Up In The Air Chasing A Dream So Real

di lallipumbaa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** How I love the way you move/And the sparkle in your eyes/There's a color deep inside them/like a blue subhurban sky ***
Capitolo 2: *** Into your eyes, hopeless and taken ***
Capitolo 3: *** I don't need eyes to see/I felt you touchin' me/High like amphetamine/Maybe you're just a dream? ***
Capitolo 4: *** A thousand times I've tempted fate/A thousand times I've played this game ***
Capitolo 5: *** “You could've rolled your eyes/Told me to go to hell/Could've walked away/But you're still here/And I'm still here/Come on let's see where it goes” ***
Capitolo 6: *** Are you gonna stay the night/Doesn't mean we're bound for life/So oh oh oh, are you gonna stay the night ***
Capitolo 7: *** Girl, you got the beat right, killin' in your Levis/High on your loving's got me buzzin' like a streetlight/It's still early out in Cali, baby, don't you wanna rally again/We'll find a road with no na ***
Capitolo 8: *** Time to go down in flames and I'm taking you closer to the edge ***
Capitolo 9: *** “Maybe I'm amazed at the way you're with me all the time/Maybe I'm afraid of the way I leave you/Maybe I'm amazed at the way you help me sing my song/Right me when I'm wrong/Maybe I'm amazed at the wa ***



Capitolo 1
*** How I love the way you move/And the sparkle in your eyes/There's a color deep inside them/like a blue subhurban sky ***


Capitolo 1
“How I love the way you move/And the sparkle in your eyes/There's a color deep inside themLike a blue suburban sky”

 

Febbraio 2017, MacArthur, Los Angeles.

Jared stava in piedi davanti ai due sposi.
I capelli sistemati, un filo di barba. Prima di uscire di casa si era guardato più volte allo specchio apprezzando ciò che vedeva. Col completo grigio azzurro stava proprio bene. Suo fratello l’aveva preso per il culo per tutto il tempo.
Dietro gli sposi stavano i 200 invitati.
Li guardò e pronunciò la sua frase preferita, quella che stava aspettando di dire da tutta la cerimonia: “E col potere conferitomi dallo Stato della California, io vi dichiaro marito e moglie! Dateci sotto ragazzi!”
Emma guardò Tom sorridente, mentre lui reggendola, le faceva fare un casquè, dandole il primo bacio da sposati.

Mentre gli sposi sparirono per le foto, tutti gli invitati furono liberi di girare per la location, tra l’aperitivo a buffet e il giardino immenso. Nonostante fosse il 10 Febbraio c’erano 20 gradi.
Tomo abbracciava Vicki “Non ci credo… anche la nostra Emma si è sposata!”
“La nostra bimba è diventata grande! Ma se lo scorda che la farò lavorare di meno.” Decretò Jared, il bicchiere di analcolico in mano.
“Sempre il solito. Intanto dovrai fare a meno di lei per le prossime 3 settimane. Se solo osi chiamarla in viaggio di nozze ti eviro.” Lo minacciò Vicki puntandogli conto lo stecchino di bamboo sul quale fino a poco prima c’era un pezzo di pesce.
“Bro, io farei come dice. Mi sembra parecchio agguerrita!” commentò Shannon ridendo.
“Uno non può nemmeno scherzare!”
“Certo, tu scherzi sempre quando si tratta di lavoro!”
Jared alzò gli occhi al cielo fingendo – nemmeno troppo – di essere scocciato, quando con lo sguardo intravide una figura.
In una nuvola di seta e organza lilla passava poco lontana da lì una sua conoscenza.
“Lo sapevo che sarebbe venuta!! Ragazzi, vado a prenderla e ve la porto qui!” esclamò l’uomo. Aveva in mente un piano e nessuno gliel’avrebbe mai tolto dalla testa.

La ragazza stava aspettando che il cameriere le servisse un bicchiere di vino bianco, quando sentì due dita pizzicarle i fianchi. Sobbalzò girandosi “Oddio! Mi hai fatto prendere un dannato colpo!” gli disse mettendosi una mano sul petto. Odiava quelle cose: le facevano andare il cuore in gola.
“Esagerata, lo so che sono bello, ma addirittura farsi venire un colpo!”
“Ma se sei scemo!” gli rispose ridendo, abbracciandolo poi. “Ciao Jared! Devo dire che quando Emma mi ha detto che saresti stato tu il cerimoniere mi sono messa a ridere, ma potevi farlo solo tu! Com’è stato?”
“Oddio… strano! Per il mio ego è stata manna dal cielo, ma sono stato bravo, non ho rubato la scena a nessuno. Dai, vieni! Ci sono i ragazzi che non vedranno l’ora di vederti! E poi voglio presentarti qualcuno!”
Lei alzò gli occhi al cielo. “Ci speri sempre, vero?”
“Senti, sai che quando mi metto in testa una cosa non mollo mai. Quattro parole. Poi puoi ignorarlo per l’intera giornata!”

Nel frattempo Tomo e Shannon stavano disquisendo su chi fosse la persona con cui stava parlando Jared.
“Per me è una che si è fatto e stasera spera di replicare.” Commentò il fratello maggiore.
“Nah. E’ troppo in confidenza.” Decretò Tomo, grattandosi la barba sul mento.
Vicki alzò gli occhi al cielo. “Siete due pettegoli. Ma fatevi i fatti vostri, no?”
Videro i due avvicinarsi. Da quella distanza non riuscivano a riconoscerla, ma quando arrivarono a pochi metri le due ragazze si riconobbero e si corsero incontro, abbracciandosi.
“Ecco chi è! Savannah!!” esclamò Tomo battendosi il palmo della mano in faccia
“Savannah?” chiese Shannon, squadrandola da capo a piedi.
Non tanto alta, le curve al posto giusto. Lunghi capelli biondo miele acconciati in onde morbide con riga in mezzo. Labbra carnose al punto giusto, leggere fossette e due occhi grigio/azzurri che sorridevano allegri.
Iniziava a sentire la sua bussola personale puntare a Nord.
“Non so se te la ricordi, ma è venuta un paio di volte al MarsLab. E’ amica di Emma e di Vicky!”
“Ehm… no. Se proprio devo confessartelo non me la ricordo.”
Jared si avvicinò al fratello “Non te la ricordi perché quando è venuta al MarsLab non era così in tiro! E normalmente porta gli occhiali!”
Una lampadina si accese nel cervello del batterista “Ora me la ricordo!! Però è da un po’ che non viene!”
Tomo si allontanò dai due, andando ad abbracciare la ragazza, stritolandola con uno dei suoi enormi abbracci.
“Sì, ma io da bravo galantuomo ho mantenuto i contatti.”
“Te la-” inizò Shannon prendendo fiato, venendo interrotto subito dal fratello “No, non me la sono fatta! Non che non ci abbia provato ai tempi, ma per lei sono sempre stato un no categorico.”
“Mh. Ok. Se ci provassi io?” La bussola puntava DECISAMENTE a Nord.
“Potrebbe essere un’idea!” rispose gongolando. Il suo piano si stava svolgendo nel migliore dei modi. Internamente la sua coscienza rideva maleficamente.
Tomo si avvicinò ai fratelli col braccio sulla testa di Savannah “Shan, te la ricordi?”
“Ciao Shannon.” Lo salutò lei sorridendo. Notò che l’espressione nei confronti di lui era leggermente diversa rispetto a quella che rivolgeva agli altri.
“Certo! Ciao Savannah!” la salutò sorridendo malizioso. Era al meglio di sé: indossava completo e camicia nera. L’unica cosa bianca era il fazzoletto nel taschino della giacca. Poteva giocarsela bene oggi.
 “E’ strano vedervi tutti in completo, però devo dire che è un gran bel vedere! Scusa Vicki!”
“Scusa di cosa? Che mio marito sia un figo a prescindere è la pura e sola verità!” rispose la ragazza dando un colpo d’anca al marito che, arrossendo leggermente, fece spallucce assumendo un’espressione da “E cosa ci posso fare?”.

Emma e Tom tornarono dopo poco più di un’ora e, dopo qualche minuto, fecero accomodare tutti gli ospiti nella sala principale per la cena vera e propria.
I ragazzi erano seduti ad un tavolo loro, mentre Savannah, seduta da un’altra parte, aveva trovato un’amica con cui chiacchierare.
Ogni tanto Shannon le lanciava un’occhiata. Come aveva fatto a lasciarsela sfuggire non lo concepiva.
Sicuramente ogni persona ad un matrimonio da il meglio di sé, ma così… da come se la ricordava, era un cambiamento epocale.
Nell’attesa tra la fine del secondo e il taglio della torta una band di amici dello sposo iniziò a suonare, quando, per enorme stupore della sposa, Savannah salì sul palco salutando il frontman.
Si schiarì la voce e si avvicinò al microfono.
“Ehm… salve a tutti! Io sono Savannah, un’amica della sposa! Scusate l’imbarazzo ma non sono abituata a parlare in pubblico! Lo so Emma, ti starai chiedendo che diamine ci faccio sul palco, ma questa è tutta colpa di Tom!!” disse puntando il dito, facendo ridere molti dei presenti.
Uno dei musicisti le diede una chitarra acustica e si sentì un grido eccitato di Emma che si alzò in piedi “NON CI CREDO!!!”
“Tom, tienila ferma prima che mi salti addosso! Oh… già, ci sono anche i tuoi genitori! Salve Signori Ludbrook!” li salutò scuotendo la mano generando altre risate (soprattutto dai diretti interessati).
Shannon se la rideva. Oltre ad essere un bel faccino aveva anche una bella parlantina.
Quando la chitarra fu sistemata, Savannah si fece più seria.
“A voi due. Vi voglio bene.”
Iniziò a pizzicare le corde della chitarra, creando la melodia di “More than words” iniziando poi a cantare.
“Saying I love you
Is not the words I want to hear from you
It's not that I want you
Not to say, but if you only knew
How easy it would be to show me how you feel
More than words is all you have to do to make it real
Then you wouldn't have to say that you love me
'Cause I'd already know”

Emma prese per mano Tom e si diressero davanti al palco. Mandò un bacio all’amica che le sorrise di rimando dolcemente.
Il frontman della band si avvicinò a lei mentre cambiava melodia.
“How I love the way you move
And the sparkle in your eyes
There's a color deep inside them
Like a blue suburban sky
I don't need to be the king of the world...”

E insieme cantarono “As long as I'm the hero of this little girl”
Jared rimase a bocca aperta: e chi se lo sarebbe mai aspettato che la piccola Savannah avesse una voce del genere? Si voltò verso suo fratello che guardava impalato la ragazza mentre suonava e cantava. Il suo piano stava andando avanti con le proprie gambe, senza nemmeno che lui facesse troppi sforzi.

“’Cause I’d already… know…”
“Saying I love you…”

Esplosero gli applausi e quando la ragazza scese dal palco Emma l’abbracciò stretta, gli occhi lucidi.

La festa stava andando avanti da ore. Savannah per sopravvivenza si era messa un po’ in disparte. Avevano acceso qualche torcia in giardino e lei ci si era seduta vicino su una panchina in marmo. Il DJ stava dando il meglio di sé e tutti stavano ballando. Non che a lei non piacesse, ma dopo un po’ aveva bisogno di escludere tutto e tutti, cercando il silenzio. Chiuse gli occhi e per qualche minuto si godette il rumore delle fronde che frusciavano, del fuoco scoppiettante.
“Posso farti compagnia?” le chiese una voce maschile.
Savannah aprì gli occhi trovandosi Shannon a pochi metri da lei. Tutto vestito di nero, oramai non era più completamente a posto come dopo la cerimonia, si era tolto la cravatta e si era slacciato i primi bottoni della camicia. Gli sorrise, facendogli segno di sedersi sulla panca con lei “Certo! … Di’ la verità: prima non mi avevi riconosciuta.”
Fu preso in contropiede. Era inutile dire bugie. “Sinceramente no: sembri completamente un’altra persona.”
“Cosa riescono a fare un po’ di trucco, una gita dal parrucchiere e un vestito!” commentò ridendo.
“Ehi, e gli occhiali?”
“Ho fatto l’operazione qualche mese fa! Questa te la posso concedere come scusa!”
“Hai fatto l’operazione? Oddio, e come hanno fatto?” le chiese tra l’affascinato e il disgustato.
“Praticamente sei talmente anestetizzato e sotto calmanti che non senti nulla. Sei sotto una macchina. Vedi un laser. Non puoi sbattere gli occhi perché proprio non riesci. 30 secondi per occhio et voilà! Vista d’aquila tornata!” rispose presa nella spiegazione. Poi ci pensò un attimo. “Giuro. La cosa dei 30 secondi non era voluta.”
L’uomo scoppiò a ridere.
“Non me n’ero nemmeno accorto! Comunque… cosa ci fa una ragazza tutta sola in giardino mentre la festa si scatena in salone?” sfoderò il suo miglior sorriso esplodi-ovaie. Funzionava sempre.
La vide socchiudere gli occhi. Stava intuendo il suo gioco e una scintilla di malizia le percorse lo sguardo.
“Per far sì che un affascinante batterista ci provi più facilmente con me.” Gli rispose civettuola.
“Ah davvero?”
“No.”
“No, non mi trovi affascinante?”
“No. No, non ci starò.”
“Aaaah! Allora mi reputi affascinante!”
“Shannon, te l’ho detto, ho fatto l’operazione, non sono mica cieca!” rise lei alzandosi. “E comunque grazie per l’invito, ma sono le 2 del mattino passate e oggettivamente pensavo di andarmene a letto.”
“Posso dare una mano… anche due?” Oramai il perno della conversazione era andato sulla Shanaconda.
“Ci vediamo, Leto!” lo liquidò sorridendo, andando verso il salone.
Shannon la guardò allontanarsi. Piegò la testa godendosi lo spettacolo. Il vestito era sì largo, ma ondeggiava ad ogni passo facendogli partire l’immaginazione… e l’ormone.


***************************Angolino del disagio****************************
Beeeeeeene. La bomba è stata sganciata.
Salve a tutti :D questa è la prima storia che scrivo sui 30 Seconds To Mars, quindi molte cose possono essere assolutamente inesatte/non coerenti/non-qualsiasialtracosapossibile e ho un filo d'ansia a pubblicarla. Quindi per favore capitemi. XD
Comunque: storia incentrata su Shannon. Che Jared è sì un gran bell'uomo, ma Shannon mi fa un sangue... (LAURA RIPIGLIATI!!!!!)

Bava a parte, spero che come primo capitolo vi possa piacere.
Se qualsiasi cosa non vi piace, qualcosa vi ha fatto ridere, che abbiate commenti positivi o negativi fatemeli sapere!
Spero davvero di leggere qualche vostro commento <3
Un bacione e al prossimo capitolo, Lalli :3 PS: il vestito di Savannah lo immaginavo così http://s1.ibtimes.com/sites/www.ibtimes.com/files/styles/embed/public/2011/07/10/128002-catherine-duchess-of-cambridge.jpg
 

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Capitolo 2
*** Into your eyes, hopeless and taken ***


Capitolo 2
“Into your eyes/Hopeless and taken”


Cucina del MarsLab, un lunedì mattina di aprile.

La testa gli scoppiava.
Aveva fatto tardi ancora.
Una bionda conosciuta in un locale la sera prima che gli aveva fatto girare la testa, non ricordava nemmeno il suo nome. Kate? Chris? Jade? Non gli importava, gli aveva fatto fare nottata e molto probabilmente non l’avrebbe più rivista.
Si versò il caffè caldo, nero, non zuccherato nella tazza e iniziò a sorseggiarlo appoggiato al bancone dell’isola centrale nel silenzio e nella calma che, sapeva perfettamente, avrebbe preceduto la tempesta.
Non poteva immaginare che la calma sarebbe durata così poco.
Vide arrivare saltellando (letteralmente) suo fratello che, allegro e pimpante, sicuramente voleva qualcosa.
“Buongiorno Shan, come mai sei qui così presto?” gli chiese seriamente sconvolto.
“Mmmh.” Rispose con un leggero movimento della testa.
“Ok, oggi sei in modalità orso, quindi ti posso sfruttare senza beccarmi insulti: ho bisogno che tu mi vada a recuperare una cosa.”
“Ma non puoi mandare Shayla?” riuscì a rispondere.
“E’ impegnata, gliel’ho già chiesto! Poi ho pensato che potresti andarci tu dato che ami così tanto guidare…”
“Perché mi sa di sviolinata? E perché il principino non alza le terga e ci va da solo?” gli chiese alzando un sopracciglio guardandolo da sopra la tazza.
“Perché non ho voglia di muovermi da qui, sono in fase creativa e se proprio devo dirtelo non vedo l’ora di tornare di là!” gli rivelò incrociando le braccia e mettendo il muso. “E poi se non vado a ritirarli oggi Savannah mi ucciderà!”
Le antenne gi si drizzarono. Savannah? La mente fece un salto indietro di un paio di mesi.
Il vestito che ondeggiava mentre si allontanava, i morbidi capelli che le ondeggiavano sulla schiena, quegli occhi… dopo il matrimonio di Emma non si era più vista.
“Potevi dirmelo prima che si trattava di una donna!”
“Cazzo, appena fiuti feromoni scatti in piedi! Sei incredibile!!” scoppiò a ridere Jared mentre andava a prendere il filtro per farsi il the.
“Non sono io, è la Shanaconda.”
“Non voglio sapere cosa succede nei tuoi pantaloni. Grazie.” Rispose guardandolo sconvolto, aprendo le narici in segno di disgusto. “E comunque non è un’occasione per fartela. E’ al lavoro, quindi non puoi saltarle addosso!”
Shannon sospirò, appoggiò la tazza nel lavello e prese le chiavi della macchina. “E va bene. Terrò a freno i miei istinti! Forza, dammi l’indirizzo.”
“900 Exposition Blvd, Los Angeles”.

***

Un macello infernale. Ecco cosa aveva lasciato il suo collega prima di andare in vacanza per tre settimane: pigne su pigne di cartellette e documenti da catalogare e sistemare.
Sospirò, si tirò su le maniche del camice e iniziò a suddividerli. “Una pigna alla volta Sav… Una pigna alla volta…”
Passò le prime due ore in totale solitudine col mondo. Era da sola, il capo non sarebbe mai arrivato e, nella sola compagnia di June, il teschio di una tigre dai denti a sciabola che era in ufficio da una trentina d’anni, si collegò a Spotify, fece partire una delle sue compilation e si mise a cantare per passare il tempo. Non si accorse nemmeno che qualcuno la stesse chiamando.

***

“La signorina Jones? Ah, sì! Mi aveva avvisato che stava aspettando qualcuno! Lei deve essere Jared!” esclamò l’uomo sulla settantina alla reception.
Era al Museo di Storia Naturale. Non riusciva a collegare la Savannah del matrimonio a quel posto. E se fosse stato solo uno scherzo di Jared? E se non si fosse trattato della stessa Savannah?! Lo sospettava. Sicuramente poteva essere. La ragazza era un topo di biblioteca ed era una di quelle che gli sarebbero saltate addosso solo per usarlo come un pezzo di carne. Avrebbe ammazzato suo fratello.
“No, sono suo fratello, Shannon, piacere. Potrebbe dirmi dove lavora? Così recupero al volo quello che gli serve e tolgo il disturbo.”
“Non si preoccupi, la accompagno io!”. Il vecchietto in divisa gli diede un badge visitatore, lo accompagnò oltre la zona visitatori e salirono le scale al fino al secondo piano entrando poi in un corridoio dove giravano perlopiù persone in camice bianco.
“Mi sembra di essere in ospedale.” Commentò l’uomo guardandosi in giro.
“Bè, qui arriva davvero di tutto: dal fossile in ottime condizioni che ha bisogno di un checkup leggero a quelli veramente antichi con tutto da sistemare… tipo le cariatidi come me!!” esclamò la guardia ridacchiando, facendolo ridere a sua volta.
“Signor…” “Kent. Ma chiamami Matt, altrimenti mi sento vecchio!” “Matt, lei non è affatto una cariatide!”
“Si fidi, Shannon! I miei acciacchi da settantacinquenne non me li leva nessuno! Ah, eccoci. La signorina Jones lavora qui! La devo aspettare?”
“Non si preoccupi, trovo da solo la strada del ritorno. Grazie mille!”
“Allora arrivederci! È stata una piacevole chiacchierata!”.
La guardia si allontanò e lo lasciò davanti alla porta. La aprì e venne investito dall’odore della carta, un leggero profumo di fiori e una voce cristallina che stava cantando, ci avrebbe scommesso l’osso del collo, “Kings and Queens”.
Quella voce gli ricordava qualcosa… o qualcuno.
Svoltò l’angolo del ripiano in metallo ed ebbe una visione: la donna in questione era in piedi in bilico su una sedia, indossava un camice bianco, dei jeans attillati e una maglietta nera con scritto “Who ya gonna call?” che alla penombra dell’angolo in cui era si illuminava leggermente di verde. I capelli chiari erano legati in una treccia spettinata.

Into your eyes
Hopeless and taken
We stole our new lives

DING! DING! DING!!!
Era lei. Era la Savannah del matrimonio. Vestita diversamente, ovviamente, ma era lei. La Shanaconda non mentiva.
“Ehm... Savannah?” la provò a chiamare.

Through blood and name
In defense of our dreams

“Savannah?”

We were the kings and queens of promise
We were the victims of our selves
” finì di sistemare il documento e spalancò le braccia per cantare il suo verso preferito
Maybe the children of a lesser God
Between Heaven and Hell!”

“Savannah!” la chiamò nuovamente, stavolta ridacchiando assistendo ad un concerto in diretta.
La ragazza si sentì chiamare, si girò di scatto e, spalancati gli occhi riuscì a dire un “Porca putt-” prima di perdere l’equilibrio.
Shannon corse in avanti preoccupato e riuscì ad afferrarla in tempo. “Salve signorina.” La salutò sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.
Oh sì. Anche più casual era lo stesso una gran bella gnoc- ehm ragazza. Abbassò leggermente lo sguardo notando che la maglietta sulla scritta tirava leggermente.

Dal canto suo, Savannah, non sembrava molto contenta dell’avvenimento. Si svincolò dalla sua presa, si ricompose e, dopo aver passato le mani sul camice disse “A quanto pare il signorino alla fine ce l’ha fatta a farci rincontrare. Sei qui per recuperare le cose per Jared?”
“Sì, esatto… no, aspetta… in che senso?” chiese sbattendo le palpebre.
“Nel senso che tuo fratello continua a insistere dal matrimonio di Emma a farci rivedere, ma puntualmente gli do buca.”
Si sentì punto sul vivo. Normalmente era lui che diceva di no. Nessuna ragazza gli aveva mai dato buca.
La cosa stava diventando sempre più divertente.
“E immagino che ora ti sia pentita di aver detto di no tutte quelle volte…” disse abbassando di qualche tono la voce. Ok, era un cliché, ma ora si trattava di una questione di orgoglio.
“Assolumente no. Sempre più convinta!” gli rispose facendogli l’occhiolino. Eccola la Savannah che si ricordava.
Si abbassò e prese una borsa di tela che aveva l’aria di essere pesante.
L’uomo piegò la testa, prendendo le misure. “Sai, mi ricordavo fossi più alta!”
“Ah ah ah. Ha parlato il gigante Golia. Ecco! Questi sono da dare a tuo fratello! E che me li riporti!” sottolineò minacciosa.
“Giuro! Al matrimonio di Emma eravamo quasi alti uguali! Vuoi lui di persona o ti vado bene anche io come fattorino?”
La ragazza sorrise “Avevo su i tacchi genio! E fai come vuoi, Shan, ma non si evolverà sicuramente in un porno.”
“Mmmh… il fattorino sbatte sempre più volte?” rispose pensieroso. La vide quasi strozzarsi con la sua stessa saliva. “Me l’hai servita su un piatto d’argento!”
Tossì schiarendosi la gola. “Ecco qua! E’ un tantinello pesante, ma tuo fratello ha detto che voleva che gli prestassi tutti i Ken Follett che ho e sono parecchi!” glissò tentando di cambiare discorso.
Dannato Shannon Leto e i suoi titoli di film porno.
Sesso e Shannon. No, non doveva pensarci. Gli ormoni dovevano stare a cuccia.
Non è che a lei Shannon non piacesse… ma non voleva assolutamente incasinarsi la vita con un Leto.
“Ora che mi ci fai pensare ultimamente è entrato in fissa con i Pilastri della Terra… gliel’ho detto che deve superare le prime duecento pagine prima che inizi la storia!” commentò Shannon facendo spallucce. Alzò lo sguardo e incontrò l’espressione sconvolta di Savannah. “Mbè? Che c’è da fare quell’espressione?”
“No, bè… è che… non pensavo ti potesse piacere Ken Follet!” balbettò lei sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio.
Shannon ebbe un’idea. “È perché non mi conosci. Ho un’idea: perché non approfondiamo la nostra conoscenza?”
“Sappiamo entrambi come vuoi approfondire la conoscenza.” gli rispose fulminandolo. “E poi non parliamo di queste cose davanti a Juno: è una tipa suscettibile!”
Vedendo l’espressione interrogativa di chi le stava davanti fece un cenno della testa alla teca posizionata in un ripiano sopra la grande scrivania.
“Oh. Mio. Dio. È il teschio di una tigre dai denti a sciabola!!” esclamò Shannon, gli occhi spalancati e un enorme sorriso sul volto.
Savannah sorrise, almeno aveva abbassato la guardia e aveva tolto la maschera da Shanimal. Nessuno resiste ad una tigre dai denti a sciabola. NESSUNO.
“Tecnicamente è uno Smilodonte, ma tigre dai denti a sciabola va bene!”
“A quando risale?”
“Eh… è una bella vecchietta, ma si mantiene bene: Pleistocene, anno più anno meno ha circa un milione e mezzo di anni.”
Shannon rimase senza parole. “E… ce l’hai tu personalmente sulla scrivania?”
“Sì, è stato il mio capo a scoprirla una trentina di anni fa. A quanto pare non è perfetta, quindi per l’esposizione hanno preferito altro, e dato che non voleva lasciarla in un freddo magazzino, non so come ha convinto il direttore a farsela mettere in una teca sopra la scrivania. Ora è sulla mia, me l’ha lasciata in eredità. Vuole vedere se la tratto bene prima di andare in pensione!”
“Un tipo particolare il tuo capo!”
“Già, ma è un buon uomo!”
Calò un silenzio leggermente imbarazzante.
La ragazza si scrocchiò le dita a disagio. “Bene… ehm… per favore, di’ a Jared di non perdermeli e che… sì, e che li rivoglio indietro in tempi umani!”
Shannon girò lo sguardo verso di lei, sorridendo. “Va bene, farò il messaggero!” prese la borsa in braccio e, prima di uscire dalla porta dell’ufficio, le sorrise. “Ci vediamo tra qualche settimana al Coachella?”
“Come fai a sapere che io andrò al Coachella?” chiese la ragazza spalancando gli occhi.
“Sulla scrivania c’era il volantino. Ci vediamo là!” la salutò aprendo la porta e si voltò, lasciandola con l’ultima immagine di un suo sorriso luminoso.

***

Ti uccido.” Fu il messaggio che ricevette dall’amica. Sghignazzò soddisfatto.
Jared lo vide entrare una mezz’ora dopo con una borsa di tela e con un sorriso stampato sul viso.
“Uh! Che bello i miei libri!! Allora? Sono solo il fratello minore rompicoglioni o ho fatto qualcosa di buono per te questa volta?” gli chiese sorridendo, sapendo di aver fatto centro.
“Bè… anche casual oggettivamente non è affatto male.” Commentò alzando il sopracciglio destro, sorridendo.
“Io te lo dicevo! Però devo dire che anche dall’altra parte ho avuto un bel filo da torcere per farvi incontrare!” rispose cominciando a curiosare nella borsa.
“Lo so, me l’ha detto. Comunque ci vediamo a Coachella!”
“Vi siete dati appuntamento?” chiese sconvolto, bloccandosi.
“No, ma ho visto che aveva il volantino sulla scrivania, quindi immagino che ci verrà!”
“Sì, normalmente non perde mai un anno! Non è un animale da folla, ma non so come mai, quel festival la fa risorgere!” commentò Jared facendo spallucce. “Quindi immagino che… Te gusta Savannah!.”
“Bè, non è esattamente il mio solito tipo… aveva su una maglietta dei ghostbusters, jeans e converse… però anche così non era male!”
“Sì, diciamo che se ogni tanto ci spero che diventi femminile anche nella vita di tutti i giorni, il mio subconscio sa che non cambierà mai!” disse con espressione piatta facendo ridacchiare il fratello.
“Ah, si è raccomandata di restituirglieli in tempi umani!”
“Ahahahaahah!!! E lei ci spera!!”

***

Savannah si spaparanzò sul divano.
“Se mi hai chiamato così di urgenza, significa che è successo qualcosa di sconvolgente! Parla sorella!!”
L’uomo, truccato di tutto punto, forse reduce dalla registrazione di un tutorial, la stava guardando con solidarietà.
Si conoscevano da anni, praticamente dal suo arrivo a Los Angeles. Lui non aveva mai avuto secondi fini nell’amicizia con lei, lei a sua volta, gli aveva donato un’amicizia disinteressata.
Si erano conosciuti al supermercato, lei era in un momento di difficoltà: città nuova, persone nuove, persone strane.
Si era rifugiata in quel supermercato per riuscire a ritagliarsi una piccola bolla di calma e tranquillità prima di chiamare un taxi e farsi portare a casa. Poi era arrivato lui: i suoi capelli rosa erano il suo marchio di fabbrica, tatuaggi su (allora era ancora un quasi) tutto il corpo e al guinzaglio un volpino di Pomerania. L’aveva trovata nascosta tra le bottiglie d’acqua, guardata preoccupato e l’aveva aiutata. La prima persona disposta ad aiutarla a Los Angeles.
Da lì la loro amicizia era proseguita. Erano due persone anche a livello caratteriale parecchio opposte, ma andavano parecchio d’accordo.
Savannah lo guardò: ogni volta che aveva bisogno di lei c’era sempre stato e viceversa. Non le avrebbe negato proprio quell’aiuto.
“Jeffree, io… la sera del 15 aprile ho bisogno di te.”
“Cosa devo fare il 15?”
“Vedi questa faccia? Devi farmi diventare la versione migliore di me stessa!!”
Gli si illuminarono gli occhi “Vuoi davvero che ti trucchi?! Sono MESI che non ti fai truccare!”
“Jeffree, non ho intenzione di mettermi l’illuminante verde e di andare in giro con le labbra bianche!” lo interruppe Savannah bloccandogli l’entusiasmo.
“Ovvio che no, noiosa!! - Oh, grazie Nathan! – sono comunque un makeup artist…” il compagno di Jeffree era arrivato coi viveri: succo di frutta, dei tramezzini e un po’ d’acqua.
“Devi andare a Coachella, vero?” le chiese sedendosi vicino al moroso.
“Esatto, normalmente vado molto nature, ma quest’anno… quest’anno non posso.” Commentò afferrando un tramezzino dal piatto cercando di simulare nonchalance.
“Sento odore di testosterone!! Chi è lui?”
“Non c’è nessun lui!! Solo che a questo giro ho molte probabilità di beccare Shannon, figurati se Jared non si farà scrupoli a trascinarlo in giro fino a quando non mi trova!”
“Ooooh, giusto… il signor Shannon Testosterone Leto! Ma, se posso chiedertelo, come mai ti vuoi mettere in tiro per lui?”
“Oggi è venuto in laboratorio.” Disse prima di dare un morso.
Il ragazzo la bloccò prendendola per le spalle e girandola verso di sé, facendole quasi cadere di mano il tramezzino.
“SHANNON LETO TI E’ VENUTO A TROVARE AL LAVORO?!”
“Jeffree, mi stai facendo male con le unghie.”
“Oh scusa cara.”
“E ferma i bollenti spiriti! E’ stato quel rompiballe di suo fratello che l’avrà mandato! Doveva recuperare dei libri che gli ho prestato. La Divah non avrà voluto schiodarsi da casa e ha mandato come fattorino il fratello!”
“Com’è dal vivo?” le chiese affamato di notizie.
“Non hai ascoltato una parola di quel che ho detto, vero?” gli rispose ridacchiando leggermente.
“De-scri-zio-ne!” sillabò battendo le mani come un bambino.
“Noioso. Comunque… non male! Oggettivamente me lo immaginavo più alto, ma sono un metro e sessantadue, lui settantacinque. Non è certo il gigante Golia, ma è comunque più alto di me!”
“Stai già prendendo le misure?” la prese in giro Nathan facendo ridere entrambi.
“Siete due antipatici. Allora, mi trucchi per venerdì sera o no?”
“Certo!! Solo se vieni con me a fare shopping: l’occasione richiede vestiti nuovi!”

********************* ANGOLINO DEL DISAGIO*****************
Buooooongiorno a tutti! :D
Ad una settimana dalla pubblicazione del primo capitolo… sono sconvolta: avete letto in tantissimi e una persona ha pure deciso di seguire la storia… Vi voglio taaaaaanto bene *zigh* T^T
Comunque!! Sono passati un paio di mesi dal matrimonio e la situazione non è affatto cambiata: Savannah non ne vuole sapere (tsè), Jared è ancora convinto di essere la reincarnazione di Cupido e Shannon continua a provarci da bravo provolone XD
Ho voluto far fare una comparsata pure a Jeffree Star, personaggio che molti adorano, altri non riescono a sopportare. Io sono della fazione “Io lo adoro e vorrei che fosse amico mio”, quindi l’ho fatto diventare amico di Savannah! 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi piacerebbe davvero leggere cosa ne pensate! (accettati benissimo anche commenti negativi, so incassare.)

Un bacione e alla prossima,
Lalli :3

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Capitolo 3
*** I don't need eyes to see/I felt you touchin' me/High like amphetamine/Maybe you're just a dream? ***


Capitolo 3

“I don't need eyes to see/I felt you touchin' me/High like amphetamine/Maybe you're just a dream?”


Jared si guardava intorno, era il tramonto e il parco era stracolmo di gente. Un DJ aveva appena finito di suonare e ora c’era un po’ di pausa per sistemare il palco per il prossimo ad esibirsi.
“Chissà dov’è!”
“Stai parlando di Savannah? Sei fissato che me la devi far vedere, eh?”
“Scusami, ma tutta la presabenaggine che avevi fino a pochi giorni fa?”
Shannon non aveva alcuna voglia di mostrare al fratello quanto fosse in ansia di vedere la ragazza.
Non voleva ammetterlo, quasi nemmeno a sé stesso, ma non era così in ansia di vedere una ragazza da un pezzo.
Jared continuava a stare al telefono. Lo guardò. Con quella camicia rossa era riconoscibile dalla luna.
Era tutto il giorno che erano al festival a promuovere la Black Fuel, l’azienda produttrice di caffè di Shannon e, finalmente, erano riusciti a lasciare lo stand per divertirsi un po’.

Stavano camminando in giro, andando nella direzione che gli aveva comunicato via messaggio.
“Ah!!! Eccola!!” Aveva esclamato Jared indicando un gruppo di ragazze vicine ad uno dei bar principali. “Savannah!”

Non seppe come fece a sentirlo nel macello di gente e di vociare che c’era, ma si girò.
I capelli erano sciolti, mossi in maniera disordinata ad arte, aveva raccolto le ciocche davanti in due trecce, facendole riunire sulla nuca.
Una canottiera leggera e larga disegnata con motivi tribali le seguiva le curve e per concludere, un paio di pantaloncini di jeans beige a vita alta lasciavano liberi le gambe. Una piccola borsa a tracolla le pendeva dalla spalla.
Stava bevendo da una bottiglietta d’acqua e, quando li vide, alzò un braccio in segno di saluto.
Le amiche attorno a lei vennero attratte dal gesto e, guardando verso i due uomini, iniziarono a lanciare urletti e a darsi leggere gomitate.
Shannon non le guardò nemmeno. Era lei il fulcro di tutto. Le si avvicinò, togliendosi gli occhiali da sole e agganciandoli al collo della maglia. “Ciao…”
“Ciao Shannon.” Lo salutò sorridendo.
“Sei da togliere il fiato oggi.”
“Ho avuto un aiuto da un amico.” Gli rispose accettando il complimento.
“Bè, qualsiasi cosa abbia fatto… sei spettacolare.” Era sincero nel suo complimento, nessuna malizia o battuta sconcia come sottotesto. Tentò di sdrammatizzare l’atmosfera.
“Addirittura? Guarda che oggi non finirai in un angolo buio con la sottoscritta!”
“Non avevo in mente certi piani, lo giuro!” le disse mettendosi una mano sul cuore.
“Certamente, e io sono un’innocente fanciulla!” scherzò per poi girarsi verso l’amico, trattenendo una risata “Ma che camicia ti sei messo?!”
“E’ bellissima e tu non hai il minimo senso della moda!” rispose Jared offeso incrociando le braccia.
“Bè, dovessimo perderti ti troveremmo subito!” rise Shannon. Anche lui prima di uscire l’aveva insultato per la camicia. Sentirlo dire pure da lei lo aveva fatto ridere di gusto.
Le note iniziali di una canzone rapirono Savannah. “Non mi ero nemmeno accorta che stesse per iniziare!!” esclamò guardandosi intorno spersa.
“Ma chi?” le chiese Shannon non cogliendo.
“Lady Gaga! Vieni!!” Lo prese per mano e, sorridendogli, lo invitò a correre con lei verso il palco.
Jared li guardò sorridendo. Per quella sera poteva ritenersi soddisfatto. Infatti si dedicò alle attenzioni che gli stavano rivolgendo le ragazze attorno a lui. “Buonasera, magnifiche creature!”

“Tryin' to get control
Pressure's takin' its toll
Stuck in the middle zone
I just want you alone”

Shannon la guardò: era meravigliosa. Gli occhi luminosi, il sorriso sul volto.
Arrivarono al limitare della folla ma non c’era verso di avanzare.
“My guessing game is strong
Way too real to be wrong
Caught up in your show
Yeah, at least now I know.”

Savannah si girò verso di lui. La stava guardando in un modo tale che non poté fare a meno di sorridergli a sua volta.

“It wasn't love, it wasn't love
It was a perfect illusion (perfect illusion)
Mistaken for love, it wasn't love
It was a perfect illusion (perfect illusion)
You were a perfect illusion”

“E’ un peccato che non si veda bene il palco… sono arrivata troppo tardi!” esclamò lei per farsi sentire.
“Bè, una soluzione ci sarebbe!”
“Ossia?”
“Fidati!” disse abbassandosi sotto le sue gambe.
“Shan- SHANNON!!! COSA FAI?!” rise lei mentre lentamente la sollevava da terra, trovandosi seduta sulle spalle dell’uomo. Le sue mani che la tenevano per le gambe facendogliele allacciare dietro la schiena e che  la sorreggevano per darle sicurezza. Alzò il viso e si trovò sopra tutta la folla, il palco ora riusciva a vederlo benissimo.
“I don't need eyes to see
I felt you touchin' me
High like amphetamine
Maybe you're just a dream
That's what it means to crush
Now that I'm wakin' up
I still feel the blow
But at least now I know”

Shannon la sentì iniziare a cantare a squarciagola e al il ritornello la seguì a ruota. Era trascinante, quando si lasciava andare nella musica si portava dietro tutta sé stessa.

Alla fine della canzone la fece scendere. “Allora? Che te n’è parso?”
“E’ stato fantastico!! Nessuno mi aveva mai tenuto sulle spalle da adulta! E poi ad un concerto!! Spettacolare! Grazie Shannon!” rispose esaltatissima abbracciandolo, legandogli le braccia al collo.
“Senti… ti va se ci allontaniamo dal macello? Vorrei riuscire a parlare con te con più calma!” le propose.
“…Parlare?” chi chiese alzando un sopracciglio.
“Giuro! Parlare!” urlò per sovrastare il suono della canzone successiva, un mezzo sorriso sghembo sulle labbra.
Sembrò pensarci un attimo, ma alla fine annuì.
Le circondò le spalle con un braccio e, sentendo la mano di lei sul suo fianco, si rilassò.
La accompagnò allo stand della Black Fuel, ora molto tranquillo visto che tutti si stavano godendo il concerto.
“Ti posso offrire dell’acqua o se vuoi una magnifica tazza di caffè!”
“Se hai del latte posso accettare la tazza di caffè!” gli rispose appoggiandosi al bancone.
Shannon fece una smorfia “Ecco, dopo questa tutte le mie intenzioni sessuali sono andate a farsi benedire. Perché devi violare una cosa così buona con del latte?!” disse facendola scoppiare a ridere.
“Perché la tua miscela sarà troppo forte per me, e dato che non riesco a non berlo senza zucchero, posso almeno avere la concessione del latte?” gli rispose sbattendo le ciglia.
“Dopo una confessione simile non dovrei nemmeno più parlarti, ma solo per te potrei mettere a disposizione sia il latte che lo zucchero.” Le disse avvicinandosi pericolosamente a lei, fermandosi a pochi centimetri dal suo volto.
“Non pensi ai paparazzi?” gli chiese bloccandolo prima che potesse essere troppo tardi.
Più che i paparazzi il vero pericolo erano i suoi ormoni impazziti.
“Giusto, hai ragione, poi saresti sbattuta sui giornali scandalistici in tempo zero. Ok, allora per il momento avrai una meravigliosa tazza di caffè con latte e zucchero offerta e fatta dalle dolci manine del sottoscritto!”
“Ahhahaha grazie Shan!”
“Allora… come mai sei andata a finire al museo di storia naturale?” le chiese preparando la macchina.
Savannah sorrise “La passione. Mio padre era un paleontologo, ora è in pensione, girava sempre il mondo alla ricerca di ossa di dinosauri mai scoperti prima. Da piccola giocavo nel fango dove nascondevo sassi, stuzzicadenti e legnetti di ogni genere facendo finta che fossero fossili! Un anno, mio padre mi portò pure in sud America per un breve periodo, vista la mia passione. Ero un’adolescente, ma quella passione non era svanita. Dopo pochi giorni che arrivai al sito, trovarono dei resti fossili di spinosauridae. Scusa, Spinosauro. Quando vidi tutti all’opera per riuscire a togliere dalla terra le ossa, capii che era quello il mio futuro. Volevo diventare anche io una paleontologa! … poi mi sono ritrovata a lavorare al chiuso in un museo, ma anche quello che faccio mi piace. Sono a contatto con fossili di milioni di anni ogni giorno. Anche se non li scopro, li studio. Continuano ad essere affascinanti anche dopo trent’anni.”
Shannon si bloccò. “No, aspetta, quanti anni hai?”
Savannah sghignazzò “Ne ho 33.”
“Giuro, non te ne avrei dati più di 28. Sembri una ragazzina!”
“Lo so, me lo dicono spesso… il problema era a 21 anni quando non mi facevano entrare nei locali e credevano che il mio fosse un documento falso!” commentò facendo ridere l’uomo.
“Non credo di aver mai avuto problemi simili! Anzi!! Ecco! Tieni la tazza.” Gliela porse e per una frazione di secondo le loro mani si sfiorarono.
Savannah arrossì, abbassando lo sguardo. “Grazie…”
“Prego…  Alla ragazza coi suoi dinosauri!” esclamò alzando la tazza in aria a mo di brindisi.
“E al batterista con la sua azienda di caffè!” lo seguì lei sorridendo.
Bevvero un sorso, quando lui se ne uscì con una domanda “Senti, tu non sei vegetariana, vegana o simili, vero?” le chiese facendola scoppiare a ridere.
“Sono un’onnivora con tutti i santi crismi!”
L’uomo sospirò “Ok, meglio. Ho già Jared che ogni tanto cerca di convincermi ad abbandonare la carne, volevo evitare di accoglierne un’altra nella mia vita, anche se credo che quello non sarebbe stato un problema…”
Si bloccò con la tazza a metà strada “Vorresti accogliere me nella tua vita?”
Si rese conto solo in quel momento di ciò che aveva detto. Oramai il danno era fatto.
“Bè, sì… sei una persona interessante, Miss Jones. Sei diversa da tutte le altre…”
“Intendi dire da tutte le altre che ti sei portato a letto?”
“Touchè! E vorrei, se a te fa piacere, continuare a vederci.” Le disse sorridente. Era vero, voleva anche disperatamente toglierle i vestiti in quell’esatto momento, ma voleva anche conoscerla meglio, sapere cosa si nascondeva sotto la paleontologa, sotto la ragazza che si lanciava a piè pari nelle canzoni… sotto quella canottiera leggera e un po’ larga.
“Shannon Leto, potrei osare pensare che tu sia seriamente interessato a me.” Gli rispose sarcasticamente, attendendo una risposta negativa.
“Bè, ci hai preso.”
Le si avvicinò parecchio e, avvicinando le labbra al suo orecchio le sussurrò “Ringrazia che siamo in mezzo ad una marea di fotografi, altrimenti credo fermamente che  ti avrei già portata in un anfratto buio e avresti assaggiato almeno una parte di quello che potrei offrirti.”
La vide sorridere maliziosa “Chi te lo dice che avrei assaggiato io?”
I neuroni impazzirono: li sentì distintamente correre in giro per la sua scatola cranica e andare a sbattere l’uno contro l’altro. La Shanaconda aveva puntato la preda. Tutte quelle allusioni senza concludere nulla lo stavano tirando scemo. Ma non era il momento esatto per sparire con lei. 
“Allora non sei una santa!”
“Mai detta una cosa simile!” gli disse scuotendo la testa. Alzò lo sguardo e lo puntò nei suoi occhi. “Evitiamo di dirlo a Jared. Sai che non la finirebbe più di romperci le scatole, vero?” gli rispose ridacchiando.
“Ah, bè! Fino a quando riusciamo a tenerglielo nascosto-” iniziò Shannon, ma fu interrotto dalla persona presa in considerazione che si avvicinò con un enorme sorriso stampato sul viso.
“Tenermi nascosto cosa?”
“Ecco, è arrivato il pettegolo. Ciao Jared!” lo salutò Savannah pizzicandogli le guance.
“Allora, vi state divertendo? Siete così carini insieme!”
“Smettila!!” lo rimproverò il fratello poco seriamente.
“Allora, quando vieni al MarsLab? C’è Emma che non ti vede dal matrimonio, si lamenta e dice che deve farti assolutamente vedere le foto del viaggio di nozze.” Sbuffò il fratello minore.
Rispose Shannon per lei “Il prima possibile! Altrimenti poi la dobbiamo sorbire noi!” poi si rivolse alla ragazza “Vieni un giorno a cena da noi. Prendiamo cibo da asporto e ci mettiamo tutti sul divano a dire scemate! Ti piacerà…”
Savannah sorrise ad entrambi, annuendo. “Va bene. Quando volete mandatemi un messaggio e io mi tengo libera per la serata! Comunque non è di certo colpa mia. Sei te che hai schiavizzato quella povera donna!”
Jared ululò di gioia, facendo ridere gli altri due.

Un’ora dopo, la ragazza dovette andare via, rimanendo con la promessa di rivederli. Prima di andare, lontano da occhi indiscreti, Shannon la prese per mano e, con la scusa di salutarla, le lasciò in mano un biglietto con sopra il suo numero di telefono.

**************ANGOLINO DEL DISAGIO************
Giusto perché penso di avere una scaletta precisa da rispettare… poi non reggo e mi dico “ma sì!!!! Aggiorniamo prima!!!!”
Ok, la Shanaconda punta sempre a nord… ma qualcos’altro si sta smuovendo dentro il nostro batterista del cuore. Curiosità? Interesse? Shannon passione paleontologa- ehm- paleontologia?
Per darvi un riferimento sulla camicia di Jared… Coachella 2016
http://media.gq.com/photos/571505673c2c86f474dc7628/master/pass/12-jared-leto-coachella-2016.jpg
Quella camicia era visibile dalla luna!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio come al solito… oh voi lettori silenziosi dei miei deliri mentali!
Vi voglio un sacco bene e al prossimo capitolo! <3
Un bacione, Lalli :3

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Capitolo 4
*** A thousand times I've tempted fate/A thousand times I've played this game ***


Capitolo 4

“A thousand times I've tempted fate/A thousand times I've played this game”


Vicki aveva intuito che qualcosa si stesse muovendo.
Battute strane di Jared, il nome di Savannah che ogni tanto usciva nei discorsi dei ragazzi… Aveva chiesto al marito qualcosa ma tutto ciò che sapeva era che Jared si era messo in testa che i due erano fatti l’uno per l’altra, che Shannon e Savannah si erano visti al Coachella e che lei aveva promesso che una sera sarebbe andata al MarsLab.
Aspettò l’ora di pranzo, prese il cellulare e chiamò l’amica.
Pronto? Ciao Vicki!” sentì dire dall’altra parte.
“Ciao Sav!! Ti disturbo?”
Assolutamente no! Sono ora in pausa!”
“Allora te lo chiedo: vieni a cena da noi questa sera?” le chiese sorridendo.
Da ‘voi’ chi?” chiese. Quel ‘noi’ richiedeva specificazioni.
“Da me e Tomo!” rispose lei angelicamente.
Siamo sicuri che non ti sei messa in combutta con Jared e mi trovo Shannon a casa vostra?”
Vicki scoppiò a ridere “No, vai tranquilla! Prometto che sarà una cena Shannon-free!”
Allora va più che bene! Se arrivassi un po’ prima che ti devo parlare lontana dalle orecchie di tuo marito?”
“Perfetto! Ti aspetto a casa! Vieni diretta dal lavoro che sarò qui ad aspettarti!”
Allora a stasera! Ciao Sig.ra Milievic! Ah! Posso portare qualcosa?”
“Assolutamente no! Al dolce ci pensa Tomo e al resto ci penso io! A dopo!!” e chiuse la comunicazione. Sorrise. Si prospettava una serata interessante.

Verso le 6.30 del pomeriggio il campanello di casa Milievic suonò.
Vicki saltellò verso la porta “Arrivoooooo!!”. Quando la aprì si trovò davanti Savannah appoggiata allo stipite con una mano sul fianco “Ciao cara, sono tornato! ROAR!” facendola scoppiare a ridere.
“Sei una cretina! Entra!” disse dandole un bacio sulla guancia. “Vuoi qualcosa da bere?”
“Se hai del the freddo volentieri, altrimenti l’acqua va benissimo!” le rispose seguendola in cucina.
“Ho tutto!”.
Vicki le versò un bicchiere di the e glielo porse. Aspettò qualche minuto di chiacchiere generali prima di fare la domanda decisiva. “Allora… cosa mi racconti di Mr. Leto Sr.?” Le fece un sorriso a trentadue denti, facendola strozzare col poco the che era riuscita a bersi.
“Mi dispiace, ma non so nulla sul padre di Jared!” cercò di tergiversare.
“Non tergiversare, cara la mia Sav. Shannon. Qui si parla di Shannon Leto.”
“Eh…” sospirò la bionda.
“Eh. Continua.” La invitò con un movimento della mano.
Savannah si sedette su uno degli sgabelli dell’isola che stava in mezzo alla cucina, respirò profondamente e iniziò.
“Non lo so… te lo ricordi che quando avevo appena conosciuto tutti voi grazie ad Emma a Jared era partito il trip e ci ha provato spudoratamente con me per i due mesi successivi?”
“E come dimenticarselo?” ridacchiò Vicki.
“Ecco. Però nonostante Jared sia sempre stato un gran bel ragazzo… gli voglio bene, questo è poco ma sicuro, ma non mi è mai partito l’ormone.”
“Ok… Invece per Shannon…?”
“Invece Shannon non l’ho mai cagato di striscio, lui non ha mai degnato me di alcuna attenzione, ma dal matrimonio non so che diavolo sia successo mi guarda con quello sguardo annienta-ovaie e… e…” sbottò prima di fermarsi per cercare le parole esatte.
“E…?”
“E Dio santo gli strapperei via i vestiti a morsi!” confessò arrossendo, nascondendosi il viso dietro le mani.
Vicki l’abbracciò ridendo “Sai, fa quell’effetto a molte!”
“Lo so!! Il punto è che non voglio cedere anche perché sai perfettamente che io non sono capace di fare solo sesso con qualcuno. Mi incasinerei. Shannon non è un tipo da relazione quindi mi dannerei la vita per un Leto e sappiamo tutte che è una cosa prettamente inutile.”
“E non posso che darti ragione…” annuì la donna. Capiva perfettamente. Aveva visto già troppe ragazze usate e lasciate dai due dannarsi l’esistenza. Se Savannah riusciva a proteggersi, forse era solo un bene.
“E cosa viene a dirmi? Che mi vuole conoscere meglio. Che gli interesso!”
Questa volta fu il turno di Vicki di strozzarsi con l’acqua.
“COUGH!! Noaspettacosa?” sbottò strabuzzando gli occhi. Shannon Leto certe cose non le diceva. Lo conosceva da anni ed era abituata a vederlo in compagnia di biondone con le tette e dall’intelletto pari o inferiore a quello di un’ameba. Senza offesa per le amebe. Savannah era tutt’altro. Poteva essere sicuramente una ragazza che fisicamente lo attraeva (magari aveva una o due taglie di reggiseno in meno del suo standard), ma a il suo quoziente intellettivo, le sue capacità erano esponenzialmente superiori alla più sveglia che gli aveva mai visto frequentare.
“Hai capito benissimo, Vicki.” Le disse fulminandola.
“Sono sconvolta. Giuro. E non perché sia tu… ma per quello che ha detto lui!”
“Poi lo stronzo ovviamente mi provoca, io faccio battute con doppio senso, lui coglie la palla al balzo e le peggiora.”
“E tu gli vai dietro. Ti conosco, vecchia sporcacciona!” la prese in girò dandole dei colpetti con la spalla. Almeno sdrammatizzò la situazione. “Vai tranquilla tesoro… E’ vero, Jared si è messo in testa che tu e suo fratello siete perfetti l’una per l’altro e forse è davvero così. Shannon sappiamo tutti com’è, ma credo che se non fosse stato davvero interessato a te certe cose non le avrebbe nemmeno dette. Sai che non è uno di molte parole. E quelle che dice non le getta via a caso.”
“E su questo potresti avere ragione.” Concordò Savannah annuendo.
“Però per sapere qualcosa di più dovremo aspettare Tomo!”
“E non ti ho detto che ad un certo punto mi ha chiesto se fossi onnivora perché aveva il timore di accogliere nella sua vita una possibile vegana come Jared!” le disse con nonchalance sapendo ciò che avrebbe scatenato.
Vicki si strozzò ancora con l’acqua e iniziò a tossire.
L’uomo entrò saltando in cucina tutto allegro “Allora!!! Chi vuole una pigna di pancacke?!... Vicki tutto a posto?”
“Amore, mi sa che stasera ci vorrà qualcosa di più forte dei pancake!” gli rispose lei dopo essersi ripresa dall’attacco di tosse.

Alla fine per non mangiare troppo tardi si organizzarono facendo tutti e tre insieme degli okonomiyaki e Tomo fece sì i pancake, ma li accoppiarono farcendo il mezzo di nutella.
“Cavolo… ecco perché ti stavi strozzando! Woh… sembra una cosa grossa.”
“Te lo dico io cosa c’è di grosso…” commentò sovrappensiero Savannah acciambellata sul divano mentre si metteva in bocca una cucchiaiata piena di nutella.
Vicki scoppiò in una risata incontrollata, mentre Tomo la guardò sconvolto “Savannah, non mi sembra di averti cresciuta in questa maniera. Non ti faccio più stare con Shannon nella stessa stanza.”
“Bè, sarebbe una cosa buona! Almeno non cado in tentazione!”
“Sarebbe da dirgli questa tua uscita!”
“Certo! Così te lo trovi fuori casa dopo un secondo che gli hai inviato il messaggio!” scherzò Savannah, il cucchiaino ancora in bocca.
“Ma lo sa che anche te hai queste uscite? No, perché se dovesse venire a saperlo non lo ferma più nessuno!” commentò Tomo sorseggiando birra.
“Ogni tanto me le tira fuori, ma metto sempre un filtro.”
“Altrimenti non saremmo qui a fare questa conversazione!” disse Vicki riprendendo fiato dalla risata “E smettila di mangiarti la nutella! Mi stai facendo fuori il vaso!”
“Oh suvvia te lo ricompro se proprio ci tieni!” commentò scavandoci ancora dentro, tirando fuori una bella cucchiaiata piena, guardandola con cupidigia. Si mise ancora in bocca il cucchiaio andando in estasi.
“Sai perfettamente che qualcuno si sostituirebbe con quel cucchiaio di nutella molto volentieri, vero?” rise Vicki.
Savannah, ancora il cucchiaio in bocca, si girò a fulminarla. “I miei ormoni mi stanno dicendo che non sei simpatica!”
Tomo l’abbracciò “Perché non dargli un’occasione? Esci con lui!”
“Se lui me lo chiedesse potrei pensarci, sicuramente non sarebbe un no secco. Ma io, di certo, il primo passo non lo farò. Non mi lancerò di mia spontanea volontà tra le braccia di una possibile situazione di merda.”
Il cellulare della ragazza iniziò a squillare e l’intro di una canzone riconoscibilissima riempì l’aria.
“Up in the air?” rise Tomo.
“Ehi, non sono una Echelon, ma non è mica colpa mia se questa canzone ha un inizio talmente power che ti fa sentire la chiamata! E poi è bella!” commentò lei cercando disperatamente il cellulare che si era sfilato dalla tasca e si era infilato tra due cuscini del divano.
Guardò lo schermo. Il bel visino del batterista la guardava con quegli occhi dal taglio quasi felino che cambiavano colore alla luce del sole. In quella foto in particolare erano verde/nocciola. Gliel’aveva mandata qualche giorno prima e lei l’aveva messa come foto di riferimento in rubrica.
Rimase basita.
Sì, ogni tanto si scambiavano qualche messaggio, ma non l’aveva mai chiamata.
Tomo e Vicki guardavano lo schermo con la ragazza. Alzarono lo sguardo insieme guardandosi sconvolti negli occhi, per poi riabbassare lo sguardo.
“Sav, rispondi.” Decretò l’amica, mentre il marito annuiva.
“O-ok…” premette il tasto verde. Respirò a fondo e iniziò la conversazione.
“Parli del diavolo… ciao Shannon!”
Buonasera… stavi parlando di me?” le chiese. Si sentiva addirittura dal suo tono che stesse sorridendo.
“Assolutamente sì. E di quanto tu sia altamente-”
Sexy e arrapante?” la interruppe
“No. Di quanto tu sia invadente.” Gli rispose sorridendo.
Bè, obiettivamente non posso darti torto. Mi piace invadere certi spazi. Comunque ci hai messo tanto per rispondere. Ti ho per caso interrotto in una sessione di… non so… piacevole intrattenimento personale?”
“Se con piacevole intrattenimento personale intendi strafogarmi di nutella a casa di Vicki e Tomo… sì. Mi hai interrotta!”
Sei a casa loro?” le chiese stranito.
“Certo! Sono miei amici! Non posso scusa?”
Assolutamente no! Anzi, salutami Mofo e moglie!”
Savannah staccò il telefono dall’orecchio “Vi saluta Shannon.” “CIAO SHANNON!!!!!!” urlarono i due direttamente nel microfono dell’apparecchio. La ragazza rise. Quei due sì che erano fatti l’uno per l’altra.
“Hai sentito il loro saluto?”
Senti come se la ride… mi hanno distrutto un timpano! Senti, ti chiamavo per una cos- ma che ca-” si sentì interrompere dall’altra parte della cornetta. Dei rumori di sottofondo attutiti, delle voci.
“Shannon…? Tutto bene?”
“Sì, tutto bene. E’ l’ego di quel coglione di mio fratello che è più ingombrante di quanto si creda.” Rispose con tono piatto facendola sghignazzare. “Comunque. Ti ho chiamata per un motivo effettivo.”
“Che sarebbe?” il cuore le stava battendo all’impazzata, se lo sentiva in gola. Prese la mano di Vicki e se la mise sul petto per farle sentire il livello di agitazione. Lei sorrise e mimò con le labbra “Calma…”
Ti va di uscire con me?”
Bom. I neuroni interruppero la sinapsi iniziando a sbatacchiare. Il battito schizzò alle stelle. Ringraziò di essere seduta, altrimenti sarebbe caduta a terra. Prese la mano di Tomo e la posò sulla giugulare. “Respira altrimenti ti prende un infarto!” le sussurrò per non farsi sentire dall’amico.
“… Savannah? Ci sei?”
Non si era accorta che il tempo trascorso per assimilare la domanda era stato di qualche secondo troppo lungo.
“Sì! Sì! Ci sono!” rispose con troppa enfasi.
E…?”
“E… solo ad una condizione.” Disse recuperando una lieve percentuale di facoltà mentale.
Spara!”
“Nulla di troppo figo e che non finisca con me e te nella tua camera da letto, anfratto buio, macchina o simile!”
Shannon dall’altra parte rise “Agli ordini! Venerdì sera ti va bene?”
“Va benissimo!”
Allora ci sentiamo! Mi inventerò qualcosa!”
E la comunicazione finì.
Savannah guardò il cellulare. Alzò lo sguardo e lo riabbassò.
“Allora?!” chiese Vicki impaziente, sedendosi con tutte le gambe sul divano.
“Venerdì sera esco con Shannon.”

****************ANGOLINO DEL DISAGIO**************
Nonostante l’aggiornamento di qualche giorno fa, fa nulla. L’aggiornamento del giovedì lo faccio lo stesso.
E’ un piccolo capitoletto di passaggio, ma mi piaceva scrivere del rapporto Savannah/Vicky/Tomo. Che me lo immagino si comporti con la nostra eroina come un fratello maggiore.
Il selfie di Shannon che Savannah si è messa come immagine di riferimento è questo:
https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/736x/a0/17/64/a01764dd5d7dd19b1c3bcfc9523a9f54.jpg
Spero vi sia piaciuto e spero di leggere qualche vostro pensiero! (Se vi fa schifo ditemelo. Sono una ragazza forte. So allacciarmi i sandali e tutto il resto. Ok, la finisco con le citazioni disney)
Auguro un buon ponte lungo a tutti <3 (mi godrò tre giorni di ferie e una bella grigliata in compagnia *w* Jared rabbrividirebbe al pensiero)
Un bacione e alla prossima, Lalli :3

 

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Capitolo 5
*** “You could've rolled your eyes/Told me to go to hell/Could've walked away/But you're still here/And I'm still here/Come on let's see where it goes” ***


Capitolo 5
“You could've rolled your eyes/Told me to go to hell/Could've walked away/But you're still here/And I'm still here/Come on let's see where it goes”
 
Savannah si stava finendo di preparare.
Aveva optato per qualcosa di carino, ma non troppo elegante.
Era un vestito nero con realistici fiori bianchi con una gonna che arrivava poco sopra il ginocchio, una cintura nera alla vita e molto morbido sul seno. Aveva una bella scollatura a V ma nulla che facesse vedere troppo.
Si era sistemata i capelli lasciandoli sciolti e si era truccata il viso con un filo di trucco. Nulla di esagerato, ma giusto quel filo di ombretto, matita nera e mascara per far risaltare i suoi occhi, un filo di correttore e una passata di blush.
Stava sistemando gli orecchini quando il telefono iniziò a suonare.
“Ciao Shan!”
“Signorina esca! Sono fuori che ti aspetto!”
“Arrivo!”
Uscì dallo spogliatoio dei dipendenti del museo e, cercando di non correre, attraversò il corridoio, arrivando nella hall del museo che stava per chiudere.
Matt, la guardia, passava di lì in quel momento “Fortunato il ragazzo che ti aspetta!”  le disse alzando il berretto.
“Ah, Matt! Sei un uomo di altri tempi!!” gli disse sorridendo. “Ci vediamo lunedì!”
 
Uscita dall’entrata principale vide l’uomo appoggiato alla macchina, gli occhiali da sole inforcati e l’espressione concentrata. Quando capì che la donna che vedeva camminare verso di lui era Savannah, sorrise e alzò la mano in segno di saluto. La vide aumentare in passo e correre l’ultima decina di metri che li dividevano, trovandosela davanti in poco tempo.
“Ciao…” la salutò sorridendo sghembo.
“Ciao Shan. Allora, sono vestita abbastanza bene per dove mi devi portare?” gli chiese sorridendo. Alla fine l’uomo era rimasto molto sul vago riguardo la destinazione dell’appuntamento.
“Perfetta! Anche se forse vestita in questa maniera sembri più una tortura per me. Mi hai praticamente vietato di finire la serata nel migliore dei modi!”
In risposta gli fece una pernacchia.
Avevano deciso di trovarsi direttamente fuori dal Museo di Storia Naturale, visto che lei, abitando a Pasadena, tra il tragitto e il tempo di prepararsi ci avrebbe messo troppo.
Mise la borsa col cambio nel baule della macchina e si sedette sul sedile del passeggero.
“Dove mi porti?” gli chiese allacciandosi la cintura.
“Adesso lo vedrai!” le rispose sistemandosi sul sedile. Accese la macchina e si invischiò nel traffico di Los Angeles.
Guidò per una mezz’ora arrivando vicino al pier di Santa Monica.
“Noooo!!! Non ci credo!!! Mi porti al luna park??” esclamò scendendo dalla macchina. Lo guardò con gli occhi spalancati e un sorriso felice da bambina. “Giochiamo a sparare ai barattoli?? TIPREGOTIPREGOTIPREEEEGOOOOO!!”
“Solo se la smetti di fare la bambina petulante!” le disse prendendole il mento tra pollice e indice, sorridendole malefico.
“Antipatico.”
Raggiunsero a piedi il luna park, tra negozi di souvenir anni ’60, turisti e giostre. Arrivarono infondo al pier, entrando al ristorante messicano.
Li misero in un posto abbastanza appartato, davanti al mare, il sole che oramai tramontava.
“Hai corrotto il cameriere per avere questo posto?” scherzò lei appoggiandosi alla balaustra in legno.
“No, solo quando ho chiamato gli ho chiesto il posto più appartato che avesse… e ho prenotato con cognome Leto.” Le rispose appoggiandosi accanto a lei.
La guardò attento.
Sì, era davvero bella.
No, era da togliere il fiato.
In quel momento il residuo del sorriso aleggiava ancora sulle sue labbra, aveva lo sguardo perso, all’orizzonte. I suoi occhi grigi avevano assunto una tinta aranciata per il sole e i suoi capelli biondi fiammeggiavano.
La vide girarsi verso di lui, sostenendo il suo sguardo.
Era davvero da mozzare il fiato. I capelli corti, con quel ciuffo leggermente più lungo, le sopracciglia marcate, gli occhi verdi. Indossava una canotta a righe e una giacca di pelle.
Prima che uno dei due potesse dire qualcosa arrivò il cameriere portando i menu, interrompendo l’atmosfera.
Si sedettero, ordinando abbastanza cibo da sfamare un esercito.
“Sei sicura che riuscirai a mangiare tutta quella roba?” chiese l’uomo sconvolto dopo che il cameriere prese le ordinazioni.
“Shannon caro, tu sottovaluti il mio stomaco… e non mi hai vista mangiare al giapponese!”
“Ti piace il giapponese?? Perfetto! La prossima volta ti ci porto!” commentò entusiasta.
“Sei già sicuro che ci sarà una seconda volta? E se non mi sopportassi già a metà serata? E se non ti sopportassi io per metà serata?” gli chiese sporgendosi verso di lui.
“Mmmhh… le vedo entrambe possibili, ma non probabili!”
“E perché di grazia?” chiese alzando il sopracciglio.
“Perché stasera sei… diversa dal solito. Potrai essere strana quanto vuoi, io continuerò ad essere stupito… e Dio, non odiarmi, ma in questa posizione vedo oltre la scollatura e quello che sto vedendo mi piace parecchio.”
La ragazza rimase ferma, passò qualche decina di gradazioni di colore e sorrise maliziosa.
“Mi dispiace, ma come da accordi non finirà come speri!”
“Bè, ma negli accordi era escluso il sesso, non un arrivo in seconda base.”
Savannah fu colta i contropiede. “Dannazione, hai ragione!” lo guardò per qualche secondo e iniziò a ridere allegramente.
Mangiarono tutto quello che venne portato, discussero su chi avrebbe pagato la cena (alla fine vinse Shannon che, con la scusa di andare in bagno, allungò la carta di credito al cameriere) e dopo essere usciti dal ristorante, l’uomo le passò il braccio attorno al collo, avvicinandola a sé.
“Bene, cosa vuoi fare ora?”
“Tu cosa avevi in mente?” gli chiese passandogli il braccio sulla vita.
“Mmmh… dato che dopo vuoi andare a sparare ai barattoli, pensavo prima di andare a fare un giro all’acquario, poi facciamo tutto quello che vuoi! Che te ne pare?”
Savannah lo guardò sconvolta, sbattendo le palpebre ripetutamente.
“Che c’è?”
“Non lo so… m’immaginavo di essere trascinata in un ristorante pieno di paparazzi, poi a ballare in un locale superaffollato dove ti conoscono tutti. Questo appuntamento mi sta lasciando sempre più basita.”
Shannon sorrise e si fermò, guardandola negli occhi. “Anche quella è una parte di me, ma volevo solo stare con te oggi, senza paparazzi, discoteche, alcool e macello. Volevo te e basta, quindi ti ho voluto far vedere un’altra parte di me… quella meno da rockstar.”
La ragazza abbassò lo sguardo e, dopo aver sospirato, lo invitò a continuare a camminare.
“Questo però è giocare sporco, Leto.” Disse con tono leggermente più basso, arrossendo.
Shannon la sentì e, sentendo una sensazione strana alla bocca dello stomaco, le diede un bacio sulla tempia.
Andarono all’acquario, aperto di sera per un’apertura speciale, passando per le vasche, e, verso la fine, finirono sotto l’arcata di vetro, circondati da acqua e pesci.
“Shan! Gli squali!!” esclamò lei, prendendogli la mano e si avvicinò correndo alla parete, guardando a bocca spalancata uno squalo grigio che nuotava placidamente sopra le loro teste.
“Questo starà lungo sui due metri e mezzo… forse quasi tre. Pensa ad una cosa. Il megalodonte, hai presente di cosa parlo? - uno squalo preistorico, era almeno 10 volte più grande di questo.”
“Ah, sì! Ricordo di aver visto qualcosa su Natural Geographic… era una sorta di documentario!” ricordò l’uomo annuendo.
“Sono tutte cagate. Era uno squalo preistorico, decisamente estinto, ed era almeno 10 volte più grande di questo. Ucciderei per avere tra le mani almeno un dente! Ho visto una foto ed era grosso quanto le mani della persona che lo teneva!” Lo guardò. Capì che l’ultima frase era piena di doppi sensi, intuì quello che gli stava passando per la testa e gli puntò contro il dito. “Non azzardarti a dire quello che stai per dire perché tra la Shanaconda e il dente di Megalodonte non c’è alcuna connessione logica!” tentò di dire mantenendo un tono serio, fallendo clamorosamente verso la fine.
Shannon si avvicinò, mettendole le mani sui fianchi e attirandola a sé. “Da paleontologa che sei non dovresti fare supposizioni su ciò che non hai mai visto!”
“Dubito altamente che il tuo pene si possa definire un fossile, Shannon… anzi, mi sembra più che vivo!” rise lei.
“Bè, tu hai messo paletti, ma comunque posso sempre darti un’idea di cosa tu ti stia perdendo!”
“Non ti ho detto mai, Shan. Ho solo detto non stasera.” Rispose alzandosi in punta di piedi per dargli un bacio sulla punta del naso.
Lo prese per la mano e proseguì col percorso, felice e soddisfatta di quello che aveva fatto.
Quell’appuntamento per il batterista continuava ad essere sempre più sconvolgente.
Savannah era una ragazza normale. Totalmente normale. Ma non normale con accenno negativo. Normale con l’accenno più positivo che potesse avere.
Era bella, quello sì, ma come la sua mente gli aveva fatto notare più volte prima di quel giorno, diversa.
Sì, diversa.
Era diversa dalle altre con cui era uscito (attrici, cantanti, modelle, donne senza cervello o senza scrupoli…).
Sapeva suonare la chitarra, amava cantare, il mare, il tramonto, era una paleontologa e adorava dinosauri e squali preistorici. Adorava ogni tipo di cibo disponibile sulla faccia della terra e non si faceva problemi a mangiarne in quantità davanti a lui.
Era normale e diversa.
E quella normalità gli piaceva. Gli piaceva parecchio.
Uscirono dall’acquario e si diressero verso i vari negozietti.
“Ho un’idea. Facciamo i turisti!” le propose Shannon entrando in un negozio anni ’60, pieno di chincaglieria di ogni genere.
“Certo!! Sei proprio credibile come turista! Vai praticamente in giro con un’insegna luminosa e lampeggiante come un casinò di Las Vegas sulla testa!” gli disse raggiungendolo, facendo tintinnare delle conchiglie appese di fianco alla porta.
L’uomo prese un paio di occhiali da sole, li indossò e si voltò. “Che dici, mi donano?” Erano occhiali dalla montatura dorata, lenti rosa e rotonde.
Savannah scoppiò a ridere “Dio, sei terribile!!”
“Così uccidi il mio amor proprio!”
“No, se te li tieni su ancora uccidi me dalle risate!!” esclamò tenendosi la pancia.
Si guardò allo specchio. Ok aveva ragione. Era totalmente ridicolo. Però non poteva dargliela vinta. Ehi, rimaneva sempre e comunque Shannon Leto!
“Ah sì? Vediamo se anche tu sei così ridicola da farmi morire dalle risate!!” rispose leggermente offeso. Se li tolse, li inforcò alla ragazza e sbuffò. “Ti odio.”
“Perché? Ti sei offeso per così poco?”
“No! E guardati allo specchio!”
La ragazza si voltò “Ehi! Non sto così male! Faccio ridere, ma non sto così male!” Sorrise, fece spallucce e li rimise a posto.
“Non li prendi?”
“Shannon, quando mai potrò mettere degli occhiali simili? Oddio, potremmo regalarli a Jared… lui sicuramente li metterebbe!”
Alla fine Shannon la spuntò, riuscendo a comprare gli occhiali, che le inforcò sulla testa, spostandole i capelli dal viso.
 
“Sai, Jared una volta mi ha detto che sperava tu diventassi un po’ più femminile… per quello che vedo non so cosa voglia di più!” commentò ad un tratto Shannon. Le aveva circondato in collo con un braccio e camminavano così per il pier.
Savannah arrossì “Tuo fratello è scemo, e lo sappiamo tutti. Solo che… oddio… non è che mi vesta così tutti i giorni.”
“Devo considerarmi fortunato allora? Tre volte su quattro che ti ho vista sono rimasto parecchio soddisfatto! Anche se oggettivamente devo dire che quella maglietta dei ghostbusters tirava piacevolmente su una certa parte…” disse più a sé che a lei.
“Ehi!!! Smettila di guardarmi ogni volta le tette! E non denigrarmi quella maglietta! Ghostbusters era il mio film preferito da piccola e continua ad esserlo anche ora! Non sai quanto ho fatto diventar pazza mia madre quando mi rimproverava!” e con voce spettrale disse “Qui non c’è nessuna Savannah… c’è soltanto Zuul!!”
Shannon scoppiò a ridere di cuore. Non rideva così tanto ad un primo appuntamento da quando era ragazzino. Forse nemmeno allora.
“Senti Zuul, guarda là davanti a te!”
La ragazza si voltò e sorrise “La giostra francese!” esclamò prima di correre verso la grande giostra circolare e prendere due biglietti.
Si misero in fila e, quando fu il loro turno salirono prendendo posto su due cavalli vicini.
“Ti giuro, non salgo su una giostra simile da quando ero bambina…” sussurrò emozionata.
La giostra partì, i cavalli iniziarono a salire e scendere lentamente.
Savannah gli sorrise, felice. Shannon era stato fantastico quella sera. Era stato sé stesso. Un po’ un porco, ma comunque sempre sé stesso. E quella parte del personaggio che era Shannon Leto le piaceva. Le piaceva tanto. Non l’avrebbe mai detto, si era sempre rifiutata quando Jared le diceva di uscirci insieme, pensando chissà cosa. Ma fortunatamente le cose erano andate come voleva il destino e, sicuramente, erano andate molto meglio delle più rosee aspettative dell’amico.
Lo vide restituirle lo sguardo, intenso. Sorrise sghembo, mettendole una mano sulla guancia. Fece per avvicinarsi a lei… quando la giostra finì il suo giro.
“Qualcuno deve avercela con me.” Disse con tono piatto facendola ridacchiare. Era arrossita. Non se n’era reso conto.
Scesero dai cavalli e Savannah camminò davanti a lui. “Allora, andiamo a sparar-”
Aveva deciso di prendere in mano da situazione, alla faccia di chi gli stava impedendo da tutta la serata di sfruttare il momento perfetto per farlo.
Le prese una mano e, con una spinta, la tirò a sé, prendendole il viso tra le mani, baciandola in mezzo alla folla.
Il bacio fu un climax. Lento, sensuale, affamato, vorace… animalesco.
Entrambi avvinghiati l’uno all’altra, in pubblica piazza e nello stesso tempo nascosti al mondo dalla folla che camminava loro attorno.
Savannah si scordò tutto. Come si chiamava, il suo indirizzo di casa, l’alfabeto, come si faceva a tenere le gambe dritte e come si respirava. Quel bacio era un crimine contro l’umanità, un’arma nucleare, un distruttore di neuroni. Ma avrebbe pagato qualsiasi cifra al mercato nero per riuscire ad avere sempre con sé quell’arma.
Shannon sentì la mano di lei spostarlo leggermente e si staccò da lei, stranito e ansimante. La ragazza sapeva farci eccome. “Ho fatto qualcosa che non andava?”
La vide sorridere. “No, scemo, dovevo solo prendere fiato!” gli disse prendendolo per il bavero della giacca, tirandolo verso di sé, alzandosi in punta di piedi per schioccargli un forte bacio sulle labbra. Il cuore le batteva così forte che le rimbombava nelle orecchie.
“Ah mi sembrava! Io sotto certi aspetti non sbaglio mai!” commentò soddisfatto, circondandole col braccio le spalle, continuando a camminare nella direzione che stavano prendendo prima.
“Oh, modesto il signorino!” rispose lei, recuperando lentamente le facoltà mentali. Quel bacio le aveva annientato ogni facoltà cognitiva e motoria. Doveva ricordarsi di mettere un piede davanti all’altro.
 
Shannon sentì vibrare insistentemente in cellulare in tasca e lo prese. Lo schermo era pieno di notifiche di suo fratello.

“E’ la volta buona che uccido mio fratello.” Decretò guardando storto il cellulare.
“Cosa ha combinato?”
L’uomo le fece vedere la schermata che continuava a scorrere, facendogli vibrare la mano.
“Si sta annoiando. Il mondo piangerà Jared Leto, ma io avrò finalmente la mia amabile vendetta per tutti questi anni di sopportazione.”
“Dai, forza, plachiamo la fangirl in lui e mandiamogli una foto.” Propose lei prendendo il suo dalla borsa e scattando una foto di entrambi: lei sorridente che indicava i suoi nuovi occhiali da sole rosa e lui che fulminava direttamente il destinatario.


Rientrarono in macchina dopo ore di camminata tra il pier, i negozietti, le giostre e le chiacchiere seduti sulla sabbia fredda della notte con tazze di caffè in mano.
“Shan, grazie… è… è stata una serata meravigliosa.” Gli disse sorridendo sincera mentre risalivano in macchina.
“Dici così solo perché ci hai guadagnato un paio di occhiali!” le rispose allungandosi verso il sedile del passeggero per darle un bacio sulle labbra.
“Anche!!”
“Dai, ti porto a casa! Dove devo andare?” le chiese accendendo la macchina.
“Pasadena!”
“Agli ordini!!”
Uscì dal parcheggio e si infilò nel traffico di Los Angeles.
Dopo una mezz’ora di strada Savannah avvertì dei dolori strani. Una sensazione strana alla bocca dello stomaco.
“Shannon…”
“Sì?”
“Siamo vicini a casa tua?”
“Circa. Da qui sono circa 5 minuti di macchina… perché?” le chiese guardandola di sfuggita. Sembrava pallida.
“Se ti chiedessi un pit stop da te? Non… non capisco cosa succeda.”
“Certo! Cambio subito direzione.” Disse. Iniziò a preoccuparsi. Non stava bene. Non stava affatto bene. Era pallida, si teneva la bocca dello stomaco… Non dovrà mica vomitare! Pensò spalancando gli occhi.
Cercò di non pensarci. Doveva arrivare il prima possibile a casa sua.
 
Parcheggiò davanti alla villa e le aprì la portiera. “Sei sempre così gentile o è perché temi per l’incolumità della macchina?” scherzò lei tenendosi lo stomaco.
“Lo faccio solo perché sono preoccupato per te.” le disse sorreggendola. No, se avesse dovuto vomitare l’avrebbe già fatto… e allora cosa poteva essere?
Aprì la porta di casa e la portò verso il divano, ma lei lo bloccò. “No! Meglio di no! Dimmi solo dov’è il bagno e faccio tutto da sola!”
“Sali le scale, seconda porta a sinistra. Vuoi che ti accompagni?”
Cavolo, è davvero preoccupato! “No, Shan, davvero… ci penso da sola.” Lo rassicurò, accarezzandogli la guancia prima di scappare verso le scale.
 
Shannon andò in cucina a prendersi un bicchiere d’acqua e l’aspettò seduto sul divano, prendendo in mano la chitarra, iniziando a strimpellare qualcosa.
Quando sentì dei passi provenire dalle scale si voltò. “Ehi! Tutto a posto? Sei ancora pallida…”
“Sì, tutto a posto… ti ricordi che ti ho detto che questa sera non l’avremmo fatto?” gli disse prendendo colore sulle guance.
“Sì…” cercava di capire la connessione tra lei che stava male e il fatto che non l’avrebbero fatto. Era ovvio che sarebbe stato così! Non era mica un mostro lui!
“Ehm… adesso è proprio ufficiale. Mi sono arrivate.” Decretò lei, lo sguardo basso, e gli indici che si toccavano nervosamente.
“Oddio, e io pensavo che dovessi vomitare! Non stai bene però…” le disse alzandosi dal divano, avvicinandosi a lei e scostandole i capelli dalla fronte.
“Solo dolori un po’ più forti del solito, ma nulla di preoccupante.”
“Stanotte rimani qui.” Decretò Shannon prendendola per le spalle.
“Cosa?! Ma… ma non ho il pigiama, non ho un cambio… no no no!!”
“Tu a casa da sola non ci stai così. E se stai peggio durante la notte?”
“Shannon, ho il ciclo, non sto morendo!” esclamò alzando gli occhi al cielo.
“Non mi interessa. Stanotte dormi qui.”
Quando ci si metteva era peggio di un bambino capriccioso. “E va bene. Dormo qui!”
“Ah!” esclamò lui, per poi tentennare “Sei equipaggiata per ehm…”
“Sono una donna, Shannon. Sì, sono equipaggiata!” rispose ridendo. Gli uomini e gli assorbenti.
“Perfetto. Almeno non devo correre a comprarteli!”
 
Le diede per cambio una delle sue magliette abbastanza grandi, così che potesse fungere da camicia da notte e la fece sdraiare sul suo letto. Savannah si mise sotto le coperte, mettendosi su un fianco, picchiettando il materasso vuoto da parte a lei. “Sei sicura?” le chiese alzando un sopracciglio.
Savannah annuì, socchiudendo gli occhi.
“E va bene… ma se mi scappa la mano da qualche parte non lamentarti.” Le disse sdraiandosi di fianco a lei.
“Porco.” Rise lei.
Gli accarezzò la guancia, col dito passò leggermente i contorni della triad che aveva tatuata sotto l’orecchio sinistro, scese fino al collo, passando sulle quattro lettere in morse tatuate sul collo.
Sbadigliò e dopo pochissimo, si addormentarono entrambi.
 
*********************ANGOLINO DEL DISAGIO************************** 
Ecco... Shan ha abbattuto le barriere di Savannah e durante questo appuntamento me li sono immaginata taaaaaanto pucci *w*
Sono stata puntuale con l'aggiornamento (YAY!!!!!!!!) e.... spero di rivedervi al prossimo capitolo!! <3
Un bacione a tutti (ai lettori sileziosi e a chi, se vorrà, potrà dirmi cosa ne pensa ;) )
Lalli :3



 

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Capitolo 6
*** Are you gonna stay the night/Doesn't mean we're bound for life/So oh oh oh, are you gonna stay the night ***


Capitolo 6:
Are you gonna stay the night/Doesn't mean we're bound for life/So oh oh oh, are you gonna stay the night”
 
Shannon si svegliò di soprassalto.
Aveva dormito con una ragazza.
Lui.
Shanimal.
Colui-che-andava-di-una-botta-e-via.
Si era salvata solo perché aveva il ciclo, altrimenti non sapeva se si sarebbe trattenuto. Oggettivamente si domandava come fosse riuscito a trattenersi.
Si passò una mano sul viso, pronto a vedere la ragazza e iniziare a farsi una marea di seghe mentali. Si voltò. E la parte destra del letto era vuota.
“Ok, sarò pure rimbambito, ma mi ricordo perfettamente di non averla accompagnata a casa.” Biascicò, cercando di far funzionare i neuroni.
Le coperte erano sfatte, quindi aveva dormito lì.
Aveva bisogno di caffè per iniziare seriamente a fare pensieri connessi.
 
Si alzò dal letto leggermente barcollante, andò in bagno e si diresse verso le scale, iniziando a sentire un buonissimo profumo di qualcosa di dolce cotto e di caffè fresco. Bei ricordi di quando era bambino e si svegliava col profumo della colazione pronta gli si insinuarono nella mente, facendogli spuntare un sorriso sulle labbra.
“I'm feeling sexy and free
Like glitters raining on me
You're like a shot of pure gold
I think I'm ‘bout to explode”
La voce di Savannah proveniva dal piano di sotto.
“I can taste the tension like a cloud of smoke in the air
Now I'm breathing like I'm running cause you're taking me there
Don't you know you spin me out of control”
Jessie J. Una canzone del genere per iniziare bene la giornata. Strana scelta, ma il testo prometteva bene.
Scese le scale, dirigendosi verso la cucina. Sperava non fosse un disastro come Jared. E sperava non fossero pancake vegani. Gli uscivano dalle orecchie quelle cose.
Si fermò sulla soglia della cucina: Savannah stava preparando la colazione, il caffè caldo che scendeva lentamente dalla macchinetta alla brocca, la piastra per waffle che gli avevano regalato finalmente dopo anni era in funzione, su un piatto vicino ne vedeva già qualcuno pronto, il tutto in mutande e la sua maglietta, gli auricolari nelle orecchie e i capelli legati in una crocchia disordinata.
“Ooh ooh ooh ooh
We can do this all night
Damn this love is skin tight
Baby come on
Ooh ooh ooh ooh
Pull me like a bass drum
Sparkin' up a rhythm
Baby, come on!
Ooh ooh ooh ooh”
Oh, ti suonerei volentieri come una grancassa… Si trovò a pensare mentre si godeva lo spettacolo di lei di spalle che cantava.
Le si avvicinò e, attento che non avesse a che fare con la piastra bollente in quel momento, le passò le mani sui fianchi, sotto la maglietta, togliendole con la bocca uno degli auricolari, annusandole il collo. “Buongiorno Savannah…” le sussurrò, abbassando la voce di parecchi toni. Tomo lo prendeva in giro dicendo che quello era il tono “straccia-mutande”. Bè, funzionava sempre.
Savannah spalancò gli occhi, il cuore le finì in gola per lo spavento, ma socchiuse gli occhi, godendosi la sensazione delle mani di lui sulla sua pelle.
“Qui non c’è nessuna Savannah… c’è soltanto Zuul!” disse modificando la voce.
Shannon trattenne una risata, appoggiando la testa sulla sua spalla, facendola sghignazzare.
Non era possibile: riusciva sempre a smontarlo.
“Buongiorno anche a te Shan!” lo salutò allegra, appoggiando la testa alla sua, aprendo la piastra, togliendo il waffle oramai pronto.
“Prima mi sono svegliato di colpo.” Disse appoggiando il mento sulla sua spalla.
“Ti sei preoccupato perché non mi hai trovato nel letto pensando che fossi scappata durante la notte? Ma che carino…” lo prese in giro lei.
“No. Prima l’ormone mi ha fatto notare che stanotte ho solo dormito con te, poi il neurone mi ha fatto notare che non eri nel letto.”
Savannah si voltò verso di lui, braccia incrociate e sopracciglio alzato. “Ah bè, ovviamente la mattina vince l’ormone.”
“Ti sei salvata solo perché è arrivato il ciclo. Altrimenti saresti stata mia…” le disse stringendola a sé, facendole sentire quanto dicesse sul serio.
La ragazza spalancò gli occhi e abbassò lo sguardo, rialzandolo immediatamente. “Ma cos’hai là sotto?”
“Un giocattolino che quando vorrai sarà tutto a tua disposizione!” gongolò soddisfatto. Non era l’unico che doveva penare. Insomma. Nelle relazioni è tutto al 50-50 o no?
RELAZIONI?! Che diavolo sto dicendo?!
“Oh com’è fiero del suo amichetto!” lo prese in giro, circondandogli il collo con le braccia.
“Bè, che dire… ha sempre dato molte soddisfazioni!” rispose facendo spallucce.
La prese per le cosce, alzandola e prendendola in braccio, facendola sedere sul piano della cucina.
“Se tutte le mattine ho la promessa di averti in questa maniera vedendo questo spettacolo, potrei iniziare a pensare seriamente alla monogamia.” Le sussurrò, appoggiando la fronte alla sua. Aveva liberato il pensiero. Lei lo faceva sentire un altro, senza nemmeno fare qualcosa di specifico. Gli bastava pensare alla sera prima per sentirsi bene.
Savannah lo guardò, prendendogli il volto tra le mani. “Siamo solo io e te ora. Nessun altro. Non farti venire crisi esistenziali, non farti venire dubbi. Ci siamo solo io, te… e questa meravigliosa colazione fatta con le mie amorevoli manine. Ringrazia l’insonnia.” Finì sdrammatizzando la situazione, facendolo sorridere. Gli diede un veloce bacio sulle labbra e scese dal bancone. Shannon guardò la maglietta che aveva indossato “I’m sorry for what I said when I was hungry… Dove l’hai presa? Non la trovavo da mesi!”
“Era piegata, ma era finita a terra di fianco alla cassettiera! Dai, forza, ti ho pure preparato il caffè! Coi waffle ci ho preso la mano e mi sa che ne ho fatti troppi, ma puoi congelarli e infilarli nel tostapane quando vuoi! Almeno tua madre non si preoccupa che non mangi!”
L’uomo strabuzzò gli occhi “Mia madre? Co- Ah già che l’hai incontrata un paio di volte!”
Prese in mano un quadrato di waffle caldo e se lo mise in bocca, dannandosi immediatamente per la scelta, sventolando una mano davanti alla bocca aperta.
“Oddio ‘cotta!”
 
Dopo colazione, Savannah gli chiese se per favore poteva andare in macchina a prenderle il suo borsone, così che potesse cambiarsi.
“Scusami, vuoi già andare via?” le chiese deliberatamente con espressione da cucciolo.
“Se tu non vuoi, no, ma non posso stare in mutande tutto il giorno, caro mio.” gli rispose sbattendo le ciglia teatralmente.
“Peccato! Era un bel vedere!”
Dopo che si fu cambiata in camera da letto, scese in jeans e ancora la maglietta dell’uomo con un nodo alla vita, così che fosse di una lunghezza normale.
Lo sentì parlare al cellulare.
“Eh… non so cosa vuoi insinuare Bro, ma no. Sei peggio della mamma quando ti ci metti, lo sai?”
Gli si avvicinò, sedendosi sul divano accanto a lui. La tirò a sé passandole un braccio dietro al collo.
“Sì, è andato tutto bene ieri sera! … no, non te la passo. … come perché? Perché no! … Jay, saranno cazzi miei o no?”
Jared dall’altra parte del telefono iniziò a parlare a raffica, tanto che il fratello si staccò il telefono dall’orecchio, rivolgendosi alla donna.
“Chiede se vuoi vedire al Lab sto pomeriggio, però ti avviso… ci saranno le prove, sparirò per un po’ di tempo e non so a che ora ricompaio.”
“Bè, possiamo fare una cosa. Mi riaccompagni al museo, prendo la macchina e poi tu fai quello che devi fare, io vado a casa, mi faccio una doccia, mi cambio e poi arrivo diretta al Lab!”
“A me va bene tutto! Poi mi farai da spalla con mio fratello!” le disse facendola ridere di gusto.
Dal microfono del telefono si sentirono distintamente le parole di Jared.
“SMETTETELA DI TUBARE E CAGATEMI!!!!”
“Me lo passi?” gli chiese allungando la mano. Shannon le porse molto volentieri il cellulare.
“Cosa vuoi Drama-Divah!” gli chiese esasperata facendo scoppiare a ridere Shannon.
Gli stavi facendo un servizietto?” la provocò lui.
“No, tesoro. Io non faccio ‘servizietti’, io faccio servizi completi.”
A Shannon andò storta la saliva.
Oh, se lo merita. Fallo strozzare. Senti, sto pomeriggio vieni qui? Facciamo serata pizza, film, cazzeggiamo un po’, ci siamo qui tutti, io ti devo fare un terzo grado…” elencò come se fosse la lista della spesa.
“Da chi altri me lo devo aspettare?” chiese ridendo.
Oltre che da me, credo Emma e Vicki!
“Tutti e tre insieme sareste peggio del Tribunale dell’Inquisizione!”
Ah lo so benissimo!
“Ok, allora stasera vengo!”
Non voglio sapere cosa combini con mio fratello!!!” esclamò Jared.
“CRETINO!!!! Ci vediamo dopo, Torquemada!” gli urlò contro, passando poi il telefono a Shannon.
“Ehy. Ok, ci vediamo tra un paio d’ore!” e attaccò. Guardò Savannah, sorrise malefico e, artigliando le dita, si avventò su di lei facendole il solletico.
 
Shannon arrivò al MarsLab direttamente dal museo. Si sentiva tranquillo, sereno, come non si sentiva da un po’.
Aveva riaccompagnato Savannah e si erano dati appuntamento a pomeriggio tardi. Si stavano preparando per un tour negli Stati Uniti, quindi stavano continuamente provando. L’aveva salutata con un lungo bacio che di casto non aveva nemmeno l’inizio.
Non appena entrò sentì subito l’amorevole voce di Emma che sbraitava contro qualche povero malcapitato al telefono. La salutò passandogli davanti e lei, interrompendo la conversazione con l’altro si rivolse a lui cambiando totalmente tono di voce “I ragazzi ti aspettano in sala prove!” per poi riattaccare col discorso di prima.
Entrò in sala prove, trovando suo fratello che, chitarra acustica alla mano, cantava mentre Tomo si nascondeva il viso per le risate “Shan and Sav are sitting in a treeeeee… K-I-S-S-I-N-G!”
Il maggiore lo fulminò togliendosi gli occhiali “Sei un coglione.”
“Senti, Orazio Cane, oltre a dire ovvietà, di’ una cosa al tuo fratellino adorato… digli che è un genio del male e che aveva ragione su tutta la linea a volerti far conoscere Savannah!”
“Jared… sei a tanto così dal ritrovarti un paio di bacchette nelle retrovie.” Lo minacciò giocando con una delle due bacchette di legno lucido e chiaro.
Tomo si intromise, cercando di fare da paciere “Ragazzi, fate i bravi! Oggi non si doveva mica provare?”
“Giusto! Che poi inizi a sclerare che siamo in ritardo sulla tabella di marcia e poi ritardiamo ancora di più perché scleri!”
Punto sul vivo e nel suo cuore da Divah, Jared si zittì e, fulminando i due, decretò l’inizio delle prove.
Avrebbe rimandato la tortura su suo fratello a dopo.
 
***
Savannah arrivò al MarsLab verso le 5.20 del pomeriggio. Dopo che Shannon l’aveva lasciata al parcheggio con un bacio che, nuovamente, le aveva azzerato ogni facoltà cognitiva, era tornata a casa, si era fatta una doccia fredda, aveva mangiato qualcosa e aveva sbrigato un paio di commissioni che aveva in programma.
 
Suonò il campanello della villa.
Era leggermente in ansia. Con Shannon si trovava a suo agio in ogni situazione. Ma ora dopo quello che era successo la sera prima, si trovava per la prima volta con tutti e con lui. Lo sapeva, Jared poteva essere molto delicato e sensibile a volte, ma molte altre poteva essere un emerito cretino. Mentalmente pregava ogni divinità che la stava guardando in quel momento che quel giorno non fosse in vena dell’ultima ipotesi.
Si passò le mani sulla stoffa della maglietta. Alla fine si era cambiata mettendo un paio di short neri e una maglietta colorata morbida.
Aveva le mani sudate dall’ansia.
Una ragazza dai capelli biondi, il cellulare in mano e un sorriso caloroso stampato sul viso venne ad aprire.
“Ciao! Jared mi ha avvisata che saresti arrivata! Entra! Fa’ come se fossi a casa tua!”
Immaginava fosse una ragazza dello staff: indaffarata, cellulare in mano e giusto un filo d’ansia che le percorreva il corpo. Sì. Forse doveva trattarsi di Shayla.
Entrò nel salotto dove troneggiava una tv, un pianoforte, un divano e un po’ di disastro organizzato “alla Jared”.
Sorrise. Era da un po’ che non entrava in quella casa.
Si ricordò della prima volta che Emma (conosciuta da Starbucks in un momento di difficoltà – erano i primi tempi che lavorava per la Divah) l’aveva portata a conoscere Jared, il quale ci aveva provato spudoratamente per qualche settimana ma che lei aveva sempre rifiutato, creando però un bel rapporto. Un po’ strano, ma comunque un bel rapporto.
Sentì la voce della donna che, parlando da sola, entrava in sala “Ok, ora mi bevo un bicchiere d’acqua e faccio la chiamata.”
“Mi raccomando: ricordati anche di fare pipì. O Jared ha avuto la malsana idea di farti usare un catetere?” le disse sorridendo.
Emma si voltò ricambiando il sorriso “Ciao tesoro!! Quanto mi sei mancata!!” esclamò correndo ad abbracciarla.
“Mi sei mancata pure te! Ti sta facendo vedere esseri umani fuori da questa gabbia di matti o Tim ti deve venire a rapire?”
“Naaaah… ce la faccio a gestire anche Tim!” le rispose ridendo “Tra l’altro… ti devo far vedere le foto del matrimonio! Sono arrivate poche settimane fa e ce n’è una che non ho fatto vedere a nessuno. Quando ho un secondo libero te la faccio vedere.”
“Assolutamente! Tanto immagino che starò qui a cercare di trovare qualcosa da fare per un po’ di tempo!”
Emma si guardò attorno con fare circospetto.
“Senti, com’è andato l’appuntamento con Shannon?” le chiese sussurrando avvicinandosi.
“Allora?! Ti ci metti pure te?!” le rispose alzando gli occhi al cielo. Era tutto merito di quella pettegola di Jared. “Comunque bene. Anche se, sconvolgendo le aspettative di tutti non abbiamo davvero fatto nulla!”
“Cosa?!” esclamò Emma strabuzzando gli occhi.
“Giuro. Mi stava riportando a casa quando mi è arrivato il ciclo. Siamo corsi a casa sua e, visto che non stavo bene mi ha proposto di rimanere a dormire da lui.”
“Oddio che sfiga! Però è stato carino.”
“Parecchio.” Rispose Savannah arrossendo leggermente.
“Comunque i ragazzi sono ancora presi… se vuoi rimanere qui c’è la play, la tv, qualche libro… la cucina è dietro quella porta e… sì: stasera si pensava alla pizza. Se mi dici quale vuoi prendo anche la tua!”
 “Ehm… ok! Fai una prosciutto e funghi, ma poi dimmi quanto ti devo!”
Emma alzò un sopracciglio “Paga tutto il capo!”
E, detto questo, uscì dalla stanza con una chiamata già in corso.
 
La ragazza iniziò a guardarsi attorno. Sapeva che sarebbe passato ancora un po’ di tempo prima che i Mars avessero finito le prove, quindi decise di giocarsela col passatempo più produttivo.
Trafficò coi telecomandi e riuscì ad accendere la Play Station 4.
 
***
 
Emma li avvisò entrando in sala prove. “Ragazzi, io vi avviso: Savannah è arrivata ed è in salotto. L’ho lasciata su, credo si sia messa a leggere qualcosa.”
Il frontman sorrise sornione voltandosi verso il fratello maggiore che, asciugandosi il sudore dalla fronte con l’avambraccio guardò Tomo cercando un po’ di sostegno “Mi sento di nuovo alle scuole elementari. Aiutami tu. Ti prego!”
“Dai Shannon. Non capita spesso una cosa simile! Facci togliere qualche sfizio! Ah, Emma! Viene pure Vicky stasera! Ti ha avvisata?”
“Sì! Me l’ha detto Shayla! Ah, Jared: le pizze sono amorevolmente offerte da te.”
“E quando mai è stato il contrario?” commentò l’uomo generando risate nella sala.
 
Quando Jared decise che le prove per quel giorno potevano bastare si fermarono tutti, pronti per passare una bella serata.
I ragazzi entrarono in sala, trovando la ragazza seduta sul pavimento a gambe incrociate davanti alla tv.
Aveva preso un cuscino per stare più comoda e, il joystick in mano, stava giocando a Halo 5.
“Sposatela.” Gli aveva sussurrato Tomo all’orecchio mentre Shannon faceva fatica a tenere la mascella ancorata alla faccia.
Savannah non li aveva nemmeno sentiti, presa dal videogioco com’era. Si trovava circondata da Protettori e li stava seccando uno ad uno “Beccati questo brutto figlio di puttana…” e, quando ebbe finito di farli fuori tutti, mise il gioco in pausa esultando come una bambina lanciandosi di schiena sul pavimento, muovendo sconclusionatamente gambe e braccia. In quel momento li notò, guardandoli dal basso verso l’alto al contrario.
“Ehm… salve ragazzi!” li salutò muovendo le dita, leggermente imbarazzata.
Tomo fu il primo: le saltellò vicino e l’abbracciò stretta. “Ciao Sav!!”
“Ciao Tomo!!” lo salutò lei stringendolo a sua volta. Era proprio un orsacchiotto.
“AH!! Stasera c’è anche Vicky!”
“Uh fantastico!! Devo aspettarmi un terzo grado?”
“Oh, puoi contarci!” le rispose scompigliandole la testa.
Shannon le si avvicinò, sedendosi per terra di fianco a lei. “Sei riuscita a superare il punto in cui mi ero bloccato!”
“Bè, ci ho messo un attimino, ma ce l’ho fatta. Oggettivamente era parecchio ostico, ma puoi andare avanti.” Gli disse sorridendogli felice. Aveva paura che qualcosa dalla mattina potesse essere cambiato, ma da come la stava guardando capì che nulla era cambiato. Forse era solo un po’ stanco, ma il luccichio negli occhi la scaldava.
Era forse affetto?
“Bene, piccioncini. Voi finitela di tubare, io porto via Savannah per un attimo.” Disse Jared avvicinandosi alla ragazza, tendendole una mano per farla alzare.
“E va bene!” rispose lei accettando l’aiuto. Si alzò e, facendo l’occhiolino a Shannon, seguì l’amico. “I piccioncini sarebbero Shannon e Tomo?”.
 
“Allora?” le chiese quando furono al piano superiore, sicuro che fossero al riparo di orecchie indiscrete. Ora aveva messo da parte la sua parte scherzosa. Era il Jared serio e sensibile quello che parlava con lei.
“Allora cosa? Vuoi che ti dica che avevi ragione tu?” gli disse incrociando le braccia.
“A parte!” rispose facendo spallucce.
“Bè… diciamo che se avrò ancora a che fare con lui, il giorno che si stancherà di me sarà molto difficile dimenticarmi di tuo fratello.” Rispose senza guardarlo in faccia, andando ad affacciarsi alla finestra che dava sul cortile. Le costava enormemente dire quella cosa. Era la verità. Tra il Coachella e l’appuntamento della sera prima, Shannon Leto aveva acquisito importanza per lei. Più stava a contatto con lui, più lui diventava importante.
Jared le si avvicinò, appoggiandosi anche lui sul davanzale. “Perché dovrebbe stancarsi di te?”
“Jay, senti, guardami. Ti sembro lo standard di tuo fratello?”
“Tu non sei lo standard di mio fratello. Appunto per questo sono assolutamente convinto che lui non si stancherà mai di te.”
“Il tuo discorso è un filo contorto…” gli disse sorridendo triste.
“Assolutamente no. Tutti i suoi standard, come li chiami tu, sono sempre durati meno di un battito di ciglia a parte qualche eccezione. Non rientrando tu nei suoi standard, intellettualmente parlando ovviamente, saresti una scoperta continua.” Le spiegò gentile. Le voleva bene, non voleva che si abbattesse così.
“Potrebbe essere come dici tu, ma se così non fosse?”
“Ehy… ehy… vuoi sapere cosa ho visto prima in salone? Ho visto due persone che si avvicinavano l’un l’altra con timidezza, quasi timore. Vi siete appena sfiorati, ma vi siete scambiati uno sguardo che valeva più di mille parole. E lo sguardo di mio fratello l’ho visto rivolgere a pochissime persone in vita sua. E mai così presto. Fidati di me, Sav. E se sarai tu a rendere felice Shannon, io non potrò che essere felice a mia volta.”
Savannah lo guardò. Era serio, ma le sorrideva con gli occhi. Sospirò e appoggiò la testa sulla sua spalla.
Jared le circondò le spalle con un braccio, stringendola.
“Sai cosa mi ha detto Shannon stamattina? Che se ha la promessa di vedermi tutte le mattine in maglietta e mutande che me la canto mentre preparo la colazione potrebbe iniziare a pensare alla monogamia.”
Jared spalancò gli occhi, assimilando la frase del fratello. Magari aveva davvero ragione. Con tutto quello che Shannon aveva fatto per lui durante la vita, ora forse era riuscito a fare davvero qualcosa di buono per lui.
Rimasero così per un po’, quando lui si spostò.
“Comunque. Proprio le ballerine dovevi metterti?” disse storcendo il naso.
“Oh che rompiballe che sei!!” esclamò Savannah alzando gli occhi al cielo.
“Forza, torna giù, altrimenti pensano che stiamo facendo chissà cosa!”
La ragazza si mise a ridere “Direi che non è un’impressione buona da dare!”
“Fila! Io mi faccio una doccia! O vuoi assistere?”
Ecco, il solito Jared era tornato. “No, grazie Jared. Non mi interessa vederti nudo!” gli rispose uscendo dalla stanza.
 
Scese le scale e trovò Shannon preso con Halo 5 a continuare dove lei aveva finito. Si mise in ginocchio dietro di lui, circondandogli il collo con le braccia. “Non c’è nessuno nella stanza…” gli sussurrò all’orecchio, facendogli venire i brividi lungo la spina dorsale.
“Savannah… ringrazia che sei impossibilitata…” le rispose bloccando il gioco. In un secondo si trovò placcata in una presa, trovandosi semi sdraiata tra le braccia dell’uomo, guardandolo dal basso.
“Sai, l’altro giorno mi hai detto che sono ingombrante. Oggi tu non sei stata da meno.”
“Addirittura? Come può una come me essere ingombrante?” chi chiese arrossendo. Quell’uomo la faceva sentire come un’adolescente alla sua prima cotta. Doveva smetterla!
“Fidati di me. Lo sei. Jared oggi mi ha detto che L490 non mi è mai uscita meglio.”
“Sei un bravo musicista, Leto. Non è stato di sicuro merito mio.” gli disse avvicinandosi per dargli un bacio sulla punta del naso.
L’uomo azzerò la distanza con un bacio, stringendola più che poteva.
L’avrebbe fatto prima, ma tra Tomo e Jared presenti non voleva metterla in imbarazzo. Si sentiva un ragazzino alla prima cotta. E la cosa lo metteva un po’ a disagio.
Dalle scale, Jared, sceso senza far rumore, li guardava sorridente.
 
Erano tutti in salotto, un film nel lettore dvd e le pizze fumanti che lentamente stavano finendo.
Shannon era seduto sul divano di fianco a Tomo che, amorevolmente, passava una fetta di pizza a Vicky, seduta tra le sue gambe per terra e che parlottava con Savannah, seduta anche lei a terra tra le gambe del batterista.
“Sav, mi passeresti una fetta di pizza?” le chiese Shannon, fisso sul film. Era la scena dello stallo alla messicana di Pulp Fiction. Non si poteva distogliere lo sguardo.
“Uh? Certo!” e alzando il cartone della sua gliene offrì una fetta.
Vicky strabuzzò gli occhi “Gli offri del cibo tuo?!” Savannah non offriva mai del cibo di sua volontà. E chi osava rubarglielo dal piatto rischiava una forchetta infilzata nel palmo.
“Certo! Io gliene ho già fregata una della sua, quindi mi sento in dovere di restituire il favore!”
“Aaaah! Mi sembrava!”
“Ecco perché prima ne mancava una dal cartone!” commentò Shannon riscuotendosi dal film. In risposta ricevette un sorriso a 32 denti.
Lo vide abbassarsi su di lei e puntare il mento sulla sua testa.
“Jareeeeed! Tuo fratello mi da fastidio!” esclamò la ragazza tra le risate di Tomo e Vicki.
“Shannon, se devi darle fastidio, falla stare zitta!” commentò l’uomo beccandosi una cuscinata in faccia dopo pochi secondi.
 
***********ANGOLINO DEL DISAGIO**************
Buonasera a tutti bimbi belli!!
Aggiornamento (miracolosamente) in tempo anche questa settimana!!! YEAH!
Allora?... sono pucci, eh? *w* ok, forse troppo, ma la parte tenera dello Shanimal me la immagino un po’ così! Così come l’ambivalenza di Jared.
Spero che il capitolo vi piaccia, ringrazio voi lettori silenziosi (spero un giorno di leggere un vostro commento) e chi ha deciso di seguire la storia o che l’ha messa tra i preferiti: davvero grazie! <3
 
Un bacione e al prossimo capitolo,
Lalli :3
 
La maglietta è questa:
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Capitolo 7
*** Girl, you got the beat right, killin' in your Levis/High on your loving's got me buzzin' like a streetlight/It's still early out in Cali, baby, don't you wanna rally again/We'll find a road with no na ***


* PIccole avvertenze*
L'angolino del disagio sarà comunque presente alla fine, ma giusto per avvertirvi... preparate una dose di insulina.
Io ve l'ho detto. <3

 

 

Capitolo 7

Girl, you got the beat right, killin' in your Levis/High on your loving's got me buzzin' like a streetlight/It's still early out in Cali, baby, don't you wanna rally again/We'll find a road with no name, lay back in the slow lane/The sky is dropping Jupiter around us like some old train


Un paio di settimane dopo si trovarono tutti insieme un venerdì sera a mangiare giapponese al ristorante.
Jared guardava sconvolto Savannah che addentava un altro gunkan. “Sei una fogna.” Decretò, il suo tocchetto di sushi vegano ben saldo tra le bacchette ferme a mezz’aria. “Come fai a non ingrassare lo sai solo te.”
“Sport caro mio. Fit boxe e allenamento in sala. E poi mica mangio così sempre! È che il giapponese è buono!” rispose guardando amorevolmente l’ultima fetta di tonno crudo sul piatto di sashimi. La puntò con le bacchette, ma Shannon, seduto davanti a lei, fu più veloce. “Molla quella fetta, o giuro che ti eviro.” Lo minacciò.
“E faresti tutto ciò per una piccola fetta di tonno? Non proveresti mai le gioie della Shanaconda!” le disse facendo scoppiare a ridere l’intera tavolata.
“È finito l’idillio del “ti offro il mio cibo”?” rise Tomo, la sua ciotola di chirashi oramai mezza vuota.
“Non c’è mai stato quell’idillio: è un do ut des.” Specificò Savannah non staccando gli occhi dal batterista.
“Bè, tesoro, io qualcosa te l’ho offerta!” le rispose l’uomo guardandola diretta negli occhi, l’espressione “straccia-ovaie” stampata sulle labbra.
Vicki, seduta di fianco a lei, rideva di cuore. “Tesoro, io ci farei un pensierino!”
“Allora?! Ma tu dovresti stare dalla mia parte, non dalla sua!!” le disse la ragazza indicando Shannon che, ora sorridente, le faceva danzare la fetta di tonno davanti.

Si era creata una situazione strana.
Tutti sapevano che tra i due c’era qualcosa, non erano legati in una relazione, ma si comportavano come tale. Tomo e Jared in quel periodo di tempo avevano parlato parecchio insieme a Shannon, che confessò loro che non stava davvero né vedendo né sentendo altre donne. Tra gli impegni di entrambi (più dell’uomo che, a causa di prove, interviste, servizi fotografici era perennemente preso) riuscirono a vedersi poco, ma Emma aveva trovato quella sera di pausa per proporre a tutti una bella cena in un ristorante.

Era quasi l’una di notte, le due coppie di sposini se ne andarono, lasciando fuori dal ristorante Jared, Shannon e Savannah.
L’ultima sbadigliò sonoramente facendo ridere Jared.
“Ridi, ridi! Io non sono mica un animale notturno! Io la notte dormo! Soprattutto dopo una giornata stressante di lavoro.” rispose facendogli la linguaccia.
“Ah, la debolezza di voi esseri umani! La notte si crea! Oppure si va a caccia di prede!”
“A proposito di caccia di prede. Ho Debbie che mi rompe le palle chiedendo informazioni su di te dal Coachella.” Lo rimbrottò la ragazza. “Te la sei fatta, vero?”
“Ehm… Debbie? Debbie, Debbie, Debbie, Debbie, Debbie…” pensò Jared picchiettandosi l’indice sulle labbra.
“Bionda ossigenata, parecchio figa, alta, seno rifatto bene, occhi castani…” elencò lei incrociando le braccia.
Al cantante balenò in mente la figura “Ah!!! Debbie!!! Me la ricordo!! Sì! Sì, me la sono fatta. Non male la ragazza, ma lo sai, noi artisti siamo spiriti liberi!” si scusò lui facendo spallucce.
“E dopo questa io me ne vado a casa, così voi due potete andare a caccia di prede quanto volete!” esclamò Savannah spostandosi da loro due, le mani in alto. Con quella storia dello spirito libero il suo cervello si era risvegliato. I Leto sono spiriti liberi. Se l’era ripromessa di non incasinarsi con uno di loro, ma alla fine aveva mandato tutte le sue convinzioni all’aria nel giro di una serata. Dannato Shannon Leto.
Al diavolo tutte le belle parole che le aveva detto Jared qualche settimana prima.
Shannon fulminò il fratello vedendo il cambio repentino di umore e seguì la ragazza che si era già allontanata di qualche passo. “Ehy, come hai intenzione di andare a casa?” Le chiese, prendendola per le spalle.
“Shan… sono abbastanza grande da prendere un taxi da sola.” Sbuffò.
“Assolutamente no, e poi prima di andare a casa voglio portarti in un posto.” E si voltò verso il fratello “Ciao Bro! Buona caccia!”
Jared li salutò sorridendo felice e, preso il telefono, chiamò qualcuno.
Le circondò il collo col braccio, fece dietro front e la condusse verso una moto.
Savannah si bloccò. “E’ tua?”. Il cervello aveva sintonizzato l’attenzione verso la moto. Una Harley Davidson tutta nera col sedile in pelle chiara. “Po… Posso toccarla?” chiese con timore reverenziale. Aveva sempre desiderato una moto, ma non aveva mai avuto il tempo e il coraggio di imparare a guidarla.
“Tesoro, è la mia moto, puoi anche farci un giro se vuoi!” le disse sorridendo sornione, facendola voltare e guardarlo male.
“Sempre lì vai a parare?” lo rimproverò con molta poca serietà.
“E cosa ci vuoi fare… poi quei jeans ti fasciano talmente bene che mi suscitano pensieri impuri!” commentò sospirando facendola ridere.
Prese il casco e glielo porse. “Tieni, è ancora presto e io non ho alcuna intenzione di lasciarti andare.”
Savannah gli sorrise. “Agli ordini!”
E il premio a chi cambia idea veloce come un lampo va a…. SAVANNAH JONES!!!!!
Lo seguì, montando dietro di lui e tenendosi stretta alla sua vita. “Dove mi porti?” gli chiese dopo che accese la moto.
“Lo scoprirai tra un po’!” le rispose strizzando l’occhio.
La moto si spostò dal vialetto e la condusse sulla strada, diretto in un posto speciale.

Salirono sulle colline, la scritta di Hollywood illuminata sormontava il fianco di una di esse.
La aggirò, infilandosi in una strada che si inerpicava su una di esse, arrivando alla fine in uno spiazzo.
“Shannon… siamo dietro la scritta Hollywood?” gli chiese togliendosi il casco.
“Bingo signorina! Forza, smonta, così smonto anche io.”
Savannah scese dalla moto, recuperando la stabilità. Legarono i caschi al manubrio e si spostarono verso le monumentali lettere. “Sei mai stata qui?”
“No. Sono anni che vivo tra Los Angeles e Pasadena, ma non sono mai salita qui… soprattutto alle due di notte!”
Si sedettero tra due lettere, guardando il panorama sotto di loro. La città degli angeli si stagliava in tutta la sua grandezza. Luminosa come non mai e davanti ad essa il nero dell’oceano.
“Ho un’idea. Obbligo o verità. Tu puoi fare ogni tipo di domanda a me e io ne posso fare a te.” le propose.
Ci pensò qualche secondo prima di annuire. “Vai. Fammi qualsiasi domanda, Leto.”
“Data di nascita.”
“20 settembre 1983.”
“Allora sei nell’anno dei 34!” esclamò Shannon ridacchiando.
“Lascia stare, non ricordarmelo. Ogni anno mi sento sempre più vecchia! Turno mio! Ehm… colore preferito!”
“Oddio… non ne ho uno!”
“Sparane uno a caso!” rise alzando gli occhi verso il cielo pieno di stelle.
“Ehm… il nero! E il bianco!”
“Mi farò andar bene la risposta. Vai!”
“Cosa sai suonare oltre la chitarra?”
“Ehm… mia madre quando ero piccola mi ha fatto prendere lezioni di piano. Ora credo di ricordarmi come si suona solo Twinkle Twinkle Little Star!” rispose facendolo scoppiare a ridere “Però che so suonare decentemente c’è la chitarra, sia elettrica che classica, e il basso. Bene… il tuo tatuaggio sul collo. E’ in morse?”
“Bingo! La tua canzone preferita da suonare?”
“Oddio. Ce ne sono un paio che adoro suonare, ma quella che mi da più soddisfazione ha un rif facilissimo ed è potentissima: Ironman dei Black Sabbath.” Confessò sorridente. Quasi colpevole.
“Ascolti i Black Sabbath?!” le chiese sconvolto. Non sapeva come mai ma non se lo aspettava. Bè, da Savannah oramai aveva imparato ad aspettarsi di tutto, ma che ascoltasse quel tipo di musica… proprio no.
“Io ascolto di tutto! Se la canzone mi piace o mi trasmette qualcosa la ascolto a prescindere da chi la canti. A parte certi generi che proprio non mi piacciono, ascolto di tutto. Ma per i Black Sabbath devo ringraziare mio padre. Era un fan sfegatato di Ozzy!”
“Prima o poi riuscirò a sentirti suonare ancora la chitarra!” la minacciò, picchiettando il dito sulla sua spalla.
“Ah non se ne parla proprio!! Poi davanti a te che è il tuo lavoro! Proprio no!!” esclamò strabuzzando gli occhi per il terrore.
“E perché no? Mica ti mangio!” poi ci pensò su “Bè, lo farò, ma in altri ambiti.” Disse facendola sghignazzare.
“Ti ricordo che sei avanti di una domanda, quindi dopo te ne farò due. Comunque io non mi esibisco davanti a nessuno. Quella volta del matrimonio è stato un caso sporadico dato che era per Emma e me l’aveva chiesto specificatamente Tom. Io…” inspirò profondamente prima di lasciar andare il suo sfogo “…ho vergogna di tutto. Di parlare una lingua straniera davanti a qualcun altro. Di cantare a qualcun altro. Di suonare un qualsiasi strumento davanti a qualcun altro. Ho sempre odiato “esibire” le mie capacità. So che posso anche essere brava, ma ho vergogna e penso sempre che gli altri credano che mi stia pavoneggiando.” Lo guardò, vedendo che la fissava ammutolito. “Senti, lo so che è una cosa stupida soprattutto da dire ad un musicista che fa questo per mestiere, ma sono sempre stata una che si faceva i fatti propri e che stava nel proprio angolino, ed era molto confortevole.”
“Va bene, ma non esclude che prima o poi ce la farò. Ora tocca a te. Hai due domande!”
Savannah ci pensò su.
“Ok. Jared una volta mi ha detto che raramente ti sei innamorato. Perché? Se non vuoi rispondere puoi anche mandarmi al diavolo.”
Shannon spalancò gli occhi. “Wow. Bella domanda… bè… l’Amore con la A maiuscola è una cosa pericolosa. Può essere grande, come può essere terribile. Può elevarti come può distruggerti. Può anche cambiarti come persona. Forse ho sempre trovato qualcuno che non mi ha fatto elevare, o un amore che non fosse grande, oppure una per cui non valeva la pena cambiare come persona.” Rispose perso con lo sguardo sulla città.
“Ho un’altra domanda: perché io?” Era seria. Voleva saperlo. Erano settimane che la domanda le arrovellava il cervello.
Shannon si voltò verso di lei, rivolgendole lo stesso sguardo. “Perché tu? All’inizio era solo attrazione fisica. Ti ho vista così bella al matrimonio di Emma che il mio cervello non ha più capito nulla. Poi ho parlato con te e mi hai steso solo con le tue parole. Tu sei tu.”
Tu sei tu. Forse erano le parole più belle che qualcuno le avesse mai detto. Forse banali, sì. Ma erano sincere.
“Sei la normalità che mi manca, sei un punto fermo nella mia vita sregolata. Conosci perfettamente cosa ho passato. Dipendenze, il baratro, l’alcool. Ma non mi giudichi per nulla di questo. Sei… sei fantastica. E giuro, capisco che ti possa venire il diabete sentendomi dire una cosa simile e posso capirti ma non trovo altro modo per dirtelo, ma dovessimo scoprire che sei tu quella che potrebbe elevarmi come uomo, la cosa non mi stupirebbe.”
Savannah rimase senza parole per qualche secondo. “E’ la cosa più bella che qualcuno mi abbia mai detto.”
“Tomo sarebbe fiero di me probabilmente.” Le disse sorridendo fiero della reazione di lei.
“E Jared ti piglierebbe per il culo a vita.” Aggiunse lei ridendo.
“Allora… io ho risposto al perché tu. Ora: perché io no?” le chiese ad un tratto.
“Tu no? Ehy, non limono con chiunque io!” lo accusò offendendosi leggermente.
Shannon sospirò, alzando gli occhi al cielo. Sempre a puntualizzare.
“Non ora! Intendevo perché ho fatto così fatica per convincerti ad uscire con me.”
“Bè… Quando vi ho conosciuti, anni fa, vista la vostra reputazione in fatto di donne mi sono ripromessa di non incasinarmi con un Leto. E’ per questo che con tuo fratello non ci sono stata. Però a lui, nonostante mi abbia rotto l’anima più di quanto hai insistito te, è stato più facile dire di no.” Rispose sincera. Era inutile dire bugie. Era il momento delle verità e stavano sviscerando tutti i loro pensieri.
Shannon sorrise, soddisfatto di quello che aveva sentito. Picchiò le mani sulle sue cosce ed esclamò “Bene! Visto che hai vergogna di esibirti in pubblico, sei sul palco più silenzioso dell’intera Los Angeles. Qui non ti sentirà nessuno. A parte me, ovviamente.” Le disse indicando lo spettacolo di luci che era la città di Los Angeles dall’alto.
“Dici poco!”
“Forza! In piedi!” la incitò alzandosi a sua volta.
“Certo, come in Rock of Ages. Sappi che non canterò Don’t Stop Believin’.” Lo fulminò incrociando le braccia.
“Puoi cantare qualsiasi cosa vuoi. Ma nulla a sfondo sessuale, altrimenti non rispondo di me!”
“Ah, peccato, stavo pensando a I Kissed A Girl di Katy Perry, ma la devo scartare allora!” rispose alzandosi, facendogli la linguaccia.
Shannon la tirò a sé, abbracciandola. “Te la mordo quella lingua!” la minacciò, sorridendo, lo sguardo abbassato sulla bocca di lei.
“Bè, prima di mordermela potresti baciarmi.” Gli propose con leggerezza, facendo spallucce.
“Sarebbe un’idea perfetta…” sussurrò prima di accettare fisicamente la proposta.
Quei baci lo tiravano scemo. Savannah aveva la sua stessa passione, la sua stessa fame. Lo sentiva. E sentiva un fuoco dentro di lei e voleva farlo avvampare a tutti i costi.
“Ora… Miss Jones, puoi cantare.” Le sussurrò quando si staccò da lei. Si allontanò di qualche passo, lasciandola da sola su un palco immaginario.
Si schiarì la voce e iniziò “Row, row, row your boat-”
“UNA CANZONE SERIA!” esclamò l’uomo mettendosi una mano in faccia, trattenendo una risata.
“Uffa, quanto sei noioso!!” si lamentò lei prima di passarsi nervosa le mani sui jeans.
Iniziò piano, con timore di farsi sentire. Era una canzone importante, non voleva che si spaventasse, ma era la prima che le era venuta in mente dopo tutto quello che le aveva detto.
What would I do without your smart mouth?
Drawing me in, and you kicking me out
You've got my head spinning, no kidding, I can't pin you down
What's going on in that beautiful mind
I'm on your magical mystery ride
And I'm so dizzy, don't know what hit me, but I'll be alright

Prese confidenza e si alienò, trovandosi nella sua bolla. Alzò il tono e si lasciò andare.
My head's under water
But I'm breathing fine
You're crazy and I'm out of my mind
'Cause all of me
Loves all of you
Love your curves and all your edges
All your perfect imperfections
Give your all to me
I'll give my all to you
You're my end and my beginning
Even when I lose I'm winning
'Cause I give you all of me
And you give me all of you, oh oh

Aprì gli occhi. Bastava così. Non voleva spaventarlo oltre. Lo guardò.
Bè, non sembra terrorizzato.
“Sai, è la prima volta che una ragazza mi dedica una canzone d’amore.” Disse, per poi schiarirsi la gola.
Decisamente. Savannah era una sorpresa continua e doveva ammettere che con quella canzone gli aveva fatto venire un leggero pizzicorino alla gola.
“Sei un egocentrico! Chi te lo dice che l’ho dedicata a te? E poi mi hai interrotto sul più bello della mia prima canzone! Io volevo cantare Row Row Row Your Boat.” Si schermì lei incrociando le braccia.
Shannon rise.
Ultimamente si trovava molto più pesso a farlo. Gliel’avevano fatto notare tutti.
“Sav, non so te, ma riguardo a noi due me la sto facendo seriamente sotto.”
“Fidati, sei in buona compagnia.” Gli rispose circondandogli il collo con le braccia. “E volevo ricordarti una cosa… il ciclo mestruale, mediamente nelle donne, dura 5/6 giorni.”
Lo lasciò a fare i conti con i neuroni in piena sinapsi, sorridendo maliziosa quando lo vide spalancare gli occhi.
“Oh cazzo. Tu prima volevi tornare a casa? Tesoro, l’unica cosa che vedrai stanotte sarà il mio letto.” Le disse stringendo la presa sui suoi fianchi.

***********ANGOLINO DEL DISAGIO**********
E…. nulla. Siete tutti in crisi iperglicemica o siete ancora vivi? XD
Lo so, con questo capitolo sono andata oltre il limite consentito del glucosio, ma dovevano chiarirsi. Avevano troppe questioni aperte.
“All of me” di John Legend per me è forse una delle canzoni d’amore più belle che esistano. È una dichiarazione in tutto e per tutto. Per me è la versione cantata del “Tu sei tu” di Shannon.
Spero vi sia piaciuto, spero di non avervi stancato con tutto lo zucchero e spero di leggere cosa ne pensate! ;)
Un bacione <3 e al prossimo capitolo!
Lalli :3

 

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Capitolo 8
*** Time to go down in flames and I'm taking you closer to the edge ***


Capitolo 8
“Time to go down in flames and I'm taking you closer to the edge”


Settembre 2017, Salt Lake City

Emma non appena sentì squillare il telefono rispose in tempo quasi reale. “Emma Ludbrook”
“Ma come siamo formali!” rispose dall’altra parte del telefono una voce conosciuta.
“Scusami Savannah!! Non avevo visto lo schermo! Dimmi tutto!”
“Senti, io sono qui fuori, ma l’altra volta non mi hai dato il pass per oggi e il gorillone qui non vuole farmi passare.”
“Sul serio?! Oddio, arrivo immediatamente!!” esclamò attaccando la telefonata per correre nel suo ufficio dietro le quinte a prendere il pass andando diretta all’entrata VIP dell’anfiteatro.
Trovò Savannah di fianco a Frank, il gorillone in questione, che chiacchierava allegramente con lui.
 “Ehy!!”
“Oh, ciao Emma!” e poi rivolta al nuovo amico “Ricordatelo: quando vieni al museo con tua figlia chiamami che vi faccio personalmente da guida durante la visita!”
“Grazie mille! Sophie ne sarà felicissima!” rispose l’omaccione, per poi rivolgersi ad Emma. “Scusami, non l’ho fatta passare, ma ho l’ordine di far entrare solo persone col pass!”
“No, hai ragione Frank, colpa mia che non mi sono ricordata di darglielo!” lo rassicurò lei, prima di prendere la ragazza sotto braccio. “Forza, vieni con me. I ragazzi sono un attimo impegnati in un’intervista, ma tra poco dovrebbero finire. Poi hanno il soundcheck!”
“Perfetto! Sarà una giornata piena allora!” le rispose.
Era l’ultima data di tour Americano insieme ai Muse e ad una band elettropop, i PVRIS.
Era iniziato il 20 maggio, per continuare fino al primo agosto. Era riuscita ad andare a quelli che cadevano di sabato, così da non dover chiedere troppi permessi al lavoro.
La prima volta che era andata a vederli (il 3 giugno a Nashville) Shannon la vide saltellare agitata quando aveva visto entrare in scena i Muse, aveva deciso di farle una sorpresa che non aveva ancora messo in atto.
In agosto, durante la pausa del tour, insieme a Shannon erano scappati un paio di settimane  tra Londra, la loro città europea preferita, e una meravigliosa isola pacifica in mezzo all’Oceano Indiano.
Emma li avrebbe voluti uccidere visto che i paparazzi del Sun li avevano beccati più di un paio di volte nella grande città in atteggiamenti più che allusivi. Fortunatamente non erano mai riusciti a fotografare il viso di Savannah.

L’intervista finì e i Mars si liberarono dall’impegno, andando verso il palco dell’arena.
“Ragazzi, è ora di iniziare il soundcheck!” disse loro uno dei tecnici che li incontrò sul palco.
“Arriviamo al volo!” esclamò contento Jared. I concerti lo riempivano di energia, ancora più del solito.
“Jared, calmati. Prima o poi ti verrà un infarto!!” disse Tomo mettendosi una mano in faccia.
“Come fate ad essere così calmi?! Stasera è l’ultima data del tour! Bisogna fare casino!” esclamò il frontman entrando sul palco.
“Ehy, qui nessuno farà casino senza di me. Capito?” rispose una voce femminile.
Si voltarono tutti verso la batteria. Da dietro Christine, si vedeva Savannah che si sbracciava salutando tutti. Shannon corse verso la ragazza, saltellando sui gradini del palco rialzato.
“Sei geloso di Christine? Guarda che non te la stavo nemmeno toccando! Ero seduta brava brava su questo sgabello!” gli disse prima che si avvicinasse a lei, stringendola a sé.
“Piccola, mi ti farei direttamente su questo sgabello, lo sai…” le sussurrò, la voce di qualche tono più basso, stringendole i fianchi.
“Non che non sia mai successo…” gli rispose sorridendo maliziosa, dandogli un bacio veloce sulle labbra.
Andò ad abbracciare Jared e Tomo, per poi scendere dal palco, sedendosi poco distante sulla platea. “Così mi godo le prove dalla platea! Nei concerti ho sempre un’altra visuale!”.
Il soundcheck durò quasi due ore, dove un Jared puntiglioso fermava spesso i tecnici per sistemare qualcosa che non gli piaceva nell’audio.
Quando decretarono la fine Shannon chiamò Tomo a sé, sussurrandogli qualcosa all’orecchio, facendolo sorridere maleficamente. “Ehy, Sav, noi abbiamo finito! Sali!”
Videro la ragazza alzare i pollici e trotterellare verso le scale per salire sul palco.
“Allora, fate una doccia? No, perché il batterista gronda!” disse facendo ridere Tomo, mentre Shannon guardandola male, con la batteria produsse il classico suono da battutaccia. Badum-tsss.
Si spostarono dal palco alle quinte, quando Savannah si trovò davanti Mark Bellamy, bloccandosi come se fosse di marmo.
Lui la guardò e sorrise. “Ciao! Tu devi essere la ragazza di Shannon!” le disse, porgendole la mano. “Piacere, Matt!”
Lei, mosse le labbra per dire qualcosa, ma non uscì nessun suono. Optò per porgergli la mano. Deglutì. “Piacere, Savannah!”. Uscì stridolo, ma almeno qualcosa disse.
Il frontman sorrise. “Allora ci si vede dopo! Buon concerto ragazzi!”
“A voi!” gli risposero i Mars in coro. I Muse li sorpassarono e Savannah rimase ancora di pietra.
Shannon si mise a ridere. “Sav, tutto a posto?”
“E-era… era Matthew Bellamy…” balbettò, sbattendo le palpebre.
“Sì. E potrei offendermi perché quando hai visto me per la prima volta non hai avuto quell’espressione!” la accusò Jared.
“Quando ti ho visto la prima volta avevi una cresta decolorata rosa e una maglietta con su dei maiali, Jay.” Gli rispose recuperando le facoltà, fulminandolo, facendo scoppiare a ridere gli altri due.

Al concerto mancavano ancora 4 ore almeno. Tornarono tutti in albergo per riuscire a riposarsi un po’ prima dello show. Shannon e Savannah salirono in camera e, non appena la porta fu chiusa, l’uomo le fu addosso, stringendola a sé, baciandola con tutto l’ardore che aveva in corpo. Senza dire nulla all’altro iniziarono a togliersi i vestiti a vicenda, finendo contro il muro della stanza.
Erano affamati l’uno dell’altra.
La prese per i fianchi, scendendo poi lascivamente con le mani verso le sue cosce, afferrandola, fermandola col suo peso alla parete.
Aveva bisogno di lei, aveva bisogno di sentirla sua ancora. Come gli avevano fatto immaginare i baci che si scambiavano ai primi giorni della loro relazione, Savannah aveva il suo stesso fuoco che le scorreva nelle vene. Avevano un’intesa perfetta, sia nella vita che sotto alle coperte. E alla parete. E sulla lavatrice in piena centrifuga. E in altri vari posti in cui capitava.
Shannon la tirava ai pazzi. Aveva avuto altri partner nella sua vita, storie più o meno serie, ma nessuno come Shannon riusciva a mandarla fuori orbita in quel modo.
“Shan..” gemette mentre l’uomo si dedicava con molta dedizione a farsi strada dal collo ai suoi seni.
“Mmmh?”
“’Fanculo i preliminari.” Gli disse sorridendogli maleficamente.

 “Dio, se mi sei mancata…” le disse inalando il suo profumo, facendo scorrere il naso sul suo collo.
Erano sdraiati a letto. Alla fine Shannon, dopo averlo fatto in piedi sulla parete, in preda ad un istinto ecologista propose di fare la doccia insieme per consumare meno acqua. Alla fine si sentì in doveroso piacere di duplicare.
“Ci siamo visti settimana scorsa…” gli ricordò dandogli decine di baci su tutto il viso, passandogli le mani tra i capelli.
“Lo so, mi sento un cretino, ma davvero mi sei mancata. Te l’ho detto mille volte, ma con te è tutto nuovo, è tutto diverso…” le rispose, la testa rialzata sul cuscino dalla federa candida.
“Ti amo, Shannon.” Gli disse guardandolo negli occhi, seria, senza trattenere quelle parole nel filtro nella sua testa.
Lui si bloccò. “C-cosa?”
Si morse la lingua.
“Scusami, non dovevo dirlo.” Commentò lei ritraendosi dalla sua presa. Era una campionessa nel lanciare bombe.
E la campionessa dello Stato della California nella disciplina del “Lancia la bomba e scappa” è…
“Ehy, non devi scusarti.” La confortò lui, riportandola a sé, nella posizione di prima.
“Scusami, davvero. È che lo sentivo da un po’, ora mi sembrava il momento esatto e… mi è scappato.” Rispose cercando in tutti i modi di non guardarlo negli occhi. Si stava già pentendo da sola, non aveva bisogno di un supporto.
“Savannah.” Disse con tono perentorio, facendola zittire. “Lo so. E… sì, lo sto pensando anche io da un bel po’di tempo.” Confessò dopo qualche secondo.
La vide sorridere “Da quel tramonto sullo Shard?”
“Da quel tramonto sullo Shard, sì.” annuì sorridente. Scivolò più in basso per raggiungerla, tirarla a sé e baciarla. Fece leva sul suo braccio per ribaltare la situazione, trovandosi nuovamente su di lei, facendola ridere.
“Ancora?! Guarda che dovresti mangiare prima dello show!”
“Non è un problema, è la terza volta, faccio in fretta!” rispose avventandosi sul suo collo, facendola scoppiare a ridere.

Guardò il concerto da dietro le quinte con Emma come al solito, mentre i ragazzi erano ancora più esplosivi. Il concerto era come al solito sold out, e tutti cantavano a squarciagola.
Alla fine di una canzone, Jared prese il microfono e iniziò a parlare.
“Salt Lake City, fatti sentire!!!” urlò generando un boato dalla folla.
“Bene, dovete sapere che qui con noi, oggi, c’è una persona molto speciale per la nostra famiglia. Per la famiglia dei Mars, speriamo che lo sia anche per voi Echelon, ma soprattutto per la famiglia Leto. Specialmente per mio fratello, al quale voglio un bene dell’anima.”
Shannon sorrise, alzando una bacchetta, facendo urlare migliaia di ragazze.
Savannah guardò Emma. “Cosa diavolo sta dicendo Jared?” le sussurrò. Aveva le mani fredde e sudate. Non era assolutamente un buon segno.
La vide scrollare le spalle, ma il gesto non la convinse affatto.
“Vorremmo che voi la chiamaste a gran voce… e che la chiamaste sul palco.” Poi si girò verso le quinte sorridendo innocente. “Savannaaaaaaah!!! Vieni!”
E dalla folla si alzò un coro di migliaia di voci. SA-VAN-NAH!! SA-VAN-NAH! SA-VAN-NAH!
Sentiva il cuore battere a mille, lo sentiva in gola. Le mani da fredde erano diventate ghiacciate.
Scosse la testa.
Col cavolo! No che non ci sarebbe salita sul palco!!
Tutti lo sapevano che non avrebbe mai e poi mai messo piede là sopra.
“E’ un po’ timida, scusate. Shan, valla a prendere tu!” disse Jared sempre al microfono.
Il fratello maggiore si infilò le bacchette nelle tasche e attento ai cavi scese dal rialzo, andando verso le quinte, sorridendo ad una pietrificata Savannah. Le prese il volto tra le mani e la baciò. “Forza, seguimi!” le disse prendendola per mano. Sospirando si arrese e lo seguì verso il centro del palco, dove Jared la accolse e Tomo le scompigliò i capelli.
“Bene, lei forse penserà che siamo degli stronzi e che ci siamo dimenticati che oggi è il suo compleanno, MA non è vero! Maaaaatt!!” chiamò lui mentre la ragazza spalancava gli occhi guardando Shannon che, con sguardo adorante la baciava di fronte all’intera arena, che urlò di gioia, sussurrandole “Buon compleanno, baby…”.
Dalle quinte arrivò sul palco una persona che l’aveva salutata qualche ora prima, imbracciando la sua chitarra.
“Oh cazzo!” sbottò Savannah guardando chi si stava avvicinando.
“Te l’avevo detto che ci saremmo visti dopo!” le disse Matthew Bellamy sorridendo. Jared gli avvicinò il microfono.
“SALT LAKE CITY!!! Facciamo tutti insieme i nostri migliori auguri di buon compleanno a questa fantastica ragazza!!” iniziò Matt, posizionando le dita sulle corde della chitarra, iniziando a cantarle buon compleanno.
HAPPY BIRTHDAY TO YOU…
Savannah non sapeva che fare. Rimase abbracciata a Shannon, che seguiva Matt cantando, una mano sulla bocca, l’altra che stringeva il fianco dell’uomo.
HAPPY BIRTHDAY TO YOU!
L’intera arena cantava all’unisono. Era davvero emozionante.
HAPPY BIRTHDAY SAVANNAH…. HAPPY BIRTHDAY… TO YOU!!!
“Buon compleanno Savannah!!!!!” esclamò Jared scatenando un altro boato.
Abbracciò il cantante dei Muse, ringraziandolo mille e mille volte.
Emma entrò sul palco con un cupcake e una candelina accesa con i numeri 3 e 4 infilati nella crema al burro.
“Esprimi un desiderio!” le disse la donna sorridendo, porgendole il dolce.
Li guardò tutti.
Jared, col suo carattere difficile, ma sensibile e adorabile.
Tomo, così affettuoso e scemo, ma sempre pronto a porgere la mano o a dare la propria spalla su cui piangere.
Emma, una delle sue migliori amiche, una dura, ma una delle persone più buone che avesse mai conosciuto.
E Shannon, colui che non avrebbe mai pensato di poter amare così tanto. A volte logorroico e a volte parco di parole. Un uomo forte, ma un artista sensibile. Solo sette mesi prima non poteva immaginare cosa sarebbe diventato il loro rapporto.
Sorrise e soffiò sulla candelina, spegnendola.

***

Nel buio del locale tutti ballavano. Grazie alle lampade wood i colori fluorescenti che si erano messi sul viso si illuminavano.
Alla fine del concerto tutti si erano spostati in un locale per festeggiare la fine del tour insieme al compleanno di Savannah.
Shannon si era tolto la maglietta, facendosi fare segni sul petto dalla ragazza, che ora avvinghiata a lui ballava.
L’uomo le teneva una mano ben salda sulla parte bassa della schiena mentre dettava lui il ritmo del ballo, guardandola come se fosse la luce e lui la falena. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Jared li guardò sorridente. “Sei soddisfatto?” sentì Tomo chiedergli, avvicinandosi con un cocktail in mano.
“Soddisfatto è una parola talmente minuscola che non rappresenta nemmeno la mia sensazione ora!” gli rispose dandogli una pacca sulla spalla. “E poi hanno fatto tutto da soli. Io mi sono solo divertito a rompere loro le palle.”
Prese i telefono e immortalò il momento.
Shannon, con dei tratti verde fosforescente sul viso e delle impronte delle mani di lei sul petto, sorrideva tra l’amorevole e il malizioso ad una Savannah con gli stessi tratti, ma arancioni fosforescenti e quegli stessi colori se li era messi su qualche ciocca di capelli facendo sembrare la sua chioma bionda in fiamme, che gli sorrideva a sua volta, mentre con le braccia gli circondava delicatamente il collo.
La girò al fratello su whatsapp, sicuramente lui ne avrebbe fatto buon uso.
Per quanto valeva, lui l’avrebbe conservata per sempre al sicuro nel suo cuore.

***

La mattina, tornati nella camera dell’hotel completamente distrutti, si lanciarono sul letto, troppo stanchi per fare altro. Shannon prese il telefono e vide un messaggio di Jared.
Bro, sono davvero felice.
Il testo era seguito dalla foto che aveva scattato loro nel locale.
La guardò. Da quando stava con Savannah non sembrava quasi nemmeno lui. Non ricordava ci fosse mai stato un tempo in cui avesse rivolto quel sorriso ad una ragazza.
Spostò lo sguardo alla stessa persona in carne ed ossa che era crollata nelle braccia di Morfeo e sulla sua parte sinistra del corpo. Sorrise e le baciò i capelli.
Si collegò ad Instagram, pubblicò la foto con un paio di filtri e scrisse la didascalia con cui sarebbe apparsa sul social.
For the last time this year… Happy Birthday again, babe. Love you”.

**********************ANGOLINO DEL DISAGIO**********************
Nonostante pensassi di non riuscire ad aggiornare visto la settimana da incubo... sono riuscita a ritagliarmi 10 minuti per pubblicare questo capitolo!
Questo doveva essere il capitolo finale, ma poi ho visto una cosa che mi ha fatto venire in mente il prossimo capitolo con un altro finale.
Spero vi sia piaciuto e spero davvero di leggere cosa ne pensate!
Un bacione e alla prossima <3
Lalli :3
 

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Capitolo 9
*** “Maybe I'm amazed at the way you're with me all the time/Maybe I'm afraid of the way I leave you/Maybe I'm amazed at the way you help me sing my song/Right me when I'm wrong/Maybe I'm amazed at the wa ***


Epilogo

“Maybe I'm amazed at the way you're with me all the time/Maybe I'm afraid of the way I leave you/Maybe I'm amazed at the way you help me sing my song/Right me when I'm wrong/Maybe I'm amazed at the way I really need you”

“WEMBLEY!” urlò Jared al microfono. La folla urlò di rimando.
Erano passati sette anni da quel 20 settembre. Sette anni di gioie, sette anni di successi, sette anni impegnativi.
Shannon si allontanò dalla batteria, avvicinandosi al fratello.
Savannah li guardava come sempre dalle quinte. Era riuscita a lasciare il museo in mano ai suoi sottoposti per una settimana lasciando tutte le direttive possibili. Si fidava di loro, ma obiettivamente erano ancora giovani.
Li guardò sorridente: i Leto avevano venduto l’anima al diavolo. Nonostante avessero già superato i cinquant’anni non dimostravano un giorno in più di allora. Forse qualche linea d’espressione in più, ma l’aspetto e lo spirito erano uguali. Aveva 13 anni di differenza con Shannon e 12 con Jared, ma sembrava che gli anni per loro fossero decisamente meno.
La folla urlò nel vederli vicino. Tomo si avvicinò ad entrambi, per lui il tempo era passato come per un normale essere umano, ma era rimasto il solito orsacchiotto disagiato innamorato perso di Vicki.
Emma, di fianco a lei, le sorrise. “Mi sa che ci siamo.” Prese in mano il cellulare e fece partire la registrazione.
“Bene! Noi siamo quasi alla fine, ma ho una piccola storia da raccontarvi.” Disse Shannon prendendo il microfono in mano. Non prendeva mai il microfono, il frontman era comunque Jared, ma in quel momento toccava a lui parlare.
“Ci sono due bambini di nome Gareth e Evie Leto-”
“Hanno il tuo stesso cognome!” esclamò fintamente sconvolto Jared.
“Tutte coincidenze!” rise per continuare “Rispettivamente di 4 anni e mezzo e 3 anni e mezzo… che qualche mese fa insieme sono arrivati in sala prove convintissimi e mi hanno detto “Papà, vogliamo imparare a suonare!”…” e si fermò per creare suspance mentre la folla si scioglieva. “Immaginate quanto mi hanno fatto felice. Bene. Hanno provato un po’ di strumenti e nonostante tutto quello che potessi pensare, Evie è una batterista talmente brava che farà impallidire il mio ricordo quando sarò un vecchio decrepito e Gareth ha una mano fantastica con la chitarra. Molto più bravo dei suoi zii qui presenti.” Finì indicando Jared e Tomo che facevano finta di piangere appoggiandosi alle spalle di Shannon. “Dopo mesi di lezioni, immaginate Savannah quanto sia felice di avere due batteristi in casa, qualche settimana fa ho chiesto loro se se la sentissero di esibirsi. Mi hanno risposto di sì. Gli ho chiesto che canzone volessero suonare. Mi hanno risposto Ironman dei Black Sabbath, visto che è una delle canzoni preferite della loro mamma. Gli ho chiesto se le la sentissero di farlo davanti ad una folla di migliaia di persone a Wembley. Mi hanno risposto sì.”
La folla urlò estasiata.
Shannon si girò verso le quinte e fece segno alla donna di entrare sul palco.
Savannah salutò sorridente l’intero stadio, mentre urla di acclamazione si levavano dall’intero stadio.
Oltre a lei, altri due piccoli ospiti. In braccio portava la piccolina e per mano teneva il figlio maggiore. I geni predominanti in entrambi erano totalmente Leto. Gli occhi dal taglio felino, lo sguardo da furbi. Entrambi avevano i capelli biondi, ma in Gareth cominciavano già a diventare biondo scuro: sembrava la copia sputata di suo padre quando aveva la sua età.
Non appena Evie vide il padre protese le braccia verso di lui, sorridendo felice, schioccandogli un grosso bacio sulla guancia, abbracciandogli la testa non appena la prese in braccio. Evie era così. Dannatamente coccolona e innamorata persa di suo padre.
La donna si avvicinò al compagno sorridendo, mentre lui la tirava a sé mettendole una mano sulla schiena, baciandola.
Lo amava. Dio se lo amava. Sette anni e mezzo di pura follia… e tutto per merito di Jared.
Il periodo da convivenza in due era durato poco… e da tre ancora meno.
Era un Natale quando avevano fatto il primo annuncio.

***

 “Savannah, no. Mi rifiuto categoricamente di mettermi quella roba.” Decretò Shannon incrociando le braccia, fortificando il suo diniego.
“Sei una persona noiosa. Ho sbagliato fratello sotto questi aspetti.” Brontolò lei alzando gli occhi al cielo.
“Fossi stato mio fratello l’avrei messo, ma ti avrei fatto un cortese gesto dell’ombrello alla proposta.”
“Non che non ti sia venuto un mezzo colpo apoplettico quando te l’ho detto, potevi anche dirmi di no!” gli rispose sistemando i vestiti bene nella valigia. “E poi t’avessi chiesto di vestirti da Principessa Leia al Comicon! È un maglione natalizio.”
“Bè, volessi tu vestirti da Principessa Leia al Comicon ti ci accompagnerei molto volentieri!” le disse sorridendo malizioso, squadrandola da capo a piedi mentre se la immaginava vestita come nelle scene con Jabba. “Oh, sì.”

“Certo, e tu ti vestiresti da Han Solo o da Jabba?” gli chiese ridendo, avvicinandosi per un bacio. “Ah, no, qualche mese ancora e da Jabba mi ci vesto io.”
“Sappi che non te lo dovrei dare anche solo per il pensiero che hai avuto.” Le rispose con tono piatto, prima di darle un veloce bacio sulle labbra.
“Forza, culo pesante, muoviti che abbiamo un aereo da prendere!” gli rispose tirandogli una pacca sul sedere prima di uscire fischiettando dalla stanza.
Shannon alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa, posando poi gli occhi su una foto incorniciata sulla cassettiera.
Risaliva al matrimonio di Emma.
Gliel’aveva data come copia digitale e loro l’avevano sviluppata. Era la loro prima foto insieme. Erano seduti sulla panca in pietra vicino alla colonna riscaldante. Lui la guardava col suo solito sorriso sghembo e lei gli restituiva un sorriso sarcastico. Era una foto che li rappresentava appieno, nonostante al tempo in cui era stata scattata l’idea di stare insieme per entrambi era qualcosa di totalmente folle.

Erano passati due anni e tre mesi dal concerto a Salt Lake City.
Nel frattempo i Mars avevano trascorso parecchio tempo in Europa per un tour e stavano lavorando come pazzi sul nuovo album che avrebbero dovuto finire di incidere da lì a poco tempo.
Da quel concerto e da quella foto pubblicata da Shannon oramai erano ovunque. I paparazzi li beccavano ad ogni uscita di ristorante, quando capitava che erano in giro per Los Angeles. Una volta la seguirono quasi fino a casa. Ad un certo punto lei aveva accostato ad un bar, aveva preso un caffè freddo e lo aveva portato al paparazzo che l’aveva seguita, parlando con lui del più e del meno, chiedendogli gentilmente alla fine di lasciarla stare, perché capiva il fatto di essere seguita quando era col suo ragazzo, ma ora stava che andando a casa sua, le sembrava che la cosa stesse sfuggendo di mano e avrebbe voluto che la smettesse di seguirla.
La gentilezza l’aveva ripagata facendole guadagnare un po’ più di privacy.

Le fan di Shannon oramai ci avevano messo una pietra sopra. Nonostante tutte le previsioni che sui giornali di gossip prospettavano una relazione breve, viste le abitudini del batterista, oramai andavano avanti da parecchio.
Non poteva sicuramente piacere a tutti, aveva ricevuto qualche insulto o lieve minaccia sui social, ma a molti nella famiglia degli Echelon piaceva. Dopo il concerto di Salt Lake City alla casella postale dei Mars erano arrivati dei piccoli regali di compleanno e delle lettere con tante parole affettuose da parte loro, cosa che la fece sentire ancora di più a casa. Chiese a Jared se nel futuro video su VyRT poteva ringraziare ogni Echelon da parte sua, ma un giorno al MarsLab durante una di quelle dirette la tirò nell’inquadratura, facendola ringraziare direttamente di tutto l’affetto ricevuto.

Scese portandosi il bagaglio a mano, trovandola sul divano col corgi, Yaki, che l’ascoltava attento mentre suonava una melodia alla chitarra acustica.
“Ehy, ti stai allenando per diventare un’incantatrice di corgi?” le chiese prendendo in braccio il non-più-cucciolo bianco e rosso che, ad un anno  era ormai arrivato alle sue massime dimensioni. “No, stavo solo aspettando che vostra maestà muovesse le terga. Siamo in tempo, ma sai che ho sempre ansia prima di andare in aeroporto.”
Avevano deciso di adottare un cucciolo nello stesso momento in cui Shannon le aveva proposto di trasferirsi da lui.
Quando lo avevano detto a Constance, della convivenza, non del cane, per poco non cantò l’halleluja. Che lei poi si innamorò follemente del nipote canino era un’altra faccenda.
La ragazza ripose bene la chitarra e si avvicinò a dare un bacio sul naso al compagno, ritrovandosi un bacio canino sul mento. “Sì, coccoliamo anche te, gelosone!”

L’auto chiamata per il trasporto li aspettava fuori. Caricarono le valigie nel baule, convinsero il cucciolone ad entrare nel trasportino e salirono sulla vettura diretti in aeroporto.

Dopo 5 ore e quaranta minuti di volo dall’aeroporto di Los Angeles, California, a quello di Anchorage, Alaska, Savannah e Shannon misero il naso fuori nel freddo dicembrino.
“Ti giuro, ogni volta che veniamo in Alaska ci penso sempre. La prima volta che ti ho visto, tutto ho pensato tranne che fossi cresciuta giocando con gli alci!” le disse circondandole il collo col braccio, tirandola a sé.
“Smettila di prendermi per il culo, che tu giocavi con gli alligatori, Mr. Louisiana!” gli rispose con una sonora pernacchia.
“Ehy!! Piccioncini!! Siamo qui!!” si sentirono chiamare da due voci maschili.
Savannah sorrise raggiante inquadrando gli armadi a due ante che erano i suoi due fratelli maggiori. Gemelli. Josh e Jared. Si avvicinarono a loro che abbracciarono per prima la sorella, stritolandola, per poi salutare Shannon, col quale avevano preso confidenza già dalla prima volta che erano volati a Los Angeles per andare a trovare la sorella.

“Allora, non l’hai ancora sbattuta fuori di casa?” gli disse Josh abbracciandolo.
“No, per il momento non ci siamo ancora uccisi a vicenda!” rispose dandogli una pacca sulla schiena.
“Pronto a passare il Natale con l’intera famiglia Jones?” lo punzecchiò Jared, ripetendo l’abbraccio.
“Ragazzi, non terrorizzatemelo, per favore.” Disse Savannah liberando il cagnolino che aveva iniziato a guaire.
Jared si distrasse immediatamente, prendendo in braccio il corgi, iniziando a coccolarlo “Eccoti qui, nipote peloso! Mi sei mancato tantissimo! E adesso non vedrai più i tuoi genitori fino a quando non ripartono perché io ti rapisco.” gli disse ricevendo un bacio canino su bocca e naso.
“Proprio come il tuo omonimo. Sei veramente un cretino.” Decretò Savannah incrociando le braccia facendo ridere Shannon e Josh.
Caricarono tutto nella jeep e si diressero quasi fuori città, in una zona piena di ville.
“Sta nevicando tantissimo! Non sono più abituata a vedere così tanta neve!” commentò Savannah guardando fuori dal finestrino.

“Visto a non tornare spesso a casa? Ti sei Californizzata!” rispose Josh, attento alla strada.
Si fermarono davanti ad una villa in stile vittoriano su due piani, le colonne bianche davanti all’entrata, una corona natalizia e tante luci che illuminavano le finestre.
Savannah suonò il campanello, aspettando qualche secondo. Si sentì abbaiare da dentro casa. Yaki rispose.
“Sav, ma entra in casa…” le dissero i gemelli, prospettando l’imminente futuro.
“No. Mi deve venire ad aprire papà!” decretò abbassando la cerniera del giubbotto.
Shannon rimase a guardare la scena non capendo.

Pochi secondi dopo venne ad aprire un uomo sul metro e 80, capelli grigi e barba lunga curata con un maglione che decretava MERRY. Savannah si aprì il giaccone mostrando lo stesso maglione ma con la scritta XMAS. “Buon Natale patatina!!!” esclamò l’uomo strizzando in un abbraccio killer la ragazza che ricambiò con affetto.
“Buon Natale pa’!”

Da dentro casa si sentì abbaiare nuovamente e pochi secondi dopo un’immensa cucciolona di tre anni di Alaskan Malamute le corse incontro, alzandosi su due zampe, “abbracciando” la sua amica umana che non vedeva da tanto tempo. “Zelda!!” esclamò il padre di Savanna, desolato.
“Lascia stare papà! Io e questa cagnolona abbiamo tante coccole in arretrato!” gli disse stropicciandole amorevolmente le orecchie e il pelo sulla testa. “Non è vero cucciolona bella della zia?”
“Entrate!! Entrate!!” disse facendo strada, per poi fermarsi davanti a Shannon. Lo squadrò per qualche secondo. Si era fatto crescere i capelli abbastanza da riuscire a legarli in un codino, la barba era leggermente più lunga del solito. Indossava stivali, jeans scuri un po’ larghi il cappotto pesante e da sotto sbucava il cappuccio di una felpa. Per rendersi un filo meno rockstar aveva deciso di indossare gli occhiali da vista.
“Devi vedere la batteria. L’ho aggiornata dall’ultima volta che siete stati qui.” Gli sussurrò senza farsi sentire dalla figlia che era presa a tenere a bada Zelda mentre entrava in cucina.
“Dopo durante la cena se vuoi scappare sono dei tuoi!” gli rispose con lo stesso tono cospiratorio.
“Oh! E’ bello avere qualcuno che mi capisce!” esclamò contento portandolo in cucina, dove il resto della famiglia era radunata. Due donne, di cui una più in là con gli anni erano ai fornelli, e Savannah le abbracciava contemporaneamente. Quando si girarono gli sorrisero.
La signora anziana, una vecchietta dal sorriso parecchio sveglio e un maglione natalizio con scritto Y’ALL gli andò incontro. “Sei ancora più bello dell’ultima volta! Chiamala scema mia nipote! La fai diventare matta, di’ la verità!”
“NONNA!!!” esclamò sconvolta Savannah mentre i gemelli se la ridevano della grossa.
“Più che altro è lei che fa impazzire me, signora!” le rispose sfoderando il suo sorriso da KO.
“Ooooh, che bella cosa!” rispose schioccandogli un bacio sulle guance.

“Mamma, lascia stare Shannon… hai una settimana per metterlo sotto torchio!” la rimproverò Robert, mentre la moglie gli si avvicinava per salutare il nuovo arrivato.
“Siamo contenti di averti qui quest’anno, caro!”
“Grazie per avermi invitato, davvero!” le rispose rispondendo all’abbraccio. Assomigliava molto a Savannah, ma aveva capelli più scuri. Probabilmente il biondo l’aveva preso dal padre.
La ragazza lo prese sotto braccio, allontanandosi dalla cucina. “Bene, noi portiamo su i bagagli! Ci vediamo dopo! E non traumatizzatemi il cane. Parlo con voi J e JJ! Ci penso io a far avvicinare Zelda e Yaki!”
Quando si allontanarono abbastanza dalla cucina si sentì la voce della nonna “Divertitevi mi raccomando!!”
“NONNA!!!!” esclamò ancora più sconvolta la nipote, facendo ridere tutti gli altri presenti in casa, compreso Shannon.

Entrarono nella sua vecchia stanza, trovando tutto com’era sempre stato. Solo il letto negli anni era cambiato, diventando negli anni un letto matrimoniale.
“Scusami, non ti ho preparato abbastanza… nella mia famiglia sono tutti fuori di melone.” Disse mettendosi una mano in faccia dopo aver chiuso la porta alle sue spalle.
“Sav, la tua famiglia è stupenda. Da piccolo avrei pagato tutto l’oro del mondo per avere una famiglia così.” Le disse prendendola per le spalle. “E tua nonna che ci ha detto di divertirci è stata la ciliegina sulla torta!” finì ridendo.
“E sei in questa casa da soli venti minuti! Preparati che stasera alla cena della vigilia ci sarà altra gente!” gli disse prima di allungarsi verso di lui per dargli un bacio. “Senti… che ne dici di seguire il consiglio di mia nonna?” gli propose alzando e abbassando le sopracciglia.
“Potrebbe essere un’idea, ma ci prenderebbero per il culo a vita. E cosa penserebbe tuo padre di me che appena metto piede in casa sua gli trombo la figlia?”

“Mh. Giusto. Hai ragione. Ci pensiamo dopo!”

Arrivò sera e arrivarono altri parenti. Zii, i nonni dalla parte di sua madre, cugini e cugine (che appena videro Shannon si bloccarono in adorazione), la fidanzata di Josh e il compagno di Jared.
I due cani alla fine avevano fatto amicizia dopo un inizio leggermente burrascoso. Alla fine il cucciolo aveva capito che era la più grande a comandare, e la più grande aveva sviluppato in poche ore un istinto materno nei confronti del cucciolo, coccolandolo e giocando con lui.
Ad un certo punto, Savannah prese da parte la madre. “Mamma, mi sono persa Shannon. E cosa ancora più preoccupante mi sono persa pure papà e Sam.”
“Io proverei a vedere al piano di sotto tesoro, sono settimane che non parla d’altro.” Le consigliò la donna.
“Immaginavo.” Rispose la figlia con tono piatto.
Andò alla porta che portava al piano interrato e scese le scale. Una parte del piano era dedicato a dispensa e cantina, mentre l’altra parte era tutto completamente chiuso. Appoggiò un orecchio e sentì dei suoni attutiti provenire dalla stanza. Alzò gli occhi al cielo trattenendo una risata e aprì la porta.

Si trovò davanti il padre, che sapientemente suonava la sua Gibson, Sam, ossia il fidanzato di Jared, che suonava il basso e Shannon oramai in canottiera, che suonava con un immenso sorriso sul viso seduto alla batteria.
Chiuse la porta dietro di sé, rimanendo a guardarli silenziosamente. Erano davvero un bel quadretto.
Dopo una trentina di secondi si accorsero di lei e si fermarono.
“Savannah. Io adoro il tuo fidanzato!!” esclamò Robert felice ed esaltato, mentre si avvicinava alla figlia per prenderla per le spalle “Non azzardarti a fartelo scappare. Un altro batterista così dove lo trovo?”
“Papà.” Voleva nascondersi sotto metri di terra. Da dietro la batteria l’uomo in questione se la ghignava. Si nascose il viso tra le mani.

“Ora che ho sistemato la batteria dovevamo provarla!! E’ ancora meglio delle altre volte!”
“Papà!”
“Dimmi!”
“Sembri un adolescente esaltato.” Gli rispose ridendo.
Da adolescente esaltato che era non le diede retta. “Forza. Prendi la tua chitarra, ci serve una voce e voglio che ti aggiungi anche te!”
Shannon si unì al coro. “Dai Sav! Abbiamo già suonato insieme un paio di volte! Tanto qui non ci sente nessuno!!” le disse facendo roteare le bacchette.
Li guardò tutti. Sam aveva unito le mani in preghiera e la guardava con occhi da cucciolotto.
“E va bene!! Ma deve essere accordata! Non la suono da un po’!”

“Vai tranquilla. La suono e la accordo periodicamente io!” esclamò il padre correndo a prendere dal sostegno il suo regalo di laurea: una Paul Reed Smith Maple Top Singlecut Archtop.
“Tesoro, a questo giro te la porti a casa. Io non ho intenzione di tenermela qui!”
“Lo so, ma è sempre stata qui!” gli disse sistemandola. Andò ad attaccare il cavo all’amplificatore vicino e provò il paio di accordi che componevano il riff di Ironman dei Black Sabbath, liberando il magnifico suono della chitarra.“Ciao bimba mia!” la salutò materna.

Shannon allungò l’occhio. “Sav, tu hai una PRS e non la vuoi portare a casa?! E’ una chitarra spettacolare. Io qui non la lascio. Rob, vai tranquillo. A questo giro la imbarchiamo al ritorno!”
“Almeno qualcuno mi da retta!” commentò l’uomo sistemandosi la tracolla della chitarra sulle spalle.
Savannah guardò Shannon, sorridendo. “Toxicity?”
“Oh sì!” rispose lui sorridendole sghembo.
“Papà? Sam?”
“Per noi va benissimo!” risposero in coro.
Sistemò il microfono e prendendo il ritmo, iniziò a suonare.

Mezzanotte arrivò in un lampo.
Telefonarono a Costance e a Jared, facendo una videochiamata, così da riuscire anche a vederli.
Rispose la madre, facendo comparire il suo bel viso sorridente.
“Ciao Shan!! Buon Natale tesoro!!”
“Ciao mamma, buon Natale anche a te!” le rispose “C’è qui anche Savannah!”
“Ciao Constance!” la salutò lei entrando nell’inquadratura.
“Ciao tesoro!!” ricambiò la donna. “Allora, come sta andando ad Anchorage? Nevica?”
“Ah, fuori c’è bufera!” rispose Savannah facendo spallucce. Shannon non se n’era nemmeno accorto. “Davvero?!”
“Certo!! Non senti?” gli disse indicando un punto della stanza a caso. L’uomo tese l’orecchio e sentì il vento della bufera e il silenzio della neve.
“Domani mattina ti sotterro in giardino.” Le disse sorridente.
“Ehy, ti ricordo che sei nel mio territorio!” gli ricordò con un sorriso malefico.
“Ah!! Bro! Al ritorno portiamo a casa la PRS di Savannah!”
“Figo! Me la fai suonare?” le chiese Jared impostando lo sguardo da cucciolotto.
“Scordatelo! Le tue chitarre sono off limits? Stessa cosa per la mia bimba! Prima che me la travi!” gli rispose facendogli una linguaccia e facendo ridere Constance “Come sta il mio nipote peloso?”
“È di là che gioca con Zelda! Yaki è grande come la sua testa, ma sono bellissimi! Aspetta! Ti mando qualche foto! Come va ad LA?” le chiese prendendo il cellulare, cercando la foto da inviarle.
“Qui tutto a posto! Quest’anno ho cucinato di meno visto che mio figlio la fogna è con te in Alaska!”
“No, ma grazie mamma!” sbottò il maggiore facendo ridere tutti.
Constance rise nuovamente quando vide la foto inviata. “Mio nipote è un figo!”
Quando si calmarono Shannon disse “Mamma, Jay, avete aperto il nostro regalo?”
“Non ancora! Lo apriamo ora?” rispose la madre, il pacchettino in mano.
Savannah guardò Shannon, prima di annuire. “Sì!”
La donna si inforcò gli occhiali mentre il figlio minore commentava “Certo che siete dei taccagni. Un regalo da dividere.”
Constance nel frattempo era rimasta di pietra. Aveva sciolto il nastro e aperto la scatolina.
“Oddio…” disse con tono strozzato aggrappandosi al braccio del figlio.
“Mamma tutto- oh porca puttana.”
Nella scatolina, appoggiata su un cartoncino mezzo rosa e mezzo azzurro, era appoggiata una foto quadrata in bianco e nero. Precisamente un’ecografia.
“Non mi state prendendo in giro, vero?” chiese Costance, la mano davanti alla bocca, il magone in arrivo e gli occhi rossi.
Dall’altra parte dello schermo li videro scuotere la testa.
Jared si era ammutolito.
“E’… è… da quanto?” chiese la madre, voce tremante e mano che con delicatezza sollevava la foto.
“E’ quasi al quarto. Abbiamo aspettato a dirlo solo perché Savannah non è stata bene, ma ora sembra tutto sistemato.” Rispose Shannon, evidentemente emozionato.
“Bro… diventerai padre…” commentò Jared, ritrovando le parole dopo un paio di minuti di silenzio.
“Già!”
“E tu avrai un nipote o una nipote da viziare tremendamente.” Gli disse Savannah sorridendo.
Jared chiuse gli occhi e si immaginò con una bellissima bimba di tre anni in braccio. Sorrise. “Oh, non vedo l’ora di poterlo fare!”
“E FINALMENTE DIVENTERO’ NONNA!!!!!!” esclamò Constance alzando le braccia al cielo per la gioia per poi stringere in un abbraccio killer il figlio minore che appoggiò il telefono sul letto e iniziò a saltellare abbracciato alla madre, facendo ridere i due dall’altra parte del monitor.
“Voi due, brutti pezzi di merda, sbrigatevi a tornare che facciamo una festa per rivelarlo all’intera crew!! Organizzo tutto io!! Sappi che dovrete pagarla per aver tenuto il segreto per voi così a lungo!!” li minacciò Jared, gli occhi lucidi di felicità.
“Jay, sei già entrato in versione zio impazzito?” lo prese in giro Savannah.
“Da morire!!! Inizierò a prenderle peluches, bambole, ovviamente piccole chitarre, batterie, dovrò crearle un fondo per l’università…” iniziò a contare sulle dita di una mano.
“Per te è già una bambina?” rise Shannon per poi bloccarsi e andare in panico “Col cavolo. DEVE essere un maschio. Se è una bambina la rinchiudo in convento oppure le faccio il lavaggio del cervello e le dico che l’unico uomo di cui può fidarsi è il suo papà e che gli altri sono tutti brutti e cattivi!”
“Disse quello che fino a due anni e mezzo fa se ne trombava una diversa quasi ogni sera.” Tossicchiò Savannah a bassa voce.
“Cosa?” chiese l’uomo spalancando gli occhi.
“Nulla!!” esclamò schioccandogli un bacio sull’orecchio.

Gareth era nato un paio di settimane prima del termine ai primi di maggio. Poi, verso fine settembre dello stesso anno, si erano accorti che Evie era già con loro da quasi un paio di mesi.

***

Savannah prese in mano il cellulare e si mise di fianco alla batteria mentre Shannon si sedeva sullo sgabello e prendeva in braccio Evie. A casa la bimba aveva la sua in dimensioni ridotte, con quella era decisamente sproporzionata.
Jared invece aveva preso uno sgabello per il nipote e Tomo gli si era avvicinato per seguirlo.

Gareth era innamorato perso dei suoi zii.
Lo zio Jared era lo zio pazzo.
C’era una sua foto nel portafogli di Jared: era piccolo, aveva poco più di 10 mesi, col pannolone, stava a malapena in piedi senza perdere l’equilibrio, in mano aveva il suo giocattolo preferito che stava usando come microfono, mentre Jared suonava la chitarra.
La prima parola di Gareth dopo “mamma”? “Jay”.
Jared aveva pianto come un bambino quando l’aveva sentito per la prima volta.
Shannon aveva avuto la sua rivincita con Evie: le sue prime parole erano state “papà” e “Christine”.
Constance quando l’aveva saputo era scoppiata a ridere.

Shannon fece segno alla compagna di avvicinarsi mentre gli altri si sistemavano e, dopo aver messo le cuffie bene sulle orecchie di Evie, le sussurrò abbassando il tono di qualche ottava. “Dopo sganciamo i nanerottoli a Jared e io e te scappiamo in camerino. C’è quel divano che non vede l’ora di essere testato e io non vedo l’ora di toglierti quegli shorts…”.
“Allora che finisca presto il concerto!” gli rispose alzando e abbassando ripetutamente le sopracciglia prima di dargli un leggero bacio.
La vocina di Evie li raggiunse “Ehy! Anche io bacio!”
“Sì, anche tu bacio, piccola ruffiana!” le disse Savannah sistemandole i codini e dandole un bacio sul nasino.
Mentre scendeva dal rialzo della batteria la salutò con la manina “Ciao mammina!”.
Si avvicinò a Gareth che la guardava in ansia “Ehy, ometto, tutto a posto?”
“E se poi suono male?” le chiese coi suoi occhioni da cucciolotto.
“Non succede nulla. E ci sono lo zio pazzo e zio Tomo che ti aiutano!” lo rassicurò scompigliandogli i capelli.
Il bambino guardò i due uomini “Davvero?”
“Certo! Hai qui i due zii migliori del mondo!” esclamò Tomo sorridendo solare.
Gareth sembrò pensarci su un paio di secondi, poi annuì. “Io sono pronto!” rispose deciso. Tutto suo padre.
Savannah fece segno a Shannon e si spostò dal palco trovando una buona angolazione.
Vide l’uomo dire qualcosa alla piccola, che sorrise e strinse le bacchette nelle sue manine, mettendo la lingua fuori nell’espressione concentrata più bella di tutte.
Shannon premette il pedalino della grancassa iniziando a dare il ritmo. L’avrebbe fatto Evie… se solo fosse riuscita ad arrivare a terra coi piedi.
Quando Gareth suonò il primo accordo la folla esplose e quando Evie iniziò a suonare strepitosamente a tempo le riservarono un’ovazione.
Jared cantò i versi, sorridendo perso ai due nipotini.
“Bè” disse quando finirono “Ci sono altri due Leto sulla piazza!”

Savannah era a cavalcioni su Shannon, seduto sul divano. Erano avvinghiati l’uno all’altra, ansimanti, mentre si guardavano negli occhi.
Era finito il concerto e, con la scusa di un’urgenza di cui parlare avevano lasciato i bambini a Jared, Tomo e Vicki (incinta da qualche mese del loro secondo figlio), correndo nel camerino per “discutere” dell’urgenza.
“Sembriamo due adolescenti che devono imboscarsi dai genitori.” Rise lei, dandogli un bacio.
“Tesoro, non è colpa mia, è che tu sei arrapante più del solito… e oggi hai pure messo la maglietta dei Ghostbusters! Le signorinelle hanno passato quasi due allattamenti ma fanno tirare la maglietta ancora parecchio bene!” commentò abbassando lo sguardo.
“Smettila di guardarmi le tette, Leto!” lo rimproverò lei, guardandolo molto poco seriamente.
“Ma mi piacciono!!” si lamentò lui, prima di sorriderle felice e darle un ultimo bacio prima che si spostasse da lui.

Dopo qualche minuto la donna tornò dal bagno in maglietta e slip, impegnata a camminare mentre si faceva la coda.
L’uomo la guardò sorridente. Si mise le mani dietro la testa e aspettò qualche secondo prima di lanciare la bomba: aveva imparato dalla migliore.
“Senti io avrei un’idea. Prova a sentirla e dimmi come ti suona!”
“Una nuova canzone? Hai buttato giù qualcosa con la chitarra?” gli chiese mentre recuperava i pantaloncini da terra e se li rimetteva.
“Mmmh, anche ma no. Ma come ti suonerebbe il tuo nome se diventasse Savannah Leah Leto?”

**************** ANGOLINO DEL DISAGIO*************
Eeee…. Siamo arrivati alla fine di questa piccola ff.
Mi sono ricordata di non aver mai messo i titoli delle canzoni dei capitoli, ma ve li metto qui dopo ;)
Spero davvero che vi sia piaciuta, è la prima che pubblico su quei tre fantastici disagiati, e devo dire che mi sono davvero divertita a scriverla!
Spero di leggere qualsiasi vostro commento, positivo o negativo che sia.

Un bacione e, chissà… alla prossima? <3
Lalli :3

Cap.1 “More than words” Rock of Ages (Julianne Hough & Diego Boneta)
Cap.2 “Kings and Queens” Thirty Seconds To Mars
Cap.3 “Perfect Illusion” Lady Gaga
Cap.4 “Up In The Air” Thirty Seconds To Mars
Cap.5 “Take Your Time” Sam Hunt
Cap.6 “Stay The Night” Zedd ft. Hayley Williams
Cap.7 “Leave The Night On” Sam Hunt
Cap.8 “Closer To The Edge” Thirty Seconds To Mars
Epilogo “Maybe I’m Amazed” Paul McCartney

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