Estate

di Federica20000824
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Firenze, 1481

Dalla finestra, la luce tiepida entra e si posa sulla mano di un giovane assorto nella sua arte. Scrive con calma, ogni appunto è fondamentale.
I capelli lunghi gli ricadono sulla fronte a tratti, ma vengono subito scostati dalla sua visuale. Questa non è che l'ultima di una lunga serie di traduzioni dall'originale latino.
In poco tempo sarà in grado di comporre lui stesso.

"describent radio et surgentia sidera dicent:
tu regere imperio populos, Romane, memento
hae tibi erunt artes, pacique imponere morem,
parcere subiectis et debellare superbos."


Le parole scivolano sotto il suo sguardo affamato e sotto il pennino, nell'inchiostro scuro.
Lentamente si fanno spazio nella sua mente e nel suo cuore.
Da quando ho deciso di essere solo spettatrice della sua esistenza, senza aspettarmi alcun ruolo importante in essa, che pur tanto bramavo, ho iniziato a diventare sempre più essenziale alla sua quiete.


 

Non ha mai amato le feste, non ha mai amato i ricchi abiti degli aristocratici e degli alti borghesi. A maggior ragione, non gli piace osservare la gente, passatempo che invece io prediligo.
Per questo apprezzo questo genere di banchetti più degli altri.
Posso osservare senza essere osservata.
Eppure quando la vede per la prima volta percepisce solo un leggero formicolio.
Il bell'abito blu fascia il suo corpo con leggerezza, il collo chiaro ed elegante è scoperto dal velo che le trattiene i capelli. Gli occhi profondi sono incorniciati dalle lunghe ciglia scure, le labbra pallide completano il viso delicato. Il suo sguardo sicuro scorre sugli invitati che le si accostano. Lui lentamente inizia a portare l'attenzione sempre più su di lei. Segue i suoi gesti aggraziati con attenzione, determinato a riprodurli con le parole.
A poco a poco quella figura non gli è più indifferente, ma diventa l'unica che desidera vedere, che desidera cercare e trovare.
La lega a sé da lontano, solo con lo sguardo, mentre tenta di raggiungerla, per tutta la sala, cercando invano di passare fra gli altri cortigiani.
Lo vedo un'ultima volta prima di essere invitata a ballare dal Signore, mentre i palmi delle loro mani si sfiorano, nel ballo vivace e divertente.
I loro sguardi sono incatenati, i fianchi si sfiorano appena nel giro veloce che la canzone richiede.
La musica trascina con sé tutto ciò che è in grado di percepirla.
La bellezza è catalizzante, i colori ipnotici, le stoffe preziose di Venezia si sfiorano mentre accompagnano i passi degli invitati.
Il Magnifico ha composto questa canzone proprio in occasione dell'imminente primavera.
Affascina, con un'ombra di velata tristezza, e cattura subito l'attenzione, con il suo semplice eppure fondamentale ritornello.
È la mia canzone preferita.
Quando la musica si interrompe, e lo cerco con lo sguardo tra la folla, lo trovo ad offrirle il mantello, prima di uscire con lei nel giardino.
La luce fredda della luna illumina loro il percorso.
La musica ricomincia in un soffio e vengo trasportata nuovamente nel vortice brillante di divertimento che mi svuota e mi riempie allo stesso tempo.
Mi ritiro presto nella mia stanza, e mi sdraio subito, sfinita dalla serata appena trascorsa.
Mentre i sensi mi abbandonano, sento la porta della sua camera aprirsi e chiudersi subito dopo, e sospiro tranquilla.


 

La mattina splende della limpida luce di fine primavera. Termino in fretta la filastrocca per Lucrezia, che a soli undici anni è di una spiccata sensibilità alla bellezza, per la gioia di suo padre.
Desidero passeggiare semplicemente lungo l'Arno, ora che il tempo lo consente. Metto il mantello e mi copro il capo, dal momento che devo perlomeno essere discreta. Non potrei uscire sola.
Mentre scendo le scale silenziosamente, lo vedo scrivere. È chino sul foglio, vicino alle parole. Occupa tutto il tavolo al centro della piccola sala.
Gli occhi rapiti, un piccolo solco fra le sopracciglia, e la luce dell'ispirazione brilla nel suo sguardo. Uscendo dal portone scorgo Leonardo affettarsi verso gli appartamenti del Magnifico con un grande disegno in mano. La città mi accoglie in un vocìo famigliare e rassicurante, i colori e i profumi provenienti dai banchi mi investono. Le persone parlano, ridono, corrono in giro, i bambini guizzano fra le gambe degli avventori, come me. I proprietari chiamano a gran voce i possibili acquirenti, mentre le donne e le serve assalgono il carro di stoffe di Venezia, sperando in un affare. I lamponi, da una cassetta, richiamano l'attenzione di una bambina di circa cinque anni, a cui brillano gli occhi. Prima che il venditore possa scacciarla, gliene compro una manciata, e il sorriso che le si allarga sul volto vale molto più di mille ringraziamenti. Dopo aver lasciato il mercato, passo da Santa Maria del Fiore per una preghiera, e poi subito mi addentro per le vie strette del centro.
Mentre passeggio per le botteghe, la vedo avvicinarsi, con il sorriso baciato dal sole, e due dame al seguito. In un primo momento penso che si diriga alla casa del sarto, poco distante, poi però mi rivolge un saluto curioso. Mi inchino leggermente, e lei congeda le dame.
Deve riuscire a vederlo.
Deve potergli parlare.
Devo cercare almeno di aiutarla.
Torniamo così al palazzo insieme, in un silenzio imbarazzato. Non mi sento a mio agio con la nobiltà. Attraversato l'ingresso principale, la conduco al giardino interno per le cucine. Non si addicono al suo incedere elegante e ai suoi modi raffinati, e questa curiosa opposizione dovrebbe essere immortalata per iscritto.
"Vivete con lui?" Mi domanda infine. In primo luogo credo stia solo scherzando, ma i suoi occhi seri mi suggeriscono la sua totale estraneità al palazzo.
"Abbiamo le camere attigue, e studiamo insieme. Condividiamo la biblioteca e due salette più piccole." Tiene lo sguardo dritto davanti a lei, ma sospira sollevata, mostrando per un momento la sua umana preoccupazione gelosa.
È tenera.
Usciamo dal corridoio che porta al giardino, e lui sta osservando il merlo che cerca di studiare dall'inizio della stagione. Il prezzo da pagare per avere un'aquila in regalo dal Signore per il suo diciottesimo compleanno.
Quando si vedono, sento il respiro di entrambi arrestarsi per un momento, insieme ai loro cuori, che iniziano a battere subito più velocemente.
Lui si inchina leggermente, prima di rivolgerle la parola.
"Il motivo della vostra visita?" Cinguettii di domanda e risposta distolgono la mia attenzione dalle loro parole, la rivolgo così al nido che controllo da qualche settimana, vicino alla finestra delle stanze del Magnifico. Gli uccellini sono usciti e, chiamati dalla madre, volano sul davanzale delle cucine, poi sulla siepe, dove si dispongono in una fila ordinata seppur chiassosa.
"Dovevo vedervi." Gli sorrido, poi mi dileguo silenziosamente sussurrando un "Con permesso.".
Iniziano a passeggiare per il giardino, le loro mani si sfiorano, e le loro braccia a tratti si toccano, creando un contatto che manda brividi ad entrambi.
La tensione è palpabile.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Tenta di leggere ciò che Leonardo scrive da mesi oramai, da quando sono riuscita a scoprire i suoi disegni. Ma Leonardo fra poco andrà a Milano, e li porterà con sé.
Il Magnifico ce lo aveva presentato come un semplice inventore, ma con più l'osservavo, e con più mi convincevo che non era possibile. 
È eclettico.
È un genio.
Gli ha commissionato in marzo un'opera... da come ne parlavano nel suo studio, dovrebbe essere sbalorditiva. A dire il vero, tutto ciò che crea è sbalorditivo.
Convince a credere nella grandezza umana. Le sue parole sono poche, ma così incredibilmente giuste, da farmi sentire in imbarazzo solo a rivolgergli una frase. I disegni che ho trovato erano così perfetti, così splendidi e incredibili, da costringermi a guardarli più del dovuto.
Stavo per essere scoperta, quando mi ha trascinata via, e ci siamo nascosti dietro la tenda pesante. Siamo rimasti vicini, poi, una volta uscito Leonardo, abbiamo ricominciato a guardarli. E mi sono resa conto di quanto io sia insignificante davanti all'umanità. 

Quanta vita è sfuggita nella vana ricerca di ciò che non ci serve.
Quanto tempo sprecato
a struggersi errando. Quanto amore sofferto avrebbe potuto non esserlo.


 

Studia meno regolarmente, sempre più si diletta a comporre sonetti e canzoni, ma non sembra dispiacere al Signore.
Tutt'altro: anche lui ama quest'ozio quando trascorre brevi periodi nelle tenute di campagna.
Chiudo il Decameron e lo poso cercando di non disturbarlo, per poi affacciarmi alla finestra. 
La città scorre instancabilmente, inesorabilmente, insensibilmente sotto i miei occhi e sotto i miei piedi. Osservo la sua vita scivolare davanti a me, senza essere mai davvero in grado di osare mettermi in mezzo. "Aveva una veste di pizzo bianco, ed era seduta al mio fianco, mentre ero sdraiato, e l'ho vista più in alto e..." Sono le prime parole che mi rivolge oggi, e mi si allargano nel cuore, perché il suo è pieno di gioia. 
"...e..?" Lo incalzo, mentre vedo nascere un sorriso che tenta di nascondere invano.
"...e mi ha guardato negli occhi. Le ho messo il cuore in mano, lei lo ha preso, lo ha distrutto, e lo ha ricostruito. Lo ha ferito e lo ha guarito, sempre tenendo il suo sguardo dentro di me.
Mi ha ucciso e mi ha riportato a vivere.
E solo in quel momento ho realizzato che non avevo ancora vissuto davvero." Lo continuo ad osservare, mentre le sue parole, che fluiscono dal cuore, si riversano nel piccolo spazio che ci separa.
"Ho realizzato che è la creatura più meravigliosa del mondo, e mi rende l'uomo più completo, guardandomi come solo lei riesce." Quando esce dallo studio, inizio a scrivere. 

Nessuna la supera in grazia, Chi potrà mai in amore?


 

Il suo sguardo si illumina ogni volta che incrocia la vista della giovane. Scorre discreto sulle sue spalle, sul seno, sulla pancia, e sulle mani. Non ha paura, non hanno paura.
La percezione è innata. 
L'amore si costruisce.
Le ciliegie le ornano i capelli e il petto
Il suo incedere è lento ed elegante.
Lei è elegante, è amore.
Non ha nulla della salvezza del dolce stile, perché lei non ha bisogno di salvarlo.
È stato salvo nel momento stesso in cui i suoi occhi hanno visto la luce.
Lui le corre incontro, gli ho detto di averla vista dalla finestra. La strada diventa il teatro della dolcezza del loro rapporto. Non si vedono da giorni, perché il Magnifico ci ha portati con lui a Siena.
Nonostante non ami portarmi con lui, dal momento che non mi difendo da sola, dice che non può fare a meno di una donna nel suo seguito. E visto che la Signora non è adatta, spende centinaia di fiorini per la nostra istruzione, e da che questi viaggi diplomatici potranno solo migliorare le nostre vedute letterarie, ci porta con sé.
La abbraccia stretta, mentre le sue dame si appoggiano al parapetto del ponte sull'Arno su cui la finestra del palazzo di affaccia.
Resto incantata, spettatrice dei loro sguardi incatenati, ad ammirarli dall'alto, a chiedermi come una meraviglia tale possa essere accaduta. Restano ad un respiro, uno dall'altra, finché le labbra che si cercavano, finalmente si trovano in un bacio disperato.
Distolgo lo sguardo, riportandolo velocemente sul mio lavoro incompiuto: la Commedia, aperta sul Canto V dell'Inferno, mi ricorda che l'amore è tanto inevitabile quanto immortale.


 

Apro la finestra sul buio della notte.
La mia parte del giorno preferita.
Dall'altra parte della strada, l'Arno mi chiama. La sua voce, seppur più chiara, è più sottile del solito. Sussurra il mio nome, insieme a quello dell'umanità.
Centinaia di nomi di uomini e donne mi accarezzano in breve il viso, e le orecchie.
Scendo silenziosa. La guardia, sulla porta, mi lascia passare senza domandare.
Ha imparato a non ricevere risposta.
L'estate mi accoglie. La notte mi abbraccia. Cammino un poco, poi, arrivata all'albero, mi ci siedo sotto. Ascolto ora la padrona di casa. La sua voce è composta di migliaia di altre voci, un coro che ogni anno, per settimane si improvvisa.
Le lucciole, lungo le rive dell'Arno, illuminano quelle che da bambina credevo le locande degli animali.
I fiori, chiusi e dormienti, come la città.
"Sei prevedibile." Dice con un sorriso, mentre si siede al mio fianco.
"Amare la Bellezza non è essere prevedibili, altrimenti lo saresti anche tu." I suoi occhi limpidi si rivolgono alla luna, poi al paesaggio sotto di essa.
"Trovi la Bellezza nella notte." Afferma poi, più per convincere se stesso che per comunicarmelo.
"Quando vedo questo genere di notti non posso che unirmi a te in quest'idea." Quando sto per aprire la bocca per rispondergli, si alza e torna indietro, lasciandomi sola nella notte che avanza.
È stato breve ma intenso, come tutte le nostre conversazioni.
Vorrei passare più tempo insieme a lui a parlare, perché scorre troppo velocemente e mi sfugge dalle mani. Nonostante tutti questi anni, non riesco a non essere ogni volta più affascinata dalla sua mente, dai suoi pensieri e dalla sua capacità di provare certe emozioni. 
Resto incantata nel vederlo innamorarsi.


 

Sorrido alla risposta di Cavalcanti, prima di leggere che gli altri cavalieri non hanno compreso la sua battuta.
"Io la voglio sposare."
Alzo gli occhi dal Decameron, improvvisamente seria. I nostri occhi si trovano, e vi leggo la sua sincerità e la sua decisione. Accenno un solenne assenso prima di sentire la porta schiudersi e i suoi passi allontanarsi. 
Chiudo il libro, e vado alla finestra come faccio di solito al pomeriggio.
Lo vedo correre lungo il ponte, in direzione del Palazzo della Signoria, dietro al quale vive la sua famiglia, in un sontuoso palazzo.
Ho già composto due canzoni per le feste del Magnifico, oltre a piccole novelle per Madonna Lucrezia, che ho visitato spesso ultimamente.
Nonostante la sua malattia scrive ancora vivacemente, le sue parole sembrano scaldare gli ambienti freddi e rinfrescare quelli soffocanti.

Ritorna al tramonto, mentre il cielo si tinge di rosa e arancio, sfumati nell'azzurro limpido della giornata appena trascorsa.
Si ferma sulla porta, con un sorriso velato di celata tristezza.
"Stai bene?" Chiedo da dietro il De Monarchia, abbassando subito gli occhi sui miei appunti.
"Non saprei..." Mormora sedendosi di fronte a me, di fianco alla finestra aperta.
"Cosa ti turba?" Nel momento stesso in cui gli pongo la domanda, realizzo con tenerezza che i nostri ruoli sono invertiti: di solito è lui ad informarsi sui miei turbamenti.
"Sono convinto che la sua famiglia ambisca a qualcuno di più ricco per il suo matrimonio, e ha molti pretendenti." Chiudo il libro e lo guardo negli occhi.
"Sii felice." Sbuffa infastidito.
"Ma io sono f..." Lo interrompo, alzando la voce.
"Non è vero, non lo sei del tutto, che equivale a non esserlo. Sii felice" Abbassa lo sguardo prima di riportarlo su di me.
"Sto preparando la mia felicità per il nostro futuro... per quando potremo stare insieme davvero."
Sorrido con amarezza.
Perché è sempre meglio il futuro del presente?
Mi guarda con un sorriso di incoraggiamento, più per lui che per me, poi mi si avvicina.
"Non ti ama forse ora?"
Mi cinge la vita con le braccia e mi stringe. Sento la gioia traboccare dal suo cuore per poi entrare nel mio. Mi fa quasi male, ma non posso fermarlo, parlare o tantomeno ritrarmi. Devo solo assorbire la felicità incontenibile che lo colma.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


La carrozza che porta Leonardo a Milano è scomparsa in lontananza.
Nonostante le preghiere di Lorenzo, se n'è andato.
Ho l'impressione che lo abbia lasciato con una curiosità lacerante.
In compenso, noi siamo riusciti a leggerne gli studi. Siamo entrati nella stanza che gli era stata assegnata sull'altra sponda dell'Arno dal Magnifico in persona, che l'aveva comprata per lui perché aveva manifestato il desiderio di viverci. 
Le pareti erano ricoperte di disegni, dal soffitto al pavimento.
Sono rimasta affascinata dalle linee sottili che componevano immagini meravigliose, sinuose. Uomini.
Uomini veri, capaci di cose enormi.
Lui è un uomo vero, sa amare la bellezza. 
Il Magnifico mi compare di fianco.
Mi conduce poi nelle sue stanze. Fra le mani, una missiva sigillata cattura la mia attenzione.
"I soldi della dote lasciatavi basta ad un solo matrimonio di quella portata. Se lui vuole sposarla, questi soldi basteranno a malapena, e mio malgrado, non posso disporne altri. Tuttavia non mi hai parlato di matrimonio, e ho ricevuto da alcune corti richieste di lasciarti partire per unirtivi.
È un'occasione per allargare gli orizzonti, per prendere parte alla grandezza della natura umana.
Inoltre hai terminato gli studi, credo sia ora per te di scoprire, di vedere, di conoscere."
La bellezza stupefacente di quest'uomo si illumina di un sorriso sincero.
Ma io non voglio partire.
L'Arno scorre sereno al mio fianco, la sua voce silenziosa accompagna i miei pensieri e i miei ricordi. Quando sono arrivata qui da bambina, e la carrozza si è fermata davanti a Santa Maria del Fiore. I suoi colori hanno catturato il mio sguardo, la sua magnificenza il mio cuore.
Il Signore, che lo era da solo un anno, mi ha accolta a corte, teneramente. A soli sei anni ero concentrata negli studi letterari.
Lui è arrivato due mesi dopo, smarrito ed estasiato, perso eppure incredibilmente a suo agio.
Io ero stata scacciata, lui era stato mandato per amore.
La mia famiglia non aveva bisogno di me, solo mio nonno si era preoccupato che parte della sua eredità andasse a me, mentre i suoi genitori sapevano che il suo amore per l'umanità lo avrebbe ricolmato di gioia. La mia piccolissima parte di dote era stata unita alla sua, per crearne una più ingente.
Li osservo nel giardino, lei è sdraiata sull'erba rigogliosa. Ha la testa appoggiata in grembo a lui, e ha il petto ornato da ciliegie mature. Lui le accarezza i capelli lunghi dolcemente, talvolta le sfiora le labbra con un bacio leggero.
Un servo li chiama, così si alzano in fretta, ed altrettanto velocemente ci raggiungono nell'appartamento del Magnifico. Quando entrano, non ho la forza di guardarli negli occhi. Mi metto sul fondo della stanza, fissando la scena. Non sento nemmeno le loro parole.
Ma i loro sorrisi si illuminano uno della luce dell'altro.
Il loro bacio lievita d'amore.
Non sono più qui di fronte a me, sono volati nel loro mondo.
Lontani da noi persone non capaci di amore vero.
Imprigionati dalla libertà che hanno nello stare abbracciati.
Ora, senza dote, non avrò mai un matrimonio. E senza matrimonio non posso restare a Firenze.
Ed è esattamente il desiderio di Madonna Clarice.
Nel momento stesso in cui mi rendo conto di ciò che accade, voglio scappare da me stessa, ed esco mormorando "Con permesso.".
Per il corridoio, trattengo le lacrime respirando profondamente. Io sono l'unico ostacolo alla sua gioia. Inizio a credere seriamente che sia stata la Signora ad ideare questa situazione.
E non posso che provare un dispiacere immenso, nel cuore, per questo motivo.
Lui è tutto ciò che ho, e fra poco potrei non averlo più, per renderlo felice.
Ma tenerlo, infelice, sarebbe molto più doloroso.
Io so trattare con la mia miseria, ma rimarrei spiazzata ed inerme davanti alla sua.
Per il mio egoismo.
Devo semplicemente andarmene, e fingere che nulla sia accaduto. Lasciare che vivano felici per sempre, e sperare che lei se ne prenda cura. Che lo ami davvero.
Devo semplicemente andarmene, e non guardare indietro.
Non scrivergli, non tornare e sperare di poter dimenticare lui e la città che mi ha cresciuto.
Rivivere, e sperare di cambiare orizzonti, incontrare qualcuno che mi ami come necessito di essere amata. Serenamente.
Calma, rientro nella stanza prima invivibile.
Lui guarda la città con preoccupazione, le braccia tese a sorreggerlo contro il muro.
Lei gli si fa vicina, appoggia la guancia alla sua schiena, e le mani sui suoi fianchi. Quando lui le prende delicatamente per portarsele sul petto, lei chiude gli occhi e sospira.
È una scena che mi stringe il cuore, e senza essere vista, richiudo la porta in silenzio, per buttarmi sull'inchiostro che mi aspetta nello studio. 

"Come potrei non amare?
Se fossi la sfera della Luna, come potrei non girare attorno al mondo?
Sono umana, come potrei non amare, se Dio mi ha donato questa facoltà?
Come potrei non vedere la bellezza di cui il mondo è ricolmo?
Come potrei essere indifferente alla bellezza dell'uomo?
Se Dio si è incarnato, e si è fatto uomo, come posso non restare meravigliata dalla sua infinita dignità? L'uomo è degno di Dio."


 

Camminiamo lungo l'Arno, in cui la Luna si rispecchia, splendente protagonista del cielo stellato.
Siamo soli, e il nostro discorso fitto è interrotto dalla mia domanda
"Tu vuoi sposare lei, non è così?"
Continua a camminare, fino a sedersi sulla sponda del fiume, sotto l'albero su cui ho scritto il mio primo sonetto, e ci siamo seduti spesso a leggere, in questi anni. 
"Nonostante tutto, sì."
Mi siedo al suo fianco, osservo l'acqua scorrere silenziosa.
"Hai mai pensato che avresti potuto non incontrarla?"
I nostri occhi non si incrociano, ma lo sento girarsi verso di me.
"Credo che siamo stati creati da Dio per amarci, e voglio amarla."
In questo momento realizzo che sto solo complicando le cose, mentre potrei lasciarle andare.
Potrei essere felice ora, potrei lasciarlo essere felice ora.
L'acqua scorre notturna, il mio cuore straziato cela la mia decisione, perché so che mi tratterrebbe, e nonostante la mia vita stia per essere separata da questa città, ho bisogno di sapere che lui è felice.


 

Mentre la carrozza viene preparata, bacio le mani del Magnifico, a cui ho parlato a lungo. Gli ho spiegato che intendo andare alla corte d'Este, a cui sono stata chiamata per alcune opere concordate in precedenza dai miei genitori. Gli ho spiegato che intendo vivere la mia gioia giorno per giorno, invece che rinviarla sempre più in futuro. 
E così il matrimonio si farà.
Le foglie secche iniziano a cadere, coprendo i fiori che ancora abbelliscono le rive dell'Arno. Il vento è più freddo, e il sole meno brillante. Arriva l'autunno.
Salgo, salutando molti cortigiani e molte dame che si sono fermati a salutarmi. Madonna Lucrezia ha insistito tanto per poter assistere alla mia partenza.
Tutti lo sanno.
Tranne lui.
Mentre Lucrezia, e le piccole Maddalena e Luisa mi regalano un bellissimo libro in pelle rossa, lo vedo arrivare di corsa.
"Fuggi?" Mi chiede ansimante.
Non ho intenzione di rispondergli, perché so che realizzerei che sto perdendo tutto ciò che ho conquistato. "Non mi hai detto nulla perché ti avrei fermata. Era per questo che ieri hai voluto passeggiare. Te ne vai per sempre. Io non potevo immaginare che lo avresti fatto davvero." Mi si avvicina e parla sottovoce.
"Voglio che tu sia felice, lo voglio davvero." Una sola lacrima lascia i suoi begli occhi.
"Un giorno sei qui e quello dopo te ne sei andata."
Salgo, e partiamo immediatamente. Prima di voltare l'angolo lo guardo un'ultima volta.
Lui le prende il viso fra le mani. 
La bacia. 

"Quanta bella giovinezza che si fugge tuttavia
Chi vuol esser lieto sia di doman non c'è certezza." 

Lorenzo de' Medici, 1490

 

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