Eden (Larry)

di Thebravest666
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2. Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3. Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4. Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1. Capitolo ***





I bagni dell'Eden avevano la fama di essere posti in cui si andava solo per sesso e scambio di droghe, mia madre me lo ripeteva sempre prima che il Sabato sera ci andassi.
"Louis, io mi fido di te, non mi fido degli altri. Se devi andare in bagno, esci e va nei bagni pubblici. Non ti costa nulla, non farmi stare in pensiero."
Mi faceva quasi pena pensarci mentre ero inginocchiato sul pavimento del bagno con la testa fra le gambe di una ragazza, o mentre fumavo erba seduta dove le piastrelle sembravano ancora pulite.
Ero fatto così, vivevo tutto come se fosse stato l'ultimo giorno e non me ne pentivo per niente. Amavo la mia vita, era un groviglio di emozioni, impagabile.
Era un Sabato di metà Maggio quando la mia vita venne rovinata per sempre, eravamo all'Eden, come sempre seduti nei bagni con una sigaretta fra le labbra e una birra fra le mani; Juan e Eva ormai erano talmente presi a baciarsi che per un attimo credetti di vedere la lingua di Eva attraverso la guancia di Juan, Charlotte invece era con la testa poggiata sulla mia spalla che raccontava di quanto fosse bello il ragazzo
che le aveva offerto da bere un' ora prima e io stavo fissando un punto indefinito del bagno, sorseggiando la mia birra, come se non avessi bevuto cosa migliore in tutta la mia vita.
Quella sera dentro ai bagni faceva particolarmente caldo, e per quanto i miei vestiti fossero leggere, mi sentivo soffocare. 
"Lottie, esco un attimo che non mi sento molto bene."
E da una parte era vero, sentivo il mio stomaco aggorigliato su se stesso e una strana sensazione avvolgeva il mio corpo, scartai subito l'opzione dell'alcool, visto che avevo bevuto effettivamente poco, per stare così male.
Fu' così che alle due e mezza del mattino mi ritrovai seduto su un marciapiede poco distante dalla discoteca a rimettere tutto ciò che il mio stomaco conteneva, i miei occhi erano pieni di lacrime di dolore mentre la mia gola bruciava terribilmente. Nelle orecchie potevo ancora percepire i bassi della musica proveniente dal locale e questo fece aumentare la mia nausea. 
Accasciatp sul marciapiede, con la testa fra le gambe e gli occhi serrati fui sicuro di avere una malattia terminale dovuta a tutte le sveltine fatte con delle sconosciute negli utlimi anni, quasi mi venne da ridere a pensare alla faccia di mia
madre quando mi avrebbe scoperto.
"Ehi, scusa, ti vedo un po' in difficolta. Tutto apposto?
In una piccola frazione di secondo credetti di avere avuto le alluccinazioni, ma quando alzai lo sguardo di qualche centimetro incontrando un paio di stivaletti marroni a qualche metro da me, dovetti ricredermi.
Sospirai e con grande sofferenza alzai la testa, scontrando il mio sguardo con il suo. Per un attimo rimasi senza parole e sentii la mia autostima calare a livelli imbarazzanti.
Giurai di non aver mai visto delle labbra così. 
I suoi grandi occhi verdi mi scrutavano leggermente impauriti, passavano da me al mio vomito, pochi metri lontano da noi, la sua mano si muoveva su e giù lungo i capelli ricci e scuri legati alla base della testa con una bandana blu.
Sorrisi automaticamente, non seppi spiegarmi nemmeno io il motivo, ma quella visione mi fece sentire subito meglio, rigenerato.
"Insomma, non credo nemmeno più di riuscire ad alzarmi.
Spiegai imbarazzato, schiarendomi la voce, non volevo sembrare un' tossico dipendente dopo un rave party, anche se probabilmente quell'impressione già l'avevo fatta.
Lui spalancò ancora di più gli occhioni e si avvicinò maggiormente a me, chinandosi poi alla mia altezza, la smorfia che fece quando i nostri occhi si incrociarono per la seconda volta, mi fece sentire a disagio.
"Oddio, cos'è successo? Ti serve un po' d'acqua?
Sorrisi nuovamente sentendo la preoccupazione nella sua voce, adorabile, ecco come l'avrei definita dalle prima due frasi scambiate. Se fosse stata un altra persona e un altro momentro probabilmente mi sarei comportata diversamente
ma guardando la bottiglia finita di birra accanto alle mie gambe l'unica cosa da fare mi sembrava accettare.
"Ero in discoteca con delle mie amiche, non mi sono sentito molto bene e volevo fare due passi, ma sono arrivato fino a qua e ho vomitato anche l'anima, e si grazie, vorrei dell'acqua."
Lo vidi armeggiare per qualche istante nella sua borsa di tela bianca e poi mi porse una bottiglietta d'acqua naturale, che presi e bevvi con foga, come se non bevessi da anni.
Gli scappò una piccola risatina nel vedermi così, cosa che mi fece sentire ancora più in imbarazzo di quel che ero già, mi sentivo malissimo.
"Comunque, piacere Harry.
"Louis."
Dopo avergli ridato la bottiglietta d'acqua e averlo ringraziata a dovere, presi il mio cellulare dalla tasca e premetti il tasto della home; dovevo assolutamente chiamare Charlotte, Eva o Juan.
Nero. 
Lo schermo del mio cellulare rimase nero anche dopo la seconda volta che premetti sul pulsante, mi venne quasi da piangere per la situazione in cui mi trovavo.
"Fanculo." 
Mi lasciai andare ad un urlo liberatorio e lanciai, letteralmente, il cellulare qualche centimetro più in la, mi portai le ginocchia al petto e poggiai il mento su esse, respirando pesantemente.
Le opzioni erano due:
-Tornare all'Eden e cercare i miei tre amici fra 800 persone.
-Convincere Harry a portarmi a casa sua.
Entrambe erano complicate, ma non sarei rimasta mai e dico mai a dormire su un marciapiede alla periferia di Valencia, ero spericolato ma non fino a quei livelli.
Quando però il ragazzo anticipò le mie parole, ebbi paura che mi potesse leggere nel tempo.
"Se vuoi a casa mia ho un caricatore, abito a due passi da qua, davvero."
Non serve che sto a spiegarvi che il cellulare non l'ho usato e che ho dormito lì.
Così alle quattro e mezza, ancora post-sbornia ero seduto a gambe incrociate sul suo divano di pelle nera e fra le mani impugnavo una tazza di te caldo, guardandolo fare lo stesso proprio difronte a me.
"Non so veramente quante volte ringraziarti, mi hai salvato la vita.
Rise e la sua risata fu' una delle cose più belle mai sentite, pura e cristallina, un po' come lui, si perché in quelle poche ore passate insieme avevo già capito che persona fosse.
Una di quelle di cui ti puoi fidare ciecamente, quelle persone timide e senza palle che si fanno mettere i piedi in testa da chiunque, il mio contrario, ecco.
"Ma figuarti. Mi serviva un po' di compagnia, da quando mi sono trasferito qua non ho fatto nessuna amicizia."
Mi spiegò mentre con la mano destra girava il cucchiaino, più che per lo zucchero, per l'imbarazzo.
Annuii e mi misi in posizione fetale, sorseggiando il te bollente le chiesi perché si era trasferito qua senza la sua famiglia.
"Non vedevo l'ora di andarmene da Londra e dai miei genitori, e appena ho compiuto 18 anni ne ho approfittato. In più studiavo Spagnolo da anni, mi sono avantaggiato. Con i miei non ho mai avuto un buon rapporto, non hanno mai accettato il mio.." Si fermò un attimo e mi guardò supplicante, prima
di continuare. "Essere omosessuale."
A seguire di questa frase ci fù un attimo di imbarazzo generale, mi trovavo spiazzato, per la prima volta nella mia vita senza parole. Non sono mai stato omofoba, ma ho sempe pensato agli omosessuali come un'altro mondo. Mi chiedevo come 
non si potesse amare la vagina, cazzo.
Respirai profondamente e mi limitai ad annuire, osservandolo nel suo imbarazzo. 
Si stava morsicando con violenza le pellicine delle dita e il suo sguardo era fisso sulle sue ginocchia, credetti di averlo vista tremare ma probabilmente l'alcool era ancora in circolo.
Allungai una mano sul suo ginocchio per tranquillizzarlo ma ebbe come un fremito sotto al mio tocco, allora tolsi la mano e inclinai la testa di lato, confuso.
"Scusa, non amo essere toccato." Non mi disse altro per quella sera.
Ci addormentammo lì, abbracciati come vecchi amici ad un pigiama party, le mie gambe incrociate fra le sue, la mia testa nell'incavo del suo collo e i nostri respiri rotti fra di loro.

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Capitolo 2
*** 2. Capitolo ***


                                              
   Ringrazio di cuore:  CaptainPayne, che ha fatto per me questo bellissimo banner. Passate da lei e dalle sue bellissime storie.






 
La mattina seguente decisi di offrire ad Harry una buona colazione nel bar più rinomato di Valencia, dovevo ripagarlo di quello che aveva fatto pr me e poi non mi dispiaceva passare del tempo con lui.
Poggiai la tazza del caffè sul tavolino e dopo essermi leccato le labbra, rimasi ad ammirare il volto sconvolto del riccio per qualche istante.
"Harreh." Lo provocai, ridacchiando. "Se non bevi quel cappuccino si raffredderà."
Scosse la testa, come per riprendersi e meccanicamente prese la tazza tra le sue mani -enormi.- e sorseggiò il fluido scuro contenente in essa.
"Non puoi capire, non sono mai stato in un posto del genere. Louis, chissà quanto costerà, non posso permetterti di pagarmi la colazione."
"Se non chiudi quella cazzo di bocca ti giuro prendo la brioche e te la spingo giù in gola."
Nonostante ci conoscessimo da poco più di 15 ore, mi sentivo in sintonia con lui, come se ci conoscessimo da anni.
I suoi occhioni si spalancarono leggermente e subito dopo scoppiò in una fragorosa risata che fece voltare due o tre clienti del locale; si vedeva che non era mai stato in quel genere di locale, comunque.
I miei occhi cadderò sulle fossette ai lati della sua bocca e senza nemmeno farci caso mi afferrai il labbro fra i denti, stringendolo lentamente.
Era davvero bello, pensai affondando i denti nella carne del mio labbro, non che fosse il mio genere di persona, ovviamente io ero etero al 100%.
 
 
"Hoo, Like a virgin
Touched for the very first time
Like a virgin
When your heart beats
Next to mine
Gonna give you all my love, boy
My fear is fading fast
Been saving it all for you
'Cause only love can last
You're so fin-"
 
"Pronto?"Risposi passandomi una mano sul volto per evitare l'imbarazzo dovuto alla suoneria, Harry rise ma si poi limitò a mandarmi un occhiata con troppi doppi sensi.
"Lou! Oddio, sono stata in pensiero per te tutto la serata, dove stracazzo eri finito? Mi hai fatto prender-"
"Lottie, stai calma. Respira, respira, ecco brava. Sono stato a dormire a casa di un amico e avevo il cellulare scarico, scusa."
"Vaffanculo, Louis."
 
Mi attaccò in faccia senza nemmeno farmi replicare, odiavo quel lato protettivo e permaloso della mia amica, nemmeno mia madre si allarmava così tanto.
Diamine, avevo 24 anni.
Posai finalmente lo sguardo su Harry che era intento a immergere un biscotto nel suo cappuccino, probabilmente aveva ascoltato tutto ma la sua timidezza non gli permise di
fare domande e lo ringraziai mentalmente.
"Mi è piaciuto passare un po' di tempo con qualcuno, non chiacchieravo così tanto da mesi ormai."
Mi si scaldò il cuore a sentirlo parlare in quel modo, era un bambino catapultato nel mondo degli adulti.
"Anche a me è piaciuto stare con una persona così tranquilla, non i soliti amici alcolizzati, per intenderci." Ammisi ridacchiando per poi continuare la frase. "Se vuoi potremmo scambiarci i  numeri di cellulare,
così, per fare amicizia, magari ti presento anche alla mia compagnia e qualche volta puoi venire con noi all'Eden."
Fui sincero in quella frase, mi trovavo bene con lui, era come aver ritrovato dopo tanto un amicizia persa in precedenza, una sensazione difficile da spiegare, mi sentivo bene.
Sorrisi quando lo visi arrossire leggermente sulle gote e annuire freneticamente, come un bimbo a cui offri un gelato.
Quella mattinata terminò così, lo ringraziai e gli diedi il mio numero, per poi sparire fra le nebbia delle strade trafficate.
 
---
 
Quando tornai a casa mia, verso l'ora di pranzo, mia madre mi accolse a braccia aperte, saltandomi quasi al collo. Ovviamente, Charlotte non aveva chiuso la bocca e le aveva raccontato tutto, così, io Louis Tomlinson
ventiquattrenne adulto e vaccinato dovetti sopportare un ora e mezza di discorso su quanto fosse pericoloso andare a casa degli sconosciuti e bla bla bla.
"Louis, mi sono preoccupata tantissimo e dovrei ringraziare Charlotte perché almeno lei mi ha avvisata, se fosse stato per te a quest'ora sarei già morta di crepa cuore."
Ridacchiai amaramente, non aveva torto, in tutti questi anni ne avevo combinate di cotte e di crude, ma lei era sempre stata lì a sostenermi, e infondo al mio cuore mi sentivo uno schifo di essere umano per questo.
Dopo averla fatta calmare, riuscii a sgattaiolare in camera mia, mi lanciai sul letto e in un batter d'occhi mi addormentai.
 
 
5 Mesi dopo.
 
 
 
 
 
"Allora, stasera che fate?" Digitai in fretta e furia sullo schermo del cellulare, lasciandomi sfuggire un colpo di tosse finale, ovviamente a inizio stagione nessuno mi aveva risparmiato
una bronchite; figuriamoci.
"Andiamo all'Eden, Lottie vuole portarmici, finalmente! xx H."
Sospirai affranto, in effetti io e Harry ormai eravamo quasi migliori amici, ed era riuscito a farsi integrare perfettamente nella mia compagnia, ma il fatto che la prima volta all'Eden di Harry non fossi presente 
mi urtò parecchio. 
Non che fossi un tipo geloso, diciamocelo, ma mi sembrava una cosa importante, almeno per me lo era, quindi questa cosa di non essermi mi bruciava.
Non risposi e dopo una buona mezz'ora mi arrivò una chiamata da Harry, come programmato.
 
"Pronto?"
"Lou, perché non mi rispondi? Che succede?"
"Niente."
"Louis."
"No, Harry, niente, davvero."
"Louis, ti prego." Piagnucolò il riccio dall'altro capo del telefono e me lo immaginai mentre si girava un boccolo intorno all'indice, supplicandomi.
"E' che mi urta che tu vada all'Eden per la prima volta senza di me."
Silenzio.
Ci furono diversi secondi di silenzio in cui pensai di aver sbagliato parole o chissà cos'altro, ma poi parlò.
"Ohw...Allora disdico tutto."
"Non occ-"
"No, Lou, non voglio che tu ti arrabbi con me, quindi ora attacco  e fra mezz'ora sono sotto a casa tua con una vaschetta di gelato alla Victoria Sandwich."
"Inglesino, si chiama gelato alla torta margherita."
"Ciao, Lou."
"Ciao, Harreh."
 
Appena lasciai cadere il cellulare fra le mani, mi sentii come liberato da un peso enorme.
Non capivo perché fossi così attaccato sentimentalmente a Harry, ma ormai era come nella routine di tutti i giorni e gli volevo bene.
I successivi minuti li passai disteso a pancia in giù sul letto, pensando a quanto la mia vita fosse ingiusta; Sapevo che all'Eden quella sera ci sarebbe stata anche Vanessa, e dio solo sa quanto ci avrei visto bene un cazzo in quelle labbra.
Scossi la testa pensando che un'erezione non fosse molto adatta per quel momento, ma il riccio mi salvò, un'altra volta, suonando al campanello.
Sentii mia madre aprirgli la porta e le gambe da giraffa di Harry gli  permisero di essere da me in meno di qualche secondo.
"Louis, Louis, Louis."Urlò appena fu dentro la camera, facendomi girare di scatto.
I suoi occhi erano pieni di gioia e stringeva fra le mani un pezzo di carta, forse un volantino, mentre nell'altra mano teneva il sacchetto con dentro il gelato, ormai rovesciato, visto che la scatola era al contrario.
Non dissi nulla, visto che in pratica mi saltò addosso; si lanciò sul letto, distendendosi sopra di me, e poggiò i gomiti ai lati della mia testa. Fu buffo come i miei piedi arrivavano alle sue ginocchia. Ero un nano.
"Non puoi capire, ho trovato questo volantino dal gelataio e oddio, guarda guarda."
Fui assalito da troppe emozioni in un solo minuto per leggere il volantino che mi lanciò sul volto, si stava agitando troppo sul mio corpo, per i miei gusti.
Non che mi stesse piacendo, sia chiaro, però mi destava una sensazione strana, mi scaldava l'interno del corpo, ecco.
"Harreh." Quando mi resi conto di come le mie parole uscirono dalla bocca, smisi di respirare. Avevo appena ansimato il suo nome e questo lo fece arrossire violentemente e rotolare via da me.
Deglutii, socchiusi gli occhi per un attimo e mi scusai per il me interiore, non doveva sembrare così da gay, perché poi io non lo ero, quindi queste paranoie erano veramente inutili.
Afferrai il volantino e lo lessi attentamente.
 
"All'Eden per la prima volta:
LGBT night.
14 Ottobre, 21:00 pm."
 
L'imbarazzo di qualche istante prima era andato a scemare, così il ragazzo si precipitò accanto a me e spalancò gli occhi, sporgendo poi il labbro inferiore verso fuori.
"Lou, ti prego, tu devi accompagnarmici. Ti prego." 
"No, non verrò a quella cosa da froci."
Era abituato a sentirsi chiamato così da me, lo facevo scherzosamente, ovviamente.
Non so come e perché ma il 14 Ottobre mi ritrovai fuori dal locale, imbronciato e influenzato mentre il riccio accanto a me fremeva d'emozione. 






Saalve, salve.
Allora prima di iniziare vorrei ringraziare di cuore Capitan Payne per avermi creato il banner e per essere stata così gentile con me, assolutamente e vi consiglio di andare a leggere una sua storia perché veramente è moolto bella.
Passando a noi, ho aggioranto il più presto possibile e spero di vedere più recensioni rispetto la scorsa volta.

Baci.

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Capitolo 3
*** 3. Capitolo ***


                                         
 

Questo capito è interamente dalla prospettiva di Harry, se non vi da fastidio come cosa, potrei fare qualche capitolo con la sua prospettiva qualcuno con quella di Louis, ditemelo voi.


 
Odiavo i temporali con tutto me stesso, non sopportavo i fulmini che squarciavano il cielo in due o i tuoni che facevano tremare le finestre, tutto ciò mi faceva stare in ansia,  non che non lo fossi già di mio, eh.
Quella sera  nessun capo mi andava bene; la t-shirt bianca mi faceva sembrare terribilmente grasso, i jeans neri mi appiattivano il sedere e per finire gli stivaletti  marroni mi facevano sembrare il big-foot.
Scossi la testa frustrato e mi lanciai a peso morto sul letto, tempo dieci minuti e Louis sarebbe dovuto passarmi a prendere e sentivo già il cuore uscire dal petto, perché sì, ormai credevo fosse palese che avevo una cotta per lui da quando i nostri occhi si erano incrociati.
Dio solo sa quante volte mi sono trattenuto da ficcarli la lingua in bocca o mettergli la mano sul sedere, dio, quel sedere.
Mi morsi il labbro al solo pensiero del suo sedere stretto nei boxer grigi di Calvin Klein e sentii un caldo famigliare avvolgermi il ventre; respirai profondamente e cercai di pensare ad altro, per il mio bene.
Louis si dichiarava etero ma i porno gay nella cronologia del suo cellulare gli avevo visti ben tre volte, diamine.
Feci schioccare la lingua sul palato e mi passai una mano fra i ricci, scompigliandoli, quando poi sentii il clacson dell'auto di Lou non ebbi nemmeno il coraggio di riguardarmi una seconda volta, sennò non sarei mai andato all'Eden quella sera.
In realtà, dal profondo del mio cuore, io non ci volevo nemmeno andare a quella festa, era una palese scusa per fingermi ubriaco e provarci con lui.
Entrai in auto correndo, visto che l'umidità della pioggia avrebbe rovinato i miei fantastici ricci, e sembrare un barboncino non era un'opzione allettante. Per niente.
"Harreh, allora, emozionato?" Domandò ingranando la marcia e partendo, osservava la strada con attenzione, mandandomi però qualche occhiata ogni tanto.
Annuii vigorosamente e cominciai a tamburellare le dita sul cellulare, era dannatamente bello.
Indossava dei jeans nuovi, neri e aderenti, immaginai già come il suo culo doveva apparire con quelli addosso e fui tentato da fermare l'auto solo per farlo scendere.
"Anche io! Non vedo l'ora di scoparmi qualche ragazza bisessuale, magari poi ci scappa una cosa a tre."
Stronzate, Louis, stronzate.
Non nascondere il frocio che c'è in te.

"Oh? Davvero? Mh. Speriamo bene." Ironizzai palesemente sulle mie stesse parole, facendolo così inarcare le sopracciglia, confuso.
Mi venne quasi un  mancamento quando scendemmo dall'auto, oltre al suo culo stupendo, c'era tantissima gente palesemente gay.
Tutta quell'atmosfera mi fece sentire a casa,  nessuno aveva paura di  quel che era, tranne il nano accanto a me, lui si cagava proprio sotto.
"L-Lou?" Lo richiamai mentre ci mettevamo in fila, respirai profondamente prima di iniziare a parlare. "Prometti di non lasciarmi solo? C'è tanta gente, sai che ho paura."
Nonostante mi sentissi bene con me stesso, c'era ancora una piccola parte di me che rimuginava sul passato e che non mi permetteva di vivere come volevo, facendomi tornare paure infantili.
Deglutii rumorosamente quando Louis allungò una mano sfiorando la mia, poi la strinse forse e intrecciò le nostre dita; non disse nulla, ma quel gesto bastò.
Mi fidavo di lui più che di qualunque altro.
Dopo una lunga mezz'ora in fila riuscimmo ad entrare; il locale era enorme, spazioso e pulito, in più la pista da ballo occupava più di trequarti della struttura, il resto erano divanetti ornati da adesivi color arcobaleno, palesemente messi su solo per  la serata.
Inizialmente ci sedemmo su uno dei divanetti, parlammo come non mai quella sera, Louis criticava tutti per i loro modi troppo eccentrici di essere vestiti e disse una frase ricca di troppi doppi sensi: "Se uno è gay non lo si vede mica per come è vestito o come si comporta, ci sono anche dei gay che si comportano in maniera virile."
Erano le due e mezzo quando finalmente la musica cominciò ad alzarsi e la pista a riempirsi; avevo già bevuto tre o quattro drink e avevo il cervello a puttane, letteralmente.
Vedevo tutto come se fosse stato a rallentatore, le persone oscillavano come le pareti e la musica si sentiva sempre più in lontananza.
"Lou, andiamo a ballare?" Mi avvicinai al suo orecchio e sfiorai con la bocca il lobo di essa, per poi scendere con la bocca lungo la sua mandibola; la leggera barba incolta che aveva mi gratto leggermente il labbro  inferiore, facendomi poi sorridere.
Da sobrio non avrei mai fatto una cosa del genere, ero così timido e impacciato.
Tremò sotto al mio tocco ma poi si spostò, mi afferrò l'avanbraccio e mi trascinò in pista, scostando con violenza alcune persone.
I bassi di "Born this way" andavano a ritmo con il mio cuore, tutta quella situazione mi diede una carica di energia potentissima, mi sentivo rinato.
Ballai come non avevo mai fatto, mi sentivo libero di essere quello che ero, Louis invece era rigido come un tronco, si guardava intorno e muoveva leggermente le ginocchia a ritmo di musica.
La situazione durò circa un oretta, finché io presi la situazione in mano e mi avvicinai pericolosamente alle sue labbra, facendolo indietreggiare, feci scorrere il labbro sul suo  mento fino ad arrivare all'orecchio.
"Vuoi qualcosa da bere?"
Quando annuì sentii il mio cuore scoppiare di felicità, non vedevo l'ora di farlo ubriacare per farlo sciogliere del tutto, non che volessi approfittarmi di lui, eh.
"Aspettami qui."
Sparii tra la folla, spintonando qua e la qualche ragazzo, raggiunsi il barman e ordinai due bicchieri di vodka liscia.
Aspettai parecchio, vista la caterba di gente che voleva ordinare, ma non avevo fretta, il mio cuore era in pace, mi sentivo bene, dannatamente bene.
Mi sentivo come un bambino che stava per scartare il regalo di Natale, sapendo già che sotto alla carta rossa e argento c'è il gioco che tanto desidera.
Perché sì, Louis era un desiderio, per me, lo era stato fin da troppo e quello era il momento adatto; doveva capire che non c'era nulla di sbagliato in ciò.
"Grazie mille." Afferrai entrambi i bicchieri con una mano e cominciai a farmi spazio fra le persone, nuovamente.
Arrivai finalmente dove avevo lasciato il mio amato e il mio cuore smise di battere quando non lo trovai lì, non era dove gli avevo detto di aspettarmi.
Cominciai a innervosirmi e a cercarlo fra le persone, sbattendo in continuo addosso a schiene o tette, rovesciando così quasi tutto il contenuto dei bicchieri.
Dieci minuti dopo entrai in panico; ero solo, quando gli avevo chiedo si stare con me, ero senza di lui e i miei piani erano andati a farsi fottere.
Sentii il naso pizzicare e la gola chiudersi ma lottai contro me stesso, quella serata non doveva finire così, non poteva, io non volevo tornare il solito Harry Styles di sempre, quello fragile e impacciato.
Quando una mano mi toccò con violenza il sedere, facendomi sobbalzare, mi voltai e lo guardai scioccato; non ero pronto ad un abbrodaggio del genere e sinceramente non volevo nessuno se non Louis.
Mi allontanai frettolosamente dal ragazzo, correndo verso i bagni; avevo bisogno di rinfrescarmi.
Entrai nei servizi e poggiai i palmi delle mani sul lavello, cercando di prendere fiato, il colorito della mia pelle era biancastro, tranne gli zigomi che erano color rosso fuoco, gli occhi invece risultavano rossi quando le guance; sembravo fatto.
I miei pensieri vennero interrotti bruscamente da dei gemiti, provenienti dall'ultimo dei bagni; mi venne quasi da ridere, che squallore fare del sesso orale in un bagno.
Sapevo che un ragazzo stava facendo un pompino ad un altro, sentivo chiaramente i versi e i rumori di esso.
Scossi la testa frustrato e mi sedetti sul lavandino, per sbaglio però urtai con il gomito lo specchio, facendolo muovere e fare un fracasso assurdo.
Incassai la testa fra le spalle e arrossi quando sentii i due ragazzi agitarsi e sistemarsi dentro al bagno, sentendomi probabilmente avevano preso paura e per non rischiare uscirono.
Appena il più basso uscì, pulendosi la bocca con il dorso della mano, sentii il mio cuore spezzarsi in diecimila piccolissimi frammenti.
Avete presente quando sperate così tanto in una cosa, ci arrivate quasi, ma poi succede quell'imprevisto e mandate tutto a farsi fottere? Ecco, mi sentivo così.
Mi ero pietrificato, avanti a Louis, quest'ultimo rimase a fissarmi con occhi sbarrati e bocca leggermente schiusa, mentre il ragazzo alle sue spalle uscì di corsa dai bagni, imbarazzatissimo.
Eravamo uno difronte all'altro, senza dirci niente, immobili, il suo sguardo era ancora carico di eccitazione e spavento e questo mi fece esplodere.
Sentii le lacrime scorrere lungo le mie guance e stavolta non feci nulla per fermarle, il labbro cominciò a tremare assieme alle spalle; lo guardai un ultima volta prima di correre fuori dalla porta antincendio.
Corsi per metri, forse chilometri, finché le mie gambe smisero di funzionare e caddi a terra, la mia faccia sbatté sull'asfalto umido e le mie ginocchia bruciarono, ma ogni cosa sembrava essere ferma.
Non mi alzai, rimasi lì tutta la notte, a fissare il vuoto e a pensare.
La cosa che mi fece più male di tutta la cosa è che lui aveva preferito un'altro a me, non solo aveva tradito la sua promessa di non lasciarmi solo, ma aveva preferito sperimentare con un altro la sua prima volta che con me.
Questo mi spezzava il cuore, mi faceva voglia di alzarmi solo per andare da lui e prenderlo a pugni, fino a farlo sanguinare, ovviamente non lo chiamai nemmeno quella notte, rimasi a dormire lì, sul marciapiede a quindici isolati 
lontano da casa mia, senza sapere dove andare e con il cuore spezzato.
Il vecchio Harry Styles era tornato.


Babies, salve.
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento e spero che qualcuno lasci una bella recensione, sta volta.
Bacionesss.


 
 

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Capitolo 4
*** 4. Capitolo ***



LEGGETO LO SPAZIO AUTRICE, MOLTO IMPORTANTE.

 
Ad un certo punto, nella vita, arriva quel momento in cui non puoi fare altro che affrontare il problema alla radice, non puoi continuare a ignorarlo perché prima o dopo questo ti arriverà contro e manderà tutto a puttane.
E io lo sapevo che era giunto il momento di mettersi l'anima in pace e di pensare chiaramente a me stesso e a cos'era successo con Harry nei bagni della discoteca, ma il mio ego me lo impediva.
Era passata una settimana buona da quel giorno, il riccio non si era fatto sentire e io non avevo provato a cercarlo, andava bene così, passavo ogni notte all'Eden e la giornata seguente la dormire.
Non volevo avere tempo per pensare, nonostante volessi correre da Harry e urlargli in faccia chiedendogli spiegazioni; anche se infondo mi sembrava tutto palesemente chiaro.
Ero sempre stato testardo, cocciuto ed egoista, ma fu una mattinata di Ottobre quando crollai definitivamente.
Ero appena tornato a casa dall'Eden, ancora post-sbornia, mi distesi sul divano, lasciando a penzoloni una gamba e portandomi la mano sinistra sulle tempie; non c'era nessuno in casa, mia madre e mio padre facevano i turni serali e mia sorella era fuori con Daniel, il suo fidanzato.
Si dice che se ignori i problemi questi si ingigantiranno sempre di più e mano a mano ti faranno cadere a pezzi e in quel momento, capii di essere arrivato al limite.
Sboccai un paio di volte quella mattina, sentendo ancora il sapore di Zan, Zay, Zayn o come diavolo si chiamava, sulle labbra, era un miscuglio di rum e fumo, mi fece rabbrividire pensarci di nuovo.
Mi sentii improvvisamente vuoto, senza Harry, mi mancava veramente averlo vicino e mi sentii ancora più un verme schifoso quando capii di averlo fatto soffrire, ogni notte mi apparivano i suoi occhioni verdi e lucidi, le sue labbra ormai bagnate dalle lacrime e mi sentivo come se qualcuno mi desse in continuo colpo violenti allo stomaco.
Non volevo dimenticarmi di lui, volevo che lui si dimenticasse di me. Avevo capito che lui era terribilmente cotto di me, lo avevo capito fin da subito, ma avevo cercato di reprirmere ogni allarme che me lo faceva notare. 
La goccia che fece traboccare il vaso fu quella sera quando capii cosa voleva fare, quando ci provò così spudoratamente e l'unica cosa che mi saltò in mente di fare fu farmi trovare di proposito in bagno con un altro, per fargli capire come stavano le
cose.
Non volevo farlo soffrire in quel modo, non volevo allontanarlo da me così, volevo solo che capisse, capisse che io non ero pronto ad una cosa del genere, non ero pronto e basta.
"Non sono nemmeno gay, dannazione."  Borbottai a me stesso, mentre prendevo nuovamente la giacca dal pavimento. Non ero gay, ero solamente libero, ecco, libero da ogni etichetta data dalla società, mi divertivo e basta. E si, mi ci era voluta una sbornia per capirlo. 
Afferrai la mia giacca di jeans dal pavimento e barcollando uscii di casa, sapevo di essere ubriaco e puzzare di erba, sapevo anche di stare barcollando e ma quello che non sapevo era dove stavo andando.
Camminai per ora sul lungo mare di Valencia, scalzo e fatto, tremendamente fatto, mentre cantavo "I'm yours''. sperai vivamente di non incontrare nessuno di mia conoscenza, giusto per non perdere l'unico briciolo di dignità rimasta.
Erano le sei e mezza del mattino quando mi ritrovai sotto casa di Harry a battere i pugni ripetutamente contro la porta e ad urlare "Harry Styles, ti giuro che se non esci da lì, ti pesto." e si, quando la porta si aprì, caddi violentemente sul pavimento di legno.
Rimasi con la testa china per alcuni secondi per poi, alzarmi da terra e parlare, finalmente.
"Harry, mi d-" Le parole mi morirono in gola quando incrociai degli occhi verdi come i suoi, ma non i suoi.
Erano belli, dio, ma non erano quelli di Harry, erano meno vivi e non avevano quelle deliziose ramature color oro in mezzo, avrei poi scommesso che al sole non sarebbero mai diventati più chiari come i suoi.
Mi morsi il labbro mentre squadravo quella che sembrava una ragazza, avanti a me, era la copia di Harry con i capelli lunghi. La trovai quasi inquietante e questa cosa fu parecchio esilarante per me visto che mi piegia in 
due dal ridere, mentre lei mi guardava fra lo scioccato e l'arrabbiato.
"Ehm. Si. Tu devi essere Louis, mio fratello mi aveva detto che eri un tipo strano ma non credevo fino a questo punto. Comunque Harry non vuole veder-" 
La bloccai io, posandole un dito sulle labbra con nonchalance per poi pulirmi l'altra mano sulla coscia. La ragazza mi guardò stizzita ma prima che potesse rincominciare parlai.
"Uhm, sisi, quello che ti pare. Ma io lo voglio vedere, quindi ora tu, carissima, ti potresti levare dal cazzo?"
Non sapevo avesse una sorella, a dire la verità non avevo mai riaperto l'argomento "famiglia", visto che mi sembrava ancora scottante, così appena la conobbi lasciai stare i convenievoli, non sarei stato di certo gentile con una come
quella.
"Allora, non so con chi tu creda di parlare ma io non mi faccio  mettere i piedi in testa da un ragazzino. Ora saresti pregato ti uscire da questa casa prima che ti prenda per i capelli e ti butti fuori a calci?"
E okay, rimasi sbalordito da quelle parole. Esteticamente era la copia di suo fratello ma caratterialmente, cavolo, era il suo opposto.
La guardai aggrottando le sopracciglia e poi le risi in faccia sguaiatamente ma senza divertimento; credeva veramente che se avessi voluto fare una cosa mi sarei fatto fermare da lei?
Non le risposi, mi limitai a correre-letteralmente- al piano di sopra; entrai in camera del riccio senza troppi problemi e chiusi la porta con la chiave, per sicurezza.
"Gemma, chi era alla porta?" Il riccio, che dava spalle alla porta, era avvolto nel piumino e aveva un cuscino stampato sulla faccia.
Rabbrividii quando la sua voce mi arrivò alle orecchie, dio, mi era mancato così tanto.
Mi avvicinai al letto e mi sedetti sul suo letto, sull'angolo opposto e tossicchiai leggermente.
"Uhm. In realtà s-sono Louis."
Vidi la schiena del riccio irrigidirsi immediatamente e da quel momento a quando finalmente si girò, mi sembrarono passati anni. Non dissi niente, limitandomi a guardarlo.
I suoi occhi erano verdi, ma spenti, non vedevo più quella luce che tanto amavo nei suoi occhi, aveva i ricci ormai schiacciati sulla fronte e il suo viso era molto meno paffuto di quanto si ricordasse Louis.
Quest'ultimo si aspettava uno schiaffo, un pugno, che l'avesse mandato a quel paese, di tutto ma non che il riccio scoppiasse in lacrime e affondasse il viso nel cuscino.
"Ti odio, ti odio, ti odio." 
Volevo  morire, volevo sprofondare nel pavimento e volevo auto picchiarmi, non mi era preparato a vedere Harry avere un crollo di quel genere e non sapevo veramente come comportarmi.
Rimanemmo in silenzio per minuti, forse ore, una mano posata sulla schiena del ragazzino e un labbro stretto fra i denti, finché quest'ultimo finalmente riuscì a smettere di piangere e a parlare normalmente.
"Vattene. Non ti voglio vedere." Sibillò freddo, senza però levare la mano mia mano dalla sua schiena.
"No, sto gran cazzo che me ne vado. Lo so, so di avere sbagliato e mi dispiace di averti spezzato il cuore ma non volevo, io non credevo che reagissi così, va bene? Non sapevo che ci tenessi in quel senso a me."
"Fanculo, Louis. Vaffanculo. Non sono arrabbiato con te, sono arrabbiato con me per essermi innamorato di una merda tale." 
Non dissi niente, nuovamente lo lasciai sfogare, nonostante avessi sentito il mio cuore spezzarsi un due sapevo che era quello che mi meritavo per aver ridotto l'innocenza di quel ragazzino in frantumi, e mi dispiaceva, dio se mi dispiaceva, ma a me non piacevano i ragazzi, se non quando capitava, e Harry non doveva essere una sveltina e basta, si meritava di più.
Sentii una strana sensazione alla bocca dello stomaco e fui costretto a portare una mano su esso, piegandomi leggermente in avanti; mi mordicchiai il labbro quando percepii l'acido dell'alcool invadermi la gola e feci in tempo a raggiungere il bagno di Harry, per rimettere nel water.
Entrambe le mani erano poggiate sul coperchio di esso, le ginocchia schiacciate sul pavimento e la testa piegata verso il basso, cercavo di smetterla di fare scorrere le lacrime sulle sue guance, non era abituato a sentire tutto quel dolore.
Nonostante avessi già vomitato in quella mattinata, l'ultima volta a casa di Harry fu devastante, credetti di non smettere mai di vomitare, mi sentivo come se qualcuno avesse afferrato il mio stomaco fra le dita e stretto, giurai a me stesso di diventare astemio.
Erano ormai passati venti minuti buoni e un altro getto di vomito mi fece piegare nuovamente, gemetti però quando una mano calda si posò dietro al mio collo, delicatamente e timidamente cominciò poi a massaggiarmi la testa con l'altra mano.
"Tranquillo, tranquillo. Ora passa." 
In quel momento mi sentii peggio di prima, se possibile,  nonostante tutto lui era lì a consolarmi e ad aiutarmi, quando avrebbe potuto esserne felice e anzi, se fossi stato in lui probabilmente mi avrei infilato la testa nell'acqua del water.
Ansimai lievemente per poi pulirmi le lacrime con il dorso della mano, tirai su  col naso e mi sedetti fra la doccia e il  lavandino, portai le ginocchia al petto, respirando molto lentamente.
"Quante volte ti ho detto di non bere così tanto e di non fumare? E non osare rifilarmi una delle tue cazzate perché sento il tanfo fino a qua."
Abbassai lo sguardo sulla punta delle mie scarpe e cominciai a giocare nervosamente con le dita delle mie mani, non volevo guardarlo negli occhi, non ero veramente pronto ad affrontarlo e questo mi faceva sentire terribilmente a disagio. Ero sempre stato senza peli sulla lingua, schietto e diretto ma con lui sembrava tutto essere cambiato.
"Mi dispiace." Era palese che non fosse riferito all'alcool ma a noi due, lo capì anche lui, sedendosi di fianco a me, posando poi la testa sulla mia spalla.
Sperai di averlo convinto, sarei crollato definitivamente se avesse rifiutato di nuovo le mie scuse.
Prese la mia mano fra le sue, respirò profondamente e aprì la bocca, come per parlare, poi però la richiuse immediatamente, chiudendo gli occhi. 
"Posso baciarti, Lou?"
Mi girai di scatto a quelle parole, ma lui non ricambiò il mio sguardo sconvolto, anzi sembrava tremendamente imbarazzato. Mi guardava da sotto le ciglia, le gote tutte arrossate e le labbra rosse erano leggermente schiuse, accennai un sorriso e inclinai la testa di lato.
"So tremendamente di vomito." 
"Non me ne frega un cazzo." Fece una smorfia adorabile, arricciò il naso e roteò gli occhi all'aria, stringendo la presa sulla mia mano. "E ora non rifilarmi la scusa dell'essere o no gay, perché avevi un cazzo in bocca, Louis."
Risi sguaiatamente alla sua frase, perché sì, probabilmente se non avessi acconsentito al suo bacio lo avrei perso per sempre e non era quello che volevo, avevo bisogno dii lui.
Volevo dirgli di non essere gay, di avere solo dei momenti poco virili, diciamo, ma era veramente così?
Che poi, se non mi fosse interessato dei ragazzi, non avrebbe fatto ne caldo ne freddo un bacio, no?
Mi voltai verso di lui, posai la fronte contro la sua e finalmente lo vidi sorridere, uno di quei sorrisoni veri, che faceva solo a me, quello tutto fossette e occhi luccicanti.
"E se rovinasse tutto? Intendo, Harry, sarà solo un bacio."
Non volevo essere così rude, ma era la verità, quel bacio avrebbe solo finito per far soffrire entrambi e lui lo sapeva, abbassò lo sguardo e annuì distrattamente, fece per allontanarsi da me ma ero ubriaco e fatto e non so cosa mi sia
passato per la testa in quel momento ma afferrai il suo viso fra le mani e lo baciai.
Avete presente i primi baci? Quelli dolci, senza lingua, senza eccessiva saliva, senza tocchi volgari, semplicemente un bacio romantico. Con una mano accarezzavo la sua guancia rossa mentre con l'altra stringevo i suoi ricci, lo sentii sorridere
un paio di volte sulle mie labbra, la sua mano continuava a fare movimenti circolari sul mio fianco, facendomi rabbrividire.
Mi allontanai per prendere fiato e afferrai il suo labbro inferiore fra i denti, continuando comunque a guardarlo negli occhi. 
"Harry, mi dispiace per aver fatto entrare quel raga-"
Mi bloccai, allontanandomi di scatto dal riccio, indietreggiai violentemente fino a sbattere contro la doccia e guardai la sorella di Harry che a sua volta mi fissava infuriata, era bordò dalla rabbia e i pugni delle mani erano stretti
fino a rendere le nocche bianche.
Il mio "amico" ci guardava fra lo sconvolto e l'imbarazzato, non sapendo cosa dire, vidi però che faceva fatica a reprimere un sorrisetto malizioso e questo mi fece crollare totalmente. 
"Scusate."
Non dissi nient' altro, non ascoltai nemmeno Harry che urlava il mio nome e uscii di corsa da quella casa, chiusi la porta alle mie spalle e cominciai a camminare a passo veloce verso casa mia. Sapevo che era sbagliato quello che avevamo fatto, ma come faceva qualcosa di così sbagliato a rendermi così bene?



Care, carissime!
Sono qua dopo circa due\tre settimane con un nuovo capitolo. Allora, vi ho chiesto di venire qua sotto a leggere per due importanti motivi.
- Allora, so che chiedere recensioni sembrerà triste e deprimente ma, senza esse mi sento come se fosse del tutto inutile scrivere, sono come dire, senza "voglia" di farlo, sembra che lo faccia inutilmente. Vorrei anche dei consigli per come continuare e come scrivere meglio.
-Ho scritto una nuova storia e se vi piace il genere, vi consiglio di leggerla, hahah.
P.S Ho messo "Eden" anche su Wattpad.

BACIONESS.

 

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