Imperator di nuvolenere_dna (/viewuser.php?uid=164528)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nivis Crudelitas ***
Capitolo 2: *** Ultionis Voluptas ***
Capitolo 1 *** Nivis Crudelitas ***
nivis crudelitas
Angolo
autrice
Ehiiii! *si mette una
mano dietro alla
testa e ridacchia, in pieno stile Crilin*
È
già diverso tempo che non pubblico nulla,
sono caduta in una sorta di
blocco dello scrittore che mi porta a ritenere insoddisfacente ogni
cosa che
scrivo e, di conseguenza, a cestinarla nei recessi del computer senza
nemmeno
portarla a compimento.
Questa breve one-shot
rappresenta un
tentativo di uscire da questa matassa cupa, nella speranza di
proseguire
con altre one-shot dello stesso tipo, qualora dovesse riscontrare anche
il
vostro interesse! :)
Come descritto
nell’introduzione, questa
raccolta si concentrerà sulla figura di Freezer, nella
speranza di offrirne una
visione personale e di non andare OOC.
Mi sono presa una
piccola licenza
poetica: l’aspetto fisico di Freezer è immaginato
come quello della
trasformazione finale (quella contro Goku SSJ, per intenderci),
perché la trovo
bellissima.
L’avvertimento
“Nuovo Personaggio” è stato inserito
per includere le
comparse che mi serviranno (come in questo primo capitolo) come
espedienti
narrativi per raccontare ciò che desidero, non saranno in
questo senso
personaggi veri e propri.
Il rating e gli
avvertimenti potranno
cambiare nel corso del tempo, qualora verranno aggiunti nuovi capitoli
con
caratteristiche diverse.
La soundtrack con cui
è stata scritta
questa one-shot è la traccia “Vampires of
Ice”, presente al minuto 34:08 in questa compilation
caricata su YouTube : premi qui
Spero che questo
piccolo esperimento vi
piaccia e vi invito a farmi sapere cosa ne pensate nei commenti.
Un abbraccio grande,
Nuvole
NIVIS
CRUDELITAS
~ La crudeltà
della neve
~
Candido, giaccio
disteso in una vasca di
onice, dello stesso nero tremante dello spazio svuotato, attraversato
dai soli frammenti
degli astri deflagrati.
Lo vedo ancora, vivido
dietro le mie
palpebre, come uno schiaffo che mi fa vibrare di piacere.
Muori!
Morite tutti!
Ho ascoltato quella
voce ancora una
volta.
La voce della mia
coscienza.
« Sei stato
impulsivo, Freezer, ancora
una volta. I giacimenti minerari di Kenaz potevano essere molto
redditizi. »
La voce di Re Cold,
venata di disappunto,
rimbomba ancora stridula nelle mie orecchie.
Ho
forse richiesto il suo parere, padre?
L’ira sibila
ancora, dormiente, accovacciandosi
nei recessi del mio animo contorto.
È stato
sufficiente un attimo, un attimo
di troppo, una sola goccia del veleno che scorre indomito nelle mie
vene per
perdere il controllo.
Respiro piano, le
braccia allargate sul
bordo, le gambe e il ventre ricoperti da ghiaccio triturato mescolato
agli oli
preziosi del pianeta Thurisaz. Lambito dai neon che ricoprono il
soffitto, le mie
membra chiare brillano, luminescenti, quasi robotiche, le biogemme
scintillano,
di un viola vicino alla fosforescenza. Le labbra scure, rosse come
ciliegie
mature, vibrano attraversate da un soffio lieve, appena accennato,
sospinto dai
battiti lenti, ancestrali, di un compressore avvizzito
nell’ombra della terra
avida.
Muovo i piedi,
stringendo con le dita i
pezzi di ghiaccio, sentendo i muscoli delle gambe contrarsi e
rilasciarsi con
rapidità. Lo sporco e il calore ustionante di quel pianeta
lurido abbandonano
il mio corpo per disciogliersi nel gelo purificatore, scivolando nella
valvola
di scarico.
Una nuova cascata di
ghiaccio triturato
si riversa sul mio ventre, andando a sostituire quello che si stava
lentamente
sciogliendo.
Giro lentamente la
testa, ricordandomi
della presenza di una schiava alle mie spalle, le cui mani tremanti
stringono
un secchio di metallo finemente lavorato. Strofino la schiena contro la
pietra
vibrando per il piacere delle vene dure, rinvigorite dal freddo.
Sono trascorsi
quarantacinque minuti
dall’inizio del mio bagno, quarantacinque minuti che i suoi
occhi sporchi mi trapassano,
insistenti nel vagare sulle mie spalle, fra i miei trapezi e la nuca.
La guardo in volto,
godendo della smorfia
di terrore dipinta su quei lineamenti femminei, rispondendo spietato
con un
sorriso inquietante, a cui le mie iridi non partecipano, tagliate da
una
forbice di malizia.
Il silenzio della
stanza viene infranto dal
fragore delle mie membra che si alzano in piedi nella vasca, forgiando
un’onda
di ghiaccio che si riversa sul pavimento di marmo.
La donna si avvicina
piano, cercando di
non far trasparire la soggezione che vibra nelle sue cosce incerte. Ma
si
tradisce all’istante, lasciando precipitare a terra la spugna
trattenuta a
fatica fra le dita tremanti.
«
Perché ti faccio così paura? Non sono
abbastanza gentile, forse? »
Non mi guarda,
piegandosi completamente
all’interno della vasca, il volto chinato a osservare i miei
piedi, strofinati
con cura da una nuova spugna, non insozzata dal contatto con il
pavimento.
Silenzio.
Sento i brividi
attraversarle il corpo
esile, la pelle delle mani che si arrossa, pulsante, lacerandosi per il
contatto con il gelo.
Ancora silenzio.
Mi curvo leggermente
in avanti,
afferrandole bruscamente il mento fra le dita e rivolgendolo verso di
me. I
suoi occhi screziati d’ocra affondano nei miei, rubini
talmente intensi da
ricordare i carboni ardenti, restituendomi l’immagine di me,
onnipotente,
candido come la neve, le labbra increspate in un tenero sorriso.
Io
so come farti parlare.
Un infinitesimale
impulso elettrico dei
nervi, una pressione impercettibile delle dita, le unghie che affondano
nella
sua mandibola fragile. Un osso si frantuma, seguito dalle sue grida di
dolore.
Tuttavia il suo
sguardo non abbandona
l’inferno glaciale delle mie iridi, annebbiandosi di lacrime.
Un bolo di sangue
scarlatto fuoriesce
dalle sue labbra, sporcando rovente le mie dita gelide.
Una vampata di piacere
si espande dentro
di me, accompagnata dall’estasi per quell’odore
ferroso, limpido, dal suono
armonioso dei suoi gemiti di dolore, dell’annichilimento
impresso nei suoi
occhi chiari. La schiava tace di nuovo, immobile, il resto del corpo
compresso
da una morsa invisibile.
«Sembra che
le mie mani si siano sporcate
di nuovo. Saresti così gentile da pulirmele? »
La mia voce dolce
è come il vetro, un
vento di coltelli che sferza la stanza abbattendosi sul suo volto
allucinato.
La lascio andare,
facendola sussultare
sulle gambe malferme. La schiava arretra e trema di dolore, la bocca
devastata
dal sangue che continua a deglutire, gocce vermiglie che le colano
lungo il
mento.
Cerca di trattenere le
lacrime,
respirando affannosamente e contraendo il volto in una smorfia.
Piangi,
stupida!
Si costringe ad
avvicinarsi di nuovo a
me, afferrando la mano con cui l’ho colpita fra le sue e
iniziando a passare la
spugna fra le mie dita affusolate, le unghie scure, le linee profonde
dei
palmi.
La vetrata alle sue
spalle cattura il mio
sguardo, una voragine sullo spazio aperto in cui non esiste orizzonte.
Sono trascorsi otto
mesi dall’ultima
volta in cui ho calpestato il suolo di Freezer 1, il pianeta in cui mio
padre
mi ha dato alla luce, in cui si erge il mio palazzo nobiliare.
Non ho bisogno di
osservarlo per vederlo,
quel ghiaccio duro come diamante è innervato nella mia
carne, coriacea e
indifferente, quel vento tagliente soffia imperituro in occhi talmente
feroci
ed espressivi da bruciare come laser.
Io incarno
l’inverno, un inverno ostile e
crudele come un vampiro, che racchiude in sé il calore del
fuoco mentre vaga
nella foresta dilaniata da un bianco fatale.
Guardo di nuovo la
schiava, ipnotizzato
dal suono incantevole del suo pianto, le lacrime rade come gli ultimi
rintocchi
di un carillon, disperati e agonizzanti.
Lascia cadere la
spugna nella vasca ed
esamina le mie nocche screpolate dall’arsura di Kenaz,
prendendo una noce di
balsamo profumato da una ciotola lignea alla sua destra. Stringe la mia
mano
piccola e algida fra le sue, tremanti, e inizia a massaggiarla con
energia,
insistendo sui muscoli irrigiditi, duri per la tensione.
« Lei ha
l’abitudine di tenere sempre i
pugni contratti, padrone. »
La sua voce tenue come
una foglia
accartocciata dall’autunno, stritolata dal dolore e dai
singhiozzi, è
sorprendentemente ferma.
« Non ti
interessa che queste siano le
stesse mani che hanno sterminato la tua gente? » le domando,
provocatorio, gli
occhi scarlatti scatenati come fiamme sibilline.
« No.
» biascica lei, premendo forte le
dita sul mio palmo e strappandomi un brivido di piacere, in una danza
di nocche
che scricchiolano « A me interessa vivere. »
Vivere?
«
Tu
sei già morta. Il giorno in cui hai iniziato a lavorare per
me. »
Sorrido spietato,
porgendole l’altra
mano, ancora immobile, i piedi lambiti dal ghiaccio liquefatto.
Mi nutro del suo
terrore, avido come una
bestia, ingoiando famelico l’immagine di me stesso riflessa
nelle sue iridi, in
cui le lacrime si sono fermate, perle congelate fra le ciglia.
Io sono un lento passo
di danza sulla neve.
Il passo falso da cui
scaturisce una
valanga mortale.
***
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Capitolo 2 *** Ultionis Voluptas ***
ultionis voluptas
Angolo autrice
Buongiooooorno! :)
Oggi parliamo di un
tema un po’
particolare, la nascita di Freezer.
Spero che non mi
tiriate i pomodori, ho
voluto analizzare l’evento dal punto di vista introspettivo
quindi mi sono
presa un po’ – un po’ tante
– licenze
poetiche, insomma non troverete un realismo sfrenato, per dirla con un
eufemismo *ride*.
La soundtrack con cui
è stata scritta
questa one-shot è la traccia “Red Rain”
dei Gregorian, che potete ascoltare
comodamente: qui
Spero che questo
capitolo sia per voi
all’altezza del primo e che vi piaccia.
Vi aspetto nelle
recensioni per parlare
insieme della storia, sarei contenta di sapere cosa ne pensate di
questo mio secondo
– terrib...hmm!
– esperimento.
Un abbraccio grande,
Nuvole
ULTIONIS VOLUPTAS
~ Il piacere
della vendetta ~
Oh, red rain
coming
down
Red
rain
Red
rain is pouring down
Pouring
down all over me
[Gregorian –
Red Rain]
Una
luce accecante si staglia al di là della soglia.
Strofino
il naso contro il confine, socchiudendo gli occhi sorpresi. Tutto
è scarlatto come
sempre. Il rosso è l’unico colore che conosco,
oceano di questo spazio in cui
mi contorco ormai troppo grande per restare. Con il passare del tempo
la
porpora è diventata più flebile, come se le mura
si fossero consumate,
contaminate dal bianco invadente. Nel mio primo ricordo tutto era
incommensurabile, enorme, e io nuotavo sospinto verso il confine
raggomitolandomi
alla ricerca dell’angolo più freddo.
Il
mondo sta finendo.
L’universo
ha iniziato a contrarsi, autofagocitandosi. Un secondo dopo
l’altro noto le
pareti restringersi in un silenzio assordante.
Mi
raggomitolo nel mio corpo esile, stringendo maggiormente le ginocchia
al petto,
la coda che sigilla le mie membra in una morsa.
Ho
paura.
Quando
la luce diviene all’improvviso così intensa,
arrivano gli spettri. All’inizio
non riuscivo a distinguere le loro parole, erano soltanto sibili di
serpenti,
affilati come carezze di coltelli, un caos di echi che si confondevano.
«È
un mostro! »
«Uccidilo
prima che diventi come suo padre!»
Le loro
voci oscene si piegano,
increspandosi in risate sguaiate.
«Freezer
è un demone che dovrebbe stare
all’inferno!»
Ghigni
crudeli rimbombano,
moltiplicandosi all’infinito, morendo nella codardia di un
silenzio troppo
prolungato. Anche se non parlano con me, mi scopro a tremare molte
volte
nell’ascoltare quelle conversazioni.
Questo
è tutto l’universo che
esiste, io sono tutto l’universo... Cosa sarebbe questo
Freezer?
Ho
tanta paura.
«Quella
creatura è l’incarnazione del Male...»
Il male.
Cos’è il male? Quello
che mi stanno facendo adesso, minacciando il mio mondo gelido e
silenzioso. Sento
che vuole portarmelo via... Ma chi?
Trascorrono
altri giorni di oscurità.
«Freezer»
Un’unica
voce, completamente diversa dalle altre, si staglia nettamente nel
vuoto da cui
è accompagnata. Parla con voce pacata, ferma, ripetendo
soltanto quel nome in
un sussurro, come una litania.
«Freezer!»
Lo
invoca, sempre più severo. Sta chiamando...
l’incarnazione del male, il demone,
il bastardo odiato da tutti che mi porterà via tutto!
Taci!
Taci!
Eppure
la sua voce calma mi ipnotizza, mi blandisce.
Ora
ne sono certo. Qualcuno o qualcosa sta cercando di uccidermi.
Sento
i muscoli premere contro i confini dell’universo, sempre
più angusto. Cerco di
contrarmi ancora di più su me stesso, raggomitolandomi il
più possibile ma il
dolore è troppo forte, le pareti mi stritolano, crudeli.
Della porpora che ho
respirato finora non restano che briciole che mi affretto a divorare.
Il mondo
è divenuto biancastro e luminoso, sempre più
corrotto. Mi contraggo così forte
da affondare le unghie nelle braccia, strizzando gli occhi
così forte da vedere
una danza macabra dietro le palpebre.
Ho
paura.
Sento
i muscoli lacerarsi nel tentativo di rimanere tesi e, in un moto di
orrore che
mi riempie dentro fino a farmi esplodere il cuore, li sento lasciarsi
andare,
sfibrati dal dolore.
Non
ho neppure il tempo di gridare, l’universo implode su se
stesso, sbranato dalla
luce violenta.
Il
mio mondo si frantuma, penetrato da un altro mondo che inesorabile come
un’onda
lo inghiotte.
I
confini si sfracellano, cocci taglienti come lame mi accarezzano le
membra,
scorticandole, per poi venire scaraventati lontano.
Sento
il volto straziato dalle grida, che acute risalgono dalle
profondità delle mie
viscere, il volto arso dalle fiamme. Mi scompongo su una superficie
dura,
rovesciato fra i cocci e il ghiaccio triturato, insozzato dalla linfa
densa e
grumosa che mi ricopre come una gelatina.
Tossisco,
vomitando altra porpora, mentre noto una figura gigantesca avvicinarsi
a me, le
labbra rosse cesellate in una smorfia di soddisfazione. Il suo corpo
è immenso
e muscoloso, rivestito da un’armatura e da un mantello scuro.
Allunga una mano
per toccarmi e sento il terrore avvampare dentro di me, ritraendomi
istintivamente, finendo per sbattere contro il muro.
Mi giro
e sussulto nel notare che la parete mi restituisce
un’immagine.
Una
creatura piccola mi trapassa con uno sguardo feroce, occhi vermigli
come
carboni ardenti che bruciano, divampano di furia, incastonati in un
corpo
candido, venato di pietre violacee e striato di sangue.
Quello...
sono io?
Io...
mi vendicherò.
Distruggerò
chi mi ha portato via il mio
universo.
Il
gigante alle mie spalle ride, la sua mano mi afferra con violenza il
torace e
cerca di mettermi in posizione verticale, caricando il mio peso sulle
estremità
inferiori del corpo.
«In
piedi, Freezer.» mi ordina, algido.
Traballo,
le caviglie incerte, i pugni stretti in una morsa, le palpebre
stritolate
dall’astio nell’osservare per la prima volta gli
altri presenti, figure
attraversate da un’ombra fugace, luci ambigue che perforano
le loro pupille
volgari, risate trattenute nelle gole che fanno vibrare i loro volti.
Sento le
viscere contrarsi dall’ira, è colpa vostra,
solo colpa vostra!
Freezer?
Mi
ha chiamato... Freezer?
Sono
io... Freezer?
Qualcosa
mi taglia dentro. Un bolo vibrante mi riempie le vene, un desiderio a
cui non
so dare un nome mi risale l’esofago, corrodendomi la bocca
che si asciuga
all’istante.
«Ti
senti bene?» domanda la voce severa,
continuando a tenere la mia spalla salda
fra le dita.
«Non
toccarmi...» mormoro, sentendo la mia coda
frustarle con una velocità e una
forza che non credevo neppure possibile. La mano del gigante si
scheggia
leggermente, ritraendosi. Resto in piedi da solo, le dita dei piedi
spasmodicamente tese nel tentativo di aggrapparsi al pavimento liscio,
le
caviglie ancora tremanti.
Sono
io... Freezer?
Tutto
il mio corpo sussulta, ossessionato da quegli sguardi ambigui,
ammiccanti, che si
infrangono sul pavimento non appena intercettano il mio.
Sono
loro... i fantasmi?
I
miei occhi si concentrano sui resti del mio universo, sfracellati a
terra,
cocci irrecuperabili, ricoperti da una gelatina scura, putrescente,
annegata in
un oceano di ghiaccio triturato, marchiato soltanto dalle impronte
delle mie
mani piccole e dallo strisciare del mio corpo.
Una
sensazione di perdita, di orribile mancanza si espande dentro di me.
Le mie
viscere si contraggono, sospingendo verso l’alto un rigurgito
di bile.
Io
voglio.... voglio...
Mi
mordo le labbra, affondando i denti in profondità nella
carne violacea.
Li
guardo tutti, uno per uno.
Loro
volevano uccidermi.
Stendo
il braccio, animato da un impulso ancestrale, le dita innervate da una
scossa
elettrica che ha origine direttamente nel mio petto. Osservo
meravigliato un
raggio fosforescente scaturire dall’estremità di
entrambe le mie mani, in una
catarsi che mi svuota, facendomi tremare. Sento le gambe vacillare,
libere dal
controllo, ma ancor prima di scivolare a terra guardo le creature che
mi
circondano spalancare gli occhi, squartati in un abisso bianco, il
petto
perforato dalla corrente che li trapassa da parte a parte. Il suono dei
loro
cuori smette all’improvviso di battere, così come
quello dei loro respiri umidi
e sporchi.
I
loro corpi deflagrano nello stesso momento, in un fragore di ossa che
si
spezzano, di tessuti smembrati e di organi liquefatti. Il loro sangue
mi bagna,
una pioggia rossa mi schizza in volto e sul corpo, ancora rovente. Mi
lecco
avido le labbra, le iridi che gemono di un piacere silenzioso, non
riuscendo
più a trattenere un sorriso grazioso, dolcissimo, colmo di
pace.
Socchiudo
le palpebre, abbandonandomi nel rivedere quelle immagini infinite volte
dentro
la mia testa e cibandomi dei loro corpi morti, bestie abbattute sul
pavimento
dalla mano incurante di un dio malevolo.
Li
ho uccisi. Le loro voci sporche hanno finalmente smesso di sprecare il
fiato.
Ora
non sento più nulla. In me ha ricominciato a battere il
ritmo antico della
neve, immobile come quello dell’universo buio e cupo in cui
ho vissuto per un
tempo infinito.
«Sarai
un potentissimo imperatore, figlio mio.» esclama il gigante,
scoppiando in una
risata talmente fragorosa da far rimbombare la stanza intera.
Mi
guardo di nuovo allo specchio, alzando fiero il mento, le labbra che si
accarezzano lente, caute nello sfiorare gli squarci causati dalla
violenza dei
canini, scatenati dal terrore di prima. I brandelli del mio universo
perduto
gridano ancora, angosciati, dal sangue assassinati e zittiti al tempo
stesso.
Mi
vendicherò ancora, decine, centinaia e migliaia di volte.
Le
mie iridi sfolgorano di una luce maliziosa.
Non
esistono
innocenti, non ai miei occhi.
Io sono Freezer.
Un
mostro.
L’incarnazione
del male.
Un
demone infernale.
Un imperatore.
Ora
non ho più paura.
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