Prison Break

di thestoryreader
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sara ***
Capitolo 2: *** Il segreto ***
Capitolo 3: *** Parlane di nuovo con la mamma, ti va? ***
Capitolo 4: *** LJ ***
Capitolo 5: *** Destinazione: Panama City ***
Capitolo 6: *** Alex Mahone ***
Capitolo 7: *** Espatriare ***
Capitolo 8: *** Una nuova vita ***



Capitolo 1
*** Sara ***


5 settimane prima
Squillò il telefono. Sara uscì dallo stato di concentrazione in cui era calata e si alzò dalla poltrona posando il libro sul tavolino. Si avvicinò al ricevitore e alzò la cornetta
“pronto?”
“si pronto, cerco la signora Howard..è in casa per caso?”
“no mi dispiace non è in casa...sono sua figlia. Se mi dice il suo nome la faccio richiamare”
“Michael Scofield. Potresti dirle che ho bisogno di incontrarla al più presto?”
Sara strabuzzò gli occhi un po’ sorpresa “d’accordo signor Scofield. Appena la vedo la avviserò”
“grazie Sara” agganciò.
Lei rimase con la cornetta in mano sorpresa: come sapeva il suo nome e soprattutto chi era quel ragazzo? Appuntò stranita su un post it quello che Michael le aveva detto e tornò a sedersi sulla poltrona. Per un’ora fissò sempre la prima riga della nuova pagina senza leggere davvero quello che c’era scritto. C’erano un sacco di domande che le frullavano nella testa. Alla fine si decise a uscire di casa per andare a prendere un cappuccino al bar in fondo al suo isolato. Si sarebbe schiarita le idee camminando un po’.

Si infilò il giubbetto di jeans uscì e chiuse la porta a chiave. Scese saltellando le scale della veranda e girò a destra in direzione della caffetteria. Salutò la signora Dubois della casa accanto e si sentì un po’ più sollevata: si chiese come mai fosse così preoccupata.

Tornò a casa un’ora dopo, alla fine la pausa caffè si era prolungata in una pausa “passeggiata al parco”. Nel vialetto c’era la macchina della madre e sobbalzò quasi all’idea di dover chiedere alla madre spiegazioni. Entrò e vide la chioma bionda di Juliet china sui fornelli.
“ciao tesoro. dove sei stata?” chiese
“Ciao mamma..sono andata alla caffetteria e poi a passeggiare nel parco. C’è il sole fuori...non volevo sprecare questa giornata.” disse con un sorriso
Si sedette sullo sgabello e appoggiò i gomiti sul bancone dell’isola della cucina “mamma oggi ha chiamato un tizio. Un certo signor Scofield...”
Juliet che dava le spalle a Sara si girò di scatto allargando le pupille “che cosa ti ha detto?”
Sara si tirò indietro “che cosa ti ha detto Sara?” le chiese di nuovo
“mi ha detto che ti deve vedere urgentemente e sapeva il mio nome mamma. Chi cavolo è quello?”
“è solo un cliente tesoro. Sto scrivendo un articolo per lui” sembrò rilassarsi
“riguardo a cosa” le chiese curiosa
“è un ingegnere...sto scrivendo a proposito di un permesso che non riescono ad ottenere per la costruzione di un ospedale”
“e come sa il mio nome”
La madre si girò di scatto e acquisì quella espressione apprensiva che si mostra ai bambini quando combinano qualche disastro “oh avanti...glielo avrei detto tu”
Sara strabuzzò gli occhi “mamma, non gli ho detto proprio nulla. Non sono idiota altrim…”
“Sara ti assicuro che non gli ho detto il tuo nome...non ne avrei motivo..”
Sara decise di tacere...avrebbe scoperto qualcosa di più il giorno dopo, nel suo ufficio.

Arrivò anche suo padre e non parlarono della questione: per sua madre era conclusa e voleva farle credere che lo fosse anche per lei. Suo padre chiese della sua giornata, con il suo accento russo, e lei lo chiese a lui. Sasha Howard era un banchiere. Era nato in Russia da madre moscovita e padre newyorkese. E poi aveva incontrato sua moglie Juliet in Italia. Juliet era di madre inglese e padre italiano. Sara era abituata ogni tanto a parlare in russo con il padre, italiano con la madre e americano con tutti e due. Era fico, a dire dei suoi amici ma a volte diventava confusionario e capitava che mischiasse le tre lingue. Finirono di cenare alle 9 e dopo aver visto un film in tv andarono a letto alle 11:30. Nonostante fosse stanca non si addormentò prima delle 1:30.

Si svegliò quando i suoi genitori erano già usciti. Era una fortuna essere in vacanza da scuola: niente sveglia la mattina per prendere il bus. Aprì il frigorifero e prese un succo di frutta. Lo bevve e poi si decise ad entrare nell’ufficio della madre.
“se nessuno ti vede farlo non è reato frugare nei documenti altrui” si disse.
Partì dagli scaffali in alto e iniziò a cercare seguendo tre piste : Scofield, ospedali e appalti. Non trovò nulla. Proseguì nell’archivio ma anche lì non trovò nulla. Trovò molti ritagli di giornale di tutti gli articoli che aveva scritto per vari giornali locali: insignificanti rispetto alla prima pagina del Times, incorniciata e appesa nell’ufficio. Aveva scritto quell’articolo quando era giovane e ne andava molto fiera, citando quel giorno come uno dei più belli della sua carriera.

Guardò la bacheca ma non trovò nulla neanche lì. Dopo tre ore non aveva trovato nulla. Si sedette con la schiena appoggiata alla libreria con le mani con i palmi aperti verso l’alto. Poi vide il cassetto della scrivania e si alzò di scatto. Provò ad aprirlo ma era chiuso a chiave “Bingo” disse con un sorriso sulle labbra “dovete essere lì dentro dannati documenti” disse tra sè e sè.

Prese una forbice per unghie e infilò piano la punta nella serratura del cassetto facendosi luce con una torcia. Le prime due volte fallì e non riuscì ad agganciare la leva e sollevarla. Al terzo tentativo la serratura si aprì con un “click”.
“grazie internet” esclamò e aprì il cassetto. Frugò velocemente tra i fogli, in trepidazione. Prese il blocco e ripose tutto sulla scrivania lasciando il cassetto vuoto. Guardò tutti quei fogli ma non lesse niente che potesse riguardare le tre piste. Stava per rimettere tutto a posto quando lo vide. Era in fondo al cassetto ed era grande abbastanza da farci passare l’indice della mano “doppio fondo...geniale”. Alzò velocemente il pannello di sughero e trovò una busta gialla. Se la rigirò tra le mani e poi la aprì.

23 maggio
Optò per una tinta rossa. La infilò sotto il braccio e raggiunse la cassa. Tenne sempre gli occhiali da sole per evitare che la commessa vedesse le occhiaie e per evitare che la guardasse negli occhi. La cassiera, una donna obesa e con le unghie laccate di rosso, la squadrò dalla testa ai piedi senza interesse.

Sara fece finta di nulla e le passò una banconota da 5 dollari. Lei la prese e le diede il resto. Uscì senza neanche salutare. Quel posto la metteva a disagio.

Camminò per circa 10 minuti, con il cappuccio della felpa sollevato e gli occhiali sempre sugli occhi. Vide una volante della polizia che sopraggiungeva verso di lei. Si fermò di colpo spaventata. Vide una pensilina per la fermata dell’autobus e la raggiunse di corsa. Fece finta di leggere gli orari il tempo necessario per voltarsi e vedere che la volante non c’era più. Poi proseguì.
Camminò per altri 2 o 3 km fino a che non raggiunse una mensa dei poveri. All’esterno c’era una suora che contava i senzatetto e che li indirizzava verso la mensa. Si avvicinò a lei titubante poi le disse “ho bisogno di un bagno. Posso entrare?”
La suora annuì e le diede le indicazioni necessarie per raggiungerlo, alle quali Sara rispose con un timido “grazie”.
Si chiuse in bagno e si spogliò rimanendo solo in reggiseno. Preparò la tinta per capelli e la massaggiò sulla cute stando attenta che non colasse sui pantaloni. Poi si sedette sulla tavoletta del water chiusa e aspettò.

Calcolò che mancavano ancora circa 500 km per lo Utah. Si lavò velocemente via la tinta. Spuntò una chioma rossa, molto diversa dalla sua solita chioma bionda. Li asciugò con una asciugamano e poi prese in mano la forbice.

Voleva essere irriconoscibile e c’era riuscita. I capelli che prima erano lunghi fino a metà schiena ora erano corti fino alle spalle e rossi. Si guardò con aria soddisfatta allo specchio, prese le sue cose e uscì dall’edificio. Valutò per un momento di restare a mangiare ma si sa, i senzatetto sono quelli che sanno più di tutti in città e non voleva correre il rischio che qualcuno la riconoscesse. L’aria era calda e prevedeva che le temperature si sarebbero presto alzate ancora di più.

5 settimane prima
Dentro la busta gialla trovò un cd. “ok guardiamolo” si disse
Accese il pc, inserì il cd e lo fece partire. Si aprì la finestra di Media Player e spuntò un’immagine in bianco e nero di un parcheggio. In particolare era inquadrata una macchina, molto lussuosa valutò. Lei fissò lo schermo incuriosita. Doveva essere un video di una telecamera di sorveglianza. Per i primi 2 minuti non successe niente e Sara stava quasi per chiudere quando comparve un uomo, alto muscoloso e con i capelli rasati sulla testa. Aveva una pistola. Sara si portò una mano alla bocca incredula prima che l’uomo si avvicinasse alla macchina e sparasse due colpi verso il sedile del guidatore. Poi passò dal lato opposto della macchina e aprì lo sportello del passeggero. Prese qualcosa e si dileguò, sparendo esattamente come era arrivato. Il video finì “che cosa diavolo ..?” esclamò.
Aveva appena visto il video di un omicidio? Era morto qualcuno in quel parcheggio? Prese il cd e lo rimise al suo posto, sotto il doppio fondo del cassetto della scrivania. Poi rimise al più presto tutto in ordine: non ne voleva più sapere nulla. Non avrebbe dovuto ficcare il naso nelle cose della madre. Passò il resto della giornata studiando un po’ e all’arrivo della madre a casa era già più tranquilla. Cenarono come la sera precedente, senza dire nulla. Alle 9 Sara decise di andare nella sua camera. Restò un po’ nel buio a pensare, guardando dalla finestra la strada. La luna era alta nel cielo e non c’era una nuvola. Si potevano vedere tantissime stelle. Due fari di un’auto illuminarono il vialetto e la macchina si fermò davanti alla casa di fronte. Sara fissò la macchina fino a che i fari non si spensero. Poi attese che il guidatore scendesse.

Per la successiva ora fissò la macchina. Era nascosta dalla tenda quindi chi era al posto di guida probabilmente non la vedeva, ma lei vedeva loro: due uomini corpulenti fissavano la sua casa e non aveva il coraggio di staccare gli occhi. Alla fine dopo 2 ore se ne andarono come erano arrivati, in silenzio e furtivi. Erano le 11:30 e probabilmente i suoi genitori erano ancora svegli. Scese le scale in fretta e andò in salotto. Trovò Juliet addormentata davanti alla televisione con il telecomando in mano. Le appoggiò una mano sulla spalla e la madre sobbalzò “oh dio, mi sono addormentata..accidenti quel documentario era interessante” disse scoraggiata, come se fosse dispiaciuta di esseresi addormentata ancora una volta.
“si vede che non lo era abbastanza” era nervosa e quando finalmente la madre le chiese se ci fosse qualcosa che non andava, si riservò trenta secondi per trovare le parole giuste
“nelle ultime due ore sono stata alla finestra a osservare due uomini che hanno parcheggiato la macchina davanti a casa nostra e l’hanno fissata per tutto il tempo. Io non so se tu c’entri qualcosa o no ma se devi dirmi qualcosa di importante, se c’è qualcosa che non va me lo devi dire. Io lo devo sapere”
Juliet la fissò sbigottita “ma di che diavolo stai parlando? Ti è dato di volta il cervello Sara? studi troppo?”
“mamma ieri ha chiamato quel ragazzo, Scofield e oggi due uomini stavano fissando la nostra casa nel bel mezzo della notte. Ti rendi conto di quello che sta succedendo?”
“Magari sono dei poliziotti. Ascolta.. se arriveranno di nuovo chiamami subito e farò dei controlli. Cerca di prendere il numero di targa. Comunque te l’ho detto...sei troppo paranoica”
Sara annuì poco convinta e alla fine Juliet la accompagnò in camera da letto “Sara hai 18 anni, sei sveglia - hai preso da me, ma questo non dirlo a papà-” disse facendo l’occhiolino, cosa che provocò una risatina a Sara “qui tutto il giorno in casa stai diventando pazza. Domani visto che è sabato voglio che usciamo insieme e andiamo a fare un po di shopping così ti rilassi un po’”
“ok va bene… A domani” le disse.

 

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Capitolo 2
*** Il segreto ***



23 maggio

Immobile alla fermata, una studentessa. Capelli biondi, alta, magra, slanciata. Rimpianse un po’ la sua vita quando non era ancora una fuggitiva ma una semplice ragazza di 18 anni, con problemi pari all’importanza di abbinare i vestiti la mattina e passare gli esami del semestre. La fissò per un po’ e alla fine decise di avvicinarsi “ehy ciao sai dov’è la stazione dei treni o dei pullman?” le chiese
La bionda sorrise e le disse “è a circa 1 miglio da qui in quella direzione.” le indicò.
Sara annuì, ringraziò e si incamminò.

Camminò per molto più di un miglio prima di raggiungere la stazione e maledisse la ragazza. La stazione era piena e si sentì un po’ a disagio all’idea di avere così tante persone intorno che potessero riconoscerla. Corse verso la biglietteria e aspettò diligentemente in fila. Aveva bisogno di una doccia e si chiedeva se, anche se fosse vestita come una senzatetto, le avrebbero ugualmente venduto il biglietto. Finalmente fu il suo turno.
“buongiorno, volevo sapere, quanto costa un biglietto per Salt Lake City?”
“costa 80 dollari con il treno oppure 60 con il pullman, ma ci metteresti circa 2 o 3 ore in più”
Sara pensò “Pullman grazie” concluse alla fine

Il pullman non sarebbe arrivato prima di 15 minuti quindi si precipitò nel supermercato vicino alla stazione per prendere qualcosa da mangiare. Le erano rimasti 30 dollari e così prese una bottiglia di acqua da 2 litri, una confezione di merendine e delle patatine, le cose più economiche che riuscì a trovare. Fuori dal negozio contò 26 dollari.

Salì sul pullman alle 20:30. Le si sedette di fianco una ragazza di qualche anno più grande, ma cercò di non guardarla in faccia. Non voleva che lei la guardasse a sua volta. Fortunatamente le prime 4 ore di viaggio proseguirono tranquille e riuscì anche ad addormentarsi: doveva assolutamente recuperare energie dato che nelle ultime due settimane aveva dormito sulle dure panchine dei parchi per bambini. Mangiò una merendina con foga e quando scartò la seconda, un groppo grossissimo le si formò in gola. Sentiva il naso pizzicarle e gli occhi cominciarono a inzupparsi. Che cosa aveva fatto per meritare tutto quello?

5 settimane prima

“ehy Sara guarda questo vestito, secondo me ti starebbe bene con quegli stivaletti neri che hai” propose Juliet
Sara guardò il vestito poco convinta “non lo so, quel colore è orribile..”
La madre guardò il vestito come per accertarsi che avesse ragione poi la guardò di nuovo e vedendo la sua espressione, lo posò. Girarono per negozi tutta la mattinata e alla fine tornarono a casa per pranzo. “che fai pomeriggio?” le chiese la madre
“non lo so...penso che studierò”
“ti dispiace se vado a casa di Jenny?”
“no certo. mi piace stare da sola ogni tanto”
“lo so tesoro. Sarò una questione che riuscirò a sbrigare in 2 ore, massimo 3. Tornerò prima di tuo padre”
Sara annuì. Andò in camera da letto e passò davanti all’ufficio. Non c’era ancora entrata dalla mattina precedente. Vide la valigetta della madre sulla scrivania dove era solita metterla. “Dovrei guardarci dentro?” si chiese. Valutò e poi decise di aspettare che sua madre uscisse.

Entrò nella sua camera e aspettò che sua madre uscisse e accendesse il motore. Dopo 2 minuti scese di corsa le scale. Arrivò davanti alla porta dell’ufficio e la aprì, in trepidante attesa di scoprire qualcosa di più. La valigetta però non c’era più.

24 maggio

Mezzanotte e mezza. I lampioni scorrevano velocemente fuori dal finestrino. “puzzo da far schifo” pensò. Poi rise pensando che quello era l’ultimo dei suoi problemi. La ragazza di fianco si era addormentata e per fortuna anche le altre persone.
Valutò che era stato molto intelligente viaggiare di notte. é buio, nessuno ti guarda in faccia e per la maggior parte del tempo tutti dormono. Valutò anche (o soprattutto) quello che avrebbe dovuto dire a Scofield una volta che lo avrebbe trovato. Non voleva sembrare aggressiva ma nemmeno sembrare insicura. Decise di scriverlo su un blocco da appunti. Se lo sarebbe studiato strada facendo. E se avessero pensato che volesse i soldi e l’avessero uccisa? c’era anche quella possibilità, dopotutto erano pur sempre dei galeotti. Trasse un respiro e chiuse gli occhi. Si calmò e continuò a scrivere.

 

5 settimane prima

“come è possibile?” disse precipitandosi verso la scrivania. Guardò velocemente sotto la scrivania pensando fosse caduta ma non la trovò. Scrutò ogni angolo della casa, dopo aver perlustrato bene l’ufficio. Niente. Che motivo aveva sua madre per portare la sua valigetta a casa di Jenny, la sua amica? Doveva scrivere un articolo anche per lei? L’unica ovvia spiegazione è che non fosse da Jenny. Le venne un’idea. Si precipitò ad accendere il computer. Poi prese la scatola del telefono della madre e la aprì in fretta e furia. Fece cadere il foglio della garanzia e il foglietto illustrativo ma lo lasciò li. Aprì il sito della Apple e inserì in codice del telefono. 5 minuti dopo aveva la posizione esatta del telefono. E non era la casa di Jenny.

Prese degli spiccioli e il giubetto. Uscì di casa e corse alla fermata dell’autobus. Pagò il biglietto e salì sul primo 10 minuti dopo. Era affollato e dovette rimanere per tutto il viaggio in piedi, attaccata al palo. Meglio così: era talmente agitata che non sarebbe riuscita a stare ferma se si fosse seduta. Si fermò a Water street e percorse 2 isolati a piedi. Percorse a piedi tutte le vie limitrofe e…
E poi vide la macchina della madre. Si fermò. Era parcheggiata davanti a un palazzo molto alto che dava sul fiume. Era abbastanza moderno e di lusso. “diavolo chi ci abita deve essere ricco sfondato” pensò. Corse furtiva verso la macchina e sbirciò dentro. “sì è proprio lei” si disse. Si avvicinò al cancello di metallo del palazzo e piantò gli occhi sulla porta a vetri sperando che la madre non arrivasse. Scorse tutti i nomi fino ad arrivare alla S. In nero e stampatello, il cognome di Michael spiccava tra tutti gli altri.
La prima cosa che pensò fu di citofonare. Poi si trattenne. Che cosa ci faceva sua madre con quell’uomo? Erano amanti? Ma se erano davvero amanti, perché portare la valigetta? Decise di tornare a casa, dopotutto almeno una delle prove che voleva l’aveva ottenuta. Restavano da scoprire le altre.

 

Tornò a casa appena in tempo per vedere la madre entrare nel vialetto. Cosa le avrebbe dovuto chiedere? Sentì le chiavi aprire la porta ed entrare “ciao tesoro sono tornata?” Sara era in salotto, seduta sulla poltrona e la guardò entrare con occhi sereni e tranquilli, il contrario di quello che realmente sentiva.
“come è andata da Jenny?” le chiese fredda
“Oh bene. Abbiamo parlato un po’ di suo figlio che va al college e abbiamo fatto uncinetto insieme. Vuole fare una coperta da donare in beneficenza.”
Sara rimase un po’ in silenzio e poi mentì “strano perchè Jenny è passata e mi ha detto di salutarti visto che non eri in casa”
La madre che stava svuotando la borsa sul tavolino all’ingresso raggelò. Alzò la testa e Sara comprese che l’aveva colpita...e affondata.
“Sara io..ero...”
“non ti devi giustificare con me mamma. Ho capito tutto. Io so che cosa sta succedendo. L’unico con cui ti devi scusare è papà”
La madre la guardò stranita e poi capì
“Cosa Sara, non ho un amante avanti, mi conosci...amo tuo padre”
Fecero una pause entrambe “Sono uscita di casa e sono andata in redazione. Poi sono andata a comprare il regalo di compleanno di Jenny e…”
“SMETTILA DI MENTIRMI” le urlò “Sto diventando scema con tutta questa storia. La testa mi scoppia e … so dove sei stata. Sei stata a casa di Michael Scofield, il ragazzo che ha chiamato l’altro giorno, il ragazzo che sapeva il mio nome. Ho rintracciato il tuo cellulare e ho preso un autobus. Sono arrivata fino a Water street e sono arrivata davanti al palazzo con la tua macchina parcheggiata di fronte. Ho letto tutti i nomi e c’era anche il suo”
La madre ormai aveva gli occhi spalancati. “Sara ci sono certe cose che non ho potuto dirti, certe cose che sono pericolose da sapere”
“Voglio solo sapere se hai una relazione per quell’uomo mamma...perché se fai soffrire papà io non te lo perdonerò mai”
Lei esitò e poi le disse “siediti...ti racconterò tutto”.

24 maggio
Quando scesero dal pullman era ancora buio. Erano le 4 del mattino e tutti quanti erano molto assonnati ma felici di essere arrivati a destinazione. Vide una volante della polizia e terrorizzata si precipitò all’interno di un negozietto della stazione. Entrò facendo tintinnare il campanello. Il ragazzo alla cassa era parecchio assonnato e probabilmente stava per concludere il suo turno di notte al supermercato. Prese una bottiglia d’acqua e un panino. Quando arrivò alla cassa il ragazzo la guardò male: probabilmente valutò che le servisse un sapone. Lei arrossì un po’ ma decise che non gliene importava un gran che. Fece caso alla televisione, attaccata al muro alle spalle del cassiere sintonizzata sul canale del telegiornale.
La donna parlava alla telecamera “Sono ancora ricercati gli 8 di Fox River. Gli investigatori hanno messo una taglia di 300000$ su Michael Scofield e Lincoln Burrows.” Il ragazzo la guardò mentre lei era concentrata sullo schermo, poi guardò anche lui il televisore.
“si cercano ancora notizie su Sara Howard, scomparsa 5 settimane fa, ricercata per omicidio dei suoi genitori. Una vicina ha dichiarato che pochi giorni prima dell’omicidio Sara e la madre avevano avuto una discussione e probabilmente questo è il movente. Gli investigatori pensano che possa essere stata aiutata da qualcuno a scappare”
Il ragazzo sbiancò. Si girò lentamente per guardare in faccia la ragazza ma lei era già scomparsa.

Era la prima volta che qualcuno la riconosceva e non sapeva cosa fare. Era nel panico e per poco perse la bottiglia. Si infilò di fretta e furia tutto nello zaino e cominciò a camminare a passo spedito con il cappuccio alzato, diretta verso la strada. Tutti i passeggeri del pullman ormai erano scesi e stavano salendo in macchina con amici e parenti che erano arrivati per accompagnarli a casa. Vide un furgoncino bianco con il retro aperto. Era all’incrocio e aspettava di addentrarsi in strada. Il cassiere era già uscito dal negozio e stava parlando con la polizia. In un ultimo disperato gesto, Sara corse verso il furgone e saltò nel cassone. Si sdraiò pregando che nessuno l’avesse vista. Il furgoncino partì. Sbirciò fuori e vide la volante della polizia con i lampeggianti accesi arrivare all’incrocio
“ti prego Dio, fa che non venga da questa parte.” disse quasi in lacrime
La volante svoltò a destra e vide i lampeggianti allontanarsi sul rettilineo.

 

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Capitolo 3
*** Parlane di nuovo con la mamma, ti va? ***


5 settimane prima
“Se mi devi raccontare un’altra bugia non raccontarmi nulla” le disse.
“giuro che questa volta sarà la verità”
Si sedette riluttante sul divano e la madre iniziò a parlare
“Michael Scofield è un ingegnere edile. Su questo non ti ho mentito. è un mio grande amico dei tempi del liceo, eravamo in simbiosi, il migliore amico che io avessi mai avuto. Mentre io ero alla scuola di giornalismo lui frequentava il college però in un altro stato e alla fine ci siamo persi di vista. Fino a qualche anno fa viveva lontano da qui e non ci siamo visti spesso. è per questo che lui sa chi sei ma tu non sai chi è lui. Ha un fratellastro. Mentre Michael è sempre stato un ragazzo molto talentuoso e rispettoso delle regole, lui era sempre al riformatorio. Hai sentito parlare del caso di Lincoln Burrows?”
“si certo tra 2 settimane dovrebbe essere giustiziato per l’omicidio del fratello del vicepresidente”
“esatto, Lincoln Burrows è suo fratello.”
Sara la guardò sbalordita “e che cosa c’entra il fratello di Michael Scofield”
“Vedi Sara Lincoln è stato incastrato. Non è stato lui a uccidere Terrence Steadman.”
“Come fate a esserne sicuri? ci sono tantissime prove contro di lui” Poi le venne in mente il video che aveva visto. Era chiaro il perché avesse quel video e si chiese come non avesse riconosciuto l’uomo che un tempo era stato sulle prime pagine di tutti i giornali. Decise però di non parlarne. Voleva prima sapere il resto della storia.
“lo sappiamo perché io mi fido di Michael e lui si fida di suo fratello. Sono successi molti fatti strani da quando Lincoln è stato dichiarato colpevole. Il vescovo contrario alle pena di morte e deciso a parlare con la giuria per impedire che Lincoln finisse sulla sedia elettrica è stato trovato ucciso nella sua camera da letto. Lincoln dice di essere tornato a casa sua e di aver trovato dei pantaloni imbevuti del sangue di Terrence nella vasca da bagno.. Io gli credo”
Sara la guardò e poi le chiese “cosa stai facendo per Michael?”
“sto cercando di provare che il fratello è innocente scrivendo degli articoli. Per la maggior parte vengono sempre censurati e tutti i servizi che cerchiamo di mandare in onda al telegiornale vengono sempre casualmente dispersi...C’è sotto qualcosa e io scoprirò cosa. Almeno mentre Michael cercherà di finire il suo progetto”
“che progetto?”
“non stiamo solo scrivendo articoli Sara. Noi stiamo pianificando un’evasione”

24 maggio  
Scese dall’auto quando il furgoncino si fermò a un semaforo. Vide il cartello di Tooele. Ormai erano arrivate le 5 e il sole cominciava a sorgere all’orizzonte. La strada era circondata da campi e preferì non sostare sulla strada per troppo tempo. Si incamminò, le spighe la superavano in altezza e si augurò di non trovare qualche serpente che le tagliasse la strada. Se c’era qualcosa che la terrorizzava più dei ragni, erano i serpenti. Ma dopotutto, pensò, stava per affrontare 8 detenuti tutti uomini in una volta sola quindi l'idea di trovare un serpente non la spaventava poi così tanto. Si chiese anche quando Michael e Lincoln sarebbero arrivati lì a Tooele. “Devo ricontrollare il sito. Magari c'è qualche aggiornamento”

5 settimane prima
La guardò sbalordita “spero tu stia scherzando”
“non sto scherzando”
“ti rendi conto di quello che mi hai appena detto mamma? mi hai appena detto che tu e un tuo amico di liceo che non vedi di anni state organizzando l’evasione di un condannato a morte perché PENSATE sia innocente. E per inciso stai dicendo questa cosa a me che diventerei automaticamente una complice della faccenda. Ti rendi conto mamma? la mia fedina penale, oltre alla mia coscienza, se Lincoln Burrows uscirà dalla quella prigione, sarà sporca. Non ci posso credere” si alzò dal divano e passeggiò per il salotto con le mani nei capelli.
“il piano consiste nel..”
“non so se lo voglio sentire il piano ok? in ogni caso è una pessima idea e spero davvero che papà lo sappia perché se non lo sa ancora quando glielo racconterai gli verrà un infarto”
“lo sa… te lo assicuro… Ci sono altre cose di cui parlare tra cui… Ci sono delle persone che stanno impedendo che Lincoln esca dal carcere con tutti i mezzi possibili. Io voglio dirti tutto perché devi sapere cosa devi fare se succede qualcosa a me e papà”
A quelle parole Sara si girò di scatto e la guardò, con gli occhi sgranati. Grosse lacrime cominciarono a scivolarle quelle guance “cosa intendi se succede qualcosa a te e papà”
“Sara io…”
Poi si illuminò “quegli uomini fuori dalla finestra l’altra notte. Sono quelli che non vogliono che Lincoln Burrows esca di prigione vero?”
“probabilmente.”
“perché non chiamiamo la polizia?”
“loro sono della polizia. Non so che diavolo di complotto è in atto, so solo che vogliono che Terrence sembri morto e che chiunque voglia provare il contrario venga eliminato.”
“quindi avrò la fedina penale sporca solo se mi salvo da un possibile omicidio? grandioso. Era proprio tra le mie aspettative di vita mamma.” disse spaventata con la mano davanti alla bocca.
“mi dispiace Sara”
“e se scappassimo in un altro stato?” propose lei.
“era quello che pensavo di fare con te. Mandarti via per un po’ fino a che non si placherà la situazione e adesso che sai tutto a maggior ragione. Pensavo di mandarti al college di New York”
Deglutì e chiuse gli occhi per concentrarsi “si va bene mamma tutto quello che vuoi. Ma ora dimmi...Hai detto prima che ci sono delle cose che devo sapere per..salvarmi...per capire che cosa devo fare se vi succedesse qualcosa”
“Michael è un ragazzo estremamente intelligente e sveglio. è un perfezionista e il piano è abbastanza complicato.”
Prese la valigetta e la aprì.

24 maggio
Per tutto il tragitto per Tooele si studiò quello che aveva scritto sul foglio di carta.
“Mi chiamo Sara Howard e probabilmente sai chi sono. Hanno ucciso i miei genitori e sono qui per chiedere il tuo aiuto”
Sospirò. Come introduzione andava abbastanza bene. Mancavano ormai pochi Km per Tooele e i sentieri si erano sostituiti ai campi.
“So qual è il tuo piano e …” il verso di un uccello la spaventò e si coprì istintivamente la testa.

5 settimane prima

“Michael domani mattina inscenerà una rapina in una banca. Svuoterà il caricatore e questo sarà abbastanza per il giudice per farlo incriminare per furto aggravato. Probabilmente prenderà 5 anni e chiederà di essere portato nella prigione di Fox River per rimanere vicino a casa. Probabilmente glielo accorderanno perché non ha precedenti penali. L parte interessante è che ha passato gli ultimi 6 mesi dal tatuatore. Si è tatuato la planimetria della prigione sul corpo”
“Santo cielo. Non so se esserne affascinata o spaventata”
“Michael è….sorprendente.” sorrise la madre “in prigione fingerà un diabete di tipo 2. Questo gli permetterà di accedere all’infermeria. è da lì che evaderanno”
“non gli faranno male tutte quelle iniezioni di insulina non essendo diabetico?” chiese Sara. Anche se in realtà non voleva ascoltare, una parte di lei iniziava a interessarsi a quella storia, soprattutto dopo che sua mamma l’aveva avvisata che era una questione pericolosa.
“non particolarmente. Avrà solo alcuni effetti collaterali. Una cosa voglio che tu sappia. C’è un sito internet dove Michael appena uscito scriverà il suo prossimo  passo. Devi riuscire a controllare quello che scrive per sapere dove andrà. Tieni, memorizzalo.”
Sara lo lesse e con una penna lo scrisse sul braccio.

“adesso devi aiutarmi a bruciare tutti questi fogli, nessuno deve sapere e tu devi mantenere il segreto.”
Sara annuì. La madre prese tutti i fogli e li buttò sul caminetto acceso.
“L’obiettivo è arrivare a Panama. Se dovesse succedermi qualcosa devi chiedergli di aiutarti. Cercalo. Trovalo e digli che sei mia figlia. Ha promesso che nel caso ti aiuterà”

Si rinchiuse in camera per tutta la sera e non cenò. Si rannicchiò sulla poltrona in camera sua ad ascoltare musica fino a che suo padre non bussò alla porta
“Ciao” gli disse poco convinta
“privet Sara”
“la mamma mi ha raccontato tutto papà”
“lo so. Mi dispiace che tu alla fine sia stata immischiata in questa storia.”
“anche a me dispiace” storse il naso
“Ho paura e se proprio posso dirla tutta, siete due incoscienti. Tu non hai neanche tentato di fermarla”
“non sai quante volte ho cercato di dissuaderla dalla sua idea. Sai com’è tua mamma. Lei è una giornalista. Lei vive per questo.”
“ma non è giusto che abbia coinvolto anche noi in una cosa così pericolosa e ….avanti, è un piano di merda”
“lo so. Ed è pericoloso, e incosciente e da pazzi. Ma ormai ci siamo dentro e non possiamo farci nulla. Parlane di nuovo con la mamma, ti va?  Magari ci capisci qualcosa di più.. “

Concluse alla fine.

 

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Capitolo 4
*** LJ ***


24 maggio

“...quindi sono qui per chiederti di portarmi a Panama con te. Se non mi vuoi là le nostre strade si divideranno. Ma me lo devi”

Il discorso le sembrava ben articolato. Entrò nel caffè. Aveva sempre gli occhiali scuri calati sugli occhi e il cappuccio alzato. Prese una bibita, la prima che le era saltata all'occhio (non voleva spendere troppo tempo davanti al ragazzo alla cassa), diede il nome di Abigail e pagò. Poi si affrettò per prendere il posto al computer ed entrò sulla navigazione in incognito.

Digito il nome del sito internet e lesse i messaggi. Ce n'era uno nuovo, di quello stesso giorno. Erano ancora numeri. Li decifró sempre tramite la tastiera del cellulare. “Siamo a Tooele, tutto OK. La talpa sta cercando il luogo dove costruire la sua tana.” Quando lesse che Michael era a Tooele il suo cuore prese a battere più velocemente. Nonostante avesse disperato bisogno del suo aiuto aveva paura di affrontarlo.

“Che diavolo c'entra la talpa?” si chiese poi. Fece spallucce e bevve un sorso della bevanda che aveva preso.

 

Uscì dal locale subito dopo essersi accertata che nella cronologia non comparisse più il sito. Meglio essere prudenti. Si diresse verso il municipio. Se doveva iniziare a cercare Michael meglio iniziare dalla piazza principale e prendere le stradine secondarie. Fu così che notò un ragazzo. Era alto, rasato e di carnagione molto scura. Probabilmente era di origini cubane o portoricane ma sicuramente non afroamericano. Un pensiero balenò nella sua mente e quando capì i suoi occhi si spalancarono. “Fernando Sucre. Quello è uno degli evasi”

Il ragazzo era fermo davanti al comune e si guardava in giro “ti guardi in giro un po’ troppo per non essere qualcuno che sta scappando da qualcosa” disse tra sé e sé.

Si nascose dietro l'angolo della strada per  attese che il ragazzo si muovesse.

 

Dal municipio, circa 10 minuti dopo il suo arrivo uscirono due uomini. Riconobbe Michael e Lincoln. Diventò rossa quando si trovò a pensare che Michael era davvero attraente, molto più che sulle foto che la madre le aveva mostrato. Salirono su una macchina che percorse la piazza e poi si diresse verso la campagna. Sara si precipitò per vedere la fine della strada, se stessero svoltando, ma vide solo la macchina che si allontanava sul rettilineo.

 

Camminò per 2 ore. Alla fine si chiese se non avesse sbagliato persone. Aveva sete, molta sete, e faceva un caldo terribile: aveva nella bottiglia solo 2 dita di acqua rimasta e non sapeva per quanto dovesse camminare ancora. Alla fine, come il miraggio di un’oasi nel deserto, vide la macchina. Era posteggiata al bordo della strada sterrata. Guardò dentro ma era vuota. Attorno solo campi. Si decise a continuare a camminare sulla collina, per vedere se da un punto piú alto potesse scorgere qualcosa. Arrancó fino alla cima pensando che se non fosse riuscita a raggiungerlo si sarebbe fatta prendere. Non ce la faceva più a correre inseguita dalla polizia. Avrebbe chiamato da un telefono e avrebbe detto “venitemi a prendere. Sono a Tooele”

Arrivò alla cima e si stupì quando vide un piccolo complesso di case. Era l'ultima cosa che si sarebbe aspettata di vedere ma ancora di più si stupì di vedere Michael e altri tre uomini appostati davanti a una villetta.

Quello si che era un colpo di fortuna.

 

Aspettò che entrassero e poi si diresse alla casa. Era una villa molto bella e accogliente. Appena prima di girare sul vialetto sterzo bruscamente ed entrò  nel giardino sul retro. Camminava acquattata e sperò che nessuno l’avesse vista. Si trovò di fronte a una porta, probabilmente del garage. Appoggiò l'orecchio al legno duro della porta e rimase in ascolto. Sentì una donna che augurava buon lavoro ai 4 uomini e una porta sbattere. Fu allora che sentì il suo cuore accelerare ancora e ancora fino a che non dovette sedersi e bere quelle due dita di acqua che si era ripromessa di conservare.

 

Aprì la porta piano ma si trovò comunque addosso gli sguardi degli evasi. Si irrigidirono per un attimo e la guardarono. Poi il più vecchio dei tre, un uomo con una mano mozzata, si avvicinò piano e le sussurrò con fare suadente “ehy ragazzina, tua madre non ti ha detto che stiamo facendo dei lavori qui?  Non dovresti entrare.”

Lei deglutí e ignorò completamente l'uomo e disse “sono Sara Howard e sono qui per parlare con Michael Scofield”

Il ragazzo spalancò gli occhi e si avvicinò alla ragazza. Il fratello Lincoln lo guardava con interesse ma tranquillo.

“Sara Howard. Ho capito bene?”

Lei annuì prima cautamente e poi con più vigore senza mai staccare i suoi occhi da quelli di Michael.

Cercò di ricordarsi quello che aveva imparato, il discorso ma l’unica cosa che riuscì a fare fu scoppiare in un pianto disperato. Si lasciò cadere a terra in lacrime di disperazione ma anche un po’ di sollievo.  Poi riuscì a parlare.

“Ti prego devi aiutarmi”

Tutti erano abbastanza stupiti della reazione della ragazza
“so chi sei. che cosa ci fai qui Sara? i tuoi genitori dove sono?”
Dallo sguardo di Sara Michael capì che cos’era successo “hanno ucciso anche loro?”
Sara annuì di nuovo e di nuovo fu presa da un attacco di pianto improvviso e liberatorio.
Sucre si avvicinò alla ragazza e delicatamente le posò una mano sulla spalla. Sara si alzò di scatto asciugandosi le lacrime con la manica “non mi toccare per favore”.
Il ragazzo indietreggiò piano alzando le mani come a voler dire che accettava la sua scelta.
Poi Sara si rivolse di nuovo a Michael “devi aiutarmi, la polizia mi sta alle calcagna e non so più dove andare. So del tuo piano, mia madre mi ha spiegato tutto. Devi portarmi a Panama con te. Non importa se poi non vorrai più avere a che fare con me, mi troverò un lavoro e un letto dove dormire, ma devi aiutarmi a espatriare.”
Michael si passò le mani sulla testa rasata e si rivolse al fratello, bisbigliando. “dobbiamo farla venire con noi. Ho promesso.”
Lincoln guardò il fratello incredulo e poi la ragazza. “Mike non c’è posto. é troppo rischioso portare qualcun altro.”
“Guardala Linc. Avrà l’età di tuo figlio, forse è addirittura più giovane. La vuoi lasciare qui insieme a T-Bag o in prigione per un crimine che non ha commesso? Sai cosa si prova” Lincoln annuì poco convinto. Si avvicinò alla ragazza e le tese la mano “Ciao sono Lincoln, il fratello di Michael”.
Sara deglutì, annuì e poi strinse la mano all’armadio che aveva davanti a sè.

Michael prese delicatamente per un braccio Sara e la costrinse a isolarsi con lui per parlare in privato. “Dimmi, cosa è successo ai tuoi?”
Sara un po’ titubante iniziò con la storia. “... Dopo avermi raccontato tutto riguardo te e il tuo piano mi sono chiusa in camera mia per pensare a mia madre e alla cazzata in cui stava per immischiarsi. Mio padre è venuto a parlarmi e a dirmi di parlarle di nuovo. Io non ho voluto. Avevo prima bisogno di ragionare e ad un certo punto ho sentito la porta sbattere di sotto, urla e colpi di pistola e…”

 

5 settimane prima


Sara rimase paralizzata per un istante poi prese il cordless e si diresse verso la porta e attraversò il corridoio il più silenziosamente possibile. Tremava dalla testa ai piedi ed era mossa da singhiozzi fortissimi che cercava a stento di calmare con la mano. Doveva esserci la pistola di papà chiusa in cassaforte. Entrò in camera da letto tentando di ricordare il codice. Sentiva l’uomo che chiamava il nome della madre, probabilmente si era nascosta e la stava cercando, doveva sbrigarsi.
“5 9… avanti cazzo” le mani le tremavano e riusciva a malapena a girare la manopola “13 6”. Digitò il 911 e mise il telefono tra spalla e orecchio. Sentì la linea cadere all’improvviso. Dovevano averla staccata. “cazzo”. Si sbarazzò del telefono. La cassaforte si aprì con un colpo secco e vi trovò la Revolver. Suo padre teneva la pistola scarica in casa, ma sullo stesso piano della cassaforte c’era il caricatore. “inserisci il caricatore, arretra il carrello, metti la sicura” si disse nella sua mente.  
Poi sentì.
“SASHA” era la voce di sua madre, disperata, sperduta da qualche parte al piano di sotto, in cucina. Ma era già troppo tardi, sentì uno sparo e poi un corpo cadere a peso morto. Capì che quell’uomo aveva appena ucciso sua padre. Sentì un altro urlo della madre rimbombare nella cucina e poi più niente. Le prime lacrime iniziarono a scenderle dalla guance e il suo cuore probabilmente saltò un battito. In quel momento si accorse di avere ancora la pistola in mano e che la teneva stretta per la canna. La buttò sotto il letto, in ogni caso non sapeva come usarla e strisciò fino alla sua camera da letto. Sentì la presenza anche di un altro uomo. “Sara non ti conviene nasconderti è inutile. Verremo a prenderti appena finiremo di spostare i cadaveri dei tuoi genitori e faremo in modo che sembri tutto una tua idea. Vedo già i giornali con la tua bella faccia stampata sopra” rise e Sara si morse le labbra. Arrivò fino alla sua camera da letto e chiuse la porta alle sue spalle a chiave. Poi prese la sedia e la mise con lo schienale incastrato sotto la maniglia.
Prese lo zaino, andò al cassetto dell’intimo e lo scoperchiò letteralmente, prese la busta con i suoi risparmi e la mise all’interno dello zaino. Prese alcuni vestiti. Sentiva l’uomo che la chiamava e dei passi pesanti salire per le scale. In preda al panico prese la felpa e si mise lo zaino in spalla. Si infilò le scarpe. Aprì la finestra e salì sul tetto. Sperò che nessuno l’avesse vista. Il buio giocava a suo favore. Si mise in ginocchio sul cornicione. Cercò di sbirciare al piano di sotto senza cadere, e quando si fu accertata che non ci fosse nessuno si calò dal cornicione come aveva fatto molte volte. Atterrò sul mantello erboso del giardino. Corse a perdifiato lungo la via. Non sapeva dove andare e i suoi genitori erano appena stati uccisi. Le lacrime calde scendevano sul viso rosso e spaventato di una ragazzina di 18 anni.

Si nascose al parco. Si sedette sopra una panchina e valutò che cosa dovesse fare. Andare dalla polizia? Si, ma l’uomo aveva detto che sarebbe sembrata tutta colpa sua. Valutò di aspettare qualche ora.

Decise di andare davanti a casa. Nascosta dietro un cespuglio vide la scientifica e i giornalisti appostati davanti alla sua veranda. Le luci illuminavano la casa come se fosse un set cinematografico.“un crimine oltraggioso è stato consumato in questa casa. Un figlia che uccide i genitori. Il fatto si è svolto questa sera verso le 9. Sara Howard ha aperto la cassaforte del padre, ha caricato la pistola e poi ha sparato due colpi a entrambi i genitori. La scientifica sta portando via ora i due corpi che verranno sottoposti ad autopsia. In attesa di ulteriori informazioni, Alex Raynolds, canale 5”
“merda”, Si sedette e si mise le mani nei capelli “come posso essere stata così stupida. Ho toccato quella pistola, Mi hanno incastrato. Ci sono mie impronte ovunque”
Con il briciolo di coraggio rimasto, uscì dal cespuglio e corse acquattata fino all’angolo, dove diede un’ultima occhiata e poi sparì nella notte.

24 maggio
“...Ho vagato per 5 settimane prima di riuscire a trovare un tuo messaggio sul sito, il messaggio dove comunicavi con mia madre. E alla fine ti ho trovato. Mi ha detto lei di cercarti e chiedere il tuo aiuto.”
Michael era visibilmente scosso dalla notizia. Di impulso abbracciò la ragazza “mi dispiace tanto Sara. Troveremo il colpevole” disse tra le lacrime.
Sara si stupì molto di quella reazione improvvisa “Lo so. Sai, lei mi ha raccontato un sacco di cose su di te. Eri il suo migliore amico.”
“lo era anche lei per me” disse staccandosi “ora voglio che memorizzi quello che ti dico. Ti dirò il nome delle persone di cui ti puoi fidare in questa stanza. Io, Lincoln e Sucre. Non ti fidare di nessun altro, anche se ti sembrano sinceri, soprattutto di T-Bag. Non ti avvicinare a lui per nessun motivo. capito?”
“si certo”
“ci ritroveremo a Panama. Lincoln ha deciso di andare a recuperare suo figlio, io devo aggiustare delle cose prima. Tu vai con lui e poi scapperemo. Vi farò avere altre informazioni su www.goldfinch.net. Sii prudente
La ragazza annuì.
In quel momento la proprietaria di casa entrò e vide la scenetta. Otto uomini e una ragazzina. Michael si affrettò a spiegare la situazione. Guardò Sara e le accarezzò una spalla “grazie Paula di avermi portato il messaggio della segretaria che ti avevo chiesto. Sei stata molto gentile”
“non c’è di che… papà” disse Sara passandogli il foglio su cui aveva scritto il suo discorso.
La donna la guardò disgustata, la ragazza era parecchio impolverata e sporca ma fece finta di niente. “vi ho portato una limonata” disse.
T-Bag intervenne dicendo che era molto lusingato di aver trovato una donna così cordiale che portasse da bere ai lavoratori. Appena la donna fu uscita Michael cambiò espressione e si rivolse a T-Bag “fai qualcosa di intelligente e vai e tenerla d’occhio, visto che non stai nemmeno contribuendo agli scavi. Non può continuamente entrare. Finirà per scoprirci”.
Lui lanciò un’occhiataccia al ragazzo e poi uscì dalla porta del garage.

Erano le 4 del pomeriggio quando Lincoln vide in televisione la notizia che il figlio sarebbe stato trasferito dal carcere al tribunale per essere sottoposto al processo. Si decise perciò di andare a prenderlo. Sara si trovò così sulla soglia di quella villa mentre si stringeva il braccio imbarazzata e Lincoln caricava la macchina con quello che gli serviva. “scusa ma prendiamo questa macchina?” chiese lei squadrando la porsche.
Lui si fermò un attimo squadrandola “scusa se non ho a disposizione una macchina che soddisfi le tue aspettative”
Lei si imbarazzò ma decise di non lasciar perdere “sto solo dicendo che con questa macchina potremmo dare nell’occhio”
“non ti preoccupare: appena ne avremo l’occasione ne ruberemo un’altra.”
Sara fece spallucce. “Dai sali. è ora di andare” disse. In quel momento arrivò Michael. “buon viaggio fratello. Ci vediamo a Panama” gli disse prima di abbracciarlo. Lincoln ricambiò l’abbraccio e poi Michael si voltò verso la ragazza. La salutò con la mano e lei ricambiò con un sorriso. Non lo sapeva ancora ma si fidava già di quell’uomo.

Percorsero 300 km prima che arrivasse il buio. In macchina tra i due c’era un po’ di imbarazzo ma alla fine iniziarono a parlare.
“...e quindi tu hai un figlio… e dove stiamo andando a prenderlo?”
“al tribunale”
“che cosa ha fatto?” chiese lei
“è stato accusato di aver ucciso sua madre e il suo compagno. Esattamente come te.”
Sara sgranò gli occhi “oh, mi dispiace… so… che si prova”
Lui la guardò quasi con amore paterno “mi dispiace tanto Sara. Tu e LJ non avreste dovuto vivere tutto questo. è tutta colpa di quelli che vogliono coprire la finta morte del fratello del vicepresidente… Per la verità nessuno di noi doveva essere coinvolto in questa puttanata”

Lincoln guidò tutta la notte. Sara cercò di stare sveglia il più possibile ma alla fine si addormentò. Quando Lincoln la vide dormire sorrise. Era una ragazzina. Ed era riuscita a rimanere invisibile tutto quel tempo. Si vedeva che era in gamba.
Guidò fino alle 6 del mattino, fecero benzina due volte e alla fine trovarono un’altra auto, un po’ più vecchia e meno appariscente. Sara si offrì di guidare per i successivi 50 km “so che è poco in confronto a quelli che hai fatto tu... “ cercò di giustificarsi. Lincoln le sorrise e le lanciò le chiavi.
“sai mi stai simpatico” gli disse alla fine
“davvero?” rise lui.
“si davvero. Ora so perché mia mamma si è battuta tanto. Si vede che sei ok e se davvero non sei stato tu ad uccidere Terrence (o se addirittura quel bastardo è ancora vivo) era giusto che tu sia fuori”
Il sorriso di Lincoln si smorzò sulla sua bocca. Non disse niente e prese a guardare la strada.

Arrivarono davanti al tribunale. Salirono sul tetto del palazzo di fronte e studiarono la zona. Il tribunale era un unico edificio ed era circondato da stradine secondarie. “non possiamo saltare da quei palazzi. Sono troppo distanti”
LJ sarebbe stato trasferito al tribunale alle 10 in punto. Erano le 7. avevano tre ore per studiare un piano come si deve.
“Là. c’è una scala che sale sul tetto.” indicò Sara
“hai ragione… andiamo”
Il tetto del tribunale aveva una porta ma era bloccata. Poi Lincoln notò l’impianto del condizionatore. “dannazione io non ci passo di qui” disse sbattendo la mano sul muretto. Sara guardò giù. Era come guardare nel comignolo ma 1 metro più in basso il tubo diventava orizzontale. “io ci passo tranquillamente.” disse alla fine. “che cosa vuoi fare Sara. Anche se ti metti a strisciare per i tubi di tutto il tribunale come torni indietro e come fai a sapere che è la direzione giusta?”
Sara si sedette e appoggiò la mano sul mento “siamo fottuti. Se ti aspettano, avranno armato tutte le porte e le scale in cui passare. Dovremmo farlo in un altro posto.”
Solo lì si accorse che stava davvero rischiando la vita per qualcuno che non conosceva. Che era ormai una criminale.
“ehy aspetta. L’aula del tribunale è al 3 piano quindi prenderanno l’ascensore” disse Lincoln con un sorrisetto. La stessa espressione si accese sul volto della ragazza.

Lincoln entrò nella tromba dell’ascensore esattamente un attimo dopo che Sara le comunicò via walkie talkie che il figlio era entrato. Lei era sul palazzo di fronte e vedeva tutto attraverso un binocolo. Ormai per Sara era diventata una questione di principio morale. Lei era stata incastrata per lo stesso reato e anche quel ragazzo era innocente. Era giusto aiutarlo. Seguirono alcuni attimi in cui pensò che Lincoln non ce l’avesse fatta. Poi lo vide spuntare sulla terrazza di fronte. Il ragazzo era con la tutina arancione che caratterizza i carcerati americani non lo vedeva bene da quella distanza. Lincoln le comunicò che era tutto a posto e che avevano circa 3 minuti o anche meno per capire che LJ era scappato. Scese in tutta fretta le scale e corse per la strada fino alla macchina parallelamente a LJ e Lincoln. La macchina era stata posteggiata sul retro in modo che, una volta scesi dal tetto, sarebbero corsi dietro e nessuno li avrebbe visti. Sarebbero scomparsi come fantasmi. Salirono tutti e tre in macchina e da quel momento iniziarono a sentire le prime sirene. Lincoln ingranò la prima e sgommò. Partirono a tutta velocità e la ragazza dovette tenersi per non sbattere contro le portiere. Lincoln guidava. Poi si rivolse al figlio e gli diede alcuni vestiti usati “cambiati immediatamente. Girare con una tuta del genere è come girare con una cartello: 3 ricercati a bordo”
Sentivano le sirene sempre più vicine. “là Lincoln” gridò Sara indicando una deposito di auto vecchie e da rottamare. Il deposito era vuoto e disponeva di un garage aperto con una serranda. Lincoln vi entrò sgommando e tutti e tre scesero subito per chiudere la pesante porta metallica. La polizia passò indifferente e passarono in silenzio 2 minuti aspettando che si allontanassero ulteriormente. Fu allora che il ragazzo tese la mano a Sara “piacere LJ. Tu sei?”
“sono Sara” disse lei sorridendo e stringendogli la mano a sua volta. Era una ragazzo molto attraente. Biondo, alto e con gli occhi grigi. Restò un attimo sospesa con la mano nella sua ad osservarlo tanto che Lincoln dovette schiarirsi la gola per distrarla.
“si?” si girò lei, sempre stringendo la mano al ragazzo. Quando Lincoln la guardò con un sorrisetto e scosse la testa, Sara si rese conto con imbarazzo che teneva ancora stretta la mano in quella di LJ e fece in fretta a toglierla.
“se ne sono andate tutte?” chiese Sara per cambiare discorso.
“penso di si...non sento nessuna sirena” disse LJ.
“non possiamo prendere la stessa auto. Dobbiamo cambiarla. E soprattutto devo controllare il sito.” disse Sara
“quale sito?” chiese il ragazzo
“tuo zio scrive la sua posizione su un sito attraverso dei codici. Dobbiamo decifrarlo e capire dove incontrarci per espatriare”
Annuì poi si rivolse a suo padre “papà dove andiamo ora”
“o aspettiamo la sera e ce ne andiamo con il buio però rischiamo che ci scoprano, oppure ce ne andiamo ora rubiamo una macchina e ci mettiamo a guidare il più lontano possibile da qui. credo sia meglio la seconda opzione.”.
I due ragazzi annuirono.

Questa volta rubarono una Chevrolet. “questa è una macchina comune in America. Dobbiamo solo sperare che non ci becchino.” disse Lincoln.
LJ si girò verso il sedile posteriore e si rivolse alla ragazza. “che cosa hai fatto tu per essere ricercata”
Sara lo guardò con uno sguardo triste e disse “non ho fatto nulla, esattamente come te.”
“hanno...ucciso i tuoi”
Lei annuì “mi dispiace”
“dispiace anche a me per te” gli disse.
Lui gli fece un mezzo sorriso e poi si voltò di nuovo verso la strada. Faceva caldo e dentro quella macchina si iniziava a sudare parecchio.

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Capitolo 5
*** Destinazione: Panama City ***


Sara si svegliò all’improvviso. Era notte fonda e il sogno che aveva fatto stava già scomparendo lontano. LJ dormiva sul sedile anteriore mentre Lincoln sonnecchiava completamente appoggiato al finestrino. Erano sotto dei salici e si sentiva il fresco della notte e i grilli frinire. Per 10 minuti guardò fuori dal finestrino, sentiva ogni tanto qualche sirena lontana e sobbalzava a ogni rumore improvviso ma era nel complesso abbastanza tranquilla. Ora non era più sola e si trovò a sorridere per essere riuscita a trovare qualcuno che la potesse aiutare nella fuga. Poi pensò ai suoi sogni, quelli di laurearsi, avere una famiglia, dei bambini.. Ma forse quella realtà non era poi così lontana. Doveva solo trovare un posto dove nessuno la conoscesse e dove potesse iniziare una nuova vita.
La vescica si lamentò e così scese dalla macchina, si acquattò dietro un cespuglio e fece pipì. Si trovò a pensare che erano giorni che non faceva una doccia e che puzzava da morire, esattamente come i due uomini in macchina con lei. Prima faceva una doccia tutti i giorni: è facile dare per scontato le cose quando le hai sempre a portata di mano, si disse.

Raggiunsero Greenville alle 6 di quella mattina. Lincoln aveva preso la decisione di proseguire poi per Atlanta. Sara chiese a Lincoln di fermarsi in un caffè dove accedere a internet e controllare il sito. Lincoln accettò: sarebbe andato a prendere qualcosa da mangiare. LJ seguì Sara. Si sarebbero rincontrati dopo 10 minuti alla macchina. Se non si fossero trovati si sarebbero separati tutti per motivi di sicurezza per poi incontrarsi di nuovo a Panama City.
“che cosa facevi prima di essere … arrestato?” chiese Sara, mentre si dirigevano verso il caffè.
“consegnavo pizze” sorrise.
Anche Sara accennò un sorriso a LJ. Poi si rimise a guardare la strada.
“Tu invece?” chiese di rimando il ragazzo. A quella domanda Sara non rispose. Si era fissata sulla porta dell’hotel di fronte al caffè. Un uomo stava uscendo. T-Bag? che cosa ci faceva lì?
“Ehy che succede?” chiese il ragazzo, preoccupato che ci fosse la polizia.
“ho visto uno dei fuggitivi da Fox River. Non capisco cosa ci faccia qui”
“Chi?”
“il pedofilo” disse lei. C’era qualcosa che non le quadrava. Non riusciva a capire che cosa, ma qualcosa stonava. Avrebbe trovato delle informazioni sul sito?
“andiamo dobbiamo fare in fretta e controllare quel sito.” disse ad LJ prima di trascinarlo nel caffè.

Il sito conteneva un messaggio numerico. Lo decifrò velocemente “Il destroso ha lo zaino. Chi lo trova lo recuperi, Non si può viaggiare senza”
“ha lo zaino? che significa?” chiese LJ.
Sara si alzò di scatto con gli occhi sbarrati. “dobbiamo uscire immediatamente” disse al ragazzo che la seguì senza fare storie. I 10 minuti erano quasi scaduti.
“ora devi fare qualcosa per me. Vai alla macchina e dì a tuo padre che sono andata ad inseguire T-Bag. Lui ha i soldi che ci servono per andare via. Quando ti sarai ricongiunto con tuo padre digli la direzione in cui sono andata e digli di tenere il cellulare acceso. Lo chiamerò da una cabina”
LJ rimase un po’ sorpreso dalla reazione della ragazza. Poi corse verso la macchina.

Sara correva da ormai 5 minuti a passo molto veloce. Chi l’avesse vista avrebbe detto che c’era il diavolo a rincorrerla ma sembrava comunque una ragazza che faceva jogging in città, dato il suo abbigliamento sportivo. Svoltò varie volte senza sapere bene dove andare guardandosi attorno. Ricordava il numero di Lincoln a memoria e se lo ripeteva nella testa. Passarono altri 20 minuti prima di trovarlo. Era in un deposito auto a noleggio e stava scegliendo una macchina probabilmente per andarsene.

LJ corse verso la macchina appena Sara si voltò per correre dalla parte opposta. Raggiunse il padre e spiegò la situazione. Lincoln era preoccupato. Non doveva cacciarsi in quel pasticcio. Era stata una cosa imprudente da fare: una ragazzina di 18 anni contro un ex galeotto. Ma ormai la frittata era fatta e aspettava solo la chiamata di Sara. Aveva guidato nella direzione che gli aveva suggerito LJ e si erano fermati in un parco, lontani da occhi indiscreti. Passò una volante della polizia. Strisciarono sotto il sedile e si acquattarono fino a quando entrambi sollevarono la testa e videro la macchina svoltare e scomparire dietro un angolo.
Aspettarono 25 minuti. 25 minuti in cui pensarono a tutte le cose che potevano esserle successe. Ad un certo punto Lincoln parlò “andiamocene”
“cosa? non possiamo lasciarla qua?”
“i patti erano che saremmo andati via e ci saremmo ritrovati a Panama City. Lei è in gamba… se la caverà”
“si ma in ogni caso senza quei soldi non possiamo partire. Ci servono per fare i maledetti passaporti, per pagare il traghetto e mille altre cose. Quindi anche se arrivassimo a Panama City e incontrassimo lo zio, non potremmo partire. Tanto vale aspettare qua.”
Lincoln stava per controbattere quando squillò il telefono. Si guardarono poi rispose

“pronto?”
“Linc! sono io”
“Maledizione Sara vorrei averti qua per prenderti a schiaffi. Come puoi fare una cosa così imprudente”
“ne parliamo dopo di questo adesso devi ascoltarmi. T-Bag sta comprando un’auto. Continuo a controllare se posa quel maledetto zaino ma non si decide a mollarlo. Sono al deposito “Philips” sono 10 minuti in macchina credo. Muoviti. Tenterò di trattenerlo”
Appese.
Lincoln guardò lo schermo del cellulare “quella ragazza mi farà impazzire prima o poi” disse avviando il motore.

Trovò una scatola di chiodi arrugginiti. Le venne un’idea. T-Bag intanto stava acquistando l’auto. Non sapeva quale ma prima o poi l’avrebbe scoperto. Decise di richiare il tutto per tutto. Dalla cabina telefonica corse fino all’entrata del deposito. Il cuore le batteva fortissimo nel petto e la gola era secca, sia per via della temperatura sia a causa della cazzata che stava facendo. Sparse i chiodi sul terriccio all’entrata. Poi corse di nuovo verso la cabina e attese.
“Quanto ci metti maledetto psicopatico?” si chiese dopo 5 minuti. Fu in quel momento che una macchina passò dall’entrata. Era un furgoncino color panna, di dubbi gusti. Vide il conducente “eccoti” disse con un sorrisetto. il furgoncino passò sopra lo strato di chiodi. Poi svoltò e si diresse verso la cabina telefonica dove era nascosta Sara.
Sentì letteralmente le orecchie arrossarsi per la paura. Deglutì a fatica e si acquattò, stringendosi il più possibile dietro la grossa cabina. Il furgoncino passò lento e Sara guardò sù. Vide il volto di quell’uomo a 1 metro dalla sua faccia e se solo avesse rivolto lo sguardo a sinistra l’avrebbe vista e … l’avrebbe uccisa. Rimase completamente immobile. Il furgoncino proseguì per la strada sterrata senza notarla e svoltò a destra. Ora bastava vedere che direzione prendesse e il gioco era fatto. Si alzò e si resse al muro.

Arrivarono Lincoln e Lj dopo 3 minuti che T-bag se n’era andato. Sara salì in macchina e indicò loro la direzione.
“Sei la ragazzina più stupida imprudente e maledettamente coraggiosa che abbia mai incontrato” disse Lincoln
“Hai ragione è stata un’imprudenza. Se ti può consolare il cuore a rischiato di saltarmi fuori dal petto in almeno due occasioni. Ed è un miracolo che io non sia svenuta. Ti giuro che non lo farò mai più” concluse, bevendosi tutta quanta una bottiglia di acqua. Era assetata e spaventata.

Proseguirono per 30 km prima di vedere una furgoncino bianco fermo per strada con tutte e quattro le ruote completamente sgonfie. Accostarono e scesero. Guardarono all’interno e naturalmente lo zaino non c’era più.
“non può essere andato tanto lontano.” Disse LJ. Erano vicino al furgone quando una macchina della polizia accostò. Solo Lincoln la notò. Gli si gelò il sangue nelle vene. I due ragazzi erano entrati nell’erba alta per cercare di scorgere qualche movimento. Lincoln prese entrambe le braccia dei due ragazzi e iniziò a camminare velocemente
“che succede?” chiesero
“c’è la polizia” disse cupo Lincoln.

L’erba alta era un ottimo nascondiglio. Erano più o meno vicino al lago Hartwell. Se si fossero tuffati avrebbero fatto perdere le loro tracce. Sentivano i passi pesanti dei poliziotti dietro di loro. Fu in quel momento che un serpente sbucò sopra il piede di Sara. Si spaventò. Stava per urlare quando LJ prontamente le prese la testa con una mano e con l’altra le tappò la bocca. L’urlo si soffocò sul palmo di LJ che intanto si guardava intorno alla ricerca del padre. Il serpente scivolò via e il ragazzo si rese conto di poter finalmente lasciare andare la bocca di Sara. Tuttavia la trattenne per qualche altro secondo. Si guardarono e alla fine la ragazza gli prese la mano e la fece scivolare. Si guardarono negli occhi per pochi altri istanti e poi ripresero a correre.   

Raggiunsero la riva. E fu a quel punto che lo videro. Un uomo correva lungo tutta la riva del lago. Era goffo nei suoi movimenti. Lincoln lo indicò “andiamo è laggiù” disse ai ragazzi. Si misero tutti a correre. Si sentivano i poliziotti sopraggiungere alle loro spalle. Decisero di entrare nell’erba alta ma comunque di restare vicino alla riva. Ormai vedevano il fuggitivo molto chiaramente. Erano a 30 metri quando T-Bag, per uno strano scherzo del destino si girò. Li vide tutti e tre che correvano nella sue direzione. Lincoln prese a correre più velocemente. Erano tutti e tre molto stanchi e il passo era davvero difficile da mantenere. I passi alle loro spalle si erano fatti più consistenti. Li stavano per raggiungere. Sara era poco più indietro dei due uomini ma comunque era abbastanza agile da restare al loro passo. Tutti quei mesi di fuga le erano serviti parecchio: era più scattante, più attenta, più veloce, forte e anche più sveglia. Ormai mancava poco per raggiungere T-Bag. 10 m, 5 m, 4m, 2m ..
Lincoln lo acchiappò per una delle stringhe dello zaino e attraverso la spinta data dalla velocità, lo fece roteare costringendolo a cambiare direzione e cadere per terra.
Lo riprese per il colletto della camicia e lo girò e con il poco fiato che gli rimaneva gli disse annaspando “Odio correre brutto idiota”

Si nascosero nei cespugli e attesero. Avevano disarmato T-Bag, mentre Lincoln gli aveva legato la bocca con la maglietta per evitare che urlasse, I poliziotti passarono di fianco al cespuglio e Sara si trovò ad annaspare. Aveva trattenuto il respiro. Lincoln sedeva su T-Bag per tenerlo fermo e zitto. Lincoln doveva essere davvero pesante perché T-Bag ogni tanto mugugnava di disapprovazione. I poliziotti si allontanarono con le pistole in pugno. LJ controllò il contenuto dello zaino e lo indossò. Poi comunicò al padre che era pronto.
“ok andiamo” disse Lincoln. Girò T-Bag sulla schiena e prima che lui potesse mugugnare altro, un pugno lo fece svenire.

Camminarono acquattati nell’erba fino alla macchina, assicurandosi che i poliziotti fossero ancora lontani dalla macchina. Quando entrarono in macchina partirono subito. Erano tutti e tre tesissimi ma Lincoln riuscì a dire a Sara di contare i soldi. Prese il cellulare e con l’aiuto della calcolatrice contò tutte le banconote da 50 dollari, quelle da 20 e quelle da 10.
Quando ebbe finito di contare aveva la fronte imperlata di sudore e gli occhi sbarrati.
“ok ho finito. Sono circa 5 milioni di dollari”
“Porca puttana” esclamò LJ
Lincoln sorrise “Una parte saranno destinati alla famiglia del proprietario di questi soldi.”
“é vero non vi ho mai chiesto di chi diavolo fossero quei soldi.”
“Conosci D.B Cooper?”
Sara sgranò gli occhi. Aveva letto di lui su un libro “ stai scherzando? il ladro gentiluomo che si è buttato da un aereo con 5,5 milioni di dollari? lui?”
“No non scherzo. Proprio lui” rise Lincoln.
Scoppiò un urlo di eccitazione nella macchina. LJ era tanto incredulo quanto lei.
Sara finalmente si rilassò e si appoggiò con la schiena al sedile. Chiuse gli occhi e mentre il sole le batteva forte sul viso si rese conto che, anche se li conosceva davvero da poco, voleva loro già un gran bene.

Lincoln chiese a Sara di guidare da Atlanta fino a Panama City. Lui dormiva sul sedile di dietro mentre LJ le sedeva di fianco ogni tanto sonnecchiando e ogni tanto riacquistando lucidità.
Poi si addormentò definitivamente quando giunsero a Columbus. Accese la radio. Nulla di nuovo. Erano ancora ricercati e nessuno tra Michael e Fernando Sucre erano stati catturati. Pensò a come aveva trattato Sucre quando aveva cercato di consolarla e si decise, che se mai lo avesse incontrato di nuovo gli avrebbe chiesto scusa per tutta quella freddezza. Guidò fino a che non scorse il tramonto. Mancavano 33 miglia a Panama City.

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Capitolo 6
*** Alex Mahone ***


Arrivarono a Panama City alle 7. Era ora di cena e tutti i ristoranti che scorgevano dal finestrino erano pieni di coppie e famiglie. Dovevano incontrarsi con Michael e per sapere dove e quando dovevano controllare il sito. Lincoln disse a Sara di accostare e parcheggiare davanti a un piccolo motel sulla costa.
“stanotte pernotteremo in questo hotel.” disse lui. “Dopo voi due andrete al caffè e controllerete il sito mentre io starò qui a controllare i 5 milioni di dollari che abbiamo faticosamente recuperato”.

Entrarono nel Motel. Era piuttosto vecchio e polveroso ma non potevano di certo stare in un hotel di lusso, non dovevano rischiare di farsi scoprire. Presero una stanza con due letti, uno singolo per Sara e uno matrimoniale per Lincoln ed LJ. LJ si mise sul balconcino del motel e iniziò a osservare il mare: probabilmente era il primo attimo di respiro che si concedeva. Lincoln si sdraiò sul letto.
“ehy vi dispiace se mi faccio una doccia??” disse la ragazza.
Lincoln le sorrise poi scosse la testa.

Entrò in bagno con il suo zaino. Si spogliò. Si guardò nello specchio del lavello, una lunga crepa lo percorreva. I suoi capelli si erano allungati di pochissimo ma abbastanza per scorgere la ricrescita bionda. Aveva delle profonde occhiaie e il viso era più magro. Abbassò gli occhi sulle clavicole: sporgevano molto più di quanto ricordasse. Era dimagrita molto da quando era scappata ma era molto più muscolosa: correva tutto il giorno.
Aprì l’acqua e aspettò che si scaldasse (ci volle un’eternità). Entrò nella vasca e tirò la tenda. L’acqua iniziò a bagnarle i capelli, il viso e poi il seno. Sorrise e poi si lasciò andare alla lacrime. Erano quasi 3 settimane che non si lavava e non riusciva a credere alla bellezza di sentire l’acqua calda sulla pelle. Singhiozzò in silenzio con le mani appoggiate sul viso. Si ricordò di quando aveva una preoccupazione e la sera, tornata da scuola, la attenuava con una doccia calda una fetta di torta e un caffè. Era la sensazione più bella del mondo.
Scorse il sapone confezionato e una piccola dose di shampoo. Si lavò i capelli e vide che la tinta scivolava via. Si chiese come fosse possibile ma poi realizzò che forse aveva comprato una tinta scadente oppure temporanea. Si massaggiò la testa fino a che sbirciò fuori dalla tenda e vide nello specchio la chioma bionda che la caratterizzava da sempre. Si lavò il resto del corpo.

La doccia durò 15 minuti e quando uscì Sara indossava un paio di Jeans puliti e una t-shirt. Lincoln le fissò la chioma bionda “che diavolo hai fatto ai capelli?”
Lei rise “il rosso non è mai stato il mio colore naturale”
“ti sta meglio il biondo” disse alla fine. LJ la guardava dal balcone e le sorrideva. Si alzò e andò da lei.
“ora la doccia la faccio io e poi andiamo al caffè” disse lui
Lei annuì e non riuscendo a sostenere il suo sguardo lo abbassò sulle sue spalle: erano muscolose e ampie e si trovò a pensare come volesse toccarle o appoggiarvi la testa.
“ti sta bene il biondo comunque” disse alla fine chiudendo la porta del bagno alle sue spalle, distogliendola da quella fantasia a occhi aperti.

Si sedette sul balcone. La brezza le sfiorava il viso. Sorrise con amarezza. Aveva appena fantasticato su un ragazzo e stava pensando di toccarlo mentre in realtà i suoi genitori erano in una tomba di mogano seppelliti sotto 3 metri di terra. Si disse che era un egoista. Un brezza più decisa la costrinse a rientrare e si sdraiò sul letto singolo imitando Lincoln. Era la prima volta da settimane in cui dormiva in un letto vero anche se sudicio.
“Lincoln tu credi che ce la faremo ad espatriare? A fuggire?”
“lo spero...non voglio tornare in gattabuia” rispose senza guardarla
Attese un attimo “tu...pensi che ce la farò a ricominciare una nuova vita?”
Questa volta Lincoln la guardò “ce la farai. Sei in gamba e sono sicuro che te la caverai”
Lei asciugò una lacrima che le stava scivolando sulla guancia. “Non potremo tornare a casa mai più vero?”
Lui sospirò “no..non potremo tornare mai più.” Poi aggiunse
“sai io e Michael abbiamo intenzione di aprire un negozio di articoli per surfare a Panama. Tu sei vuoi… sei ben accetta nel nostro gruppo”
“davvero? non stai scherzando vero??” si mise improvvisamente a sedere con gli occhi sbarrati
“no non sto scherzando” sorrise lui.
Sara iniziò a piangere. Lincoln si mise a sedere e Sara si alzò per abbracciarlo forte. Appoggiò la testa sulla spalla di Lincoln e tra i singhiozzi lo ringraziò.
“Non mi dovevate niente e mi avete aiutata lo stesso. E per questo non smetterò mai di ringraziare te, Michael e LJ.”
Lincoln la allontanò e la guardò in viso. Lei si asciugò le lacrime.
“non devi pensare neanche per un minuto che non ti meriti il nostro aiuto. La tua famiglia ha fatto l’impossibile per provare la mia innocenza e tu hai trovato tu i soldi che ci permetteranno di espatriare. Sei la bionda finta rossa più in gamba che conosca” questa battuta strappò un sorriso alla ragazza “e non ti meriti di sicuro tutto quello che ti è capitato”
Poi con la grande mano le diede una pacca amichevole sulla spalla e con un finto tono autoritario esplose in un “forza, ora smettila di poltrire. LJ VUOI USCIRE DA QUEL BAGNO?”.
Sara rise.

Erano le 8 quando uscirono per andare al caffè. Camminarono verso il caffè e sperarono di non vedere nessuna macchina della polizia. LJ indossava una maglietta pulita e un paio di jeans. Entrarono. Sara prese un the e LJ una cioccolata. C’era un solo computer libero, con una sola sedia così LJ prese una sedia da uno dei tavolini. Sara entrò nel sito. Tutti e due erano molto concentrati sullo schermo del computer.
“un messaggio. é con i punti questa volta ” disse Sara indicandolo. Lo decifrarono.
“incontro a Panama City a mezzanotte, davanti all’hotel Gran Rio. Il terzo sono io.”
“perfetto, dobbiamo solo aspettare la mezzanotte e quando ci incontreremo potremo andarcene di qui. Ma non capisco questa ultima parte del messaggio.” disse LJ
“nemmeno io so che significa…lo scopriremo solo quando arriveremo davanti all’hotel” disse alla fine la ragazza.

“allora...non mi hai mai detto che cosa facevi nella tua altra vita” disse LJ, mentre i due si incamminavano verso l’hotel.
“Ero all’ultimo anno di liceo. Mi stavo per diplomare. Poi sarei andata all’università”
“E cosa avresti voluto studiare?” chiese lui
“Pensavo a medicina. Pediatria è sempre stato il mio sogno”
“Mi dispiace tu non abbia potuto inseguire il tuo sogno”
“La vita è fatta di sogni e di sicuro ne troverò un altro da inseguire. Se riuscirò a scappare dalla polizia, si intende” rise sarcasticamente Sara “e tu? non avevi un grande sogno da inseguire?”
“Mi sarebbe piaciuto diventare un poliziotto. Ma mio padre è finito in prigione e sono stato beccato a fare un lavoro poco onesto per aiutare mia madre con le spese. Ho passato 6 mesi in riformatorio quindi non mi avrebbero mai preso all’accademia”
“mi dispiace.” riuscì a dire Sara.
“A Panama ricominceremo a sognare” concluse LJ

Arrivati all’hotel attesero la mezzanotte. Sara trovò un vecchio mazzo di carte e lei e LJ giocarono fino alle 11:30. Si divertirono, era una sorta di estraniazione dalla realtà.
Alle 11:35 Lincoln decise che era ora di incamminarsi verso l’Hotel. Uscirono, Lincoln con lo zaino in spalla, e si incamminarono. Non c’era anima viva in giro e Sara sentiva ogni tanto un brivido che le percorreva tutta la schiena, facendola tremare di paura: pensava che da un momento all’altro sarebbe saltato fuori un poliziotto e l’avrebbero arrestata o addirittura messa direttamente sulla sedia elettrica. Arrivarono davanti all’hotel alle 11:55 e attesero dietro un ampio cespuglio che Michael comparisse. Passarono molte auto e alla fine una si fermò vicino al marciapiede opposto alla strada. Spense le luci e fermò il motore. Non si vedeva bene chi fosse il guidatore e c’erano anche altri passeggeri. Forse si trattava di Sucre.
“è lo zio?” chiese il ragazzo
“non saprei. Non vedo fino a lì” disse Lincoln
“vado io” si propose Sara
Entrambi si girarono verso di lei e la guardarono “stai scherzando? e se non fosse Michael?” disse Lincoln.
“se non fosse Michael torno indietro”
“non mi sembra una buona idea” disse LJ
“non abbiamo scelta. Non possiamo aspettare che arrivi giorno per sapere chi ci sia dentro la macchina. Dobbiamo andare a vedere. Mi offro volontaria. Se mi beccano mentre li sto guardando allora …” Fu in quel momento che scattò la mezzanotte e le luci della macchina iniziarono a lampeggiare tre volte.
Sara guardò incredula e poi capì. Afferrò il braccio di LJ e lo scosse “il terzo sono io. Ecco cosa intendeva. Il terzo lampeggio... è lui” gli disse. Il ragazzo sorrise e annuì ma prima che potessero ragionare sul da farsi, Sara si alzò e attraversò la strada in direzione della macchina, con il cappuccio alzato e guardando a destra e sinistra per controllare che non sopraggiungessero altre macchine. Il finestrino si abbassò e...non era Michael. Sara si bloccò e iniziò a correre verso dove era venuta. Un proiettile la raggiunse alla spalla. Un dolore accecante la fece stramazzare al suolo. Un agente gli si avvicinò, non aveva la divisa. Si presentò “Buonasera signorina Howard. Sono l’agente dell’FBI Alex Mahone e lei è in arresto per l’omicidio dei suoi genitori. Ha il diritto di rimanere in silenzio….”.
Sara non lo stava neanche più a sentire. Si teneva la spalla. Non riusciva a muoverla e piangeva perché l’avevano presa, perché era a terra e usciva un sacco di sangue e sarebbe finita sulla sedia elettrica. Poi svenne.
Sentiva lontano la voce di Mahone che ordinava ai suoi uomini di controllare nei paraggi per trovare Scofield o i Burrows. Pregò che fossero scappati in tempo.

Si svegliò in ospedale di colpo come se fosse un sogno. Era mattina a giudicare dalla luce che entrava dalla finestra. Sgranò gli occhi per vedere meglio. L’agente che l’aveva arrestata era seduto sulla poltrona davanti a lei e guardava alcuni documenti.
“bene finalmente ti sei svegliata. Posso darti del tu vero? Bene, Leggo qua dal tuo fascicolo che sei stata in libertà 5 settimane prima di oggi. Sei stata molto scaltra te lo concedo. Per una ragazzina di 18 anni è difficile scappare con nazione che ti insegue. Ma forse Burrows e Scofield erano nettamente più pericolosi di te quindi nessuno ha badato alla piccola Sara Howard. Fino ad oggi.”
“si risparmi tutta questa moina. Non parlerò se non in presenza di un avvocato” disse fredda. Si chiese dove avesse trovato tutta la forza per rispondergli in quel modo. Tentò di alzare il braccio ma una fitta di dolore le percorse la schiena. La spalla era completamente fasciata. Ricordò il momento in cui era crollata a terra, sull’asfalto, la sera prima e toccandosi la fronte scoprì di avere una grande fasciatura anche lì.
“vuoi un avvocato? è incredibile. Non ti meriteresti neanche le cure mediche dopo quello che hai fatto”
“non sta a lei giudicare se ne ho diritto o no.” disse mentre tentava di trattenere le lacrime. Si chiese se Lincoln ed LJ erano stati presi. Non poteva di certo chiederglielo direttamente, sarebbe stata accusata anche di aver aiutato degli evasi, di cui uno era un condannato a morte.

“signorina non so se ti rendi conto della sua situazione. Probabilmente riceverai la sedia elettrica. Non so se ti è chiaro.”
Il braccio formicolò e le strappò un piccolo urlo. “Che cosa vuole da me? una confessione? perché non la riceverà”
“voglio sapere dove sono Burrows e Scofield e se lo sai anche gli altri”
“Non ne ho idea di chi siano” mentì, grata che non li avessero trovati.
“ah davvero? perché ho la testimonianza di una donna, Scofield e Burrows e gli altri vi hanno scavato una buca per chissà quale scopo, che scoprirò al più presto. E ha detto che era presente una ragazzina. Ci vorrà un minuto per sapere mandarle una foto e svelare il mistero”
“Come ho detto...parlerò solo in presenza di un avvocato.” concluse alla fine.

“Zio dobbiamo andare a salvarla” disse LJ “ci ha aiutati e noi dobbiamo aiutare lei”
Michael cercò di calmarlo. Sarebbero andati a salvarla ma dovevano pensare a un piano sicuro per tutti. Dopo che Alex Mahone aveva catturato la ragazza, i due erano scappati e avevano trovato il gruppo di Michael. Erano in macchina ma erano stati inseguiti dalla polizia e alla fine avevano dovuto abbandonarla e scappare a piedi. Ora il gruppo era composto da LJ, Lincoln, Michael, Sara (la dottoressa che aveva lasciato aperta la porta dell’infermeria a Fox River) Sucre e la fidanzata Mary Cruz, incinta di 4 mesi.
“prima di tutto bisogna capire in che ospedale si trova. Poi elaboreremo un piano. é ferita e sarà molto difficile trasportarla. Adesso andiamo al negozio di fianco a questo hotel e compriamo dei cellulari usa e getta. Poi chiameremo gli ospedali della zona.”

Così fecero. Ne comprarono uno a testa. Iniziarono a chiamare.
“buongiorno sono l’avvocato Bennet. Vorrei sapere se la signorina Sara Howard si trova da voi.”
disse Michael al telefono con l’ultimo ospedale in zona da controllare. Tutti erano all’ascolto.
“si certo è ricoverata presso il nostro ospedale.”  disse la donna dall’altro capo.
“stanza?” azzardò lui
“1485”
Michael ringraziò e attaccò.
“bene adesso che abbiamo trovato l’ospedale. Dobbiamo trovare il modo per portarla fuori di lì, dobbiamo stare attenti. Quel tizio, Alex Mahone, mi insegue da quando ci siamo separati. è molto sveglio e se il mio intuito non si sbaglia lo troveremo lì ad attenderci” disse Michael. La polizia conosceva tutte le loro facce ed era praticamente impossibile entrare in un luogo pubblico senza essere riconosciuti. Dovevano trovare un altro modo.

Sara si mise a sedere sul bordo del letto. Voleva camminare un po’ per sgranchirsi le gambe. Un poliziotto alto 2 metri la sorvegliava da dietro la tenda. La guardava con occhi cupi e indagatori. Lei lo guardò male e lui si voltò verso il corridoio. Da lì non poteva scappare e in ogni caso non avrebbe fatto 3 metri nel corridoio. Era troppo debole. Mise il primo piede per terra e tastò il pavimento con le dita nude. Poi appoggiò l’altro piede tenendosi con una mano libera alla ringhiera del letto. Le sue gambe cedettero di un poco ma riuscì a rimanere in piedi. Si spostò verso la poltrona passo a passo e alla fine la raggiunse. Riuscì con un grande sforzo a spostarla con l’unica mano che le era rimasta davanti alla finestra ampia e luminosa che percorreva tutta la parete della stanza.  Si sedette con grande sforzo. Vedeva gli uccellini rincorrersi nel cielo e in quel momento desiderò anche lei essere libera.
Poi si assopì.

“Avete capito tutti quello che dobbiamo fare?”    chiese Michael.
Tutti annuirono.
“bene che il piano abbia inizio”

Michael ed LJ indossarono il cappello. Salirono sulla piattaforma mobile. L’idea di fingere di lavare i vetri dell’ospedale era un ottimo modo. C’era una possibilità che le tende fossero tirate ma sperarono che proprio quelle di Sara non lo fossero. Iniziarono a salire tramite la piattaforma mobile. Intanto controllavano tutte le stanze. Prima sbirciavano se ci fosse qualcuno, allungando solo gli occhi e poi se c’era via libera avanzavano di piano in piano. Lincoln e Sucre erano in macchina e aspettavano. “sarà un lavoro lungo LJ preparati. Potrebbero averla trasferita in una stanza interna e allora saremmo nei guai”
LJ annuì. La maggior parte delle stanze era occupata da anziani. Alla fine arrivarono al reparto pediatrico. Un bambino li fissò incredulo, poi cercò di chiamare la donna alle sue spalle per indicarle i due uomini sulla piattaforma mobile. Salirono appena in tempo, prima che la donna si girasse.
Salirono fino al 15esimo piano senza trovare Sara. Ne mancavano ancora 5.
La stanza di Sara era da quella parte dell’ospedale ma man mano che salivano le speranze di trovarla diminuivano. E se l’avessero trasferita?. Poi al 16esimo piano videro una ragazza. Era bionda ed era addormentata su una poltrona.

Si svegliò di soprassalto da un rumore, come se qualcuno battesse sul vetro davanti a lei. Si strofinò gli occhi e guardò in basso. Vide due teste che la fecero sobbalzare. Poi vide gli occhi azzurri di Michael e successivamente quelli di LJ. LJ le fece l’occhiolino e lei si portò la mano alla bocca, soffocando il pianto.Si alzò dalla poltrona e corse al verto. Appoggiò la mano sul vetro aspettando che salissero. Erano tornati a salvarla. In quel momento però la porta si aprì. Lei si voltò di scatto pregando che non vedesse Michael ed LJ. Alex Mahone entrò seguito da un avvocato. La vide appoggiata alla finestra e la guardò incuriosito. “ che cosa stai facendo?” le disse.
“oh niente, cercavo di sfondare il vetro con la mia unica mano libera.” disse lei sarcastica.
Lui si incamminò per raggiungerla e lei fece lo stesso, non voleva rischiare che guardasse fuori. Ma Alex Mahone era troppo sveglio e si affacciò per guardare. Sara strinse gli occhi e pregò che non li vedesse.
“mm. La vista da qua è meravigliosa” disse l’agente e Sara potè riprendere fiato.  Si fermarono a tre centimetri l’uno dal volo dell’altro. Lui la squadrò e fissò i suoi occhi in quelli della ragazza “Non mi prendere in giro ragazzina. Sappi che sono molto più astuto di te, 100 volte più intelligente di te e troverò ogni cavillo, Ogni cosa che hai fatto anche lo schiaffo che hai dato al tuo compagno delle elementari ti verrà imputato e finirai sulla sedia elettrica. Sarà l’ultima cosa che faccio nella vita.”
Lei dentro stava morendo di paura ma quel pizzico di speranza che aveva avuto quando aveva visto LJ le dava più adrenalina di una montagna russa. Non gli rispose. Voleva che lui se ne andasse.
“che cosa vuole?” disse alla fine
“questo è il suo avvocato e per un po’ di ore parleremo di quello che ha fatto. Hai visto. Ti ho portato quello che volevi. Adesso parla”
Sara deglutì. Doveva trovare un modo per mandarlo via il più presto possibile.
“non mi sento molto bene in questo momento. Potremmo parlare domani per favore?”
“non mi interessa se non ti senti bene. Sei l’ultima persona a poter fare richieste”

“maledizione” bisbigliò Michael.
Poi prese il telefono. “Lincoln? Ascoltami attentamente e fai quello che ti dico”

“Allora signorina Howard. Io sono il suo avvocato, Alan McFly e sono stato incaricato dall’ufficio del procuratore per rappresentarla”
“Voglio parlare da sola con lei prima di parlare anche con il qui presente Alex Mahone.”
Intanto tentava di non guardare fuori dalla finestra.
L’agente si alzò e si diresse verso la porta “non ti azzardare a chiudere le tende. Ti voglio controllare”. Poi la aprì e escì sbattendola. Il suono risuonò per tutta la stanza come un petardo tanto che Sara si ritrovò a chiudere gli occhi. Ok, ora doveva trovare un modo per mandare via anche l’avvocato e chiudere le tende.
“bene. Iniziamo con dove si trovava il giorno in cui i suoi genitori sono stati uccisi”
“Ecco io…” iniziò a dire. Poi si bloccò. In quel momento un cellulare squillò nel corridoio. Tese l’orecchio. Alex Mahone rispose: “si?” disse.
“che cosa?” sbottò
“arrivo subito” disse poi
Si rivolse poi alla guardia. “controlla la ragazza e non ti muovere o il licenziamento sarà l’ultimo dei tuoi problemi.” Poi si sentirono i passi allontanarsi lungo il corridoio. L’agente si mise davanti alla porta. L’avvocato si voltò per un momento. Sara ne approfittò. Prese la bottiglia di vetro e la calò sulla testa dell’avvocato.
La bottiglia si ruppe andando in mille pezzi e l’avvocato fece ricadere la testa sul petto, svenuto. Cercò di mettere la testa nella posizione più naturale possibile. La guardia si girò. Sara fece finta di ascoltare l’avvocato e annuiva. Poi il poliziotto si girò di nuovo verso il corridoio. Guardò fuori dalla finestra. Michael e LJ si stavano issando più in alto. Si alzò e chiuse la porta il più silenziosamente possibile. Poi ancora più lentamente chiuse le tende. La guardia si girò appena in tempo per vedere la tenda tirata. Iniziò a bussare “Ehy aprite la porta” gridava. Intanto Michael e LJ stavano incollando un petardo sulla vetrata. LJ le disse di allontanarsi e lei si precipitò dietro il letto. L’agente bussava più forte e urlava. Anche lei si mise a urlare. Il petardo brillò e la vetrata si infranse. L’agente sfondò la porta e vide i due detenuti. LJ afferrò il teaser e lo untò verso l’uomo che fu atterrato dalla scarica elettrica, si contorse sul pavimento e poi svenne. Sara ne approfittò e sgusciò via. Con i piedi nudi calpestò i vetri ma non ci fece caso. Corse verso la piattaforma mentre sia Michael che LJ le urlavano di sbrigarsi e poi saltò.

 

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Capitolo 7
*** Espatriare ***


LJ le afferrò la mano mentre saltava sulla piattaforma mobile. Atterrò ma le gambe cedettero e cadde in ginocchio.
“Mettiti questa” disse LJ dando a Sara una cinghia e un'imbracatura. La aiutò a infilarla per le gambe e agganciarla. Intanto Michael faceva scendere la piattaforma più velocemente di quanto fosse effettivamente previsto per una piattaforma così pesante. Quando fu imbragata LJ agganciò il moschettone alla sua imbracatura. Di certo non poteva scendere da sola, aveva una spalla ingessata ed era troppo debole. Poi le chiese se fosse pronta. Lei annuì e lo abbracciò con l’unico braccio rimasto, tenendosi a lui il più forte possibile. Era la prima volta che lo toccava davvero e appoggiò il mento nell’incavo del suo collo. Chiuse gli occhi. Poi la piattaforma iniziò a precipitare. Si schiantò al suolo mentre loro scendevano lasciandosi scivolare sulla corda. Scesero pochi secondi dopo che la piattaforma toccò terra. Avevano frenato la caduta con il moschettone delle imbragature. LJ sganciò Sara che vendendo Lincoln si precipitò verso la macchina. Correva ma sentiva la stanchezza, la fatica, i vetri della finestra le avevano ferito la pianta dei piedi e pensava che sarebbe svenuta dalla paura da un momento all’altro. Anche il ragazzo e Michael corsero. Sucre aprì la portiera della macchina affinché tutti e tre potessero entrare. Sara fu la prima e quasi si lanciò. LJ fu il secondo e infine Michael.
A quel punto si sentì un urlo “SCOFIELD”. Era Mahone, impugnava una pistola e nel suo sguardo c’era collera pura, niente che Sara avesse mai visto. Iniziò a sparare all’impazzata contro la macchina e alcuni degli agenti lo imitarono. Michael chiuse la porta appena in tempo. Lincoln partì sgommando mentre tutti gli altri tenevano la testa più bassa possibile per non essere colpiti. Lincoln sfrecciava veloce tra le macchine e la ragazza cercava di tenersi per non urtare la portiera. Sentiva le sirene lontane.
“si può sapere chi è quello?” chiese Sara
“mi segue da quando ci siamo separati a Tooele, non riesco più a togliermelo di dosso.” disse lui.
Il braccio le faceva male ma non si lamentò.

Nel giro di 10 minuti si trovarono al porto. Scesero tutti dall’auto. Sara si aiutò appoggiandosi alla portiera. C’erano due donne sulla barca che fecero loro segno di sbrigarsi. Sara cercò di percorrere pochi metri di corsa ma era ancora a piedi nudi ed era tutta dolorante e… alla fine il buio.

Il movimento oscillante della barca la cullò mentre riprendeva conoscenza. Si svegliò con tranquillità, Vide una donna seduta sul letto di fianco a lei. Quando vide i suoi occhi aprirsi le sorrise e le chiese come si sentisse.
“scusa non mi ricordo di te..ci conosciamo?” chiese la ragazza
“no non ci conosciamo. Mi chiamo Sara e sono un dottore”
“cosa è successo?” chiese la bionda.
“sei svenuta. Probabilmente per lo spavento. Ti ho fasciato i piedi meglio che potevo, erano tutti tagliati a causa dei vetri. Poi ti ho controllato la spalla e la testa ma anche se l’hai battuta di nuovo sembra che non sia successo nulla di grave.”
“si in effetti mi fa male” disse ridendo. Rise anche la donna. “dov’è Michael?”
“è di sopra non preoccuparti, noi siamo nella stiva”
“siamo su una barca?”
“Si. Stiamo andando a Panama. Da lì spariremo”

“da quanto tempo sono svenuta?” chiese poi.
“sei rimasta addormentata 16 ore” disse lei. “eravamo tutti preoccupati. Ma alla fine meglio così. Hai riposato”
“16 ore?” disse lei incredula “non ho mai dormito così tanto in vita mia”. Poi girò la testa e vide LJ dormire sulla poltrona di fianco al letto. Sgranò gli occhi e la dottoressa capì. “è rimasto qua tutta la notte. Si è affezionato a te: avete più o meno la stessa età e state vivendo lo stesso inferno. Tu rappresenti l’unica persona che lo può capire” disse. Lei annuì.

La dottoressa le chiese se volesse camminare un po’ e poi mangiare qualcosa. Sara si mise seduta sul letto.

Mentre scendeva LJ si svegliò di soprassalto, vide la ragazza, traballante ma in piedi e le sorrise contento. “stai bene Sara?”.
Lei si perse un attimo nei suoi occhi e poi annuì leggermente. “Mi piedi mi bruciano.” disse poi. Lui annuì “avevi dei tagli incredibili. Non sai quanto tempo ci ha messo Sara per toglierteli” poi si alzò e le propose di andare di sopra. Si aggrappò al suo braccio e si tenne mentre saliva le scale. Quando sporse la testa fuori, con gli occhi serrati per evitare la luce abbagliante,tutti si girarono. Michael si precipitò ad aiutarla. Per la prima volta dopo 1 mese e mezzo dalla scomparsa dei suoi genitori si sentì di nuovo amata da qualcuno.

Salì sulla piattaforma in legno della barca a vela. Era abbastanza grande da contenere 7 persone e doveva essere costata un partimonio. Sara abbracciò Michael, che ricambiò con delicatezza per non farle male. Iniziò a piangere “grazie di essere venuto a recuperarmi. Pensavo che sarei finita sulla sedia elettrica” disse bisbigliando nell’orecchio del ragazzo.
“Ti avevo promesso che ti avrei portata a Panama, e io mantengo sempre le promesse.”
Quando si staccò da lui si voltò ed abbracciò anche LJ. Quello fu un abbraccio più forte e più sentito, come se aspettasse da sempre di farlo. “grazie di essere il mio eroe” gli bisbigliò. A quelle parole lui la strinse più forte. Poi si staccò e la guardò. Si guardarono per un attimo poi Lincoln interruppe quel momento appoggiando la sua mano sulla spalla sana della ragazza. Lei sobbalzò, diresse un ultimo sguardo ad LJ e poi si girò ad abbracciare anche suo padre.

Si sedette al tavolo in fondo alla piattaforma con LJ e Sucre. Sucre preparò un panino alla ragazza. Aveva dentro del burro di arachidi e della marmellata. Lei lo ringraziò e mentre mangiava di gusto (era stata a digiuno più di 24 ore) parlò con il ragazzo di Portorico. “Senti è da quando ci siamo incontrati che volevo dirti una cosa… Mi dispiace di essere stata così fredda nei tuoi confronti mentre tu volevi solo consolarmi. Io non volevo essere toccata da nessuno, ero sotto shock e….”
Il ragazzo la interruppe “no problem, chica. é tutto sistemato. Non mi sono offeso”
Lei annuì come per ringraziare e finì il suo panino. Poi disse ai due che ne voleva un altro.

Erano passati 14 giorni dalla loro partenza da Panama City, Michael aveva deciso di viaggiare in acque non territoriali. Non vennero fermati da nessuna barca della guardia costiera e incrociarono solo qualche nave da crociera. Sara era nettamente migliorata. Le ferite ai piedi erano guarite completamente e ora riusciva a muovere la spalla quasi del tutto. La dottoressa, che Sara aveva scoperto fosse la compagna di Michael, le aveva detto di fare un po’ di fisioterapia e provare a muoverla se non sentiva eccessivo dolore. Quel giorno il vento sfiorava i suoi capelli che si era seduta sulla prua della barca a vela. Si erano fermati, dalla loro partenza, diverse volte per fare rifornimento di cibo e di carburante. Il sole splendeva nel cielo. Si ricordò di quel sabato. Si ricordò della semplicità della mattina in cui lei e sua mamma erano andate a fare shopping al centro commerciale e della tragedia della sera, in cui i suoi genitori l’avevano lasciata. Le mancavano entrambi moltissimo, ma cosa poteva fare? Lincoln la raggiunse e le si sedette di fianco. Lei fece in tempo ad asciugarsi le lacrime che le rigavano il volto e sorrise.
“tutto bene?” chiese lui
Lei annuì cercando di sorridere poi il dolore prevalse e iniziò a piangere piano.
Lui le passò un braccio intorno al collo e la consolò.
“Non ti preoccupare tutto si sistemerà. Sarai di nuovo felice” disse lui.
Lei annuì, poi sospirò.
“Avevo una pistola. Avrei potuto difendermi ma non sapevo usarla”
“come avresti potuto? quelli erano killer professionisti. è meglio che tu sia scappata. A quest’ora saresti morta. E non avresti avuto la possibilità di ricominciare. Ora ce l’abbiamo tutti e sette. Cogliamo questa possibilità e ricominciamo.”
Lei annuì, questa volta convinta che Lincoln avesse ragione. Le diede una pacca di incoraggiamento sulla spalla non ingessata e disse “ti voglio in forma per quando saremo arrivati. Devo aprire un negozio di surf e non voglio che la mia commessa sia ingessata come una mummia”
Questo la fece ridere.

Il 18 giorno dopo la loro partenza, arrivarono a Distretto di Colon. La barca entrò come se fosse un sogno nel porto. Tutti erano zitti e non osavano proferire parola. Quando la barca fu attraccata tutti si guardarono. Poi Sucre esplose in un urlo di gioia abbracciando Mari Cruz. Tutti quanti urlarono per la felicità. Erano riusciti ad espatriare.

Scesero dalla barca. Michael indossò lo zaino con i soldi e tutti si radunarono a cerchio intorno a lui.
“Ok, questi sono i vostri documenti.” disse consegnando a ognuno un passaporto falso. Sara ricevette il suo “Abigail Watson, nata nel Maine, il 24 settembre 1995” lesse tra sè e sè. Poi LJ porse la mano alla ragazza “piacere miss Abigail. Il mio nome è Isaac” disse ridendo.
Lei stette al gioco “il piacere è tutto mio mr. Isaac” disse ridendo
“bene ora che avete fatto le nuove presentazioni” disse Michael con un sorriso “ho dei compiti per voi”

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Capitolo 8
*** Una nuova vita ***


Michael restò nel porto per vendere la barca, dovevano sbarazzarsene. Se non fosse riuscito a venderla l’avrebbero semplicemente abbandonata. Era registrata sotto un nome falso quindi non avrebbero potuto risalire al vero proprietario. La dottoressa Tancredi ed LJ andarono a un ristorante d’asporto per prendere il pranzo, Sara, Sucre e Mari Cruz sarebbero andati all’ospedale: Mari Cruz era ormai incinta di 4 mesi e mezzo e non aveva mai fatto un’ecografia mentre Sara doveva farsi visitare la spalla e fare una radiografia. Lincoln invece sarebbe andato a comprare un’auto. Il viaggio non era ancora finito. Da Distretto di Colon avrebbero fatto altri 140 km in macchina per arrivare a Distretto di San Carlos. Era più sicuro cambiare mezzi di trasporto in modo tale da far perdere le loro tracce più facilmente.

 

Sara entrò nell’ospedale con il suo documento falso e la sua falsa assicurazione. Si mise in coda con il biglietto in mano. Quando finalmente giunse il suo turno pagò il ticket e prese l’ascensore per la radiologia. Aspettò in una salettina per circa 10 minuti prima che arrivasse il dottore, poi la fecero accomodare. Le fecero togliere il reggiseno e tutto ciò che, di metallo, poteva interferire con la macchina.
“trattieni il respiro” disse il radiologo.
Chiuse gli occhi e trasse un respiro. Il dottore si mise all’interno della camera, per evitare le radiazioni e pigiò un pulsante.
Poi uscì “bene rivestiti” disse con un sorriso e un americano un po’ azzardato.

Dopo altri 10 minuti in sala d’attesa il dottore la chiamò.
“Bene signorina Watson, la radiografia ha evidenziato che la sua spalla è completamente ricostruita. Posso chiedere che cosa è successo?”
Sara si irrigidì “ho avuto un incidente in macchina e sono andata a sbattere con la spalla contro il cruscotto.” mentì.
Il dottore sembrò convincersi, anche se non del tutto.

“va bene in ogni caso ora le tolgo il gesso. Voglio che stia a completo riposo con questa spalla. Stia attenta ai movimenti azzardati. Per due settimane faccia fisioterapia e la muova, senza sforzare troppo e vedrà anche sarà come nuova”
“va bene” sorrise lei, tirando un sospiro di sollievo.

Uscita dall’ospedale il suo braccio era completamente intorpidito. Vide poi MariCruz e Sucre. Tentò di alzare il braccio ma non ci riuscì quindi li raggiunse.
“Ehy chica ti hanno tolto il gesso?”
“si ma ora è un po’ strano muovere questo braccio. A voi invece che hanno detto”
“è una bambina ed è sana ”
“davvero?” disse Sara entusiasta “sono felicissima per voi” li abbracciò alla fine.


Si incontrarono tutti quanti al porto alle 14. Sara ed LJ avevano preso del sancocho per tutti quanti, uno stufato di pollo e verdure che la dottoressa aveva provato molto tempo prima, in America.

“è buonissimo. Penso sia il cibo mandato dagli Dei”  aveva detto.

Mangiarono tutti di gusto e tutti si congratularono con Sucre e MariCruz. Lincoln aveva comprato un pulmino e Michael aveva venduto la barca a un prezzo stracciato, ma non importava: avevano 5 milioni di dollari in mano. I soldi erano sempre controllati da qualcuno e non venivano mai persi di vista.
 

Il pulmino era abbastanza grande per 8 o 9 persone anche se loro erano solo in 7. Presero le loro poche cose e le caricarono. Sara era al settimo cielo. Si sedette all’ultimo posto. LJ le si sedette accanto e un brivido le corse lungo la schiena. Più il tempo passava più quel ragazzo la affascinava. E ora era quasi sicura che, se prima la considerava soltanto una cotta, ora quel sentimento andava via via crescendo, sempre di più.
Guidò Lincoln. La ragazza si faceva scompigliare i capelli dal vento e guardava fuori dal finestrino. Sentiva finalmente di poter respirare, non si sentiva più oppressa da quella vita da fuggitiva perché finalmente era libera. Un grande sorriso le spuntò sul viso e si rese conto di essere davvero felice.

Arrivarono a destinazione dopo circa 2 ore di viaggio. Scesero un po’ accaldati e si guardarono intorno. Il paesaggio era stupendo, il vento soffiava leggero e c’era poca gente. Era perfetto. Michael parlò: “non posso credere di poter dire queste parole ma….ce l’abbiamo fatta”. Rimasero tutti zitti per un momento e poi esplosero in un urlo di gioia. “Stasera offro io da bere” disse Sucre.
“Va bene amico. Prima però meglio trovare una casa dove stare non ti pare?” disse Michael. Michael aveva già acquistato la casa per lui, Lincoln e il nipote ma non sicuramente per gli altri. Prese le chiavi e le inserì nella serratura. La porta si aprì e una casetta tranquilla e accogliente si mostrò davanti ai loro occhi. “wow” disse la dottoressa Tancredi “non avrei mai pensato a una casetta così bella” disse. Si sedettero al tavolo della cucina. Michael aprì lo zaino con i soldi.
Diede un mezzo milione di dollari a Sucre e Maricruz. Prima lo guardarono con un po’ di imbarazzo per non poter ricambiare il favore ma poi accettarono. Poi diede mezzo milione a Lincoln e mezzo milione ad LJ. Poi si rivolse a Sara
“tieni questi sono per te”. Lei deglutì incredula. Non aveva mai visto così tanto soldi in una volta sola. Guardò Michael negli occhi e poi lo abbracciò. “te li restituirò prima o poi” disse lei.
“non ce n’è bisogno.Sono un mio regalo per te” disse lui. Poi aggiunse “ora però vi consiglierei di andare a comprare una casa e dei nuovi abiti e ...godiamoci questo momento da persone libere”

Dopo aver acquistato un vestito alla bancarella sulla spiaggia e aver fatto una doccia, Sara si incamminò subito per le vie della cittadina. Aveva aspettato LJ, anche lui doveva trovare una casa e voleva trovarne una da sè, ormai era abbastanza grande per vivere da solo. Una piccola palazzina si ergeva sul mare. Un cartello sul cancello indicava che alcuni appartamenti erano in vendita e c’era l’indirizzo di un’agenzia immobiliare. LJ si fermò di fianco a lei “trovato qualcosa?” disse. Lei si girò verso di lui con un sorriso “forse. Mi piacerebbe svegliarmi tutte le mattine con l’oceano sotto la mia finestra e fino ad ora ho visto solo questa casa direttamente sul mare. Penso che chiederò di vederla” disse lei “ci andrò domani mattina...vuoi venire con me?”chiese
Lui annuì.

Quella notte dormirono tutti quanti nella casa di Michael, non potevano fare altrimenti. C’erano 3 letti matrimoniali a disposizione. La dottoressa Tancredi e Michael dormirono insieme, la stessa cosa per Sucre e Maricruz. Restava un letto solo.
Sara si offrì di dormire sul divano. Si sdraiò supina e fissò il soffitto. Sentiva le onde del mare e il vento che soffiava leggero. Si addormentò così e dormì per 10 ore.

LJ le mise una mano sopra la spalla svegliandola di soprassalto. Non era abituata a dormire così tanto e in tutte quelle settimane passate a dormire dove capitava si era rilassata troppo. La luce entrava dalla finestra: dovevano essere le 9 del mattino circa.
Si strofinò gli occhi “è successo qualcosa?” gli chiese.
Lui rise “no tutto tranquillo Sara. Sono le 8:30 e sto uscendo a fare colazione. Mi chiedevo se volessi venire con me. Vorrei parlarti”
Il suo cuore prese a batterle forte nel petto.
“emh...ok. Lasciami il tempo per lavarmi i denti e farmi una doccia di 5 minuti” disse alzandosi di scatto.
Quei 5 minuti durarono circa 2 minuti. Era così agitata che si lavò i denti direttamente in doccia. La stava per invitare ad uscire? oppure era tutto frutto della sua immaginazione. Si infilò un altro vestito che aveva comprato il giorno prima e uscì dal bagno.
“wow. hai fatto in fretta. Ho scritto un messaggio agli altri.”
“ok andiamo” disse lei, cercando di sfoderare il miglior sorriso che avesse mai avuto.

La spiaggia a quell’ora era piena di pescatori. Si avviarono al chiosco e ordinarono un frullato al mango e un dolce tipico della zona. LJ le chiese di sedersi sulla sabbia. Sara non aveva mai smesso di guardarlo per tutto quel tempo e aveva la bocca arida come un deserto. Si sforzò di bere un sorso di frullato che mandò giù a fatica.
LJ quella mattina aveva i capelli biondi scompigliati dal vento e i suoi occhi avevano cambiato colore, come tutte le persone con gli occhi chiari.
Sara non resistette più “allora di cosa mi volevi parlare?” chiese
“emh ti volevo chiedere una cosa. Tu mi piaci”
Sara, che stava bevendo il frullato, strabuzzò gli occhi e mandò giù a fatica quel sorso
“ah si?” riuscì a dire
“Vorrei portarti fuori una di queste sere..sempre che ti vada sia chiaro”

“c-certo che mi va. Io…” disse poi. Ora lo guardava più intensamente e il suo sguardo passò al suo mento e alla sua bocca. Si fece più vicina. Voleva davvero uscire con lui. Anche lui si avvicinò di poco, impercettibilmente, finchè non furono separati da pochi centimetri.
“io..” disse di nuovo
“EHY RAGAZZI?!!?” urlò una voce. Si staccarono in preda al panico pensando che li avessero riconosciuti. Era soltanto Lincoln che dietro di loro li chiamava. Sara si girò verso il mare e mise entrambe le mani davanti al viso “se tuo padre ci ha visti, ci prenderà per il culo a vita. Lo sai vero?” disse Sara soffocando una risata. LJ si portò la mano dietro la nuca per la vergogna. Poi si girò e urlò al padre che stavano arrivando.

 

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