The Lee Brothers

di _Y u s h i_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


The Lee Brothers
(1/6)

Fandom: Super Junior
Pairing: Broken!HyukMin ; Eunhae ; Kyumin
Rated: NC-12 ; PG 
Capitoli: 6

Note: La storia è molto più banale di quello che la trama la fa sembrare. !!NO NON E' UNA THREESOME!!
Warning: ogni singola parola di questa storia è puro ANGST
 


- Sungminnie aspettaci! -
- Muovetevi o ci scopriranno! -
I tre bambini stavano correndo a perdifiato già da qualche minuto, la sagoma cupa dell'edificio alle loro spalle ormai non era più visibile, ma ancora si sentivano gli schiamazzi degli altri ragazzi provenire dall'interno.
Sungmin sorrise e guardò indietro per assicurarsi che i suoi fratelli fossero riusciti a tenere il passo e lo avessero seguito.
Non succedeva spesso che si sentisse così libero, così leggero e spensierato. Dentro le mura di quella casa lui era il più grande e si sentiva in dovere di dover proteggere i suoi fratelli che, in realtà, erano più piccoli di lui di solo qualche mese, ma sentiva comunque di essere lui il leader, la loro guida e di dover dare il buon esempio.
Sungmin rallentò un poco non appena fu sicuro di essersi allontanato abbastanza dalla sua prigione e si lasciò cadere a terra esausto.
- Sungminnie, Donghae ha le gambe corte, come puoi pensare che riesca a starci dietro! -
Il bambino rise di gusto.
A dire il vero non c'era niente da ridere, ma la situazione in generale lo faceva stare così bene che anche una semplice battuta come quella che era uscita dalla bocca di Hyukjae, gli faceva venire voglia di svuotare i polmoni in una grande risata.
Hyukjae si distese accanto a suo fratello, appoggiando la testa sul suo ventre e trascinando Donghae giù con loro.
Per qualche secondo l'unico rumore fu quello dei loro respiri pesanti e del venticello fresco che portava un buon profumo nel campo dove si erano fermati i tre bambini.
- Dovremmo tornare prima che qualcuno si accorga che non ci siamo. - Piagnucolò Donghae e si fece più vicino agli altri due.
- Vi devo far vedere una cosa. - Fu la risposta di Sungmin, ma nessuno dei tre accennò a muovere un dito.
 
I 'Fratelli Lee', ecco come erano ormai conosciuti.
Non che fossero davvero fratelli, non di sangue per lo meno, ma qualcosa li aveva spinti a legarsi l'uno con l'altro e a formare un profondo rapporto, di quelli che solo tra fratelli si riesce a comprendere.
Segnati da un destino comune, i Fratelli Lee vivevano assieme a tanti altri bambini abbandonati o rimasti orfani come loro, in una casa famiglia nella più lontana periferia di Seoul.
Erano già passati quattro anni dalla prima volta in cui i tre fratelli avevano messo piede all'interno di quella struttura e, sfortunatamente, non ne erano mai più usciti. Ogni giorno trascorreva allo stesso modo per i tre bambini, ogni giorno avevano dovuto imparare ad adattarsi, a comportarsi in maniera impeccabile, a condividere con gli altri, ad accettare il fatto che non c'erano abbastanza soldi per tutti e che non c'erano nemmeno abbastanza famiglie disposte ad adottare tutti loro: se eri fortunato passavi nell'istituto solo qualche anno e poi ti trasferivi con una famiglia che tutti li dentro sognavano, ma più anni passavano, più i bambini crescevano e più era difficile per loro venire adottati e i Fratelli Lee, ormai, avevano raggiunto i cinque anni.
 
Lee Sungmin era stato abbandonato, appena nato, davanti alla porta di entrata dello stesso ospedale dove era stato messo al mondo, era un bambino solare e vivace, un po' ribelle ma dotato di un ottimo senso di responsabilità. Compiuto un anno di vita, dopo aver attraversato l'intera regione e non aver trovato casa in nessun paese, trovò finalmente l' “SM-Institute” disposto ad accoglierlo a braccia aperte. Sungmin diceva sempre di non ricordare la sua vita prima di arrivare in quel posto e nessuno lo aveva mai visto piangere o lamentarsi della sua condizione, anzi lui stesso amava ripetere come sarebbe riuscito a crearsi da solo una vera famiglia, un piccolo ambiente tutto suo, circondato da persone da amare e da cui essere amati e, a forza di convincersi, ci era riuscito davvero.
All' “SM-Institute” i bambini imparavano ad aiutarsi e sostenersi l'un l'altro ancora prima di imparare a camminare e Sungmin aveva scelto attentamente di chi prendersi cura e accettare all'interno della sua nuova famiglia. Non seppe mai cosa lo spinse verso quei due ragazzini, ma ogni giorno ringraziava Dio di averli al suo fianco e non si pentì mai della sua scelta.
 
Lee Hyukjae era un bambino silenzioso e buio. Lui, a differenza di Sungmin, aveva vissuto il suo primo anno con i genitori che però presto non furono più in grado di sostenere le spese per poter accudire il figlio e a malincuore lo dovettero lasciare all'istituto. Hyukjae non volle mai più vedere i suoi genitori, nonostante questi fossero tornati qualche volta a fargli visita, ma il bambino soffriva ancora del senso di abbandono e, orgoglioso com'era, rifiutò ogni tipo di contatto con loro e si legò invece a Sungmin che considerava come un fratello maggiore. In un qualche modo, Sungmin era riuscito a rompere il muro di ghiaccio del minore e a convincerlo a raccontargli ogni sua preoccupazione e Hyukjae alla fine aveva ceduto, vedendo in quel bambino sorridente la sua ancora di salvezza da un mondo fatto di rancore e rimpianti.
 
Infine arrivò Lee Donghae, il più piccolo dei tre, il più coccolato e il più viziato per quanto lo potesse essere un orfano. Aveva un carattere mite e insicuro, aveva sempre preferito stare da solo e non familiarizzare con gli altri bambini dell'istituto.
Come gli altri due ragazzi era stato preso in custodia dalla direttrice del posto all'età di un anno, non aveva mai voluto sapere cosa fosse successo realmente ai suoi genitori, ma l'urlo della madre e il rumore di due auto che cozzavano brutalmente tra di loro lo avevano perseguitato a lungo, rispondendo non volutamente alla sua silenziosa domanda.
Sungmin lo aveva accolto sotto la sua protezione spinto da un senso di dovere nei suoi confronti, lo aveva osservato a lungo seduto in un angolo a tenersi le ginocchia abbracciate contro il petto prima di afferrare la mano di Hyukjae e trascinarlo davanti a Donghae, presentandolo come loro nuovo fratello.
 
 
I bambini ripreso il loro cammino, i due più piccoli si lasciarono guidare da Sungmin, come tante volte nella loro vita avevano fatto e poco dopo giunsero in una piccola valle ricoperta di fiori e piante selvatiche. Ai confini della valle c'era un piccolo ruscello che scorreva veloce e un salice faceva ombra all'estremità del campo.
Tutto intorno regnava la natura, dai colori vivaci che i bambini non erano più abituati a vedere, al rumore dell'acqua che scorreva e del vento che faceva danzare le foglie del salice.
- Wow! -
Donghae sapeva stupirsi per la più piccola e semplice delle cose, ma questa volta Hyukjae dovette concordare con lui, era uno spettacolo mozzafiato.
I tre bambini abituati a giocare all'interno delle mura dell'istituto, non avrebbero mai potuto immaginare un tale paradiso a così pochi passi dalla loro casa e rimasero immobili per qualche minuto, assicurandosi di scrutare quel posto millimetro per millimetro.
- Minnie è bellissimo! -
Hyukjae si accucciò ad accarezzare un fiore e respirò a fondo l'aria pulita, sentiva come se fosse diversa dal solito, odorava di buono, di fresco e di libertà.
- Non dovete dirlo a nessuno, chiaro? Sarà il nostro nascondiglio segreto! D'ora in poi ogni volta che siamo tristi o non vogliamo stare con gli altri bambini, verremo qua. -
Sungmin allungò una manina verso i suoi fratelli, incitandoli a fare lo stesso e suggellando quel patto con un abbraccio a tre.
 
Era già passata un'ora, sebbene non lo sembrasse per niente, quando Sungmin vide avvicinarsi una nuvola più scura delle altre e si rese conto che sarebbe stato meglio tornare verso l'istituto. A malincuore prese per mano i suoi fratelli e insieme se ne tornarono verso casa, parlando per tutto il tempo di quel favoloso posto che avevano appena scoperto e che in cuor loro speravano di poter visitare presto.
A mano a mano che i tre fratelli si avvicinavano a casa, cominciarono a farsi silenziosi, pensando a cosa sarebbe successo se qualche tutore li avesse scoperti e cercando una valida scusa per la loro assenza.
Ma quando i Fratelli Lee arrivarono alla porta d'ingresso, si accorsero che questa era aperta e dall'interno arrivava la voce di Miss. Yoon tutt'altro che preoccupata o arrabbiata, anzi, sembrava fosse di buon umore.
- Sungmin! - Miss. Yoon guardò il bambino con uno sguardo di finto rimprovero mentre i fratelli cercavano di far ritorno alla loro stanza senza essere notati.
I tre bambini abbassarono immediatamente la testa in segno di scusa e a Donghae vennero gli occhi lucidi.
Non gli piaceva essere sgridato e sapeva che quello era il modo migliore per ottenere ciò che voleva.
- Scusa Miss. Yoon giocavamo in giardino e ci siamo persi. -
Sungmin fece un piccolo inchino e lanciò un'occhiata ai suoi amici per assicurarsi che lo avessero imitato.
- Niente storie, oggi è un giorno felice per voi, farò finta di crederti. - La donna sorrise caldamente e si fece da parte voltandosi verso un gruppetto di persone che nessuno dei tre bambini aveva notato prima.
- Sungmin, Hyukjae, Donghae. - Miss. Yoon fece un ampio gesto con il braccio e indicò gli sconosciuti. - Vorrei presentarvi la famiglia Lee. Loro, sono qua per voi. -
I due più piccoli si voltarono immediatamente verso Sungmin, come facevano ogni volta che non capivano cosa stesse succedendo, allora il maggiore si avvicinò a loro e gli prese una mano ad entrambi per rassicurarli.
- Che cosa intende dire? - Chiese titubante.
- Sungmin, da oggi avrete una famiglia, sono qui per portarvi a casa con loro, capite? -
A quelle parole Hyukjae spalancò gli occhi e corse incontro alla famiglia Lee con sguardo speranzoso.
- Volete adottriarci? -
Chiese con un filo di voce, subito seguito da Donghae che gli si attaccò alla maglietta, troppo timido per affrontare faccia a faccia quelle persone.
- Vivremo tutti insieme? -
Una delle due donne davanti a loro si mise a ridere dolcemente e si inginocchiò davanti ai bambini appoggiando una mano sulla spalla del più piccolo.
- Ci chiamiamo entrambe Lee di cognome, ma in realtà siamo due famiglie diverse. - Indicò poi un uomo dai capelli grigi accanto a lei. - Lui è mio marito, noi ci prenderemo cura di.. mmh... Lee Sungmin? -
- Sono io. - Disse il bambino senza emozioni.
- Loro invece sono nostri amici di vecchia data, ci conosciamo molto bene e spesso tendiamo a formare un'unica grande famiglia. Loro si occuperanno di voi due, immagino. -
Il sorriso formatosi sulle labbra di Hyukjae scomparve in un lampo.
- NO! - Il bambino corse indietro verso Sungmin, trascinandosi dietro il minore. - Non potete separarci! Noi siamo fratelli! -
I due uomini e le due donne in piedi risero di nuovo, commossi da quel gesto di lealtà.
- Non vi preoccupate, viviamo uno accanto all'altro, sono solo pochi metri di distanza, Sungmin può venire a trovarci quando vuole, la nostra porta sarà sempre aperta per lui. -
A quelle parole i tre fratelli urlarono di felicità, anche Sungmin che aveva preferito rimanere in disparte si era unito all'esulto. Avevano perso le speranze, non pensavano che a quell'età qualcuno li avrebbe più adottati e sapere di avere di nuovo una famiglia e di poter rimanere assieme, era per loro il regalo più grande.
I Fratelli Lee corsero su per le scale e si fiondarono dentro la loro stanza ad impacchettare i pochi averi che possedevano, nessuno di loro avrebbe rimpianto quel posto e anche il paradiso che avevano scoperto solo qualche ora prima sembrava essere passato in secondo piano. Donghae pianse inevitabilmente per la felicità e Hyukjae lo prese in giro per tutto il viaggio fino alla loro nuova casa.
E finalmente arrivarono.
I tre bambini si misero in schiera davanti alle due antiche case in stile tradizionale dove avrebbero passato i loro prossimi anni, accanto a loro solo uno zaino e qualche pupazzo, dietro a loro, le loro nuove famiglie e nel loro cuore, la voglia di iniziare questa nuova avventura.
 
*****
 
Erano le sei e quaranta del mattino e come tutte le mattine, la sveglia suonava precisa.
Come tutte le mattine Hyukjae aprì un occhio innervosito dal suono che odiava più al mondo e come tutte le mattine, la sua fronte corrugata si rilassò non appena percepì due braccia avvolgerlo completamente.
- Buongiorno Hyuk. -
La voce soffice del ragazzo accanto a lui lo fece sorridere e gli diede un motivo per essere felice di aver aperto gli occhi.
- Buongiorno. - Rispose il ragazzo accoccolandosi di più in quell'abbraccio caldo e rassicurante.
- Dormito bene? - Hyukjae rispose con alcuni suoni sconnessi e si abbandonò alla dolcezza di quelle labbra che gli stavano sfiorando una spalla e che presto avrebbe reclamato.
- Lo sai che devi alzarti, hai lezione stamattina. -
Hyukjae finalmente trovò la forza di rotolare sul fianco fino a trovarsi di fronte al bellissimo volto del suo ragazzo. Lo guardò intensamente chiedendosi come potesse diventare ogni giorno più bello e posò un casto bacio sulle sue labbra.
- Lo so, ma oggi non ho proprio voglia. -
- Hyuk, lo sai che abbiamo un patto, voglio che almeno tu riesca a laurearti e trovare un lavoro migliore del cassiere di un mini-market. -
- Perchè? Sarei il cassiere più sexy sulla faccia della Terra! -
- Mi dispiace, quel posto spetta già a me. -
I due ragazzi risero facendo scontrare la punta dei loro nasi e finendo inevitabilmente in un nuovo bacio. Hyukjae si lasciò trasportare da quel momento, amava le effusioni di prima mattina e soprattutto amava sentirsi al sicuro ogni volta che si trovava in presenza del ragazzo accanto a lui.
- Sungminnie? -
- Quando la smetterai di chiamarmi così? -
- Min? -
- Mmh? -
- Devo proprio andare adesso o Donghae mi ucciderà. -
- Ultimo bacio? -
Le loro labbra si incontrarono nuovamente, tutta la delicatezza e la purezza del bacio precedente che veniva a meno non appena Hyukjae decise che aveva bisogno di approfondire quel contatto.
- Hyukjae... dobbiamo andare. -
La voce dietro di lui fece sobbalzare il ragazzo che arrossì leggermente.
Donghae era in piedi davanti alla piccola entrata dell'appartamento con già la borsa dell'università sulle spalle e la giacca addosso.
Non li stava guardando, non lo faceva mai, Donghae sapeva quando Hyukjae e Sungmin volevano la loro privacy e sapeva che abitare con loro comportava anche il fatto di doversi subire tutte le smancerie da coppietta innamorata dei due ragazzi.
Hyukjae diede un ultimo veloce bacio sulla fronte del suo ragazzo e corse dentro all'unico bagno dell'appartamento per prepararsi.
Nel frattempo Donghae si lasciò cadere sul piccolo divano del salotto, perchè sì, la loro casa non era di certo grande abbastanza per tutti e tre e il letto di Sungmin era stato dovuto mettere nella loro sala, già piccola di suo, così che fosse la prima cosa che si vedeva non appena si apriva la porta di casa.
- Hyung lavori oggi? - Chiese Donghae cercando di iniziare una qualche conversazione, negli ultimi tempi il loro rapporto era diventato sempre più freddo e distaccato, o meglio, Donghae lo era diventato.
- Sì e mi sa che tornerò a casa abbastanza tardi, tu e Hyukjae mangiate in mensa? -
Il minore annuì e si morse un labbro.
- Vi ho lasciato dei soldi sopra il tavolo nel caso vi servissero mentre sono via, non mi aspettate alzati, potrei davvero fare molto tardi. -
A Donghae gli si strinse il cuore.
La loro non era una bella situazione, dopo che i loro ‘genitori’ avevano lasciato la Corea per lavoro, i tre ragazzi avevano deciso di tornare a vivere assieme, come un tempo.
Non sentendosi a loro agio a sfruttare i soldi di quelle persone che già li avevano aiutato tanto nella loro vita, avevano rifiutato di continuare a vivere nelle casette tradizionali dove avevano passato l'infanzia e avevano optato per trasferirsi in un piccolo monolocale in centro, più vicino all'università di Hyukjae.
Ovviamente, però, in qualche modo dovevano pagare l'affitto e fu per questo che Sungmin, come aveva fatto per tutta la sua vita, aveva messo da parte i suoi sogni per poter permettere ai suoi fratelli un futuro migliore. A soli diciannove anni il ragazzo aveva cominciato il suo primo lavoro, dove passava l'intera nottata dietro la cassa di un supermercato a imbustare la spesa e a pulire i pavimenti.
Non era un gran lavoro, anzi, la paga era pessima e il tempo richiesto anche troppo, ma era l'unico modo che Sungmin aveva per poter pagare la casa e gli studi ai suoi due fratelli.
Erano passati sedici anni da quando si erano lasciati alle spalle la casa-famiglia, ma il loro legame non si era mai spezzato e Sungmin, ancora adesso, avrebbe fatto qualsiasi cosa per loro.
Donghae lo sapeva, lo sapeva fin troppo bene.
Ecco perchè viveva quotidianamente con il senso di colpa dovuto ai suoi sentimenti contrastanti per i suoi stessi fratelli, perchè lui amava Sungmin e gli era grato, ma amava anche Hyukjae, tantissimo, troppo e non solo come si potrebbe amare un fratello.
Era sempre stato troppo occupato ad ammirare Hyukjae per accorgersi che quest'ultimo si stesse avvicinando invece al maggiore dei tre, e quando Sungmin lo aveva abbracciato dicendogli che lui e il ragazzo dei suoi sogni avevano deciso di cominciare a frequentarsi come due amanti e non più come fratelli, il suo mondo aveva semplicemente perso di significato.
Si era sentito tradito, lasciato in disparte e soprattutto aveva sentito di aver perso una parte della sua vita. Ma non tutto va sempre come si desidera.
Sungmin lavorava tutti i giorni per permettere a Donghae di fare una vita normale e il minore lo ripagava con il silenzio, con finto supporto e fingendo che la cosa non lo disturbasse anche se in realtà, non passava giorno che Donghae non bruciasse d'invidia.
- Eccomi ci sono siamo in ritardo lo so è colpa mia. - Hyukjae non respirò nemmeno nel mezzo, afferrò la sua borsa e si lasciò cadere accanto al letto di Sungmin per potergli rubare un ultimo lungo bacio.
 
E Donghae voltò lo sguardo, e ancora una volta mandò giù il boccone amaro.
Perchè lui amava Hyukjae e Hyukjae amava Sungmin, ma quei due ragazzi erano sempre stati li per lui, erano sempre stati il suo supporto e la sua famiglia e Donghae doveva loro la sua vita, quindi, che altro avrebbe potuto fare?

 


- note -
a chiunque voglia dirmi « eh ma hello baby? », avete perfettamente ragione ma necessitavo di questa enorme lunghissima pausa.
Questa storia è stata scritta più di un anno fa e terminata solo in questi giorni. Q U I N D I ho deciso di pubblicarla proprio perchè è già conclusa, tutti i capitoli sono pronti slo da revisionare e pubblicare.
Purtroppo so che questo fandom non è più attivo e che la Kyumin non viene più vista molto dal matrimonio, infatti non mi aspetto il seguito delle altre storie che ho pubblicato qui. Nonostante tutto vi chiedo di perdere due minuti a dare un segnale di fumo per far vedere che di elf ne esistono ancora, per lo meno ora che si avvicina il comeback anche solo mettendo la storia tra le seguite o ancora meglio, lasciando un commentino o un preferito (a vostro piacere e volere). Avendo passato il mio periodo d'oro su questa sezione ci starei male a vederla morire così.
Detto questo, buona lettura e un grazissimo speciale alla mia hikaru83 che adoro e che mi ha fatto da Beta per tutta la storia sorbendosi tutti i miei dubbi e le mie crisi. Correte a leggere tutte le sue storie che è bravissima >:C
Al prossimo capitolo, 
Shi

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


The Lee Brothers
(2/6)



- Allora come è andata? –
Donghae rigirò il suo pranzo con la forchetta cercando un modo per far sembrare che lo avesse effettivamente assaggiato. Non guardò Hyukjae negli occhi, sapendo che un solo sguardo gli sarebbe bastato per far aumentare il senso di nausea che già provava.
Scrollò le spalle e fece una smorfia, non voleva far capire al fratello che c’era qualcosa che non andava e sapeva che se avesse aperto bocca, sarebbe arrivato un fiume di domande.
- Non ami particolarmente l’università, vero? –
Hyukjae si abbassò tanto quanto bastava per poter incontrare lo sguardo di Donghae. Non gli piaceva quando le persone lo ignoravano, non sapeva se era un riflesso che gli era rimasto da quando era un bambino, ma soffriva terribilmente di solitudine e temeva l’abbandono da parte dei suoi cari.
- Hae, mi potresti almeno guardare in faccia? –
E Donghae lo fece, alzò lo sguardo e incontrò gli occhi scuri del fratello maggiore.
Il nodo che aveva in gola si fece ancora più stretto e la sue mente corse immediatamente all’immagine di Hyukjae e Sungmin insieme, quella mattina.
- Sto bene. – Tossì mentre continuava a separare i vari ingredienti del suo pranzo.
- Non è quello che ti ho chiesto. –
Fu in quel momento che Donghae sentì un peso cominciare a premergli sullo stomaco, era il segnale, era il momento in cui avrebbe dovuto scappare o sarebbe esploso, era il momento in cui tutto ciò che aveva sopportato per tre anni a quella parte veniva a galla e cercava di uscire.
Ma Donghae non poteva permetterselo, non poteva far sapere a Hyukjae quello che davvero pensava, non poteva deludere Sungmin dopo tutti i sacrifici che il ragazzo aveva fatto per lui, non poteva aggrapparsi ad una speranza di felicità che avrebbe trascinato inevitabilmente i tre ragazzi alla divisione della loro famiglia.
- Scusami Hyuk, ho lezione adesso, devo andare. –
Donghae si alzò dal tavolino della mensa universitaria e si tirò il cappuccio su fino al naso per evitare che suo fratello si accorgesse di come i suoi occhi si stessero facendo sempre più rossi e senza nemmeno salutarlo se ne andò di corsa.
La scusa era sempre quella, il percorso lo stesso, dopo pochi passi il ragazzo si chiuse la porta del bagno dell’università dietro le spalle ed afferrò il lavandino. Aveva gli occhi lucidi, non di pianto ma di consapevolezza, il respiro era affannoso e la testa gli stava pulsando.
Donghae chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, lasciò che ogni suo problema scorresse via e non si mosse fino a che non sentì il battito del suo cuore smettere di battere frenetico.
Non sapeva cosa fosse, aveva pensato ad attacchi di panico o un accumulo di stanchezza, ma succedeva ogni volta che si trovava da solo con Hyukjae e la situazione stava cominciando a sfuggirgli di mano.
Erano passati tre anni da quando Sungmin gli aveva detto che lui e Hyukjae avevano cominciato a frequentarsi, tre anni dal giorno in cui Donghae aveva passato la notte in bianco cercando di capire cosa fosse quella sensazione di disagio che non gli permetteva di respirare, tre anni da quando il ragazzo si era domandato perché la notizia datagli dal fratello l’avesse scosso a tal punto e tre anni da quando Donghae si era accorto di essere irrimediabilmente attratto da Hyukjae, lo stesso ragazzo che all’età di cinque anni era diventato suo fratello a tutti gli effetti.
Con il passare del tempo, a mano a mano che il rapporto tra i suoi fratelli si faceva più palese e le effusioni da parte dei due diventavano sempre più frequenti, Donghae aveva cominciato a notare come la cosa gli desse sempre più fastidio, odiava quando i due ragazzi più grandi lo trattavano come un bambino e cercavano di tenerlo all’oscuro da ciò che succedeva in famiglia o tra loro due, come se fosse troppo immaturo per prendere le decisioni da sé o come se fosse semplicemente il terzo in comodo.
Eppure non poteva fare a meno di sentirsi a casa quando Sungmin gli sorrideva ed abbracciandolo gli diceva che andava tutto bene, non poteva fare a meno di frenare il battito quando Hyukjae lo prendeva con sé e lo portava a vedere il tramonto nel loro posto segreto, lo stesso che avevano scoperto da bambini, o quando passavano la notte insieme nei giorni in cui il maggiore dei tre aveva i turni di notte a lavoro.
Ciò che Donghae non voleva ammettere nemmeno a sé stesso, era che i suoi sentimenti per Hyukjae non accennavano a diminuire, ogni volta che si ritrovava da solo con il ragazzo, ogni volta che il maggiore gli mostrava quel sorriso tutto gengive così particolare o quando Hyuk lo coccolava come un fratello minore, ma che ai suoi occhi sembrava molto più di quello, Donghae sentiva che tutto ciò che avrebbe voluto nella vita sarebbe stato avere quel ragazzo per sé, tanto da domandarsi se non fosse effettivamente amore ciò che provava.
I tre ragazzi erano cresciuti assieme e tante volte Donghae si era domandato cosa avesse spinto i due a legarsi tra di loro invece che con lui e più di una volta si era chiuso nella sua stanza a piangere, sentendosi un peso per gli altri. Era sempre stato lui la pecora nera, quello che non voleva aiutare in casa, il più viziato e coccolato o semplicemente il più piccolo, ma da quanto lui e Hyukjae erano entrati a far parte della stessa famiglia, pensava che il loro rapporto fosse diventato più solido, in fin dei conti vivevano insieme anche se Sungmin andava da loro quasi tutti i giorni.
Donghae riaprì gli occhi e si guardò allo specchio, una lacrima solitaria era scesa sulla sua guancia e la caccio via con il dorso della mano. Non era la prima volta che gli capitava di piangere per la sua situazione, ma sapeva che non erano lacrime di tristezza, ma di frustrazione, quindi come ogni altra volta le ricacciò indietro e si diede una rinfrescata al viso.
Non stava bene, non era felice, ma nessuno avrebbe dovuto saperlo.
 
Hyukjae posò il vassoio nella pila accanto al cestino dei rifiuti con aria assente, non era riuscito a finire il suo pranzo e per l’ennesima volta uscì dalla mensa con il cuore a pezzi.
Donghae era suo fratello, anzi, era ancora più che un fratello, era cresciuto insieme a lui, avevano condiviso ogni esperienza, ogni parola e segreto, ogni disavventura. Donghae era importante per lui, era una presenza indispensabile per la sua vita e sapeva che non avrebbe sopportato se un giorno il ragazzo fosse andato da lui dicendo di volersene andare e vivere una vita sua, semplicemente lui non avrebbe potuto sopportarlo. Nella sua mente lui, Donghae e Sungmin sarebbero stati insieme per sempre, perché il loro legame andava ben oltre la semplice amicizia.
Eppure non aveva potuto non accorgersi di come il minore fosse diventato freddo, un po’ alla volta aveva creato un muro intorno a sé, non lo aveva più lasciato entrare nel suo mondo come invece aveva fatto per tutti gli anni che avevano passato assieme e in cuor suo Hyukjae sperò che non dipendesse dalla sua relazione con Sungmin come invece pensava.
Sungmin era la sua guida, il suo punto di riferimento, il suo idolo e colui al quale Hyukjae doveva la sua vita, Sungmin era tutto ciò di cui il ragazzo sentiva il bisogno a fine giornata, aveva bisogno dei suoi abbracci, dei suoi baci e di sentire che per lui ci sarebbe sempre stato. Hyukjae sapeva di avere un problema a relazionarsi con le persone, da quando i suoi genitori lo avevano abbandonato non era più riuscito a fidarsi di nessuno, erano poche le persone con cui si lasciava andare e Sungmin era sempre pronto ad accoglierlo a braccia aperte, ad ascoltarlo e a curare i suoi problemi con il suo amore.
Hyukjae amava Sungmin, sentiva che sarebbe stato perso senza di lui… ma c’era anche Donghae, il suo fratellino, il ragazzo fragile e a volte scontroso che era cresciuto al suo fianco. Per una volta era lui a dover proteggere qualcuno e avrebbe mentito se avesse detto che il sentimento che lo legava al minore era meno intenso di quello che c’era tra lui e Sungmin, ma Hyukjae non poteva, sapeva che era sbagliato e non voleva nemmeno pensare a cosa sarebbe potuto succedere se solo si fosse lasciato andare a quella possibilità.
- Signor Lee? – Il ragazzo alzò lo sguardo per ritrovarsi davanti lo sguardo incerto del suo docente di lettere.
- Mi dica. – Il ragazzo fu preso alla sprovvista, non era mai una cosa buona quando un docente voleva parlare con lui e in fondo sapeva benissimo quale fosse il problema.
- Abbiamo… abbiamo ricevuto il pagamento della retta di questo semestre di suo fratello, ma non il suo. –
Hyukjae abbassò lo sguardo e si morse un labbro. – Lo so, mi dispiace, se solo poteste aspettare qualche giorno in più, mio fratello sta per ricevere lo stipendio e potrò pagare anche io. –
-  Signor Lee… Hyukjae, conosco i tuoi genitori da molto tempo, lo so che ti senti in debito con loro, ma sono la tua famiglia, lasciarsi aiutare da loro non li renderà meno orgogliosi di voi ragazzi, sia tu che Donghae siete degli ottimi studenti… non lasciare che la vostra carriera scolastica venga messa in pericolo solo perché… perché… -
- Perché non sono davvero i nostri genitori. Lo dica pure, non è un segreto. –
- Mi dispiace, ma penso che dovresti parlare con la tua famiglia e chiedere un piccolo aiuto, come amico dei tuoi genitori ti capisco meglio di chiunque altro, ma come docente non c’è molto che posso fare, ti danno tre giorni ancora per pagare. –
- La ringrazio e vedrò di parlare con i signori Lee. – Mentì, ma sapeva benissimo che non avrebbe mai avuto il coraggio di chiedere alle persone che lo avevano accudito per così tanti anni di spendere ancora denaro per lui.
L’uomo si congedò con un piccolo gesto a mo’ di saluto e lasciò Hyukjae da solo, immerso ancora una volta da mille pensieri.
Il ragazzo tirò fuori il suo cellulare e controllò che non ci fossero chiamate, sapeva che Sungmin stava riposando dopo il turno di notte e che non avrebbe potuto chiamarlo o rispondere alle chiamate, ma Hyukjae aveva un disperato bisogno di sentire la sua voce. Le sue mani corsero involontariamente a comporre il numero del ragazzo e quando arrivò la voce della segreteria, Hyukjae non poté fare a meno di sentirsi solo e sperduto.
 
La campanella appesa all’entrata del negozio squillò non appena Sungmin fece scattare la serratura. Aveva lavorato abbastanza in quel posto da guadagnarsi la fiducia del suo capo e avere il permesso di poter aprire e chiudere il piccolo market notturno da solo, senza dover sempre aspettare l’addetto di turno.
Erano le nove di sera quando il ragazzo voltò il cartellino all’entrata aprendo ufficialmente il negozio e subito andò ad accomodarsi dietro la cassa con una rivista in mano, in attesa che qualche cliente notturno facesse la sua comparsa. Il mini-market vendeva un po’ di tutto, dai cibi ai piccoli oggetti di uso quotidiano alla merce di tabaccheria, ma durante la notte ciò che più andava venduto era ramen istantaneo, preservativi e alcolici e nonostante il ragazzo avesse molta esperienza e si fosse munito preventivamente di lezioni di autodifesa, passare le notti da solo il quel negozio lo inquietavano sempre.
La campanella squillò nuovamente avvertendo della presenza di un cliente e Sungmin alzò gli occhi dalla rivista solo per riconoscere una faccia nota.
- Signor Kim, anche stasera è venuto a trovarmi? – Disse con un sorriso.
Il signor Kim era uno dei clienti assidui del market, quasi ogni sera all’orario di apertura si presentava al negozio con la scusa di dover comprare le sigarette, ma Sungmin sapeva che il vero scopo di quell’uomo era ‘comprare’ un po’ della compagnia del ragazzo. Il signor Kim era un uomo sulla cinquantina, celibe, un insegnante di storia nella scuola media cittadina, con una grande passione per i viaggi e per la nicotina. Della sua vita aveva tanti rimpianti, ma una frase che diceva sempre era ‘Non lasciare che le abitudini diventino il tuo futuro’ e dopo tanti anni, ancora il suo sogno era quello di vendere casa e cercare nuove avventure nel mondo a bordo della nave dei suoi sogni. Tra il signor Kim e Sungmin, negli anni, era nata una sorta di amicizia nonostante il grande divario d’età, spinta principalmente dalla simpatia che l’uomo provava per quel ragazzo così simile a lui per certi versi e a sua volta Sungmin era stato attratto dalla semplicità con cui il signor Kim si era semplicemente seduto al fianco della cassa una sera e aveva cominciato a parlargli della sua vita.
Sungmin si era subito accorto di quanto all’uomo mancasse qualcuno con cui confidarsi ed era più che felice che l'uomo gli rallegrasse le sere solitarie che passava al negozio. Quando poi il signor Kim gli aveva rivelato il suo segreto più grande, ovvero la sua omosessualità nascosta prima d’allora a qualunque altra persona nel mondo, Sungmin sentì che si sarebbe potuto lasciare andare anche lui in sua presenza e diventò in un qualche modo un complice dell’uomo nei suoi sogni e avventure.
- Sono venuto a comprare queste E a trovarti. – Disse l’uomo appoggiando un pacchetto di gomme da masticare davanti alla cassa.
- Niente sigarette? – Si sorprese Sungmin.
- No, niente sigarette oggi. –
- Sta per caso cercando di smettere? Come le avevo consigliato? – Sungmin sorrise compiaciuto strappando lo scontrino e consegnandolo all’uomo.
- In realtà sto cercando di risparmiare, ogni centesimo è prezioso e le sigarette costano fin troppo per il mio stipendio. –
- Sta cercando di mettere via i soldi per la sua Lady? –
Il signor Kim accennò un sorriso e tirò fuori una foto dal suo portafoglio.
- Venezia, Italia. Sento che è il momento buono per il mio viaggio e questa voglio che sia la mia prima destinazione. –
- Uuuh. – Mimò il ragazzo realmente felice per il suo amico, per tanto tempo aveva ascoltato i suoi racconti sulle varie città che avrebbe voluto visitare e l’Italia era sempre stata al primo posto.
- Sì, questa volta lo faccio davvero, ne sono convinto. Questo è il mio sogno… e questi sono i tuoi soldi, scusami se parlo sempre troppo. –
Sungmin osservò le monete sul palmo della mano del signor Kim, pensò a quanto in quegli anni l’uomo lo avesse aiutato anche solo tenendogli compagnia e pensò che fosse tempo di restituire un piccolo favore.
- Non si preoccupi, offro io per questa volta, li conservi per il suo viaggio. –
- Ma Sungmin, sono solo pochi spiccioli! –
- L’ha detto lei, ogni centesimo è prezioso. –
Il signor Kim sembrò commosso da quelle parole, si leccò le labbra e abbassò gli occhi per poi rialzarli subito e guardare dritto verso il ragazzo.
- Lee Sungmin, che Dio ti benedica, sei una persona meravigliosa e chiunque abbia la fortuna di stare al tuo fianco dovrebbe sapere che dono dal cielo gli sia capitato. –
Sungmin sorrise imbarazzato e arrossì un poco.
- Lei è troppo gentile. –
- Ma dimmi un po’, c’è già forse qualcuno che ha questa fortuna? Mi piangerebbe il cuore partire e sapere di lasciare da sola una persona a me così cara. –
Il ragazzo non poté frenare un sorriso ancora più ampio e cercò di mordersi il labbro inferiore per non farlo notare. La sua mente corse subito a Hyukjae, al modo in cui si erano svegliati l’uno nelle braccia dell’altro, a come si erano baciati prima che Hyukjae andasse via e a come ogni sera lo ritrovava nel suo letto ad aspettarlo insieme a Donghae.
- Forse. – Ammise infine con un filo di voce.
- Aaah! Lo sapevo! Mi aspetto di conoscerla… o conoscerlo. – Disse il signor Kim strizzandogli l’occhiolino e uscendo dal negozio ridendo e salutando Sungmin con un gesto.
Il ragazzo si lasciò cadere sulla sedia della cassa e tirò un lungo sospiro, la notte era ancora lunga e già sentiva la mancanza dell’uomo.
L’unico aspetto positivo era che da quando gli era venuto in mente Hyukjae, non se ne era più andato. Sungmin chiuse gli occhi e pensò ai suoi fratelli, erano loro che gli davano la forza per continuare, sapere che il suo lavoro veniva totalmente ripagato dall’amore e l’impegno che i due ragazzi più piccoli gli dimostravano, in particolare Hyukjae che sapeva riconoscere quando il maggiore avesse bisogno di più di semplici parole.
Era ancora assorto nei suoi pensieri quando la porta scattò all’improvviso facendolo balzare in piedi. L’individuo che ne entrò era fradicio dalla testa ai piedi ed entrò imprecando e scompigliandosi i capelli per liberarsi dall’acqua. Sungmin si affacciò alla vetrata per scoprire che aveva cominciato effettivamente a piovere, ma senza dare troppo conto al ragazzo che ora si stava dirigendo a passo sicuro verso la stanza addetta al personale del negozio.
Fu un secondo, Sungmin si rese conto di cosa stesse cercando di fare quel ragazzo e istintivamente scattò in avanti e gli afferrò un braccio.
- Ehi! Cosa pensi di fare? –
Il ragazzo cercò di divincolarsi ed entrare nello stanzino ma Sungmin gli diede un colpo secco nel retro della coscia sinistra e lo mise in ginocchio, bloccandolo poi con un braccio dietro la schiena.
- Che diavolo stai facendo idiota? –
Urlò il ragazzo abbassandosi il cappuccio e guardando con aria di sfida Sungmin. Nel momento in cui i loro sguardi si incontrarono, Sungmin rimase di stucco da quanto familiare gli sembrasse quel volto, eppure era sicuro di non averlo mai visto prima.
Ciò che lo sorprese ancora di più, poi, fu la sicurezza con cui quel ragazzo lo stava guardando dal basso, ma come se fosse superiore a lui, per niente spaventato dalla posizione in cui si trovava.
Sungmin rimase in silenzio, immobile, un po’ spiazzato dalla situazione e senza sapere bene cosa fare, ma per fortuna pochi secondi dopo, sull’uscio della porta del negozio comparve la figura del suo capo che ripiegava con cura un ombrello.
- Sungmin lascialo pure, non farà niente di male. –
- AH! – Rinfacciò il ragazzino ghignando e alzandosi con aria altezzosa da terra, come se la figuraccia di essere appena stato messo al tappeto non lo sfiorasse minimamente.
Sungmin si voltò verso il suo capo con aria interrogativa e vide l’uomo tirare fuori una busta bianca dalla tasca del suo cappotto nero.
- Lui è Kyuhyun, da oggi ti aiuterà qui al market, era da tanto che mi chiedevi di trovarti un aiutante, giusto? –
La felicità di Sungmin durò poco, pochissimo, giusto il tempo di sentire le parole che il suo capo proferì subito dopo. – Per questo ho dovuto abbassarti un po’ la paga, adesso ho due dipendenti dopotutto. – Disse porgendo al ragazzo la busta con il suo stipendio all’interno.
Sungmin spalancò gli occhi e mancò poco che non si buttasse ai piedi dell’uomo implorante.
- Signore non può farmi questo, devo pagare la retta dei miei fratelli, come faremo a vivere se mi toglie anche una parte dello stipendio? –
Il capo lo guardò con aria infastidita e scrollò le spalle prima di rimettersi in testa il suo amato cappello.
- Non ti lamentare, ti ho trovato un collega, dovresti ringraziarmi… e tu Kyuhyun, comportati bene. –
- Agli ordini! – Disse il nuovo ragazzo imitando il saluto militare.
Sungmin era troppo sconvolto per spiaccicare parola, non si accorse nemmeno che il suo capo se ne era già andato e rimase con lo sguardo fisso nel vuoto, mentre mille immagini gli riempivano la mente.
Questo era un problema, un grossissimo problema.
Sungmin, normalmente, riusciva a portare a casa a malapena ciò che serviva per vivere e mettere da parte i soldi per poter pagare l'università dei due più giovani, un taglio allo stipendio avrebbe portato solo ulteriori sacrifici, avrebbe voluto dire dover rinunciare non solo a quei pochi sfizi che si permettevano di tanto in tanto, ma anche ad alcune delle necessità quotidiane.
- E così tu sei il commesso notturno. -
Sungmin alzò lo sguardo e lo puntò sul ragazzo davanti a lui leggermente infastidito.
Quel 'Kyuhyun' lo conosceva da due minuti e già aveva capito che tipo era: sbruffone, menefreghista, uno di quelli che fanno sempre il minimo indispensabile e che pensano solo al bene di sé stessi. E Sungmin odiava quelle persone.
Il maggiore aveva passato gran parte della sua vita a lottare contro quello stereotipo, aveva fatto in modo che i suoi fratelli, come lui, conoscessero il vero valore del lavoro, dell'impegno e del raggiungimento dei propri scopi e la frase 'Non ho voglia' o 'Non ce la posso fare', non era ammessa nel loro vocabolario.
Sungmin sbuffò in silenzio, fece passare una mano tra i capelli ossigenati e alzò gli occhi sul nuovo commesso e portatore di sventure, cercando di analizzarlo. Da più vicino il biondo poté notare come il ragazzo davanti a lui avesse un aspetto impeccabile, camicia dentro i pantaloni, colletto sistemato a dovere, scarpe costose e un taglio di capelli all'ultima moda. Il suo volto era solcato da alcune tracce dell'acne giovanile, ma sapeva tenerle a bada con un po' di fondotinta e l'unghia che andò a posarsi sul suo labbro era perfettamente curata.
Nel complesso questo Kyuhyun era un tipetto niente male, sicuramente di bell'aspetto e di certo non era l'aspetto che ti aspettavi da un individuo abbastanza disperato da dover accettare un lavoro come cassiere, in un market notturno per di più.
- Sono Lee Sungmin. -
Gli porse una mano riluttante ma Kyuhyun gliela afferrò con decisione per poi stringerla più del dovuto.
- Se avessi saputo che il cassiere era così bello, sarei diventato un cliente abituale molto tempo fa. -
Sungmin non mosse ciglio, non era la prima volta che qualcuno gli faceva delle avance, ma di certo era la prima volta che ad interessarsi fosse un maschio. Optò per ricambiare uno sguardo freddo e sicuro, così da mettere bene in chiaro le cose come stavano.
- Si lavora e non si perde tempo, questa è la mia politica e spero che anche tu deciderai di seguirla. -
- Eh dai biondino, di notte non ci sono molti clienti, dobbiamo pur svagarci in qualche modo, no? -
Il maggiore ghignò tra sé e sé, andò verso il fondo del market, davanti alla zona freezer dove sapeva che avrebbe trovato ciò che cercava, poi con ancora quel sorriso maligno sulle labbra tornò ad affrontare il nuovo arrivato.
- Oh sì. E io conosco un ottimo svago! - Poi con una mossa di polso lanciò verso il ragazzo l'oggetto che aveva recuperato e alzò le sopracciglia. - Questa è una scopa, è davvero uno spasso lavorare con lei, divertiti mi raccomando! -
Sungmin girò i tacchi e fece per tornare dietro alla cassa, nella sua postazione, quando la voce di Kyuhyun gli arrivò più impertinente che mai.
- Mi stai forse invitando a scopare Lee Sungmin? -
Il maggiore si colpì la fronte con una mano e soffiò fuori l'aria dal naso.
Sarebbe stata una notte più lunga del previsto.
 
Quando Sungmin aprì la porta di casa, sapeva che avrebbe trovato i suoi fratelli svegli ad aspettarlo. Era sempre così, per quanto potesse dir loro di andare a dormire, per quanto potesse dir loro che avrebbe tardato, si ostinavano a rimanere alzati fino al ritorno del maggiore.
Sul letto a una piazza e mezza di Sungmin, Hyukjae era intento a guardare un programma scadente dalla piccola televisione posta sopra il tavolo da pranzo, Donghae disteso davanti a lui con la testa appoggiata sul suo grembo e una mano che penzolava fuori dal materasso.
- Vi avevo detto di non aspettarmi. - Li rimproverò Sungmin.
- Stavamo parlando un po' e non ci siamo accorti del tempo che passava. - Mentì Hyukjae e sapeva benissimo che non l'avrebbe data a bere al suo ragazzo, il quale si era appena avvicinato a lui per strappargli un bacio veloce.
- Vado a letto. - Fu la risposta del più piccolo a quel gesto e ancora una volta la sua freddezza non poté che far rimanere di sasso i suoi fratelli, già più che preoccupati per il suo comportamento.
Hyukjae sbuffò e si mise a sedere sul bordo del letto, gesticolando a Sungmin di raggiungerlo. Una volta che entrambi i ragazzi furono seduti uno vicino all'altro, il minore dei due si lasciò cadere a pancia in su, portandosi con sé anche il fratello e avvolgendolo in un abbraccio.
- Come è andato il lavoro? -
Sungmin si morse un labbro, non poteva dire a Hyukjae dei problemi che avrebbero potuto avere a causa del taglio al suo stipendio.
- Mmh.. bene, al solito, ho un nuovo collega. -
Hyukjae alzò un sopracciglio.
- Davvero? E com'è? Mi devo sentire minacciato? -
- Oh sì, è proprio un bel ragazzo, occhi e capelli color nocciola, portamento elegante, altezza statuaria... -
- Sungminnie? - Chiese preoccupato il minore.
- Stavo scherzando, è un moccioso, una palla al piede. - Ammise infine Sungmin con un sospiro.
- Non sembra sia andata tanto bene. - Constatò Hyukjae sollevandosi su un gomito per riuscire a vedere meglio il biondo.
- No, no. E' solo che ho molto sonno, ti dispiace se dormiamo? -
- In realtà sì, avevo altri progetti per la notte ma... -
Hyukjae non fece a tempo a concludere la frase che sentì la porta della camera di Donghae sbattere furiosa e il ragazzo non poté fare a meno che sentirsi in colpa.
- S-si, dormiamo. -
- Pensi che faccia così per noi? - Chiese Sungmin. Non era la prima volta che affrontavano il discorso, ma non erano mai arrivati ad una soluzione. - Pensi che si senta messo da parte? -
- Vorrei tanto poterti dire di no... ma... -
Scese un breve silenzio imbarazzante, ma Sungmin scosse leggermente la testa e scattò seduto sul letto.
- Non pensiamoci adesso, vado a fare una doccia, tu fila a dormire. -
- Posso rimanere con te stanotte? - Chiese il minore speranzoso, quasi mettendo su un carinissimo broncio.
- Non lo fai tutte le sere? - Scherzò Sungmin avvicinandosi a lui e guardandolo con occhi amorevoli.
Hyukjae sorrise debolmente e annuì, poi si lasciò abbandonare sul cuscino che profumava di shampoo e di tinta per capelli e alzò una mano per accarezzare il volto di Sungmin.
- Torna presto Min, non riesco a dormire se non sei vicino a me. -
Il maggiore sorrise e gli baciò la mano, per poi scendere sulle sue labbra delicatamente.
- Torno presto, dormi Hyukjae. -
E gli diede un bacio...
- Dormi amore. -
...e un altro.


 


- note -
Non c'è molto da dire su questo capitolo, ma siccome non voglio arrendermi all'idea che non ci sia più nessuno che legge in questo fandom vi ricordo che un commento o un segno di vita (anche solo inserendo la storia tra le seguite) è sempre ben accetto! Inoltre vi ricordo, soprattutto a chi è nuovo nella sezione, che su Facebook abbiamo un gruppo dedicato alle fanfiction dei Super Junior e che potete trovare qui >>
Al prossimo capitolo e grazie a chiunque leggerà questo~

 
Shi

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


The Lee Brothers
(3/6)


- Non così, se semplifichi in questo modo vai a complicare l'intera equazione per niente. -
Hyukjae colpì più volte il foglio di brutta copia con la penna, cerchiando e scarabocchiando numeri e lettere sparse per il foglio e sottolineando più volte il giusto procedimento per risolvere il problema.
- Così, capisci? - Chiese infine alzando lo sguardo sul fratello seduto dalla parte opposta del tavolo.
Donghae aveva le sopracciglia leggermente curvate, sembrava molto confuso ma non si poteva mai dire con lui dato che l'espressione corrucciata era diventata una sua caratteristica abituale.
- Te lo devo rispiegare? - Chiese il maggiore prendendo un foglio pulito e cominciando subito a riempirlo di scritte.
- No. No, penso di aver capito. -
Hyukjae sollevò lo sguardo e incontrò gli occhi del minore che si spostarono subito altrove. Inevitabilmente sentì lo stomaco capovolgersi e il senso di colpa cominciare a dilagare in tutto il corpo.
- Donghae... -
- Facciamo questo. - Donghae non gli diede modo di continuare la frase e finse un sorriso verso il fratello mentre gli porgeva il libro con i problemi. - Spiegamelo. -
Hyukjae lo fissò per un paio di secondi indeciso se riprendere l'argomento o lasciar perdere, ma qualcosa negli occhi del minore, così cupi e sfuggevoli, gli fece optare per la seconda. Riportò la mente alla lezione di quella mattina e prese a spiegare la soluzione del problema al fratello.
Non era raro che i due ragazzi si fermassero nella biblioteca dell'università durante le prime ore del pomeriggio, sicuramente era meglio che studiare a casa dove lo spazio era talmente ristretto che si ritrovavano ogni volta ad usare il letto di Sungmin come scrivania, e in più avevano accesso alla rete tramite i computer messi a disposizione dalla facoltà.
L'unico vero problema era che in biblioteca Hyukjae non riusciva mai a parlare seriamente con Donghae, il minore riusciva sempre a trovare una distrazione o una scusa per evitare i vari discorsi e Hyukjae stava seriamente impazzendo per quella situazione, sapeva di dover parlare a quattr'occhi con il fratello che lui volesse o no. Non era solo Donghae il problema, per quanto Hyukjae si preoccupasse per lui e il suo muro che non ne voleva sapere di essere abbattuto, Hyukjae stava male anche per Sungmin, che si spaccava la schiena tutti i giorni e si incolpava del comportamento del più piccolo dicendo che se fosse stato più presente nella sua vita non sarebbe stato così triste e solitario. Ma soprattutto il problema riguardava lui in prima persona, non stava bene, non riusciva a capire cosa dovesse fare per migliorare la situazione e il suo unico rimedio era correre tra le braccia di Sungmin a farsi rassicurare e fingere che fosse tutto a posto. Ultimamente, però, non bastava più. Il peso nel petto di Hyukjae cresceva di giorno in giorno, i pensieri non lo facevano dormire e i baci del ragazzo non riuscivano più a confortarlo. Donghae era diventato il suo punto fisso, la sua unica preoccupazione e in qualità di fratello spettava a lui sistemare le cose, ma il ragazzo sapeva di non essere forte abbastanza per affrontare la verità, aveva troppa paura che Donghae alla fine decidesse di lasciarli.
- Quindi se vuoi trovare i due valori devi per forza fare un sistema oppure... -
Hyukjae non finì la frase che alzando gli occhi vide un gruppo di ragazze a qualche tavolo di distanza che ridacchiavano tra loro indicando Donghae.
Quest'ultimo, data l'interruzione improvvisa del fratello, si voltò a seguire il suo sguardo e in quel momento il gruppo di ragazze scoppiò in mille urla e risolini.
Donghae fece una smorfia infastidita e tornò a concentrarsi sui libri ma Hyukjae non riuscì a riprendersi subito.
- Chi sono? - Chiese con una punta d'irritazione.
Il minore soffiò con il naso e fece un gesto frettoloso per indicare che non era niente di importante e tornò a fare domande sui problemi, come se non fosse successo niente.
Hyukjae sentì un pizzico di gelosia scaldargli il petto ma cercò di ignorarla. Era istinto fraterno, giusto?
- Non lo so Hyuk, mi sembra tutto troppo semplice, forse ho saltato qualche passaggio. -
- Non è che perchè è facile vuol dire che sbagli, magari hai semplicemente capito il proces... -
Altri risolini vennero da dietro il loro tavolo e Hyukjae fulminò il gruppo di ragazze con lo sguardo.
- Chi diavolo sono quelle? - Chiese questa volta con più impazienza.
- Ma nessuno. - Sbuffò il minore senza mostrare emozioni. - Ricordi quella ragazza che si è dichiarata qualche mese fa? Sono le sue amiche, cercano ancora di combinarci assieme. -
Hyukjae sentì una morsa stringerlo dall'interno, gli tolse il fiato per un secondo e lo lasciò totalmente ed inaspettatamente a disagio.
- Non ne sapevo niente. - Disse con un filo di voce.
- No? Mi sarò dimenticato di dirtelo. -
Hyukjae si incupì improvvisamente. Quante altre cose si era dimenticato di dirgli in quel periodo? Quante atre cose si era tenuto per sé stesso?
- E... e tu che le hai detto? -
Donghae lo fissò negli occhi per qualche secondo, uno sguardo duro e spento.
- Di no, altrimenti sarei con lei adesso. -
Hyukjae non si aspettò l'ondata di sollievo che lo colse subito dopo quelle parole, la stessa che aveva provato il giorno in cui era stato adottato e la cosa, lo ammise, lo mandò in panico.
- Tutto a posto? - Chiese Donghae sempre con il suo aspetto corrucciato.
Hyukjae respirò profondamente e annuì.
- Mi sono ricordato di dover pagare la mia retta, torno subito tu continua pure gli esercizi. -
Il maggiore si alzò dal posto e raccolse la borsa da terra, se la infilò in spalla e corse, quasi scappò, fuori dalla biblioteca.
Non era la prima volta che succedeva, non sarebbe stata neanche l'ultima, lo sapeva, ma continuava a convincersi che fosse solamente un senso di protezione verso suo fratello. Doveva per forza pensarla così, lui amava Sungmin e Donghae per lui sarebbe stato solo ciò che era davvero, un fratello. Lo doveva a Sungmin, lo doveva ai suoi genitori e lo doveva anche a Donghae.
 
Donghae lasciò cadere la testa contro le braccia sul tavolo. Per quanto tempo avrebbe potuto andare avanti? Ogni giorno gli sembrava essere sempre più difficile nascondere i suoi sentimenti ed oltre a soffrire doveva combattere contro il suo egoismo, contro il modo in cui nonostante sapesse di far male ai suoi fratelli, non riusciva a nascondere la sua avversione per quello che avevano e che lui non avrebbe mai potuto avere. Ed ora ci si metteva anche Hyukjae, lui che pensava di essere bravo a nascondere i suoi sentimenti ma che per Donghae era un libro aperto.
- Dannato Hyukjae. - Sussurrò tra sé e sé. Non bastava sbattergli in faccia che fossero solo fratelli, adesso doveva pure fare il geloso, dando la speranza a Donghae che continuando a fare l'egoista, forse sarebbe riuscito ad ottenere ciò che voleva.
 
- C'è un aeroporto qui vicino o è solo il mio cuore che sta prendendo il volo? -
Sungmin sospirò esasperato dopo l'ennesima frase da rimorchio di Kyuhyun, il market era aperto da soli quindici minuti e il ragazzo stava già pensando di stendere il suo nuovo collega con una mossa di taekwondo per toglierselo di torno.
- Aspetta, senti questa. Tuo padre deve essere un panettiere perchè hai davvero due belle pagnotte laggiù. - Kyuhyun si leccò le labbra e squadrò Sungmin da cima a fondo.
- Okay questo è troppo. Prendi il mocio e comincia a pulire. -
Ma Kyuhyun se ne stava immobile dietro il bancone, un gomito appoggiato sul ripiano e la testa appoggiata al palmo con sguardo sognante.
- Sei per caso un orfanotrofio? Perchè vorrei darti dei bambini. -
Sungmin ridacchiò improvvisamente divertito dalla cosa e per quanto non volesse darlo a vedere, Kyuhyun dovette accorgersene.
- Ti è piaciuta? -
- Stai forse dicendo che sei un passivo Kyukyu? -
- Per te posso essere qualunque cosa tu voglia. -
Sungmin scoppiò a ridere e riprese a spazzare per terra. Quel ragazzino era davvero irritante a volte e non sopportava l'idea che per dare lavoro ad uno scansafatiche tale, lui ci aveva dovuto rimettere lo stipendio. Ma sotto sotto avere qualcuno che gli tenesse compagnia la notte non era poi così male e si sentiva anche più al sicuro.
- Ehi Sungmin. -
- E' Sungmin hyung per te. -
- Come vuoi. Sungmin hyung, mi devi un drink. -
Sungmin lo guardò con un sopracciglio alzato non sapendo bene cosa aspettarsi.
- Perchè? -
- Perchè quando ti ho visto ho fatto cadere il mio. -
Il maggiore si morse un labbro per non ridere e prese un pacchetto di patatine (la prima cosa a portata di mano) che gli lanciò addosso per farlo smettere.
In quel preciso istante la campanella del negozio trillò e Sungmin si girò di scatto, abbandonando la scopa contro uno degli scaffali.
- Signor Kim buonasera! La stavo aspettando. -
L'uomo entrò nel locale scuotendo la testa e liberandosi dalle gocce di pioggia. Indossava il suo solito completo grigio con cravatta di ogni giorno, Sungmin aveva immaginato fosse la sua divisa da insegnante, e sulla spalla aveva appesa una valigetta in cuoio dall'aria antiquata.
Quando l'uomo si posizionò davanti alla cassa lanciò uno sguardo confuso a Kyuhyun e si voltò subito in cerca del suo cassiere abituale.
- Un'altra serata di pioggia amico mio, ero venuto a farti un po' di compagnia ma vedo che oggi te la passi bene. -
Sungmin si affrettò a prendere il suo solito posto dietro la cassa, non prima di aver tirato una spallata a Kyuhyun facendolo spostare.
- Kyuhyun lui è il signor Kim. - Cominciò a dire il maggiore. - E' un nostro cliente abituale, viene qui quasi tutte le sere e per nessun motivo dovrai essere scortese con lui. -
Il signor Kim fece un inchino plateale e mostrò un debole sorriso.
- Kyuhyun, eh? Eh così tu devi essere la persona di cui mi ha parlato Sungmin. - Aggiunse poi strizzando l'occhiolino al biondo che arrossì e mise le mani davanti a sé già pronto per chiarire il malinteso, ma Kyuhyun fu più veloce e con uno scatto si infilò in mezzo ai due guardando l'uomo dritto negli occhi e annuendo.
- Sì esatto, sono il suo ragazzo. -
Sungmin fece un lungo respiro, afferrò il nuovo commesso per il colletto e lo cacciò fuori dalla sua postazione intimandogli di mettersi a lavorare, suggerimento che Kyuhyun non seguì minimamente, ma per lo meno rispettò gli spazi e si appoggiò al bancone dalla parte dei clienti, osservando il signor Kim con aria incuriosita.
- Kyuhyun è il nuovo commesso del market, ha cominciato ieri e se avessi saputo che il mio "aiutante" mi avrebbe aiutato così poco, non avrei mai chiesto di assumere qualcun altro. -
Il signor Kim annuì. - Capisco. - Poi aprì la valigetta al suo fianco e ne tirò fuori svariati fogli e cartelline che posò sul bancone con sguardo sognante.
- Sono venuto a mostrarti una cosa. - Disse l'uomo allungando un foglio a Sungmin. - Oggi sono passato in banca dopo il lavoro. Ho finalmente aperto un conto per la mia Lady. -
- Dice sul serio? Ma è fantastico! - Sungmin spalancò gli occhi e sorrise, sinceramente felice per quel piccolo traguardo. In un qualche modo, vedere il signor Kim che alla sua età ancora non si dava per vinto e continuava ad inseguire il suo sogno, lo faceva stare bene, gli faceva credere che anche per lui c'era ancora tempo, non avrebbe vissuto per sempre dietro ad una cassa, ma prima o poi avrebbe colto l'occasione e avrebbe dato una svolta alla sua vita.
- Mi sembra di essere un passo più vicino al mio obiettivo. E per festeggiare ho aggiunto un'altra tappa al mio viaggio: l'Egitto. Per un docente di storia è un posto da visitare almeno una volta nella vita, ancora meglio se accompagnato dalla mia Lady. -
Kyuhyun sbucò dall'alto della spalla del signor Kim e diede un'occhiata ai fogli e alle cartine con segnato il percorso desiderato dall'uomo.
- Beh, sarà felice questa sua Lady, le ha anche aperto un conto in banca. Stia attento che non spenda tutto in scarpe e borse firmate, mia madre lo fa sempre. -
Sungmin e il signor Kim scoppiarono a ridere all'unisono sotto gli occhi perplessi del minore.
Il biondo allora rovistò tra la pila di fogli sul ripiano e ne estrasse una foto in bianco e nero di una grossa imbarcazione più simile ad un battello che ad un peschereccio.
- Lady non è una persona, è una barca. Il signor Kim vuole comprarla per girare il mondo, a partire da Venezia. -
Kyuhyun mimò una 'o' con la bocca e annuì silenzioso, poi soffiò fuori l'aria in quel modo altezzoso che aveva sempre e lasciò cadere la foto della barca sopra il resto dei fogli.
- Io l'ho vista Venezia, non è il mio genere. Troppi ponti, troppi turisti... troppi uccelli. -
- Beh secondo questa descrizione dovrebbe essere assolutamente il tuo genere. - Lo punzecchiò Sungmin.
Il più piccolo rimase in silenzio per tutto il resto della conversazione, sapendo di rischiare di venire preso in giro ad ogni parola detta, ma la cosa non gli dava fastidio, anzi, era felice che Sungmin gli tenesse testa, sarebbe stato ancora più divertente cercare di conquistarlo.
Alla fine il signor Kim ripose tutti i suoi fogli dentro la valigetta e mise sul bancone un pacchetto di mentine e qualche spicciolo, insistendo questa volta per pagare. Sungmin lo salutò con energia dicendogli di tornare ogni volta avesse voluto e che voleva sapere tutto sugli aggiornamenti del viaggio, al che il signor Kim lo ringraziò con una stretta di mano ed un sorriso. Poi Sungmin vide l'uomo girarsi verso Kyuhyun e dargli un colpetto sul fianco con la valigetta, sul volto uno sguardo complice.
- E tu, Kyuhyun, non arrenderti. Non fartelo scappare. -
Sul volto del ragazzo si dipinse un ghigno.
- Non lo farò, può starne certo. -
 
Quando Sungmin aprì la porta di casa, sapeva già che avrebbe trovato i fratelli svegli, ma non pensava di vederli ancora piegati sui libri sopra il suo letto alle tre di notte.
Hyukjae era appoggiato al muro con il fondo di un evidenziatore tra le labbra e Donghae seduto sopra i cuscini (come Sungmin gli diceva sempre di non fare) teneva in bilico sulle ginocchia un grosso libro.
- Sono a casa. - Disse il maggiore con voce stanca e chiudendosi la porta alle spalle. - E voi dovreste essere a letto. -
Donghae guardò in basso e poi subito riportò gli occhi sul maggiore. - Infatti ci siamo. -
Sungmin sospirò. - Il vostro letto, dovete dormire. -
- Ti stavamo aspettando. - Disse Hyukjae alzandosi e camminando a piedi nudi fino a Sungmin per dargli un bacio, ma all'ultimo si ricordò di Donghae dietro di lui e deviò la direzione appoggiando le labbra su una guancia.
Sungmin guardò in direzione di Donghae subito dopo e vedendo che aveva abbassato lo sguardo, probabilmente cercando di dar loro un po' di spazio, si avvicinò nuovamente a Hyukjae stampandogli un bacetto sulle labbra. Se non che Hyukjae stesso venne preso alla sprovvista e all'ultimo cercò di ritrarsi nonostante non fu abbastanza veloce da riuscirci.
- Tutto bene? - Chiese il maggiore.
- S-sì, mi hai solo sorpreso. - Disse debolmente e gli diede un altro bacio come scusa.
Donghae a quel punto si alzò dal letto del maggiore e diede una buonanotte veloce, senza soffermarsi su nessuno dei due fratelli. Si chiuse in camera sua come ogni sera con il forte boato della porta che sbatté e lasciando Hyukjae e Sungmin ad osservare la scena con rammarico.
- Cosa dobbiamo fare con lui? - Chiese Sungmin con gli occhi che quasi gli si chiudevano dalla stanchezza.
- Ci parlerò io. -
- E' settimane che dovresti parlargli tu. -
Hyukjae sentì le mani tremare a quelle parole. - Lo farò davvero questa volta, è solo che... mi sembra di avere un aeroporto in testa, confusione da ogni parte. -
A quelle parole Sungmin ebbe un flashback improvviso di Kyuhyun al lavoro che lo guardava con quegli occhi famelici e quel ghigno che Sungmin doveva ammettere, un po' lo divertiva e un po', solo un pochino, lo lusingava.
 " C'è un aeroporto qui vicino o è solo il mio cuore che sta prendendo il volo? "
Sungmin era sempre stato abituato a doversi prendere cura dei suoi fratelli, era lui a dover dare le attenzioni ma per una volta sentirsi apprezzare da qualcuno, seppur un moccioso come Kyuhyun, lo faceva sentire come un ragazzo qualsiasi, era una bella sensazione.
Ma con Hyukjae davanti a lui non riusciva a vedere una vita diversa al momento, era lui la persona che amava con cui aveva passato la vita e con cui avrebbe voluto trascorrere anche il resto dei giorni.
- Hyuk devi dormire anche tu, domani ci penseremo meglio, okay? -
Ma gli occhi di Hyukjae erano fissi sulla porta della camera di Donghae, lo sguardo perso, malinconico, colpevole.
- Hyuk, non è colpa tua. Donghae ha solo bisogno di capire che non lo metteremo da parte solo perchè adesso stiamo assieme. - Sungmin diede un bacio sulla fronte del ragazzo. - Quando anche lui troverà qualcuno lo potrà capire meglio. -
Hyukjae distolse lo sguardo per non mostrare quanto quelle parole lo ferissero. Lui voleva stare con Sungmin, aveva bisogno di Sungmin, ma perchè allo stesso tempo non voleva che Donghae potesse avere lo stesso? Perchè non sopportava l'idea che anche lui potesse essere felice con qualcuno?
- Andiamo a dormire, su. - Sungmin lo spinse verso il letto ancora sommerso da libri e penne e dopo aver gettato tutto a terra si infilò sotto le coperte senza neanche preoccuparsi di mettere il pigiama. Hyukjae lo seguì subito dopo distendendosi e facendo un lungo respiro. Sapeva già che quella notte il sonno non sarebbe andato a trovarlo.
Sungmin si addormentò quasi subito ma Hyukjae rimase a fissare il soffitto, un braccio sopra gli occhi e le orecchie tese a percepire ogni tipo di suono. Dai fruscii delle lenzuola il ragazzo capì che anche Donghae non dormiva e per un attimo ebbe la tentazione di uscire dal letto e andare da lui. Iniziò ad immaginare a cosa sarebbe potuto succedere se lo avesse fatto davvero, magari avrebbero parlato, magari Donghae non gli avrebbe nemmeno aperto o magari quella notte l'avrebbero passata assieme, abbracciati come quando erano piccoli.
 
Fu pensando a Donghae che dopo molti minuti il ragazzo riuscì ad addormentarsi, nei suoi sogni il fratello era felice, sorrideva e gli correva incontro solare come un tempo. In disparte Sungmin li guardava con sconforto, le sue labbra si muovevano velocemente e Hyukjae ci mise un po' per capire cosa dicessero.
"Devi decidere, Hyukjae. Devi fare la tua scelta".
 

- note -
non ho molto da dire su questo capitolo, non è facile far succedere le cose a rilento quando si hanno così pochi capitoli, ma mi ero promessa che sarebbe stata una storia corta quindi perdonatemi se vi sembra tutto troppo veloce. Per prima cosa oggi dobbiamo fare gli auguri al nostro leader ♥ e secondo ormai siamo arrivati a Luglio, tra due settimane la 86line avrà il suo rilascio e tra pochi mesi avremo il nostro atteso comeback. Rispetto ad una volta si vede come il fandom si sia preso una pausa, un po' mi dispiace perchè ricordo quando questo posto era vivo e più attivo che mai. Spero che con il ritorno del gruppo anche le fan escano dal loro hiatus e dato che ormai ho già concluso la storia, la pubblicherò lo stesso sperando che ci sia qualcuno che, magari silenziosamente, la legge. Se ci siete e volete dare un segno come sempre è un grande onore~
Al prossimo capitolo, 
Shi

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