Troubles in Heaven

di Captain Payne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome to Holmes Chapel! ***
Capitolo 2: *** Malik Junior and Malik Senior. ***
Capitolo 3: *** Millicent's. ***
Capitolo 4: *** The Bet. ***
Capitolo 5: *** Patriotism. ***
Capitolo 6: *** Loser, twice. ***
Capitolo 7: *** No Skatterbee, no. ***
Capitolo 8: *** Room 2420. ***
Capitolo 9: *** Boulevard des Capucines. ***
Capitolo 10: *** You should join us. ***
Capitolo 11: *** Character's First Chapter. ***



Capitolo 1
*** Welcome to Holmes Chapel! ***






 
 I 

Welcome to Holmes Chapel!



 
Dedicato a tutti quelli che, 
come me, 
non amano mettere freni ai propri sogni.





-Stavolta sento che è quella buona, quindi fai meno la sbruffona!- la porta si estendeva in sette metri e mezzo di fronte a lei, ciò che la divideva dalla rete erano quella decina di metri ed il suo migliore amico, un armadio di 1 metro ed 90 che continuava ostinatamente a voler fare il portiere nonostante l’avesse spedito già un paio di volte in infermeria.

Si allontanò a passo molleggiato dal dischetto bianco nell’area di rigore, respirando a pieni polmoni il profumo dell’erba sotto i suoi scarpini. I capelli biondi e lunghi erano stretti in una coda alta, le cui punte muovendosi le solleticavano le braccia e la schiena.
Svein era pronto, aspettava che gli fosse passata la palla per ricreare la rovesciata che la ragazza aveva da poco imparato.

Si mosse a passi piccoli e svelti per raggiungere il pallone di fronte a lei, inclinando il piede e passandolo lateralmente all’amico, con un colpo secco. 
Il tempo sembrò rallentare quando lui le rilanciò la palla che ora fluttuava in aria, poco sopra la sua testa, e lei diede le spalle alla porta mentre si lanciava verso l’alto, ruotando la gamba ed il bacino per inseguire il pallone.
Lo colpì con forza prima di cadere a terra e, nonostante il fastidioso dolore improvviso alla colonna vertebrale, si voltò di scatto per osservare gli effetti della sua azione: la palla toccò la traversa solo appena, cambiando leggermente la sua traiettoria ma finendo comunque in rete.

Si lasciò andare ad un sospiro, subito seguito dagli schiamazzi dei due gemelli che le vennero incontro con sorrisi trionfanti. Dalla sua gola si sollevò una risata prima che il petto le venisse compresso dal peso di Sebastian che si era appena spaparanzato su di lei, come a cercare di prendersi una rivincita.

-Non riesco a capire se sei nato con dei ritardi o lo fai apposta per farla vincere, ma questo confermerebbe solo che sei nato con più ritardi di quanti me ne aspettassi- l’osservazione di Svein terminò con una risata gutturale ma che esprimeva tutta la giovialità che possedeva. I capelli castani sollevati in una non troppo accentuata cresta facevano da capo ad un viso spigoloso, che terminava con una mascella squadrata e ben definita. Gli occhi erano piccoli e marroni, ma ora che stavano ridendo era quasi impossibile distinguerne il colore.

-Devo rammentarti che siamo usciti dallo stesso buco, fratellino?- lo schernì l’altro mentre si sollevava dal corpo della bionda, ormai più che abituata a quel tipo di battute ed ilarità. Svein sembrò voler controbattere ma qualcuno alle loro spalle si schiarì la voce.
Un uomo alto e con una postura rigorosa stava al loro cospetto, i segni dell’età avanzata erano visibili solo sul suo viso, per via del corpo magro e robusto, tranne che per la pancia pronunciata che spuntava fuori dal gilet scuro.

Accanto a lui stava Marion, uno dei maggiordomi più fidati che suo nonno avesse e che lo seguiva praticamente ovunque all’interno della reggia. Lei si alzò subito non appena lo vide, quella mattina era già stata avvertita di quell'incontro dalla domestica che l’aveva svegliata: suo nonno doveva scambiare qualche parola con lei il prima possibile, e in privato.
Lui, con un cenno della testa ed un’occhiata eloquente, la invitò a seguirlo lungo il campo da football, e lei gli obbedì mentre camminando toglieva qualche filo d’erba rimasto attaccato ai suoi calzettoni. Suo nonno aspettò di essere abbastanza lontano dal gruppo che avevano appena lasciato, prima di schiarirsi la voce ancora una volta ed iniziare a passeggiare lungo il sentiero lastricato del loro giardino inglese.

-Stai diventando brava Sophie e, se anche così non fosse, ho potuto far caso all’impegno che hai messo in questo sport e sarei felice per te in qualunque caso–  le disse affettuosamente, increspando i baffi col suo grosso sorriso.
Lei lo ricambiò, felice che almeno un membro della famiglia la appoggiasse nei suoi sogni, ma leggeva comunque una nota di preoccupazione nella sua espressione, come se stesse nascondendo i sospiri a malapena.

-Ma c’è altro che devi dirmi-

-Ma c’è altro che devo dirti, hai ragione, sei sempre stata una donna piuttosto perspicace- allacciò le mani dietro la schiena, giunte, forse per non mostrarle quanto le stesse torturando in quel momento. Dopo una breve pausa, seguì il resto del suo discorso: -...non c’è molto tempo e tu dovrai dimostrare di essere la nipote più scaltra ed in gamba che ho, so che ne sei in grado- Sophie sentì la preoccupazione crescere insieme ad una forte ansia, un borbottare di terribili sensazioni proprio al centro del petto: questò non fece che alimentare l'adrenalina a fiotti, come la benzina alimenta il fuoco. Un cenno della testa e lo sollecitò a continuare.

-Sapevo che le azioni di tuo zio non sarebbero potute rimanere impunite, per anni ho aspettato queste ritorsioni... ed ora che la mia candidatura sta volgendo al termine, tu e tuo fratello siete in pericolo, angelo mio– era convinta di star respirando ma in quel momento non riusciva a prendere abbastanza aria, stava affogando nelle sue stesse paure, la paura di non sapere come sarebbe andata a finire: suo nonno non mentiva mai, non con lei.

-Nessuno sa e nessuno deve sapere, c’è una spia tra queste mura, forse più di una, e non puoi più fidarti di nessuno, nemmeno della tua stessa famiglia. D’ora in poi conterai solo su te stessa, e ovviamente Svein e Sebastian verranno con te quindi non sarai mai sola- voleva dimostrare di essere forte ma la paura sembrava essersi trasformata in un’esalazione velenosa che le aveva attaccato le ghiandole lacrimali, ed ora la sua vista non avrebbe potuto essere più offuscata.

-Non potrai mai dire a nessuno chi sei, mai, se lo farai sarai in pericolo e tutte le persone che ami lo saranno con te. Tuo fratello è il diretto erede al trono per diritto di nascita, lui resterà qui con me a governare il paese ma tu... tu devi fuggire lontano dalla Svezia e dovrai eliminare qualsiasi cosa che ti colleghi qui, non rischierò mai di perdere la mia bellissima principessina- ora anche la voce di suo nonno, così profonda e calma, sembrò incrinarsi pronunciando quel piccolo nomignolo che l’aveva sempre caratterizzata nell'infanzia.

-Nonno… come posso fare? Io non so cosa fare, non so cosa sta succedendo, spiegami!–  il suo stomaco era in subbuglio e le lacrime scendevano calde sulle guance colpite dall’aria fredda, tipica in quel punto del giardino. Suo nonno la prese per le spalle e la strinse al petto, accarezzandole la schiena col palmo aperto e dondolandola appena, come faceva suo fratello con lei quando dopo un incubo.

-Tu sei Sophia Henriette Margharetha Victoria Bernadotte, principessa di Svezia per diritto di nascita e sangue del mio sangue, non dimenticarlo mai, questo nome non è solo un vanto o una responsabilità, a volte può essere un fardello, devi solo nasconderlo ad occhi indiscreti finché io e tuo fratello non avremo scoperto chi c’è dietro-

 -Glöm inte vem du är, du kan alltid räkna med mig- Non dimenticarti chi sei, potrai sempre contare su di me.

 
 



 

-Questa è la tua scheda, tieni, il volo non dura molto quindi non avremo poco tempo per imparare chi siamo, concentrazione- disse Svein mentre consegnava ai suoi due compagni di viaggio una cartella a testa, che avrebbe rappresentato la loro identità sino al rientro a casa.

-Grazie Troy Bolton–  borbottò Sebastian, schernendolo per la sua scelta di parole, ma questo prima di aprire il suo fascicolo e leggerne la prima pagina: -Caleb?! E che nome é, sembra un utensile da cucina!– strillò, e probabilmente il 60% delle persone a bordo di quell’aereo si voltò verso di loro; ovviamente, l’occhiata di fuoco da parte di suo fratello non tardò ad arrivare.

Sophie generalmente gli avrebbe rifilato una gomitata nel costato ma davvero non ne aveva la benché minima voglia. Avrebbe solo voluto chiudersi in camera sua, sedersi con la schiena contro il muro e piangere finché ne avesse avuto la forza. Come da programma, la sua vista si appannò di nuovo quando in cima alla sua cartella spiccò “Victoria Lindbergh”, così piatto, così comune, così non suo.

Svein sembrò accorgersi della sua spossatezza riguardo tutta la faccenda e si sporse vicino a lei, accarezzandole il braccio sinistro con la punta delle dita, probabilmente anche lui stava pensando che quel nome così familiare era opera di suo nonno.

-No ma scherziamo?!- chiese ironicamente Sebastian quando, voltandosi verso il fratello, lesse il suo nome in cima alla pagina: - Simon? Quindi tu farai il figo col nome del vampiro di Shadowhunters, mentre io verrò scambiato per una pentola?! Dov’è la telecamera?- nonostante l’attenzione che quella crisi aveva attirato su di loro, non poté fare a meno di lasciarsi andare ad una risata.
Forse non era vera, forse era solamente forzata, forse anche quelle dei suoi amici furono forzate, ma era sicura che in qualche modo avrebbero affrontato quel momento insieme, per quanto brutto e spaventoso potesse essere.
 



Il mattino seguente non c'era stato nessun risveglio soave ma una sola consapevolezza, che l’aveva investita non appena si era dovuta sdraiare in un letto mai visto e coprire con coperte non sue, fra quattro mura che non riconosceva affatto; quella consapevolezza le aveva divorato il sonno tutta la notte, impedendole di dormire anche per solamente cinque minuti.

Alle quattro del mattino non aveva più sopportato il calore di un letto estraneo, e così si era finalmente alzata e chiusa in bagno. Aveva guardato il tubetto della tinta lavabile castana per un tempo che era sembrato infinito:  ricambiava il suo sguardo dal lavello come se fosse un pugnale e lei stesse combattendo con la propria coscienza per non commettere un omicidio. Di quello spietato delitto le vittime erano i suoi capelli, quel biondo vaniglia che l’aveva sembra caratterizzata ed era il più lampante simbolo della discendenza reale, presto sarebbe stato rimpiazzato da un mogano cioccolato che non le apparteneva.

Aveva asciugato la chioma con calma e nostalgia mentre la guardava trasformarsi nei soliti boccoli che scendevano morbidi e dolci oltre il seno e fino allo stomaco; successivamente, aveva tolto anche la tinta dalle sopracciglia fine e, quando oramai si erano fatte le sei, era uscita dalla sua camera profumata e vestita.
Aveva sorriso quando si era infilata i vestiti che la sera prima aveva scelto con Sebastian e Svien, uno troppo protettivo e l’altro con dei gusti davvero pessimi, una cosa però era risultata certa: doveva assolutamente rifare il suo guardaroba da capo, non le era ovviamente stato permesso di portare nulla con sé.

Aveva indossato una semplice maglietta nera attillata, con le maniche lunghe ed il piccolo logo della Ralph Lauren rosso ricamato su di un lato, i bottoncini sopra il seno rigorosamente allacciati alla perfezione. Aveva poi infilato l’unico paio di jeans che avesse mai comprato, questi ultimi però erano bianchi ed non delle comuni sfumature de blu.

-Perché sei già sveglia?- borbottò Svein entrando in cucina mentre si passava furiosamente un mano lungo il viso - si sedette su uno dei sgabelli al bancone.

-La domanda giusta non è perché io sia già sveglia, ma perché tu e tuo fratello dormiate ancora– gli fece notare mentre gli sistemava una tazza di caffè sotto il naso, quest'ultima sembrò farlo rinsavire. Lui prese una generosa boccata di quell’aroma penetrante e ne bevve un sorso, prima di schiarirsi la voce.

-Cominciamo a prendere confidenza coi nostri nuovi nomi, non devi sbagliarti davanti a nessuno, io sono Simon, io e Caleb… come mi suona strano chiamare mio fratello così dopo aver vissuto con lui per vent'anni… ti chiameremo semplicemente Vic, spero che quell'idiota non faccia una delle sue solite stronzate– mormorò infine passandosi una mano tra i capelli, anche lui sembrava non aver dormito molto quella notte. Gli si avvicinò con un’espressione mista tra la comprensione e la gratitudine in volto, prima di avvolgere le braccia intorno alle sue spalle ed abbracciarlo da dietro.

-Vedrai che andrà tutto bene, io non ho paura finché ci siete voi con me- gli sussurrò vicino al viso mentre lui si lasciava coccolare dalle sue carezze; per loro era abituale quel tipo di rapporto, si conoscevano dalla più tenera età ed erano entrambi gli unici amici che avessero mai avuto. Lui abbassò per qualche attimo lo sguardo prima di notare i boccoli scuri che cadevano di fronte al suo naso: impiegò qualche attimo per elaborare.

-Allora alla fine l’hai fatta- le prese una mano così da farla volteggiare di fronte a sé ed osservarla per bene con un enorme sorriso stampato sulle labbra: -Sembri un angelo, le sopracciglia sono un tocco di classe- il suo sorriso si spense qualche attimo dopo mentre le fece fare un altro giro su stessa osservando il suo corpo.

Il vitino da vespa era stretto da una maglietta attillata nera che metteva in risalto la piaccia piatta, dovuta ad un assiduo allenamento, ed un seno appena pronunciato. Il collo fine e lungo era circondato dai capelli color cioccolato che scendevano in boccoli fino ai reni - gli occhi erano grandi, così chiari da potervi intravedere il cielo grigio del freddo inverno svedese. Per loro fortuna non era eccessivamente alta, anzi sfiorava appena il metro e settantacinque, quindi forse nella calca degli studenti nessuno avrebbe notato una creatura tanto meravigliosa.

“Ma che diavolo sto farneticando?” esordì Svein nella sua testa, di tanti momenti quello non era proprio adatto per mettersi a fare il romanticone con la sua migliore amica. "Forse è meglio andare a darsi una rinfrescata".

-Vado a svegliare quel bradipo di mio fratello-




 

[ so che è eccessivamente lungo ma resistete! L'ho fatto per poter iniziare la vera e propria narrazione direttamente dal secondo, gli altri saranno più corti! ]

 



-Lindbergh? Prego, entrate, mi avevano informato del vostro arrivo di oggi- la direttrice dell’istituto era una donna con un’espressione bonaria sul volto, eppure dava come l’impressione che al minimo intoppo potesse arrabbiarsi tanto da incenerire i suoi studenti piuttosto che sospenderli.

Non era mai entrata in una struttura scolastica fino a quel momento, e così nemmeno Svein e Sebastian. Non sapeva cosa significasse ritrovarsi a dover urlare per sovrastare gli schiamazzi degli studenti, cosa volesse dire sparlare di qualcuno di popolare o avere una scadenza per consegnare i compiti; non sapeva cosa si provasse a stare alla mercé di un insegnate e mettere nelle sue mani la tua istruzione, nonostante suo nonno l’avesse educata secondo i programmi attuali seguiti dalle scuole svedesi, quindi poteva ritenersi al passo con chiunque altro lì dentro.
Tutto ciò che sapeva riguardo la scuola ed il corpo studentesco glie lo avevano insegnato i film come Mean Girls o High School Musical, e da un lato si era sempre domandata se fosse davvero così, se esistessero davvero delle Regina George o dei Troy Bolton, e se davvero nel bel mezzo della pausa pranzo qualcuno iniziasse a cantare trascinando gli altri con sé.

-Un po’ spaesati per l’arrivo in una nuova città? Beh, nel vostro caso direi nuovo paese, da che parte della Svezia venite?-

-Stoccolma-

-Uppsala-

La preside rimase a guardare con un’espressione confusa i due giovani, i suoi occhi saettavano da quelli di Sophie a quelli di Svein. Lui le prese la mano da sotto la scrivania scura, nessuno avrebbe potuto vedere quel gesto se non la diretta interessata che sussultò interiormente, lasciando così la parola al suo amico per il resto del colloquio.

-Scusi il momentaneo diverbio tra me e mia sorella, purtroppo i nostri genitori sono separati e lei ha vissuto gli ultimi anni con nostra madre a Stoccolma- spiegò brevemente lui, e non seppe se erano i suoi modi di fare, il suo tono basso o il suo accento nordico che fecero avvampare per un attimo la donna che, rapita, lo guardava con rinnovato interesse.
Il resto del colloquio fu colmato solo con domande sulla loro vita in generale, a cui ovviamente Svein (o meglio dire Simon) aveva mentito spudoratamente. La preside consegnò una mappa topografica della scuola a quest’ultimo dopo che tutti e tre si fossero alzati, ma prima di uscire bloccò Sophie sulla porta, trattenendola ancora qualche attimo nel suo ufficio per poter parlare in privato.

-Vic, spero non ti dispiaccia un approccio più 
tête-à-tête, ma sapendo che non hai mai frequentato una scuola vera e propria voglio assegnarti una guida d’eccezione. Vedrai, sarà facile ambientarsi con lei e ti aiuterà a fare amicizia in fretta- Sophie sussultò visibilmente quando sentì la voce della donna risuonare per tutto il campus: “Whaliyha Malik è desiderata in presidenza, grazie” 

La ragazza era grata di tutta quell’apprensione, anche se si sentiva in colpa per tutte le bugie che erano riusciti a dire e le persone che avevano ingannato da quando erano arrivati in quella città.

Quello che la donna ignorava, o meglio, che era stato volontariamente omesso dalla dettagliata montagna di menzogne del suo migliore amico, era che sua madre era morta molti anni prima, insieme a suo padre, su un aereo che non aveva mai più toccato terra. Era stata cresciuta dai suoi nonni fino a quel momento ed aveva vissuto nel sogno che ogni ragazza ha sempre tenuto chiuso in un cassetto.

Questo probabilmente è come avrebbe definito una coetanea la sua vita, senza l’impegno serio dell’istruzione quanto lo fosse il suo, immersa tra le amicizie spontanee e le piccole e fugaci esperienze d’amore.
Non sapevano cosa significasse dover soddisfare le aspettative di un capo di stato piuttosto che di un insegnante a scuola, che cosa significasse non poter mettere il naso fuori dal castello se non sotto scorta e solo per qualche apparizione in pubblico nella quale avrebbe dovuto fingere, fingere che quella vita fosse agiata e soddisfacente e che lei non avesse mai sognato di fare altro, che non avesse mai avuto aspirazioni diverse.
Forse era un paradosso: una principessa che non voleva essere tale, secondo la sua opinione era la mancanza di scelta che le faceva costantemente desiderare un vita normale.

Non poteva passare il tempo prezioso del pomeriggio giocando a football coi suoi unici amici, sognare di fare le selezioni per una squadra importante, far parte di un team e giocare con competizione, perché il football non è uno sport per una principessa.
La scherma era lo sport in cui la famiglia reale dei Bernadotte era più portata ed era così che impiegava il tempo in cui non studiava per corsi avanzati di cinque lingue diverse; il pianoforte era l’arte per cui le famiglie reali svedesi erano sempre stati rinomati, ed ogni qual volta era sempre lei a dover aprire un ricevimento a palazzo con una sinfonia diversa ed un’orchestra d’eccezione.

Da quando suo fratello era stato ufficialmente etichettato come “erede al trono”, dopo la morte del padre, i due avevano passato sempre meno tempo insieme, finché erano finiti a non parlarsi per interi giorni, a volte per settimane. Il giorno prima della partenza per l'Inghilterra, l’aveva stretta in un forte abbraccio e le era quasi sembrato di sentire un singhiozzo provenire dal suo petto, ma nulla più.
Forse anche lui aveva paura e sentiva il bisogno di avere sua sorella accanto da quando avevano tentato di avvelenare un membro della famiglia reale: lei lo sapeva, suo nonno era stato costretto a rivelarglielo nonostante avessero provato tutti a mantenere il segreto almeno con lei.

Avevano tentato di uccidere suo fratello e tutto quello che lei poteva fare era fuggire, in Inghilterra, nascondersi, tingersi i capelli, cambiare nome, identità, cambiare se stessa per non mettere in pericolo il futuro del loro paese e della loro gente.

La porta dell’ufficio della direttrice si aprì violentemente e ne entrò una ragazza forsennata con una borsa a tracolla che sembrava dover pesare parecchio. Si voltò verso le due donne di fronte alla scrivania e il suo volto si illuminò in un grosso sorriso, prima che si precipitasse a stringere la mano della ragazza a cui tutto questo era nuovo.

Aveva i capelli neri e raccolti in un disordinato chignon che, abbinato alla sua corporatura minuta, la faceva sembrare più fine ed elegante. Gli occhi erano altrettanto neri da farli sembrare un tutt’uno con la pupilla; il viso truccato di più rispetto al suo ma la faceva sembrare una ragazza posata nella sua leggerezza, era solo caricato un po’ sopra gli occhi con dell’ombretto nero e argento. Indossava un maglione grigio chiaro molto più largo di quanto ne avesse bisogno e dei jeans neri piuttosto attillati con qualche strappo sulle cosce, nulla di troppo volgare anche se Sophie non aveva mai visto un abbigliamento del genere in vita sua, solo sporadicamente nei film sui teenager che riusciva a rubare dalla videoteca del palazzo.

-Buongiorno preside Raglan, passate buona vacanze? Spero di sì! Lei è nuova? Io sono…-

-Logorroica, sì Whaliyha, ti ho chiamato perché so che tu sei la persona adatta per questo lavoro. Lei è Victoria, starà con noi per il resto dell’anno e a quanto ho visto, avete molti corsi con livello eguale in comune, ma bando alle ciance, perché non le mostri un po’ il campus? Sono sicura che ci sono dei posti che potrebbero piacerle!- la donna fece un occhiolino nella direzione della nuova arrivata che si convinse, finalmente, che tutto sommato quell’esperienza non poteva essere così drammatica. Aveva la possibilità di riscoprire tutto da zero, di farsi una nuova vita, provare tutto ciò che non aveva mai provato, seguire le sue passioni; nessuno la conosceva, poteva mettersi in ridicolo quanto voleva e vivere la vita come aveva sempre sognato di fare, e non attraverso le esperienze di qualcun altro dietro uno schermo.

La ragazza non perse altro tempo e, dopo aver congedato la donna sulla porta, prese la nuova arrivata per mano e la trascinò oltre la sala d’attesa, incantandosi davanti ai due gemelli al di fuori di essa che aspettavano la ricomparsa della loro “sorella”.

-Ah… ehm… Simon? Dovrei ancora sbrigare delle faccende “burocratiche” riguardo la vostra ammissione, potreste raggiungermi nel mio ufficio?- chiese la donna che si affacciava sulla soglia. Svein sembrò pensarci un attimo ed annuì, prima di sospirare e rivolgersi al fratello.

-Tu vai con Victoria, penserò io al resto, ci vediamo all’ora di pranzo- gli disse con voce che non ammetteva repliche prima di chiudere la porta scura alle sue spalle. Ebbe come l’impressione che quest’interruzione non dispiacque affatto alla ragazza dalla pelle ambrata accanto a lei, che continuava a lanciare occhiate verso il ragazzo alla sua destra per osservarlo meglio che poteva.

Camminavano lungo il corridoio quando si voltò verso Sophie e lei ne ebbe, appunto, conferma quando sollevò più volte le sopracciglia nella sua direzione, indicando il moro con qualche cenno della testa e accompagnando i gesti con un sussurro: “Ti prego, dimmi che tuo fratello è single”.

Lei in risposta scoppiò a ridere provocando un sorriso anche nel ragazzo che aveva iniziato a camminare dietro di loro per tenere d’occhio la situazione.
Allora era così che funzionava? Adocchiavi qualcuno che suscitava il tuo interesse e facevi di tutto per creare una situazione in cui avreste potuto parlare? Avrebbe voluto ridere di spensieratezza in quel momento, felice di aver appreso una nuova verità.
Quest'ultima però la colpì violentemente sul posto, a tradimento, proprio al cuore, troncando i suoi dolci pensieri sul nascere e facendole sparire subito il sorriso appena nato sulle labbra: lei non avrebbe mai potuto sperimentare un amore così, forse non le sarebbe mai stato concesso nemmeno di sperimentare l’amore. 




 
Una sorridente principessa Sophie prima della sua trasformazione in Victoria
(interpretata dalla meravigliosa Scarlett Leithold,
anche se voi siete liberi di immaginare chi volete!)
 


 
 
Spazio Autrice:
UUUUh, lo so, siete felici di essere arrivati sani e salvi fino alla fine.
Definire questo capitolo "lungo" è veramente un eufemismo, sono praticamentre tre capitoli insieme e
giuro, mi dispiace, prometto che non ce ne saranno mai più di così lunghi
.

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Capitolo 2
*** Malik Junior and Malik Senior. ***







II

Malik Junior and Malik Senior 




 
Uscirono tutti e tre dalla calca di studenti che si era creata nell'atrio. Le chiacchiere erano tanto forti da non permettere a Sophie di capire cosa le stesse dicendo Whaliyha riguardo la struttura. Sebastian si tenne vicino a lei, non la perse di vista nemmeno un instante mentre indisturbati lasciavano quel luogo e si dirigevano al di fuori delle mura fredde. Quando si accorse che la calca era visibilmente diminuita capì che si stavano semplicemente avviando verso i campi sportivi, e pensò che magari in questo campus non c'era tanto interesse per il decathlon quanto in Svezia, dove sembrava essere l'unica cosa in voga ovunque, che fosse in tv o in strada, ed era così anche a palazzo.

-Venite, voglio presentarvi le mie amiche!- esordì lei non appena finì la piccola scalinata che portava agli spalti. Scesero insieme i pochi gradoni che li dividevano dai posti a bordo campo, senza nemmeno l'accenno di fiato corto, cosa che invece sembrava essere di normale amministrazione per la mora che li scortava.

-Più lontane la prossima volta, mi raccomando, sedetevi nella palestra delle cheerleader già che ci siete!- esclamò sarcasticamente e con qualche pausa per riprendere fiato durante la frase. Si fermò di fronte a due ragazze che la guardavano con un'espressione confusa, a stento soffocavano le risate.
Whaliyha si piegò in due poggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato, poi lasciò cadere la borsa a terra con un tonfo sordo. Sebastian le si fece cautamente accanto e le diede qualche colpetto leggero sulla schiena, dando una voce all'Adone che già si stava formando nella testa della giovane ragazza: "Hai bisogno di un po' d'acqua?" le chiese, con quel suo accento dell'est che rischiava di far esplodere gli ormoni della moretta. Le due ragazze di fronte a loro si guardarono con un sorriso sadico prima di voltarsi verso i tre nuovi arrivati sulla scena.

-Cosa ci siamo perse?- chiese quella che delle due aveva una folta chioma bionda e riccia, un biondo troppo chiaro rispetto alle sue sopracciglia per essere naturale, non come il suo. Sophie sospirò, sollevando poi lo sguardo sull'immenso campo dal football che avevano davanti.
Il respiro si bloccò nel suo petto, quasi come se si fosse impigliato fra le costole della cassa toracica.
Non si sarebbe mai più pentita di essere stata spedita in quel posto invaso da adolescenti selvaggi ed in piena crisi ormonale.

-Loro sono Victoria e... perdonami, non ricordo il tuo nome...- sussurrò a Sebastian che gonfiò conseguentemente il petto, come a voler attirare i loro sguardi già di per sé ammaliati. A Sophie sembrò di guardare uno di quei documentari su cui veniva interrogata a 9 anni: "E il pavone si pose di fronte alle sue ammiratrici, aprendo la coda ed iniziando il suo spettacolo".
Scoppiò a ridere prima ancora che Sebastian potesse fare una delle sue stupidaggini, come dire il suo nome vero ad esempio, e si mise accanto a lui rispondendo al suo posto.

-Lui è Caleb, mio fratello maggiore, ci siamo appena trasferiti dalla Svezia e speravamo di poter fare amicizia con persone normali, a dir la verità... non come quei selvaggi nel corridoio principale- si voltò verso Whaliyha quando calcò sulle parole "mio fratello" e le fece l'occhiolino, aspettando infine una risposta dalle due ragazze sedute di fronte a loro. Dopo qualche attimo di silenzio, la biondina che aveva parlato prima si alzò in piedi, allungando la mano verso Sophie per presentarsi: "Io sono Chelsea, piacere, ma voi due potete chiamarmi Cheet... tanto lo fanno tutti anche se ancora non mi è ben chiaro il motivo" mormorò infine con una piccola risata, soffermando poco di più lo sguardo su Sebastian che sollevò un angolo della bocca nella sua direzione.

Vecchia volpe, pensò Sophie prima di voltarsi verso l'altra ragazza che si era alzata e ora camminava nella loro direzione.

-Malik Junior, che bella sorpresa, mi ero convinto che fossi allergica ai palloni del campus!- una voce maschile, più lontana rispetto a loro, li fece voltare tutti verso il campo da football. Un ragazzo dai capelli ricci e scuri, sollevati da una fascia colorata, guardava verso di loro con un penetrante sguardo verde smeraldo - gli occhi grandi ed un'espressione beffarda sul volto, come di sfida.

-Sì ma mi riferivo ai palloni gonfiati, pensavo che ormai avessi capito che parlavo di te- urlò in sua risposta la loro guida, nonostante il riccio ora si trovasse a soli dieci metri di distanza da loro, nella pista di atletica, insieme ad un altro ragazzo alto quasi quanto lui: i capelli erano quasi del tutto rasati e scuri, gli occhi sembravano color cioccolato ma da quella distanza poté solamente distinguere quanto fossero scuri - un'espressione tra l'annoiato e lo scocciato dipinta sul volto, come se questa scena si fosse ripetuta tante altre volte e sapesse già come sarebbe andata a finire.

Sophie poté notare che entrambi indossavano una divisa sportiva, era quindi la loro squadra che si stava allenando sul quel campo in quel momento.
Scegliere come "luogo di fuga" la nazione in cui era nato il suo sport preferito? Suo nonno doveva aver pensato veramente a tutto. 
Il riccio scavalcò la piccola recinzione con un abile movimento delle gambe e si avvicinò al primo dei gradoni, guardando tutto il gruppo ora alla ridotta distanza di 3 metri pressappoco. Posò lo sguardo sui due nuovi arrivati e fece un cenno della testa a Sebastian.

-Harry- disse solamente, e Sebastian ricambiò allo stesso modo. Posò infine lo sguardo su Sophie che lo ricambiò senza timidezza alcuna: era bello, molto più bello dei soliti bambocci che mettevano nella parte del protagonista nei musical in tv, e soprattutto era di una bellezza inaspettata per lei, che si immaginava di trovare così tanti Troy Bolton esclusivamente sullo schermo, accanto alla solita Regina George.

-E tu, bambolina? Non me lo dici il tuo nome?- le chiese, piegando leggermente la testa di lato prima che venisse coperta per metà dal poderoso corpo del moro, che se avesse potuto si sarebbe messo a ringhiare. A lei non dispiacque affatto quella reazione di protezione, solo che in quel contesto sarebbe potuta sembrare eccessiva, soprattutto perché il riccio non sembrava né un criminale, né qualcuno che sarebbe mai stato in grado di riconoscerla.

-Non ti interessa, Styles, ora tu e le tue palle mosce potete tornare in campo a fare ciò che sapete fare meglio- esordì Whaliyha, probabilmente per distogliere l'attenzione del ragazzo appena arrivato dalla grossa montagna di muscoli che rappresentava Sebastian. Harry assottigliò lo sguardo visibilmente adirato, poggiando la suola della scarpa sul gradone successivo nel tentativo di avvicinarsi ancora di più alla ragazza dalla pelle ambrata.
Venne interrotto da una voce profonda, proveniente da qualcuno ancora più lontano rispetto all'amico del riccio, ma che si stava avvicinando con passo disinvolto nella sua divisa sportiva.

-Hazza, sai darmi una spiegazione logica del perché, quando non ti trovo in giro, sei sempre a ronzare intorno a mia sorella?- esordì il ragazzo, affiancandosi all'amico con la testa rasata che lo aspettava sulla pista di atletica leggera, dandogli una pacca sulla spalla.

-Liam, non ti avevo chiesto di tenerlo d'occhio?- continuò, con tono meno duro di quello che aveva usato in precedenza, perfino sorridendo quando anche l'altro scoppiò in una risata genuina.

-Sai che non è facile stargli dietro quando sente odore di ragazze nelle immediate vicinanze- rispose quindi Liam, scuotendo appena la testa e voltandosi nuovamente verso il riccio, che ancora stava trucidando la mora con lo sguardo.

-Zayn, tua sorella mi prende in giro, che dovrei fare scusa?- si lamentò allora Harry, usando il tono di un bambino che fa i capricci. Tornò indietro quasi correndo verso di lui e gli si buttò al collo con fare teatrale, fingendo di tirare sul col naso. Sophie avrebbe voluto spalancare la bocca fino a terra: le sembrava assurdo un comportamento simile, per niente conforme a come il ragazzo si era comportato giusto cinque minuti prima, non aveva mai visto nessuno cambiare dalla notte al giorno come aveva appena fatto lui. Zayn e Liam allora scoppiarono a ridere, evidentemente per nulla sorpresi da quella scenata, confermando la teoria della nuova arrivata su quanto la faccenda fosse frequente.

-Questo perché non è nemmeno arrivata e già ti stavi per avventare su Victoria come un avvoltoio!- strillò la mora verso di lui accompagnando il tutto con un'espressione allibita, ma quando si voltò indietro trovò una Sophie che scuoteva la testa e rideva di gusto.

Picchiettò sulla spalla di Sebastian prima di rivolgersi direttamente a lui: -Il college è un vero spasso, non capisco come non ci siamo mai stati prima- e continuò a ridere insieme all'amico prima che li seguisse anche la mora in una grossa risata. Non si erano ancora resi conto di quanto fossero confuse le espressioni di tutto il resto dei presenti.

 

 




-Tu che ne dici Zay? L'hai vista, no? Non sei curioso anche tu?-

-Di cosa dovremmo essere curiosi Hazza, del colore delle sue mutandine?- lo riprese in modo sarcastico Liam mentre si sedeva al loro solito tavolo nella mensa.

-Veramente non l'ho nemmeno vista, ma considerando i tuoi gusti... come dire... un po' "facili"- sentenziò allora il moro, provocando una risata collettiva in tutto il gruppo giacché stava alludendo ad un episodio in particolare che riguardava il riccio.

Il diretto interessato sbuffò pesantemente, incredulo riguardo l'accaduto: -Ancora per la storia di quella racchia della Woogher?- la sua esclamazione portò altre risate al tavolo, specialmente quando ai tre si aggiunsero Niall e Louis, da poco entrati nella mensa. Anche loro erano nuovi in quel college, avevano iniziato a frequentarlo solamente l'anno passato e si erano trasferiti nel dormitorio dell'università, non essendo originari di Holmes Chapel come il resto del gruppo. Eppure, purtroppo per Harry, dell'argomento che ora provocava tanta ilarità a quel tavolo erano a conoscenza anche i due nuovi arrivati, quindi presero a schernirlo anche loro.

-Racchia? Non mi pare le stessi dando della racchia mentre le infilavi la lingua in gola- borbottò allora Niall, il biondo ossigenato con l'accento più strano del mondo, mentre apriva l'involucro di plastica che racchiudeva le posate.

-Ve l'ho già spiegato! Era buio nella stanza!- si lamentò lui, prendendo la lattina vuota di Coca Cola davanti a sé e schizzando con le poche gocce rimaste i suoi amici.

-Sì, come nella tua testa!- lo schernì allora Louis, togliendogli poi la lattina dalle mani per dargliela in testa.
Ma Zayn non si curava di loro, né si curava della ragazza che si stava avvicinando al loro tavolo con fare suadente e una camminata ancheggiante, perché nella mensa era appena entrato quello che somigliava in tutto e per tutto ad un angelo, e aveva un disperato bisogno di cogliere ogni singolo particolare del suo viso, del suo corpo, della sua figura, di lei.

I capelli scuri e ondulati incorniciavano un viso dai tratti eleganti e i grandi occhi blu si potevano scorgere anche a quella distanza, incredibilmente accesi e variopinti. Il naso alla francese faceva la sua figura, accompagnato da due zigomi alti e le guance quasi rosse in contrasto con la pelle, tanto bianca da farla sembrare una bambola di porcellana. I lunghi boccoli color cioccolato scendevano lungo il vitino da vespa, al termine della schiena, sfiorando l'orlo dei pantaloni che stringevano nel tessuto delle forme mozzafiato.

Lei si voltò di scatto verso i tavoli a mensa ed un sorriso bianco come il latte si formò tra quelle labbra carnose tinte di rosso: stava ridendo di qualcosa che qualcuno aveva appena detto, ma la sua visuale fu oscurata prontamente da una scollatura profonda che si piantò di fronte al suo viso; non capì subito chi fosse a parlare, se il seno abbondante o la ragazza che lo possedeva.

-Zayn, tesoro mio, mi sono annoiata quest'estate senza di te- disse la ragazza dalla folta chioma nera che ora era seduta sulle sue gambe, stretta nell'uniforme nera e rossa delle cheerleader: -Se proprio devo essere sincera, nessuno è stato neanche lontanamente alla tua altezza- mormorò lei, ora più vicina al suo viso, e le sue parole sembrarono scivolare come olio su una padella antiaderente.

Fino all'anno passato, davanti ad una confessione, sarebbero stati probabilmente entrambi complici di qualche bravata nei bagni della scuola. Zayn aveva semplicemente capito che a volte i bisogni corporei non sono alla base di tutto, e le sue priorità oramai erano diventate altre nonostante non disprezzasse affatto i ricordi delle nottate passate fra le lenzuola della mora. Un vassoio venne poggiato con forza al loro tavolo, nel posto di fianco a Louis, che guardò l'espressione di Whaliyha con fare divertito sorseggiando il contenuto dalla sua lattina con l'aria di chi aveva capito come sarebbero andate a finire le cose di lì a poco.




"Diventano tutti dei veggenti quando si tratta di Whaliyha?" - si ritrovò a chiedersi Sophie, stringendo appena un po' di più il vassoio tra le dita mentre si avvicinava al suo posto, proprio davanti al fratello della sua nuova amica e la sua compagna di giochi: Regina George in nero. Avrebbe voluto prendersi più tempo per osservarlo a fondo, se ne avesse avuto il potere, avrebbe tanto preferito bloccare il tempo a quando era entrata nella mensa e aveva riconosciuto il riccio ad un tavolo centrale del grande salone.

Quando vi aveva posato lo sguardo, si era ritrovata due occhi castani a fissarla penetrantemente e si era costretta a guardare altrove all'istante, nonostante continuasse ad osservarlo con la coda dell'occhio. I capelli, con un taglio sfumato ai lati, si sollevavano in una lunga cresta floscia sulla fronte, priva di alcuna forma che impedisse ai capelli di ricadere in avanti, disordinati. Il naso a punta aveva un profilo fine ed elegante, non si sarebbe sorpresa di trovarvi un piercing visto lo stile che sembrava aver adottato il ragazzo. Portava un paio di occhiali da vista con una montatura a goccia, fina e di metallo chiaro, che rendeva gli occhi ancora più grandi ed espressivi di quanto già non fossero, così come accentuavano le lunghe e folte ciglia scure. Le labbra piene e carnose erano contornate da una barba evidentemente curata e nera - sulla pelle olivastra delle mani le era sembrato di vedere delle macchie scure, forse tatuaggi, ma con la coda dell'occhio non era in grado di riconoscere così tanti dettagli.

Sapeva che l'aveva guardata, sapeva che l'aveva quasi divorata con lo sguardo, fin quando una Bratz incrociata con una Barbie non le aveva rubato la scena e gli spettatori, e per quanto detestasse ammettere di essere così infantile: lei non era abituata a questo tipo di sensazione.
Non alzava lo sguardo sulla coppia ma percepiva ugualmente lo sguardo del moro e del riccio su di sé, così come quello della ragazza sulle gambe di Zayn stava vagando sul suo migliore amico e strinse la forchetta di plastica tanto forte da spezzarla nella mano senza sforzo alcuno.

Ora tutti gli sguardi erano puntati su di lei e, almeno questa volta, non era stata affatto sua intenzione.
Sebastian sembrò intuire la situazione, così il suo lato cordiale prevalse e condivise uno smagliante sorriso dei suoi a tutti i presenti al tavolo.

-Scusate se non mi sono presentato prima, sono un vero maleducato, io sono Caleb e lei è Victoria- affermò con un genere di carisma del tutto naturale. Poté giurare di aver sentito la mora muoversi sulle gambe di Zayn per guardare meglio negli occhi il gemello, prima di sospirare appena ammaliata. 
Harry stava per allungare una mano nel tentativo di presentarsi, ma il suo gesto garbato venne deviato dalla mano della vistosa cheerleader che lo precedette, afferrando la mano di Sebastian come se la sua vita dipendesse da quell'unico gesto.

-E' un piacere Caleb, io sono Marion, così ora puoi dare un volto al nome che avrai già sentito nominare, per il campus s'intende- fece, sollevando un angolo della bocca e muovendo la spalla in modo da mettere ancora più in risalto la scollatura. L'unico suono che sentirono fu lo sbuffo di Harry, questo prima che Sophie e Sebastian scoppiassero rumorosamente a ridere per lo stesso motivo, solo guardandosi ed intuendo, senza dire una parola.

Anche se Whaliyha non capiva perché ridessero, l'espressione di rabbia e confusione sul volto della cheerleader la coinvolse in quel moto d'ilarità, coinvolgendo subito dopo anche Harry ed il biondo ossigenato alla loro sinistra, scaturendo perfino un grosso sorriso nel ragazzo che teneva l'oggetto di quelle risate sulle proprie gambe, che però fu ben accorto a nasconderlo dietro la sua folta chioma.

-Beh? Cosa ci sarebbe di tanto divertente?!- sbottò allora la ragazza, rivelando la voce stridula che aveva cercato di nascondere fino a quel momento: non poteva sapere che Sophie e Sebastian stavano ridendo per la curiosa omonimia tra il suo nome e quello del loro buffissimo maggiordomo a Drottningholm.

-Det är en taskig namn till någon som du uttryckte det!- "E' un nome di merda a chiunque lo si mette!", esclamò allora Sebastian ancora in preda alle risate, ma sapeva perfettamente che parlare svedese quando loro non potevano capirli avrebbe suscitato più astio nei loro confronti, quindi cercò di salvare il salvabile tra le lacrime per le risate.

-Scusatelo... sta ancora imparando l'inglese come si deve... voleva dire che è, casualmente, lo stesso nome della compagna del famoso personaggio letterario Robin Hood, e questo richiama vecchi ricordi esilaranti per noi due- affermò, tirando un enorme e decisamente troppo falso sorriso verso di lei, nonostante cercasse di trattenere le risate visto che Whaliyha ancora se la rideva sguaiatamente. Le tirò una leggera gomitata nel fianco e lei sembrò pian piano ricomporsi.

Le porte della mensa si aprivano e chiudevano costantemente in un via vai di frenetici studenti, eppure poté giurare che questa volta il chiasso nel locale fosse diminuito visibilmente: alzando lo sguardo non si sorprese nel trovare finalmente il suo migliore amico, Svein.
Camminava composto e dritto verso di loro, dopo aver individuato quasi immediatamente il suo gemello e la figura esile della ragazza al suo fianco, che agitava una mano verso di lui.



Zayn giurò di sentire lo stomaco rivoltarsi di delusione, o meglio, una sensazione strana simile alla delusione, non l'avrebbe di certo classificata come gelosia, forse una leggera invidia. Se per un attimo aveva sperato che quel Caleb non fosse il ragazzo di Victoria, ora avrebbe dovuto ricredersi.
Superato lo stupore di vedere un altro ragazzo identico a quello che gli sedeva di fronte, perfettamente speculari, le movenze estasiate della mora davanti a lui attirarono nuovamente la sua attentione; pensò che quello doveva essere di certo qualcuno di molto importante per lei.

-Du är äntligen här- sussurrò Sophie quando lo lasciò sedere tra lei e Sebastian. Lui si voltò verso di lei e le prese una mano con la sua, lasciando che un gemito commosso fuoriuscisse dalle labbra di Whaliyha e Niall. Zayn vrebbe volentieri vomitato tutto il suo pranzo su Marion.

-Cosa stracazzo gli avrà detto?- sentì sussurrare il riccio verso Louis, che gli sedeva appena di fianco. Quello, in risposta, gli diede una sberla dietro la testa e rispose cercando di sembrare il più serio possibile: -Ma è ovvio che gli ha appena chiesto se sia riuscito a trovato un posto dove possono battezzare il campus da soli!- strillò, con una finta espressione d'ovvietà, trascinando nelle risate tutto il tavolo tranne Harry e Zayn, che si guardavano tra il confuso e l'indifferente.

-Ha fdeffo che è felife di federlo- bofonchiò allora Sebastian, con la bocca riempita da un boccone di frittata, cercando di mandarlo giù ma a fatica; l'accento e la pessima pronuncia non aiutavano in alcun modo la comprensione.

-E' un piacere, scusatemi per il ritardo, io sono Simon e, veramente, siamo fratelli... in Svezia, come qui, non è concesso l'incesto che io sappia- rispose con tranquillità Svein mentre continuava a stringere la mano di Sophie. Allora qualcuno al tavolo mormorò un "Aaah" di comprensione, qualcuno annuì e basta, qualcuno come Whaliyha non si curò dell'informazione di cui già era a conoscenza e a qualcuno, come Zayn, quelle parole stonavano come una nota sbagliata: non gli sembrava possibile che una persona potesse guardare un'altra in quel modo senza alcun tipo di interesse, lui di certo non guardava Whaliyha in quel modo.

Marion sembrò risvegliarsi dalla trance in cui la comparsa dei gemelli l'avevano indotta, e così fissò il suo sguardo su Victoria che non potè fare a meno di ricambiarlo, con un sopracciglio leggermente inarcato per l'incomprensione momentanea. Zayn pensò che fosse quasi incredibile risultare sexy con un'espressione del genere, eppure Victoria ci era appena riuscita. 

-Allora Vic, Vicky, posso chiamarti Vicky?- il ragazzo giurò di aver visto comparire sulla fronte della nuova arrivata un grosso "NO" di disappunto, che come suo solito Marion ignorò.

-Mi sembri strutturalmente idonea, più o meno insomma, farai le selezioni per il cheerleading quest'anno? Sai, io sono il capitano della squadra, potrei aiutarti se vuoi-

"E' decisamente nel suo stile cercare di aiutarla per far colpo sui bell'imbusti" - pensò Zayn, concludendo subito dopo che forse la loro presenza lo avrebbe lasciato libero da quella piattola, quindi non sarebbe stato poi tanto male.

-Preferisco impegnarmi nei veri sport- disse la ragazza oggetto della questione - una diplomazia fuori dal comune accompagnò le sue parole. Rivolse un sorriso palesemente falso alla cheerleader, non come quello che aveva rivolto prima al fratello, e si alzò dalla sedia per dirigersi fuori dalla mensa con quella che era l'esatta rappresentazione d'un'uscita d'effetto, come se fosse abituata a farne di molte.

Whaliyha non tardò a coinvolgere gran parte del tavolo in un piccolo applauso.



 
Il nostro riccio sexy, Harry Sonounognocco Styles
(io me lo immagino direttamente uscito dal 2013, *feels*)
 





 
 

Spazio Autrice:
Questo capitolo, come promesso, è più corto, come lo saranno gli altri - per 
fracassarvi troppo le palle (prego).
Rinnovo l'invito a scrivermi in privato, se qualcuno avesse voglia
di un bel banner o simili, tipo scambi di pubblicità a fine capitolo!
La storia è presente anche su Wattpad, link nel prossimo capitolo
(per scambi pubblicità, consigli o editing, potete scrivermi anche lì) 


Tornando al capitolo,
è la prima volta che vediamo Sophie e Zayn insieme -
 che ne pensate del loro mezzo primo incontro?
Don't worry, ce n'è unmo decisamente più intimo che vi aspetta el prossimo capitolo!

Che ne pensate degli altri personaggi invece? Tipo Sebastian e Svein,
the icon duo. 
(La descrizione caratteriale e fisica dei membri della band, ovviamente,
è quella che preferisco e che idealisticamente sta bene nella mia storia,
ma voi immaginateli come volete!)

AGGIORNATO IL : 17.02.2018 

 






 

 

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Capitolo 3
*** Millicent's. ***


 


 

III
Millicent's




-Ragazzi, avanti, non posso farvi da sveglia ogni mattina per il resto dell’anno!- si lamentò Sophie - la voce per nulla impastata dal sonno. Nonostante fossero solamente le sette meno un quarto, lei si era svegliata alle cinque solo per prepararsi di tutto punto come aveva fatto il giorno prima, ma stavolta intenzionalmente. Non appena ebbe finito di vestirsi, si guardò nello specchio lungo che costituiva un’anta del suo armadio: i lunghi capelli mossi erano lasciati liberi di muoversi sulle spalle, con una piccola frangetta laterale che ogni tanto le scivolava sul viso e che lei si apprestava a riposizionare subito dietro l’orecchio; una camicia color carta da zucchero le avviluppava il busto, non troppo aderente, le maniche erano arrotolate fino al gomito e il petto era leggermente lasciato scoperto, creando una piccola scollatura sul seno.
Non voleva essere costretta ad indossare i pantaloni del giorno prima, così aveva optato per l’ultimo capo d’abbigliamento che le era rimasto: una gonna a tubo di pelle, beige, che aveva posizionato a vita alta per farla sembrare meno seria di quanto in realtà fosse stata concepita. 

Devo assolutamente andare a fare shopping con Whaliyha, aveva pensato allora lei, mentre infilava un paio di stivaletti marroni col tacco basso e quadrato.

Mentre aspettava che i gemelli si preparassero per andare, non poté fare a meno di riflettere sugli eventi del giorno prima e di quanto in fretta avesse legato con Whaliyha, Chelsea e la rossa che era con lei sugli spalti quella mattina, che infine le si era presentata sotto il nome di “Betty”: una ragazza molto timida e per il quale Sophie era riuscita a provare per fino invidia, data la bellezza smisurata.

Passando il rossetto color carne sulle labbra carnose si era trovata a pensare alle labbra della cheerleader della mensa, quella che sostava tranquillamente sulle gambe del fratello di Whaliyha. Le labbra della mora erano gonfie, quando parlava di muovevano verso l’esterno e la tinta color sangue sembrava appartenervi come fosse nata con quel marchio, quasi a farle sembrare naturali.

"Che a Zayn piacciano tinte di rosso?" - si era chiesta, ma dopo qualche attimo si era resa conto di quanto fosse fuori luogo interpellarsi su ciò che piacesse o meno al moro in una ragazza. Nonostante questo pensiero la facesse sorridere, si era lasciata trasportare da una fantasticheria: le immagini surreali di uno Zayn che le fissava continuamente le labbra mentre parlava, e pensò che probabilmente era la sua voglia costante di riflettori a parlare per lei, altrimenti non avrebbe continuato a fantasticare sulle loro labbra unite insieme in un unico tocco.

Quel pensiero svanì più velocemente di quando era apparso, perché guardandosi allo specchio si era riconosciuta, si era svegliata da quella trance con cui si era alzata quella mattina. Perché doveva autoinfliggersi dolore? Perché dimenticava costantemente i suoi doveri verso la sua famiglia?
Quella non era una vacanza di piacere, si stavano nascondendo. Suo fratello era in pericolo e lei si permetteva di fantasticare su un ragazzo che non avrebbe mai potuto avere, semplicemente perché lei non avrebbe mai potuto avere libertà di scegliere chi amare, e questo le era sempre stato chiaro, fin da prima che i suoi genitori morissero.

-Inizia ad abbassare quella gonna se non vuoi che Svein faccia finire qualcuno in infermeria- le mormorò Sebastian quando le passò accanto nell’ingresso. La sua voce fu seguita da rumori sulle scale e vi indirizzò subito l'attenzione.

Sebastian era già uscito dalla porta e si stava avviando lungo la strada che separava la lunga schiera di villette dalla loro. Svein la guardò ed istintivamente strinse tra le dita la cinghia del suo zaino, ispirando a fondo prima di passarle accanto e mormorare un flebile “Buongiorno Sophie”, sparendo oltre la porta anche lui.

Si incamminò fuori mentre infilava il cardigan bianco lungo fino alle ginocchia, affiancando i due ragazzi verso l'università, senza dire nemmeno una parola: forse era solo il sonno ad avere eliminato la loro solita eloquenza, nessuno dei tre era abituato a sopportare degli orari così estenuanti. Appena superata la metà del loro tragitto, Sophie notò Whaliyha camminare svogliatamente avanti a loro, così la richiamò e lei felice si unì al gruppo, seguendo le movenze della svedese quando si allontanò dai due accompagnatori per parlare con lei da sola: come sospettava, i gemelli iniziarono a parlottare dietro le sue spalle.

-Non so se sia una richiesta fattibile o meno, ma a causa di un inconveniente all’aeroporto ho perso la mia valigia, quella con i vestiti, quindi con oggi ho ufficialmente terminato i cambi... mi chiedevo, non è che potresti mostrarmi qualche negozio in cui rimediare alla catastrofe?- le chiese con un timido sorriso, facendo scoppiare a ridere la mora per la sue scelta di parole.

-Io farò di meglio piccola, ti accompagnerò nelle tue spese pazze! Ah, ho il tuo orario comunque, te l’ho fatto plastificare come il mio, così eviterà di rovinarsi e le solite cose… abbiamo tutte le lezioni insieme, tranne per due corsi di lingua che fai in più e matematica, mi spieghi come fai ad avere un livello così fottutamente alto?!-  sbottò allora la mora incredula, anche se Sophie non capiva dove fosse la stranezza, lei non lo aveva?

-Veramente quando segui dei corsi privati il livello che hai non rappresenta una vitale importanza, almeno non in Svezia, sei quello che sei- confessò, sollevando le spalle con noncuranza  –e vorrei poterti dire che è una cosa di famiglia ma Caleb fa davvero pena in matematica- borbottò trattenendo a stento un sorriso, ricordando tutte le volte che Svein aveva provato a spiegargli qualcosa.

-Ecco, volevi un lato positivo? Sarai nello stesso corso di mio fratello- sussurrò con tono forte alla mora che si allargò successivamente in un ampio sorriso, sollevando una mano chiusa a pugno e aspettandosi che l’amica facesse lo stesso.

Lo aveva già visto fare nei film, almeno questa volta si evitò una figuraccia.



 
 *



Era la sua prima volta nell’aula di un college e non era nulla di diverso da ciò che si aspettava.
Assomigliava alla versione contemporanea di un teatro greco, più piccola, le gradinate sostituite da file di banchi larghi e di legno scuro, che salivano verso l’alto. Nel semi-cerchio in basso stava la professoressa di letteratura inglese, una donna giovane ma che tentava di nasconderlo in tutti i modi, indossando abiti molto più eleganti di quanto fosse necessario e raccogliendo i capelli per avere un aspetto più inquisitorio.

La professoressa Floomer era ciò che di più buono esistesse al mondo, e lo sapeva perché aveva avuto il piacere di parlarle prima della lezione: il suo unico problema, se così poteva essere chiamato, era che l’aria troppo giovane non le dava la possibilità di essere presa sul serio dai suoi studenti.
Avrebbe tanto voluto ascoltare cosa la donna stesse dicendo, e non capiva se potesse essere importante o meno vedendo Whaliyha al suo fianco che prendeva appunti.
Dietro di lei stavano Svein e Sebastian ma non aveva voglia di girarsi a constatare se fossero interessati o meno alla lezione: aveva paura di incontrare lo sguardo di Svein su di lei, come era successo all’inizio dell’ora quando si era voltata per la prima volta.

Sollevò una mano in aria timidamente, un'espressione mortificata sul volto che la professoressa tradusse ancor prima di sentire le sue parole. Con un gesto accondiscendente della testa, le accordò il permesso di andare in bagno, senza fermare il fiume di parole che usciva incontrollato dalle sue labbra. Sapeva di avere gli occhi della maggior parte dei presenti su di sè mentre scendeva i gradini, e ne ebbe la conferma quando dovette girarsi per chiudere la porta, trovando ancora qualcuno a fissarla curioso e a parlottare col vicino di banco.

Voleva andare in bagno, bere un po’ d’acqua, sciacquarsi il viso, magari svuotarsi la vescica ma non aveva la minima idea di dove cercare.
Seguì l’istinto e si incamminò nel lungo corridoio, voltandosi a destra e a sinistra per cercare la porta che avesse scritto “toilette” sopra.

Non era il cambio dell’ora eppure c’era molta più gente di quanta se ne aspettasse sparsa per il corridoio. Al suo passaggio si erano voltati tutti, chi più distrattamente, quasi non facendoci caso, chi più insistentemente, e sentiva la pelle bruciare sotto gli sguardi di chi sapeva che stesse parlando di lei.
Linsday Lohan non aveva creato tutte quelle chiacchiere quando si era presentata come “la nuova” nella sua scuola, e a questo punto le sembrava stupido affidarsi alle informazioni che un film adolescenziale poteva darle, invece di chiedere alle sue nuove amiche o arrangiarsi come poteva.

Con un sonoro sbuffo aprì l’unica porta dietro la quale non proveniva alcun tipo di rumore, trovandosi in una stanza illuminata unicamente da una luce fioca, irradiata da una finestra solitaria sul muro di fianco a lei.
Chiuse la porta quasi subito, come se avesse timore di essere scoperta, nonostante all’interno fosse vuota, e trovò l’interruttore della luce scoprendo una nuova dose di morfina proprio al centro del suo petto, quella poteva essere la sua salvezza.

Aveva appena trovato quella che doveva essere senz’altro l’aula di musica e le sembrò molto strano che al suo interno non vi fosse nessuno, forse usavano il teatro come aula di musica, come in High School Musical.

"Smettila di basarti su degli inutili film!" - si rimproverò allora mentalmente, avvicinandosi al grosso pianoforte nero che aveva davanti.

Sfiorò la superficie lucida e non perse tempo ulteriore nel sedersi sullo sgabello morbido di fronte ad esso, sistemandosi con cura e posizionando i piedi davanti ai pedali sottostanti. Vi mosse appena le dita sopra, sui tasti color avorio consumati dal consueto utilizzo ma, nonostante tutto, impolverati. Sperò con tutto il cuore che non fosse scordato, altrimenti avrebbe fatto un gran trambusto dentro quell’aula, ma le note della famosissima opera “Variazioni Goldberg” di Bach iniziarono a risuonare per tutta l’aula insonorizzata, e tanto si lasciò prendere da quella melodia suonata quasi alla perfezione che non si era nemmeno resa conto di aver chiuso gli occhi.

Era il suo pezzo preferito, ne conosceva i movimenti a memoria, così come il suono melodioso che produceva il piano ogni qual volta che lei stuzzicava le sue corde, facendovi l’amore in una mescolanza agitata di tutte le emozioni che le attraversavano il petto.
Non aveva idea di quanto tempo fosse passato, probabilmente solo qualche minuto, ma il rumore della porta dell’aula che si chiudeva la fece sobbalzare a tal punto che premette tutte le dita sui tasti, provocando uno boato assordante e fastidioso che si propagò per tutta l’aula.

Si voltò verso di essa, trovando un ragazzo moro con i capelli leggermente calati sul viso; le mani nelle tasche della felpa dell'università e il corpo completamente poggiato al muro dietro di lui, ad eccezione del piede sinistro poggiato direttamente sulla superficie fredda. Riconosceva quegli occhi scuri grandi ed espressivi, quella barba nera accentuata quel tanto che bastava e quella pelle olivastra così singolare ed affascinante.

-Ti prego, continua, non fare caso a me- disse solamente, prima di prendere una boccata di fumo dalla sua sigaretta. Era talmente tanto presa a fantasticare sul suo aspetto che non si era nemmeno resa conto che stesse fumando, per giunta in un luogo pubblico e chiuso dove era ovvio fosse vietato fumare.

"Giochi a fare il seducente con me, Zayn?" - pensò prima di sorridere beffardamente.

Tornò a fissare i tasti dello strumento, chiudendo gli occhi in modo da dimenticare la sua presenza per riprendere l’opera dall’inizio, sperando in parte che al ragazzo provocasse gli stessi brividi che scaturiva in lei.



Altri minuti preziosi erano scivolati inesorabilmente sotto le sue dita e fuori dal confine del suo controllo; cosicché, non appena sentì lo squillante rumore della campanella, smise di suonare all’istante, svegliando uno Zayn completamente perso nei suoi pensieri.
Ora, ogni volta che avesse ascoltato per caso quella melodia, avrebbe irrimediabilmente pensato a lei ed al suo modo straordinario di suonarla.
Le sue dita sottili che si muovevano leggere ma con passione mentre spingeva quei tasti verso il basso, il suo viso concentrato ma per nulla contratto, anzi rilassato dalla melodia come in quel momento lo era stato lui.

Aveva pensato forse un miliardo di volte a quanto sarebbe voluto essere al posto di quel pianoforte in quel preciso istante, con le sue piccole dita che si muovevano su di lui, concentrate ma senza la minima contrazione.

Non osava nemmeno avvicinarsi a lei mentre suonava, temeva di rompere quell’atmosfera di pura magia e, per un momento, si era addirittura dimenticato della sigaretta che teneva tra le dita, lasciandola consumarsi da sola perché lui non aveva tempo di pensare ad altro.
Il suono della campanella sembrava aver svegliato entrambi e lui decise che sarebbe uscito all’istante: la situazione era già abbastanza imbarazzante così e rimanendo lì, a fissarla, non avrebbe aiutato affatto lo svolgimento del loro primo incontro da soli.

Eppure quando aveva attraversato la porta, ritrovandosi in mezzo alla calca di studenti, si era reso conto di non riuscire a camminare.
I suoi piedi erano fermi di fronte alla porta, come se il suo cervello stesse cercando di salvare le apparenze mentre il suo corpo tentava inesorabilmente di umiliarsi del tutto.
Combattuto, si posizionò al lato della porta come se stesse tendendo un agguato alla ragazza; quando lei ne uscì, non potè far altro che affiancarla in qualsiasi tragitto stesse percorrendo lungo il corridoio.

-Ti sconsiglio di farti sentire da qualche insegnante o membro del club di musica, altrimenti inizieranno a tampinarti finché non esaudirai ogni loro desiderio- le consigliò mentre le camminava ancora accanto. Lei non sembrò dispiaciuta dalla sua compagnia, così aspettò una sua risposta prima di voltarsi verso di lei, vedendola arrossire appena appena sugli zigomi.

"Adesso si mette anche ad arrossire? Che segnali cerchi di lanciarmi, bambolina?"



-A dir la verità sarei interessata a ben altro per le mie attività extracurriculari, sai per caso dove si possono fare le iscrizioni per le squadre sportive?-  non voleva ammetterlo a se stessa, ma chiunque l’avesse conosciuta un minimo avrebbe capito all’istante che stava cercando di fare colpo su di lui, stupendolo, nonostante questa fosse la tattica che di solito si usava col primo ministro russo: lui sì che non si lasciava trasportare mai da niente e da nessuno. Era ovvio che non avrebbe potuto trattare i suoi coetanei allo stesso modo, ma al momento era il solo che conosceva.

-Sport? Ti facevo più una ragazza da club di teatro, quello di francese ha una compagnia tutta al femminile, se può interessarti- le rispose lui anche se, senza che lei se ne accorgesse, la stava già guidando al tabellone dove si potevano effettuare le iscrizioni per ogni tipo di attività extracurriculare.
L’aveva già portata fin lì senza che lei vi avesse fatto caso, e questo la fece rendere conto di quanto fosse in realtà distratta dalla sua presenza e non da quello che doveva fare realmente, perché non si stava dirigendo in classe come tutti nonostante fosse quello che avrebbe dovuto fare.

-Les apparences sont trompeuses, Monsieur Malik- gli rispose lei, immaginando che la capisse visto che il francese era una lingua d’obbligo, in Inghilterra.

Quando lui scosse appena la testa con un sorriso ed iniziò a rallentare il passo, lei cercò di fare lo stesso, ma non voleva che sembrasse evidente il fatto che non sapesse minimamente dove stessero andando. Per fortuna la probabile minaccia d’una brutta figura fu dissolta dalla mano calda di Zayn che si posò sulla sua spalla, prendendola delicatamente per farla girare verso il tabellone alla sua sinistra, così che avesse la possibilità di vedere con i suoi occhi.

-Ora che il mio lavoro è finito, ti saluto bambolina: per mantenere la mia media devo anche presentarmi a lezione ogni tanto- non si era neppure resa conto che, per dirglielo, si era avvicinato terribilmente al suo orecchio mentre ancora gli occhi di entrambi erano puntati sul tabellone (e nonostante questo, se avessero chiesto a Sophie cosa stesse guardando in quel preciso instante non avrebbe saputo rispondere con certezza).

-Ci vediamo in giro- le sorrise, semplicemente, e lei non voleva credere che un solo sorriso potesse scaturire un così devastante effetto nel suo petto. Dopo averle fatto un occhiolino si allontanò per il corridoio, sotto lo sguardo della maggior parte delle ragazze presenti a quella scena.

Sa di certo come attirare l’attenzione su di sé, pensò.




 
*


 
La giornata era terminata più lentamente rispetto a quella del giorno precedente, forse perché era la prima volta che seguiva le lezioni e non le aveva trovate esattamente tutte interessanti come invece credeva.
Si era distratta troppe volte, pensando a qualsiasi cosa le passasse per la testa e soffermandocisi per almeno dieci minuti. Ancora non sapeva se avrebbe dovuto preoccuparsi del fatto che avesse impiegato altrettanti minuti per impedirsi di pensare al ragazzo dalla pelle ambrata e gli occhi color cioccolato al latte, e al loro incontro solitario.

Ora girovagava in un centro commerciale con Whaliyha, Chelsea e Betty, anche Sebastian e Svein erano presenti all'appuntamento ma preferì non informare della loro presenza le ragazze, perché ovviamente sarebbe sembrato davvero strano ai loro occhi.

Perché invece lasciarsi pedinare non è affatto strano per quelli della tua età, eh?

Aveva già un paio di buste tra le mani, tutte cose che Whaliyha e Betty le avevano caldamente consigliato di comprare e lei, anche se un po’ alla cieca, aveva provato a fidarsi dei loro gusti in fatto di moda, che erano sicuramente più convenzionali di quanto lo sarebbero mai stati i suoi.

-Lo so che probabilmente è una rogna doversi subire queste chiacchiere sui proprio fratelli ma, porca miseria, Caleb e Simon sono la reincarnazione di due dèi dell’Olimpo- constatò Chelsea, mentre i suoi occhi sembravano prendere la forma di due grossi cuori rosa. Sophie non potè fare altro che scoppiare in una risata insieme a Betty, che era l’unica che in due giorni di conoscenza non si era ancora pronunciata in merito alla questione “i gemelli lumaca”.

Quando Whaliyha li aveva chiamati così per la prima volta, quella stessa mattina, Sophie non aveva perso tempo a farsi subito spiegare cosa intendesse lei per “lumaca”. La spiegazione era stata alquanto semplice ed esilarante, e ancora non sapeva come avesse fatto a trattenersi dal ridere sotto lo sguardo inquisitorio del professor Chadwick.
Whaliyha le posò una mano sulla spalla - l’espressione di chi la sapeva lunga sull’argomento.

-Chi meglio di me può capirti? Non dimentichiamoci che io sono la sorella del bello e dannato Zayn Malik- sospirò, come se non stesse più scherzando e questo fatto le pesasse veramente come un blocco di pietra sulle spalle.
Gli unici momenti in cui il viso di quel ragazzo misterioso non le riempiva i pensieri ci pensava sua sorella minore a farlo per lui, vanificando ogni sforzo della povera malcapitata.

Il posto che avevano scelto non era affatto male. Si trovava al secondo piano del centro commerciale ma sembrava essere stato costruito per non farne parte, soprattutto per il contrasto dei diversi stili in così poco spazio: quello del caffè/pasticceria più classico e antico rispetto a quello moderno e metallico del centro commerciale.

Sedevano ad un tavolino posto fuori le vetrate che dividevano il caffè dal resto del piano, la grafia elegante e in corsivo dell’insegna citava “Millicent” e nient’altro. Il loro tavolino di vimini era rotondo e del diametro di un metro, le sedie in legno chiaro riprendevano il materiale del tavolino in quanto a stile e, torreggianti sopra di esso, i loro tè inglesi le osservavano fumanti da quattro grandi tazze di porcellana decorata con fiori.
Per un attimo le sembrò di essere tornata ai suoi pomeriggi di divertimento sfrenato a palazzo, in cui offriva del tè a tutti i pupazzi della sua camera da letto: ed era davvero una fatica immensa visto il numero elevato di peluche che possedeva.

-Tuo fratello da solo è quasi accettabile! Io davvero non sopporto la sua banda e quel cretino di Har- la povera Betty non parlava molto spesso, quella era solamente la quinta volta che la sentiva aprir bocca in due giorni, quindi le sembrò davvero inverosimile che le sue due migliori amiche le stessero tappando la bocca con entrambe le mani.

-No Beth! Sai cosa succede se pronunci il suo nome- la implorò Chelsea, facendo scuotere qualche ricciolo biondo della sua chioma.

-Scusate ragazze, non vi seguo…- s'intromise allora Sophie, guardandole con la faccia a forma di punto interrogativo. La mora allora si girò verso di lei, sospirando pesantemente prima di guardarla con degli occhi che sembravano presagire un discorso grave ed importante, facendola preoccupare non poco.

-Betty ha una maledizione... l’anno scorso abbiamo cercato di debellarla non appena ce ne siamo accorte ma è stato tutto inutile, nemmeno un esorcismo potrebbe funzionare- scosse la testa sconsolata, mentre Chelsea allontanava una mano della bocca di Betty per asciugarsi una finta lacrima di tristezza con fare teatrale. Whaliyha proseguì: -Ogni volta che Betty pronuncia il nome di Harry per intero... lui appare, che sia da solo o con tutta la sua comitiva, spunta fuori dal nulla.
Inizialmente pensavamo fosse un caso, ma è davvero inquietante quanto non sia mancato nemmeno una volta di apparire non appena Betty lo avesse nominato, per fortuna Bett parla poco…- terminò infine in un borbottio, ma Sophie intercettò lo sguardo di sfida che aveva ora negli occhi la rossa, sapeva perfettamente cosa avrebbe fatto per farla pagare alla ragazza dai grandi occhi neri per il suo commento.
Le fece un occhiolino d’intesa e decise di aiutarla.

-Attenta Cheet! Il tuo tè!-  gridò, quando finse accidentalmente di spingerlo verso di lei che dovette ripararsi con entrambe le mani.
La bocca finalmente libera di Betty si mosse producendo un solo suono: terminò ciò che aveva iniziato.

-Harry Edward Styles- disse, mentre un sorrisetto furbo le spuntava sul volto.

E’ ovvio che stanno cercando di prendermi in giro - pensò immediatamente Sophie, abbassando lo sguardo sul suo cellulare prima di sentire una voce familiare nelle loro vicinanze.

-Malik, ma non avevi promesso di riaccompagnarmi a casa oggi?- in quella domanda ironica c’era un velo di malizia, e se era chiaro ad una come Sophie allora era di certo chiaro a chiunque altro presente a quel tavolo, tranne forse alla piccola ed ingenua Betty.

-Adesso lo chiamano così il manicomio?- gli rispose beffarda Whaliyha mentre roteava gli occhi al cielo, nonostante desse le spalle al nuovo arrivato non fece nulla per cambiare la situazione. Sophie non sapeva se scoppiare a ridere o cercare un modo di aiutare la nuova amica: tagliare la corda era escluso oramai, era ancora convinta che le stessero facendo uno scherzo.

Perché, andiamo, è letteralmente impossibile - pensò tra sé e sé, lasciandosi scappare un sorriso.

-Sei più acida di uno yogurt al limone andato a male- un sorriso soddisfatto si allargava sul volto del riccio mentre pronunciava quelle parole, sapendo perfettamente che in quel modo avrebbe innescato la miccia.

-Non hai nessuna oca da far starnazzare, Styles?- gli chiese allora lei con tono tagliente, facendo intendere a Sophie che ci fosse sotto dell’altro che la faceva davvero infuriare riguardo ad Harry. 

-Gelosa, Malik Junior?- le chiese lui a sua volta, piegandosi leggermente sulla sua sedia per avvicinarsi al suo viso.

-Quello è cibo!- sentirono urlare poco distante da loro, e una cresta biondo ossigenato comparve nella loro visuale accompagnata dal viso angelico d’un irlandese famelico. Chelsea non fece in tempo a togliere il piccolo vassoio di ciambelle dalla sua vista che il biondo ne aveva già prese due, una per mano, e aveva dato un grosso morso alla prima.

-Ho un fero febole fer i fonnutss- spiegò, prima che Sophie si lasciasse andare ad una sonora risata che trasportò anche quella di Whaliyha e Betty: Chelsea aveva una faccia troppo infuriata anche solo per proferire parola.

-E dimmi per cos’è che non avresti un debole Niall...- borbottò Harry, ponendosi nuovamente dritto dietro la sedia della ragazza dalla pelle ambrata, guardandosi poi intorno e aspettandosi di trovare il resto del suo gruppo al completo, ma nella sua visuale apparve solamente Louis: -Gli altri?-  la domanda fece sollevare gli occhi al cielo al ragazzo che si era appena aggiunto al gruppo.

Quel gesto attirò l’attenzione di Sophie sui suoi occhi che non potè fare a meno di osservare meglio, ora che non erano più separati da un tavolo nella mensa. I suoi capelli erano scompigliati dal leggero vento che tirava fuori e cadevano malmessi lungo i lati della sua testa, qualche punta di essi sfiorava i suoi zigomi alti e spigolosi; le guance erano leggermente incavate e ricoperte da un sottile velo di barba castana, appena visibile, che si espandeva lungo tutta la mascella e il mento a punta; le labbra sottili erano piegate in un sorrisetto malizioso, che si addiceva perfettamente al resto del suo viso, quindi Sophie dedusse che glielo avrebbe visto spesso stampato in volto.

-Sai come sono fatti, appena vedono un bel paio di tette si trasformano in cani da caccia- disse semplicemente Louis, come se fosse tutto normale, accompagnando le sue parole con un gesto non curante delle spalle.

-Allora mi stupisco di trovarti qui e non con loro- borbottò Niall. Era come se ad un tratto si fossero dimenticati di aver interrotto il pomeriggio del gruppo di ragazze e ora parlassero come se non esistessero affatto.

-Io ho solamente visto una preda migliore- rispose allora il moro con ovvietà, voltandosi verso Sophie e facendole un occhiolino che probabilmente solo Harry aveva notato, stando accanto a lui.

Le era sfuggito come Chelsea avesse guardato l’orologio al polso leggermente accigliata, stendendo le gambe sotto il tavolo per stiracchiarsi e sospirare appena: -Credo che dovrò lasciarvi ragazze, oggi iniziano le selezioni e il capitano non può mancare-

-La tua squadra è ancora in piedi, Cheet? Credevo vi avessero smantellato dopo che siete arrivate ultime nel campionato- la derise Louis, trascinando in quelle risate anche il suo amico riccio; Niall invece sembrava fosse più occupato nel fissare Sophie, ora che ne aveva l’occasione, perché una strana sensazione gli suggeriva di averla già vista.

-Squadra? Che sport?- chiese allora la ragazza svedese, incuriosita, troncando ogni insulto della bionda sul nascere.

-Football, mi fa ridere accumunare nella stessa frase “la tua squadra” e “football”- continuò Louis letteralmente piegato in due ma, prima che Chelsea potesse dirgliene quattro, fu Sophie a prendere di nuovo parola: -Voglio fare le selezioni Cheet, se non ti dispiace-

Un silenzio imbarazzante scese tra i membri del gruppo: Chelsea, incredula, approvava evidentemente la sua decisione con un movimento assertivo della testa, pensando che, se si era offerta in quel modo, non poteva essere una sprovveduta; Louis non faceva altro che spostare lo sguardo da Sophie a Harry, tentando disperatamente di non ridere mentre immagiva la ragazza nuova alle prese con un pallone; Niall era ancora troppo preso ad interrogarsi su dove l’aveva già vista per poter proferire parola. Nella confusione del momento, nessuno si era reso conto che al gruppo si erano aggiunti Zayn e Liam, se non dopo il saluto di Whaliyha, se così si poteva definire il suo: “Ecco gli ultimi dementi della banda”.

Suo fratello sembrò voler ribattere poichè aveva sollevato l’indice in aria, in disaccordo, aprì la bocca ma Liam fu più svelto: -Cos’è questo silenzio? Niall... dimmi che non ne hai tirata una delle tue...- Niall sembrò non sentirlo, troppo occupato a grattarsi il mento e consumare ancora e ancora il viso della ragazza mora di fronte a lui.

-Non immagineresti mai- esordì allora Louis prima di scoppiare in una risata incontrollata, seguita da quella identica del riccio che si beccò subito una gomitata nello stomaco da parte di Whaliyha: -Victoria vuole entrare nella squadra di football femminile… credo mi stiano uscendo delle lacrime, Zayn dammi un fazzoletto, sbrigati-

-Che ruolo Vic?- le chiese Liam senza scomporsi più di tanto, e Sophie si ritrovò a pensare che era di certo quella la reazione che avrebbe voluto vedere nei suoi familiari, mentre in realtà aveva sempre avuto intorno reazioni come quella di Louis.

-Mediano- disse con aria di sfida, rivolgendo però lo sguardo a Louis che sembrò ridere ancora di più dopo le sue parole, nonostante i suoi amici in quel momento non fossero del suo stesso avviso: stavolta alle risate si erano aggiunti anche Zayn e Liam che però, a quanto parve, non stavano ridendo di lei.

-Se state ridendo del vostro quoziente intellettivo informatecene, sono anni che lo faccio e vorrei condividere quest’ilarità con voi- sbottò Whaliyha che non ne poteva più di sentirli respirare alle sue spalle - avrebbe voluto solamente passare un pomeriggio tranquillo per una volta.

-E’ il ruolo di Louis, che magnifica coincidenza- cercò di dire Liam tra le lacrime, come se fosse la personificazione del karma e fosse lui stesso in quel momento che lo sfidava, e non più Sophie. Louis ammutolì di colpo a quelle parole, per nulla toccato, scrollando le spalle con ancora un sorriso divertito stampato sulle labbra: -E con ciò, Payne? A maggior ragione posso affermare quanto non sia in grado di sostenere quel livello di preparazione, senza offesa pasticcino, sei sicuramente brava in altro-

-E’ deciso allora Tomlinson, Venerdì, dopo le selezioni della vostra squadra, in campo, vedremo se saprà reggere il ritmo- Chelsea aveva parlato senza nemmeno pensare, ma poi si era voltata verso Sophie e le aveva fatto un occhiolino, accompagnandolo con un sorriso: quel gesto le fece pensare che la reputava davvero all’altezza dell’impresa e che le stava dando la possibilità di dimostrare quanto valeva, nessuno lo aveva mai fatto per lei.

Ricambiò caldamente il suo sorriso prima che Harry interrompesse quello scambio di sguardi, battendo le mani con un’espressione a dir poco malefica sul volto: -Qui ci vuole proprio una scommessa!-

Dietro di lui, a Sophie parve di vedere Zayn irrigidirsi sul posto e si trovò a desiderare con tutta se stessa di poter sapere cosa passasse per la testa del moro in quell’istante. Avrebbe voluto leggerlo come fosse un libro aperto ma era proprio ciò che lui non era: era pragmatico, alternava atti di spavalderia con momenti di silenzio che avrebbe potuto intendere d’imbarazzo, imbarazzo che probabilmente provava solamente lei. Non sapeva nulla di lui, le era concesso sapere solo ciò che poteva vedere con i suoi occhi e Zayn non sembrava essere molto felice di mostrare qualcosa su di lui, era illeggibile. Non si era accorta, però, che proprio lui da qualche momento aveva iniziato a ricambiare il suo sguardo, intenso, scuro ma invitante, le provocava tanta curiosità che l’avrebbe volentieri portato altrove solo per parlare in tutta sincerità con lui.

A cosa starai mai pensando Zayn? - si chiese, come se lui potesse davvero risponderle nella sua testa.

-Vic, sei per caso imparentata con qualcuno d’importante in Svezia?-

Sophie si congelò sul posto, tentò di non sbarrare gli occhi per salvare le apparenze ma il respiro le si era mozzato in gola.

Salvare le apparenze, pensò. Era da quando aveva 12 anni che le era stato insegnato quale tipo di emozioni potessero essere mostrate agli altri: lezioni di comunicazione, linguaggio del corpo e psicologia, atte a formare il suo livello di diplomazia una volta che fosse stata sotto i riflettori e i flash della stampa. Solo un buon osservatore avrebbe potuto intuire che quella domanda era stata davvero scomoda per lei, ma dopotutto Zayn era esattamente questo: un buon osservatore.

A lui non era sfuggito nulla da quando si erano presentati a quel tavolo, non gli era sfuggito il vero significato di quelle occhiate di fuoco verso il suo amico, che stavano a significare quanto per lei fosse davvero importante, ciò che la rendeva diversa da tutte le altre ragazze che conosceva.

Doveva ammettere, in cuor suo, di averle dato della snob non appena l’aveva vista. Era come se fosse una di quelle petulanti amiche di Marion, che facevano di tutto per essere come lei e per ambire a tutte le agevolazioni che comportava essere popolare.
Zayn davvero non le capiva, lui odiava essere costantemente sotto l’attenzione di tutti.
Non cercava di essere un’ipocrita, perciò al tempo stesso doveva anche ammettere che amava avere una ragazza diversa ogni qual volta che lo voleva: non doveva faticare un minimo per averle, gli bastava mostrare solo il più vago interesse che loro facevano di tutto pur di chiudersi da qualche parte con lui. Tutte in quel college sembravano ambire alle sue attenzioni, sembravano aver desiderato almeno una volta di passare una notte di fuoco con lo studente modello Zayn Malik: popolarità, ottimi voti, strafottenza, spavalderia e quell’aria da playboy che era certo di aver ripreso da Harry, “ripreso” perché lui non era affatto così prima di quel colossale cambiamento.

-Din farfar har kallat, du bättre komma ... Jag skulle säga att det är tillräckligt för idag-

Non sapeva nemmeno da dove fosse sbucato fuori, ma uno dei fratelli di Victoria ora si era unito al loro gruppo, dall’altro lato del tavolo rispetto ai ragazzi, e guardava sua sorella senza il minimo accenno di sorriso sul suo volto.

Zayn non conosceva lo svedese, eppure quelle parole non gli erano sembrate dette con molta allegria, piuttosto sembravano parole di rimprovero, almeno questo a giudicare dall’espressione forzata di Victoria in un sorriso. Il moro non si era mai ritrovato a desiderare più ardentemente di sapere qualcosa su qualcuno che non conosceva affatto, avrebbe voluto sapere cosa suo fratello le aveva appena detto e perché lei improvvisamente sembrava non fare più parte di quel circolo; avrebbe voluto sapere cosa stava pensando in quel momento e come facesse a non farsi tradire da nessuna emozione, così stoica, così fredda, così distante.

-Tesoro, non che mi dispiaccia vedere un mezzo dei gemelli schianto, ma mi spieghi da dove cavolo è spuntato tuo fratello?- bisbigliò Chelsea alla ragazza che si era appena alzata, imitando i suoi movimenti e probabilmente dando voce alla domanda che molti si stavano facendo a quel tavolo, lui soprattutto.
Lei semplicemente sorrise, un sorriso che a Zayn trasmise tranquillità, sentiva il cuore rilassarsi come ogni altro muscolo teso nel suo corpo. Lo faceva innervosire, gli faceva provare un’invidia immensa pensare che ora sarebbe andata a casa, o chissà dove, e altri avrebbero potuto godere di quel sorriso che provocava emozioni così strane, ma lui no.

-Ci vediamo domani a scuola!-  disse solamente in saluto, e muovendo una mano verso il tavolo si allontanò col fratello, presero a camminare uno accanto all’altro e presto sparirono dalla loro visuale.
 
 

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Capitolo 4
*** The Bet. ***










IV

The Bet



 
Dedicato a tutti i forti,
i determinati, i perseveranti,
quelli che non si arrendono mai davanti ad un "no",
che non si arrendono davanti all'evidenza e lottano 
fino all'ultimo respiro. 






-Sta un po’ attenta con quel borsone Vic! Di cosa è fatto, Adamantio?- Whaliyha le inveì contro mentre si massaggiava una coscia con aria dolorante.
Sophie non sembrò nemmeno farci caso; distrattamente mormorò uno “Scusami Whaly” e tornò a farsi largo nei corridoi, portando il borsone come fosse la sua croce. La preside aveva argutamente fatto spostare l’armadietto di Sophie accanto a quello della logorroica ragazza ambrata, per facilitare la nascita della loro amicizia.

-Lindbergh! Ma che coincidenza, abbiamo gli armadietti sulla stessa fila, sarà un segno del destino?- quella voce le suonava familiare, ricordava d'averla sentita una volta nella classe d'inglese e una volta nella mensa, ma quell’episodio non era finito molto bene. 

Sentì Whaliyha sbuffare così sonoramente che si meravigliò che il ragazzo appena unitosi a loro non l’avesse sentita; il suo nome era Chad Mackintosh e, da quanto le aveva raccontato l’amica, era solo un ragazzo che tentava disperatamente d'imitare il gruppo di suo fratello Zayn. Lo aveva sentito nominare spesso nei corridoi, perlopiù da ragazze che ne avevano parlato sempre con aria estasiata. Whaliyha le aveva raccontato quanto fosse popolare grazie alle feste che organizzava molto frequentemente, indiscutibilmente le migliori: i suoi genitori partivano regolarmente per due settimane ogni cambio di stagione, e lui non perdeva tempo ad organizzare feste che avrebbero dato da parlare per i mesi a venire.

-Non hai davvero nessun altro a cui rompere le palle a quest'ora, Tosh?- lo apostrofò allora l’amica, tentando disperatamente di levarselo dai piedi, ma lui sembrò non volerne sapere.

Era più alto di lei, probabilmente il metro e ottanta lo sfiorava con tranquillità; le spalle larghe erano gonfie di muscoli ben definiti così come i pettorali fasciati dalla maglietta leggera, visibile sotto la felpa sportiva del college. Il viso era squadrato per via della mascella accentuata e la carnagione era bianco latte, con qualche piccola lentiggine ai lati del naso, dritto e severo, leggermente rigonfio sulle narici. Anche i zigomi erano alti e spigolosi, sormontati da un paio di occhi piccoli e marroni che, con la luce che quel giorno filtrava dalle finestre, sembravano quasi avere delle sfumature rosso scuro. Ciò che però era senza dubbio di color rosso erano i suoi capelli, folti ma tagliati corti, sollevati con de gel verso l'alto.

Nonostante tutti i pensieri “peccaminosi” che avrebbe dovuto fare una  teenager vedendolo arrivare verso di sé, l’unica cosa a cui non riusciva a smettere di pensare Sophie era che non somigliava affatto a Chad di High School Musical.

-Prenditi una camomilla Malik Junior, volevo solo scambiare quattro chiacchiere con la nuova arrivata... allora, ti hanno già fatto fare il giro turistico, zuccherino? Io conosco posti in cui la tua amica non ti ha portato di sicuro- tentò lui, cercando di avvicinarsi a Sophie mentre lei ancora armeggiava col suo armadietto, cercando di capire per quale motivo non si aprisse se la combinazione inserita era quella giusta.

Prima che Whaliyha potesse rispondere al ragazzo con la sua solita delicatezza, Sophie lasciò cadere distrattamente a terra il suo borsone sportivo che andò a schiantarsi proprio contro il piede sinistro del ragazzo accanto a lei.
Un urlo soffocato grattò la gola del playboy e la ragazza svedese si voltò immediatamente, un’espressione mortificata sul viso: -Per tutte le patate Chad, mi dispiace, ti sei fatto male? Scusami, mi sono distratta un attimo…-  nonostante lei fosse seriamente mortificata, la sua amica non riusciva a smettere di ridere e Sophie cercava di farle capire, con delle occhiatacce, di smetterla immediatamente.

-Smettila Vic, non merita la tua pietà, ti aveva appena chiesto il permesso per portarti in qualche sgabuzzino a fare chissà cosa, direi che se l’è cercata- esordì la mora tra una risata e l’altra, guadagnandosi un’occhiata di fuoco da parte del ragazzo piegato a terra.

-Chi è che si diverte nei miei sgabuzzini senza il mio permesso?-

Ci mancava la ciurma al completo, pensò Whaliyha, mentre Harry Styles le si avvicinava con aria insospettita posando subito dopo lo sguardo sulla ragazza inginocchiata a terra, cercando di capire chi le stesse accanto nella medesima posizione.

-Tosh, ti devi far aiutare anche ad allacciare le scarpe adesso?- chiese sarcasticamente il riccio, e ciò che potè ovviamente notare Sophie era che tra i due non scorresse un grande rapporto d’amicizia. Il diretto interessato alzò lo sguardo, sprezzante, e nonostante Sophie fosse convinta che avrebbe risposto a tono non lo fece. Si alzò dalla sua posizione, provocando la medesima reazione nella ragazza che posò lo sguardo sui nuovi arrivati, tornando ad armeggiare col suo armadietto che finalmente si aprì.

-Pronta per oggi, moretta?- la voce di Louis le giunse da dietro la schiena e giurò a se stessa che gli avrebbe tolto quel ghigno dalla faccia, lui non aveva idea di ciò che sapeva fare.

-Io starei attenta al tuo posto in squadra BooBear, con lei che lo metterà in discussione si farà piuttosto, come dire, precario- bisbigliò l’amica per lei, e non fece in tempo ad aggiungere altro che Louis la caricò di peso in spalla, facendole ciondolare il busto e la testa oltre la sua schiena mentre la portava via dal corridoio, seguito da un Liam divertito ed un Harry visibilmente offeso, che urlava loro dietro: “Perché tu puoi infastidirla e io no?”  “Io non rischio di scoparmela, Styles”

Sophie era ancora di spalle, convinta di essere rimasta sola con Chad piede-monco, ma dopo soli pochi instanti, il ragazzo la guardò con un’espressione leggermente impaurita: -Io devo proprio andare in bagno, ci si vede in giro Lin- e si dileguò a passo svelto per il corridoio.

Lei sospirò profondamente, grata di essere di nuovo sola, e prese i libri che le sarebbero serviti in quell’ora.
Si voltò chiudendo l’armadietto ma rimase paralizzata dalla vicinanza di un paio di occhi castani che la guardavano intensamente: Zayn.

Un mano poggiata oltre la spalla della ragazza, all’armadietto laterale, e il viso ad una trentina di centimetri dal suo lasciandole il giusto spazio per osservarlo nell’insieme. Ciò che questa distanza potè farle notare era la sua espressione concentrata, avrebbe osato dire corrucciata, nell’osservare gli occhi blu della ragazza e ricambiare il suo sguardo. Non si era mai sentita più su di giri che in quel momento nella sua intera vita.

-Ti stava dando fastidio?-

La sua voce la riscosse da quella trance in cui era entrata, avrebbe voluto dire "di malavoglia" ma in realtà l’avrebbe classificata come il suono più bello che aveva raggiunto le sue orecchie in quel freddo mattino di fine settembre. Scosse appena la testa, allargandosi poi in un timido sorriso e Zayn fece lo stesso, come se quello della ragazza l’avesse contagiato, spostando a malincuore la mano dall’armadietto e lasciandola più libera di muoversi: ora che erano soli, di certo non l’avrebbe lasciata andare così facilmente.

Lei iniziò a camminare con i libri stretti al petto e, solo in quel momento, Zayn potè far meglio caso al suo abbigliamento. Una tuta, una semplice tuta nonostante avesse già una tenuta sportiva per quel pomeriggio.
Quello che però balenò quasi immediatamente nella sua mente era come facesse ad essere così sexy anche con una tuta che di sexy non avrebbe dovuto avere nulla. Era larga sulle gambe, con due polsini che stringevano le caviglie scoperte; la banda superiore stava poco sotto l’orlo della maglietta bianca a maniche corte, attillata, che lasciava intravedere il ventre candido e piatto; il sedere a mandolino era leggermente fasciato dal tessuto morbido, lasciando libero sfogo all’immaginazione.

Sono proprio un pervertito - pensò scuotendo appena la testa e camminando accanto alla ragazza per il corridoio, attirando le occhiate di tutti coloro che ancora si aggiravano liberi per l’edificio.

-Tutto bene?-

La voce dolce della ragazza accanto a lui lo raggiunse, provocando un moto di sorpresa all’altezza del suo stomaco: era davvero convinto che non gli avrebbe rivolto la parola finché non fossero arrivati alla sua classe.

-Penso che dovrei portela io questa domanda, sei tu che oggi sfiderai il grande Louis Tomlinson- usò un evidente tono di scherno e questo le provocò una risata pura e sincera.

Finalmente, pensò, allargandosi in un enorme sorriso sornione: finalmente poteva sentire la sua risata solo per lui e dire che fosse migliore delle sue aspettative era un vero eufemismo.

-Veramente l’unica cosa che mi provoca un po’ d’ansia è il pensiero di quella scommessa che vuole fare... Whaliyha mi ha detto di non sapere nulla e vederla così interessata a scoprire qualche dettaglio mi ha messa in guardia-

Zayn sorrise: era davvero una bambola di porcellana ed era inverosimile che sarebbe mai riuscita a battere Louis, che non era il capitano del loro team solo perché la maggioranza aveva votato per Liam. Avrebbe voluto rassicurarla esprimendole il suo piano segreto, ovvero quello di chiudere Louis in camera e presentarsi per il “premio in palio” al suo posto, inventando una scusa, ma era meglio non dirglielo subito.

-Credo… sì insomma, credo che questa sia la mia classe- la sentì dire perché lui, troppo preso, aveva continuato a camminare senza nemmeno far caso ai numeri che scorrevano di lato sulle porte.

-Che coincidenza, anche la mia- disse solamente, sorpreso che frequentassero lo stesso corso di matematica. Era convinto che solamente una decina di persone riuscissero ad arrivare al livello 5 – Classe Élite, tra questi ovviamente c’era lui.

-Allora, ti siedi vicino a me?- al suono di quella domanda potè dirsi piacevolmente sorpreso.



 
                                                                                                                 *


 
-Tu devi portare alto l’onore del nostro gruppo, vendicami, devi assolutamente prendere a calci il bel culo di Tomlinson- la voce di Whaliyha le giungeva quasi come un lamento mentre sollevava i calzettoni bianchi fin sopra le ginocchia.

Era pronta, la cosa che davvero non vedeva l’ora di vedere era l’espressione sbigottita di Louis quando lo avrebbe battuto su ogni fronte, ma il giudice di gara ovviamente non era lei e sarebbe stato colui che avrebbe scelto le tre branchie in cui i due si sarebbero sfidati.
Era accompagnata dalla mora in campo, che continuava a straparlare su che provvedimenti avrebbero potuto prendere se la scommessa fosse stata troppo dura per lei, ma questo non le importava, la sua preoccupazione era un’altra in quel momento.

-Promettimi solo una cosa- nonostante Louis avesse già cominciato a chiamarla da quando le aveva notate, a lei non importava, era più importante risolvere questo problema: -Devi stare vicino a Se-Caleb, intendevo Caleb, devi impedirgli di intervenire qualunque cosa accada- l’amica la guardò dapprima confusa ma poi annuì consapevole, pensando che si vergognasse di essere difesa dal proprio fratello.

C'è mancato davvero un pelo, idiota.

-Lo terrò sotto strettissima sorveglianza- assicurò lei con un’espressione maliziosa, mentre si avviava a passo svelto in direzione degli spalti puntando il ragazzo che attento scrutava il campo. Non appena si avvicinò alle panchine del lato destro, la accolse subito Chelsea con un grosso sorriso disarmante, i denti bianchissimi che sembravano riflettere i raggi ultravioletti del sole e i ricci biondi indomabili raccolti in una crocchia sfatta.

-Questa “cosa” tra te e Louis fungerà come selezione per la squadra, perciò se mi piaci sei dentro pupa- le disse divertita, facendo sentire a Sophie molta meno pressione sulle spalle, forse non sarebbe stata così sofferta.

Dovette immediatamente ricredersi però quando voltò la testa verso l’area di rigore più vicina, trovando i ragazzi a passarsi la palla svogliati e stanchi, ma non era di certo questo che le fece tenere lo sguardo fisso sulla scena. Il ragazzo che quella mattina si era mostrato dolce e premuroso con lei e col quale aveva passato un’ora di matematica per nulla pesante, si stava in quel momento versando il contenuto di una boccetta d’acqua addosso, nel tentativo di diminuire il caldo di quel giorno. I muscoli dei pettorali e degli addominali erano tesi per il brivido dell’acqua fredda e Sophie fu costretta a deglutire più volte nel tentativo di non soffocare - la gola era rimasta asciutta e la lingua si era attaccata al palato tanto era grande lo sforzo di rimanere impassibile.

Dannati ormoni da donna in menopausa, si maledisse.

-Ma guarda un po’ chi ha raccolto la sfida, ero convinto che non ti saresti presentata fino ad un momento fa, mi hai stupito Lindberg!- esclamò il moro, che intanto si era avvicinato a lei con passo lento e svogliato, quasi a farle intendere che gli pesasse essere lì.

-Ora, apri le tue orecchie candide e ascolta i termini della scommessa del riccio- si schiarì la gola lanciando un’occhiata maliziosa al ragazzo prima di continuare: -Se vinco io, cosa altamente probabile, potrai passare un’indimenticabile giornata col sottoscritto, tutto pagato, quindi come vedi non devi far altro che perdere per ritirare il premio- concluse con un grosso sorriso che lasciava intendere molto. Lo sguardo di Sophie era fisso su di lui e su Whaliyha che assumeva un’espressione di disgusto, contraria alla cosa, ma la sua attenzione era tutta per il maggiore dei Malik, che stringeva le dita intorno alla maglia della divisa, probabilmente solo allo scopo di strizzarla anche se sperò per un attimo che fosse gelosia.

-E se vince?- chiese Chelsea al suo posto.
-Sì certo, come no-  bofonchiò Louis divertito facendosi seguire in quelle risate da Harry.
-Ci ho pensato io Cheet, tranquilla!-  urlò Whaliyha nell’orecchio di Louis, guadagnandosi un’occhiataccia da parte del ragazzo e una risata da parte di Sophie.

-Detta är för dig, morfar- Questa è per te, nonno, sussurrò la ragazza e chiuse gli occhi, inebriandosi del profumo dell'erba.


-Non lanciarmi maledizioni in Svedese, è giocare sporco questo- le sussurrò Louis usando il suo stesso timbro di voce, prima di avvicinarsi al centro del campo dove Liam li attendeva con un pallone ed un fischietto.

-Il primo è un test di velocità: entrambi partirete agli estremi del campo, ognuno di fronte ad una porta. Al suono del fischietto dovrete correre verso il centro, dove vi aspetta la palla, ed una volta ottenuta chi ha la palla deve riuscire a non farsela sottrarre, arrivare alla porta avversaria e segnare, tutto chiaro?- dall’espressione di Louis le parve intendere che facessero spesso quel tipo di gioco tra di loro, e lei non potè fare altro che pensare a quanto fosse sciocca.
Aveva passato una vita ad allenarsi più duramente di chiunque altro solo per la stupida convinzione di essere sempre un passo indietro rispetto agli altri. Il ragazzo le mandò un bacio con la mano prima di avviarsi con una leggera corsetta nella sua parte di campo, e lo stesso fece Sophie dopo un profondo sbuffo, affiancandosi a Niall che in quel momento era il suo portiere.

-Louis non gira bene a sinistra, cerca di sf- Sophie sollevò una mano per intimargli il silenzio.

-Ti assicuro che sarà facile anche senza alcun tipo di trucco, fidati di me- gli disse solamente, prima di sorridergli incoraggiante: –puoi anche metterti comodo, la palla non riuscirà nemmeno ad entrare nella nostra metà campo-

Si posizionò con le mani a terra e prese un grande respiro. L’odore dell’erba le entrò nelle narici, ricordandole quando giocava nel campo al castello: l’aria era leggermente più umida e pesante ma lei chiuse gli occhi, immaginando che tutto tornasse ad essere come prima e che suo nonno l’attendesse dall’altra parte del campo.
Non appena il fischiò le fece vibrare il timpano, vide in lontananza la piccola figura di Louis fare perno sulla punta dei piedi e spingersi a tutta forza verso il centro del campo, lei non aveva bisogno di altro.



I presenti fissavano la scena col fiato sospeso, Zayn in particolar modo anche se cercava di non darlo a vedere.
Non aveva dato alcuna speranza di vincita alla ragazza finché non l’aveva vista entrare in campo con la sua divisa completa di tutto ma visibilmente provata, sembrava essere stata usata fino allo sfinimento del materiale stesso. Sapeva che Louis non era un grande osservatore e di certo non aveva notato che la maglia della ragazza, sulla spalla destra, presentava un autografo che non era riuscito a riconoscere: e una divisa autografata non era per chiunque.

Non aveva dato esito diverso alla disputa finché non l’aveva vista compiere le prime tre falcate verso il centro del campo, Louis era un mediano perché non c’era nessuno nella squadra che potesse sperare di correre veloce quanto lui, eppure Victoria non era classificabile in quel momento: Victoria stava praticamente volando, non sembrava nemmeno che poggiasse i piedi sull’erba, era così veloce che non si potevano distinguere neppure i tratti del suo viso, era solo una macchia colorata che correva incontro a Louis.
Se il moro nei primi quattro secondi era arrivato alla prima metà del suo campo, Victoria aveva già toccato il pallone con un piede e ora lo lasciava correre insieme a lei verso il ragazzo, visibilmente stupito da quel cambio di prospettiva.

La ragazza non sembrò preoccuparsi dell’incombere di Louis, anzi, gli si parò davanti e passò la palla tanto velocemente fra una punta e l’altra degli scarpini che il ragazzo la perse di vista, lo stesso Zayn per un attimo non seppe dove guardare. Gli diede le spalle e, con un veloce movimento di tacco, la palla passò svelta fra le gambe di Louis. Lei lo superò con grazia dei movimenti, ma questo particolare era sicuro di averlo notato esclusivamente lui per chissà quale motivo.
Continuò a correre verso la porta insieme alla palla, mentre un Louis pietrificato restava là dov’era, con gli occhi ancora fissi sui suoi piedi.

Ora come minimo fingerà un malore per dare forfè, la solita vecchia volpe” - pensò Zayn, non staccando però per un solo istante gli occhi dalla figura scattante della ragazza mora.

Lei si avvicinò alla figura sbigottita di Harry, portiere per ruolo effettivo a differenza di Niall, ma nonostante la palla fosse passata rasoterra verso di lui, si lasciò cadere da tutt’altra parte, sconvolto, e quest’ultima finì in rete con la stessa tranquillità con cui era stata lanciata.

Nessuno emise un fiato, tutto il campo aveva trattenuto il respiro fino a quel momento.
Liam, a bordo campo, teneva il fischietto tra le labbra ma nessun suono sembrava fosse intenzionato ad uscire da esso, troppo sbigottito anche per muovere un solo muscolo.

Zayn non ci pensò oltre, mise due dita fra le labbra e tirò fuori tutta l’aria che aveva in quel momento nei polmoni in un fischio di esultanza, che attirò l’attenzione della ragazza su di sé. Fece sventolare la maglietta scura che aveva in mano, in segno di vittoria, e Chelsea accanto a lui iniziò a saltellare estasiata: qualcosa gli diceva che non avrebbe avuto bisogno di altre conferme per averla in squadra.

-Lindbergh, sei una bomba!- sentì gridare dietro di sé, e la voce proveniva da sua sorella che ora scendeva i gradoni degli spalti velocemente, nonostante sapesse che questo le sarebbe costato di certo un polmone. Saltò praticamente in braccio alla ragazza e Chelsea la seguì compiendo gli stessi movimenti prima che Zayn, divertito, entrasse in campo accompagnato da Liam.

-Louis, amico, credo che tu abbia perso la palla, o le palle, eppure mi sembrava di averle viste passare di qua un attimo fa- ironizzò Liam mentre Zayn cercava, invano, di trattenere le lacrime. Ovviamente non vi riuscì affatto ed entrambi scoppiarono in un moto d'ilarità.

Si voltò verso quello la ragazza nuova e i loro sguardi si incrociarono: nonostante lei avesse appena finito una lunga prova di corsa, quello col fiato più corto dei due sembrava essere proprio il moro in fin dei conti. L’unica cosa che riuscì a fare fu ammiccarle con un sorriso, lei ricambiò con una schiera di denti perfettamente bianchi e un bel paio di labbra rosee e carnose ad incorniciarli.

Se mi metto a pensare alle sue labbra, questo pomeriggio diventerà più rovente del solito, pensò Zayn tra sé e distolse lo sguardo, posandolo nuovamente su Louis.

-Liam, qual è la seconda prova?- chiese allora il moro ancora con le mani sulle ginocchia, un’espressione dura in volto e un tono per nulla divertito.

-Controllo palla-



Sophie si soffermò su quelle parole e quasi le dispiacque il pensiero di umiliarlo nuovamente davanti ai suoi amici, ma infondo non era colpa sua se avevano scelto tutte le sue specialità. L’altro round era passato così, erano tutti al centro del campo e il primo a cominciare era stato Louis, totalizzando la concreta somma di circa novanta palleggi tra petto, ginocchia e piedi. Inutile anche solamente cercare di descrivere l’espressione di Louis quando, a centotrenta, Sophie sembrava non avere ancora intenzione di cedere. Mostrò loro la sua "mossa segreta", che consisteva in un controllo palla in verticale che aveva visto fare una volta in tv, e perse la palla tornando nella posizione iniziale.

In secondo luogo, ma non meno importante, oltre ad avere finalmente zittito Louis sulle sue possibili capacità nello sport e avere il posto nella squadra di Chelsea, aveva anche vinto quella stupida scommessa. Ora poteva finalmente starsene tranquilla: sarebbe stata Whaliyha a scegliere la penitenza per per il ragazzo e di lei si fidava, ormai stavano diventando buone amiche.
 


 


( Un sexy Tommo qualche ora prima
della schiacciante sconfitta )

 
 



Author's Space
Beeeene ragazze, adesso basta capitoli per un po' (si spera)
E' che ci li ho sotto il naso e non posso fare a meno di pubblicarli :((

Don't worry girls, presto si aggiungeranno alla lista
anche un paio di one shot sui dei missing moments
davvero imperdibili, e stavo pensando di aggiungere il capitolo personaggi,
come vi avevo già accennato,
perché a volte io stessa mentre rileggo ne perdo qualcuno  
e avere un indice dove controllare fa sempre comodo.

Se la storia vi sta appassionando o se avete qualche critica da fare
vi prego di lasciare una piccola recensione:
il vostro parere è molto importante per me.

Kisses, 
Captain Payne.


PS: Per richieste di banner o simili, un'email è sempre gradita!
Ho deciso che lo spazio pubblicità alla fine
dei capitoli sarà per le storie
 e per le autrici gentili per le quali
ho creato dei banner, se volete
aggiungervi alla lista sapete cosa fare <3

AGGIORNATO IL : 18.02.2018
 





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Capitolo 5
*** Patriotism. ***








V

Patriotism

 
 
Agli asociali,
quelli che tremano solo al pensiero di parlare con qualcuno che non conoscono.
Il nostro problema è che vogliamo piacere a tutti.





-Marion, devo solo migliorare un po’ le mie capacità nel tiro con l’arco, non ho chiesto un bersaglio mobile- sbottò il principe mentre tendeva elegantemente il braccio indietro.

Il domestico, dal canto suo, non faceva altro che chiedersi per quale malaugurato caso fosse finito davanti al giovane in quel momento. Aveva una grossa patata sopra la sua testa, legata ben salda, che consisteva nel bersaglio del ragazzo; ma Marion cercava in tutti i modi, in realtà, di passare al futuro erede al trono il suo cellulare perché la principessa Sophie attendeva in linea per lui.

-Altezza, la prego, sto solo cercando di passarle il suo cellulare, è-

-Fermo così! E’ perfetto, se riesco solo a capire la velocità del vento…-

-Sua Maestà! Potrebbe rispondere a sua sorella, la principessa Sophie, piuttosto che attentare alla mia vita?! Come succede spesso in questo palazzo del resto!-

Il principe, divertito da quello schizzo improvviso da parte dell’anziano maggiordomo, rinunciò al suo obbiettivo solo per qualche istante, prendendo la chiamata con un sorriso smagliante nonostante la sorella non potesse vederlo: -Sophie! Sorellina mia!-

Suo fratello era sempre stato un tipo amabile, almeno con lei, non avevano un rapporto come quello che spesso si attribuisce a due fratelli della loro età, forse l’ultima volta che avevano discusso sarebbe potuta risalire a dieci anni prima.

-Hans! Finalmente! Ero così preoccupata!- ed era vero, dopo ciò che le era stato riferito da parte di Svein quel pomeriggio al centro commerciale, che tra i tre a Holmes Chapel sembrava essere l’unico ancora in contatto con la corona, non era più riuscita a dormire sonni tranquilli, troppo tormentata dagli incubi.

-Per la storia della statua? Ma va! Mi ha mancato di un chilometro sorellina! Le nostre guardie sono più scaltre!- non poteva pensare che suo fratello prendesse tanto alla leggera un attentato alla sua vita, in pieno giorno, al palazzo reale; era sicura che stesse minimizzando tutto solo per mettere a tacere le sue preoccupazioni.

-Marion! Dove credi di andare con la mia patata!- sentì urlare dall’altro lato del telefono.

-Il tuo lavoro qui non è ancora finito! Scusami sorellina, il mio bersaglio sta tentando la fuga, ci risentiamo presto e non combinare guai senza di me!- la chiamata si chiuse giusto un attimo dopo, senza dare il tempo alla ragazza di emettere un solo fiato in più.

Tipico di Hans, pensò, prendere tempo se non hai una risposta. Anche se lei non aveva posto alcuna domanda, Hans già aveva intuito quale potesse essere.

Hai paura? - era la solita domanda che Sophie faceva a suo fratello prima di qualsiasi cosa.

Gli aveva fatto quella domanda il giorno del suo debutto in società, prima che lasciasse la sua camera da letto, quando era atteso ad un ricevimento. Gli aveva fatto quella domanda quando i loro genitori erano morti, sfaldando l’immagine della loro famiglia perfetta e lasciando col cuore spezzato due giovani creature. Gli aveva fatto quella domanda quando suo nonno lo aveva ufficialmente annunciato come prossimo erede al trono di Svezia e, in quella chiamata, la preoccupazione nella sua voce gli poneva la stessa identica domanda di tanti anni orsono.

Sophie decise di scrollarsi di dosso tutti i dubbi che non sarebbero stati chiariti e, alle cinque del mattino di quel sabato, riuscì ad uscire di casa senza fare alcun rumore. Era impensabile che uscisse in strada senza né Svein né Sebastian al suo seguito, mentre ancora una timida alba faticava a spuntare nel cielo: sarebbe tornata prima che i due si fossero svegliati.

Aveva infilato la tenuta della Nike che Chelsea le aveva caldamente consigliato di comprare: un leggins nero con delle fantasie sui polpacci e “NIKE” scritto in azzurro, il reggiseno sportivo nero che fungeva da top e una felpa nera sopra a coprire almeno le parti della pancia e della schiena scoperte.
Le sue cuffie riproducevano le canzoni (che lei ormai sapeva a memoria) di un Ipod clandestino ma che rappresentava la sua unica e concreta finestra sul mondo. In quel momento stava passando una canzone degli Arctic Monkeys, appropriata da non credere.

Le suole di gomma calpestavano il marciapiede asfaltato e freddo mentre il sole indugiava ad uscire fuori dagli alberi del boschetto vicino. Le macchine che le passavano accanto erano davvero sporadiche e lei buttava un’occhiata ad ogni passeggero constatando che, a quell’ora del mattino, erano per lo più persone che tornavano o andavano a lavorare.

Non stava correndo in modo spasmodico o esagerato, Sophie stava semplicemente correndo, e lei non correva come se dovesse vincere una gara, non lo faceva come se qualcuno la stesse rincorrendo, lo faceva solamente perché era ciò che sapeva fare meglio; eppure, distratta dalla sua corsa modica ed incredibilmente veloce, non si era nemmeno resa conto di alcune macchine che stavano arrivando da sinistra, troppo occupata ad attraversare la strada nel tentativo di tornare allo spoglio appartamento.

Il forte stridio di gomme che ne successe non sovvenne al suo orecchio, impegnato dal suono della musica e la voce di Alex Turner, ma una mano entrò nel suo campo visivo che la strattonò con forza indietro, facendola tornare sul marciapiede.

Tramortita dall’improvviso cambiò di direzione, voltò lo sguardo tutto intorno a sé e strappò via i fili delle cuffiette con la mano libera per riuscire a capire cosa stesse succedendo, abbandonando la voce calma e melodiosa del cantante della sua band preferita.
Un viso contratto da una smorfia preoccupata si pose di fronte a lei, ad un palmo dal suo naso, e un paio d’occhi color nocciola iniziarono a scandagliarla per appurare la sua incolumità; quel ricordo sarebbe stato per sempre accompagnato nella sua mente da uno strano odore di pneumatici bruciati.


-Liam... ciao?– non seppe perché suonò come una domanda, probabilmente a causa dell’adrenalina nel suo sangue che rendeva tanto tremolante, così come il fiatone della corsa le stava facendo dolere il petto.

-Vic, se vuoi un consiglio, non correre in mezzo alla strada come se fosse tua- sapeva che il ragazzo non si stava rivolegendo davvero a lei come la principessa Sophie, ma quello le sembrò tanto uno dei rimproveri di suo nonno, quando la giovane peccava di superbia e lui cercava d’insegnarle cosa fosse l’umiltà.

-Cercherò di ricordarmelo, grazie– sollevò solamente gli angoli della bocca in un leggero sorriso.

Non sapeva se avrebbe dovuto semplicemente continuare per la sua strada o se avrebbe dovuto chiedergli congedo prima, magari lui doveva andare nella sua stessa direzione e sarebbe parso strano.
 
Liam lasciò finalmente libera la ragazza, dalla sua presa ma non dal suo sguardo.


-E’ la prima volta che ti vedo senza i tuoi fratelli, o come dovrei chiamarli? Ho sentito Whaliyha chiamarli “gemelli lumaca” anche se non ho ancora afferrato il perché- il ragazzo rise spontaneamente e la sua risata era così calda e sincera, che Sophie sentì il cuore sciogliersi goccia per goccia fino al suo stomaco, come se improvvisamente fosse in grado di dire ad un perfetto sconosciuto come lui tutta la verità, solo perché il suo istinto le diceva che non c’era al mondo animo più leale del suo. 

-Beh, è ancora un po’ presto per loro, diventano suscettibili se vengono svegliati all’alba- non ebbe importanza se Sophie non aveva finito di parlare o se voleva tornarsene a casa, lui l’aveva interrotta mettendola praticamente “spalle al muro” con l’aiuto di poche semplici parole. 

-Mmh, ho capito, non sanno che sei qui quindi- 

Sophie si diede spontaneamente dell’ingenua, eppure era convinta di aver capito tutto su quel gruppo di scalmanati. Nonostante avesse creduto che fosse Zayn quello silenzioso ma dotato di grande acutezza, su Liam fu costretta a ricredersi: sembrava avesse capito molto più di chiunque altro com’era la situazione in realtà.
Per un attimo temette di dover dire tutta la verità: su di lei, sul suo arrivo ad Holmes Chapel, sui gemelli; ma come faceva Liam a sapere tutte quelle cose? Non lo aveva detto a nessuno, che l’avesse riconosciuta? Eppure la famiglia reale svedese non possedeva molta visibilità all’estero, da quanto ne sapeva lei. 

La ragazza sospirò, sentendo che forse se ne avesse parlato con lui non avrebbe potuto dirle niente di peggio che “pazza” e se ne sarebbe andato, lasciandola da sola a correre fra i suoi pensieri ed i suoi dubbi.

-Non preoccuparti, capisco che magari può essere imbarazzante avere dei fratelli maggiori che si comportano come delle guardie del corpo, mia cugina si comportava così con me fino a qualche anno fa- le confessò mentre poggiava un ginocchio contro il basso muretto ai lati della strada, massaggiandoselo ripetutamente con la punta delle dita.
Lei non potè fare a meno di pensare ad Hans, senza la sua sorellina, costretto non solo a combattere con qualcuno che cercava di ucciderlo dentro le stesse mura nelle quali era cresciuto, ma come se non bastasse contro con la stampa e l’opinione dell’alto ceto svedese; era già una fortuna che la notizia di un attentato ad un membro della famiglia reale non avesse fatto il giro del mondo.

-E… che hai fatto tu?-

-Nulla, quando ha capito che ero davvero cresciuto e di certo non avevo bisogno di protezione, non da parte sua poi, ha smesso da sola di comportarsi così- sollevò le spalle non curante e cambiò gamba, iniziando a massaggiare l’altro ginocchio nello stesso modo: –non voglio assolutamente intromettermi tra voi, ma forse se gli fai capire di essere abbastanza adulta da cavartela da sola ti lasceranno più corda… anche se a giudicare da qualche attimo fa direi che non sei ancora pronta- la schernì allora il ragazzo, ma era chiaro quanto lo facesse in modo scherzoso e non come Louis, che sembrava schiacciare chiunque sotto i suoi lucidi scarpini ad ogni passo.

-A chi arriva prima al centro storico? Vediamo se ti passerà la voglia di fare battute-

-Che ne dici invece di una corsetta moderata? Avrei bisogno di parlarti un po’- veramente Liam stava pensando che sì, era davvero una ragazza interessante, ma se non fosse per il suo migliore amico non si sarebbe mai imbarcato in una conversazione simile.

Zayn, questa me la paghi.



 
*

 
 
-Non voglio sentire scuse! Sei avvertita, stasera tu e i gemelli lumaca siete invitati a casa mia, ci saranno tutti, e io ritengo che sia il momento giusto per consumare la nostra vendetta contro Tomlinson- la voce di Whaliyha non risuonava poi tanto diversa dal solito attraverso il cordless nero, però Sophie non poté fare a meno di pensare a quanto suonasse strana ed insolita. 

-Qualcosa mi dice che la tua vendetta abbia più voglia di essere consumata su Harry, mi sbaglio?- si erano fatti in molti ormai i misteri che la ragazza voleva farsi svelare: il significato di un occhiolino, chi c’era dietro gli attentati alla sua famiglia a palazzo o cosa ci fosse davvero tra Whaliyha e Harry, perché era chiaro che i due avessero dei trascorsi di cui la ragazza non le aveva ancora parlato.

-Styles, Tomlinson, che differenza fa?! Sono tutti imbecilli: hanno fatto una scommessa, hanno perso e ora ne pagheranno le conseguenze!-

-Io non ho ancora la più pallida idea di che diavolo tu stia parlando…-

-Lascia correre! Ho già pensato a tutto io! Tu devi solo portare il tuo bel culo qui insieme a tutto il patriottismo che riesci a racimolare-

-Patriottismo? Whaly, inizi a farmi paura…-

-Noi abbiamo vinto, non dobbiamo temere nulla, semmai sono loro a dover temere!- la mora terminò quell’esclamazione con una sonora risata teatrale, atta a sembrare più malefica possibile e questo bastò a scaturire l’ansia nella povera Sophie: –chiamo a rapporto anche il soldato Cheet e il soldato Beth, e tu metti qualcosa di sexy per quel poverino di mio fratello, credo abbia terminato gli abiti succinti da immaginarti addosso-
Dal canto suo, la ragazza svedese non potè fare a meno di arrossire.





( Il nostro bellissimo patatino Liam
e il suo sorriso ingravidante )






 
Author's Space
ERANO SOLO UN PAIO DI GIORNI CHE NON AGGIORNAVO
E GIA' MI MANCAVA FARLO,
non prendetevela con la piccola Cap
per aver pubblicato un capitolo così corto :(
Mi sono solamente accorta che tutti gli altri autori
dividono la loro storia moderatamente 
mentre io ci infilo 12 pagine di word
e non voglio annoiare nessuno!
Così ho suddiviso meglio i capitoli, nulla di più!! <3
MA QUANTO E' BELLO IL BANNER?? STO ZITTA OKOK

Btw, ringrazio tutte coloro che hanno speso qualche minuto
per leggere la mia storia, 
vedere che le visite ogni tanto salgono
mi provoca un piacere immenso.
Se il capitolo vi è piaciuto lasciate una recensione
o contattate pure in privato  c:



Adoro il rapporto tra Sophie e Liam,
che si svelupperà solo nei prossimi capitoli,
quindi PEI ATTENSCION PLIS, grz.

Kisses,
Captain Payne.


PS: Chiunque avesse voglia di mettere un banner
sulla propria storia me lo faccia sapere,
sono sempre disponibile io! <3 <3

AGGIORNATO IL : 18.02.2018

 
 

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Capitolo 6
*** Loser, twice. ***






VI
Loser, twice.



Ai coraggiosi e agli onesti,
quelli che prima di pensare ad apparire migliori
si concentrano sulla loro direttiva morale,
e la seguono fino in fondo a dispetto di
fallimenti o derisioni.






La villetta dei Malik poteva dirsi proprio niente male. 
I muri chiari rivestiti di mattoncini rettangolari le davano un’aria costiera, anche se di costiero ad Holmes Chapel non c’era proprio nulla se non la tipica pioggia inglese. Il tetto spiovente sormontava una grande finestra a due ante: dietro le piccole tendine candide, si poteva notare una luce accesa ma dell’interno della stanza non era possibile intravedere nulla. La casa andava poi ad aprirsi verso il basso, c’era il primo piano con tre finestre separate e tutte con le persiane sigillate; ed infine il piano terra con un delizioso portico, un tavolo e delle sedie tutte intorno, una porta finestra aperta e degli schiamazzi provenire da dentro.

Lei e Sebastian attendevano fuori dal cancello in ferro battuto, in attesa che Whaliyha le rispondesse al telefono. Cercava di nascondere la leggera ansia che le faceva battere forte il cuore in quel momento: non voleva che il suo migliore amico la riportasse a casa credendo si trovasse a disagio, ordini del generale Svein e contro di lui non c’era discussione, né argomentazione che tenesse.

I jeans che aveva scelto erano decisamente troppo stretti, in tutta la vita non si era mai sentita così grassa come in quel momento.

Così grassa o così sotto esame? - scacciò subito lontano il pensiero che quelle sensazioni potessero essere dovute a “Malik Senior” e la sua capigliatura scarmigliata ma inspiegabilmente perfetta.

Sotto la grossa felpa nera (che Svein le aveva costretto ad indossare) stava un maglioncino di lana bianco, con lo scollo a barca e le maniche molto larghe.
L’amica le staccò il telefono, segno che aveva visto finalmente le sue chiamate e, dopo qualche attimo, il cancelletto si aprì con uno scatto sonoro.
Sebastian e Sophie seguirono le voci e le risate che provenivano dal portico; prima di oltrepassare la soglia però, il ragazzo si voltò e fece un sorriso incoraggiante all’amica.

-Tänk inte på vad min bror sa, bör vi försöka ha kul för en gångs skull-  Non pensare a ciò che ha detto mio fratello, dovremmo provare a divertirci per una volta.

Lei in risposta annuì semplicemente ed entrò in casa Malik, guardandosi intorno e cercando lo sguardo della sua seconda àncora in quel mondo tanto diverso e spaventoso: Whaliyha. C’erano due pacchi di birra ancora da aprire posta sul tavolo della cucina, per non parlare delle bottiglie vuote sparse un po’ intorno nei posti più insoliti.

La scena che si stava srotolando dinnanzi a loro, però, era sicuramente più insolita: Chelsea doveva essere per forza ubriaca, a meno che gli inglesi non ritenessero trascinarsi per terra supinamente con la sola spinta dei gomiti una cosa da tutti i giorni; Whaliyha stava (ovviamente) discutendo con Styles di fronte la scalinata di marmo che portava ai piani superiori; Liam e Niall stavano giocando a qualcosa alla tv che lei non aveva mai visto in vita sua, eppure era quasi certa che non andasse fatto bendati e senza pantaloni. Il tutto mentre Louis cantava “Can’t take my eyes off you” alla sua bottiglia di birra ormai giunta a metà.
 
-Vic! Finalmente siete arrivati!- la mora sembrò sollevata nel potersi finalmente scollare dalle chiacchiere del riccio e si avviò verso di loro con uno grosso sorriso, almeno lei sembrava essere lucida.

-Caleb? Sei tu? Pietà, è quasi impossibile distinguere te e tuo fratello… comunque, non per sembrare scortese– la ragazza si avvicinò al viso dell’amica, mormorando nel tentativo di far rimanere quella domanda privata: –l’altra metà del duetto “gemelli lumaca”?-


E Zayn? - ma fu inutile anche solo pensarlo: la domanda le morì in gola, più veloce di quanto ci avesse messo a formularla nella sua testa.

-E’ a casa malato, ma vi ringrazia dell’invito e spera di poter venire la prossima volta- Sebastian, accanto a lei, fece una smorfia di disappunto a quelle parole. Odiava suo fratello per come si comportava con lui: regole ferree che Svein non rispettava ma che lui avrebbe dovuto rispettare? Se era lì quella sera era solamente per proteggere Sophie. A volte doveva sforzarsi enormemente per ricordare quanto fossero tutti in grave pericolo e che quella non era una vacanza di piacere, bensì una fuga da palazzo, per impedire ad uno squilibrato di uccidere i legittimi eredi al trono di Svezia. Nonostante questo anche lui era umano, anche lui voleva divertirsi un po’ come tutti, anche lui era un teenager e a nessuno di loro capitava spesso di integrarsi ai loro coetanei e fingere di essere normali, anche solo per una sera.



Un rumore di passi per le scale face sollevare gli occhi a Sophie che vide le gambe di Zayn, fasciate da un paio di jeans neri, comparire dietro il corrimano. A poco a poco tutta la sua figura si fece presente, ed insieme a lui un paio di vertiginosi tacchi glitterati.
Sophie voleva ridere.
Era sentitamente pronta a farsi delle grosse risate, ma non derideva l’oca che in quel momento si accingeva a seguire il ragazzo verso la fine della rampa, i loro capelli arruffati o le macchie rossastre sul collo del ragazzo, lei rideva di se stessa. Avevano parlato sì e no tre o quattro volte al massimo e lei lo aveva già immaginato scendere da quella gradinata vestito di bianco, con un cavallo altrettanto candido che li attendeva fuori, in giardino, e si aspettava di cavalcare verso il palazzo insieme, a veder sancito il loro legame dalle stelle per sempre.

Si chinò a terra per evitare il suo sguardo, slacciandosi una scarpa da ginnastica e rifacendone il nodo ripetutamente, come se non le piacesse abbastanza e avesse intenzione di rifarlo almeno altre dieci volte.

-Victoria! Amica mia, devi… devi… devi insegn… insegnarmi qualche trucco!- Louis barcollò con un sorriso beota verso di lei, completamente annacquato di birra e lo si potevano notare anche con naso e occhi tappati. Sebastian non ci pensò due volte a pararglisi davanti con fare minaccioso, nascondendo per metà il corpo esile della ragazza.
Si formò un pesante silenzio intorno a loro.

Era probabile che i ragazzi, almeno quelli sobri, fossero pronti ad intervenire da un momento all’altro, eppure Sophie prese la mano del suo migliore amico e la strinse forte, mormorando qualcosa nella loro lingua madre, così che solo lui potesse capire.
Una volta che il gemello si fu fatto da parte, Whaliyha lo affiancò e potè giurare di vedere un lampo negli occhi di Harry successivamente al suo gesto, in piedi dall’altro lato del salone.

E’ proprio il momento di indagare, pensò.

-Ah sì, Lou? Sei così ubriaco che non credo vedresti la palla- una risata aspra e stridente seguì le sue parole e le riempì le orecchie, ma non servì sollevare lo sguardo per capire da chi stesse provenendo: Marion, avrebbe dovuto intuirlo dai tacchi ricolmi di lustrini e paillettes, troppo eccentrici anche per la fata madrina.

-Dai, andiamo a prendere un po’ d’aria-  tentò di portare Louis altrove, da ubriaco doveva essere una vera e propria fonte di informazioni, ma la piccola padrona di casa interruppe il suo piano sul nascere mettendosi in piedi sul divano.

-Louis, smettila di far finta di essere ubriaco, la scommessa dovrai scontarla lo stesso- tutti gli sguardi si puntarono su di lei e il ragazzo che teneva un braccio intorno alle sue spalle che, al richiamo dell’amica, tirò un sonoro sbuffo e si rizzò in piedi completamente lucido, come se nulla fosse successo.

-Dannazione Whaly, c’ero quasi riuscito!- il ragazzo dagli occhi cristallini e luminosi voltò il viso verso il suo, prendendo un lembo della sua guancia tra le dita e scuotendo la testa dolcemente: –Come sei ingenua, piccola Vic- mormorò, prima di lasciarla andare e gettarsi tristemente sul divano, provocando un tonfo sordo.

“Il suono della sconfitta”, avrebbe detto suo nonno se avesse visto l’espressione affranta del calciatore, annientato da sua nipote.

-Marion, non devi tornare a casa tua? Non hai una famiglia o delle persone che chiedono di te?- domandò la piccola Malik, nel vano tentativo di levarsi la cheerleader dai piedi.

-Lei resta- disse suo fratello al posto della ragazza.
Non un sorriso, nemmeno il tono pacato che usava di solito era presente nella sua voce.

Sophie immaginò che fosse chiaro a tutti che i due non volevano essere separati, eppure l’espressione leggermente confusa di Harry non era molto affine con quella tranquilla degli altri.

-Se non se ne può fare a meno…- borbottò allora la ragazza bruna, ancora in piedi sul divano: –Adesso farete tutti i bravi e vi metterete in cerchio davanti al divano, così potremo iniziare-

E mentre tutti si affrettavano per prendere posto sui cuscini di quest’ultimo, Harry prese posto sul primo gradino delle scale, molto centrali comunque al soggiorno, sfilando il telefono dalla tasca e muovendo le dita freneticamente su di esso. Sebastian stava aiutando Chelsea a rialzarsi da terra (probabile che fossero solamente lei e Niall i due veri ubriachi quella sera) e la fece sedere su di esso; costretto poi dalla bionda, prese posto accanto a lei, che non perse tempo a poggiare la testa sulla sua spalla.
Sophie si voltò verso di lui, nel tentativo di mimare con le labbra uno scherzoso “Mi dispiace per te”, ma qualcuno le toccò una spalla e lei fu costretta a girarsi verso una gentile testa rasata senza pantaloni. Liam le stava offrendo una sedia che aveva appena preso dalla cucina e ora metteva sia la sua che la propria l'una accanto all’altra, proprio di fronte al polipo Marion e i suoi tentacoli lattei.

-Prima di illustrare i termini di questo “gioco” che faremo… -  Whaliyha scese dal divano e si fece aiutare da Niall a prendere dei grossi bicchieri di carta,  insieme ad una delle cassette di birra ancora sul tavolo della cucina, e posero il tutto al centro di quello strano cerchio: –L’unico termine della scommessa per i perdenti è l’impossibilità a ritirarsi dal gioco, mi hai capita Lou? O vuoi che te lo scriva sul muro? Cerca di non fare il bambino come l’ultimo Natale-

-Hey! Mi avevate preso per una pignatta! Che avrei dovuto…-

-Zitto! Ora, Vic, ciò che devi fare tu è proporre il gioco di stasera, ovviamente qualcosa di molto svedese, vogliamo uccidere gli sbruffoni col tuo patriottismo!- Whaliyha sembrava molto felice nel pronunciare quelle parole, sembrava essere molto soddisfatta della piega che stava prendendo quella serata, tutto per merito della sua brillante idea. Non pensava di certo che stesse mettendo la ragazza nuova in una situazione al quanto scomoda visto che non era mai uscita dalle mura del suo palazzo, e se anche l’aveva fatto di certo non si era rinchiusa in un pub a fare dei tipici giochi svedesi con alcool.

-Ecco… Non ne ricordo molti, sono per lo più internazionali…- iniziò lei, cercando un aiuto da Sebastian il quale era forse anche più a corto di idee rispetto a lei.

-Smettila Whaliyha, la piccola Vicky non avrà mai sentito nemmeno l’odore dell’alcool, figurarsi se può proporci un gioco da fare- intervenne allora Marion, terminando il suo schietto commento facendo schioccare la lingua sul palato.

Sophie avrebbe volentieri infilato un pugno in gola a quella vipera che avvolgeva il ragazzo tra le sue spire, ma lui non sembrava avere la benché minima voglia d’essere salvato ed era evidente quanto quei giorni al campus avesse mal interpretato i suoi segnali, convinta del contrario.

-Veramente mia sorella ha vissuto quasi tutta la vita a Stoccolma, ed essendo una metropoli di fama mondiale nonché grande meta turistica, non c’è nulla di tradizionale che sia pervenuto in essa, Marion- la corresse allora Sebastian, senza poter fare a meno di mostrare il suo freddo e pronunciato accento dell’est. La ragazza sembrò farsi piccola piccola contro il corpo di Zayn dopo quel tacito rimprovero, cambiando tonalità da quel solito bianco pallido ad un rosso fragola che si abbinava molto alle sue scarpe.

Il ragazzo si schiarì la voce prima di continuare il suo discorso dal quale tutti, tranne Harry, sembravano essere affascinati, specialmente Cheet che ora pendeva letteralmente dalle sue labbra.

-Io e Simon invece siamo cresciuti ad Uppsala con nostro padre, ed essendo una città gremita di patrioti forse posso proporlo io un gioco interessante per stasera- il ragazzo si sporse verso il piccolo tavolino su cui erano poggiate le birre e i bicchieri. Sotto lo sguardo attento di tutti i presenti, prese due bottiglie di birra e premette i bordi dei loro tappi l’uno contro l’altro, aprendole entrambe senza il minimo sforzo e provocando il fischio d’approvazione del biondo ossigenato alla sua sinistra.

-Tu hai sangue irlandese amico mio, questa me la devi insegnare- esordì, mentre ne prendeva una tra le mani e ne trangugiava qualche sorso.
Sebastian rispose al ragazzo con un semplice sorriso e versò metà dell’altra birra all’interno del bicchiere.

-E’ semplice: ognuno di noi, a turno, dice 3 frasi sul proprio conto, qualsiasi cosa basta che riguardino se stesso, due devono essere necessariamente vere e l’altra falsa, una bottiglia vuota gira al centro e sceglie chi tra di noi dovrà indovinare qual è quella falsa; chi sbaglia beve un bicchiere- tirò su le spalle come se per lui il procedimento fosse ovvio, e molti tra i presenti annuirono, intuendo l’andamento del gioco e vogliosi di cominciare.

-E cosa ci sarebbe di patriottico in questo, Mr. Svezia 2016?- la voce che interruppe un’altra delle spiegazioni di Sebastian sul nascere apparteneva ad Harry, il ragazzo che ancora se ne stava seduto sull’ultimo gradino delle scale rigirando il suo telefono tra le dita, evitando lo sguardo di tutti i presenti.

-Oh, certo, chi indovina quale delle tre è quella sbagliata evita di bere ma, se pronuncia bene un famoso scioglilingua svedese, farà bere due bicchieri a chi ha posto le tre frasi sul proprio conto- sorrise divertito, chissà se gli altri (esclusa Sophie) avrebbero capito che quell’ultima clausola se l’era appena inventata, ma questo vigeva a loro favore quindi non avrebbe di certo fatto domande.

-Sorellina, vuoi sceglierlo tu lo scioglilingua di stasera?-  le chiese ridacchiando e lei non potè fare a meno di sorridere notando Niall così eccitato per l’inizio del gioco che quasi non riusciva a stare fermo.

La ragazza si schiarì la voce, ne aveva scelto uno mediamente facile che era sicura lei e Sebastian sapessero dire senza problemi: - Sex laxar i en laxask, sei salmoni in una scatola di salmoni, va detto almeno due volte per essere davvero uno scioglilingua, quindi non cercate di barare-

Inutile dire che di lì a qualche attimo scoppiò la terza guerra mondiale in quel salotto: chi sbraitava cercando di far uscire qualche suono strozzato dalla gola, chi rinunciava sul nascere dando per scontato che sarebbe uscito ubriaco fradicio da quella casa e chi si scagliava contro il proprio vicino pronunciando le parole in modo pessimo, come se rappresentassero una minaccia.

-Inizio i-! Ehm ehm, cioè, Marion, vuoi iniziare tu?- chiese la piccola Malik alla piovra ancorata su suo fratello, sfoderando il sorriso più falso che Sophie le avesse mai visto fare da quando si erano conosciute.

-Uh! Sì! Allora, prima giro la bottiglia- la cheerleader si sporse teatralmente in avanti ma, visto e considerato che si trovava di fronte a Sophie, non capiva a chi stesse cercando di mostrare la scollatura della sua camicetta nera. La principessa non capiva per quale motivo le facesse tanto strano vederla senza la divisa da cheerleader indosso, quando era ovvio che la portasse solamente dentro al campus e i locali del college, non era di certo un’uniforme come poteva esserlo quella di un vigile del fuoco.

Ma se non porta più il suo costume, perché non toglie anche la maschera? - si ritrovò a chiedersi Sophie, perché nonostante non capisse ancora nulla del loro mondo, credeva fosse impossibile poter trovare Regina George che ti fa lo sgambetto davanti al supermercato; quindi possibile che quella ragazza fosse davvero superficiale come appariva 24 ore su 24?

-Liam! Sei uscito tu, pronto?-
 
 

Sembra stia per tirare fuori i pon pon per un balletto d’incoraggiamento, pensò allora Whaliyha e l’immagine della ragazza dai capelli neri che saltellava per il suo salotto si fece subito largo fra i suoi pensieri: non potè evitare di scoppiare a ridere e attirò le occhiate confuse di tutti i presenti, o meglio, quasi tutti.
C’erano due occhi in particolare che avrebbe voluto vedere puntati su di sé, uno sguardo intenso e penetrante che sembra volerti fare un buco nell’anima per cavarne fuori tutti i segreti più nascosti: il modo in cui suo fratello aveva guardato Victoria la prima volta che l’aveva vista entrare nella mensa. Sembrava spaesato eppure concentrato, come se non avesse mai visto nulla di tanto bello in vita sua, come se avesse avuto voglia di cogliere ogni movimento del suo corpo o delle sue labbra carnose. Non serviva impiegare uno sforzo sovrumano per capire che Zayn non avrebbe mai guardato Marion in quel modo, che era la cosa che odiava di più dopo le acciughe in salamoia, e ovviamente dopo Harry Edward Styles.

Sì certo, come no – la voce della verità nella sua coscienza si fece sentire, eliminando alla povera ragazza lo sforzo di dover mentire a se stessa.

Avrebbe dato un braccio per ricevere uno sguardo tanto intenso da uno dei migliori amici di suo fratello, avrebbe studiato l’intero manuale di matematica del primo anno affinché il riccio potesse considerarla anche solamente un attimo più di ciò che vedeva in lei, ovvero la sorella del suo migliore amico, e questo significava entrare in un aerea off-limits, come se suo fratello l’avesse fatta rinchiudere nell’Area 51.
Sollevò lo sguardo per posarlo sulla massa di ricci scura infondo alle sue scale ma il ragazzo non la stava ricambiando, sembrava invece piuttosto attento a ciò che accadeva al di là dello schermo del suo cellulare; il viso illuminato dalla tenue luce biancastra irradiata da esso creava dei profondi solchi ai lati della sua bocca, dove di solito nascevano le dolci fossette.

Ad interrompere il fiume di complimenti alla sua cotta adolescenziale furono i colpetti di tosse di Marion LaSanguisuga Barioot, ed il criceto nel suo cervello che si sfiniva sulla ruota, giusto per farle formulare un semplice pensiero.

-Allora: non so guidare, sono la miglior cheerleader della squadra dell’università e… sì, sono vergine- forse solamente due secondi passarono da quando Marion aveva chiuso la bocca che tutti scoppiarono a ridere come dei forsennati, perfino Chelsea, che nonostante fosse ubriaca fradicia aveva sentito tutte le sentenze che la cheerleader aveva dato su di sé. Sophie vide il suo migliore amico, fattosi completamente rosso per le risate, asciugarsi una lacrima vacante sul viso. Niall aveva poggiato una mano sul suo ginocchio per non cadere a terra e ora si reggeva la pancia con una mano, tentando di non rimettere dalle troppe risate. Liam, accanto a lei, sembrava alquanto perplesso e chiarificò i suoi dubbi quando si sporse verso di lei: -E’ incredibile quanto ognuna sembri falsa a modo suo, avrà capito come funziona il gioco?-

Louis e Whaliyha, che passavano le giornate a battibeccare, ora cercavano di sventolarsi a vicenda, entrambi rossi come pomodori per la mancanza di fiato che quelle risate provocano. Gli unici a non ridere erano proprio Marion ed Harry, che probabilmente non aveva nemmeno sentito ciò che la mora aveva appena affermato di sé; perfino il più grande dei Malik avrebbe voluto ridere, ma Marion lo stava fulminando con lo sguardo e lui stava cercando in tutti i modi di trattenersi, mordendosi le labbra e stringendo in un pugno il tessuto della sua canottiera.

 

Zayn aveva appena visto Liam sporgersi verso Victoria e dirle qualcosa, lei stava ridendo ancora più di prima ed era sicuro che avessero pensato la stessa cosa: E ora quale sarà quella falsa? 
Sarcasticamente parlando, si intende, Zayn e tutti gli altri nella stanza sapevano benissimo quale fosse la sentenza che Marion riteneva inesatta, ed era proprio il motivo di tante risate lì dentro. Il suo migliore amico fece finta di rifletterci un attimo, assumendo l’espressione pensierosa più finta sulla faccia della terra, ed esordì dicendo: -Mah, mi hai messo proprio in difficoltà, forse che non sai guidare? Se non sbaglio, Juliette Seasure deve ancora tornare dalla convalescenza per un albero che vi è spuntato davanti all’improvviso… ho indovinato?-

Rivangare quell’episodio di appena un mese prima non fece altro che rinnovare il moto d’ilarità, ma stavolta Zayn non riuscì proprio a trattenersi e tolse il braccio dalla presa della cheerleader per tenersi lo stomaco con entrambe le mani, tanto gli facevano male gli addominali per le risate.

-Ma no, stupido! Hai sbagliato! Non sono vergine!-

Questa non fu che la goccia che fece traboccare il vaso: stavolta anche Harry scoppiò in un moto d’ilarità senza fine, rotolando giù dall’ultimo gradino e finendo con la schiena contro il divano mentre ancora rideva come un forsennato. Louis e Whaliyha si portarono le mani alla bocca, fintamente scioccati, esclamando un collettivo “Noo, davvero?” di sorpresa e a quel punto non ci fu alcun dubbio: era stato davvero un grosso errore far iniziare Marion.

Inconsciamente, il moro sollevò lo sguardo verso il suo migliore amico che, colpevole della bravata, prese un bicchiere pieno di birra tra le mani e lo trangugiò fino all’ultimo sorso. Non immaginava che, voltando appena lo sguardo, avrebbe incontrato un destino tanto fatale: gli occhi blu della ragazza di fronte a lui erano socchiusi eppure sembravano brillare di luce propria attraverso le folte ciglia scure; le guance erano ancora più rosse del solito per via delle risa a cui non sapeva porre un freno e le labbra piene e tirate contornavano una schiera di denti bianchi, che non facevano altro che spiccare come la luna in un cielo buio per via del rossetto scuro che portava.

-Zayn? Ci sei? Tocca a te- Chelsea poggiò una mano sulla spalla del ragazzo e lo scosse appena, per risvegliarlo dalla sua fervida quanto vivida immaginazione, e lui abbassò lo sguardo sulla punta della bottiglia che indicava proprio il suo ginocchio destro. Il turno seguì veloce, Zayn indovinò facilmente quale delle affermazioni di Liam fosse falsa per via della loro amicizia di lunga data, eppure non ci fu modo di fargli pronunciare lo scioglilingua svedese che, piuttosto, sembrava avergliela annodata definitivamente.

Il biondo alla sinistra di Sophie, impaziente di essere partecipe del gioco, fece girare la bottiglia prima che fosse il vincitore del turno precedente a farlo e, quando sembrò che la bottiglia si stesse fermando proprio su di lui, Liam allungò le gambe sotto il tavolino nel tentativo di stiracchiarsi, urtandone un angolo e facendo muovere la bottiglia quel tanto più che bastava per indicare Sophie.

-Liam! Dannati te e i tuoi piedi lunghi!- inveì Niall, imbronciandosi come un bambino.

-Hey, se vuoi puoi fare il mio t-

-NO! Nemmeno per sogno, tocca a te Vic! Ricordi? “Non barate”- le fece eco Liam, schernendola con le sue stesse parole. Lei in tutta risposta si girò per fargli una linguaccia a cui lui reagì con l’ennesima risata.




Forza, voltati verso di lui, non puoi giocare senza guardarlo negli occhi! - la voce della sua coscienza era stata chiara, eppure lei avrebbe preferito mille volte parlare con la cancelliera tedesca piuttosto che spiare anche solo per un momento quegli occhi scuri ed espressivi, tanto profondi e ingannevoli da potercisi impantanare dentro. Non poteva dargliela vinta, insomma, dei due chi era che aveva seguito per tutta la vita dei corsi sull’autocontrollo e l’oppressione delle emozioni che mai andavano mostrate?

Mai mostrarsi intimoriti, diceva suo nonno, e lei non poteva permettersi di deludere la sua memoria.

-Sei pronta, Victoria?- le chiese allora il maggiore dei Malik, e il suo sguardo che traballava tra il preoccupato e il divertito la faceva innervosire ancora di più.

-Spara-

-Vediamo… - secondi che sembrarono infiniti, silenziosi, in cui poteva sentir scandito il battito del suo cuore:  -Ho una media notevole in tutte le materie del mio indirizzo, posseggo una fantastica Mustang nel mio garage e… e non sono mai stato innamorato-


Mai stato innamorato? 


Mai” era davvero un tempo lungo, credeva impossibile che un ragazzo, così bello e popolare, pieno di ragazze che non vedevano l’ora di poter essere anche solamente guardate da lui, non avesse mai provato l’amore. Ovviamente lei non era nella posizione di poterlo criticare, non aveva ancora dato il suo primo bacio quindi l’amore era assai lungi dalle sue aspettative in quel momento.
Vista la grandezza di quella casa e lo sfarzo in cui i fratelli Malik vivevano, la sua deduzione le fece pensare che sì, avrebbe potuto avere una Mustang nel suo garage, magari era di suo padre e non sua ma c’era, ad ogni modo, una concreta probabilità.

-La media notevole in tutte le materie d’indirizzo?- provò allora lei.

Di solito, nei film adolescenziali che rubava dalla videoteca del castello, i ragazzi carini e popolari non erano anche bravi a scuola, come fossero due grandezze inversamente proporzionali: più eri attraente e amato da tutti e più la tua media scolastica faceva schifo. Se avesse dovuto adattare questo stereotipo anche al ragazzo di fronte a lei, questo avrebbe dovuto significare che faceva veramente schifo a scuola. Eppure seguiva il suo stesso corso di matematica, Classe 5^Élite, ed erano solo in undici su tutto il campus a seguirlo, possibile che fosse bravo solamente in quella materia? Lui le rivolse uno sguardo tra il divertito e il sinceramente dispiaciuto mentre i suoi amici più stretti e sua sorella ridacchiavano per quella risposta: Zayn era forse tra gli studenti con la media più alta di tutto il college.

-E’ proprio l’ora di farsi un goccio, Lindbergh- sentenziò Louis al posto del ragazzo con gli occhiali a goccia, ancora vincitore, ma fu Niall a passarle un bicchiere ricolmo di birra che puzzava già ad un metro di distanza dal suo naso.

Dai, non è la prima volta che bevi birra, cerca di sembrare disinvolta, dovresti dimostrare di avere 19 anni e invece sembra che tu ne abbia appena 11, per la miseria! - non importava quanto nella sua testa stesse imprecando contro se stessa, tutti gli sguardi in quel momento erano puntati su di lei.

Avvicinò l’enorme bicchiere alle labbra e tentò di non farsi tradire da nessuna espressione disgustata prima di ingoiare il primo sorso, amaro e troppo forte per quello che era abituata a sopportare. Gli schiamazzi di una Whaliyha impaziente che fosse il suo turno fecero distogliere dall’attenzione dalla ragazza che provava a sbrigarsi, ingoiando tutto il contenuto del bicchiere, eppure qualcuno non si era lasciato ingannare dalla sua espressione distante e aveva colto tutta la difficoltà che nascondeva Sophie; non solo quella di tracannare un bicchiere di birra, ma quella di assomigliare a tutti gli altri.

Zayn lo aveva capito. Riuscì a nasconderlo a tutti, tranne che a lui.

La bottiglia girò ancora e fu il turno di Louis, l’unico che non aveva ancora smaniato per giocare dall’inizio della partita. Sophie diede qualche colpo di tosse per evitare una figuraccia con la sua voce graffiante, formulò le giuste sentenze su di sé: -Bene Louis, a te: non ho mai guidato un utilitaria, ho 17 anni e… vediamo… ho un autografo di Ibrahimović sulla mia divisa- si tirò leggermente indietro, tenendo il bicchiere ormai quasi vuoto ancora nella mano destra e poggiando le spalle allo schienale, in attesa che lui sbagliasse di sicuro, a causa della sua superbia.

-Beh, è anche troppo facile, non hai l’autografo di Ibrahimović sulla maglia, a buon bisogno non saprai nemmeno chi è- incrociò le braccia dietro la testa senza nemmeno prendere il bicchiere dal tavolo, convinto di non aver affatto sbagliato: solo perché era un calciatore svedese non significava che ne possedesse l’autografo.

Marion, che ancora passava i suoi “artigli” sul petto di Zayn, ridacchiò in risposta a Louis: -Beccata- sentenziò spostando lo sguardo sui bicipiti del ragazzo che aveva accanto. Liam, che aveva invece notato l’autografo il giorno della sfida con Louis e che sapeva (da Sophie) anche il giorno in cui se l’era fatto fare, cominciò a ridacchiare mentre prendeva il bicchiere che con gioia avrebbe passato a quello sbruffone del suo amico.

-Come potresti avere 17 anni…-  mormorò qualcuno in quell’attimo di silenzio e tutti si voltarono verso di lui. Nonostante gli sguardi curiosi bruciassero ogni centimetro del suo viso, Zayn continuava a guardare quello di Victoria, consapevole di aver indovinato nel momento in cui lei si era tradita abbassando lo sguardo sul contenuto rimasto nel suo bicchiere.

-Fratellone, non è il tuo turno- lo zittì la mora accanto a Louis, sfortunatamente per lui di nuovo perdente.

-Sbagliato Lou, mi dispiace- esordì con teatralità la ragazza e un piccolo applauso sovvenne da Niall, Sebastian e Chelsea, che avevano tifato per lei dall’inizio.

-Non nego che la soddisfazione nel passarti questo bicchiere è tanta, amico mio, piccolo sbruffone che non sei altro- lo riprese allora Liam, attaccando il bicchiere alle labbra di un Louis sorpreso e facendoglielo scolare tutto in due lunghi e sofferti sorsi.





( Il tornado Cheet l'ho immaginato
interpretato dalla splendida Aly Michalka )








 
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MY GIRLS, ECCOMI, CON UN CAPITOLO INTERMEDIO STAVOLTA
(Mi sono accorta che i primi erano la bibbia
mentre il quinto sembrava un volantino della chiesa)
COMUNQUE, non so voi, ma io vorrei proprio
uno spin-off sulla coppia Whaly-Harry
perché nella mia testa sono troppo patatini
e si meritano uno spazietto tutto loro.
Eh beh, posso solo dirvi che i prossimi capitoli
l'atmosfera si farà più angst 
e i primi misteri inizieranno
ad affiorare nella tranquilla Holmes Chapel.
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto
o se la scrittura, ahimè, era troppo contorta perché
riconosco di scrivere dei periodi abissali
a volte e non si capisce molto cosa stia succedendo, 
CRITICHE BENE ACCETTE, GIURO <3
La mia casella mail è ancora aperta
se qualcuno avesse voglia di un fantaboloso banner,
fatevi avanti giovincelle
per riempire il mio spazio pubblicità!!
Come sempre ringrazio 
kokochoiseul per la pazienza
nel recensire ogni mio capitolo, 
per le critiche buone che fanno
sempre bene e fanno migliorare.

Al prossimo capitolo, kisses,
Captain Payne.


 


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PASSATE ASSOLUTAMENTE A LEGGERE 
Pioggia d'Estate di SomeoneNew,
è la cosa più bella che io abbia letto 
qui sopra da tempo immemore.





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Capitolo 7
*** No Skatterbee, no. ***






VII


No Skatterbee, no.


Ai sognatori,
a quelli a cui basta una parola
per farsi un'intera saga di film mentali:
completa di spin-off, prequel e interviste agli attori.

 


 
 
 
Svegliarsi quella mattina non era stato affatto semplice. 

Sebastian aveva fatto le ore piccole con lo schermo del cellulare incollato alla faccia e non c’era stato modo di farsi dire con chi stesse parlando; Svein si rigirava ancora tra le coperte, come un ghiro che non è affatto convinto che risvegliarsi dal lungo letargo sia una buona idea, e Sophie?
Lei era tutta pimpante davanti allo specchio del suo armadio che sistemava i lunghi capelli scuri in una treccia laterale, il colore che prima era carico ora stava lentamente sbiadendo, riportando pian piano alla luce il suo originale biondo vaniglia.

Di solito sarebbe stata triste nel pensare di doverlo coprire di nuovo, eppure era lì che si lisciava la gonna marrone di velluto, controllando che i bottoni frontali fossero tutti ben allacciati. Indossava un maglione a costine attillato, righe laterali bianche, verde bosco e bordeaux, e lo teneva infilato nella gonna a vita alta; il collo alto e morbido le aveva evitato di doversi mettere una sciarpa per via del vento e le maniche lunghe la coprivano perfettamente, fino alle nocche delle mani. L’unica cosa che mise sul viso furono un paio di passate di mascara, nemmeno un po' di rossetto, ma questo non era di certo il motivo per cui quel mattino si era svegliata presto e si era preparata tanto accuratamente.

Sai perfettamente il perché, ma Sophie ignorò la voce della sua coscienza con un sorriso sornione, tentando in tutti i modi di convincersi che la sua felicità non fosse dovuta all’ora di matematica che quella mattina avrebbe passato fianco a fianco con Malik Senior, l’unico corso che condividevano.

Prima di uscire di casa accompagnata dalle occhiaie di Sebastian (più che da lui), entrò nella camera da letto di Svein per fargli qualche raccomandazione, come una perfetta donna di casa.

-Svein, prendi qualcosa però oggi, non saltare troppe lezioni, ricordati che deve sembrare che siamo qui perché ci interessa davvero molto frequentare il college- mormorò vicino al suo viso prima di lasciare un piccolo bacio sulla sua fronte. Il ragazzo teneva gli occhi chiusi e aveva il respiro pesante, probabile che dormisse ancora, così si avviò a passo felpato verso la porta della sua camera e ne uscì velocemente.
Prima di seguire Sebastian fuori però, qualcosa accanto al lavello della cucina attirò la sua attenzione.

-Sophie, mi hai anche fatto sbrigare, forza esci o faremo tardi!- gridò Sebastian già fuori dal cancello in ferro battuto.

-Arrivo, un momento!- sporse la mano verso la bottiglietta di plastica nera che stava proprio sotto alla finestra della cucina. Si poteva notare solamente il logo fiammeggiante che avvertiva il compratore dell'infiammabilità del contenuto. Rigirandoselo tra le dita un odore acre le attraversò le narici, cosa che la spinse a volerne sapere di più sulla boccetta misteriosa.
“Rivelatore” citava la copertina in carta adesiva, ma nient’altro, perché il resto della carta era stata grattata via o semplicemente si era staccata da sola.

-Non lamentarti se faremo tardi!- strillò nuovamente Sebastian, ma ora la sua voce era accompagnata da un leggero chiacchiericcio di sottofondo.

Dalle labbra carnose della mora sfuggì un sonoro sbuffo, non ci pensò una seconda volta e prese la boccetta dal lavello per infilarla nella sua borsa a tracolla: la curiosità aveva avuto la meglio, più tardi si sarebbe informata con calma su cosa fosse un rilevatore e per quale motivo avesse un odore tanto sgradevole ma soprattutto, su cosa ci facesse in casa loro. 




 
*



-Buongiorno profess- il saluto di Sophie si infranse contro una cattedra vuota ma venne comunque accolto dai cinque o sei studenti del corso di matematica avanzata che avevano già preso posto. 

Quella in cui si svolgeva il loro corso era una comunissima aula di liceo: piccola, cubica ma quanto meno luminosa, che bastava per accogliere il numero ridotto di partecipanti al corso.

Si sedette al banco che aveva occupato l’ultima volta in compagnia di Zayn, l’ultimo in fondo accanto alle finestre, anche perché di quella fila i banchi erano già stati tutti occupati e lei aveva un disperato bisogno di guardare fuori nei momenti di terribile noia.

O quando è meglio evitare di fissare Malik come un avvoltoio, zittì la sua coscienza sbattendo il proprio libro di trigonometria avanzata sul banco, attirando gli sguardi curiosi di tutti i presenti nell’aula.

-Ehm… mi è scivolato- mormorò con un timido sorriso ed una flebile risatina nervosa, aprendo il libro su un argomento qualunque e iniziando a pregare qualsiasi dio: nordico, egiziano, musulmano o induista che le venisse in mente. Il professore non doveva mancare, altrimenti tutti avrebbero cambiato aria fuggendo altrove e lei si sarebbe ritrovata con un pugno di mosche.

Strinse la matita nuova nella mano tentando di non farle fare la stessa fine che aveva fatto fare alla forchetta di plastica l’ultima volta a mensa, e guardò con la coda dell’occhio la classe riempirsi a poco a poco: c’erano più facce di quante ne ricordasse.

Che farai se il tuo Zayn non riuscirà a sedersi accanto a te? - la prossima volta si sarebbe munita di un paio di cuffiette o le sue domande stupide le avrebbero fuso il cervello. Eppure era un dubbio concreto, e se qualche ragazz* sol* avesse preso il posto di Zayn? E da quando quello era diventato il suo posto? Si sentiva così stupida.

-Lindbergh! Non ti ho più incrociata per i corridoi in questi giorni, le lezioni sono troppo stupide per la ragazza dalle mille qualità?- mille qualità?
In quel momento faticava a trovarne anche solamente una, figurarsi mille. Ciò che, in compenso, superava drasticamente quota mille erano i modi in cui avrebbe volentieri assassinato la bomba ad orologeria rossa che si era appena seduta accanto a lei: Chad Mackintosh.

No, non può essere vero, piagnucolò tra sé e sé, eppure lui era lì e le sue spalle larghe occupavano due volte lo spazio che avrebbero occupato quelle di Zayn.

-Ciao Chad! Cosa posso fare per te?- non si era mai sforzata di essere tanto cordiale in vita sua, nemmeno quando alla cena di stato di tre anni prima, il nipotino del primo ministro francese le aveva tirato un calcio sullo stinco. Pronunciare delle parole dolci in quel momento le era sembrato difficile ma mai come lo era adesso.

-Oh, non immagini quante cose potresti fare per me, zuccherino, ma in realtà sono qui per invitarti come ospite d’onore alla festa di Halloween del campus- il ragazzo dalla pelle lattea e una spruzzata di lentiggini sotto gli occhi si stiracchiò sul suo banco, tentando forse di mettere in mostra i muscoli gonfi; o forse si stava solamente stiracchiando, chi poteva dirlo, lei non era per nulla abituata a ricevere certe gestualità indisponenti quando un uomo le si rivolgeva.

Gli adolescenti di oggi, pensò.

-Ottobre è appena iniziato… come mai così in anticipo?- chiese allora lei, sperando di non sembrare troppo ingenua.

Lui sorrise, e non era un sorriso furbo o un sorriso sornione come glie ne aveva già visti fare, né uno malefico come quelli di Louis: era sincero, per come la vedeva lei, e automaticamente rilassò i muscoli intirizziti, forse non era necessario doversi sforzare nel rispondere educatamente, del resto non stava facendo nulla di male.

-Beh, perché così non potrai trovare ulteriori impegni, e magari potresti valutare l’idea di venirci insieme a-

-Dove dovrebbe andare, Tosh? Perché sono quasi sicuro di sapere dove invece dovresti andare tu- era tutta la mattina che aspettava di sentire quella melodia roca ed invitante dal timbro inconfondibile.

Tutta la mattina sperando invano di sentirlo parlare per i corridoi quando aveva solo ottenuto di sentir parlare di lui, come al solito.
E ora? Si presentava in classe con un ritardo di appena dieci minuti (ai suoi occhi imperdonabile), salvandola durante un calcio d’angolo che stava finendo dritto in porta.

-Malik! Amico, sembra proprio che ti sia alzato col piede sbagliando stamattina, brutta sveltina?- Sophie non conosceva bene nessuno dei due, quindi non si sentiva nella condizioni di poter criticare, ma le sembrava che Chad stesse cercando proprio in tutti i modi di far innervosire Zayn, o almeno quella le era sembrata una provocazione bella e buona.

Il ragazzo appena arrivato, al contrario di quanto i due si aspettavano, iniziò a ridacchiare genuinamente sul posto, posando con delicatezza il proprio libro sul banco. Tenne l’angolo di quest’ultimo sotto il suo palmo e piegò il gomito per avvicinare il viso a quello del ragazzo seduto.

-Di brutto, stamattina, c’è solo il tuo culo sulla mia sedia e credo proprio che questa non sia la classe adatta ad uno che non è in grado di trovare la potenza di 2, perciò forse è il caso che tu esca dalla porta se ci tieni a non farlo dalla finestra-

Questa suonava decisamente come una minaccia
si disse Sophie, e avrebbe volentieri annuito a se stessa se non fosse stata troppo occupata a riempirsi gli occhi dell’immagine paradisiaca di uno Zayn irritato, imprimendo sulla propria cornea quel viso contratto in una smorfia fintamente cordiale e il colore vivo dei suoi occhi che sembravano voler presagire un temporale imminente.

-Sì, non è la mia classe- rispose Chad alzandosi dalla sedia sotto lo sguardo attento di tutti i presenti nell’aula, facendo ben attenzione a non sfiorare il ragazzo davanti a lui nemmeno con l’orlo dei suoi vestiti.



Zayn prese posto sulla sedia con un respiro profondo, poggiando le mani aperte sulle proprie cosce e voltandosi verso la ragazza che sedeva di fianco a lui.

Non sapeva davvero cosa gli fosse preso.
Era iniziata male la giornata, questo avrebbe dovuto concederlo allo sbruffone che fino a qualche attimo prima occupava la sua sedia, ma questo perché la sua Mustang aveva fatto i capricci ed era arrivato con un’ora di ritardo, troppo determinato a volerla far partire a tutti i costi, e quindi non per colpa di Marion.

Perché stai associando “brutta sveltina” a Marion? - si chiese direttamente.

-Dio… sei proprio uno stronzo-

-Non sei… quello che hai appena detto, un po’ irascibile forse ma non… quello- la dolce voce di Victoria emetteva un fluido e altisonante accento inglese, tanto curato che sembrava di sentir parlare la Regina Elisabetta in uno dei suoi comunicati stampa, qualcosa del tutto diverso dalle voci dure e aspre che invece avevano i suoi fratelli; eppure sua sorella li aveva spesso definiti “bombe sexy” proprio per via di quella loro buffa peculiarità.

Ho pensato ad alta voce?

Il moro si voltò ancora una volta verso la piccola ragazza accanto a lui, catturando nella sua memoria come i fasci di luce s’infrangessero sul suo viso candido e il profilo del suo naso alla francese sembrasse uno spicchio di sole appena sorto: un timido calore nel gelido freddo dell’alba d’Ottobre. Avrebbe voluto risponderle, per non sembrare un ebete che di prima mattina aveva già finito le parole; per esempio voleva chiederle come mai non avesse ripetuto l’insulto da lui pronunciato. Quest’accortezza servì solo ad incrementare i suoi perversi pensieri su quelle carnose labbra pallide, pure, che non si muovevano se non per pronunciare parole dolci e cordiali e non volgari insulti come aveva appena fatto lui.

Mi sto proprio fottendo il cervello. 

Il fiume di pensieri caotici venne interrotto dall’entrata improvvisa di un forsennato Professor Skatterbee.
Era ben noto a tutto il corpo studentesco e docente quanto l’uomo di mezz’età fosse sbadato e sempre in ritardo, quindi nessuno si fece una domanda più del dovuto e la lezione iniziò senza ulteriori intoppi.




Sophie seguiva con non troppo impegno le parole che il professore rigurgitava velocemente su un nuovo argomento, qualcosa che di solito gli studenti tendono a non capire al volo o almeno così l’aveva descritto lui. Lei era più concentrata sulla marcata calvizie che l’uomo presentava sulla fronte, e i capelli tutti neri come la pece che la stupirono lievemente.

Se ha meno di quarant’anni li porta davvero molto, molto male - pensò, rimproverandosi successivamente per la cattiveria appena detta su una persona che non le aveva fatto nulla di male.

Scosse appena la testa cercando di liberarsi della fastidiosa voce che la rimproverava, “casualmente” proprio con la voce del suo migliore amico Svein, e ritenne che guardare oltre i limpidi vetri dell’aula fosse un passatempo migliore che cercare di schiacciare il suo personale Grillo Parlante.

Quel lato della scuola non si affacciava sul giardino o sul campo da football eppure il paesaggio che le si presentò davanti non era affatto male: i grandi aceri sul prato verdeggiante stavano cambiando la loro chioma, che ora variava tra i colori più caldi come l’arancio, il rosso, il giallo ocra e il mogano. Le loro foglie a stella coprivano la maggior parte dei corti fili d’erba, creando un letto di foglie su cui si sarebbe volentieri buttata.
Era così gradita quella coincidenza: gli stessi grandi alberi si ergevano nel bosco ai lati del suo castello di Drottningholm, dove si ritirava con la sua famiglia nei periodi estivi o durante le vacanze di Natale.

Il pensiero non potè far altro che rattristarla, facendole pensare all’ultimo Natale passato insieme ai suoi genitori. Immaginò i loro corpi rinvenuti fuori dall’acqua, ancora intrappolati nella gabbia metallica di quell’aereo che divenne la loro tomba. Quando i suoi occhi iniziarono già ad inumidirsi, inesorabili, un gomito contro il suo la fece riemergere fuori da quelle fantasie malsane.

Non si voltò verso Zayn, convinta che magari si era solo mosso sulla sedia ed erroneamente le aveva urtato il braccio.
Tenne gli occhi fissi sul loro banco e, d’un tratto, un dito color cappuccino si fece largo nella sua visuale. Le indicò un punto in particolare del legno chiaro che rivestiva il tavolo scolastico, guardando con più attenzione Sophie scoprì esserci scritto qualcosa in particolare:

Non sembra che tu penda esattamente dalle labbra del professore, ma chère” era scritto a matita, e a giudicare da come il ragazzo ne stringesse una nell’altra mano, non ci volle molto per capire che l’avevo scritto lui.

Impensabile, si disse, adesso facevano anche conversazione scrivendo i loro pensieri su un banco.

Non rifletté molto su come agire di conseguenza e fece la cosa che le venne più naturale: prese una gomma dal proprio astuccio e cancello ciò che aveva scritto il ragazzo, facendo tornare la superficie pulita com’era prima; ovviamente il suo gesto non fece che provocare una risata soffocata nel moro accanto a lei.

Dopo qualche attimo fu lo stesso tocco a riportare l’attenzione della ragazza su di lui ma era chiaro che non ce ne fosse bisogno visto quanto non attendesse altro che un’ulteriore interiezione. Un piccolo pezzo di carta ripiegato un paio di volte su se stesso scivolò sotto il suo viso, accanto al libro ancora aperto su un argomento casuale. Lo aveva visto fare molto nei film.

Aprì il foglietto nascondendo perfettamente il tremore delle mani, lesse il contenuto e sorrise divertita tra sé.

Come potresti avere solo 17 anni?

Prese una penna dal suo astuccio e scrisse nella calligrafia più bella che le venne fuori: “Veramente sarebbero 18 il 31 di questo mese

Il ragazzo lesse velocemente il biglietto che giaceva tra di loro sul banco e ne strappò uno un po’ più lungo dalla fine del suo quaderno, passandoglielo qualche attimo dopo.

La notte delle streghe? Uuh, questo la dice lunga

Che stai insinuando, Malik Senior?

Questa volta il bigliettino ci mise un po’ di più per tornare indietro, e questo aumentò la curiosità di Sophie sul nuovo contenuto.

Che voleva Mackintosh?

Inaspettato, Sophie non potè non chiedersi per quale motivo a Zayn interessasse sapere cosa le stesse dicendo Chad prima del suo arrivo, non aveva pensato ad altro se non ad un trascorso tra lui e il ragazzo dai capelli scarlatti di cui lei non sapeva nulla.

Informarmi dell’imminente festa da lui organizzata per Halloween, con largo anticipo

Zayn sembrò rileggere il bigliettino più volte, come se facendolo una risposta potesse saltargli all’orecchio nella vaga imitazione di una pulce, suggerendogli cosa fare. Lei avrebbe voluto voltarsi per impersonare quella pulce, per suggerirgli di raccontarle ogni suo segreto, ogni suo desiderio o paura.

Non sono mai stato innamorato, ancora risuonava nella sua testa come i rintocchi di un orologio a pendolo.


-Ragazzi, per favore, è importante che mi ascoltiate un attimo prima che termini la nostra lezione- e al suono di quelle parole, anche chi si era concesso di schiacciare un pisolino si ritrovò sull’attenti, compresi i due complici all’ultimo banco della fila delle finestre: -Il progetto di quest’anno è una concordanza assegnata dalle commissioni dei docenti di scienze teoriche e fisiche del dipartimento di questo college. Un particolare progetto specifico per i studenti di ingegneria ma a cui tutti possono prendere parte; siete un ottimo corso e so che non mi deluderete, ecco perché vi ho già iscritti tutti quanti- 

Un lamento si levò all’unisono da tutti i studenti nella classe: chi batteva ripetutamente la testa sul banco, chi allargava le braccia al cielo chiedendosi il perché di tanta sfortuna e chi si lasciava scappare qualche imprecazione sotto un falso sorriso che rivolgeva al professore. Sophie non capiva il motivo di tanto scalpore.

-Il concorso è a coppie, giusto per informarvi-
-E ha già scelto anche quelle, professore?-
-Signorina Whittemore, sia meno impertinente e no, non le ho scelte io, sbrigatevela da soli, le combinazioni dei banchi andranno bene-

-Direi proprio che non abbiamo scampo, Vic-

Non esattamente, pensò, sono io quella a non avere scampo.
 



 

 
( L'ambiguo personaggio di Chad Mackintosh
l'ho immaginato interpretato dal meraviglioso KJ Apa)
 


 

Author's Space 
Belle donzelle, torno dopo un breve periodo di degenza mentale
con un capitolo che va ben memorizzato,
importante ai fini della trama.
Spero non vi abbia annoiato e,
sopratutto, che la storia vi stia appassionando.

Se qualcuna si trovasse meglio con Wattpad
può trovare la storia perfettamente aggiornata, così che il nostro scambio
di opinioni sia più immediato e semplice
e che veniate aggiornate per tempo sui nuovi capitoli.

Grazie a tutte per il tempo speso e che
spero non sia sprecato,
sopratutto ringrazio kokochoiseul
che recensisce tutti i capitoli senza farsene scappare nemmeno uno,
anche se non rispondo sempre alle recensioni
(e di questo sono mortificata)
sappi che ti ringrazio dal profondo di me stessa
per il supporto che mi dai, GRAZIE <3

AGGIORNATO IL 27.02.2018




 
 
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Capitolo 8
*** Room 2420. ***






VIII

Room 2420.


 

Ai fedeli e ai leali,
quelli che si getterebbero tra le fiamme dell'inferno
per un amico e per quelli che direbbero "Non fa poi così caldo".

 
 

 



-Non a caso la Pepsi venne creata prima della Coca Cola, non ti dice nulla?-

Ormai era passata quasi un'ora da quando Chelsea e Whaliyha avevano iniziato il loro dibattito, tentando vanamente di esporre una guerra fredda che perpetuava dagli anni venti, ognuna esponendo argomentazioni che credevano essere convincenti a favore della loro tesi.

Stringevano le loro bibite analcoliche tra le dita mentre si infervoravano per qualcosa di fastidiosamente inutile, a detta di Sophie, che nonostante conoscesse in buona parte la nascita delle due bevande borbottava ancora la sua opinione: preferiva indubbiamente il sapore della Coca Cola, più dolciastro rispetto alla sua rivale.
 

Betty se ne stava sdraiata sul suo letto, la lunga chioma fiammeggiante che penzolava dal bordo del piumone e le gambe nude che si poggiavano tese contro il muro, come se fosse seduta a testa in giù. Sophie la invidiava un po' a dirla tutta: anche lei portava una maschera la maggior parte del tempo, eppure quando si trovava nella sua camera, nel comodo dormitorio femminile, non si forzava di mantenere nascosta la sua particolare personalità, anzi ne faceva sfoggio  e ora che il loro legame era finalmente sfociato in una concreta amicizia.
Sapeva molte più cose sul suo conto, per esempio la sua interessante discendenza da una particolare famiglia nobile dello Yorkshire, o la sua colossale cotta per l'irlandese dagli occhi blu con cui aveva scambiato sì e no tre frasi alla cieca.


La ragazza svedese distolse lo sguardo dal grigiore della giornata.
Sedeva sul largo davanzale in marmo, dove era certa che Betty si mettesse a leggere o a studiare quando Whaliyha e Chelsea non le stavano intorno, e dalla sua postazione poteva benissimo osservare come si stesse svolgendo il battibecco che le due avevano inscenato di fronte uno schermo in stand-by, il computer della bionda.

-Scherzi?! Guarda qui! Sono su Wikipedia, dice "Pepsi, fondata nel 1898" mentre la Coca Cola era già stata nominata nel 1886!-

Era stufa di sentir blaterare a proposito di quell'argomento, soprattutto perché il lato accademico della questione era stato completamente oscurato dalla sete di ragione che le ragazze avevano dalla loro e non si sarebbero dichiarate sconfitte nemmeno a discussione chiusa.

La vibrazione del suo cellulare salvò le due amiche da una sicura esplosione di Sophie, che non si preoccupò oltre delle loro futili faccende e controllò il contenuto del messaggio prima ancora di conoscere il mittente.

 

"Come sta andando?

Non uscire per nessun motivo"
 

Doveva ammettere che essere al centro dell'attenzione dei suoi due migliori amici non le era mai dispiaciuto, non tanto come in quel momento, quando l'eccessiva protezione di Svein si trasformava nelle grosse e lunghe sciarpe che sua madre la obbligava ad indossare prima di uscire.
Dolci, senza dubbio, ma soffocanti e scomode, più di quanto le piacesse ammettere a se stessa.

Un rumore improvviso alla porta fece sobbalzare tutte le presenti nella stanza, tranne la rossa taciturna che giaceva sul proprio letto, con un paio di cuffie così grandi che Sophie si ritrovò a chiedersi come riuscisse a sentire i propri pensieri. 

Risonante, il forte rumore si ripeté tre o quattro volte, abbastanza da far capire alla bionda che fosse qualcuno a bussare contro il pannello di legno, e che avesse anche molta urgenza di entrare.

Quando il distruttore della quiete (o salvatore di ore vuote e strazianti, avrebbe detto lei) venne accontentato e si fece largo trafelato nella stanza, tutti gli occhi si puntarono su di lui e sulla sua bocca schiusa - il respiro ansante e molte parole che dovevano essersi incastrate fra le corde vocali. 


La sua giacca a vento bluette gocciolava fradicia su tutta la moquette della stanza e la lunga sciarpa nera di lana era ciondolante sulle spalle, più verso terra che intorno al collo chiaro. I jeans neri decisamente troppo stretti parvero essersi incollati definitivamente intorno alle gambe del fisico asciutto, definendo soprattutto la curva leggera che l'articolazione del ginocchio creava. I capelli, d'un biondo chiarissimo e prima sollevati in una cresta, ora erano calati fra gli occhi, incollati alla fronte bagnata e corrucciata. Al di sotto delle fitte ciglia chiare stavano due occhi blu tanto limpidi quanto luminescenti, simili ai suoi in un certo senso, occhi che trasudavano spavento, timore ed ansia.

-Vi ho cercate d'ovunque- esordì in un'esclamazione quasi esasperata, prima di voltarsi verso Whaliyha per rivolgersi direttamente a lei: –Stiamo andando tutti in ospedale: Zayn, Harry e Liam hanno seguito direttamente l'ambulanza ma mi ha chiesto di venire a prendere te prima-

Le facce delle ragazze erano tutte riassunte in un cipiglio confusionario, un misto tra il preoccupato, lo spaventato e lo sconclusionato; e guardavano il ragazzo biondo in cerca di una risposta concreta.

-Che è successo? Chi sta male?- chiese preoccupata la mora dalla pelle bronzea, alzandosi prontamente dalla sedia col giubbotto e la borsa già in mano.


-Louis-
 

 

*



 

Le porte metalliche si mossero fulminee per lasciarli passare e la mandria di adolescenti si fece largo come una furia all'interno del pronto soccorso.

Sophie non ne aveva mai visto uno, l'unica cosa certa che seppe dalla reception fu che, in quel particolare 3 d'Ottobre, il pronto soccorso era davvero vuoto fatta eccezione per qualche persona seduta silenziosamente in sala d'aspetto, forse con un codice verde o bianco.


Niall si sporse sopra l'alto bancone del box informazioni, come a tentare di scavalcare del tutto quell'unico ostacolo, avvicinandosi al viso dell'anziana signora con esigenza di risposte. La donna dai profondi solchi sotto gli occhi lo scrutò attraverso le spesse lenti da vista, accompagnate da una singolare montatura a goccia sul viola e con dei fili di perline legati ai lati delle stecche.

-La prego, è davvero urgente, il nostro amico è entrato forse dieci minuti fa, Louis William Tomlinson- Sophie non era convinta che fosse possibile poter lasciar passare tante persone all'interno della struttura. Eppure la donna abbassò gli occhi sull'elenco dei nuovi registrati, come volendo accontentare la loro richiesta.

Quando la penna che stava facendo scorrere sull'elenco si fermò di colpo, Niall quasi cadde oltre l'alta scrivania.

-Sì, eccolo, ma non posso lasciarvi passare tutti, mi dispiace- concluse, visibilmente affranta per la durezza delle sue regole.

-Non si preoccupi, l'importante è sapere dove sia, non andremo tutti- la rassicurò Niall, che aveva come unico scopo ottenere l'informazione più importante.

-E' nella 2-4-20: secondo piano, reparto 4, stanza numero 20- spiegò la donna mostrando la piccola piantina dell'edificio che stava sopra al bancone.

Contrariamente a quanto chiunque si sarebbe aspettato, fu Betty a prendere la parola a quel punto, autoescludendosi da quella conta silenziosa che Niall stava facendo nella sua testa. Chelsea e Sophie fecero subito lo stesso, così da non creare ulteriori perdite di tempo, e lasciarono passare il biondo e Whaliyha al piano superiore.

-Non ci resta che aspettare- constatò Chelsea, scegliendo un terzetto di sedie che affacciavano sulla grande finestra della sala principale: -Caffè?-



 

*
 

 

Ormai era più di un'ora che Sophie, Chelsea e Betty erano accampate nella sala d'attesa del pronto soccorso, aspettando notizie sul povero ragazzo lì trattenuto in quel tardo pomeriggio d'Ottobre.

Più il sole si faceva basso nel cielo e più i messaggi di Svein aumentavano a dismisura. Non gli aveva detto dov'era e forse questo poteva considerarsi uno sbaglio, eppure uno sbaglio decisamente più grande sarebbe stato averlo lì con loro, farsi vedere dai suoi amici mentre veniva trascinata via senza possibilità di controbattere.


La ragazza dai capelli rossi se ne stava appollaiata su una sedia di plastica, i piedi su un tavolino lì di fronte mentre leggeva un volantino vacante trovato sul suo posto a sedere. La vaga spruzzata di lentiggini che aveva ai lati del naso contribuiva a donarle un'aria serafica, dondolava le gambe a destra e sinistra come nel tentativo di cullarsi. Gli occhi grandi e scuri erano celati da un paio di tondeggianti occhiali da sole, nonostante la luce all'esterno fosse quasi scomparsa e rimanesse solo quella biancastra delle lampade al neon.

L'unico spicchio di sole, che ancora tardava la sua caduta, irradiava il suo calore sul volto limpido di Chelsea. 
Da quando aveva preso il terzo caffè in mezz'ora aveva iniziato una marcia estenuante di fronte alla vetrata nella sala d'aspetto: camminava tre o quattro metri avanti e ogni passo sembrava costarle una frustata sulla schiena, poi tornava indietro ripercorrendo gli stessi passi della propria flagellazione.

Sophie se ne stava di fronte alla macchinetta del caffè, non era mai stata dipendente dalla caffeina e per questo non sapeva come porre rimedio allo stato comatoso di Chelsea. Alla fine premette con forza il tasto della c
amomilla, sperando che l'odore inebriante della tisana avrebbe calmato i muscoli tesi dell'amica bionda.

-Non sapevo che ci fossi anche tu- una voce inaspettata le giunse da dietro, sovrastando il rumore del macchinario e facendola sobbalzare.

Un caffè di troppo forse.

Sapeva perfettamente a chi apparteneva quella voce, altrettanto bene sapeva che lui era lì per Louis e che quindi si sarebbero comunque incontrati in quel tardo pomeriggio, prima o poi.


Il timbro le giunse più basso del solito, sembrava provenire dalla bocca dello stomaco piuttosto che dalla sua gola e lo sentì schiarirsela più volte prima di voltarsi finalmente a guardarlo: i segni di una spossatezza spasmodica gli segnavano il volto quasi come fosse lui il degente; gli occhi gonfi di stanchezza erano spenti, le iridi cioccolato adesso non le sorridevano più come avevano fatto quel mattino a lezione di matematica e il viso, solitamente dei colori caldi dell'autunno, ora sembrava essersi ingrigito, rabbuiato come il cielo durante un temporale che ancora faceva tremare le finestre coi forti tuoni.

-Allora... lui come sta?- era la domanda che avrebbe posto a Niall, se solo fosse sceso al piano di sotto per informarle degli sviluppi. A saldare il suo debito, invece, aveva mandato Zayn che sembrava avere un conto in sospeso con chiunque gli passasse davanti.

Non bene, dedusse subito Sophie e non dovette ricredersi quando il ragazzo finalmente le rispose.

-Avvelenamento da cibo, non possono ancora dire con certezza cosa lo abbia provocato perché hanno terminato la lavanda gastrica solo due ore fa-

Non aveva una laurea in Medicina e questo era ben evidente, eppure si sentiva tremendamente in colpa, come se fosse stata in grado di poter fare qualcosa quando in realtà non lo era.

Un sospiro sfuggì alle carnose labbra di Zayn, divenute pallide e strette nella morsa dei denti mentre si faceva avanti e inseriva le monete nel macchinario. Sophie agganciò le mani al bordo della sua maglietta, intrecciando le dita con essa nell'inutile tentativo di tenerle impegnate e soprattutto lontane dal ragazzo di fronte a lei, visibilmente sofferente.

-E cosa non ti convince di tutto questo?- i capelli morbidi e flosci gli ricadevano sulla fronte come a prostrarsi di fronte ai suoi occhi doloranti.

Al suono della domanda, si voltò lentamente a guardarla in viso. 

Sorpreso, turbato, nervoso - queste erano le parole che ronzavano nella testa di Sophie. 

Le sopracciglia spesse e scure erano sollevate in un cipiglio confuso ma al contempo appagato, e presto anche le domande che la ragazza si stava ponendo vennero spente come la distanza fra i loro visi. I suoi occhi blu vicini a quelli del ragazzo in un spazio ridotto a quindici centimetri, se non meno: non voleva sembrare sorpresa o scossa da quella improvvisa vicinanza ma forse fu proprio quella l'impressione che diede a Zayn, perché lui s'affrettò a spiegarsi.

-Io non credo affatto che sia un caso, io...- Zayn s'interruppe bruscamente. Apparve combattuto tra il voler continuare e il rimanere zitto, da quelle parole poté dedurre che la paura del ragazzo era forse quella di sembrare paranoico.

-Insomma, avvelenamento da cibo? Non si sente una cosa del genere ad Holmes Chapel da decenni forse, e lui è convinto di non aver mangiato nulla di strano nelle ultime 48 ore- si passò una mano sulla fronte corrucciata e se la sfregò più volte, magari tentando di darsi la carica che aveva perso nelle ultime ore: –Mio padre concorda con me, Louis non è un ragazzo poi tanto amabile di primo acchito come avrai notato, magari qualcuno... Dio, non posso pensarci- senza aggiungere altro, tirò un fragoroso pugno laterale alla macchinetta che si apprestò, provata, a rilasciare la sua bottiglietta d'acqua insieme a qualche monetina che costituiva il resto. 


Il leggero brusio dei dottori ed infermieri che andavano e venivano nella grande sala sembrò arrestarsi, per qualche attimo, tutti i presenti avevano sollevato lo sguardo per posare gli occhi sul motivo di tanto frastuono. Perfino Betty alzò lo sguardo dal suo cellulare, rimanendo con gli occhi fissi sulla coppia davanti alle macchinette, per capire la ragione di tanto scalpore. 

Non appena il tornando biondo si accorse di lui, però, lasciò senza indugio il suo calvario e si avvicinò con passo svelto a loro, tentando di moderare i toni mentre chiedeva notizie. Sophie si sentì rapidamente di troppo, senza un vero motivo, e lasciò la sua postazione dopo aver messo il bicchiere di camomilla tra le mani tremolanti di Chelsea. 

Si sistemò su un seggiolino accanto alla rossa che inaspettatamente si voltò verso di lei, forse sorpresa, urtando il braccio della ragazza che lasciò cadere la sua borsa. Un po' del suo contenuto si era rovesciato, e questo non fece che contribuire all'aumento di scuse da parte di Betty, che si facevano sempre più veloci e fitte man mano che passavano i secondi.

La sua voce dispiaciuta, le parole che stava rigurgitando come un fiume in piena in quel momento, il ronzio delle lampade al neon e lo squillare dei telefoni al pronto soccorso, tutto sembrò attutirsi per qualche istante e giungere alle sue orecchie come dietro un vetro antiproiettile, come se avesse le orecchie tappate dall'acqua: Betty stringeva tra le dita la boccetta scura di rivelatore che quella mattina aveva infilato furtivamente in borsa.

-Non mi avevi detto di avere una passione per le istantanee Vic, non ti ho mai visto con una macchinetta fotografica in mano-

-Ehm sì... una cosa che mi ha passato mia madre, non mi viene facile dirlo a chiunque- sperò che la risatina nervosa che le venne fuori di seguito non sembrasse troppo artefatta e chiuse finalmente la lampo della borsa.

-Se non ti dispiace, posso portare alcune delle mie nella tua camera oscura? Non ne ho più una da quando i miei l'hanno trasformata nella stanza di mio fratello Robb e...- la voce modica di Betty venne interrotta dalla sua.

-Camera oscura?-

-Certo, la camera oscura, dove metti le tue istantanee, non so come la chiamiate in Svezia ma qui si chiama camera oscura-
 

Non conosceva perfettamente la loro nuova casa ma era certa che non vi fosse nulla del genere all'interno.


 


 

( Per la dolce Betty ho immaginato Lily Collins,
direttamente da Shadowhunters )



 

 


Author's Space
Salve cuoricini e un saluto dal nuovo capitolo
della nostra storia che, come promesso,
sta iniziando a prendere quella piega angst di cui

vi avevo parlato.
Recentemente ho notato un leggero aumento nelle views
so, ho cavalcato l'onda sistemando i capitoli indietro
mettendo i banner nuovi e pubblicizzando la storia anche su Wattpad.
Anche lì la cosa si sta sviluppando abbastanza bene e ne 
sono molto contenta.

Come al solito vi ringrazio tantissimo 
se avete letto anche solo un pezzettino della storia, per me è già moltissimo.
Continuate a seguire gli aggiornamanenti se volete saperne di più!

Kisses,
Captain Payne.

AGGIORNATO IL 27.02.2018



 

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Capitolo 9
*** Boulevard des Capucines. ***






IX

Boulevard des Capucines

 


Ai curiosi e agli intrepidi,
ma anche ai timidi e i sconclusionati,
che in comune non hanno nulla se non la passione.




 



Halloween si stava avvicinando più velocemente di quanto ci si aspettasse, e non era più l'autunno a suggerirlo o i volantini appesi per il campus ad annunciare l'imminente festa di Chad; ciò che più saltava all'occhio erano le tante vetrine addobbate a tema spettrale e le decorazioni di zucche e pipistrelli che si trovavano sugli steccati delle case. L'atmosfera che si respirava sembrava esser venuta fuori dalla "Boulevard des Capucines" di Claude Monet, avvolta da un vento caldo proveniente dal Sud e dal chiacchiericcio della quotidianità nel centro città.

Whaliyha stringeva fra le lunghe dita affusolate un sacchetto di carta, che emanava anche a quella distanza un profumo decisamente invitante. I lunghi capelli neri come l'ebano erano sciolti sulle spalle, la testa avviluppata in uno spesso berretto di lana, bianco, in contrasto con la sua carnagione bronzea. Le sopracciglia contratte in un cipiglio di stanchezza e confusione facevano da capo a un paio di occhiaie violacee; sotto le folte ciglia nere stavano due occhi altrettanto scuri fissi sul paesaggio intorno a lei, socchiusi, che tentavano di combattere la sonnolenza in ogni modo. Il cappotto che indossava era rosso fuoco, appariscente, e lungo fino alle cosce per coprire in gran parte il vestito beige che portava al di sotto; le calze tentavano di raggiungere lo stesso scopo ma invano, visto il forte tremore delless gambe snelle.

Sophie aveva provato a concentrarsi sul rumore dei suoi anfibi sull'asfalto, che smuovevano i sassolini nerastri producendo un rumore singolare ma anche quello, troppo modico, aveva infine contribuito alla sua sonnolenza. Aveva provato a concentrarsi su qualcos'altro ma Holmes Chapel era davvero una città fantasma, a metà Ottobre non si poteva udire nemmeno il canto sporadico di qualche passero e questo non fece che aumentare la sua noia e quindi l'assopimento.

Né Svein né Sebastian erano con loro, purtroppo per Whaliyha, a causa del recupero lezioni che avevano dovuto fare quel pomeriggio in vista degli esami. Non l'avrebbero mai lasciata andare da sola a casa, quindi l'amica si era offerta di ospitarla a casa sua finché non fossero tornati dall'università. Dopo essere passate in una pasticceria che stava di strada, le due continuarono il loro tragitto a piedi e ovviamente, nonostante la sonnolenza, Sophie aveva ancora delle domande a cui dare risposta.

-Insomma... tu ed Harry...-

-Io ed Harry cosa?!- la mora sembrò essersi svegliata di soprassalto da un brutto sogno, ora stringeva possessivamente fra le mani il sacchetto di dolciumi e fissava l'amica accanto a sé come se avesse appena bestemmiato.

-Dai Whaly, sarò anche ingenua ma non ho potuto ignorare le occhiate che vi lanciate- provò stavolta, ma l'altra non sembrò ancora pronta a mollare la presa.

-Io non lancio proprio nessuna occhiata!-

-Beh, ma lui sì!- sbottò Sophie, che non ne poteva più delle sue risposte evasive e di quanto negasse l'evidenza ogni volta che toccavano l'argomento. Non poteva, come lei, sfogare la frustrazione stringendo tra le mani ciò che aveva perché altrimenti avrebbe creato un geyser di cappuccino di soia aromatizzato alla vaniglia e cioccolata calda con marshmellow. L'amica dalla carnagione olivastra si lasciò andare ad un sonoro sospiro, come se stesse lei stessa demolendo i muri di finzione che fino a quel momento aveva tenuto alzati solo per difendersi. Nonostante questo, socchiuse la piccola bocca dalle labbra carnose e non ne uscì nulla, nemmeno un suono, nemmeno un lamento o una pregheria disperata.

-Dalla tua faccia si direbbe che non vedi l'ora di dirlo a qualcuno... avanti, parla- Sophie tolse una mano dalla tracolla della sua borsa e la posò sulla spalla coperta di Whaliyha, tentando di convincerla ad aprirsi con lei e buttare fuori ciò le impediva di sorridere in quel momento.

-Ti capita mai di pensare che per una volta possa succederti qualcosa di bello? Insomma, passare l'esistenza a vivere belle emozioni sulla pelle degli altri e chiederti per un istante "E se accadesse anche a me?" o "E se fossi io quel una volta nella vita?"-
 

Di aspettative irrealizzabili, pensò Sophie.
 

Quel pomeriggio, in una strada poco trafficata di Holmes Chapel (come del resto tutte le altre), arrivò il tanto atteso eppure tanto inaspettato momento della "storia di Whaliyha e Harry". Le raccontò tutto quello che era successo tra lei e il donnaiolo, l'estate precedente, e come fosse cambiato il loro rapporto col tempo, come avesse iniziato a vederlo in modo diverso.

"Qualcosa di inesorabile", così descrisse la loro attrazione, almeno da parte sua perché Harry non si era mai scucito più di tanto. Sophie era convinta di aver alleviato le pene dell'amica, o forse era lei a volersene convincere perché non era più tanto sicura che costringerla a dire la verità fosse stata una buona idea. Non era più sicura delle sue buone intenzioni e soprattutto non lo era più dal momento in cui aveva visto il viso della bruna cambiare radicalmente come se, entrata dalla soglia di casa, fosse passata attraverso un campo di forza invisibile che aveva contribuito a riempire il vuoto che si era formato nel suo stomaco con un sorriso smagliante.

Sophie si avviò nella cucina di Casa Malik e posò con cura i bicchieri di carta sul bancone in marmo bianco. Nell'immagine della casa perfetta non si poteva non immaginare un'armonia incessante impregnata fra le stesse mura, come se la vernice ne fosse stata mescolata insieme e non poté fare a meno di immaginare la felice famigliola seduta a tavola a parlare della loro giornata con serenità, i genitori beati nella visione serafica dei loro figli perfetti.

-ZAAAAAAYYYN!!- un urlo disumano squarciò l'aria stessa, facendo saltare Sophie sul posto che preoccupata si precipitò nel salotto, dove Whaliyha stava guardando il soffitto con gli occhi praticamente cerchiati di rabbia.

Schiuse le labbra nel tentativo di dire qualcosa, di chiedere qualcosa, ma un gemito chiarificò per lei ogni dubbio riempendo di tensione l'atmosfera intorno a loro. Si tese come una corda di violino all'istante, imbarazzata da ciò che le sue orecchie avevano appena sentito, e come se qualcuno avesse percepito quel tipo di imbarazzo, un nuovo gemito si sollevò fra le pareti dell'enorme casa seguito dal rumore di qualcosa che veniva infranto a terra e una voce femminile che ripeteva il nome del maggiore dei Malik, usando un tono decisamente diverso da quello che aveva usato sua sorella. La ragazza dagli occhi scuri, divenuti torbidi, non ci pensò due volte a salire al piano di sopra e fece le scale a due a due nonostante Sophie avesse tentato di fermarla, ovviamente invano.

Sentì un forte bussare provenire da una porta del primo piano.

-Dio che schifo Zayn! Trovatevi un altro posto perché non sono disposta a tollerare altri languidi versi in casa mia!-

Sophie era al piano di sotto eppure giurò di averla sentita bene come se l'avesse avuta accanto, figurarsi Zayn che era separato da quella bomba solo da un sottile pannello di legno. Si aspettava che il ragazzo le desse ascolto, d'altronde era più che lecito che sua sorella gli chiedesse di rispettare i suoi spazi e la sua privacy, nonché un livello di pudore minino.
 

Queste cose non sarebbero mai successe a palazzo, pensò imbarazzata ma felice che l'amica avesse ottenuto la sua piccola vittoria.
 

Sicura che non c'entri nulla il fatto che Zayn sia a letto con qualcun'altra? – la voce di Svein si fece spazio nei suoi pensieri. Quel grillo parlante le aveva decisamente fatto perdere la pazienza con le sue domande impertinenti, proprio come quelle del suo migliore amico, e poi cosa significava quel "qualcun altra"? Loro non stavano mica insieme, tanto meno andavano a letto insieme, a malapena si parlavano!
 

Non rifiuteresti l'offerta però.
 

In un moto di rabbia strappò la busta di carta che conteneva il dolcetto di Whaliyha, facendolo balzare fuori come un proiettile che fortunatamente atterrò nel lavandino. Cosciente di ciò che aveva appena fatto, iniziò ad aprire sportelli a caso nella cucina, trovando un piccolo piattino da tè su cui mettere il dolce, così da mascherare la rottura della busta.

-Oh, almeno qui qualcuno è dolce con me- l'amica era appena rientrata in cucina, ancora rossa in viso ma decisamente compiaciuta da quel gesto –Grazie Vic!- una risatina nervosa sfuggì alle labbra di Sophie che venne subito coperta da un rumoroso ticchettio sul pavimento in parquet del loro salotto. La padrona di casa non perse ulteriore tempo e, col suo dolcetto spolverato di zucchero a velo stretto tra le dita, varcò la soglia della cucina rimanendo su di essa con uno sguardo glaciale fisso sulla ragazza causa di quel frastuono.

-Marion, non ti avevo riconosciuto da quegli ansimi, forse se avessi muggito sarebbe stato più semplice... e più realistico- terminò tagliente col sorriso più falso che le venne in quel momento. Marion imitò la sua espressione e le labbra laccate di rosso si curvarono crudelmente verso l'alto, i suoi tacchi ticchettarono ancora sul parquet mentre faceva appena un paio di passi verso di loro. I capelli neri erano lisci e dritti sulle spalle come spaghetti all'inchiostro di seppia, un po' arruffati sulla cute, le sopracciglia inarcate leggermente verso l'alto e gli occhi gelidi che la scrutavano con fare divertito.

-Perché un solo pasticcino Whaliyha... mi ricordavo fossi tipa da molto più di uno- le offrì un occhiolino d'intesa mentre tornava sui suoi passi ora che anche Zayn stava scendendo le scale, e continuò –Forse dovresti tornare in palestra per farti rimborsare cara, useresti quei soldi in cose più utili come dei vestiti che ti stiano meno stretti-

Sophie strabuzzò gli occhi come se le avessero appena gettato una secchiata d'acqua gelata sul viso. Whaliyha era appena stata schernita e disdegnata, e Zayn non aveva detto nulla. Era appena stata derisa dalla cheerleader e lui non aveva mosso un dito, anzi, aveva continuato a guardare fuori dalla porta aperta come se niente fosse.

-Dovresti imparare a riflettere prima di aprire quella bocca, Marion, così impareresti anche a capire quali battaglie son vinte e contro chi non dovresti affatto giocare, se non vuoi finire male-

Sophie aveva parlato nonostante il suo cervello fosse ancora programmato su "Vita di Corte": non si deve mai rispondere a critiche simili, l'indifferenza e il perdono sono ciò che si addice ad un buon regnante - eppure tutto ciò le veniva in mente in quel momento per frenare la sua lingua non era bastato, non l'aveva affatto intimorita e aveva sguainato la propria spada, pronta a vedere la giovane ragazza che vi periva al di sotto.

-Mi stai forse minacciando, stellina?-

-Se ti rivolgerai ancora in quel modo a Whaliyha le tue basi dovranno lanciare in aria una flyer e la sua barella, starei attenta se fossi in te, e prendila come vuoi- inviperita, la mora annullò la distanza fra lei e il ragazzo sulla porta, posando un fervido bacio sul suo collo olivastro prima di uscire fuori sgambettando svelta.

-Sei forse impazzito? Tua sorella sottostava alle parole di quella psicopatica e tu non hai mosso un dito?- 

Non ce l'aveva fatta a trattenersi, non credeva ai suoi occhi, come poteva tenerla lontana da tutti i ragazzi del campus e dalle loro avance e non preoccuparsi in situazioni di questo tipo? Non intervenire? Era una principessa e le era stato insegnato a non reagire in quel modo, mai, in nessun caso, eppure quel tipo d'ingiustizia non era proprio riuscita a sopportarla, forse perché Whaliyha stava diventando davvero importante per lei.

-Sei su un terreno pericoloso, Stoccolma, forse qui non ci teniamo quanto ci tenete voi, non siamo languidi come te e i tuoi fratelli- 

Sophie era sconvolta dalle fredde parole del ragazzo, non avrebbe mai creduto che fosse capace di arrivare a tanto. Era stato menefreghista nei confronti di sua sorella e ora sfogava il suo rancore verso di lei, ritenendola esagerata e insultando i suoi amici? Tenne gli occhi fissi in quelli profondi del ragazzo e mai due sguardi furono più carichi di risentimento come in quel momento.

Che diavolo gli è preso?

-Non ha importanza quanto tu sia mancante di tatto o affetto, è una questione che non mi riguarda affatto come la mia famiglia non è di tua competenza- il tono della ragazza era notevolmente cambiato: ora era tornato ad essere piatto e calmo, come se quell'indifferenza potesse assuefare tutti i rancori di quel momento –Ciò che posso dire è che se si azzarderà di nuovo a trattarla così dovrete svolgere le vostre performance su un lettino d'ospedale-

Sophie non disse altro. Trafisse il ragazzo con un'occhiata di puro gelo svedese e trascinò l'amica oltre la porta della cucina. 

Visibilmente scossa dall'accaduto, la piccola Malik attaccò la schiena alla porta e vi si lasciò scivolare contro. La sua espressione mutò, si fece contratta, e in un attimo scagliò il pasticcino contro il muro di fronte mentre una lacrima scappava alla trappola delle sue ciglia scure. Poggiò la fronte sulle ginocchia, nascondendosi fra le braccia incrociate, e iniziò a singhiozzare rumorosamente facendo scuotere con violenza il suo corpo ad ogni sussulto. Non aveva più la minima idea su come reagire. Seguire l'istinto non si era rivelato un consiglio abile considerato quanto successo coi due amanti in soggiorno e ora non si sentiva nemmeno nella condizione di poter consolare qualcuno. 

Era arrabbiata, tanto arrabbiata, col mondo o con se stessa poco importava; forse la colpa non era mai stata degli altri ma solo delle sue aspettative, sempre immancabili che venivano costantemente sgretolate da persone come Zayn, persone che sembravano di tutt'altro tipo rispetto a ciò che invece erano in realtà. Era delusa da se stessa per aver sottovalutato ancora una volta qualcuno, o meglio dire sopravvalutato, visto che la verità si era rivelata un'altra. Poggiò il palmo aperto sulla schiena contratta e tesa di Whaliyha che non ancora non aveva finito di piangere e sperò che fosse solo passeggero, per entrambe.

-Hey, non puoi dar retta a quello che dice una che indossa le mutandine solo per esibirsi in pubblico... forse- la mora sollevò la testa e le rivolse un timido sorriso, spontaneo, del tutto estraneo allo scenario che si stava svolgendo sul suo volto. Si asciugò le lacrime con il dorso delle mani, pulendo ciò che del suo trucco era andato perduto lungo le guance, accettando l'aiuto della nuova amica con una lieve risatina.

-Ho proprio bisogno di una distrazione in questo momento... Harry e Marion nella stessa giornata non sono proprio il mix perfetto-

-Vuoi una distrazione? Bene, allora, sai dirmi cos'è esattamente una camera oscura?-


 

 

*
 

 

-Non ho ancora capito perché siamo qui, io non ho capito nemmeno cosa stiamo cercando-

Dopo l'introduzione all'argomento da parte di Sophie, Whaliyha aveva scoperto le ultime vicissitudini e dubbi della mora a proposito del rivelatore sul suo lavandino. Una volta raccontato ciò che poi le era stato detto da Betty, Whaliyha era decisa ad andare a fondo a questa storia, forse più per distrarsi dall'orribile giornata che per il vago mistero in sé.

Ora si trovavano nella casa dei Lindbergh e più Whaliyha vi si addentrava, più Sophie si rendeva conto di quante bugie avesse detto da quando erano arrivati a Holmes Chapel. Ogni sua parola, ogni suo commento sulla sua vita o sulla casa che condivideva coi suoi migliori amici erano un passo dietro l'altro dentro la menzogna, dentro il suo mondo di bugie dove annaspava lei stessa,  tentando di rimanere a galla.

"Apri tutte le porte, cerchiamo nelle stanze piccole, devono essere buie, mi raccomando" aveva detto la ragazza dalla pelle bronzea, e così avevano cercato infruttuosamente per mezz'ora. Sophie guardò dentro la sua stessa stanza, in cucina, nel soggiorno, nella camera di Svien e in quella di Sebastian, aprendo ogni singola porta senza il minimo risultato. Mentre l'amica, amante dei gialli ora guardava anche sotto i tappeti e sul soffitto, in cerca forse di un'entrata segreta, una soffitta o una cantina, Sophie non lo capì al volo. Alla fine della smaniosa ricerca, entrambe si erano ritrovate al punto di partenza: nell'ingresso di casa che si guardavano intorno alla ricerca di una soluzione.

-Non sei tu ad usare il rivelatore, diamine lo sapresti, e a questo punto sapresti anche come si utilizza quindi mi sembra palese che appartenesse ad uno dei tuoi fratelli- lei la faceva facile, ma non aveva idea di quante volte Sophie si fosse posta quella tacita domanda, quante volte si fosse chiesta perché una cosa così banale dovesse rimanere nascosta. Whaliyha era ormai sconsolata, non aveva più nulla da aggiungere se non che quella pazza ricerca era stata tanto stramba quanto inconcludente.

Poggiò le mani sull'estremità delle proprie ginocchia e, chinata in avanti, sospirò stancamente, come se stesse ammettendo la sconfitta. L'amica svedese aveva già preso posto sul tappeto persiano all'ingresso, aveva allungato le gambe avanti a sé e ora massaggiava le proprie spalle rimuginando sugli ultimi avvenimenti. La mora accanto a lei provò ad imitarla ma i suoi anfibi non aderirono al meglio sul tappeto, o più precisamente fu il tappeto a non aderire al pavimento sottostante, che slittò sotto i suoi piedi provocando una serie di eventi catastrofici: perse l'equilibrio e andò a sbattere contro il muro dietro di sé, la sua testa picchiò forte contro uno dei quadri all'ingresso facendolo staccare dalla parete e seguendo la corsa della mora verso terra. Per fortuna Sophie si era risvegliata dalla trance e bloccò il quadro appena in tempo, prima che cadesse sulla testa dell'amica e i due si scontrassero di nuovo in modo poco piacevole.

-Ahia!- anche se aveva espresso il suo dolore un po' in ritardo, la mora iniziò a massaggiare con forza il punto della testa che era stato martoriato dal quadro e guardò Sophie con rabbia, gli occhi ridotti a due misere fessure.

-Può andare peggio di così?!- gridò allora lei verso il cielo, come a chiedere delle risposte a qualcuno, e continuò a massaggiarsi la testa producendo gemiti di dolore ad ogni tocco.

-Sì, mi hai rotto il quadro- le fece notare l'amica con un sorriso. 

Un piccolo foro stava al centro dell'immagine, delle dimensioni di 5 millimetri o giù di lì. Whaliyha si alzò subito in piedi per prendere coscienza del danno provocato, poggiando una mano sul muro e balzando di lato come scottata quando quest'ultimo sembrò muoversi. Sophie sussultò quando l'amica urlò di sorpresa e lei, in tutta risposta, le indicò il punto sul quale aveva poggiato la mano, gli occhi fuori dalle orbite.

-Okay che sono un disastro, ma non credo di essere capace di questo- affermò con sicurezza, e ovviamente aveva ragione. 

Il muro presentava una sagoma, la perfetta grandezza del quadro che vi stava poggiato sopra, e il pannello non era ovviamente in vera muratura ma bensì in legno e ora era socchiuso, pronto per essere aperto. Sophie poggiò il quadro dov'era, mostrando anche alla sua amica quanto un particolare fosse più assurdo degli altri: il foro presente sul quadro si ripresentava nella stessa forma e grandezza sul pannello di legno, ma era completamente nero e non si vedeva nulla dell'interno.

-Beh? Che aspetti? Apri quel coso!- sbottò Whaliyha, con la curiosità che strabordava da ogni poro della sua pelle. Sophie non aveva bisogno di ulteriori conferme, aprì lo sportello di getto, senza nessun preludio inutile, e guardò all'interno della nicchia buia. Era scura e non v'era nemmeno un po' di luce artificiale. L'amica aveva già preparato il suo telefono, che strinse fra le dita e ne puntò la torcia contro il buio scoprendo solamente una nicchia di metallo vuota che si estendeva per poco più di un metro in lunghezza.

-E quella?- ma mentre l'amica s'interrogava, Sophie si era già sporta all'interno della nicchia, prendendo quella che sembrò essere proprio un'istantanea. Se la rigirò tra le dita, curiosa, e cercò di capire cosa vi fosse dall'altra parte dell'obbiettivo. Sembrarono volute di fumo a primo impatto, ma si rivelarono essere un paio di boccoli color cioccolato che stavano sparsi su un lenzuolo, carta da zucchero, quindi escluse la possibilità che fosse lei il soggetto visto che possedeva delle coperte bianche.

-Non riesco a capire che diavolo ci faccia una foto del genere in casa mia-

-Secondo te è la foto il problema?! Non questa fottuta botola nascosta nel muro??- Whaliyha era esterrefatta dai dubbi fuori luogo della sua amica, probabilmente in quel momento le stava tacitamente chiedendo di rivedere le sue priorità.

Un rumore di chiavi tintinnanti e di schiamazzi nel suo vialetto la fecero impallidire. I suoi migliori amici erano probabilmente tornati e loro avevano appena aperto una nicchia nel muro.

-Dammi il quadro, corri corri corri!- tuonò Whaliyha mentre richiudeva in fretta e furia il pannello di legno. Lo posarono al di sopra della sagoma con cura, cercando di ripristinare la sua originaria posizione. Il tappeto tornò al suo posto ma non potevano farsi trovare sull'ingresso; così, non appena le chiavi furono inserite nella toppa, le due corsero nel salotto e si lanciarono letteralmente sul divano. Sophie cadde sul morbido, sfortunatamente per Whaliyha, visto e considerato che quel "morbido" era il suo stomaco, ed il suo "Ahia!" soffocato si propagò lo stesso fra le mura del soggiorno.

Sebastian fece il suo ingresso dopo qualche istante, accompagnato da un'espressione di stanchezza quasi contagiosa e trascinandosi verso la cucina senza nemmeno accorgersi del groviglio scomposto di corpi che giaceva sul divano. Svein lo seguì ma non fu altrettanto disattento: quando si accorse della presenza della migliore amica sul divano, i suoi occhi divennero sfolgoranti di rabbia e strinse la cinghia del suo zaino nell'inutile tentativo di non gridare. Sebastian osservò come il fratello stesse tirando fuori più fumo di una locomotiva e si sporse verso il salotto per capirne il motivo.

-So...VIC! Sovietic! Sì, oggi abbiamo studiato l'Unione Sovietica, non immagini quanto i russi abbiano un accento simile al nostro!- Sebastian si era appena reso ridicolo davanti a Whaliyha, questo era poco ma sicuro, però sempre meglio di averle svelato il loro piccolo segreto che li avrebbe probabilmente condannati tutti. Svein stava per dare fuoco a tutta la casa con le sue fiammate di collera e Sebastian aveva appena peggiorato la situazione, drasticamente a dir poco.

-Caleb, accompagneresti Whaliyha a casa? Non vorrei che tornasse da sola- chiese innocentemente Sophie, facendo un occhiolino verso l'amica che restò nascosto tra loro. Lei capì le sue intenzioni e si alzò subito dal divano, sorridendo timidamente mentre ancora massaggiava il bernoccolo comparso sulla sua testa.

-Non ce n'è bisogno, davvero, posso tornare anche-

-No Whaly, ti accompagno io, tranquilla- la interruppe Sebastian, che quanto lei era desideroso di fuggire dalla furia sconsiderata del gemello, meglio lasciare la bomba ad orologeria nelle mani sapienti di Sophie. Non appena i due chiusero la porta dietro le loro spalle, Svein esplose in moto di rabbia scaraventando il proprio zaino in cucina e avvicinandosi a grandi falcate alla ragazza.

-Ti avevo detto di aspettarmi da Whaliyha, non puoi girovagare come se niente fosse, dannazione il mio lavoro è avere gli occhi puntati su di te! Questa cosa della scuola è già abbastanza d'intralcio, non puoi anche iniziare a fare di testa tua adesso- il ragazzo s'interruppe bruscamente, gli occhi fissi sul muro davanti a sé e l'espressione assente, come se qualcuno avesse appena premuto un bottone e lo avesse resettato di colpo.

Era stata Sophie ad aver premuto quel bottone, ad aver premuto le labbra contro il suo petto ampio e a avergli stretto il busto in un dolce abbraccio. Le dita sottili si contrassero con forza sul tessuto della felpa blu oltremare, nonostante questo non servisse ad aiutarla nel circondarlo tutto.



 

A volte Svein pensava lo facesse apposta, come se sapesse perfettamente l'amore che provava nei suoi confronti e lo usasse contro di lui, ma questo era impossibile, nessuno lo sapeva.

Nessuno sapeva quante notti in bianco avesse passato il ragazzo a fissare la foto di loro tre che aveva sul comodino, benché lui non fissasse il trio in sé ma lei, per tutta la notte. 

Nessuno sapeva della rabbia che provava ogni volta che qualcuno si concedeva di non credere in lei, nelle sue possibilità o nelle sue infinite risorse, nella forza smisurata del suo cuore e nella volontà d'animo che metteva in tutte le cose.

Nessuno sapeva quanto quest'amore lo consumasse fino alle ossa, fino a ridurre quelle segrete e fugaci lacrime in polvere, perché lei non sarebbe mai stata sua, perché lei doveva essere promessa a qualcun altro che non poteva essere lui, nonostante il sangue non li legasse affatto. Perché lei sarebbe appartenuta a qualcun altro.

Si nutriva di lei, ogni suo gesto, ogni minimo movimento dei suoi occhi, lui ne era estasiato. Ogni più piccolo sguardo, tutti i movimenti di quel corpo che più volte aveva visto spoglio ma mai come avrebbe voluto, lui beveva quell'oro colato che era la sua essenza e la rendeva sua, nel suo piccolo, nella sua fantasia. Ma negli attimi come questo, reali, in cui il contatto tra i loro corpi era vero quasi quanto quello delle loro anime in collisione, si sentiva vivo; sentiva di poter infrangere ogni promessa se solo lei glie lo avesse permesso, sentiva di potersi elevare da terra se solo quegli occhi blu non si fossero più staccati da suoi.

-Non succederà più Svein, te lo prometto- mormorò contro il tessuto della sua felpa, e poté giurare di sentire il suo respiro caldo passarvi attraverso, accarezzando il suo petto come una tacita carezza invisibile.


 

( La nostra dolce Sofia Carson nei panni di Whaliyha Malik )




 

Author's space
Capisco d'essere una scrittrice ignobile perché non aggiorno 
da mesi, ma è proprio questo che ci rende dei veri scrittori: LA FACCIA DI BRONZO! :))
Ho letto per caso l'ultima recensione ricevuta alla storia e sono
collassata in un pianto, perché mi manca scrivere questa storia
e la mia discontinuità mi fa venire una rabbia che non immaginate.


Coooooomunque, parte preferita?
Io personalmente ho AMATO scrivere la parte in stile 
"spionaggio" di Whaly e Sophie, per non parlare del "aw" moment 
tra Svein e lei, pucci pucci.


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A voi studio-
Captain Payne.



AGGIORNATO IL 27.02.2018



 


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Capitolo 10
*** You should join us. ***







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Dedicato ai gioavni coraggiosi,
piccoli detective come me,
che vedeno un mistero anche dietro una carta di gomma gettata a terra.
 





Per la prima volta nella sua carriera sportiva, sentiva di aver passato il limite.
I muscoli le dolevano tutti: qualsiasi punto del corpo le venisse in mente, rispondeva all’appello con un lamento sofferto. Non che non avesse un fisico allenato, perfino Chelsea era rimasta sorpresa della sua resistenza anche di fronte agli esercizi più faticosi, ma tutti possiedono un preciso limite e lei aveva quasi sfiorato il suo oggi. Se la preparazione per il campionato era tanto dura, non osava nemmeno pensare a come sarebbero stati gli allenamenti durante il periodo degli incontri.

Improvvisamente, un fastidioso pensiero incrinò la sua: sarebbe arrivata fino all’inizio del campionato o sarebbe dovuta rimpatriare molto prima? E da quando il pensiero di tornare a casa le provocava tanto dispiacere?
Scosse la testa per scacciare quei pensieri tanto impropri, stare insieme ai suoi coetanei doveva averla rintontita più che il solito.

-E chiudi quella dannata porta!- una delle sue compagne di squadra lanciò un’imprecazione, fissava lo sguardo cupo verso l’entrata agli spogliatoi. Molte si erano sbrigate ad infilare le loro magliette e/o erano corse verso le docce, tranne quelle che si erano già cambiate o che non avevano ancora iniziato, come Sophie.

Si avviò verso le docce, non curandosi dei borbottii che andavano scemando fra gli armadietti delle compagne, e iniziò a liberarsi dei scarpini e dei calzettoni, gettandoli nel proprio borsone.

-Per Allah, puzzate più degli uomini, ma è mai possibile?- la voce squillante di Whaliyha si fece subito spazio fra i corpi sudati delle ragazze, raggiungendo Sophie con un’espressione di disgusto dipinta in viso. In tutta risposta, lei scosse la testa senza fare domande: sapeva anche non avrebbero potuto parlare in santa pace finchè lo spogliatoio non fosse stato vuoto. La ragazza svedese s’incammino scalza verso le docce e fece cenno alla mora di seguirla, scelse uno dei tanti cubicoli a mattonelle bianche e chiuse la tenda plastificata dietro di sé.

-Ho sentito Liam dire che Louis sarà di ritorno oggi, credo vogliano organizzargli una festicciola questa sera, una cosa tranquilla per festeggiare la fine della sua convalescenza…- iniziò Whaliyha, poi tirò fuori una piccola limetta azzurra dalla sua borsa e prese a passarsela sulle unghie: -L’invito è esteso anche a te e i gemelli lumaca, ovviamente-

Sophie ridacchiò mentre si riempiva di schiuma bianca tutto il corpo: -Ed è stato Liam a dirtelo o lo hai appena aggiunto tu questo particolare?-

-Potrei averlo aggiunto io… ma insomma, siete parte del gruppo ormai, non vedo che problema ci sarebbe se veniste anche voi!- Whaliyha scrollò le spalle.
L’aveva invitata sul momento, questo era vero, ma era certa che non sarebbe stato un problema per nessuno: i nuovi arrivati si erano amalgamati bene nella loro “cerchia”. Non sapeva con esattezza come avrebbe dovuto definirli: ad Harry piaceva chiamarli “élite” anche se molto probabilmente non ne conosceva il significato.

La mora si guardò intorno furtiva, incredibile come in soli cinque minuti l’intero spogliatoio si fosse già svuotato.

-Okay, via libera, muoviti ad uscire da lì se non vuoi diventare una sirena, ho delle grosse novità- Malik Junior prese posto su una delle panche di legno di fronte all’armadietto di Sophie, poi rimuginò nella sua borsa frettolosamente.

-Sai, ripensavo al significato di quella scritta, no? “Guarda allo specchio, e di' a quella faccia che di formarne un'altra ormai è tempo”, l’avevo già sentita da qualche parte ma non ne ero sicura, credevo di star impazzendo…- terminò il suo pensiero con una risatina nervosa, stringendosi nell’accappatoio bianco mentre il freddo si faceva spazio sulla pelle bagnata.

-Qualcosa tipo “Chi tomba al suo amor di sé vuol essere, fermando, fatuo, la posterità”… più ripenso a quella frase sullo specchio, più vengono fuori queste altre frasi senza senso che ho nella testa da giorni- si massaggiò le tempie con i polpastrelli, esausta ormai sia fisicamente che psicologicamente: era solo mezzogiorno e avrebbe volentieri fatto una dormita di dieci ore filate.

-Hey-oh! E’ qui che ti sbagli, cara mia, io non direi proprio “senza senso”- esordì sollevando prontamente un indice in aria, un sorriso sornione accompagnò le seguenti parole:- “Guarda allo specchio, e di' a quella faccia
che di formarne un'altra ormai è tempo;
se ora non ne rinnovi il fresco aspetto,
inganni il mondo, defraudi una madre.

Dov'è la bella il cui grembo inarato
sdegni il dissodamento del tuo vomere?
Chi tomba al suo amor di sé vuol essere,
fermando, fatuo, la posterità?

Di tua madre sei specchio, e lei il leggiadro
aprile evoca in te del suo rigoglio;
pur con le rughe, tu questo aureo tempo
vedrai dalle finestre dell'età.

Ma se vivi per non lasciar ricordo,
muori, e con te la tua Immagine, solo”- il sorriso di chi la sapeva lunga non aveva ancora abbandonato le sue labbra: -E indovina un po’ chi è l’autore di questa poesia? O forse sarebbe meglio dire sonetto-

Sophie corrugò la fronte all’inverosimile, la sensazione di avere la risposta sulla punta della lingua ma di non essere in grado di dirla la stava facendo impazzire. Poi d’un tratto l’illuminazione, la consapevolezza la investì come un cavallone nel mare – rilassò i muscoli tesi con la stessa velocità con cui si erano contratti.

-Shakespeare! Per tutte le patate, come ho fatto ad essere così cieca?!-

Superato l’iniziale stupore dovuto all’inveire dell’amica contro delle patate, continuò entusiasta: -Aspetta un attimo! Non è mica questa la parte più folle- Whaliyha si mordicchiò il labbro inferiore, le sopracciglia le si arcuarono lievemente e Sophie intuì che non avesse buone notizie da condividere. Sospirò sconsolata e riprese a vestirsi con una rinnovata lentezza nei movimenti.

-Non ti sembra strano che compaia un sonetto di Shakespeare, proprio nel bagno in cui eravamo rintanate noi due, e subito dopo che hai dichiarato il tuo amore per lui  nell’aula di letteratura?-

La porta degli spogliatoi si aprì bruscamente e una testa riccioluta e bionda ne fece capolino, seguita subito dopo dalla chioma mogano di Betty Canvedish.

-Menomale, siete entrambe qui- solo ora che le osservava bene, Sophie notò il grosso sorriso di Cheet, abbagliante sotto le luci al neon; poi udì il fiatone della povera Betty, ancora stretta nella morsa della bionda: -Louis è tornato, siamo tutti alla mensa, sbrigatevi!-
 




 
*
 


-E allora le ho detto: “Se voleva infilarsi dentro le mie mutande bastava chiederlo, non serviva mica un catetere!”- la risata di Niall era davvero inconfondibile: sovrastava il rumore delle stoviglie nella cucina della mensa, perfino quello del gran chiacchiericcio dei studenti nell’enorme sala, ed era giunto fino alle orecchie delle ragazze appena entrate dalle porte tagliafuoco.

Louis era intento a raccontare uno dei tanti aneddoti d’ospedale, qualcosa con cui aveva già martellato le orecchie di Harry per giorni ma evidentemente non aveva intenzione di smettere: Harry si era chiesto più volte se non fosse tutto intenzionale, se non si fosse auto-avvelenato con del cibo avariato solo per scroccare vitto e alloggio a casa sua, nonché rompere le scatole al sottoscritto durante tutta la convalescenza.

-Lou!- lo strillo della piccola Malik si propagò nell’aria serpeggiando fra i tavoli; i sguardi di tutti i commensali, messi al solito tavolo, si voltarono verso di lei. Sophie potè chiaramente vedere il riccio roteare gli occhi al cielo, e fu una reazione che non le dispiacque d’aver notato.

-Malik Junior! Dove diavolo eri? Mi hai lasciato solo al tavolo con questi scorbutici, noiosi, ins-

-Va bene Lou, abbiamo afferrato- tuonò Harry mentre infilzava un pezzo di pollo con la sua forchetta. Un po’ dell’olio nel suo piatto schizzò verso Liam, che prontamente si fece una spanna più vicino a Niall, preferendo un timpano perforato ad un pezzo di pollo sulla camicia.

Whaliyha gli corse incontro e lui l’aspettò a braccia aperte, un sorriso fiero di tanto affetto troneggiava sulle labbra sottili. La strinse fra le braccia e le accarezzò i lunghi capelli scuri: Sophie non aveva mai notato quanto i due fossero in buoni rapporti, sembravano più avvezzi ai battibecchi che alle smancerie.

-Tuo fratello ti ha trattato bene mentre ero via?-

Zayn sollevò finalmente gli occhi dal suo cellullare, posandoli divertito sul viso sereno di Louis. Sophie non fece altro che riflettere su quanto la sua espressione fosse cambiata da quella volta in ospedale, quando aveva quasi spaccato la macchina del caffè al solo pensiero del suo amico chiuso lì dentro.
Non si era nemmeno accorta della sua presenza finchè Louis non lo aveva interpellato - avrebbe voluto posare lo sguardo su di lui, solo per un momento. Dopo un’intera settimana in cui il suo cervello non le aveva dato tregua, le sue sinapsi non facevano altro che reclamare un contatto visivo.

Non si era mai sentita più idiota di così.
Una principessa, un membro della famiglia reale, e le ci sono volute solo due occhiate per prendersi una cotta per il primo che le passava davanti.

-Vic! Ci sei anche tu! La mia piccola Ibrahimović!- Louis tenne le braccia allargate, invitandola a stringerlo così come aveva appena fatto Whaliyha un momento prima.

Si guardò intorno sospettoso, soppesando la situazione, ed inarcò un sopracciglio confuso: -Non ci sono le tue guardie del corpo? Questo mi autorizza ad un contatto fisico?- chiese allora il ragazzo, aveva assunto un’aria teatralmente da nobile come se le stesse chiedendo un ballo a corte.

Sophie non se lo fece ripetere due volte.
Dopo esserci lasciata andare in una sonora risata, si gettò fra le sue braccia riversando in quella stretta tutto il senso di colpa che aveva, per non essersi preoccupata di andare a trovarlo o sapere come stesse. Aveva sviluppato un buon rapporto con lui, dopo che aveva sostanzialmente ammesso la sua bravura in campo sportivo, e le aveva perfino promesso che non l’avrebbe più messa in discussione.

-Sento come una strana preoccupazione, come se da un momento all’altro potesse spuntare Simon e strapparti la giugulare a morsi- Liam ridacchiò dopo il suo stesso commento, ma Zayn si ritrovò a pensare che di certo non aveva tutti i torti. Se veramente ci rifletteva con attenzione, non aveva mai visto Sophie senza nessuno dei due alle costole, come se proprio non si fidassero a lasciarla sola.
Anche lui sentiva di dover proteggere sua sorella, questo era un sentimento più che naturale, ma arrivare a tanto gli faceva pensare che le cose non fossero davvero esattamente come apparivano.

-Ahm, credimi Liam, lo aiuterei- tossicchiò falsamente il riccio che gli sedeva di fronte, beccandosi un’occhiataccia da parte del diretto interessato. Louis fece scivolare Victoria su una gamba, facendola sedere sulle proprie ginocchia mentre riprendeva uno dei soliti battibecchi con Harry.
Zayn strinse la mascella anche solamente per aver notato la mora e il suo amico con la coda dell’occhio: gelosia? Proprio no, era piuttosto una rabbia di cui non si capacitava.

Ricordava di provare ancora del riserbo nei confronti di lei, non l’aveva vista nemmeno una volta dopo la loro breve discussione in casa sua e avrebbe solamente voluto capire perché si comportava così. Lo ignorava completamente, aveva perfino saltato le due ore di matematica mercoledì mattina e per cosa? Non sarebbe dovuto essere lui quello rancoroso dei due?

Non lo guardava nemmeno, neppure in quel momento, e questa situazione di disagio lo faceva innervosire inverosimilmente, perché non aveva fatto nulla per meritarsi tanto astio.

-Allora, stasera festeggiamo il rientro della piattola?- chiese Liam divertito, scaturendo le medesime risate in Harry e Niall.

Zayn non poteva ridere, era troppo concentrato su quella domanda, sul suo significato.

Che gli avessero appena dato un’occasione?
Sophie si stava chiedendo la stessa identica cosa.

 










 

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Capitolo 11
*** Character's First Chapter. ***







. . .

Character's First Chapter



 
Ecco, come avevo promesso, un piccolo anticipo del capitolo personaggi.
Ho deciso alla fine di farli tutti così, sparsi per la storia e contenenti 200/300 parole su ogni personaggio (tre a capitolo fondamentalmente). 
Quindi partiamo subito con la protagonista, il co-protagonista e il suo migliore amico:


[Prima di inziare, scegliere il volto della protagonista è sempre stato un grosso dramma per me, così ho scelto qualcuno che è rimasto più
o meno segreto fino a questo punto. Se voi volete immaginarla in modo diverso per me andrà benissimo ma voglio comunque far spazio a chi
avevo scelto per il ruolo di Sophia]




 
Scarlett Rose Leithold  as  Sophia Henriette Margharetha Victoria Bernadotte


 
 

⊱ Alterego: Victoria Lindbergh.

⊱ Soprannome: Sophie.


⊱ Corso di Studi: Dipartimento di Legge;  I anno.

Corsi opzionali: Matematica avanzata (Classe 5^Elite) e un corso ancora da scegliere.

⊱ Attività Extra: Football e un'attività ancora da scegliere.

⊱ Confraternita: Ancora da scegliere-

⊱ Tre Hobbies : correre, non importa dove né quando; suonare il pianoforte e leggere romanzi di  Edgar Allan Poe.

⊱ Peculiarità : non si stanca mai di usare come esempi sulla sua vita tutti i film adolescenziali che ha visto, quelli ambientati a scuola o al college come i classici Mean Girls o High School Musical; o serie tv come Geeks and Freeks da cui deriva la sua inesorabile cotta per James Franco.

⊱ Ambizione più grande : diventare il capocannoniere della nazionale svedese di football.

⊱ Filosofia di vita : "Non credete a nulla di quanto sentito dire e non credete che alla metà di ciò che vedete" –Edgar Allan Poe.
 

La docile ragazza svedese è nata nel palazzo reale di Stoccolma, nella notte del 31 Ottobre 1998, precisamente alle ore 22 e 42. Con un fratello maggiore di ben 9 anni, Sophia cresce con la consapevolezza che il suo posto non sarebbe mai stato quello di regina reggente e questo, dopo aver acquisIto maggior conoscenza dei doveri reali, l'ha sempre sollevata. Secondogenita della contessa Adelaide di Wisborg e del principe in diretta linea di discendenza, sorella del nuovo principe in carica Hans Edvard Bernadotte, nipote del Re Kristoffer Lars-Åke Bernadotte, la piccola bambina bionda cresce fra tutti questi nomi altisonanti di cui non capì mai l'utilità.
La sua più grande passione era quella del football, acquisita in un giorno in particolare. Si trovava con la sua famiglia ai Mondiali, dove la Svezia era in trasferta, e Ibrahimovic Zlatan le aveva fatto un autografo sulla palla, augurandole un giorno di riuscire ad avverare i suoi sogni. Lei ci aveva provato con tutta se stessa, da quel momento, e suo nonno era l'unico ad averla costantemente incoraggiata, facendole costruire un campo proprio nel giardino del palazzo e permettendole di allenarsi ogni giorno per i restanti 11 anni. Ha una personalità da molti definita genuina, anche se è sempre molto difficile distinguere ciò che c'è di vero o di artefatto nel suo modo di agire, corrotto dal suo perfetto autocontrollo e i suoi doveri reali.

 


 



 

Zayn Malik   as   himself


 

⊱ Corso di Studi: Dipartimento di Ingegneria;  III anno.
Corsi opzionali: Matematica avanzata (Classe 5^Elite) e programmazione robotica.

⊱ Attività Extra: Football e Arte Figurativa.

⊱ Confraternita:  Sigma Teta Nu.

 Tre Hobbies : apportare continue modifiche alla sua auto, giocare brutti tiri a sua sorella e collezionare accendini.

⊱ Peculiarità : fuma le Natural American Spirit,  tabacco sfuso da girare; “Perché tutti vogliono provare ma nessuno resiste dopo il primo tiro” e perché girarsi le sigarette da solo è qualcosa che lo rilassa molto.

 Ambizione più grande : diventare un ingegnere aereonautico per la NASA.

⊱ Filosofia di vita : “Un uomo non è del tutto se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità.” – Oscar Wilde.


Il ragazzo dalle origini orientali è nato e cresciuto ad Holmes Chapel con la sua famiglia, composta dai signori Malik (entrambi avvocati penalisti di grande successo) e sua sorella minore Whaliyha. Essendo originario del Pakistan è là che si trova il resto della sua famiglia allargata, specialmente sua nonna a cui lui è molto affezionato e che sarà al centro di molte telefonate imbarazzanti durante la storia.
Non ama in particolar modo lo sport, ha iniziato col football solamente perché erano stati i suoi amici a chiedere la prestanza dei suoi ottimi riflessi. Giocando nel ruolo di Regista rispecchia perfettamente la propria personalità ed il rapporto con i suoi amici di leader e supervisore, che si preoccupa costantemente degli altri e quasi mai di se stesso.
Ha imparato da Niall a suonare la chitarra anche se ha sempre preferito come strumento la propria voce, molto bravo eppure l’unico a conoscenza di questo dettaglio da lui definito “scabroso” è Liam, il suo migliore amico. Non conosce l’amore se non quello affettivo perché mai stato innamorato di qualcuno “se non della sua auto” lo schernisce spesso Louis, ed in un certo senso ha ragione perché Zayn venera la sua Mustang come i maya veneravano il dio sole. Molto bravo nelle sue materie di indirizzo in cui si impegna con dedizione a causa della sua mancanza al liceo, dove la sua condotta era esemplare ma per ben altri motivi, fatto radicalmente cambiato dopo la morte del suo nonno paterno.










Liam Payne   as   himself



 

⊱ Corso di studi: Dipartimento di Medicina;  III anno.
Corsi opzionali: Biomeccanica e L’evoluzione della Scienza.

⊱ Attivittà Extra: Football e Teatro.

⊱ Confraternita:  Sigma Teta Nu.

⊱ Tre Hobbies : fare jogging almeno una volta al giorno; guardare film in bianco e nero e imparare 5 nuove parole al giorno dal vocabolario.

⊱ Peculiarità : è la colla mite e riflessiva che tiene unito il suo gruppo multi  di amici, stesso motivo per cui è stato scelto come capitano della squadra maschile di Football.

⊱ Ambizione più grande : anche se può sembrare banale, salvare vite e aiutare persone col suo lavoro, nata probabilmente dalla morte di sua madre per Leucemia.

⊱ Filosofia di vita :   “Non discutere più di come debba essere l'uomo per bene, ma siilo” - Marco Aurelio.

 
Il dolce e statuario Liam James Payne è nato nella periferia di Wolverhampton nell’Agosto del 1993 e mai c’è stato bambino più gentile e generoso di lui. Eppure, chissà per quale malaugarata legge del destino, sono sempre le persone col cuore d’oro a pagare più di tutti e nel Maggio del 2005 perde suo padre, non nel senso filosofico del termine ovviamente anche se a volte Liam lo spera ardentemente. William Payne abbandona la sua famiglia per rifarsi una vita con una sua studentessa tirocinante, lasciando il suo unico figlio e sua moglie malata di Leucemia a cavarsela da soli. La pensione della madre e i radi lavori del figlio non bastano di certo a coprire le spese e nel Gennaio del 2009, Liam perde anche sua madre, stavolta per sempre, giurando a se stesso che avrebbe lottato per tutta la vita affinché nessuno fosse più costretto a soffrire come aveva sofferto lei. A questo punto il ragazzo viene affidato alla custodia del padre che rifiuta categoricamente, scegliendo piuttosto di andare a vivere coi suoi nonni materni nella piccola cittadina inglese di Holmes Chapel. Qui conosce Zayn Malik, ragazzino che presto diventerà il suo migliore amico, e anche Harry Styles, formando un trio famoso in tutta la città per i guai che lasciava al suo passaggio. Il giovane Liam sviluppa il carattere ereditato da sua madre, mite e riflessivo, moderato e gentile verso tutti, generoso anche con chi non lo merita affatto, e questo ovviamente porta numerosi vantaggi (come l’essere il capitano della squadra di Football) quanto svantaggi (come l’essere snobbato spesso e volentieri dalle ragazze che di solito frequentano i suoi amici).

 



 




Author's Space
Allora, INTANTO, grazie a tutte coloro
che hanno perso tempo leggendo questo capitolo,
ovviamente solo i personaggi principali
avranno questo tipo di presentazione, gli
altri resteranno A BIG MISTERY.

btw, come al solito, per chiunque che avesse
voglia di un bel banner, una copertina, editing di qualsiasi tipo o
semplicemente scambio di pubblicità/opinioni, può
tranquillamente scrivermi in privato.
A voi studio-

Kisses,
Captain Payne.

AGGIORNATO IL : 18.02.2018





 

La storia è anche su Wattpad, perfettamente
aggiornata:


 

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