Sfumature di Ricordi

di kioccolat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Vecchi Amici ***
Capitolo 3: *** Scale ***
Capitolo 4: *** Tiramisù ***
Capitolo 5: *** Aima e Pecorella ***
Capitolo 6: *** Finalmente ti ho ritrovato ***
Capitolo 7: *** Invio in corso? ***
Capitolo 8: *** Grazie ***
Capitolo 9: *** Visite ***
Capitolo 10: *** Carino ***
Capitolo 11: *** Buio ***
Capitolo 12: *** Amici ***
Capitolo 13: *** LACRIME ***
Capitolo 14: *** Specchio ***
Capitolo 15: *** Ridicolo ***
Capitolo 16: *** Ordinato ***
Capitolo 17: *** T.Empio ***
Capitolo 18: *** Mi-Re ***
Capitolo 19: *** Bloody Rose ***
Capitolo 20: *** Terrore ***
Capitolo 21: *** Addio ***
Capitolo 22: *** Sfumature di Ricordi ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
 
Correva per il corridoio dell’ospedale da ormai 10 minuti abbondanti.  Aveva il fiatone e sentiva ogni rumore attorno a se ovattato, sentiva il cuore scoppiare, la gola secca, la vista come annebbiata  e non riusciva ad elaborare pensieri di senso compiuto per la troppa pressione e preoccupazione che aveva addosso.
Di tanto in tanto, per colpa della veloce corsa, sbatteva su qualcuno, e la persona puntualmente si lamentava. Ma senza fermarsi,  Albafica, continuava a correre agitato, spaventato, impaurito.
Era stato chiamato all’improvviso e subito gli si era gelato il sangue a quella notizia, la paura l’aveva assalito e l’ansia si era insidiata in lui.
Naturale.
Raggiunse finalmente  il medico, che stava appuntando qualcosa su un blocco, e cercò di parlargli prendendolo, anzi afferrandolo per le braccia. Voleva sapere, chiedere informazioni riguardo l’accaduto. Ma le parole gli morirono in gola… Non sapeva cosa dire, era spaesato, confuso, disorientato. Sperava in una risposta positiva. Ma se fosse sta una negativa? Come avrebbe affrontato la cosa. Lasciò l’altro toccandosi la gola con una mano e iniziò a respirare forte. E piano.
Doveva calmarsi in qualche modo, sarebbe andato tutto bene. Continuava a ripeterselo meccanicamente, ci sperava. Non poteva essere il contrario, non DOVEVA essere il contrario.
Il medico, un uomo sui sessanta anni, con occhiali fini e lunghi capelli bianchi legati in una coda alta, lo guardò per poi avvicinarsi piano ed invitarlo a sedersi su una delle sedie del corridoio.
“Hai fatto in fretta, Albafica.”
Disse calmo, poggiando il blocco su una seconda  sedia, e tornando a guardare il ragazzo. Albafica annuì.  Stava cercando di calmarsi, ma i risultati erano vani… Non ci riusciva. Stava pensando al peggio. Vedeva tutto svanire sotto ai suoi occhi.
“Come… sta?”
Si girò piano con sguardo pieno di preoccupazione e velato da un senso di orrore. Gli avevano descritto l’accaduto e non poteva credere a ciò che era successo.
Il medico alzò i lati delle labbra in un sorriso dolce e spiegò la situazione.
“Sembra che sia stato più lo shock che le ferite. Queste ultime non sono troppo gravi. Ho seguito tutto fin dall’inizio, era malconcio ma niente di che, lo sai che è cocciuto. Si riprenderà in fretta.”
Un lieve sorriso nacque sulle labbra del ragazzo. Stava bene… Alla notizia si sentì leggermente meglio, lievemente sollevato, pur sempre preoccupato, ma almeno ora riusciva a parlare ed aveva rilassato ogni muscolo.
“Ti ringrazio Hakurei ma… Sono ugualmente in ansia. È…sveglio?”
Hakurei annuì alzandosi e riprendendo il blocco in mano.
“Tuttavia… Non ricorda come è arrivato qui e continua a minacciarci di denuncia. Potrebbe essere un problema.”
“Non ricorda? Quindi ha…perso la memoria?”
Il medico storse la bocca chiudendo gli occhi. Odiava quelle situazioni, era come se una persona venisse privata di un pezzo di vita. E per lui era davvero ingiusto. Si morse un labbro poi sospirò.
“È possibile che alcuni ricordi siano svaniti…Ipotizzo quelli più recenti, tipo qualche anno. Non è una certezza ovviamente.”
Albafica guardò di scatto il medico e, piano, allargò le labbra in un sorriso non troppo visibile.
“Oh, davvero? C’è probabilità che tornino?”
“Se si sforza a ricordare, o magari vive esperienze passate, è possibile…ma non del tutto sicuro. Mi dispiace, non so dirti di più.”
Il ragazzo dai capelli celesti perse leggermente il sorriso. Poi strinse i pugni, l’espressione si fece seria e carica d’odio.
“L’altro?”
“Ha riportato ferite più gravi. Lo abbiamo portato in sala operatoria con urgenza, ora è fuori pericolo.”
Albafica annuì indifferente. Si alzò dalla sedia ed andò alla finestra guardando fuori, stava piovendo.
“Hakurei, devo chiederti un favore personale.”
Il sopracitato si tolse gli occhiali mettendoli nella tasca del lungo camice bianco. Aveva una brutta sensazione. Comunque decise di ascoltare avvicinandosi al giovane amico.
Albafica espose la sua richiesta ed Hakurei fece un sorriso amaro sospirando.
 “Non puoi chiedermi una cosa del genere, è ingiusto. E ti pentirai di questa scelta.”
Il più giovane si girò e, con sguardo serio, guardò il medico. Quest’accaduto, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Era stato troppo, non poteva più sopportare cose simili, avrebbe fatto in modo di eliminare ogni singola preoccupazione.
“Te ne prego Hakurei.”
L’altro Sospirò. Sarebbe andata a finire male. Molto male. Perché nessuno dava mai ascolto ai più grandi?
“Va bene. Lo farò. Estinguerò il debito di quella volta. Ma fidati… stai sbagliando Albafica.”
Dopo aver detto questo se ne andò, lasciando Albafica solo e amareggiato dalla sua stessa richiesta.
Rivoleva suo fratello come un tempo. Doveva essere lui a guidarlo, lui sapeva cos’èra giusto per suo fratello. Non un estraneo. Lui si sarebbe assunto le responsabilità.
Non era sbagliato. Sperava…
 
DUE ANNI DOPO
Il bel divano bianco, in pelle, dell’appartamento, era occupato da un ragazzo di 22 anni.
Se ne stava beatamente sdraiato a pancia in sotto a guardare la tv. Indossava una felpa grigia con il disegno di un quadrato e dei lunghi pantaloni grigi, il tutto accompagnato da scarpe da ginnastica bianche e rosse.
Ogni tanto prendeva dal pacchetto accanto a lui un biscotto al cioccolato e, lentamente, lo portava alla bocca.
Il programma alla televisione non sembrava prenderlo troppo, ma ogni tanto qualche risata gli usciva.
Capì poi che la quiete di quel giorno stava terminando non appena dalla porta entrò suo fratello maggiore, Albafica.
Quest’ultimo si tolse il cappotto bagnato appendendolo e, dopo aver posato le chiavi della macchina, lanciò uno sguardo severo ed omicida all’altro.
“Sei ancora qui a ciondolare, Aphrodite?”
Il tono di voce con cui la frase venne pronunciata avrebbe raggelato l’anima a chiunque. Ma il ragazzo in questione ignorò la sentenza prendendo un altro biscotto.
La televisione venne spenta all’improvviso e solo in quel momento Aphrodite si voltò, anche abbastanza contrariato, verso il fratello.
“La stavo guardando!”
“Ti avevo detto di uscire ed andare a cercarti un maledettissimo lavoro!”
Per tutta risposta Albafica ricevette uno sbuffo.
“Aphrodite!”
Urlò irritato, al limite dell’esasperazione. Aveva avuto una giornataccia e, anche se sapeva che non era giusto sfogarsi su Aphrodite, quest’ultimo ce la stava mettendo davvero tutta per fargli perdere definitivamente la pazienza.
Il più giovane si alzò dal divano e, prendendo i biscotti, si diresse verso la cucina.
“Sto…cercando.”
“Si? E dove di preciso?!”
Disperato, Albafica si passò una mano fra i capelli, pronto ad ascoltare le scuse che da li a poco suo fratello avrebbe inventato. O usato per l’ennesima volta.
“Nei giornali…su internet…le bacheche annunci…”
“Smettile di dire cavolate! Internet?! Ma se lo usi soltanto per giocarci! Le bacheche? Ma se guardi solo quelle delle programmazione dei film nei cinema?!...ed i giornali? L’ultima volta che hai comprato un giornale è quando in regalo vi era un braccialetto di quel cartone che ti piaceva! A 7 anni! E ti diedi i soldi io, della mia paghetta!”
“….Hum….ah si ricordo…il protagonista aveva i capelli verdi. Ci giocavamo sempre. A te piaceva quello rosso rammenti?”
“Si, che bei tem- non cambiarmi discorso!”
Il più piccolo annuì annoiato. Ogni giorno la stessa storia… E se riusciva a saltare un giorno ricominciava quello dopo. Ma c’èra già Alba che lavorava, perché doveva mettersi a lavorare anche lui? Insomma stava così bene a casa. A non fare niente, con la sua Tv. Perché insisteva così tanto sul maledettissimo lavoro? Bah stava invecchiando. Sicuro.
“Mi stai ascoltando?!”
“ Eh? Scusa dicevi? Mi sono perso alla terza volta che hai detto che non ho voglia di fare niente…”
“Ma lo vuoi capire che lo faccio per-“
“Il mio bene. Lo so, lo so. E sai che ti dico Alba? Hai ragione tu. Esco e vado a cercare qualcosa. Ti faccio uno squillo quando torno ok?”
Prese dall’appendiabiti un giubbotto grigio e, senza nemmeno allacciarlo, uscì di casa.
Anche per quel giorno aveva evitato l’argomento lavoro col fratello.




ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Come avrete visto il capitolo è abbastanza corto, ma questo solamente perché è il prologo.
Vi anticipo immediatamente come sarà strutturata la storia (No spoiler), saranno tre situazioni…e mezze…che si intrecceranno fra di loro.
Le età di alcuni personaggi sono state modificate! Ma immaginateveli fighi ugualmente <3 … Cambia solo il numeretto.
Specifico che non ha un luogo dove si svolge (Grecia/Italia/Francia…) o mi sarei impazzita troppo a star a ricercare le varie cose e non sarei stata mai soddisfatta del risultato, ho tuttavia usato l’euro e, per la scuola, i sistemi di studio italiani (elementari 5 anni, 3 di medie, 5 di superiori etc…)
Per sicurezza ho messo L’OOC ed il rating è arancione, ma in alcuni capitoli…cambierà. Ho messo una certa voce per un fatto successivo, ma se la riterrete inopportuna provvederò a levarla.
Se seguirete questa fiction vorrei che vi ricordiate sempre una cosa: fra la scelta giusta e quella facile, spesso si fa quella facile.
E sinceramente non per cattiveria. Ma perché siamo esseri umani.
La fiction è completa ed ha 22 capitoli. Salvo imprevisti, dovrebbe essere aggiornata ogni settimana ed i dettagli sono quelli che trovate fuori.
 
Perché specifico? Semplice. Mi è capitato in una fiction Het di ricevere una critica NEGATIVA: ‘ma perché non c’è lo yaoi?’
Va bene, esiste gente anche così… Accetto le critiche, ma se verranno mosse recensioni del genere… saranno ignorate… Credo che ognuno di voi farebbe lo stesso giusto? Detto questo aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Vecchi Amici ***


Vecchi Amici


L’arietta fresca gli solleticava il volto e, con le mani infilate nelle tasche della felpa grigia, Aphrodite, mentre aspettava, guardava distrattamente le vetrine dei negozi.
S’inumidì le labbra screpolate le quali, per colpa del freddo, avevano un leggero spacco a destra. Avrebbe potuto coprirlo facilmente con del burro cacao, ma si era rifiutato di mettere una cosa del genere, anche se a consigliarglielo era stato suo fratello. Truccarsi era soltanto una scocciatura, come del resto  dedicarsi all’aspetto fisico. Infatti non capiva come le clienti di Albafica spendessero somme esagerate per orribili tagli di capelli. Va  bene che suo fratello era uno dei migliori parrucchieri, e che ognuno coi propri soldi faceva ciò che voleva… Ma quando  è troppo è troppo!
Una vetrina in particolare attirò la sua attenzione si avvicinò ad essa. Iniziò ad osservare attentamente il manichino e l’abbigliamento da lui indossato.
Una camicia fuxia, spiccavano soprattutto i bottoni ai polsi che erano di un bellissimo nero splendente, coordinati avevano messo dei pantaloni anch’essi neri, e per finire, una cintura bianca molto spessa.
Aphrodite si avvicinò assottigliando leggermente gli occhi, cercando di vedere meglio tramite il riflesso.
“Sono in…pelle?”
Il clacson di una macchina lo riscosse dalla sua breve occhiata alla vetrina. Girandosi, vide Shura in macchina, e non poté che fare un’espressione contrariata appena notò la sua macchina nuova. Una magnifica Ford Focus blu metallizzata.
Per quanto era nuova sembrava brillare ancora di più e, quei dannati fanali, sembravano ad Aphrodite due occhi che lo sfottevano. Insomma, Shura si comprava la macchina nuova e lui era talmente disgraziato che nemmeno la bicicletta poteva farsi!?
Albafica era stato proprio crudele a tagliargli i fondi!
“Sali o no?”
Storcendo la bocca, ed in silenzio, Aphrodite salì in macchina richiudendo anche con forza lo sportello. La sua intenzione era dare un colpo secco in modo da far arrabbiare l’amico, ma…qualcosa andò storto.
“AHIA!”
“….Che stai combinando?”
“Mi sono preso la gamba fra la macchina e lo sportello!”
“Sei cretino?”
”Tsk…il solito ricco da far schifo.”
Shura sospirò e, dopo aver aspettato che l’altro si mettesse finalmente comodo, partì. Aphrodite si stava ancora massaggiando la gamba mentre, fra se e se, mandava maledizioni ai soldi che non aveva, ai soldi che aveva Shura e…alla macchina.
All’improvviso la macchina si fermò ed il passeggero, dato che gli aveva avuto la bella idea di non mettere la cinta, sbalzò in avanti rischiando una testata sul vetro.
Fortunatamente riuscì a ripararsi mettendo le mani davanti, evitando così una visita all’ospedale per il setto nasale rotto.
“Finalmente dopo tanto tempo torna eh. Quanti anni saranno cinque? Sei?”
“Macchina del ca- che io ricordi sono quattro anni, Shura.”
Aphrodite si mise la cinta e, nel frattempo, soffiò per scansarsi una ciocca di capelli che gli era finita in faccia, Shura lo guardò scuotendo la testa.
Lo conosceva fin da bambino ed il loro rapporto di amicizia era molto solido. C’era rispetto e c’era soprattutto fiducia, una cosa che dispiaceva ad entrambi era aver perso i contatti finite le scuole superiori.
“Aphrodite. Sinceramente non ho mai approvato il tuo stile di vita…”
Shura guardò impassibile l’amico. Spettinato, trascurato e vestito con abiti…banali e smorti.
“…ma prima aveva un senso. Adesso, invece, fattelo dire…sembri un perdente.”
Il ‘perdente’ rimase infastidito dall’affermazione dell’amico e, non capendo cosa volesse dire, provò a chiedere spiegazioni tuttavia, il semaforo al quale si erano fermati, diventò nuovamente verde e Shura partì a gran velocità. Aphrodite, rischiò di strozzarsi con la cintura giacché sbalzò in avanti per una seconda volta.
 
Arrivarono finalmente in un grande bar e, dopo essere entrati, presero posto.
Il locale era enorme e sui muri vi erano dei bellissimi quadri stile ottocento. Le grandi vetrate permettevano la visuale sulla strada. In fondo alla sala, a destra, una scala a chiocciola conduceva ad un piano superiore.
Aphrodite si stava ancora guardando intorno incuriosito da quel bel bar che visitava per la prima volta, e stava anche per fare qualche commento positivo…ma il suo amico era già lontano al tavolo con il numero 10 stampato sopra. Sbuffando lo raggiunse.
Calò così il silenzio fra i due. Shura iniziò a guardare il telefono, probabilmente l’agenda, ed Aphrodite a tamburellare le mani sul tavolo. Spazientito ed irritato, l’altro batté con forza il cellulare sul tavolo e si rivolse al ragazzo davanti a lui.
“Va bene, dimmi che hai.”
“Prego?”
“Perché non ti stai lamentando? Del mio silenzio, del suo ritardo, di…tutto!”
“…Shura vuoi un bicchiere d’acqua? Non sembri stare molto bene.”
Proprio in quel momento la porta del locale si aprì. Da essa entrò, di corsa, un individuo dall’espressione sconvolta e col fiatone. Come se avesse corso per chilometri. Ed effettivamente… era così. Si guardò intorno cercando di riprendere fiato e quando vide Aphrodite e Shura sfoderò un bel sorriso, corse da loro e si sedette accanto a Shura. Quanto aveva bramato una sedia in quell’ultima ora. L’aveva sognata, desiderata, sperata, aspirata, cercata…e finalmente ora… era seduto. Che bella sensazione!
“Scusate, non sono più abituato a farmela a piedi. In Italia ho la macchina e da quando sono tornato… non sono motorizzato.”
“Tsk, maledetto… pure tu ce l’hai.”
“Scusa Phrò?”
“Bentornato Angelo. Da tanto non ci si vede.”
Angelo sorrise ed anche Shura passò a dare attenzioni all’arrivato. Era dai tempi della scuola che non si vedevano,insomma, se le meritava no?
“Cosa ci racconti di bello? Come vanno le cose la?”
“Beh dipende che intendi Shura. In generale c’è crisi, manca il lavoro e sono tutti incazzati coi politici. Eppure, fortunatamente, l’attività di Elena rende bene…ora lavoro nel suo negozio. Devo dire che non distinguo molto le varie specie di fiori eh, una volta ho rischiato di vendere ad una vecchietta dei tulipani per dei crisantemi, ma tutto sommato…. Si tira avanti.”
“Oh, ma allora fra voi due è una cosa seria. A che punto siete?”
Angelo fece una risata abbastanza sfrontata, poi appoggiò i gomiti sul tavolo e guardò gli amici con superiorità. Aspettava quella domanda.
“In estate andremo a convivere.”
Aphrodite applaudì impassibile e Shura sorrise, felice per l’amico. Finalmente aveva trovato qualcuno in grado di sopportar- che lo amasse. E questa era una cosa meravigliosa!
Un ragazzo si avvicinò al tavolo, occhi blu mare, capelli marroni e scompigliati ed un sorriso raggiante. Dimostrava circa diciott’anni anni e, anche con troppa confidenza, prese gli ordini dei tre per poi andarsene veloce com’era arrivato.
“Certo che assumono gente giovane eh…voi invece che raccontate? Cos’avete combinato d’interessante in questi anni, Phro?”
“Ah…io beh….ecco…hum… sai adesso facccio. In realtà ho finito la scuola e poi…Ehm Shura perché non inizi tu?”
Con molta nonchalance, Aphrodite passò il discorso a Shura.
Non poteva di certo dichiarare di non aver fatto nulla per quattro anni. Significava dar ragione ad Alba, ed ammettere una sorta di sconfitta personale. Ricevette uno sguardo fin troppo raggelante da Shura, ma poi quest’ultimo iniziò.
“ Io frequento l’università di giurisprudenza. Vorrei, anzi voglio, diventare avvocato… per ora sto proseguendo bene e devo dire che sono fiero dei miei risultati.”
Sia Aphrodite che Angelo guardarono Shura con ammirazione! Che ragazzo! E che coraggio! L’università. Loro nemmeno l’avevano presa in considerazione. Il primo aveva archiviato i libri in soffitta, mentre il secondo li aveva direttamente bruciati.
“Ho anche la fortuna di avere un appartamento, che condivido con un altro ragazzo gentilissimo, vicino alla scuola. L’affitto è basso e pagarlo in due è comodissimo.”
“Cavolo! Ti auguro di laurearti col massimo amico!”
“Grazie Angelo. Tuttavia…”
Gli altri due si avvicinarono a Shura. Sembrava leggermente abbattuto. Cosa poteva mai esserci che non andava? Un brutto voto? Un prof. Che faceva preferenze? I genitori contro l’università scelta?
“Tuttavia c’è un fatto che angoscia il mio cuore ormai da tre mesi…”
“Cioè?”
Risposero in coro Aphrodite e Angelo, adesso preoccupati, ma più incuriositi.
“Il suo nome è Emma.”
Sospirò Shura, prendendo il telefono. Gli altri due rimasero sbalorditi. Emma? Una ragazza! Il loro amico era innamorato!
“E’ lei.”
Fece vedere la foto di una ragazza dai lunghi capelli biondi, gli occhi marroni e le labbra sottili. Aveva un’espressione serena e dei libri in mano. Aphrodite inarcò un sopracciglio ed Angelo se la rise.
“E così ti piacciono le bionde eh? Buona scelta!”
“Cosa? Bionde? No.”
Shura guardò lo schermo e ingrandì la fotografia. Sullo sfondo della foto, dietro la ragazza bionda, un’altra dai capelli blu legati in una treccia era al telefono. I due davanti all’innamorato, si guardarono perplessi, loro vedevano soltanto pixel e riuscivano malapena a distinguere la tonalità dei capelli.
“Sembra…molto matura.”
Azzardò indeciso Aphrodite, facendo splendere sul volto dell’amico un radioso sorriso.
“Lo è. Sono anche riuscito ad avere il suo numero sapete? Secondo me sta andando bene.”
“Maddai? Tu? Che scrivi di tua iniziativa a una ragazza? E che hai detto a ‘sta poverina?”
“Eh caro Angelo. Fortunatamente il ragazzo che abita con me è un Don Giovanni, ha esperienza con le donne ed ha sui trent’anni, quindi sono andato sul sicuro affidandomi a lui…inoltre gli sono simpatico!”
“Quindi ti fa da fratello maggiore. Dai dicci qualche messaggio che hai scritto alla bellissima Emma.”
Shura chiuse la galleria immagini e, con aria orgogliosa, andò immediatamente sui messaggi. Aprì il più recente e lo lesse felice ai due amici.

-Cara Emma, hai un sorriso bianco come il riso che mi fa sentire in paradiso.  -
 
Aphrodite ed Angelo restarono di sasso a sentire il messaggio che il loro amico aveva mandato alla ragazza. Si guardarono con la coda dell’occhio e poi guardarono Shura. Dirglielo? Non dirglielo? Meglio di no… speravano ci sarebbe arrivato da solo.
“Solo una domanda. Sicuro che il tuo coinquilino ti trovi simpatico?”
“Certo Phro. Quando invio quei messaggi sorride, sempre!”
“….Ride o sorride?”
“C’è differenza?”
“Alquanta.”
Una tazzina di caffè fu posata con grazia e perfezione davanti ad Angelo, una gigantesca coppa di gelato davanti ad Aphrodite, ed una coca cola non fece in tempo ad arrivare davanti a Shura, poiché il bicchiere nella quale era stata versata precedentemente urtò il portatovaglioli rovesciandosi sul tavolo.
Sul volto del diciottenne iniziò a regnare il panico. La sua carriera di cameriere era rovinata!
Si sentiva già licenziato, a cercare un nuovo lavoro…e tutto per colpa di una maledetta coca cola. Come lo avrebbe detto a suo zio?
Guardò i clienti, quello del Caffè? Sospirava…quello della Cola? Arricciava le labbra scuotendo la testa, quello del Gelato?....mangiava indifferente. Mangiava? Si sentì leggermente sollevato nel vedere che al terzo ragazzo non importava poi molto del suo disastro.
“Mi dispiace…provvederò a portarvene un’altra!”
“Stai più attento la prossima volta.”
Con occhi pieni di gratitudine il ragazzo se la filò, mentre l’italiano iniziava ad asciugare il danno fatto sopra il tavolo.
Aphrodite mise in bocca l’ennesimo boccone di gelato alla menta, accorgendosi poi degli sguardi dei suoi amici ricambiò interrogativo
“Perché…sei stato così gentile?”
“Angelo ha ragione, tu non sei mai…gentile.”
Aphrodite appoggiò il cucchiaino alla coppa del suo fantastico gelato alla menta. Non capiva cosa volessero dire quei due ma ignorò volutamente. Guardò il giovane cameriere agitarsi in lontananza e correre verso di loro con un’altra Coca Cola.
“Lui ha un lavoro. Io no.”
Al momento di pagare i tre , democraticamente, scelsero di spedire Shura.
Sfortuna volle che alla cassa, in quel preciso momento, vi fosse proprio il ragazzo della coca cola.
“Così ci rincontriamo, giovane amico…”
“Dunque un gelato maxi, una cola ed un caffè…cinque euro.”
“Bene ecco a te.”
Shura sorrise in modo poco amichevole, porgendo al ragazzo la mano con una scintillante carta blu e verde. L’espressione già tesa del cameriere si trasformò, di nuovo, in panico.
“Co…cos’è?”
“Una carta di credito.”
“Ma…cinque eu-“
“Carta. Di. Credito. Sai usarla no?”
Terrore, spavento, paura! Il povero cameriere guardò la macchina verde per le carte di credito. La prese in mano e…come funzionava? Cosa doveva fare? Chiamare il capo? Dire al cliente la verità?
“Shura se non li ha spicci pago io!...Anzi paga Angelo!”
“Hey!”
Aphrodite ed Angelo si misero ad urlare dal fondo del bar. A quelle parole al cameriere sembrò di sentire dei cori angelici… Tuttavia Shura rifiutò e rimettendo la carta al proprio posto, pagò in contanti.
“E così tu sei Regulus eh?”
“Come fa a saperlo?!”
“Sullo scontrino… C’è scritto chi l’ha emesso.”
“Ah…già…”
Shura buttò lo scontrino guardando i suoi amici in lontananza. Angelo aveva preso a parlare e parlare, come sempre. Aphrodite lo guardava con sguardo un po’ assente e le mani infilate nelle tasche della felpa… che soffrisse di depressione il poveretto? Doveva essere successo qualcosa.
“Senti Regulus. Un buon posto per cenare?”
“Oh, beh proprio qui! Facciamo aperitivi, apericene, cene, cene al lume di candela. Vuole prenotare? Porta una bella ragazza? Mi sembra un tipo che ci sa fare lei! Chi è la fortunata eh? Eh?”
“Si modestamente in amore me la cavo bene. Al momento ci sto ancora lavorando. Prenoto una cena per due, col mio amico laggiù. Alle otto. E niente Coca cola.”
 “Perfet- eh?! Proprio quello dai capelli lunghi?”
Shura si allontanò raggiungendo Angelo ed Aphrodite che ormai erano usciti. Si, si erano offerti di pagare, ma in realtà speravano in una risposta negativa…
Parlarono per qualche altro secondo fuori dal bar discutendo del più e del meno rammentando anche i vecchi tempi, dopodiché l’italiano salutò i due e se ne andò. Stavolta con un autobus.
“L’ho trovato in forma. Pensavo fosse ingrassato e invece no…dicono che in Italia cucinano benissimo ma è rimasto molto magro, non credi?”
“Aphrodite che ne dici stasera se ceniamo fuori? Io e te. Così per raccontarci qualcosa. Vorrei parlarti meglio anche di Emma e di come l’ho conosciuta.”
Aphrodite si girò di scatto verso Shura. Una cena intera a sentire lamentele su una donna e su una questione d’amore non ricambiata? Ah non ci pensava nemmeno! Voleva bene a Shura ma non se ne parlava!
“Mi dispiace sono imp-“
“Puoi ordinare ciò che vuoi, pago io.”
“Non mancherò.”

 
 

ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Come avrete potuto notare, lo stile di Aphrodite è un pochino…Diverso da come ce lo ricordiamo, Angelo ha fatto il bravo italiano e si è fatto gli affari suoi, Shura invece sembra leggermente più  contrariato  dal cambiamento dell’amico.
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Scale ***


Scale
 
Albafica sospirò buttando fuori il fumo della sigaretta accesa da poco. Avrebbe aperto fra circa un quarto d’ora ed in quel momento, stava fumando la solita sigaretta di rito che lo aiutava a rilassarsi prima di ogni apertura pomeridiana.
Essendo sabato, sapeva avrebbe avuto un sacco di clienti. Le signore di mezz’età sceglievano sempre quel giorno per andare da lui… E doveva ammetterlo, il suo salone, il “Crimson Thorn”, era il migliore in circolazione. I parrucchieri gelosi affermavano che attirava clienti soltanto per il bell’aspetto, ma ormai aveva imparato ad ignorare queste irritanti critiche.
Era bravo. E lo sapeva.
Nel mentre che era assorto nei suoi pensieri, aveva incontrato uno dei suoi rari… Conoscenti.
“Capisco. Così adesso vivete in tre. Dev’essere dura…”
 “Non sai quanto. È straziante dirigere una casa di tre maschi… Due dei quali sono anche adolescenti.”
“Povero Sisifo. Ti ci vedo però sai? A lavare, stirare, fare il bucato…”
Sisifo guardò avvilito Albafica, mentre quest’ultimo diede un tocco alla sigaretta per far cadere la cenere in eccesso. Nonostante le parole del parrucchiere vennero dette con ironia, dalla faccia del conoscente, Albafica capì di averci preso in pieno.
“Io…Io scherzavo.”
“Beh hai indovinato. Mio nipote lavora e l’altro studia,  momentaneamente è non ho capito bene dove per un campus… E a chi tocca pagare le bollette, fare le faccende e mandare avanti casa? A me naturalmente! Ma per cosa mi hanno preso? Per il loro schiavo!?”
“Ok. Ora mi stai preoccupando. Parli come una di quelle madri isteriche Sisifo, devi prenderti una vacanza…”
Albafica buttò la sigaretta a terra per poi spegnerla con la scarpa. Era pronto. Ora si iniziava a lavorare. Un’altra dura giornata lo aspettava!
“Hey! L’avresti dovuta spegnere sul muro e buttarla nel cestino.”
“Scusa mamma. La prossima volta farò più attenzione.”
Con un gesto della mano, Sisifo, fu liquidato ed il parrucchiere sparì dentro il proprio salone.
In quel momento al più grande, oltre a molti insulti, salì anche una domanda. Ma davvero era così apprensivo? Nah, era sicuramente un’impressione di Alba. Dopotutto i giovani erano tutti uguali ed il parrucchiere, a ventisette anni, non faceva differenza. Quando sarebbe arrivato ai suoi trenta avrebbe capito tutto. Sicuramente. Non bisognava prendersela troppo. Tornò a casa a cuor leggero, attraversò il vialetto di casa col pensiero che di li a poco avrebbe visto finalmente la tv, entrò e… Sentì un odore terribile.
Eppure si era raccomandato a tutti che in casa avrebbe messo piede soltanto lui in cucina. No… non veniva dalla cucina. Guardò con orrore le scale e, piano, iniziò a salirle. Man mano che avanzava l’odore si faceva sempre più forte. Sembrava menta mischiata a dentifricio scaduto con aggiunta di crema per il viso. Sisifo si mise una mano davanti la bocca (per non vomitare) che coprì anche il naso. Arrivò nel bagno e… Vide Regulus davanti lo specchio.
I capelli pettinati -laccati- completamente all’indietro ed un rasoio appoggiato al lavandino. Corse ad aprire la finestra e respirò l’aria ‘pulitamente inquinata’ di città, dove abitava.
“Zio!”
Regulus sfoderò un raggiante sorriso voltandosi verso lo zio. Con la mano sinistra si indicò il volto soddisfatto e con la destra si appoggiò teatralmente al lavandino. Sisifo, sconvolto, guardava lo stato del bagno.
“Cosa… stai combinando?”
“Mi sono fatto la barba! Da solo!”
“Regulus. Tu non hai la barba.”
“Invece si Zio, guarda!”
Felice, Regulus, indicò il lavandino. All’interno vi erano numerosi peli. Sisifo guardò il nipote e fece un’espressione di…pena? Pietà? Doveva dirglielo che si era rasato leggermente dei capelli? Guardò suo nipote a cui stavano brillando gli occhi.
“Visto? Hai visto zio? Ormai sono un uomo maturo!”
Magari prima avrebbe pensato alla lacca… Non voleva spegnere quel radioso sorriso di quell’ ‘uomo maturo’.
“Spiegami i capelli, dunque.”
“Stasera ho una cena importante! Quindi devo essere elegante.”
“Oh…capisco. Allora fatti una doccia e pettinati decentemente.”
Regulus guardò suo zio con aria spaesata. Possibile che il suo piano di sembrare qualche anno più grande non avesse funzionato? Eppure si era svuotato un’intera confezione di lacca in testa! Che fosse scaduta?
“Zio, sto tanto male così?”
“Beh no, ma- “
“Sii sincero, voglio tutta la crudeltà possibile.”
“Sembra che qualche strano animale ti abbia leccato in testa.”
 
“Certo che… sei vestito elegante, Shura.”
Aphrodite osservava il suo amico, seduto davanti a lui, vestito in modo a parer suo, elegante.
Una camicia semplice bianca e dei pantaloni neri. Il tutto accompagnato da una giacca, che al momento si era tolto, del medesimo colore dei pantaloni. Shura si massaggiò le tempie cercando di capire se stesse parlando davvero con la medesima persona che alle superiori si preoccupava di avere l’astuccio del colore del temperino.
“No Phro, non sono io vestito elegante. Sei tu che sei vestito da schifo. “
“Hey, ho i jeans, ho una felpa verde, oggi l’avevo grigia. Cosa vuoi di più?”
“Che non fossero sudici, ma Albafica non ti dice nulla?”
“Il rapporto con mio fratello si è disintegrato già da molto tempo. Ciò che ci diciamo a vicenda non credo conti più molto per l’altro.”
Shura alzò, leggermente, entrambe le sopracciglia in segno di stupore. Era strano. Da che ricordava erano sempre andati d’accordo, erano sempre stati molto legati. Entrambi narcisisti, uno più uno meno, entrambi orgogliosi, entrambi testardi… ma ci avrebbe pensato dopo.
“Shura, quando si ordina?”
Adesso gli interessava altro. Perché Aphrodite aveva subito quel cambiamento? Sembrava davvero un’altra persona, sentiva provenire da lui una certa insoddisfazione e senso d’insofferenza. Probabilmente sarebbe stato più adatto Angelo ad una cosa del genere, sapeva che l’italiano in fondo era sempre stato più legato a Phro, ma non avrebbe concluso niente in due giorni. Infatti era andato li soltanto per una vacanza e si sarebbe fermato pochissimo.
“Shura? Beh? Non rispondi? Ho capito, parlami di Emma. Come va con lei?”
Al sentire il nome di Emma, le nubi nella mente di Shura di diradarono ed uscì uno splendido sole che lo fece sorridere involontariamente. Prese il telefono ed andò nei messaggi.
“Oh miseria, le hai inviato di nuovo un messaggio?”
“Esattamente. Anche questo me l’ha suggerito il mio coinquilino. Dimmi se ti piace va bene?”
 
  • Per me sei come: un angelo senza ali, un diavolo senza corna, una fata senza bacchetta… Ma se un giorno ne avrai mai bisogno, sarò pronto  a darti la mia. -
 
Aphrodite si girò di lato mentre Shura lo guardava ricolmo di fiducia. Era pieno di speranza per quel messaggio, gli sembrava davvero bello e credeva di essersi superato.
“Da…quale manicomio salta fuori il tuo coinquilino?”
“Anche lui fa l’università. Tuttavia ora non frequenta. Forte eh? Che ne pensi?”
“Lei come ti ha risposto?”
“Mi ha risposto con un’altra metafora, è stata molto romantica: ‘Datti fuoco’…capisci? Il fuoco della passione.”
“Fammi indovinare…Anche questo te lo ha detto il tuo coinquilino?
Prima che Shura potesse dare una risposta, negativa o positiva, con un sorriso stampato in volto, ed un cerotto sulla guancia destra, arrivò Regulus. Pronto per prendere gli ordini dei due.
“Buonasera signori, avete deciso?”
“Io prendo una porzione di paella grazie.”
“…Signore, qui non serviamo paella, il menù è sul tavolo. Deve aver visto le nostre cucine…”
“E allora questo asterisco qui accanto con scritto, *menù a richiesta?”
“Beh vede, sono per le comunioni, battesimi ed eventi del genere…la gente può ordinare in anticipo cosa vuole… Se menù vegetariani, vegani, di sola carne o di solo pesce... Significa quello.”
Shura si batté una mano sulla fronte, un locale che non serviva paella?! Che locale era?! Sicuramente su internet avrebbe avuto la sua recensione negativa. Regulus strinse il blocchetto con la penna che aveva in mano. Possibile che con quel tipo gli capitasse sempre un’enorme sfiga?  Cosa aveva fatto di male? Eppure l’oroscopo diceva che sarebbe filata liscia la serata! E lo aveva letto in tre giornali diversi! Vide davanti a lui i due menù e poi guardò Aphrodite, che glieli stava porgendo.
“Prendiamo due pizze. Entrambe margherita.”
Fece un sorriso a trentadue denti e, dopo aver disegnato due fiorellini sul blocchetto (che rappresentavano le margherite), prese i menù e se ne andò di corsa. Stava adorando sempre di più quel tipo.
“Non devi difendere i bambini che non sanno lavorare, Phro.”
“Magari assume anche me, e Alba se la smette di rompere…”
“Che diavolo hai fatto in questi anni? Non ti riconosco più!”
Aphrodite non rispose. Si limitò a guardare fuori, imbronciato, e dopo aver appoggiato un gomito sul tavolo, sbuffò la sua noia.
Tutti a rompergli le scatole e ricordargli ciò che non faceva, ne aveva le scatole piene. Doveva decidere lui la sua vita.
“Guardami in faccia quando ti parlo.”
“Non mi va di-“
“Sono tuo amico.”
Calò un silenzio improvviso fra i due. Effettivamente Shura aveva ragione. Perché doveva tenersi tutto dentro? Non aveva senso. E poi era anche arrabbiato con Albafica per il fatto che lo pressava ogni giorno quindi… Se gli avrebbe fatto un torto piccolo, piccolo, non lo avrebbe mai saputo.. No? Ed infine… Shura era davvero suo amico.
Si mise composto e, dopo aver provato ad iniziare un discorso per almeno tre volte, riuscì a fare una frase di senso compiuto.
“Conosci Margot, giusto?”
“Certo che la conosco. È la tua gatta. Molto carina anche, bianca, pelo lungo ed ha gli occhi azzurri. Un tesoro di micia.”
“Lo so, ed ha delle zampette adorabili, e quando le schiac- coff coff…. Due anni fa…caddi dalle scale per colpa sua.”
“….ma sei serio?”
“Come sai abito in condominio…Lei…non esce spesso dall’appartamento, pare che quel giorno fosse uscita ed io le sono andato dietro per riprenderla ma…Sono inciampato su di lei cadendo così dalle scale…”
Shura alzò un sopracciglio. Mamma mia che sfiga inciampare sul proprio gatto e farsi ruzzolando un pianerottolo. Doveva essere un miracolo se in quel momento poteva ancora parlare col suo amico.
“Va…avanti.”
“Fui portato in ospedale e mi fu diagnosticato qualcosa. Una specie di trauma cranico. Quando mi svegliai… Non ero in grado di associare i volti che conoscevo ai nomi, per di più non ricordavo nulla di tutto ciò che mi era accaduto nei quattro…cinque anni passati…”
“….Ma…allora come fai a-“
“Ho fatto qualche seduta dallo psicologo dell’ospedale, e dopo molti mesi sono tornato a ricordare i volti ma…i ricordi di prima…puff. Non ci sono più.”
Aphrodite cercò di sorridere e prese un respiro profondo, era la prima volta che raccontava a qualcuno ciò che gli era accaduto. Strinse i pugni sulle ginocchia ripensando a come erano andate le cose.
“Se vuoi può bastare…Io davvero non credevo una cosa del genere…”
“Alba mi ha raccontato tutto però, di quello che ho fatto in quegli anni. Del campus d’inglese, degli sforzi per il pianoforte, i risparmi per comprare le maledette scarpe da ginnastica, di come ho sofferto quando Emily è andata a vivere in Russia e…tante altre cose…”
A quel punto Shura sgranò gli occhi, cosa diavolo stava dicendo? Era forse impazzito? Stava per intervenire dicendo qualcosa quando Aphrodite lo guardò. Aveva iniziato a piangere oltremodo e disperatamente, iniziò anche a cercare di asciugarsi con le maniche della felpa… Ma fu alquanto inutile.
“…Però sai Shu…ra….io,….io non ricordo….nulla.”
Shura allungò una mano verso Aphrodite. Non sapeva cosa diavolo fare, non sapeva cosa diavolo dire e… proprio in quel momento arrivarono le pizze. Regulus guardò la scena. Prima Shura con la mano allungata, poi Aphrodite che piangeva a dirotto.
Il cuore del ragazzo si intenerì a quella visione e, dopo aver posato le pizze, tirò fuori un fazzoletto e lo porse ad Aphrodite accarezzandogli una spalla.
Prima di andarsene guardò Shura con disdegno.
“In fondo…pensavo che lei fosse una brava persona. Ma evidentemente mi sbagliavo.”
Shura guardò Regulus allontanarsi sempre più…prima, nella sua battaglia personale col cameriere, era in vantaggio. Mentre ora in netto svantaggio. Ci sarebbe voluto un bel po’ per ribaltare le sorti della partita. Ma ci avrebbe pensato dopo, prima veniva il suo amico in lacrime.
Ma alcune cose non gli tornavano. Soprattutto una.
“Phro...scusa se te lo chiedo, chi diavolo è Emily?”
“Em…Emil…la mia…ex…”
Ed a quel punto Shura ne fu sicuro. Albafica era stato un grandissimo stronzo. Ad Aphrodite non era mai piaciuto il pianoforte, né tantomeno le scarpe da ginnastica. Lo aveva sempre ricordato indossare odiosi tacchetti, tranne per le ore da ginnastiche, ed al mare, naturalmente, e il campus di inglese? Ma quando mai uno come lui si sarebbe iscritto ad un campus di inglese… e per finire: Emily?... Davvero Albafica era sceso così in basso? Che tristezza. Lui rispettava davvero quel ragazzo ma in quel momento tutto il suo rispetto se n’èra andato.
“Phro, basta piangere.”
Shura toccò il braccio di Aphrodite in segno di consolazione. Non sapeva che altro fare, almeno nel suo piccolo un poco lo stava aiutando, un poco.
Intanto, al tavolo vicino, Regulus guardava la scena storcendo il naso e si domandava se i due stessero facendo pace o no… Incuriosito si avvicinò di qualche passo per sentire.
“Facile per te dirlo…”
“Non c’è stato nessun campus, nessun pianoforte e….Neanche le scarpe da ginnastica. E nemmeno nessuna Emily…”
“Cosa ne sai? Me lo ha detto Alba.”
“Alba ti ha detto un sacco di stronzate.”
Aphrodite fece un lievissimo ed impercettibile sorriso, poi guardò Shura. Non era sicuro di quello che diceva l’amico,  ma gli avrebbe fatto comodo crederci, e per una sola ragione… Era ciò che voleva anche lui. In fondo non si era mai sentito un tipo amante dell’inglese, né del pianoforte... E anche se aveva cercato di ricordare in ogni modo la faccia di questa Emily, proprio non c’èra riuscito.
 “Come…come fai a dirlo? Cosa ne sai tu? Albafica mi ha raccontato di lei.”
“Non avresti mai potuto stare con una lei.”
“Che significa…?”
“ Diciamo che…non hai mai preferito le donne…”
Sbiancò. Sbiancò mantenendo la medesima espressione facciale. Se prima era depresso, ora  non sapeva davvero a chi credere. Non era più tanto sicuro di voler credere a Shura...
Però, appena suo fratello gli aveva raccontato di questa Emily, si ricordò, non gli dispiacque molto della sua “partenza” tanto per il ricordo andato…
“Shura, non è che ci stai provando con me?”
“Eh…?”
“Mi inviti a cena fuori, da soli. Mi tocchi il braccio, mi parli di una ragazza per…non so farmi ingelosire? Poi mi dici che sono gay… Ora vuoi baciarmi?”
Disse, spaventato, Aphrodite allontanandosi leggermente con la sedia.  Shura batté piano le palpebre. Lui aveva la sua Emma! Come poteva pensare, Aphrodite, che avrebbe tradito una così bella creatura!? Bah!
“No Phro, no…Noi…ci siamo persi completamente dopo il quinto superiore. Ci scambiavamo messaggi  soltanto per le feste ed i compleanni e le rare volte che ti invitavo eri sempre occupato.”
“Oh…ero una persona impegnata. Pensa adesso non mi arrivano messaggi nemmeno per le feste.”
“Potresti ridirmi il tuo numero cortesemente?”
Aphrodite annuì dicendo il numero a Shura. Quest’ultimo sospirò, era un numero diverso da quello che aveva memorizzato lui. Cosa cavolo era successo? E perché? Che anche su questo centrasse il fratello?
“Mi sembra tutto così irreale…Perché Alba avrebbe dovuto mentirmi su qualcosa del genere? Insomma lui.. è come se avesse cancellato un pezzo della mia vita e…mi sta venendo un gran mal di testa, credo di volermene tornare a casa. Ti prego andiamocene…”
“Certo. Ti accompagno. Non parlarne con nessuno...”
Entrambi si alzarono, senza aver toccato cibo inoltre, appena Regulus vide Aphrodite uscire e Shura andare alla cassa, spodestò letteralmente la ragazza che in quel momento era di servizio e si mise ad aspettare lui con un gran sorriso soddisfatto. Per l’occasione aveva anche imparato come si usava la macchinetta per la carta di credito.
“Buonasera signore. È stata di suo gradimento la cena?”
“Il vino era ottimo…totale?”
“Quindici in tutto, come sta il suo amico?
Regulus calcò volutamente la parola ‘amico’ e aprì la cassa prendendo le banconote che Shura gli stava porgendo, da una parte restò deluso. Era ansioso di mettere in pratica la macchinetta per i bancomat, ma dall’altra sollevato, se avesse sbagliato qualcosa probabilmente sarebbe andato nel panico… E non ci teneva davanti a quel cliente antipatico.
Shura sospirò guardando fuori. Attraverso le grandi finestre e la porta a vetri riusciva a vedere cosa stava combinando Aphrodite, cioè niente. Ogni tanto qualche soffio di vento gli scompigliava i capelli mandandoglieli in faccia.
“Credo che il mio amico…Debba ritrovare qualcuno. Buona serata.”
Anche Shura uscì dal locale ed accompagnò Aphrodite davanti casa. Il viaggio fu lungo e silenzioso. I due si salutarono non troppo allegramente e Shura disse all’amico che per qualsiasi cosa avrebbe potuto chiamarlo. Dopo un sorriso amaro, Aphrodite salì in casa.
Non gli andava di rivedere la faccia di Albafica. Voleva solo andarsene a dormire e starsene da solo per minimo…un mese? Anzi. Progettava di vivere in camera sua direttamente. Si sarebbe messo a fare lo youtuber. Beh era una bella idea no? Le sue belle intenzioni svanirono nel nulla quando, appena entrato, vide alla finestra il fratello a fumare.
“Oh, sei tornato. Dove sei-“
“Non parlarmi, brutto bastardo.”
Lo sguardo raggelante con cui Aphrodite guardò Albafica, fece morire ogni parola in gola a quest’ultimo. Cos’aveva che non andava quel ragazzo? Eppure aveva tutto! Di che si lamentava?
Alba capiva ogni giorno di meno suo fratello. Questo filò in camera con espressione furiosa che nascondeva un’incredibile tristezza.
 


ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Oh mio Dio! E così abbiamo scoperto il motivo del cambiamento del caro Aphrodite D: !
Nel prossimo capitolo entreranno in scena nuovi personaggi ;D…
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** Tiramisù ***


 Tiramisù



STUDIO DI PSICHIATRIA – DEGEL DE RIUS
“E quando regalarono L’I Phone 6 a mia sorella, ed il Samsung Galaxy S4 a me, capii definitivamente una cosa. I miei genitori mi avevano adottato! Per quello tutti in famiglia avevano l’Iphone ed io il Samsung….E’ stato terribile venirlo a sapere a dieci anni...”
La stanza era provvista di un’elegante scrivania, sulla quale erano appoggiate tre cornici  in argento e qualche libro, un portapenne ed una lampada. Al muro erano appese le lauree e gli attestati che confermavano il titolo di studio dello psichiatra in questione, ed ai due lati della stanza si trovavano due mini librerie che facevano anche da mobili. Sopra di loro era adagiato un vaso di orchidee.
L’uomo dietro la scrivania si tolse gli occhiali e, massaggiandosi le tempie, guardò severo il suo interlocutore. Tuttavia, quest’ultimo, non sembrava per nulla intimorito da quell’espressione seria.
“Kardia. Ti prego, non scherzare su queste cose. Le persone con depressione potrebbero pensarlo veramente.”
“Certo, certo signor psichiatra!”
Kardia sollevò le mani in segno di resa e Degel, scuotendo la testa, si alzò dalla sua postazione per andare alla finestra e guardare fuori.
“Perché sei qui, nel mio studio?”
“Andiamo a prenderci un gelato?”
“Ma quanti anni hai, due? Accantonando il fatto che io sto lavorando, e che tra poco ho un paziente…tu, non hai nulla da fare durante la giornata?”
 Kardia fece spallucce con una specie di ghigno in volto. Degel si girò preoccupato verso di lui appoggiandosi al muro.
“Non frequentavi l’Università di giornalismo?”
“Già.”
“E perché non sei a lezione?”
Degel osservò l’amico girarsi e fare una strana smorfia. Oh perfetto! Ora quel cretino aveva problemi anche a scuola! Non aveva una vita sociale stabile, non mangiava in modo corretto, gli era calata la vista di un grado poiché stava troppo tempo ai videogiochi e, da quello che immaginava, non stava più frequentando l’Università? Che spreco di essere umano…
Degel rimise gli occhiali rimanendo calmo, si sedette di nuovo davanti Kardia ed iniziò a guardarlo. Cosa poteva fare per aiutarlo?
“Dimmi, Kardia, tu ce lo hai uno scopo nella vita?”
“Ovviamente!”
Degel sorrise sincero appoggiando la schiena alla sedia. Era un passo avanti allora! Chi non ha scopi o obiettivi è perso ma, se Kardia ne aveva uno…beh, era meglio così. Il sorriso dello psichiatra si spense quando vide un ghigno formarsi sul volto dell’amico.
“E quale sarebbe tale obiettivo?
“Entro il prossimo esame, voglio portarmi a letto 15 ragazze!”
“E quand’è il prossimo esame?”
“Fra circa due settimane.”
Sospirò profondamente a bocca chiusa, lo psichiatra. Voleva riportare sulla retta via il suo amico ma… La situazione sembrava più grave del previsto. Appoggiò calmo le mani alla scrivania pensando a cosa potesse fare.
“Hai già iniziato il tuo esperimento?”
“Ovvio, sono a tredici.”
“Che genere di donne…frequenti…di solito?”
Il poveretto scandì bene la parola ‘frequenti’, Kardia sembrò non accorgersene o, in caso contrario fece finta di nulla continuando il suo emozionante racconto.
“Credo le ultime due fossero più grandi di me…giusto qualche anno. Non immagini minimamente quanto è semplice Degy, sono tutte così innamorate e disperate, alla ricerca costante di qualcuno che le faccia stare bene. Basta dirgli qualche parola dolce, ascoltare le loro lamentele sulla vita e puff! Sono ai tuoi piedi! Pendono dalle tue labbra! Una cena fuori, una camminata mano nella mano e portarle a letto diventa una cosa automatica.”
“E tu Kardia? Non sei forse alla ricerca di qualcuno? Questa tua inutile gara non è forse una scusa per trovare qualcuno? Oppure è semplicemente un gioco per aggradare i tuoi piaceri carnali?”
Restò gelato per un attimo. Le parole di Degel lo fecero riflettere un attimo. Lui che cercava qualcuno? Impossibile, non si vedeva bene al fianco di nessuno e poi c’èra ‘quel’ fatto.
Si era promesso di non affezionarsi troppo a nessuno e così avrebbe fatto. Quelle ragazze erano solo una sfida. Il suo amico voleva giocare con la  suo mente, ma non glielo avrebbe permesso. Non stavolta!
“Sono assolutamente sicuro di quello che faccio signor psichiatra. Ho pieno controllo della mia vita.”
“Come venir bocciato all’Università per la seconda volta?”
“Non ti riguarda.”
“Hai detto che ci provi con le tizie innamorate giusto? Voglio proporti una sfida.”
Gli occhi di Kardia si assottigliarono mentre Degel prese in mano il telefono dello studio sistemandosi gli occhiali con un gesto elegante.
“Mia cugina è uscita anni fa da una relazione…complicata. Aveva qualche anno più di lei ed ora penso l’abbia superata. Ma ora credo non voglia più saperne degli uomini...”
Degel fece un leggero sorriso che raggelò Kardia. In qualche modo quel sorriso sul volto dello psichiatra, parve a Kardia l’espressione di qualcuno che aveva vinto una guerra non ancora combattuta.
“Oh, un classico. La disperata che non ci crede più. Accetto caro Degy! Ma poi non ti lamentare con me quando quella li verrà a piangere da te chiedendoti sedute gratis!”
Si alzò sbattendo una mano sulla scrivania. Appena uscito, a Degel comparve un sorriso di compassione. Sia in un caso o nell’altro… Avrebbe dovuto nuovamente lavorare, gratis.
Ora era meglio mettersi all’opera. Le sfide non si vincevano da sole.
 
L’indomani, una bellissima giornata soleggiata, dove il vento non si era risparmiato a tirare (tanto che metà giornale di un vecchietto volò via, ma questo non se ne accorse nemmeno), Kardia era seduto su una panchina in legno da circa dieci minuti. A starnutire. Tirava vento e lui aveva avuto la malaugurata idea di mettersi una maglia a maniche corte. L’unica sua consolazione era che era davvero molto bella e che coi jeans stava da dio.
Guardò l’orologio, aveva appuntamento con ‘quella’ alle 16.30, ma erano le 16.34 ed ancora nessun segno di vita. –La riconoscerai!- aveva detto Degel, ed infatti lui in quel momento si stava immaginando la versione femminile del suo amico, con tanto di treccine e gonnellina a spizzi.
Guardò nuovamente l’orologio e scattarono le 16.35, sbuffò di nuovo per l’attesa di un quarto d’ora. Cominciava ad innervosirsi e la curiosità di vedere questa tipa saliva di secondo in secondo.
Guardò davanti a se e sentì farsi sempre più vicino un ‘Tik Tik Tik’.
“Ma che cavolo succede?”
Si alzò per vedere meglio cosa fosse lo strano rumore. Una ragazza su dei tacchi stava correndo nella sua direzione. Si mise una mano sulla bocca. Sentiva che sarebbe caduta, oh se sarebbe caduta! Quei…cosi…facevano troppo rumore! Si sarebbero rotti, da un momento all’altro! La guardò rallentare man mano che si avvicinava a lui.
Era ipnotizzato dai tacchi, scongiurava Dio che quella tipa si fermasse… Deglutì bisbigliando qualcosa, la paura! Ma come facevano le donne?! Finalmente si fermò!
La ragazza era salva!
Involontariamente fece un sospiro di sollievo unito ad un sorriso. Rimasero l’uno davanti all’altra.
A guardarsi. I capelli di lei erano lunghi fino alle ginocchia ed erano di un rosa molto chiaro, scompigliati probabilmente per via del vento, altrimenti sarebbero stati perfetti. La pelle davvero chiara e gli occhi erano di un bellissimo rosso che tutti avrebbero associato, in modo romantico, al tramonto… Ma a Kardia,  quello sguardo,  ricordò il colore dal sangue. Fece un sorriso leggero poi passò a guardarle il corpo.
Sentendosi abbastanza a disagio, la ragazza indietreggiò di un passo.
“Sono…la cugina di Degel…Piacere, Hydra…”
“Ah! Già, giusto…Kardia. Sono Kardia.”
Kardia ricambiò la stretta di mano che Hydra aveva offerto, si soffermò a guardare il suo abbigliamento. Regnava il bianco. Una maglia a collo alto bianca con disegnini rossi, una cintura rossa ed una gonna sino al ginocchio bianca, anch’essa con disegnini rossi, con uno spacco laterale non troppo alto.
Ma i tacchi erano la cosa che più lo preoccupavano! I stivali le arrivavano fin a poco più su della gonna e l’altezza del tacco, per lui stratosferica, era di…6 cm! Ben 6 cm! Lui sarebbe morto!
“Kardia, davvero un bel nome.”
“Oh, ti ringrazio.”
Hydra sorrise dolcemente mentre l’altro aprì la bocca… era arrivata da qualche secondo e tutto gli sembrava strano. Molto strano.
“Kardia, qua vicino c’è un bellissimo bar. Ti andrebbe di prendere qualcosa?”
“Oh si certo!”
Appena finita la frase, Kardia si morse la lingua. Si era appena sentito un deficiente. Perché aveva messo tutta quell’enfasi nella risposta? Sicuramente era colpa del pranzo. Quel giorno era toccato a Shura cucinare e quella dannata pasta faceva proprio schifo. Si, non poteva essere altrimenti.
Guardò Hydra che si era già avviata verso il bar, sembrò non averci fatto nemmeno caso, e con una breve corsetta la raggiunse.
Il locale Lost Canvas era famoso per essere un bar ed allo stesso tempo un locale dove poter mangiare sia a pranzo che a cena. E fu proprio li che andarono Hydra e Kardia.
Il ragazzo guardava diffidente la cugina del suo amico da dietro il menù, lei, dal canto suo, scrutava attentamente la lista dei dolci.
“Vieni spesso qui, Kardia?”
“Eh? No, effettivamente è la prima volta…la gente che frequento preferisce altri posti.”
“Oh capisco, a me questo locale piace molto ma…ho poche amiche e l’unico che ho pensa solo a lavorare e lavorare.”
Kardia sorrise. Allora non era l’unica persona asociale. Anche le ragazze carine riuscivano ad essere chiuse o a non far avvicinare nessuno. Che strana cosa, aveva sempre fatto il collegamento: bella donna = schiera di amici, maschi o femmine che sia.
Sogghignò mentre il giovane cameriere correva verso di loro. Era talmente di fretta che sbattè su una sedia rischiando di finire a terra ma, fortunatamente, riuscì a riprendere l’equilibrio ed arrivare sano davanti al tavolo dei due. Regulus sorrise, dimenticare le figuracce era una dote di natura…per fortuna.
Prese il fidato blocchetto e volse leggermente lo sguardo a Kardia. Nella lunga carriera di cameriere, durata due mesi, aveva imparato a capire che ordinavano gli uomini, quindi di conseguenza chiedeva sempre a loro.
Per un attimo fra i tre calò un silenzio imbarazzante, da far invidia ad un cimitero.
“Io…io prendo un frullato alla fragola…tu Kardia? Cosa vorresti?”
L’interpellato restò un attimo imbambolato prima a fissare il menù chiuso che Hydra stava porgendo a Regulus, poi Hydra. Cos’èra appena successo? Non si stava rendendo conto di come quella giornata stesse realmente andando.
“Una fetta di tiramisù….grazie.”
Regulus ridacchiò annuendo e corse via per andare in cucina. Questa volta non riuscì ad evitare un ragazzo dalla lunga chioma bionda e fece un volo d’angelo a terra…ma non demorse e prontamente si rialzò pronto ad andare in cucina.
“Certo che assumono gente giovane eh?”
“Già, sembra un ragazzino simpatico. Tu lavori Kardia?”
Il ragazzo si girò di scatto verso Hydra, tanto che i capelli quasi gli andarono in faccia per lo spostamento improvviso d’aria. Lavorare non lavorava, faceva l’università e non sarebbe stata nemmeno una vergogna dirglielo…se non che a 28 anni aveva ricevuto la bocciatura 2 volte di seguito per lezioni saltate. Non poteva dichiarare di girovagare tutto il tempo per la città o di andare a divertirsi con le donne.
“Io vado all’Università, più o menù. Indirizzo di giornalismo. Già. Tu invece Hydra? Sembri così giovane…studi anche tu?”
“Sai che non si chiede l’età ad una ragazza vero? E poi non mi hai detto la-”
“Ventotto.”
Sorrise maliziosamente, non perché volesse realmente conoscere l’età di Hydra. Ma perché almeno avrebbe zittito quella maledetta ragazzina che, con quell’espressione angelica, sembrava saper tutto. Certo che lo sapeva che non si chiedeva l’età! Ma figuriamoci se andava a preoccuparsi di un dettaglio simile!
Il sorriso gli morì un attimo dopo. Si era fregato da solo.  Dicendo di avere ventott’anni aveva praticamente ammesso di essere stato bocciato. 3 volte, ma la terza era preferibile non raccontarla. Che amarezza…
Guardò la reazione di Hydra e fu una piccola risata divertita.
“Venticinque. Io ho venticinque anni, lavoro part-time in un negozio di abbigliamento come commessa. Ci lavoro soltanto di mattina e di pomeriggio due giorni a settimana. Frequento un corso di teatro e presto voglio dare un provino per il ruolo di protagonista in un famoso spettacolo…mentre la domenica insegno catechismo a dei bambini. Tu hai qualche interesse o…frequenti qualche sport?”
Kardia non riuscì a trattenere una faccia schifata. Catechismo? Seriamente? Si era incontrato con una ragazza che andava a messa tutte le domeniche, magari donava il sangue, forse faceva la carità e dava il 5 per mille alla chiesa cattolica…o era l’otto? Non ci aveva mai prestato troppa attenzione a quelle robe.
Ma la risposta alla domanda di Hydra tardò molto ad arrivare. Di sport non ne faceva, e di interessi al momento  aveva i videogiochi, vedere la tv e farsi le donne ma… non era esattamente qualcosa di carino da dire.
“…Film. Si.”
“Oh, sei un appassionato di cinema! Dimmi quali sono i tuoi generi preferiti? A me piacciono molto le commedie ed i thriller. Non disdegno nemmeno gli horror però.”
Kardia annuì guardandola perplesso. Lui doveva ancora capire la differenza fra Thriller  ed avventura e lei gli chiedeva il suo genere preferito? Poi Hydra aveva detto tutti i generi che lui conosceva. Insomma…non poteva sembrare così monotono e ripetere le sue stesse cose! Sarebbe stato banale! Cercò di portare alla memoria ogni singolo ricordo delle precedenti uscite con le ragazze e…si ricordò un genere! Si! Ce l’aveva fatta!
“I miei preferiti sono i film d’amore.”
“Non…mi sembravi un tipo da film d’amore…”
“Ma tu pensa…nemmeno io…”
Le ordinazioni finalmente arrivarono, ed il piattino del tiramisù fu servito con garbo davanti Kardia. Quest’ultimo guardò il dolce di sbieco. Doveva ricordarsi perché aveva preso quel dannato coso dato che nemmeno gli piaceva.
“Ecco a lei signore, spero possa essere di suo gradimento.”
Regulus poggiò con grazia e gentilezza il frullato davanti ad Hydra, con tanto di cannuccia rossa e bianca.
“Mi auguro che il frullato la soddisfi, signorina.”
Regulus sorrise ancora e, dopo aver guardato i due con espressione sognante, se ne andò pronunciando parole incomprensibili al genere umano.
Hydra, tutta felice, iniziò ad assaggiare il suo frullato, la cosa più buona del mondo, la definiva lei. Lo aveva scoperto per caso e, anche se poteva gustarlo raramente, ogni volta si faceva avvolgere da quel sapore così dolce e gustoso…nemmeno lo avesse fatto sua nonna.
Kardia, dopo aver visto la ragazza su di giri per un frullato, guardò il suo sospettoso tiramisù. Gli portò alla mente quegli orribili ricordi che tanto aveva cercato di seppellire con fatica, senza successo. Ne prese un pezzetto con il cucchiaino e cercò, piano, di avvicinarlo alla bocca.
Piano. Molto piano. Arrivato davanti…masticò da uomo ed inghiottì? No…riposò il cucchiaino chiudendo gli occhi con autocommiserazione.
Hydra lo guardò sorridendo.
“Kardia?”
“Che vuoi?”
“Perché non lo mangi?”
“Perché mi fa impressione.”
“Impressione?”
Il ragazzo guardò fuori scansando il piattino a destra. Se ci fosse stato quel babbeo di Shura sarebbe riuscito con la forza a scambiare il frullato con il tiramisù. E sicuramente non si sarebbe impicciato tanto.
Ma con Hydra, che aveva quell’espressione da... gentile e ingenua, (in più faceva catechismo, CATECHISMO!), non se la sentiva. 
“Da piccolo…mi è accaduta una cosa tremenda…”
 
***
18  ANNI PRIMA.

“No, mi dispiace Dohko, ma penso che il Tiramisù che fa mia madre sia più buono dei tuo strani dolci giapponesi.”
“Cinesi Kardia! Sono cinesi! Io sono cinese! Quante volte devo ripetertelo!?”
“Cinese, giapponese…è la stessa cosa. Mangiate sempre il riso no? Quindi non vedo la differenza.
Ora scusa, vado a casa…devo finire i compiti.”
Kardia se ne andò con un sorrisetto maligno lasciando Dohko in compagnia di un ragazzino dai capelli verdi e dalle strane sopracciglia. Quest’ultimo non poté che mettere la mano sulla spalla del suo amico in segno di supporto. Tuttavia la levò immediatamente quando vide l’espressione adirata accompagnata da un lieve sorriso. Si metteva male.
Il giorno seguente, mentre Kardia giocava felice con i secchielli di sabbia al parco giochi, insieme all’immancabile amico Degel, Dohko ed il bambino dai capelli verdi si avvicinarono.
Il primo aveva un bel sorriso. Il secondo un bel muso.
“Kardia, amico mio. Ieri avevi ragione tu. Cinese o giapponese non fa molta differenza, che vuoi che sia?”
“Oh Dohko, l’hai capita!”
“Per farmi perdonare ho comprato al market, con la mia paghetta, un tiramisù in scatola. Non sarà buono come quelli di tua mamma ma…spero ti piaccia. Mangia pure.”
Dohko porse a Kardia la confezione dove vi era anche una piccola posata. L’amichetto di Dohko corse via appena Kardia prese la scatola. Quando mise il primo boccone in bocca…divenne blu. Sputò immediatamente dallo schifo.
“Tiè! Ti sta bene! Ho sostituito lo strato centrale con della sabbia così impari! Brutto cattivo!”
Dohko corse va ridendo. E Kardia scoppiò a piangere.

***

“Da quel giorno non mangiai più tiramisù, è come se quel dannato mi avesse lanciato addosso una maledizione impossibile da cancellare…io vorrei…ma davvero! Non ce la faccio…”
“Deve essere stato terribile…Mi dispiace…”.
Hydra mise una mano sull’avambraccio di Kardia per consolarlo. Era…perplessa. Non sapeva come interpretare la cosa. A lei naturalmente sembrava un fatto ridicolo ma capiva, più o meno, che per lui…era stato…shokkante? In passato anche lei aveva avuto il suo momento di debolezza, fortunatamente l’aveva superato... In parte. Era sicura che anche Kardia ce l’avrebbe fatta.
Il resto del tempo passò veloce fra chiacchiere varie e risate che permisero di conoscersi leggermente meglio.
Quando arrivarono le sette il ragazzo era pronto. Avrebbe attuato la fase B del suo piano. Non tutto era andato come previsto ma da adesso, avrebbe fatto quattordici! La serata stava iniziando! Ci sarebbe stata una bella cena e poi il momento clou!
“Hydra, conosco una bella pizzeria vicina. Già che ci siamo possiamo cenare insieme. Ti andrebbe?”
Kardia sfoggiò un sorriso seducente a cui nessuna donna avrebbe potuto resistere mentre  sventolò leggermente i capelli. Era bello. Lo sapeva e ne approfittava, anche troppo forse.
Aspettò lo sguardo dolce di Hydra posarsi su di lui. Sorrise, la ragazza. Dolce e cordiale, non era  il suo solito tipo di donna ma…c’èra sempre una prima volta.
“Kardia, oggi mi sono trovata molto bene con te. Ma questa sera sono impegnata con un’altra persona. Ora scusami…rischio di arrivare tardi, buonanotte.”
Si avviò alla fermata del bus più vicina mentre lui restava solo. A guardarla andar via. Senza coraggio di ribattere. In qualche modo si sentiva friendzonato. Davvero gli aveva detto di no? A lui? Perché? Con chi doveva andare? Assottigliò gli occhi irritato.
“Hai vinto una battaglia, ma la guerra non è ancora finita.”



ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Sono stati introdotti tre nuovi personaggi, Degel, Kardia ed Hydra. Come avrete capito questa è la ‘seconda storia’, cosa ne pensate? E ditemi cosa ve ne pare di Hydra? Come la considerate in questo primo capitolo di apparizione?
Quali oscuri misteri (?) nasconderà la cugina di Degel?
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** Aima e Pecorella ***


Aima e Pecorella

Kardia fissava incredulo il vuoto. L’espressione anonima e la mente confusa, la posa abbandonata in avanti e le mani appoggiate sulle gambe. Spostò piano lo sguardo su Degel che, in quel momento, aveva un intervallo di mezz’ora e aveva deciso di ascoltarlo. Lo psichiatra, con aria impassibile, restò in attesa di un suo discorso. Era davvero curioso di com’èra andato quel bizzarro incontro con Hydra, anche se, in realtà, già ne era al corrente. Hydra glielo aveva raccontato a cena la sera prima.
“Non…ci sono riuscito Degel. Ho fallito. Io. “
“Oh no. Che cosa tragica.”
“Non sono riuscito a farmela, né tantomeno a baciarla.”
“Terribile Kardia, terribile.”
“E non l’ho nemmeno toccata in quei punti!”
“Quale catastrofe, amico mio.”
Degel scosse la testa con finto dispiacere –neanche troppo- ma Kardia era troppo intento ad essere sconvolto per accorgersi della presa in giro che l’amico gli stava facendo.
“Ha detto lei che ho un bel nome…ed è una battuta dei maschi! Ha ordinato lei, mi sono confessato io su una storia di anni fa, ed il piano era al contrario e sai cosa?”
“Cosa?”
“E’ stata lei a toccarmi! Mi ha teso immediatamente la mano appena arrivata e mi ha toccato l’avambraccio per consolarmi!”
“Che cose orribili, come si è permessa di fare ciò? Ma sai. Credo di sapere perché ti ha dato immediatamente la mano.”
Kardia guardò con diffidenza l’amico. Uno scambio di virus forse? O era l’iniziazione ad una nuova religione di cui lui non sapeva nulla? Non aveva mai pensato a cose così idiote come una stretta di mano…ma adesso che Degel voleva spiegargli quel gesto così insignificante stava diventando anche curioso.
“Sentiamo.”
“Voleva vedere da quanto eri arrivato, se la tua mano fosse stata fredda, stavi aspettando da molto. Se era calda invece…eri appena arrivato. E mi pare proprio che l’altro giorno era un po’ fresco.”
Improvvisamente il ragazzo dai capelli viola sbiancò. Era arrivato un quarto d’ora prima. Che avrebbe pensato quella li? Che era un disperato e che andava con la prima che incontrava? O che non aveva da far niente di meglio che incontrarsi con una sconosciuta?
“Io…la…la ucc-“
“Eri in anticipo?”
“Ovviamente no! L’ho fatta aspettare! Aspè… ma tu come la sai questa cosa?!”
“Me lo ha confessato mia moglie, soltanto da poco.”
Degel sorrise probabilmente portando alla memoria un lieto ricordo, ma l’espressione se ne andò immediatamente quando  vide la bocca di Kardia spalancata.
“Tu? Sposato? E io non lo sapevo! Con chi? Quando? Perché non me lo hai detto? Ma la fede? Dov’è? Non c’è!”
“Calmati! Calmati! Ognuno sceglie la sua strada! Tu hai scelto di giocare a fare il teenager, ed io ho continuato la mia vita da uomo arrivando ad avere una splendida moglie! Chiarisciti le idee ragazzino!”
Si alzò da dietro la scrivania alterato per la prima volta da quel giorno andando verso la porta ed aprendola. Con uno sguardo raggelante, Degel, fulminò il suo amico.
“Ed ora fuori.”
“Perché non mi hai invitato al matrimonio? Sarei venuto!”
“Proprio per quello non l’ho fatto. Sei cresciuto soltanto all’anagrafe, ma di cervello rimani un quindicenne Kardia, fatti un esame di coscienza, trovati nuovi hobby e quando avrai le idee chiare…forse potrai tornare.”
Ed insomma il povero Kardia fu invitato poco gentilmente ad uscire fuori dallo studio De Rius.
Effettivamente aveva notato che da un po’ di tempo a quella parte i vestiti di Degel erano sempre profumati e ben stirati, per non parlare dei sorrisi di quando si allontanava per parlare al telefono… Ma aveva voluto credere che si fosse trattato di coincidenze. Insomma… si parlava pur sempre di Degel! Chi caspita si sarebbe preso un tipo simile?
Kardia non lo sapeva e, al momento, nemmeno gli interessava.
Camminava con le mani nelle tasche dei jeans mentre guardava distrattamente davanti a se.
Non sapeva dove andare, di tornare a casa non se ne parlava… si sarebbe messo a riflettere su troppe cose; come chi  diavolo fosse la moglie di Degel o sul perché quella maledetta stronza gli avesse detto di no…sicuramente aveva mentito sull’impegno. Non c’èra spiegazione.
Non sapeva con CHI andare, di numeri in rubrica ne aveva ma la maggior parte erano di donne ed i restanti erano di parenti, Shura ed i compagni delle superiori che sinceramente non ricordava nemmeno i volti. Aveva tenuto anche quello di Dohko, sai mai fosse tornato utile in futuro…
Camminò per parecchio tempo e non si rese conto nemmeno lui di quanto ne passò finché, irritato, diede un calcio ad una lattina vuota che trovò davanti a se. Essa andò a sbattere sull’insegna di ciò che lo salvò dalla camminata che stava facendo da circa un’ora. Il Lost Canvas.
Storse un po’ la bocca ripensando all’incontro con Hydra in quello stupido locale, ma perché no? Dopotutto mica ci abitava quella ragazza li. E lui era libero di fare ciò che voleva.
Con un’energica spinta aprì la porta e, per poco, non colpì un ragazzo dai lunghi capelli biondi che stava uscendo in quel momento.
Stranamente l’individuo restò calmo, chiunque avrebbe mandato Kardia a quel paese ma il biondo fece finta di niente e se ne andò per la sua strada.
Meglio così. Si guardò intorno per scegliere un tavolo decente, lontano possibilmente da troppi mocciosi rumorosi o da troppe ragazzine che parlavano d’amore. Voleva starsene in santa pace. Senza pensare a niente. Ordinare qualcosa di dolce ed affogare la rabbia in ciò che avrebbe preso. Niente glielo avrebbe impedito!
“Aima. Da quanto tempo.”
I nervi di Kardia cominciarono a frullare quando una mano gli si poggiò piano sulla spalla. Solo una persona si ostinava a chiamarlo sempre per cognome, cosa che non sopportava e non aveva mai sopportato. Mantenere le distanze andava bene. Ma in quel modo era troppo. Troppo! Mannaggia a lui e quando era andato al Lost Canvas!
“Mu, che bello incontrarti qui.”
“La tua espressione mi fa capire che, come sempre, ce l’hai col mondo.”
“Non ce l’ho col mondo!”
“Cosa posso offrirti?”
“Niente me ne stavo andando.”
“Va bene. Ci si vede.”
Poco dopo i due erano seduti, uno davanti all’altro a guardarsi. Mu aveva un’espressione serena e rilassata, nemmeno fosse uscito da tre  sedute di zen filate, mentre Kardia lo guardava con lo sguardo più assassino di cui era capace.
“Dunque non ci vediamo dal quarto anno di superiori, eh Mu?”
“Beh si Aima, ti bocciarono…”
“Non ricordarmelo sempre!”
“Non pensavo te ne fossi scordato. Perdonami.”
 
***
Come diavolo facesse la professoressa ad estrarre perfettamente sempre loro due vicini, sempre loro due al centro in seconda fila, Kardia, davvero non lo sapeva.
Non che gli avesse mai causato un problema. Durante le verifiche, avere Mu come compagno di banco, era perfetto per copiare.
“Se copi sempre da me durante gli scritti finirai per fare brutta figura agli orali.”
“Basta che vado bene in uno, e degli altri se ne fregheranno! Vedrai pecorella!”
“Non chiamarmi pecorella.”
“Ma sull’astuccio hai una pecora.”
“Me l’ha regalato il mio fratellino. Ti prego di non prenderlo in giro, Aima.”
La “pecorella” non opponeva nemmeno resistenza e, se serviva qualche centesimo per le macchinette, era sempre disposto a prestare qualche spicciolo…senza poi ricordarsi di riceverlo addietro. Grande vantaggio per Kardia.
“Senti ma…forse mi sono dimenticato di qualcosa?”
“Si, devi andare volontario a storia. Lo avevi promesso la settimana scorsa. Tanto…hai studiato vero?”
“Certo! Ne dubitavi?! Che modi…”
Altro lato fondamentale della loro ‘convivenza scolastica’ erano stati i libri. Anche se il bel giovane dai capelli lillà era davvero uno studente modello, si dimenticava ogni santo giorno di cambiare lo zaino. Fortunatamente l’unica realtà oggettiva che faceva Kardia per far vedere alla madre che a scuola ci andava  a far qualcosa invece che bighellonare solamente era cambiare lo zaino…
“Perché stai piangendo Pecora? Siamo in quarta superiore.”
“Non sto piangendo. Ho l’allergia.”
“A Dicembre?”
“Si, sono allergico a te e…ho scordato i libri sniff…”
“Mi fai pena pecora…dai puoi guardare sul mio.”
“Ma…e tu?”
“Pfff….Secondo te avrei veramente seguito?!”
Quando Kardia venne bocciato, in quarto superiore, per il numero delle troppe assenze, probabilmente  nel banco di entrambi, si aprì un vuoto che lo studente successivo, non riuscì a riempire. Niente sarebbe più stato uguale. Né per Mu, né per Kardia.
Ma nessuno dei due lo avrebbe mai ammesso. Non divennero mai amici, ma soltanto Aima e pecora.
***
 
“Perché sei al Lost Canvas, Pecorella?”
“Oggi è il primo giorno di lavoro di Kiki. Voglio vedere come se la cava… E’ stato davvero fortunato a trovare un impiego così in fretta, a soli diciotto anni. Avrei preferito seguisse le mie orme e lavorasse con me, in negozio. Ma deve scegliere da solo la direzione da seguire.”
Mu guardò la cucina dove Kiki era entrato da poco. Si sentiva orgoglioso di suo fratello. Gli sembrava soltanto il giorno prima che lo accompagnava al parco giochi e invece adesso era li, a lavorare, sotto i suoi occhi.
Quasi commosso, sospirò per poi guardare di nuovo Kardia.
“Assumono gente giovane, eh Aima?”
“Già, forse sfruttano e sottopagano ed è per questo che solo i ragazzini accettano. Povera piccola gioventù, illusa dal futuro.”
“Cos’è che ti va storto. Hai debiti? Problemi in famiglia? Problemi di cuore? Problemi a scuola?”
“Non ho niente!”
Con un bellissimo grembiule nero sopra un’elegante camicia bianca, Kiki fece il suo debutto da cameriere dirigendosi con passo elegante verso il tavolo di Kardia e Mu.
Regulus aveva sicuramente più esperienza come cameriere, ma in quel momento lo stava guardando serio e davvero affascinato facendo commenti, positivi, sottovoce sulla camminata e lo stile. Finché non ricevette una sventola in testa dal capo, segno che doveva tornarsene al lavoro.
“Cosa posso portarvi?”
“Ma guarda tu se non è Kiki! Ti ricordi di me?”
“Come potrei scordarmi? Quando sei venuto a casa nostra mi hai tirato il sale negli occhi.”
--CIK—Il rumore di uno scatto fotografico interruppe il piccolo battibecco fra Kardia e Kiki. Mu aveva appena immortalato l’esordio di suo fratello. Anche se farlo mentre litigava con un cliente non era stava una gran bella idea.
“Un frullato alla fragola, cameriere.”
“Io vorrei una coca cola, frat- cameriere.”
Il ragazzo dai lunghi capelli arancioni appuntò tutto sul proprio blocchetto e, dopo aver sorriso lievemente tornò in cucina.
“Crescono così in fretta…”          
“Mah, tutti uguali…”
“Hai incontrato qualcuno di recente vero Aima?”
Kardia si girò verso Mu con un’espressione omicida. Perché tutti riuscivano a scannerizzare lui, e lui non riusciva a capire nessuno?
Una brutta dote di quella pecoraccia era sempre  stata che, quando il compagno di banco era di brutto umore, riusciva a fargli sputare in un modo o nell’altro cosa avesse. E la maggior parte delle volte ci riusciva stando in silenzio. Facendo l’offeso.
Adesso non erano più a scuola, ma Aima sapeva benissimo che, anche se avrebbe cercato di resistere in qualche modo, dopo poco sarebbe crollato…
Perché doveva avere tutti amici con un carattere del genere? Ovviamente Degel, essendo uno psichiatra, era molto peggio… ma questa era un’altra storia.
“Già. Una ragazza. All’inizio credevo fosse simpatica ma ora sinceramente….insomma ogni giorno che passa…mi diventa più insopportabile. E l’ho incontrata solo ieri!”
“Ah capisco…”
Mu annuì con la testa sorridendo lievemente. Dopo un’occhiata piena di stupore al suo interlocutore sospirò e tornò a guardare la cucina.
“Anche mio fratello ha passato un periodo del genere sai?”
“Davvero? E come ha risolto?”
“Ti racconterò tutto. Ha incontrato questa bella ragazza e me ne ha parlato. Poi ha cominciato a dirmi, e dirsi, - La odio! Non la sopporto! Non voglio vederla, la sua presenza mi irrita!- e sai com’è finita?”
“Beh no…come?”
“Che adesso sono felicemente fidanzati.”
Kardia si alzò dal tavolo con la mano a pugno pronto per sferrarlo in faccia a Mu. Il gesto fu fermato- o rimandato- dall’arrivo degli ordini. Il giovane cameriere dai capelli arancioni si congedò dopo aver scosso la tessa in segno di compassione.
“Aima…non farti riconoscere sempre da tutti. Non è educato.”
“Io non sono innamorato! Non lo sono mai stato e non lo sarò mai!”
“Ma…non ti piaceva la professoressa di storia?”
“Pecora maledetta! Taci e mangia! Paghi tu, anche il mio, e se provi a fare storie peggio per te!”
“Certo, certo…dai. Dimmi qualcosa sono curioso di questa lei che ti ha affascinato.”
Indispettito dalle parole di Mu, il ragazzo dai capelli viola prese in malo modo il suo frullato iniziando a berlo e guardando fuori biascicò qualcosa, sempre continuando a bere.
“Insegna catechismo. Tu pensa che razza di passate-“
“Oh!”
“Cosa?”
“Anche io insegno catechismo.”
A Kardia caddero le braccia. Ora che ci pensava, Hydra, gli aveva accennato che aveva un amico che pensava soltanto al lavoro…e se fosse stata proprio la pecoraccia?
Sarebbe tornato tutto. La conoscenza a catechismo, i caratteri docili di entrambi, la curiosità della pecora….anzi! Forse lei si era confidata alla pecora sul loro incontro, e Mu, avendo calcolato tutto, aveva seguito Kardia proprio per dirgli di lasciarla stare? In pratica aveva intuito il ‘piano quindici’?
Doveva fare la prova del nove! Ciò che gli avrebbe permesso di capire se effettivamente il suo ex compagno di banco fosse la persona misteriosa.
“Pecora…”
“Dimmi.”
”A te…piace lavorare?”
Mu alzò un sopracciglio schiudendo leggermente la bocca. Da uno come Kardia non si aspettava di certo quella domanda. Poi cosa centrasse col catechismo…non lo sapeva, ma che Aima fosse strano lo aveva costatato fin dai tempi delle superiori.
“Beh il mio compenso è alto, il lavoro che faccio è gratificante quindi non posso lamentarmi.”
Kardia finì in fretta il frullato per poi alzarsi dal tavolo con fare indignato e stizzito. Lo sguardo che lanciò alla ‘pecora’ fu fin troppo raggelante per i gusti del povero Mu. Cos’aveva mai fatto di male lui? Possibile che in quegli anni passati Aima fosse diventato peggio di un bullo di quartiere?
“Non riuscirai a farmi cambiare idea. Ormai ho deciso che il quattordici spetta a lei, non c’è nient’atro. Chiaro?”
“Quattordici?”
L’incontro avuto con Mu servì molto a Kardia. Servì a farlo riflettere sull’incontro avuto con Hydra e sul perché non avesse sentito nessun bisogno di portarsela a letto.
Arrivò a pensare fino all’ipotesi di essere gay, ma la scansò immediatamente quando, all’immaginarsi con un uomo, vomitò il frullato su un palo della luce.
Com’èrano difficili le donne… dopo aver pensato per un po’ finì a pensare soltanto una cosa. Come nei migliori film d’horror e di polizia (non thriller eh, perché non aveva ancora cercato di capire cos’èrano), doveva rivedere quella ragazza. Saperne di più. Prese velocemente il cellulare dalla tasca, digitò il messaggio e…
“Cazzo! Non ho il suo numero!”
 
Degel uscì dallo studio facendo fare due scatti alla chiave, come sempre. Ormai sera, aveva finito la sua lunga giornata di lavoro ed era pronto a tornare a casa.
Mise la chiave in tasca, si aggiustò elegantemente gli occhiali, e appena si girò per andare verso la sua macchina… venne assalito! Sbarrò gli occhi spaventato. Volevano derubarlo per caso?!
Era stato preso con forza alle braccia, l’assalitore era alto quanto lui, anzi un poco più e, appena lo guardò in volto, notò l’espressione arrabbiata e inviperita.
“E’ uno strano modo di salutare, Kardia. Hai finalmente deciso di seguire una terapia a lunga durata?”
“Dammi il numero.”
“Delle sedute che dovremmo fare?”
“Di tua cugina.”
Lo psichiatra chiuse piano gli occhi sorridendo malignamente.
Degel 1 – Kardia 0.



AIMA, il cognome di Kardia, dal Greco significa sangue.

ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Ma ohohohohoho! A quanto pare il piano di Degel sta funzionando! Abbiamo incontrato anche Mu in questo capitolo ed abbiamo scoperto una cosina interessante sul suo passato e su quello di Kardia! Ve lo sareste mai aspettati che questi due bei ragazzi, così diversi, andassero così d’accordo (?) …più o meno. Ce li vedete a scuola insieme? Fatemi sapere mi raccomando! Ci tengo!
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** Finalmente ti ho ritrovato ***


Finalmente ti ho ritrovato
 

Albafica, davanti allo specchio del proprio salone, si stava facendo una coda mentre osservava, appunto dallo specchio, il riflesso di Sisifo dietro di lui.
Era ormai l’ora della chiusura ed il bellissimo parrucchiere aveva da poco finito di pulire.
Anche quel giorno Sisifo si era fermato li poiché il Crimson Thorn era sulla strada di casa e, soprattutto, perché né uno né l’altro avevano tutti questi amici.
“Hum…latino.”
“No.”
La risposta negativa del più grande fu seguita da un lungo e scoraggiante sospiro.
“Peccato, ne ero sicuro… allora è trigonometria. Si trigonometria sicuramente.”
“Non è trigonometria, Albafica.”
“Però ci sono vicino a vero? Tedesco.”
“Ma secondo te come posso insegnare latino, trigonometria o tedesco a dei bambini delle elementari? Sono materie che nemmeno ci sono nel programma!”
Albafica prese le chiavi della macchina e quelle della serranda del negozio. Fece uscire prima Sisifo e, dopo essersi assicurato di aver chiuso bene, tornò al discorso.
“Allora illuminami. Cosa insegni?”
“Matematica. Ho tutte le classi sai? Sono dei bravi bambini.”
“Oh matematica. Interessante.”
“Davvero? Ti ringr-“
“Non l’ho mai sopportata.”
Entrambi si avviarono verso destra. Uno diretto alla macchina, l’altro diretto a casa.
“Come puoi dire così Albafica?”
“Beh perché è vero. Nessuno sopporta la matematica, e chi la insegna.”
“Ma… i miei studenti mi adorano. Soprattutto una bambina, mi ha anche scritto una letterina che diceva – maestro sei bello e ti voglio bene - “
“Hai capito, fai conquiste. Ti vedono come un fidanzato allora.”
“No! Non è così!”
Albafica si fermò davanti ad una macchina nera, la aprì e poi guardò Sisifo ridacchiando leggermente.
“Buona serata, maestro.”
 
La casa di Sisifo era grande, molto grande. Tuttavia tre persone non erano riuscite ad accaparrarsi  ognuna una camera propria quindi, Regulus, era costretto a dividere la sua con un’altra persona.
Non che la cosa lo disturbasse, questo no, ma qualche volta il suo girare continuo sulla fantastica sedia con le ruote della scrivania, indispettiva l’altro.
“Smettila immediatamente e, anzi, lasciami il posto. Devo studiare.”
“Aiolia, mi daresti dei consigli?”
“Dipende, cosa ti serve?”
Il più piccolo sorrise fermando il suo divertimento, appoggiò il mento allo schienale della sedia guardando negli occhi l’amico. Credeva fermamente in lui! Sentiva che poteva parlare di tutto con Aiolia, lo considerava un fratello maggiore!
Avrebbe potuto parlarne con suo zio, si, di certo avrebbe avuto più senso e, forse, più esperienza ma…si vergognava e non avrebbe saputo come iniziare l’argomento. Con Lia, sarebbe stato diverso.
Avevano differenza soltanto di un anno quindi non c’èra bisogno di vergognarsi tanto. Bene!
“Vorrei sapere…ecco…vorrei consigli d’amore.”
Aiolia vide illuminarsi lo sguardo del più piccolo. Ah che bello… le prime cotte, i primi amori, le farfalle nello stomaco, la testa che si svuota, e tu che pensi solo alla persona amata. Chissà se Reggy era già a quella fase.
Il sorriso ebete ancora non c’èra, quindi probabilmente no. Scosse la testa comprensivo dirigendosi verso la cartella scolastica sotto lo sguardo perplesso di Regulus.
Tornò a guardare il più piccolo, Aiolia, addolcì lo sguardo e volse un’occhiata piena di speranza al più giovane.
“Parlane con tuo zio.”
La speranza di Regulus, si spense come ogni sera la TV si spegneva a mezzanotte per lui ed Aiolia per via del coprifuoco (potevano restare svegli, ma niente tv). Se Lia non collaborava avrebbe dovuto chiedere per forza a suo zio, ma certo! Dopotutto era un parente.
Cosa c’èra di male? Mica era colpa sua se nessuno dei suoi amici gli sembrava affidabile… e di quel Kiki ancora non si fidava completamente. Quindi, a malincuore, decise di mettere da parte l’orgoglio e chiedere a lui. Al comandante di casa.
“Sai che ti dico Lia?! Chiederò a zio!”
“Bene.”
“E non a te!”
“Ottimo.”
“E non essere troppo invidioso o piangere! Tanto anche se mi pregherai, non cambierò idea!”
Aiolia alzò un sopracciglio guardando dubbioso Regulus. Povero ragazzo, forse avrebbe dovuto davvero parlarci lui?.... Nah, non era il caso di sprecare tempo con lui ed i suoi squilibri per qualcosa che sarebbe sicuramente passato in una settimana o due.
“Va bene Regulus, vedrò di trattenermi.”
Offeso e stizzito, Regulus uscì dalla stanza sbattendo la porta, e, precipitandosi giù dalle scale, si sedette su una sedia in posa zen fin quando, dopo circa un’oretta non arrivò Sisifo.
Quest’ultimo lo trovò addormentato sul divano… a quanto pareva l’attesa in posa zen non aveva resistito un granché.
“Svegliati… che fra un po’ si cena.”
“No, ancora mezz’oretta…”
“Di solito non sono cinque minuti?”
Tornò finalmente alla normalità Regulus, dopo qualche scossa dello zio. Decisero insieme il menù della cena e, alle spalle di Aiolia, il più piccolo propose minestra. Sapeva benissimo che Lia la odiava. Che bella la vendetta.
Ora doveva andare al dunque, parlarne con suo zio, anche se avrebbe riso…doveva farsi aiutare non poteva farcela da solo. Non in questo… già aveva fallito con il gel, figuriamoci cos’avrebbe combinato se avesse agito da solo.
“Zio! Mi servono dei consigli!”
Regulus si sedette in posa composta sul divano facendo cenno a Sisifo di sedersi accanto a lui. Che consigli potevano mai volere suo nipote? Non parlavano quasi mai per via degli orari lavorativi e, in quell’unico giorno libero, era strano che Regulus se ne stesse in casa…
Sisifo era aperto a tutto. Era giovane dentro! Albafica gli diceva che, nonostante avesse trent’anni, si comportava da cinquantenne. Tsk! Scemenze!
“Su cosa…?”
“Amore…c’è una persona che mi piace.”
Sisifo sorrise allungando la mano verso la spalla di Regulus, prima che potesse arrivare ad essa gli venne in mente una delle conversazioni col parrucchiere.
 
***
“Ti comporti da cinquantenne. Sono sicuro che se qualcuno venisse a confessarti un peccato, un segreto o cose simili, la tua reazione sarebbe tipo quella di un nonno buono, troppo giovane.”
“Un…nonno giovane?”
“Si. Oppure di un parroco. Metteresti la mano sulla spalla dell’interessato e diresti – figliolo, capita. Non preoccuparti.”
Sisifo si massaggiò una tempia confuso dal discorso di Albafica. Era impossibile che lui facesse una cosa del genere. Insomma, chi mai l’avrebbe fatta?!
“Sono un maestro, non un parroco. E tu un parrucchiere, non un veggente.”
***
 
“Zio?”
Sisifo ritirò la mano prima di arrivare alla spalla di Regulus e la passò con disinvoltura dietro la testa ed aggiustandosi i capelli. Il ragazzo distese le labbra in una smorfia indagatrice…forse non lo stava prendendo sul serio?
“Tornando a noi Regulus, è bello che ti piaccia qualcuno. Lo sa?”
“No…”
“Vi conoscete, vero?”
“Non proprio…”
“Almeno sa della tua esistenza?”
“Oh questo si! È una persona davvero gentile sai, mi ha passato anche i menù e non ha fatto storie quando ho versato la cola.”
Lo zio annuì con un mezzo sorriso in volto. Si poteva dire che…andava bene, no? Sapeva dell’esistenza di Regulus, quindi era un bene. Tutte le grandi storie d’amore iniziavano in quel modo.
Doveva aiutare e motivare il più piccolo, ma prima di tutto se stesso, cercò di fare appello a tutte le sue esperienze e conoscenze…viste nei film, lette nei libri, vissute, e dopo aver riflettuto un po’, optò per la più semplice.
“Devi solamente essere te stesso.”
“Quindi… Continuare semplicemente a fare il cameriere?”
“Esatto. Cioè no, no! Cerca di farci conoscenza e poi…dichiararti, funziona così…”
“Però sai c’è una situazione che potrei sfruttare, ma è da vigliacchi…e non vorrei…”
L’espressione di Regulus si fece un po’ triste. Non era cattivo e non voleva approfittare delle debolezze degli altri. Non lo aveva mai fatto e anzi, era sempre stato dalla parte dei più deboli, senza contare che a volte il debole era lui, ovvio. La vita è una ruota che gira…
Sentì la mano dello zio accarezzargli la testa, si girò trovando il sorriso di Sisifo a rincuorarlo.
“Non so di che situazione si tratti e, vista la tua età, non voglio sapere i dettagli… ma a me hanno sempre detto che in guerra e in amore tutto è concesso.”
 
 
***
Autunno, la stagione dove le foglie si staccano dagli alberi, dove comincia a venire un leggero freschetto, si indossano le prime sciarpe ed i primi vestiti pesanti, si va per i mercatini, si fanno le escursioni e soprattutto si possono fare lunghe passeggiate per le montagne… magnifica stagione tinta di colori caldi.
“Etciùùù! Non sai quanto ti sto odiando in questo momento, ma davvero non ne hai idea. Io ti mollo sotto la pioggia! Dammi l’ombrello che non ci stiamo in due!”
“Dai calmati Aphrodite, ti giuro che avevo guardato le previsioni. Dava sereno, era una giornata perfetta per una passeggiata in montagna…”
I due spostarono leggermente l’ombrello quel tanto che bastava per riuscire a vedere il cielo: nuvoloni neri buttavano giù acqua a tutto spiano e, dopo qualche secondo, entrambi sentirono qualcosa di solido cadergli sul naso.
“Sta grandinando! E-etciùùù!”
“Salute…”
Dopo qualche metro di corsa, circa una decina, dove Aphrodite disse addio ad un polmone per strada, i due riuscirono a trovare la loro salvezza…un bar!
“Si arricceranno tutti i capelli.”
“Tranquillo sarai perfetto ugualmente.”
Rise scuotendo la testa, mentre Aphrodite guardava inorridito i suoi poveri capelli bagnati…
 ***
Aphrodite si svegliò all’improvviso restando gelato del suo stesso sogno. Sdraiato sul divano, fissava il soffitto a occhi sbarrati.
Chi era quel tipo non lo sapeva, per tutto il tempo aveva avuto un’immagine sbiadita di quel ragazzo e nessun particolare si rendeva utile…perché non ce n’èrano. In più non conosceva il luogo dove si era svolto il tutto. Bah sogni…cazzate. Ma una curiosità gli era venuta.
“Alba…”
Si tirò seduto sul divano dopo aver chiamato il fratello. Quest’ultimo barricato in camera non gli dava segni di vita. Né un colpo, né una risposta né nient’altro quindi con eleganza riprovò.
“Albaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!”
Dopo l’urlo canoro, la porta del fratello maggiore si spalancò e uscì quello che doveva essere Albafica, anche se somigliava più a uno zombie, date le occhiaie che aveva.
Trattenne tutta la rabbia che aveva in corpo. Quel decerebrato di Aphrodite poteva farli quattro passi. Lui si spaccava la schiena tutta la settimana e quell’altro sfaticato per tutta ricompensa cosa faceva? Urlava. Come un deficiente.
“Cosa c’è. Non è ora di cena.”
“I capelli si arricciano con l’acqua?”
Prima di rispondere Albafica si massaggiò una tempia. Come era preso ad Aphrodite di chiedergli una cosa simile non lo sapeva… forse una sua amica gli aveva chiesto qualcosa in merito sapendo del lavoro del fratello? Ah no, Aphrodite aveva seguito le sue orme diventando un semi-asociale.
Forse era il giochino vero e falso che aveva sul telefono…più plausibile, si.
“Quando c’è umidità si arricciano.”
“Oh...io li ho ricci?”
“Mah…direi mossi.”
 
 
Le panchine che davano sul laghetto erano comode. Comode e perfette per chi la mattina non aveva niente da fare e voleva farsi i fatti propri, o quelli di chi passava, ma comunque starsene in pace.
E li stava seduto Aphrodite con l’espressione indifferente ed i capelli  in faccia per colpa del vento…
Quel giorno era passato a dei jeans abbastanza larghi, probabilmente erano di Albafica ma non se ne era nemmeno accorto, mentre sopra indossava una felpa arancione e, grazie ad essa, poteva riparare le mani in tasca dal leggero venticello che tirava quel giorno…
Continuava a pensare a due cose: alle parole del fratello –Mah…direi mossi- ma che razza di risposta era? Possibile che Albafica non potesse dargli mai una risposta concreta?
E al sogno che aveva fatto, soprattutto al luogo del sogno. La scena già se l’era più o meno dimenticata, ma il posto restava anche se sfocato nella sua testa e non riusciva a collocare proprio quel posto in nessun dove… eppure gli sembrava così familiare.
Sospirò guardando il laghetto perdendosi in altri futili pensieri, finché la sua attenzione non fu attirata da una voce.
“Eccoti, finalmente ti ho ritrovato.”
Si voltò lentamente per curiosità. Chissà chi aveva mai pronunciato quelle strane parole… forse un bambino aveva ritrovato un cagnolino, oppure un fratello maggiore il minore… ma fu sorpreso di vedere un ragazzo che guardava nella sua direzione con un sorriso in volto.
Lo guardò fisso negli occhi per un attimo. Poi si girò indifferente. No, non poteva dire a lui…
“Hey!”
Il ragazzo si avvicinò correndo e in un attimo fu seduto accanto ad Aphrodite, che continuava a guardare  il laghetto, sempre più scandalizzato. Il giovane dai capelli azzurri non aveva nemmeno intenzione di girarsi.
“Aphrodite, sono io! Possibile che tu non mi riconosca?”
“Mi dispiace, credo che lei mi stia confondendo con qualcun altro…”
“Sono Regulus!”
A sentire il nome si girò. Si, non gli era nuovo… Questo era vero. Scrutò il ragazzino cercando di ricordarsi dove lo avesse visto e finalmente ci riuscì.
“Il cameriere. Cosa vuoi da me, ho dimenticato di pagare qualcosa?”
“Cos-Aspettavo di vederti solo in realtà…”
“Me lo diceva mio nonno quando doveva darmi soldi senza farsi vedere da mio fratello.”
Regulus prese un leggero respiro, c’èra. Aveva la situazione sotto controllo, più o meno. Aphrodite l’aveva preso, era riuscito a parlarci, sembrava non opporre resistenza alla conversazione…ma ora veniva la parte difficile.
“Dobbiamo parlare.”
Lo sguardo del ragazzino si fece serio, mentre quello di Aphrodite scocciato. Quest’ultimo si alzò pronto ad andarsene senza dare motivazioni. Insomma…un tizio a te sconosciuto che all’improvviso se ne esce con – dobbiamo parlare- si merita di restare solo come un demente!
Anche qui i piani andarono in fumo quando una forte stretta al polso ritirò seduto Aphrodite.
Innervosito guardò Regulus trovandosi un’espressione autorevole e seria, decise così di starlo ad ascoltare…non che avesse di meglio da fare…
Di cose strane negli ultimi periodi gliene erano capitate molte, dalla chiacchierata con Shura al sogno, ma mai cosa più sconcertante ci fu della conversazione con Regulus…

 
ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Oggi voglio iniziare le note con dei ringraziamenti^^
Beh ringrazio per prima cosa tutte le persone che recensiscono, mi fa un gran piacere dato che tengo molto a questa storia <3 in particolare Yuphie_96 e Angel Mizar sempre presenti^^.
Poi voglio ringraziare chi ha aggiunto la storia alle seguite Relie Diamant, Chi l'ha aggiunta alle ricordate: LOL_Chan e chi alle preferite:  kiwettina99.
Grazie davvero <3


Ed ora ditemi, che ne pensate di questo capitolo, ve lo aspettavate? Cosa pensate che farà il caro pesciolino ora? Ma soprattutto… Cosa gli avrà detto Regulus? Mi avete già mandato in quel posto? Aspettate le note del prossimo capitolo per farlo!
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 7
*** Invio in corso? ***


Invio in corso?
 

“Quante fatture hai fatto oggi, Alba?”
“Non darmi tutta questa confidenza signor maestro. Questi soprannomi possono darmeli gli amici, e mio fratello…”
“Pensavo fossimo amici!”
La panchina davanti al salone di Albafica era occupata da quest’ultimo, che si stava fumando una sigaretta in tranquillità... Interrotta dall’arrivo del maestro.
Appena chiuso il negozio, aveva incontrato Sisifo, pronto a parlare. Parlava sempre, sempre, seeeeeempre…e tanto, tanto, taaaaaaaaaanto….
Doveva essere dura avere un lavoro dove hai dei bambini da tenere a bada, poi vai a casa e ti ritrovi due adolescenti. Una perfetta mamma.
“Siamo conoscenti.”
“Ma io voglio essere tuo amico, e poi ti racconto molte cose, questo si fa fra amici.”
“Si ma io non te lo chiedo, sei tu che vieni a sfogarti nemmeno io fossi uno psichiatra…”
“Effettivamente di te non so nulla…racconta qualcosa.”
Il parrucchiere alzò un sopracciglio guardando Sisifo. Poi buttò fuori il fumo della sigaretta che finì in faccia al più grande. Irritato, dopo aver capito che l’aveva fatto di proposito, si sedette anche Sisifo sulla panchina.
“Non racconto fatti personali a chi non è mio amico.”
“Perché, tu hai amici?”
Si mise a pensare battendo il dito sulla cicca per far cadere la cenere…non aveva mai portato nessuna persona a più di semplice conoscente. Non perché fosse cattivo, era semplicemente il suo carattere e non voleva far avvicinare la gente a lui.
“Beh, effettivamente una persona ci sarebbe.”
“No, seriamente?”
“Già, si può dire che il nostro rapporto sia…unico.”
“Che persona romantica che sei. È una ragazza vero? Come vi siete conosciuti?”
Albafica annuì buttando la sigaretta a terra per poi spegnerla col piede. Era anche da molto che non la sentiva. Forse era il caso di sapere come stava? Effettivamente non doveva aver avuto un bel periodo…
“Ci siamo conosciuti in circostanze…orribili, oserei dire.”
“Oh, mi dispiace…racconta.”
“Hai già sentito troppo per i miei gusti, ora scusami, vado a casa.”
 
 
***
Si voltò lentamente con aria impaziente, ma stranamente calma. Sapeva già la risposta che avrebbe sentito, ma provare a chiedere non costava nulla…sai mai, i miracoli qualche volta accadevano…
“L’hai detto a tuo fratello, Aphrodite?”
“No, e non ho intenzione di farlo.”
… ma non a lui. Quelle parole, anche se scontate, lo ferirono leggermente e non riuscì a trattenere una smorfia di leggero disappunto e tristezza.
“Inutile che fai così, quello sciagurato di Albafica mi disereda se scopre che sto con un uomo. E da quanto so, si…può farlo anche lui oltre che i miei genitori. So che gliene hanno dato il permesso!.”
“E’ questo che ti preoccupa, essere diseredato?”
“Era un modo di dire! Cerca di capirlo! Ti odierebbe a morte e non accetterebbe per nulla il fatto che io…insomma…”
L’altro non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
“Che c’è di così divertente ora?! È un discorso serio!”
“Se tuo fratello ancora non l’ha capito è perché non vuole accettarlo.”
“Come ti permetti di parlarmi a questo modo? Basta, ti ho anche sopportato troppo per oggi! Me ne vado a casa!”
Il ragazzo cominciò ad avviarsi arrabbiato verso la fermata del pullman sotto lo sguardo divertito del compagno. Dopo che ebbe atteso per 2 minuti tornò indietro con una smorfia d’irritazione.
“Si?”
“Passa fra tre ore.”
“Ti sopporterò ancora un po’”
***
“Pronto? Hey Aphrodite, Ci sei ancora o parlo da solo?”
“Scusa Shura…è successo ancora.”
“Dovresti andare da qualcuno… Magari in ospedale, o da uno psicologo. Forse queste allucinazioni sono dovute allo stress, anche se non so quale tipo di stress tu possa mai avere.”
“Forse hai ragione, sta diventando snervante… Mi sento un cretino.”
“Tornando a quel tipo, sul serio è quello del bar?”
Aphrodite si rigirò sul letto ad occhi chiusi cercando di mantenere la calma. Gli tornava ancora in mente l’espressione seria di Regulus mentre gli diceva quelle parole.
Autoproclamarsi il suo ex fidanzato, era stato alquanto azzardato e… Folle. Non aveva altri termini se non folle.
“Quanti anni ti ha detto di avere?”
“Ventuno.”
“Ne dimostra molti meno, però ci starebbe… Ecco spiegato il lavoro al bar. Che altro ti ha detto?”
“Cazzate, grandi grandissime immense cazzate. Non credo ad una parola…”
Si mise seduto sul letto tirando il cuscino alla porta, azione che Margot apprezzò molto, dato che pochi istanti dopo ne fece il suo letto.
Almeno questo strappò un sorriso al giovane.
“Come siete rimasti? Intendo… Vi rincontrerete?”
“Mi ha dato il numero, e se voglio ricominciare la ‘nostra’ relazione, devo mandargli un messaggio.”
Ci fu un attimo di silenzio. La smorfia d’irritazione sul volto di Aphrodite si allargò mentre dall’altro capo del telefono ci fu un sospiro.
“Credo ti voglia davvero bene allora.”
“Ma se nemmeno lo conosco! Non ho la più pallida idea di come ci siamo conosciuti, del perché e...oh.”
“Già.”
Un altro lungo attimo di silenzio accompagnò la telefonata dei due poi fu Shura a smorzare la tensione.
“Senti, il mio coinquilino è molto amico di uno psichiatra, magari se vai da lui riesce a farti un po’ di sconto, vuoi che gliene parli?”
“Dici che serve a levarmi queste allucinazioni?”
“Forse.”
“E diglielo… Ma paghi tu!”
Aphrodite riattaccò senza dire null’altro.
Si stese sul letto a guardare il soffitto… Quelle strane ‘allucinazioni’ che viveva, ormai le chiamava così, gli sembravano troppo surreali. Era come se le vivesse in prima persona, ma pensandoci bene, non avrebbe mai dato risposte simili.
Da quel che sapeva, e che Albafica gli aveva raccontato, era sempre stato un tipo introverso e che si faceva gli affari suoi, che non attaccava briga, senza troppi amici…Ed era questo il motivo per cui si chiedeva, ad ogni allucinazione, la causa della tristezza che lo assaliva.
Scansò via questi pensieri e uscì di casa per fare quattro passi. Le parole di Regulus lo tormentavano ancora ma soprattutto… Adesso non poteva neanche prendersi un frullato in pace al Lost Canvas, altrimenti avrebbe rivisto quel tipo!
Si morse il labbro, non doveva pensare ai frullati, non doveva assolutamente pensare ad un buonissimo frullato!
…..
Ok, ci stava pensando ma il Lost Canvas non era l’unico posto dove facevano frullati, no? Avrebbe potuto mangiarlo altrove.
Certo. Avrebbe fatto così, sicuramente avrebbe fatto così!
“Ehm… De-desideri?”
“Un frullato. Alla menta.”
L’ordine di Aphrodite avvenne senza neanche guardare in volto Regulus, la sua attenzione era spostata sull’interessante strada dove sfrecciavano macchine di vivaci colori.
Il cameriere se ne andò in silenzio e dopo un po’ tornò con l’ordine, il frullato era provvisto anche di cannuccia con forma di cuoricino.
“Scherzi, vero?”
“Era l’ultima rimasta…poi c’èrano quelle verdi, ma sono orribili.”
Il più grande sospirò iniziando a bersi con calma il frullato, la sua speranze di restare in pace fu vana  ed illusoria… Difatti svanì nell’istante in cui Regulus gli si sedette davanti.
“Sei venuto per me?”
Chiese Regulus a voce bassa ed occhi più dolci, che avrebbe fatto invidia ad un cucciolo di gatto. La tenerezza fatta persona, non c’èra che dire. Aphrodite doveva dargliene atto…tuttavia non voleva mentirgli.
“Sono venuto per il frullato.”
“Ah…”
“Hai pensato alle mie parole?”
“Anche troppo.”
Il sorriso tornò a splendere sul volto del più piccolo. Era una risposta che davvero non si aspettava, temeva che Aphrodite lo avesse mandato a quel paese senza prenderlo sul serio… ma a quanto pareva non era stato così.
“E…?”
“E non mi pare di averti inviato nessun messaggio. Per me non sei nulla, una persona che non conosco. Sono lusingato dei sentimenti che provi, ma non è lo stesso. Fattene una ragione e continua la tua vita vedendomi soltanto come un cliente.”
La bocca di Regulus si aprì leggermente. Quanto veleno aveva sputato in quelle poche frasi? Come aveva potuto dirgli cose simili? Perché poi? Non riuscì a dire nulla, né fare nulla… Dopo un istante fu in grado di andarsene, restando in silenzio.
 
 
“Si può sapere dove caspita sei stato? E’ tardi Aphrodite!”
“Eccoti che riinizi a sbraitare…. So badare a me stesso Albafica. Non sono un bambino.”
“Non è per quello ignorante, ad una certa ora vorrei cenare.”
Assottigliò gli occhi arrabbiato guardando il fratello più piccolo.… Che non lo stava minimamente ascoltando.
“Beh non ho fame, mi hanno offerto un frullato.”
“Offerto…chi?”
“Un tipo. Si chiama Regulus, non lo conosci.”
 Al nome detto da Aphrodite, Albafica si sorprese. Non gli era nuovo, ovviamente.
Sisifo gliene parlava in continuazione… Ma la domanda era come facesse suo fratello a conoscerlo.
“Cos’è quella faccia Alba?”
“Come…lo conosci?”
Se quella del più grande era solo curiosità, Aphrodite la lesse in tutt’altro modo. Subito in viso gli comparve un’espressione di orrore e rabbia. Shura aveva ragione, suo fratello gli aveva detto tutte bugie e forse Regulus era davvero la persona con cui stava prima?
Tante domande gli stavano salendo e, se prima si era sempre affidato ad Albafica, nonostante il loro rapporto si fosse sbriciolato, ora sapeva una cosa. Non si sarebbe più rivolto a lui…
“Allora è vero, tu lo sapevi…sapevi tutto…”
“Come? Di cosa?”
“Non fare il finto tonto! Di Regulus! Lo conoscevi!”
“Certo che lo conoscevo….più o meno, quello che non doveva conoscerlo eri tu!”
“Bastardo…”
Aphrodite si ritirò nuovamente in camera, seguito dalla fedele gatta Margot, sotto lo sguardo perplesso di Albafica. Il parrucchiere diede nuovamente la colpa all’adolescenza…
Cosa doveva mai fare per andar di nuovo d’accordo con lui? Ormai aveva quasi perso le speranze, sarebbe mai tornato tutto come prima?
 
 
 
-Scusa per oggi, ero di cattivo umore, non dovevo dirti tutte quelle cose. Ho pensato molto… proviamoci. –
 
Messaggio inviato.
 
 

ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Ok bene, ora potete mandarmici. Reggy, poverino, è stato trattato proprio male in questo capitolo. Il caro Aphrodite gli ha sputato tanto veleno addosso… Alla fine però, a quanto pare, si è “arreso”. Perché ho scelto proprio Reggy?
C’è un motivo. Davvero. Tuttavia ve lo dirò più in la…molto più in la.
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 8
*** Grazie ***


Grazie

Erano circa le sei del mattino ed Albafica era seduto sul letto della propria camera, a fissare lo schermo del cellulare.
Per la precisione un numero della rubrica, lo fissava da almeno cinque minuti. Aveva le intenzioni più buone del mondo, ma davvero non ce la faceva a premere  quel maledetto pulsante verde che avrebbe fatto partire la chiamata…Eppure sembrava tutto così semplice.
Sapeva che anche lei era una tipa mattiniera, quindi non avrebbe corso rischi nel disturbarla… No, no, no, no… e se avesse cambiato abitudini? Non si sapeva mai.
Gli venne l’idea di mandarle un messaggio, si un messaggio andava bene! Una forma di contatto fra due persone; elegante, raffinata e… distaccata. Soprattutto se non si vedevano da molto tempo. Ma era da lui! Quindi non si sarebbe arrabbiata, ne era certo.
Andò nei messaggi creandone uno nuovo, selezionò per prima cosa il destinatario e scrisse… Niente. Non scrisse niente.
Pensò altri cinque minuti buoni al testo da scrivere ma nulla, non gli venne in mente proprio niente…dieci, venti minuti, alla fine aprì la finestra mettendosi a fumare…continuando a guardare il maledettissimo schermo del telefono con quella lineetta che continuava a lampeggiare.
“Maledizione, eppure non mi sembrava così difficile a voce…”
Sbuffò leggermente buttando fuori del fumo. Alla fine decise una cosa saggia. Ci avrebbe pensato un’altra volta, cercò di chiudere il messaggio tramite il pulsante rosso ma…per sbaglio il dito pigiò su invio.
Gli caddero le braccia, un’ora a pensare a cosa potesse scrivere su quel benedetto messaggio… ed il suo telefono lo sfotteva inviandone uno vuoto?! Non aveva parole… Beh, forse anche il cellulare l’aveva capito.
Dopo qualche secondo gli arrivò la risposta. Non se l’aspettava, e non se l’aspettava così veloce.


 
-Sono felice di “risentirti”! Come stai?-

Lesse il messaggio sorpreso, il solo fatto che avesse risposto era buon segno. E ne era felice. Si stava facendo un sacco di problemi ed era bastato uno stupido messaggio vuoto per farsi rispondere che “era felice”.
Magari era ora di cominciare di nuovo a dare fiducia anche ad altri… o forse no, lei era diversa per quel motivo.
Ci avrebbe pensato.

 
-Bene grazie. Che ne dici un giorno di vederci?-

 
 
“Mi dispiaaaaace, scusa, scusa ancora!”
Piagnucolò Regulus, seduto al posto del passeggero, mentre guardava il più grande guidare con un’espressione comprensiva e paziente.
“Sisifo non poteva accompagnarti?”
“No, è andato a fare ripetizioni ad una bambina. Ha detto che rischia la bocciatura…quindi ho chiesto a te, sei la mia salvezza Aiolos!”
Aiolos rise leggermente guardando la strada, probabilmente, alle ripetizioni, l’unico che si sarebbe concentrato sulla matematica era proprio Sisifo.
“Credo che la più contenta per la ripetizioni, sia la madre…”
“Eh, Perché dici ciò? Anche lei assisterà mentre zio insegna?”
“Già, probabilmente guardandolo dalla cucina.”
Regulus non comprese affatto le parole di Aiolos ma, sinceramente, non gliene importò nemmeno molto di capirle. Gli bastava qualcuno che lo accompagnasse al dannato incontro che quel giorno aveva con Aphrodite…ed era già in ritardo.
“Aiolos, stiamo beccando tutti semafori rossi!”
“Ed è colpa mia secondo te?”
“No, ma arriverò in ritardo! Vedi di sbrigarti! Si arrabbierà, ne sono certo!”
Aiolos scosse la testa sospirando. Ah che carini i ragazzi innamorati, poi Regulus era così dolce, così gradevole, delizioso, amabile, adorabile…
“Datti una mossa!”
…così rompiscatole.
“Se non stai zitto ti lascio a piedi.”
Per il resto del tragitto si sentì soltanto la musica proveniente da Radio 102.5.
Finalmente arrivati, ci furono le domande di rito…perché ci sono sempre le domande di rito, da parte dei più grandi.
Aiolos guardò Aphrodite dallo specchietto retrovisore, facendosi una mezza risata.
“E’ quel tipo li? Da quanto vi conoscete?”
“E’ lui… Una settimana, credo.”
“Non è troppo grande per te?”
“Ha solo ventidue anni!”
Aiolos guardò Regulus  con espressione rassegnata. Sapeva benissimo che ogni sua parola sarebbe stata vana…ma almeno provarci cosa sarebbe costato?
“Però tu ne hai diciotto.”
“Ma io lavoro! Lui no!
“Oh interessante. Quindi hai portato i soldi per pagare se prendete qualcosa, vero?”
Il più piccolo si girò di scatto allarmato. Ovvio che non aveva portato, o meglio, aveva portato. Ma cinque euro… e qualche spiccio.
“Devo pagare io?! Perché?”
“Pensavo volessi fare bella figura…bene Reg, io ho da fare. Ci si vede dopo.”
“Fammi un prestito!” 
 
***
“Eh che diavolo, sei in ritardo anche oggi! Hai intenzione di farmi aspettare ogni volta?!”
“Ho avuto un imprevisto, scusa Aphrodite. Ma adesso sono qui no? È questo l’importante.”
“Te la cavi sempre con frasi del genere, sto iniziando a stufarmi!”
Aphrodite sbuffò irritato per poi guardare un volantino che l’altro gli aveva consegnato pochi secondi prima. Alzò un sopracciglio distendendo in una smorfia le labbra.
“Io voglio andare all’acquario oggi, non al planetario.”
“Invece andremo al planetario. All’acquario possiamo andarci mercoledì prossimo, ho controllato gli orari ed è aperto…il planetario invece no. Quindi oggi andiamo li, va bene?”
“Arrivi in ritardo e vuoi pure decidere dove andare? Non ci sto, noi andiamo all’acquario!”
Batté lo stivaletto a terra indignato mentre l’espressione sul volto dell’altro cominciava a mutare. Amava Aphrodite ma odiava quando iniziava ad impuntarsi a quel modo.
“Niente acquario.”
“Ci andiamo.”
“Senti mi sto arrabbiando, seriamente smettila o me ne torno a casa. Non posso sopportare ogni tuo capriccio, e se una volta tanto ti chiedo un favore vedi di accontentarmi! Io faccio il possibile per te, e lo sai. Perché invece di adottare questi atteggiamenti viziati non pensi anche agli altri invece che a te stesso?”
Fra i due scese il silenzio, l’espressione arrabbiata non accennava ad andarsene e lo sguardo serio continuava a restar fisso sul ragazzo dai capelli celesti…che cominciava a sentirsi molto a disagio. Provò a dire qualcosa ma, prima che riuscisse a farlo, una mano andò a prendergli una ciocca di capelli per poi lasciarla andare piano.
“Lo sai che mi da fastidio quando la gente li tocca…”
“Ma non mi hai fermato. Dove vuoi andare?”
“…al planetario.”
***

“Aphroooooooooooo, scusa il ritardo! Mi dispiace tantissimo! Non lo farò più!”
“Tranquillo, è solo mezz’ora che aspetto.”
“Per fortu- cosa?!”
Aphrodite annuì iniziando a camminare senza meta. Le mani nelle tasche della felpa gialla e lo sguardo basso, Regulus lo raggiunse immediatamente con una corsetta.
“Sono sempre stato paziente…giusto?”
Quella domanda mise in difficoltà il più piccolo. Non aveva, ancora, la più pallida idea se Aphrodite fosse o no una persona paziente. Cosa poteva mai rispondergli? Con una frase poteva mandare all’aria l’intera copertura, quindi doveva stare attento…
“Arriverò in orario la prossima volta. Promesso.”
Regulus sorrise deciso ad Aphrodite e, dopo poco, questo ricambiò…tanto valeva divertirsi, quel giorno. Non poteva fare più di tanto da solo…
“Dove stiamo andando, Regulus?”
“Eh? Ah giusto…andiamo…allo zoo! Si, allo zoo. Ti piace?”
“Indifferente.”
 
Si ritrovò al supermercato, Albafica, col cestino della spesa in mano dove, all’interno, vi erano soltanto latte, cereali e cibo per gatti. Fissava spaesato e (quasi) irritato l’espressione serena dell’uomo che aveva appena incontrato.
“Heyla, Alba. Piccolo il mondo.”
“Sisifo, ci credi che a stare con te mi sento vecchio?”
“Io non sono vecchio!”
“Rispetto a me lo sei.”
Sisifo sbuffò guardando l’altro. Quanto era acido certe volte… eppure era sicuro che sarebbe stato una buona compagnia, se solo avesse voluto.
“Vedo che hai un gatto, non me lo aspettavo. Come si chiama?”
“Non è mio, è di mio fratello e…ma un po’ di fatti tuoi no?”
“Dai, si fa per parlare. Non racconti mai nulla a nessuno di te.”
“Perché non voglio raccontare nulla a nessuno di me.”
Albafica andò dritto verso la cassa a passi svelti, seguito subito dal più grande. A quanto pareva non aveva intenzione di lasciarlo in pace…o più semplicemente aveva finito di fare spesa anche lui.
“La smetti di seguirmi?”
“Ho appena finito di impartire ripetizioni ad una bambina con una madre molto vogliosa, ed ora non ho nulla di meglio da fare.”
Alzò le mani, nella destra teneva un pacchetto di gomme, nella sinistra una bottiglia d’acqua gassata. Sisifo sorrise ad Albafica.
“Sai, anche io ho il brutto vizio di pagare.”
“No, tu hai il brutto vizio di tormentarmi! E passi quando apro il locale, e passi quando chiudo il locale, e ti incontro qui. Non ti stanchi mai?”
Sisifo annuì comprensivo mettendo una mano sulla spalla di Albafica, quest’ultimo alzò un sopracciglio; prima guardando la mano poi guardando il conoscente.
“Sei il fratello minore che non ho mai avuto.”
“Santo cielo, quindi avrei Aphrodite in crisi adolescenziale, e te che mi vieni dietro pregandomi di raccontarti la mia vita? Che famiglia…”
Arrivò il turno di Albafica e la cassiera iniziò a passare le sue cose facendo poi il conto, il ragazzo dai lunghi capelli, però, si accorse che anche il maestro aveva appoggiato la merce sopra il nastro scorrevole… Guardò la cassiera sorridendole leggermente.
“Scusi è un conto unico, anche l’acqua e le gomme.”
La commessa annuì mentre Sisifo guardò Albafica che se ne passava indifferente dall’altra parte della cassa, cominciando a mettere nella busta la spesa. Il parrucchiere alzò per un attimo gli occhi lanciando uno sguardo di sfida al povero maestro.
“Dai fratellone, paga tu stavolta.”
Così, dopo qualche insulto, Sisifo fu costretto a pagare anche la spesa di Albafica. Poco dopo uscirono dal supermercato…uno soddisfatto, l’altro un po’ meno.
“Perché ho dovuto pagare anche la tua spesa…spiegami.”
“Hai detto che sono il fratello minore che non hai mai avuto. Ecco io mi comporterei così se ne avessi uno maggiore… E comunque non hai pagato la mia, ma quella di Aphrodite e Margot.”
“Quale… dei due è il nome del gatto?”
“E’ una femmina.”
“...La domanda resta.”
Albafica non riuscì a trattenere una piccola risata. Voleva bene a suo fratello, ma riconosceva che i loro genitori avevano avuto  fantasia, molta fantasia, nella scelta dei nomi.
“Margot è la gatta.”
“Gli animali domestici fanno molta compagnia… qualche anno fa, avevo un pesce rosso. Gli volevo molto bene sai? Dovetti partire per una gita scolastica e dissi ai due di dar lui da mangiare… ma al mio ritorno, del pesciolino trovai solo il cadavere.”
“Avevano scordato di darglielo?”
“No, ogni volta che passavano davanti al suo acquario gli mettevano giù un sacco di mangime…ha mangiato troppo e…alla fine è andato a galla. Mi ci volle qualche giorno per riprendermi.”
Albafica annuì a quella strana confessione. Sisifo sembrava davvero provato dalla morte del pesciolino… Che persona sensibile. Sicuramente, da quel poco che lo conosceva, gli aveva fatto una fossa e seppellito in giardino. Ora ne era diventato curioso.
“Lo hai seppellito?”
“Non ho fatto in tempo… Appena Regulus capì che era morto l’ha scaricato nel bagno.”
“Quasi mi dispiace.”
 
La visita allo zoo di Regulus ed Aphrodite era ormai conclusa. Avevano passato un’ora davanti alla gabbia del leone, il più piccolo aveva fatto chissà quante foto e se le era anche fatte fare! Cioè aveva visto un leone vero! Chissà Aiolia come ne sarebbe stato geloso! Un altro posto dove si erano soffermati parecchio era a guardare le giraffe. Anche li le foto erano partite a raffica come non mai; selfie dei due, insieme, da soli e foto alla giraffa , fra cui un flash per cui furono ripresi, la giornata passò veloce per entrambi.
“Ti sono piaciuti gli animali? Quale ti è piaciuto di più? Hai visto che bello il leone? A me è piaciuto tantissimo! E le foto? Qual è la tua preferita? Ti va di tornarci un giorno?”
Aphrodite si mise una mano sulla testa mentre Regulus continuava ancora il suo monologo, sfogliando le foto del cellulare, quante domande gli stava facendo quel ragazzo? Era rimasto alla seconda e già non si ricordava bene la prima…guardò l’altro e lo strattonò per un braccio salvandolo così da una facciata contro un palo, ed una possibile frattura al naso.
“Sono stato bene, grazie della giornata Regulus.”
Il sorriso sul volto del più piccolo si smorzò leggermente. Anche se Aphrodite aveva detto ciò, gli leggeva una leggera nota di tristezza negli occhi. Lo sentiva distaccato…Beh poteva anche aspettarselo, non sarebbe stato facile. Ma questo non lo aveva capito subito… Però si sarebbe impegnato. E glielo avrebbe  fatto capire.
“Vo-vorrei dirti una cosa…”
“Dimmi.”
“Aphro... credo che già lo sai, però ricordatelo, io sono…innamorato di te…”
Aphrodite sorrise dolcemente guardando gli occhi azzurri di Regulus, aprì bocca per rispondergli. Ma poi le parole svanirono. Provò di nuovo.
“Grazie…”



ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Eh… Ammetto che quando ho scritto la scena finale quasi mi è dispiaciuto. A quanti/e è capitato di trovarsi nei panni di Regulus e sentirsi rispondere “Grazie”?...Orribile. A ancor più orribile se risponde grazie mentre lo dici e sei all’interno di un rapporto… Provate ad immaginare la sua depressione poverino… Penso che alcuni di voi mi stiano odiando sempre di più xD
Su Sisifo ed Albafica cosa mi dite? A me fanno troppo ridere questi due. Voi? Cosa pensate?
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 9
*** Visite ***


Visite

I corridoi bianchi dell’ospedale sembravano tutti uguali e, dopo tre rampe di scale, la già scarsa voglia di fare quella visita era passata da un pezzo.
Shion, davanti a lui, camminava tranquillo ed ogni tanto dava un’occhiata dietro di se. Come per vedere se fosse ancora li e non fosse scappato.
“Mi controlli?”
“Non guardo te Asmita, ma la bella signorina che ci segue a cinque metri di distanza. Ha lo sguardo più preoccupato del mio cane quando pranzo prima di lui.”
“Una ragazza?”
Piano Asmita si girò constatando che si, a cinque metri da loro, se non più, vi era una ragazza. Magra, dalla carnagione pallida, due occhi azzurri come il mare e dei lunghi capelli color argento.
Indossava una maglia a maniche corte celeste e dei jeans fino al ginocchio. Appena vide lo sguardo  del biondo su di lei andò verso il muro appoggiandovisi con la schiena ed iniziò a controllare il cellulare, fingendo indifferenza.
Asmita sospirò piano e riprese a seguire Shion, cui uscì una lieve risata.
“Hai una stalker e non te n’èri accorto?”
“E’ un’amica.”
“Hmhm…Capisco. Anche la mia ex, prima di essere la mia ragazza, era un’amica. Poi ne sono successe di cose.”
“A-mi-ca. Quanto manca?”
“Eccoci, entra pure. Arrivo subito.”
Il ragazzo entrò in una stanza non troppo grande aspettando Shion. Quest’ultimo accostò la porta guardando poi lontano.
“Puoi avvicinarti, se vuoi.”
A passi lenti gli arrivò davanti la ragazza di prima. Un’espressione colpevole, triste, responsabile… di una bambina che è stata beccata a rubar biscotti. Si guardava la punta dei piedi senza dire nulla.
“Come ti chiami?”
“Charu…”
“Sei preoccupata per lui?”
“Già… ma non vuole che lo segua durante le visite.”
“Te lo tratterò bene. Tranquilla.”
Dopo un sorriso rassicurante alla ragazza,  entrò nella stanza anche il giovane dai capelli verdi.
Il biondo si era accomodato su uno sgabello, la procedura era sempre la stessa. Prima facevano il ‘gioco’ delle letterine poi gli controllava gli occhi con quel maledetto affare.
Per un attimo Asmita guardò perplesso Shion. Lo aveva sentito conversare con Charu… Non era una buona cosa.
“Cosa le hai detto?”
“Curioso?”
“No. Non voglio tu le metta strane cose in testa.”
Senza rispondere, con espressione tranquilla e pacata, il dottore si diresse alla lavagna luminosa. Era passato un mese dall’ultima visita di Asmita ma, dato che Shion aveva insistito su un controllo, non era riuscito a dirgli di no. Ignorò beatamente le parole del biondo e decise di iniziare la visita.
 “Iniziamo, questa lettera.”
Con un righello Shion indicò una letterina sulla lavagna luminosa, il biondo tese leggermente le labbra… Faceva fatica a leggere, più fatica dell’ultima volta. Brutto segno. Bruttissimo segno.
“M.”
“Sbagliato, N. Questa.
“O.”
“Errato, Q. Quest’altra?”
 
Mentre i due continuavano la visita, fuori dalla stanza, Charu si mordeva un labbro nervosa. Chissà come stava andando al suo amico, bene? Male? Quel tipo dai lunghi capelli verdi lo stava torturando?
Sospirò rassegnata guardando poi in punto imprecisato del corridoio. Proprio da quel punto arrivò, a passo spedito, un ragazzo dall’aria non tanto pacata. Anzi furiosa. Reggeva in mano una cartellina gialla dove all’interno vi erano numerosi fogli.
“Dov’è quel dannato?! Sto aspettando da un’ora!”
Appena il ragazzo le arrivò davanti, uno sguardo assassino si posò su di lei. Gli occhi di quello strano tipo assottigliarono, e lei dentro si sentì morire. Aveva una gran voglia di scappare ma non poteva. Asmita era ancora in visita e non poteva abbandonarlo!
“L’hai visto?”
“C-Chi?”
“Il medico. Quel maledetto medico che mi sta facendo aspettare da due ore!”
“…scusi, non era una?”
“Allora lo hai visto!”
Gli urlò, e la ragazza fu costretta a tapparsi le orecchie. Che voce rabbiosa…tutto il contrario da quella pacata e dolce a cui era abituata lei.
“Io sto soltanto aspettando una persona… Sta facendo una visita di controllo.”
“Ahn! E c’è un medico  dai capelli lunghi con l’aria sorridente?”
La ragazza annuì allontanandosi. Era sicura che quel tipo l’avesse lanciata dalla finestra dopo la sua risposta. Ma fu sorpresa di vedere che soltanto la cartellina del ragazzo volò sul muro…
“Mi ha fatto passare avanti una persona! Ero in attesa!”
“Anche io sto attendendo, un mio amico…”
Venne guardata da capo a piedi con sufficienza. L’altro raccolse la cartella spolverandola leggermente. Non che gli importasse un granché, ma gli avevano imposto quella visita e quindi già che c’èra doveva farla.
“Voi donne tutte uguali. Siete così incomprensibili.”
A quel punto Charu si sentì leggermente offesa. ‘Tutte uguali’? Perché diceva così quel tizio, cosa voleva da lei?  Non la conosceva nemmeno e si permetteva di parlarle a quel modo? Ma che razza di comportamento era?
“Senta io non so cosa vuole, ma le assicuro che sono qui soltanto come…supporto. Si, supporto”
“Credete che basti un bello sguardo, un bel sorriso e noi siamo cotti. Ma vi sbagliate. A reggere le redini del gioco…siamo noi, i cacciatore. Voi siete le prede…chiaro?”
A quel punto la ragazza dai lunghi capelli capì una cosa. Stava tenendo un monologo con se stesso, e non con lei.
Si misero ad aspettare davanti alla porta, il ragazzo indignato, e Charu con espressione preoccupata, finché non si aprì.
“Asmi!”
Sul volto di Charu tornò a splendere il sorriso e senza pensarci abbracciò il biondo che, per il troppo slanciò della ragazza, quasi non cadde all’indietro.
Asmita sorrise comprensivo ma non ricambiò l’abbraccio, si limitò ad accarezzarle la testa.
“Non sono morto, lo sai?”
“Ero preoccupata…”
“Per questo non volevo che venis…”
Asmita non completò la frase che sentì una piccola risatina provenire dal dottore. Si girò nella direzione di Shion e lo vide con una mano davanti la bocca e gli occhi vispi.
Il biondo gli mimò con la bocca la parola: AMICI
“Mi avevano detto che era qui!”
Una voce arrabbiata ed irritata proferì queste parole. Con la calma più totale del mondo, Shion diede attenzione al ragazzo che le aveva pronunciate.
“Mi dispiace Kardia, Hakurei non si trova a questo piano.”
“Quel bastardo. Mi ha preso in giro!
 
 
Kiki sorrise ai due clienti che si erano accomodati poco prima. Prese il blocchetto e con gentilezza adottò la strategia di Regulus, guardare il ragazzo.
“Cosa posso portarvi?
“Prendiamo due caffè ed una fetta di crostata alle fragole. Per favore due piattini, la dividiamo.”
Il neo-cameriere annuì dopo aver ascoltato l’ordine di Asmita e se ne andò calmo. Che belle le coppie che sapevano ciò che volevano, ordinavano con precisione e soprattutto erano calmi e non schizofrenici.
“Racconta. Che ti ha detto quel dottore?”
“Come al solito. Continuerò con la terapia di quelle strane gocce e basta. Parlando d’altro, non avevo mai notato quel cameriere. Dici che è nuo-”
“Solo le gocce e nient’altro? Cosa ti ha fatto fare in quella stanza? Ha usato quella strana macchina o soltanto la lavagnetta con le letterine?”
“Charu…”
“Vorrei che la tua vista restasse. E che non mi nascondessi nulla…”
Il ragazzo sorrise piano guardando l’amica leggermente triste. Era dolce da parte sua  preoccuparsi a quel modo, ma non voleva fargli sapere più di tanto delle proprie condizioni. Anzi, più Charu ne stava fuori e meglio era. Sia per lei, sia per lui.
“Non ti ho mai nascosto nulla di ciò che ritenevo importante.”
“La tua vista è più che importante Asmita! Devi imparare a considerarti di più, non puoi essere sempre così superficiale in tutto! Impara ad accorgerti delle cose che lo sono veramente…”
Charu strinse i pugni guardando il tavolo. Forse aveva detto un po’ troppo. Ma tanto era sicura di una cosa, quel tonto di Asmita non avrebbe mai compreso appieno i suoi discorsi.
 “Non devi preoccuparti per me, Charu.”
“Io lo sono già, Asmita.”
Arrivarono i due caffè con la crostata e, come detto precedentemente, i due la divisero sorseggiandosi il proprio ordine.
“Quand’è la prossima visita?”
“Posso scegliere…se farla.”
“In che senso?”
“Scusa ero sovrappensiero, posso scegliere quando farla. Shion ha detto che non ci sono problemi sulla data e che posso contattarlo quando voglio.”
“Mhm..”
Charu annuì poco convinta. Sentiva che Asmita le stava tenendo nascosto qualcosa, non voleva insistere, ma era davvero ottuso se credeva che non se ne sarebbe accorta…
 
 
In qualche modo Kardia era riuscito a rintracciare Hakurei, si erano visti nello studio di quest’ultimo.
Lo studio di Hakurei era semplicissimo. Scrivania piena di cartelle e fogli, computer, armadio con chissà cosa dentro, due mobili per i libri. Pareti orribilmente bianche.
 “Kardia…Kardia, Kardia, Kardia. E’ soltanto una visita di controllo. Non devi farti strane operazioni, non ancora almeno, poi da quello che mi dici ti vedo meno stressato!”
Kardia assottigliò gli occhi incrociando le braccia al petto. Meno stressato? Meno stressato?! Rischiava di perdere un’importante scommessa con Degel ed il suo medico lo riteneva meno stressato?!
“Meno…stressato?!”
“Già, che succede nella tua vita? Racconta dai.”
Hakurei si mise gli occhiali iniziando a leggere i fogli che Kardia aveva portato e che erano nella cartellina.
“Vuoi farti i cazzi miei?”
“Beh si, mi piace dialogare coi ragazzi. Mia figlia non mi racconta mai nulla… Sono preoccupato per lei sai? Ho l’impressione che non si diverta. Peccato perché sta attraversando una bellissima età, magari un giorno te la faccio con-“
“Vorrei un riscontro.”
Hakurei rise di gusto poi si fece serio.
“Dimmi come sta andando con questa terapia. Svenimenti, calo o aumento di pressione? Aumento o diminuzione del peso, depressione…alcune medicine la causano. Hai notato qualcosa?”
Kardia storse il naso ripensando a pochi giorni prima, all’appuntamento con Hydra. Ad un certo punto non era riuscito a parlare, cioè al momento delle ordinazioni…sicuramente era colpa delle medicine!
 “Si. Che mi si secca la gola e che mi incazzo facilmente. Giusto… Sicuramente è colpa di tutti questi dannati farmaci.”
“Interessante, e per cosa ti arrabbi?”
“Per…lasciamo stare. Risolverò. A modo mio.”
Il dottore annuì prendendo dal taschino la penna. Guardò bene tutte le dosi del ragazzo.
“Gola secca, forse è questa...magari se ne mettiamo una per stabilizzare…”
“Toglimela invece di darmene una per stabilizzare! Non ne posso più di tutte queste! Ma sai quante ne prendo?!”
“Certo. La cura te l’ho prescritta io.”
Il ragazzo guardò fin troppo male il medico.
Snervante, straziante… Era davvero orribile prendere tutte quelle pasticche, era anche poco pratico quando andava in vari luoghi starsele a portare dietro.
L’ansia di scordarle, l’angoscia di aspettare una certa ora e dire ‘oh, devo prendere la pasticca’, ma soprattutto… buttarne giù più insieme.
E tutto per continuare quella maledetta vita che nemmeno gli stava dando una misera soddisfazione.
Voleva meno medicine, e stavolta sarebbe riuscito nel suo scopo. Hakurei sospirò scrivendo una nuova cura. Prima di consegnare il foglio nella mani di Kardia gli rivolse uno sguardo severo.
“Per la più minima osservazione, non esitare a chiamarmi. Non si scherza su queste cose.”

 
ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Ooooh, e così abbiamo conosciuto la seconda ragazza! Charu! Cosa pensate di questa ragazzina molto dolce? Vi piace come primo approccio?  Su ditemi che sono curiosa di sapere!
Per quanto riguarda il caro Kardia, sembra non gradisca le medicine… Come affronterà il suo metabolismo questo cambiamento?
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 10
*** Carino ***


Carino
(Attenzione, in questo capitolo il rating è rosso)

Il Lost Canvas aveva dei bellissimi tavolini. Doppi, quadrupli…e ad ognuno di essi, per non far confondere i camerieri, era stato attribuito un numero.
Aphrodite sbuffò deluso guardando male Shura seduto davanti a lui. Continuava a controllare il cellulare. Senza parlargli. Che senso aveva avuto incontrarlo, se manco gli parlava?
“Perché abbiamo preso il tavolo dieci e non il dodici?”
“Perché pago io e decido io. Quindi si prende il dieci.”
“Cos’ha il dodici che non ti piace, Shura?”
“Cos’ha il dieci che non ti piace, Aphrodite?”
“Lo zero.”
“Il due.”
Aphrodite alzò un sopracciglio mettendosi una mano sulla testa. Che idiozia, era soltanto un tavolo! Dannato Shura. E dannato telefono di Shura, sempre l’ultimo modello aveva…e lui che ne aveva uno scrauso di chissà quanti anni prima.
Tirò un po’ su il collo della felpa marrone coprendosi la bocca. Voleva tirare dalla finestra l’amico… Ma poi chi avrebbe pagato?
“Quando hai finito di guardare i messaggi parliamo eh.”
“Emma non risponde…eppure il mio coinquilino mi da consigli così belli, a proposito.  Il tuo appuntamento è fissato per Mercoledì alle cinque. Devi essermene grato, ingrato.”
Spense lo schermo del cellulare appoggiandolo alla propria destra e guardò l’altro. Ultimamente si stavano incontrando più spesso. Wow allora Aphrodite aveva ripreso il rapporto con la società?
“Come va col ragazzino?”
“Normale.”
Alzò le spalle indifferente. Quando gli capitava usciva con Regulus, e si divertiva anche, ma non riusciva a considerarlo proprio come qualcosa di romantico. Gli ricordava piuttosto le gite che faceva alle elementari.
“Normale? Non stai bene con lui?”
“Si però… Mi è indifferente.”
Mangiò l’ultimo pezzo di crostata che gli era rimasto per poi scansare di lato il piattino.
“E allora perché ci stai insieme?”
“Perché mi ama...?”
Shura lo guardò male. Si stava prendendo gioco dei sentimenti di una persona in quel modo? No, non andava affatto bene. Non poteva andar bene, credeva che si sarebbe svegliato stando con quel ragazzino e che avrebbe ricordato…ma non si aspettava una cosa del genere!
“Ma dimmi una cosa Aphrodite, sei scemo?”
“Non sono scemo.”
***
“Oh, e quindi questa è casa tua Aphrodite. Chi l’avrebbe mai detto.”
“Cosa? Che avessi una casa anche io?”
“No, che abitassi in condominio. Guardando Albafica da lui mi sarei aspettato una villa di lusso con minimo tre cameriere che al suo ritorno gli stendevano il tappeto rosso e gli dicevano, inchinandosi: bentornato padrone!”
“….Ma che idea hai di mio fratello?”
Passò dal guardare i mobili bianchi della camera, ad incrociare lo sguardo del proprietario.
“Di uno stronzo che mi odia dal più profondo del cuore.”
“Su quello sono d’accordo. Ma oggi  lo stronzo non c’è, abbiamo casa libera fino a stasera.”
Si diresse verso la televisione accendendola iniziando poi a cambiare canale a caso.
“Non c’è nulla d’interessante, vuol dire che ci guarderemo un-“
Aphrodite venne abbracciato da dietro per poi sentirsi dare un bacio sul collo.
“Sul serio vuoi vedere un dvd?”
Il ragazzo dai capelli azzurri sorrise piano girando poi il volto quel che bastava per riuscire a baciare il proprio ragazzo.
“No.”
 
Aphrodite si sentì mancare l’aria, ritrovandosi sdraiato su un letto morbidissimo, impregnato di un profumo buono, fresco, alzando gli occhi si ritrovò a scoprire il ragazzo, sopra di lui, che ricambiava quello sguardo con un sorriso.
Sorriso che restò anche quando si abbassò per baciarlo. Sgranò gli occhi ma non oppose resistenza, e quello continuò dandogli dei piccoli casti baci ripetuti, talmente dolci che il turchino si ritrovò a sorridere a sua volta.
Passò a togliergli i vestiti: prima la camicia di seta raffinata, dando una leggera leccata ai capezzoli, facendo uscire un verso dalla bocca di Aphrodite, in seguito i pantaloni bianchi, lasciando stavolta un morso all’interno coscia.

Aphrodite non seppe perché, ma si ritrovò entusiasta per quel passaggio.
In un paio di minuti si ritrovò nudo, e l’altro con lui.
Lo vide armeggiare con il comodino e tirare fuori una specie di bottiglietta contenente un liquido trasparente, con il quale si unse le dita, dita che portò in una certa parte del corpo del turchino. E provò ad infilare.
Il dolore fu immediato e tentò di spingerlo via, tuttavia l’amante andò ad appoggiare l’indice della mano non occupata contro le labbra, lasciandola poi scivolare fino ad accarezzare il suo membro dormiente.
Il piacere fu quasi immediato e Aphrodite non si accorse che le dita dentro di lui da una, passarono a due, e da due a tre. Il suo basso ventre era in fiamme , la testa annegata in una bolla calda e presto si ritrovò a venire nella mano dell’altro urlando qualcosa che non capì lui stesso.
Era ancora affannato quando gli fu messa in mano la bottiglietta di poco prima. Sapeva però cosa doveva fare, se ne versò una dose sulla mano ed andò a massaggiare l’erezione del ragazzo sopra di lui, godendo dei gemiti che rilasciava dalle labbra rosse.
Si ritrovarono poi al punto di partenza, Aphrodite sotto il proprio ragazzo.
Il turchino sentì qualcosa di grosso appoggiarsi al suo orifizio, poi dolore, tantissimo dolore, che l’altro lo aiutò a trasformare in piacere.
Un grosso, caldo ed avvolgente piacere che stordì Aphrodite completamente. Una bolla di calore era comparsa nel suo ventre, e si ingrossava ogni volta che il compagno colpiva un punto speciale dentro di lui.
Spinte veloci si alternavano a quelle lente, quelle dolci a quelle date con prepotenza, Aphrodite sentiva di amarle tutte ma si accorse che il ragazzo sopra di lui tremava, il sudore che gli colava sulla fronte.
Perso nel piacere, riuscì ad alzare la testa dal cuscino e lasciargli un bacio sulle labbra. L’altro si rilassò visibilmente e con un suono gutturale, raggiunse l’orgasmo, facendo scoppiare la  bolla di calore di Aphrodite che venne a sua volta, urlando dal piacere e sporcando i loro ventri.
 
***
Aphrodite sgranò gli occhi mettendosi le mani davanti alla bocca. In quel momento stava cercando con tutto se stesso di non vomitare. Va bene che da poco aveva scoperto –per vie trasverse- la sua omosessualità, che manco ne era sicuro poi, ma all’improvviso quel ricordo/allucinazione non ci stava proprio.
Iniziarono a lacrimargli gli occhi per lo spavento…? Ma chi diavolo era quel dannato tipo, come si permetteva di fare quello… E soprattutto, perché lui ne sembrava anche felice?!
Shura si accorse del tutto e guardò il piattino, si chiese se quella crostata facesse così tanto schifo…Se Aphrodite aveva addirittura le lacrime chissà cosa mettevano come ingredienti.
“Andiamo in bagno?”
“Sto…bene. Adesso.”
“Ma che avevi?”
“Ho appena ricordato di aver fatto-… Baciato un uomo.”
Passò un attimo di silenzio dove Shura tese le labbra e si guardò le mani, con fare quasi perplesso.
“Regulus?”
“Ovvio che no!”
“Vi siete almeno tenuti per mano?”
“Pfff, che sciocchezze.”
“…condiviso il gelato?”
“Mica sono una quindicenne!”
Alzò un sopracciglio mentre Aphrodite iniziò a guardare Regulus correre felice da un tavolo all’altro. Ma quanta cavolo di energia aveva in corpo quel ragazzino?
“Credo che dovreste lasciarvi sai? Non ha molto senso stare insieme in questo modo.”
“Mi stai facendo irritare Shura.”
“Perché ti dico la mia?”
Aphrodite infilò la mani nelle tasche della felpa per poi alzarsi ed andarsene. Non voleva più sentire il suo amico fargli la paternale, era già stressato di suo per troppe cose. Figuriamoci stare a sentire Shura che gli diceva cosa doveva, o non doveva, fare. TSK!
“Tu lascia da pagare a me, eh!”
Gridò Shura, ad Aphrodite ormai fuori dal Lost Canvas. Tutte le scuse erano buone per non pagare… Ma effettivamente, forse, aveva esagerato un po’.
 
L’espressione irritata sul volto  del giovane non accennava a sparire. Che avesse perso la memoria era oramai certo, ma adesso gli era sorto anche un nuovo interrogativo. Come? Pensando a ciò che gli aveva raccontato Albafica, effettivamente, la scusa di Margot non reggeva più di tanto, la sua bella gatta bianca si limitava a ‘vivere’ fra la sua stanza ed il salotto.
Figuriamoci se arrivava alle scale del condominio. Quindi suo fratello aveva osato dare la colpa a Margot quando invece, molto probabilmente, la colpa poteva essere benissimo sua?! Ma che stronzo!
“Tsk…”
Guardò davanti a se notando in lontananza la biblioteca comunale. L’ultima volta che ci era stato era alle medie per una ricerca su Leopardi. Forse avrebbe trovato qualcosa nei libri, riguardo la perdita di memoria. Di chiedere ai medici non se ne parlava. Oramai gli era venuto il terrore del camice bianco.
Si avviò verso quell’edificio in pietra antica ed entrò dalla grande porta. Guardandosi intorno constatò che era cambiato molto dall’ultima volta che l’aveva visitato…ora aveva un’aria più giovanile e…colorata. Ma odorava sempre di polvere. Scosse la testa e si diresse al bancone per informarsi.
“Ah.”
“Oh”
“Ciao, Camus.”
“Salve, Aphrodite.”
“Sembra.”
“Pare.”
Stettero per un po’ a fissarsi, senza nemmeno battere le palpebre, in entrambi era nata curiosità e sorpresa di sapere cosa diavolo ci facesse l’altro in quel posto.
“Cosa fai, tu, qui?”
“Ci lavoro, tu, piuttosto…non mi sembri un tipo che legge. C’è qualcuno che ti interessa?”
Aphrodite fece una faccia schifata sotto l’espressione impassibile ed indifferente di Camus. Lasciò perdere. Non era li per bisticciare.
“Vorrei leggere qualcosa sulla perdita di memoria.”
Camus alzò un sopracciglio controllando poi nel computer. Annuì ed indicò la sezione ed il titolo del libro all’amico.
Quest’ultimo si ritirò e dopo aver preso i libri interessati ed essersi accomodato su uno dei tavoli della biblioteca, iniziò a leggere il primo.
…..
“COSA SONO TUTTI QUESTI TERMINI DIFFICILI?!”
Uno: ‘SHHHHHHHH’ collettivo lo ammonì. Si scusò e prese il secondo libro, sfogliò pagine a caso guardando le figure…storse anche il naso.
“La perdita della memoria può essere transitoria, con graduale ritorno alle funzionalità normali, come avviene dopo lievi lesioni traumatiche, stabile o progressiva…Spiegarlo in modo che le persone normali possano comprendere? No?”
“Significa che può essere passeggera e può tornare gradualmente, come avviene dopo i lievi traumi.”
Si girò leggermente fino a vedere il ragazzo alle sue spalle.
“Ciao, come stai?”
Aiolos non ricevette risposta, soltanto un’occhiataccia sospetta. Chi è che ti si avvicina da dietro e ti risponde mentre parli fra te e te? Insomma non andava più di moda nemmeno nei film! Tsk!
“Scusa se ti ho interrotto, ti ho visto da lontano e ti ho riconosciuto.”
“Ci conosciamo?”
“Sei il ragazzo di Regulus, no?”
Aphrodite tornò a guardare il libro senza rispondere al tizio sospetto. In teoria lo era, in pratica lo era, ma non ci si sentiva per niente… Abbassò lo sguardo sul tavolo leggermente scontento.
Aiolos si sedette davanti a lui prendendo uno dei libri.
“Una tesi?”
“Ricerche…”
“Capisco. Ti chiami Aphrodite giusto? Regulus parla spesso di te.”
Aphrodite annuì semplicemente continuando a sfogliare il libro. Vedeva strani schemi a cui raramente prestava attenzione. Gli sembravano tutti inutile e tutti così uguali…Soprattutto si chiedeva quale fosse il senso di tutto ciò.
“Anh anh…”
“Ti ho visto l’altro giorno. Da vicino devo dire che sei carino.”
Smise di guardare il libro. Qualcosa dentro di lui si sbloccò, lo sguardo passò ad Aiolos. Uno sguardo molto, ma molto infuriato. Gelido, freddo… inferocito. Ed al moro passò un brivido su per la schiena. Da quando fare un complimento era reato?
“…Carino?”
“Era un complimento, non ti stavo prendendo in giro.”
“Io sarei…carino?”
Aiolos annuì poco convinto… non ne era più tanto sicuro che fosse carino.
“E perché solo carino?”
Aphrodite assottigliò, leggermente, gli occhi mentre ad Aiolos uscì una risata. Che aveva da ridere quello?!
“Beh non so se ti sei visto ma... Hai i capelli che sembrano un cespuglio, le labbra screpolate e, senza offesa ma..vesti in modo orribile. Poi…”
“Ah ancora?”
“Hai gli occhi spenti.”
Dopo aver finito la frase, ci mancò poco che uno dei libri sopra al tavolo si spiaccicò in faccia ad Aiolos. Fortunatamente riuscì ad evitarlo per chissà quale miracolo divino.
“Come ti permetti di dirmi che ho gli occhi spenti?”
“Perdonami, è così.”
“Arrivederci.”
“Ciao…?”
 
Dopo lo spiacevole incontro con Aiolos, Aphrodite se ne andò scontento ed insoddisfatto dalla biblioteca…carino? Carino? CARINO?! I gatti erano carini ( franne Margot, lei era splendida ed adorabile), i colori erano carini. Ma lui non era carino!
Arrivò davanti un negozio di abbigliamento e guardò i vestiti nella vetrina. Il suo sguardo poi andò al proprio riflesso.
Non aveva mai fatto caso a quanto fossero spettinati e  mal tenuti i suoi capelli, eppure avevano un colore così bello.. Le labbra erano davvero screpolate, si toccò le mani. Ruvide, il suo abbigliamento poi… Restò a fissarsi per un po’, finché non scoppiò a piangere senza nemmeno lui sapere il perché.
 
Albafica, con il tagliacarte in mano e la busta nell’altra, guardò Sisifo. Come diavolo faceva quell’uomo a sapere che quel giorno avrebbe chiuso prima?
“Abbassa quell’arma Alba. Sono qui in pace.”
“Mi basta il fatto che tu sia qui per non farmela abbassare.”
“Crudele, devo chiederti una cosa.”
Albafica guardò Sisifo, sempre col tagliacarte in mano, con una strana espressione. Possibile che  non smettesse mai di perseguitarlo? Era diventato il suo tormento!
“Ti andrebbe di venire ad un concerto con me?”
Al Parrucchiere caddero le braccia. Si stava immaginando Sisifo vestito da quindicenne con segni di pittura sulle guance ed accendini ad intonare canzoni pop.
“Fuori. Di. Qui.”
“Hey! Avevo quattro biglietti regalatami da un amico. Due sono riuscito a disfarmene ma due mi sono rimasti. Sono anche molto costosi e non ho intenzione di mandarli sprecati!”
“Vacci da solo allora!”
Gridò Albafica, con tagliacarte alla mano.
“Eddai Alba, il pianista è anche famoso. E’ il tizio di cui parlano tutti. Scommetto che piace anche a te.”
“….Asmita Dunia Surgawi?”
“In arte Virgo. Lui.”
Albafica si morse il labbro inferiore. Solo uno scemo avrebbe rifiutato ad andare ad un concerto di Virgo…ma con Sisifo. Non era il massimo delle aspirazioni. Alzò un sopracciglio abbassando il tagliacarte.
“Hai secondi fini signor maestro?”
“Ovvio! Riuscirò a dimostrare a quella che anche io posso essere tuo amico.”
“….Quella?”
“La tua amica.”
Albafica si batté una mano in fronte. Ecco perché non doveva parlare dei fatti suoi a nessuno. Perché le cose si evolveva sempre in modo strano o gli si rivoltavano contro in un modo o nell’altro.
“Sei in competizione con una persona che nemmeno conosci..?”
“Presentamela allora. Sono sempre curioso di incontrare belle donne.”
Dopo uno sguardaccio da parte del più giovane, uno dei due biglietti venne strappato dalle mani di Sisifo.
“Ma è fra cinque mesi…”
“Ha detto che comprandolo ora costava meno…”



ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
E così il rating di questo capitolo è leggermente più altino, nonostante siamo nella prima storia abbiamo scoperto il lavoro di Asmita e abbiamo anche visto una piccolissima lite fra Shura e Dite…dove arriveremo mi chiedo!
Ringrazio la mia amica Robh che con passione ed entusiasmo a tenuto a scrivere la scena rossa <3... no apparte scherzi, grazie xD
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 11
*** Buio ***


Buio

Shura  era col capo chino sui suoi libri, impegnato a studiare. Più o meno. Perché più o meno? Perché ogni cinque minuti dava un’occhiata al suo fidato cellulare per vedere se la ‘sua’ adorata Emma avesse risposto o meno all’ultimo messaggio. Inviato un’ora prima. Naturalmente la risposta era palese ed ovvia.
All’ennesima sguardo al  telefono, da dietro di lui si accese una gran risata. Shura sbuffò.
“Non c’è niente da ridere Kardia.”
“Scusa, scusa. Sei troppo adorabile ad andare dietro a quella che nemmeno ti fila. Ma cambia obiettivo, il mondo è pieno di ragazze. Poi cos’ha di bello…insomma che ci trovi in lei?”
Kardia si stiracchiò accavallando le gambe. Sdraiato sul divano se ne stava beato. Non doveva studiare come Shura, lui…Nah, manco ci pensava, era troppo faticoso e poi.. Aveva tempo.
“Accetto le tue critiche. Ma non condivido il tuo pensiero. Reputo Emma una bellissima ragazza, in più è anche intelligente,  gentile e…”
Mentre Shura continuava a parlare convinto, Kardia gli rivolse un’occhiata annoiata. Mannaggia a lui e quando non se ne era stato zitto, doveva ricordarsi che il suo coinquilino prendeva tutto sul personale… Beh, effettivamente era una questione personale eh, ma ora come poteva zittirlo?
“Vuoi che le mandiamo un messaggio? Ti aiuto a scriverlo.”
“Del tipo?”
Il più grande si mise seduto ed appoggiò i gomiti alle ginocchia mentre sul volto gli comparve un’espressione non troppo rassicurante.
-Panna zuccherata, dolce e salata, ingredienti misti e divini. Nulla sono in confronto a te. Uno di questi giorni, dovremmo incontrarci e parlare sempre dello splendore del cristallo di luna che brilla nei tuoi occhi. Ti va, mia dolce fragolina?-
Shura guardò la frase. Poi Kardia, poi ancora la frase scritta da poco sul proprio telefono. Emma non aveva mai risposto ai messaggi che Kardia aveva inviato, possibile che l’amico lo avesse veramente preso in giro? Gli venne un’idea.
Il coinquilino gli aveva raccontato di una certa ragazza con cui era uscito e, stando alla storia, questa famigerata tizia non era ancora caduta a letto con lui. Quindi, o Kardia stava perdendo colpi, o la ragazza era un osso duro, pensò Shura… Il giovane sorrise lievemente, poi guardò l’altro.
“Va bene. Lo invierò, ma soltanto se tu ne invii uno uguale a quella Hydra. E se risponde.”
Kardia sbiancò. Non poteva fare la figura dello stupido, già era bastato al Lost Canvas. Figuriamoci se inviava un messaggio del genere! Avrebbe rovinato per sempre la sua reputazione!
“Non posso!”
“Rifiuti? Allora mi stai prendendo in giro.”
Al tono saccente di Shura,  a Kardia saltarono i nervi. Il suo orgoglio era troppo grande e sentirsi dire ciò dal più giovane era una cosa insopportabile. Nessuno doveva parlargli in quel modo, nessuno! Prese il proprio telefono ed in due secondi scrisse la frase inviandola ad Hydra.
Iniziò poi a pregare  mentre Shura, sorpreso, andò a sedersi accanto a lui guardando lo schermo del cellulare. Era aperto su What’sApp.
“E’ offline, non risponderà.”
Abbozzò Kardia, abbastanza agitato ma speranzoso, girandosi poi verso Shura...
“Oh, ora è On line”
“….cazzo”
“Spuntine blu, ha letto.”
“Lo vedo…”
“Sta scrivendo.”
“Lo vedo.”
“Di nuovo On line.”
“Lo vedo Shura!”
“Sta scrivendo di nuovo.”
“Non c’è bisogno che me lo dici, non sono cie-“
Il plin di What’s App interruppe i due da una possibile lite. Entrambi volsero l’attenzione al messaggio appena arrivato al cellulare di Kardia.
  • Ahahahah CX, molto divertente come messaggio, Kardia. Ho sempre amato la panna… Ma salata non mi piace affatto. Per l’incontro…direi che va bene, modo assai bizzarro di chiederlo. Ma originale. Sono colpita. –
 
Shura incrociò le braccia al petto sbuffando. Perché a Kardia le donne rispondevano mentre a lui, che era decisamente più gentile e con la testa sulle spalle, lo ignoravano completamente? Era un’ingiustizia bella e buona!
Nel volto di Kardia, invece, un’espressione di confusione regnava…cos’èra appena successo? Non lo sapeva… Ma andava bene così. Si mise a pensare un attimo. Quale poteva essere un luogo perfetto per un’uscita?

-Ti va bene incontrarci domani,  davanti all’Elysion? Poi ci facciamo un giro.-
-Va bene. Mi piace molto quel centro commerciale. Facciamo alle 16.00. A domani.-

Non che Kardia adorasse particolarmente i centri commerciali, come ogni uomo, ma almeno era certo di andare sul sicuro in quanto ad indice di gradimento, per lei. Infatti aveva fatto centro.
 
Il giorno seguente, Kardia era arrivato alle 15.50… Ovviamente perché il bus passava soltanto a quell’orario eh, non perchè non poteva più aspettare a casa, e gli era presa un’ansia terribile, quindi era partito a piedi. No. Era stato il bus. Ovviamente il bus, certamente il bus.
Guardò il gigantesco orologio a numeri romani dipinto sulla parete dell’Elysion. Le 16.05… Possibile che Hydra fosse sempre in ritardo!? Sospirò guardando il suo riflesso in una pozza d’acqua a terra.
Non si era mai soffermato a guardarsi troppo… Aveva sempre avuto quell’espressione da scemo durante gli incontri? Scosse la testa pensando fosse il caldo e tornò a guardare in lontananza.
Finalmente vide Hydra avvicinarsi. Aveva dei tacchi che facevano un rumore impressionante, ed era vestita con una canotta celeste e dei jeans corti mentre i lunghi capelli erano legati in una coda bassa.
Kardia sorrise involontariamente alla sua vista e sentì improvvisamente il battito irregolare… Che fosse amore? Impossibile.
“Ciao Kardia, scusa mi sono fatta attendere…”
Si cavolo, si era fatta attendere. Glielo avrebbe detto, glielo avrebbe rinfacciato, l’avrebbe fatta sentire in colpa e l’avrebbe insultata a morte!
Poi la ragazza sorrise…
“Ma no, figurati, sono appena arrivato…”
“Andiamo?”
Entrarono all’Elysion e incominciarono a girare un po’, quel centro commerciale era davvero gigantesco. Negozi di ogni tipo vi erano al suo interno, perfino un bar ed un’edicola.
“Dove vuoi andare?”
Lasciar scegliere la ragazza significava andare verso i negozi di vestiti, Kardia lo sapeva. Aveva affrontato altre volte quella quest. Ne era sempre uscito vittorioso, vincitore. Tuttavia, quel giorno, non ne aveva davvero voglia. Anzi, avrebbe preferito mettersi seduto e farsi una chiacchierata.
“Vorrei…dovrei, andare dove vendono i videogiochi…”
“Ok è di l- cosa?”
“Devo comprare una cosa per mio nipote...”
“Beh..va bene.”
Più che confuso, con Hydra, Kardia si diresse al Game Stop. Appena entrati, l’aria condizionata colpì in faccia entrambi, parve non aver alcun effetto sulla ragazza ma a Kardia causò un forte capogiro. Poco dopo si riprese e la raggiunse.
Stava osservando un esemplare di Hydra perplessa davanti ad una sfilza di espansioni di videogiochi Pokemon.
Gli venne da ridere ma riuscì a trattenersi.
“Se ti serve aiuto, perché non chiedi al commesso?”
La ragazza si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, iniziando a guardare verso il basso.
“Non…non voglio.”
“Che significa?”
“Non lo conosco, ho pa-…mi vergogno.”
Kardia si sorprese leggermente a quell’affermazione. Era convinto di aver visto, per un attimo, un’espressione di terrore e paura nel volto di Hydra. Eppure il commesso aveva anche l’aria da imbranato…e lo era. Poteva affermarlo poiché era cliente fedele del Game Stop, non avrebbe fatto male ad una mosca. Allora…perché?
“Quale ti serve?”
“Mi hanno chiesto quello con Tepig…”
“Allora prendi questo. E’ qui.”
Quando furono alla cassa, per tutto il tempo, Hydra guardò in basso. Comportamento che a Kardia fu molto strano, ma che il commesso ignorò. Forse si conoscevano? Magari erano stati ex?...Altamente improbabile.
“Shun, lei è Hydra. Una mia amica.”
“Hm? Oh, piacere mio Hydra! Io sono uno stagista e lavoro qui in prova. Felice di conoscerti.”
come risposta a Shun, Hydra, prese la mano di Kardia iniziando a stringerla, annuendo e sorridendo solamente. Cos’èra quel comportamento?
Usciti, la ragazza, guardò di sbiego il videogioco. Non c’èra che dire, era davvero carina quella scatola colorata piena di disegnini di mostriciattoli dalle varie forme che sorridevano. Mah…
“Non sei convinta?”
“Eh? Si si, soltanto che è molto strana…”
“Già, chi potrebbe mai giocare con una cosa del genere eh? Bambini, valli a capire.”
Il ragazzo scosse la testa teatralmente. Come se lui non avesse posseduto a casa tutte le espansioni dei videogiochi Pokemon. Bene, ora era certo di non poterlo dire. Guardò un attimo l’espressione di Hydra: buffa.
Cercava di capire, dalla scatola, in cosa consistesse la trama. Kardia tentò di parlarle ma di nuovo sentì il battito irregolare. Stavolta la sensazione non fu lieve come prima, anzi, il fastidio fu tale che lo costrinse a mettersi una mano sulla parte sinistra del petto. Cosa gli stava succedendo?
“Kardia?”
La voce di Hydra era piacevole per Kardia, in qualche modo gli piaceva ascoltarla. Soprattutto quando lo chiamava per nome, cosa che la ragazza aveva fatto molto spesso dal loro primo incontro.
Gli dava un senso d’importanza, nemmeno lui sapeva il perché tuttavia... Quel giorno ogni suono gli arrivava un po’ ovattato.
“Scusa. Un colpo di caldo.”
“Hmn…”
Continuarono il giro vagando per vari negozi e, purtroppo per Kardia, si entrò anche nella famigerata, odiata, spaventosa…KIKO. L’incubo di ogni uomo, il negozio che tutti i ragazzi evitano come la peste.
L’unica cosa positiva era, stranamente, la scarsa presenza di persone. La cosa negativa, erano quelle stramaledettissime luci violette che andarono ad accecare Kardia appena entrò nel dannato negozio.
Fu costretto a chiudere gli occhi e sentì improvvisamente la testa pesante… Perse l’equilibrio per un istante rischiando di cadere a terra, fortunatamente, davanti a lui vi era Hydra, si aggrappò letteralmente ad una spalla della ragazza per non cadere, iniziò a respirare a fatica… Che fosse il profumo che aleggiava nel negozio della KIKO? Quando riuscì a regolarizzare il respiro, riaprì gli occhi guardando la ragazza… Lievemente rossa. Valle a capire le donne, prima lei lo aveva preso per mano e non era successo nulla. Ora che le aveva soltanto toccato la spalla era arrossita. TSK!
“Tutto…tutto bene?”
“Sono inciampato… Che devi comprare?”
“Mascara. E’ un cosmetico per gli occhi.”
L’altro annuì andando a guardare una sfilza di rossetti esposti perfettamente in orizzontale. Ogni possibile colore e sfumatura. Persino ‘rosa salmone’…il costo era 7,00€. In sconto. Ma davvero c’èra gente che comprava quella roba?!
“Vuoi provare mascara e rossetto anche tu, Kardia?”
Hydra sorrise lievemente girandosi verso l’amico; nella mano destra reggeva un rossetto rosa pastello, nella sinistra un rimmel. Kardia la guardò allibito.
“Sono un uomo!”
“C’è un mio amico che li mette… Direi che rasenta la perfezione. Ma non lo vedo da tempo.”
Una nota di stizza arrivò sul volto di Kardia. La perfezione? Figuriamoci. Uno che metteva rimmel e rossetto non poteva essere la perfezione. Non per lui, era una cosa ridicola. Non si sarebbe mai abbassato a uno show del genere!
Poi guardò la ragazza.
“Aaaaaaaaaah! Ma solo un attimo, per gioco!”
“Ovvio!”
Naturalmente il rossetto ed il mascara li comprarono, ma rimasero all’interno della KIKO per usare uno degli specchi del negozio.
La scena era fantastica. E la venditrice da lontano rideva. Rideva molto…
I capelli di Kardia, legati dietro, ed Hydra concentrata a mettergli per bene il rossetto, finita l’opera alle labbra iniziò agli occhi.
Il poveraccio si sentiva ridicolo ma almeno aveva lei a pochi centimetri dal viso, baciarla sarebbe stato semplice… Ma sarebbe risultato anche molto, ma molto ridicolo. Si immaginava a lasciarle rossetto sulle labbra e la scena lo raccapricciava non poco.
“Ho finito!”
Si guardò allo specchio. Un’espressione schifata.
“Sono patetico.”
“Beh…diciamo che stai meglio senza.”
Hydra non riuscì a trattenere una risata e con pazienza lo ripulì per bene.
“Direi di andarcene eh, ho già sofferto abbastanza qua dentro.”
“Esagerato.”
I due uscirono. La prossima tappa sarebbe stata un negozio di scarpe. Tutto sommato, Kardia, si stava divertendo.
L’amica iniziò a raccontargli di come avesse scoperto quel centro commerciale, l’ascoltava. Ma la voce si faceva più lontana… Tutto iniziò a girargli intorno vedendo sdoppiarsi le figure. Sentì il battito accelerare. Si portò una mano al petto cercando di sopprimere quell’insopportabile bruciore. Un forte capogiro.
Poi buio.

ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
LO VEDI KARDIA?! Lo vedi cosa succede a mentire al dottore?! Prima eri felice al tuo appuntamento con Hydra, ed ora guardati! Ma dico io! Sono cose da fare? Che ne pensate voi? Sono cose da fare? Ovviamente no…
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 12
*** Amici ***


Amici


Il rumore della macchinetta a sinistra del letto era insopportabile. Quel bip bip che si ripeteva a tratti irregolari, causava la preoccupazione dei due presenti in quella stanza d'ospedale. Ognuno stava reagendo in modo diverso all'accaduto, chi più calmo, chi in preda alla disperazione, ma l'inquietudine restava nell'animo di entrambi.
“E' colpa mia vero? E' solo colpa mia, vero?”
“Hydra. Adesso non cominciare a fare la bambina, sai benissimo che non centri nulla. Nemmeno sapevi di questo suo problema... E' accaduto per la cura cambiata da poco e questo idiota, mi ha mentito sui sintomi. Quindi calmati.”
La ragazza si mise a piangere, prendendo la mano di Kardia addormentato sul letto davanti a lei.
Hakurei si mise le mani sui fianchi guardando serio  la ragazza dai lunghi capelli.
“Forse se non lo avessi portato...O se avessi capito prima che stava male...”
“Se ti sei ritrovata in compagnia di un cretino non è colpa tua! E' idiota ma...si riprenderà, vedrai.”
“COME PUOI ESSERNE SICURO?!”
Senza rendersene conto, la tranquillità di Hydra volò via, e rispose al medico urlando. Quest'ultimo  provò a risponderle ma si interruppe quando vide che Kardia stava aprendo leggermente gli occhi.
“Chi...diavolo...urla...così...”
“Kardia! Sei vivo!”
Hydra strinse forte la mano del ragazzo iniziando a piangere, dal canto suo, Kardia dopo averla guardata, trattenne un bel 'vaffancu**'... Voleva farlo morire?
Si guardò intorno. Hakurei, letto odioso, stanza odiosa completamente bianca, fili attaccati ovunque... Era successo ancora...
Provò a chiedere ulteriori spiegazioni ma il medico lo zittì con un gesto della mano.
“Tesoro, va a sciacquarti il volto...Resto io con lui.”
“Hm...Hm..”
La ragazza se ne andò e Hakurei prese il posto di Hydra sulla sedia, accanto al letto di Kardia. Quest'ultimo lo guardò interrogativo. Hakurei sorrise un attimo, poi incominciò a mimargli la scena che era avvenuta qualche ora prima.
“Morirà! E' tutta colpa mia! Salvalo ti prego! Non voglio che accada! Per favore... io, io...”
“....Io?”
“Io non te lo dico perché sei un imbecille! Mi hai detto sintomi sbagliati, in base a quelli ti ho prescritto una nuova cura! Ragazzo idiota! Se non ci fosse stata quella ragazza saresti morto, ti rendi conto del pericolo che hai corso?!”
Nessuna risposta da parte di Kardia. Gli era successo tante altre volte di ritrovarsi in una situazione simile... C'èra sempre Degel, e al suo risveglio trovava sempre un' occhiata gelida ed una frase tipo: sei un caso disperato, credi che io ci sarò sempre per te?
Stavolta aveva trovato una persona in lacrime. Appena aveva visto Hydra piangere, i suoi sentimenti erano diventati contrastanti… Da una parte si sarebbe ammazzato per averla ridotta in quel modo, ma dall’altra gli aveva fatto piacere che si era preoccupata così tanto per lui. Com’èra egoista…
“Pff, tanto io e quella non siamo legati. Siamo... conoscenti.”
“Certo che per uno che si è appena svegliato ne dici di cazzate, e parli parecchio.”
“E' strana, è bassa, è troppo magra, è vanitosa, è maleducata, è-”
“E' mia figlia.”
“E' una bravissima ragazza. Ma non adatta a me.”
Hakurei rise poi scompigliò i capelli al malato che, se solo avesse potuto, gli avrebbe dato un bel pugno in faccia. Mica era un bambino a cui fare quelle smancerie lui! Come si permetteva?
“Ma che peccato.”
“Che…significa?”
Il medico, vedendo la figlia tornare, si alzò lasciandole di nuovo il posto. Guardò un attimo i due in silenzio…forse era di troppo? Sicuramente.
“Hydra, credo che questo sciocco debba riposare… Quindi, qualunque cosa tu debba dirgli, sbrigati.”
Se ne andò chiudendosi la porta dietro, non prima di aver  lanciato uno sguardo di ammirazione al ragazzo.
“Sono…felice tu stia bene…”
Kardia non rispose, si girò solamente dall’altra parte. Ora anche lei sapeva dei suoi problemi al cuore. Non ne era affatto felice… Come lo avrebbe visto adesso? Lo avrebbe guardato con compassione? Gli avrebbe detto di stare attento ad ogni minima cosa?
“Kardia…”
Il richiamo della ragazza non servì a farlo girare. Continuava a guardare la macchina a cui era attaccato che riproduceva il suo battito cardiaco. Tutti quegli strani e stupidi triangoli a intervalli sbalzati…
Chiuse gli occhi sospirando, tuttavia, poco dopo, li spalancò sentendo l’abbraccio di Hydra su di lui, voleva scansarla ma aveva le mani ancora intorpidite, non si muovevano. Più cercava di pensare più la mente gli si svuotava.
“Io… Ho avuto paura in quel momento… Siamo usciti poche volte insieme… Però, credo di essere innamorata di te. Riesci a trasmettermi un senso di protezione, sei dolce e mi sento tranquilla.”
La ragazza continuò la sua dichiarazione ma la mente di Kardia si era fermata al ‘sono innamorata di te’, ed a quelle parole, il battito cominciò a prendere un nuovo ritmo... Accelerando di molto.
Naturalmente l’apparecchio rilevò questo cambiamento, Hydra non ci fece caso intenta a parlare ma il ragazzo era nel panico più totale. Fra la dichiarazione di Hydra e il ‘bip bip’ del macchinario, Kardia stava andando in tilt.
L’unico che se la rideva, sentendo il rumore, era un certo medico. Appoggiato dietro la porta. Adorava le storie d’amore complicate… L’importante era che finissero bene.
“… Questo è quanto.”
Hydra sciolse l’abbraccio allontanandosi. Non voleva sentire la risposta, non in quel momento. Salutò Kardia, ancora mezzo shokkato, e se ne andò con occhi lucidi.
 
 
“Salve, vorrei sapere se ha un breve lasso di tempo per spuntarmi i capelli… Una cosa veloce.”
Albafica sorrise alla richiesta avanzata dal cliente, smise di ordinare il cassetto e si girò per vedere chi aveva chiesto; di solito il martedì era un giorno calmo e lo confermava il fatto che non era ancora venuto nessuno… Sentire una richiesta del genere lo aveva sollevato di morale.
Un sorriso smagliante gli illuminò il viso… Ma si spense subito dopo.
“Sisifo…perché?”
“Perché si sono allungati troppo.”
“Vai da un altro parrucchiere.”
“Ma io voglio tagliarli da te, siamo amici!”
“Conoscenti!”
Proprio in quel momento, al cellulare di Albafica, arrivò un messaggio. Sospirò guardando il più, come diceva lui, vecchio e scusandosi andò a controllare.

 
-Ti prego ho bisogno di parlare con qualcuno. Vorrei vederti…-

 
“Ma…cosa sarà successo?”
“Ah-an! E così è lei!”
Sobbalzando, il parrucchiere notò che anche Sisifo si era avvicinato ed  aveva  letto il messaggio. Non gli ci era voluto molto a fare due più due.
“Ma tu, un fascio di fatti tuoi no?”
“Ora so il suo nome, so contro chi lotto per la tua amicizia!”
Sisifo rise mentre Albafica fece una faccia semischifata, prese le chiavi della macchina e quelle del salone.
“Ti ringrazio per la dichiarazione d’amore maestro, ma ho un impegno urgente da sbrigare. Sistemeremo i tuoi orribili capelli un’altra volta.”
“…Mi chiedo cosa pensi realmente tu di me.”
“Fidati Sisifo. Non vuoi saperlo.”
Albafica chiuse il salone e, dopo essersi messo d’accordo via messaggio sul luogo dell’incontro (sia mai che chiamasse), si diresse immediatamente li. Molto agitato anche, era da  troppo tempo che non la vedeva.
Il Lost Canvas era un perfetto locale per parlare in pace. Molta gente si riuniva li anche per parlare di questioni di  lavoro, e molti ragazzi si incontravano per appuntamenti. Ma questa volta la cosa era più tragica.
Albafica arrivò trafelato, entrando vide nel tavolo più isolato la chioma rosa di Hydra. Subito gli vennero alla mente gli orribili ricordi di anni prima.
***
DUE ANNI PRIMA
“Shion no! Perché?! Perché mi stai lasciando, mi sembrava andasse bene fra noi! È per la differenza d’età vero? O è perché mio padre è un tuo superiore? Perché non ho ancora un lavoro? O è perché non va bene qualcosa del mio fisico?!”
Piangendo istericamente ed urlando, la ragazza, guardava disperata l’uomo davanti a se. Aveva il fiatone per i troppi urli, e gli occhi rossi per le troppe lacrime versate.
“Smettila Hydra. Stai rendendo il tutto più difficile…”
La risposta fu calma e pacata, ma l’espressione sul volto leggermente amareggiata. Non aveva il coraggio di guardarla negli occhi. Non aveva il coraggio di guardare gli occhi che amava in quelle condizioni.
“Rispondimi! Perché lo stai facendo?! Non ti capisco! Non ti vado bene?!”
La ragazza cercò di toccare Shion ad una spalla, ma le fermò la mano prima che potesse farlo.
“Co-cosa fai…”
“Devi pensare a te stessa Hydra. L’ho saputo...”
“Saputo? Cosa?”
“Della tua depressione…”
La ragazza iniziò a tremare quasi spaventata, come poteva averlo scoperto, Shion? Chi gliene aveva parlato? Si era raccomandata di non far trapelare, con nessuno, quella notizia… E allora, perché lui? Perché proprio il ragazzo che amava alla follia?
“Co…Come lo hai scoperto?”
“Non ti riguarda. Il mio lavoro sta diventando sempre più intenso, e mi costringerà a farmi stare sempre più lontano da te… Non potrò aiutarti, in nessun modo.”
“Mi…stai lasciando per…questo?”
“Si…”
“Mi stai lasciando per la depressione?”
“No! Assolutamente!”
Hydra guardò Shion piangendo come mai aveva fatto in vita sua, al ragazzo si fermò il cuore per un attimo. Aveva davvero fatto bene?
“Ti amavo…”
Fuggì via sotto lo sguardo del più grande, passando anche sotto gli occhi di Albafica che si trovava poco più lontano, aveva assistito a tutta la scena.  Non se ne curò più di molto. I litigi fra fidanzati capitavano ogni giorno. Probabilmente si sarebbero rimessi insieme pochi giorni dopo.
O forse no…
All’interno dell’ ospedale era vietato fumare. Ma un giovane biondo dall’aria pacata, lo aveva informato che all’ultimo piano non girava mai nessuno, o quasi, quindi se sceglieva l’orario giusto sarebbe riuscito a farsi quell’amata sigaretta che bramava da tempo.
Arrivato alle nove di sera, e con una gran voglia di nicotina, Albafica si diresse a passi veloci verso l’ultimo piano con il fidato pacchetto di sigarette in tasca destra, e l’accendino nella sinistra.
Giunto alla meta, adocchiò una finestra, perfetta! Sarebbe stato il suo momento di svago dopo tanto finalmente. Si avvicinò e, spalancandola, accese la sigaretta. Si godette quegli attimi che aveva atteso da così tanto finché non venne attirato da un rumore, la sua attenzione si spostò a qualche metro più in la.
Un’altra finestra si era aperta, era la ragazza di quel pomeriggio. Stava guardando con un sorriso il cielo stellato. A quanto sembrava si era ripresa in fretta. Beh ne era felice, era brutto vedere le ragazze piangere!
Sorrise a sua volta…Poi la vide levarsi le scarpe e piano salire sul bordo della finestra restando appoggiata al muro. L’espressione sul viso della giovane non cambiò. Albafica divenne bianco come un lenzuolo e, senza pensarci due volte, si avvicinò lanciando di sotto la sigaretta.
Arrivatole vicino ella si girò a guardarlo. Restarono a fissarsi per due minuti buoni.
“Mi compatisci?”
“Perché non scendi di li, sai farebbe male un volo del genere…  E non lo ricorderesti…”
“Non ne ho motivo…”
Albafica si morse un labbro. Come poteva tirarla giù di li? Non sembrava troppo convinta… Ma se iniziava a raccontare, forse la convinzione sarebbe aumentata ed il tuffo nel vuoto sarebbe stato inevitabile.
“Come ti chiami?”
“T’importa?”
“Ci sto mettendo tutta la buona volontà, vienimi incontro!”
Hydra rise leggermente..
“A nessuno interessa salvare gli sconosciuti. E visto che io non ho nessun amico… Nessuno salverà me. Oggi sono rimasta totalmente sola… Sono morta dentro, e non vedo il motivo di continuare a vivere…”
“Nemmeno io… Ho amici.”
Calò il silenzio fra i due. Nessuno mosse un muscolo poi il ragazzo tentò di avvicinarsi di qualche passo, Hydra non si mosse dalla sua posizione.
“Non hai.. Sogni?”
“Ce l’ho. Ma non ho la forza di-“
“Anche io. Non mi interessa se non ho amici dalla mia parte o nessuno capisce il perché delle mie scelte. Continuerò per la mia strada. Perché non lo fai anche tu?”
“Non ho nessuno a sostenermi…”
Albafica allungò una mano verso Hydra sorridendo tirato. Sudava freddo, che diavolo di discorso le aveva fatto?! Quando mai era stato così smielato con qualcuno! Nemmeno quando parlava da solo con la gatta!
La ragazza guardò la mano per un attimo. Pianse ripensando alle parole di Shion, ma dopotutto quel giovane dai capelli azzurri aveva ragione. Non poteva dire addio alla sua vita così facilmente.
Afferrò la mano di Albafica e, con un gesto veloce, quest’ultimo la tirò a se stringendola forte.
Piangendo si sfogò con il turchino per almeno mezz’ora e, da quel giorno, entrambi trovarono un amico.
***
Ad Albafica si seccò per un secondo la gola poi piano si avvicinò e, con indifferenza, si sedette davanti alla ragazza.
“Buon…pomeriggio.”
“Questo è il meglio che sai dire?”
“Io…scusa, ecco…cioè…”
“Stavo scherzando, Alba.”
La ragazza rise ed il parrucchiere si sentì sollevato. La tensione che aveva addosso era stranamente sparita… Era cambiata molto dall’ultima volta che l’aveva vista. Ricordava che non aveva mai indossato trucco mentre ora un filo ne portava, sentiva un buon profumo ed i capelli, quei bellissimi capelli erano più brillanti di come li ricordava. Si chiese quanto tempo avesse passato a spazzolarli e curarli.
“Hydra…”
“Si?”
“Sei per caso innamorata?”
“Cos-! Io…Ecco, non-…Già. Come l’hai capito?”
“Eh… Impressioni. Sesto senso.”
Albafica si legò i capelli in una coda alta. Avrebbe dovuto pensarci prima, ma era troppo impegnato a correre e scapicollarsi per ricordarsi di avere una lunga chioma blu, anche se parecchi capelli di quella chioma blu se li era mangiati durante il tragitto macchina-bar.
“Lui è…in ospedale.”
 
Hydra spiegò tutta la situazione ad Albafica, compresa la dichiarazione.
“Non credi di esser stata un po’ crudele ad abbandonarlo in quel modo?”
“Eh?”
“Almeno potevi sentire la sua risposta… Da quello che mi racconti, questo Kardia mi sembra un po’ imbranato. Chissà come ci è rimasto male poverino.”
Hydra divenne color latte mettendosi le mani in volto. Era fuggita andata via inconsciamente per paura di un rifiuto ma… Cosa provasse davvero Kardia, lei non lo sapeva. Sicuramente però, ci era rimasto di sasso.
Guardò Albafica sorridendo. Era stato bello ritrovarlo.


ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Abbiamo così scoperto chi è la misteriosa amia di Albafica e, soprattutto, com’è avvenuta la loro conoscenza… Alquanto traumatico direi. Non insultatemi per Shion.. Non è stato cattivo e non è un personaggio che mi sta antipatico. Soltanto che ci vedevo lui in quella parte: devi vivere la tua vita, pensa a te stessa.
Vorrei specificare che non l’ha ASSOLUTAMENTE lasciata per la depressione, ma perché pensava di non poterla aiutare…non considerate cattivo il povero Shion <3. Gli vogliamo bene.
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 13
*** LACRIME ***


Lacrime
 
Degel annuì interessato. Guardò Kardia, seduto davanti a lui con un misto di curiosità a compassione.
“Interessante. Davvero interessante.”
“Sono finito in ospedale, ho ricevuto una dichiarazione d’amore cui non ho potuto dar risposta, insultato Hydra davanti a suo padre e… L’unica cosa che mi dici è…interessante?”
“Si, sono sviluppi interessanti.”
Kardia si alzò di scatto dalla sedia, irritato. Non sopportava più quel maledetto psichiatra che si ritrovava come amico. Che cosa era interessante!? Sperava di sentire in lui delle parole di conforto e non una presa in giro.
“Calmati Kardia, non ho finito. Ti spiegherò il mio punto di vista.”
Kardia quasi gli ringhiò contro. Come era arrivato a quel limite di stress, non lo sapeva nemmeno lui.
Poche settimane prima si sentiva il ragazzo più libero del mondo, ed ora sentiva una corda stringergli il collo. Qualcosa che lo legava, che lo teneva ancorato. Un misto di dolore e piacere che lo faceva contorcere e scervellare sul perché provasse quelle strane emozioni. Sospirò e si sedette guardando male Degel.
Quest’ultimo si aggiustò, con un gesto elegante, gli occhiali e fece una lunga pausa prima di iniziare a parlare. Poggiò le mani sulla scrivania in mogano e sospirò.
“Tu… Cosa pensi di mia cugina?”
“Degel!”
“Rispondimi, cosa provi per lei. Cosa le avresti detto?”
Kardia pensò un attimo. Non aveva valutato quell’opzione, aveva in mente soltanto l’immagine di lei che se ne andava con occhi lucidi e, sinceramente, ora non sapeva come affrontarla. Sorridendo? Con un ‘ciao’? Per messaggio?
“E’…la prima persona che sono sicuro di amare.”
Degel alzò un sopracciglio sorridendo. A quanto pareva anche Kardia poteva essere dolce in certi momenti.
“Mi sei quasi sembrato un adulto mentre lo dicevi, sai?”
Kardia nemmeno rispose, attese soltanto ciò che l’amico doveva dirgli. Cosa poi? Di solito era lui che raccontava e non Degel. Degel se ne stava sempre zitto, e dava consigli.
“Dimmi una cosa… Ti sei accorto di nulla?”
“Beh, in una situazione si è comportata in modo strano…Davanti al commesso del negozio mi ha stretto la mano, come se avesse avuto paura.”
“Vuoi sapere il perché?”
Il giovane pensò un attimo. Sarebbe stato meglio saperlo da lei? Aspettare? Farselo dire dalla ragazza e guadagnare la sua fiducia? Kardia era titubante… Per tutta la vita aveva pensato che usare la via più facile per arrivare a ciò che si voleva fosse giusto, e lo pensava ancora, ma in questa situazione…
Guardò l’espressione di Degel. Impassibile. Cavolo ma che ci vedeva la moglie, e come aveva fatto a corteggiarla se l’espressione era per la maggior parte quella?!
“Io non…”
“Lei non te lo dirà mai.”
“Come puoi esserne sicuro?”
“E’ convinta che la sua rottura con una persona che amava, abbia a che fare con questo. Quindi, se tiene davvero a te, farà di tutto per non fartelo sapere.”
Kardia strinse i pugni. Qualcun altro prima di lui aveva potuto averla fra le braccia? Beh…ovvio, aveva venticinque anni ed era bellissima. Che sciocco, avrebbe dovuto pensarci anche prima.
“Dimmi.”
“Circa quattro anni fa, lei tentò il suicidio.”
Il più giovane sgranò gli occhi deglutendo. Non poteva crederci. Gli era sempre sembrata, dall’inizio fino all’ultimo, una ragazza così tranquilla… Ed  ora usciva fuori questo? Sicuramente Degel mentiva, voleva spaventarlo.
“Tu…come…cioè…Come diavolo puoi sapere una cosa del genere?”
“Poco dopo l’accaduto, è venuta in cura da me.”
“Tu scherzi.”
“Ti sto dicendo queste cose per una ragione soltanto. Lei soffre di depressione e tu dovrai essere pronto… La risposta non gliel’hai ancora data. Puoi scegliere.”
Kardia si alzò in silenzio con espressione quasi sconvolta. Senza nemmeno parlare all’amico se ne andò.
 
 
Asmita sospirò per la settima volta in due minuti e, dopo aver guardato il sorriso luminoso di Charu, si massaggiò una tempia. Camminavano da circa un quarto d’ora da quando erano scesi dal bus. Ormai stavano quasi per arrivare.
“Charu, tu sai… Che non devi farmi da balia ogni volta che vado da qualche parte vero? So cavarmela benissimo da solo.”
La ragazza lo guardò offesa aggrottando la fronte. Come osava dire cose simili?
“Stavi per finire in un tombino, inciampare in un gatto,  prendendo il bus sbagliato, scendendo alla fermata sbagliata e ti eri dimenticato il nome del negozio. Osi dire che non hai bisogno di me?”
“Oh siamo arrivati.”
“Ecco bravo, cambia discorso che è meglio.”
Asmita guardò l’insegna del negozio  dove vi era scritto il nome della sartoria. Tentò di leggere la scritta ma, per quanto fosse grande, la lontananza glielo impedì. Giorno dopo giorno ogni figura gli diveniva più sfocata.
“-Sartoria del Jamir-, che nome inusuale… Dai entriamo Asmi.”
I due entrarono e si trovarono davanti una bellissima ragazza dai capelli biondi e lunghissimi, gli occhi azzurri e vestita in modo molto… Strano. Almeno per i loro standard.
Dei pantaloncini bianchi e dei lunghi stivali erano abbinati ad un topless beje ed a coprire il tutto un giacchetto smanicato rosso e giallo. La domanda che sorse spontanea ad Asmita e Charu fu una: ma quella ragazza, non sentiva freddo?
“Buongiorno, siete qui per vedere Mu?”
I due annuirono guardando la fanciulla. Cominciarono ad avere la pelle d’oca al posto suo.
“Vado subito a chiamarlo, vogliate scusarmi.”
Se ne andò a passi lenti, senza fare alcun rumore, mentre i capelli ondeggiavano liberi nell’aria.
“….le stavi guardando il sedere.”
“Non le stavo guardando il sedere!”
“Pervertito.”
“Bugiarda!”
Mu arrivò con un sorriso in volto ed un metro elastico attorno al collo. Guardò in un primo momento l’espressione buffa di Charu, poi si avvicinò ad Asmita tendendogli la mano.
“E’ un vero piacere per me poter conoscere il famoso pianista  Asmita Dunia Surgawi, spero di essere all’altezza di un tale lavoro.”
“Piacere mio. Diamoci del tu per favore.”
Asmita ricambiò la stretta di mano sorridendo flebilmente. Che bella fama che aveva, gli era sempre piaciuto venir riconosciuto e conoscere nuova gente ma… Da qualche tempo il suo entusiasmo si stava smorzando.
“Avete conosciuto Yuzuriha, è ancora in prova ma sono convinto diventerà una brava sarta.”
Mu fece cenno di seguirlo ed i due fecero quanto richiesto. Arrivati nella stanza sul retro, Asmita tolse la giacca che aveva e la consegno a Charu, poi si abbassò per guardarla bene negli occhi.
“Tu. Resti. Qui.”
E mentre il biondo se ne andava in una stanza piena di specchi con  Mu, Charu sbuffò sedendosi su un divanetto.
Regnava il silenzio in quel posto, anche il vento sembrava aver dimenticato l’esistenza di quel negozio. Si guardò intorno. Nulla era fuori posto, tutto risultava perfettamente in ordine ed i tessuti che vedeva avevano bellissimi colori.
Spostò lo sguardo ancora in vari punti della stanza costatando di essere sola. Strinse poi la giacca di Asmita fra le mani e piano l’avvicinò al volto appoggiando la guancia ad essa.
Un sorriso le apparve sul viso mentre le sue guance si colorivano leggermente di rosso.
“Ha il suo profumo…”
“E’ stato un odore appestante. Sin da quando il maestro Dunia Surgawi è entrato.”
La voce di Yuzuriha arrivò fredda e distaccata a Charu. Quest’ultima fece un balzo di mezzo metro stringendo la giacca di Asmita come fosse una reliquia antica.
“Calma. Non mangio.”
“Tu…tu glielo dirai?”
“Che sniffavi la giacca?”
Yuzuriha andò a sedersi accanto a Charu mentre la poverina arrossì completamente. Si girò dall’altra parte cercando di nascondere l’imbarazzo.
“Come sono carine le ragazze innamorate.”
“Non sono innamorata di lui! Siamo amici!”
“Oh… Va bene. Per me non fa differenza sai.”
Charu annuì convinta stringendo la giacca. Poi guardò con la coda dell’occhio Yuzuriha. Era davvero… Spaventosa. Aveva un’aria così autoritaria, quasi le metteva soggezione.
“Sei la sua assistente? Se è così hai una buona possibilità di averci una relazione.”
“Co-cosa? Quindi tu ed il tizio dai capelli lillà-fashion s-siete…”
“No. Ma nell’ultima serie Tv che sto vedendo accade. Io sono fidanzata, anche se lui è molto imbranato…”
Charu la guardò perplessa sbattendo piano le palpebre. Continuava a dire quelle cose senza cambiare espressione, eppure nel tono della voce sentiva che c’èra qualcosa che la divertiva.
“Fra voi due…chi si è fatto avanti?”
“Io. O ci morivo ad aspettarlo.”
“Ma…Dovrebbe essere l’uomo a fare la prima mossa.”
Gli occhi blu di Yuzuriha, si piantarono in quelli azzurri di Charu. Un lieve sorriso si mostrò sul volto della bionda.
“Ne sei sicura?”
“Io…”
Il loro discorso non poté avere una fine poiché Asmita e Mu arrivarono interrompendo le due.
Si salutarono prendendo accordi sul prezzo e su quando sarebbe tornato a ritirarlo e, successivamente, i due se ne andarono.
Iniziarono a camminare per la strada del ritorno ed Asmita cominciò a parlare di come Mu gli avesse preso le misure. Charu stava ancora pensando alle parole di Yuzuriha…
Asmita era un amico. Lei per lui era un’amica. Non poteva rovinare questo rapporto. Iniziò a pensare a tutte le cose successe fra loro, i posti andati insieme, le cose che solo loro sapevano l’uno dell’altra poi alzò lo sguardo verso di lui. Era alto, o meglio, lei in confronto a lui era bassa. Le arrivava poco sotto ad una spalla, ma riusciva ugualmente a vedere quei magnifici occhi blu…
***
“La-La-Sol-Sol-Fa-Fa-La-La-Sol-Sol-Fa-Fa-Fa-Fa-Sol-Sol-La-Mi-La-Mi-Mi-Re…”
Una bambina dai capelli argentati a caschetto, era in piedi sopra una panchina con in mano un flauto in legno. Ad ogni pronunciare di nota spostava le mani al relativo foro… Ma la sua espressione non era troppo convinta di ciò che stava facendo.
“Mannaggia!”
Saltò giù arrabbiata sedendosi a braccia conserte e gonfiando le guance.  Ormai si era arresa. Per quel giorno bastava. Ogni giorno al parco si esercitava ma i risultati erano scarsi… Guardò lo spartito… Cosa stava sbagliando?
“Perché hai smesso?”
Abbassando il foglio trovò davanti a se due occhi blu meravigliosi. Anche lei li aveva di quel colore e le avevano sempre fatto i complimenti ma… In quel preciso momento, quando quelle due iridi colorate la guardarono con curiosità, non poté fare a meno di associare l’aggettivo meraviglioso.
Appartenevano ad un bambino poco più grande di lei, vestito in maniera talmente strana da sembrare di porcellana. Una giacchina nera con un papillon blu ed i pantaloni abbinati alla giacca ugualmente neri. I capelli gli arrivavano poco sotto le spalle ed erano legati in una cosa bassa da un grande fiocco blu.
“Hai una bella voce.”
“E’ una canzone per flauto…”
“Posso vedere lo spartito?”
Il foglio quasi gli fu tirato ma, fortunatamente, il biondo lo afferrò al volo.
“Oh, è un pezzo del fantasma dell’Opera…Ma alla fine hai annotato  un Mi-Re in più…”
“….Ah.”
“Magari ora per te sarà più semplice…..?”
“Charu. Tu sei?”
“Mi chiamo Asmita.”
Charu annuì prendendo dalla mani di Asmita lo spartito appena corretto. Finalmente, forse, ora le sarebbe venuto decentemente.
“E perché sei vestito come un cretino?”
“Oggi ho la mia prima esibizione al pianoforte!”
L’espressione di Charu si fece confusa. Cosa andava dicendo quello strano tipo?
“Si tiene all’auditorium  S.Paradiso, sono nella categoria junior. L’ingresso è libero.”
“Non hai paura?”
Asmita arrossì leggermente annuendo, iniziò a sfregare leggermente le mani fra loro e farfugliò qualcosa di incomprensibile prima di parlare.
“Pe…però…io voglio diventare un pianista famoso…Da grande tutti conosceranno il famosissimo Asmita Dunia Surgawi!”
Constatò…Non troppo convinto, più rosso di prima per l’affermazione fatta.
“Oddio!”
“C-cosa? Sono stato troppo sfrontato?”
“Ma è un nome lunghissimo!”

“E-Eh?”
“Bisognerà che tu scelga un nome d’arte.”
“….Hai ragione.”
***
Charu sorrise pensando a quel giorno. Chissà se Asmita lo ricordava ancora…non seppe nemmeno lei il perché, ma le scese involontariamente una lacrima. Che si trasformò poi in un pianto.
“Co-sa?”
“Hm? Charu?”
Il biondo si girò verso di lei vedendola momentaneamente in crisi si abbassò leggermente asciugandole le lacrime. Le sorrise senza chiederle nulla.
“A-smi… Perché?”
“Cosa?”
Continuò a rivolgerle il sorriso gentile ed a guardarla con quei magnifici occhi blu che tanto amava. Aveva lo sguardo appannato dalle lacrime, non vedeva molto bene, avrebbe potuto alzarsi sulle punte e circondargli il collo con le braccia per tirarlo a se e baciarlo, uno dei suoi sogni… Ma sarebbe stato ipocrita. Si asciugò le lacrime tornando a guardarlo negli occhi.
“Io ti…”
 Si bloccò. Le iridi blu di Asmita, non le ricordava così. Erano…spente. Non brillavano più. C’èra qualcosa che non andava. Lo aveva guardato sempre da lontano, soltanto ora che se lo ritrovava davanti ci faceva caso… Era troppo accecata a pensare al suo cuore, per non essersi accorta di quello che realmente stava passando quel cretino?
“Asmita… I tuoi occhi, non stanno bene…”


ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Ed ecco che rincontriamo anche Charu ed Asmita. A quanto pare la cara Charu ha scoperto il ‘piccolo segreto’ che Asmita le nascondeva… cosa pensate che farà ora la ragazza?
E passando a Kardia un attimo, Cosa ne pensate? Vorrei precisare che non sto assolutamente sottovalutando la depressione, la reazione del caro scorpione è appunto dovuta a quello. Ha reagito in quel modo proprio perché non sa se ce la farà ad affrontare una cosa simile e… Spero, insomma, che tutti i concetti della sua reazione e del perché Degel gliel’abbia detto vi siano arrivati chiari.
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 14
*** Specchio ***


Capitolo 14 – Specchio

 
***
Ancora quella strada. Quel posto a lui sconosciuto, ma così familiare.
Camminava sul marciapiede osservando accanto a lui la strada asfaltata con alcune buche di tanto in tanto.
Andando avanti, si ritrovò a dover scegliere se svoltare per una via sterrata o continuare per il marciapiede, superò la griglia dell’acqua che separava la breccia dal cemento e continuò ad avanzare.
Man mano che andava avanti, Aphrodite, vedeva farsi sempre più vicina una bellissima casa. A colpirlo non furono i muri bianchi dell’abitazione, o il color grigio scuro del cancello…Quanto le bellissime rose rosse che intravedeva. Gli nacque un sorriso sul volto a vedere quei magnifici fiori… Finché il nero non avvolse tutto.
Si guardò intorno spaesato. Nulla, niente. Era immerso nel vuoto più totale. Si portò una mano alla gola. Gli sembrava persino di non respirare…
Sentì un abbraccio stringerlo da dietro; due braccia esili, due mani fredde, perfette. Non un’imperfezione, poteva definire la cura maniacale. Cercò di girarsi ma l’abbraccio si fece più stretto e ciò glielo impedì.
La camicia rosa andò a sfiorargli il viso e il volto del ragazzo dietro di lui andò a porsi sulla spalla, con la coda dell’occhio riuscì a vedere il filo di rossetto che l’individuo portava.
“Hai paura?”
“Chi sei?”

“Dovresti saperlo.”
Con una spinta Aphrodite si liberò dalla presa spingendo lontano l’altro ragazzo. Si girò quasi spaventato ritrovandosi davanti ad uno specchio. Uno strano specchio, all’interno non vi era alcun riflesso.
“Cosa…”
Appoggiò la mano sul vetro ed in quel momento comparve una figura. Con un’espressione molto schifata.
Lunghi capelli celesti, due bellissimi occhi azzurri, pantaloni bianchi ed una camicia rosa.
“Sono messo proprio male.”
“Che?”
“Ah…Sono diventato anche un cretino.”
“Io…Tu…Sei me?”
Il riflesso scosse la testa sorpreso
“ Sei matto? Tu non sei nemmeno minimamente vicino alla mia perfezione. Ma sei più o meno vicino alla risposta.”
Aphrodite scosse la testa agitato. Non ci stava capendo più niente. Perché stava sognando quelle cose e…quel tizio? Gli scoppiava la testa e voleva tornarsene a casa, voleva qualcuno che lo rassicurasse. Che gli dicesse che andasse tutto bene.
“Tu…No, tu non sei me…”
“Giusto. Tu ERI me.”
“No! Sei un riflesso! Un…una…finzione, una bugia!”
Il riflesso sorrise malizioso mettendosi una mano sulla guancia. Lo sguardo si fece serio.
Una luce investì gli occhi di Aphrodite costringendo a chiuderli…Appena li riaprì si accorse di una cosa orribile. In quel momento, all’interno dello specchio c’èra lui.
 “Sei sicuro che la finzione sia io?”
***
Aphrodite si svegliò piangendo mettendosi seduto sul divano e, con un urlo, attirò l’attenzione di Margot (no, non di Albafica. Era al lavoro), la gatta gli saltò sullo stomaco cominciando a guardarlo in modo strano.
“Che diavolo succede…”
Che sogno era mai quello e perché doveva sognare una versione così strafottente, così arrogante, così maleducata di se stesso. Si sdraiò di nuovo sul divano.
“Così…perfetto e bello…”
Si asciugò le lacrime controvoglia guardando l’orario. Le 16.30, fra poco ci sarebbe stato il primo incontro con il Dottor De Rius.
 
Dopo un quarto d’ora, il fidato amico passò a prenderlo lasciandolo proprio davanti lo studio di Degel.
“Ti lascio qui davanti, hai paura?”
“No, Shura”
“Sei sicuro?”
“Si, Shura.”
“Se ti serve qualcosa chiama.”
“Si, Shura.”
 “Quando hai finito ti riaccompagno.”
“Si, Shura.”
 “Dopo mi racconti.”
“…Forse, Shura.”
Nella sala d’aspetto Aphrodite ebbe modo di incontrare un paziente molto strano. Lunghi capelli viola, faccia indiavolata, e l’aria di chi ne ha uccisi mille ma ancora non gli bastavano… I loro sguardi si incrociarono per un secondo ma benché il turchino non gli avesse detto nulla, il più grande si irritò ugualmente.
“Beh?! Che vuoi?!”
“Niente, scusi.”
“A che ora stai?”
“Alle cinque.”
“Che palle un altro…Stupido Degel.”
Dallo studio uscì Degel. Un’aria autoritaria, seria, professionale che colpì immediatamente Aphrodite. Lo psichiatra si guardò intorno, prima minacciando Kardia con lo sguardo e, successivamente, sorridendo, annunciò il nome del prossimo paziente.
“Aphrodite Sublim Skönhet?”
“AHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAH! Che cognome ridicolo!”
Il blocco che Degel teneva in mano poco prima, arrivò in testa a Kardia.
“Cazzo! Fa male idiota!”
“Kardia, non farti riconoscere da tutti.”
“Sono di origini svedesi. Per quello è strano.”
Aphrodite si alzò con indifferenza ed entrò nello studio di Degel. La semplicità di quel posto quasi lo irritò ma dopotutto… Era uno studio psichiatrico. Cosa poteva farci? Si strinsero la mano per poi sedersi l’uno davanti all’altro.
“Buongiorno Aphrodite. Mi presento. Io sono Degel de Rius. Come già saprai sono uno psichiatra, sono felice che tu abbia scelto di venire da me, potrai scegliere se tornare o meno.”
Nessuna risposta. Soltanto sguardi di curiosità e ambiguità.
“Voglio dirti che ciò che tu dirai all’interno di questa stanza rimarrà in questa stanza, e resteranno cose fra me e te. Questo è il tuo luogo per sfogarti e non devi preoccuparti che qualcuno ti giudichi perché io non lo farò.”
Nessuna risposta. Soltanto sguardi di curiosità e ambiguità.
“Vuoi che faccia le domande io o vuoi parlarmi di te?”
“Inizi lei con una domanda…Magari poi parlo io.”
“Dammi pure del tu.”
Degel guardò Aphrodite. Aveva l’aria davvero triste.  Chissà cosa gli era successo, ventidue anni è una delle età più belle.
“Come stai in questo periodo?”
Alzò lo sguardo negli occhi blu di Degel. Lo sguardo si era addolcito, da quanto tempo qualcuno non glielo chiedeva? Da quanto tempo non si sfogava per bene con qualcuno? Con Albafica? No, non era lui ad ascoltarlo, e nemmeno Shura o Angelo…
“Io...mi sento solo.”
“Non hai amici o una fidanzata?”
Aphrodite raccontò tutto a Degel, dalla sua perdita di memoria, dai suoi ‘flashback’, a Regulus, la perdita di fiducia nel fratello e soprattutto l’ultimo sogno. Appena ebbe finito iniziò a piangere, troppi ricordi e troppe emozioni l’avevano assalito in pochi istanti…
Degel sorrise porgendo un fazzoletto di carta ad Aphrodite, quest’ultimo lo guardò in modo strano.
“Da quanto tu mi dici, stai con questo Regulus soltanto per colmare questo vuoto che c’è in te… Credo che i suoi sentimenti siano sinceri. Non penso sia giusto prenderlo in giro così.”
Degel sorrise comprensivo ad Aphrodite che continuava a piangere.
“Ma…perché questi maledetti flash…”
“Forse si sono sbloccati proprio ora, grazie a Regulus. La mia è soltanto un’ipotesi…”
“Perché non riesco ad amarlo…”
“C’è davvero una risposta sui sentimenti umani, Aphrodite?”
Il turchino scosse la testa. Cominciava a stargli simpatico quello psichiatra. Ed aveva anche dei bei occhiali, inoltre i modi di fare erano gentili.
“Prova a capire… Se ciò che stai sognando e vedendo è legato ai tuoi sentimenti.”
“Non è possibile…Nemmeno riesco a vederla la faccia di quel ragazzo…”
Degel rise levandosi gli occhiali. Quanto erano carini i ragazzini innamorati? Non come quel deficiente di Kardia che si ostinava a mentire a se stesso.
“Conosci la fiaba di cenerentola?”
“Chi non la conosce.”
“I sogni son desideri.”
 
Quando finalmente Aphrodite uscì dallo studio, notò il ragazzo di prima addormentato sulla sedia con un po’ di bava alla bocca.
Pensò che facesse proprio schifo quel comportamento ma finse di ignorarlo… Salutò con gentilezza il suo nuovo dottore e venne a sapere che Shura aveva pagato la seduta per lui. In qualche modo avrebbe dovuto ridargli i soldi prima o poi. Più poi che prima.
Raggiunse la macchina dove Shura lo stava aspettando. Salì per farsi riaccompagnare a casa.
“Hai avuto paura?”
“No, Shura”
“Sei sicuro?”
“Si, Shura.”
“Non ti è servito nulla.”
“No, Shura.”
 “Ti riaccompagno a casa….”
“No.”
“Cosa?”
Aphrodite si fece serio, abbassò lo specchietto per guardarsi in volto. La frangia oramai gli arrivava alla bocca. Le doppie punte erano diventate triple, i capelli tutti arruffati…
Rivolse lo sguardo all’amico sorridendo.
 
Albafica si abbassò leggermente con forbici alla mano.
“Questo bel ragazzo come vuole tagliare i capelli?”
“Solo una spuntata per favore.”
Kiki rise alla frase buffa di Albafica. L’ultimo taglio di capelli risaliva a quattro mesi prima ed era ora, ormai, di ritagliarli. Sapeva che Albafica era il migliore in circolazione e quindi era andato da lui sperando in una cosa veloce. Anche perché fra circa tre quarti d’ora avrebbe avuto il turno al Lost Canvas.
“Faremo subito.”
Su una delle sedie di aspetto, Sisifo guardava infastidito Kiki. Non poteva credere che di nuovo qualcuno gli fosse passato avanti. Era l’ennesima volta che il suo taglio veniva rimandato!
“Ero arrivato prima io.”
“Taci! Se ho tempo faccio te!”
Non gli ci volle molto a fare i capelli al giovane Kiki, infatti dopo poco il ragazzo se ne andò soddisfatto del suo nuovo taglio. Sisifo balzò in piedi. Si, toccava a lui finalmente! Era ora! Dopo una settimana di attesa avrebbe tagliato i capelli!
“Adesso dovrai tagliarli a me! Non c’è nessuno!”
“E va bene, siediti.”
Sbuffò Albafica annoiato. Si diresse al posto di lavaggio quando la campanella dell’entrata suonò. Guardò in direzione della porta aspettandosi una signora. Mai pensiero più sbagliato…
“Tu…qui?”
Sisifo guardò il ragazzo. Somigliava molto al suo amic- conoscente e ne dedusse che fosse il fratello.
“E’ Margot?”
“Aphrodite.”
“Albafica…”
Si avvicinò piano arricciandosi una ciocca di capelli, quasi non aveva voglia di chiederlo al fratello. Ma era il modo più economico…
“Che vuoi, ti serve qualcosa? Hai bisogni di soldi? Sei stato denunciato? Devo accompagnarti da qualche par-“
Il più giovane storse la bocca guardando un attimo a terra, ancora indeciso sul fatto se chiedere o meno… Sospirò, alzò gli occhi guardando Albafica. Uno sguardo deciso e sicuro…
Aphrodite si allungò una ciocca dei lunghi capelli celesti indicandosela. Il fratello ne restò fin troppo sorpreso. L’ultima volta che aveva visto quel gesto era circa due anni prima.
Se stava accadendo di nuovo una cosa del genere… Non andava affatto bene.
Il parrucchiere si morse lievemente un labbro, poi tornò sul suo volto l’espressione serena  di poco prima nascondendo l’agitazione che lo stava assalendo.
“Certamente Aphrodite, sarà un vero piacere. Sisifo, faremo un'altra volta.”
 Da quella frase, Sisifo iniziò a pensare che i suoi capelli non avrebbero mai ricevuto un taglio da Albafica…


ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Zan, zan, zannn…. E così Aphrodite ha incontrato Degel! Saranno stati utili i suoi consigli per il pesciolino? Sicuramente sappiamo che è stato utile Shura nel pagamento xD!
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 15
*** Ridicolo ***


Capitolo 15 – Ridicolo

“Hmmmm…No, no mi dispiace. Non mi convince proprio…”
Hydra abbassò la maglia che teneva in mano. Era da più di mezz’ora che il cliente davanti a lei cercava…qualcosa. Cosa poi, non lo sapeva nemmeno lui. Era entrato in quel negozio dicendo di voler acquistare qualcosa, ma non aveva specificato cosa… E lei si era vista costretta a fare buon viso a cattivo gioco soltanto perché lo conosceva ed era cliente abituale.
“Aiolos… Ti prego, dammi un indizio. Qualcosa che mi faccia capire cosa vuoi… Almeno il colore, oppure se è per sopra o sotto…”
“Qualcosa di comodo.”
“….Tu sai che ho anche altri clienti da servire, vero?”
“Ci sono le altre. Ho deciso!”
Ad Hydra si illuminarono gli occhi, finalmente… Pantaloni? Camicia? T-shirt?
“Una fascia per capelli!”
“….Fuori.”
In quel momento entrò Aphrodite. Iniziò a guardarsi intorno, per curiosità… Shura aveva ragione. Era ora di smetterla di andare in giro con quei vestiti sudici. Non facevano per lui, voleva qualcosa di più raffinato, di più…bello.
Spostò lo sguardo sui vari manichini e sui vari modelli ma niente lo convinceva… Magari poteva farsi dare una mano.
La sua attenzione fu attirata dalla commessa dalla chioma rosa, come non notare un simile colore, vide anche Aiolos e, anche se avrebbe preferito mantenere l’anonimato, si avvicinò ai due.
“Scusi, posso chiedere a lei?”
Hydra si girò e, nel vederlo, gli fece un grande sorriso, successivamente lo abbracciò stretto causando nel ragazzo una gran confusione.
“Quanto tempo! Ma dove sei stato? Gli ho chiesto tue notizie ma non ha voluto rispondere!”
Sgranò leggermente gli occhi, quella ragazza sapeva qualcosa? Forse conosceva anche il ragazzo che continuava a venirgli in mente. La allontanò leggermente guardandola negli occhi.
“…A chi?!”
“Come a chi? Ad Albafica, ovvio!”
Aphrodite annuì, deluso da quell’affermazione. Facendo cadere il silenzio.
“Ho da parte delle cose già pagate. Sei venuto per quelle giusto?”
“Veramente…”
“Aspettami!”
Corse via senza aspettare la risposta del ragazzo lasciando Aphrodite sotto le risate di Aiolos. Uno sguardo truce investì il più grande.
“Cosa c’è da ridere?”
“Il brutto anatroccolo si sta trasformando in cigno?”
Aiolos prese una ciocca dei capelli di Aphrodite guardandola, erano diversi dall’ultima volta. Si era davvero piccato allora quando gli aveva dato del ‘carino’. Com’èra sciocco.
“Il BrUtTo AnAtRoCcoLo Si sTa TrAsFoRmAnDo iN CiGnO?!”
Ma che importava alla gente di quello che faceva lui? Possibile che tutti dovessero impicciarsi?
“Oh.”
“Cosa?”
“Ma che, hai il rossetto?”
Aphrodite si allontanò coprendosi la bocca e quasi arrossì, lo sguardo che riservò ad Aiolos fu di puro odio. Se solo avesse potuto, lo avrebbe ucciso seduta stante…Ma purtroppo non aveva a disposizione del veleno.
“…Ci vediamo un’altra volta.”
Prese una giacca verde, facendo da se e senza chiedere a nessuna commessa, e dopo averla pagata, se ne andò.
C’èrano circa cinque venditrici in quel negozio… Ed ognuna di loro mandò chissà quanti insulti ad Aiolos. Quando quell’essere usciva dal negozio per loro era una gioia.
“Mah…”
“Aphrodite!”
“Hm?”
“Ecco qua!”
Gli consegnò due buste piene di vestiti che Aphrodite prese piano e guardò ammaliato.
“Ho….vinto alla lotteria?”
“No… Una l’avevi già pagata, l’altra te l’hanno pagata.”
“Chi?”
“Non lo so…L’acquisto è stato fatto di recente, ma non c’èro io quel giorno.”
Aphrodite annuì, cominciava a pensare che il maledettissimo tipo che gli compariva nei ricordi fosse infattibile da rintracciare… Ma possibile non avergli lasciato nemmeno una sua traccia? Almeno per scoprire chi fosse…
Per chiarirsi. E poi, era mai possibile che non gli importasse nulla di lui? Che in due anni non l’avesse mai cercato? Mai cercato di rintracciarlo?
Strinse la presa ai manici delle borse e se ne andò dal negozio tornando a casa.
 
Quel giorno il salone di Albafica era chiuso ed il bel parrucchiere era al parco, seduto su una panchina osservava i bambini che giocavano felici sulle altalene e sugli altri giochi nello spazio davanti a lui.
Si accese l’ennesima sigaretta di quella mezz’ora appoggiando poi l’accendino sulla panchina.
***
“Non approvo, Aphrodite.”
“Non mi importa. Vita mia, scelte mie.”

“Lascialo immediatamente.”
“No.”
Lo sguardo dei due fratelli era glaciale, nessuno dei due batteva ciglio e quella discussione andava avanti da circa un’ora. Scuse su scuse, motivazioni su motivazioni, spiegazioni su spiegazioni.
“Me lo hai tenuto nascosto!”
“Sapevo non avresti approvato! Non ti va bene mai niente di quello che faccio!”
“E’…E’ un uomo, ed è-“
A quelle parole i nervi di Aphrodite scoppiarono. Sapeva perfettamente che la motivazione per cui Albafica non accettava il suo rapporto non era quella, ma non riusciva a capirne il vero motivo.
“Basta! Smettila con questa storia Alba! So che stai mentendo te lo si legge  in faccia! Dimmi la verità una buona volta in vita tua! Perché non ti va bene? Non ti piace il lavoro? Eppure mi sembra decente, non lo ritieni abbastanza bello? Devo vedermelo io davanti! Oppure ha i capelli crespi? Sai non ci ho fatto caso.”
“Smettila di dire sciocchezze! Ti causerà soltanto un sacco di problemi, ricordatelo Aphrodite. Io non sarò li a risolverteli.”
Aphrodite assottigliò gli occhi guardando il fratello. Uno sguardo d’odio, cattivo, ostile.
“Parola mia. Qualunque cosa accada non riuscirai a separarci.”
***
“Tsk…”
Buttò fuori il fumo della sigaretta. Poi sospirò. Guardando il parco giochi lo vide improvvisamente invaso da una ventina di bambini… Che si fossero moltiplicati improvvisamente? Non che gli importasse molto ma… Guardò per sicurezza la marca delle sigarette.
“Tranquillo, non è droga. È soltanto un campus. Ed io sono il tutore!”
“AAaaaaaah!”
Sobbalzò al sentire la voce di Sisifo dietro di lui. Il maestro sorrise e si sedette accanto al conoscente.
“Pensieroso?”
Nessuna risposta. Soltanto uno sguardo rivolto al nulla che lasciava intendere un: ‘fatti i cavoli tuoi’.
“Che crudele…”
“Perché ovunque sono io sbuchi fuori tu? No spiegamelo, perché ora divento curioso sai? Sei uno stalker o qualcosa di simile?”
“Sarà il filo blu del destino.”
Albafica tirò la cicca a terra spegnendola con il piede, successivamente guardò Sisifo confuso. Perché quel tipo se ne usciva sempre con frasi strane?
“….blu?”
“Rosso è dell’amore, blu è dell’amicizia!”
“Allora lo vedo più trasparente questo filo.”
Il più grande si mise a pensare un attimo. Cosa poteva mai rappresentare un filo trasparente? Non si aspettava che Albafica conoscesse qualcosa riguardo ai significati dei colori… Tuttavia per curiosità, chiese.
“Cosa rappresenta il filo trasparente?”
“La conoscenza.”
“….Ah.”
Il giovane si alzò e cominciò ad andarsene. Aveva troppi pensieri per stare a sentire le cretinate di Sisifo.
Doveva risolvere la situazione in qualche modo e, davvero, non sapeva come.
 
Aphrodite tamburellava le dita sul tavolo, annoiato. Ma fra quanto iniziava la pausa di Regulus?
Si stava davvero stancando di aspettare. Aveva iniziato a guardarsi intorno freneticamente per ignorare l’attesa ma nulla attirava la sua attenzione. Era tutto così… banale.
Sospirò quando finalmente il fidanzato  andò a sedersi davanti a lui.
Il sorriso di Regulus era raggiante, splendente, genuino. Chiunque lo guardava ricambiava sempre… Ma nell’istante in cui il ragazzo posò gli occhi su Aphrodite, cambiò espressione in una quasi disgustata. Come diavolo si era conciato?
Pantaloni neri eleganti in cui era infilata una camicia bianca che finiva in maniche leggermente larghe, ed al collo…Un fiocco nero? Ma soprattutto…Cosa si era messo in faccia?! Erano rossetto e mascara quelli?
“Cos’è quel fiocco?”
“Un fiocco.”
“….Sembri un pacco regalo.”
“Che vuoi dire?”
Regulus abbassò lo sguardo leggermente triste. Cos’èra quella trasformazione? Non si vedevano da una settimana e gli tornava come un’altra persona? Chi era quello che aveva davanti?
“Non… Non credo che questa tua versione mi piaccia.”
“…Prego?”
“Tutti questi addobbi…. Stavi meglio senza. Al naturale.”
Aphrodite storse la bocca. Stranamente le parole di Regulus non lo infastidirono più di tanto, appoggiò completamente la schiena alla sedia. Se non era per Regulus... Per chi caspita lo stava facendo? Per lui? Ovviamente e sicuramente. Andare in giro in quel modo sciatto ormai era fuori discussione.
Ma avere l’approvazione di qualcuno era pur sempre importante. E al momento quel pezzo mancava.
“Vorrei parlarti di una cosa Regulus…  Sai, sei stato molto gentile con me ed ho apprezzato i tuoi sentimenti ma-”
“No!”
Aphrodite sobbalzò all’affermazione. Nemmeno aveva finito di parlare e se ne usciva così? Beh… però dalla premessa era chiaro ciò che voleva dirgli… Lo guardò negli occhi alzando un sopracciglio.
“Io…io ti amo davvero Aphrodite, sto facendo sul serio con te! Ti prego non prendere con superficialità questi miei sentimenti… Io…non ti sto mentendo…”
“Non ho mai pensato tu l’abbia fatto… Ma vorrei chiarire che-”
“Ti va di parlarne oggi pomeriggio? Mi sta per ricominciare il turno…”
Il turchino non era molto convinto, ma quando sentì un urlo, proveniente dalla cucina, chiamare Regulus, accettò di parlarne di pomeriggio. Ne avrebbero parlato con più tranquillità e con più calma.
 
‘Gira a destra dopo il palo bianco e poi dritto per cinquecento metri circa. Li ci abito io’
La faceva facile, Regulus. Sarebbe stata anche facile, forse, se non fosse per il fatto che ora Aphrodite si ritrovava davanti a cinque pali bianchi ed ognuno aveva una strada che andava a destra. La situazione era comica.
Aveva superato con facilità tutte le precedenti vie descritte da Regulus, ma ora la cosa si faceva ambigua… Quale via doveva prendere? Sbuffò avanzando per il marciapiede, pieno di buche, finché non arrivò davanti al primo.
Iniziò a guardarlo male. Lo guardò per un minuto poi il motore di una macchina lo distrasse.
“C’è qualche guasto? Fai per caso parte dell’Enel?”
“….Ah…Ah….Ahah… Che battuta simpatica.”
“Ma tu guarda se non è il fidanzato di Regulus. Non ti avevo riconosciuto vestito a questo modo.”
Aphrodite guardò con la coda dell’occhio chi si fosse fermato a prenderlo in giro. Il tipo del negozio di abbigliamento.
“Salve.”
“Vuoi che ti accompagno?”
“Non accetto passaggi da sconosciuti.”
“Sconosciuti…”
Aiolos alzò un sopracciglio ridendo. Che tristezza i ragazzi d’oggi. Tutti così isterici e viziati, bah!
“Già, ti ho incontrato due volte e nemmeno il tuo nome mi hai detto! E’ da maleducati!”
“Aiolos. Comunque come vuoi, fattela pure a piedi. E buona fortuna per ritrovare la casa perché…da qui non vai da nessuna parte.”
Poco dopo…
“Quindi hai ventidue anni eh? Sembri più giovane.”
Aphrodite guardava fuori dal finestrino cercando di ignorare ciò che il guidatore gli stava dicendo. Cominciava a rimpiangere di aver accettato il passaggio ma a detta di quel tizio aveva fatto una strada tutta sbagliata.
“Regulus mi ha parlato molto di te. Hai un gatto giusto? Come si chiama?”
“Dobbiamo parlarci per forza?!”
Aiolos guardò la strada leggermente irritato. Si stava stufando dei capricci di Aphrodite.
“Dopo che ti sto facendo il piacere di portarti a casa del tuo…fidanzato, abbi almeno la decenza di collaborare e non fare l’infantile, caro Dite.”
“Margot.”
Sul volto di Aiolos nacque un leggero sorriso, la gente che collaborava gli piaceva. Tuttavia sparì subito dopo.
“Che nome ridicolo…”
ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Stiamo per arrivare a casa di Reggy, cosa dovrà mai dirgli di così importante il caro Aphrodite? Ma soprattutto e finalmente… Lo rivediamo al normale! Ci sei mancato Aphrodite! Bentornato fra noi <3
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 16
*** Ordinato ***


Capitolo 16 – Ordinato
 
“E’ molto bella casa tua, Regulus…”
“Grazie!”
Aphrodite si guardò intorno. Tutto era ordinatissimo. Nemmeno un granello di polvere. Ogni cosa sembrava brillare, per quanto tutto era lucido gli venne spontaneo passare il dito su di un mobile e…Niente. Era pulitissimo! Riusciva persino a specchiarsi nel riflesso.
“Tua madre dev’èssere una maniaca del pulito.”
“Oh no, non è mia madre a pulire.”
“Donna delle pulizie?”
“No, no… Mio zio. Ha trenta anni.”
Aphrodite batté piano le palpebre guardando Regulus. Un trent’enne che tirava a lucido casa? Che tipo poteva mai essere?
“C-cosa?”
“Si. Fa il maestro e non ha vita sociale. Non ha la ragazza, non ha amici… Ah ma ci sta lavorando eh… Dice cha ha trovato un tipo che sembra stressato e vuole salvare dalla routine quotidiana. In realtà, secondo me, è lui che non sa che farsi e va a scocciare a questo signore…”
“Che famiglia bizzarra…”
“Aphrodite…”
“Si?”,
Regulus fece abbassare Aphrodite afferrandolo per le spalle per poi dargli un passionale bacio. Bramava da molto tempo quel contatto e, finalmente , aveva realizzato quel desiderio che troppo a lungo aveva trascurato e messo in secondo piano.
Aphrodite si separò un attimo per riprendere fiato ma Regulus gli fu di nuovo addosso dopo solo una boccata d’aria.
Le loro lingue s’intrecciavano mentre loro iniziarono a spostarsi in camera, il castano non perse tempo e spinse Aphrodite sul letto, levandogli la camicia di seta bianca.
Gli salì poi sopra levandogli con un gesto del pollice il rossetto che portava.
“Così stai notevolmente meglio…”
Aphrodite fece una smorfia contrariata mentre Regulus tornò a baciarlo. Continuò a scendere per poi morderlo all’incavo del collo. Nemmeno troppo piano.
“Ahi! Mi hai fatto male!”
Si lamentò Aphrodite, quasi offeso.
“Non sai che il dolore aumenta il piacere?”
Gli rispose l’altro ridacchiando. Il turchino decise di vendicarsi, mordendolo a sua volta, ma Regulus sorrise a quelle ‘attenzioni’ perciò Aphrodite decise di lasciar perdere, così, mentre l’altro lo spogliava lasciandogli dei marchi qua e la, Aphrodite si limitava solo a togliergli gli indumenti.
D’altronde… Che senso aveva continuare a correre dietro a qualcuno di cui non ricordi nemmeno il volto, qualcuno di cui non sai nulla. Qualcuno di… Dimenticato. Era certamente meglio abbandonarsi al piacere, anche se effimero.
Presto furono nudi l’uno di fronte all’altro.
Regulus prese la mano di Aphrodite e se la portò sul membro, nello stesso momento lui andò a masturbare il compagno.
“Per riscaldarci un po’…”
Mormorò Regulus sulle labbra di Aphrodite, prima di lasciargli un morso leggero a quello inferiore.
Il più grande gemette, cominciando ad ansimare a quelle carezze, poi iniziò a muovere anche lui la mano seguendo il ritmo con cui l’altro lo stava masturbando.
Quando Regulus giudicò di essere abbastanza eccitato, e Aphrodite abbastanza rilassato, gli allontanò la mano e lo fece stendere, andò a posizionarsi fra le gambe di Aphrodite, pronto per spingersi in lui e diventare finalmente una cosa sola.
Fu a quel punto che, ad Aphrodite, si formò un blocco nello stomaco, come se stesse per vomitare.
Sgranò piano gli occhi. Non era quello che voleva, bastava prenderlo in giro, doveva darci un taglio, era andato li per quello dopotutto…
Con una ginocchiata nello stomaco lo fece cadere dal letto.
Si alzò mettendosi seduto e vide l’altro sul pavimento che lo guardava incredulo.
“Scusa…Non sei tu.”
 
La porta del salone era chiusa e Albafica era seduto su di una sedia a guardarsi allo specchio. Per la prima volta stava fumando nel suo negozio.
Che orrore. Lui che aveva sempre rispettato e amato quel luogo come fosse sacro, adesso lo stava profanando con una sigaretta.
Doveva essere proprio impazzito, si meravigliava di se stesso.
Sentì bussare alla porta e sbuffò.
“Chiuso.”
Niente, lo sbattere continuava.
“Chiuso!”
Non accennava a fermarsi, anzi aveva preso a bussare più forte.
Irritato andò ad aprire e, quando si ritrovò davanti due occhi azzurri soddisfatti, digrignò i denti a tal punto che la sigaretta che aveva in bocca cadde a terra.
Diede una botta secca alla porta facendo fare tre giri alla chiave.
“Apri Albafica! So che ci sei!”
“Non c’è nessuno, vattene o ti denuncio per stalking!”
Sisifo iniziò a bussare urlandogli qualcosa d’incomprensibile mentre, peraltro, cercava anche di tirare la maniglia della porta.
“….Mamma ma cosa sta facendo quel signore alla parrucchieria di Alba-Alba?”
“Non lo so tesoro… Ma forse è meglio chiamare la polizia…”
Sisifo sentì le frasi dette dalle due passanti ed un brivido  gli percorse la schiena. Se fosse stato arrestato, chi avrebbe sfamato Regulus e Aiolia? Chi avrebbe mandato avanti casa? Chi-
Sentì tre clic e la porta si aprì mostrando un Albafica adirato all’ennesima potenza.
“Muoviti.”
“Sapevo che eri una brava persona.”
Quelle parole fecero raggelare il parrucchiere. Una brava persona? Lui? Se solo avesse saputo… probabilmente se la sarebbe smessa con quella stupida storia dell’amicizia.
“Lo sai, Sisifo, mi ricordi davvero tanto una persona che odio, dal profondo del cuore…”
 
 
“Ecco il tè…”
“Grazie…”
L’atmosfera era diventata gelida fra Aphrodite e Regulus. I due al momento erano in salotto, Aphrodite seduto elegantemente sul divano, mentre Regulus, dopo avergli offerto un tè freddo, si sedette lontano da lui.
Per un attimo ci fu silenzio fra i due. Cercò di iniziare Regulus.
“Io… ti ho detto una bugia…ma ti ho anche detto…la verità…”
“Prego?”
Regulus iniziò a battere leggermente più veloce gli occhi cercando di non piangere, non gli usciva più voce.
Un’altra parola e sarebbe scoppiato. Sentiva gli occhi di Aphrodite puntati su di se, sentiva che lo stava giudicando in modo sbagliato, si sentiva sbagliato, aveva fatto un casino fin’ora… Perché gli aveva detto tutte quelle bugie? Non era stato giusto.
“I-io…”
Gli occhi si fecero lucidi ed iniziò a giocare con le mani. Aiolia gli aveva insegnato che doveva anche essere coraggioso ma… Come faceva in una situazione simile? Era più che innaturale, e lui aveva solo diciotto anni… Si era ficcato in un casino più grande di lui.
“Aph…ecco…”
“Sai, anche io ti ho mentito.”
“Eh?”
Il ragazzo alzò lo sguardo incontrando quello di Aphrodite. Per la prima volta da quando lo aveva incontrato, aveva un sorriso sereno e… Naturale. Che non sembrava forzato.
“Mi dispiace dirtelo così francamente ma, non credo di aver mai provato nulla per te…”
A quelle parole, Regulus non potè fare a meno di scoppiare a piangere rumorosamente cercando di asciugarsi coi palmi delle mani.
“L-lo s…so… I…io Speravo…di farti…in-innamorare….di me…”
Aphrodite fece un sorriso amaro nel guardarlo. Aveva capito dall’inizio che i sentimenti di Regulus erano veri ma… Non poteva farci nulla.
“Credo…Di essermi attaccato a te soltanto per riempire il vuoto che qualcun altro ha lasciato. Mi dispiace Regulus. Meriti di meglio.”
Più Aphrodite andava avanti a parlare, più Regulus piangeva. Ma in fondo era preparato dall’inizio…Sapeva che un giorno sarebbe arrivato quel momento. Si era goduto i begli istanti passati con l’altro e quindi, più o meno, andava bene così…
“Però sai… Devo ringraziarti.”
“Di cosa…”
“A me è successa una cosa non molto piacevole. Stando con te ho cominciato a…”
“Ricordare…”
Mormorò triste Regulus, cercando ancora di fermare il suo pianto.
“Combatterla…tuttavia, credo di dover ancora trovare per cosa, o meglio chi…io lo stia facendo…”
Aphrodite gli aveva detto la verità. Ora toccava a lui. Doveva dirgli che aveva diciotto anni invece che ventuno, che sapeva della sua perdita di memoria perché aveva origliato, che l’aveva sfruttata a suo vantaggio, che grazie ad essa era riuscita a passare bei momenti con lui… Sarebbe stato ingiusto tenerglielo nascosto.
Aphrodite si alzò dal divano dopo aver finito il tè avviandosi verso l’uscita.
“Sarà meglio che io torni a casa…”
“No, aspetta dovrei dirti ancora delle cose!”
Allungò la mano verso il più grande, ancora con le lacrime agli occhi, non poteva andarsene in quel modo. Doveva far spiegare anche a lui. Non poteva lasciarlo con quel senso di colpa a vita.
“Regulus, va bene così.”
Aphrodite se ne andò senza dire un’altra parola. Regulus rimase immobile per un attimo a fissare la porta, poi pianse più forte mettendosi le mani sul volto, cercando di contenere il più possibile i singhiozzi.
 
 
Alla sedia si era aggiunto anche Sisifo, ed ora a specchiarsi erano in due. Per una volta c’èra il silenzio. Da quando Albafica gli aveva detto quella frase si era ammutolito.
Non era di certo bello ricordare ad un amic-conoscente qualcuno che odiasse. E comunque non sapeva che dire anche perché l’altro sembrava come ipnotizzato.
 “Lo sai, Sisifo…in passato ho fatto una cazzata…”
Ma come? Prima gli dava dell’odioso e poi iniziava a raccontare così? A caso? Beh era un inizio della loro amicizia. Lo avrebbe ascoltato. Si girò verso Albafica roteando con l’intera sedia.
Aveva l’espressione assente.
“Che genere di…cazzata?”
“Non so perché ho agito in quel modo… Forse è stato egoismo, anzi invidia…”
“Tutti siamo egoisti e invidiosi. E’ nell’essere umano.”
“Parli come un prete…”
Sisifo alzò un sopracciglio offeso. Possibile che Albafica dovesse bacchettarlo di tutto e su tutto?
“Magari te ne parlerò un’altra volta.”
Il più grande sbuffò.
“Hydra lo sa?”
Albafica fece un sorriso ironico girandosi verso Sisifo. Cosa, cosa, cosa aveva sentito? Scoppiò a ridere senza riuscire a fermarsi.
“Tu…tu sei geloso?!”
“Non sono geloso!”
“Tu sei geloso di Hydra! Perché lei è mia amica e tu sei un conoscente!...AHAHAHAHAHHAHA!”
Sisifo si alzò in piedi irritato dall’atteggiamento del parrucchiere.
“Non sono un tipo geloso io! Non mi importa nulla se le lo sa!”
Albafica guardò Sisifo. Sisifo guardò Albafica.
“Allora, lo sa o no?”
“AHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAH! Mi lacrimano gli occhi!”
Si asciugò una lacrima che gli stava uscendo dall’occhio destro. Almeno l’aveva fatto ridere un po’.
“No, lei non sa nulla. E non ho nemmeno intenzione di dirglielo… Ho paura di ciò che potrebbe pensare…”
“Guarda che non sono nati tutti per giudicare te eh! Ti sembrerà strano, ma la gente che ti conosce ti vuole bene.”
“Stai cercando di farmi la morale, maestro?”
“Abbastanza!”
Sisifo mise le mani sui braccioli della poltrona girevole di Albafica avvicinandosi a lui.
“Se continui ad evitare la gente in questo modo, te ne pentirai amaramente! Resterai solo a vita!”
Un dito di Albafica venne posato sulla fronte di Sisifo e, quest’ultimo, fu scansato via. Il parrucchiere si alzò guardando fuori attraverso le grandi vetrate.
“Sisifo.”
“Che c’è?”
“Che genere di persona pensi che io sia?”
Il maestro si avvicinò iniziando a guardare fuori assieme al parrucchiere. Cos’èra quella domanda all’improvviso? Che Albafica avesse un improvviso calo di autostima?
Oppure era soltanto un parere per sentire cosa davvero ne pensava?
“Beh sei chiuso. Questo è sicuro… Non ti apri facilmente e… testardo. Però penso tu sia una brava
Persona. Ah! Ed anche un ottimo parrucchiere… Anche se non mi hai ancora tagliato i capelli.”
“Sono sicuro che fra qualche tempo cambierai idea su di me…”
 
ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Capitolo sorprendente! E finalmente vi posso spiegare perché ho scelto Reggy.
Perché è giovane. Perché sarebbe stato l’unico in grado di fare una “cazzata” simile, ammettiamolo, quanti di noi dai 15 ai 20 non hanno combinato anche solo una cavolata per amore? E questo è il caso di Regulus.
Perdutamente innamorato di Dite, ha deciso di sfruttare l’occasione e mentirgli per conquistarlo… Tuttavia qualcosaa è andato storto e puff. L’equilibrio mai creato si è rotto.
Mi dispiace per chi non li  ha mai shippati perché a me insieme sinceramente hanno cominciato a piacere xD…
Passando ad Albafica…Di cosa si starà preoccupando così tanto? Cosa avrà mai fatto di cossi brutto?
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!
 
 
 

 

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Capitolo 17
*** T.Empio ***


Capitolo 17 – T.Empio
 
La pioggia è l’ideale per rinfrescare, ma anche l’ideale per mettere angoscia a chi già ne ha.
Questo era il caso di Kardia. Seduto al tavolo numero otto del Lost Canvas, che osservava il frullato alla fragola davanti a se, con la cannuccia rossa e bianca che sembrava guardarlo.
A pensarci, non sapeva nemmeno lui perché se l’èra presa così tanto delle parole di Degel…
Tuttavia al solo pensiero che Hydra avesse tentato il suicidio anni prima, brividi di paura lo attraversavano per tutto il corpo.
In che modo lo aveva fatto? Impasticcata? Tagliandosi le vene? Pensò alle cose più cruente  arrivando a respirare affannosamente per l’agitazione, cercò di far tornare normale il respiro…
Poi come si era salvata? L’aveva trovata il padre? O Degel che gli aveva raccontato la storia? Oppure all’ultimo aveva ripreso coscienza dell’atto?
Ogni domanda gliene portava un’altra, gli girava forte la testa e non riusciva a darsi nessuna risposta… Sentì una mano sulla spalla e sobbalzò al contatto.
“Eccomi. Devi essere davvero depresso per ricorrere a me, Aima.”
“Pecora…”
Mu si sedette davanti a Kardia ordinando, al suo amato fratellino Kiki, un buon caffè. Tornò a guardare il ragazzo davanti a se e, dopo che Kardia ebbe esitato un po’, gli raccontò tutto…
“Allora è vero che avevi problemi di cuore.”
“Preferisco dire che sono innamorato…Non mi piace il termine ‘problemi di cuore’…”
Mu non capì la frase dell’ex compagno, ma era strano abbastanza, quindi non se ne curò…
“Cos’è che ti turba del racconto di questo Degel?”
“Cosa mi turba? Cosa mi turba?! Quella ha cercato di ammazzarsi!”
Mu lo guardò leggermente irritato. Era strano per Kardia vedere un’espressione diversa da quella “paciocca” sul volto dell’ex compagno di classe.
“Quella…?”
Dopo la frase, Kardia si accorse di aver detto decisamente una cazzata. Stava giudicando tutto troppo in fretta, senza sapere i motivi, cosa gli passava per la testa? E’ vero, la paura lo assaliva… Ma non cambiava che aveva passato bei momenti con lei, e che voleva starci ancora insieme…
“Io…sono spaventato…”
“E da cosa? Dall’amore?”
“Non…saprei gestire la cosa, se dovesse ricapitare…”
Arrivò Kiki che, con un sorriso gentile, lasciò il caffè davanti a Mu e, senza fare commenti sulla situazione abbastanza pesante, se ne andò in silenzio.
“Non credo ci sia nulla da gestire.”
“Eh…?”
Mu bevve un sorso di caffè con espressione impassibile, ma allo stesso tempo rassicurante.
“Sai Kardia, forse non ci sei mai arrivato… Ma nessuno vuole essere lasciato solo. Se tu la ami, non devi avere paura che accada di nuovo… Credo che sarà proprio la tua presenza ad impedirlo…”
Lo sguardo con cui Kardia guardò Mu, fu uno fra i più incerti e dubbiosi di sempre. Da una parte non aveva capito, e dall’altra gli sembrava un discorso sdolcinato ai confini dell’inverosimile.
“Ti faccio un esempio… A te piacerebbe che qualcuno ti abbandonasse o lasciasse solo, soltanto perché sei diverso in qualcosa?”
“Io…”
A Kardia balenò in mente la sua malattia. Si, pensiero orribile, molto orribile, ma purtroppo reale.
Sarebbe potuto morire da un giorno all’altro se si fosse dimenticato di prendere tutte quelle maledette medicine e, anche con esse, il rischio c’era.
Che senso avrebbe avuto stare con qualcuno che poteva morirti sotto agli occhi da un momento all’ altro?
Hydra questo lo sapeva, glielo aveva raccontato il padre… Eppure non aveva esitato un attimo a lanciarsi su di lui e dichiarargli il suo amore.
Si mise una mano in faccia.
“Mu…”
Mu sorrise felice. Per la prima volta l’aveva chiamato per nome.
“Kardia?”
“Sono un deficiente….”
“Lo sei, e lo sei sempre stato. Ma al momento, ti definirei innamorato….”
Kardia guardò Mu quasi arrabbiato, pronto per ribattere, ma la paccioccosa pecorella riuscì ad anticiparlo.
“Valla a cercare.”
 
 
“Dov’è questo T.Empio?”
“Si trova laggiù, sono agitatissima…”
“Dai…Manca ancora un’ora. Siamo partiti troppo presto.”
Albafica buttò fuori il fumo lamentandosi per l’ennesima volta. Aveva accettato di accompagnare Hydra al provino per una parte in uno spettacolo ma… Si era già pentito.
Certo, era felice di star con lei ma era sicuro che durante il provino si sarebbe annoiato…Beh, almeno non avrebbe incontrato Sisifo. Giusto…Sisifo.
“Hydra, visto che è da tempo che non ci vediamo, ti va di farci una foto insieme?”
“Eh? I-io e te… Non so se è il caso…”
“Dai, una sola. Non ci vediamo da tempo. E poi ti ho anche accompagnato.”
“…Una sola.”
Albafica prese il cellulare, mise un braccio attorno alle spalle di Hydra e la tirò a se. La ragazza arrossì all’improvviso. Non perché provasse qualcosa per il parrucchiere…Ma cavolo! Albafica era un ragazzo bellissimo!
Appena scattata la foto, dove Albafica sfoggiava un sorriso raggiante, la impostò immediatamente come immagine profilo Whats’app e, successivamente, la inviò al maestro.
“Ora meglio spegnere la connessione dati…”
Rise di gusto, mentre accanto a lui, la ragazza, doveva ancora realizzare la situazione…
“Andiamo! Il provino ci aspetta!”
“Ma mancano tre quarti d’ora…”
“Il tempo passa in fretta.”
Cominciarono a camminare fermandosi davanti ad un semaforo. Sul volto di Albafica regnava ancora la soddisfazione.
“Non starai fumando troppo?”
“Mi rilassa… Sei agitata?”
Hydra strinse i fogli a se, poi guardò avanti decisa.
“Un po’. Ma spero vada tutto bene…”
In quell’istante scattò il verde. Entrambi si avviarono per attraversare, tuttavia Hydra fu bloccata da dietro in un abbraccio ed i fogli finirono all’aria (uno in faccia ad Albafica).
Si girò leggermente per vedere chi fosse il suo assalitore.
“K-Kardia?!”
“Mi dispiace. Mi dispiace tanto, sono stato uno stupido… Scusa, scusa per aver solamente pensato quelle cose.”
“Ma…Di che stai parlando?”
L’abbraccio di Kardia si fece più stretto e la ragazza arrossì, Albafica levò il foglio dalla faccia iniziando a leggerlo.
“Non ha importanza. Però…”
Ci fu una pausa molto lunga, il parrucchiere iniziò a raccogliere tutti i fogli, poi si mise a guardare la scena interessato.
Hydra continuava a tenere lo sguardo fisso, per quanto poteva, sul ragazzo dietro di lei, e Kardia stava trovando tutto il coraggio per dire quelle maledette parole che mai erano uscite dalla sua bocca.
“…Io ti amo. Voglio proteggerti…”
“Io…io…”
“Coff coff…”
Albafica tossì guardando in un’altra direzione, ancora con i fogli in mano.
“Scusate se interrompo il vostro momento magico… Ma vorrei ricordarvi che siete all’inizio di un passaggio pedonale. E che ci sono anche io.”
“…Giusto. Chi sei tu?”
Chiese Kardia in imbarazzo, cercando di riacquistare un po’ di decenza. Forse una dichiarazione in mezzo alla strada non era stato proprio il massimo… Chissà come l’avrebbe presa Hydra…
“Hydra…Credo di lasciarti in buone mani, io me ne vado…”
Albafica si fece una risata sotto i baffi, restituì i fogli alla ragazza, e se ne andò. Lasciando i due da soli… Che si affrettarono ad andarsene dal posto. Avevano attirato fin troppo l’attenzione…
 
Circa un quarto d’ora-di silenzio- dopo, i due arrivarono davanti al T.Empio. Un edificio alto, in mattoni antichi, soltanto la targa dove spiccava il numero civico, il nome della via e la scritta “T.Empio”, era moderna e color oro
“E così è qui... Che farai il provino.”
“Hm hm…”
L’imbarazzo non era ancora sceso. Nessuno dei due sapeva cosa dire. In silenzio entrarono, si recarono nella sala d’attesa dove una trentina di attori stavano aspettando il loro turno.
Il panico si dipinse sul volto di Hydra. Troppa gente, si sentiva osservata, si vergognava, gli occhi addosso le mettevano soggezione.
“Voglio andare a casa…”
“Dai, sarai bravissima.”
“Mi sento…osservata…”
Kardia la guardò stupito. Osservata?
“Se verrai presa ti toccherà recitare su di un palco, molte più persone ti guarderanno… Ti preoccupi di questi scemi?”
Molte occhiatacce arrivarono al ragazzo… Non aveva parlato troppo piano, ma almeno uscì un sorriso ad Hydra.
“Come si chiama il tuo copione?”
“Antares…”
“Sembra figo. Non ne capisco molto… Ma scommetto che sarai bravissima.”
“No, non…Credo che…”
Kardia aveva sempre odiato le donne insicure, che si mettevano a fare mille domande e mille preoccupazioni… Tuttavia stavolta era diverso. Più Hydra si preoccupava, più a lui dispiaceva e dava un senso di fastidio? No…Lo avrebbe definito malessere.
La guardò ancora leggermente agitata, era diversa dalla prima volta che l’aveva vista. Più stai con una persona e più scopri sfumature di essa… E dire che erano soltanto amici.
Per poco, ancora.
Le prese il viso fra le proprie mani guardandola negli occhi, se per paura o per stupore, Kardia, si accorse che Hydra si era paralizzata. Fu leggermente divertito a quella reazione ma non se ne curò,  si abbassò arrivando a sfiorare le labbra della ragazza con le proprie e, dopo qualche secondo si allontanò soddisfatto.
Hydra lo guardò…cosa?...COSA?! Che diamine aveva combinato?! Cioè le aveva fatto prendere un colpo, le si era avvicinato con tutta la sensualità del mondo, le aveva sfiorato le labbra e… Si era allontanato? La prendeva in giro? Che significava? Le doveva una spiegazione!
Kardia sorrise.
“Il resto… Solo se superi il provino. Altrimenti nulla.”
Ad Hydra caddero le braccia.
 
“Un caffè, grazie.”
“Subito.”
Kiki sorrise prendendo l’ordine di Albafica. Gli era troppo simpatico, si conoscevano soltanto di vista e rapporto parrucchiere-cliente, ma ogni volta poteva parlargli liberamente… Chissà che genere di ragazzo era. Un po’ gli ricordava Mu, quell’aria da fratello maggiore gliela dava…
Albafica guardò Kiki andarsene. Magari Aphrodite avesse avuto un lavoro come il suo… E invece no, giocava a fare il disoccupato andandosene in giro, a bighellonare. E purtroppo gli avvenimenti degli ultimi giorni lo facevano preoccupare. Molto.
Decise di distrarsi accendendo la connessione dati. 57 messaggi.
1-E quella sarebbe la tua amica?! Ma sembra abbia diciassette anni!
2-Ma guardala, non ha neanche i capelli decenti, con te! Un parrucchiere!
3-Si vede che sta con te perché le piaci.
4-Ma io dico, andare ad un appuntamento con una ragazza con questo caldo…
5-Poi ha l’espressione da scema
Continuarono altri scleri fino a quasi l’ultimo
55- sto scherzando non dirle niente…
56- davvero mi vergogno di me stesso
57- sul serio chiedile scusa!
Albafica scoppiò a ridere, poi decise di rispondere. Non era da lui fare una cosa del genere ma, se anche Hydra era riuscita dopo anni ad aprirsi con qualcuno, era ora che anche lui provasse a far crollare quella barriera che aveva eretto fra se stesso ed il mondo. 
:)
 
ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Oh cielo, Alba ha risposto con una faccina! Domani crolla il mondo! Comunque per il resto che possiamo Dire…finalmente Kardia e Mu sono diventati amici ufficialmente ed il caro scorpione ha motivato per bene Hydra, che dite ce la farà a passare il provino? E che genere di spettacolo è secondo voi?
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 18
*** Mi-Re ***


Capitolo 18 –  Mi- Re

 
Il grande teatro era vuoto, sul palco vi era soltanto l’enorme pianoforte a coda, nero splendente.
Davanti ad esso, seduto sullo sgabello e pronto a suonare una magnifica melodia, Asmita osservava gli ottantotto tasti.   Cinquantadue bianchi, trentasei neri.
Da quanto non si fermava ad osservare in quel modo lo strumento del suo lavoro? Lavoro poi? Poteva definirlo tale? O poteva chiamarla passione? Da piccolo indubbiamente lo era. Aveva iniziato per passione, aveva portato avanti gli studi perché tutti gli dicevano che era bravo, che era un talento, e si sa, a tutti piace ricevere complimenti, essere lodati, acclamati.
Sfiorò i tasti sentendo sulla pelle delle dita una sensazione gelida. Negli anni aveva provato piacere durante i suoi concerti.
Tutti applaudivano dopo ogni esibizione, ma davvero capivano cosa lui volesse esprimere con quei pochi attimi di musica? Davvero riuscivano a cogliere il messaggio che voleva dare?
Più andava avanti negli anni, e più si domandava il perché continuasse a suonare. Per chi lo faceva? Per lo spettatore? Di certo non era uno nato per compiacere gli altri… Per i soldi? Non aveva bisogno… La sua famiglia era benestante… Allora per se stesso? Ma dov’èra la soddisfazione, il senso di appagamento? Non lo sentiva, negli anni se n’èra andato, si era spento. Così come una
fiammella… Ma qual’èra stato il soffio di vento che era riuscito a spegnerla?
Proprio non riusciva a capirlo.
Forse era soltanto agitato, forse erano pensieri passeggeri. Che se ne sarebbero andati a breve...
Ma quel tarlo maledetto di insicurezza continuava a restargli in testa.
Aprì lo spartito e lo guardò. La vista leggermente annebbiata, Shion si era raccomandato di non fare sforzi inutili… Ma un pianista che non può suonare, non poteva esser definito tale.
Nel grande teatro vuoto, presto prese vita una magnifica melodia, la musica si diffondeva in quello spazio e presto l’ambiente divenne ricolmo di una stupenda armonia di  note.
La porta si aprì piano, due ragazzi entrarono parlando fra loro, Asmita sembrò non accorgersene ed andò avanti nella sua magnifica opera.
I due si sedettero in prima fila. Tutto era fantastico, donava serenità e calma…
L’espressione del biondo da serena e concentrata si fece presto preoccupata e inquieta, stava perdendo la calma e con essa  la concentrazione. Sentiva gli occhi bruciare, vedeva le note sullo spartito confondersi fra loro.
D’improvviso la melodia si interruppe bruscamente ed Asmita diede una manata, letteralmente, alla tastiera, mentre con l’altra andò a coprirsi gli occhi. Il bruciore fu troppo, e lo sforzo per concentrarsi sui tasti era stato più di quanto credesse.
 
Uno dei due ragazzi si svegliò dal sonno in cui era caduto, l’altro iniziò ad applaudire piano.
“Beethoven?”
Camus iniziò a salire gli scalini che portavano sopra il palco arrivando accanto ad Asmita.
“Chopin.”
Disse il biondo, tenendosi ancora la mano sugli occhi.
“Chateau D'ax!”
Aggiunse il terzo stiracchiandosi, avviandosi anche lui per le scale, per raggiungere gli altri due.
“Non sei divertente, Milo.”
“Eddai Asmi. Un po’ di vita…”
“Non chiamarmi Asmi.”
Milo sbuffò andando al centro del palco. Non riusciva a stare fermo un attimo, proprio non capiva gli altri due.
“Hai valutato se fare l’intervento?”
“Non vedo l’utilità di farlo, sinceramente…”
“Potrebbe restituirti la vista.”
“No Camus, no. Non potrebbe restituirmi la vista, è diverso. In parole semplici, potrebbe renderla migliore per un breve lasso di tempo… Ma dopo tornerei in queste condizioni! Che senso avrebbe?!”
Camus non rispose. Effettivamente Asmita aveva ragione, non aveva molto senso fare una cosa del genere.
“E La tua amichetta? Avevi detto che non gliene avevi parlato.”
Aggiunse Milo guardando di sotto, Camus lo prese per la giacca nera e lo tirò indietro. Non che fosse preoccupato per l’amico. Ma per quanto era imbranato certe volte, rischiava di cader di sotto e rompersi una gamba, da un metro e mezzo di altezza, ritrovarselo all’ospedale e dover andare avanti e dietro lui ogni giorno a portargli il cibo perché quello dell’ospedale faceva schifo.
“Lei…l’ha scoperto. Ora… Mi odia leggermente.”
“AHAHAHAHAHA!!!!!!!! Lei? Che ti odia?! Ma per favore!”
“E’ arrabbiata.”
“Falle un mazzo di rose rosse e si scioglie!”
Asmita guardò Milo con una faccia interrogativa. Riteneva che l’amico avesse sempre idee stravaganti e fosse sempre originale ma… Ora cosa centravano le rose?
“Perché dovrei regalarle delle rose?”
“Povera ragazza, ma seriamente non te ne sei accorto?”
“Accorto di cosa?”
“Di-“
Lo sguardo gelido di Camus bastò per far zittire Milo. Freddo e glaciale come una spada affilata che trapassava il cuore. Un brivido lo travolse e la bocca gli si chiuse in automatico.
“Milo?”
“Quello che voleva dire… E’ che forse è restata molto male e che dovresti parlarle. Lascialo perdere.”
“Forse avete ragione voi…”
 
Charu era sdraiata sul letto… Guardava il soffitto bianco senza riuscire a darsi delle risposte.
Perché Asmita le aveva mentito, proprio non riusciva a spiegarselo. Quante volte gli aveva chiesto come stava? Quante volte gli aveva chiesto se gli servisse aiuto? Quante volte si era offerta di sostenerlo? Forse non credeva in lei? Forse non la considerava abbastanza forte da affrontare quella notizia? Forse non riteneva fosse la persona adatta? O semplicemente… Non si fidava?
Prese a piangere per l’ennesima volta in quei due giorni abbracciando il cuscino e mettendosene metà in faccia in modo da ridurre al minimo il rumore dei singhiozzi.
Era difficile. Era difficile da accettare, si dicevano tutto da tanto, gli diceva tutto. Le cose più importanti, i dubbi, le domande, le confidenze, le sensazioni. Asmita sapeva tutto di lei. E lei era convinta di sapere tutto di lui.
Sapeva quanto zucchero metteva nel caffè, sapeva che odiava i film horror, sapeva che non sopportava i cibi piccanti… Credeva di essere la persona più vicina al biondo.
Ma le sue certezze erano crollate.
Era stata abbracciata da quel sentimento di amarezza chiamato delusione. La realtà non corrispondeva alle sue speranze.
‘Tutto per una bugia?’ le diceva la  sua vocina interiore.
Tutto per una bugia.
Più ritieni importante la persona e più le sue parole valgono. Lei amava Asmita. E lui le aveva mentito. Su una cosa davvero seria.
Non seppe dire quanto tempo passò a tormentarsi con domande varie, cui non trovò risposta, ma si staccò dal cuscino soltanto quando sentì il suono del messaggio al suo cellulare.
Lo prese controvoglia asciugandosi le lacrime, a fatica lesse il mittente per gli occhi appannati dato il recente pianto. Era lui.
La voglia di tirare il telefono dalla finestra fu troppa.
Voleva cavarsela con un messaggio? Voleva cavarsela con un misero messaggio? Davvero pensava che bastasse a scusarsi?
Dentro di lei nacquero sentimenti contrastanti.
Di solito era lei ad inviare un messaggio a lui, ed andavano avanti per ore a messaggiare. Si divertivano per carità. Ma da Asmita capitava raramente.
Le girava solamente le stupide catene di S.Antonio che, Asmita, credeva portassero sette anni di sfortuna.
Per una volta, forse, non era una catena. Ma la rabbia del messaggio c’èra. Dannato ragazzo almeno presentati di persona.
Decise di non lanciare il telefono e optare così per leggere il testo, lo aprì.
Appena lesse il messaggio, a Charu, le lacrime riiniziarono a scendere, le mani a tremare ma tuttavia sorrise. Pensava davvero che il biondo avesse dimenticato quel giorno…
 
“La-La-Sol-Sol-Fa-Fa-La-La-Sol-Sol-Fa-Fa-Fa-Fa-Sol-Sol-La-Mi-La-Mi-Mi-Re
 
“S-…Stupido. C’è un Mi-Re in più…”
Rise asciugandosi le lacrime, poi strinse il telefono fra le mani. Avrebbe pensato successivamente a come farla pagare ad Asmita.
Prima sarebbe stato meglio ascoltare i motivi…
 
 
Qualche giorno dopo si incontrarono al Lost Canvas. Charu aspettava con ansia quel momento ma allo stesso tempo aveva anche una gran paura.
Cosa le avrebbe detto Asmita? E se i suoi dubbi fossero stati realtà? Se le avesse detto che non si fidava di lei? Se la avesse detto che non la riteneva all’altezza? Scacciò dalla testa i brutti pensieri guardando l’orario. Quel dannato era in ritardo di mezz’ora. Cavolo ma di solito erano le donne che si facevano aspettare!
Guardò la porta e finalmente vide il biondo entrare con tutta la calma del mondo. In mano teneva una piccola borsetta color rosa con un fiocchetto. Cercò con lo sguardo il tavolo a cui era seduta l’amica e si diresse verso esso.
“Scusa il ritardo.”
Si sedette davanti Charu posando sul tavolo la borsa rosa. Charu non rispose restando con espressione abbastanza contrariata. Era felice di rivederlo, ed era felice che per una volta l’iniziativa l’avesse presa lui ma l’arrabbiatura restava.
Iniziò a fissare il tavolino senza dire una parola. Sentiva una pressione pazzesca fra di loro, ma probabilmente era la sola a sentirla, Asmita sembrava così calmo…
“Questo è per te…”
Il biondo spinse verso la ragazza la borsa sul tavolino. Charu la guardò dubbiosa… Voleva cavarsela con un regalo?
“Cos’è?”
Asmita non rispose. La curiosità era troppa, Asmita aveva sempre avuto dei pessimi gusti e tutti i regali che le aveva fatto per i compleanno erano finiti nel cestino, franne quando aveva chiesto esplicitamente un invito fuori a cena… Cosa ci sarebbe mai stato in quella busta?
Piano l’avvicinò infilando la mano dentro estraendone il contenuto. Una busta da lettere, con la firma di Asmita.
“…Mi prendi in giro?”
“Aprila.”
Charu sbuffò annoiata, ma la prendeva in giro? Cos’èra quel comportamento? Non aveva mai fatto giochi simili… Non era da lui!
Osservò la firma di Asmita. Elegante e delicata come sempre… Sorrise al vederla. Dopo un attimo aprì la busta.
Vide il contenuto e aprì leggermente la bocca per la sorpresa.
“Asmita, cosa sta a significare?”
“E’ un biglietto per un mio concerto, fra cinque mesi.”
“Questo lo vedo!”
“Per il mio ultimo concerto.”
Asmita calcò la parola ultimo mentre Charu cadde nella disperazione. Ultimo? L’ultimo concerto di Asmita? Si era impazzito? Sperava davvero di aver sentito male.
Lo guardò con un mezzo sorriso in cerca di una smentita. La smentita non arrivò, sul volto del biondo vi era un’espressione seria e pacata.
L’ultimo. Voleva buttare all’aria tutto? Anni e anni di studio? Anni e anni di sacrifici? Voleva arrendersi così? Asmita voleva lasciare il mondo della musica? Perché?
Lei non ci aveva nemmeno provato ad inserirsi in quel mondo ed aveva scaraventato il flauto dalla finestra dopo l’esame di musica… Ma lui, lui ne era stato in grado. Aveva ricevuto tutto. Ce l’aveva fatta. Perché voleva mollare?
“Asmita…Perché?! Sei impazzito?!”
“Charu. Calmat-“
“Non dirmi di stare calma!”
Charu batté una mano sul tavolino arrabbiandosi di più, come poteva pretendere che ritrovasse la calma dopo la notizia appena ricevuta? E poi su…Asmita caro, si sa. Non si deve mai dire ad una donna arrabbiata: calmati.
“Charu…E’ una questione delicata. Vorrei parlartene con calma.”
La ragazza lo guardò malissimo poi si sedette composta in attesa che iniziasse la spiegazione.
“Come sai… Sto perdendo l’uso della vista.”
“Sei un idiota! Un cretino! Uno sciocco! Mi hai sempre detto che andava tutto bene! Ed ora salti fuori che stai perdendo la vista! Perché non me lo hai detto?!”
Asmita allungò una mano fino a toccare quella di Charu e le sorrise leggermente. La ragazza sussultò appena al contatto. Doveva ricordarsi di essere arrabbiata, ma non era da Asmita fare gesti così “intimi” cioè, da persone normali.
“Mi hanno proposto un’operazione agli occhi che può temporaneamente stabilizzare la vista.”
Charu guardò di scatto Asmita. Una speranza, avrebbe potuto continuare a vedere, i colori, la luce, il suo volto. I bellissimi occhi di Asmita sarebbero rimasti aperti ancora per molto allora?
“Ho rifiutato.”
“Cosa?! Non ha senso!”
“Non ha senso farla. Ricorda che devo subirla io, e non tu.”
Effettivamente aveva ragione. C’èra da mettere in conto la paura, il dolore e la percentuale di riuscita… Però, secondo lei, sarebbe stato meglio farla.
Non sopportava il fatto che Asmita non l’avrebbe più vista. Come si sarebbe abituata a stare con lui senza poter essere vista? Abbassò lo sguardo.
Asmita si alzò dal proprio posto andando a sedersi in quello accanto alla ragazza.
“Cosa centra con il fatto che lascerai il piano…”
“Non riesco a concentrarmi sui tasti…”
“Ma per favore Asmita…Non prendermi in giro, esistono pianisti che esercitano senza l’utilizzo della vista.”
Asmita sospirò.
“Touchè…”
Per un attimo il silenzio li avvolse. Di solito era Charu a prendere la parola in momenti come quelli, tuttavia quel giorno non aveva la minima intenzione di sferrare voce. Asmita non se lo meritava.
Era stato crudele con lei. Con lei che lo aveva sempre aiutato.
“Io… Non me la sento più.”
“Eh? Non te la senti? Cosa sei un vecchietto?”
“Non mi diverto Charu. Non mi appaga, non mi coinvolge più come una volta…Ricordo che, a fine concerto, sentivo chiaramente l’emozione e potevo dire: si, ho fatto qualcosa di cui vado fiero. Ma ora… Mi sembra di farlo solo per dovere... Sento di essere costretto da qualcosa più grande di me e non mi piace, voglio dedicarmi ad altro…”
“Asmi-!“
“Ormai ho preso la mia decisione.”
Charu provò a ribattere di nuovo, ma l’espressione sul volto di Asmita le fece cadere tutte le possibili accuse. Serena e calma, ormai non poteva smuoverlo nemmeno con la forza.
“Solo una domanda… Perché non mi hai detto della tua vista…”
Il biondo le sorrise dolcemente accarezzandole una guancia. Quei gesti non erano da lui ed era la prima volta che Asmita si ‘spingeva così oltre’, stava facendo davvero sul serio per farsi perdonare, Charu arrossì fino alla punta della orecchie e deviò lo sguardo per non incrociare gli occhi blu di Asmita.
“Non volevo vederti piangere…”

ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Owwww, quanti shippatori della Asmi x Charu? Siete stati contenti in questo capitolo? Beh, Charu si... O meglio. Arrabbiata come una serpe ma alla fine il bel biondo si è fatto perdonare xD. Chissà come finirà fra questi due eh? Pronostici, ditemi ditemi che sono curiosa!
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!
 

 
 
 

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Capitolo 19
*** Bloody Rose ***


Capitolo 19 –  Bloody Rose
 
 
Albafica entrò nell’ appartamento chiudendo la porta dietro di se.
Si fermò un attimo ad osservare il salotto. Silenzio. Solo silenzio. Per un attimo gli parve di rivivere quei momenti in cui Aphrodite non c’èra. Tuttavia non era così… Sorrise amaramente al ricordo di quando suo fratello era entrato per la prima volta in quel luogo.
***
“Eccoci. Ti ricordi adesso?”
Chiese Albafica, con mezzo sorriso, ad Aphrodite, il quale reggeva in mano la borsa dei vestiti e delle cose che gli erano state portate in ospedale. Si guardò intorno spaesato, cos’èra quella sensazione?
Il posto lo aveva visto di sicuro, c’èra stato di sicuro, forse… Ma era la sua casa? Fece qualche passo sedendosi sul divano.
“Aphrodite?”
Albafica andò a sedersi accanto a lui. Era scosso, uscito dall’ospedale quel giorno. Era normale che fosse ancora mezzo shoccato.
“Alba…”
“Cosa?”
“Ha sempre odorato così tanto di fumo?”
Il più grande restò sorpreso. Che voleva dire? Gli stava rinfacciando il suo unico vizio? Lavorava, un lavoro di tutto rispetto! Gli era stato accanto ed ora suo fratello si permetteva di dire che casa puzzava di fumo?!
“Cosa. Vuoi. Dire?!”
Il più piccolo si guardò intorno con espressione annoiata, sembrava cercasse qualcosa con lo sguardo, ma nemmeno lui sapeva dire cosa.
“Non ricordavo esattamente questo… Profumo.”
“Ti faccio vedere la tua camera. Sei stanco.”
***
Albafica tirò le chiavi della macchina sul mobile andando a sedersi sul divano. Quanto tempo sarebbe ancora stato tranquillo? Era sicuro che presto avrebbe rivisto la brutta faccia di quel deficiente. E non sarebbe finita bene. Chiuse gli occhi rilassandosi.
“Alba.”
La sua quiete durò poco.
“Cosa…c’è.”
“Porto Margot dal veterinario.”
“Va bene.”
Ci fu un attimo di silenzio nel quale soltanto il respiro dei due, e le fusa di Margot, si sentirono nella stanza. Albafica sospirò irritato guardando poi Aphrodite con la gabbietta della gatta in mano.
“Perché sei ancora qui?!”
“Sgancia i soldi.”
“E’ la tua gatta!”
“Però me l’hai regalata tu!”
Albafica provò a ribattere arrabbiato, poi fece un respiro profondo e diede i soldi ad Aphrodite.
“Ricordati che è alla settima fermata, ed il bus è il 432. Non fare confusione come tuo solito, che non vengo a riprenderti stavolta.”
“Figurati.”
 
Aphrodite salì sul bus e, dopo aver preso posto, seguì l’esempio di Margot, addormentandosi… Soltanto quando l’autobus ebbe una specie di violento spostamento, ed Aphrodite batté violentemente la testa contro il finestrino dietro di lui, si svegliò all’improvviso.
‘PROSSIMA FERMATA - PIRAHNA’
Aphrodite sbarrò gli occhi…Pir-che? Passò lo sguardo alla donna accanto a lui, lunghi capelli argentati ed un bambino di pochi mesi in braccio… Avrà avuto sui trent’anni lei.
“Mi scusi. Che fermata è?”
La donna rivolse uno sguardo dolce ad Aphrodite, sorrise e dopo essersi aggiustata i capelli gli rispose con garbo.
“La nove.”
“….Del bus 432, vero?”
“Siamo nel 233…. Credo che tu abbia fatto confusione.”
Il veicolo si fermò e le porte si spalancarono. Aphrodite afferrò la gabbietta di Margot, che si lamentò con un sonoro “MEOW” e scese di corsa.
Cosa poteva fare adesso? Perso, con Margot.
Avrebbe portato alla morte persino la sua gattina. Chiamare Albafica non se ne parlava! Sarebbe stato troppo umiliante.
Iniziò a camminare sul marciapiede tenendo stretta la gabbietta della micia.
Il leggero venticello che tirava, riusciva a scompigliargli i capelli mandandoglieli in faccia…Facendo una smorfia li aggiustò dietro l’orecchio, in modo che non gli dessero fastidio…
Non girava troppa gente. Niente bambini che urlavano e strepitavano, ed il che lo allietava, odiava i rumori soprattutto le strilla dei bimbi viziati.
L’attenzione gli cadde sulla strada asfaltata, si vedevano chiaramente le buche che erano state coperte da poco. Chi aveva fatto il lavoro era stato così intelligente da usare due colori diversi…
Mah…
Andò avanti e… Si ritrovò davanti ad un incrocio. Gli venne in mente il sogno che aveva fatto tempo prima…
Non era proprio uguale, le buche erano rattoppate e vi erano dei vecchietti che lo guardavano storto ma… Il luogo sembrava coincidere… Guardò piano nella direzione della strada con la breccia.
Insicuro.
Forse se il sogno si era interrotto a quel punto un motivo c’èra, forse se era stato avvolto dal nero un motivo c’èra. Forse se-
“MEOWWWW!!!”
Margot saltò fuori dalla gabbia con una facilità impressionante, la rete andò giù come un castello di carte, ed Aphrodite restò a guardare la gatta che correva nella direzione della stradina con la  breccia. La sua attenzione andò poi alla gabbietta.
“Maledetto Albafica, Aveva detto che l’aveva aggiustata!”
Aphrodite guardò la sua gattina andare dritta per la strada, era curioso anche lui di vedere come continuasse quel vialetto, di vedere se era come nel sogno e, se così fosse stato, di ammirare dal vivo quelle magnifiche rose rosse… Sapere a chi appartenessero, magari perché no, farsene dare anche una.
Il buon senso tuttavia gli stava dicendo che era una cattiva idea proseguire per quella strada. Sentiva che sarebbe successo qualcosa di brutto. Quindi provò ad evitare… Si abbassò sulle ginocchia sorridendo
“Margoooooot, pssspspspspsssss, vieni da Dite <3”
La gatta si girò leggermente e, tale padrone tale micetta, sembrò guardarlo con sufficienza per poi ricominciare ad avanzare, stavolta correndo. Ad Aphrodite non restò che inseguirla… Non voleva perdere l’unico essere in grado di capirlo davvero.
Buttò la gabbietta al primo secchio che trovò, e iniziò dunque l’inseguimento all’animale e, come previsto, poco dopo, Aphrodite si ritrovò davanti alla magnifica casa che aveva sognato.
Era diversa. I muri bianchi li aveva, grande era grande, il cancello color grigio c’èra, ma le rose all’interno, non erano semplici come le aveva sognate lui. Erano rampicanti e salivano per i muri dell’abitazione, si sporse leggermente dal cancello per vedere meglio.
Quei meravigliosi fiori emanavano un magnifico profumo, che gli fece dimenticare completamente la gatta, con lo sguardo studiò per bene l’ambiente all’interno, si attaccò alle sbarre del cancello cercando di vedere meglio.
E vide Margot. Dormire tranquilla sul cornicione della finestra.
“Vieni via da li!”
“Questo dovrei dirlo io…”
Aphrodite si girò di scatto scansandosi dal cancello, sorpreso e sconcertato, si ritrovò davanti Aiolos con mezzo sorriso sulle labbra. Ed un’espressione allibita.
“Che ci fai tu qui?!”
“….Questo dovrei dirlo io.”
Ripetette ironico Aiolos, aprendolo con il telecomando automatico, per poi entrare.
“Ancora abito a casa mia. Ti manda Regulus?”
“No, io e lui non stiamo più… Margot!”
“Margot?”
Aphrodite superò Aiolos di corsa andando a riprendere la gatta che, svegliata bruscamente dal suo sonno, gli soffiò piano in maniera ‘maleducata’.
“Come osi?!”
“Se la chiami con quell’orrido nome, è ovvio che ti soffia…”
Con una leggera smorfia, Aiolos, si diresse verso l’entrata facendo girare la chiave  in senso antiorario. La porta si aprì.
“Ma…”
“Si.”
“Oh…”
“Già. Vuoi entrare?”
Non era molto propenso al dire si, quel tizio non gliela raccontava giusta. Non aveva una faccia rassicurante, per niente. Restò a guardarlo stringendo in braccio Margot.
L’unico motivo per cui non se ne era ancora andato erano le rose.
“Vuoi rispondermi si o no?!”
“Va bene!”
Gli unici aggettivi che ad Aphrodite vennero in mente appena entrò, e vide la casa, furono due: elegante e raffinata. Tutto, o quasi, era molto elegante e si notava che la scelta era stata fatta con cura.
La maggior parte dell’arredamento era in mobili d’antiquariato, il colore variava dall’oro al marrone…Soltanto un mobile, per Aphrodite, stonava.
“Certo che quella libreria è proprio orribile… Disdice completamente con tutto.”
“Tu pensa, è l’unico mobile che in questa casa ho scelto io…”
“Oh, tua moglie ha buon gusto.”
Aiolos si sedette sul divano ridendo. Aphrodite lo guardò come se fosse matto. Cos’aveva da ridere? Gli faceva un complimento e si metteva a ridere?
Margot si liberò dalla presa del proprietario e con un balzo saltò sulle gambe di Aiolos.
Il turchino, quando la sua gatta iniziò a venir accarezzata, guardò fin troppo male l’altro. Come OSAVA mettere le sue manacce sulla sua bellissima Margot? Solo lui poteva toccarla! Ma soprattutto… Perché gli era saltata sulle gambe? Nemmeno Albafica riusciva a toccarla, e lui spesso le dava da mangiare, com’èra possibile che da lui, che era la prima volta che la vedeva, fosse riuscito ad entrare nelle grazie di Margot così facilmente…Forse era un veterinario?
Aiolos guardò la faccia sorpresa e, visibilmente irritata, di Aphrodite. Era naturale lo fosse. Quando la tua amata gatta salta in braccio ad uno sconosciuto, e comincia a fare l’affabile… Ci rimani un po’ male.
“Sorpreso?”
“Che cosa hai fatto alla mia gatta?”
“Tua? Oh giusto. Anche questo te l’ha detto Albafica vero? Come l’hai ricevuta Margot? L’ha salvata dai cani in strada? O trovata nella spazzatura? Quale eroica bugia ti ha rifilato?”
Mentre Aiolos continuava il suo monologo, Aphrodite sentiva nella sua voce tristezza. Tristezza ed un profondo odio, un grandissimo odio. Come conosceva suo fratello? Gliene aveva parlato Regulus anche di quello? Che senso avrebbe avuto odiarlo così?
“E’ stato il mio regalo a diciotto anni….”
“Ahahahaha! Ma per favore!”
Si alzò all’improvviso facendo scappare la gatta lontano.
“Quell’essere peloso te l’ho regalato io! E non si chiama assolutamente Margot! Figurati se gli sceglievi un nome così banale!Il suo nome è Bloody Rose! –Chiamiamola Fuffy, Dite.-  - No, mi piace Bloody Rose-, Dopo una litigata di due giorni per scegliere il nome della gatta tu, te ne esci con Margot…MARGOT?!”
“Bloody…Rose?”
***
“Non puoi chiamare Bloody Rose questa gatta, chiamiamola Fuffy…o Taffy o…Bianca. Un nome corto e sintetico.”
Disse Aiolos, guardando Aphrodite abbassato sulle ginocchia, che faceva i grattini sulla pancia all’animale ancora piccolo.
“Non ci penso nemmeno a dare nomi così banali a questo splendido esserino, guarda com’è bella! Ha un pelo davvero lucente e le sue zampine sono così rosa.”
“Mi sembri diventato idiota con quella dannata gatta…”
“Shhh, Bloody Rose, non ascoltare quel signore cattivo.”
Aiolos spalancò la bocca sentendo quelle parole. Signore cattivo? Lui? Come si permetteva? Dopo che gli aveva regalato un gatto, costato anche discreti soldini, almeno aveva il diritto di scegliere il nome!
“La chiamiamo Tata. Prendere o lasciare.”
“Bloody Rose.”
“Bianca.”
“Bloody Rose.”
“Bianchina.”
“Bloody Rose!”
“Meow!”
Entrambi guardarono la micia che si stava rotolando a terra. Ad Aphrodite venne un’idea ‘geniale’.
“Aiolos. Ma perché non facciamo scegliere a lei?”
“Come fa un gatto a scegliere?!”
“Tu starai ad una certa distanza a sinistra, io a destra. Se viene dalla tua parte la chiameremo bianca. Se viene dalla mia Bloody Rose.”
“Ci sto!”

Si sarebbe affidato alle probabilità, sarebbe stato al 50 e 50… Pensava.
Si allontanarono della stessa distanza dalla gatta e si abbassarono entrambi sulle ginocchia.
“Vieni qui, biancaaa, bianchinaaa.”
Lo sguardo della gatta volò su Aiolos e girò il corpo per andare verso di lui…Ma un rumore la fece girare dall’altra parte e quando si girò, le brillarono gli occhi.
“Non vale, Aphrodite!”
Aphrodite aveva preso una propria ciocca di capelli e la stava facendo ondeggiare piano piano….avanti e dietro, avanti e dietro…la micia era come ipnotizzata da quel movimento. Puntò i capelli e, in uno scatto, si lanciò nella direzione del più giovane.
Ovviamente i capelli furono portati in salvo prima che i piccoli artigli dell’animale potessero anche solo sfiorarli.
“Come sei brava…Bloody Rose.”
***
“Io non ci credo… E’ uno scherzo, una fantasia!”
Guardò Aiolos poco lontano da lui. La stramaledetta persona… Era lui? Gli mancò leggermente l’aria. Si aspettava qualcuno di… Diverso. Più giovane sicuramente. Più lo guardava e più iniziava a trovargli difetti, più ragionava più non trovava connessioni con quell’uomo. Da tempo gli girava intorno e se lo ritrovava appresso, ma non credeva davvero che potesse avere qualche legame…
“Non…non capisco, che devo fare…”
Aiolos si avvicinò piano guardandolo comprensivo. Era naturale fosse spaesato. Anzi, spaventato. Ritrovarsi all’improvviso una marea d’informazioni che ti fanno cadere tutte le certezze che ti sei, che ti hanno, costruito… Non è facile.
Ma voleva fargli ricordare, lo rivoleva per lui, e doveva sapere la verità. Tutta.
“Devi soltanto ricordarti di me…”
ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Bene, se siete arrivati fin qui… Credo che smetterete xD Ahahahah! Ora che avete scoperto la coppia immagino che abbandonerete la fict poiché vi fa vomitare la ship. Eh lo so… Il caro Los è un po’ difficile da vedere con Dite. Ma io sono innamorata di questa coppia. Non so perché.
Se siete rimasti delusi mi dispiace molto, chi vi aspettavate? Sospettavate che era lui? Mi farebbe piacere saperlo.
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!
 
 
 
 

 
 

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Capitolo 20
*** Terrore ***


Capitolo 20 – Terrore
 
Panico.
Soltanto questa parola poteva descrivere  lo stato in cui si trovava Albafica.
Aphrodite doveva già essere tornato da un pezzo a casa, o meglio, da un giorno.
Cosa che ovviamente non era accaduta. Dove diavolo era finito quell’incosciente? Si era fatto rapire? Succedeva spesso che tardasse, ma non che non rientrasse per la notte! E soprattutto, quando ciò accadeva, SE accadeva, avvisava sempre con uno stramaledettissimo messaggio. Era davvero sul punto di chiamare la polizia…
Anche se ormai il loro rapporto si era sgretolato… Era pur sempre suo fratello, non il primo che passava. Doveva avvisarlo…
Gli sembrava di essere tornato indietro, ai primi tempi in cui Aphrodite aveva conosciuto quel bastardo. Lui. Tutta colpa sua. Era soltanto per colpa sua se adesso non c’èra più il legame di un tempo.
Si sentiva il punto di riferimento, qualcuno di importante, sapeva che per ogni consiglio era il primo da cui Aphrodite sarebbe corso, e lui sarebbe stato felice di aiutarlo.
Ma da quando era arrivato ‘quello’… Tutto era cambiato. Suo fratello si era allontanato, si sentiva ignorato, dimenticato… Sostituito.
Aiolos aveva la sua stessa età, anzi, un anno in più, lavorava ed era stramaledettamente sempre disponibile nei confronti di Aphrodite. Va bene, ci aveva provato ad accettarlo, con tutto se stesso. Seriamente. Ma come vedeva la sua faccia… Non poteva fare a meno di fare un’espressione schifata e provare un odio profondo verso di lui. Avrebbe dovuto rispettarlo per l’età? Il caro padre gli diceva sempre – Alba, ricordati di rispettare i più grandi di te!-
Ma al solo pensare che Aiolos avesse preso il suo posto, gli faceva provare un senso di vomito non indifferente, sentiva le budella attorcigliarsi e la rabbia aumentare.
Dal suo cellulare arrivò la notifica di un messaggio. Si sbrigò a prenderlo. Finalmente quello screanzato di suo fratello lo avvisava? Appena a casa si sarebbe beccato tanti di quegli schiaffi che se li sarebbe ricordati fino alla morte.
Lesse preso dalla collera.
-E’ a casa mia. Anzi, sua.-
Se le chiamate per un numero si potevano bloccare, per i messaggi ancora era impossibile, almeno col suo cellulare. In un primo momento, Albafica, non realizzò il senso del messaggio. Poi guardò il numero. A quel punto gli si gelò il sangue nelle vene e probabilmente sbiancò facendo concorrenza a un lenzuolo.
Iniziarono a tremargli leggermente le gambe e dovette appoggiarsi a una sedia per mantenere l’equilibrio. Due anni di tranquillità, pace e serenità… Sarebbero volati via così?
Aiolos si stava riprendendo suo fratello, sotto ai suoi occhi? Stava venendo sostituito ancora? Eppure aveva fatto un buon lavoro… Credeva.
***
“Hakurei, devo chiederti un favore personale.”
Il sopracitato si tolse gli occhiali mettendoli nella tasca del lungo camice bianco. Aveva una brutta sensazione. Comunque decise di ascoltare avvicinandosi al giovane amico.
Albafica era sicuro. Voleva togliersi di torno una volta per tutte Aiolos, sarebbe stata l’occasione perfetta, ed Hakurei, non avrebbe potuto dire di no. Glielo doveva.
“Mentre mio fratello è all’interno di questo ospedale… Non farli incontrare per alcun motivo.”
“Albafica… Cos’hai in mente?”
“Lui ha rovinato tutto, devo riportare alla normalità la situazione con Aphrodite, e per farlo… Devo cancellare completamente l’esistenza di quel dannato. Se non si ricorderà di lui tornerà tutto come prima.”
“Spero tu stia scherzando! E’ un discorso da pazzi!”
“Sono serissimo invece.”
 “Non puoi chiedermi una cosa del genere, è ingiusto. E ti pentirai di questa scelta.”
Il più giovane si girò e, con sguardo serio, guardò il medico. Da una parte si sentiva in colpa. Ma dall’altra parte quest’accaduto era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
“Te ne prego Hakurei.”
***
Giusto, Hakurei. Poteva parlare con lui, sapeva che l’avrebbe riempito d’insulti e simili… Ma era pur sempre un medico ed un amico. Avrebbe sicuramente saputo cosa consigliargli.
 
 
Aphrodite si guardò allo specchio dalla grande camera. Aveva finito col restare da Aiolos, si era fidato di lui, si era di nuovo abbandonato a qualcuno che non conosceva. Anche se stavolta la sensazione che gli aveva data era diversa… Aveva finito col dormirci insieme. Era chiaro che non ci avesse fatto niente! Mica andava col primo che passava, lui.
Gli sembrava sincero, quegli occhi verdi gli trasmettevano un senso di calma e gentilezza… Tuttavia, quel tipo che sembrava tanto tranquillo e pacato, per due volte era riuscito a zittirlo in un attimo.
Avrebbe voluto scoprire di più, sapere di più. Come si  erano conosciuti? Chi era stato a dichiararsi? Quante volte lo avevano fatto…
Al pensiero arrossì leggermente, spiaccicandosi una mano in fronte. Aveva ventidue anni! Non era più una dodicenne! Era anche normale pensare cose simili.
Chiuse gli occhi respirando lentamente. –Devi soltanto ricordarti di me-
La faceva facile lui…
Non aveva la minima idea di come far partire un ricordo, mica gli andavano a comando!
All’improvviso sentì due braccia avvolgergli il collo, istintivamente aprì gli occhi e vi portò di scatto le mani sopra per liberarsi, aveva già vissuto quella situazione e non era stata per nulla piacevole.
Guardò lo specchio davanti a se incrociando lo sguardo di Aiolos che lo stava abbracciando da dietro, quest’ultimo sorrise per niente intenzionato a mollare Aphrodite.
“Se ci pensi, è peggio.”
“Cosa?”
“Non so cosa tu stia pensando… Ma ogni domanda avrà la sua risposta. Te lo prometto.”
Prese con una mano il mento di Aphrodite e, piano, gli fece girare il volto quel tanto che bastava per riuscire a regalargli un delicato bacio.
D’un primo momento il più giovane rimase sorpreso, tuttavia, non si sentì costretto, come era capitato con Regulus, ma provava un senso di piacere e… Nostalgia?
Senza approfondire il bacio, l’altro si allontanò da Aphrodite, e quest’ultimo, senza accorgersene, lo guardò con uno sguardo semi contrariato. Aiolos rise leggermente divertito.
“Bravo, è così che dev’èssere…”
 
 
Durante la pausa caffè, Hakurei e Shion erano davanti alla macchinetta, ed il secondo stava guardando attentamente le opzioni fra cui scegliere. Era stata aggiustata da poco, quindi, forse stavolta non avrebbe fatto acqua sporca.
“Sai Shion? Mia figlia si è trovata un così bel giovane.”
“La cosa non mi riguarda minimamente, Hakurei.”
“E’ così idiota, stupido, ridicolo… E’ anche imbranato sai? Tutto il contrario di te.”
Shion optò per un cappuccino e, dopo che la  nuova macchinetta ebbe fatto egregiamente il suo lavoro, ritirò il bicchiere iniziando a mescolare.
“Non capisco se lo stai lodando o insultando.”
“Credo la renderà felice. Questo mi basta.”
“Non mi hai ancora perdonato…”
“Oh, Shion. Io non ti ho mai dato la colpa di nulla…Te l’ho detto numerose volte…”
Shion chiuse gli occhi appoggiandosi al muro. Era venuto a sapere dell’accaduto, sapeva anche che era stata salvata da un giovane ma ignorava chi fosse. Hakurei non si era mai sbilanciato molto nel raccontare e, naturalmente, da quel giorno, non aveva più parlato con Hydra… Sapeva soltanto il nome di quel ragazzo.
“Oh Albafica! Cosa ti porta qui? Guarda come sei ridotto. Sembra che tu stia scappando da un branco di lupi.”
Shion si girò di scatto. Albafica? Possibile che fosse proprio lui?
Albafica aveva il fiatone, le mani sulle ginocchia ed il terrore negli occhi.
“Hakurei… Avevi ragione tu….”
“Di cosa esattamente?”
“Lui…Sta ricordando.”
Hakurei sorrise. Era sicuro che sarebbe successa una cosa simile. Albafica aveva soltanto vissuto un sogno effimero, sogno non era stato poiché il rapporto con Aphrodite non era come quando erano bambini.
“Credo che dobbiamo fare una bella chiacchierata noi due…”
Gli mise una mano sulla schiena portandolo nel proprio studio.
Odore di plastica, arredamento troppo semplice, eccessivo bianco in giro…Il parrucchiere stava trovando difetti ovunque.
Ma doveva concentrarsi sul problema attuale. Che non era lo studio del dottore.
“E quindi si sono ritrovati. Che bello l’amore.”
“No! No! Devi aiutarmi!”
“Io? In che modo? Ho già fatto il possibile. E nemmeno volevo farlo. Tu hai fatto il danno e tu rimedi.”
Albafica guardò Hakurei mettendosi una mano fra i capelli. Rimediare? Come? C’èra un modo per rimediare a quella situazione? Non gli veniva in mente nulla. Il suo unico errore era stato mandare Aphrodite da solo dal veterinario. Era riuscito a cancellare finalmente quel tizio insopportabile, era riuscito a riavere suo fratello. E lo stava perdendo di nuovo.
“Gli hai costruito una vita tutta nuova, gli hai ficcato in testa cose non vere… Sei arrivato a strapparlo dalla persona che amava per puro egoismo, Albafica. Non ti rendi conto di quanto sei ipocrita!?”
Ipocrita lui? Cosa andava farneticando Hakurei? Cercava soltanto di proteggerlo. Aiolos non era sicuramente adatto ad Aphrodite. Era più grande di lui di troppi anni e l’idea che quei maledetti vivessero insieme era impensabile, suo fratello non era pronto. Lui sapeva cos’èra meglio per Aphrodite.
“Ammetti a te stesso la verità una buona volta, eri geloso che lui avesse trovato qualcuno molto prima di te! E’ un fallito in tutto e lo sai perfettamente, niente lavoro, e tu ci sei riuscito, negli studi ha sempre fatto abbastanza schifo, e tu eri brillante, non parliamo degli sport… Ma tu sei un asociale della miseria che allontana chiunque provi ad avvicinarsi un minimo! Lui aveva trovato qualcuno e tu ne eri geloso!”
“Non è vero!”
Albafica batté le mani sulla scrivania sotto lo sguardo serio di Hakurei. Non sarebbe mai stato così crudele nei confronti di  Aphrodite… Voleva soltanto il meglio per lui.
“Aiolos mi ha sostituito! Non sono più nessuno ora! Non capisci  che avevo soltanto lui?! Se mi abbandona anche lui cosa mi rimane?!”
“Quel ragazzo non può vivere con te! Ritroverà la sua vita, Fattene una ragione e fatti degli amici cavolo!!”
“Chi sarebbe disposto ad essere mio ami-“
***
“Siamo conoscenti.”
“Ma io voglio essere tuo amico, e poi ti racconto molte cose, questo si fa fra amici.”
“Si ma io non te lo chiedo, sei tu che vieni a sfogarti nemmeno fossi uno psichiatra…”
“Effettivamente di te non so nulla…racconta qualcosa.”
Il parrucchiere alzò un sopracciglio guardando Sisifo. Poi buttò fuori il fumo della sigaretta che finì in faccia al più grande
“Non racconto fatti personali a chi non è mio amico.”
***
“-co…”
“La soluzione spesso è più semplice di quanto tu creda, Albafica.”
Hakurei si alzò dirigendosi verso la porta. Non ne poteva più di sentire le lamentele del ragazzo. Glielo aveva detto in passato che si sarebbe pentito, ed ora stava subendo le conseguenze. Tutto nella norma.
“Cosa devo fare…Aiutami Hakurei.”
“Semplice. Devi dire la verità a tuo fratello, devi restituirgli la sua vita.”
 
Aiolia era davanti al computer ormai da tre ore. Continuava a controllare la pagina dell’asta dei biglietti del concerto in maniera ossessiva.
Quello a cui erano iscritti lui e Regulus in un unico account, con il nome di Leo-Ncino, era una specie di sito di vendita (quasi) illegale.
I prezzi di tutto erano stracciatissimi e nessuno osava chiedersi come la gente avesse rimediato le cose in vendita.
Ci si poteva trovare di tutto, dai televisori alle piante rare, dalle pennette usb ai libri firmati…
Da poco era uscita un’inserzione. Quell’inserzione aveva subito fatto gola a molta gente, ed i click erano saliti parecchio.
Due biglietti per il concerto di Asmita Dunia Surgawi, che si sarebbe svolto fra cinque mesi esatti.
La prevendita era iniziata da pochissimo e tutti erano già stati venduti… Sia perché Virgo era uno dei pianisti più bravi in circolazione, sia perché sul web girava voce che avrebbe fatto un annuncio importante. Forse si sarebbe sposato? Annunciato il fidanzamento? Sarebbe partito per un Tour? Nessuno lo sapeva.
Aiolia non era un grande fan di Asmita, ma Regulus si. Da giorni lo vedeva afflitto e depresso, non sapeva il perché… tuttavia lo immaginava. Sicuramente era per quella questione d’amore… E a giudicare dal comportamento, gli era andata anche male.
Da una parte si sentiva in colpa. Se quel giorno non l’avesse spedito da Sisifo? Se gli avesse dato lui qualche consiglio? Forse gli sarebbe andata meglio… Effettivamente mandarlo da un trentenne single, che pensava solo al lavoro e teneva a specchio casa… Non era stata una buona idea.
Aiolia sentì una fitta al cuore, come un velo che avvolgeva il muscolo ed iniziava a tirarlo, stritolandolo… Comprandogli i biglietti magari si sarebbe sentito meglio, si sarebbe sdebitato.
E gli avrebbe fatto bene uscire, si. Dopo una delusione amorosa non si deve restare chiusi in casa a rimuginare.
Guardò lo schermo. Cinque secondi, non ancora.
4, ancora no, doveva tenere duro.
3, arrivava il momento, mise la mano destra sul mouse.
2, il dito indice sul pulsante si preparava a fare click.
1, CLICK!
Chiuse gli occhi congiungendo le mani in preghiera.
Aveva paura di aprirli e sentiva il cuore in gola. Ma sentiva un calore vicino, era la Dea bendata che lo stava incitando?
Aprì gli occhi… Aveva vinto l’asta!
Per la “modica somma” di 278,80 € lui e Regulus sarebbero andati al concerto di Virgo. E per fortuna che quei biglietti non erano a prezzo intero…
Si trattenne dal piangere. Per molto tempo avrebbe dovuto fare a meno di andare al Lost Canvas o andare al Cinema o… Comprarsi quei bellissimi jeans che aveva addocchiato. Aiolos gli aveva detto che –Sicuramente Marin e Lifya ti morirebbero dietro, non avresti rivali!-, ma la felicità di Regulus era più importante! L’amicizia era amicizia!...E il senso di colpa era senso di colpa.
Sorrise guardando lo schermo del pc, poi toccò la parte dove vi era scritto il prezzo.
Non ce la fece. Una lacrima gli scese.
ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Capitolo interessante. Abbiamo così scoperto, dopo 20 lunghi capitoli, quale oscuro e triste e ipocrita favore aveva chiesto Albafica ad Hakurei.
Avrete inoltre capito dal messaggio che il caro Dite ed il caro Los vivevano insieme prima dell’incidente ma soprattutto vorrei una vostra opinione.
Cosa pensate del favore chiesto da Alba ad Hakurei? A voi, se capiterebbe una cosa simile… Lo fareste? E’ davvero brutto essere sostituiti da un’altra persona e qui Alba cerca di riportare tutto alla normalità, i piani gli sono andati storti… Dai, capita…
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!
(Continuate a seguirmi, il prossimo sarà il penultimo!)

 

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Capitolo 21
*** Addio ***


Capitolo 21 – Addio
 
Cinque lunghi mesi ormai erano passati e, come predetto da Kardia, Hydra era stata presa per la parte.
Da un lato era davvero felice per lei, dall’altro meno… Ogni giorno per i primi giorni, l’aveva aiutata ad imparare la parte e non ci era voluto molto, si era immedesimata molto e subito le battute le erano entrate in testa, ma Kardia già alla terza volta che aveva sentito tutto non ce la faceva più.
Ed era andato aventi per tre giorni. Quello spettacolo gli toglieva tempo! Poi aveva avuto la magnifica idea di farle conoscere Shura, oh se era stata una magnifica idea quella!
Dopo l’imbarazzo reciproco fra i due, era subito nato un fantastico rapporto di amicizia, e il ruolo di aiutante nel “risentire” e “provare con lei” era stato gentilmente appioppato al povero studente più giovane.
Non poteva dire di no ad una povera fanciulla, si vergognava.
  • Shura! Se fai così con una che non conosci, come ti comporterai con Emma?-
E Shura ci aveva creduto. Kardia si era ritrovato così sul divano, con un sorriso gentile, coda alta con due ciuffi che gli ricadevano davanti (pettinatura usata per il caldo) a guardare entusiasta i due.
Oh come si sentiva bene li, a non far niente. Aspettava soltanto il minuto che i due finissero per poi scansare il coinquilino e prendersi da parte Hydra.
“Non è possibile! Non puoi essere tu! Non….non ci credo!”
“Invece si. Devi fartene una ragione. Lebez si avvicina.”
“Ti prego…non dirmelo così…io, io non ci sto capendo più niente… La mia natura non mi permette di amare…”
“Questo è ciò che ti hanno fatto credere. Tu puoi amare Ley.  Io ti ho creato così. Lebez guarda con occhi languidi Ley.”
Kardia scoppiò a ridere rumorosamente tenendosi la pancia. La faccia di Shura era talmente inespressiva che avrebbe fatto concorrenza ad un sasso e nemmeno fra trecento anni avrebbe imparato un minimo di recitazione…
Povera Hydra, quasi si sentiva in colpa ad averla abbandonata ad uno così.
“Shura… Le frasi che trovi scritte fra gli asterischi devi farle, sono le azioni. Non leggerle.”
“La recitazione è più difficile di quanto mi aspettassi.”
“E’ l’ennesima volta che te lo dico…”
“Beh so che per gli spettacoli si prova e si riprova no?”
Shura si sedette accanto a Kardia decidendo che no, la recitazione non faceva affatto per lui.
Hydra li guardò sconsolata ma anche divertita, prese il copione e se ne andò nella camera di Kardia. Ormai molto tempo lo passava li, e…si vedeva. Soprattutto dall’aspetto della casa.
Era diventata notevolmente più ordinata, e si era capito anche dal regime alimentare dei due ragazzi… Se prima andavano a surgelati e cinese, paella e pizza, adesso Hydra aveva insegnato a cucinare piccole cose ai due…Certo, si sentivano ridicoli mentre imparavano, ma se volevano avere una dieta equilibrata e decente… Gli toccava. La ragazza aveva sentitamente specificato – Io non vi farò nulla. È casa vostra, al massimo vi imparo-. E così era successo.
Kardia raggiunse la fanciulla chiudendo la porta.
Probabilmente stare con lei era la cosa più bella che gli era capitata, ma col cavolo che gliel’avrebbe mai detto. Mica era un tipo così smielato lui. Magari un giorno, se avesse fatto una cavolata di dimensioni colossali, si sarebbe giocato quella carta e sarebbe stato sicuro che Hydra l’avrebbe perdonato.
Però… Ora che ci pensava… Con Hydra c’èra finito. Ma in questo modo aveva perso la scommessa con Degel. Maledetto psichiatra del cavolo. Fece una smorfia contrariata avvicinandosi alla ragazza.
“Cos’è, non ti piace il vestito…?”
“Eh…Si, si… Pensavo soltanto, cose superflue tranquilla.”
Kardia attirò a se Hydra prendendola per la vita, sperando di sorprenderla fece un ghigno compiaciuto.
Tuttavia ci rimase male quando quella abbassò lo sguardo. Come osava soltanto non guardarlo in volto? A lui? Abbassare gli occhi? Tsk! Offeso le prese il mento alzandole il viso.
“Beh? Si può sapere che hai? Che è quella faccia demoralizzata?
“E’ domani.”
“E sarai bravissima, ma se fai così fai deprimere anche me.”
“Verrà un sacco di gente… Prima del nostro spettacolo c’è l’esibizione di Virgo. Ci sarà il pienone.”
Leggermente sconsolata sorrise amaramente. Sarebbe stata dura tenere uno spettacolo subito dopo l’esibizione di Asmita.
Esserne all’altezza sarebbe stata una sfida, avrebbe messo una grande pressione addosso…e soprattutto il pubblico si sarebbe aspettato grandi cose.
“Nessuno si aspetta che tu ti metta a volare. Fai quello che sai.”
“Ma…”
Si abbassò leggermente baciandola, finalmente. Erano poche le volta che ci riusciva, con la stramaledetta scusa dello spettacolo e con Shura in giro per casa, aveva dovuto trattenersi e stare alla larga da lei… E porca miseria erano i primi tempi che stavano insieme! Ma probabilmente era meglio così… Se per lui era uno strazio non poter avverare i desideri carnali, probabilmente per la ragazza avrebbero corso troppo.
Kardia avanzò spingendo Hydra, facendola così inciampare e finire sul letto cadendole sopra, dall’espressione non sembrò molto convinta, tuttavia il rossore le avvolse completamente il volto.
“Shura…”
“Se ne starà buono di la.”
Kardia iniziò a slacciarle la camicetta celeste che indossava, adorava le camicette, erano semplici e veloci… Da togliere.
“Non credo sia una buona idea…”
Gli mise una mano fra i capelli cercando di allontanarlo, i risultati furono vani. Kardia non aveva la più minima intenzione di abbandonare il suo obiettivo.
Le mise un dito sotto il reggiseno pronto per sfilarlo via. Si, Hydra era diversa dalle altre, ma non per questo sarebbe stato ai suoi capricci.
Poi vederla li, sotto di lui con quel viso tutto arrossato…La rendeva così indifesa e…bella.
Stava quasi per abbassarsi su di lei e lasciarle un nuovo bacio, ma fu interrotto dalla porta che si aprì.
Lo sguardo dei due  volò immediatamente all’invasore. Shura aveva aperto la porta con la più minima indifferenza e li guardava spaesato.
Gli occhi di Hydra divennero furenti e guardarono Kardia con un’espressione che il ragazzo non aveva mai visto.
“-Se ne starà buono di la.-”
“Oh…continuate pure, tranquilli…”
Lo sguardo omicida se lo beccò anche Shura…
 
 
“Quindi…Oggi tornerai da lui?”
Aiolos, seduto sul divano, guardava Aphrodite sorseggiare del tè in una bellissima tazza di porcellana.
“Sono passati cinque mesi, sarà ora di farmi vivo. E poi sei tu che sostieni che dev’èssere lui a raccontarmi tutto...”
Il moro abbassò lo sguardo. Aveva cercato di fargli rimandare il più possibile la partenza per tornare da Albafica, sapeva che sarebbe arrivato il momento in cui Aphrodite avrebbe fatto ritorno, almeno per farsi spiegare da suo fratello.
Ma non voleva, non lo voleva lasciarlo andare. Non di nuovo. Quel dannato era riuscito a separarli una volta e chi gli garantiva che non ci sarebbe riuscito una seconda?
Ovviamente non poteva legarlo alla sedia e tenerlo per sempre segregato in casa… Ma si sa, se due persone dicono cose opposte a qualcuno… quel qualcuno è portato a credere a chi conosce di più e, per quanto Aiolos credesse, o si imponeva di credere, alle parole di Aphrodite quando gli diceva di essere innamorato di lui… Non riusciva a esserne convinto fino in fondo.
Due anni se li ‘era persi’ e, anche se in quei cinque mesi aveva davvero fatto di tutto per farsi amare e farsi desiderare… Proprio non sentiva quello che voleva da parte del più giovane.
Abbassò lo sguardo sospirando piano.  Alla fine da incolpare Albafica c’èra poco… Era un gesto prevedibile, sapeva cosa provava nei suoi confronti il parrucchiere. Forse si sarebbe dovuto impegnare di più lui nel cercare qualche contatto con Dite o forse avrebbe dovuto rivolgersi a un terzo?
Aphrodite si alzò avvicinandosi a lui, l’espressione da ‘pentito’ cominciava ad infastidirlo, e non poco. Odiava quando la gente si autocommiserava…
E si odiava per averlo fatto per molto tempo.
Aiolos alzò lo sguardo verso di lui, sperava che gli avrebbe dato una risposta veloce e sicura. Soprattutto decisa.
“Prometti che tor-”
Non riuscì a finire la frase che si ritrovò le labbra morbide di Aphrodite sulle proprie, un gesto inaspettato ma che lo rassicurò abbastanza.
Aveva cercato di mantenere sempre un profilo forte e sicuro, cercando di nascondere le insicurezze, aveva cercato sempre di essere quello che dava l’esempio … Ma in quei due anni le difese gli erano crollate, si era sentito strappare tutto all’improvviso.
Probabilmente, per quanto cercasse di nasconderlo, Aphrodite se n’èra accorto. Forse non mentiva quando diceva di amarlo…
“Non fare mai più quella faccia da cane bastonato… Sembri un deficiente.”
Aiolos rise leggermente alle parole del turchino. Già. Non era cambiato.
 
Albafica era sdraiato sul divano con i pensieri che si accavallavano. Nell’ultimo tempo la sua vita aveva preso una piega inaspettata… Il lavoro andava come sempre, bene. Aveva cominciato ad avere una vita sociale.
Non se lo sarebbe mai aspettato. Soprattutto non con quel dannato di Sisifo, era persino riuscito ad etichettargli la parola amico… E questo era stato un grande sforzo.
C’èra da dire che odiava la sua faccia da prete innocente, troppo  buono nei confronti del mondo e troppo allegro. Non riusciva proprio a capire l’ipocrisia e l’egoismo che si aggirava nel mondo.
Si, Albafica aveva cominciato a divertirsi abbastanza in compagnia del maestro, a raccontare anche qualcosa, faceva bene avere un amico maschio invece di una ragazza, l’aveva ammesso (e Sisifo l’aveva presa come una vittoria personale), ma le serate e gli incontri col maestro non bastavano e colmargli il senso di colpa.
Non riuscivano a farglielo dimenticare… E ripensava dannatamente spesso alle parole di Hakurei: Devi restituirgli la sua vita.
Già. Cinque mesi che non lo vedeva…
Si alzò dal divano spegnendo la cicca nel portacenere e venne attirato dal rumore della porta.
Era tornato.
Si guardarono per un lungo attimo in silenzio, nessuno dei due sapeva cosa dire, troppo tempo era passato e le parole da dire erano ormai svanite. Né uno né l’altro voleva iniziare un discorso.
“Puzza Incredibilmente di fumo qua dentro…”
Albafica si avvicinò ad Aphrodite mollandogli uno schiaffo che gli lasciò il segno. Il più piccolo lo guardò sconvolto… Si era arrabbiato così tanto per un commento del genere?”
“Come hai… Osato startene fuori per così tanto tempo?! Hai idea della preoccupazione che ho avuto?”
“Sapevi dov’èro! Se fossi stato veramente preoccupato saresti venuto!”
Albafica si zittì, aveva ragione lui. Sapeva dov’èra. E quindi…perché non era andato? Perché nonostante la preoccupazione l’aveva lasciato con quell’uomo che tanto odiava?
Guardò Aphrodite tenersi la guancia.  L’espressione  gelida, ricolma d’odio… Rivolta a lui. Era finita.
Definitivamente rovinato il loro rapporto. Ormai era andato tutto in frantumi.
“So che mi hai mentito Albafica, so che hai costruito tutto su delle bugie.”
Si avvicinò spingendo per una spalla il fratello maggiore, la voce sicura e tagliente, un’espressione mai vista, piena di astio. E aveva ragione. Alba gli aveva cancellato un pezzo di vita, ci aveva provato…
“Perché l’hai fatto? Io ti ho creduto! Eri l’unico appiglio che avevo! L’unica persona di cui potevo fidarmi! Per tutto questo tempo mi hai reso una marionetta?”
“No…Non è stato per quello…”
“Mi hai plasmato diversamente da com’èro, mi hai…impiantato ricordi diversi, come hai potuto fare una cosa simile! Non sai cosa diavolo ho passato per colpa tua! Sei stato pessimo!”
“L’ho fatto per il tuo bene! Volevo proteggerti!”
Aphrodite lo guardò schifato allontanandosi di un passo.
“Proteggermi? Tu?”
Quella era la prova che era stato rimpiazzato. Quel ‘Tu’ detto con sdegno, risentimento e rabbia… Non poteva biasimarlo… Qualunque cosa gli avrebbe detto sarebbe stata inutile… Perché mettersi a spiegare le sue motivazioni? Aphrodite non l’avrebbe ascoltato.
Albafica si sedette sul divano mettendosi una mano fra i capelli. Era ora di raccontargli la verità, pensava che gli avesse detto tutto quel cretino di Aiolos, ma a quanto pareva aveva lasciato a lui “l’onore”.
“Non sei caduto dalle scale inciampando su Margot…”
“Bloody Rose.”
“Tsk…Hai avuto un incidente in automobile con quel bastardo… I medici dissero che era stato più il trauma che le ferite e per questo avresti perso ricordi parziali. Le ferite di Aiolos invece furono più gravi… Lo operarono d’urgenza.”
Iniziò a versare qualche lacrima al ricordo di anni prima, l’ospedale, la notizia del fratello che stava male, il trauma e la perdita parziale dei ricordi. Si mise una mano davanti la bocca cercando di smettere.
“Credi sia stato facile stare con te in quelle condizioni?! Credi sia stato semplice essere li mentre non ricordavi? Mentre mi chiamavi con un altro nome? Eh?! Io ti ho aiutato! Non lui! Io sono stato al tuo fianco, non Aiolos!”
“Tu mi hai impedito di vederlo Albafica! E’ stata tutta colpa tua se ho vissuto un inferno!”
Alba lo guardò male ancora con qualche lacrima. Era arrabbiato e dispiaciuto al tempo stesso. Suo fratello aveva ragione, era colpa sua che gli aveva impedito di vedere Aiolos. Forse con lui avrebbe ricordato prima? Forse ce l’avrebbe fatta meglio?
“Continua.”
“Vivevi in quella dannata casa, te ne sei andato appena hai finito la scuola… Ti facevi mantenere da quel deficiente… Eri proprio ridicolo Dite.”
“Non chiamarmi Dite!”
“Però lui può chiamartici eh?”
Aphrodite guardò Albafica con occhi furenti. Aveva ‘modificato’ i suoi ricordi, gli aveva impedito di vedere il ragazzo che amava e di ricordare.
Non ne poteva più, sperava che le bugie fossero finite. Sperava che il fratello non gli avesse mentito su altro.
“Cos’altro?”
Albafica rise leggermente guardandolo. Ormai era andato. Finito, sapeva che cosa sarebbe successo di li a poco. Quindi…Non c’èra bisogno di nasconderlo.
“Sai, ti ha cercato più volte.”
Si alzò dal divano avvicinandosi ad Aphrodite, lo guardò con un’espressione malinconica, quasi dispiaciuta…Non del tutto pentita.
“Ma ho sempre fatto in modo che non vi incontraste.”
Alba carezzò la testa a suo fratello. Quest’ultimo scoppiò, scansò con un gesto brusco la mano e si allontanò.
“Sappi che da questo momento in poi… Non ti considero più mio fratello.”
Con uno scatto di rabbia, Aphrodite uscì, sbattendo la porta.
Albafica rise leggermente, per non piangere ancora.
“Ti ho restituito la tua vita…”
Avrebbe dovuto dare ascolto ad Hakurei quando gli disse che se ne sarebbe pentito…Forse sarebbe andata diversamente.
ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Sigh… Le lacrime Raga…Scoperte interessanti. Dite era un mantenuto, se n’èra andato a vivere da Aiolos appena aveva finito la scuola e…Evviva per Hydra! Lei è stata presa (quando ho detto diversa dalle altre intendevo il tipo di ragazze che frequentava Kardia)!
Shoccate che Dite facesse il mantenuto? Oddio! Beh…io non più di tanto…Non perché vedo Aphrodite a non lavorare, ma guardatevi intorno… Vedete offerte di lavoro? Da me non ce ne sono. Gli altri lavorano… Qualcuno di disoccupato ci vuole oppure non sarebbe una storia reale ammettiamolo.
Approfitto per avvisare che il prossimo sarà l’ultimo. Cosa vi aspettate? Ditemi Ditemi che sono curiosa.
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e…al prossimo capitolo!

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Capitolo 22
*** Sfumature di Ricordi ***


Capitolo 22 – Sfumature di Ricordi
 
La serata tanto attesa era arrivata. L’esibizione sarebbe cominciata a momenti, ed in quel bellissimo e gigantesco teatro, la gente era già comodamente seduta al proprio posto nonostante mancasse ancora mezz’ora all’inizio di tutto.
Soltanto poche persone stavano ancora entrando, la trepidazione, l’emozione e l’eccitazione di tutti si sentiva ed era palpabile.
Brusii, vocine e pettegolezzi, tutti erano in attesa.
Degel fece il suo ingresso dalla grande porta principale con un bambino in braccio. Due grandi occhioni blu e le guance paffute. Alla destra dello psichiatra una donna dai capelli blu, sulla trentina gli sorrideva.
“E’ stato carino da parte tua regalare gli altri biglietti a Sisifo.”
“Lo so. Anche lui dovrà pur uscire ogni tanto…Spero si sia trovato una compagna.”
“Ci credo poco…”
“Seraphina, non perdere mai la speranza.”
“Gaw gaw…Mammmma….Paaaappaaaaà…”
Battendo le mani felice, il bambino dai grandi occhi blu, guardò i due allargando la bocca in un sorriso, successivamente appoggiò la testa al petto del padre addormentandosi all’improvviso.
 
Regulus si guardava spaesato intorno. Era al concerto di Virgo! Del grande Virgo! Tutto grazie ad Aiolia! Era stata una sorpresa magnifica.
Il suo amico l’aveva proprio fatto felice, la musica di quel pianista donava pace all’anima. Un’armonia perfetta.
Però si chiedeva… Perché Aiolia era stato così gentile con lui? Una vaga idea ce l’aveva… Ma non era proprio sicuro…
Probabilmente il più grande si sentiva in colpa per averlo spedito da Sisifo per i consigli d’amore, era un po’ ipocrita voler rimediare con un regalo materiale eh… Ma quel regalo materiale era molto gradito, eccome se era gradito! Fosse stato per lui non avrebbe mai visto nemmeno da lontano quei biglietti, poiché il proprio stipendio spariva immediatamente, pochi giorni dopo averlo ricevuto…
Aveva superato la ‘crisi’ di Aphrodite, non gli ci era voluto poi molto… Aveva cercato di ritenerla una cosa… Passeggera, un passatempo, un gioco. Ma in cuor suo sapeva benissimo che non era stato così, a volte pensava ancora a lui, sperava che avesse ritrovato la persona che amava, almeno lo avrebbe reso felice…
“Aiolia muoviamoci! Sta per iniziare!”
“Mancano venti minuti!”
Regulus presse per un braccio il più grande trascinandolo letteralmente ai posti segnati sul biglietto.
 
Albafica si era sfogato con Sisifo e, nonostante il parrucchiere avesse tentato in ogni modo di restare a casa a deprimersi e fumare in santa pace, il maestro lo aveva trascinato a forza al concerto di Asmita con la scusa “se resti a casa ti diventeranno i capelli crespi!”.
 Albafica non aveva ben capito cosa centrasse… Ma alla fine aveva perso la speranza di restarsene in tranquillità, ed aveva dato retta al nuovo amico. La lite con Aphrodite l’aveva demoralizzato di brutto ma doveva farsene una ragione. Niente sarebbe tornato come prima. Aveva fatto le sue scelte ed ogni scelta porta ad una conseguenza… Ora stava pagando le proprie.
“Muoviti, che abbiamo dei posti fantastici!”
“Ma dove li hai rubati ‘sti biglietti…”
“Il mio amico è abbastanza Fornito…quindi ha comprato i posti migliori. Conosco pezzi grossi io. E’ sposato ed è molto simpatico, anche se sta troppo sulle sue…”
“Ahn ahn…”
Sisifo guardò deluso Albafica. Il parrucchiere si stava guardando intorno indifferente, ammirava la grande sala del magnifico teatro e notava che agli estremi vi erano anche dei palchetti… Chissà quant’èra la capienza di quel posto.
“Non sei nemmeno un po’ geloso?”
“Eh? Di cosa?”
“…..I nostri posti sono quelli.”
 
“88, 89..ah! 90!”
Kardia si sedette al posto indicato. Naturalmente il biglietto lo aveva rimediato gratis, grazie ad Hydra, se avesse dovuto comprarlo, se lo sarebbe fatto comprare da Shura…In qualche modo l’avrebbe convinto. Lo convinceva sempre.
“Kardia, perché sono dovuto venire anche io? Avevo altri programmi per stasera…”
“Zitto Shura. Siediti.” 
“Non sono un cane sai? Poi tu il biglietto lo hai auto gratis…Ma io ho dovuto comprarlo…Mi sembra una cosa ingiusta sai?”
“Ma di cosa ti lamenti? Vedremo lo spettacolo e ce ne andremo!”
Kardia si buttò letteralmente sulla poltroncina rossa, seguito poi dall’amico che si sedette piano. Oh povero, povero Kardia. Com’èra ignaro della situazione… Shura sogghignò a quelle parole.
Lui voleeeeeeeeeeeeeeeeeeeeva vedere soltanto lo spettacolo, quindi non sapeva della musica classica? MUAHAHAHAH, VENDETTA!
“Non sai di Virgo?”
“Chi?”
“Il pianista.”
“Il film?”
“Asmita Dunia Surgawi. E’ un pianista che si esibirà prima dello spettacolo di Hydra… Durerà circa tre quarti d’ora… Musica classica.”
Kardia sbiancò. Musica classica? Sperava scherzasse. L’unica musica classica che Kardia aveva sopportato in vita sua era stata quella del carillon di sua zia, e pochi secondi dopo si era stufato anche di quella. Voleva sprofondare…
“Beh a me piace, vediamo quali brani suonerà.”
Il più piccolo prese il foglietto di carta appoggiato sul bracciolo della poltroncina.
 
 
Dietro le quinte, il sarto stava facendo gli ultimi preparativi per i costumi… Qualcuno degli attori aveva avuto un problema e per questo il costume ora non calzava più.
Con due aghi in bocca, infatti, Mu stava stringendo il costume di Hydra.
“Non potevi dirmelo un po’ prima? Ci vediamo tutte le domeniche ed io vengo a saperlo ora che questo costume ti è diventato largo…”
“Scusa…Hai ragione, è colpa mia…”
Mu la guardò un attimo. Conosceva da tempo Hydra, il loro rapporto era sempre stato superficiale e distaccato… Da quando però era diventata la ragazza di Kardia, la vedeva più solare e felice. Avevano anche iniziato a fare conversazioni che superavano le due frasi… Era felice per lei ed aveva cominciato a diventarle simpatica… Ma al momento sembrava davvero agitata. Il sarto sospirò.
“Sapevi che io e Kardia alle superiori eravamo compagni di banco?”
“E-eh?”
“Già. Pensa una volta hanno mandato a chiamare i genitori perché ha triturato il gesso ed ha finto fosse droga… Fino all’ultimo non ha tirato fuori quel maledetto gesso dal sacchetto…”
Hydra rise leggermente al pensiero, immaginarsi Kardia a sniffare gesso le risultava dura…
“Secondo me aveva bisogno di una brava ragazza come te…”
A Mu non arrivò risposta e, dopo aver messo l’ultimo punto, tagliò il filo porgendo ad Hydra il costume.
“Ma se vai nel panico mentre sei li sopra, penso ci rimarrebbe davvero male… Cerca di stare calma. E’ la fuori solo per te. Non dovresti preoccuparti tanto.”
La ragazza arrossì leggermente prendendo il costume. Mu aveva ragione, non c’èra bisogno di preoccuparsi… Non era più sola.
 
Charu ed Asmita stavano parlando…Erano gli ultimi minuti, ed il concerto sarebbe iniziato a momenti.
“Sei…Proprio sicuro di voler fare l’annuncio? Sei sicuro di volerti ritirare? Asmi rip-“
“Charu. Ti prego.”
“Hai impiegato così tanti anni per arrivare fin qui… Non…Non posso sopportare di vedere il tuo ritiro.”
Asmita le sorrise piano. Le era stata sempre accanto, un’amica preziosa. C’èra stata nei momenti bui, c’èra stata quando ne aveva bisogno, sempre. Ogni ricordo felice lei era li, ogni ricordo triste lei c’èra…
“Dovrei…Dirti una cosa….”
“Sbrigati. Sta per iniziare.”
L’aveva seguito sempre, un’amica speciale. Non avrebbe potuto fare a meno di lei. Non sarebbe stato in grado di andare avanti senza il suo supporto, senza il suo incoraggiamento. Era cresciuto con la sua presenza sapendo di avere qualcuno su cui contare, la considerava un punto di riferimento e sapeva che la cosa era reciproca. Non l’avrebbe mai tradito.
La ragazza prese fiato chiudendo gli occhi.
“Sono innamorata di te Asmita. Da tantissimo tempo. Io…sono innamorata di te da…molto, moltissimo tempo… Non te l’ho mai detto per non rovinare la nostra amicizia ma…ma ora basta…non ce la faccio davvero più…”
Charu iniziò a piangere coprendosi il viso con le mani, la tensione che aveva un secondo prima era sparita lasciando il posto all’imbarazzo più totale.
“Sono stufa di essere soltanto un’amica per te, sono stufa che tu mi consideri una semplice compagnia…io…vorrei essere qualcosa in più perché… ti amo.”
Ad Asmita si gelò il sangue nelle vene. Lo amava? Da tempo?! CHARU?! Com’èra possibile? Cos’avrebbe dovuto fare ora? La guardò confuso… La ragazza era in lacrime, ora si spiegava molti dei suoi comportamenti.
Ma perché? Perché lei? Non poteva essere… Non doveva essere! Non voleva deluderla, eppure non riusciva davvero ad immaginarla come qualcosa in più di una semplice amica. Che i suoi gesti l’avessero illusa in qualche modo? Che involontariamente le avesse fatto credere di provare, verso di lei, quei sentimenti? Aveva paura… Ma doveva essere sincero.
“Charu io… Sono lusingato da questi tuoi sentimenti verso di me, mi dispiace molto...”
La ragazza abbassò lo sguardo. Sapeva già la risposta che il biondo le avrebbe dato, si era preparata, moralmente e psicologicamente… Ma quella fiammella di speranza c’èra, ardeva ancora in lei… ed Asmita la stava spegnendo.
“Ti voglio davvero bene ma… Purtroppo non riesco a vederti come più di un’amica….”
Charu si girò di spalle pronta per andarsene. Era finita. Il ‘restiamo amici’ era soltanto una cazzata che le avrebbe detto di li a poco per salvare la situazione. Non lo avrebbe sopportato. Non avrebbe sopportato un’altra parola di lui… Non avrebbe sopportato un’altra donna al suo fianco.
Si sentì afferrare la mano senza troppa forza e si girò lentamente, gli occhi blu di Asmita si specchiavano nei suoi. Lo odiava, non poteva fare in quel modo, non poteva guardarla in quel modo, non dopo che l’aveva rifiutata…. Ogni secondo che passava si innamorava di più…
“Tuttavia… Non riesco ad immaginare una vita senza di te al mio fianco, quindi ti prego… Non mi abbandonare, io ho bisogno di te…”
Fu tentata di urlargli addosso, di dargli uno schiaffo, di spintonarlo via. Come poteva chiedergli quelle cose dopo quel ‘no’ che le aveva rifilato? Dopo la sua confessione d’amore buttata nel vento? Dopo che i suoi sentimenti celati per anni erano finiti…così.
Stava per gridargli quando vide la camicia di Asmita allacciata male, sfalsava di un bottone ed il risultato era ridicolo.
Rise leggermente fra le lacrime, una risata amara, ma sincera. Forse Asmita aveva ragione. Aveva ancora bisogno di lei… E chissà, un giorno, forse, quel tonto si sarebbe accorto di cosa fosse l’amore…
 
 
 
 
“Aiolos. Dove stiamo andando a quest’ora?”
L’espressione contrariata di Aphrodite quasi faceva paura ad Aiolos, ma era sicuro, poco dopo  gliene sarebbe stato grato ed avrebbe fatto un bel sorriso.
“Zitto e non distrarmi mentre guido.”
“Non hai risposto alla mia domanda.  Sono le nove di sera! Dove diavolo stiamo andando?”
“E tu non stai facendo quello che ti ho detto! Mi stai disturbando mentre guido!”
In teoria, il ragionamento di Aiolos, quadrava. In pratica no. Era lui di solito che si lamentava sempre –Perché Aphrodite in macchina non parlava-, mentre fuori anche troppo…
Sconsolato, e stufo di chiedere, Dite la smise di fare domande e si dedicò al guardare fuori. Gli sembrava uno scenario già vissuto, dei posti già visti, una strada già fatta…
“Ci…. Siamo già passati?”
“Più o meno.”
“…Sfotti?”
Nessuna risposta. Soltanto una risata, arrivarono ad una curva ed all’improvviso la macchina rallentò. La noia mortale assalì il povero passeggero che iniziò a giocare col cellulare.
“Arrivati. Scendi.”
“Hey! Ascolta vecchiaccio, non mi piace questo tono capito?!”
“Muoviti cavolo!”
Senza dire una parola, né fare ulteriori proteste, Aphrodite scese dalla macchina ritrovandosi… In mezzo al nulla più totale.
Si guardava intorno e vedeva soltanto alberi e…Cielo.
“Aiolos…”
“Si?”
“Credo che tra poco mi si rovinerà il mascara…”
“….Eh?”
“Sto per piangere dalla disperazione….”
Il più grande lo guardò come se fosse scemo, però non aveva tutti i torti. Ritrovarsi in mezzo al nulla, non doveva essere per niente piacevole.
“Cammina.”
“Pure?!”
“Devo prenderti in braccio come una principessa?”
“Cammino.”
Purtroppo per Aphrodite, la camminata, fu in salita. Soltanto Dio sa quante ne mandò ad Aiolos, i tacchetti degli stivali cominciavano a fargli un male cane… Quelle maledette pietre che si incastravano e che lo facevano inciampare ogni due secondi, non erano proprio l’ideale per una passeggiata romantica.
Finalmente, dopo circa un’ora, arrivarono su quella che si poteva considerare il punto più alto di quella collinetta, il panorama era bellissimo e le luci della città rendevano il tutto uno spettacolo davvero bellissimo. Peccato che a uno dei due non importasse nulla del panorama, poiché l’unica preoccupazione stava andando agli stivaletti…
Aphrodite si sedette a terra esausto sotto lo sguardo divertito di Aiolos. Oh povero ragazzino.
“In….Tv…c’èra Jumaji…perché mi son fatto trascinare via?”
“Perché mi ami ancora.”
Con espressione abbastanza soddisfatta, il più grande si sedette accanto ad Aphrodite. L’aria abbastanza malinconica e pensierosa, quasi colpevole.
“Sai, due anni fa… Non ci siamo arrivati quassù.”
“In che senso?”
“Rompevi un sacco che volevi vedere i fuochi d’artificio a forma di rosa… E quel giorno li facevano, tuttavia a me non andava di fare tutta quella strada… In macchina c’è stata una lite e…”
“Che tristezza… Era meglio l’incidente del gatto, almeno era meno banale…così sembra davvero un cliché…”
Aiolos guardò Aphrodite, ormai gli stivaletti li aveva tolti e messi con grazia alla propria destra.
L’espressione indifferente e gli occhi fissi sulla città. Che non gli importasse davvero come fosse avvenuto? O forse faceva soltanto finta per rassicurarlo? Aiolos non riusciva a capire questo suo modo di fare…
Quelle di Aphrodite, Aiolos, poteva chiamarle soltanto delle sfumature di ricordi, mentre il resto sembrava tutto andato, erano passati cinque mesi ed ancora niente era tornato.
Come pretendeva davvero di ricostruire un legame durato due anni?
“Sai, Los, sinceramente… Non mi interessa cosa ho fatto, cosa abbiamo fatto, prima di quell’incidente… So soltanto che adesso sono qui, non sono morto quel giorno, e che… Ti amo.”
Aiolos si girò sorpreso a guardarlo. Se prima gli era rimasta qualche insicurezza riguardo al loro rapporto, adesso era svanita.
Certo, il modo di fare schizzinoso con cui aveva detto la frase, poteva esserselo risparmiato… Ma quelle parole… Rincuorarono il caro Aiolos.
Sorrise attirando a se Aphrodite per poi stringerlo in un abbraccio, quest’ultimo abbandonò le difese lasciandosi viziare dal proprio fidanzato…
ANGOLO KIOCCOLAT:  Salve a tutte/i! Spero sarete arrivati a leggere fin qui!
Cavolo è finita… Sto piangendo…Sniff… Bene.
Passiamo ai ringraziamenti!
Ovviamente ringrazio chiunque l’abbia anche solo letta, chiunque abbia lasciato un Kudos, e chiunque abbia lasciato una recensione.
Ringrazio in particolar modo la mia amica Yuphie_96 (non iscritta a questo sito), che mi ha fatto scoprire/creare la meravigliosa mia OTP Aiolos x Aphrodite e mi ha scritto le scene “rosse” che io ho solamente aggiustato.
Se l’avete seguita vi ringrazio tanto
Se vi è piaciuto, spero di si, aspetto qualche vostro giudizio e… Al prossimo cap- Ops! Alla prossima storia!

 

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