Detective Conan (book version)

di Adlenime
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Holmes del terzo millennio ***
Capitolo 2: *** Ottovolante di sangue ***
Capitolo 3: *** Occhi freddi come il ghiaccio ***
Capitolo 4: *** Game Over ***
Capitolo 5: *** Il detective ristretto ***
Capitolo 6: *** Edogawa Conan ***
Capitolo 7: *** Reset, un nuovo inizio da dietro le quinte ***
Capitolo 8: *** Shock ***
Capitolo 9: *** La sesta ciminiera ***
Capitolo 10: *** L'altro colpevole ***
Capitolo 11: *** Special - Ouverture ***



Capitolo 1
*** L'Holmes del terzo millennio ***


- Si... -

Disse il giovane in mezzo alla folla di invitati, un sorriso scaltro da piantagrane dipinto sul volto. Gli occhi brillavano di una luce trionfale, eppure in lui c'era un contegno e una calma ineguagliabile.

- Il colpevole è saltato da una finestra all'altra... Prima che qualcuno sentisse le urla della vittima e accorresse... –

Ora la sua slanciata figura si muoveva nella calca, lo sguardo rivolto al suolo: si dirigeva verso un punto particolare della sala, sapeva ciò che stava facendo. Era il momento che il colpevole venisse smascherato.

- E lo sappiamo perché non ci sono impronte fuori dalla finestra... -

Gli invitati, furenti, scoppiarono, non riuscendo a trattenersi:

- Ma è ridicolo! -

- Sono distanti cinque metri! -

Ma il giovane arrestò quel fiume di proteste e con tono sicuro, velato da una una certa aria di sufficienza, rispose mezzo-divertito:

- Non sono nemmeno due metri se ci si cala dal tetto. Non mi sarebbe venuto in mente se non conoscessi la particolare struttura della casa. C'era soltanto una persona che poteva girare per la casa indisturbata... -

Ormai il liceale sorrideva. Aveva le fila sbrogliate della matassa: il colpevole non gli sarebbe sfuggito. Poi una voce gridò in mezzo alla folla:

- Fuori il nome! Chi è stato? Chi è l'assassino che ha ucciso mia moglie?! -

Era il marito della vittima. Il detective sorrise. Pregustò il fatidico momento della rivelazione. Amava quel brivido teso che si propagava nell'aria e che infestava la sua mente come veleno: il pubblico in fibrillazione, l'adrenalina alle stelle. Solo una persona era colma d'ansia, sperando che il suo nome non venisse pronunciato.

- È stato... -

Ecco, tutti gli occhi puntati su di lui. Era il momento.

Shinichi alzò lo sguardo, gli occhi azzurro cielo, i capelli neri come la pece. Sollevò lentamente la mano destra e, con gesto deciso e imperioso, indicò l'uomo che poco prima aveva parlato:

- Lei, signore! Il marito della vittima! -

Silenzio. Nessuno osava interrompere quel momento surreale. Neppure l'ispettore fiatava, era impressionato: quel ragazzo non avrebbe mai finito di sorprenderlo.

L'accusato era un uomo anziano, tra i sessanta e i settant'anni, aveva la gamba destra ingessata e si muoveva su una sedia a rotelle.

- Basta scherzare... - replicò tentando di rimanere calmo, anche se Shinichi vide nel suo sguardo una nota di panico.

- Guardi la mia gamba, è praticamente... -

- Dovrebbe smettere di recitare signore, è finita... E il suo segreto è ormai venuto a galla! -

Il detective si mosse velocemente e diede un violento calcio alla sedia a rotelle. Per lo spavento l'anziano signore balzò istintivamente in piedi, mostrando a tutti che riusciva a stare egregiamente su entrambe le gambe. Una delle domestiche trattenne il respiro, si portò le mani davanti alla bocca come per fermare un grido di spavento:

- Signore, la sua gamba... -

- La sua gamba è guarita tre mesi fa! -

Continuò Shinichi tranquillamente. Non era spaventato dal fatto di trovarsi di fronte ad un assassino, ma sembrava, invece, godersi quel momento: era appagante vedere lo sguardo messo-con-le-spalle-al-muro del colpevole, sentiva una sensazione di benessere e di quiete: quello era il suo mondo, lo aveva sognato da bambino, sarebbe diventato realtà da adulto. Per ora solo si allenava.

- Non è così, Megure-keibu? -

Chiese all'ispettore cercando la sua approvazione. Nonostante Shinichi fosse colui che aveva trovato il colpevole lui era sempre un agente della polizia... era l'ispettore, e si doveva dare un contegno. Si voltò verso il colpevole e replicò:

- Si arrenda! Il suo dottore ci ha detto tutto! -

Ormai l'uomo che si era macchiato di quell'orribile colpa che è l'omicidio era stato smascherato, per lui non c'erano più vie di fuga... vie di fuga? Senza pensarci due volte si catapultò verso la porta d'ingresso gridando:

- Maledizione!! -

L'ispettore, colto alla sprovvista, non trovò niente di meglio da dire se non:

- Ehi, aspetti... -

Ma Shinichi aveva adocchiato un mappamondo poco distante dal suo piede. Non avrebbe lasciato quell'uomo fuggire:

- Non andrà da nessuna parte... -

Replicò il giovane detective calciando l'oggetto verso il colpevole, e grazie ai suoi riflessi e la sua potenza di abile sportivo lo colpì alla nuca. Immediatamente vide gli agenti della polizia accorrere verso il colpevole, mentre il liceale gridava felice:

- Goal!! -

Gli agenti ammanettarono l'anziano signore e uno di loro lo esortò a camminare:

- Ora, si muova!! -

- So camminare anche da solo... -

Replicò sconsolato il criminale, che ormai si era arreso al giovane detective e si allontanò in mezzo alla folla sbalordita e senza parole.

- Bene, sembra che tu ci sia stato d'aiuto di nuovo, Kudo-kun! -

Disse l'ispettore al settimo cielo, felice per l'arresto dell'assassino, complimentandosi con Shinichi, il quale non solo rimase senza fiato, ma rischiò di rompersi anche la spina dorsale a causa delle numerose e delicate pacche amichevoli dell'ispettore.

- Arrivi sempre al mo... -

- No, no... -

Lo interruppe il famoso detective liceale.

- Se avete un caso difficile da risolvere, lasciate che lo risolva il grande Shinichi Kudo!! -

Lo sguardo brillava di orgoglio e allegria, un altro arresto, un nuovo colpevole dietro le sbarre, tutto grazie all'opera dell'Holmes del terzo millennio!

 

Il detective liceale risolve un altro caso!! Il suo nome: Kudo Shinichi!! Così recitavano i giornali in prima pagina che il detective stava tenendo in mano. Non riuscì a trattenersi e si mise a ridere sommessamente, contento, vantandosi della sua brillante deduzione.

- Hai sentito? Quel detective delle superiori ce l'ha fatta di nuovo! -

Sentì due ragazze esclamare ammirate di fronte a un negozio di manga. Shinichi si sentiva soddisfatto e appagato, tutti lo ammiravano, era l'idolo di molte ragazze della città, e lui amava essere acclamato, cercato, desiderato... ma più di tutto amava l'oscura ombra del mistero che si nascondeva ad ogni angolo e che attendeva di essere messo in luce dal più fantastico e meraviglioso detective di tutto il Giappone.

- Possiamo di certo chiamarlo il salvatore del Dipartimento di Polizia Giapponese -

Sentì dire ai telegiornali delle TV in vetrina, mentre mostravano un primo piano di lui. Non riuscì a trattenersi, e scoppiò in una fragorosa risata. In quel momento il suo attimo di gloria venne guastato dall'arrivo della sua vecchia amica d'infanzia: Ran Mori. Senza troppi preamboli lo colpì in faccia con la borsa che conteneva la sua divisa da karate, facendogli morire il sorriso sulle labbra. Poi replicò con sguardo severo:

- Guardati! Ti comporti come uno stupido! -

- Che succede, Ran? -

Chiese Shinichi, palesemente ferito e confuso dalla sua reazione. Lei continuò impettita a camminare, facendo l'offesa:

- Oh, nulla... Non sono arrabbiata del fatto che per colpa tua mio padre... -

Eccola, ci risiamo.

- … Non ha più lavoro! -

Sbottò lei facendogli la linguaccia. Shinichi non riuscì a resistere e trattenendosi a stento dalle risate chiese:

- Cosa? Tuo padre è ancora un detective? -

Non poté fare a meno che figurarsi l'immagine del padre di Ran: un ubriacone dai capelli neri e i baffi impomatati. Fan sfegatato di Yoko Okino, non aveva lavoro da secoli e se ne stava tutto il giorno sul divano a fumare e bere birra. Shinichi non si stupiva che i genitori di Ran fossero separati. Per non parlare della brutta abitudine di Goro (il padre di Ran) di scommettere continuamente e spendere più di quanto si potesse permettere non appena ne aveva l'occasione. Poi tentò di scusarsi con Ran e grattandosi imbarazzato la nuca replicò:

- Ma non è colpa mia se non riesce a trovare lavoro! È perché è scarso... -

Ran cominciò a ridere sommessamente con una mano davanti alla bocca e replicò:

- Ho detto che non sono arrabbiata per nulla!! -

Accompagnò questa sua affermazione, per metterne in chiaro la veridicità, con un pugno che sfiorò il giovane detective e che creò un foro nel solido ferro del palo affianco. Shinichi, che mai, in nessuno dei suoi casi precedenti, aveva visto la morte passargli così vicino, era sbiancato. In tutta risposta tentò di replicare balbettando:

- I... Il capitano della squadra di Karate sta parlando al posto tuo... -

Shinichi alludeva al fatto che la sua amica, solitamente una persona dolce, premurosa e gentile, spesso lasciava che il suo lato capitano-della-squadra-di-karate emergesse anche quando non faceva i tornei, che, solo per puntualizzare, vinceva sempre.

- Ehy, scusateci! Ci ridareste la palla? -

Chiesero freneticamente dei bambini che avevano perso il pallone. Shinichi si destreggiò in un abile passaggio, degno di un campione della Champions League.

- Ecco a voi. -

Ran lo osservò pensosamente, poi disse con una punta di rammarico:

- Se non avessi lasciato la squadra di calcio Shinichi, ora saresti un eroe nazionale... -

- Ho giocato a calcio solo per sviluppare i riflessi necessari per un detective, d'altronde, Holmes faceva scherma. -

La interruppe Shinichi.

- Ma è un libro... -

Replicò Ran poco convinta.

- Ma tutti lo conoscono!! -

Rispose Shinichi eccitato, gli occhi brillavano di ammirazione.

- È straordinario! Sempre composto ed elegante! Pieno di intelligenza e raffinatezza!! Le sue capacità di ragionamento e di osservazioni sono fuori dal comune! E infine, era bravo abbastanza da essere un violinista professionista! -

Ran sapeva quanto all'amico piacesse Sherlock Holmes, e si pentì subito di aver sollevato l'argomento. Ma Shinichi continuò:

- Arthur Conan Doyle ha creato Sherlock Holmes... Il più grande detective di sempre!! Ho tutti i gialli del mondo a casa mia... non solo Conan Doyle! Che ne pensi? Vuoi leggerne uno? -

Ran con il naso all'insù rispose piuttosto seccata:

- No grazie, non voglio prendermi la tua malattia da detective... -

- Ma guarda! Lettere dei fan... a tutti piace un fanatico di gialli!! -

Disse Shinichi tirando fuori un fascio di lettere indirizzate a lui, uno sguardo da maniaco dipinto sul volto. Ran rispose con una faccia annoiata e scettica.

- Oh, davvero... non penso che tu voglia uscire con tutte queste ragazze. -

Aggiunse poi, prendendo le lettere e guardandole attentamente. Sembrava triste, quasi delusa.

- Ma devi assolutamente limitarti ad uscire con una sola ragazza !! -

- Con una sola, eh...? -

Si ripeté Shinichi, e senza volerlo il suo sguardo cadde sull'amica. Pensò a quanto fosse carina, con quei capelli neri spazzati dal vento, i suoi occhi azzurri brillavano come pietre preziose. Aveva un viso delicato e se c'era una cosa che Shinichi ammirava in lei era sicuramente la sua capacità di auto-difendersi, essendo una karateka fenomenale. Amava il suo sguardo felice e solare, e trovava adorabile il suo viso corrucciato, mentre si sentiva spezzare il cuore ogni qual volta la vedeva in lacrime...

- Perché mi stai fissando? -

Chiese Ran sospettosa. Shinichi, rosso per l'imbarazzo, si affrettò a replicare:

- Eh? O-oh, niente... -

Non si era reso conto di fissarla, così si voltò e continuò a camminare. Poi Ran riprese il discorso:

- Arriverà il momento in cui finirai nei guai, se continui ad ossessionarti con tutti questi casi! -

- Forse! -

Rispose Shinichi noncurante.

- Perché devi essere un detective? -

Insistette Ran.

- Se ti piacciono così tanto tutte quelle storie del mistero puoi diventare uno scrittore... -

Ma Shinichi la interruppe prontamente:

- Non voglio scrivere di detective: voglio essere un detective! Lo Sherlock Holmes del terzo millennio!! -

Ran vide la luce della speranza negli occhi del suo amico, e Shinichi era estasiato all'idea di realizzare quel suo sogno.

Poi cominciò a spiegare all'amica le sue sensazioni e le sue emozioni ogni volta che risolveva un caso.

- Più casi seguo e più mi eccito!! La sensazione del momento in cui svento i piani dei criminali! Quella sensazione! Una volta che hai cominciato, non ti puoi fermare... Questo vuol dire essere un detective!! -

Poi Shinichi affrettò il passo e si mise a correre per raggiungere casa. Si voltò e alzò una mano in segno di saluto.

- Ci vediamo! -

- Ehi, Aspetta! -

Lo Fermò Ran.

- Non ti sei dimenticato quello che mi hai promesso, vero? -

Chiese lei con sguardo accusatorio. Il giovane detective la guardò confuso:

- Promesso...? -

Si pentì immediatamente: Ran si infuriò e cominciò a tirare una serie di calci alla velocità della luce, che Shinichi riuscì ad evitare per pura bontà divina.

- NON SEI STATO TU A DIRLO?! MI HAI DETTO CHE SE AVESSI VINTO IL TORNEO CITTADINO MI AVRESTI PORTATO AL PARCO DIVERTIMENTI!! -

Urlò lei. Shinichi scese dalla cassetta della posta, dove si era arrampicato per sfuggire alla furia della campionessa di karate, e chiese innocentemente:

- Eh? Di cosa stai parlando? -

- Oh, non preoccuparti! Non avevo intenzione di andarci con te comunque! -

Rispose lei seccata voltandosi e affrettandosi ad andarsene.

- Puoi uscire con una di quelle che ti scrivono le lettere. -

Aggiunse impettita. Shinichi riuscì a raggiungerla e palesemente nel panico cercò di far ragionare Ran:

- Stavo solo scherzando! Dai, non arrabbiarti! Ovviamente me ne ricordavo! Domattina alle 10:00 al Tropical land! -

Ran lo guardò scettica, mentre Shinichi pensava “Come posso essermene dimenticato?” Alla fine Ran parve convincersi e si voltò sempre con quell'aria offesa e aggiunse:

- Non dimenticarti che pagherai tutto te! -

Shinichi rimase lì impietrito... avrebbe pagato lui? Oh, maledizione! Le donne!

 

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Capitolo 2
*** Ottovolante di sangue ***


Ovunque regnava lo strepitio concitato delle voci dei bambini, le urla dei ragazzi sulle giostre, uomini e donne, famiglie e comitive scolastiche che gironzolavano per il Tropical Land. Lì tutti si divertivano, erano allegri, felici e spensierati... quasi tutti, perché quale miglior posto di una foresta per nascondere una foglia? Quale miglior posto per nascondere una manciata di persone se non in mezzo ad una folla...

 

- Vedi, una delle cose più incredibili di Holmes è che la prima volta che ha incontrato il suo partner, il dottor Watson, lui è riuscito a capire che era stato un dottore militare in Afghanistan, solamente stringendogli la mano! -

Poi Shinichi afferrò la mano di una ragazza in fila per le montagne russe, dai capelli castani, indossava un vestito con sopra una leggera giacca, una meravigliosa collana di perle al collo.

- Proprio così. -

Continuò. La ragazza restò sorpresa del fatto che un completo sconosciuto le avesse afferrato la mano, ma Shinichi non badò al suo imbarazzo e aggiunse poi rivolgendosi a lei:

- Sei una ginnasta, vero? -

La ragazza, rimasta senza parole, lo guardò allibita, non potendo credere alle sue orecchie.

- Come lo sai...? -

- Conosci quel ragazzo? -

Le chiese una sua amica, una giovane dai capelli biondi che indossava un paio di grossi occhiali, mentre Shinichi le lasciava la mano e si godeva la scena.

- Non penso... -

Replicò la ragazza poco convinta. Ran incredula guardava continuamente il suo amico, poi la ragazza dallo sguardo confuso, e poi di nuovo Shinichi. Quest'ultimo cominciò a spiegare, con la solita aria di superiorità:

- Ha dei calli sulle mani! Una donna con quei calli sulle mani può lavorare solamente con barre di ferro!! -

Spiegò lui, come se fosse la cosa più semplice al mondo. Ran però non era soddisfatta della spiegazione e replicò:

- Ma potresti avere dei calli anche giocando a Tennis... -

- In realtà l'ho intuito quando il vento ha sollevato la sua gonna prima! -

Disse Shinichi felice... (un po' troppo felice).

- C'erano dei segni particolari sulle cosce, e non potevano che essere il simbolo di una maestra delle verticali!! -

Ora la povera ragazza era palesemente in imbarazzo.

- Costante e attenta osservazione sono le chiavi per essere un detective! -

Aggiunse Shinichi allegro. Ran invece era tutto fuorché allegra, anzi: tutt'altro! Trovava intollerabile il comportamento di Shinichi e voleva mettere in chiaro che a lei la sua deduzione non era andata a genio:

- Sei così pieno di te... Lo sapevi già prima di stringerle la mano: bugiardo! -

- HEY!! NON CI STARAI PROVANDO CON LA MIA AMICA??!! -

Urlò l'uomo in fila di fronte a loro. Era vestito elegantemente, con una giacca bianca e i capelli ben impomatati. Al suo collo era avvinghiata una ragazza dai vestiti costosi, e non pareva aver l'intenzione di lasciare il ragazzo.

- Ah... quindi siete amici? -

Chiese Shinichi, ora lui a disagio, e anche leggermente intimidito dal ragazzo, il quale era molto alto e ben piantato.

- Volete passare davanti a noi? -

Chiese poi alle ragazze dietro di loro, a cui aveva fatto il suo piccolo show di deduzioni. Loro scossero la testa e replicarono indicando i due di fronte, i quali erano incastrati in un nodo di braccia e mani, mentre le loro facce erano appiccicate come attratti da una calamita:

- Non vorremmo dar loro fastidio... -

Poi si voltarono ridacchiando. Shinichi guardandoli non poté fare a meno di immaginarsi lui... e Ran... lei bellissima, come sempre d'altronde... lui vestito con uno smoking bianco, lei con un meraviglioso vestito immacolato... Ran, la verità è che mi piaci da un sacco di tempo... e Ran ricambiava il suo sguardo carico di aspettative... Anche tu, Shinichi...

Shinichi, ubriacatosi di sogni ad occhi aperti, non si rese conto che Ran lo stava trascinando per prendere posto nei sedili dell'attrazione.

- Andiamo! Andiamo! Siamo i prossimi! -

A Ran era ritornato il buon umore, ma poi Shinichi ricominciò a parlare di Sherlock Holmes e il sorrise le morì sulle labbra.

- Comunque, Holmes... -

Alla fine due uomini in nero si diressero verso l'ultima fila di sedili e si accomodarono.

Shinichi continuava a parlare... e a parlare... e a parlare...

- Hai capito? Quello che Conan Doyle vuole dirci è che Holmes -

- HAI APPENA FINITO CON QUESTO STRAMALEDETTO HOLMES DI CONAN CHI SO IO CHE GIÀ RICOMINCI?! SEI UNO STUPIDO FAN DEL MISTERO!! -

Ran si era fatta tre volte più grande, o Shinichi si era ristretto di tre volte, fatto sta che lei lo stava per divorare vivo. Poi divenne improvvisamente triste e continuò in tono rammaricato:

- Non vedevo l'ora di venire qui con te, Shinichi... -

Quasi sussurrava.

- Perché non capisci i miei sentimenti? -

R-Ran... Shinichi rivide la scena di lui e Ran abbracciati che si baciavano appassionatamente. Si rendeva conto di essere diventato tutto rosso, ed era anche parecchio in imbarazzo.

- Ehm... be'... vedi... -

Non sapeva cosa dire. Poi Ran cominciò a... singhiozzare? No... non stava piangendo, stava... e allora la ragazza scoppiò in una fragorosa risata. Shinichi, ancora rosso per l'imbarazzo, sgranò gli occhi e vide la sua amica che gli puntava un dito addosso, ridendo a crepapelle.

- Perché sei così nervoso? Sto solo scherzando! Non puoi sperare di diventare un detective se ti fai fregare così! -

E continuava a ridere, mentre Shinichi si imbronciava sempre di più. Una signora annunciò la partenza e l'ottovolante si mise in moto.

- Ma... -

Shinichi guardò interrogativo l'amica.

- Davvero non vedevo l'ora di venire qui con te... -

Aggiunse Ran sorridendogli, come per sollevargli il morale. Nelle sue parole c'era qualcosa di dolce e sincero, che spiazzò Shinichi, il quale rimase a guardarla con sguardo imbambolato. Poi Ran gli afferrò la mano e Shinichi si sentì il viso in fiamme, mentre la sua amica chiudeva gli occhi per non guardare. Poi il ragazzo si rese conto che la salita era terminata e che tra un nanosecondo sarebbero piombati a capofitto nel vuoto. Non ebbe neppure il tempo di prepararsi psicologicamente alla discesa che l'attrazione si inclinò violentemente in avanti e si lanciò verso la terra, accompagnato dai strilli di paura di Ran e delle altre ragazze e dallo sfrigolio metallo su metallo delle ruote del treno con l'impalcatura in acciaio mentre il suo stomaco si trovava ancora all'inizio del precipizio. Shinichi si sentiva il vento sulla faccia e tra i corvini capelli. Dopo la caduta in verticale, il tragitto deviò verso destra entrando in un oscuro tunnel. A causa del buio improvviso Ran strinse più forte la mano dell'amico. Poi accaddero molte cose in poco tempo: Shinichi sentì una goccia d'acqua salata arrivargli sul viso, poi si sentì un urlo agghiacciante, non di divertimento, ma di terrore. Shinichi e Ran avvertirono una strana sostanza liquida che li investiva da dietro.

- C-che cos'è? -

Chiese Ran, terrea in volto. Poi altre voci si sollevarono nel buio del tunnel:

- Non riesco a vedere nulla, è troppo buio! -

- Ma che cosa...? -

- Cosa diamine è? -

Poi vennero ricoperti dal caldo tepore della luce solare, solo per scoprire un violento fiotto di sangue che proveniva dal collo del ragazzo dai capelli impomatati e dai vestiti una volta immacolati, ora ricoperti di sangue. Le ragazze urlarono, gli strani uomini vestiti di nero erano scioccati e nervosi, Shinichi era inorridito. Pochi secondi dopo si trovarono sulla piattaforma d'arrivo, la folla in fila cominciò a correre via spaventata dalla scena a loro di fronte. Shinichi si precipitò fuori dal suo vagone mentre la gente strillava:

- C'è stato un incidente! -

- Chiamate un'ambulanza! -

- E anche la polizia! -

 

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Capitolo 3
*** Occhi freddi come il ghiaccio ***


Shinichi stava già analizzando il cadavere del pover'uomo, mentre la fidanzata, la ginnasta e la loro amica piangevano disperate. Ran, sconvolta dalla scena a cui aveva assistito, si teneva stretta alla felpa del liceale, sussurrando con una flebile voce il suo nome, come in trance. I due uomini vestiti di nero sembravano a disagio e uno di loro, quello che sotto il cappello nero portava una lunga chioma dal colore argenteo, spostava lo sguardo sulla folla, come alla ricerca di una via d'uscita. Il suo compagno, un tipo con gli occhiali da sole e la corporatura robusta, guardava apprensivo il corpo martoriato del ragazzo e faceva cenno al compagno di allontanarsi dalla scena del crimine. L'uomo dai lunghi cappelli argentati sbuffava imprecando e abbassando la visiera del cappello per coprirsi il volto cercava di allontanarsi nella folla, seguito dal compagno; poi, improvvisamente...

- NESSUNO SI MUOVA! Non è stato un incidente, ma un omicidio! E il colpevole era sulla giostra con la vittima... quindi... -

Sorridendo il giovane detective si rivolse ai sospettati:

- Quindi.... il colpevole non può essere altro che uno di noi sette! -

Ran, ancora sconvolta dal fatto, pronunciò di nuovo il nome di Shinichi, esitante. Ma la voce dell'uomo in nero robusto e con gli occhiali da sole urlò, coprendo l'esile fiato della ragazza:

- Idiozie! Noi non abbiamo niente a che fare con tutto questo! -

In quel momento si sentì una voce che si faceva strada a fatica tra il pubblico:

- Fate passare... fate passare... polizia! Oh! Kudo-kun! Che ci fai qui? -

L'uomo in nero che aveva parlato poco fa sbiancò e replicò balbettando:

- K-Ku-Kudo?! -

Poi un coro ammirato di voci di tutte le età proruppe dal pubblico:

- Wow! È lui! Il famoso detective liceale: Kudo Shinichi! -

- Si dice che abbia risolto innumerevoli casi complicati... -

- È il salvatore del dipartimento di polizia giapponese! -

- Guarda! È la! È lui! Guaaawww! -

- Papà, papà! Fammelo vedere? Dov'è? -

 

Shinichi aveva appena finito di raccontare all'ispettore ciò che era accaduto disegnando uno schema delle posizioni dei sospettati rispetto alla vittima. L'ispettore prese la parola:

- Quindi... Fammi vedere se ho capito bene: sull'ottovolante non ci sono segni che indichino un qualche incidente o problema meccanico, e il suicidio è da escludere... -

Shinichi annuì e continuò:

- Giusto, ispettore: è chiaramente un omicidio! -

Allora l'ispettore replicò:

- Quindi escludendo te e Ran... i sospettati sono cinque: nella prima carrozza... -

Aggiunse poi indicando le corrispondenti posizioni sullo schema disegnato da Shinichi:

- … Abbiamo le amiche della vittima: A e B. Tu e Ran vi trovavate nella seconda carrozza; la vittima era nella terza con la fidanzata, C; e infine nell'ultima carrozza ci sono D e E, gli uomini vestiti in nero. Ma... -

Aggiunse l'uomo dopo un attimo di esitazione.

- … Visto che tutti indossavano la barra di sicurezza, l'unica che avrebbe potuto commettere il delitto... era C: la fidanzata seduta di fianco -

E così dicendo guardò istintivamente la donna, a pochi passi da lui, in lacrime. Shinichi invece riteneva troppo prematuro avanzare ipotesi... poi una voce interruppe i suoi pensieri:

- Ehy! Muovetevi! Non abbiamo tempo da perdere per idiozie come questa! -

Shinichi fu come attraversato da una scarica elettrica, che lo fece rabbrividire. Voltandosi vide i due uomini in nero... vestiti nello stesso modo, come se facessero parte di una qualche sorta di organizzazione: un lungo cappotto color inchiostro, un paio di scarpe e un cappello dello stesso colore. Quello che aveva parlato era l'uomo dai lunghi capelli argentati, mentre il suo compagno con gli occhiali da sole sembrava a disagio a causa dell'improvvisa (e imprudente?) uscita del compagno. Shinichi non fece in tempo ad alzare lo sguardo che, incrociando gli occhi dell'uomo dai lunghi capelli d'argento, fu scosso dalla forma di paura più devastante che avesse mai provato... Quegli occhi color ghiaccio... gli occhi di chi ha ucciso migliaia di persone... senza provare nulla... occhi freddi come il ghiaccio... gli occhi di un assassino... Shinichi si riscosse da quei pensieri quando sentì la voce di un ufficiale chiamare l'ispettore, asserendo di aver trovato l'arma del delitto all'interno della borsa della fidanzata. La donna singhiozzava continuando a ripetere:

- Non... Non può essere... Non è mio! Non so come ci sia finito lì!! -

Shinichi si catapultò verso l'arma e cominciò ad esaminarla attentamente: era un normale coltello da cucina, macchiato di sangue e avvolto in un asciugamano. Shinchi sentì la sensazione di adrenalina che provava ogni volta che vedeva un pezzo del puzzle mettersi al suo posto... forse... forse...

Le amiche della coppia non potevano credere alle loro orecchie e guardarono incredule l'amica, che continuava a gridare di essere innocente.

- Quindi è stata quella donna! Noi ce ne andiamo... -

Disse l'uomo in nero dai capelli argentati e fece per andarsene.

Forse... si... ma.... cosa? C'era qualcosa... ma cosa? Cosa sto dimenticando? Cosa? Cosa? Il buio... le grida, acqua, il sangue, le urla, il rumore, il buio, le grida, il sangue, “Che cos'è?”, “Non riesco a vedere”, “Troppo buio...”, sangue, acqua salata, buio, grida, è caldo... acqua... salata...

- Signorina, la dichiaro in arresto... -

- No! Aspetti, ispettore! Non è lei la colpevole! -

L'interpellato guardò interdetto il giovane detective, ma questi continuò imperterrito:

- La colpevole... sei tu! -

E il detective puntò il dito della giustizia verso la giovane ginnasta, che rispose con sguardo sconvolto alla sua accusa.

- Ma che vai dicendo!? L'arma del delitto è stata trovata... -

Ma il detective interruppe immediatamente le sue proteste, mentre la famigliare sensazione di euforia cominciava ad attanagliarlo.

- Non si può decapitare un uomo con quella... soprattutto con la forza di una donna! E oltretutto, se fosse stata lei la colpevole, avrebbe avuto innumerevoli opportunità di sbarazzarsi dell'arma del delitto, invece che avvolgerlo in uno straccio e infilarlo nella sua borsa -

Poi, guardando negli occhi la donna che aveva appena accusato, proseguì:

- Non sei stata tu, forse, a mettere quel coltello dentro la sua borsa? -

Lei sbiancò, ma nonostante ciò proseguì con quella che sarebbe dovuta essere una nota di sdegno nella voce, ma si rivelava lo stridulo grido disperato di chi è stato messo con le spalle al muro:

- Ovviamente non sono stata io! Io ero due posti davanti a Kishida-kun! In che modo avrei tagliato la sua testa! Tu stesso hai detto prima che una donna non avrebbe potuto... -

- Con la sola forza, una donna non poteva decapitare la vittima. -

Replicò imperturbato Shinichi.

- Ma sfruttando la velocità dell'ottovolante e un uncino legato ad una corda di pianoforte è possibile! -

La giovane, sentendo quelle parole pronunciate dal detective liceale, capì che era finita. Avrebbe provato a resistere, ma sapeva già che era inutile, e questa convinzione crebbe vedendo Shinichi all'opera: il giovane, chiedendo aiuto agli agenti, ricreò sull'ottovolante una replica degli eventi. L'ispettore Megure si mise al posto di Kishida e Shinichi al posto della ragazza che aveva accusato.

- Per prima cosa, mentre la sbarra di sicurezza di abassava, ha posizionato un oggetto, come una borsa, dietro la schiena... -

E così dicendo accompagnò ogni frase all'azione corrispettiva.

- Così... si può facilmente uscire! -

Tutti guardarono sorpresi Shinichi mentre faceva cadere la borsa da dietro la schiena, lasciando libero un varco tra la sbarra e il sedile dell'ottovolante abbastanza ampia da poterci scivolare attraverso.

- Poi, si prende una corda con un uncino ad un'estremità, preparata in precedenza... -

E mostrò a tutti lo strano arnese, in seguitò si arrampicò sulla giostra raggiungendo l'ispettore e ponendo un cappio della corda attorno al suo collo. Tutti seguivano attentamente i suoi movimenti.

- … In seguito si posiziona il cappio all'estremità della fune attorno al collo della vittima, e si lancia l'altra estremità con l'uncino sulle rotaie della giostra... -

Shinichi lanciò l'uncino sulle rotaie, il rumore metallico sembrò rimbombare nel silenzio surreale che si era venuto a formare. Shinichi alzò lo sguardo verso il suo pubblico e spiego l'ultima fase della rappresentazione:

- Il resto del lavoro è stata lasciata alla velocità della monorotaia della giostra in movimento! -

La ragazza scoppiò, tentando in un ultimo disperato tentativo di salvezza:

- Questo è un oltraggio! Le prove!! Dove sono le prove!!! -

Shinichi replicò secco:

- Mi scusi, signorina, ma posso chiederle dove ha messo la sua collana di perle? -

La giovane, le guance rigate dalle lacrime, guardò folgorata il detective: aveva perso. Il detective spiegò come la collana contenesse il filo di pianoforte mentre la donna nascondeva l'uncino nella borsa, e di come fosse riuscita a mantenere l'equilibrio grazie alle sue capacità di ginnasta professionista.

- Aspetta! -

Lo interruppe la sua amica, indicando i due uomini vestiti di nero, che tentavano, con poco successo, di passare inosservati e di fuggire dalla scena del crimine.

- E che mi dici di loro? Non avrebbero potuto farlo facilmente da dietro anche loro?! -

Shinichi adocchiò con sospetto i due uomini, ma poi replicò:

- No, non sono loro i colpevoli, nonostante abbiano l'aria sospetta: il colpevole si sarebbe aspettato l'arrivo della polizia, invece loro... dal modo in cui si sono comportati posso dedurre che era l'ultima cosa che avrebbero voluto. -

Il viso di Shinichi si adombrò leggermente mentre si accingeva a terminare il suo discorso:

- L'assassino sapeva di uccidere la vittima, e ha pianto prima di farlo: quando siamo usciti dal tunnel erano passati pochi secondi, quindi solo il colpevole avrebbe potuto versare così tante lacrime... e la traiettoria ne è una prova inconfutabile. Solo in questo tipo di giostra le lecrime cadono all'indietro. -

E con questo Shinichi mise il punto che segnava la fine del caso, la donna cadde a terra in ginocchio e confessò: era stata lei, lo aveva fatto poiché lui l'aveva tradita e così aveva deciso di finirlo, proprio lì, nel luogo del loro primo appuntamento, con il suo regalo di fidanzamento: la collana di Perle. Una grande quantità di sonnifero fu trovato in seguito all'interno della sua borsa, probabilmente aveva intenzione di suicidarsi dopo l'arresto della donna che aveva tentato di accusare, Aiko, la fidanzata della vittima... la donna per cui l'aveva tradita. La collana fu trovata due ore dopo, insieme all'uncino di ferro. Quasi tutte le perle erano andate perse, le poche che restavano... sembravano riflettere la luce del tramonto... come grandi lacrime rosso sangue.

 

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Capitolo 4
*** Game Over ***


Shinichi e Ran camminavano in direzione dell'uscita del parco divertimenti. Ran singhiozzava disperatamente, mentre Shinichi cercava di rincuorarla:

- Avanti... non c'è alcun bisogno di piangere. -

Ran gli rivolse un'occhiataccia e replicò infastidita dal comportamento indolente dell'amico:

- C-come puoi r-restare così c-calmo?! -

Shinichi si grattò imbarazzato la nuca e rispose:

- Oh! Be'... sono stato su molte scene del crimine, sono abituato a vedere cadaveri a pezzi... -

Si pentì immediatamente di quell'uscita: Ran seppellì il suo viso tra le mani tremanti e i suoi singhiozzi aumentarono mentre con voce stravolta esclamò:

- Oh, mio Dio! -

Ma era davvero possibile che un essere umano arivasse a tanto? Intanto Shinichi tentava, inutilmente, di rimediare a quello che aveva fatto.

- Ehm... No... Aspetta... Dimenticati quello che ho detto... Cioè, questo genere di cose accade spesso... -

- E INVECE NO!! -

Rispose veementemente Ran, sperando che Shinichi smettesse di dire cose insensate. In quel momento l'attenzione del giovane detective fu catturata da una figura che continuava a guardarsi attorno, con fare sospetto. Osservandolo meglio il detective riconobbe in quella figura lo strano uomo vestito in nero con gli occhiali da sole. Quello... è uno di quei tizi sospetti in nero. Shinichi continuò a seguire i suoi movimenti, fino a che non lo vide scomparire dentro un vicolo. Se ne sta andando! Allora Shinichi salutò frettolosamente Ran e cominciò a correre dietro all'uomo.

- Shinichi... No! Fermati! -

Ran cercò invano di fermarlo, ma lui con un sorriso imbarazzato le disse di andare avanti, lui l'avrebbe raggiunta più tardi. Ran cercò di inseguire l'amico, ma poi qualcosa la trattenne: si sentiva le gambe di piombo e una sensazione di terrore la percorse come una scarica elettrica. Restò a fissare il punto in cui Shinichi era scomparso, voltando l'angolo, verso lo stretto vicolo. Sentiva un peso al cuore, mentre il sangue nelle vene sembrava essersi ghiacciato... Perchè? Perchè ho questa sensazione? È come se... io... mi sento come se avessi appena perso Shinichi, come... Ho come la sensazione che non lo rivedrò mai p.

 

Fuori dal parco divertimenti, una solitaria figura era in attesa: il direttore di un'importante ditta. L'uomo era calvo, con un paio di baffi e indossava un completo con un paio di occhiali da sole. Era nervoso, si guardava attorno sperando che loro non si facessero vedere. In quel momento una voce beffarda lo fece sobbalzare:

- Scusa per il ritardo. -

L'uomo calvo guardò quell'uomo... vestito di nero, corporatura robusta, un paio di occhiali da sole e il cappello a tesa larga gli coprivano il viso.

- S-sono venuto da solo! C-come avete ordinato... -

Disse nervosamente al suo interlocutore, il quale sembrava un corvo nella notte così vestito... un corvo, il simbolo della morte. Lui sorrise schernendolo e replicò:

- Lo so che sei da solo: io e il mio collega ti abbiamo tenuto d'occhio dalla giostra del Tropical Land. -

L'uomo sgranò gli occhi e impallidì: quindi era stato tenuto d'occhio per tutto il tempo! Poi cercò di racimolare quanto coraggio aveva in corpo e replicò balbettando:

- A-avanti, d-dammi... sai cosa... -

L'uomo in nero rise sommessamente lanciando all'uomo uno sguardo derisorio. Poi replicò:

- Eh! Quanta impazienza: prima il denaro! -

- E-eccoli! Dovrebbero esserci tutti! -

Il direttore voleva solo finire lo scambio il più in fretta possibile, ma qualcun altro, che stava osservando la scena, rimase scioccato da ciò che aveva appena visto: Shinichi, nascosto dietro uno dei muri che delimitava il parco, aveva osservato attentamente tutto ciò che era accaduto. Ehy! Ma quelli saranno almeno cento milioni di yen!

- Bene. L'affare è concluso! -

- E-Ehy, aspetta! I-il filmato! -

Disse disperato il direttore della ditta. Shinichi si appiattì contro la parete per sentire meglio le voci dei due. Un filmato? Per essere sicuro di avere delle prove a disposizione il detective tirò fuori una videocamera e cominciò a riprendere la transizione.

L'uomo in nero prese un rullino dalla tasca del cappotto e lo lanciò al direttore.

- Ecco il filmato del commercio illegale d'armi della ditta! -

Il direttore lo accolse tra le sue mani sollevato, poi guardando con odio l'uomo in nero che si allontanava replicò:

- Quelli come voi meritano solo di stare dietro alle sbarre! -

Shinichi osservò come l'uomo in nero si accingeva a tirare fuori la pistola quando...

- Il tuo gioco da detective... -

DANG!

- … è finito! -

Shinichi si rese conto troppo tardi che all'appello mancava il tipo dai capelli argentati. La sua figura torreggiava su di lui e lo fissava con i suoi freddi occhi. Ma il detective era vagamente consapevole di questo: il colpo ricevuto in testa non lo aveva ucciso, ma sicuramente stordito. Sentiva confusamente la voce dei suoi aguzzini, mentre il direttore della ditta del commercio illegale d'armi fuggiva in lontananza. Aveva le vertigini, tutto ciò che vedeva sembrava puntinato di nero e non riusciva a muoversi come avrebbe voluto.

- Aniki? -

Disse confuso l'uomo in nero con gli occhiali da sole, ma il suo collega gli spiegò la situazione:

- Questo bastardo ci ha seguiti! -

A quelle parole l'uomo, che ora aveva la valigia piena dei soldi estorti dal direttore impallidì, e replicò:

- Allora uccidiamolo! -

Fece per tirare fuori la pistola ma il suo Aniki lo fermò:

- Ci sono ancora gli sbirri in giro. Usiamo questa. -

Così dicendo tirò fuori una scatola da cui prelevò una capsula... Un veleno! Shinichi era ancora intontito dal colpo ricevuto, mentre l'uomo lo prendeva per i capelli e infilando la mano fino alla sua gola lo costrinse ad assumere il farmaco, in seguito gli versò anche dell'acqua in gola... La capsula... con l'acqua... fuoriuscirà il veleno...

- Questo è il nuovo veleno creato dall'organizzazione, non è stato ancora testato sugli esseri umani. Questo bastardo avrà l'onore di esserne la prima vittima! -

Sentì l'uomo dai capelli argentati spiegare al compagno. Questi si guardava attorno apprensivo, probabilmente preoccupato per eventuali nuove sorprese.

- Sbrigati... andiamocene. -

L'uomo dai capelli argentati lo seguì, poco prima di scomparire con il compagno si voltò un ultima volta verso Shinichi e sorrise, un sorriso glaciale, velato da una crudele ilarità:

- A mai più, meitantei-san. -

Shinichi sentiva il dolore attraversare il suo corpo. Il mio corpo... così... caldo... La testa riprese a girare. Le vertigini aumentavano. È come se... le mie... ossa... si stessero sciogliendo! Tutto diventava buio, sempre più buio, una nera voragine lo stava inghiottendo. No... Un verso disumano uscì da quella che pensava fosse la sua gola, era la sua voce, era un suo grido, disperato, di aiuto. Non va affatto bene... Alla fine il dolore cessò, così come le vertigini e l'emicrania... tutto finì. Era morto. Lui stesso ne era consapevole mentre accoglieva le tenebre, quelle tenebre che lo stavano portando via dalla sofferenza che aveva provato negli ultimi istanti di vita come Kudo Shinichi. Quella, era la fine dei giochi.

Game over. 

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Capitolo 5
*** Il detective ristretto ***


Un gruppo di pattuglia stava facendo un giro di ricognizione attorno al parco divertimenti, quando uno di loro fece una scoperta scioccante: un corpo giaceva a terra in mezzo all'erba, poco lontano dalle mura che delimitavano il confine del Tropical Land, e aveva una grave ferita alla testa.

- Ehy! C'è un cadavere qui! -

Disse sconvolto l'agente ai suoi colleghi.

- C-cosa!!?? -

Replicarono quelli increduli.

Allora è proprio vero: sono morto.

- Aspettate... respira ancora! -

Disse nuovamente l'agente. Un altro poliziotto disse ad un suo compagno:

- Presto! I Paramedici! -

Gli altri si affrettarono a fare quanto era stato loro ordinato.

S-sono vivo? Allora il veleno non funziona sugli esseri umani?

Shinichi cominciò ad aprire gli occhi. Vedeva di fronte a sé un massa sfocata, ma, sorprendentemente, la loro voce era abbastanza chiara alle sue orecchie:

- Dannazione! La sua testa sanguina... -

- Avanti, apri gli occhi! -

- È tutto a posto? -

Lentamente Shinichi riuscì a mettere a fuoco le sagome degli agenti.

Poliziotti? Perfetto! Ora dirò loro cosa è successo...

Uno di loro gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi e aggiunse in tono gentile:

- Riesci a stare in piedi, piccolo? -

Shinichi si alzò e guardò l'uomo con aria interrogativa: ha detto... piccolo?

- P-piccolo? -

Ripeté Shinichi, senza capire: lui era uno studente delle superiori, che diamine stava dicendo quell'uomo?

- Ehy, come ti sei ferito? -

Chiese questo al detective. Shinichi, sempre più confuso, cercò di mettere insieme i ricordi frammentati degli eventi che avevano preceduto la sua presunta morte: Ferito? Ah... si. Quell'uomo in nero mi ha colto alle spalle e mi ha colpito alla testa con un tubo di ferro.

Shinichi cercò di toccarsi la ferita, ma se ne pentì immediatamente, poiché non appena la sfiorò non potè non gemere dal dolore. Poi qualcosa colse la sua attenzione: la sua felpa... perché era così larga? E i suoi pantaloni... erano così lunghi!

Shinichi sentì un brivido percorrergli la schiena... Ma che diamine... ?

Poi l'agente che prima gli si era rivolto lo... prese in braccio! Shinichi, sconvolto, guardò l'uomo che lo stava sollevando senza alcuna apparente difficoltà.

- Devi esserti spaventato... -

EH?

- … ma ora ci siamo noi qui! -

EHH?!

- Quindi non ti preoccupare. -

- EHHH!! -

Mi sta trasportando in giro senza alcun problema! Che cosa... che cosa diamine sta succedendo!?

Un poliziotto aveva tirato fuori una ricetrasmittente, ma quello che stava dicendo non aveva alcun senso, e Shinichi si rifiutò di credere a ciò che le sue orecchie udivano:

- Abbiamo trovato un bambino nella sezione B gravemente ferito alla testa, ora lo portiamo in infermeria... si... la sua età? Sarà tra i cinque e sette anni, penso: decisamente frequenta le elementari... -

Bambino? Le... Elementari?

 

- Sono a casa. -

Disse Ran per farsi sentire dal padre.

- Ah, eccoti Ran. -

Kogoro Mori, ex-poliziotto del dipartimento centrale di polizia, si era ridotto ad un ubriaco senza soldi che continuava a spendere in birra e scommesse, e passava gran parte del suo tempo davanti alla TV a guardare la sua idol preferita: Yoko Okino.

Ran sospirando dette un'occhiata contrariata al padre: spettinato, con la barba incolta, la camicia una volta immacolata era macchiata di birra. Se ne stava seduto sulla sedia girevole di fronte alla sua scrivania, le gambe poggiate scompostamente su quest'ultima, l'immancabile lattina in mano, mentre un mare di sigarette e bottiglie vuote occupavano la superficie del tavolo da lavoro, come ogni angolo remoto della stanza, che tecnicamente sarebbe dovuto essere il suo ufficio.

- Guarda la confusione che hai creato ancora, Otou-san! -

Poi avvicinandosi con un sacchetto della spazzatura cominciò a ripulire la scrivania dell'immondizia abbandonata lì sopra.

- È per questo che non hai lavoro e oka-san se n'è andata! -

Lo rimproverò Ran. Lui si limitò a lanciarle un'occhiataccia e replicare:

- Chiudi il becco! Io ho scelto il mio lavoro! E poi è colpa di quel tuo amico che gioca a fare il detective e mi ruba i clienti... -

Dopo una sorsata di birra continuò guardando la figlia:

- A proposito: oggi non dovevi andare da qualche parte con lui? -

A quelle parole il viso della ragazza di adombrò leggermente e rispose:

- In effetti... eravamo assieme, ma poi lui se n'è andato via lasciandomi da sola. Aveva detto che mi avrebbe raggiunto, ma... -

Ran rivolse lo sguardo distrattamente verso la finestra, dove si poteva ammirare il meraviglioso skyline di Tokyo illuminato dalle luci della sera. Ma lei non stava guardando il paesaggio che le veniva presentato, mentre sentiva la preoccupazione per il suo amico scorrerle nelle vene come un veleno. Cosa ti è successo, Shinichi? Non mi hai neanche chiamato...

Kogoro, notando lo sguardo assente della figlia, non poté fare a meno di ghignare replicando:

- Avete litigato? Eh, lascialo perdere!Non vale la pena di frequentare persone come detective o investigatori privati. -

Ran alzò un sopracciglio, guardandolo con un'espressione tra l'interrogativo e lo scettico:

- Ma, scusami, non sei anche tu un detective? -

Suo padre ignorò la domanda.

 

- Lo giuro: è tutto vero! -

Disse Shinichi esasperato, ormai sull'orlo della disperazione, ai poliziotti.

- Ho visto un uomo mentre ricattava il proprietario di una qualche ditta che vende illegalmente armi! Poi questo tizio vestito in nero mi ha preso alle spalle... -

Ma era tutto inutile: il dottore, l'infermiera e anche gli agenti continuavano a ridere, non credendo alla sua storia. Uno di loro gli disse gentilmente:

- Ok piccolo: hai visto troppi gialli in TV... -

Ma Shinichi urlò frustrato:

- Io non sono “piccolo”: ho sedici anni e frequento le superiori! -

Di nuovo le sue parole suscitarono l'ilarità di chi lo circondava, e tutti si misero a ridere con le lacrime agli occhi.

Maledizione! Non mi credono!

Shinichi continuò a guardare risentito gli agenti.

Certo che sono proprio dei giganti, ma quanto sono alti?

Poi una fitta di dolore attraversò la sua testa, facendolo gemere.

Certo che quel maledetto bastardo mi ha colpito...

La catena di pensieri che passava per la sua mente si arrestò bruscamente non appena Shinichi vide lo specchio alle sue spalle, o per meglio dire, la figura riflessa nello specchio:

un bambino sui sei anni, con i suoi vestiti addosso, i quali erano palesemente troppo grandi per lui, e una fasciatura alla testa... la sua testa... i suoi vestiti... troppo grandi...

- MA CHE COSA... ?! -

Shinichi fissò incredulo il bambino nello specchio... no... il suo riflesso nello specchio: quel bambino ferito alla testa era lui!

Ma... non è possibile... il mio corpo... perché è così... piccolo?!

In quel momento le parole che pronunciarono gli agenti calamitarono la sua attenzione:

- Non sarà scappato di casa? -

- Non ci sono state segnalazioni... -

- Per ora portiamolo all'asilo alla centrale di Polizia. -

A-S-I-L-O! Nossignore!

Non appena gli agenti si voltarono rivolgendosi nuovamente al bambino, rimasero scioccati nel vedere che... era scomparso!

- S-se n'è andato! È fuggito dalla finestra! -

Shinichi correva con tutta la velocità che gli permettevano le sue piccole gambe, ma i vestiti erano ingombranti e lo rallentavano. Poi un ringhio allertò Shinichi di un nuovo possibile pericolo alle sue spalle: un grosso e gigantesco cane! Lo stava seguendo!

- Eccolo! È lì! -

Sentì uno degli agenti gridare.

Merda! Merda!! MERDA!!!

 

Dopo aver suonato tre volte partì di nuovo la segreteria:

Pronto, sono Kudo Shinichi: non sono in casa in questo momento. Lasciate un messaggio dopo il segnale...

Ran abbassò la cornetta del telefono, e preoccupata lanciò un altro fugace sguardo all'orologio sulla parete.

- È strano: Shinichi non è ancora ritornato a casa... -

La sua voce si incrinò, mentre la sensazione di panico che aveva provato vedendolo andare via la sopraffaceva una seconda volta.

- Probabilmente è andato a cena di fuori con i suoi ricchi genitori. -

Replicò Kogoro, cercando di stillare le ultime gocce di birra dall'ennesima lattina che aveva in mano.

Ran gli lanciò un'occhiata seccata e replicò, una nota di panico e disperazione nella sua voce:

- Che diamine dici?! I genitori di Shinichi vivono in America da tre anni, ormai! Lui vive da solo! -

Il padre le dette una fugace occhiata con aria distratta.

- Eh? Davvero? -

Ran ignorò il padre, sentiva le viscere attorcigliarsi come serpenti di ghiaccio nello stomaco. Pensò a come Shinichi se ne fosse andato, alla sensazione che aveva provato vedendolo correre via...

Ran afferrò il giubbotto che aveva tolto poco prima e si precipitò fuori di casa, con grande disappunto del padre che allungò disperatamente una mano verso la figlia, tentando di fermarla e gridandole dietro:

- Ehy! Fermati! Fammi almeno la cena! -

Ran senza neanche guardarlo urlò di rimando:

- Vado a casa di Shinichi! -

 

Aveva iniziato a piovere. Shinichi, fradicio, ansimava sotto la luce di un lampione. Non capiva cosa gli fosse successo, né capivo come fosse accaduto! Non ci si poteva rimpicciolire di dieci anni nel giro di un paio di ore! Come diamine si era ritrovato nel corpo di un bambino di sei anni!? Non riusciva neanche a credere di essersi stancato per aver corso dal Tropical Land fino a dove si trovava ora: era impossibile che lui, abituato a correre dietro ai criminali e a giocare a calcio per ore si fosse stancato per una corsa così ridicola!

Poi capì. Fu come essere folgorato da un fulmine. La soluzione del mistero, l'aveva sempre avuto davanti.

I-il veleno! Subito dopo avermi colpito... possibile che...

Questo è il nuovo veleno creato dall'organizzazione”...

No! È impossibile! Quella capsula... il veleno

Non è ancora stato testato sugli esseri umani”

No! Non esiste! Non è possibile!

Questo bastardo avrà l'onore di esserne la prima vittima!”

Shinichi cercò di riorganizzare i pensieri mentre nella sua mente metteva radici l'orribile consapevolezza che, sí; era stato quel farmaco a farlo rimpicciolire.

Il suo treno di pensieri fu interrotto dal rumore di un clacson e Shinichi si buttò sul lato della strada appena in tempo per evitare di essere investito da un camion, mentre il conducente urlava:

- Deficiente! Guarda dove cammini, moccioso! -

Moccioso.

Pensò tra sé e sé il detective... era veramente patetico. Shinichi si incamminò verso casa.

 

Ran correva a perdifiato, doveva trovare Shinichi. Doveva raggiungere casa sua e assicurarsi che stesse bene. Il nodo che aveva al livello dello stomaco non la tranquillizzava e disperatamente continuava a correre, ignorando le lamentele di coloro con cui si scontrava per strada.

 

Era sicuramente patetico: non riusciva neppure ad aprire il cancello della sua stessa casa, a causa della sua statura.

Merda! Ridotto così non posso fare niente!

BOOM

Il rumore di un esplosione! Shinichi si voltò verso la casa vicina alla sua, vedendo uscire dal buco del muro, irrimediabilmente rovinato, un anziano dai capelli e i baffi bianchi. Era robusto e indossava una veste da scienziato, sul grosso naso portava un paio di occhiali. Uscì incespicando verso la strada, tossendo a causa della quantità di fumo.

Shinichi si sentì invadere da una folle gioia. Infatti conosceva molto bene quell'uomo, e non era stupito del fatto che ci fosse stata un'esplosione nel giardino di casa sua.

- Agasa-hakase! -

Lo chiamò il detective. Il professore si voltò verso il bambino con espressione confusa e gli chiese:

- ehm... Tu chi saresti? -

A quelle parole le speranze di Shinichi andarono in frantumi, ma non volendosi dare del tutto per vinto incalzò:

- Come? Sono io! Shinichi! -

Il professore lo guardò per un attimo confuso, poi sorridendo replicò:

- Ah! Capisco: sei un parente di Shinichi! Sei proprio come lui alla tua età. -

- No no no! Io sono Kudo Shinichi! Frequento la scuola superiore Teitan e... -

Ma era inutile: Agasa aveva suonato il campanello di villa Kudo e ora stava parlando al citofono:

- Ehy, Shinichi! Hai visite. -

Shinichi si trattenne dall'abbandonarsi alla disperazione e rivolgendosi al professore gridò:

- Eh, no! Tu mi devi credere! Devo dirti tutto ciò che so su di te? -

Ora l'uomo, forse perché Shinichi non rispondeva, si era voltato di nuovo verso il bambino con sguardo interrogativo.

- Tu sei Agasa Hiroshi, hai 82 anni. Abiti vicino a casa mia e inventi dei strani gadget. Dici di essere un genio, ma tutto quello che fai è robaccia inutile! E hai un pelo che esce dal tuo neo sul sedere!! -

Ormai Shinichi urlava, ma invano. Il professore, rosso in faccia si mise a confabulare tra sé e sé:

- Il mio neo... solo Shinichi dovrebbe saperlo! Quando lo trovo... -

- NO! IO SONO SHINICHI! HANNO CERCATO DI AVVELENARMI E ORA MI SONO RIMPICCIOLITO... -

Per un attimo il professore lo guardò, non credendo alle sue orecchie. Poi il suo volto lasciò spazio al freddo scetticismo e replicò irritato:

- Un veleno capace di rimpicciolire? Vorrei proprio vedere qualcosa del genere! -

Poi afferrò la mano del bambino e cominciò a trascinarlo, continuando:

- Avanti, muoviti: adesso ti porto alla polizia! -

Shinichi non aveva mai odiato tanto sentire la parola polizia come in quel momento. Poi un'idea riaccese le sue speranze: c'era ancora un modo per dimostrare al professore che non stava mentendo. Un sorriso da piantagrane attraverso il suo viso, mentre sentiva il famigliare brivido di eccitazione percorrergli la schiena: non era un caso che doveva risolvere, ma la verità che doveva mettere alla luce.

- Allora proviamo così: professore, lei è appena ritornato dal ristorante Colombo! -

L'uomo si bloccò, come se fosse appena stato folgorato e si voltò verso il bambino, che ora, perfettamente tranquillo, lo fissava con i suoi occhi blu: il suo viso era l'immagine della sicurezza, la sua era un'affermazione e non una domanda.

- C-come lo sai? -

Chiese, un'ombra di dubbio baluginò nei suoi occhi. Shinichi sapeva che ora aveva catturato la sua attenzione, doveva solo giocare bene le sue carte.

- I suoi vestiti, professore: sono bagnati solo sul davanti, ma non dietro. Questo vuol dire che ha corso contro la pioggia verso casa. Inoltre i suoi pantaloni sono macchiati di fango: l'unica strada su cui si sarebbe potuto sporcare così è quella vicino al sito di costruzione di fronte al Colombo, infine ha i baffi sporchi della speciale salsa alla carne del ristorante! -

Il professore rimase a fissare il bambino, stupito. Ora – pensò Shinichi – è il momento del gran finale: mentre l'uomo continuava a balbettare, lui con un sorriso sbilenco gli fece l'occhiolino replicando:

- Eh eh, elementare, Agasa-kun! -

Sbarrò gli occhi incredulo, e avvicinandosi al bambino chiese sussurrando:

- Quindi tu... sei davvero Shinichi? -

Lui lo guardò con aria seccata e replicò:

- Certo: è quello che ho tentato di dirti fino ad ora! Sono stato costretto ad ingerire questo farmaco e...-

- Non posso ancora crederci! -

Lo interruppe Agasa.

- Comunque è meglio continuare a parlare dentro casa tua. -

E così dicendo aprì il cancello di villa Kudo.

 

- U-UN CONTRABBANDO ILLEGALE D'ARMI!? -

Gridò incredulo Agasa, mentre Shinichi tentava di mettersi un vecchio ed elegante completo blu che sua madre aveva insistito per comprargli. Sentendo le parole del professore annuì e continuò:

- E c'erano anche questi uomini vestiti di nero che lo minacciavano. -

Agasa aggrottò la fronte e replicò:

- Quindi ti hanno somministrato quel farmaco per far sí che tenessi la bocca chiusa, ma questo veleno aveva un qualche effetto collaterale e invece di ucciderti ti ha rimpicciolito... -

Ragionava il professore tra sé e sé. Shinichi invece guardava con una nota di disgusto i vestiti da bambino che gli stavano perfettamente. Non potendo trattenersi oltre guardò disperatamente Agasa e lo supplicò:

- Per favore, hakase! Lei è uno scienziato, no? Crei un antidoto per quel veleno! -

L'uomo si portò le mani davanti, come per proteggersi dalle parole di Shinichi e replicò imbarazzato:

- Be'... non so neanche da cosa sia composto questo farmaco... -

Ma il ragazzo rimpicciolito non si diede per vinto e continuò:

- Quindi devo solo trovare un campione di quel farmaco e portarglielo! -

Agasa, imbarazzato, rispose che avendo un campione del veleno forse poteva fare qualcosa. Poi fissò preoccupato Shinichi e, senza alcun preavviso, lo prese per le spalle, costringendolo a guardarlo negli occhi. Shinichi invece si limitò a fissare il professore sconcertato. Non ebbe tempo di chiedergli cosa gli avesse preso, che questo cominciò a parlare, in tono preoccupato e serio, velocemente, come se volesse finire quel discorso prima lo sentisse qualcuno di troppo:

- Shinichi-kun, ascoltami bene: non devi dire a nessuno chi sei realmente. Se loro scoprissero che sei ancora vivo, cercherebbero di ucciderti. E tutte le persone che ti sono vicine rischierebbero di morire! -

Shinichi lasciò che le parole del professore penetrassero nella sua mente: aveva ragione, doveva mantenere segreta la sua identità. Ma Agasa, leggermente paranoico, continuò a parlare, a un volume di voce un po' troppo alto:

- Capito! Nessuno lo deve sapere! E soprattutto Ran-kun! -

In quel momento qualcuno bussò alla porta, congelando sul posto i due abitanti della biblioteca di villa Kudo. Il panico aumentò quando scoprirono chi aveva bussato.

- C'è nessuno? Shinichi, sei lì dentro? -

Era Ran.

Shinichi si catapultò oltre la scrivania del padre, proprio mentre la ragazza entrava.

- Ah... Hakase? -

- Ah... Ran-kun... ehm, è da un po' che non ci si vede... -

Ran diede una veloce occhiata alla biblioteca, non potendo fare a meno che restare incantata nonostante fosse stata in quel luogo innumerevoli volte:

- Wow! Non finirò mai di stupirmi della quantità di libri in questo posto. -

Agasa, leggermente pallido, replicò in tono allegro:

- Oh! Be'... sai, il padre di Shinichi-kun è un famoso scrittore di gialli, quindi... -

Ran sospirò e disse, più a se stessa che al professore:

- Crescendo qui in mezzo Shinichi è diventato un assatanato di gialli. -

Sentendola Shinichi non poté trattenersi dal borbottare:

- Chiudi il becco! -

Sfortunatamente Ran lo sentì e, cercando di aggirare il professore chiese:

- Eh? Quella voce...? -

Shinichi in fretta e furia cercò un modo per sfuggire alla giovane karateka, ma l'unica cosa che trovò fu un paio di occhiali... i vecchi occhiali di suo padre.

- E tu chi sei? -

S'infilò gli occhiali, poi si rese conto che le lenti erano graduate.

Ran osservava il bambino che rifiutava di voltarsi.

- Avanti, non fare il timido! -

Tolse velocemente le lenti e si rimise di nuovo gli occhiali poco prima che Ran lo costringesse a voltarsi.

Poi il tempo sembrò fermarsi: Agasa guardava la scena trattenendo il fiato, pallido in volto, Shinichi sudava freddo, mentre Ran fissava il bambino negli occhi, il suo sguardo indecrifrabile.

- Questo bambino... -

Merda! No! No! No!

Non fece in tempo a finire di imprecare e maledire quei tizi in nero che si ritrovò stretto tra le braccia di Ran, mentre lei lo abbracciava

- … Questo bambino è adorabile! -

Solo allora il professore si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Intanto il viso di Shinichi si tinse di trendadue sfumature di rosso mentre godeva dell'attenzione di Ran (e non trovava niente da ridire sul fatto che fosse vertiginosamente vicino al petto di lei).

- Di chi è questo bambino? -

Chiese Ran al professore. Questi si grattò imbarazzato la nuca e replicò incerto:

- Eh? Ah! Sì, è un... ehm, mio lontano parente... -

Poi la ragazza si rivolse a Shinichi e gli chiese gentilmente:

- Quanti anni hai? -

Shinichi, libero dalla stretta della ragazza, cominciò a indietreggiare cercando disperatamente di non tradirsi:

- Sedic... cioè sei! -

Ran avanzando continuò:

- Quindi vai in prima elementare? -

- Ehm... sì, sì... -

Ormai si trovava bloccato: Ran si abbassò alla sua altezza e alle spalle si trovava la sezione gialli della sua biblioteca.

- E dimmi, qual è il tuo nome? -

- Shin... no! Cioè... io... -

Dio, sono fottuto!

 

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Capitolo 6
*** Edogawa Conan ***


La sua mente andava a mille, cercando disperatamente una risposta a quella che sarebbe dovuta essere una semplice domanda. Fantasiose idee su come fuggire si sostituivano a elenchi di nomi. Era sempre stato tanto difficile scegliere un nome? Si guardò attorno, come sperando che da qualche parte ci fosse un cartello con su scritta la risposta alla domanda di Ran.

E poi lo vide: la biblioteca alle sue spalle, la sezione gialli.

Arthur Conan Doyle... Edogawa Ranpo...

- CONAN! -

Gridò prima ancora che la sua mente metabolizzasse appieno ciò che stava facendo.

- I-il mio no-nome è Edogawa Conan. -

Affermò una seconda volta, sperando che la ragazza non notasse il tremore delle gambe e pensasse che la voce balbettante fosse una conseguenza della sua presunta timidezza.

Ran guardò con aria curiosa il bambino e replicò:

- Conan? Che strano nome... -

Quello che una volta era Shinichi, sudando freddo, spiegò a Ran:

- Ehm... già: vedi mio padre, lui era un fan di Conan Doyle... così mi ha chiamato come lui... -

Idiota! Che scusa patetica: non regge.

Il professore si avvicinò al bambino e guardandolo truce bisbigliò al suo orecchio, per non farsi sentire da Ran, che ancora rimuginava sull'inusuale nome:

- Conan? Non sei straniero! -

- Non sapevo che dire! -

Replicò Conan scocciato, sempre a bassa voce.

- Comunque, dov'è Shinichi? -

Chiese improvvisamente la ragazza, catturando l'attenzione degli altri occupanti della biblioteca di villa Kudo.

- A-Ah! Sì: era qui poco fa, ma aveva qualcosa da fare quindi... -

La risposta del dottore si perse nel vuoto, mentre Ran faceva cenno di aver capito. Agasa restò a guardare la giovane, mentre un'idea veniva a formarsi nella sua mente. Poi, senza nessun preavviso, prese Conan in braccio e lo porse a Ran, dicendole:

- Oh! Ran-kun: non ti dispiacerebbe prenderti cura di Conan-kun per un po', vero? -

Conan congelò alle parole del professore, e Ran lo guardò con aria interrogativa.

- Ecco, vedi... i suoi genitori sono stati coinvolti in un incidente e ora sono in ospedale, quindi mi hanno chiesto di prendermi cura di lui. Ma vivendo da solo non saprei proprio come ci si prende cura di un bambino. -

Aggiunse ridendo nervosamente e grattandosi imbarazzato la nuca. Conan gli lanciò la sua migliore occhiata assassina, mentre Ran rispondeva:

- Non ci sono problemi, ma prima dovrò chiedere a otou-san. -

Conan guardò impotente mentre la trattativa andava avanti.

- Allora se tuo padre è d'accordo lo prenderai con te! -

Il bambino scoccò un'occhiataccia al professore.

Idiota! Così capirà chi sono!

Notando la sua espressione, Agasa si scusò con Ran e portò il bambino in un angolo in disparte, lontano dallo sguardo curioso della ragazza e sussurrò:

- Ascoltami, Shinichi! Quando il tuo cadavere non verrà ritrovato, quegli uomini in nero potrebbero sospettare che tu sia ancora in vita. Di conseguenza tutti coloro che entreranno e usciranno da questa casa saranno i più sospetti! -

Conan replicò seccato:

- E con ciò? Potrei comunque vivere a casa sua, hakase... -

- No! Ricorda: tu stesso hai detto che la prima cosa da fare per riavere indietro il tuo corpo è trovare quei criminali. E Ran-kun vive in un'agenzia investigativa... -

Allora Conan capì. Eccitato chiese al professore:

- Quindi... lì potrei trovare delle informazioni su quegli uomini! -

Appena detto questo, Conan si catapultò verso la giovane ragazza abbracciandola all'altezza delle ginocchia, e con la voce infantile tipica dei bambini disse contento:

- Sìììì! Voglio andare a casa di Ran-neechan! -

Ran prese per mano il piccolo bambino. Conan-kun è veramente molto dolce, pensò mentre l'accompagnava fuori da villa Kudo. Quando i due furono in lontananza Agasa tirò un sospiro di sollievo.

Il resto è nelle tue mani, Shinichi-kun... anzi, no: Conan-kun.

 

- Ehy, Conan-kun... -

Il bambino non rispose subito, e quando realizzò che la ragazza si stava riferendo a lui si affrettò a rispondere, sempre con quella falsa voce infantile da bambino:

- Eh? Ah! Sì, Ran-neechan? -

Mi devo abituare a questo nuovo nome.

- Dimmi, c'è qualche ragazza che ti piace? -

A quella domanda Conan arrossì: che diamine chiedeva, quella, così dal nulla?! Ad un bambino, poi!

Ran continuava a camminare con aria serena tenendo il piccolo per mano, attendendo una sua risposta: non era sicura sul perché avesse fatto quella domanda, ma il bambino aveva un-non-so-ché di tremendamente familiare. Voleva sapere di più su quel bambino e aveva la sensazione di potergli raccontare tutti i suoi segreti... specialmente un segreto che non aveva detto a nessuno, neppure alla sua migliore amica Sonoko. Notando lo sguardo confuso di Conan continuò sorridendo:

- Sai... qualcuno nella tua classe, per esempio. -

Conan, arrossendo, balbettò:

- N-No... n-non esattamente, non... proprio... -

Sì, ma questa domanda completamente a caso?

Ran sorrise alla sua innocenza e disse:

- Io invece sì! C'è un ragazzo che mi piace davvero tanto!-

Ecco, lo aveva detto.

Conan guardò nella sua direzione, poi con un sorriso furbo la stuzzicò:

- Eh, dimmi, Ran-neechan: è per caso quel Shinichi-niisan di cui chiedevi prima la persona che ti piace? -

Ran guardò per un attimo il bambino con sguardo indecifrabile, poi aprendosi in un luminoso sorriso replicò:

- Sì! È proprio lui! -

Conan sbarrò gli occhi e guardò incredulo Ran: gli aveva appena detto... no, aveva appena detto a Conan che le piaceva Shinichi. All'improvviso si sentì a disagio.

- Sai, è sempre stato un idiota. Fin da bambino! È così arrogante, per non parlare della sua fissa per i gialli... -

Continuò Ran. Conan non poté fare a meno di arrossire alle sue parole. Imbarazzato, aveva come la sensazione di origliare un discorso privato.

- Ma se hai bisogno di lui, è sempre lì: pronto ad aiutarti. E oltretutto è molto bello, simpatico e forte! -

Ran si voltò verso Conan, anche lei leggermente rossa in viso, e terminò:

- Io... io amo Shinichi. -

Poi abbassandosi all'altezza del bambino aggiunse in tono di cospirazione, un dito davanti alle labbra:

- Però a lui non devi dire niente, d'accordo? Questo è il nostro segreto. -

Ran sentì Conan borbottare il suo assenso e, soddisfatta, si alzò, riprese per mano il bambino e, senza notare il color vermiglio che tingevano le guance del piccolo, si incamminò con lui verso casa.

 

Si trovavano davanti all'agenzia: un condominio a due piani. Al primo piano sulla finestra era scritto a caratteri cubitali Agenzia Investigativa Mori. Al piano terra la vetrina mostrava un bar: Il Caffè Poirot, ovviamente chiuso a causa della tarda ora. Ran lo condusse verso le scale che portavano all'ufficio del padre e all'appartamento in cui abitava.

- Eccoci arrivati: questa e casa mia, e da oggi sarà anche la tua. -

Disse Ran a Conan, il quale era rimasto ad osservare la ragazza con sguardo pensieroso. Poi lei si voltò verso di lui e sorridendo dolcemente continuò:

- Sarà divertente averti con noi, Conan-kun: sarà come avere un fratellino con cui confidarmi! -

Conan ingoiò il senso di colpa che lo stava soffocando e abbassò lo sguardo. Lui non avrebbe dovuto sapere il segreto di Ran, era sbagliato che lei si fidasse così tanto di lui, quando lui le stava mentendo spudoratamente. Ran aveva il diritto di sapere la verità. Lei deve sapere la verità! Continuava a ripetersi tra sé e sé.

- Bene, entra pure. Ti presenterò mio padre! -

Disse lei serenamente. Conan strinse i pugni e fissando il pavimento disse con voce tremante:

- R-Ran... io, io in realtà... -

La ragazza si voltò verso di lui, guardandolo sempre con espressione innocentemente tranquilla. Conan prese coraggio e sollevò lo sguardo, fissando Ran dritto negli occhi.

- La verità è che... È che io sono... -

Ran non seppe mai come terminò la frase, né tanto meno Conan ebbe l'opportunità di finirla: entrambi furono colpiti alle spalle e rotolarono per terra, insieme al... padre di Ran?

La ragazza si voltò indispettita verso l'uomo e lo rimproverò:

- Otou-san! Mi hai spaventato! E dove vai a quest'ora di notte?! Andrai a giocare a mahjong o a bere con alcuni amici?! -

L'uomo si alzò prontamente in piedi e si spolverò la giacca, poi si voltò verso la figlia con un sorrisetto e replicò ridacchiando:

- Eh eh eh... È LAVORO! -

Ran lo guardò con sguardo stralunato balbettando:

- Co... lavoro? Tu?! -

Kogoro lanciò una veloce occhiata verso la strada e vide un taxi in arrivo, e correndo verso quella direzione gridò frettolosamente:

- Sì! Poco fa ho ricevuto la telefonata: il mio cliente ha detto che sua figlia è stata rapita da questo uomo vestito in nero... -

Ran guardava incredula il padre mentre si allontanava, il quale con un sorriso ebete stampato in faccia aveva allungato la mano per fermare il taxi.

Conan, invece, sentì il cuore fermarsi in petto, il respiro affannato, pallido in volto: Un uomo... Vestito in nero!


Nota dell'autrice: Oooook! Questa è la mia prima nota dell'autrice, avrei voluto scriverne una prima ma... ehm... me lo scordavo sempre... In ogni caso, grazie mille a tutti coloro che hanno la pazienza di seguire questa storia, anche perché è stata scritta con l'obbiettivo di far capire ad alcune mie amiche (coff coff Stella-oneechan e Cristina-neechan coff coff) di cosa parlo ogni volta che urlo qualcosa sulla ShinRan o sulla HeiZuha... o sulla mia OTP del cuore la MiWataru (coff coff SHIP SHIP SHIP SHIP SHIP coff coff). Non credevo che l'idea di riscrivere il manga in “formato libro” avrebbe avuto tanto successo! Ringrazio moltissimo la gente che recensisce, davvero, arigatougozaimasu minna-san! Ne approfitto per scusarmi con LadySherlock per non aver ancora finito di leggere la sua stupenda fanfic, ma ho avuto qualche problemino ultimamente... un problemino chiamato “Io non ho il Wi-Fi, ma un numero di GB per ogni mese, che finisce prontamente dopo una settimana”. Ora volevo chiedere: dovrei continuare questa storia e terminarla dopo il caso del rapimento della bambina? Io continuerei con molto piacere, ma tutti quanti sappiamo che DC è... be', lungo. Potrei sempre continuare questa fanfic, ma potrebbero esserci intervalli di tempo molto lunghi tra un capitolo e l'altro (riferimenti puramente casuali al lasso di tempo di un anno scolastico), e questa storia potrebbe diventare noiosa. Ora... ci sono persone che so vogliono che questa storia continui, perché non sanno la trama originale (anche qui riferimenti puramente casuali... so che su Whatsapp arriveranno molti commenti su questa “nota dell'autrice”... mi preparo psicologicamente), ma come ho detto prima, la storia è molto lunga. Quindi: io continuerò questa storia solo per queste persone, se loro si annoiassero probabilmente smetterei di scrivere. Ma... se per caso la storia piacesse in generale (e così mi è sembrato di capire dalle recensioni) potrei sempre continuarla per amor delle persone che seguono questa storia, so come ci si sente quando una fanfic che ti piace viene lasciata brutalmente a metà. In breve (sì... “in breve”, come se io avessi il dono della sintesi) finché ci sarà qualcuno che segue questa storia, io continuerò a scriverla. Quindi grazie di nuovo a tutti quanti e ci rivediamo... al prossimo capitolo.

PS Volevo anche chiedere... e se facessi un capitolo inspirato alla puntata speciale di DC “Chiisaku Natta Meitantei”, descrivendo le scene inedite di background, tralasciando ovviamente le scene di cui ho già scritto? 

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Capitolo 7
*** Reset, un nuovo inizio da dietro le quinte ***


Un uomo... vestito di nero?!

Queste parole rimbombarono nella mente del giovane detective, il quale, leggermente pallido, non riusciva a muoversi mentre vedeva il padre di Ran salire sul taxi.

Poi si riscosse improvvisamente e afferrando selvaggiamente Ran per un braccio la trascinò gridando:

- Andiamoci anche noi, Ran-neechan! -

La ragazza ebbe il tempo di lanciargli un'occhiata interrogativa prima di essere brutalmente strattonata verso il taxi.

 

Kogoro si affrettò ad entrare in macchina dicendo all'autista:

- Portami a Yayoi, alla magione Tani, e in fretta. -

Una volta dentro l'uomo cominciò a ridacchiare tra sé e sé, mentre si ripeteva contento:

- Un caso... un caso chiama il grande detective Mori Kogoro! -

Poi una voce pungente fece scoppiare la sua piccola bolla di felicità.

- Più confuso che grande... - {I kanji per confuso e grande sono diversi, ma si pronunciano nello stesso modo}

- COSA?! -

Sconvolto si voltò, vedendo le facce scettiche di Ran e del moccioso che prima era con lui.

- Cosa ci fate qui?! -

Chiese infuriato. Ran mutò lo sguardo scettico in un'espressione carica di scuse e rispose esitante:

- Ah! Ehm... vedi, Conan-kun ha insistito tanto... -

Conan decise che era meglio recitare la parte del piccolo bambino capriccioso e infantile, e cambiando nuovamente il tono di voce gridò:

- Sììì! Una macchina! Che bella! -

Kogoro guardò infastidito il piccolo e chiese scortesemente:

- E questo marmocchio sarebbe? -

Ran lanciò uno sguardo quasi oltraggiato al padre, mentre abbracciava protettiva Conan, e replicò con lo stesso tono:

- Lui è Conan, un parente di Agasa-hakase! -

Kogoro alla fine, non trattenendosi più, urlò:

- FUORI! NON INTRALCERETE IL MIO LAVORO! -

- NON POSSIAMO USCIRE: SIAMO IN AUTOSTRADA! -

Conan non prestò ascolto al battibecco tra padre e figlia. Ripensò a come aveva visto uno dei due uomini in nero ricattare il direttore della compagnia, a come il suo collega lo aveva colto alle spalle. Si ricordò del veleno, del dolore provato mentre si rimpiccioliva, e la situazione in cui ora si trovava a causa loro.

No! Non ve la caverete! Aspettatemi pure, uomini in nero: troverò il vostro nascondiglio, mi impossesserò di quel farmaco e mi riprenderò il mio corpo. E alla fine, svelerò al mondo tutti i vostri crimini!

 

- Dunque, ricapitolando... -

Disse Kogoro dopo aver ascoltato i dettagli del caso dal suo cliente:

- La persona che è stata rapita è Akiko Tani, 10 anni. Il rapitore è un uomo robusto vestito completamente in nero. -

Il padre della bambina era un uomo dall'aria forzuta, con i capelli neri e un grosso paio di baffi dello stesso colore. Portava una giacca di color beige sopra la camicia bianca e un paio di pantaloni coordinati. Questi, estremamente preoccupato, si rivolse al detective:

- Sì, il mio maggiordomo è un testimone. -

Poi, girandosi verso un uomo magro, dai capelli e baffi bianchi con un paio di occhiali, aggiunse:

- Giusto, Aso-san? -

Quello, agitandosi, replicò:

- S-sì signore! -

Allora Kogoro si rivolse direttamente al maggiordomo e, penna e taccuino in mano, chiese:

- Nessun altro lo ha visto? -

Aso guardò il detective e, esitando un po', rispose:

- Ecco... quando tutti sono accorsi alle grida della signorina, lui era già fuggito... -

Seguì una breve pausa, in cui Kogoro s'impegnò a trascrivere le parole dell'uomo. Poi, improvvisamente, dal nulla si sentì una voce:

- Mi scusi, le dispiacerebbe descrivere più nel dettaglio il rapitore? -

Kogoro guardò costernato il piccolo Conan, che aveva imitato i suoi gesti e aveva ora in mano una penna e un taccuino su cui aveva riscritto le parole del maggiordomo. Quest'ultimo, sorpreso, chiese:

- C-chi è questo bambino?! -

Kogoro biascicò qualche scusa prima di colpire Conan sulla testa e trascinarlo via, buttandolo addosso a Ran.

- Ran, occupati del moccioso! -

Poi, voltandosi, ritornò ad interrogate il testimone.

Conan sentì Ran dirgli:

- Avanti Conan: non diturbare mio padre mentre lavora. -

- S-scusa, Ran-neechan. -

Replicò lui con aria innocente.

Ops, l'abitudine!

- Allora, non sei riuscito a vedere questo uomo in nero in faccia? -

Chiese Kogoro ad Aso, il quale abbassando lo sguardo disse:

- Ehm... no, era troppo buio... -

Conan rimase impotente ad osservare il detective mentre interrogava il testimone. Il sangue cominciò a ribollirgli nelle vene: doveva fare qualcosa per trovare quegli uomini in nero e riprendersi il suo corpo indietro a tutti i costi.

Ma ridotto com'era non poteva fare niente al momento, perciò rimase ad osservare il padre di Ran mentre questi continuava l'indagine:

- Allora, mi descriva nei dettagli ciò che è accaduto. -

Il maggiordomo annuì e rispose:

- Dopo la scuola, la signorina stava giocando con la palla proprio in questo cortile, quando improvvisamente dal nulla è uscito quell'uomo in nero. Ha minacciato la signorina con un coltello e mi ha ordinato di dire al padrone che se avesse voluto riavere di nuovo sua figlia, avrebbe dovuto chiudere la sua azienda per un mese. Ha aggiunto di non coinvolgere la polizia. -

Poi l'uomo indicò un albero presso il muro del giardino e aggiunse:

- Poi, arrampicandosi su quell'albero ha scavalcato il muro ed è scomparso. -

Kogoro si porto una mano al mento, riflettendo.

Poi, la voce del piccolo Conan interruppe le sue riflessioni.

- Mi saprebbe dire com'era la sua voce? Ha parlato a voce bassa o alta? Com'era il suo tono? -

Il maggiordomo guardò nuovamente il bambino e balbettò:

- Ehm... non era né particolarmente acuta o grave... -

Conan sollevò un sopracciglio e replicò:

- Non è molto chiaro... -

Il bambino notò la confusione nello sguardo dell'uomo... forse perché lo stava interrogando un bambino? O forse la sua non era confusione... sembrava più... ansia?

Non ebbe il tempo di registrare nient'altro di strano nel comportamento dell'unico testimone del delitto, poiché Kogoro, ormai viola dalla rabbia, gli lanciò un poderoso destro in testa, procurandogli un gigantesco bernoccolo, e lo cacciò ancora una volta.

Conan si allontanò guardando male il detective. Poi sentì l'uomo chiedere alle altre domestiche della casa:

- E voi? Non avete sentito niente? -

Un'anziana signora si portò una mano al mento e con aria pensierosa cercò di richiamare alla memoria gli eventi del pomeriggio.

- Siamo arrivati sul posto dopo circa 10 secondi dalle urla della signorina, ma quando siamo arrivate c'era solo Aso-san che chiedeva aiuto. -

Kogoro cacciò indietro la frustrazione che lo stava per sopraffare: l'unico testimone era lo stupido spilungone che non era riuscito a fornirgli molti dettagli e che ora si stava beccando una strigliata coi fiocchi dal padrone di casa.

Alla fine Kogoro si voltò verso il padre della bambina signor Tani e disse:

- Basandomi sulle richieste del rapitore, sono abbastanza sicuro di poter affermare che si tratta del lavoro di qualche compagnia rivale. -

Il signor Tani strinse i pugni, impallidendo leggermente. Poi imprecando disse:

- Quei bastardi! Prima rapiscono mia figlia, poi vogliono il denaro... -

L'attenzione di Conan fu calamitata verso il maggiordomo, il quale impallidì drasticamente alle parole del suo padrone e chiese balbettando:

- Co... Denaro?! Non ha parlato di denaro! -

Indietreggiò davanti all'occhiata carica di furia che gli venne lanciata dal padrone di casa.

- E invece sì: hanno chiamato poco fa e hanno detto che vogliono tre milioni in banconote di seconda mano. -

Ora Aso, che sembrava un fantasma, insistette:

- N-no... aveva chiesto che venisse chiusa l'azienda per un mese... ci deve essere stato un errore... -

- CHIUDI LA BOCCA! -

E con questo non gli rivolse più la parola, dedicandosi alle domande di Kogoro.

Conan, seguendo sempre le domande del detective e le risposte del signor Tani, capì che l'uomo che lo aveva contattato al telefono aveva probabilmente camuffato la voce, di conseguenza neppure lui fu in grado di dare una descrizione della voce.

Ma il comportamento del maggiordomo era quello che più attirava la sua attenzione: continuava ad impallidire e sembrava agitato. Si guardava attorno soprappensiero, come se stesse considerando di controllare qualcosa di vitale importanza.

- Mi saprebbe dire chi trarrebbe vantaggio dalla chiusura della sua ditta? -

A questa domanda il padre della bambina cominciò ad elencare alcune delle compagnie concorrenti.

Conan, prestando un orecchio alla conversazione tra i due, si avvicinò all'albero su cui era salito il rapitore. Ma non appena fu ad un metro di distanza da quello, un branco di feroci cani lo aggredì.

Spaventato, il bambino corse il più lontano possibile, fino a che le bestie non furono trattenute dai loro guinzagli. Poi Conan si bloccò, appena fuori dalla portata dei cani. Si voltò lentamente nella loro direzione... I cani... vicino all'albero... “Quando siamo arrivate c'era solo Aso-san che chiedeva aiuto”...

Conan corse velocemente verso il padre di Ran che stava ancora parlando con il suo cliente:

- Dovrò indagare su ogni ditta concorrente. -

Stava dicendo. Il bambino lo afferrò per una manica e tentò di attirare la sua attenzione, ma non appena il detective si voltò, rosso dalla rabbia gridò in faccia a Conan:

- HO DETTO DI NON ROMPERE! FUORI DAI PIEDI, MARMOCCHIO! -

Oltraggiato Conan si allontanò mentre Kogoro infuriava contro una Ran seccata, dicendole di badare “al moccioso”. Conan imprecò mentalmente contro la sua sfortuna. Mentre camminava vide distrattamente la palla per terra con cui supponeva la bambina stesse giocando quando venne rapita.

Quando ero Kudo Shinichi, la gente ascoltava tutto quello che dicevo... ma da quando mi sono rimpicciolito... maledizione!

Istintivamente Conan si ritrovò a palleggiare abilmente la palla, attirandosi, senza rendersene conto, l'attenzione di Ran.

- Wow... Sei bravissimo! Proprio come Shinichi! Anche lui palleggia quando riflette. -

Conan le rivolse uno sguardo imbarazzato e la ringraziò del complimento. Poi ritornò a riflettere sul caso, senza notare come Ran lo stesse guardando ammirata.

Questo caso... è strano. Pensò Conan. Perché il rapitore è venuto alla villa? Sarebbe stato più prudente agire per strada, mentre la bambina tornava da scuola... e rischiare di farsi vedere. Eppure al telefono camuffa la voce e chiede banconote usate, in modo estremamente razionale... ma perché? Poi, la soluzione! Cristallina come l'acqua si presentava ai suoi occhi.

- Ma certo! -

Esclamò euforico, calciando la palla, che andò a finire dritto dritto contro la testa del padre di Ran, il quale dedicò la sua migliore occhiata assassina al bambino.

Ma Conan lo ignorò, intento a seguire i movimenti del maggiordomo, il quale stava cercando di allontanarsi sperando di passare inosservato.

 

Aso-san aveva appena girato un angolo della villa, e ora si poggiava alla parete, ansimando. Chiuse gli occhi, riordinando i pensieri e cercando una soluzione alla complicazione che si era venuta a formare. Ma perché era accaduto tutto questo? O per meglio dire, come? Ma doveva andarsene, doveva controllare prima di tutto cosa era successo.

- Dove sta andando? -

La voce acuta del piccolo bambino lo colse totalmente alla sprovvista. Sussultò e indietreggiò appiattendosi alla parete, pallido in volto. Quel bambino... lo aveva interrogato anche prima, e le sue domande erano quelle che lo avevano messo più in difficoltà. Questo bambino... possibile che lui... chi diamine è questo bambino?

Decise che per il momento era più prudente ritornare indietro, per non sollevare sospetti. Anche se ormai – pensò osservando lo sguardo pungente di Conan – è troppo tardi.

 

Conan seguì i movimenti dell'uomo mentre si allontava.

È come pensavo. Il famigliare ghigno di vittoria si fece largo sul suo viso infantile, dall'espressione troppo matura per un semplice bambino di prima elementare.

Questo caso... è ormai risolto!

 

 

Nota Dell'Autrice: Salve a tutti! Forse sono un po' in ritardo ma avevo il blocco dello scrittore (e anche il blocco d'internet)... che poi la storia di per sé è gia fatta... dettagli. Spero che vi piaccia... questo capitolo mi sembra un po'... fiacco? Ho comprato il primo manga di Conan, ma quella ritardata di mia sorella ha preso poi il volume 19 perché voleva vedere la sua Ai-chan (e io non ho detto niente, perché nel volume 19 c'è anche la prima apparizione del mio amato Taru-chan... che sarebbe Takagi Wataru, intendiamoci). [ALERT SPOILER] In ogni caso... avete letto il file 999 di DC? Non so cosa stia accadendo, ma ultimamente i file escono molto più in fretta! E ovviamente Aoyama-sensei infila il file 1000 tra due pause (coff coff... con tutto il rispetto che ho per lei, Aoyama-sama... mavaffanCrono!). Vuol dire che dovremo attendere agosto per sapere cosa accadrà al nostro piccolo Shin-chan... oppure ci trasferiamo in Giappone e torturiamo Aoyama-sensei. Comunque sia... ero curiosa... cosa pensate accadrà nel file 1000? Se non ricordo male, nel file 500 c'è stata la riunione di alcuni dei membri più importanti dei MIB (da ricordare la faccia sconvolta di Conan quando si ritrova ad origliare per sbaglio metà organizzazione... pfffft). Sempre che non ricordi male, il caso che precedeva lo speciale per il file 500, era un caso stupido con un bimbo puccio che girovagava facendo il vandalo ambulante a Kir, e poi... boom! Caso MIB! Ora... sarebbe stupido se Aoyama-sensei non mettesse un po' di MIB anche nel 1000... cioè... insomma! I file dal 997-999 erano un caso stupido come quello del bimbo/vandalo, ma con un Amuro selvatico appostanto casualmente di fronte alla casa di Agasa, che casualmente è vicino alla casa di Okiya... e poi esce Kazami random... e Shinichi vuole ritornare adulto per una gita scolastica! No ok, basta: entrare nella mentalità di un giallista pervertito e altamente disturbato come Aoyama-sensei è impossibile. Spero di non aver spoilerato... non tanto... Ma mi piacerebbe sentire cosa ne pensate (so che non è un forum, dettagli). [FINE ALERT SPOILER... forse] In quanto alle mie amiche a cui non ho concesso l'anonimato... Ciao! So che voi mentre leggete questa nota non state capendo {Coscienza: coff coff non esiste il gerundio di capire coff coff} niente. In caso chiedete delucidazioni in chat privata. Un'altra cosa che vi volevo chiedere era... la storia speciale la dovrei pubblicare dopo quale file di DC in generale? Ha molti personaggi che verranno introdotti MOOOOLTO più avanti, e le mie care amiche KK e Calibano {raga... vi sto concedendo l'anonimato... solo voi sapete chi è chi} potrebbero perdersi. Ma se per loro è ok, posso ovviamente farlo subito prima di scrivere il file 6 (Il caso di Yoko-chan). Ora vi saluto, ci vediamo tutti al prossimo capitolo minna-san!

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Capitolo 8
*** Shock ***


Questo caso è ormai risolto, ma lo devo far capire a quella testa di rapa.

Pensò Conan, recuperando il pallone. Come poteva agire affinché quell'idiota di Kogoro capisse chi era il vero colpevole? Il suo sguardo si posò sull'oggetto che stringeva tra le piccole mani. Un sorrisetto malizioso incrinò lo sguardo innocente da bambino che aveva dipinto sul volto. Sollevò il pallone in aria e lo calciò nella direzione dell'albero sulla quale si presupponeva si fosse arrampicato il colpevole. Subito il rumore assordante di un branco di feroci cani abbaianti ruppe il filo di deduzioni che stava elaborando il padre di Ran, che colto alla sprovvista dall'inaspettato rumore gridò costernato:

- Che diamine succede?! -

Voltandosi vide il moccioso con le lacrime agli occhi caduto a terra dallo spavento, mentre gridava aiuto indicando le bestie che gli si erano avventate contro.

- Ancora tu?! -

Esclamò a dir poco infastidito l'uomo, che aveva oramai perso la pazienza, mentre il signor Tani cercava di calmare i cani. Conan decise che doveva agire prima che Kogoro lo uccidesse. Si allontanò in fretta dai cani, poi indicando l'albero proseguì con la sua voce da bambino spaventato:

- Mi.. mi sono avvicinato all'albero per prendere la palla e quei cani mi hanno aggredito! -

Conan vide un lampo di realizzazione attraversare lo sguardo di Kogoro.

- Vicino all'albero...? -

Sentì il detective ripetersi tra sé e sé. Conan guardò attentamente l'uomo.

Forse ci siamo...

Pensò ottimisticamente.

- Ma certo: è normale che in una villa così grande ci siano dei cani da guardia! -

Disse infine il detective. Conan per poco non pianse dalla disperazione: ohi ohi... seriamente?

Decise che era meglio tirare le fila da dietro le quinte ancora per un po':

- Questi cani abbaiano a tutti gli sconosciuti? -

Chiese il bambino al signor Tani. Quello guardando Conan annuì.

Fu allora che Kogoro capì.

Un attimo... il colpevole è salito su quest'albero, ma le domestiche hanno detto di non aver sentito niente a parte le grida di... di...

Con la coda dell'occhio vide il maggiordomo che stava tentando di allontanarsi dal giardino.

- Dove sta andando, Aso-san? -

Chiese Kogoro al maggiordomo. Quello, non appena sentì il detective chiamarlo, capì che era nei guai.

- La sua versione dei fatti è un po' strana... -

Continuò il detective avanzando verso Aso, il quale impallidiva a vista d'occhio.

- … Se il rapitore fosse salito sull'albero, i cani avrebbero fatto un pandemonio. Anche dopo la sua fuga! -

Conan guardò con approvazione il detective mentre metteva all'angolo il maggiordomo. Bravo, vai così!

- Però le domestiche non hanno sentito altro se non le sue grida. E vogliamo parlare della sua descrizione del rapitore? Nonostante dica di averlo visto, è un po' troppo vaga. -

Kogoro si fermò a meno di mezzo metro di distanza da Aso, che ora tremava incontrollabilmente.

- Non è per caso che questo uomo in nero se lo è inventato? Eh, Aso-san? O forse dovrei dire... -

Incalzò il detective, afferrando il maggiordomo per la camicia.

- … Signor rapitore! -

Lo sguardo di trionfo di Kogoro si trovava a meno di un centimetro di distanza da quello pallido e tremante del colpevole, che era appena stato incastrato.

- Aso-san... tu... -

Balbettava incredulo il signor Tani, furioso, contro il suo impiegato. Quest'ultimo cadde in ginocchio di fronte al suo padrone e gridò supplicando:

- SIGNORE MI PERDONI! LA PREGO! -

Il signor Tani guardò furibondo l'uomo in ginocchio di fronte a lui.

- Come hai osato... PERCHÉ LO HAI FATTO?! -

Aso trasalì terrorizzato sotto lo sguardo dell'uomo.

- Io... ecco... -

Non ebbe il tempo di dire di più che si ritrovò la faccia del signor Tani a un soffio di distanza dal suo mentre gridava:

- CHI TI HA CHIESTO DI FARLO?! -

Aso impallidì, se ciò era possibile, più di quando già non fosse e si affrettò a dire nervosamente:

- N-nessuno, signore! È stata t-tutta una mia i-idea. -

Kogoro si frappose tra i due e chiese in tono professionale:

- Dove hai portato la bambina? -

Aso abbassò lo sguardo e rispose miseramente:

- In un albergo, qui vicino... -

Subito fu costretto ad alzarsi in piedi dal signor Tani, il quale gli ordinò di condurlo nell'albergo citato.

Kogoro guardò compiaciuto la scena, poi scoppiò in una sonora risata replicando:

- Bene! Il caso è risolto! Andiamo a salvare la bambina! -

A quelle parole Conan sentì il sangue fluirgli dal viso. Qualcosa non tornava. C'erano alcuni dettagli che non tornavano, e Kogoro non l'aveva capito.

No! Non ancora, no! Questo caso non è...

Non fece in tempo a terminare il suo pensiero che si sentì la voce concitata di una domestica mentre si dirigeva verso il signor Tani:

- Signore! La vogliono al telefono. -

L'uomo si voltò infastidito borbottando:

- E adesso chi è? -

La domestica porse il ricevitore esitando mentre balbettava:

- Ecco... lui è... -

Non attese la risposta della donna: prese il telefono e se lo portò all'orecchio. Non fece neanche in tempo a chiedere chi fosse che sentì una voce camuffata dire minacciosamente:

- Allora, sono pronti i trecento milioni? -

Il signor Tani non rispose subito. Ci volle un secondo intero perché la sua mente riconoscesse la voce e metabolizzasse il contenuto del messaggio. Poi impallidendo gridò:

- Ma... MA CHI DIAMINE SEI TU?! -

Aso per poco non svenne, Kogoro e Ran, che era rimasta in disparte a guardare per tutto il tempo, fissavano scioccati il telefono come se provenisse da un altro pianeta.

Conan osservava apprensivo la scena, mentre il peggiore dei scenari che aveva immaginato si era appena realizzato senza che lui potesse fare niente per impedirlo. 

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Capitolo 9
*** La sesta ciminiera ***


- CHI DIAMINE SEI TU?! COSA VUOI DA ME?! -

Chiese incredulo il signor Tani, non volendo credere a ciò che stava ascoltando.

 

Una figura era celata nell'oscurità di un magazzino, portava un giubbotto e un cappello. Teneva il cellulare in mano, con il dispositivo per camuffare la voce. Sghignazzò quando percepì la paura nella voce dell'uomo sull'altro lato del telefono.

- Non mi riconosci? Non ci siamo già parlati? -

Chiese divertito. Poi, per scacciare ogni ombra di dubbiò chiarì:

- Sono quello che ha rapito tua figlia. -

 

Il signor Tani rabbrividì. Lanciò uno sguardo disperato verso il suo maggiordomo.

- Sciocchezze... il rapitore è già stato... -

Balbettò, cercando disperatamente di convincersi che quello era un orribile incubo. Kogoro si voltò furibondo verso Aso e chiese in tono minaccioso:

- Allora avevi dei complici! -

L'accusato sbiancò nuovamente e balbettò:

- No! La signorina l'ho rapita io da solo! Credetemi! -

Conan osservò attentamente la scena: Aso quasi supplicava affinché il detective e il suo padrone gli credessero.

No.... non sta mentendo: qualcuno che si fa smascherare così facilmente non può avere dei complici. Questo significa che... dopo il primo rapimento... la bambina è stata portata via una seconda volta, da qualcuno di molto più pericoloso.

- PAPÀ AIUTAMI! -

Sentirono tutti una bambina gridare dall'altro lato del telefono. Il signor Tani s'irrigidì, udendo con le proprie orecchie la prova concreta del fatto che sua figlia era in pericolo.

- A-Akiko... -

Sussurrò. Doveva trovarla. Doveva salvarla. Ma la sua mente sembrava andare a rilento, di fronte all'orrore che si trovava ad affrontare.

- Ah ah ah, io non sono molto paziente: se non prepari in fretta i soldi, la piccola muore. -

Sentenziò il rapitore ridacchiando.

- NO! ASPETTA! -

Gridò il signor Tani con tutto il fiato che aveva in gola. Poi continuò con tono disperato:

- Avrai i tuoi soldi, ma non fare del male a mia figlia! -

Kogoro si avvicinò al suo cliente e sussurrò:

- Cerchi di prolungare la conversazione e di capire dove si trova il rapitore. -

Il signor Tani si voltò verso Kogoro con espressione confusa, non comprendendo cosa l'uomo gli stesse chiedendo. Era forse impazzito? Quel bastardo voleva uccidere sua figlia?!

- Capire dove si trova... ? -

Ripeté incredulo.

 

L'uomo sorrise protetto dall'ombra, tutto stava andando come programmato. Per lo meno fino a che non sentì la voce del signor Tani dire:

- Capire dove si trova... ? -

Fu allora che capì che molto probabilmente c'era qualcuno con lui.

- CHI C'È LÌ CON TE? NON SARÀ LA POLIZIA, SPERO! -

Nessuno rispose. Decise di calmarsi, dopotutto era in vantaggio: aveva con sé la bambina come ostaggio e loro non sapevano dove si trovavano.

- Papà! Sono nel magazzino di una scuola! -

il rapitore impallidì vedendo la bambina vicino al suo cellulare, mentre gridava disperatamente preziose informazioni che avrebbero potuto mandare all'aria il piano.

 

Il signor Tani sentì il terrore scorrergli nelle vene e mozzargli il fiato, mentre sua figlia continuava a parlare:

- Dalla finestra si vede una grossa ciminie... AHHHH! -

- AKIKO! -

Gridò l'uomo, sperando che la sua bambina rispondesse. Invece l'unica voce che sentì era quella del suo aguzzino:

- Ti richiamo tra un po'. Tu prepara il denaro. -

- AKIKOOOO! -

Gridò di nuovo il signor Tani, ma l'uomo aveva riattaccato.

 

L'uomo terminò la chiamata. Si voltò verso la bambina, ora priva di sensi, ai suoi piedi.

- Tu finisci male, mocciosa! -

Disse in tono intimidatorio quando vide la bambina riprendere i sensi. A causa sua il suo piano rischiava di fallire. Ma non poteva ucciderla. Non ancora: serviva viva, fino a ché non fosse stato sicuro che suo padre avesse pagato il riscatto. Dopo poteva anche farla fuori.

 

- Quindi ha detto di trovarsi nel magazzino di una scuola, da cui può vedere una grossa ciminiera? -

Chiese Kogoro al padre della bambina. Quello confermò. Conan sentì il detective mentre rifletteva:

- È troppo piccola per capire di che scuola si tratta, potrebbe essere troppo lontano. -

La mente di Conan, nel frattempo, andava a mille:

È un guaio: il rapitore sa che rischia di essere scovato. Se non troviamo la bambina in fretta...

Conan scosse la testa, non voleva pensare al peggio. Per ora la bambina serviva viva. Fino a che la trattativa non si concludeva, non avrebbe rischiato la vita della piccola.

Lo sguardo del piccolo detective si posò sui cani che prima lo avevano aggredito, ora tranquilli. Poi un'idea attraversò la sua mente. Non aveva tempo per pensare: doveva agire.

Mentre il signor Tani afferrava il povero Aso per il davanti della camicia e lo strattonava senza tante cerimonie intimandogli di dire dove fosse il suo complice, Ran sentì dei passi allontanarsi verso il cancello della villa.

- CONAN! -

Gridò quando vide il bambino cavalcare... uno dei cani da guardia (?!) e dirigersi verso la strada.

- Lascialo perdere. -

Disse Kogoro alla figlia, la quale osservò apprensiva il bambino allontanarsi, ormai era troppo lontano per raggiungerlo.

 

Il cane correva con tutto il fiato che aveva in corpo, sopra di esso Conan cercava di limitare l'area di ricerca su cui agire.

Il rapitore deve essere qui vicino: non è passato molto tempo dal momento del rapimento e con la bambina appresso non è facile allontanarsi.

Il cane svoltò l'ennesimo angolo sotto la guida del piccolo detective, che continuava a riflettere.

La ciminiera può essere di una fabbrica o di un bagno pubblico... Qui vicino ci sono solo cinque scuole da cui si vede una ciminiera.

Conan esortò il cane ad andare più veloce.

 

- Accidenti... questa mocciosa dalla lingua lunga... -

Si disse il rapitore lanciando uno sguardo alla bambina ai suoi piedi con mani e piedi legati e un nastro adesivo che le tappava quella sua bocca larga. Ripensò a quello che aveva detto prima... effettivamente poteva essere un problema, ma la piccola non si era accorta di un dettaglio. Sorrise tra sé e sé, non c'era nulla di cui preoccuparsi. Nessuno lo avrebbe trovato, lì.

 

Conan si passò una mano sulla fronte asciugandosi il sudore, anche il cane di cui si era servito era affannato e terribilmente stanco.

Maledizione! Non è in nessuna di queste scuole... da nessun'altra si vede una ciminiera... forse non è così vicino come pensavo...

Poi il suo sguardo fu catturato dall'imponente figura del Grand Hotel di Tokyo. Un idea lampeggiò nella sua mente.

Un momento...

Conan balzò nuovamente sull'animale e lo esortò a continuare a muoversi.

E se invece...

Quando furono nella giusta posizione frenò il cane. Ora vedeva il profilo del Grand Hotel, che da quel punto di vista sembrava... una ciminiera! Quindi la bambina non aveva visto una ciminiera, ma il profilo dell'edificio! Una mappa sfrecciava nella mente del piccolo detective, mentre cercava di capire dove poteva essere tenuta prigioniera la bambina.

Vediamo... la scuola da cui questo palazzo si vede da questa angolatura è... è la scuola media Futatsubashi!

Nuovamente esortò il cane a correre, sapendo che questa volta avrebbe trovato il colpevole.

 

- Hai capito? I soldi li posi su una panchina del parco Hyakujii. E ricorda: se vedo un solo poliziotto, la bambina muore. -

Ce l'aveva fatta. Il piano non era stato rovinato dalla mocciosa. Sentì la voce preoccupata del padre mentre chiedeva:

- A-Akiko sta bene? -

Il rapitore sorrise.

- Certo, appena mi darai i soldi lo vedrai da te. -

- Ti prego, fammi parlare con lei. -

L'uomo lo ignorò e terminò la telefonata. Vide la bambina ai suoi piedi. Indossava una pelliccia che la teneva al caldo dalle intemperie, i capelli biondi erano legati in due codini. Il suo era il viso di una bambina gioviale, abituata alle risate, ma in quel momento mostrava solo paura e terrore, mentre le lacrime le rigavano il volto.

Il sorriso dell'uomo si ampliò mentre diceva:

- Con questo, l'affare è concluso. Tu non servi più. -

Prese un pugnale e, tenendo la guaina tra i denti, sfilò la lunga lama che lanciava inquietanti bagliori nel buio.

- Mi dispiace, ma devi morire. -

Sentenziò, con immenso orrore della piccola. Il viso dell'uomo non denotava alcuna traccia di rimorso, mentre continuava:

- Purtroppo mi hai visto in faccia... -

Poi sentì una voce gridare:

- ASPETTA! -

Il rapitore spalancò gli occhi incredulo. No, non era possibile! Si voltò... non c'era nessuno. La voce proveniva dalla porta del magazzino, la quale era socchiusa. Forse qualcuno si nascondeva lì dietro?

- Chi è? Dove sei? -

Chiese spiando dalla fessura della porta. Ma non vide nessuno. Poi nuovamente la voce lo prese alla sprovvista:

- Sono qui! -

L'uomo abbassò sconcertato gli occhi e vide... un bambino?! Non fece in tempo ad agire che il grosso mastino che era con lui gli si avventò contro, mandandolo con le gambe all'aria.

Conan si avvicinò alla bambina, che lo fissava stupita.

- È tutto finito. -

Disse togliendo il nastro adesivo dalla sua bocca, che le impediva di parlare.

- T-tu... chi sei? -

Chiese esitante la piccola, ancora con le lacrime agli occhi, mentre osservava con ammirazione il bambino che le aveva appena salvato al vita.

- Io sono Kudo Shin... ehm.. cioè... -

Guardò imbarazzato la piccola che lo fissava con aria interrogativa, attendendo che rispondesse alla sua domanda. Conan si schiarì la gola e disse infine:

- Edogawa Conan, tantei-san. -

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Capitolo 10
*** L'altro colpevole ***


Akiko fissò per un attimo il suo salvatore.

- Tantei...san? -

Ripeté continuando a guardarlo. Poi uno strano suono colse entrambi i bambini di sorpresa. Si voltarono e videro il cane che aveva prima attaccato il rapitore a terra sanguinante.

- Ju-Jumbo?! -

Lo chiamò la piccola con le lacrime agli occhi. La povera bestia rispose uggiolando. Conan sentì un brivido percorrergli la schiena. Poi capì il perché: il rapitore era in piedi, con una mazza da baseball in mano, mentre lo fissava con sguardo omicida.

- Cosa credi di fare, moccioso? -

Chiese prima di lanciare un fendente contro il bambino. Conan lo schivò agilmente, poi contrattaccò balzando in aria tirandogli un calcio. Purtroppo la differenza di forza fisica tra il piccolo bambino e il rapitore era troppo grande: l'uomo afferro Conan per la caviglia e lo scaraventò verso uno dei carrelli con dentro i palloni da calcio. Gemendo dal dolore il detective imprecò mentalmente.

Ahia... ridotto così non ho più la stessa forza di prima.

Si dette una veloce occhiata attorno, cercando di trovare qualcosa, qualunque cosa, per mettere fuori gioco il rapitore.

- Ah ah ah, non so da dove salti fuori, ma ucciderò anche te. -

Disse ridacchiando l'uomo divertito alla vista del bambino che cercava di fare l'eroe... Stupido.

Conan si voltò verso il rapitore... poi lanciò un altro sguardo verso i palloni da calcio a terra, mentre un'idea si formava nella sua mente.

Proviamo così... PRENDI QUESTO!

Pensò mentre calciava con tutto il fiato che aveva in corpo uno dei palloni nella direzione dell'aguzzino.

Ma neppure quello funzionò: il lancio era troppo debole, e l'uomo parò facilmente il tiro con una sola mano, mentre il suo malvagio sorriso si ampliava. Ridacchiò divertito... Conan ce la stava mettendo tutta ma, rimpicciolito, anche trovando il colpevole, non poteva fare niente contro di lui. L'uomo si lanciò nuovamente contro Conan cercando di colpirlo con la mazza di metallo. Saltando Conan riuscì ad evitare due fendenti ed un affondo, ma quando l'uomo lo colse alla sprovvista con una finta fu colpito in faccia. Il colpo lo fece volare di quasi un metro, facendolo schiantare per terra.

- CONAN! -

Gridò disperatamente Akiko, che legata com'era, non poteva aiutare il bambino che le aveva salvato la vita. Il rapitore la ignorò dirigendosi verso il detective. Conan guardò impotente l'uomo che si avvicinava mentre con il dorso della mano si asciugava un rivolo di sangue che usciva dalla bocca. Era ancora stordito a causa della precedente aggressione, così non fu in grado di reagire in tempo quando l'uomo lo colpì al viso una seconda e una terza volta. Conan si allontanò fino a quando non si trovò con le spalle al muro. Il rapitore sorrideva.

- Farne fuori uno o due non farà la differenza... -

Si disse tra sé e sé mentre ammirava il suo operato: il bambino respirava a fatica, in trappola, mentre attendeva impotente il colpo di grazia. Lo aggredì nuovamente, colpendolo alla testa, poi abbassò la mazza verso il suo braccio destro per continuare con un affondo verso lo stomaco che gli mozzò il fiato e lo fece cadere in ginocchio. Il bambino era molto più resistente di quanto avesse creduto, ma questo non faceva altro che alimentare la potenza dei suoi colpi.

- CO-CONAAAAN! -

Gridò nuovamente Akiko mentre osservava terrorizzata il bambino mentre veniva picchiato da quello spregevole malvivente. Si voltò disperata verso il suo cane, per chiedergli di aiutare Conan, ma quello era scomparso, non si vedeva più da nessuna parte.

Dove sei andato, proprio ora, Jumbo?!

Si chiese la piccola con le lacrime agli occhi.

Conan sentì le ossa del suo corpo produrre un orribile rumore mentre veniva schiantato contro il muro. Vedeva a mala pena l'uomo di fronte a lui, il sangue che fuoriusciva da una ferita alla testa e lo stordimento gli impedivano di focalizzarsi sull'aggressore.

È tutto inutile... non posso... fare niente...

Pensò con quel poco di lucidità che gli era rimasta.

- Adesso basta giocare. -

Sentì il rapitore dire mentre si avvicinava. I suoi passi erano attutiti alle orecchie del bambino, che li percepiva come i lenti ticchettii di un orologio.

TICK TACK, TICK TACK.

Era il suono della morte che si avvicinava.

L'uomo, con uno sguardo maniacale sul volto, sollevò la mazza e gridò:

- CREPA! -

Poi l'abbassò con tutto la forza che aveva in corpo sulla piccola e debole figura di Conan, mentre Akiko gridava disperata.

È finita!

 

Ran era preoccupata per Conan: era scomparso poco prima con uno dei cani da guardia del signor Tani, e non era ancora tornato. Lanciò apprensiva un'occhiata verso suo padre, il quale continuava a parlare con il suo cliente. Il signor Tani era sul punto di avere un crollo emotivo, infatti aveva fatto come gli era stato ordinato dal rapitore, ma non aveva ancora notizie di sua figlia. Poi tutti sentirono un uggiolio. Ran si voltò e vide uno dei cani da guardia, sporco e impolverato, avanzare verso di loro con una scarpa rosa in bocca. Subito il signor Tani riconobbe la scarpa:

- Quella... quella scarpa è di Akiko! -

In men che non si dica Ran, Kogoro, il signor Tani e anche Aso si lanciarono all'inseguimento del mastino, che li stava guidando verso Akiko. Si fermarono di fronte alla scuola Futatsubashi.

 

Conan chiuse istintivamente gli occhi. Il suo cuore andava a mille... sarebbe morto così, alla fine? Sotto una falsa identità, senza aver mai confessato a Ran ciò che provava? Non avrebbe mai saputo chi erano quegli uomini in nero, nessuno avrebbe vendicato la sua morte. Era la fine.

THUMP

Il colpo di grazia non arrivò mai. Conan spalancò sorpreso gli occhi. La sua sorpresa crebbe vedendo... RA-RAN?!

La ragazza in posizione di difesa, aveva bloccato l'ascesa della mazza con una mossa di karate. Ran guardò freddamente il rapitore, sbiancato di fronte all'inaspettata apparizione. La karateka non perse tempo e con un grido lanciò un calcio verso la mascella dell'uomo, per poi colpirlo ripetutamente allo stomaco. Lui non riuscì a reagire in tempo. Si piegò sputando sangue, ma le sue ginocchia non fecero in tempo a toccare terra che Ran, balzando in aria e girando su se stessa per aumentare la potenza di tiro, colpì l'uomo in faccia con un calcio. Si udì un orribile krack mentre tre denti rotolavano per terra, vicino al corpo privo di sensi del malvivente. Conan osservò incredulo Ran mentre atterrava con grazia per terra.

Che... che forza...

Pensò.

Kogoro spalancò la porta e chiese a sua figlia:

- Ran! La bambina sta bene? -

La ragazza si era già inginocchiata di fianco alla piccola e la stava slegando. Si voltò verso suo padre e disse:

- Si, sono arrivata appena in tempo... però... -

Liberata Akiko, si voltò verso Conan, visibilmente preoccupata per le condizioni del bambino.

- Però Conan... -

Lui cercò di tranquillizzarla replicando:

- Non è niente... sto bene... piuttosto: come ci avete trovato? -

Ran s'inginocchiò al fianco di Conan e gli passò preoccupata la mano tra i suoi capelli corvini, facendo attenzione a non toccare la ferita. La ragazza cominciò a guardarsi attorno alla ricerca di un kit di pronto soccorso mentre raccontava come Jumbo li avesse guidati fino all'edificio. Conan osservò la piccola Akiko abbracciare e ringraziare il bestione.

La porta fu spalancata una terza volta e nella stanza si catapultarono il padre della bambina e il signor Aso.

- AKIKO! -

Gridò il signor Tani vedendo sua figlia sana e salva. Lei con le lacrime agli occhi si gettò tra le braccia del padre, mentre lui cercava di rincuorarla, dicendole che ora era tutto a posto e sarebbe stata bene.

Il maggiordomo, commosso dalla scena, disse sospirando di sollievo:

- S-signorina... grazie al cielo è salva. -

Kogoro si era inginocchiato di fianco al criminale e lo stava legando con una corda. Non appena sentì le parole di Aso lo guardò scettico replicando:

- Che diamine sta dicendo? Lei e il suo complice ora siete nei guai. -

Il rapitore, che aveva ripreso i sensi, guardò confuso il detective e rispose:

- Complice? Quale complice? Io ho trovato la bambina in un hotel. Non ho complici. -

Tutti impallidirono non appena sentirono quelle parole. Kogoro prese l'uomo per il davanti della maglia e gli chiese incredulo:

- Vuol forse dire che hai rapito la bambina dal luogo in cui era tenuta prigioniera? -

Il rapitore si lasciò sfuggire una risatina mentre replicava:

- Tenuta prigioniera? Ma non farmi ridere: la mocciosa stava tranquillamente mangiando al ristorante dell'hotel da sola... -

Kogoro si portò una mano al mento, mentre pensando ad alta voce espresse ciò che probabilmente anche il signor Tani stava pensando:

- Ma allora... il primo rapimento... -

Conan non poté fare a meno di sorridere internamente:

Allora era proprio come avevo pensato. Il primo rapimento in realtà...

La trillante voce di Akiko spezzò come per incanto il silenzio formatosi.

- Otou-san, ti devo confessare una cosa... -

Ma subito Aso, bianco come un fantasma, cercò di intromettersi:

- No! Signorina, per favore, non deve... -

Non riuscì a terminare la frase: il signor Tani afferrò bruscamente l'uomo e con sguardo minaccioso ordinò:

- Sei ancora qui? Sparisci immediatamente dalla mia vista, o io... -

- NO OTOU-SAN! ASO NON HA FATTO NIENTE DI MALE! -

Si frappose la piccola. Aso tentò nuovamente di fermarla, ma lei continuò imperterrita. Si sentiva in colpa: tutto ciò che era accaduto era colpa sua, e non voleva che ci andasse di mezzo un innocente. Troppi avevano sofferto a causa sua.

- La colpa e soltanto mia! -

Il signor Tani fissò incredulo sua figlia, sbarrando gli occhi.

- Il piano di questo rapimento... l'ho architettato io! -

Il padre della piccola rimase a bocca aperta, Ran e Kogoro impallidirono sentendo le parole di Akiko. Conan si limitò a guardare la bambina con sguardo triste. Dopotutto se aveva fatto tutto ciò era perché:

- Da quando kaa-san è morta, tu pensi solo al lavoro e non stai mai con me... mi sentivo così sola. E allora, ho pensato che se avessi chiuso la ditta, avresti passato più tempo con me. Ho chiesto ad Aso-san di aiutarmi a fingere il rapimento. Lui non era d'accordo, ma io ho insistito! Quindi è tutta colpa mia! Se vuoi arrabbiarti con qualcuno... fallo con me, otou-san! -

La bambina stinse i pugni, con le lacrime agli occhi, guardava suo padre attendendo il suo verdetto.

Conan sentì Kogoro borbottare:

- Quindi il primo rapimento... era solo simulato... -

Nessuno fiatò. Passò quasi un intero minuto prima che il signor Tani parlasse. Rabbuiandosi la sua voce scura riecheggiò nel silente magazzino.

- Aso-san... dopo un'attenta riflessione ho deciso che, anche se è stata un'idea di Akiko quella del rapimento, ciò che hai fatto è imperdonabile. -

Il solo tono di voce era la sentenza di cui tutti avevano bisogno. Akiko abbassò lo sguardo, con le lacrime agli occhi. Kogoro, Ran e Conan rimasero ad osservare la scena, come spettatori. Aso volse gli occhi a terra e sussurrò un flebile , ammettendo la sua colpa. Il signor Tani continuò:

- Come punizione... – si voltò verso Aso e la figlia – Come punizione devi organizzare immediatamente un viaggio da una settimana. Partenza: domani! Destinazione: Australia, come voleva mia figlia! -

Guardò sorridendo la piccola che lo guardava incredula, gli occhi di Aso brillavano di allegria

- A partire... saremo io e Akiko, ovviamente! -

- OTOU-SAN! -

Gridò felice la bambina.

- SIGNORE! -

Le fece eco il maggiordomo, grato al suo padrone.

Poi la faccia del signor Tani diventò improvvisamente seria: aggrottò la fronte e si portò una mano al mento mentre borbottava tra sé e sé:

- No, aspettate: questa settimana c'è la riunione amministrativa... e la prossima la riunione generale degli azionisti... e quella dopo... -

- Otou-san?! -

Disse Akiko con tono scettico.

- Signore? -

Ripeté con aria seccata il maggiordomo.

Il signor Tani si porto una mano davanti a sé, come per proteggersi dall'aria accusativa dei due di fronte a lui.

Grattandosi imbarazzato la nuca replicò in tono di scuse:

- Be'... prima o poi... eh eh eh... -

L'aria tesa che si poteva tagliare con un coltello era stata sostituita da una più tranquilla. Kogoro esclamò contento:

- Comunque: tutto è finito bene! -

Rivolgendosi a lui il signor Tani replicò:

- Ha avuto davvero un'ottima idea ad utilizzare Jumbo per cercare mia figlia. -

Ovviamente Kogoro non pensò due volte prima di accettare i complimenti. Ran aveva trovato un kit di pronto soccorso e ora si stava occupando delle ferite di Conan. Quest'ultimo stava guardando male Kogoro, che si stava prendendo il merito per il lavoro che invece aveva fatto lui!

Sono io che ho preso il cane per trovare più velocemente la bambina. E questo caso l'ho risolto io: Kudo Shinichi! Anche se tu, testa di rapa credi che...

Non riuscì a terminare il suo pensiero che Kogoro scoppiando in una grassa risata replicò modestamente:

- AH AH AH! Tutto frutto della mia esperienza!! -

Conan strinse i denti mentre tentava di tener sotto controllo la furia omicida.

 

Una volta fuori dall'edificio, il signor Tani, tenendo un braccio attorno alle spalle della sua bambina, ringraziò il detective, promettendogli un lauto compenso, con immensa gioia di Kogoro. Quest'ultimo si stava strofinando compiaciuto le mani sotto lo sguardo annoiato di Conan. Akiko si voltò verso il suo salvatore e con un ampio sorriso disse guardandolo dritto negli occhi:

- Grazie mille, tantei-san! -

Conan restò per un attimo sorpreso. La gratitudine negli occhi della bambina, così come per la sua ammirazione erano sconfinati. Non poté fare a meno di sorridere. Dopotutto, essere un detective non voleva dire mettere in mostra la propria intelligenza per vantarsene, ma voleva dire consegnare alla giustizia coloro che hanno commesso un crimine, permettere ai malvagi di riflettere su i loro errori e di redimersi, per poi diventare persone migliori.

- T-tantei-san? -

La sua catena di pensieri fu interrotta dalla voce curiosa di Ran, la quale aveva seguito lo scambio di battute e di sguardi tra i due, e non riuscì a trattenersi dal guardare con aria interrogativa Conan. Quest'ultimo, comprendendo di essere in zona rossa, s'inventò in fretta e furia una scusa:

- Cosa? Io? Noooo... stava parlando di tuo padre! -

E così dicendo indicò l'uomo, che non aveva ancora smesso di ridere e vantarsi del suo invidiabile operato.

 

Il sole stava sorgendo definendo lo skyline di Tokyo. Kogoro, Ran e Conan, dopo una lunga e stancante giornata (....e serata) erano sul taxi, sulla strada di ritorno verso casa.

- Oggi è stata una giornata fantastica! -

Esclamò Kogoro, felice dell'incarico appena compiuto. Conan lo guardò con la coda dell'occhio pensando penosamente:

Sì, come no: mi hanno avvelenato facendomi rimpicciolire di dieci anni e poi mi hanno picchiato con una mazza da baseball... meglio di così non si poteva...

Notando il buon umore del padre, Ran decise che era il momento per fare una richiesta al padre e si affrettò a chiedere:

- Allora, a proposito di Conan? -

Il viso dell'uomo si rabbuiò mentre lanciava l'ennesima occhiataccia al bambino, ora ricoperto di cerotti e fasciature. Conan rise nervosamente sotto lo sguardo minaccioso dell'uomo. Poi il volto di Kogoro si illuminò e dando delle leggere pacche sulle spalle al bambino, facendogli quasi sputare il cuore, rispose:

- Ma sì, certo! Non so perché, ma da quando c'è lui il lavoro gira bene! Può restare quanto vuole! -

E così dicendo scoppiò nuovamente a ridere.

Conan tirò un sospiro di sollievo, ora poteva utilizzare il suo ufficio da detective per ottenere informazioni sugli uomini in nero.

Però non posso andare avanti così: ho trovato quel criminale ma... alla fine non ho potuto fare niente per fermarlo.

Pensò miseramente il bambino.

Anzi, sono stato salvato da una ragazza! È davvero una situazione frustrante... una soluzione, ho bisogno di una soluzione.



Nota dell'Autrice: Gomen'nasai minna-san! È da un secolo che non pubblico! Eccovi il capitolo che termina il caso del rapimento della bambina. Spero che la storia continui a piacere. Se volete fare siete liberi di farle, grazie mille a chi recensisce, grazie soprattutto a ShinRanAmore che ha la pazienza di farlo ad ogni capitolo! Davvero, mi fa molto piacere! Grazie anche Calibano che mi ha aiutato in una fase critica della stesura di questo capitolo. Dopo questo capitolo che ha terminato quello che io chiamo “l'arco narrativo del rimpicciolimento” inizierò “l'arco special” (non ho voglia di mettere sempre la parola narrativo). Questo si base sull'episodio speciale che riprende i capitoli che ho letto, ma in modo più dettagliato. Ho visto 394 volte per capire come adattarlo alla storia, poiché alcune scene sono discordanti con il manga. Ora io armeggerò magistralmente con l'arte della scrittura (= mi inventerò qualcosa sperando che abbia un senso) per far sì che fili tutto liscio. Poi riprenderò con la storia Canon del manga e terminerò questa storia con il caso di Yoko Okino. Infatti avevo intenzione di scrivere un “libro” per ogni manga... sì, esatto: scriverò 94 storie basate sul manga... finché ovviamente a Calibano e KK garba. Ora mi dileguo e continuo a scrivere... dopo i compiti... *Piange chiedendo disperatamente aiuto* Bene allora ci vediamo con lo special!

 

 

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Capitolo 11
*** Special - Ouverture ***


I suoi passi rimbombavano nel corridoio fiocamente illuminato sotto le scarpe a tacchi color cuoio, il pavimento da poco lucidato rifletteva la sagoma della giovane donna dai capelli rossicci ramati. Indossava un paio di jeans grigi e una maglia viola, sopra la quale portava un lungo giubbotto blu.

Attraverso l'apposito scanner di fianco alla porta blindata davanti alla quale si era fermata fece passare una tessera. Sulla parete di fianco un pannello si spostò rivelando un piccolo computer, il monitor incorporato nel muro stesso. Le esili dita della donna si mossero sulla piccola tastiera digitando una password, poi spostò automaticamente la mano sul monitor touch del dispositivo, attendendo che il sistema riconoscesse le sue impronte digitali. La porta si aprì, e non appena lei entrò nella stanza le luci si accesero automaticamente. Accanto alla porta vi era un attaccapanni di legno, dove la ragazza poggiò il suo giubbotto blu per sostituirlo con la sua camicia da laboratorio. Si avvicinò verso la scrivania, situato sul lato opposto della stanza, e accese il computer, poi si diresse verso la mini-cucina sulla parete di fianco e si preparò un caffè. Quando fu pronta la sua calda bevanda, prese tra le mani la tazza, soffiandoci sopra per raffreddarla, e si sedette alla scrivania. Dopo aver bevuto un sorso ristoratore dell'amaro liquido, si concentrò sul computer. Le sue mani si mossero esperte sulla tastiera, finché sul monitor apparve l'immagine registrata da una telecamera. La scienziata osservò il piccolo roditore steso a terra esanime e senza vita. Rimase per un momento a fissare il topolino... lei amava gli animali.

Un altro sorso di caffè.

Schiacciando il tasto invio sulla tastiera l'immagine sul monitor venne rimpiazzata da quella di un altro topo, un'altra telecamera. Anche questo soggetto era morto.

Cambiò nuovamente telecamera, un altro topo morto. Un'altra telecamera, un altro topo morto; un'altra telecamera, un altro topo... continuò così per qualche minuto, finché...

Spalancò incredula gli occhi, fissando lo schermo del computer: la telecamera mostrava l'ennesimo soggetto su cui aveva sperimentato, ma questo si muoveva... questo era sopravvissuto. Sentì un brivido percorrerle la schiena... il topo... era rimpicciolito? Cosa voleva dire? Perché non era morto? I suoi occhi acqua mare fissarono per qualche attimo il piccolo topo che girovagava nella gabbia... non era solo vivo... era ringiovanito! Tentò di restare calma mentre apriva contemporaneamente tutte le altre telecamere per controllare gli altri roditori. La scena che le si presentò era sconvolgente: tutte le cavie erano ora in vita, ma non erano più topi adulti, ma piccoli bianchi cuccioli. Rimase ad osservare gli animaletti per qualche attimo, riflettendo su cosa avrebbe dovuto fare.

Presa la sua decisione, allungò la mano sinistra verso il telefono vicino al computer e schiacciando il tasto dell'ultima chiamata si portò il ricevitore all'orecchio.

- Pronto... sono io. Potresti venire qui?... Sì... laboratorio 4... ti mostrerò qualcosa d'interessante... sì. -

Sorridendo chiuse la chiamata e lanciò un'altra occhiata ai topolini. Sospirò... Non si aspettava che sopravvivessero: la faccenda si stava facendo interessante. Cosa volevano veramente loro da lei? Forse... era stato tutto programmato? I dati che le avevano dato su cui lavorare, dovevano forse portare a questo? Guardò la foto poco lontana dal telefono che aveva appena usato: era un'immagine di qualche anno fa di lei e sua sorella. Lei con i suoi capelli rossicci e gli occhi acqua mare dal tipico taglio giapponese, ma i suoi tratti somatici tradivano l'origine inglese. Sua sorella di fianco a lei, sorridente, i lunghi capelli marroni sciolti sulle spalle, gli occhi azzurro chiaro.

La giovane scienziata si appoggiò contro lo schienale della sedia girevole in pelle, portandosi una mano alla fronte.


Nel nuovo acquario di Beika un omicidio aveva disturbato la tranquillità dei clienti, che erano andati lì solo per vedere la nuova vasca degli squali. Proprio di fronte a quella vasca giaceva il cadavere di un uomo.

- Odore? -

Chiese una giovane ragazza sui sedici anni al suo amico, il quale stava studiando attentamente il cadavere del deceduto.

- Che dici, Shinichi? Non c'era nessun odore. -

Quello continuando a guardare il corpo disse:

- Come gli squali. -

La ragazza che era con lui lo guardò confusa. Il viso di lui era leggermente adombrato, mentre la grande vasca alle sue spalle lanciava inquietanti sfumature bluastre sul suo volto.

- Segue l'odore del sangue per raggiungere la scena del crimine, usa tutti i sensi per dare la caccia al criminale. -

Shinichi si alzò dando le spalle alla sua amica.

- Poi lo tiene stretto tra i denti affilati delle prove. -

Shinichi poggiò una mano sul vetro della vasca.

- Fino a quando non crolla. Capisci, Ran? -

Poi girò la testa verso di lei, e con un gentile sorriso concluse:

- Ecco cos'è un detective. -

Alle spalle del giovane investigatore, uno squalo fece la sua comparsa, come per sottolineare la sua affermazione.


Era scesa la notte. Il cielo si era rannuvolato. Un uomo correva sotto la pioggia, con un semplice impermeabile azzurro sopra il maglione di lana, vicino alla zona portuale. Si diresse verso l'unico pub aperto a quella tarda ora della notte, il Black Widow. L'uomo entrò nel locale sospirando sollevato una volta dentro: era bagnato fradicio, ma almeno lì c'era un accogliente tepore.

- Che pioggia! Oggi il meteo ha proprio sbagliato! -

Esclamò chiudendo la porta. Si avvicinò al banco del pub e disse al barista:

- Prendo lo stesso del signore qui. -

E con un cenno del capo indicò l'unico occupante del locale: un uomo robusto vestito con un cappotto e un cappello dello stesso colore, nero. Nonostante fosse notte e fuori stesse piovendo indossava un paio di occhiali da sole... come faceva sempre, d'altronde. Il Barista annuì e si allontanò dai due clienti, mettendosi al lavoro per preparare il cocktail. Il nuovo arrivato si sedette a sinistra dell'uomo vestito in nero. Questi non gli rivolse neppure un'occhiata, ma tamburellò un paio di volte con l'indice della mano destra sul banco, verso il signore dall'impermeabile azzurro. Quest'ultimo, riconoscendo il segnale, mise una mano dentro la giacca e da una tasca interna tirò fuori una busta bianca. La poggiò sul tavolo e la passò all'uomo in nero, che prese la busta e se la mise nella sua di tasca interna, nel cappotto.

- Sei sicuro di non voler controllare? -

Chiese tranquillo l'uomo con l'impermeabile. L'uomo in nero replicò:

- Se fossero false, pagheresti con la vita. -

Così dicendo prese anch'egli una busta, questa volta gialla, e la passò all'uomo con l'impermeabile.

- Be', io controllo lo stesso. -

Replicò calmo quello, estraendo un fornito mazzo di banconote e cominciando a revisionarle.

- È proprio da te. -

Rispose laconico l'uomo in nero, bevendo una sorsata del suo cocktail. Passarono pochi minuti di silenzio, nei quali l'uomo con l'impermeabile finì di controllare la ricompensa.

- Ok. Tutto a posto. -

Disse mettendo al sicuro la busta con il denaro. In quel momento il barista poggiò di fronte a lui un bicchierino con il cocktail ordinato.

- Scusi per l'attesa. -

E così dicendo si congedò. L'uomo con l'impermeabile prese il liquore in mano chiedendo al compagno alla sua destra:

- Allora, qual è il prossimo lavoro? -

Poi, quando vide che lui non rispondeva continuò, soppesando il cocktail:

- Dovrei almeno sapere le basi. -

Fece per portarsi il bicchierino alle labbra, quando una nuova voce lo colse alla sprovvista:

- Lo sai? Sembra proprio che di recente nell'organizzazione ci siano molti ratti. -

Si voltò, e vide lui, i lunghi capelli argentati superavano la schiena e i suoi occhi verdi erano freddi... freddi come il ghiaccio, come quelli di un uomo che non prova pietà o compassione, come quelli di un pericoloso assassino, abile nel suo mestiere. Portava anche lui un lungo cappotto nero e un cappello dello stesso colore. Nero era il loro colore.

L'uomo dai capelli argentati alzò lo sguardo e lo fissò impassibile dritto negli occhi:

- Cosa ne pensi? -

Chiese. Una goccia di sudore scivolò lungo il viso dell'uomo con l'impermeabile, una goccia di sudore che tradiva la sua agitazione. Cercò di rimanere anche lui impassibile mentre rispondeva:

- C-chi lo sa... Non ne ho mai sentito parlare... -

L'uomo dai capelli argentati ruppe il contatto visivo, replicando laconico:

- Capisco. -

L'uomo con l'impermeabile lo fissò per qualche attimo, nel nuovo snervante silenzio che si era venuto a formare. Tentando di restare composto chiese:

- Dunque il mio prossimo lavoro e trovare questi ratti? -

Si portò il cocktail alle labbra una seconda volta, e una seconda volta qualcosa gli impedì di berlo: la risposta dell'uomo dai capelli argentati.

- No, ho già un'idea di chi possano essere i ratti. -

Un'altra goccia di sudore gli bagnò il volto, mentre con la coda dell'occhio lanciava un'occhiata inquieta all'uomo che aveva appena parlato. Questi continuava a fissare il banco, il viso nascosto dalla tesa del cappello.

Istintivamente si portò alle labbra il liquore, più per necessità che per piacere questa terza volta. Riusciva a percepire la tensione formatasi nell'aria, doveva fare qualcosa per romperla.

- Questo liquore è davvero buono! -

Esclamò.

- Qual è il nome di questo cocktail? -

Chiese poi al barista, ma non fu lui a rispondergli, bensì l'uomo dai lunghi capelli alla sua sinistra:

- RUM. -

Un lungo brivido percorse la sua schiena... aveva detto...

RUM? Il nome in codice del braccio destro di quella persona.

- Cointreau. -

Continuò quello, senza guardarlo.

- Con un po' di succo di limone. -

Proseguì, impassibile. L'uomo con l'impermeabile continuò ad osservarlo, aspettando che continuasse... stava cercando di dirgli qualcosa... ne era certo.

L'uomo dai capelli argentati guardò con la stessa aria glaciale di poco prima l'uomo con l'impermeabile. Quest'ultimo sentiva la tensione nell'aria vibrare pericolosamente, un campanellino d'allarme trillò nella sua mente, ma si costrinse a non muoversi. Sentiva il suo respiro diventare leggermente affannoso, e il tepore della stanza sembrava ora un caldo soffocante.

- XYZ. Che signifa è la fine. -

Concluse. Il suo viso s'illuminò di uno sguardo maniacale quando pronunciò le ultime tre parole, il ghigno tracciato dalle sue labbra si ampliò.

L'uomo con l'impermeabile spalancò gli occhi, impallidendo vistosamente.

Loro sapevano.

Doveva andarsene. Poggiò il bicchierino sul banco e alzandosi frettolosamente disse:

- A-allora... resto in attesa del prossimo lavoro. -

Si allontanò velocemente verso la porta e uscì dal locale senza osare guardarsi alle spalle. Una volta che la porta fu chiusa, l'uomo vestito in nero con gli occhiali da sole, rimasto in silenzio durante lo scambio di battute tra gli altri due, chiese:

- Sei sicuro, Aniki? Lasciarlo andare senza dirgli nulla: lui è sicuramente uno dei ratti. -

Si era alzato in piedi, e ora osservava attentamente l'uomo dai capelli argentati.

- Già. -

Replicò calmo quello. Un inquietante sorriso si fece largo sul suo volto quando disse:

- Nessun problema. -


Corse sotto la pioggia torrenziale, dirigendosi verso la macchina. Non poteva fare a meno di pensare alla conversazione appena avuta con gli altri due membri dell'organizzazione. Un brivido percorse la sua schiena facendogli ghiacciare il sangue nelle vene quando ricordò le sue parole: XYZ. Che significa è la fine.

Sbloccò la sua auto, una volta raggiunta questa si precipitò al suo interno. Chiusa la porta si voltò per vedere se uno di loro lo avesse seguito. Pallido come un cadavere respirava a fatica, forse per la corsa fino alla macchina, forse per la paura che gli mozzava il fiato. Controllò entrambi i lati della strada, per accertarsi che altri occhi non lo stessero guardando. Una volta sicuro che nessuno lo stesse spiando tirò un sospiro di sollievo. Tirò fuori le chiavi inserendole nel cruscotto, pronto a farlo partire. Una scarica di puro terrore gli impedì di respirare mentre nella sua mente si formava un sospetto: e se loro avessero...

Guardò tremando la chiave inserita, i secondi sembravano allungarsi in minuti, la tensione presente nell'aria sembrava aver rallentato il tempo stesso. Le parole dell'uomo dai lunghi capelli argentati continuavano a rimbombare nella sua mente: Che significa è la fine.

Gocce di sudore imperlavano il suo pallido viso. Non riusciva più a respirare, mentre il suo cuore andava a mille. Che loro avessero...

Si morse un labbro mentre stringeva istintivamente la chiave. Un mezzo giro di quell'oggetto avrebbe potuto condannarlo a morte, o avviare l'autovettura. Con un estremo sforzo girò... avviando l'automobile. Un involontario sospiro di sollievo lasciò le sue labbra mentre il rassicurante rumore del motore in funzione riempiva l'abitacolo. Una musica jazz rimbombò per l'autovettura.

L'uomo fece per mettersi la cintura, ma poco prima di inserirla, nuovamente fu preso dal senso di panico. Questo era il loro potere: far sì che tutto e tutti attorno a te fossero sospetti. Trattenendo il respirò inserì la cintura, senza che nulla accadesse. La tensione stava lentamente svanendo. Si appoggiò contro lo schienale del sedile per riprendersi dalla terza ondata di terrore.

Quando si fu calmato inserì il cambio automatico: voleva cambiare la posizione da trasmissione bloccata a Drive, gestione automatica. Non appena il cambio raggiunse la marcia desiderata, l'uomo ebbe il tempo di registrare un forte lampo di luce prima di essere avvolto dalle tenebre.

Dopo lo scoppio dell'ordigno la macchina si era incendiata. Il contraccolpo aveva costretto l'automobile dietro di lui a retrocedere tamponando con quella che seguiva. Il rumore dell'antifurto si disperse nella notte mentre le fiamme danzavano sui rottami dell'autovettura dell'uomo dall'impermeabile azzurro.


Nel silenzioso Black Widow lo squillo di un cellulare pose fine alla tranquillità degli occupanti del locale. L'uomo dai lunghi capelli argentati si mise una mano in tasca e ne estrasse un telefono. Portandosi l'oggetto all'orecchio disse:

- Sono io... Ricevuto. Ce ne andiamo. -

L'uomo con gli occhiali da sole ghignò sentendo le parole del suo mentore, poi estrasse la busta che precedentemente gli aveva dato l'uomo dall'impermeabile azzurro. Lo porse all'uomo dai capelli argentati dicendo:

- Aniki, cosa dovremmo farne? Le informazioni sul trafficante d'armi... -

- Non m'importa. -

Lo interruppe, portandosi un bicchiere pieno di un liquido dorato alle labbra per berne un sorso... sherry.

- Continua con il piano stabilito. Il denaro è già stato preparato? -

L'uomo dagli occhiali da sole annuì rispondendo:

- Sì, ma... potrebbe essere una trappola. -

Impassibile il suo compagno disse:

- Possiamo stabilirlo incontrandoci direttamente con loro. Non è mai troppo tardi. -

L'uomo dagli occhiali da sole ridacchiò. Gin non deludeva mai.

- In oltre... -

Continuò questo con un sorriso sulle labbra, il viso adombrato dal cappello.

- … è il tipo di posto nel quale rimpiangeresti di non essere andato. -

L'uomo dagli occhiali da sole osservò il collega con sguardo tra il confuso e il curioso.

 

Nota dell'Autrice: Ed ecco a voi il primo capitolo dello Special! L'avevo già iniziato, quindi è stato semplice ultimarlo in fretta... cioè nel giro di un pomeriggio... In ogni caso, spero che vi piaccia. Per qualche astruso motivo ho la sensazione che sia scritto meglio degli altri capitoli, ma questa è solo una mia impressione (magari a voi fa schifo... ). Ho deciso di dividere lo Special in cinque parti, e questa è la prima. Come ho già detto in precedenza non includerò tutte le scene, solo quelle che ritengo necessarie, onde evitare la ripetizione del caso sull'ottovolante o quello del finto infermo. Ovviamente accennerò anche a quei casi per rendere la continuità temporale delle scene... anche se parlare di continuità temporale in DC... Comunque, tralasciando i momenti di Alzheimer di Calibano, ringrazio quest'ultimo (che si è trasformato in uomo...) per la pazienza che ha nel correggermi gli errori di grammatica. E per KK e gli altri fan della ShinRan, ci vediamo al prossimo capitolo con scene dolciose tra Shinichi e Ran. 'Yasumi! 

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