Stars

di Starsshine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Time ***
Capitolo 2: *** Remember ***
Capitolo 3: *** Mission – Parte Uno ***
Capitolo 4: *** Mission- Parte due ***
Capitolo 5: *** Do Svidaniya Irina. ***
Capitolo 6: *** Peace ***
Capitolo 7: *** Crazy Thing Called Love ***
Capitolo 8: *** Non mi lasciare / Resisti ***
Capitolo 9: *** Stay with me ***
Capitolo 10: *** With or Without you ***
Capitolo 11: *** Tempo / Promettimi ***
Capitolo 12: *** New Born ***
Capitolo 13: *** Verità ***
Capitolo 14: *** Passi ***
Capitolo 15: *** A Better Nothing ***
Capitolo 16: *** It Ends Tonight ***
Capitolo 17: *** If I... . (Prima parte) ***
Capitolo 18: *** If I... . (Seconda parte) ***
Capitolo 19: *** Spettri - Parte prima. ***
Capitolo 20: *** Spettri (parte seconda) ***
Capitolo 21: *** L'Altra Metà Della Mela ***



Capitolo 1
*** Time ***


Ciao a tutti sono Starsshine e finalmente la mia prima fan-fiction con protagonisti i 30 Seconds to Mars ha preso il volo.

Non dispongo i diritti su quello che scrivo e non conosco i 30 Seconds to Mars di persona.

Le storie dei personaggi che ritraggo non le conosco e sono puramente inventate.

I nomi dei personaggi che compaiono gli ho presi dal telefilm “Alias” prodotto da J.J. Abrams.

Spero che vi piaccia!

Baci.

Federica XD

 

Mi rigirai cercando di trovare una posizione comoda,ma, fu tutto invano.

Alla fine aprii gli occhi.

Presi il cellulare e sgranai gli occhi vedendo che ero in ritardo sulla tabella di marcia.

Mi alzai dal letto,cercando di far piano per non svegliare la persona di fianco a me.

Trovai sparsi in giro per la camera i jeans, la maglietta, gli raccolsi e corsi in bagno.

Uscii fuori dal bagno qualche minuto dopo, presi in mano il cellulare, la borsa e il mio giubbotto e gli appoggiai sulla sedia vicino alla porta.

Sentivo Shannon rivoltarsi sotto le coperte, intuii che si stava svegliando.

“Dove vai?” mi domandò con la voce impastata dal sonno.

“Sto andando a lavorare” gli risposi,mentre ero impegnata nel fare una coda di cavallo impossibile.

Mi voltai a guardarlo.

Le lenzuola gli coprivano metà corpo, aveva i capelli arruffati e la barba folta che gli copriva il viso.

“Sembri un bambino” gli dissi avvicinandomi a lui e lasciandoli un bacio sulle labbra, che ovviamente lui approfondì.

Mi staccai dalla sua presa con malavoglia.

“Dai,Shannon lasciami andare”

“Giusto... Tu e il tuo lavoro. ” mi disse secco e coinciso.

“Già.... io e il mio maledetto lavoro. Te lo detto ieri sera, ancora qualche mese.”

“E poi me lo dirai ancora. Mi dirai ancora una volta aspettiamo qualche mese e cosi i mesi diventeranno anni”

“Dai Shannon, non mi va di discutere adesso”.

“Giusto... non mi va questo, non voglio fare questo... sei sicura che vuoi stare ancora con me, Sara?”

“Shannon cosa dici! Certo che voglio stare ancora con te!”

“Allora dimostramelo”

“Lo farò”

Mi avvicinai alle sue labbra e lo baciai.

“Ti amo”

Shannon trasalì.

Chiusi la porta dietro le mie spalle, lasciando Shannon impietrito seduto sul letto.

Mi precipitai alla macchina e mi fiondai al lavoro.

 

Corsi e raggiunsi l'ascensore che si stava per chiudere,ma, un ragazzo lo blocco facendo in modo che potessi prendere quella corsa e non quella del prossimo giro.

Mi fermai al piano -1.

Le porte argentate si aprirono e la vocina elettronica femminile annunciò che si era arrivati al piano -1.

“Arrivederci” dissi salutando le altre persone che avevano condiviso con me la breve corsa.

Feci un respiro profondo ed uscii dal ascensore.

Camminai lungo il corridoio fino alle porte rosse, appoggiai la mano destro sul dispositivo di riconoscimento.

“Sara Mc Howen. Agente. N° 343473”

Le grandi porte rosse si aprirono.

Camminai lungo la mia postazione di lavoro,appoggiai la borsa, accesi il computer.

Fissai lo schermo nero.

Pensai alla discussione avvenuta stamattina in camera con Shannon.

Lui ha ragione, sono ormai cinque anni che stiamo insieme e il mio sogno (ed anche il suo) è quello di formare una famiglia.

Mi distolsi da quello che stavo pensando, mi voltai e vidi Sydney, la mia migliore amica che mi guardava.

“Buongiorno. Ti vedevo immersa nei tuoi pensieri. Tutto a posto con Shannon?”

“Buongiorno. Sì, con lui è tutto a posto; solo che stamattina abbiamo discusso e insomma gli ho chiesto di darmi del tempo.”

“Ancora?”

“Sì,ancora.”

Ritornai a fissare lo schermo che nel frattempo divenne azzurro.

Guardai l'ora sullo schermo del computer.

Ore 8 e 30 è il momento di andare in riunione.

Ogni mattina c'è una riunione a cui tutti noi agenti dobbiamo partecipare.

Io e Sydney ci andammo a sedere intorno al tavolo rosso insieme a tutti gli altri agenti: Nadia, sorella di Sydney, Micheal futuro marito di Sydney, Dixon, Marshall, Alvin e Paul,mio padre, capo del SD-6.

“Buongiorno a tutti collegi. Come ben saprete l' Organizzazione è tornata a colpire. Questa volta sappiamo dove e quando colpirà.”

“Sono ancora alla ricerca del Argus Apocraphex, vero?” chiese Nadia.

“Sì, ed hanno individuato chi potrebbero essere i possessori” rispose Paul.

“E chi sono?” chiesi.

Mio padre si voltò verso di me e mi guardò, poi rispose alla mia domanda.

“Sono una band, so che a molti di voi piace e gli seguite. La band in questione sono loro.”

E cliccò con il dito sul tasto “Invio” e sullo schermo comparse la loro foto.

“I 30 Seconds to Mars”

Quello che venne dopo non lo ascoltai,mi rifiutai di ascoltare qualsiasi cosa.

Riusci solo ad assemblare poche frasi,quelle più importanti.

“Stasera si esibiranno al Avalon Club, ci sarà molta gente e cercheranno di colpire. Affido la missione a Sara. Buon lavoro.”

La riunione finì.

Mi alzai subito dalla sedia bianca.

“Non è possibile. Non loro. Non loro!” continuai a ripetermi in testa, uscendo dalla stanza.

Corsi lungo il corridoio, passai le grandi porte rosse, aprii la porta che mi separava dall'uscita del piano.

Aprii la porta tagliafuoco e corsi lungo le scale antincendio.

Richiusi la porta dietro di me e iniziai a respirare.

Respirai a fondo,cercando di non pensare alla riunione, alla missione.

Scivolai lungo il muro, fino ad appoggiarmi completamente con la schiena.

Misi la testa tra le mani e chiusi gli occhi.

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Capitolo 2
*** Remember ***


Rieccomi!

Prima di tutto vorrei ringraziare un milione di volte KikiEchelon92, Hurricane93 e veru_echelon che hanno recensito il primo capitolo della storia.

Grazie ragazze,senza le vostre belle parole non se sarei andata avanti a postare.

Ed infine ringrazio FloEchelon che ha inserito la mia storia tra le sue storie seguite, grazie mille!

Bene cosa vi posso dire, se non altro che.... buona lettura!

Baci.

Federica XD


Ritornai indietro di qualche anno, esattamente cinque anni fa.

Era una calda estate ed era il mese di agosto, il mese in cui incontrai Shannon.

Mi ricordo ancora quel giorno, ero a Santa Barbara e stavo camminando lungo la spiaggia a ritmo di musica.

Cantavo, fischiettavo, ballavo, sorridevo e immersa nella canzone mi andrai a scontrare contro Shannon.

Il colpo subito mi fece cadere all'indietro.

Guardai in alto e incontrai il suo sguardo.

“Scusami, non ti avevo vista. Tutto a posto?”

“Scusami tu, ero immersa nella canzone e non ti ho proprio visto” gli risposi sorridendo.

Mi porse la mano e spinse verso di lui, per poco non gli sfiorai le labbra.

Senti le sue mani scivolare lungo i miei fianchi.

“Scusami non ho dosato la forza”

“Non ti devi scusare, è normale”

Mi allontanai di qualche centimetro dal suo viso,ed incontrai ancora il suo sguardo.

“Che canzone stavi ascoltando prima di scontrarti con me?”

“Stavo ascoltando una canzone dei 30 Seconds to Mars, non so se gli conosci.”

“Ah... Sì. Gli conosco”

“Sono forti e le loro canzoni sono fantastiche. Ho sentito che tra poco torneranno in studio a registrare il secondo album. Non vedo l'ora di sentire cosa produrranno!”

“Beh... sono curioso anch'io”

Scoppiai a ridere.

“Perché stai ridendo?”

“Perché è una situazione buffa... sto parlando con un ragazzo che non conosco”

“Già... non so neanche il tuo nome”

“Sono Sara, Sara Mc Howen” gli risposi allungando il braccio.

“Ed io sono Shannon, Shannon Leto” mi rispose, allungando anche il suo braccio e stringendomi la mano.

“Leto... Leto.... quindi tu sei il batterista dei 30 Seconds to Mars?”

“Sì!”

“E cosa ci fa un batterista di livello mondiale a Santa Barbara?”

“Beh... non esagerare con il “livello mondiale”. Santa Barbara è il mio piccolo rifugio segreto”

“ E cosa fai qui?” gli domandai, mentre ci stavamo sedendo su pezzo di legno.

Vidi il suo sguardo perdersi nel nulla.

“Mi siedo e inizio ad ascoltare il suo delle onde infrangersi sugli scogli”

Chiusi gli occhi e ascoltai il suono delle onde.

Riaprii gli occhi qualche secondo dopo.

Mi voltai e notai che Shannon si era tolto gli occhiali da sole.

Gli accarezzai il viso.

“Grazie Shannon. Alla prossima”

Gli sorrisi e mi alzai dal tronco.

“Sara dove ci incontreremo, domani?”

Mi voltai verso di lui.

“Sempre qui Shannon”.

Gli sorrisi e ricominciai a correre.

 

Riaprii gli occhi e notai che erano diventati umidi.

Passai la mano lungo il mio viso e catturai le lacrime che scendevano.

Respirai a lungo, ripesando a quel giorno di cinque anni prima.

Mi alzai e riaprii la porta.

Scesi lungo le scale antincendio e riaprii la porta tagliafuoco.

Superai le porte rosse e camminai verso la mia postazione di lavoro.

Notai che i miei colleghi mi guardavano.

Mi sedetti e feci finta di nulla.

Guardai l'ora sul cellulare e vidi che mi era arrivato un messaggio.

Era da parte di Shannon.

“Ciao amore. Scusami per stamattina. Ci vediamo stasera. Ti amo. Shannon”

Sorrisi e rilessi quel messaggio più volte, fino a che non sentii qualcuno chiamarmi.

Mi alzai dalla sedia e andai nell'ufficio di mio padre.

Chiusi la porta di vetro e rimasi davanti a lui ad aspettare che mi parlasse.

“Questi sono i fogli per la missione di stasera.”

Mi avvicinai alla scrivania e gli presi in mano.

“Grazie”

Mi voltai e tornai verso la porta.

“Tutto a posto? Sai prima ti ho visto uscire di fretta.”

“Sì, tutto a posto” gli risposi in tono freddo e distaccato.

Uscii dalla stanza e tornai a lavorare.

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Capitolo 3
*** Mission – Parte Uno ***


Ed eccomi qui!

Ringrazio mille ancora una volta le fedelissime KikiEchelon92 e Hurricane93 (ragazze grazie mille!!!)

Poi tutte le persone che hanno inserito la storia tra le seguite, cioè: Maryjed, Xia1101,Berry G, FloEchelon, grazie, grazie,grazie mille.

Bene.... che altro vi posso dire?

Buona lettura!

Un bacio.

Federica XD


Le ore passarono in fretta ed arrivarono le sei.

Tornai in albergo dove mi preparai.

Presi le chiavi dalla reception e andai in camera.

Prima che il getto d'acqua calda colpisse il mio corpo nudo, lasciai un biglietto a Shannon.

“Qualsiasi cosa succeda , io ti amerò per sempre. Tua per sempre. Sara”

Uscii dal bagno qualche minuto dopo, mi rivestii e scesi nell'atrio dove aspettai l'arrivo delle mie colleghe.

Vidi una macchina parcheggiata davanti all'entrata dell'albergo e notai una persona fammi cenno di salire.

Lasciai la chiave alla reception ed uscii.

Salii in macchina e ci dirigemmo verso l'Avalon.

“Tutto bene?” mi domandò Nadia, che sedeva dietro di me.

“Sì”

“Sei sicura?” mi chiese Sydney mentre guidava .

“Sì, sono sicura”

“Qualsiasi cosa capita stasera noi ti saremo vicine, sappilo” mi dissero all'unisono.

“Grazie ragazze” gli risposi sorridendo.

Qualche minuto dopo eravamo davanti all'Avalon.

Notai con piacere che si era formata una fila molto lunga davanti al locale.

Sorrisi alla vista di quella lunga fila di Echelon che aspettavano fuori impazienti l'apertura delle porte del locale.

Parcheggiammo dietro il locale, davanti all'entrata secondaria.

Scendemmo dalla macchina, aprimmo la grande porta verde e percorremmo il lungo corridoio che portava ai camerini.

Ci fermammo davanti ad una porta bianca.

Notai che c'era un foglio attaccato con dello scotch nero e c'era scritto “30 Seconds to Mars is back here!” e sotto c'erano le firme dei ragazzi.

Prima di bussare sentii i ragazzi ridere e scherzare come il loro solito.

Nadia bussò.

“Avanti!” rispose Tomo.

La mano di Nadia si avvicinò lentamente verso la maniglia nera e la girò lentamente verso destra.

“Salve ragazzi” disse quando ormai eravamo dentro il camerino ed io avevo richiuso la porta dietro alle mie spalle.

“Buon pomeriggio ragazze” rispose Jared guardandomi fisso negli occhi.

Sapevo che aveva intuito qualcosa.

“Ma, Sarah come mai sei vestita come loro, con questa strana divisa?” mi domandò.

“Ed è proprio di questo che di cui vi volevo parlare.”

Da quel momento in poi iniziai a sudare, il cuore batteva forte e non riuscivo a nascondere le mie emozioni.

“Sono vestita come loro Jared,perché io, Nadia e Sydney insieme e tutti gli altri nostri colleghi siamo degli agenti.”

Smisi di guardare il pavimento, alzai il capo ed incontrai lo sguardo di Shannon.

Presi l'ennesimo respiro.

“Sono un agente del SD-6. Mi occupo delle missioni. E quella di stasera è una missione molto importante”

“Cioè?” mi chiese Tomo.

“C'è un' organizzazione che sta cercando l'Argus Apochrapex.”

“Quindi?” mi domandò Jared.

“Quindi, stasera noi saremo chiamate a difendervi da qualsiasi attaccato di questa organizzazione”.

“Basta, non voglio più sentire altro.” disse Shannon infrangendo quella barriera di silenzio.

Venne verso di me colpendomi la spalla ed uscii dal camerino.

Quel colpo fu come cento coltelli nella schiena.

Raggiunsi Shannon prima che aprisse la porta dell'entrata secondaria.

Chiusi la porta ed afferrai i polsi di Shannon, sentii che si dimenava sotto la mia presa, lo misi spalle al muro e lo costrinsi a guardarmi.

“Shannon,amore, guardami. Ti prego” gli dissi con la voce spezzata dal pianto.

“Perché ti dovrei guardare? Non hai fatto altro che mentirmi per tutti questi anni!”

“Shannon... io non ti ho mentito. Io ti ho protetto”

Si voltò verso di me.

Il suo sguardo mi ferì ancora una volta.

“Protetto da cosa?!”

“Sono diventata un'agente cinque anni fa, il giorno in cui ci siamo incontrati in spiaggia a Santa Monica.

Quel pomeriggio avevo firmato un contratto che mi avrebbe legato al SD-6 per cinque anni.

Su quel maledetto foglio c'era scritto che non avrei dovuto raccontare la mia vera identità a nessuno.”

Senti la sua forza diminuire al progredire delle mie parole.

Respirai ancora una volta.

“Su quella maledetta clausola c'era scritto che se avrei aperto bocca e raccontato chi sono veramente, questa persona sarebbe stata eliminata. Ecco da cosa ti ho protetto”.

I lasciai i polsi,mi allontanai da lui, mi voltai e salii gli scalini che mi separavano dal lungo corridoio.

“Non sono un cantante, quello lo sa fare meglio mio fratello, sono un batterista... so che ami terribilmente questa canzone, quindi, lascio a lui le parole...”

“Give me all the peace and joy in your mind” diceva Matt Bellamy in Bliss.

Colpita da quelle parole, mi voltai a guardarlo.

Piangeva.

Lacrime gli cadevano da quegli occhi meravigliosi.

Lacrime cadevano dai miei occhi.

Si avvicinò a me.

Mi strinse a sé, abbracciandomi.

“Ho paura di perderti, Sara”

“Ho paura anch'io,Shannon”

“Perché sei diventata un'agente?”

“Non sono diventata, mi hanno costretto a diventare quello che sono ora. Se non avrei accettato a quest'ora non ero qui.”

Lacrime bagnavano inesorabilmente la maglia nera di Shannon, quando mi staccai dal suo abbraccio.

“Ti amo Sara ed io stasera non ti lascio”

“Ti amo anch'io Shannon e nemmeno io stasera non ti lascio”

Le mani di Shannon accarezzarono delicatamente il mio viso, asciugandomi le piccole gocce salate che scorrevano dai miei occhi.

Le nostre labbra si avvicinarono schiudendosi in un bacio.

 

Tornammo in camerino.

“Avete risolto?” ci domandò Tomo appena entrati.

“Sì, Tomo. Abbiamo risolto” gli rispose Shannon voltandosi verso di me per guardarmi.

“Ragazzi cinque minuti e poi si entra in scena” disse Tom aprendo la porta del camerino dei ragazzi.

 

Cinque muniti e poi si entra in scena quella frase mi riportò bruscamente  sulla Terra.

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Mission- Parte due ***


Eccomi qui!

Scusatemi se vi ho fatto aspettare tanto per questo capitolo,ma, questa settimana non sono stata bene e quindi ho finito il capitolo qualche giorno fa.

Comunque ringrazio le mitiche sette persone che stanno seguendo la mia FF.

Ringrazio KikiEchelon92 e Hurricane93 che continuano a commentare (grazie ragazze!).

Ed infine, ringrazio veru_ echelon che ha inserito la mia storia tra le preferite.... grazie!

Bene.... cos'altro vi posso dire?

Buona lettura!

Alla prossima!

Federica xD

 

 

Mi voltai verso i ragazzi, gli guardai .

“Noi siamo con voi. State tranquilli, non vi fate vedere impauriti. Io, Nadia e Sidney siamo dietro di voi e saremo pronte ad intervenire. E sopratutto divertitevi e suonate per gli Echelon!” gli dissi, cercando di dare enfasi all'ultima frase.

Camminai verso di loro e gli abbracciai.

Mi staccai dall'abbraccio di Jared e andai da Shannon che era in disparte, appoggiato al muro.

Lo guardai e mi avvicinai a lui, fino a sentire i nostri corpi sfiorarsi.

“Ti prego, non andare” mi sussurrò all'orecchio.

“Shannon, devo andare”

Mi prese il viso tra le mani, costringendomi a guardarlo negli occhi.

“Ti prego, per l'ultima, non andare. Ti uccideranno”

“Uccideranno anche te, se non faccio qualcosa”.

“Lascia che mi uccidano”

Diedi un destro diretto sul muro vicino al suo viso.

“Mai. Ti amo e non ti lascio andare.”

“Ti amo anch'io”

Mi baciò.

Paura,passione,amore affioravano dalle nostre labbra.

“Shannon dobbiamo andare.” gli disse Jared interrompendo la magia.

“Ok”.

Si voltò verso di me e mi sorrise.

“Stai tranquilla”

Mi lasciò un bacio sulla fronte ,poi raggiunse Tomo e Jared.

Mi appoggiai al muro e rimasi a guardarli finché non sparirono dalla mia vista.

“Ti amo” sussurrai con un filo di voce quando ormai era sul palco.

Venni interrotta dai miei pensieri da Tom, l'addetto alla sicurezza.

“Sono bravi vero?” mi domandò avvicinandosi a me.

“Già.”

Sospirai.

Notai che aveva un tatuaggio sul braccio.

“Che cosa significa quel tatuaggio che hai sul braccio?”

“Questo?” mi domando, indicando il disegno marchiato sulla sua pelle che ritraeva il pianeta rosso, avvolto da un serpente.

“Significa sapienza da Marte”

“E quando ti sei fatto questo tatuaggio?”

“Un anno fa”

“Grazie” gli risposi staccandomi dal muro e raggiungendo il palco.

“Sara, noi siamo pronte” mi avvisò Nadia attraverso auricolare che ci teneva in contatto.

“Nadia, chiama Micheal.”

“Perché?”

“Ho trovato che ha fatto entrare l'Organizzazione qui dentro”

“Dimmi chi è.”

“Tom, è l'addetto alla sicurezza”

“Ok”

Mi voltai verso il palco.

Vidi una pistola tenuta in mano da un ragazzo.

“Sidney. Verso di te a sinistra,vai” gli dissi.

“Ok, vado”

La vidi salire sul palco.

La gente inizio ad urlare, spaventata da quello che stava succedendo.

Mi voltai verso i ragazzi.

“Tomo nasconditi dietro la batteria!”

Vidi il croato lasciare la chitarra per terra, proteggersi il volto con le braccia e raggiungere Shannon nascosto dietro la batteria.

“Jared vai dai ragazzi! Nasconditi la dietro!”

Gli urlai vedendo che era di fianco a me.

Presi la pistola e sparai verso un altro ragazzo che teneva l'arma puntata verso di me.

Corsi dai ragazzi, incurante degli spari e delle urla.

“Mars come state? Va tutto bene?”

“Sì.” mi rispose Tomo.

Rimasi dietro la batteria insieme a loro, finché mi accorsi che eravamo soli.

O così pensavo.

“Bene, bene, bene, che bello vederti agente Mc Howen” disse una voce maschile da fondo palco.

Mi alzai di scatto e guardai verso sinistra.

“Scott che onore rivederti.”

Camminai verso di lui.

Mi puntò la pistola.

“Dammi la pergamena”

“Dimmi prima dov'è Irina Devsko”

“Prima dammi quello che le appartiene”

Gli puntai la pistola.

“Mai”

Il dito scivolò verso il grilletto.

Scagliai il colpo finale che lo fece cadere a terra.

Corsi verso di lui.

Gli strinsi il polso costringendoli a parlare.

“Dov'è Irina! Parla!”

“Mai”

Gli strinsi il polso ancora più forte fino a non fargli passare il sangue dalle vene.

“Parla Scott! Muoviti!”

“Irina è a Los Angeles. Alloggia al Plaza Hotel, numero 0607. Chiedi di Devsko”

Queste furono le sue ultime parole.

Mi alzai e mi voltai verso i ragazzi.

Mi accorsi che vicino a Jared, Shannon , Tomo si erano anche aggiunte Sidney e Nadia.

Corsi verso Shannon , lo abbracciai, scoppiando in lacrime.

“Tutto è finito” mi sussurro.

“No, Shannon. Non è ancora finita”

 

 

Chiusi la porta della camera dietro le mie spalle.

Shannon si sedette a bordo del letto e guardò il muro.

“Vado a farmi la doccia” gli dissi passandoli davanti.

Lasciai che le gocce d'acqua calda bagnassero il mio corpo facendomi rilassare.

Uscii qualche minuto e notai che Shannon era ancora nella stessa posizione di prima.

Appoggiai i vestiti sulla sedia e mi sedetti di fianco a lui.

“Non voglio che ti facciano del male” mi disse,mentre gli accarezzavo il viso.

“Ehi, stai tranquillo. Oggi me la sono cavata molto bene, hai visto no?”

“Certo che ho visto, hai ucciso un uomo”

“Shannon... lo fatto per difendervi”

“Per te difendere vuol dire uccidere?”

“No”

“Bene, allora perché lo hai ucciso?”

“Se non l'avessi ucciso io, lo avrebbe fatto un'altra persona. E comunque ho agito d'istinto ”

Mi alzai e andai vicino alla finestra.

Quella sera Los Angeles era più affollata del solito, fiumana di gente alimentava la Sunset e milioni di taxi gialli giravano per le strade.

Senti le mani di Shannon stringermi vicino a sé. Inclinai leggermente il collo e sfiorai le sue labbra.

“Dobbiamo stare tranquilli” mi sussurrò.

“Lo so”

Lo baciai.

Lo trascinai verso il letto, dove ci sdraiammo e ci lasciammo andare a quella strana danza chiamata amore.

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Capitolo 5
*** Do Svidaniya Irina. ***


Rieccomi come sempre, pronta con un nuovo capitolo! XD

Noto come sempre che KikiEchelon92 e veru_echelon sono pronte a commentare. Grazie ragazze sono contentissima che la mia fan-fiction vi piaccia.

E ringrazio particolarmente a Martina che adora la mia fan-fiction (sto seriamente prendendo in considerazione di scrivere una fan-fiction con i Muse ed i Mars insieme)

Infine ringrazio LoLiNa89 ed ancora una volta veru_echelon che hanno inserito la mia storia tra le preferite (grazie!); e tutte gli utenti che hanno inserito la mia storia tra le seguite.

Bene, non sto qui ad annoiarvi.

Alla prossima!

Buona lettura!

Federica xD

P.S: Domani parto per Roma insieme alla mia scuola per una gita scolastica, quindi penso che risponderò ai commenti quando torno, oppure se riesco dal albergo in cui allogeremo.

 

 

 

Mi voltai verso Shannon.

Era sdraiato di fianco a me, teneva un braccio piegato sotto la testa e con l'altro mi teneva stretta a sé.

“Shannon, amore” gli sussurrai vicino all'orecchio.

Mugugnò qualcosa che non riuscii a comprendere.

“Amore dobbiamo andare” gli sussurrai all'orecchio con fare dolce.

Non ottenni risposta.

“Shannon alzati, muoviti!” gli urlai nell'orecchio.

“Mmm... devo proprio?”

“Beh, caro mio se non vuoi che qualcuno venga in camera e ti uccida....”

Aprii gli occhi di colpo ed incrociò il mio sguardo.

Scoppiai a ridere vedendo la sua reazione.

“ Tu mi prendi in giro? Vedi adesso cosa ti faccio” mi sussurrò all'orecchio.

Non feci in tempo ad alzarmi, che Shannon mi bloccò e iniziò a farmi il solletico.

“Amore... basta ..... ti prego.... Shannon....” lo imprecai tra una risata e all'altra.

“Smetto di farti il solletico solo se mi dici che tutto andrà bene” mi disse serio.

“Amore mio, non ti preoccupare. Tutto andrà bene” gli dissi lasciandoli una carezza sul viso, seguita poi da un bacio.

 

Un fascio di luce tenue illuminava un telefono.

Alzai il ricevitore e digitai il numero.

“Buongiorno, hotel Plaza, mi dica” mi rispose una voce maschile.

“Salve sono P.J mi può chiamare la signora Devsko”

“Subito” mi rispose il ragazzo.

“Salve sono Irina Devsko”

“Privet Irina. Oni P.J.”

“P.J parliamo americano”

“Sento che mi hai subito riconosciuto”

“Certo. Una voce come la tua non si dimentica tanto facilmente. Com'è andata in Argentina”

“Grazie. In Argentina è andato tutto bene. Sono uscita qualche mese fa per spaccio di droga,ma, tranquilla io sono pulita da quelle sostanze.”

“Brava ragazza”

“Sarai contenta di sapere che Scott è stato ucciso”

“Ucciso? Da chi?”

“Da una ragazza del SD-6”

Rimasi ad aspettare paziente una sua risposta.

La sua voce si fece più fredda.

“Perché hai chiamato?”

“Ho contattato Scott. Mi ha detto che se non sarebbe uscito vivo dal concerto avrei dovuto intervenire io”

“Quindi”

“Quindi ho la pergamena”

“Hai la pergamena?”

“Sì, ed è stato molto semplice”

“Come hai fatto?”

“Semplice. Il batterista è molto stupido e non ha resistito a vedere una bella ragazza come me. Il resto puoi immaginarlo”

“Bravissima”

“Quando vuoi che ci incontriamo?”

“Tra venti minuti davanti all'osservatorio”

“Ok. A tra poco P.J.”

“A tra poco Irina”

Portai il ricevitore vicino alla cornetta e respirai.

Rimasi con gli occhi chiusi fino a quando sentii Micheal entrare dalla porta e fermarsi dietro di me.

“Ottimo lavoro”

“Grazie”

Aprii gli occhi e mi voltai verso i ragazzi.

“Devo portare i ragazzi con me vero?” gli domandai a Micheal

“Questa è la prassi”

“Giusto”

 

Venti minuti dopo.

Scesi dalla macchina per prima.

Irina, alta, occhi azzurri e lunghi capelli biondi curati fino alle punte.

“Irina!” esortai chiudendo la portiera.

“P.J.!” mi disse, venendo verso di me.

L'abbracciai, sentendomi stranamente a casa tra le sue esili braccia.

“Come stai?” mi domandò dopo essersi allontanata da me.

“Bene” le risposi sorridendoli.

“Allora, dove sono?”

“Sono in macchina. Aspetta qui”

Aprii la portiera e feci scendere i ragazzi, spintonandoli uno per uno.

“Eccoli qui”

Shannon, Tomo e Jared si disposero davanti ad Irina che iniziò ad osservarli uno per uno.

“Ottimo lavoro”

“Grazie”

La bionda davanti a me, balzò giù dal cofano della macchina e si avvicinò verso Jared.

“Che onore incontrare faccia d'angelo” gli sussurrò.

“Che onore conoscere una donna che ci ama così tanto”

“Amore? Chi lo ha detto? Voi avete una cosa che deve appartenere a me”

“Sei così sicura che l'abbiamo noi?” gli domandò sicuro Jared.

Irina si voltò verso di me.

“Tu. Dammi la pergamena”

“Mai”

E poi durò tutto una frazione di secondo.

Presi la pistola e la puntai verso Irina, ed anche lei fece la stessa cosa.

“Irina Devsko usa uccidere uno di loro tre e sei morta.”

“Ora! Spara!” disse Paul dall'auricolare.

“P.J cosa stai facendo? Tu mi vuoi morta?”

“Non sono P.J. Sono l'agente che ha ucciso Scott”

“Sara Mc Howen.”

Premetti il grilletto dopo aver sentito il nome.

Il corpo davanti a me cadde a terra.

“ Do Svidaniya Irina” sussurrai sottovoce.

Venni raggiunta dagli altri agenti che erano intorno all'area dell'incontro.

“Sali in macchina e porta i ragazzi in albergo” mi ordinò mio padre.

“Ok”

 

Arrivammo davanti all'albergo.

Spensi la macchina.

“Quello che è successo oggi, non lo dovete raccontare a nessuno.”

“Ok” mi rispose Tomo.

“Quando dico nessuno è nessuno. Né a Viki, né a Costance.”

Presi un borsone che si trovava nel sedile di fianco a quello del guidatore.

“Tenete. Qui dentro ci sono dei vostri vestiti, cambiatevi nel bagno al piano terra”

“Dov'è il bagno?” mi chiese Shannon.

“Il bagno è vicino alle cucine”

“Cosa dovremmo dire ai nostri parenti se ci vedono così?”

“Jared, ditegli che siete stanchi, che la casa discografica vi sta spremendo fino al ultima goccia di sangue, ed avete bisogno una vacanza”

“Ok, ok. Direi che come piccole scuse possono bastare” mi rispose secco Jared.

“Ora, scendete”

Come dei robot fecero quello che gli avevo detto.

Shannon chiuse la portiera bruscamente, facendomi sobbalzare dallo spavento.

Gli guardai fino a quando non entrarono nella hall dell'albergo.

Riavviai la macchina,misi in folle e sfrecciai lungole strade della città degli angeli in cerca di un posto dove trovare pace.

 

 

 

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Capitolo 6
*** Peace ***


 

Eccomi!

Tornata da Roma giovedì sera: stanca,ma, felice!

Comunque.... torniamo a noi.

Ringrazio mille, duemila, tremila e più volte Martina (KikiEchelon92) che continua instancabilmente a recensire la mia storia: grazie!!!

Ringrazio tutti gli altri utenti come baby90 e caroline forbes che sono le due nuove utenti che hanno inserito la mia storia tra le preferite.

Bene... buona lettura!

Alla prossima!

Federica xD

 

Spensi il motore e tolsi le chiavi della macchina.

Mi appoggiai allo schienale della macchina e chiusi gli occhi.

Mi lasciai infondere dai ricordi e tornai a qualche anno prima quando io e Shannon c'eravamo dati appuntamento davanti all'osservatorio di Los Angeles.

“Quanto tempo è passato dall'ultima volta?” gli domandai mentre lo presi per mano.

“Tre anni. Io e Jared venivamo qui spesso per lasciarci ispirare dalle stelle e dai pianeti.”

“E poi cos'è successo?”

“Succede che poi tutto prende forma e i progetto della band inizia a farsi una cosa seria. Tu ci vieni spesso?”

“Quando posso”.

Riaprii gli occhi e mi accorsi che il sole stava tramontando.

Guardai lo schermo del cellulare e mi accorsi che si erano fatte le sette.

Scesi dalla macchina e camminai verso la porta di entrata.

Sorrisi al cigolio della porta ed allo scricchiolare del parquet in legno della sala.

“Signorina Mc Howen”

“Scienziato Brown” gli dissi andandogli incontro.

“Come stai?”

“Benissimo”

“Sicura? Ti vedo stanca cara.”

“Già. Sono stanca e sono in cerca di pace.” gli risposi sedendomi su uno sgabello lasciando cadere delle fragili lacrime dal mio viso.

“Cara... non piangere” mi disse prendendomi le mani e facendogli attorcigliare tra le sue.

“Lo so... con Shannon va tutto bene. Ci amiamo e ci vogliamo bene. Solo che...”

“Solo che?”

“Solo che ho paura che quello che ha visto in questi giorni lo possa turbare”

“Shannon è forte”

“Lo so che è forte. Solo che non si è ancora sfogato con me”

“Stai tranquilla. Si sfogherà. Lo conosci meglio di qualsiasi altra persona”

Mi asciugai le lacrime e guardai l'enorme cielo stellato presente nella sala.

“C'è qualcos'altro vero?”

“Mio padre”

“Cos'è successo?”

“Nulla”

“E tu vorresti recuperare il rapporto con lui, vero?”

“Sì”

“Lascia che ti venga incontro e vedrai che tutto si risolverà”

Sorrisi a quest'ultima frase e mi alzai dallo sgabello.

“Posso andare al telescopio?”

“Certo, è lì fermo che ti aspetta da mesi”

Mi avvicinai al mirino e guardai.

Davanti agli occhi si apriva uno scenario mozzafiato: milioni di stelle brillavano in cielo , la Stella Polare più di tutte e la Luna mi salutava dall'alto.

Rimasi per molto tempo a guardare finché mi accorsi che si era fatto veramente tardi.

“Professore devo andare” gli dissi scendendo gli scalini che separavano me da l'uomo alto e magro.

“Va bene. Torna presto”

“Certo”

Lo abbracciai e chiusi la porta dietro le mie spalle.

 

 

Arrivai davanti a casa Leto.

Chiusi il piccolo cancello verde e percorsi il vialetto fino ad arrivare alla porta.

Non feci in tempo ad inserire le chiavi nella toppa, che mi accolse Shannon a petto nudo.

Rimasi fissa a guardarlo.

“Cosa c'è?”

“Niente.”

“Sicura?”

“Shannon parlami. Ho bisogno che tu mi parli”

Chiuse la porta dietro le sue spalle per non farsi sentire da Tomo e suo fratello che erano in cucina.

“Cosa ti dovrei dire?”

“Sfogati con me. Come stai?”

“Sto bene. Sara cosa mi stai nascondendo? ”.

“Le missioni che ci sono state in questi giorni, ti hanno turbato, hai avuto paura. Cazzo, Shannon dimmi qualcosa”

Mi abbracciò.

“Sei la donna più bella sulla faccia della Terra, ti amo terribilmente e per te morirei, ti difenderei da qualsiasi male, perché tu sei speciale ed io mi voglio prendere cura di te”

Portai le mie braccia dietro al suo collo.

“Le missioni che hai dovuto affrontare in questi giorni non mi hanno turbato”.

“Allora stai bene.”

“Certo che sto bene”.

Mi staccai dal suo abbraccio e lo guardai.

“Stai tranquilla, qualsiasi cosa succederà sarai la prima a saperlo.”

“Ok”

Sentii poi lentamente le se mani risalire lungo il mio corpo ed accogliere il mio viso.

Istintivamente chiusi gli occhi e lasciai scorrere le mie labbra lungo quelle di Shannon poi schiudersi in un lungo bacio.

 

“Hai trovato pace?” mi domandò mentre entravamo a casa.

“La mia pace sei tu” gli risposi sorridendoli e lasciandoli un altro bacio.

 

P.S: Mi scuso con tutti se questo capitolo non è come gli altri.

 

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Capitolo 7
*** Crazy Thing Called Love ***


Rieccomi!

Scusatemi se ho postato così in ritardo solo che in queste settimane sono stata molto presa a scuola e poi ero un po' stanca, quindi sono state queste le cause del mio ritardo (spero che non mi uccidiate per questo xD ).

Comunque, passiamo alla parte dei ringraziamenti.... ringrazio come sempre la mia Maty (KikiEchelon92) che continua a commentare i capitoli che scrivo.

Poi ringrazio tutti quelli che leggono la fan – fiction, ma, che non lasciano commenti... tranquilli non vi mangio, quindi se volete scrivere qualcosa io sono qui!

Per il resto, vi dico che nel prossimo capitolo ne succederanno delle belle :)

Alla prossima!

Baci e tanti auguri di buona Pasqua a tutti quanti!

Baci.

Federica xD

Ps: Per questo capitolo, ho preso spunto da una canzone dei grandi Queen,cioè Crazy Thing Called Love.

 

“Dove si va stamattina?” gli domandai curiosa come una bambina,mentre uscivamo da casa Leto.

“Non te lo dico”

“Come non me lo dici?” gli domandai parandomi davanti a lui per non farlo passare.

Lo guardai con aria di sfida.

“Ti dico solo che si va in moto”.

Mi sollevò di peso e mi portò in spalletta fino davanti al garage, dove mi posò a terra.

Mi voltai.

Davanti a me c'era quella moto, la moto, la Ducati.

“Cazzo! Ma è la moto del video di Hurricane” urlai, spalancando poi la bocca.

Shannon scoppiò a ridere.

“Perché stai ridendo?”

“Perché.... è bellissima la tua reazione a questa bomba di moto”

La Ducati era ferma davanti a me, blu e bianca fiammante pronta a rombare e a portarci in giro per Los Angeles.

Shannon mi passò il casco.

Lo guardai storto.

“Sì, devi metterlo se non vuoi spaccarti la testa”

Sbuffai e misi il casco.

Salì sopra la sella ed afferrai Shannon dietro le spalle.

“Dove andiamo?” gli domandai attraverso il microfono inserito nel casco.

“Sorpresa”


 

This thing called love

I just can't handle it

This thing called love I must get round to it

I ain't ready

Crazy little thing called love

 

 

Si fermò tutto ad un tratto.

Scesi dalla moto.

“Chiudi gli occhi” mi sussurrò con tono sensuale.

“Va bene”

Chiusi gli occhi e senti Shannon bendarmi con un foulard.

Mi prese per mano e mi guido lungo, quella che secondo me, era una spiaggia.

Si fermò.

Si avvicino e mi tolse il foulard.

“Finalmente siamo arrivati!”

Mi guardai intorno.

Davanti a me c'era il mare, sotto i piedi la sabbia calda e il sole che mi riscaldava, mettendomi di buono umore.

“Ma, siamo a Santa Monica”

“Già e guarda dove siamo”.

Mi voltai di scatto.

“Ma, siamo davanti al tronco in cui c'eravamo seduti”

“Già”

Mi sdraiai appoggiando la testa sul tronco.

Sorrisi all'idea di essere tornata in quel posto così magico, per me e per lui.

Shannon si sdraiò anche lui vicino a me, prendendomi la mano sinistra.

“Sei sempre stata l'unica per me e lo sarai per sempre”.

“Shannon perché mi dici questo? Devo iniziare a preoccuparmi?”

“Sì”

Lo guardai attentamente.

“Shannon Christopher Leto, cosa mi nascondi?”

“Vuoi sposarmi? Vuoi diventare mia moglie, la mia amante, la madre dei miei figli, la persona con cui morire?”

Rimasi senza parole, aspettando Shannon porgermi l'anello.

“Dio, io,io... Sì”

“Sì?” mi domandò.

“Sì”

Lasciai scivolare la mano destra verso la sua e con estrema calma e delicatezza mi infilò l'anello.

Si avvicinò poi alle mie labbra, lasciandomi un piccolo bacio.

“C'è poi un'altra sorpresa.” mi disse quando la moto si fermò davanti a casa.

Scesi dalla moto con fare agile e scattante, corsi lungo il piccolo sentiero che portava davanti alla porta di casa.

Vidi Shannon aprire una porta bianca e un raggio di sole colpi la stanza davanti a noi.

“Vorrei tanto condividere questa casa con la persona che amo” mi disse sottovoce.

Mi voltai verso di lui, lo baciai intensamente come se mi dovessero portare via da me una parte del mio cuore.

“Ti amo e voglio che quella persona sia tu”

Mi prese tra le sue braccia e lasciai che mi portasse via con se.

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Capitolo 8
*** Non mi lasciare / Resisti ***


Eccomi!

Spero che abbiate trascorso una buona Pasqua :)

E come sempre sono qui a ringraziare tutte le persone che seguono la mia fan - fiction e anche alle new - entry: Kaida Seleny, mylifeabeautifullie, ____Manu____ del gruppo. Benvenute nel caverna della pazza! XD

Ringrazio sempre Martina che commenta con tanta passione e dedizione i capitoli (grazie tesoro!)

E come al solito... spazio alla lettura!

Alla prossima!

Fede xD

 

“Amore, l'ultimo scatolone lo porti tu?” domandai a Shannon mentre prendevo l'ennesimo scatolone con dentro i libri.

“Certo”

Mi lascio un bacio sulla guancia.

Spinsi la porta di casa e appoggiai lo scatolone per terra vicino alla libreria che incorniciava il salotto.

Alzai lo sguardo e mi lasciai trasportare dai ricordi appena vidi una delle nostre foto.

 

“Bells dai ci scatti una foto?” gli avevo domandato per l'ennesima volta con la voce rauca e bassa a causa di quel concerto appena finito.

“Okey, a patto che tu, domani non parli”

“E come faccio a comunicare?”

“A gesti, scrivi, insomma comunichi”

“Lo sai che non ce la farò mai”

“Lo so”

Mi avvicinai a pochi centimetri dal suo viso, finché non arrivò Shannon a braccarlo, stile rugby.

“Shannon! Avvisami la prossima volta che mi vuoi saltare a dosso!”

Scoppiai a ridere.

Matt si alzò e prese la macchina fotografica di Shannon e scattò una foto a me e a lui.

Era una di quelle pose innaturali, occhi negli occhi, mani intrecciate l'una alle altre.

“Ragazzi siete meravigliosi” dissero Chris e Dom al unisono.

“Grazie”

Mi voltai verso Shannon e gli sorrisi.

Poi sorridemmo anche a tre ragazzi del Devon davanti a noi, accorgendoci infine che ci avevano scattato un' altra foto.

 

 

Ritornai al mondo reale.

Sorrisi all'idea di quella strana e buffa serata.

Poi mi soffermai su un'altra foto.

Questa volta eravamo io e Shannon.

Poi il buio.

 

Punto di vista di Shannon - “Resisti”

Misi il cellulare in tasca e presi l'ultimo scatolone.

“Sara Mc Howen la prossima volta lascio portare a te gli scatoloni più pesanti” dissi tra me e me.

Chiusi la macchina e percorsi il piccolo vialetto di casa.

“Amore, sei sicura di aver preso tutto?” domandai, senza ottenere risposta.

Era lì distesa per terra, non si muoveva.

“Dai amore alzati da terra, dopo senti freddo e ti viene mal di stomaco”

Mi fiondai su di lei.

La presi tra le mie braccia.

“Cazzo! Sara! Cazzo svegliati”

“Fratellone c'è qualcuno in casa?” domandò Jared entrando.

“Jared, Tomo chiamate qualcuno”

“Cosa è successo?”

“Non lo so Jared... Io stavo prendendo l'ultimo scatolone, sono entrato in casa e lo vista per terra”

La strinsi tra le mie braccia.

“Piccola mia non mi lasciare, ti prego!”

Tra le mie braccia sembrava più piccola, indifesa, bianca, senza vita.

“Dobbiamo portarla in ospedale”

La coprii con una coperta e salimmo in macchina.

“Amore mio, adesso ti portiamo in ospedale, resisti”

La macchina sfrecciava attraverso le strade losangeline.

Il sole era una palla di fuoco in cielo ed illuminava tutto con la sua forza e potenza,ed anche il corpo di Sara che stava pian piano diventando pallido e bianco.

“Tomo scendi con Shannon, io vado a parcheggiare” ordino freddo mio fratello.

Vidi Tomo scendere e aprire la portiera.

Guardai Jared.

I suoi occhi azzurri erano spaventati e impauriti quanto i miei.

“Ti voglio bene Shannon”

“Ti voglio bene Jared”

Scesi dalla macchina e corsi al Pronto Soccorso.

“Forza piccola mia, resisti”

“Cos'è successo alla ragazza?” mi domandò il dottore davanti me.

“Sara è svenuta e non ha più preso conoscenza” risposi con la voce tremolante.

Il dottor Green, questo è quello che avevo letto dal suo badge di riconoscimento, prese Sara dalle mie braccia e la mise su una barella.

“Rimanga qui ad aspettare Shannon”

Sfiorai il braccio di Sara, prima che la portassero via.

Vidi sfrecciare la barella oltre le grandi porte turchesi dell'ospedale.

Mi sedetti, di fianco a Tomo che nel frattempo aveva appoggiato una mano sulla mia spalla.

“Grazie Tomo” gli dissi abbozzando un flebile sorriso.

Guardai il grande orologio che era nella sala d'aspetto.

Ore : 16 e 30.

Resisti, fallo per me.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Stay with me ***


Rieccomi!

Scusatemi se vi ho fatto aspettare così tanto,ma, in queste settimane sono impegnate con gli esami di qualifica di terza superiore, quindi do spazio allo studio.

Ringrazio la nuova new entry Pilly (benvenuta!) , Marty e Caroline che scrivono e scrivono e scrivono cose belle nelle recensioni. Grazie!!!

Ringrazio, ovviamente, anche gli utenti che leggono ,ma, non commentano. Grazie!

Bene.... spazio alla lettura!

Alla prossima!

Baci.

Fede xD

 

Dal punto di vista di Shannon.

 

Portai le mani dietro il collo e chiusi gli occhi.

Ripercorsi con i ricordi i momenti trascorsi con lei, tornai indietro, molto indietro.

 

“Shannon, due minuti e poi siamo sul palco!” urlò Jared dal corridoio.

Smisi di picchiettare il muro bianco davanti a me, misi le bacchette in tasca .

Uscì dal camerino.

Stranamente quella sera mi sentivo inebriato da qualcosa, qualcuno presente tra il pubblico, o forse il mio buddha dentro me era stranamente tranquillo e non agitato come in questi giorni.

Raggiunsi Jared, Tomo e Matt.

L'atmosfera al Blue Club si era fatta molto calda quella sera, il pubblico era fantastico e come sempre ci trasmetteva forza e calore per continuare.

Sapete non è facile, il primo album è appena uscito,siamo una band fresca di stampa e recensioni e non facile guadagnarsi la stima del pubblico.

Tomo era stato fantastico, quella sera era presente Vicky, la sua ragazza e l'avremmo conosciuta dopo lo show, Matt come sempre era stato magnifico ,mentre di Jared, beh... di mio fratello non ci si può mai lamentare. Sempre il solito perfezionista.

Jared concluse con “Capricorn”, salutò il pubblico e se andò nel backstage.

Matt e Tomo tirarono i loro plettri ai ragazzi nelle prime file.

Presi la bottiglia appoggiata davanti alla grancassa e anch'io come il moro e il biondo feci la stessa cosa.

Tirai l'ultima bacchetta quando la vidi.

Indossava una maglia nera a maniche corte e i suoi lunghi capelli castani erano legati da una coda di cavallo.

Mi sorrise e ricambiai anch'io il sorriso porgendoli una bacchetta.

“Grazie!” mi urlò

“Prego!”

 

“Shannon tutto bene?” mi domandò Jared che era seduto vicino a me.

Aprii gli occhi di colpo.

“Sì”

“Come sta Sara?”

“Non lo so. Non lo so, Jared. Non è ancora uscito nessuno dalla sala. ”

Sentì la mano di mio fratello scivolare dalla schiena alla spalla.

“Stai tranquillo”

Mi alzai di scatto.

“Cazzo Jared mi dici di stare tranquillo! Sai cosa vuol dire per me in questo momento?! Lì dentro c'è la donna che amo che è in pericolo di vita! E se non dovesse salvarsi?! Se dovesse lasciarmi qui?! Sai che non sono capace di andare avanti senza lei!”

Jared e Tomo si alzarono di scatto e mi abbracciarono.

Mi lasciai cadere tra le loro braccia, piangendo, lasciando le lacrime rigare il mio viso, sentendo tutta la disperazione, la paura, la tristezza affiorare da sotto terra e portarmi via con sé.

“Se va via lei, vado via anch'io” sussurrai, staccandomi dal loro abbraccio.

“Shannon non dire così, ti prego. Pensa come ci potremmo sentire io e tuo fratello. Tu non devi farlo, non devi” mi disse Tomo prendendomi tra le sue braccia.

Ritornai a sedermi.

Guardi il grande orologio che svettava imponente davanti a me.

Ore 18 e 30.

Torna indietro insieme a me.

 

Ore 20 e 30.

 

Aprì gli occhi di scatto, non appena sentì le porte aprirsi.

Mi voltai di scatto.

“Chi sono i parenti di Sara Mc Howen?” domandò il dottore davanti a noi.

“Siamo noi” risposi.

Mi schiarii la voce.

“Salve sono il Dottor Green, il primario del reparto”

L'uomo in camice bianco allungò la mano verso di me.

La strinsi con le poche forse rimaste.

“Salve, io sono Shannon Leto il fidanzato di Sara, mentre loro sono Tomo e Jared, cioè il mio migliore amico e mio fratello”.

“Salve”.

Porse la mano anche a Tomo e a Jared, che ricambiarono il gesto.

“Come sta Sara?” domandai spaventato e impaziente di ricevere qualche notizia.

“Sara sta bene. Dobbiamo farle ancora dei controlli,ma, la notte la supererà facilmente.”

“Sapete cosa gli ha provocato lo svenimento?”

“No, quello non ancora. Molto probabilmente lo stress,ma, non ne siamo sicuri”

“Possiamo vederla?” domandò Jared.

“Sì, anche se in questo momento sta dormendo ed è sotto farmaci”

“Ma è in coma farmacologico?” domandai schietto e freddo,mentre camminammo lungo il corridoio che portava alla camera.

“Sì” rispose freddo il dottore.

Ci fermammo davanti alla porta.

Era lì.

Ferma.

Sdraiata su un letto.

Immobile.

Bianca.

Pallida.

Era lì.

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Capitolo 10
*** With or Without you ***


Eccomi!

Eh... non mi sembra vero,ma, siamo arrivati al decimo capitolo! Wow!

Qui si deve festeggiare! Vai con lo champagne!

Okey, okey.... ritorno in me.... la vostra simpaticona è tornata a tormentare le vostre menti con questa meravigliosa storia d'amore... ah! Come sono romantica!

Ringrazio ancora una volta ( e non smetterò mai di ringraziarvi) Caroline e Marty. Grazie infinite ragazze, le vostre recensioni sono uno spasso da leggere :)

Ringrazio inoltre quei 33 utenti che hanno letto il nono capitolo e spero che leggano anche questo.

Finito con i ringraziamenti d'apertura.... bene.... spazio alla lettura!. (mamma ho fatto rima)

Alla prossima!

Fede xD

 

PS: Ringrazio anche i nove utenti che hanno cliccato su “inserisci la storia tra i seguiti” e i sei utenti di “ inserisci la storia tra i preferiti”. Grazie!

 

Il Dottor Green spalancò la porta lasciandoci entrare.

Era lì.

Era immobile.

Era lì, un corpo esile apparentemente senza vita.

“Parlatele, serve sia a voi, che al paziente” disse il dottore infrangendo quel muro di silenzio venutosi a creare in quella bianca stanza d'ospedale.

Jared e Tomo ringraziarono il dottore, mentre io mi avvicinai cautamente al corpo di Sara.

Sfiorai con il naso le sue labbra risalendo poi verso il suo di naso.

Portai una ciocca di capelli dietro al suo orecchio destro, accennai un flebile sorriso a quel mio gesto diventato così prezioso verso di lei.

Il bip- bip che scandiva il battito del suo cuore era l'unico rumore che infrangeva il silenzio all'interno della stanza.

Gli accarezzai il viso, fino ad arrivare alla sua mano destra e stringerla delicatamente, come se si potesse rompere da un momento all'altro.

“Ciao piccola mia.” dissi a bassa voce, come se solo lei doveva sentire.

Le lasciai un piccolo bacio sulle labbra, che ha contatto con le mie sembravano fredde.

“Sono qui e aspetto di rivedere nei tuoi occhi la luce”.

Sorrisi, stranamente.

Mi sedetti vicino a lei e le strinsi la mano.

“Dovremmo chiamare i suoi genitori” disse Jared sfogliando una rivista.

“Cosa gli dovremmo dire? Sapete vostra figlia è svenuta e ora è in coma. Se volete venire,la trovate qui sdraiata su un letto” dissi alzando il mio tono di voce.

“Dobbiamo farlo Shannon”

“No, Jared”

“Shannon, cazzo. Dobbiamo chiamare i suoi genitori”

“No!”

“Shannon, smettila. Pensi che facendo così lei si risvegli?” domandò Jared alzandosi dalla sedia e indicando Sara.

“Suo padre non si avvicinerà a lei. Sua madre è in Canada”

“Questo è già un' inizio. Hai i loro numeri”

“No”

Vedi mio fratello avvicinarsi a me e guardarmi con i suoi occhi di ghiaccio.

“Shannon con me non sei capace di mentire”

“Va bene.... chiama con il mio cellulare”.

Presi il cellulare dalla tasca e glielo passai a mio fratello.

Lo vidi uscire dalla stanza, con un sorriso che non vedo da tempo, soddisfatto della sua buona azione.

Quel sorriso gli veniva quando doveva ricattarmi per nascondere qualcosa a mamma.

Riemersi dai ricordi.

“Tomo...”

Si sedette vicino a Sara.

“Grazie” gli dissi prima di appoggiare un piede davanti all'altro ed uscire dalla stanza.

 

Dal punto di vista di Jared.

Presi il cellulare di mio fratello, la sua mano era fredda, gelida.

Uscì dalla stanza con quel strano sorriso da ricattatore che mi compariva quando ero piccolo.

“Signora Mc Howen, salve mi presento sono Jared Leto, il fratello di Shannon”

“Salve Jared. Mi scusi,ma, come mai mi sta chiamando a quest'ora della sera”

“Sua figlia” dissi con voce fredda, cercando di trattenere le lacrime.

“Cosa è successo?” domandò spaventata.

“Sua figlia è in ospedale, è svenuta ed ora è in coma farmacologico”

“Prendo il primo aereo e arrivo.”

“Va bene”

“In che ospedale siete?”

“Al Los Angeles Center”

“Va bene. Arrivo”

Il bip ripetuto troppe volte mi riportò alla realtà.

Mi accorsi che Shannon mi stava guardando.

 

Dal punto di vista di Shannon

“Ora il padre” gli dissi sedendosi di fianco a Jared.

“Chiamo io o tu?”

“Io”

Prese il cellulare dalla sua mano e digitai il numero.

“Salve signor Mc Howen sono Shannon Leto, il ragazzo di sua figlia”

“Ah... sì. Dimmi ragazzo”

“Sua figlia è in ospedale”

“Arrivo subito.” disse facendosi serio.

Portai il dito sul tasto rosso e spensi la chiamata.

 

Ore 8 e 30 del giorno dopo.

Mi svegliai di colpo appena sentì la porta aprirsi.

“Shannon?”
“Salve signora Mc Howen. Mi dispiace conoscerla in questa circostanza” gli risposi sistemandomi la maglia.

“Non ti preoccupare. Ah! Chiamami Mary, signora Mc Howen mi fa sentire troppo vecchia”

“Va bene.” gli strinsi la mano ricambiando il suo gesto.

Si precipitò poi sul corpo della figlia, lasciandoli un bacio sulla fronte.

“Mary” disse una voce maschile dietro le nostre spalle.

“Paul.” rispose la moglie con tono freddo e distaccato.

“Cosa ci fai qui?” domandò la donna.

“Dovrei fare anch'io la stessa domanda a te” rispose l'uomo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Tempo / Promettimi ***


Eccomi!

Grazie a tutti gli utenti che stanno seguendo la mia fan – fiction e alla mia Marty e alla mia Caroline che commentano sempre instancabilmente. Grazie!!!!

Ringrazio ovviamente tutti gli utenti che leggono e non commentano . Grazie!

Ed ora.... spazio alla lettura!

Alla prossima!

Fede xD

 

Dal punto di vista di Shannon.

 

“Vi ho chiamati io” risposi alzandomi dalla sedia.

“Come mai?” domandò Paul, il padre di Sara.

“Perché non è preoccupato per le condizioni di sua figlia?”

“No, mia figlia sta bene,si riprenderà e tornerà a lavorare normalmente”

Strinsi i pugni fino a sentire le unghie conficcarsi dentro la pelle.

“Shannon stai tranquillo. Io e Paul abbiamo una situazione da risolvere” .

Lasciai distendere le mani lungo i fianchi,mentre vidi Mary e Paul uscire dalla stanza e camminare lungo il corridoio.

Ritornai a sedermi e ad osservare il lento scorrere del tempo che passa.

 

Dal punto di vista di Jared.

 

Una calda mattina di primavera per me,ma, fredda per mio fratello.

Sono due giorni che Sara dorme e non si è ancora svegliata.

Mi sedetti su una panchina di legno vicino a un piccolo laghetto artificiale.

Vidi uscir fuori di fretta Mary e Paul dal' ospedale.

Una vocina dentro di me mi avrebbe detto “vai a vedere cosa sta succedendo”. Non gli diedi retta.

Sentii ogni singolo muscolo distendersi e rilassarsi per via dei 28 gradi al sole.

Presi in mano il cellulare e digitai il numero di Nadia.

Erano già due giorni che non sentivo la sua voce e mi mancava terribilmente.

Dopo due squilli mi rispose.

“Ciao Jared”

“Ciao piccola. Come stai?”

“Bene. Sara si è svegliata?”

“Non ancora”

Sospirai lungamente.

“Cosa c'è Jared?” mi domandò.

“Sono preoccupato per mio fratello. È stanco, sciupato, non reagisce a nulla, non vuole vedere nessuno tranne noi della famiglia. Non vedo più la luce brillare nei suoi occhi” risposi in lacrime.

“Amore mio... devi solo stargli accanto e vedrai che si riprenderà”

“Ho paura di non farcela”

“Non dire così Jared, ce la farai. Ne sono certa”

Sospirai un'altra volta, inclinando la testa leggermente indietro.

“Mi prometti che qualsiasi cosa succederà, noi resteremo insieme?” domandai sputando fuori le parole, come se avessi qualcuno che puntava una pistola alla tempia.

“Certo” .

“Ti amo Nadia e non ti lascerò mai”.

“Ti amo anch'io” .

La sentii sorridere per telefono, poi la salutai.

Mi voltai verso l'entrata dell'ospedale, quando vidi rientrare i signori Mc Howen camminando velocemente l'uno vicino all'altra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** New Born ***


Rieccomi!

E finalmente...... ah.... non vi dico nulla.

Sempre pronta per un nuovo capitolo!

Ringrazio la Marty (KikiEchelon92) che è sempre all'erta a commentare i capitoli che posto. Grazie tesoro!!!

E ringrazio anche Miyuki96, la nostra nuova new – entry..... che ha gentilmente commentato lo scorso capitolo. Grazie!

Bene.... per il resto cosa dovrei dire? Ringrazio tutti gli utenti che seguono la mia storia,ma, decidono o scelgono di non commentare.

Ringrazio tutti gli utenti che inseriscono la storia tra le preferite e tra le storie da seguire. Grazie infinite!

Che altro se non.... spazio alla lettura!

Alla prossima!

Fede xD

 

Dal punto di vista di Sara.

 

Aprii leggermente gli occhi, che si fecero una piccola fessura.

Sbattei leggermente le palpebre, fino a riacquistare completamente il movimento.

Alzai leggermente la testa e mi accorsi di essere in una stanza.

Scesi da quello che sembrava un letto, mi voltai.

Vidi un piccolo raggio, seguii quella luce.

Camminai.

Raggiunsi una porta, prima di aprirla mi voltai.

“Sara hai percorso dei chilometri per essere così sudata?”.

Lasciai cadere la mano lungo i fianchi e mi voltai per vedere chi avesse parlato,ma, non vidi nessuno; notai solo la distanza che avevo percorso che sembravano veramente dei chilometri.

Mi passai una mano sulla fronte accorgendomi che ero sudata.

“Bah... ho le allucinazioni” mi dissi a voce bassa.

Aprii la porta e venni colpita dal raggio che stavo seguendo.

Coprii il volto con le braccia, per farmi da schermo da quella luce bianca.

“Okey, okey, ora può bastare” disse una voce maschile.

Sentii qualcuno che si avvicinò a me e mi afferrò le braccia.

Aprii gli occhi.

Venni colpita dagli occhi azzurri di mio fratello.

“Jason!” urlai, buttando le braccia al collo del ragazzo davanti a me.

“Sara” disse sottovoce,mentre mi circondava con il suo abbraccio.

“Sono morta,vero?” gli domandai mentre mi staccavo dal suo abbraccio.

“No” mi rispose secco.

“E allora perché sono qui?”

Mi prese per mano e percorremmo la stessa stanza da cui ero uscita prima.

Notai che le pareti erano di un blu notte, quasi viola scuro.

“Aspetta” dissi afferrandoli il braccio.

“Stai tranquilla” mi rispose lasciandomi una carezza sul viso e sorridendomi.

Spalancò la porta davanti a noi e come in un sogno mi trovai in una stanza d'ospedale.

Riconobbi subito il mio corpo bianco e apparentemente senza vita disteso sul letto.

Mi avvicinai al mio viso e accarezzai i miei lineamenti, il collo, i capelli, le spalle , le braccia e le mani, dove incontrai quella di Shannon che stringeva la mia.

“Dio... perché sono qui?” domandai a bassa voce voltandomi verso Jason.

“Sei svenuta e non hai più ripreso conoscenza.” mi rispose freddo.

Respirai profondamente per non piangere.

Mi allontanai dal mio corpo e mi guardai Shannon.

“Tesoro... perché sei qui? Dovresti essere in giro, dall'altra parte del mondo, non qui. Non qui.”

Mi accasciai vicino a Shannon.

Sentii il suo respiro circondarmi, cullarmi, curarmi.

“Non devi morire per causa mia” gli sussurrai, passando le mie labbra sulle sue.

“Nessuno mi può sentire vero?” domandai, mentre abbracciavo Shannon.

“No”

“Bene”

Mi allontanai da lui e prosegui il mio cammino.

Uscimmo dalla stanza e aprimmo un' altra porta, questa volta quella di casa.

Mi rividi.

Rividi l'istante in qui entrai in casa con lo scatolone in mano.

L'istante in cui sono svenuta.

La corsa in ospedale.

Shannon.

Jared.

Tomo.

Io.

 

Poi tutto in un secondo.

 

Urla.

Pianti.

Sparatorie.

Bombe.

Armi.

Guerre.

Dittatori.

Pace.

Odio.

Amore.

 

Tutto in un secondo.

 

Una chiesa.

Un organo.

Un prete.

Una bambina.

Un giardino.

Una casa.

Un uomo.

Una donna.

Una spiaggia.

Due persone.

Un bacio.

Un abbraccio.

 

 

Mi risvegliai.
 

Così.
 

All'improvviso, come all'improvviso mi ero addormentata.
 

“Amore”
 

La prima parola che pronunciai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Verità ***


Rieccomi!

Spero che non vi siate annoiati in questo lungo mese di luglio e primo agosto :)

La Fede è tornata più carica che mai pronta per regalarvi tante nuove emozioni.

Ringrazio sempre le Fedelissime, che commentano e si commuovo leggendo i capitoli che posto.

Ringrazio,come sempre, le persone che leggono e non commentano, grazie!

E che altro dire se non altro che..... buona lettura!

Baci!

Fede xD

 

 

“Amore”

La prima parola che pronunciai.

“Amore”.

Aprii lentamente gli occhi e mi voltai per guardare Shannon.

Mi accorsi che mi stringeva la mano, senza muoversi.

“Sara sei qui” mi disse

Deglutii.

“Sì, che sono qua. Sono viva”

“Sei viva” disse alzando leggermente il tono di voce.

Notai che nel frattempo erano nella stanza c'erano tutti i miei amici: Sydney, Nadia, Micheal, Paul,Mary, Jared, Tomo e Viky.

Erano tutti presenti intorno al letto, lasciandomi poca aria per respirare.

Riempii a fatica i polmoni d'aria.

“Ragazzi non riesco a respirare se siete tutti qui vicino a me” dissi con la voce rauca.

“Giusto. Lasciamola respirare” disse Micheal infrangendo quel muro di silenzio che si era venuto a creare a tutti i presenti in stanza.

“Ehi! Quanta gente!” esortò il Dottor Green entrando nella stanza.

Si fermò e mi guardò, facendo roteare la testa a destra e a sinistra.

“Cosa c'è?” domandai

“Finalmente! Signori qui ci sta un trenino in tuo onore.” rispose avvicinandosi al letto.

“Sì e magari ballare sui tavoli sparando “Like a Virgin” di Madonna” dissi stando al gioco, ghignando poi sotto i baffi.

Sì! Like a Virgin .....Touched for the very first time ..... Like a Virgin...” canticchiò, mentre si avvicinava alle macchine che intorno a me.

Restai a guardare i movimenti del dottor Green, fluidi, leggiadri, leggeri, veloci e scattanti.

Prendeva annotazioni sulla cartella dei referti e su un'altra piccola cartella blu scuro appoggiata sul comodino di fianco al mio letto.

“Signori, vi posso chiedere la cortesia di uscire?” domandò.

“Sì, sì. Shannon usciamo, lasciamo fare il suo lavoro al dottore” rispose Jared.

Shannon mi lasciò la mano e mi sussurrò “Torno presto”.

Gli sorrisi e feci “sì” con la testa.

Osservai le persone che mi stavano accanto pochi secondi prima uscire dalla stanza e disperdersi nel corridoio davanti la porta.

Il dottore chiuse poi la porta.

“Cosa mi è successo?” domandai schietta.

Il dottor Green si passò una mano sui capelli biondi, lasciando cadere le piccole ciocche che gli erano rimaste in mano.

Le piccole e sottili ciocche fluttuarono leggere lungo una strana traiettoria non tracciata da nessuno posarsi per terra.

“Cosa mi è successo, dimmelo”

“Sei svenuta.”

“Voglio la verità”

“Sei svenuta e poi sei andata in coma farmacologico”

Gocce di pioggia salata caddero dal mio viso.

“Poi”

“Adesso sei qui”

“Già.”

Si avvicinò a me e mi abbracciò.

Sentii le sue braccia magre e esili accogliermi in una culla di speranza.

“Ce la farai. Non ti arrendere”

Continuai a piangere, piangere ininterrottamente.

“Come mai sono svenuta?”

“Questo non lo sappiamo. Forse è stato lo stress delle missioni”

“Già” risposi con lo sguardo perso nel vuoto, rivolto verso la finestra.

 

Passarono i secondi, i minuti, le ore, i giorni.

 

“Ciao Sara”

Pagina 114, inserii il segnalibro e chiusi il libro.

Alzai lo sguardo.

Sorrisi, rispondendo al saluto di mia mamma che stava a guardare i miei gesti lenti scorrere davanti a lei.

“Vieni mamma. Non stare lì sulla soglia”

Pochi centimetri dividevano me da mia mamma che nel frattempo si era seduta sulla sedia di fianco al mio letto.

Mi prese la mano.

“Come stai?”

“Miglioro ogni giorno che passa, anche se il dottor Green mi ha detto che se voglio andare in giro per l'ospedale devo stare su una carrozzina”

“Come mai?”

“Precauzione”

“Shannon dov'è?” mi domandò guardandosi intorno notando che il batterista non era nella stanza.

“Ho costretto Shannon ad andare in studio con Jared e Tomo”

“Costretto?”

“Sì, almeno per quella mezza giornata potrebbe lasciarmi da sola” risposi gesticolando freneticamente e nervosamente, ricordando la discussione di stamattina.

“Tesoro, ti devo dire una cosa” disse, facendosi seria tutto ad un tratto.

Lasciò la mia mano, come se avesse paura di qualcosa.

Vidi i suoi occhi verdi farsi tutto ad un tratto diventare scuri, neri.

“Jason”

“Mamma, Jason è morto.”

“Jason....”

“Jason? Jason non c'è più a causa mia, è morto”

“Jason è vivo”

“No. Mamma cosa stai dicendo! Mamma, Jason è morto!”

“No, Sara. Jason è vivo. Vive in Canada”

“No, no,no,no! Jason è morto!” urlai, ancora una volta, accasciandomi poi sul cuscino dietro la mia schiena.

“Stammi ad ascoltare, adesso”

Prese fiato e chiuse per un piccolo istante gli occhi.

“Io, ho portato via tuo fratello quando tu avevi diciotto anni, perché non volevo che diventasse un agente.”

“E non hai pensato di salvare anche me?”

“Avrei dovuto salvare anche te, Sara. Solo che tuo padre non mi avrebbe dato la possibilità di lasciare l' SD – 6”

“E allora tu hai deciso di salvare solo Jason e non me”

“Esatto. Ma, per me è stata dura scegliere tra te e Jason. Voi siete i miei figli e non ho mai avuto preferenze. Ho sempre dato tutto sia a te che a lui”

“Alla fine, però papà ti ha permesso di lasciare l' SD – 6?”

“Sì”

“ Non hai pensato, lontanamente, di venirmi a salvare e di portarmi con te in Canada?”

“Ormai avevi una vita tua qui a Los Angeles. Per te sarebbe stato difficile lasciare tutto quello che hai qui, sopratutto Shannon.”

Sospirai.

Una.

Due.

Tre volte.

“Jason sa della mia esistenza?”

“No. Ho raccontato che eri morta in una missione.”

Sospirai.

Una.

Due.

Tre volte.

Portai le mani sulla testa.

Senti le mani calde di mia mamma appoggiarsi sulle mie braccia.

Mi voltai verso di lei abbassando lentamente le braccia.

“Scusami, scusami, scusami” continuava a ripetere senza sosta, mentre le lacrime di dolore scendevano dagli occhi verdi di mia mamma.

Questa volta fui io a prendere le mani di mamma.

Il mio tocco freddo.

Il suo tocco caldo.

Luna.

Sole.

“Mamma.”

Scoppiai a piangere.

Mi allungai verso il corpo di mia madre, per farle sentire il mio calore.

“Lo so, che non è stato facile portare questo fardello per lungo tempo.”

Mi discostai dal suo corpo, guardandola negli occhi.

“Non è stato facile. Avrei voluto portarvi via tutti e due, ma, cosa avrei potuto darvi?”

“Mamma, tu ci hai dato tutto e la cosa più importante è la vita”.

A queste parole, mia madre mi abbracciò.

Si staccò da me e ritornò a guardarmi.

Si alzò dalla sedia, prese la sua giacca e tirò fuori da una tasca interna una foto con dietro il numero di Jason.

Presi la foto.

“Mamma, ma, questa era una delle ultime foto che ci avevi scattato”.

Io, quindicenne, mentre Jason diciassettenne sorridevamo sicuri che non ci saremmo mai lasciati all'obiettivo della macchina fotografica.

Rimisi la fotografia sul comodino.

Delle piccole labbra toccarono la mia fronte e una carezza riempi il viso di un pallido rossore.

“Mi sei mancata” sussurrai a bassa voce.

“Anche tu” rispose sorridendomi.

Si alzò dal letto e andò verso la porta.

“Mamma.”

“Si”

“Torni, vero?”

“Certo”

Si voltò a guardarmi e mi sorrise.

“A domani e cerca di non far preoccupare Shannon”.

“Va bene”

Le sorrisi per un'ultima volta e poi la vidi camminar via lungo il corridoio.

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Capitolo 14
*** Passi ***


 

Rieccomi!

Torno a pubblicare la mia fan – fiction dopo tanto, tantissimo tempo. Scusatemi,ma, volevo aspettare il computer nuovo per continuare, quello vecchio stava per tirare le penne.

In questo capitolo ho semplice aggiunto una parte in più che in quello precedente non c'era.

Non vi preoccupate dal prossimo torno con nuovi capitoli e nuove storie.

Alla prossima e come dico sempre.... buona lettura :)

Baci.

Fede xD

 

I suoi passi risuonavano lungo il corridoio dell'ospedale.

Tum – tum – tum.....

Passi, solo passi.

 

Presi in mano la fotografia.

Io e Jason, sorridenti.

Passai le mie dita esili lungo i nostri profili, le nostre facce.

Mi ricordo ancora quella volta in cui mamma ci scattò la foto.

Era la sera di Natale, dopo il cenone a casa di nostra nonna.

“Dai ragazzi voltatevi che vi scatto una foto!” disse sorridendo nostra madre.

Io e Jason ci guardammo negli occhi, leggendoci nella mente, come solo noi sapevamo fare.

Il verde e l'azzurro si incontrarono.

Sorridemmo e ci voltammo di scatto verso l'obiettivo, continuando a sorridere.

 

“Dio, Jason, com'eravamo indifesi difronte alla vita, che ci hanno creato...” dissi sottovoce.

 

Mi alzai dal letto.

Decisi di muovermi e camminare.

Uscii dalla stanza, lasciandola così com'era: lenzuola stropicciate, il cuscino spostato verso un unico lato del letto, le coperte per terra a causa del caldo afoso che aveva investito Los Angeles.

 

Un passo dopo l'altro.

Lentamente avanzai verso la sala d'aspetto.

Alzai lo sguardo verso il grande orologio che campeggiava nella stanza.

Ore 11 e 30.

“Bene, Shannon arriva alle 12 e 30. Ho ancora un'ora libera” dissi.

Come un prigioniero che evade dalla cella, come una stella che segue un'altra traiettoria, mi sentii stranamente eccitata dell'azione che stavo per fare.

Evadere.

Sì, evasione.

Finalmente, arrivò l'ascensore.

Entrai nel piccolo scatola argentata, ricoperta di specchi.

Osservai le persone intorno a me.

Chi aspettava.

Chi chiamava il proprio amato o amata.

Chi era nervoso.

Chi preoccupato.

Chi reggeva in braccio il proprio bambino.

Chi si osservava allo specchio.

Come me.

Viso stanco, visibilmente eccitato e stranamente felice di quello che stava compiendo.

Arrivai al 15esimo piano : Neonatologia.

Procedetti a passo spedito verso la sala con il vetro dove si potevano vedere i bambini.

Rimasi davanti per minuti interminabili davanti al vetro con le braccia conserte.

Bambini di colore diverso, di nazionalità diverse.

Tutti meravigliosi.

Tutti piccoli e indifesi.

Alla scoperta del mondo.

“Qual è il tuo o la tua?”

Mi voltai verso una donna giovane, neo – mamma, dall'aspetto.

Portava una vestaglia blu che ricopriva il suo corpo lasciando scoperte solo le caviglie, i capelli rossi percorrevano le spalle e le lentiggini erano sparse sul suo viso bianco.

I suoi occhi azzurri mi scrutarono, studiandomi.

“No, no... Qui non c'è nessun figlio” risposi, muovendo le braccia, facendo finta di scacciare via una mosca immaginaria.

“Ah, mi dispiace” disse dispiaciuta per quello che aveva appena detto.

“Già, dispiace anche a me” risposi abbassando il capo e guardandomi la punta dei piedi.

“Comunque io sono Elisabeth” disse con un sorriso stampato sul viso allungando la mano verso di me.

“Piacere. Sara” risposi, stringendole la mano.

Ci sorridemmo per un lungo istante.

“Vuoi entrare con me?” domandò spontaneamente.

“Va bene” risposi imbarazzata, arrossendo in volto.

Superammo la piccola porta di vetro.

Ci coprimmo la testa con delle cuffie verde accesso e indossammo delle tuniche dello stesso colore della cuffia.

L'infermiera ci condusse lungo le culle fino al nome della piccola Mary.

Il volto di Elisabeth si trasformò dal sorriso simpatico di qualche secondo prima, al sorriso materno.

Prese in braccio sua figlia.

Aveva la pelle di un colore rosa chiaro e una folta massa di capelli neri copriva la sua piccola testa.

Le sue piccole manine avevano afferrato quelle della mamma che, intanto le accarezzava il viso,mettendole a posto i capelli.

I piedini scalpitavano, anzi si muovevano a ritmo di una canzone che canticchiava Elisabeth.

Gli occhi erano neri e osservavano la sua mamma.

Rimasi a guardare la scena estasiata dal rapporto madre – figlia che si era venuto a creare attraverso quei pochi contatti tra le due.

“Vuoi prenderla in braccio?” mi domandò.

“Eh... no, no. Grazie”

“Dai, prendila. Non ti mangia,mica, sai” rispose sorridendo.

“Beh.... Se proprio insisti. Va bene”

Si avvicinò, porgendomi la bambina tra le mie braccia.

Sentii che una strana sensazione si faceva spazio dentro di me.

Amore materno.

Amore per la propria figlia.

Amore verso la piccola creatura.

Amore verso la propria arte, creata dal padre e dalla madre.

Rimasi a guardare la piccola Mary, tra le mie braccia.

“Ciao piccola. Vivi una vita felice. “ le sussurrai, sorridendole.

Poi un qualcosa di inaspettato.

La sua piccola mano destra si allungò verso il mio viso, lasciandomi una piccola carezza.

“Grazie” dissi con le lacrime agli occhi.

Guardai Elisabeth.

“Hai una figlia meravigliosa.”

“Grazie” rispose.

Le porsi la bambina, che poi adagiò nella culla.

Le lasciò una piccola carezza, prima di uscire dalla stanza.

Salutai Elisabeth abbracciandola e poi mi incamminai verso la sala d'aspetto.

Guardai il grosso quadrante dell'orologio che segna le 12 e 35.

“Cazzo! Shannon! Se non mi trova in camera inizierà a preoccuparsi!” dissi sottovoce, cercando di non dare troppo nell'occhio.

Scesi al decimo piano e camminai svelta verso la mia stanza.

Arrivai con il fiatone verso la porta e rimasi ad osservai Shannon.

Era seduto sulla soglia del letto e rigirava tra le mani il suo I – Phone.

“Guarda che non devi essere apprensivo e preoccuparti per ogni singolo mio movimento” dissi spezzando il silenzio che si era creato.

“Dov'eri?” domandò preoccupato, alzandosi di scatto dal letto.

“Ero andata in neonatologia.”

“In neonatologia?” domandò curioso.

“Sì” risposi,mentre mi distendevo lungo il letto e appoggiavo la testa sul cuscino

“E cosa sei andata a fare in neonatologia, scusa?”

“Secondo te?”

“Non lo so. Rispondimi tu.”

“Sono andata a vedere i bambini nati ed ho incontrato una neo – mamma. Molto bella e simpatica” risposi, giocando con una ciocca dei miei capelli guardando Shannon.

Si avvicinò e mi baciò.

“Così va meglio” dissi discostandomi dalle sue labbra.

“Vuoi che mi sdraio vicino a te?”

“Non devi neanche chiederlo” risposi sorridendo maliziosamente.

Si sdraiò vicino a me, prendendomi tra le sue braccia, facendomi sentire protetta, sfiorandomi con le dita fredde le mie braccia e lasciandomi un bacio sul collo.

“Shannon ti devo dire una cosa.” dissi facendomi seria tutto ad un tratto.

“Ti ricordi di Jason?”

“Sì, tuo fratello.”

“Ecco, lui è...”

“Lui è?”

“Vivo”

“Vivo?!” mi domandò guardandomi in faccia.

“Sì , Shannon è vivo!” risposi alzando la voce.

“Bene.... bene.... bene....” disse grattandosi il mento.

“Shannon sei solo capace di rispondere bene?” domandai seccata dal suo comportamento.

“Cosa dovrei fare?”

“Lascia perdere” dissi alzandomi dal letto.

Camminai verso la finestra, finché senti le braccia di Shannon stringere le mie.

“Ecco, vedi cosa non va”

“Cosa non va?”

“Questo” dissi voltandomi verso di lui piangendo.

Si avvicinò, fissandomi negli occhi.

“Shannon che fai?”

Sì avvicinò ancora di più a me, prendendomi il viso tra le mani.

Mi baciò.

“Sono qui e non ti lascio. Sappilo”

“Scusami” risposi infrangendo quel muro di silenzio che si era venuto a creare tra me lui.

“Scusami, scusami,scusami. Tu mi stai vicino, perché in questo momento sei l'unica ancora di salvezza che possiedo”

“Non parlare”

Continuai a stringere le sue braccia intorno al suo corpo, nonostante il mio fragile corpo e la mia mente che in quel momento avevano solo un pensiero fisso: Jason.

 

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Capitolo 15
*** A Better Nothing ***


 

Rieccomi!

Tranquilli, se vi stavate chiedendo dov'ero finita, avete fatto bene.

Scusatemi se in tutti questi mesi non ho postato i capitoli nuovi,ma, sono stata un po' presa dalla scuola e dal vuoto di ispirazione che colpisce un po' tutti gli scrittori.

Ora sono tornata pronta e battagliera come non mai.

Piccolo ricapitolo delle puntate precedenti: Sara e Shannon, lui batterista dei 30 Seconds To Mars, lei agente segreto che lavora per l'SD- 6.

Durante una missione importante, Sara rivela la sua vera natura davanti ai ragazzi: agente segreto.

Shannon all'inizio ne rimane sconvolto finché anche lui e la band rimarranno coinvolti in un'altra missione dove a guidarli sarà la stessa Sara.

Passa qualche mese e sembra le cose tra la coppia si siano risolte,ma, non è così.

Ritorna una presenza importante nella vita di Sara.

Siete curiosi di come andrà a finire?

Bene, non vi resta altro che leggere.

E come dico sempre io... buona lettura!

Alla prossima!

Federica xD

 

 

Dal punto di vista di Sara.

 

Mi staccai dal suo caldo abbraccio, lo guardai.

Lessi nei suoi occhi lo spavento di avermi persa per un soffio.

Gli sorrisi.

“Vuoi sdraiarti?” mi domandò sorridendomi.

“Direi che è una buona idea. Mi sento così stanca” gli risposi,mentre sistemavo il cuscino.

Mi sdraiai e rivolsi un ultimo sguardo a Shannon, prima di addormentarmi.

 

Dal punto di vista di Shannon.

 

“Sara! Sara! Sara!! Rispondimi ti prego!”

“Allontanati Shannon!” urlò Jared, mentre mi strattonava via.

Lasciai il suo braccio penzolare da fuori il lenzuolo.

Un gruppo di infermieri si radunò intorno a Sara, che non rispondeva ai riflessi indetti dal dottor Green.

“Dobbiamo portarla in sala, sta perdendo molto sangue”

Presi il dottore per un braccio, che fu così costretto a guardarmi negli occhi.

“Shannon dobbiamo portarla in sala operatoria. C'è un aborto in corso e se non interveniamo rischiamo di non salvare né lei, né il feto”.

Sentii in quel momento le gambe cedere.

La testa girare.

Iniziai a tremare, a sudare freddo.

Venni strattonato via Jared, che mi fece sedere su una sedia.

“Shannon! Shannon! Rispondimi!” .

Aprii gli occhi appena mi senti chiamare da mio fratello.

“Shannon come stai?” mi domandò fissandomi.

“Sara. Dov'è?”

“L'hanno portata in sala operatoria. Ha perso molto sangue”.

Quella frase mi riportò alla luce gli ultimi istanti.

I suoi occhi spenti, il corpo freddo, le labbra viola.... il sangue.

“Cosa gli è successo?” domandai a Jared.

“I medici dicono che sia svenuta a causa di un aborto in corso.”

“Come un aborto in corso?!” domandai, guardando negli occhi mio fratello.

“Il corpo di Sara ha espulso quello che poteva essere il vostro bambino”

“Bambino? Sara era incinta?”

“A quanto pare”.

“Tu lo sapevi?!”

“No, sono all'oscuro di tutto”

Non mi sentii sicuro della risposta di mio fratello.

Lo fissai fino ad indurlo ad una risposta plausibile.

“Te lo detto non so nulla. Sara non mi ha mai detto nulla”.

“Oh, mio Dio! Io devo andare a vedere come sta!” urlai, alzandomi dalla sedia.

“No! Shannon stai calmo. Aspettiamo e vediamo come va la situazione”.

“Non posso stare qui Jared! Lì dentro stanno operando la mia futura moglie!” urlai, indicando le grandi porte della sala operatoria.

Mi voltai verso la sala e camminai velocemente vicino ad esse, finché sentii le braccia di Jared strattonarmi.

Lo spintonai contro il muro e corsi in sala operatoria.

Spinsi via le porte, ed entrai.

“Signore lei non può stare qui” mi disse un'infermiera.

“Lei non deve dirmi quello che devo fare!”

“Portatelo via! Shannon vai via da qui!” urlò il dottor Green.

“Assicurami che lei aprirà gli occhi appena uscita da qui!”

“Te lo assicuro, ma, ora esci da qui”.

Vidi per l'ultima il corpo di Sara ricoperto da un lenzuolo verde, che le lasciava scoperto solo il volto e le braccia.

Una mascherina per l'ossigeno teneva le copriva meta volto.

Gli occhi erano chiusi e i capelli coperti da una cuffia verde.

Una luce la illuminava rendendola ancora più bianca, opaca, di quanto non lo fosse in queste settimane trascorse in ospedale.

“Shannon vieni con me” disse una voce dietro le mie spalle.

“Andiamo via. Lasciamo il dottor Green lavorare.”

Sentii la mano di mio fratello stringere la mia.

Uscimmo dalla sala operatoria e tornammo a sederci.

“Mi dispiace per averti spintonato poco fa”.

“Non fa niente.”

Appoggiai la testa sulla spalla di mio fratello, dove mi lasciai completamente andare.

Incominciai a piangere.

“Io la amo Jared. La amo più di qualsiasi altra donna al mondo. Sono disposto a morire per lei. Sono disposto a mettermi in pericolo per lei, pur di salvarla da qualsiasi situazione. Io la amo.”

“Saresti disposto a rinunciare anche alla tua carriera per lei?”

“Non lo so.”

“E se un giorno te lo domandasse?”

“Non lo farebbe mai. Lei è un Echelon come tutti gli altri. Ci rispetta come band. Non mi chiederebbe mai di lasciare il mio lavoro.”

“Già”

Abbracciai mio fratello e continuai a piangere.

“E se non tornasse più”

Gli tirai un pugno sul braccio.

“Non dirlo neanche per scherzo!” gli risposi mentre chiudevo gli occhi.

“Questa mattina ho scritto un pezzo nuovo, lo vuoi sentire?”

“Sì”

“Non ho la chitarra”

“Non fa niente”

“Va bene, allora ci provo lo stesso”.

Si schiarì la voce ed iniziò ad intonare una melodia celestiale, che non avevo mai sentito cantare da uno come mio fratello.

“In un'alba scura, ti ho trovata.

Ti ho presa tra le mie braccia e non ti ho più lasciata.

I miei sbagli gli ho fatti, ora voglio cambiare, insieme a te.

Ti ho sorretta nell'oscurità.

Ti ho protetto come nessun altro al mondo,ma,

Ora sono qui.”

 

“Le parole fanno schifo,ma, sulla melodia si può lavorare”

“No, Jared. Puoi lasciarla così”

“Va bene così?”

“E' perfetta”

“Sopravviverà.” disse sospirando.
“Lo so. Lei è forte” risposi con un flebile sorriso.

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Capitolo 16
*** It Ends Tonight ***


 

Hola!

Nel capitolo precedente mi sono dimenticata di ringraziare infinitamente tutti gli utenti che continuano a leggere a commentare questa storia. Siete grandi!

Detto questo, buona lettura!

Alla prossima!

Fede xD

 

Dal punto di vista di Shannon.

“I parenti di Sara Mc Howen?” domandò un' infermiera rossa di capelli.

“Io” mi alzai in piedi appena sentii il suo nome.

Mi sistemai i capelli mentre la seguivo verso il corridoio.

“Posso vederla?”

“Sì, aspetti solo un secondo, le chiamo il dottor. Green”

“Grazie”

Sentii la mano di Jared sfiorare la mia.

“Andrà tutto bene” mi sussurrò.

“Mi sarai vicino appena uscirò dalla stanza?”

“Certo” rispose sorridendo.

“Shannon!”.

Mi voltai appena mi chiamò il dottor Green.

“Com'è andata?” gli domandai mentre gli andavo incontro.

“L'operazione è andata bene. Siamo riusciti a salvarla per un soffio”

Feci un respiro profondo prima di pronunciare quella domanda.

“Il feto?”

“Per il bambino non c'è stato nulla da fare. Abbiamo dovuto raschiare via”.

Strinsi i pugni e abbassai lo sguardo.

“Posso vederla?”

“Sì, vieni con me”.

Mi condusse lungo un corridoio, fino alla stanza 302.

“Cerca di non farla agitare, deve riprendersi dall'operazione.”

“Va bene” risposi con un flebile sorriso.

Mi voltai lentamente verso la porta ed entrai.

Era riversa su un lato ed una luce tenue la illuminava.

Le gambe erano distese lungo il letto, mentre le braccia le nascondevano il viso.

 

Dal punto di vista di Sara.

 

“Stai fermo lì. Non ti muovere” dissi, rompendo il silenzio che si era creato tra me e Shannon.

Sentii i suoi passi risuonare nella stanza, la sua mano sfiorare la mia pelle.

Con un gesto veloce spinsi via la sua mano.

“Perché non mi hai detto nulla del bambino?” domandò freddo.

Non risposi.

“Perché non mi hai detto nulla del bambino?!” la sua voce risuonò dentro la stanza e dentro me.

“Avrebbe cambiato qualcosa?”

“Sì. Ti sarei stato accanto, avresti lasciato il lavoro e avremmo vissuto insieme quei bellissimi nove mesi”

“Scusami. È stata tutta colpa mia. Sono io la responsabile di questo.”

“Perché non mi hai detto nulla?”

“Non lo so.”

“Ti rendi conto che ti sei comportata come un'egoista. Hai pensato solo a te stessa”

“Lo so. Non ho pensato a noi”

“No, hai dimenticato cosa vuol dire la parola “noi” ”

“Lo so”

“Smettila di dire “lo so”. Smettila!”

Strinsi i pugni e nascosi le lacrime.

“Shannon basta! Basta di trattarmi così! Mi hanno appena tolto quello che poteva essere nostro figlio e, tu cosa fai? Mi riempi di colpe invece di starmi vicino!”

“Cosa dovrei fare secondo te? Dirti brava, farti i complimenti per una cosa che hai fatto. Tu hai tradito la mia fiducia”.

“So di farti tradito e, mi dispiace, solo che mi sentivo insicura.”

“Ti sentivi insicura.... Smettila di dire bugie!”

“Shannon io non so più chi sono e questo bambino poteva farmi ritrovare la gioia.”

“Sono solo bugie”

Mi alzai dal letto e camminai verso Shannon.

“Guardami.”

Si voltò a guardarmi.

“Domani mattina mi lasciano andare a casa e mercoledì partirò per Vancouver, starò via per un po'.”

“Immagino che nemmeno questo volevi farmi sapere vero?”

“Te lo avrei detto in una circostanza differente”

“Quando?”

“Quando sarei tornata a casa e saremmo partiti insieme”

Mi avvicinai, gli sfiorai la maglietta risalendo fino al viso.

“Mi dispiace”

“Non voglio sentirti. Ne vederti . Non scrivermi. È finita”

Mi allontanai, aprendo gli occhi di scatto.

“Non puoi far finire tutto così”

“Invece posso”

Mi guardò per l'ultima volta, lasciò poi la stanza, sbattendo la porta.

“Se ne andato”.

“Se ne andato.”

“Se ne andato”.

 

Dal punto di vista di Shannon.

Lasciai sbattere la porta, che nel frattempo si era chiusa dietro di me.

“Com'è andata?” domandò Jared venendomi incontro.

“L'ho lasciata”

“Come?!”

“Hai sentito bene. L'ho lasciata”

 

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** If I... . (Prima parte) ***


Ciao!

Ritorno dopo tanto, tantissimo tempo a riprendere in mano a scrivere questa storia, che è proseguita nella mia testa,ma, che su carta ho fatto un po' di fatica a metter giù, presa dalla scuola, concerti e poesie....

Spero che questo capitolo possa piacervi :)

Ringrazio infinitamente tutte le persone che hanno letto questa fan – fiction durante la mia “piccola” assenza e tutte le persone che hanno inserito questa storia tra le proprie storie e tutti quelli che hanno inserito la storia tre le “preferite” o “seguite”. Grazie mille!

Bene, detto questo....

Buona lettura!

Al prossimo capitolo!

Federica xD

 

“Sei sicura di partire?” mi domandò Sydney,mentre stavo guardando il tabellone dei voli in partenza.

Mi voltai a guardarla.

“Per l'ennesima volta, sì”

“Guarda che fai ancora in tempo a cambiare idea”

“Syd.... stai tranquilla, non mi capiterà nulla”

“Lo so, sarai con tua mamma e riconterai tuo fratello dopo tanto tempo, però....”

Mi avvicinai, l'abbracciai.

“Stai tranquilla” le sussurrai vicino all'orecchio destro, da dove pendeva un orecchino azzurro che le contornava il viso.

Presi in mano la mia valigia rossa e la guardai per un'ultima volta.

“Ti chiamo quando arrivo” dissi interrompendo quel lieve silenzio, disturbato solo dalle persone che ci passavano di fianco.

“Va bene” rispose sorridendomi.

“Fai buon viaggio”

“Grazie” sorrisi.

 

Riguardai il tabellone prima di avviarmi verso il gate B – 10.

Mi incamminai lentamente, aspettando che qualcuno mi chiamasse.

Nessuno.

“Non ci pensare” continuai a ripetermi come un'automa, anche se dentro la mia testa campeggiava solo un ricordo, solo un nome, il suo.

Certe volte mi chiedo: se non avessi conosciuto Shannon, come sarebbe stata la mia vita?

Se avrei risposto alle avance di Jared? Magari, a quest'ora sarei a letto con lui.

Per carità lui è un uomo dalle mille idee: una ne crea, cento ne inventa, è gentile, disponibile, ma, freddo ed io preferisco gli uomini caldi, passionali, forse sarebbe cambiato, per me l'avrebbe sicuramente fatto.

Forse ci saremmo sposati tardi,come quelle coppie di sessantenni. forse avrei avuto dei bambini. O forse no.

Forse non saremmo stati neanche una bella coppia. Lui preferisce le bionde. Quelle formose, quelle da una botta e via. Mi chiedo ancora come Nadia l'abbia conquistato.

Sapevo solo che quando qualcuna si avvicinava a suo fratello, diventava protettivo, possessivo, nei confronti di Shannon.

Anche se con me,stranamente, non si è comportato così. Mi ha lasciato fare, mi ha lasciato entrare nella sua vita, nella sua casa, nel corpo di suo fratello, nel suo cuore.

E adesso mi ritrovo qui.

Da sola.

Da sola, come lo ero all'inizio della mia storia.

Chissà.....

 

“Avvertiamo i gentili passeggeri che siamo in arrivo al aeroporto di Vancouver (YVR). Vi invitiamo ad allacciare le cinture di sicurezza e a spegnere i vostri telefoni cellulari.” spiegò una gentile voce femminile.

 

Una grande freccia bianca su sfondo verde, posta sopra la mia testa, indicava l'uscita.

Percorsi a passi lunghi e distesi quei pochi metri che mi separavano dalla città.

Le grandi porte automatiche si aprirono e una ventata di aria fredda mi colpi il viso.

Respirai a pieni polmoni un'aria nuova, che forse mi avrebbe chiarito le idee.

 

 

 

“Tesoro!” mi voltai di scatto appena qualcuno mi chiamò.

Incontrai lo sguardo di mia madre.

Corsi verso di lei.

Lasciai cadere la valigia vicino alle mie gambe, la guardai negli occhi. Si leggeva chiaramente la gioia.

L'abbracciai.

“Mamma, quanto mi sei mancata”.

Mi lasciai stringere dalle sue braccia, respirai il suo profumo. Profumo che sapeva di arancia e limone.

Lasciai cadere qualche lacrima dal mio viso, che diventò trasparente ai raggi di un caldo sole di mezzogiorno.

“Andiamo a casa, che ne dici?”

“Direi che una fantastica idea” sorrisi.

All'improvviso tutto si fece più leggero, innocuo, come se nel mio cuore tutto il dolore fosse sparito. Almeno. Solo apparentemente.

Lasciai cadere il braccio fuori dal finestrino,mentre l'aria mi accarezzava e il sole mi scaldava il viso, mentre in radio passavano “Last Train Home” dei Lostprophets, canzone appropriata in quel momento.

 

But we sing
If we're going no where
Yeah we sing
If it's not enough
And we sing
Sing with out a reason to never fall in love
To never fall in love again.

 

 

“Tesoro siamo arrivati” mi sussurrò mia madre.

Aprii gli occhi di scatto, come se qualcuno o qualcosa mi avesse colpito. Mi guardai intorno,notai che eravamo ferme davanti ad una casa con giardino, preceduta da staccionata bianca, che si abbinava al colore della casa.

Mi voltai verso mia madre, che mi guardava con aria interrogativa.

“Non scendi?”

“Scusami. Penso di essermi addormentata”

“Sei collassata sul sedile, non hai neanche fatto in tempo a finire di cantare la canzone, che eri già tra le braccia di Morfeo” rispose sorridendomi, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Presi le valigie e lasciai che mamma fece strada verso casa.

Prese le chiavi dalla borsa, girò la chiave dentro la toppa della porta ad arco che incorniciava la struttura insieme a delle finestre molto grandi che lasciavano entrare molta luce.

“Cosa rimani lì sulla porta? Entra”

Mi guardai intorno, c'erano solo case, alberi, staccionate bianche,macchine.

Niente di più, solo quello.

Mi voltai verso mia madre ed entrai.

“Ci farai abitudine ed inizierà a piacerti”

“Già” risposi guardando la rampa di scale che divideva in due il corridoio d'entrata.

“Se sali le scale, sulla destra troverai la tua stanza”

Salii le scale pian piano, leggermente insicura di quello che mi sarei trovata davanti.

Aprii le grandi ali della porta bianca che mi divideva dall'altra stanza.

Sgranai gli occhi e spalancai la bocca vedendo il letto matrimoniale e l'enorme cabina – armadio che erano presenti.

Entrai poi in bagno e rimasi fulminata dallo specchio che estendeva su tutta la parete e terminava fino alla doccia.

Tornai in camera e mi buttai sul letto.

Mi addormentai.

Senza nessuna lacrima, senza nessuna paura, senza nessun rimpianto, senza il mio amore, senza il suo profumo, senza la mia linfa, senza i suoi baci, senza le sue carezze, senza di lui, senza Shannon.

Scesi le scale che mi dividevano dal piano di sotto e da quel profumo di arrosto che usciva dalla cucina che faceva faville nelle mie papille gustative e gorgogliare il mio stomaco.

Proseguii verso la sala da pranzo dove c'erano presenti tutti. Tutti compresi.

Mi fermai sulla soglia della sala da pranzo. Mamma, Jason e un'altra ragazza di cui non conosco nulla.

“Scusatemi, penso di aver dormito a lungo”

“Molto a lungo” terminò Jason, voltandosi a guardarmi.

Si alzò, scostando la sedia, che strisciò leggermente sul pavimento, camminò verso di me.

Si fermò a pochi passi da me, mi avvicinai a lui.

Lo abbracciai, lo strinsi, piangendo.

Appoggiò una mano sui miei capelli accarezzandoli leggermente come se quella persona che stavo stringendo tra le mie braccia fosse irreale.

“Ciao sorellina” mi sussurrò nel orecchio.

“Ciao fratellone” risposi.

Mi discostai dal suo abbraccio, lo guardai: alto, magro, con qualche muscolo, capelli corti neri ed occhi verdi.

Mi prese per mano e mi condusse verso il tavolo. La sua mano era calda.

“Lei è Catline, la mia fidanzata”

Si alzò anche lei ed allungò la mano verso di me.

La strinsi.

“Piacere Catline, io sono Sarah”

Catline si presentava come la tipica ragazza canadese, alta ,qualche centimetro in meno di Jason, occhi azzurri, capelli lunghi biondi, ed una pelle bianca, quasi di porcellana.

Mi sedetti.

Tra me e Jason c'era un piccolo centrotavola, dove in mezzo era posta una piccola candela, che emanava un leggero profumo di biancospino.

Mamma mi diede un piatto dove sopra c'erano disposte delle fette di arrosto di pollo con a fianco delle piccole fette di carote tagliate a rondelle, con sopra una piccola glassa di noci.

“Mangiate ragazzi”

“Grazie” risposi sorridendo.

 

 

“Non fate tardi mi raccomando!”

“Sì, mamma” risposi, mentre sentivo la porta chiudersi dietro di me.

Lo presi per mano e camminammo lungo il vialetto di casa.

Notai che la sua mano era rimasta calda, nonostante lo sbalzo di temperatura tra dentro e fuori, mentre la mia era fredda.

Respirai a lungo, osservando il cielo stellato e l'enorme Luna che faceva concorrenza alle sue amiche stelle.

“Come stai?”

Mi voltai verso Jason richiamata dalla sua domanda.

Lo guardai a lungo prima di articolare una parola di quattro lettere, ma, che dietro nascondeva un fiume di lacrime versate nei giorni precedenti alla mia partenza.

“Bene” gli risposi sorridendo.

Ci sedemmo su una panchina.

Mi guardò.

Mi specchiai all'interno dei suoi occhi neri.

“Tu non stai bene. Mamma mi ha raccontato quello che è successo.”

Lasciai che l'aria fredda mi riempisse i polmoni, procurandomi un lieve sollievo.

Mi discostai dal suo sguardo e spostai la mia attenzione vero il fruscio del vento tra gli alberi.

“Non sapevo cosa fare”

“ Questa non è una scusa plausibile” disse rimproverandomi.

Lo guardai.

“Tu non capisci”.

Sentii la sua mano calda appoggiarsi sulla spalla, avvicinai il mio viso al suo petto, chiusi gli occhi.

“Provo solo dolore e rabbia per come mi sono comportata”.

Jason mi strinse a sé, sentii il suo cuore battere più forte.

“La rabbia e il dolore passeranno e subentrerà l'amore”

“Quando?”

“Tempo al tempo”

Riaprii gli occhi, la mia mano si incatenò alla sua

“Hai ancora la foto?”

“Quale foto?”

“Quella di noi due, in salotto, a casa a Los Angeles”

“Quella in cui io avevo diciassette anni e tu quindici o quattordici?”

“Sì, proprio quella”

“Ho due copie: una la tengo nel portafoglio, mentre l'altra la tengo a casa, sopra il camino”

“Davvero?”

“Sì e, sai le guardo ogni giorno” rispose, sorridendo.

“Non ti sei mai dimenticato di me?”

La sua mano destra si staccò dalla mia, risalì lungo la giacca, la sciarpa e si fermò sul mento, alzò leggermente il mio viso, mi guardò.

“Non mi sono mai dimenticato di te, ti ho sempre pensata.”

Le mie braccia finirono intorno al suo collo.

“Ti voglio bene Jason” dissi con la voce spezzata dalle lacrime che scendevano come un fiume in piena.

“Ti voglio bene anch'io Sara”.

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Capitolo 18
*** If I... . (Seconda parte) ***


Salve a tutti!

Rieccomi a postare la seconda parte di “If I”, non nascondo che è stato difficile scrivere questo capitolo, in particolar modo dal punto di vista di Shannon perché dovevo tornare a pensare all'altro personaggio – chiave di questa storia, cosa che non facevo da un po'.

Ringrazio tutte le persone che hanno letto il capitolo precedente e in generale tutta la storia :)

Ringrazio, in particolar modo, Echelon30STM97 che ha lasciato una recensione, grazie! Era da tempo che non ne ricevevo una, pensavo ormai che questa storia fosse arrivata al capolinea.

Ora, lasciamo perdere i ringraziamenti e via.....

Buona lettura!

Federica xD

 

 

Un flebile raggio di sole fa capitolino nella mia stanza, mi lascio cullare dal calore che rilascia a contatto con la mia pelle.

Apro piano gli occhi, mi guardo intorno ancora con le coperte che mi coprono fino al collo, slego piano le braccia da sotto il cuscino e decido di alzarmi dal letto.

Cammino piano verso il bagno, accendo la luce e decido di affrontare la mia immagine riflessa nello specchio.

Decido di farmi una doccia calda, solo per svegliarmi dal sonno, scendo poi in cucina sperando di trovare mia madre.

La tavola è apparecchiata solo per una persona: cereali, succo, latte, fette biscottate e marmellata di more sono disposte intorno alla tazza rosa salmone che campeggia sopra il runner viola.

“Mamma, sei sempre la solita” sorrido.

Mi avvicino al frigorifero e leggo il biglietto: “Sono fuori per lavoro, torno stasera. Ti ho lasciato alcune cose per pranzo, sono tutte nel frigo. Ti voglio bene. Mamma

Sorrido ancora una volta, mi volto verso la tavola.

Riempo la scodella di latte, la infilo nel microonde e lascio che si riscaldi, intanto mi incammino verso il salotto.

Mi avvicino al televisore, prendo il telecomando, accendo il televisore al plasma di ultima generazione e incomincio a fare un po' di zapping finché non decido di fermarmi su Mtv.

La voce di Florence Welch investì la stanza di tanto amore “You Got The Love”, mi alzai dal divano quando finì il pezzo, non curandomi del fatto che il latte era ormai caldo, anzi bollente e che avrei dovuto togliere la tazza dal microonde.

Camminai verso la cucina, aprii lo sportello e appoggiai la tazza sul runner, versai una quantità non ben definita di cereali dentro la tazza, immersi il cucchiaio, ne presi una manciata e incominciai a masticare, cercando di non mandare in fiamme il palato.

Finì la colazione quasi subito, interrotta solo una volta dalla signora Fources che aveva chiamato al telefono di casa chiedendomi come stava mia madre.

“La signora Fources è molto cara e molto buona,ma, è una tale ficcanaso....” scoppiai a ridere al ricordo di quella frase che mamma mi aveva detto in giro per Vancouver, durante una giornata di shopping compulsivo.

Tornai in cucina, sparecchiai tavola, mentre Mtv passava un pezzo dei Depeche Mode.

Corsi verso il salotto, presi il telecomando e alzai a tutto volume. La voce di Dave Gahan riecheggiava nella stanza, forte e potente, mentre nel video il cantante di Basildon camminava verso Martin Gore appoggiandosi alla sua schiena, mentre il chitarrista suona il riff di “Precious”.

 

Things get damaged
Things get broken
I thought we'd manage
But words left unspoken
Left us so brittle
There was so little left to give

 

Quelle parole mi colpiscono come una pugnalata dritta al cuore, poi un'altra allo stomaco, dandomi il colpo di finale facendomi cadere a terra.

Mi scende una piccola lacrima, la spinsi subito via quando sentì che qualcuno aveva bussato alla porta.

Corsi verso la porta convinta che la persona dietro alla porta fosse mia madre, invece....

“Si, mamma arrivo....”

Mi guardai allo specchio, la persona dietro alla porta continuava a bussare.

“Sì, mamma, arrivo ad aprirti....”

Afferrai la maniglia laccata d'oro e distratta dalla canzone in sottofondo, aprì la porta.

Mi voltai a guardare la persona davanti a me che dalle fattezze non sembra mia madre, rimasi sbalordita e sorpresa di trovarmelo davanti.

“Shannon” dissi con un filo di voce.

 

Dal punto di vista di Shannon.

 

Parcheggiai davanti a casa della signora Mc Howen, mi guardai ancora una volta in giro. Avevo quella strana sensazione di essermi perso da qualche parte, sapevo di essere a Vancouver, ma non riuscivo a capire dove, saranno state le case tutte uguali, saranno gli alberi tutti ben curati e potati, saranno state le macchine parcheggiate tutte nello stesso identico modo, bah...

Riempii i polmoni per l'ennesima di ossigeno ed uscii dalla macchina.

Il leggero vento freddo mi colpì in pieno viso, la sensazione fu alquanto rigenerante.

Guardai la casa davanti a me, numero 1454, camminai lentamente verso la porta. Respirai ancora un'altra volta prima di bussare.

Bussai ancora un'altra volta, sentii la sua voce, come mi era mancata la sua voce così squillante, viva, rauca dopo i concerti, sensuale..... La mia attenzione si spostò poi sulla voce di Dave Gahan, mi guardai intorno, capii che Sara aveva l'ipod acceso.

“Shannon” mi sentì chiamare.

Mi guardò sbalordita e sorpresa, non pensava che dopo un mese sarei andato a Vancouver ad incontrala, a chiederle scusa, a dirle se mi perdonava e sopratutto se tornava a casa con me.

La osservai dalla testa ai piedi, portava una tuta blu,mentre ai piedi indossava un paio di ciabatte bianche con il pelo, i capelli erano tirati indietro e legati con un fermaglio, il colorito della sua pelle non era più bianco pallido come l'avevo lasciata un mese prima, si era ripresa, ce l'aveva fatta grazie alle sue sole forze ,si era rialzata, ed io non ero al suo fianco come avrei dovuto.

I suoi immensi e bellissimi occhi verdi mi stavo guardando, studiando in ogni minimo particolare, la guardai anch'io, era così bella, così bella che avevo paura di dimenticarmi com'era fatta.

Presi tutto il coraggio nascosto in ogni fibra, respirai a fondo e...

“Sarai sorpresa nel vedermi qui davanti a casa tua, sicuramente non te lo saresti mai aspettata che sarei venuto qui, a Vancouver, a chiederti scusa e a dirti che mi manchi, che vorrei il tuo perdono e che vorrei che tu tornassi a casa con me, ma, so già che non sarà facile convincerti, perché sarai arrabbiata con me.”

Respirai.

“Avrei dovuto restare quella volta in ospedale, avrei dovuto rassicurarti, darti un bacio e dirti che tutto sarebbe andato per meglio e che avremmo ritentato finché non sarei rimasta incinta, finché non mi avresti regalato una delle più grandi gioie al mondo.”

Respirai.

“Avrei dovuto venire in aeroporto e dirti di non partire, invece il mio ego spropositato ha agito per me e ti ha lasciata andare, ti ho lasciata andare.”

Respirai.

“Mi dispiace di averlo fatto, mi dispiace di averti lasciato andare,ma, mi sentivo tradito, preso in giro, mi avevi mentito ancora e chissà quante volte l'avresti fatto.”

Respirai.

“Pian piano qualcosa dentro di me è cambiato. Ho incominciato a pensare al tuo modo di agire nei miei confronti, avevi fatto tutto questo per me, per la mia carriera e... ti ringrazio. Ti sembrerà strano, ma, ti ringrazio,ma, non dovevi farlo, avrei preso le mie responsabilità, avrei messo da parte il mio lavoro e ti sarei stato vicina, avremo affrontato la cosa insieme.”

Respirai.

“Ti amo Sara Mc Howen, ti amo più di qualsiasi altra cosa, più di qualsiasi altra donna, più di mio fratello, più di mia madre, più del mio stesso lavoro e della musica che ogni giorno scrivo e produco. Ti amo, ti ho sempre amata e ti amerò sempre, qualsiasi decisione tu prenderai e qualsiasi piega tu darai alla nostra storia”.

Respirai e mi accorsi che “Precious” era finita e che in realtà la musica non proveniva dal suo iPod,ma, dalla televisore in salotto.

“Aspetta un secondo” mi disse con un filo di voce.

Corse in salotto, abbassò il volume, spense il televisore, prese il suo iPod, lo accese e dalle piccole casse uscii “Personal Jesus”.

Appoggiò il piccolo aggeggio elettronico su una cassettiera vicino alla porta, mentre io stavo a guardare ogni suo movimento una piccola vocina dentro di me incominciò a parlare.

“Ecco, adesso ti farà aspettare, ti dirà che non riesce a prendere una decisione, ti dirà che non c'è più nessun futuro per voi e che è meglio che tu stupido illuso torni a casa.”

“Entra” mi disse sorridendomi.

La piccola vocina dentro di me scomparì.

Si appoggiò alla porta, girò la chiave nella toppa, diede quattro mandante, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.

“Baciami” mi sussurrò con un filo di voce.

Un brivido fece capolino lungo la mia schiena, quella richiesta mi fece sobbalzare e la piccola vocina dentro di me ricominciò a parlare: “Baciala, stupido!”.

Mi avvicinai a lei, allungai le mani verso il suo viso, le mie labbra raggiunsero le sue e si schiusero in un bacio. Quanto mi è mancata baciarla.

Le sue mani si strinsero tra i miei capelli attirandomi ancora più vicino a lei.

Mi staccai dalla sua morsa, ripresi fiato e la baciai ancora una volta.

Le mie mani scivolarono lungo i suoi fianchi, la spintonai leggermente verso di me, le nostre lingue si intrecciarono, le sue lunghe dita si adagiarono sulla mia schiena.

Si staccò dalle mie labbra, il suo respiro era corto.

“Andiamo di sopra” mi sussurrò vicino all'orecchio.

La mia vocina interiore esultò: “Evviva!”

Si avvicinò lungo la rampa delle scale che portavano al piano di sopra, prese l'iPod e salì lungo le scale, si voltò poi a guardarmi con aria curiosa.

“Non vieni?” domandò.

“Muoviti stupido!” urlò la mia vocina.

Corsi verso di lei, la raggiunsi, ed entrammo in camera.

Un profumo alla vaniglia investii le mie narici, appoggiò l'iPod su un mobile vicino alla porta del bagno, posto da dove usciva il profumo, probabilmente si era fatta la doccia, “Behind the Wheel”diventò la nostra colonna sonora.

La piccola leonessa si avvicinò a me, appoggiò le mani sul mio petto, il mio cuore incominciò a battere più velocemente.

La strinsi a me, passai la lingua lungo le labbra e mi avvicinai al suo collo. Le lasciai dei piccoli baci, intanto l'avvicinai ancora più vicino a me.

Ci avvicinammo pian piano verso il letto, cadde lungo il materasso e strisciò verso la tastiera del letto.

Mi tolsi la giacca e la raggiunsi.

“Ti voglio Shannon” mi sussurrò.

Le sfiorai con il pollice le labbra, le aprii leggermente e morsicò il dito. Si divertiva come una bambina quando faceva così.

Rise.

Quanto mi era mancata la sua risata.

Mi sfilò la felpa, lasciandomi a petto nudo, feci anch'io la stessa cosa, anche se mi risultò molto più facile visto che dovevo solo far scivolare la zip verso il basso.

L'animale dentro di me incominciava da agitarsi, era impaziente di uscire dalla gabbia dov'era rinchiuso da troppo tempo.

Ci sfilammo quello che restava dei nostri indumenti.

L'animale dentro di me uscii dalla gabbia.

Mi lasciai andare dentro di lei, mi avvicinai alle sue labbra soffocando quale piccolo gemito, scesi lungo il suo collo e ancora più in basso assaporando il suo corpo.

L'animale dentro di me si cibò di tutto quello che trovava intorno al suo raggio d'azione, poi tornò tranquillamente nella gabbia.

Mi sdraiai di fianco a lei, sudato e felice, intanto “I feel you” sfumava per dar posto a “Master and Servant”, quanto adoro quel pezzo.

Mi avvicinai alla sue labbra, baciandola ancora una volta.

“Sei mia” le sussurrai senza smettere di guardarla.

 

Dal punto di vista di Sara.

 

Mi saziai di Shannon fino all'ultimo istante, finché non uscii da dentro di me.

Allungai le braccia toccando la tastiera del letto, ero esausta,ma, ancora vogliosa di lui. Il mio animale si era risvegliato.

Le nostre gambe si slegarono, l'uomo sopra di me si sdraiò di fianco a me, intanto dal lettore musicale incominciò “Master and Servant”.

 

It's a lot like life
This play between the sheets
With you on top and me underneath
Forget all about equality .

 

 

Come non dar ragione a Martin Gore, servo e padrone, chissà chi era il servo e chi il padrone tra me e Shannon.

Mi avvicinai alle labbra di Shannon e risposi alla sua richiesta. In questo momento era lui il padrone, ed io la serva.

“Sei mia” mi sussurrò guardandomi negli occhi.

“Sei mio” risposi sostenendo il suo sguardo.

Shannon allungò un braccio lungo un lembo del lenzuolo e mi coprii.

“Non ho freddo” dissi mugugnando.

“Perché sei ancora calda,ma, tra poco ti verrà un piccolo brivido”.

Non so come faceva a saperlo, passarono solo pochi secondi da quella frase che un brivido mi percorse la schiena.

Shannon mi guardò con la tipica aria da vincitore.

Mi avvicinai alle sua labbra ancora una volta.

“Mi sei mancato” dissi, piegando un braccio sotto il mio viso.

Mi accarezzò il suo viso, i suoi occhi trasmettevano dolcezza.

“Ti amo” mi disse con voce roca.

“Ti amo” risposi sorridendolo.

Mi raggomitolai intorno alle sue braccia e chiusi gli occhi sapendo che quando mi sarei risvegliata l'avrei trovato al mio fianco.

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Capitolo 19
*** Spettri - Parte prima. ***


Rieccomi!

 

Dopo una breve vacanza in montagna, che mi aiutato tantissimo a pensare, riflettere, meditare, ed eccomi tornata a postare un nuovo capitolo.

Come avrete ben potuto vedere dal titolo, questa è la prima parte,più “spensierata “ e “felice”, prossimamente (non so quando) arriverà la seconda, ma, non vi svelo nulla, perché molto semplicemente non so come sarà :)

Ringrazio di cuore Aleale00 (Roby <3) che ha recensito lo scorso capitolo. Grazie per i consigli. Ti abbraccio e stritolo :)

Ringrazio le sei persone (spero che con i prossimi capitoli possano aumentare di numero) che hanno inserito la storia tra “le preferite”.... Grazie mille!

Ringrazio le dodici persone che hanno aggiunto la storia tra “le seguite”, grazie infinite!

Ringrazio tutte le persone che stanno leggendo la storia in questo momento. Grazie mille piccoli lettori :)

Finito con i ringraziamenti, posso dire.... Buona lettura!

Alla prossima.

Federica xD

 

 

“Che cosa vi ha portato qui?” domandò la dottoressa Stevens, appoggiandosi allo schienale.

Guardai Shannon, mi spostai una ciocca dietro l'orecchio, respirai. Gesti meccanici che in quel momento sembravano così difficili da compiere.

Mi voltai verso la dottoressa Stevens, era seduta davanti a noi, su una di quelle poltrone di pelle verde del '600, una di quelle poltrone costose, comprate a chissà quale mercatino delle pulci venduta per pochi dollari.

“I miei spettri”

“Si spieghi meglio”.

Afferrai la mano di Shannon, come se fosse l'unico sostegno in mezzo a quel mare in tempesta, mare che non era altro che la mia sporca coscienza.

“Diciamo.... che devo svuotarmi.....”

Lasciai la mano di Shannon, lasciai il mio porto per lasciarmi trasportare dalla tempesta.

Guardai la figura minuta seduta davanti a me. Il tailleur rosa confetta le stava d'incanto.

“Svuotarti da cosa?”

Riafferrai la mano di Shannon. No! Non potevo farcela da sola.

“Dai miei errori”

Portò una mano sotto il mento, l'altra scivolò lungo il bracciolo, accavallò le gambe, spostò una ciocca lunga ciocca rossa dietro l'orecchio impreziosito da un piccolo Swaroski viola.

Respirai.

“Ho commesso molti sbagli nella mia vita. Il mio “livello di fede” non è molto alto, così ho deciso di venire qui, piuttosto che andare davanti ad un prete, confessarmi e dire poi quattro preghiere davanti ad un crocifisso”.

“La cosa ti avrebbe fatto sentir meglio?”

“No, per nulla”.

Le labbra della dottoressa diventarono due linee sottili quando pronunciai l'ultima frase.

“Che cos'è successo?”

Mi mordicchiai il labbro inferiore. Quel gesto fu un piccolo sollievo, nonostante il nervosismo che lasciavo trasparire da ogni poro della mia pelle.

“Da dove vuole che inizi?”

“Da quando ha conosciuto Shannon”.

Mi voltai verso di lui, si allargò un sorriso a cinquantadue denti sul suo volto.

“Io e Shannon ci siamo conosciuti sette anni fa”, il pollice della mano destra scivolò lungo l'anulare, dove l'anello di fidanzamento luccicava colpito dalla luce del sole.

“Ero a Santa Monica, stavo correndo in spiaggia, erano le sette di sera. Il sole stava calando verso il mare, ed io stavo ascoltando “Behind the Wheel” dei Depeche Mode... Ad un certo non mi ero accorta che davanti a me c'era Shannon, così sono andata a sbattere contro di lui”. Risi al ricordo di quella scena.

“Ti eri fatta male?”

“No. Ero caduta di sedere.... Mi ricordo di aver chiuso gli occhi durante il colpo e di averli riaperti solo quando Shannon mi aveva aiutato a rialzarmi.”

“L'incontro più bello della mia vita”,disse sorridendo, quel suo sorriso sincero, da bambino.

“Lo immagino Shannon” rispose la psicologa.

Strinsi la sua mano e sorrisi anch'io.

“Che cos'era successo dopo lo scontro”

Guardai Shannon e sorrisi.

“Mi ha dato la sua mano e mi ha aiutato ad alzarmi, peccato che mi aveva spinto verso di sé, così ho sfiorato le sue labbra. Ci siamo poi seduti su un tronco, abbiamo osservato le onde e sentito il rumore del mare”

“In quel periodo, mi capitava molto spesso di andare in spiaggia. Era la mia fonte di ispirazione, ed è stato lì che ho incontrato la mia musa”

Mi voltai verso Shannon incredula da ciò che aveva appena detto.

“La tua musa?”

Shannon mi guardò.

“Sì. Perché ti stupisci?”

“Perché non pensavo di essere la tua musa.”

“Nonostante tutto, sei la mia musa. La mia bellissima musa”.

Si avvicinò al mio viso e mi lasciò un piccolo bacio sulle labbra.

“Mi dispiace rovinare questo piccolo momento idilliaco, ma, vorrei spare come continua la vostra storia?”

“Ci siamo ritrovati tutte le sere, al tramonto del sole, ha parlare, seduti su quel tronco. È stato il nostro posto per molto tempo.”

“Quanto tempo?”

“Un mese, poi mi ha chiesto di uscire con lui” sorrisi.

“Dove siete andati?”.

“Siamo andati a cena.... Indossavo quel bel vestito bianco, che Shannon adora, lascia la schiena scoperta e, lui adora la mia schiena.... Siamo andati a Santa Monica, in un di quei ristoranti che si affacciano sulla spiaggia e si vede il mare.... Abbiamo mangiato pesce quella sera e abbiamo bevuto molto” risi.

“Poi, com'è continuata la serata?”

“Siamo andati a casa Leto e ci siamo lasciati andare”.

“Com'è stato Shannon?”.

“Per me è stato bellissimo,ma, allo stesso tempo strano”.

“Strano?” chinò leggermente il capo verso destra.

“Strano per me..... Prima di conoscere Sara ero il tipico ragazzo che si faceva avanti subito... Vedevo una bella ragazza, ci parlavo un paio di volte, poi ha fine serata la portavo in camera con me... Con Sara non è successo questo.... “

Respirò ed accavallò le gambe.

“Sa dottoressa, il “lavoro” di noi musicisti non è solo far musica, regalare emozioni,ma, anche quello di capire la persona che hai davanti... Se non volevo perdere Sara, facendo lo stupido, dovevo capirla. Così ho fatto.”

Respirò profondamente.

“Per me agire in questo modo è stato strano... Il mio “istinto animale”, da uomo che pensa al sesso non ha agito subito, ha aspettato .... Con Sara è stato diverso, è stato come se qualcosa dentro di me si fosse smosso, capisce?”

“Capisco perfettamente ciò che dici. Sara ?” sorrise.

Mi voltai verso di lei appena mi sentì chiamare. Le parole di Shannon mi avevano colpito profondamente.

“Per me è stata la mia prima volta.”

“La tua prima volta? Eri...”

“Vergine”

“Vergine?” la voce di Shannon si alzò di mezzo tono.

“Sì, ero vergine. Tu sei stato la mia prima volta.” sorrisi al ricordo di quella notte.

“Non hai sentito male?”

“No” scoppiai a ridere nel vedere il mio ragazzo visibilmente sorpreso da quella rivelazione.

“Allora, sono stato bravo?” domandò pavoneggiandosi.

“Sei stato super” sorrisi.

 

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Capitolo 20
*** Spettri (parte seconda) ***


Buonasera!

Rieccomi!

Dopo tantissimo tempo rimprendo in mano questa storia.

Preparatevi a scoprire delle parti inedite dei nostri protagonisti.

Grazie mille a tutte le persone che hanno continuato a leggere questa fan fic durante la mia assenza. Grazie mille!

Besos!

Fede xD

 

“Parliamo dei vostri genitori.”

Chiusi gli occhi per un lungo istante.

“Qualcosa non va Sarah?”

La guardai negli occhi prima di sospirare e di risponderle con un semplice e secco

“No”.

Mi voltai verso Shannon. La sua mano era ancora intrappolata nella mia, quel tocco creava in me una sensazione piacevole.

“Mia madre è rimasta incinta di me a diciassette anni. A diciotto è nato mio fratello. Del mio padre biologico non so nulla, mentre il nostro patrigno ci ha dato il suo cognome, poi siamo partiti” rispose Shannon tutto ad un fiato.

“Per dove?”

Sul viso comparse un sorriso a cinquantadue interrotto poi da una risata.

“Mi scusi per la risata...”

Il sorriso sparì e si fece serio, come non lo avevo mai visto in tutta la mia vita.

“Da Bossier City, in Luisiana, dove siamo nati io e mio fratello, siamo partiti prima per il Colorado,poi siamo stati nel Wyoming, ed infine Haiti, dove abbiamo trascorso tutta la nostra adolescenza, prima che Jared partisse per New York.”

“Tu cosa hai fatto? Sei rimasto con tua madre?”

“No. Ho deciso di seguire mio fratello Jared a New York. Sentivo nel profondo che non potevo lasciarlo andare da solo. Si sarebbe cacciato nei guai”.

“Dove avete lasciato vostra madre?”

“Ad Haiti, poi si è poi trasferita a Los Angeles. Io e mio fratello saremmo arrivati nella città degli angeli qualche anno dopo”.

“In quale anno?”

“1996”.

“Cosa avete fatto a New York?”

“Mio fratello studiava arte, poi ha deciso di cambiare facoltà ed iscriversi a quella di recitazione, intanto faceva qualche lavoro come il lavapiatti, il cameriere. Lavori in cui veniva pagato poco, ma, riusciva a mantenersi gli studi.”

“Tu?”

“Io e la scuola non abbiamo mai avuto un buon rapporto, così mentre Jared era impegnato negli studi e a lavorare, io andavo in giro a suonare in diverse band.”

“Suoni qualche strumento?”

“Sono un batterista. Suono dall'età di otto anni. Col tempo ho imparato a suonare la chitarra, ma, preferisco di gran lunga la batteria”.

“Che cosa provi quando suoni?”

Respirò profondamente prima di rispondere alla domanda poi si schiarì la voce con un colpo di tosse.

“Suonare è come il sesso, anzi è il sesso. Una parte di me si mette in moto, si lascia andare alle emozioni, a ciò che quel momento regala. Mi sento libero.”

La dottoressa Stevens sorrise.

“Per te c'è una differenza tra il sesso e l'amore?”

“Sì. Per me il sesso è suonare la batteria,mentre l'amore è Sarah. Sono innamorato di lei dal primo momento in cui l'ho vista in spiaggia quella sera.”

I miei occhi si illuminarono e sul mio viso comparse un sorriso.

Lo guardai, la stessa cosa era successa anche a lui.

“Grazie tesoro” dissi sottovoce.

“Quanto siete rimasti a New York?”

“Siamo rimasti per tre anni. Jared ha concluso gli studi ed io...”

“E tu?”

Shannon lasciò la mia mano, capì che stava per succedere qualcosa.

Sospirò.

“Abbiamo lasciato New York dopo tre anni perché ero diventato un tossico. Facevo uso di cocaina, bevevo e facevo a botte.” disse tutto ad un fiato.

“Raccontami tutto”.

“Decisi di seguire mio fratello a New York perché volevo suonare in una grande band. Volevo intraprendere la strada che mi avrebbe portato al successo, come mio fratello. Studiava, lavorava, recitava. In quel periodo erano incominciati i cast per “My So Called Life”, io ero felice per lui,ma, allo stesso tempo invidioso, perché era su una buona strada,mentre io no. Incominciai ad attaccare volantini in giro per New York e molte band risposero al mio annunciò e così decollò la mia carriera.”

Shannon riafferrò la mia mano.

“Incominciai a suonare in molte band, alcune sconosciute, altre note al pubblico. Ogni sera un locale diverso, gente nuova e facce sconosciute mi venivano presentate.”

“Tuo fratello come reagiva?”

“Mio fratello era felicissimo, al settimo cielo.”

“Dopo gli spettacoli cosa succedeva?”

“Andavamo a festeggiare nei pub dove girava gente che voleva prendersi qualche pugno.”.

“Girava la droga in questi locali?”

“Dipendeva dalle serate. Alcune volte ne girava molta, altre volte poca. Ogni sera una ragazza diversa, ogni sera una stricia di coca dopo lo show.”

“Ti piaceva quella vita?”

“Sì, molto. Ero famoso in quell'ambiente. Ero in bel ragazzo della Luisiana. Mi piaceva molto, stavo bene, molto bene. Godevo.”

“Poi, cos'è successo?”

“Una sera ho trovato nello stesso locale Jared, o meglio mio fratello ha trovato me ubriaco e fatto come una spugna. Mi ha dato un cazzotto e mi ha sbattuto contro il muro. Mi è bastata solo quell'azione così forte da parte sua per farmi capire che stavo sbagliano strada”.

Mi avvicinai a Shannon, li lasciai un bacio sulla guancia.

“Il mese dopo eravamo a Los Angeles” .

“Tua madre sapeva qualcosa?”

“Aveva capito che qualcosa non andava, durante i tre anni a New York ero distaccato, assente nei suoi confronti. Mi ero lasciato prendere troppo da quella situazione”.

“Jared?”

“Per Jared all'inizio era normale il mio comportamento, poi ha incominciato ad insospettirsi, ed infine mi ha scoperto”.

“Adesso come ti senti?”

“Ora sto meglio. Sto benissimo. Non faccio più uso di droga. Qualche volta bevo,ma, so darmi un limite” disse terminando la frase con un sorriso.

Appoggiai il mento sul palmo della mano e guardai Shannon sorrideva orgoglioso, si sentiva bene, aveva rimediato agli errori commessi. Chissà forse avrei potuto farcela anch'io.

“Parliamo dei tuoi genitori, che ne dici Sarah?”

Mi lasciai andare ad una risata isterica, ripresi fiato e guardai la dottoressa Stevens.

“Non possiamo passare alla prossima domanda?”

“No.”

“Va bene”.

Respirai. Lasciai la mano di Shannon, mi alzai dal divano, mi avvicinai alla finestra, scostai le tende, guardai fuori dalla finestra. C'era il sole, la gente passeggiava tranquillamente per strada, chi telefonava, chi parlava, chi ,invece, stava zitto e camminava.

“ I miei genitori si chiamano Mary e Paul. Si sono conosciuti all'Università di Los Angeles. Mia madre studiavaLegge, mentre mio padre Storia.

Dopo la laurea, mia madre era stata ingaggiata come tirocinante in uno studio, invece mio padre aveva trovato lavoro in una biblioteca in centro. Si misero insieme ufficialmente insieme dopo tre anni, mio padre chiese la mano di mia madre a mio nonno, che accettò con grande gioia.

L'anno dopo la cerimonia nacque mio fratello Jason, tre anni dopo io. Vuole sapere qualcos'altro?”

“Diventi nervosa quando parli dei tuoi genitori, perché?”

Quella frase arrivò dritta al cuore, lo trafisse ed iniziò a sanguinare.

Riportai la tenda vicino alla maniglia della finestra.

“Perché. Perché nel momento in cui avevo bisogno di loro, loro non c'erano.”

Respirai profondamente.

“Io e Jason siamo cresciuti insieme, non ci staccavamo mai l'uno dall'altra, eravamo una cosa sola.

Poi, mio padre...”

Respirai cercando di trattenere le lacrime.

“Poi?”

“La smetta di interrompermi ogni volta!” urlai con tutto il fiato che mi era rimasto in gola.

Una lacrima mi cadde, una seconda, una terza, una quarta, mi lasciai andare ad un pianto liberatorio fatto di singhiozzi e pugni chiusi.

Mi asciugai il viso e ripresi le fila del discorso.

“Mio padre è entrato nella CIA vent'anni fa, aveva ventiquattro anni. In quel periodo lavorava in quella graziosa e antica biblioteca in centro, quella vicina al Sunset Boulevard. Mi capitava di entrarci parecchie volte durante il mio corso di studi all'Università. Ho studiato psicologia. Avrei lavorato con i bambini. Mi piacciono i bambini, ne vorrei uno. Ho abortito qualche mese fa, per me è stato un brutto colpo.”

Appoggiai la schiena lungo il muro.

“E' entrato a far parte della CIA perché pagavano bene, le missioni non pesavano più di tanto in famiglia. Ha convinto anche mia madre, lei per stare accanto a suo marito ha accetato. I primi tempi non si incontravano mai, finché mia madre è rimasta incinta e così ha deciso di rinunciare al posto. Nel frattempo, mio padre aveva fatto carriera e così da semplice agente, si è ritrovato ad essere il vice – presidente della squadra di agenti del distretto quattro”.

“ Tuo fratello ha fatto parte della CIA?”

“No, mai. E' stato il primo ad opporsi a mio padre. Quando mia madre ha capito il suo piano, ha sentito che era il momento di agire e di portarselo via”.

Cercai lo sguardo di Shannon.

“ E' successo tutto molti anni fa. Jason era alla ricerca di un lavoretto estivo, mentre io ero al secondo anno delle superiori. Il giorno prima avevamo litigato per via di un ragazzo che mi voleva portare al ballo di fine anno”.

Respirai profondamente, mi ero promessa di non tirare mai fuori questa storia e invece...

“Ritornai a casa da scuola decisa a far pace con mio fratello, aprì la porta di casa, mi tolsi la giacca e le scarpe, andai in salotto. Trovai mio padre sedutto sul divano, con la testa tra le mani, mi avvicinai a lui.

“Papà, tutto okey?”

Mi guardò, staccò una mano dal suo viso e l'appoggiò sul mio.

“Tesoro, mamma e Jason non ci sono più. Mamma è andata via e Jason è morto”.

Era così reale, sentito, patito, disperato il modo in cui aveva pronunciato quella frase che io ho creduto per tutto questo tempo a questa menzogna”.

Le lacrime rigarono ancora un'altra volta il mio viso.

“ Da quel giorno ho iniziato a seguire mio padre, mi sono allenata con lui, ho imparato molte lingue. Mio padre mi insegnato una disciplina ferrea e di stampo militare. Macchina della verità, gare di spelling bee, arti marziali. Tutto, tutto.”

Mi asciugai il volto.

“Un giorno stavo uscendo fuori da un negozio di dischi, una persona iniziò a seguirmi. Lungo la strada per separarmi da questo uomo mi sono nascosta dentro ad un vicolo, ma, lui mi ha trovata e a cercato di aggredirmi. Mi sono difesa, finché allo stremo delle forze è arrivato a soccorermi mio padre.”

“ Ti ha salvata?” domandò sottovoce la psicologa.

“Sì, mi ha salvato. Mi ha preso per mano e siamo saliti in macchina. Mio padre ha guidato per due chilometri fino al quartiere generale della CIA. Mi sono seduta e davanti a me c'era un foglio. Un contratto per essere precisa.

Mi ricordo ancora le sue parole “entrerai a far parte della CIA, ma, non dovrai farne parola con nessuno. Se lo farai, questa persona morirà”. Ho firmato il contratto. Quella sera ho incontrato Shannon. Com'è strana la vita.”

“ Com'erano strutturate le tue missioni?”

Ritornai a sedermi di fianco a Shannon, il suo sguardo si posò sul mio viso.

“Nelle missioni salvavo persone, parlavo e mi rapportavo con spie russe e con organizzazioni criminali.”

“Uccide”

Mi voltai verso Shannon.

“Shannon non è così. Il mio lavoro non è solo quello”.

“Ti è capito di uccidere una persona?”

Guardai la dottoressa Stevens.

“Sì, mi è capito di uccidere, ma, era per legittima difesa e per salvare il mio paese”.

“Per salvare il tuo paese? Che razza di frase è?”

Guardai Shannon, quelle parole mi arrivarono dritte allo stomaco.

“Shannon faccio questo lavoro per difendere tu, tuo fratello, Tomo, i nostri amici, il nostro paese, l'America intera e se sparare e uccidere rientrano nei canoni, beh non mi tiro indietro”.

“Quindi tu uccideresti chiunque pur di salvarti e di salvare il paese?” domandò Shannon con un filo di voce.

“E' la disciplina che me lo impone. E' una dottrina.”

“Questo non lo posso capire. Tieni per caso una pistola in casa nostra?”

“No.”

“Ti sei mai “venduta” durante le missioni Sara?”

“Intende rapporti sessuali con altri uomini?”

“Esatto”

“Mai. Ho solo baciato e basta”.

“Hai baciato altri uomini?!” Shannon si alzò di scatto dalla poltrona.

“Sì”

“Anche questo rientra nel “difendere il paese” per caso?”

“No, però quando vuoi drogare una spia russa in modo efficace e veloce, l'unico modo è baciarlo” risposi sorridendo.

“Non è divertente Sara, non è per nulla divertente”.

Risi.

“Per me invece sì. E' strano vederti geloso, non lo sei mai stato”.

Shannon ritornò a sedersi di fianco a me.

“Perché tu mi hai sempre tenuto nascosto il tuo lavoro. Ti sei mostrata nelle vesti di agente della CIA solo una volta e devo ringraziarti per averci salvata”.

“Ed io ti ringrazio di aver salvato me.”

Ci prendemmo per mano.

 

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Capitolo 21
*** L'Altra Metà Della Mela ***


Buonasera!

Dopo tanto, tantissimo tempo arriviamo all'ultimo capitolo di questa storia. Scritta di getto, si è trasformato in qualcosa in cui ho messo dentro tutta me stessa, la mia fantasia, i Mars, il cinema, i telefilm, i libri, esperienze non vissute in prima persona, ma, fatte mie.

Vi ringrazio dalla prima all'ultima persona per aver letto, commentato, commossi e divertiti insieme a questi personaggi. Grazie!

Alla prossima fan – fic!

Buona lettura!

Federica xD


 

Ringraziai ancora una volta la parrucchiera mentre saliva in macchina.

“Sarai una sposa meravigliosa! Mandami le foto mi raccomando!” urlò mentre percorreva il vialetto davanti casa in macchina.

Sorrisi, chiusi la porta di casa e mi guardai attorno. Regnava il silenzio, che da lì a poco sarebbe svanito con l'arrivo di mamma, Vicki, Sidney e Nadia.

Presi l'iPhone e lasciai che dai piccoli autoparlanti uscisse “At Last” di Etta James, presi il vestito dall'ometto, lo strinsi a me ed incominciai a muovermi a ritmo della canzone.

“Cosa ci fai con il vestito in mano?”

Mi voltai verso la voce femminile che aveva parlato.

Spensi la musica e le guardai.

“Volevo vederlo mamma” sorrisi.

Mi sedetti sul divano

“Non vedo l'ora di sposarmi e mi chiedo se questa sensazione è normale, se la prova anche Shannon e se anche lui non vede l'ora di vedermi camminare lungo la navata.”

Le mie confidenti si sedettero attorno a me.

“Anche lui proverà la tua stessa sensazione. Sarà emozionato e spaventato.” rispose Nadia emozionata dall'idea di vedermi camminare lungo la navata.

“Secondo voi sarò una buona moglie?”

Tutte e tre strinsero le loro mani attorno alle mie.

“Come mai ci chiedi questo?”

“Perché ho paura di non esserlo”

“Piccola mia... Sarai una bravissima moglie e madre.” rispose mia madre.

“Lo spero.”

“Ehi... vuoi tirarti indietro?” chiese Vicki.

“No! E' solo che...”

“E' solo che...?” dissero all'unisono.

Strinsi il vestito e sospirai.

“Sono incinta... L'ho scoperto ieri sera e la cosa mi spaventa più del matrimonio. Ho già perso un bambino e non voglio perderne un altro.”

Mi voltai verso le quattro

“Sei incinta?”

“Sì”

“Di quante settimane?”

“Due.”

“Shannon lo sa?”

“Vi prego ragazze l'interrogatorio il giorno del mio matrimonio no.... Comunque no. Non lo sa ancora.”

Mi buttarono le braccia al collo.

“Ragazze vi prego il vestito! Rischio di rovinarlo!”

Scoppiarono a ridere e si staccarono da me lasciandomi respirare.

“Non ci importa del vestito, ci importa invece di starti vicino. Oggi e per sempre saremo le tue sentinelle, confidenti, amiche e sorelle.”

“Siete meravigliose... Grazie”.

Trattenni a stento le lacrime e mi voltai verso mia madre che non aveva ancora detto nulla da quando avevo dato la lieta notizia.

“Mamma? Non dici nulla? Stai bene? Non sei felice? Ti renderò nonna.”

Mi abbracciò e scoppiò a piangere.

“ Ti voglio bene piccola mia”

“Ti voglio bene anch'io”.

Mi staccai da mia madre.

“Bene mentre voi vi asciugate le lacrime, io vado a vestirmi.”

“Vuoi una mano?”

“No grazie Vicki, voglio farlo da sola.

Entrai nella mia stanza, appoggiai il vestito sul letto, mi avvicinai allo specchio, alzai la maglietta e osservai la mia pancia, appoggiai la mano ed incominciai ad accarezzarla.

“Piccolino oggi la tua mamma si sposa, tra qualche ora anche il tuo papà appoggierà la mano dove in questo momento la tiene la mamma e ti prometto che farò anzi faremo di tutto per proteggerti, per farti crescere forte e sano, però tu devi prottermi che starai dentro di me per tutti i nove mesi, okay?”

 

 

Qualche ora dopo.

 

Mio padre mi prese sotto il braccio.

Respirai profondamente più e più volte.

Respirai un'altra volta, cercando di trattenere la nausea che sembrava aumentare ad ogni respiro.

Respirai profondamente, dalla navata sentii echeggiare “ I Am You” dei Depeche Mode.

“Sei pronta?”

Mi voltai verso mio padre.

“Io... Aspetta ancora un secondo”

Sciolse la presa.

Mi appoggiai la mano sulla pancia.

“Piccolino mio ti prego non far stare male la mamma oggi, ti prego, ti prego, ti prego.”

Respirai un'altra volta e la nausea si sembrò scemare per pochi secondi.

“Va bene nonno possiamo andare”.

“Nonno?”

Mi riprese il braccio, lo intrecciò al suo e strinse leggermente.

“I Am You” continuò a suonare, mentre mio padre continuava a ripetere a bassa voce la parola “nonno”.

Alzai gli occhi dalle mio scarpe ed incontrai lo sguardo di Shannon sorridente.

“Mamma mia, Shannon è bellissimo”

“Come nonno? Sto per diventare nonno?”

Sul mio viso comparse a sua volta un sorriso. Shannon aveva quel dannato potere di farmi sorridere anche quando mi faceva arrabbiare.

Arrivammo davanti a lui, mio padre mollò la presa e guardò Shannon.

“Sto per diventare nonnno, quindi abbi cura di loro.”

Shannon mi prese per mano.

“Che bello! Sta per diventare... COSA?”

Mi voltò di scatto verso di me.

“Se lui sta per diventare nonno, vuol dire che io...”

Scoppiai a ridere.

“Sto per diventare papà?”

“Sì”

Mi abbracciò, si chinò poi verso la mia pancia e lasciò una serie di baci sul ventre.

Si rialzò in piedi, mi guardò dritto negli occhi e mi baciò.

“Sei bellissima e questo è il regalo più bello di tutta la mia vita”.

Appoggiammo le nostre mani sulla pancia.

“Ti amo Sara”.

“Ti amo Shannon”.

 

 

 

- FINE-

 

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