Lui era come un robot

di Sabaku No Konan Inuzuka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fiore ***
Capitolo 2: *** Spada ***
Capitolo 3: *** Onice ***
Capitolo 4: *** Gabbia ***



Capitolo 1
*** Fiore ***


NdAutrice: Eccolo. Allora, questo è un promt che ho buttato giù in una serata di stanchezza e mentre mi facevo la doccia ho pensato fosse carino svilupparlo. E' la prima sul fandom di Supernatural, non ho grosse pretese ma avevo voglia di tastare il terreno anche qui, e so che non in molti amano Michael come faccio io perciò... Qui abbiamo un resoconto introspettivo dellla situazione da parte di un Michael a cui piacciono i colori e che ha difficoltà emotive. E' una raccolta di quattro OS già completa, di diverse lunghezze, solo da correggere, e se tutto va bene dovrei essere in grado di finire nel giro di pochi giorni se non in quattro. E niente, non mi aspetto molto, a voi!

PromptDelle tre volte in cui Michael pianse, e dell'unica volta in cui non si asciugò le lacrime.
Rating: Verde
Genere: Malinconico, introspettivo.


 









Fiore


Michael non era stato creato per provare emozioni, era stato creato per combattere, per comandare, per difendere e per obbedire, né più né meno. Non che non le provasse, ma erano del tutto secondarie al suo servo arbitrio, non contavano mai nel suo giudizio. Non era tutto questo granché nel comunicare, e forse fu questo a spingere Dio a creare un altro arcangelo.
Lucifer era diverso, era strano. Sin da quando era stato creato Michael lo aveva sempre guardato con curiosità, mentre lo cresceva. Lui rideva, piangeva e faceva battute. Era giocoso e allegro, e Michael semplicemente non capiva. Lui era devoto perché era stato creato per esserlo, ma l’altro no, Lucifer lo era per amore, un concetto che a Michael non era mai stato davvero chiaro.
A Dio piaceva Lucifer, più di Michael, questo era evidente persino agli occhi del primo arcangelo. Per questo era così confuso quando Dio creò Raphael. Raphael, che era simile a Michael, ma non abbastanza. Michael non era stato creato per la freddezza, cosa che Raphael era.  Raphael rappresentava l’estremo di ciò che Michael era, pareva quasi non avere emozioni a parte la devozione.
E se c’era un estremo per Michael, allora ce n’era uno anche per Lucifer, e quello era Gabriel. Gabriel era emozioni, le riportava tutte, in modo molto più profondo rispetto a Lucifer. Si sentiva a suo agio, difatti, solo intorno alla Stella del mattino. Non ci provava nemmeno a parlare con Raphael ed era notevolmente infastidito quando parlava con Michael. Sebbene sembrasse trovarlo divertente, dopo un certo punto lo piantava lì per andarsene da Lucifer. E Michael si sentiva sempre un po’ triste quando Gabriel lo mollava così, ma non aveva importanza. Michael non poteva capire le emozioni, era normale che Gabriel agisse così. Era strano, invece, che gli stesse ancora intorno.
E poi vennero creati gli altri angeli. Ognuno diverso, ognuno osservato attentamente da Michael, il cui dovere era crescerli e impararli alle armi. Lui insegnava la pazienza e ad essere soldati, Lucifer la fedeltà e l’amore, Raphael la devozione e la fiducia, e poi c’era Gabriel che faceva un po’ di tutto, ma lo faceva con le emozioni.
Il combattimento con Amara, così come quello contro i leviatani, aveva richiesto tutto ciò che loro insegnavano. O almeno, così diceva Lucifer. Per quel che riguarda Michael, era stato tutto lieve e semplice. Aveva fatto per bene la cosa per cui era stato creato: combattere. Era stato un bravo soldato, aveva protetto e combattuto, e sebbene i caduti gli avessero dato un po’ di malinconia, non era mai abbastanza da destabilizzarlo. Ogni tanto Lucifer e Gabriel ci riuscivano, ma puntualmente bastava la parola di Dio a fargli ritrovare la sua funzione.
Michael era ammirato da tutti (anche se mai quanto Lucifer), ma a lui non importava l’ammirazione, gli bastava che obbedissero. Questo però non lo faceva sentire meno solo. La solitudine non gli era mai piaciuta, dalla sua creazione non era mai stato veramente solo ma Dio aveva altri impegni. A volte Raphael colmava il suo vuoto, ma durava poco e nulla. Raphael lo guardava quasi come lui guardava il Padre, e questo lo riportava a sentirsi solo.
Soltanto Lucifer lo cercava perché voleva vederlo. Gabriel raramente lo cercava, di solito parlavano quando capitavano nello stesso luogo, cioè spesso. Lucifer invece cercava proprio lui. Sapeva che come Lucifer era il preferito di Dio, Michael era il preferito di Lucifer. Non sapeva perché, forse perché erano entrambi una strana via di mezzo, ma il legame c’era. Lucifer cercava di spiegargli le emozioni, gli insegnava l’amore e gli dava amore, e lentamente Michael cominciò a farselo bastare.
Tuttavia Michael capì cosa intendesse realmente Lucifer solo quando Dio creò il mondo, in particolare la Terra. Era bellissima. Di tutto il creato, quella era l'opera migliore del Padre, forse anche più di Lucifer.
C’erano tantissimi colori, e Michael aveva sempre avuto un debole per i colori. Verde, azzurro, bianco, celeste, marrone, rosa e rosso, gli stessi delle ali dei suoi fratelli, solo più accessi. Le sensazioni tattili erano stupefacenti e Michael semplicemente non poteva fare a meno di viverle e di guardarle. L’acqua fredda, il sole caldo, l’erba che faceva il solletico, il vento che accarezzava le sue ali. Era tutto talmente bello che non poteva smettere di guardare.
Amava guardarla. Lucifer se n’era accorto, e ogni volta che scendeva, tornava sempre con qualcosa per Michael. Di solito cose dal colore intenso, tipo una rosa, ma più frequentemente vetri, pietre preziose o superfici scintillanti e trasparenti. Sapeva che Michael le preferiva. Evidentemente lo aveva detto a Gabriel, perché anche lui cominciò a riportargli cose.
Lucifer lo faceva perché gli voleva bene e gli piaceva fare qualcosa per Michael, Gabriel perché, a sua detta, era così che Michael mostrava più spesso le emozioni. E Michael era d’accordo. Lui amava la Terra, amava il Padre per aver creato una tale meraviglia e amava i suoi fratelli perché gliene portavano sempre un po’. Non aveva mai provato un amore così forte, e adesso capiva perché Lucifer gliene parlasse sempre. I discorsi con Lucifer erano un po’ più frequenti.
Lui e Gabriel aspettavano spesso Michael in particolare in questo splendido bosco, ombreggiato dai rami e dal sole, pieno di fiori di diversi colori, con gli uccellini che cantavano, l’aria fresca tra le fronde e l’erba morbida. Tra tutti quei luoghi, Michael amava quel bosco un po’ di più rispetto agli altri luoghi.
Assieme all’amore, però, Michael scoprì anche il dolore. Quando Dio creò gli umani, Michael non era tanto impressionato. Si era inchinato a loro perché doveva, ma non perché li ammirasse. Dava per scontato però che lo avrebbe fatto presto, per questo oggettivamente non capiva la reticenza di Lucifer. Forse era la chiave della prigione di Amara sul braccio a spingerlo fin lì, ma credeva che il Padre avesse programmi per lui, per questo non si era preoccupato. Com’è ad oggi evidente, si era sbagliato.
Lucifer aveva dato il via a una ribellione, e tra tutti aveva chiesto l’appoggio proprio di Michael. Michael, che non aveva mai avuto la possibilità di scegliere, all’improvviso era stato messo in un bivio tra suo padre e suo fratello. Michael, che aveva lui stesso cresciuto Lucifer, ma era stato creato solo per acconsentire e dare devozione a Dio.
Michael amava Lucifer, era stato egli stesso a insegnargli il significato dell’amore, e forse sempre Lucifer era l’unico ad amare effettivamente Michael; non voleva scegliere, ma doveva, e Lucifer stava aspettando.
Michael non era stato creato per pensare, era stato creato per essere un bravo soldato, un bravo figlio, non avrebbe dovuto avere opinioni, e anche se le avesse avute era stato fatto per metterle sempre in secondo piano rispetto alle sue decisioni. Fu per questo che cacciò suo fratello, l’unico che l’aveva effettivamente amato, dal Paradiso.
Aveva sentito un dolore sordo alla sua Grazia quando lo aveva fatto, e non riusciva proprio a metterlo in secondo piano come era giusto che fosse, ma Lucifer era sulla Terra. Poteva ancora vederlo, ed era al sicuro. La Terra era bellissima, Lucifer, seppur esiliato, avrebbe vissuto in quella meraviglia.
Gabriel smise di portargli oggetti dalla Terra.
E poi gli uomini erano stati cacciati dall’Eden. Michael era un po’ sorpreso, ma non era nulla di paragonabile a quello che successe dopo.
Fuori dall’Eden, gli uomini erano primitivi, selvaggi, schiavi di emozioni ed istinti. Ci volle poco prima che scoprissero il fuoco, e nel modo peggiore che potesse accadere.
Fu poco tempo dopo aver conosciuto le prime fiamme che ci fu il primo incendio sulla Terra. Diedero per sbaglio fuoco ad un bosco, il suo bosco, ed era stato devastante. Gli uomini non provarono nemmeno a spegnerlo, non sapevano come fare. Ogni fiore completamente andato, gli alberi sporchi e nudi, l’erba increspata di cenere: un disastro.
Fu la prima volta che Michael pianse perché, semplicemente, fu la prima volta che perse per sempre qualcosa che amava davvero. Non se ne era reso conto fino a che Gabriel non gli aveva posato la mano sulla spalla; impegnato com’era ad osservare attentamente i resti di una foglia carbonizzata, per poco non aveva sobbalzato. Gabriel non disse niente, strinse forte la sua spalla e gli asciugò le lacrime prima di offrirgli l’unico fiore che si era salvato dalla devastazione.
Quel fiore era solo, proprio come lui.



 

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Capitolo 2
*** Spada ***


NdAutriceDue aggiornamenti consecutivi, wow, non mi era mai capitato prima d'ora :3 Ebbene, ecco qui il secondo capitolo. Mi sono accorta di dover precisare una cosa, rileggendo questo capitolo: questa storia è difatti ridondante e tenderà a ribadire gli stessi concetti, perché è una sorta di mantra di Michael. E' tutto introspettivo da Michael e lui per far fronte a ciò che non capisce, per giustificarsi, difendersi, darsi forsa o qualsiasi altra cosa che vi venga in mente, tende a ripetersi da solo le stesse cose, per rimettersi in riga anche. Insomma, l'interpetazione la lascio a voi del motivo per cui lo fa, ma volevo solo precisare che c'è un motivo, che è una cosa voluta e di Michael. E niente, questo. As usual non è il massimo, questo è più corta per più di un motivo, e niente la voi.

Prompt: Delle tre volte in cui Michael pianse, e dell'unica in cui non si asciugò le lacrime. 
Rating: Giallo tendente al verde.
Genere: Introspettivo, Triste, Drammatico

 



 









Spada



Lucifer si era spinto troppo oltre, stava facendo cose terribili. L’amore non era mai stato più pericoloso.
Se una volta il secondo arcangelo amava in modo misurato, dopo aveva cominciato ad esagerare e non faceva che sciocchezze. Aveva corrotto l’umanità ben due volte, in modo indelebile. Per questo Dio decise che doveva essere rinchiuso, e affidò il compito proprio a Michael. Michael, che era l’ultimo intenzionato a farlo tra tutti gli angeli ostili che erano in cielo. Le sue emozioni erano però secondarie, il suo servo arbitrio era al disopra di tutto. Fu per questo che si limitò ad annuire senza dire una parola, neanche il più piccolo accenno ad un semplicissimo “no”. Ignorò l’espressione tradita e supplichevole di Gabriel e sorpassò lui e Raphael, fingendosi sordo ai richiami e a quelle deboli e dolorose proteste da parte della sua Grazia. Avvertiva una sofferenza che non avrebbe dovuto avvertire, si sentiva soffocato, e ciò non andava bene. Non era stato creato per soffrire, ma per obbedire. Eppure, nonostante ci avesse provato, non riusciva proprio a metterla in secondo piano come avrebbe dovuto.
La Gabbia era orrenda e non poteva sopportare l’idea che Lucifer dovesse rimanere proprio lì. Con tutta la meraviglia che era attorno, perché proprio in quel posto arido e inospitale?
Lucifer evidentemente doveva averla pensata alla stessa maniera, perché la prima cosa che aveva fatto era stato pregare Michael di non farlo, pregare Michael di cambiare idea, e insisteva sul fatto che Michael avrebbe rinunciato al piano divino, se lo avesse amato davvero.
E Michael voleva gridare, voleva gridare che lo amava, anche se non sembrava vero. Voleva urlare e chiedere il suo perdono ma Michael non era stato creato per amare, Michael era stato creato per obbedire e basta.
La lotta era stata furiosa, eppure Michael sentiva che di tutti quei momenti, l’unico ad avere significato era stato quando giunsero ai piedi della Gabbia. Lucifer combatteva come meglio poteva, come Michael gli aveva insegnato, e la sua astuzia gli rendeva le cose difficili. Ma con Dio dalla sua parte, semplicemente Michael non poteva perdere.
L’apertura della Gabbia sul terreno si stagliava minacciosa sotto di loro. Michael, brandendo la spada, con le forze rimanenti spinse Lucifer e si alzò in volo. Prima di cadere però Lucifer arpionò le sue ali con le unghie del tramite e Michael gridò, sentendo suo fratello strappargli le piume e lacerargli le carni. Lo spinse via, o almeno ci provò, ma Lucifer rimaneva attaccato a lui, le ali ancora troppo danneggiate per volare.
C’era furia nei suoi occhi, quelli veri, mentre guardava Michael, persino la sua Grazia era ostile alla sua. E Michael stava male, perché la Grazia di Lucifer non gli era mai stata ostile prima d’ora.
Le unghie del tramite di Lucifer affondarono ancor più nelle sue ali, facendolo gemere, e Michael con un affondo della spada trafisse la spalla del fratello.
Ci fu silenzio per un momento come la testa del secondo arcangelo ricadde sulla sua spalla per il dolore, nonostante il rumoroso risucchio dell’apertura della Gabbia. Poi Lucifer lo guardò, il viso rigato dalle lacrime.
“Mi hai tradito” mormorò, la voce rotta, e Michael poteva sentire il cuore in frantumi dal tono usato. Fu un sussurro strozzato e ferito la frase che venne dopo, forse la peggior pugnalata che il viceré del cielo avesse mai ricevuto: “Io ti amavo”
E Michael non sapeva quando anche lui cominciò a piangere, ma lo vide quando una delle sue lacrime luccicò alla luce del sole e cadde proprio sul viso di Lucifer.
“Io ti amo” Michael ammise, la sua mano a slacciare lentamente le dita di Lucifer dalle sue ali. “ma anche tu hai tradito me.”
Lucifer lasciò che accadesse passivamente, perché entrambi sapevano che non c’era molto altro da fare. Non disse nulla, solo lo guardò, quell’espressione tradita e addolorata, un dolore pari a quello che Michael sentiva. E Lucifer cadde. Cadde nella Gabbia. Il buco si richiuse, con il rumore dei seicentosessantasei sigilli che si chiudevano a rimbombargli nelle orecchie.
Michael rimase immobile. Dalle sue ali gocciolava sangue, dai suoi occhi sgorgavano lacrime. Prese un respiro, inutilmente, dato che era un arcangelo, e poi le asciugò. Strinse forte con la mano l’elsa della spada, simbolo del suo tradimento oltre che dell’enorme potenza di Dio. Si chiese se avrebbe mai dimenticato quello sguardo, le sue parole o il tempo passato che Lucifer aveva usato contro il suo presente – perché ti amavo non era al presente come ti amo, implicava che non provava più nulla per lui. Probabilmente no. Probabilmente non avrebbe mai smesso neanche di fargli male con il tempo.
Tornò in cielo come se niente fosse, ignorando ancora le lacrime di Gabriel. In poco tempo aveva perso due cose che amava: il bosco e Lucifer.
Come già detto, Michael non era fatto per amare. Non sapeva farlo bene, non sapeva dedicarsi, Michael era fatto solo per obbedire. E per un momento, desiderò essere come Raphael: freddo, senza emozioni, un devoto come tanti altri. La cosa che più lo lasciava crucciato era il comportamento di tutto il Paradiso in proposito.
Lucifer, o meglio l’Avversario, aveva insegnato a tutti ad amare, aveva insegnato a lui ad amare, eppure gli stessi tutti, a parte Gabriel, sembravano riuscire ad odiarlo così facilmente... Fino a poco tempo fa Lucifer era la Stella del mattino, l’angelo più amato ed ammirato, il preferito di Dio. Era davvero bastato così poco per renderlo il Diavolo? Per odiarlo con così tanta veemenza? Per temerlo? Michael non capiva. Soprattutto non capiva come si potesse temere proprio Lucifer. Lui non aveva mai avuto paura di lui, non ne aveva mai avuto motivo. Forse era per questo che oltre a Gabriel era l’unico a non festeggiare, l’unico a non sorridere. Forse per questo era l’unico oltre a Gabriel a soffrirne davvero, sofferenza che non doveva provare per definizione. Voleva essere in grado di disprezzare Lucifer come tutti, sarebbe stato più semplice, ma non ci riusciva. E il pensiero che un giorno avrebbe dovuto ucciderlo lo angosciava, gli faceva venire voglia di scagliare via con la rabbia la spada che gli era sempre stata fedele.
Lui lo amava ancora. 



 

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Capitolo 3
*** Onice ***


NdAutrice: Eccolo qui. Avevo detto che avre finito in settimana... ho fatto male i calcoli. Comunque a breve, un capitolo abbiamo concluso. Ora, onsetamente, io non so un bel niente di pietre preziose e minerali, ogni ricerca che faccio mi porta a comprare cose che non metterò mai... Mi vergogno un po' di essere andata a caso con questo argomento, perché veramente è poco elegante considerando che la pietra ha un ruolo cruciale, ed è un po' come se rovinassi la storia ma... francamente ho cercato pietre rosa e mi è uscita onice rosa, perciò... mi scuso in anticipo se ho scritto qualche sciocchezza, e intendo abusare della licenza poetica. E niente, passando al capitolo, qua esploriamo il rapporto che ha Michael con Gabriel. Purtroppo non possiamo avventurarci nella psiche di Gabriel per ragionamenti e pensieri, e francamente ho paura di provarci che potrei sbagliare, anche perché vedremo tutto dagli occhi di Michael... Lascio immaginare a voi i ragionamenti di Gabriel e tutto. A dirla tutta, tutti vanno dietro a Luci e Gabriel, e io boh, sto qui a fantasticare su Michael e Gabriel perché mi è difficile amalgamarmi. Ma qui sconfiniamo, meglio che ci dia un taglio, spero vi piaccia!


Prompt: Delle tre volte in cui Michael pianse, e dell'unica volta in cui non si asciugò le lacrime.
Rating: Verde
Genere: Malinconico, Sentimentale


 















Onice

Anche dalla Gabbia, Lucifer era in grado di insegnare emozioni a Michael. Il senso di colpa, la sofferenza, la mancanza, l’odio per se stesso… ma oltre a lui aveva anche un altro “insegnate”: c’era Gabriel.
Gabriel era l’unico a soffrire quanto lui della situazione di Lucifer, perciò non era solo, ma non lo sapeva, perché Michael si ostinava a mettere le emozioni in secondo piano come al solito.
A Gabriel non era mai piaciuto combattere, la guerra lo destabilizzava perché le emozioni volevano la pace, la bontà divina e non crudeltà e vendetta. Era stato sempre più scostante e lontano, non parlava nemmeno, non era lui. Non lo era più stato da quando Lucifer era caduto. E Michael si sentiva un po’ dispiaciuto. Nessuno in Paradiso capiva Gabriel e le emozioni a parte Gabriel stesso e Lucifer, forse anche Dio, ma non era il caso di parlarne proprio con lui.
Michael aveva provato ad aiutare, ma lui non era stato creato per le emozioni, non ci riusciva, e ciò sembrava solo rendere Gabriel più arrabbiato. Gabriel credeva che lui avesse tradito Lucifer. Michael non sapeva se era vero, il tradimento per lui era nuovo, e non sapeva se sentirsi tradito era da una sola parte dei litiganti o da entrambe, dato che anche lui lo sentiva. Ma non lo chiese a Gabriel, perché semplicemente non aveva importanza.
Un giorno come un altro però, Gabriel lo sorprese. Era tornato dalla Terra con un grezzo pezzo di una pietra preziosa, come era uso fare prima degli umani.
“Onice” Aveva spiegato, senza particolari inflessioni. “ed è rosa. Come le ali di Lucifer.”
Michael annuì mentre il fratello gli posava l’onice nel palmo della mano. La osservò, curioso, ed era sul punto di ringraziare Gabriel, quando questi lo anticipò.
“Mi ricordo che ti piacevano i colori… e le ali di Lucifer. Ripetevi sempre che erano belle, perché oltre ad essere morbide e curate avevano un bel colore. E dicevi che anche le mie sarebbero diventate belle e colorate come le sue un giorno.”
Michael era ancora più sorpreso. Gabriel da piccolo faceva spesso domande sulle ali, e Michael di solito rispondeva per Lucifer, essendo più esperto, ma dal modo annoiato in cui l’ultimo arcangelo inclinava la testa non sembrava mai contento che fosse lui a spiegare. Non immaginava che lo avesse ascoltato. Gabriel sembrò capirlo perché sorrise.
“Sì, ogni tanto anch'io ascolto sai?”
Contro ogni sua logica, Michael sorrise a sua volta, perché sapeva che a Gabriel piaceva quando sorrideva, lo faceva sentire più a suo agio.
“Mi piacciono ancora i colori. E mi piacciono ancora le ali di Lucifer.”
“Sono un po’ danneggiate adesso, non trovi?”
C’era quella che Michael identificò come amarezza nella sua voce, e il maggiore incassò le spalle. Era stato lui stesso a danneggiarle, e niente lo aveva fatto stare peggio da quando aveva memoria. Aveva passato eoni ad accarezzare con riverenza quelle ali, ad ammirarne il colore intenso, incantato, e poi sempre lui aveva dovuto ferirle. Gabriel sembrò capire di aver toccato un tasto dolente perché, con delicatezza, quasi timore, allungò la mano per accarezzare con dolcezza le grandi ali di Michael. Michael non capiva come facesse a comprendere il suo stato d’animo così facilmente, Lucifer l’aveva chiamata empatia. Lasciò che il fratello continuasse, sforzandosi di non trasalire quando inavvertitamente sfiorava i punti più delicati. Non c’era malizia nei suoi gesti, solo un affetto che era tipico di Gabriel.
“Anche le tue ali sono belle” osservò il più giovane dopo un po’.
“No, le tue lo sono.”
Le ali di Gabriel erano grandi e leggere, di un color dorato che ricordava la luce del sole; ispirava ricchezza, gioia ed allegria, tutto ciò che il loro proprietario era sempre stato. Le ali di Michael invece… tutti le consideravano belle, ma per lui erano indistinguibili. Erano grandi e ben trattate, ma di un anonimo bianco che non gli aveva mai detto nulla, bianco come tutto il resto del Paradiso. Un bianco che rifletteva lui, a dirla tutta: senza particolari inflessioni, ma con tutto al suo interno nella giusta misura. Al punto che sembrava quasi non esserci.
Persino quelle di Raphael erano più affascinanti rispetto alle sue, con quel grigio uggioso come le nuvole quando sulla Terra cadeva la pioggia.
Gabriel sbuffò. “Così dicono. A me non piacciono.”
“Dopo il rosa di Lucifer, il dorato delle tue ali è il terzo colore che ho visto”
Non era un vero e proprio complimento, ma per Michael lo era, e Gabriel sembrò averlo capito, perché accarezzò con maggiore dolcezza le ali delicate del fratello maggiore. Michael era sul punto di parlare ancora, Gabriel odiava il silenzio, ma l’altro lo anticipò per la seconda volta.
“Le ali di Lucifer non torneranno più come un tempo, vero?”
Michael lo fissò, senza espressione. Gabriel sostenne il suo sguardo per un momento prima di abbassarlo.
“Sì.” Fu tutto ciò che Michael disse, senza altra spiegazione.
Suo fratello però voleva di più, con espressione oltraggiata sfilò le dita dalle sue piume: “E come? Michael le hai-“
“Non ho usato la spada.”
Silenzio fu ciò che seguì all’affermazione di Michael, e questo un po’ faceva male. Erano queste le voci che giravano in Paradiso? Credevano davvero che avrebbe usato la sua spada sulle ali del fratello che gli aveva insegnato l’amore?
“E allora come hai fatto?”
“Ho usato le unghie, i calci e i morsi. Tutto ciò che il mio tramite aveva da offrire. Nessun danno che potesse essere permanente. Le ali di Lucifer non rimarranno danneggiate in alcun modo. O almeno non per sempre”
Gabriel non disse niente, semplicemente annuì, si alzò e se ne andò. Michael non capì la reazione del fratello, ma non se la sentì di indagare. Fissò il pezzo di onice con intensità, il suo pensiero diretto alla Gabbia dove il fratello che per primo aveva provato l’amore covava odio. Odio verso il Paradiso, verso Dio e verso di lui.
Il giorno dopo Gabriel venne da lui a passo di marcia, la decisione lampante negli occhi e il primo istinto di Michael fu di estrarre la spada, perché non prometteva nulla di buono, ma evitò di farlo. Dopotutto si trattava di Gabriel. Mandò a riposo la truppa angelica che stava allenando per ritagliarsi un momento di privacy con il fratello.
“Lo ucciderai?” chiese, immediatamente dopo che furono lasciati soli. Michael non aveva bisogno di un’introduzione per capire di cosa parlasse. Annuì semplicemente, Gabriel sembrò quasi ferito da quel gesto. “Lo vuoi morto?”
“No” Fu la risposta automatica di Michael, e si sentì un po’ tradito dalla domanda. Come poteva pensare che volesse ucciderlo?
“Allora perché lo fai? Perché l’hai fatto? Perché non puoi semplicemente… dire di no?”
All’improvviso Michael s’irrigidì, e sentì l’insensato bisogno di ribadire la sua autorità, o meglio, quella di Dio. Non che avesse importanza, dopotutto. Sentì la rabbia crescere nel petto: perché Gabriel stava mettendo in discussione un ordine di Dio? Come osava?
“Perché non è un'opzione.” Il suo tono era brusco, duro, perentorio e autoritario. Quello che era solito utilizzare con i soldati. “io non sono fatto per pensare o per protestare, Gabriel. Sono fatto per obbedire.”
“Ma tu non vuoi farlo!” sbottò lui.
“Il fatto che io non voglia non significa che non sia giusto. Il Padre sa quello che fa ed è solo per il meglio.”
“Come può l’uccisione di un nostro fratello essere la cosa giusta?”
C’era dolore nella voce di Gabriel, Michael lo percepì e, cosa ancor più insolita, lo sentì. Ma il dolore era secondario.
“Non lo so” ammise. “e non ha importanza che lo sia o meno. Il Padre lo ha ordinato e io devo obbedire. Sono stato creato per questo.”
“Hai detto di amarlo” E Gabriel gridò, gridò con rabbia. Michael si accigliò a questo.
Non aveva mai visto una reazione simile prima d’ora se non in Lucifer ed Amara, ma se il primo era impazzito per il marchio, la seconda semplicemente era il male. Non pensava che anche Gabriel potesse fare una cosa del genere, o meglio, non capiva.
“E’ vero” rispose, cauto, perché si stava avventurando in acque inesplorate. “ma io non sono stato fatto per amare, sono stato fatto per-”
“Obbedire! Lo so” Gabriel lo liquidò con un gesto della mano “ho già sentito questa storia.”
“Mi dispiace che tu stia male ma-”
“Non è a me che devi chiedere scusa, Michael! Ma a Lucifer!”
“E perché?”
“Perché lo hai tradito!”
“Anche lui ha tradito me. Io ho fatto solo ciò che il Padre mi ha ordinato.”
“E’ inutile, tanto non capisci.”
Ed era vero. Non capiva. Michael non riusciva a capire lo sguardo di Gabriel, non riusciva a capire le sue lacrime e neanche il suo continuo scuotere la testa.
“Mi dispiace.”
Lo disse prima di poter effettivamente pensarci su. Come viceré del cielo avrebbe dovuto punirlo e affermare la sua autorità, anche se era certo che Gabriel la riconoscesse già, ma semplicemente non riusciva a farlo. Non era il caso, la sua rabbia era scemata velocemente davanti alla reazione insolita del fratello.
“Non è vero. Non so neanche se sai cos’è il dispiacere” Prima che potesse replicare, Gabriel si asciugò le lacrime e si allontanò da lui. “Io me ne vado.”
E per un momento Michael sentì un vuoto, fu come se venisse a mancargli il pavimento sotto i piedi, il pavimento affidabile del Paradiso che era sempre stato fermo lì per lui, per loro.
“Che vuoi dire?”
“Che lascio il Paradiso, Michael.”
“Non puoi!” Michel fece un passo avanti, sorprendendo persino se stesso, ma non Gabriel. “Qui abbiamo ancora bisogno di te, questa è casa tua, il Padre-”
“Il Padre mi userà finché gli sarò utile. Poi comincerà a stufarsi di me che penso con la mia testa e mi butterà nella Gabbia come ha fatto con Lucifer.”
“Non parlare così del Pa-”
“Dammi un motivo per restare.”
“Come?”
“Hai sentito. Dammi un motivo per restare, uno solo, Michael, e giuro che lo farò”
Quella frase inaspettata l’aveva colto in contropiede. Non se lo aspettava. Non voleva lasciare Gabriel, non voleva che l’unico in grado di provare  emozioni nel modo giusto sparisse dalla circolazione, voleva che suo fratello rimanesse lì con lui. Aveva perso il bosco, presto avrebbe dovuto dire addio alla natura e aveva perso anche Lucifer e il suo amore… non poteva perdere anche Gabriel. Voleva disperatamente dire qualcosa, ma non sapeva cosa. Non aveva neanche un motivo per convincerlo a restare, non aveva senso che lo facesse. Non c’era più nulla per lui in Paradiso, Lucifer non c’era e nessuno poteva capirlo. Gabriel odiava il conflitto, e il conflitto lì era destinato ad essere eterno. Non c’era una ragione vera e propria per cui rimanere. Resta per me, voleva dire, e sapeva che Gabriel lo avrebbe fatto. Ma Michael non era stato creato per pensare né per fare delle scelte, non doveva convincere nessuno a fare nulla. Non sapeva neanche se Gabriel lì sarebbe stato un problema per se stesso o per gli altri.
“Non ne ho.”
E dirlo fece male. Male come quando aveva visto il bosco bruciare, come quando aveva spinto Lucifer nella Gabbia. Gabriel annuì, come se se lo aspettasse. Una lacrima gli rigò una guancia mentre abbracciò Michael un’ultima volta, come spesso aveva fatto in passato. Solo che, al contrario degli eoni precedenti, stavolta il più grande ricambiò.
“Addio, Michael.”
“Addio, Gabriel.”
Suo fratello voltò le spalle e se ne andò. Fu l’ultima volta che Michael lo vide e il non averlo spinto a rimanere era destinato ad essere uno dei suoi più grandi rimpianti. Strinse forte l’onice nella mano, lacrime ribelli sfuggirono dai suoi occhi, poi prese un respiro e le asciugò. Raddrizzò le spalle e tornò alle sue truppe come se nulla fosse. Come se non avesse fatto un’altra azione di cui si sarebbe pentito per l’eternità.
Così come era stato creato, Michael era tornato ad essere solo e completamente sterile di emozioni.
Tutto perché non sapeva amare.

 

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Capitolo 4
*** Gabbia ***


NdAutrice: Ed ecco qua! L'ultimo capitolo della raccolta. Eh già, ho concluso. E' la prima volta su questo sito e ripensandoci è veramente triste come cosa. E' stato un tentativo un po' alla cieca e, ripeto, non mi aspetto nulla effetivamente ma boh, questa storia è così aperta all'intepretazione che mi sento un po' felice di averla pubblicata. Ringrazio di tutto cuore chi ha recensito, chi ha messo la storia tra le seguite, preferite e ricordate (DUE, yee :3) e niente. In merito a questa OS ho solo da dire che è spesso ribadito il concetto di solitudi appunto per Michael, dato che è ciò che prova e stessa cosa con il soldatino giocattolo: il paragone che meglio conosce. Sono felice di aver finalmente concluso, a voi.


Prompt: Delle tre volte in cui Michael pianse, e dell'unica in cui non si asciugò le lacrime.
Rating: Giallo
Genere: Malinconico, Triste, Generale


 








 

Gabbia

La Gabbia era buia e fredda, giocava crudelmente con la sua mente tanto quanto faceva Lucifer. Millenni lì dentro e nessuno si era degnato di liberarlo da quel posto. Nemmeno un solo squallido e misero angelo.
Gli mancava il Paradiso, gli mancavano i colori, gli mancava la natura, gli mancavano quel poco delle altrettante poche cose che amava davvero. Per un periodo, era riuscito a rimanere più o meno bene con se stesso nonostante il claustrofobico bisogno d’aria. Aveva lottato con Lucifer all’inizio, ma semplicemente con il tempo le emozioni e la rabbia erano scemate. Lucifer aveva preso piacere nel torturare Sam Winchester e lui stava lì a guardare, curioso. Lucifer e Sam erano così espressivi. Piacere e dolore, cose che aveva provato ma se lui aveva grattato solo la superficie, quei due erano agli estremi. Si sentiva così preso in contropiede. Era talmente strano che, dopo un primo impatto piuttosto brusco, aveva smesso persino di fargli impressione. Insomma, non è che non avesse mai visto una tortura prima, ma l’espressività umana quando sotto tiro c’era pure l’anima era qualcosa di completamente nuovo.
Poi Sam era andato ed avevano ricominciato a litigare, solo per fermarsi ancora. Nessuno dei due aveva più voglia di combattere e Michael si riusciva a beare del piacere agli occhi che erano le ali di Lucifer. Come sapeva che sarebbe successo, le sue particolari ali, dall’arco così diverso dal suo e dal colore sgargiante, erano tornate al loro antico splendore. Non sembravano invecchiate di un giorno, come se Michael non le avesse nemmeno mai scalfite.
Tra una lite e l’altra, Michael e Lucifer parlavano. Parlavano di tutto, ma non di ciò che era o che sarebbe dovuto succedere. Non parlarono di Gabriel, ad esempio, né dell’Apocalisse. Non si sa come, ma ci riuscivano. Fu come tornare ai vecchi tempi. Parlarono anche di amore, di nuovo. Michael scoprì che suo fratello sapeva ancora amare, ma covava talmente tanto odio che spesso se ne dimenticava. Michael avrebbe voluto aiutarlo, ma non sapeva come. Tutto ciò che poté fare fu condividere il dolore quando sentirono Raphael andare. Perché anche se Raphael non aveva provato emozioni, era comunque stato loro fratello, un arcangelo, uno di loro.
Delle prime quattro creazioni tra le più potenti del Padre, erano rimasti solo in due, Michael e Lucifer. Loro due che un giorno avrebbero dovuto uccidersi, e presto il numero sarebbe sceso a uno. Uno solamente.
Uno su quattro.
Michael non sapeva come spiegarselo. Come aveva potuto permetterlo? Sia lui che Dio, come avevano potuto permettere questo scempio? Da quattro fratelli che erano, presto ne sarebbe rimasto in piedi solo uno. Come aveva fatto a non impedire questo drastico cambiamento? Non era nemmeno riuscito a vedere Gabriel prima che morisse.
E poi, Amara era arrivata e Lucifer era sparito, lasciandolo solo. Solo. Michael si era spesso sentito solo in vita sua, se vita si poteva chiamare quel lasso di tempo, ma non lo era mai stato effettivamente. Non aveva assolutamente niente con sé. Se prima almeno c’era Lucifer, adesso non c’era più nulla per lui, niente che potesse amare. Non c’era Dio, non c’era Lucifer, non c’era Gabriel, non c’erano i colori e non c’era la natura.  C’era solo lui. Lui, che era stato creato per seguire gli ordini. Ma gli ordini dov’erano?
Gli anni però passavano, nonostante la sua disperazione. Disperazione, altra emozione più che nuova. Per la prima volta aveva ciò che non aveva mai sentito di avere da tutta la vita: tempo. Tempo per i rimpianti, tempo per capire, tempo per studiarsi, tempo per riflettere, tempo per decidere, tempo per piangersi addosso. Perché sì, piangeva. Vedeva tutti gli errori che aveva fatto, tutte le cose che aveva perso e per le quali non aveva lottato, e piangeva. Dio non c’era, i suoi sentimenti in secondo piano non erano più dove dovevano stare. Affioravano disordinatamente compromettendo il suo servo arbitrio, ed era pieno di dubbi che non aveva mai avuto. E le sue emozioni continuavano ad espandersi, come se prendessero aria dopo molto tempo, e Michael pianse, e per la prima non si asciugò le lacrime.
Per anni Michael aveva pensato che la sua funzione, il suo destino, fosse servire Dio. Adesso, troppo tardi, si rendeva conto che non era così. Lui era stato creato per essere devoto, ma amava altro oltre al Signore.
Il problema era che Michael non sapeva nemmeno amare. Quando si ama, si lotta per ciò che è amato. Lui non l’aveva mai fatto. Quando il tuo dovere è servire Dio come un perfetto soldatino giocattolo senza farti troppe domande, non puoi amare: devi eseguire e basta, senza illudere con l’amore.
Se per anni aveva cercato di servire Dio, adesso stava provando a sentire le emozioni. Il dolore, la gioia, l’amarezza… Ma non era nulla che un malessere sordo il suo, mentre infilava gli spigoli acuti dell’onice rosa di Gabriel nelle proprie ali, nella propria Grazia e nella pelle per vedere il sangue; non era che preferenza o dipendenza il suo amore; non era che soddisfazione la sua gioia. Era sempre incompleto. Lui non funzionava.
Le prime creazioni sono sempre tentativi sbagliati. Lucifer era l’opera unica e perfetta, o meglio lo era stato prima di essere corrotto, Michael invece era un prototipo mal funzionante. Come un soldatino giocattolo senza la testa.
Il rumore dei suoi singhiozzi faceva eco nella Gabbia mentre sperimentava cosa significasse davvero piangere, e niente di tutto questo corrispondeva né all’immagine del figlio perfetto né a quella del viceré del cielo. Non c’era nulla che fosse andato per il verso giusto con lui. Aveva fatto una vita di sbagli credendo fermamente di essere nel giusto, credendo di essere obbiettivo nel suo vedere oltre il suo amore, ma così non era stato. Si era solo giocato tutto ciò che aveva. Lasciò le lacrime scorrere libere come non era mai successo, e dire che si sentiva meglio era una bugia bella e buona. Non sentiva niente, e sentiva troppo.
Lui era come un robot. Le emozioni lo mandavano in cortocircuito.

 

 

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