candido, venato di pietre violacee e striato di sangue.
Quello... sono io?
Io... mi vendicherò.
Distruggerò chi mi ha portato via il mio universo.
Il gigante alle mie spalle ride, la sua mano mi afferra con violenza il torace e cerca di mettermi in posizione verticale, caricando il mio peso sulle estremità inferiori del corpo.
«In piedi, Freezer.» mi ordina, algido.
Traballo, le caviglie incerte, i pugni stretti in una morsa, le palpebre stritolate dall’astio nell’osservare per la prima volta gli altri presenti, figure attraversate da un’ombra fugace, luci ambigue che perforano le loro pupille volgari, risate trattenute nelle gole che fanno vibrare i loro volti. Sento le viscere contrarsi dall’ira, è colpa vostra, solo colpa vostra!
Freezer?
Mi ha chiamato... Freezer?
Sono io... Freezer?
Qualcosa mi taglia dentro. Un bolo vibrante mi riempie le vene, un desiderio a cui non so dare un nome mi risale l’esofago, corrodendomi la bocca che si asciuga all’istante.
«Ti senti bene?» domanda la voce severa, continuando a tenere la mia spalla salda fra le dita.
«Non toccarmi...» mormoro, sentendo la mia coda frustarle con una velocità e una forza che non credevo neppure possibile. La mano del gigante si scheggia leggermente, ritraendosi. Resto in piedi da solo, le dita dei piedi spasmodicamente tese nel tentativo di aggrapparsi al pavimento liscio, le caviglie ancora tremanti.
Sono io... Freezer?
Tutto il mio corpo sussulta, ossessionato da quegli sguardi ambigui, ammiccanti, che si infrangono sul pavimento non appena intercettano il mio.
Sono loro... i fantasmi?
I miei occhi si concentrano sui resti del mio universo, sfracellati a terra, cocci irrecuperabili, ricoperti da una gelatina scura, putrescente, annegata in un oceano di ghiaccio triturato, marchiato soltanto dalle impronte delle mie mani piccole e dallo strisciare del mio corpo.
Una sensazione di perdita, di orribile mancanza si espande dentro di me.
Le mie viscere si contraggono, sospingendo verso l’alto un rigurgito di bile.
Io voglio.... voglio...
Mi mordo le labbra, affondando i denti in profondità nella carne violacea.
Li guardo tutti, uno per uno.
Loro volevano uccidermi.
Stendo il braccio, animato da un impulso ancestrale, le dita innervate da una scossa elettrica che ha origine direttamente nel mio petto. Osservo meravigliato un raggio fosforescente scaturire dall’estremità di entrambe le mie mani, in una catarsi che mi svuota, facendomi tremare. Sento le gambe vacillare, libere dal controllo, ma ancor prima di scivolare a terra guardo le creature che mi circondano spalancare gli occhi, squartati in un abisso bianco, il petto perforato dalla corrente che li trapassa da parte a parte. Il suono dei loro cuori smette all’improvviso di battere, così come quello dei loro respiri umidi e sporchi.
I loro corpi deflagrano nello stesso momento, in un fragore di ossa che si spezzano, di tessuti smembrati e di organi liquefatti. Il loro sangue mi bagna, una pioggia rossa mi schizza in volto e sul corpo, ancora rovente. Mi lecco avido le labbra, le iridi che gemono di un piacere silenzioso, non riuscendo più a trattenere un sorriso grazioso, dolcissimo, colmo di pace.
Socchiudo le palpebre, abbandonandomi nel rivedere quelle immagini infinite volte dentro la mia testa e cibandomi dei loro corpi morti, bestie abbattute sul pavimento dalla mano incurante di un dio malevolo.
Li ho uccisi. Le loro voci sporche hanno finalmente smesso di sprecare il fiato.
Ora non sento più nulla. In me ha ricominciato a battere il ritmo antico della neve, immobile come quello dell’universo buio e cupo in cui ho vissuto per un tempo infinito.
«Sarai un potentissimo imperatore, figlio mio.» esclama il gigante, scoppiando in una risata talmente fragorosa da far rimbombare la stanza intera.
Mi guardo di nuovo allo specchio, alzando fiero il mento, le labbra che si accarezzano lente, caute nello sfiorare gli squarci causati dalla violenza dei canini, scatenati dal terrore di prima. I brandelli del mio universo perduto gridano ancora, angosciati, dal sangue assassinati e zittiti al tempo stesso.
Mi vendicherò ancora, decine, centinaia e migliaia di volte.
Le mie iridi sfolgorano di una luce maliziosa.
Non esistono innocenti, non ai miei occhi.
Io sono Freezer.
Un mostro.
L’incarnazione del male.
Un demone infernale.
Un imperatore.
Ora non ho più paura.
 
***
 
 
 

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