I will try to fix you

di ValexLP
(/viewuser.php?uid=854543)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ciao a tutti! 
Questa è la prima Fan Fiction che scrivo in "coppia". In che senso?
Tutto è nato quando la mia Sis Flavia (su twitter @FlaviaOttaviane) iniziò a creare manip OutlawQueen Medical AU.
Da lì l'idea di creare insieme una fan fiction ambientata in ospedale, con i nostri due 'medici' preferiti. 
Sappiamo quanto il fandom ami quest'idea ed è per questo che ci stiamo impegnando parecchio. 
Ci auguriamo che ciò che abbiamo in mente vi ispiri e vi invoglia a continuare la lettura. 
Credeteci, questo è SOLO l'inizio. 
Ovviamente andremo avanti solo con il vostro consenso. 
Che ne dite? Continuiamo? 
Fateci sapere! 
E Buona Lettura. 










Mancavano 3 minuti. Tre benedetti minuti e quella giornata infernale sarebbe finita. Non vedeva l’ora di rientrare a casa e farsi una doccia.
Probabilmente il suo era uno dei lavori più faticosi al mondo, turni su turni, prescrizioni su prescrizioni eppure, nonostante ciò, era un lavoro che le dava tantissime soddisfazioni e che lei amava alla follia. Regina Mills era un medico, più nello specifico era responsabile di chirurgia pediatrica in uno degli ospedali più prestigiosi di New York.
La sua passione per la medicina era iniziata alla tenera età di cinque anni quando, per imitare sua madre infermiera, Regina le rubava il fonendoscopio dalla valigetta e faceva finta di auscultare il battito cardiaco. Dal quel momento era più che sicura di una cosa. Nella vita avrebbe fatto il medico e niente e nessuno le avrebbe fatto cambiare idea.


Sentì il suo orologio da polso suonare e da lì capì che finalmente erano le otto. Fece per alzarsi dalla sedia sulla quale stava quasi per addormentarsi quando la porta della sua stanza si spalancò.


“E’ giunto il momento!!” Regina sobbalzò rendendosi conto di chi fosse


“Si finalmente, non ne posso più. Oggi è stata pesante! Gold ha avuto la brillante idea di unirmi i turni della mattina e del pomeriggio per un totale di quattordici ore di servizio. In più ho dovuto prendere parte a tre operazioni ed assistere due dei nuovi specializzandi. Non chiedermi come faccio ancora ad essere viva perché non lo so” disse Regina guardandosi allo specchio cercando di darsi una sistemata ai capelli terribilmente arruffati che le cadevano sulle spalle e togliendosi dei residui di matita nera da sotto gli occhi.


“Davvero 14 ore? E pensare che volevo chiederti se ti andava di andare a mangiare qualcosa insieme” la guardò Mary Margareth mentre si toglieva il camice bianco e si infilava il suo lungo cappotto nero.


“Mi dispiace ma stasera proprio non ce la faccio. L’unica cosa che voglio fare è buttarmi sul letto e morire.”


“Fa niente sarà per la prossima volta, non ti preoccupare” disse MM prendendola sotto braccio e incamminandosi insieme a lei verso l’uscita.


Mary Margareth e Regina si conoscevano da anni ormai. Si erano incontrate il giorno del test d’ammissione all’università, una gareggiava per il posto da infermiera mentre l’altra per il posto a medicina. Erano strade diverse si, ma questo non le impedì di restare in contatto durante tutti gli anni accademici. Successivamente Regina si era specializzata mentre Mary Margareth era stata promossa a caposala.
La loro era un’amicizia sincera, c’erano sempre l’una per l’altra anche se ogni tanto non mancavano i battibecchi.
Si diressero verso i parcheggi privati dell’ospedale per prendere la macchina e tornarsene a casa incrociando in continuazione colleghi, pazienti e i loro familiari fino a quando non videro l’unica persona che Regina avrebbe tanto voluto evitare. Ad essere sincera ogni volta che lo incontrava in corsia cercava quasi sempre di cambiare strada. Non lo sopportava. Eppure in quel momento non poteva fare nulla, la sua macchina si trovava proprio lì in quel parcheggio e non avrebbe potuto fare nulla per evitarlo.
Oddio no, lui no.


“Buonasera colleghe” esclamò l’uomo incrociando il loro sguardo.


“Buonasera dottor Locksley, facciamo la notte oggi?” rispose sorridente Mary Margareth.


Robin Locksley era il neurochirurgo più competente di tutta la struttura e lui si vantava di ciò. Questa sua esuberanza sembrava non turbare Mary Margareth, ne tantomeno gli altri medici suoi colleghi. Tutti riconoscevano la sua immensa bravura e gli erano riconoscenti per tutte le vite che salvava. Regina invece non riusciva a farselo piacere. Avevano avuto modo di chiacchierare in passato, di collaborare e prendere parte a diversi convegni ma il loro rapporto non era mai andato oltre la professionalità.


“Già, stanotte si lavora duro. Voi dove siete dirette?” chiese lui guardando Regina. Quella donna con i capelli neri come la notte e gli occhi castani lo affascinava.


Ogni volta che la incontrava la studiava con lo sguardo. Era bellissima e avrebbe tanto voluto approfondire il loro rapporto magari andando a bere un caffè insieme. Gli sarebbe piaciuto conoscerla meglio, indagare di più sulla sua vita e non soffermarsi solo sulle questioni lavorative. Chissà, forse prima o poi glielo avrebbe chiesto. O forse anche subito.


“Abbiamo finito, ce ne stiamo andando a casa” rispose subito Regina sorridendo con strafottenza.


“Che peccato, pensavo che avremmo avuto l’occasione di passare un po’ di tempo insieme” disse Robin facendo il finto offeso. “


O davvero? E cosa te lo fa pensare che voglia passare del tempo con te Locksley?” “Oh andiamo, lo so che sotto sotto ti piaccio”


“Penso che non uscirei con te neanche se fossi l’ultimo uomo sulla faccia della terra”
Mary Margareth intanto li guardava divertita. Amava quando si punzecchiavano, sembravano davvero una coppia.


“Forse adesso mi rifiuti, ma prima o poi ci riuscirò a portarti fuori a cena, ne sono sicuro” Robin le strizzò l’occhio.


“Non pensavo che un neurochirurgo come te si abbassasse a questi livelli, ad uscire con una semplice pediatra”


“Beh che dire, sei una bella pediatra…vi auguro una buona serata signore” fece lui andandosene.
Regina rimase un attimo interdetta da quelle parole. Non si sarebbe mai immaginata una dichiarazione simile da parte sua. Quasi quasi rimase colpita quando all’improvviso si sentì chiamare un’ultima volta.


“Ah Mills..?” esclamò Robin girandosi verso di lei.


“Bei capelli” disse ridendo prima di scomparire dietro le porte scorrevoli. Regina si ricordò delle sue condizioni in cui aveva lasciato la sua stanza e arrossì sgranando gli occhi. Era un mix tra rabbia e vergogna.
Lo ammazzo. Giuro che la prossima volta lo ammazzo.


Salirono in macchina quando Mary Margareth scoppiò a ridere.


“Non c’è nulla da ridere” sbottò Regina dandole un colpo sulla spalla.


“Oh andiamo Regina, si vede che è cotto di te”


“Cotto di me? Ma smettila che fa così con tutte!”


“Nah, fidati di me! Ho visto come ti guardava, ti ha praticamente fatto una radiografia”


“Mi avrà anche fatto una radiografia, potrò anche piacergli ma la cosa non è reciproca”


“Mi stai dicendo che non provi nulla per lui? Che non ti piace neanche un po’? Regina piantala, tutte le donne di questo ospedale gli vanno dietro”
“E allora? Sarà anche un bell’uomo ma non sopporto il suo atteggiamento. Si vanta della sua professionalità come se fosse l’unico neurochirurgo degli Stati Uniti ma chi si crede di essere?”


“Ora dici così ma vedrai come ti lascerai andare”


“Ne sei proprio sicura?”


“Dieci dollari che entro la fine della prossima settimana riuscirà ad invitarti a cena fuori. O a colazione, quello che vuoi”


“Affare fatto.”
Perderai amica mia stanne certa.


Un quarto d’ora più tardi varcò finalmente la soglia di casa e trovò suo figlio Henry seduto sul divano intento a giocare alla Play Station.
“Tesoro sono a casa”


“Ciao mamma finalmente sei tornata.”


“Diciamo che ho avuto una giornata piuttosto impegnativa”
“Avevo immaginato, ho appena ordinato due pizze, dovrebbero arrivare tra una decina di minuti, hai tempo di farti una doccia e rilassarti un po’” disse lui lasciandole un bacio sulla guancia.


“Il mio uomo, che farei senza di te” disse Regina togliendosi le scarpe e appoggiando il cappotto sull’attaccapanni.


Henry aveva 15 anni ma poteva definirsi molto più maturo di un qualsiasi adolescente della sua età. Frequentava il liceo artistico, aveva sempre dimostrato una certa dote per il disegno e sognava un giorno di diventare un autore di storie a fumetti. Regina aveva amato sin da subito questa sua aspirazione. Non voleva che suo figlio seguisse le sue orme come solitamente si aspettavano moltissime persone. Voleva solo che lui fosse felice e che seguisse il suo cuore.
Entrò in doccia e vi restò per quindici minuti buoni facendo si che le gocce d’acqua calda che le cadevano sul corpo la rilassassero e che le scacciassero via tutti i pensieri pesanti derivati dalle lunghissime ore di lavoro in ospedale.
Uscì e avvolse un asciugamano intorno al suo corpo per poi dirigersi in camera e indossare il suo pigiama preferito con gli orsacchiotti lasciando i capelli bagnati.


“Allora tesoro? Come è andata oggi a scuola?” chiese ad Henry mentre entrambi si gustavano le loro pizze seduti al tavolo della cucina.


“Bene, la professoressa Blanchard ci ha assegnato un progetto da fare entro il prossimo mese, dobbiamo inventare una piccola storia e poi disegnarla sotto forma di fumetto”


“Davvero? Ma è meraviglioso!” esclamò Regina


“Si, è una cosa bellissima e non vedo l’ora di mostrargliela. Ho già tutto in mente, devo solo appuntarmi alcuni particolari su carta e poi iniziare a disegnare”


Regina aveva gli occhi lucidi mentre parlava, era così fiera di lui. Non poteva chiedere un figlio migliore, metteva amore in tutto quello che faceva.
La aiutò più tardi a lavare quei due bicchieri e posate che avevano usato per la cena prima di ritirarsi in camera.


“Vado a dormire mamma, domani mi aspettano sei ore di lezione piuttosto impegnative” disse lui dirigendosi verso la sua stanza.


“Va bene Henry, buonanotte!” e gli lasciò un bacio sulla tempia.


Rimase sola in salone e sospirò. Amava la sua vita, aveva un lavoro che la soddisfava, un figlio che amava alla follia e amiche che la supportavano quando ne aveva bisogno, eppure c’era qualcosa che la tormentava. Qualcosa che non le permetteva di vivere in tutta la serenità che meritava.
Tornò in camera e si sedette sul suo enorme letto matrimoniale con l’intenzione di dormire, ma prima di infilarsi sotto le coperte, fissò lo sguardo su una piccola cornice che teneva sul comodino. La foto raffigurava una bambina che non poteva avere più di tre anni. Aveva i capelli neri e sorrideva mentre volava su un’altalena. Era il ritratto della felicità. Regina la fissava con gli occhi lucidi mentre si portava una mano alla bocca lasciando l’impronta di un bacio per poi poggiarla sul vetro della cornice. Era una cosa che faceva ogni sera prima di addormentarsi ormai da dieci anni e avrebbe continuato a farla per altrettanti. Era diventato una specie di rituale che conosceva solo lei. Non ne aveva parlato mai a nessuno, nemmeno a suo figlio. Si sdraiò finalmente e si addormentò abbracciando un piccolo orsacchiotto di peluche con al collo un fiocchetto rosa.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Che dire? Sono, anzi siamo, davvero cotentissime che il  primo capitolo vi abbia entusiasmato così tanto! 
Ciò significa molto per noi! GRAZIE!!
Ora si entra nel vivo della storia, comincerete a conoscere anche nuovi personaggi.
Speriamo vi piaccia sempre di più, 
davvero ci teniamo tanto a sapere i pareri di tutti! 
Per qualunque cosa, 
scriveteci un commento, una recensione, quello che volete. 
Buona Lettura !!








Era l’alba di un nuovo giorno a New York. Il sole stava sorgendo e la città era già in pieno movimento. Mentre Henry continuava a viaggiare nel mondo dei sogni ancora per un po’, Regina era già sveglia da qualche minuto ed era dentro la doccia per una veloce rinfrescata mattutina così da affrontare un’altra giornata di lavoro. Durante la doccia aveva mille pensieri riguardanti il suo amato lavoro e soprattutto i suoi pazienti. Proprio perché amava ciò che faceva, non riusciva a staccare con la mente. In qualche modo questa era anche un po’ una fortuna, avere la mente sempre impegnata era solo un bene: l’aveva salvata da un periodo davvero buio della sua vita. Una volta uscita dalla doccia, corse in camera, aprì il grande armadio che era davanti il suo lettone, e scelse i vestiti per la giornata. Infine indossò una collanina. Una collanina dalla quale non se ne separava mai, la indossava ogni giorno da anni ormai. Prima di scendere al piano di sotto, passò nella camera di Henry ancora al buio, e avvicinandosi lentamente, lasciò l’impronta di un bacio sulla guancia e una carezza, mentre il suo piccolo principe dormiva ancora.

‘Buona giornata piccolo principe, ti voglio bene’, sussurrò sorridendo ormai vicino alla porta che stava lentamene richiudendo e così, dopo aver preso una merendina al volo dalla cucina, prese la borsa e uscì di casa per dirigersi in ospedale.



Nonostante uscisse sempre prima del previsto da casa, Regina lungo la strada incontrava sempre il solito traffico di New York. Ed eccola che correndo fece ingresso nel reparto.
‘…sempre di corsa vero Mills?’, la provocò il dottor Jones vedendola arrivare come ogni mattina.
‘E tu Jones mi raccomando sempre attento ai miei spostamenti...!!’, rispose infastidita Regina mentre continuava a correre verso la sala medici.

Il dottor Killian Jones era un chirurgo plastico. Uno dei migliori in zona. Molto simpatico con i suoi pazienti e disponibile. Era nel Presbyterian ormai da tre anni e si trovava molto bene anche con tutti i suoi colleghi soprattutto con Robin, o meglio il dottor Locksley. Forse era proprio per questo motivo che per Regina non era uno dei miglior confidenti.

‘Arriverà il giorno in cui ti vedrò arrivare in santa pace Regina?’, disse comparendo all’improvviso Mary Margareth.
‘Ti ci metti anche tu ora? E diamine conoscete New York e il suo traffico… mi sveglio anche prima del previsto. E comunque sono solo 5 minuti di ritardo. Cosa sono 5 minuti di ritardo?’
‘Ah per i comuni mortali nulla… ma non per noi che dobbiamo rispondere al dottor Gold…’
‘Perché? È già arrivato?’
‘Non solo arrivato, ma è anche in sala medici che ti aspetta con i nuovi turni di lavoro… ti dico solo una cosa… buona fortuna!’
‘Come sempre di grande incoraggiamento Mary Margareth…’ concluse Regina lasciandole un finto sorriso.



‘Buongiorno Dottor Gold! Mi scusi il ritardo ma…’entrò subito mettendo le mani avanti e scusandosi, ma fu subito interrotta dal collega il quale era davanti il tavolo che ricontrollava il foglio dei turni.
‘Cos’è Mills? Questa volta la colpa è di una lite improvvisa tra autisti nel bel mezzo di New York? O non è suonata la sveglia?’

Il dottor Gold, direttore del Presbyterian, era un uomo estremamente pignolo con i suoi colleghi e a detta della sua troupe, particolarmente ‘bastardo’. Ciò a cui teneva di più era proprio ed esclusivamente il suo ospedale ed era anche per questo che pretendeva il massimo da tutti coloro che ci lavoravano. Se anche stimasse i suoi dipendenti, non lo dava a vedere quasi mai, a meno che servisse a pavoneggiarsi in pubblico per far risaltare il suo lavoro e le sue scelte. Se lo si contraddiceva, era la volta buona che si entrava nella sua lista nera, ed entrare nella lista nera valeva come primo passo verso il licenziamento. In qualche modo il suo modo di fare era molto utile per allenare la pazienza di tutti, in primis Regina abituata ormai nei suoi esercizi di self-control. Così dopo quell’accoglienza da parte del suo capo, fece solo un gran respiro per non cadere nella provocazione.

‘Davvero Dottor Gold, mi dispiace… ho fatto il possibile…’
‘Ah no! Dottoressa Mills, qui nel mio ospedale il possibile non basta...’ disse con tono deciso e avvicinandosi a lei, ‘…in questa struttura e da tutti voi medici io voglio l’impossibile. E lei lo sa bene… anche se a volte soffre di amnesia…’.

Resistere alle provocazioni di Gold era davvero una difficile sfida. Regina doveva controllarsi ogni giorno dal suo primissimo istinto di spaccargli la faccia, o almeno era quello che confidava alla caposala Mary Margareth.

‘Prenderò del fosforo Dottor Gold… e spero in un miracolo…’ cercò di fare il suo gioco, era l’unico modo di uscirne.
‘Oh come siamo simpatiche questa mattina… spero continui ad esserlo anche dopo aver dato un’occhiata ai suoi nuovi turni… come lei ben sa, ci tengo ad avere un equipe sempre presente e disponibile…’
‘Ma certo… e amando il mio lavoro e i miei pazienti, assicurerò la mia presenza ad ogni emergenza, come sempre d’altronde.’, gli rispose lasciandoli un sorriso fiero. Era orgogliosa di tutto quello che faceva in ospedale,
‘Così mi piace Dottoressa Mills! Ora vado… non vorrei farle perdere ancora più tempo di quanto lei l’abbia già perso…’ disse Gold avvicinandosi alla porta.

Respira. Resisti. Respira. Resisti.

‘Buona Giornata anche a lei…’

Sapeva bene come non dargliela vinta e far finta di nulla. Finalmente lo vide allontanarsi anche dal corridoio del reparto, chiuse la porta della sala medici e posò la schiena su di essa sospirando.

Dio ti ringrazio. Il bastardo se n’è andato.

Mentre recuperava la calma, il suo sguardo andò inevitabilmente su quei fogli che si trovavano sul tavolo della sala. Dopo l’incoraggiamento di Mary Margareth e dopo lo scambio di battute con Gold, capì che quei turni non erano sicuramente dei migliori. Così si avvicinò al tavolo e iniziò a leggerli.
Alla sola lettura dei primi, Regina sbarrò gli occhi. Amava il suo lavoro si, ma quelle ore erano troppo per chiunque e da come notò, anche per i suoi colleghi era stato usato lo stesso trattamento.

Lo ammazzo. Io stavolta lo ammazzo. Non è umano.

La porta della sala medici si aprì lentamente, ma Regina rimase di spalle ad essa, ancora sconvolta da quegli orari improponibili.

‘Credo che quel tuo ‘buona fortuna’ non servirà proprio a niente… passerò un’altra settimana d’inferno già lo so…’ si rivolse così alla persona che pensava fosse entrata e continuò. ‘Ora ti prego, dammi una sola buona motivazione per non strangolarlo la prossima volta che mi capiti davanti…’

‘...sembra che durante questa bellissima settimana infernale, abbiamo quasi sempre gli stessi turni…’ una voce maschile esclamò alle sue spalle.

No! Non può essere…

Regina si girò di scatto e si rese conto, ritrovandosi faccia a faccia, che ad entrare nella sala medici non era la sua cara amica caposala, bensì il dottor Locksley.

‘Non è meraviglioso Mills?’ con un’espressione provocatoria e divertita.

‘…da morire direi Locksley!’, ovviamente in modo ironico.

Che odio!

‘Oh andiamo, vedrai… sono simpatico sai? Sarà bello passare del tempo insieme… tra una pausa e l’altra! Magari una colazione insieme ci farebbe scoprire cose interessanti…’
‘Ecco si… mi ha appena trovato un motivo per amare questi turni… lavorerò talmente tanto che non avrò tempo per una pausa con lei!!’

All’improvviso quei maledetti turni le parsero l’unica salvezza. Non aveva per niente voglia si subirsi i vanti del Dottor Locksley. Era un ottimo medico lo ammetteva, ma non lo reggeva per niente proprio per quel suo dannato modo di fare.

‘E poi glielo ripeto, un neurochirurgo come lei, che ci fa con una semplice pediatra?’
‘Penso che qualunque uomo, degno di essere chiamato tale, si fermi ad ammirare cotanta bellezza…e uno come me può diventare pericoloso quando le piace una donna testarda come lei…’ esclamò avvicinandosi alla donna lentamente e cercando i suoi occhi.
‘Ma mi faccia il piacere!’, affermò allontanandolo con un braccio.
“i tipi come lei li conosco, e so bene che devo starne alla larga, ma direi la stessa identica cosa anche a lei perché vede…’ disse avvicinandosi con aria di sfida all’uomo ‘…anche una semplice pediatra può rivelarsi pericolosa da affrontare… e le dico perciò di non sfidarmi… perderebbe in partenza!’
‘…e se le dicessi che amo le sfide?’, le chiese ormai faccia a faccia lasciando la donna senza parole.

Tu sfidare me? Ma ti vedi? Ma chi sei? Che cosa vuoi?

‘Regina sei qui?!’ domandò all’improvviso Mary Margareth aprendo la porta della sala medici.
‘Oh scusate! Dottor Locksley non sapevo che fosse qui… ero venuta per chiedere alla Mills una cosa ma….’ Tentò di scusarsi con i medici in sala cercando di nascondere l’imbarazzo.
‘Nono entri pure cara caposala, …stavo giusto andando via!’, affermò Robin allontanandosi verso la porta senza staccare lo sguardo dalla dottoressa. ‘E buona giornata Mills…’
‘A lei…’ rispose Regina con un tono abbastanza seccato.
‘Ho interrotto qualcosa di importante…?’ chiese subito curiosa Mary Margareth.
‘Ma piantala! Anzi, gli hai salvato la vita… stavo per tirargli un calcio dove puoi immaginare… ti giuro non lo sopporto più! E sinceramente mancava solo lui a farmi andare storta la giornata…’
‘E che sarà mai tutto quest’odio verso il dottor Locksley?!’
‘E’ un presuntuoso, arrogante, spavaldo e maschilista… e la prossima volta che mi capita davanti giuro che gliele urlo in faccia queste cose, anche davanti a tutti i pazienti!’, gridò tutte queste cose di fila senza quasi più respiro.
‘Calma Regina! Rilassati… se non ti conoscessi, penserei che sotto sotto il caro dottore ti faccia un certo effetto…’
‘Ma dico mi hai sentito?’ domandò scioccata Regina dalle affermazioni dell’amica caposala.
‘Perfettamente… e ti dirò di più, chi disprezza compra!’
‘Piuttosto mi faccio suora!’, rispose sedendosi e sospirando.
‘…e comunque, parliamo di cose davvero tragiche! Ti pare che questi siano turni per esseri umani? Ma cosa pretende Gold? Uno di questi giorni se la vedrà anche lui con me, dovesse essere l’ultima cosa che faccio! E al diavolo la lista nera!’
‘Ti capisco Regina… sarà una settimana tragica per tutti, ne parlavano anche gli altri. L’unica cosa che posso dirti è di aggrapparti all’amore per questo lavoro e ai tuoi piccoli pazienti…specialmente una che già mi ha chiesto di te…’
‘Grace?’ si voltò verso l’amica sorridendole.
‘Esatto… ti chiamavo giusto per lei. Sai che non si fa toccare se non ci sei anche tu presente…’
‘D’accordo andiamo allora… il suo sorriso è proprio quello mi serve…’ .



Le due colleghe camminavano lungo il corridoio del reparto di oncologia pediatrica, dove si trovavano i piccoli pazienti di Regina e da fuori la porta, salutava ognuno di loro con la mano lasciandogli un piccolo sorriso. Quei leggeri sorrisi che le facevano erano davvero qualcosa di prezioso, era la forza che le serviva per affrontare ogni giornata con loro, anche quando li notava più tristi o scoraggiati del solito. Se erano lì, di sicuro non era per divertimento, le loro malattie erano abbastanza importanti. Regina era un po’ come una mamma per loro, donava amore davvero a tutti i bambini indistintamente, e cercava di allievare le loro sofferenze più che poteva. Amava tutti sì, ma ad una di loro Regina era particolarmente legata. Ed era proprio quella piccola bimba di 5 anni che fissava da fuori la vetrata della camera, Grace. Aveva un posto speciale nel cuore della donna, nessuno tra i suoi colleghi conosceva il reale motivo di questo particolare legame, e Regina cercava anche di evitare questo discorso. C’è qualcosa nei suoi occhi… solo questo si azzardava nel confidare agli altri, ma era l’unica a conoscere la verità.

‘Che fai non entri?’, chiese Mary Margareth alla collega.
‘Si certo… ma volevo osservarla un po’ da qui, prima che entri il ‘mostro cattivo’ e la torturi ancora…’, sussurrò con aria triste.
‘Ma quale mostro cattivo?! Tu per lei sei davvero una grande forza, come lo sei per tutti gli altri. Non lo vedi i sorrisi che ti regalano?’
‘Se solo sapessi cosa ci sia dietro quei timidi sorrisi, credimi… vorrei solo essere davvero la loro ‘salvatrice’, vorrei che uscissero tutti da questo ospedale sorridendo davvero, non solamente con la bocca, ma con il cuore… è quello che deve tornare a sorridere! E non so se ne sarò mai capace…’ .
‘Lo so è difficile, ma vedila così, Grace e tutti gli altri chiedono sempre e solo di te. Un motivo ci sarà no?’

Regina sorrise al pensiero della collega. Anche se conosceva la sofferenza dei suoi piccoli pazienti, cercava di rafforzarsi pensando a questi piccoli gesti, e anche a quei sorrisi che, nonostante tutto, erano solo per lei.

‘Stavolta quel maledetto tumore al cervello riuscirò a fermarlo. Devo riuscirci…’ disse Regina poco prima di entrare dalla piccola.
‘in che senso? Che intendi dire? Perché stavolta…?’, ma la caposala non ricevette risposta poiché la donna era ormai dentro la camera di Grace.


‘Allora chi è che reclama la mia presenza qui?’ esclamò facendo di tutto per riavere il sorriso sulle labbra.
‘Regina! Finalmente sei arrivata!’, sorrise la piccola Grace, mentre la donna le lasciò una carezza sul suo viso abbastanza pallido.
‘Lo sai che appena arrivo a lavoro il primo pensiero è quello di venire da te…’, le toccò il naso con due dita, ‘…che succede?’
‘E’ che stanotte ho fatto un brutto sogno…’ confessò Grace stringendosi alla dottoressa che ormai era seduta accanto alla bimba.
‘No tesoro mi dispiace… ma sicuramente sarà stato solamente un incubo non ti preoccupare!’, disse continuando ad accarezzarla.
‘C’eri anche tu nel sogno… io correvo verso di te e tu verso di me, allungavamo le braccia per prenderci, ma c’era qualcosa che ci impediva tutto questo e piano piano ci siamo allontanate sempre di più!’
Fu così che alla bimba iniziò ad uscire qualche lacrima, ‘… è vero che non mi abbandoni Regina? E’ vero? Sarai sempre vicino a me!?’, le chiese quasi supplicandola con quegli occhioni pieni di fragilità e sofferenza.
‘Ma certo tesoro… io sono qui e non ti abbandono!’, affermò a quel punto Regina stringendola sempre di più, ‘…lo senti come ti stringo forte?!’.

Mentre la stringeva, il suo sguardo andò verso quella piccola testa senza più capelli ormai da tempo, e mentre una lacrima cadde proprio lì, la mente di Regina vagava, vagava per i pensieri più scuri che erano sempre dentro di lei.

‘…quando uscirò di qui, voglio che vieni sempre a giocare con me… me lo prometti Regina?’, chiese alla sua dottoressa come se fosse il desiderio più bello,.

Regina non rispose subito. Baciò la testa della piccola e poi la fissò negli occhi che amava tanto e le disse, ‘…te lo prometto Grace… quando uscirai di qui, io e te faremo tanti giochi insieme, … è una promessa!’
La cosa più difficile da fare era proprio mantenere una promessa, ma Regina era certa di quello che diceva, ci credeva fino in fondo. Doveva crederci. E voleva. Quella bambina era davvero importante per lei e avrebbe fatto di tutto pur di salvarla anche se le sue condizioni erano abbastanza critiche. Grace arrivò nel Presbyterian con il tumore al cervello già in fase avanzata e questo purtroppo a causa di alcuni medici che ai genitori non avevano dato più speranza. Dopo vari accertamenti fatti al suo arrivo in ospedale però, una piccola speranza riuscirono a trovarla. Era piccola sì, ma i genitori, anche se preparati a tutto, non potevano mollare. E di certo non poteva e non voleva farlo neanche Regina.



La giornata in ospedale fu particolarmente dura e stancante. Tante visite e urgenze. Non appena tornò tra le sue quattro mura, Regina si buttò sul letto con ancora tutti i vestiti addosso. Ripensò a tutta la giornata passata, specie ai turni nuovi. Ce l’avrebbe fatta a sopravvivere con quei ritmi? Ce l’avrebbe fatta a non perdere la pazienza con il Dottor Gold? Era quello che si augurava. Per quanto allettante fosse l’idea di spaccargli la faccia, doveva resistere per amore del suo lavoro e dei suoi pazienti. Chiuse per qualche minuto gli occhi così da allontanare i pensieri ma uno squillo del cellulare la fece saltare di nuovo.

Era un sms.
E da un numero a lei sconosciuto.
  • Stanca vero?
Regina non capiva chi fosse.
  • Scusi chi è lei? Non ho il suo numero memorizzato.
Dopo pochi secondi risposero ancora.
  • Qualcuno che ama le sfide…
Qualcuno che ama le sfide? Ma che scherzo è questo?
  • Senta scusi ha sbagliato numero. Arrivederci.
  • Andiamo, lo sai chi sono :P
A questo però Regina non rispose più.

Si stancherà e capirà che avrà sbagliato. Non ho voglia di fare nulla. Voglio solo dormire.

Dopo qualche minuto il cellulare iniziò a squillare, e stavolta non era un semplice sms, ma una chiamata, e sempre da quel numero sconosciuto.

Oddio non si arrende! Ora rispondo come si deve così la smette!

‘Senta, come glie lo devo spiegare che ha sbagliato numero? Io non ho la più pallida idea di chi sia… sono particolarmente stanca e vorrei solo spogliarmi e andare a riposare, chiaro?’ gridò Regina tutto d’un fiato.

Stava per riattaccare quando senti subito la voce del proprietario del numero.

‘Questa sì che è una bellissima idea Mills! Un po’ affrettata direi, ma se proprio insiste…’
‘No… non ci credo!’

Non può essere.

‘Oh vedi? Non era poi così difficile capire chi sono! E vedo che la mia voce la ricordi particolarmente bene…’, scherzò più che divertito il dottor Locksley dall’altra parte del telefono.
‘Si può sapere come diavolo ha avuto il mio numero? Chi glie l’ha dato?’ domandò Regina abbastanza infastidita.
‘Oh non ci vuole molto a trovare il suo recapito in sala medici, proprio dove sono tutti i nostri numeri…’
‘Ma io la denuncio! Questa è violazione della privacy lo sa?’
‘Si si … certo... come no! E comunque, noi due abbiamo un discorso in sospeso, non è vero? E questa settimana abbiamo molto tempo da passare insieme… che ne dice di una colazione insieme?’
‘Io e lei non abbiamo nessun discorso in sospeso! E sa una cosa? E’ proprio questa sua sfacciataggine che non mi porterà mai ad avere a che fare con lei! Quindi altro che colazione insieme…’
‘Ah se preferisce facciamo solo un caffè durante la pausa…’, insistette divertito Robin.

Che idiota!

‘Lei non molla mai vero? Vuole sempre avere l’ultima parola!’
‘Mai! Soprattutto se c’è di mezzo una stupenda dottoressa come lei… andiamo cosa le costa un caffè? O teme che possa far breccia nel suo cuore da semplice pediatra come ama definirsi..?” Le tentava tutte ormai.

Tu breccia nel mio cuore?. Povero illuso.

‘Io non temo proprio nulla, caro dottor Locksley. E siccome sono abbastanza esasperata da lei e da questa giornata, accetto questo caffè. Anche domani stesso. Così la finirà di tormentarmi una volta per tutte!’
‘Vedremo… intanto il primo caffè è andato! A domani mia cara Mills, e si riposi che ne ha bisogno!’
‘Si certo… a domani!’ e alzando gli occhi al cielo, chiuse la chiamata concedendosi finalmente quei tanto desiderati minuti di riposo.

 
quindi? Commenti?














 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ed eccoci al 3 capitolo della storia. 
Spero riesca ad appassionarvi sempre di più... 
Fateci sapere cosa ne pensate, 
davvero ci teniamo a saperlo! 
Buona Lettura a tutti. 








Ce l’aveva fatta. Dopo giorni e giorni di esitazione, aveva finalmente trovato il coraggio di rubare il suo numero di telefono e invitarla a prendere qualcosa da bere. Era l’unico modo per avere successo dal momento che sapeva che se glielo avesse chiesto di persona, l’avrebbe sicuramente  mandato a quel paese e non sbagliava. Ma stavolta era deciso. Il giorno dopo sarebbe andato a bussare alla porta del suo studio e insieme sarebbero andati a bere quel tanto desiderato caffè.
 
In quel momento Robin si trovava nel cortile dell’asilo che frequentava Roland, il figlio di 5 anni che aveva avuto dalla sua precedente relazione con un’altra donna che si chiamava Marian. Si erano divorziati dopo un lungo periodo di crisi in cui si scoprì che Marian tradiva Robin di nascosto con un altro uomo. Robin ottenne così la custodia del piccolo ed ora Roland viveva insieme a lui continuando comunque a vedere la madre una o due volte a settimana. Era un bambino vivace e dolce dai capelli scuri e riccioluti e dalle fossette scavate che gli apparivano in volto ogni volta che sorrideva e che lo rendevano la copia esatta del padre.
 
Aveva appena riagganciato la chiamata con Regina quando le porte dell’asilo si spalancarono e tutti i bambini iniziarono ad uscire e correre verso i rispettivi genitori. Robin lo vide da lontano con lo zainetto sulle spalle e il grembiule blu che camminava verso di lui e lo aspettò a braccia aperte.
 
“Papààààà!” urlò il piccolo saltandogli addosso.
 
“Ciao piccolo campione, mi sei mancato! Allora? Come è andata la giornata a scuola?”
 
“Benissimo, abbiamo fatto un sacco di disegni, abbiamo giocato a nascondino in giardino dopo pranzo e poi la maestra ci ha fatto vedere un cartone animato. Era la storia di un leone che poi diventa re ma c’era anche un altro leone che voleva fargli del male papà, era cattivissimooo e voleva anche ucciderlo. Ma poi alla fine lo sconfigge e vince! E’ stato il più bellissimo cartone che abbia mai visto!”
 
“Roland quante volte devo dirti che non si dice più bellissimo? E’ “il più bel””
 
“Scusami papà”
 
“Fa niente tesoro. E con gli altri amichetti come è andata? Vi siete divertiti?”
 
“Si anche se mentre giocavamo e correvamo sono caduto perché un altro bambino mi ha spinto”
 
“Come ti ha spinto? Chi è stato? Ti sei fatto male tesoro?”
 
“Stai tranquillo papà, sto bene. La maestra mi ha aiutato e poi non l’ha fatto apposta. Stavamo correndo per andare a fare tana e vincere. Abbiamo fatto subito pace”
 
A quel punto Robin si tranquillizzò all’idea che non si fosse fatto nulla e che la caduta fosse dovuta solo al gioco. Dopotutto anche lui quando era bambino ne aveva fatte di cadute per giocare con i suoi amici, era una cosa normale.
 
“E poi sono sicuro che tu mi avresti aiutato a guarire vero papà? Sei un supereroe che salva tante persone”
 
Robin agli occhi di suo figlio era diventato un vero e proprio supereroe. Dal giorno in cui spiegò al figlio che il suo lavoro consisteva nel salvare la vita delle persone e farle stare bene, Roland non aveva più smesso di chiamarlo in quel modo e questo faceva brillare gli occhi a Robin.
 
“Certo piccolino. Non avrei esitato neanche per un minuto! Ora torniamo a casa che papà ha avuto una giornata piuttosto lunga e faticosa a lavoro” disse prendendolo in braccio.
Lo fece salire in macchina ed entrambi si diressero verso casa.
 
 
 
 
Nel frattempo Mary Margaret, dopo aver finito il turno ed essersene rientrata in casa, se ne stava tranquilla e rilassata sul divano a mettersi lo smalto sulle unghie mentre ascoltava la musica.
Con la coda dell’occhio si rese conto che il cellulare stava squillando e, onde evitare di rovinarsi la manicure appena fatta, si tolse una cuffia, attivò il vivavoce e rispose.
 
“Regina, a cosa devo questa chiamata?” esclamò con il suo solito umore.
 
“Non ti ci mettere con questa tua allegria a gratis che sono nervosa, ai massimi livelli!”
 
“Ah e fammi capire, chiami sempre me quando ti senti cosi?”
 
“Si, con qualcuno dovrò pur sfogarmi no?”
 
“E sentiamo, a cosa è dovuto tutto questo nervosismo?”
 
“…..ROBIN LOCKSLEY!”
 
Mary Margaret non rispose ma si limitò a fare un sorrisetto beffardo. Le sue teorie si stavano per realizzare. Lo sapeva.
 
“Smettila di sorridere perché lo so che stai sorridendo e rispondimi piuttosto!”
 
“Solo tre parole…Te.L’avevo.Detto.”
 
“Mary Margaret?!”
 
“E va bene va bene…che ha combinato stavolta?”
 
“Vorresti dire che cosa NON ha combinato!! Hai presente l’elenco con tutti i recapiti dei medici del reparto? Indovina un po’ che ha fatto?”
 
“Che ha fatto?”
 
“Ha rubato il mio e con la faccia che si ritrova ha avuto il coraggio di chiamarmi al cellulare!!”
 
“Io te l’avevo detto che era cotto di te ma tu ‘noooo che cosa dici?’…e poi? Ti ha chiesto di uscire”

 “Esattamente. Non ce la posso fare”
 
“Oh si che puoi farcela. Andiamo Regina dagliela una possibilità a quel poveretto. Vuole solo invitarti a prendere un caffè che ci sarà mai di male?”
 
“Non voglio. Non con lui”
 
“E perché? Non hai nulla da perdere…è un bell’uomo, presuntuoso come dici tu e ok, ma magari nella vita privata ha un altro aspetto non trovi? Sfido chiunque abbia le sue stesse capacità a non vantarsi un po’ in pubblico”
 
“Si ma io lo odio questo suo modo di fare e lo sai bene. Te l’ho detto un’infinità di volte”
 
“Cambierai idea col tempo, e poi non devi mica andarci a convivere. E’ solo un caffè in amicizia.. imparerete a conoscervi meglio e chissà, potresti anche trovare qualcosa di interessante in lui. Non lo conosci affatto, sai solo che è un neurochirurgo, secondo te è abbastanza per giudicarlo a vita? No, quindi vai, dagli una possibilità e dalla anche a te stessa. Vedrai che poi mi ringrazierai. Cosa gli hai risposto?”
 
“MI ha esasperata così tanto che sono arrivata al punto di dirgli di si…”
 
“Ecco fatto il primo passo, domani vai e lasciati andare, non lasciarti sopraffare dai pregiudizi..divertiti mi raccomando, poi voglio tutti i dettagli. Non scappi!”
 
E con questo riagganciò. Regina rimase con il telefono all’orecchio pronta a controbattere alla risposta dell’amica ma quest’ultima non le diede la possibilità.
 
“Mary Margaret!” cercò di urlarle contro ma invano. Aveva già attaccato.
 
Me la pagherai.
 
Ma forse aveva ragione. Forse doveva lasciarsi veramente andare e dare a Robin una possibilità. Era sempre stata troppo crudele nei suoi confronti e non gli aveva mai dato l’occasione di mostrare il suo lato più soft. Aveva accettato quel caffè ed ora, grazie al consiglio della sua amica ci sarebbe andata con l’idea che forse quell’uomo poteva davvero nascondere un lato buono, dolce e affettuoso come sosteneva.
Era pronta a conoscere quel collega che con la sua presunzione, si era guadagnato il suo odio.
 
 
 
Toc Toc.
 
Regina se ne stava seduta alla scrivania del suo ufficio a compilare alcune scartoffie quando senti qualcuno bussare alla porta. Sapeva già chi fosse, il tanto atteso momento era arrivato.
 
“Entra pure, so che sei tu”
 
“Buongiorno raggio di sole, allora? Come ce la spassiamo oggi?” Domandò Robin entrando con un sorriso compiaciuto stampato in volto.
 
“Come mi hai chiamato scusa?” domandò Regina sgranando gli occhi non appena udì il nome che le aveva dato.
 
“Raggio di sole. Che c’è non ti piace?”
 
“No per niente. Per te sono e sarò sempre la dottoressa Mills. Niente di più”
 
“Oh andiamo Regina quando la smetterai di trattarmi così e mi lascerai finalmente un po’ di spazio nel tuo cuore? Non sono così cattivo.”
 
“Se la metti così allora mai e poi mai”
 
“Smettila di fare la donna dura, so che almeno un minimo sei interessata a me altrimenti per quale ragione avresti accettato il mio invito? Non hai scuse ora.”
 
“L’ho accettato per il semplice motivo per cui, se non lo avessi fatto, mi avresti tormentata per il resto della mia vita. Ora, siccome ho parecchio da fare qui con tutte queste carte, andiamo così prima facciamo, prima mi libero di te e prima mi rimetto a lavoro” disse Regina alzandosi e dirigendosi verso la porta uscendo.
 
Robin la fissò mentre si allontanava lungo il corridoio e intanto non smetteva di sorridere. Adorava quando faceva così, non aveva mai incontrato prima d’ora una donna con un carattere simile, sapeva tener testa alle persone come nessun’altro e questo era l’aspetto che più l’affascinava di lei. L’avrebbe conquistata assolutamente, fosse l’ultima cosa che avrebbe fatto in vita sua.
La raggiunse per poi camminare di fianco a lei senza però proferire parola, continuavano ad avanzare sotto lo sguardo sorpreso di tutti gli altri medici che non si aspettavano di certo di vederli insieme.
Non azzardatevi a pensare che io e lui usciamo insieme eh? Per carità ci mancano solo i pettegolezzi.
 
Incrociarono anche lo sguardo di Mary Margaret che non appena li vide camminare fianco a fianco, smise di leggere ciò che aveva in mano e strizzò l’occhio a Regina.
 
“In bocca al lupo” mimò con le labbra.
 
Regina la vide e le lanciò un’occhiataccia che valeva più di mille parole.
Quando ci rivediamo dopo facciamo i conti.
 
La frase di Mary Margaret non era passata di certo inosservata a Robin che mentre aspettavano che arrivasse l’ascensore diede una gomitata sul fianco a Regina.
 
“Vedo che anche la tua amica fa il tifo per noi”
 
Regina allora rispose colpendolo sulla spalla “Ma ci mancherebbe..lei? Lei sta dalla mia parte”
 
“A giudicare dalla sua faccia direi proprio di no”
 
“E invece si”
 
“Ti dico di no”
 
“Si!”
 
“SMETTILA!”
 
L’arrivo dell’ascensore quasi salvò la vita a Robin che se avesse continuato a risponderle, si sarebbe ritrovato il ginocchio di Regina in altre parti del corpo e decisamente più dolorose di un fianco o una spalla.
Passarono alcuni secondi in silenzio senza neanche guardarsi in faccia quando all’improvviso sentirono un rumore e l’ascensore di colpo si fermò.
Merda.
 
“Beh che succede?” si domandò Regina schiacciando con foga il pulsante del piano senza però ottenere risultati. Erano bloccati.
 
“A quanto pare siamo bloccati”
 
“Grazie Locksley continua a sottolineare l’ovvio. Come se da sola non ci fossi arrivata…”
 
“Tu l’hai chiesto ed io ti ho risposto”
 
Regina a questo punto non continuò. Era una battaglia persa in partenza. Aveva sempre la risposta pronta e qualsiasi cosa avesse continuato a dire, lui avrebbe trovato il modo di risponderle a tono.
Erano bloccati insieme e l’unica cosa che le restava da fare era pregare che qualcuno li venisse a liberare. E anche di corsa.
 
I minuti passavano e il silenzio regnava in quell’ascensore. Regina camminava avanti e indietro senza mai fermarsi e sospirava.
 
“Stai tranquilla, vedrai che qualcuno verrà a liberarci, non penserai che resteremo qui per sempre vero?” disse Robin vedendola leggermente agitata ma lei non rispose. Continuava a camminare passandosi la mano tra i capelli e il respiro si faceva sempre più forte.
 
“Che fai ti agiti? Guarda che non succede nulla se stai di qualche centimetro più vicino a me eh?”
 
“Sono claustrofobica imbecille!” sbottò lei.
 
Robin allora non rispose. Rimase quasi interdetto a quell’esclamazione ma poi tornò subito in se: “Ma davvero? Quale divinità devo ringraziare per aver fatto bloccare questo coso e avermi fatto scoprire questo piccolissimo dettaglio su di te?”
 
“Smettila ti prego, non mi sento affatto bene”
 
A quel punto Robin capì che forse era meglio smettere con le battutine ed iniziare a comportarsi in maniera più seria. Doveva aiutarla in qualche modo.
Si sedette allora sul pavimento e la invitò a  fare lo stesso.
 
“Vieni a sederti qui accanto a me” disse con un tono dolce che quasi sorprese Regina.
 
“Per terra? Su questo schifo?”
 
“Che ti importa, si lavano i camici lo sai si?” rispose lui e meravigliato vide che anche Regina sorrideva e si sedette accanto a lui.
 
“Peccato…” iniziò Robin.
 
“Peccato per cosa?”
 
“Per questo piccolo inconveniente, qualcosa mi dice che resteremo qui almeno per tutto il tempo della nostra pausa e quindi, niente più caffè” rispose lui con aria quasi triste.
 
“Mi spieghi una cosa?”
 
“Tutto quello che vuoi”
 
“Perché sei così ostinato a voler uscire con me?”
 
Robin a questo sospirò. Aspettò qualche secondo e poi rispose.
“Non ci arrivi Regina? Mi sembrava che ormai fosse chiaro. Sei una bella persona, molto testarda devo ammetterlo e a volte anche un po’ difficile da gestire ma nonostante ciò mi attrai molto. Voglio semplicemente conoscerti meglio, voglio sapere qualcosa in più di te che non sia collegata al lavoro e a tutte le altre cose noiose che ci sono qua dentro”
 
Regina sì sentì come se stesse arrossendo. Mary margaret non aveva tutti i torti. Robin voleva davvero conoscerla perché era interessato a lei, sembrava seria la cosa e non lo faceva di certo per prenderla in giro. O almeno così sperava. Lo guardò negli occhi e vide che quell’aria da essere strafottente che aveva era svanita per lasciar spazio ad una un po’ più dolce.
 
“Tanto per cominciare, hai figli?” chiese lui non smettendo di guardarla.
 
Regina sorrise e pensò ad Henry, la sua ragione di vita più grande. “Si, ho un figlio che si chiama Henry, ha 15 anni e frequenta il liceo artistico. E’ una delle poche cose giuste che abbia mai fatto in questa vita. Lui mi rende felice, mi da tantissime soddisfazione e senza di lui non so davvero come potrei vivere. E’ tutto ciò che ho” raccontò.
 
Robin intanto ascoltava, era affascinato dalla sua voce e dal suo racconto.
 
“E il padre?” domandò di sfuggita senza neanche pensarci ma si rese conto di aver fatto uno sbaglio quando vide Regina serrare i pugni.
 
“oddio scusami non volevo intromettermi in niente di delicato, non ti preoccupare, fai come se non ti avessi chiesto nulla e continua a parlarmi di Henry. Dicevi che fa il liceo artistico?”
 
Regina allora continuò il suo racconto sul figlio e le ritornò il sorriso in volto. “Si esatto, ama tantissimo disegnare e il suo sogno più grande è quello di diventare un fumettista”
 
“Davvero?” domandò Robin curioso. “Sai anche io quando ero più piccolo amavo tanto disegnare. Tra i miei numerosissimi hobby c’era anche il disegno. Ero piuttosto bravo o almeno questo è quello che mi diceva la gente”
 
“Sei uno che si da da fare insomma, e sentiamo Locksley, cosa ti piace fare nel tempo libero?”
 
“Quello che amo più di tutto è il tiro con l’arco. Da bambino ho guardato il cartone di Robin Hood non so quante volte e da qui è nata la mia passione. Magari un giorno posso insegnarti che ne dici Mills?”
 
“Ma non ci penso proprio, scordatelo” rise.
 
Mentre parlavano, Robin si rese conto che Regina non aveva mai smesso di giocare con la catenina che aveva al collo. Le stava dando il tormento da più di dieci minuti.
 
“Quella che fai la usi come anti stress per quando sei nervosa?” le chiese allungando una mano verso il suo collo. La reazione di Regina fu immediata, non appena lo vide si alzò di scatto ed esclamò con gli occhi spalancati: “Non toccarla!! E’…preziosa!”
Aveva uno sguardo triste in viso e questo sembrò ucciderlo.
 
Robin rimase un attimo interdetto dal quel suo gesto improvviso, era sicuramente qualcosa di importante per lei per dover reagire così. Ma cosa?
 
“Scusami, non volevo! Davvero, perdonami. Mi dispiace tanto.”
 
In quel momento di tensione che si era creato dai due, un rumore provenne dall’esterno e finalmente le porte dell’ascensore si riaprirono rivelando una folla di persone che li fissava. In testa c’era il dottor Gold che non perse l’occasione di rimproverarli.
 
“Ora pur di lavorare vi fate anche chiudere in ascensore eh?”
 
“Ci scusi, volevamo soltanto andare a prendere qualcosa da bere durante la pausa”
 
“Per questa volta siete scusati, ma sappiate che vi tengo d’occhio” disse prima di allontanarsi e disperdersi nei corridoi.
A quel punto Robin e Regina uscirono e prima di dirigersi ognuno verso le proprie attività, Regina prese parola e si girò verso di lui.
 
“Grazie…per avermi aiutata a distrarmi, è stato bello parlare con lei. Ora se non le dispiace dovrei andare che ho davvero molto da fare” disse allungando una mano verso di lui che subito afferrò e gliela strinse.
 
“E’ stato un piacere Mills. La lascio andare e non le ruberò altro tempo”.
Regina allora fece per andarsene quando dalle sue spalle sentì di nuovo la sua voce.
 
“Mi devi ancora quel caffè”
 
Si fermò un istante e sorrise. “Si immagino di si.”
 
 commenti?
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Perdonate l'attesa, 
ma questi giorni sono stati particolarmente stressanti.
Ma ecco qui il nuovo capitolo! 
Spero come sempre che vi piaccia e, attendo i vostri commenti! 
Buona Lettura! :) 







Qualche giorno dopo, Regina era davanti il suo amato specchio, in bagno, ed era intenta a sistemarsi i capelli e truccarsi. Prese il suo rossetto rosso preferito della Mac e iniziò a spargerselo sulle labbra. Poteva tralasciare qualunque cosa, ma non quel dettaglio. Specie per un incontro particolare.

“Mamma!” esclamò Henry con stupore vedendo la madre molto attenta alla preparazione.
“Oh tesoro, che ci fai lì impalato?” rispose lei mentre continuava con il trucco.
“Cosa ci fai tu così in tiro? Che c’è, hai forse ricevuto un invito galante?”
“Ma che vai dicendo Henry! … un semplice caffè tra colleghi…”
“Sì certo… e questo tubino nero così aderente come me lo spieghi?”
“Ma come? Non lo sai che amo vestirmi così ogni volta che esco?”
“Mamma!!!” insistette Henry perché sapeva bene quando la madre mentiva o nascondeva qualcosa, e questa era una di quelle, “ …andiamo come si chiama? Se è un semplice caffè con un collega, puoi dirmelo... non c’è niente di male no? O c’è altro che dovrei sapere?”
“Ma cosa vai insinuando Henry! Ma per carità… ti ci metti anche tu ora?” oltre i mille messaggi che Mary Margareth le stava inviando per sapere tutti i dettagli, non poteva sopportare anche il terzo grado del figlio.
“Dai mamma stai tranquilla, stavo solo scherzando! E’ solo che, sono felice di vederti quando fai qualcosa per te… lo sai che ti meriti tutta la felicità di questo mondo…”
Regina si fermò un istante durante la preparazione e non potè fare altro che avvicinarsi al figlio e dargli un bacio sulla fronte.
“Grazie tesoro…”
“… sai che non sono l’unico a pensare queste cose, anche qualcun altro vorrebbe la tua felicità e lo sai bene…”

Regina, senza neanche pensarci, allungò lo sguardo sulla quella cornice che ogni sera, prima di andare a dormire guardava e accarezzava. Dalla porta del bagno riusciva a vedere il comò della sua stanza e quella piccola foto sopra. Un velo di tristezza, ma anche di forza si presentò così sul suo viso.

“Già… lo so bene…” riuscì a dire solamente queste poche parole a causa dei suoi due occhi commossi. “E comunque, davvero… è solo un caffè tra colleghi Henry, niente di più…”
“Va bene va bene… non insisto più, finisciti di preparare… io vado a studiare!”
“Bravo il mio ometto studioso!” sfiorandoli la punta del naso con il proprio come amava fare quando era ancora piccolo.

Poco dopo suonarono al citofono. Andò Henry a rispondere poichè Regina stava finendo di sistemare la borsa.

“Henry chi è?” chiese Regina una volta terminato.
“Ehm… il tuo spasimante!” con un leggero sguardo divertito.
“Il mio che?! Ma la vogliamo smettere di prendere in giro???”
“Ah io stavolta non c’entro nulla… è lui che mi ha detto di dirti così... e ha anche aggiunto che se non ti muovi a scendere, i caffè da prendere si raddoppieranno!”

Lo sguardo di Regina era tutto un programma.
Ti prego dimmi che non l’ha fatto sul serio.

“Che cosa?!?! Dio mio… stavolta farà una brutta fine, me lo sento! Henry ora capisci perché non sarà mai un incontro galante? Comunque mi raccomando, per qualsiasi cosa chiamami. Tornerò presto stai tranquillo.”

Dopo aver salutato il figlio, con molta fretta di dirne quattro al suo ‘spasimante’, cambiò subito espressione e uscì di casa. Si ritrovò Robin appoggiato alla propria macchina, jeans scuri, camicia bianca, occhiali da sole neri e una giacca di pelle che si teneva con la mano dietro la spalla.

Però devo ammettere che il caro e vecchio dottore è un gran belvedere.

Ma con uno sguardo abbastanza infastidito e a passo veloce, si diresse verso l’uomo.

“Idiota, imbecille che non sei altro!!”
“Oh buon pomeriggio anche a te, milady!” disse facendo letteralmente finta di nulla e con aria divertita. Adorava vederla innervosirsi con così poco. La trovava ancora più bella.
“Ti prego finiscila di darmi nomignoli che neanche gli adolescenti alla loro prima cotta si danno!! E comunque, ma sei scemo o cosa nel presentarti con certi titoli da mio figlio?”
“Bè che ho detto di male? Non è la verità? Non sono il tuo spasimante forse?” domandò alzando le spalle. “Non ho mica detto che stiamo insieme…”
“Ci mancherebbe! Noi due non staremo mai insieme… stiamo solo andando a prenderci qualcosa in un bar… come due semplici colleghi!” ci teneva a sottolineare la situazione.

Mentre parlava però, notò lo sguardo di Robin su di lei. La riguardava dall’alto in basso.

“Che c’è? Perché ora mi guardi così?”
“Notavo solamente che … sei particolarmente sexy per andare in un bar e prendere qualcosa con un semplice collega, non trovi?” ripetè quella frase come per imitarla.

Regina si riguardò un momento, un po’ imbarazzata, ma capì l’intenzione dell’uomo.

“Quando hai finito di provocarmi, possiamo salire in macchina e muoverci per favore?”
“Mi piace vederti in difficoltà… se così posso dire, e comunque come desidera, milady…!”

Fu così che l’accompagnò davanti lo sportello della macchina, lo aprì e la fece accomodare, come un vero e proprio gentlemen.
 Non appena anche Robin entrò in macchina, Regina si ritrovò davanti a lei una rosa. Una rosa rossa per la precisione.

“E questa?” disse Regina abbastanza sorpresa del gesto.
“In giro la chiamano rosa sai?”
“Ma dai non mi dire… pensavo mi avessi portato il caffè direttamente in auto!”
“Sai certe volte credo tu non conosca molto bene la parola ironia…” ribattè Robin con aria confusa.
“E io credo che tu non conosca davvero una donna…” lo guardò negli occhi sorridendo “… semplicemente non mi aspettavo che fossi capace di certe piccole attenzioni! Mi hai sorpresa Locksley!”
…ed anche per la seconda volta accidenti!

Un sorriso dolce da parte dell’uomo prima di mettere in moto l’auto, era subito pronto per Regina.
Durante il breve percorso in macchina, Regina continuava ad ammirare e ad odorare la rosa. Era meravigliosa. Dentro di se ancora non realizzava cosa stava accadendo. Insomma in pochi giorni, probabilmente, stava cambiando idea su quell’uomo che guidava seduto affianco a lei. Forse dietro quel neurochirurgo sicuro di se, c’era davvero un uomo più dolce. Forse questa era davvero un’occasione per conoscerlo davvero.
Dopo qualche minuto di viaggio, parcheggiarono e fecero qualche passo a piedi, fino a quando arrivarono dritti dritti davanti allo Starbucks.

“Che ne dici? … ti va un caramel macchiato?” propose Robin prima di entrare.
“Si…  decisamente! Ma anche un muffin al cioccolato” aggiunse la donna.
“Ah... non ti facevo così golosa Mills!”
“Ci sono così tante cose che non sai di me… potresti rimanere stupito sai? Ma il cibo è uno dei piaceri più belli della vita alla quale non posso rinunciare…”
“Vedi? Questo è un punto sulla quale andremo sempre d’accordo…” e facendo l’occhiolino alla donna, si diressero dentro il locale.

Ordinarono e pagarono subito alla cassa per poi andarsi a sedere su uno dei tavolini presenti. Robin però non riusciva a tener lontano lo sguardo da Regina. Anche mentre mangiava, era per lui l’essere più bello mai visto fin ora. Quegli occhi stupendi color nocciola che l’attiravano sempre di più, quelle labbra così belle e rosse che le avrebbe già volute far sue, e quel vestito. Quel vestito così aderente che metteva in risalto tutte le curve della donna e che permetteva a Robin di studiare il suo fisico. Era chiaro che l’attrazione per lei era sempre più forte, ma proprio per questo voleva scoprire qualcosa di più su di lei, voleva conoscerla e voleva permettere a Regina di conoscerlo meglio. Soprattutto voleva capire il perché dietro quegli occhi meravigliosi, si nascondeva della profonda tristezza che solo ammirandola attentamente traspariva. Di una cosa probabilmente era sicuro: il motivo di quella tristezza era legato alla collanina che portava sempre addosso. Anche in quel momento.

“Bè non bevi il caramel? Cos’è, sei troppo emozionato per essere uscito con me?” interruppe Regina i pensieri di Robin.
“Direi troppo abbagliato da cotanta bellezza…” subito egli ne approfittò.
“Ma davvero…? Ma non ci credo proprio…con questo tuo modo di fare e questo caratterino chissà quante donne avrai conquistato…”
“Ah puoi non credermi se vuoi, ma guarda che nella mia vita ho avuto solo un amore davvero importante, per il resto io sono un uomo serio, che ti credi?!”
“E guarda caso è finita… cos’è hai fatto esasperare la tua ex forse?” provò ad indagare senza pensarci troppo.
“Chissà forse proprio perché era esausta di me che alla prima occasione mi tradì… lasciando me e mio figlio da soli…”
“Oddio scusami tanto non volevo… voglio dire, non potevo immaginare...”

Che figura di merda!

“Ma no tranquilla… è storia passata ormai, sono tre anni che io e il mio ometto siamo una grande squadra anche da soli…” e pensando al figlio subito comparve un sorrido sul suo viso.
“Quindi anche tu hai un figlio? E quanti anni ha?” Regina si incuriosì sempre di più.
“Si chiama Roland e ha 5 anni. Va ancora all’asilo ma è un ometto davvero intelligente… mi considera il suo supereroe preferito perché salvo la vita a tante persone… o almeno questo è quello che dice lui” disse Robin abbastanza emozionato mentre raccontava del figlio…e Regina lo notò bene.
“Ma che tesoro!! E comunque ti dovresti vedere mentre parli di lui… sai, ti si illuminano gli occhi! E vedere un uomo che si emoziona è una delle cose più tenere che si possa ammirare in giro…”

Ora mi sembra anche un gran tenerone.

“Lui è la ragione per cui sono sopravvissuto quel periodo… credimi, dopo il tradimento di Marian, la mia ex moglie, non credevo di farcela, ma lui mi ha donato così tanta forza! Lo vedevo sorridere e dicevo ‘come posso permettermi di stare male, quando ho una cosa così preziosa con me?’ Da qualche anno sono riuscito ad ottenere l’affido di mio figlio ed è lei che ogni tanto se lo viene a prendere… di lei, se non fosse che è la madre di mio figlio, non vorrei più saperne nulla. Ho lui. Ho il dono più grande che questa vita mi abbia fatto, non desidero altro.”
Regina ascoltava attentamente il racconto di Robin e se fino a poco fa era convinta di non avere nulla a che fare con quell’uomo, ora trovava molte cose in comune. Più di quanto immaginava.
“Mi dispiace per quello che è successo con la tua ex moglie… ma posso immaginare di come e quanto Roland possa essere stato fondamentale per te…”
“Davvero?”
“Più di quanto immagini…” esclamò Regina.

Ci fu un minuto di silenzio in cui Robin notò il cambio d’espressione nel viso della donna. Era tornata quella tristezza così misteriosa, ma profonda. Voleva sapere di più, ma aveva paura di una sua reazione, non voleva sembrare troppo pressante, magari avrebbe fatto lei il primo passo.

“… ti ricordi quando mi chiesi del padre di Henry?” all’improvviso Regina iniziò a parlare. Forse neanche lei si spiegava il motivo di questo passo, ma sentiva di farlo. O almeno in parte.
“L’altro giorno in ascensore, sì…”
“Anche lui qualche anno fa scappò via… e lasciò me ed Henry da soli… “ disse molto lentamente.
“Mi dispiace… davvero! E posso sapere il motivo?” chiese con molta delicatezza, capendo che la donna si stava aprendo un po’ di più.
“E’… è complicato!” respirò “…non riuscivamo più ad essere noi! Si era creato un muro che nessuno dei due è riuscito a rompere… o forse era solo troppo grande da superare per chiunque…” faceva molta difficoltà ad andare avanti e i respiri si facevano sempre più intensi. Robin intuì che c’era qualcosa ancora dietro quel racconto ma non chiese altro. Apprezzò molto di come lei si stava fidando di lui, ma non voleva andare oltre. Non voleva rovinare un pomeriggio che doveva essere una semplice chiacchierata per conoscersi meglio.
“Facciamo che per oggi basta così con il passato, d’accordo?” e mentre Robin parlò, posò la mano su quella di Regina proprio accanto alla sua. Cercando i suoi occhi, li trovò subito, con qualche lacrima trattenuta e un leggero sorriso di gratitudine.

Forse mi sbagliavo. Mi sbagliavo davvero su di lui. Anche lui ha una certa sensibilità e dolcezza, e non so, ma quegli occhi così azzurri iniziano a non essermi poi così indifferenti.

“Sai una cosa Mills? Con tutta onestà… credo che anche con un capello bianco mi faresti letteralmente impazzire…” disse l’uomo così tutto d’un fiato lasciando interdetta la donna che si stava godendo quel momento di calma apparente…forse.
“Ma che cosa..?!” Regina iniziò a toccarsi e guardarsi i capelli uno ad uno, praticamente sfasciandosi tutta la capigliatura. Solo dopo qualche minuto di panico, quando notò l’uomo che divertito se la rideva sotto i baffi, capì che era stato uno stupido scherzo.
“Sei un bastardo!” iniziò ad inveire contro di lui dandogli qualche leggera spinta sulla spalla, ‘..un brutto bastardo che si pentirà amaramente di questo stupido scherzo...”
“Ma smettilaaaa!! Volevo solo vederti un po’ scomposta… e devo dire che, mentre ti impanichi, sei ancora più bella…” mentre parlava non riusciva ad essere serio e continuava a ridere osservando l’espressione della donna mezza furiosa ma nello stesso tempo divertita.

Divertita appunto. Perché fu questione di qualche minuto che anche lei cominciò a ridere per la situazione che si era creata. E perché forse, mai nessuno, da qualche anno a questa parte era riuscito a farla incavolare e ridere nello stesso tempo.

Mi hai fregato. Mi hai fregato bene Robin Locksley. Sei un provocatore nato… o forse direi, un adorabile provocatore.
 


Erano passati due giorni da quel pomeriggio così particolare per Regina. Chi l’avrebbe mai detto? Era riuscita a sopportare l’uomo che fino a poco fa, non pensava minimamente come suo amico. Eppure, quel pomeriggio qualcosa cambiò dentro di lei.
Si trovava come sempre in ospedale, lungo i corridoi del reparto di oncologia pediatrica e dopo aver fatto le sue solite visite a tutti i suoi piccoli pazienti, arrivò dalla sua amata Grace. Vide da dietro il vetro della stanza che era intenta a giocare con dei peluche. Lentamente si avvicinò alla porta e la guardò sorridendo: sembrava una bimba così normale, così tranquilla, eppure dentro di lei stava combattendo la battaglia più difficile della sua vita.

“Come sta la bimba più dolce di questo ospedale?” cercò di catturare la sua attenzione.
“Regina!” esclamò la bimba, accennando un sorriso.
“Allora stiamo giocando con i peluche oggi eh?”
“Siiii… sono così belli… giochiamo insieme?”
“Tesoro vorrei tanto, ma oggi ho molte visite da fare e non vorrei che qualcuno ci rimproverasse troppo…”
“Chi il capo dell’ospedale?”
“Esattamente, il dottor Gold… ultimamente mi tiene sempre sott’occhio e non vorrei peggiorare la situazione, è capace di tutto!”
“Uffaaaa, ma io volevo solo stare più con te… giocavamo a fare mamma e figlia per un pochino e poi potevi tornare a lavoro…”.

Gli occhi della bambina si fecero tristi e Regina si sentì come qualcosa dentro di lei spezzarsi. Aveva davvero tanto da lavorare quel giorno, come sempre Gold l’aveva riempita di ore e non aveva quasi mai una piccola tregua o momento di caffè con qualcuno. Praticamente i momenti con Grace erano quelli più tranquilli…anche se forse quelli più dolorosi. Ogni volta che quella bimba le chiedeva qualcosa, Regina voleva accontentarla, ne sentiva il bisogno dal profondo del suo cuore. Ma giocare a ‘mamma e figlia’ era un momento davvero speciale per loro due. Non lo facevano spesso, ma quelle volte era un momento davvero magico.

“Sai una cosa Grace? Se il lupo cattivo viene qui a dirci qualcosa, noi saremo più forti di lui e lo annienteremo!!”
“Siiiiii allora rimani qui con me…” il viso della bimba tornò subito a sorridere e strinse forte forte Regina tra le sue braccia. Passare del tempo con la sua dottoressa preferita era una delle più grandi gioie in quel posto così triste.
“Solo una promessa… resterò per circa 20 minuti… poi tornerò a lavoro, ok?”
“Okaaaay!”

E così le due passarono quei 20 minuti a giocare e a fingersi mamma e figlia. Un legame così forte, ma che Regina sentiva così verosimile. Quella bimba per lei rappresentava molto in fondo. E vederla felice era il meglio che poteva chiedere.

“Signorina, direi che i 20 minuti sono passati e io sono anche in ritardo… per cui ora, non appena avrò finito di risistemarti sotto le coperte, tornerò a lavoro, chiaro?”
“Va bene mammina…” continuò a scherzare la piccola, “ prima però devo andare in bagno…”.

Così Grace si alzò dal letto e si diresse verso la porta del bagno che aveva di fronte il letto. Camminò lentamente e nel giro di pochi istanti accadde qualcosa. Qualcosa che fece sobbalzare Regina.
Un forte giramento di testa colse Grace e all’improvviso cadde a terra.

“Oh santo cielo …. Graceee!!” esclamò subito Regina che si precipitò su di lei e le auscultò il cuore. Era tutto nella norma, il battito più che regolare. Regina non voleva ammetterlo ma la verità veniva sempre più a galla ogni giorno che passava: il tumore invece di regredire, avanzava..e sembrava non esserci più alcun modo di fermarlo

“Grace ti prego no! Graceeee svegliati!!!”, continuò a dare qualche colpo sulle guance per vedere se si risvegliasse, ma nessun segnale di ripresa.
“Non puoi morire… non devi morireeee!!” e in lacrime teneva stretta stretta a se la piccola.

In quel momento Robin stava passando per il corridoio con l’intento di salutare la sua dolce collega e nuova “amica” ma quello che vide dai vetri che davano all’interno della stanza della bambina lo lasciarono senza parole.

“Regina che succede?” disse precipitandosi all’interno spalancando la porta e abbassandosi vicino a lei.
“Robin ti prego aiutami! Aiutami a salvarla ti prego lei non può morire, non può lasciarci, non posso lasciarla!” esclamò quasi urlando cercando di rianimare la bambina.
“Qual è la situazione?” domandò Robin cercando di capire meglio prendendo Grace tra le braccia e aiutando Regina a rimetterla sul letto.
“Tumore cerebrale di terzo stadio. E’ stata sottoposta a diversi cicli di chemioterapia, sembrava andasse meglio e invece..si è alzata per andare in bagno ed ha perso i sensi. I parametri sono stabili..Robin dobbiamo fare qualcosa per favore, non posso permettermi di perderla”
“Faremo tutto il possibile per aiutarla, fidati di me. Non permetteremo che una vita così giovane venga stroncata ok? Ora rilassati, entrare nel panico non serve a nulla. E’ una bimba forte, si riprenderà, fidati di me”.

Regina continuava ad accarezzare i capelli di Grace mentre questa era inerme sul letto. Sembrava che stesse dormendo da quanto appariva serena. Robin aveva ragione, avrebbero trovato una soluzione e sarebbero andati fino in fondo pur di permettere a quel piccolo angelo di tornare a giocare con i suoi simili. Questa volta quella battaglia l’avrebbe vinta. 


commenti?

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3675475