Georgiana Darcy e il fantasma di Pemberley

di Tota22
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Giugno parte I ***
Capitolo 3: *** Giugno parte II ***
Capitolo 4: *** Giugno - parte III ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Begin





Non ho mai amato scrivere.

Non sono mai stata costante nel redigere  un diario delle mie giornate, né mi è mai passato per la mente di fermare le mie memorie con l'inchiostro sulla carta.

A volte ho scritto delle lettere, certo. Tuttavia non sono così deliziose come spesso tante persone mi fanno notare, con lodi assai poco meritate.
Non sono vivace e piena di talento nella scrittura come Lizzie. Leggere una sua lettera è come vivere con lei un'intera giornata.

Non sono nemmeno precisa e sintetica come solo sa essere mio fratello Fitzwilliam.
Non nutro l'amore di Mary per i tomi pesanti di letteratura e filosofia che abitano le biblioteche, ma allo stesso tempo non rifuggo la lettura come Kitty.

Per me le parole sono così strane e intricate e dai mille significati. Una virgola o una frase al posto sbagliato possono suscitare tanti dubbi e dare vita a interpretazioni astruse di un concetto semplice.

Per questo motivo amo la musica, per me il modo più puro e diretto di comunicare un'emozione. Un linguaggio universale che non ha bisogno di codici, simboli, traduzioni per arrivare dritta al cuore e all'anima.

Ora però che l'autunno è arrivato e con la stagione fredda anche le serate al chiuso, sento il bisogno di lasciare una traccia indelebile degli inaspettati e misteriosi eventi che si sono svolti a Pemberley  durante l'estate.
Ho paura che l'inverno porti via i ricordi freschi di questa avventura straordinaria e li congeli per sempre sotto coltri di neve.

Per questo motivo ho ceduto al richiamo dell'inchiostro e della carta. Non temete però, la musica rientrerà nel racconto come causa scatenante e come soluzione a tutto. D'altronde se non ci fosse stata la musica questa avventura non sarebbe mai esistita.


Il mio nome è Georgiana Darcy e questa è la mia storia.





N/A
Ciao a tutti! Ecco una breve introduzione alla mia storia. L'intento è scrivere una commedia con qualche tinta di mistero, la protagonista è Georgiana, un personaggio che mi ha sempre incuriosito e del quale avrei voluto sapere di più. Quindi le ho regalato un'avventura e spero vi divertirete a leggerla. So che non è molto lunga questa introduzione, ma spero vogliate lasciarmi il vostro parere ugualmente se vi piace l'idea!
Grazie, a presto!
T
 

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Capitolo 2
*** Giugno parte I ***


Giugno - parte I



Ho sempre amato Pemberley, come solo si può amare la propria casa.

Adoro le stanze luminose ed arredate con oggetti provenienti da ogni angolo del mondo. Amo i corridoi ampi e le altissime vetrate. I giardini, le fontane e gli alberi così imponenti che sembrano sfiorare le nuvole con le punte dei rami.

Il mio amore per Pemberley è cresciuto ancora di più quando Fizwilliam e Lizzie si sono sposati, l'anno scorso, e la vita nella nostra grande casa è cambiata.
 

Infatti, prima che Lizzie diventasse la signora Darcy, nonostante Fitzwilliam cercasse di farmi visita il più spesso possibile, la solitudine era la nemica quotidiana con la quale dovevo confrontarmi.

In quei momenti la casa enorme e i giardini sconfinati sembravano diventare sempre più stretti. Come se le stanze si rimpicciolissero man mano che restavano fredde e vuote, tanto da farmi sentire in trappola.

Da quando invece il mio adorato fratello e Lizzie trascorrono quasi tutto il loro tempo a Pemberley, sento che il mio mondo si è aperto e non c'è un giorno in cui non sia felice e al sicuro.

Certo all'inizio è stato difficile accettare di condividere le attenzioni di mio fratello con qualcun altro, dal momento che fino a poco tempo fa erano riservate esclusivamente a me.

Mi vergogno ad ammetterlo, ma spesso sono stata gelosa di Elizabeth.
Gelosa dei sorrisi che riesce a strappargli e delle rare carezze che mio fratello dispensa.

Vederli entrambi così felici, però, ha subito cancellato questi piccoli pensieri malinconici ed egoisti. Passare le giornate con Lizzie è una delizia. Da quando è a Pemberley mi è capitato di viaggiare più spesso e in sua compagnia. E' davvero un'amica speciale.


 

Alla fine della scorsa primavera una notizia, tramite una lettera, ha reso ancora più liete le nuove giornate spensierate nel Derbyshire. Le due sorelle nubili di Lizzie, Mary e Kitty ci avrebbero fatto visita e sarebbero rimaste per tutta l'estate!

Non mi ero mai sentita così gioiosa alla prospettiva di avere degli ospiti, della mia età per giunta! Questo mio stato d'animo era pienamente condiviso da Lizzie alla quale, mentre leggeva la lettera inviata da suo padre, brillavano gli occhi per la contentezza.

Mr Bennet pregava Lizzie di ospitare Mary e Kitty per qualche tempo, poiché nell'ultimo periodo erano solite bisticciare tra di loro perennemente o passare le giornate l'una nell'ozio e l'altra chiusa in camera a leggere. Neanche Jane era riuscita a smuoverle nonostante le avesse invitate spesso a Netherfield, situata a pochi passi dalla piccola proprietà dei genitori di Lizzie. Mr Bennet sperava che un cambiamento d'aria e la prospettiva di un'estate a Pemberley avrebbero potuto svegliare le figlie minori dal loro torpore.

Elizabeth era più che lieta di soddisfare il desiderio del padre e lo stesso Fitzwilliam sembrava contento della visita.

Nelle due settimane che mi separavano dall'arrivo delle signorine Bennet non feci altro che fantasticare sull'estate alle porte e sulle attività che ci avrebbero impegnate. Ero curiosissima di fare la conoscenza delle sorelle di Elizabeth . Ella stessa mi aveva parlato spessissimo di tutta la sua famiglia alla quale era molto legata. Nonostante non avessi mai incontrato Kitty e Mary mi sembrava, attraverso le parole della loro sorella maggiore, di conoscerle già un poco.

Immaginavo di conquistare l'attenzione di Mary portandola a visitare la grande biblioteca di Pemberley e magari suonare a quattro mani il pianoforte nella sala della musica. Avrei invece condiviso bei momenti con Kitty passeggiando all'aria aperta nei i giardini e tra le fontane, scambiandoci confidenze, e le avrei sicuramente mostrato la collezione di nastri di mia madre provenienti dall'oriente.


 

Il giorno concordato per la visita sembrava non arrivare più, fino a quando una mattina scorsi dalla finestra della stanza della musica una carrozza da viaggio muoversi spedita verso la tenuta, scivolando sul selciato sotto il viale alberato.

Finalmente!

Una volta raggiunti i signori Darcy all'ingresso, mi diressi con loro all'aperto. La giornata era splendida e calda ed ero piena di aspettativa e gioia, ma anche un po' di turbamento dovuto alla mia natura timida.

Sarei piaciuta alle signorine Bennet? Saremmo andate d'accordo?

Come se mi avessero letto nel pensiero, Lizzie e Fitzwilliam mi regalarono un sorriso di incoraggiamento e mi guidarono verso la carrozza per le presentazioni.

Appena il conducente aprì la portiera ci giunse all'orecchio una cacofonia di due voci, impegnate in un battibecco. Un colpo di tosse dell'uomo fece interrompere il litigio e un silenzio imbarazzato calò all'istante. Poco dopo fecero la loro comparsa Mary e Kitty, che uscirono dalla carrozza scarmigliate e scure in volto.
 

Kitty, avvolta in un grazioso vestito di mussola azzurro cielo, piuttosto spiegazzato a causa del viaggio o forse di una zuffa con la sorella, esibiva un'espressione imbronciata mentre si passava tra le dita un nastro strappato. Portava i capelli sciolti, i riccioli bruni le incorniciavano il viso delicato, anche se deformato da quel cipiglio bellicoso.
Mary, invece, appariva piuttosto compunta e a disagio, stringendo al petto un libro con la copertina lesionata. Ciò che mi colpì fu il suo aspetto molto serio: di certo l'abito scuro che portava la faceva sembrare molto più grande dei suoi diciotto anni.

- Buongiorno sorelle, che gioia vedervi! Vi trovo belle vispe, in salute e anche piuttosto bisticciose!- disse Lizzie e abbracciò entrambe le signorine Bennet, che per un attimo si rilassarono e abbandonarono le loro espressioni ombrose.

Anche mio fratello si manifestò lieto di rivedere le cognate e mi presentò a loro, che subito si rivolsero a me con molta gentilezza. Kitty tuttavia sembrava distratta, mentre Mary era rimasta impassibile durante tutto il breve scambio di convenevoli. Forse il mio saluto timido non le aveva colpite, sperai di riuscire a fare amicizia nonostante l'inizio poco promettente.

Mentre i facchini si occupavano dei bagagli delle due ragazze, noi tutti rientrammo in casa per riunirci nella sala del té; Lizzie aveva già dato disposizioni e un leggero rinfresco era stato apparecchiato per far riprendere le sorelle dalle fatiche del viaggio.

Una volta seduti comodamente, la signora Darcy interrogò Kitty e Mary sul motivo del loro litigio. Devo ammettere che anch'io ero curiosa.
 

Si scoprì che, durante il viaggio, Kitty presa dalla noia aveva iniziato a importunare Mary. Quest'ultima non faceva che leggere per tutto il tempo, allora per fare uno scherzo la sorella le aveva rubato il volume dalle mani.

Nel tentativo di riprenderlo le ragazze avevano iniziato ad agitarsi nell'abitacolo abbandonando i loro posti a sedere. All'improvviso un grosso cinghiale aveva tagliato la strada alla carrozza provocando una brusca frenata!

Entrambe le ragazze erano finite a gambe all'aria. Il libro di Mary era volato fuori dal finestrino finendo proprio in testa al cinghiale, che l'aveva caricato con le zanne, credendo fosse un avversario, e scaraventandolo lontano. Messo in fuga l'animale grazie al conducente, i tre avevano impiegato parecchi minuti a ritrovare il prezioso volume, ma nella ricerca il nastro di Kitty si era impigliato in alcuni arbusti e si era strappato.

Le ragazze avevano passato il resto del viaggio discutere sulla disavventura, portando all'esasperazione il povero conducente.

Lizzie, a metà tra l'essere divertita e arrabbiata, si mise a rimproverare le sorelle per il comportamento che entrambe avevano tenuto.

Io invece, ripensando all'espressione che avevo visto dipinta sul viso del conducente quando aveva aperto la portiera, un misto di disperazione e sollievo, mi feci scappare una piccola risata che catturò l'attenzione di tutti.

Mi feci rossa in volto, ma poi spiegai il motivo della mia ilarità e il fatto che trovavo la storia molto divertente.

Piano piano sorrisi si dipinsero sui volti di tutti i presenti e ci mettemmo a ridere di cuore. Kitty descrisse con dovizia di particolari ridicoli il capitombolo del libro fuori dalla finestra e la lotta col cinghiale, mentre Mary annuiva aggiungendo dettagli qua e là con la sua voce seria che rendeva tutto ancora più assurdo. Persino Fitzwilliam sorrise divertito e fu così che si svolse il primo incontro con le signorine Bennet.

 

I primi giorni in compagnia di Kitty e Mary non andarono proprio come avevo immaginato. Di indole diametralmente opposta, ma entrambe alquanto peculiari, erano compagne di attività difficili da accontentare. Mary rifuggeva l'aria aperta e il sole come una creatura notturna, mentre prediligeva attività più sedentarie e meditative, come leggere per lunghe ore o studiare noiosissime scale al pianoforte. Kitty invece alternava momenti di pura indifferenza e ozio ad iperattività incontrollabile.

Era quasi impossibile passare del tempo assieme, svolgendo un'attività che piacesse a tutte, e spesso non ero in grado di stemperare i momenti di litigio che sbocciavano tra loro.

Questi venivano frenati da Lizzie che accorreva sempre in mio soccorso nelle situazioni di imbarazzo, o semplicemente la presenza di mio fratello le faceva sentire abbastanza in soggezione da evitare lo scontro.

Nonostante i caratteri spigolosi ero affascinata dalle loro personalità e desideravo a tutti i costi diventare buone amiche.

Ammiravo l'estro di Kitty e la sua aria sempre allegra e spensierata, mentre rimanevo stupita dall'erudizione di Mary e dal fatto che conoscesse la risposta ad ogni tipo di domanda, che fosse sulla storia o sulla letteratura.

Il mio carattere schivo e la mia personalità pacata, che mi impedisce spesso di lasciarmi andare, sembrava scomparire in mezzo a loro. Tuttavia piano piano conquistai la loro attenzione e il loro interesse.

Nella prima settimana le guidai per le gallerie d'arte di Pemberley, che colpirono entrambe moltissimo. Girovagammo per la tenuta e mostrai loro tutti i miei posti preferiti e tutti i nascondigli e gli strani oggetti che avevo scoperto negli anni. Passeggiare con loro nel palazzo era come condividere pezzi della mia esistenza, da sempre legata a questo posto.

I pomeriggi più belli li passammo nella stanza della musica a suonare e a ballare, attività che scoprii piaceva ad entrambe le sorelle in ugual maniera.

Spesso Lizzie si univa a noi e, una volta, convinse persino mio fratello a ballare, ricordandogli i primi tempi della loro conoscenza quando questi si era rifiutato di ballare con lei a Meryton.

Fu durante uno di questi pomeriggi passati in compagnia che Lizzie propose una gita in campagna, accolta con entusiasmo da tutti.

Ero così elettrizzata, ho sempre adorato le gite e l'estate è la stagione migliore per le lunghe passeggiate.

Così due giorni dopo partimmo in carrozza, muniti di vettovaglie da pic nic, per il nostro giro nel Derbyshire.

Fino a quel momento le nostre vacanze erano scivolate via ordinarie e piacevoli, ma dopo la gita presso Heatherfield nulla fu più come prima.





N/A
Ciao a tutti! Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto, dal prossimo si entrerà nel vivo del mistero :)
Grazie a chiunque abbia letto, un abbraccio!
T

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Capitolo 3
*** Giugno parte II ***


Giugno - parte II



 

Ricorderò la gita nel Derbyshire come il momento più bello di tutta l'estate: una giornata cristallina che conserverò nella memoria per sempre.

Quel dì il tempo fu indulgente e ci regalò un sole splendente e raggi caldi, ma non così insolenti da scottare la pelle. La passeggiata nei boschi poi, è rimasta impressa nella mia mente come un'avventura in un luogo incantato.
 

Non potrò mai dimenticare tutte le sfumature di verde, da quella più scura delle conifere a quella tenera e brillante dell'erba; poi le piccole macchioline di luce gialla che filtravano attraverso le fronde per dipingersi sui nostri visi, sulle nostre vesti e ovunque intorno a noi; ancora il profumo di terra bagnata, satura di odori sconosciuti e la melodia dei suoni della foresta, gli squittii, i ronzii e i versi degli uccelli nascosti tra i rami.

Inizialmente non tutti erano estasiati quanto me. Kitty si lamentò quasi subito di avere male ai piedi, degli insetti e di aver sporcato l'orlo del suo vestito nuovo. In effetti aveva scelto un abbigliamento poco adatto alla gita. In particolare le scarpe, che con il piccolo tacco affondavano nel terreno soffice inzaccherandosi tutte, le rendevano impossibile camminare agevolmente.

Mary d'altro canto camminava impettita, assorta nei suoi pensieri come se fosse completamente distaccata rispetto al luogo in cui era, persa in un altro mondo della propria fantasia.

Elizabeth invece era rapita dall'incantevole passeggiata. I suoi occhi scuri brillavano di curiosità e meraviglia. Quando per la prima volta dopo l'ingresso nella foresta incrociarono i miei ci mettemmo a ridere, perché sapevamo che stavamo pensando alla stessa cosa. Anche se la signora Darcy aveva visitato parte della regione con i signori Gardiner qualche tempo prima, era emozionata come se fosse stata la sua prima passeggiata in quei luoghi.
 

Mio fratello poi era il ritratto della gioia, nonostante la esprimesse sempre in modo sobrio e posato. Ci guidò per tutto il percorso, scegliendo i sentieri più adatti al nostro passo, riempiendo il silenzio con aneddoti e racconti legati ai luoghi che attraversavamo. Ogni radura aveva una storia, come anche il ruscello e il vecchio albero che sbarrava il sentiero. I racconti di Fitzwilliam mi colmarono di felicità e ammirazione, ma anche una punta di gelosia. Mi sarebbe piaciuto condividere quelle conoscenze con lui, nel momento esatto in cui le aveva vissute e sentite per la prima volta.
 

Una volta giunti in una radura spaziosa e ombreggiata, tagliata dalle fresche acque di un ruscello, approntammo il pranzo sull'erba.

Il cocchiere, che aveva portato fino a quel momento sulle spalle una cesta di vimini con il nostro pranzo, fu ben felice di scaricare il peso e tirare fuori deliziosi sandwich e altri manicaretti da picnic; intanto il giovane domestico che ci aveva accompagnati stese un telo sull'erba asciutta per poi appoggiarvi comodi cuscini.

Davanti a quel pasto delizioso, l'attenzione di tutti fu catturata dalle leccornie che dopo la scarpinata risultavano ancora più invitanti. Il pranzo, però, fu arricchito anche da chiacchiere e giochi di società, cosicché anche Mary e Kitty si lasciarono andare all'allegria.
 

Nel primo pomeriggio il caldo iniziò a farsi sentire, e non basto più spostare le nostre attività sotto le fronde degli alberi per trovare refrigerio. Fu così che Kitty, Mary ed io ci dirigemmo verso il ruscello per affondare le dita nell'acqua e rinfrescarci il viso. Mi accovacciai sull'argine pietroso e allungai la mano per toccare i flutti cristallini. Tuttavia quando Jhon il domestico mi vide, mi si rivolse con tono allarmato. Ricordo perfettamente le parole che ci scambiammo e che tornarono a perseguitarmi per parecchi giorni.
 

- Io non toccherei l'acqua se fossi in voi, Signorina Darcy, quel ruscello è maledetto! -
 

Kitty che già aveva affondato il polso nell'acqua, si ritrasse emettendo un gridolino impaurito. Mary invece continuò a fissare l'acqua come nulla fosse, anche se il monito di John sembrò aver stuzzicato la sua curiosità.

Intanto Jhon guadagnò un sonoro scappellotto sulla nuca dal cocchiere, che lo riprese duramente.
 

- Non dire scemenze ragazzo! Dove l'hai sentita questa panzana? Scommetto dalle cuoche di Pemberley. Non temete signorine quel ruscello è buono come un altro. -
 

Questo scambio chiuse l'argomento e tutti ripresero le loro attività precedenti. Quando però il cocchiere si addormentò con il cappello sul viso per ripararsi dal sole e anche Elizabeth e Fitzwilliam si concessero un pisolino tra i cuscini, Mary mi si avvicinò rivolgendomi uno sguardo complice. Intuite le sue intenzioni, ci avvicinammo, seguite a ruota da Kitty, a Jhon che stava sistemando le stoviglie sporche nella cesta di vimini.
 

- Jhon, puoi dirci perché il torrente sarebbe maledetto?-
 

Il ragazzo ci squadrò, come per capire se lo stessimo prendendo in giro, e dapprima si rifiutò di parlare. Dopo un po' di insistenze e la promessa di non dire nulla al cocchiere, il ragazzo iniziò a raccontare quello che sapeva.
 

- Dicono che il torrente sia stregato... ci sono stati degli avvistamenti di una presenza nelle notti d'estate.

Gli abitanti dei villaggi attraversati dal ruscello hanno detto di aver visto una figura passeggiare sulla riva: una giovane donna vestita di bianco, dai lunghi capelli neri, gira con una lanterna in mano. Ma se cerchi di guardarla in faccia vedi solo il nero della notte, è senza volto.

Dicono che sia il fantasma di una ragazza morta. Un fatto strano è successo qualche anno fa...in un palazzo di ricchi a mezzo miglio a nord da qui. La tenuta è attraversata proprio da questo ruscello ed è lì che l'hanno ritrovata... una ragazza annegata nel fiume, con il volto sfigurato. -
 

Eravamo tutte e tre rapite dalle parole di Jhon, il quale diventò rosso per l'imbarazzo e prosegui a voce bassissima, quasi bisbigliando.
 

- Dicono che la sua anima è intrappolata sulla terra. Non può andare in paradiso finché non ritrova la sua faccia. Lei cerca, cerca ogni estate, ma non la trova mai; così ritorna l'anno successivo sempre negli stessi luoghi sempre a mezzanotte e passeggia lungo il fiume dal lago fino su ad Heatherfield. -

Kitty aveva gli occhi sbarrati per la paura e le mani sulla bocca come a soffocare un mugolio. La storia di Jhon era talmente incredibile che stentai a crederci. Cercai di interpretare le informazioni lucidamente, poteva essere tutto un malinteso?

- Credi davvero che esistano i fantasmi? Potrebbero essere delle fantasie di qualche burlone o semplicemente dei riflessi dell'acqua che fanno pensare a una figura che si muove sull'argine...-

A quel punto Mary interloquì con tono sprezzante.
 

- È chiaro che questa storia è un'invenzione di qualche sciocco. I fantasmi non esistono. Sono solo una proiezione delle paure dell'uomo in situazioni che non sa spiegarsi razionalmente.-
 

- Non so rispondervi, signorine. Esiste, oppure no... ma a me non va di rischiare. Preferisco lo stesso non toccare l'acqua, non si sa mai come possono reagire gli spiriti quando entri nel loro territorio. -
 

Nel cuore di ciascuna di noi la storia di Jhon instillò sentimenti diversi: curiosità, terrore, incredulità ed anche se non volevamo ammetterlo tutte e tre ne eravamo affascinate.

Il resto del pomeriggio trascorse tranquillo e gioioso. Quando fu tempo di tornare indietro tutti erano stanchi e molto contenti che la gita stesse volgendo al termine.
 

Il viaggio di ritorno in carrozza era di qualche ora e con l'imbrunire Fitzwilliam diede disposizioni al cocchiere di percorrere una strada leggermente diversa rispetto all'andata. Era meno panoramica e più rapida.

Non appena i cavalli iniziarono a trottare sulla via cosparsa di ciottoli, Mary e Kitty si addormentarono. Anche Elizabeth chiuse gli occhi appoggiando la testa sulla spalla di mio fratello. Gli unici a rimanere svegli fummo proprio io e Fitzwilliam, seduti uno di fronte all'altra bisbigliando per non svegliare le tre sorelle.
 

Ad un certo punto volsi lo sguardo verso il finestrino e davanti ai miei occhi si stagliò un panorama da togliere il fiato. Il sole era basso nel cielo, di un rosso infuocato che tingeva le nuvole con pennellate sgargianti e violente di arancio, rosa e cremisi. La luce aranciata illuminava la collina che la strada costeggiava. I campi erano completamente ricoperti di erica, la varietà che fiorisce d'estate, con fiori bianchi come il latte e rossi come il vino. Sulla cima della collina un meraviglioso palazzo bianco riluceva nella luce del sole morente. La struttura era maestosa, provvista di due torri dalla sommità a punta e tutt'intorno si scorgevano meravigliosi giardini. Ciò che mi colpì fu lo stato di abbandono del luogo; così bello, ma così privo di vita.

Le bianche mura del palazzo, a causa del riflesso, sembravano essere in fiamme; l'intero edificio era come una torcia brillante. Giù per la collina scorreva il ruscello, che già avevamo incontrato nel bosco più in basso, e mi parve fuoco liquido, lava che colava dalla cima.

Sembrava quasi una visione, una magia straordinaria ed inquietante. Anche se in cuor mio già conoscevo la risposta, dalle mie labbra sfuggì una domanda.
 

- Caro fratello, cos'è questo posto?-
 

- Questa è la tenuta di Heatherfield, come potrai intuire prende il nome dai bellissimi fiori d'erica che adornano la collina dove è stata costruita. Avrei voluto portarvi a visitarla, ma è da molti anni che è chiusa al pubblico. -
 

- Sembra abbandonata. -
 

-Putroppo lo è Georgiana. Da cinque anni nessuno ci abita più e l'accesso è impedito a chiunque non appartenga alla famiglia dei Parsley, i proprietari. -
 

- Cosa successe? -

Fitzwilliam si rabbuiò e passarono molti battiti del mio cuore prima che rispondesse.
 

- È una storia molto triste. Non credo sia un bene parlarne, potrebbe addolorarti.-
 

- Ti prego fratello, mi si spezza il cuore solo pensare che questo luogo meraviglioso sia chiuso per sempre. Vorrei capire almeno il perché... -
 

- Ho paura di spezzarti ancor più il cuore confessando ciò che è accaduto. -
 

Fitzwilliam sospirò e notato che non desistevo, decise di accontentarmi.

-Cinque anni fa i Parsley, proprietari del palazzo, hanno dovuto affrontare la morte prematura della loro unica figlia. Clara Parsley ha perso la vita annegando nel ruscello che attraversa la tenuta di Heatherfield.

Non sono mai state scoperte le dinamiche della tragedia; in seguito i signori Parsley, distrutti dal dolore, si sono trasferiti per sempre a Londra e non hanno più messo piede ad Heatherfield. -
 

-È davvero una storia molto triste, sono addolorata per i Parsley deve essere stato terribile... -
 

Mio fratello appoggiò una delle sue mani sulle mie confortandomi. Nessuno meglio di noi sapeva cosa voleva dire perdere i propri affetti più cari troppo presto. Gli sorrisi per tranquillizzarlo e dopo poco mi lasciai cullare dal movimento della carrozza finché non mi addormentai.

Al mio risveglio stavamo già percorrendo il viale di Pemberley e, nonostante fosse buio, scorsi i profili della mia casa e non fui mai così felice di tornarvi come quella sera.

Eravamo tutti piuttosto stanchi e dopo una cena molto leggera e rapida, ci congedammo per tornare nelle nostre camere. Anche Mary e Kitty, che di solito si intrattenevano insieme a me nella stanza della musica, si diressero subito a letto, salutandomi con una mano tra uno sbadiglio e l'altro.
 

Mi diressi allora nella mia stanza. Con l'aiuto di Beth, la mia domestica, mi liberai degli abiti che avevo indosso, mi rinfrescai prima di indossare la camicia da notte e infilarmi a letto. Nonostante fossi veramente spossata dalla giornata fuori e dalla lunga passeggiata, non riuscivo a dormire. Passai molte ore senza chiudere occhio, la mia mente continuava a tornare a Heatherfield. L'immagine di quella collina piena di fiori bianchi e vermigli e la misteriosa tenuta sulla cima si ripresentava davanti a me, vivida come se l'avessi davanti agli occhi in quel momento.
 

La pendola in fondo al corridoio segnò con i suoi rintocchi la mezzanotte. Insonne, mi alzai ed aprii la finestra lasciando che l'aria fresca della notte mi accarezzasse il viso.
 

Fu allora che lo sentii.
 

Un strano cigolio che proveniva dal piano di sotto. Come quello di una porta o di una finestra che viene aperta piano.

Poi silenzio. Mi ritrassi di scatto dalla finestra e mi rifugiai nel letto. Il cuore mi batteva così forte tanto che lo sentivo rimbombare nelle orecchie. In quei minuti di assoluta assenza di suoni, a parte lo stormire del vento, la mia razionalità ingaggiò una lotta spietata con i pensieri terrificanti che mi annebbiarono la mente.

Mi convinsi dapprima che era solo una porta, mossa dal vento una sciocchezza. Dissi a me stessa che mi ero lasciata condizionare dal racconto di Jhon e dalla storia che mio fratello mi aveva raccontato. Respirai profondamente e chiusi gli occhi, pregando che il sonno mi cogliesse.
 

Doooo.
 

Una singola semplice nota si propagò nell'aria, prolungata e oscura.
 

Dooo, dooo.
 

Ancora, la stessa nota ripetuta. Ormai ne ero sicura.

Non poteva essere un trucco della mia mente, una suggestione.

Qualcuno era entrato nella stanza della musica e stava suonando il pianoforte.

Trattenni il respiro, terrorizzata. Avrei voluto alzarmi e chiudere la finestra; attutire il suono di quella nota bassa, ripetuta che proveniva dal piano di sotto come un canto lugubre.
 

Ma le mie gambe erano pietrificate, non osai muovere un muscolo mentre le mani di uno sconosciuto toccavano i tasti avorio del mio strumento preferito, abbozzando una timida scala. Sentii il mi poi il fa, fu a quel punto che riuscii a comandare alle mie mani di tirare il lenzuolo sopra le testa e di tapparmi le orecchie.

Sapevo che un sottile strato di cotone non mi avrebbe protetta da chiunque si fosse insinuato nella stanza della musica. Quel qualcuno o quella cosa.. avrebbe potuto facilmente imboccare le scale e percorrere le poche rampe che la separavano dal piano superiore. Avrebbe potuto attraversare il corridoio fino alla mia stanza. Abbassare la maniglia ed entrare. Non avrei mai voluto vedere se le mie paure si fossero tramutate il realtà, non avrei mai voluto scorgere una figura vestita di bianco, dai lunghi capelli neri, immobile sulla soglia. Il panico ormai mi aveva assalito, così serrai le palpebre e rimasi sotto il lenzuolo, anche se avevo caldo, fino a che le note non si attenuarono nel silenzio della notte.
 

In quei momenti pensai: “Ti prego, ti prego, chiunque tu sia perdonami. Non volevo toccare la tua acqua, non volevo bere dal tuo ruscello, mi dispiace, mi dispiace.”

Non so quanto tempo dopo sentii di nuovo un cigolio e poi più nulla. Rimasi con gli occhi chiusi, ma vigile finché le prime luci del mattino inondarono la mia stanza attraverso la finestra aperta. Fu a quel punto che mi addormentai esausta.

Come ho già detto, la gita nel Derbyshire è un evento che rimarrà per sempre nella mia memoria: un momento felice.
 

La notte dello stesso giorno, invece, come il più terrificante di tutta la mia vita.


N/A
Ciao a tutti! Grazie per aver letto anche questo capitolo, spero non sia troppo inquietante... il mistero inizia a svelarsi. Se avete commenti e suggerimenti o critiche non esitate a scriverli, sarei felicissima di leggerli!
A presto
T
 

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Capitolo 4
*** Giugno - parte III ***


Giugno - parte III


La mattina seguente, al tavolo della colazione, feci di tutto per dissimulare la mia stanchezza e coprire le tracce della notte insonne. Tuttavia il pallore del mio viso e le ombre nere sotto gli occhi non passarono inosservate ad Elizabeth che subito mi chiese se stessi bene.

Quando lo sguardo preoccupato di mio fratello si incrociò con il mio, fui sul punto di scoppiare in lacrime, schiudere il mio cuore e la mia mente, e condividere le paure e l'inquietudine della notte che avevo passato; ma una forza misteriosa mi costrinse a combattere quel fiume in piena di emozioni. La parte razionale di me cercava ancora di convincermi che era stata tutta una suggestione, uno scherzo dei sensi dovuto alla giornata faticosa e alle storie misteriose e struggenti che avevo ascoltato.

Così mi trattenni, addussi la scusa di aver dormito poco a causa del caldo, e che forse sarebbe stato meglio se quel giorno mi fossi riposata.
Per il momento la scusa sembrò reggere. Il signore e la signora Darcy si adoperarono immediatamente a contattare un medico, nonostante non fosse necessario, mentre Kitty e Mary si offrirono di farmi compagnia nella mia stanza per leggere o parlare se ne avessi avuto voglia.
Mi congedai nella mia camera e adagiatami sul letto mi addormentai pesantemente fino all'ora di pranzo.

Quando mi risvegliai,  molte ore dopo, mi sentii rinata. Il riposo mi aveva permesso di tornare a ragionare lucidamente.
Dopo pranzo mi diressi nella stanza della musica, teatro di quel che ormai mi ero convinta fosse solo un incubo. La camera si presentò ai miei occhi come sempre: sulla grande libreria a parete a destra della porta ogni volume era al proprio posto; il morbido tappeto orientale giaceva intonso ai piedi del grande pianoforte lucido in mezzo alla sala. Mi avvicinai alla finestra, che affacciava sul giardino, sottostante alla mia camera da letto. Gli infissi smaltati erano sigillati dall'interno, dunque nessun visitatore dal giardino avrebbe potuto entrare senza aver lasciato aperta la finestra. Passai la mano sulla copertura in legno di mogano che celava i tasti bianchi e neri del mio strumento preferito. Presi posto sul sedile e sollevai la copertura lasciando che le mie dita toccassero gli stessi tasti che avevano provocato quelle note lugubri... ancora riverberavano nella mia mente. Do, doo, dooo, re, mi, fa...
Un brivido freddo mi attraversò e chiusi gli occhi. Riaprendoli essi si posarono su un vaso di giada, appoggiato su un mobile basso alla sinistra del piano. Era vuoto, nessun fiore spargeva il suo profumo nella stanza.

Decisi di andare in cerca di Mary e Kitty per proporre una passeggiata ne giardini. Mi alzai e stavo per rimettere al suo posto il sedile quando qualcosa catturò la mia attenzione. Era piccolo, rosso e bianco, sotto al pianoforte vicino ad una gamba. Mi accovacciai e protesi la mano per afferrare un rametto fiorito, era sottile e pieno di piccoli boccioli candidi dalla punta cremisi: erano fiori di erica.

Gli stessi fiori che il pomeriggio precedente avevo visto adornare la collina sulla quale sorgeva Heatherfield, il palazzo abbandonato dei Parsley.
Il cuore prese a battermi all'impazzata e il terrore rischiò di annebbiarmi la mente ancora una volta. Cercai qualche altra traccia e trovai dei petali nivei incastrati tra le corde del pianoforte e altri due o tre boccioli sotto la finestra, tra le tende.
Allora era vero, qualcuno era entrato la sera prima in quella stanza. Qualcuno aveva realmente suonato il mio pianoforte. Il rumore che avevo sentito non era fantasia, in effetti un estraneo era passato dalla finestra.

Trascorsi qualche minuto nello sconforto più nero fino a che non mi riscossi. Decisi di andare fino in fondo a quella storia. La mia mente era in cerca disperatamente di una spiegazione logica dell'accaduto, rifiutando l'idea che uno spirito avesse violato la pace di Pemberley.
Fu così che partì la mia indagine.

Avrei iniziato la mia investigazione in solitaria, per essere sicura che tutto quello a cui avevo assistito non era frutto della mia immaginazione. Una volta ottenute le prove avrei svelato il mistero e chiesto aiuto alla mia famiglia.  Avevo l'impressione che se avessi detto una cosa del genere a mio fratello Fitzwilliam, nonostante la stima e l'affetto che mi portava, mi avrebbe preso per folle. Oppure mi avrebbe rimproverata per essermi fatta suggestionare dal racconto della disgrazia dei Parsley.

Quel pomeriggio iniziai con l'interrogare la domestica, la signora Smith, che si occupava della pulizia e dell'ordine della casa. Le chiesi se avesse visto qualcosa di strano nella stanza della musica quella mattina e se avesse trovato una delle finestre aperte, fingendo di averla dimenticata accostata la sera prima. La signora Smith mi assicurò che tutto si era svolto come d'ordinario: era entrata nella stanza della musica presto quella mattina per arieggiarla, trovando le imposte chiuse come al solito, e per spolverare lo strumento.

Poi mi chiese se qualcosa non avesse incontrato il mio gusto o se avessi trovato mancanze nel suo lavoro. Le assicurai che tutto era perfetto, l'unica cosa che avrei voluto erano dei fiori nel vaso di giada e da quanto tempo questo non veniva usato? Appreso che da diversi mesi il vaso non veniva usato, dunque i rametti di erica non provenivano da lì,  salutai la signora Smith e mi misi in cerca di Kitty e Mary.
Trovai Kitty nelle cucine, intenta ad osservare con interesse la preparazione di alcuni dolci per il tè e ad ascoltare le chiacchiere delle cuoche.
 
- Georgie! Come stai, ti senti meglio? Vuoi assaggiare un muffin all'uvetta?-
 
- Ti ringrazio Kitty, mi sento ancora un po' scombussolata, ma sto meglio. Volevo chiederti una cosa riguardo a ieri... -
 
- Non mi dire che stai pensando ancora alla storia di Jhon, vero? -  mi chiese Kitty bisbigliando e allungando la mano verso un dolcetto caldo, sperando di passare inosservata alle cuoche.

- Se solo ci ripenso mi vengono i brividi, stanotte mi sono svegliata di soprassalto e per riprendere sonno sono andata da Mary  e abbiamo dormito abbracciate. Persino lei, che è sempre così seria e non crede ai fantasmi, era un po' strana. -

- Ecco Kitty, a proposito di stanotte... hai sentito per caso qualche rumore insolito? Come di una finestra che si apriva o un pianoforte... -

- No, no, no! Nessun rumore, avevo soltanto la tremarella. Mi ricordo solo di aver sognato che qualcuno stesse suonando il pianoforte, ma poi mi sono svegliata ed era tutto silenzioso. Perché me lo chiedi, tu hai sentito qualcosa? Hai visto il fantasma della donna senza volto? -

Gli occhi di Kitty erano sgranati dalla paura, ma io l'assicurai immediatamente che non avevo sentito nulla e di non preoccuparsi. Non volevo allarmare nessuno prima di essere sicura. Lasciai Kitty in cucina e mi diressi in biblioteca dove sapevo che avrei trovato Mary.
Infatti era proprio lì, seduta al grande tavolo tondo di legno scuro in mezzo alla sala zeppa di scaffali e librerie, intenta a leggere un manuale sulle piante del sud dell'Inghilterra.

Aveva le guance leggermente arrossate e un piccolo sorriso sulle labbra che non le avevo mai visto prima di allora. Era molto strano essere testimoni di quel lato delicato di Mary che riservava solo alla testimonianza dei suoi amati volumi.
Mi sedetti accanto a lei e parlammo un po' del più e del meno, fino a che non le chiesi della notte precedente. Anche Mary, come Kitty, non aveva sentito nulla di sospetto anche se aveva dormito altrettanto male.

Non potei parlare con mio fratello ed Elizabeth dal momento che erano usciti per alcune commissioni. Inoltre fare a loro le stesse domande rivolte a Kitty e Mary sarebbe stato inutile, dal momento che le loro stanze erano dalla parte opposta del palazzo e probabilmente non si erano accorti di nulla comunque. Una richiesta del genere li avrebbe messi soltanto in allarme. Mi ritirai nella mia stanza, presi un vecchio taccuino in pelle dal cassetto del mio scrittoio, lo stesso sul quale sto scrivendo adesso, e munita di calamaio e penna iniziai a mettere insieme i miei indizi.
Quella notte e per quelle successive mi sforzai di andare a letto molto tardi. Aspettavo la mezzanotte con trepidazione, in attesa di risentire le note lugubri che mi avevano terrorizzata, ma nulla.

Erano passati cinque giorni e ormai avevo iniziato a credere che tutto fosse stato frutto della mia immaginazione.
Nel dormiveglia della notte tra il quinto e il sesto giorno, percepii di nuovo il cigolare della finestra. Immediatamente lucida e con i sensi in allerta mi alzai ed aprii la mia finestra. Mi sedetti su un cuscino e mi misi in ascolto sotto il davanzale. Una melodia fievole si dipanò nell'aria. I tasti del pianoforte erano sfiorati con così tanta leggerezza da far sì che le note fossero quasi impercettibili. Quella canzone mi ammaliò e mi spezzò il cuore. Era di una tristezza assoluta e struggente, raccontava di qualcosa di perso per sempre, di un dolore inconsolabile.
Debole come era iniziata la melodia terminò e mi accorsi che le mie guance erano rigate da calde lacrime che non mi ero accorta di aver pianto. Sentii il bisogno di un abbraccio amico, di una parola di conforto, ma era notte e tutti dormivano tranne me e l'essere che aveva scatenato queste sensazioni.
Mi riscossi quando sentii ancora una volta l'imposta chiudersi. Nascosta tra le tende scrutai fuori dalla finestra.  Era completamente buio e solo la falce calante della luna illuminava i giardini di Pemberley.

Tuttavia la vidi: una figura minuta, coperta da un mantello pesante, stava uscendo dalla finestra della stanza della musica. Per lo spavento mi lasciai scappare un verso strozzato. La creatura volse di scatto la testa verso l'alto, così che il cappuccio le ricadde sulle spalle.
Aveva lunghi capelli neri e ondulati e sotto il mantello indossava una veste bianca che somigliava ad una camicia da notte; era scalza, ma la cosa che mi terrorizzò fu il suo volto: non riuscivo a vederlo. Era sfocato e nero come la pece, impossibile distinguere i lineamenti. Dato che ero nascosta dietro la tenda e con me avevo il favore del buio, il "fantasma" non si accorse della mia presenza; dopo aver lanciato un'ultima occhiata alla mia finestra, si rimise il cappuccio e prese a correre più veloce del vento in direzione del bosco.

Con i battiti a mille e ancora sconvolta da ciò che avevo visto, ormai non poteva essere una mia fantasia, tornai a letto.

Il fantasma esisteva veramente.




N/A
Ciao a tutti! Grazie ancora una volta per aver letto fino a qui, se vi va lasciate un'impressione! A presto :)
T

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