Over my head

di ParanoidxX
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome to my life ***
Capitolo 2: *** Becoming human ***
Capitolo 3: *** A whirlwind inside of my head ***
Capitolo 4: *** My little big bro' ***
Capitolo 5: *** Out of control ***



Capitolo 1
*** Welcome to my life ***





Ciao lettori!
Sono anni, forse cinque, che non pubblico qualcosa su efp , principalmente per mancanza di ispirazione.
La scorsa settimana, però, è avvenuto il miracolo: mentre scoprivo il secondo film delle “Tartarughe ninja”, si è riaccesa la scintilla. “E se..?” ho pensato, ma non vi dirò cosa, altrimenti vi svelerei tutta la storia.
Da piccola seguivo molto il cartone animato poi, per colpa di Rossana, Doremì e le Mew Mew, i piccoli Ninja sono stati del tutto archiviati.
Perciò non seguirò il fumetto, poiché vi sono troppe dinamiche da recuperare e non ho il tempo di farlo –a causa dell’università, purtroppo-. Quindi mi adatterò ai film e a ciò che hanno trattato e anche le mie tartarughe avranno le sembianze e i caratteri dati dal grande schermo.
Questo qui è un capitolo pilota e introduttivo e spero vi piaccia il mio lavoro!
Buona lettura!




«No» sbuffò esasperata, prendendo il suo zaino e dirigendosi a passo di marcia verso la zona denominata cucina. Al seguito, un insistente Michelangelo cercava in tutti i modi di convincerla e di aver ragione. «Andiamo, cosa può andare storto? » allargò le braccia esternando così tutta la sua sicurezza e ingenuità. La ragazza non lo ascoltò e aprì l’anta di una dispensa, sussultando e scostandosi da una cascata di scatole di biscotti che rovinarono ai suoi piedi «Vi hanno eletto Signori dell’ordine di recente?» domandò retorica e sarcastica, alzandosi sulle punte per cercare una semplice bottiglietta d’acqua. Trovata. L’afferrò, dopo aver a lungo frugato, e la mise nel suo zaino che si portò in spalla. Aveva quasi dimenticato la presenza della tartaruga, almeno finché non se la ritrovò a pochi centimetri da lei, intento a non mollare. «Mikey, per l’ultima volta» inspirò profondamente «No» espirò risolutiva «Non puoi partecipare al Family Day, lo capisci? » «Perché no? Siamo noi la tua famiglia! » cocciuto come un mulo.

Era abbastanza imbarazzante il fatto che, all’ultimo anno di liceo, ancora si organizzassero eventi come il family day: consisteva in una grande mostra di attività scolastiche a cui portare i propri parenti, per creare così un perfetto connubio famiglia-scuola, connubio che gli insegnanti consideravano fondamentale per prevenire disagi scolastici di ogni genere. Lei ne aveva parlato con Splinter con leggerezza e scarsa considerazione, reputando infantile una tale manifestazione. Ovviamente, come al solito, nessuno si faceva gli affari propri in quella sorta di “famiglia”. Mikey aveva ascoltato tutto e per giorni provato a convincerla che avrebbe dovuto portarlo con se, in veste di suo fratello. Si, come no.

«Mikey, smettila» la voce di Leo proruppe come il richiamo di un padre. La ragazza guardò il maggiore seduto su una vecchia sedia, intento ad affilare la sua katana, e lo ringraziò con lo sguardo. Eppure Michelangelo non si dava per vinto e continuò a seguirla, anzi, a braccarla. «Mikey» si girò spazientita e incrociò il suo sguardo da cucciolo «Non posso portarti con me in superfice.. magari accettano la pelle verde ma non so come potrebbero reagire al carapace» «Venere ha ragione» si intromise Donatello, con il viso quasi nei monitor dei suoi amati computer. Michelangelo sospirò, parve arrendersi finalmente.

Venere sorrise e gli sfiorò il braccio «Ehi, ti voglio bene» mormorò per rincuorarlo e poi, sistemandosi lo zaino in spalla, si incamminò fino a sparire nelle tenebre dei tunnel del sottosuolo americano.

Non era difficile per una ragazza come lei abitare quel posto, non lo era perché non aveva mai vissuto in altro luogo in vita sua. Non era difficile neanche considerare i quattro ninja suoi fratelli, benché, palesemente, non lo fossero. Era l’unica famiglia che avesse mai avuto e per lei non c’era niente di più normale che essere stata accudita da un topo ed essere cresciuta insieme a quattro tartarughe. Certo, la presenza umana non mancava nella sua vita. Questa presenza era Roger, un uomo che, fin da piccola, sapeva essere amico dei suoi genitori e di Splinter e che, per la società americana, era suo tutore a tutti gli effetti. Dopotutto una bambina non può iscriversi a scuola senza la mediazione e presenza di un adulto, un essere umano per la precisione.

Non conosceva granché il suo passato e non si poneva alcuna domanda a riguardo, principalmente perché temeva le risposte. Sapeva di essere stata trovata da Roger in una cesta, quando era ancora una neonata, e che con lei vi era una lettera scritta dai suoi genitori che recitava:

"Splinter, ti affidiamo nostra figlia, sappiamo che sarai un buon padre, così come lo sei per i fratellini. Roger non può tenerla con se a lungo, sarebbe troppo rischioso, però potrà aiutarti a gestire alcune dinamiche umane –come la scuola- quando sarà più grande. Per ora è necessario che viva nell’ombra, come voi. È una fuggiasca, non dimenticarlo. Ti ringraziamo di cuore, abbi cura della nostra amata bambina.
R. e G.
"

Così, come un pacco postale, era stata consegnata a Splinter e da lui cresciuta con amore, sempre e comunque con il sostegno di Roger. Fu scelto di chiamarla Venere, in riferimento alla Venere di Botticelli, ispirandosi al periodo rinascimentale che aveva suggerito i nomi dei ninja. Insieme ai fratelli era stata educata alle arti marziali, divenendo molto abile, e aveva vissuto le loro innumerevoli peripezie. Questo, però, di notte. Di giorno, Venere era una studentessa all’ultimo anno di liceo, con una famiglia avvolta nel mistero, e nel week-end una cameriera in un bar del centro perché, dopotutto, voleva godere di un po’ di indipendenza economica. Paradossalmente a ciò che avrebbero potuto pensare psicologi, educatori o dottori, aveva trascorso una adolescenza serena e tranquilla, godeva di ottima salute ed era felice.

Per quanto riguarda l’età, si poteva definire coetanea delle tartarughe. Era stata trovata quando loro erano poco più che dei bambini e, con il suo arrivo, il titolo di “piccolo della casa” era passato da Michelangelo a lei. Più precisamente, era la piccolina della casa, da difendere e aiutare sempre. I quattro si comportavano così nei suoi confronti, erano oltremodo iperprotettivi e, come ogni fratello maggiore, gelosi delle sue cotte liceali.

A differenza loro, che potevano sgusciare tranquillamente nei tubi sconnessi del sottosuolo, lei aveva delle vie personali, vie che godevano di pedane di legno costruite proprio dai ninja per aiutarla. La principale, quella che percorreva sempre per uscire, terminava con una scala e questa sbucava proprio dietro la casa di Roger, una elegante villetta a schiera con giardino, in un tranquillo quartiere.

L’uomo era intento a percorrere il viale del suo bel prato all’inglese quando si accorse di lei «Venere» la salutò con un sorriso. «Ciao Roger» ricambiò lei, trotterellando come suo solito. Era una ragazza allegra e spensierata e tutto di lei lo comunicava. Tanto per cominciare, i suoi capelli castani, lunghi e molto ricci. Venere malediceva il giorno in cui la Disney aveva concepito il film Ribelle : da quando era stato distribuito nelle sale dei cinema, Michelangelo non le aveva più dato tregua, paragonandola spesso alla protagonista della storia. Questa chioma indomabile incorniciava un visetto a cuore, con un bel nasino piccolo e dritto, zigomi alti spruzzati da simpatiche lentiggini e labbra disegnate. Gli occhi erano di un verde intenso e parecchio chiaro, screziato di azzurro ai bordi, vispi e pungenti, tradivano tutto il suo carattere estroverso e dinamico. Per il resto, aveva un fisico asciutto, sinuoso, ed era alta un metro e settanta circa.

«Vai a scuola? Ti occorre un passaggio? » si offrì affettuosamente l’uomo. «Grazie Roger, preferisco camminare» rispose con altrettanto affetto. «Fammi fare il padre per una volta» si finse offeso «Beh, mi firmi i permessi per le gite e mi paghi il vestito per il ballo di fine anno, fai già il papà» ridacchiò, dandogli una leggera pacca sulla spalla. Roger scosse appena il capo, sorridendo divertito. «Ceni da me questa sera? » «No, ho promesso ai ragazzi un torneo» «Un torneo? L’ennesimo?» «Da quando non hanno creature inquietanti da combattere, è il loro unico passatempo»




Il Family Day era andato come previsto: un caos unico, i corridoi della scuola tappezzati di manifesti e di disegni, le porte dei club pomeridiani spalancate e genitori ovunque. Ovunque. Fortunatamente, non molti ragazzi del suo anno avevano aderito, reputandola una cosa imbarazzante, proprio come lei.

«Ragazzi» chiamò a gran voce, una volta riscesa nelle viscere della città. Chiunque avrebbe ammesso che avevano fatto di quel luogo angusto un ottima dimora, molto accogliente. Soprattutto ogni spazio era stato adattato alle esigenze di ciascuno di loro: c’era, ad esempio, la postazione pc per Donatello, l’angolo palestra per Raphael. La cucina era in comune e avevano un grande spazio centrale, una sorta di salotto, con il dojo e il suo ring, usato per allenarsi o combattere. Quello sarebbe stato il ring del loro piccolo torneo: si sarebbero sfidati e avrebbero così decretato il vincitore. D’altronde, dopo aver sconfitto Krang, non vi erano molti altri passatempi in città, se non si considera la microcriminalità.

«Sei in ritardo Venere, abbiamo già iniziato» Michelangelo l’afferrò per il polso e la trascinò fino alla pedana, senza neanche darle il tempo di pensare. «Sei in ritardo di venticinque minuti, stando ai miei calcoli» precisò Donatello. «Ragazzi.. andiamo» Leonardo le tese la mano per invitarla a salire sul ring «Non si tratta così un principiante» soffocò un ghigno. «Principiante?» Venere, affiancandolo, lo squadrò «Principiante a chi? Signor Blu, mi sembra di aver vinto l’ultima volta, no? » rimbeccò. «Quasi vinto» brecciò una voce sicura alle sue spalle. Si girò e incrociò lo sguardo spavaldo di Raphael «Mi sembra di averti sconfitta l’ultima volta, no?» usò le sue stesse parole per stuzzicarla. «Fortuna» incrociò le braccia al petto, stizzita. «Solo fortuna» «Beh, scopriamolo no?» incalzò Leonardo «Guarda caso, per sorteggio, il tuo avversario è proprio Raphael»

I tre fratelli scesero dalla pedana, lasciando solo gli interessati, e si sedettero poco distanti per assistere allo scontro.
Raph impugnò i suoi sai con maestria «No no, piccola testuggine» lo ammonì sua sorella «Non combattiamo con le armi, sono le regole» la tartaruga li lasciò cadere per terra «Saresti troppo scarsa altrimenti» la provocò «No, ti batterei in un secondo» replicò calma, con un sorriso angelico.

I due si prepararono al combattimento: Raphael assunse una posizione di attacco, Venere di difesa e ciò lasciò presagire come si sarebbero battuti.
La tartaruga avanzò leggermente e colpì , ruotando il corpo nel senso del pugno, pugno che andò a vuoto perché Venere scivolò sulla destra con estrema agilità. Raph provò ancora ma lei bloccò il colpo con il braccio piegato all’altezza del viso e rispose con un calcio basso parallelo al pavimento, diretto all’addome. Andò a segno e il suo avversario indietreggiò. Un sorrisetto soddisfatto si dipinse sul faccino di lei. Il rivale provò a bloccarla con un gancio destro, basando la potenza sulla leva fornita dalla spalla e dalla posizione ad angolo retto del braccio, Venere lo schivò sgusciando per terra in una capriola e rialzandosi al suo fianco. Il fratello tentò una gomitata ruotando sul posto e ancora fu bloccato dal braccio della ragazza. Si guardarono un attimo negli occhi e poi Venere, raccogliendo tutta la sua forza, sferrò un calcio alto ma questa volta fu Raph a difendersi, bloccandole la gamba e ghignando. «Ops» scherzò lui, la presa si fece più salda. Venere provò a colpirlo con la mancina ma anche questa fu afferrata con forza. Così incastrata, bastò spingerla per farla cadere rovinosamente a terra. Gemette appena e tossì, accusando un piccolo dolore alla schiena «D’accordo Raph, hai vinto» mormorò, portandosi una mano sulla pancia e fissando il soffitto sconfitta.

«Mi devi cinque dollari» esultò Michelangelo, dando un leggero colpetto a Donatello che sbuffò. E si che nessuno era di parte durante quelle sfide ma erano soliti fare piccole scommesse. Raphael aveva vinto perché poteva contare sulla sua stazza e la sua forza, era però stato messo in seria difficoltà dall’agilità di Venere, agilità grazie a cui riusciva a battere gli altri fratelli, specialmente Donatello.
Raphael era sempre stato il suo scoglio. Fin da piccola non era mai riuscita a batterlo e battibeccavano di continuo. Eppure erano molto uniti. I loro caratteri erano simili, entrambi così istintivi e orgogliosi, riuscivano a comprendere le loro emozioni pur stando in silenzio. Lui era decisamente il fratello con cui era in maggior sintonia, secondo a Raphael vi era soltanto Michelangelo.

«Fortuna?» domandò la tartaruga , aiutandola ad alzarsi da terra. «Sei insopportabile, dico sul serio» rimbeccò lei, scuotendo appena la testa. «Sai una cosa Venere? Dovresti imparare a perdere» «Potresti insegnarmi tu, saresti un ottimo maestro» se in un combattimento chiunque avrebbe puntato su Raphael, ciò non si poteva fare in una discussione. In questo si potevano definire ad armi pari, dotati della stessa lingua pronta e tagliente.

«Ragazzi» Donatello guardò un attimo i suoi schermi da lontano «Credo che sia l’ora della ronda» senza rendersene conto il sole era tramontato e l’orologio segnava le otto. I quattro si sciolsero in una espressione di entusiasmo mista ad adrenalina: finalmente un po’ di azione.

«Io passo questa sera, devo recuperare l’insufficienza in storia» mormorò Venere sconsolata. «A proposito Donnie, posso usare il tuo pc? Dovrei fare una ricerca» «Certamente, conosci la password» acconsentì il fratello. «Che noia» mugugnò Michelangelo. Venere si strinse nelle spalle, non era certo colpa sua se doveva studiare «Se c’è qualche problema, sai chi chiamare» si premurò Leonardo. La ragazza annuì «Ho il maestro qui con me, non sono sola»

I quattro fratelli raccattarono le loro armi, assicurandole ai rispettivi carapaci. Donatello attivò i suoi apparecchi elettronici che lo rendevano più simile a un robot anziché a una tartaruga mutante. Raphael era già pronto ad andare e ammoniva con lo sguardo Michelangelo che era tutto un fascio di emozione. Leonardo attese con Donnie fosse pronto e poi, insieme a lui, andò ad affiancare gli altri.

I quattro salutarono Venere con un affettuoso gesto della mano e poi pian piano si allontanarono. Raphael si fermò per girare la testa e i loro sguardi si incontrarono per un istante. Poi, rimasto indietro, corse e sparì nel buio insieme agli altri. Venere abbozzò un sorriso.

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Capitolo 2
*** Becoming human ***





Ecco qui il secondo capitolo <3
Lo avevo già pronto, caldo caldo, era inutile non postarlo!
Per il terzo dovrete aspettare qualche giorno purtroppo, è in stesura ù.ù
Intanto colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno letto e, in particolare, ringrazio Marlena_Libby per aver lasciato una recensione <3 Sono molto importanti per me, mi aiutano a capire se sto facendo un buon lavoro o se sto scrivendo fesserie :3
Detto ciò, buona lettura!




Avere una famiglia così particolare comportava dei limiti. Per esempio, non era possibile organizzare una serata pizza e film con le miche a casa sua, sarebbe stato parecchio difficile per le umane accettare di scendere in un tombino della fogna e percorrere le viscere della città. Ancor più difficile sarebbe stato per loro scoprire che i suoi quattro misteriosi fratelli non erano altro che degli adolescenti, mutanti, ninja.
Per fortuna, nel corso del tempo, aveva trovato una soluzione a problemi simili e un grande aiuto le era stato dato da Roger. All’occorrenza casa sua era anche casa di Venere, dotata persino di una sua camera da lei stessa arredata. Disponeva di un paio di chiavi per poter entrare quando lo desiderava e non erano rari i giorni in cui dormiva da Roger o cenava in sua compagnia. In questo modo riusciva a intortare le compagne di scuola e a custodire il suo segreto. Tutte sapevano che Venere era un’orfana adottata da Roger Smith, con quattro fratelli che nessuno aveva mai conosciuto perché sempre in viaggio. Reggeva da anni come storia.

Come ogni caso che si rispetti però, anche questo aveva la sua eccezione: Ingrid. Ingrid era la sua migliore nonché amica di infanzia, ed era l’unica a conoscenza della verità. Non si contavano più le volte che era stata nel rifugio delle tartarughe, che aveva scherzato con Leo e giocato alla play con Mickey. In particolare aveva un ottimo rapporto con Donatello: entrambi piccoli genietti e accomunati dall’amore per la scienza e la tecnologia, Ingrid era stata un valido aiuto per Donnie in molte occasioni –e viceversa-.

«..mi segui?» notando Venere distratta, richiamò la sua attenzione scuotendole appena la spalla. «Per la verità ho smesso di seguirti un quarto d’ora fa» confessò l’altra sincera, per niente a disagio. Ingrid sospirò, dondolando un attimo sul divano e aggiustandosi gli occhiali sul naso con una certa stizza. Detestava essere ignorata, soprattutto quando spiegava con euforia le sue piccole scoperte scientifiche. Però Venere non poteva farcela: ogni volta che si trattava di matematica, la sua mente si chiudeva a riccio. Era una materia noiosa e a dir poco disgustosa, più che non riuscire a comprenderla, non voleva comprenderla.

Ingrid strinse il quaderno che aveva tra le mani e si guardò intorno. Ovunque regnavano pace e silenzio e si potevano persino percepire goccioline lontane che scivolavano dalle tubature e cadevano in pozze d’acqua. Tuttavia, pur essendo in una fogna, l’odore stagnante non si accusava. I suoi grandi occhi castani scivolavano su ogni mobile presente nella stanza, fino a soffermarsi sul dojo distante. «Non riesco a credere che combatti come kung-fu panda» commentò arricciando il nasino. Venere le diede una spinta «E io non riesco a credere che la mia migliore amica ami la matematica» scoppiarono a ridere. Ingrid mostrò la sua bianca dentatura che spiccava sul suo incarnato scuro come il cioccolato, inclinò leggermente la testa e il cespuglio di capelli neri si arruffò maggiormente.

D’un tratto le loro risate furono accompagnate da un leggero scricchiolio che rimbombò tra le mura. Voci, voci distanti si fecero sempre più vicine e parevano scivolare tra i cunicoli, preannunciando così l’arrivo dei loro proprietari. Da un grosso tubo accanto al dojo fuoriuscì un grande getto d’acqua e così, ad uno ad uno, apparvero i fratelli delusi dalla ronda notturna.

«Donnie!» il viso di Ingrid si illuminò e scese dal divano per correre incontro al suo amico, ma Raph le si parò davanti «Cosa ci fai qui, ragazzina?» domandò severo. Il suo tono di voce increspò la pelle scura della ragazza. Nonostante li conoscesse da anni ormai, Raphael le incuteva sempre un certo timore. «Ecco, io…» balbettò, stringendo ancor più forte il quaderno tra le dita. «Conosci le regole umana, infrangile e noi...» «Ingrid!» l’urlo di Mickey rese vana la sua minaccia e il più piccolo dei ninja trotterellò verso di lei per abbracciarla con affetto. Raph sbuffò esasperato «Quando imiti Batman, assicurati che non ci sia Michelangelo con te» consigliò Leonardo divertito. «Cosa ci fai qui, Ingrid?» domandò poi il leader «Devo parlare con Donnie» spiegò «Si tratta del mutageno» il termine catturò l’attenzione del genietto di casa, intento ancora a togliersi le armi di dosso. «Mutageno, hai detto?» si avvicinò alla ragazza che annuì «I tuoi calcoli non sono del tutto giusti Donnie, ecco vedi…» mostrandogli il quaderno ricco di appunti e formule, Ingrid e Donatello iniziarono a comunicare in una lingua solo a loro comprensibile e, presi da quel discorso, camminarono verso la postazione pc, fino a sedersi alla scrivania.
L’euforia di quella piccola scoperta aveva portato la ragazzina a sfidare i pericoli della notte e ad entrare nel rifugio, avvisando telefonicamente l’amica del suo arrivo.

«Quel mutageno?» domandò Venere ancora seduta al divano, osservando Leonardo che annuì. Il suo sguardo sgusciò poi su Raphael e Mickey che parevano del tutto indifferenti a quella sostanza un tempo causa di discordia.

Bebop e Rocksteady, dopo la sconfitta di Krang, erano stati arrestati a incarcerati. Dovevano però essere equamente processati, come di prassi, ma ciò sarebbe potuto accadere solo se fossero tornati esseri umani. La polizia aveva fornito alle tartarughe decine di fiale di mutageno sequestrate e a Donatello era stato affidato l’incarico di rielaborare la sostanza per poi somministrarla ai due criminali. In questo progetto, Donnie era stato aiutato da Ingrid che ora gli forniva l’ultima formula, il pezzo mancante del puzzle. Venere lo capì dall’urlo di vittoria che suo fratello lanciò e dalla risata soddisfatta dell’amica.

Sorrise appena e si alzò dal divano, portando la sua attenzione prima su Raphael, concentrato a prendere a pugni il suo sacco da boxe, e poi su Mickey, intento ad ascoltare i discorsi di Ingrid senza capire una virgola. Affiancò poi Leonardo che sostava in piedi a braccia conserte, quasi in meditazione. «Leo» Venere lo richiamò «Non credi che...» «Io e Raphael ne abbiamo già parlato» il leader smorzò ogni dubbio della sorella. Temeva che un progetto simile potesse riaccendere in Raphael il desiderio di provare il mutageno su sé stesso e trasformarsi in un essere umano. Leonardo, però, era stato categorico: si trattava di un lavoro, di una collaborazione, niente di più e Raph, stranamente, non aveva fatto storie.

«A me sembra nervoso» commentò Venere nell’ascoltare il rimbombo dei pugni di Raph sul sacco. Decisamente troppo forti. «Si calmerà» asserì autoritario il più grande, scrollando le spalle e andando in cucina.

Calmarsi? Venere osservò il secondo fratello e questo alzò la testa per incrociare il suo sguardo. Era difficile immaginarlo calmo con quegli occhi scuri che bruciavano di rabbia e frustrazione. Il ninja tornò a dar pugni, colpi così forti che il perno al soffitto si lamentò, cedendo, e il sacco da boxe schizzò via spinto da un gancio destro deciso e assestato.

«Vacci piano testuggine» soffiò Venere, avvicinandosi a lui. «Comprendo che vorresti picchiare Leo ma così farai crollare il soffitto e non voglio morire tra le macerie» Raphael non fece caso a quel commento e si piegò un attimo per recuperare un peso da terra. Lo impugnò saldamente e iniziò ad allenare il tricipite sinistro.
«Raph…» «Senti Venere, non ho alcuna voglia di ascoltare le tue sciocche frasi da sorella» brecciò freddo «Quindi porta la tua saggezza femminile altrove, magari in un fanclub di Jane Austen»
La riccia sussultò e aggrottò la fronte, irritata «Quando hai finito di allenare i muscoli, allena anche un po’ il cervello» rimbeccò e si allontanò risentita.

Raphael non la fermò e, quando fu sparita, smise di sollevare il peso, sospirando. Girò appena il capo e si accorse che Leonardo lo stava fissando.




Dopo tre giorni di lungo lavoro, il mutageno era stato rielaborato ed era pronto per essere somministrato in quella calda sera di maggio. Seppur le tartarughe erano ormai conosciute dagli agenti di polizia, attiravano sempre qualche sguardo curioso o timoroso in centrale .

Facocero e rinoceronte, rispettivamente Bebop e Rocksteady, erano seduti a un tavolo e ammanettati, in una stanza vuota con pareti bianche, inondata di luce. A separare i criminali dai ninja c’era una parete vetrata che avrebbe permesso loro di osservare ciò che di li a poco sarebbe accaduto... o non accaduto.
«Sei sicuro Donnie?» mormorò Leonardo, accanto a lui il sergente di polizia osservò il genietto «Beh, c’è sempre un margine di insuccesso da tener presente» rispose l’interessato, teso come una corda di violino. «Cosa potrebbe andare storto?» «C’è una bassa possibilità che possano morire» confessò «Ma improbabile, impossibile dire» corresse il tiro accusando l’ansia improvvisa del sergente.

Venere storse il naso, per niente convinta dalle parole del fratello occhialuto. Michelangelo osservava i due criminali oltre il vetro con occhi pieni di infantile curiosità. Raphael, invece, aveva le braccia conserte al petto, sintomo di chiusura emotiva, e una certa sofferenza nello sguardo, come se stesse reprimendo un insano desiderio, come se provasse invidia per quei due mutanti che presto sarebbero divenuti uomini. Forse.

«Ci siamo» sussurrò il più piccolo. La porta della stanza di spalancò, un uomo in camice bianco fece il suo ingresso accompagnato da due agenti di polizia. Tra le mani stringeva una bacinella di ferro contenente due siringhe. La posò sul tavolo e ne prese una, liberò il sottile ago dal tappo di plastica e poi, delicatamente, iniettò il liquido viola nel braccio di Rocksteady.

Venere trattenne il fiato, Donatello si irrigidì ancor di più. L’emozione era palpabile, la si poteva quasi toccare con mano.

Il rinoceronte ringhiò appena e poi strinse i pugni, piegandosi su stesso e sbattendo la fronte sulla scrivania. I vasi sanguigni del braccio si gonfiarono divenendo visibili e iniziando a pulsare, mentre il suo respiro si face sempre più pesante. La spalla, il collo, il torace, tutto si venò di viola, fino al viso. Gemette e iniziò a dimenarsi preda di chissà quale sensazione. L’incarnato grigio prima si screziò di bianco e poi assunse un normale colorito, anche se pallido. Il corno da animale si crepò per poi sgretolarsi in piccoli granelli che ricaddero per terra, provocando un leggero fruscio. Il volto si modellò e affiorarono la mandibola, le labbra sottili, il grosso naso e i piccoli occhi sciocchi. Rocksteady era tornato umano e, cosa più importante, stava bene.

«Magia» mormorò attonito il sergente. «Scienza» lo corresse affascinato Donatello. «Donnie, ci sei riuscito» commentò Leonardo con un fil di voce. «Ci siamo riusciti.., Ingrid mi ha fornito l’ultima formula. Devo chiamarla» il sottile dito scattò sull’auricolare nel suo orecchio, pronto a chiamare Ingrid e a raccontarle con euforia ogni mini dettaglio della mutazione «Aspetta Donnie» il leader gli bloccò il braccio «Devo parlarti» «Puoi farlo dopo Leo, adesso non posso». Lo sguardo del più grande si posò su Raphael. Strinse i denti. «No Donnie, devo parlarti adesso» la sua richiesta risuonò come un ordine. Donatello notò che la sua attenzione era tutta concentrata sulla testa calda del gruppo. Capì. «D’accordo Leo... ragazzi, aspettate qui» «Dove andate?» Michelangelo piagnucolò «Compartimentazione delle informazioni» Leonardo alzò la mano, segno che non avrebbe dato ulteriori spiegazioni e poi si allontanò con il genietto.

«Ancora segreti» soffiò pieno di rancore Raphael, i suoi occhi fissi in un punto impreciso del vetro. «Avrà le sue ragioni» l’ingenuità di Mickey era disarmante. Il suo gran cuore, l’affetto che provava per ciascuno di loro, lo portava a rispettare il volere del maggiore e a non disubbidirgli mai. Venere si mordicchiò il labbro inferiore «È così importante per te?» si rivolse a Raph. «Insomma, Leo agisce sempre nel nostro interesse, pur di proteggerci è disposto a sacrificare sé stesso e non credo sia necessario offendersi se, ogni tanto, decide di avere qualche piccolo segreto» nelle sue parole si poteva percepire una nota di rimprovero. Vero, anche lei non sopportava quando il leader prendeva decisioni senza consultarsi o, peggio ancora, ignorando il parere degli altri. Lo trovava ingiusto, poco democratico, come se la sua parola fosse legge. Inoltre, il suo carattere così pragmatico era poco compatibile con il suo essere istintiva, a tratti irrazionale. Tuttavia, dati i recenti avvenimenti, aveva iniziato ad atteggiarsi diversamente nei suoi confronti, comportandosi come Donnie e Mickey che accettavano le sue scelte senza replicare, lamentandosi qualche volta ma sempre nei limiti.

Raphael si girò lentamente, troppo lentamente, verso Venere e si chinò per annullare i loro dieci centimetri di differenza, portando così il viso vicino al suo «Per me è molto importante sapere cosa mi nasconde mio fratello» e calcò particolarmente l’aggettivo mio. «E dovrebbe esserlo anche per te» tornò dritto con uno scatto, la fissò criptico per un istante e poi si allontanò a grandi passi.

«Ma che problemi ha?» Venere portò l’attenzione su Michelangelo, cercando sincera una risposta. Questo si strinse nelle spalle «Dovrebbe mangiare più pizza» commentò «La pizza fa miracoli, ahi!» la sorella gli tirò un pugno sul braccio «Come puoi pensare al cibo, Mickey?»

In quel grande scambio di battute tutti dimenticarono che, al di là del vetro, un rinoceronte era tornato essere umano e un facocero aveva fatto lo stesso pochi secondi dopo. Bebop e Rocksteady potevano ora essere regolarmente processati senza causare scandali o terrore per il loro aspetto mutante.

L’apparente quiete fu però spezzata dalla ricetrasmittente del sergente – anche lui del tutto ignorato - che iniziò a gracchiare. «Si?» l’uomo l’attivò portandola all’altezza delle labbra. «Abbiamo un tentativo di furto al museo di storia naturale»

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Capitolo 3
*** A whirlwind inside of my head ***





Bene bene..
Dopo correzioni, censure, manipolazioni e dubbi, pubblico il terzo capitolo!
Ringrazio ancora per aver recensito :

-Marlena_Libby
-Art_must_be_Beautiful
-reign_00evil

Grazie ragazze, i vostri pareri e le vostre reazioni sono bellissime <3 Ovviamente, ringrazio di cuore anche chi legge semplicemente <3 Abbraccio anche voi. In calce al capitolo ho inserito una piccola nota e dei commenti personali quindi.. a più tardi!
Buona lettura gentaglia!




Il suono delle sirene delle volanti della polizia echeggiava in tutto il quartiere, le luci rosse e blu illuminavano a intermittenza i palazzi circostanti. Le auto erano parcheggiate casualmente per strada, bloccata al traffico, alcuni agenti di polizia erano ancora nel museo, altri sostavano fuori, qualcuno di loro si era concesso una sigaretta.

«Non manca niente» con un panno bianco il direttore del museo di asciugò la fronte imperlata di sudore. Da quella sua camicia spiegazzata e per metà infilata nei jeans si poteva dedurre che si era vestito in fretta e furia, precipitandosi con un taxi –o in metro?- dal suo amato museo. Le occhiaie e lo sguardo stanco, che scrutava con cura l’elenco degli oggetti esposti, tenuto in mano da un poliziotto, suggeriva che era stato chiamato dalla centrale mentre dormiva. Povero uomo, pensò Venere. Era molto in carne e, a giudicare da quanto le sue mani tremassero, doveva essere un tipo parecchio ansioso. Chissà che colpo doveva essergli venuto nel sapere che il suo museo era stato scassinato.

«Ne siete sicuro?» si sincerò il sergente. «Ma si, certo. Hanno provato a portar via la gemma di Tuia ma eccola qui» indicò un nome sulla lista «Salva» sospirò sollevato. Il sergente non capiva e corrugò la fronte: a che scopo scatenare tanto trambusto per non rubare niente?

Anche i fratelli se lo domandavano, osservando le operazioni in disparte, senza intervenire. Rapael aveva reputato il tutto una perdita di tempo, Michelangelo era profondamente deluso dalla mancanza di azione. Leonardo aveva l’orecchio teso per captare qualsiasi parola e Donatello era in religioso silenzio. «Donnie» Venere lo chiamò con un sussurro «Chi è Tuia?» «Tuia è la moglie Seti I, faraone d’Egitto. La gemma è l’ultimo ritrovato archeologico, una parte dei suoi gioielli» «Come fa a sapere sempre tutto?» domandò piano Michelangelo. «Lo hanno detto in tv, Mickey» rispose Donatello con pazienza.

Il sergente, rimasto fermo sulla soglia del portone d’ingresso, scese le scale per avvicinarsi a dei colleghi in volante «Nessuna traccia dei ladri?» «Non ancora» l’agente scosse il capo «Stiamo setacciando il perimetro ma sembrano essere spariti»

«Io direi di entrare in gioco» Raphael iniziò a muoversi nervosamente sul posto. Non era naturale per lui restare impalato, al margine della scena, mentre una banda di ladri girava a piede libero. Voleva agire, ogni fibra del suo corpo chiedeva azione. Era un sentimento condiviso da tutti e quattro i ninja ma lui era l’unico a non saperlo gestire. «Non ancora Raph» Leonardo lo richiamò «Non sappiamo ancora niente e la polizia..» «Da quando ti interessa la polizia? Santo cielo Leo, abbiamo sempre agito da soli, in autonomia, chi se ne importa di loro» indicò stizzito gli agenti che entravano e uscivano dal museo. «Sto solo cercando di collaborare» replicò il leader autoritario «Perché non ci provi anche tu?» «Io voglio collaborare, voglio scovare quei ladri e prenderli a calci nel sedere» sintetizzò il suo pensiero, sorridendo ironicamente. «No» fu la risposta piccata dell’altro. Non avevano dei nomi o dei volti, non avevano neanche una strategia. Non potevano fiondarsi così, alla cieca, come voleva Raphael, avrebbero potuto creare solo più trambusto. Vero, avevano sempre agito per conto loro ma da quando la polizia li aveva accettati, da quando erano state conferite le chiavi della città sotto lo sguardo orgoglioso di Splinter, Leonardo si era ripromesso di non tradire la fiducia riconosciuta.

Come al solito i due iniziarono a battibeccare con la voce di Raph che sovrastava quella sostenuta di Leo, Michelangelo che cercava di allentare la tensione con le sue uscite strambe e Donatello indifferente a tutto, chiuso nei suoi pensieri. Venere sospirò «Raph, forse..» si interruppe di scatto, accusando un ronzio. «Lo avete sentito?» «Cosa?» Donnie la osservò. «Un.. un..» iniziò a percepire una strana vibrazione nella sua mente. Si portò le mani alle orecchie, credendo fosse solo una interferenza esterna, ma lo strano suono continuò. Era uno sfarfallio lontano, come il rumore delle frequenze radiofoniche. La stava intontendo e poi cessò con la stessa rapidità con cui era iniziato. Alzò di scatto lo sguardo e, senza preavviso, scese di corsa le scale del museo. «Venere!» Leonardo la chiamò ma ormai la sorella aveva superato la giungla di auto della polizia e piano piano spariva nelle vie del quartiere dormiente. «Andiamo!» sbottò Mickey preoccupato e si lanciò all’inseguimento, insieme a Donatello e Leo. Raphael restò di stucco «Certo, sgridiamo Raphael e inseguiamo la sorellina impazzita, ha tutta una sua logica!» commentò prima di seguire gli altri.

Venere correva senza sosta e senza meta. In apparenza. In realtà stava seguendo il suo istinto, una recondita consapevolezza che muoveva le sue gambe e la portava a imboccare diverse strade, a superare vicoli bui e ad attraversare senza prudenza, rischiando persino di farsi investire. Non si preoccupava se i fratelli la stessero seguendo o meno, non sentiva fosse una cosa importante: contava solo raggiungere la meta, una meta che la ragione non conosceva ma la coscienza si. Si sentiva sdoppiata, come se non fosse più padrona del suo corpo ma controllata da una forza superiore, accusava il desiderio di ricongiungersi a qualcuno.. o a qualcosa.

Si fermò a Central Park, nei pressi dello zoo, un punto deserto e scarsamente illuminato. Si portò una mano al petto, ansimando, guardandosi intorno preda di una strana agitazione. Perché non riusciva a tornare in sé stessa? Continuò a vagliare con lo sguardo ogni centimetro di quella zona finché scorse una figura poggiata al tronco di un albero. Indossava un cappotto nero –nonostante facesse caldo- , aveva un cappuccio calato fino sul naso, le mani nelle tasche ed era avvolto dalla penombra. Sentiva una strana attrazione per quell’uomo.. o donna? Non riusciva neanche a capire il sesso per quanto era distante e nascosta.

Mosse un passo verso la figura ma due possenti braccia la bloccarono, stringendole il torace. «Ehi!» quel gesto la svegliò dalla confusione in cui era caduta. «Lasciami, lasciami!» si dimenò, cercando di liberarsi. Provò ogni cosa, gomitate, calci, ma era tutto reso vano da quella salda presa di cui era prigioniera. Persino prendere i suoi shuriken risultava difficile.
Due uomini sbucarono dagli alberi con il viso coperto da un passamontagna e indosso delle tute scure.

«Venere!» Donnie stese con un calcio alto uno dei due uomini, dopo aver saltato facendo leva sul suo bō. Michelangelo usò uno dei suoi nunchaku per agganciare il collo del primo assalitore e attirarlo a sé. La presa intorno al corpo di Venere si allentò e le consentì di compiere un giro sul posto e assestargli una ginocchiata nello stomaco. Il terzo uomo fu sistemato da Raphael con un gancio destro e un calcio basso che per poco non gli fratturò lo stinco.

I tre, ancora storditi dai colpi, corsero via un po’ barcollando. «Si, fuggite!» urlò Mickey, aprendo le braccia in segno di sfida. Venere, scossa, fu circondata dai fratelli e soprattutto da un Leo furioso «Che cosa ti è saltato in mente, Venere? Non avevo appena detto a Raphael di..» «Sei forse impazzita?» sbottò la testa calda, ancor più arrabbiato di Leo «Che cosa diavolo hai per la testa, eh? Ti sembra il momento di giocare?» «Poteva accaderti qualcosa di brutto» commentò il più piccolo preoccupato «Venere? Venere?» la richiamò Donatello perché lei non pareva ascoltare nessuno di loro. Aveva il fiato corto e continuava a guardarsi intorno, spaventata. L’incappucciato era scomparso. Notò solo questo prima di perdere i sensi e svenire tra le braccia di Raphael.




«Idioti!» l’urlo riempì la stanza e per poco non crepò le pareti marmoree. Chi lo aveva lanciato si muoveva furibondo con le braccia tese e i pugni ben stretti. Davanti a lui c’erano tre uomini in ginocchio con la testa china.
L’ambiente era bianco, luminoso, emanava tutta la ricchezza del proprietario della villa antica. Probabilmente dovevano trovarsi in una ex sala da ballo, dati gli affreschi sul soffitto e lo spazio ampio, privo di colonne, in cui erano state costruite delle celle che cozzavano con tutta quella eleganza. Le gabbie erano quattro e i prigionieri osservavano la scena senza tradire la minima emozione.

«Signore, credevamo fosse il cuore di Erebo» biascicò uno degli uomini a terra.
«Credevate?» sputò rabbioso l’altro «Siete soltanto degli sciocchi umani, non avete la minima idea di come sia il cuore di Erebo. Avete soltanto attirato l’attenzione!» «Pensavamo di renderLa felice» a quella confessione, l’adirato scoppiò in una fragorosa e inquietante risata. D’improvviso estrasse un pugnale dal suo cappotto nero e lo conficcò nello stomaco dell’uomo che sgranò gli occhi e non ebbe neanche la forza di gridare. «Io penso» l’incappucciato sibilò «Voi agite» estrasse rapidamente la lama, il corpo cadde a terra creando una pozza di sangue. Gli altri due uomini tremarono, impauriti e scossi. «Signori» il tono di voce dell’assassino si addolcì, cacciò dalla tasca dei pantaloni un panno e con calma iniziò a pulire la lama «Erano questi i patti, no? Obbedite e sarete ricompensati... comunque sia» sospirò «Grazie a voi ho individuato un altro adepto e presto..»

«Non farlo Xavier!» ringhiò una prigioniera aggrappandosi alle sbarre. L’uomo le si avvicinò lentamente «Non riuscirai a catturarla, ha una famiglia..» continuò la donna «Una famiglia?» Xavier ridacchio «Anche voi avevate una famiglia» le puntò la lama contro il viso «E la sua farà la stessa, identica fine» rise ancor più forte mentre gli occhi della ragazza si gonfiavano di lacrime e risentimento. «Erebo non può vincere sempre, ragiona Xavier..» «Siete voi» guardò gli altri prigionieri con sprezzo «Siete voi che dovreste ragionare»




Con prontezza Raphael strinse a sé il corpo di Venere privo di sensi. Raramente l’avevano vista svenire e questo, unito al suo strano comportamento, suscitò preoccupazione nei quattro fratelli. Michelangelo continuava a chiamarla quasi sull’orlo di un attacco di panico. «Raph, portala a casa di Roger» ordinò il leader facendo appello a tutto il suo sangue freddo «Voi due con me, setacciamo la zona» il suo tono autoritario era pregno di apprensione. Titubanti, Mickey e Donnie annuirono «Raph» Leo lo richiamò prima che potesse allontanarsi «Prenditi cura di lei» «Come sempre» rispose l’altro con il tono duro di chi non ammette repliche, di chi si sente ferito nell’orgoglio. Come osava puntualizzare una cosa così ovvia? Si era sempre preso cura di lei, era sempre stato disposto a sacrificare sé stesso per il suo bene.

Percorrendo strade sicure e poco illuminate, scavalcando muri e accorciando per i tetti quando possibile –la sua agilità era limitata dal corpo di Venere tra le braccia- raggiunse casa di Roger, bussando alla porta sul retro per essere il più discreto possibile. L’uomo aprì e sgranò gli occhi «Santo cielo» si passò la mancina tra i folti capelli ramati «Cosa diavolo è successo» «Non ha retto un po’ di adrenalina, tutto qui» Raphael scrollò le spalle «Devo portarla in camera» «Certo!» Roger, sconvolto, scattò come un soldatino e lo aiutò a portare Venere in camera, adagiandola piano sul letto. «Preparo qualcosa? Serve qualcosa?» domandò apprensivo «Non credo ce ne sia bisogno» commentò la tartaruga «Deve riprendersi, tutto qui» poi scoccò un’ occhiata all’uomo, squadrandolo «Come mai sei sveglio a quest’ora?» «Mi hai svegliato tu, testa di mulo» rimbeccò piccato e le borse sotto gli occhi ne erano una conferma. Effettivamente Raphael non era stato molto delicato nel bussare, prendendo a pugni la porta quasi fino a sfondarla. «Hai il sonno pesante» si giustificò. Roger sospirò, era decisamente il fratello più irritante. «Se serve qualcosa non esitare a chiamarmi» disse «In modo civile» aggiunse per poi andar via. Era una persona molto decisa e autoritaria, dopotutto un professore universitario ne incontrava cento di Raphael e sapeva come tenergli testa.

Venere aveva la fronte aggrottata e le labbra arricciate. Si muoveva spesso, strizzando nervosamente gli occhi e mormorando parole incomprensibili e sconnesse. Qualcosa la stava tormentando.

«Ehi» Raphael prese la sua mano, inconsciamente Venere la strinse e i tratti del suo viso si rilassarono in un’espressione più serena, quel contatto le trasmise un po’ di pace. Raphael sospirò, fissandola assorto e malinconico. Ricordava quando da piccola faceva gli incubi e in lacrime sgattaiolava in camera di Raph, nel suo letto, pregandolo di farla restare e di proteggerla. Lui acconsentiva sempre e la stringeva in un abbraccio affettuoso, promettendo che niente le avrebbe fatto del male finché ci fosse stato lui. Grazie a Venere, Raphael non era più stato tormentato dal desiderio di essere il leader, di prendere il comando della squadra. Voleva essere solo sé stesso e voleva farlo per lei, per lei che lo guardava con quegli occhi grandi e carichi di ammirazione, per lei che lo reputava il suo eroe. Ecco, gli bastava solo questo, essere per sempre l’eroe di sua sorella, essere lì, pronto a difenderla da ogni cosa.

Purtroppo con gli anni qualcosa tra loro si era incrinato e temeva di essere lui il responsabile.
Venere continuava a essere affettuosa con tutti, in primis con Mickey che la stritolava in abbracci dalla mattina alla sera. Donatello era diventato il suo personale confidente, conosceva tutte le sue cotte, le delusioni e gli intrecci amorosi che solo l’adolescenza regala. Leonardo era più un padre per lei, sempre pronto a dispensare consigli e a sostenerla nel momento del bisogno.
Raphael? Che ruolo aveva assunto Raphael nella sua vita? Era arrogante, scontroso e irascibile. Accusava un senso di inadeguatezza dato dal confine invalicabile tra il sottosuolo e la superfice. In mezzo alla gente, Venere faceva esperienze di cui lui non poteva essere partecipe a causa della sua natura. Si detestava e riversava il sentimento sulla sorella, ergendo un muro ogni volta che cercava di dimostrargli affetto. Questo muro era diventato la sua prigione, non riusciva ad uscirne e, soprattutto, non gli permetteva più di esternare i suoi sentimenti. Donnie, Mickey e Leo non ci davano più molto peso. Venere, per quanto fosse brava a dissimulare, soffriva e si domandava dove fosse finito il suo Raphael, il suo fratellone.

La ragazza si mosse appena e aprì piano gli occhi. Raph ritrasse la mano e incrociò le braccia al petto, assumendo la sua solita maschera dura e cinica. «Buongiorno» disse sarcastico. Lei strofinò la punta del naso contro il cuscino, gemendo appena, preda di una leggera emicrania. «Che cosa..» biascicò con voce impastata «Hai dato di matto, probabilmente stavano per ucciderti e poi sei svenuta in stile Dante» minimizzò «Come ti senti?» «Ho mal di testa» ammise lei, tirandosi su a sedere. Si guardò intorno come se a stento riconoscesse la sua camera e il viso del fratello. «Sono le tre di notte se te lo stai chiedendo e si, sono stato io a portarti qui» il ninja si alzò dalla sedia «Credi di star bene?» probabilmente l’aveva bombardata di informazioni data la sua espressione ancor più smarrita. «Sì... io... me la caverò» mormorò. Raphael la fissò un attimo per capire se stava mentendo ma non notò altro che la sua confusione. Sospirò, probabilmente rincuorato, e si avvicinò alla finestra rimasta aperta.

«Raph!» Venere lo richiamò prima che scavalcasse il cornicione. «Si?» domandò l’altro con sufficienza, dandole le spalle «Ecco io... mi dispiace, non volevo causare guai» abbassò la testa mortificata. La testa calda rimase in silenzio qualche istante, reprimendo con forza l’istinto di abbracciarla e rassicurarla. Ecco. Ancora una volta lei soffriva e cercava un dialogo e lui glielo negava. «Riposati» rispose soltanto «Il leader ritiene che sia meglio per te non andare a scuola domani» salì sul cornicione e con un salto sparì nella notte. Aveva mentito. Non era stato Leo a pensarlo… era stato lui.





Erebo : secondo la religione greca, è divinità ancestrale, figlio di Caos e di Notte, fratello di Emera (personificazione del giorno). Con il termine Erebo si indicano anche gli inferi.
Ora, la religione greca non avrà niente a che fare con la narrazione (e neanche l’Egitto, precisiamo lol) , ho solo preso in prestito il nome di Erebo perché sono stata ispirata dal significato. Mi sembrava giusto essere onesta, ecco, per rispetto degli antichi greci che avevano più fantasia di me *porge fiorellini*
Per il resto, iniziamo pian piano ad entrare nel vivo della storia. Questo capitolo presenta l’antagonista (soffrirete un po’ prima di conoscerlo bene) insieme a uno dei binari principali della storia, il rapporto tra Raphael e Venere.
Detto ciò, spero che vi sia piaciuto e ci si vede al capitolo quattro!

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Capitolo 4
*** My little big bro' ***





Ma salve!
Mi scuso per l’attesa, sono super impegnata in questi giorni!
Ringrazio per aver recensito:
-Marlena_Libby
-Roby (ho usato il diminutivo cara)

In calce una nota e un commento, piccoli, piccolissimi!
Quindi, bando alle chiacchiere.. buona lettura!




«Era terrorizzato» Mickey scoppiò a ridere seguito a ruota da Venere. «Terrorizzato?» domandò lei retorica tra le lacrime. «Si, strillava come una donna» e ancora fragorose risate rimbombarono in quella stradina buia che percorrevano per la solita ronda. Ogni tanto era piacevole camminare normalmente, senza rimbalzare tra un tetto e l’altro o nascondersi nelle gallerie del sottosuolo.
Michelangelo aveva ripescato l’ultima avventura vissuta, raccontando con tono emozionato ma anche nostalgico la lotta con Krang. In particolare, si era soffermato sul momento del salto dal loro aereo a quello di Bebop e Rocksteady , ricordando la reazione di Raphael, poco coraggiosa, poco da testa calda. Sia lui che Venere ridevano, così tanto che Donatello temeva sarebbero morti. Leonardo faceva appello a tutto il suo rigore per restare serio ed evitare che le labbra si piegassero in un sorriso divertito. Raphael.. bèh, stringeva così tanto i pugni che per poco le nocche non diventavano livide. Il suo unico desiderio era quello di picchiare il suo adorato fratellino.

«Un vero ninja» Mickey continuava ad infierire mimando smorfie ed espressioni e la ragazza si portò le mani sugli addominali, accusando i primi crampi.
«Volete piantarla si o no?» sbottò Raphael spazientito, girandosi a guardarli.
«Coraggio Raph, tutti hanno paura» replicò tranquillo e divertito Mickey.
«Se continuate con questo chiasso attireremo l’attenzione» sibilò nervoso, accusando il tono dell’altro ancora canzonatorio. Venere si morse il labbro inferiore e cercò di distrarsi. Bastò però uno sguardo con Mickey per tornare a ridere come due bambini.
Raphael scattò come una molla e colpì il più piccolo con un pugno in testa, suscitando uno suo lamento, e si limitò a guardar male Venere. Non l’avrebbe mai colpita, anche quando si allenavano nel dojo conteneva la sua irruenza.
«Perché picchi sempre me e mai Venere!» si ribellò Mickey.
«Perché mi irrita la tua risata» rispose scontroso per poi allontanarsi.
«Povero Mickey» Venere lo abbracciò, stringendolo con affetto e fu ricambiata. Erano i più piccoli e tra loro c’era molta complicità. «Sei una povera vittima del bullismo» aggiunse e Michelangelo annuì vigorosamente.
«Ehi tu! Raphael!» Venere si sciolse dall’abbracciò e si avvicinò al fratello che li precedeva, camminando accanto al leader. «Dovresti smetterla di prendertela con i più piccoli, non è giusto! Leo» lo guardò «Leo, difendi i nostri diritti, metti Raphael e tacere, dagli una bella lez-» «Sarai tu a ricevere una lezione se non fai silenzio» brecciò Raphael, guardandola torvo. In fin dei conti lei e Michelangelo non erano poi così diversi nei confronti di Raphael e ricevevano da questo lo stesso trattamento. Era così divertente farlo irritare ma era ancor più divertente osservare il leader e Donnie, ormai abituati a quel teatrino quotidiano.

Continuarono la ronda così, tra le battute e le minacce del secondo fratello, tra l’invito a far silenzio e a mantenere il rigore da parte di Leo e le informazioni dettagliate di Donatello che non scollava mai gli occhi dalle sue apparecchiature. Nonostante fossero a caccia di guai –o di azione- l’atmosfera era leggera e scherzosa e tutti parevano aver dimenticato lo strano atteggiamento avuto dalla sorella qualche giorno prima.
In realtà, mentre Venere riposava in camera sua a casa di Roger, i ninja ne avevano parlato con Splinter, Donatello aveva descritto tutto senza trascurare niente. Il maestro si era lisciato i lunghi e sottili baffi, assorto, e si era limitato a un semplice “Ha bisogno di riposo”. Poi era andato a meditare nel dojo, lasciando i figli con un grande punto interrogativo sul viso.

Nessuno aveva più affrontato l’argomento e anche Venere pareva aver rimosso. Almeno fino a quel momento.

Mentre rideva per un’altra battuta di Mickey, accusò quel lieve ronzio nella testa. Una interferenza, uno scricchiolio. Sussultò appena e il cuore perse un battito. Si guardò intorno cercando, istintivamente, la figura incappucciata che tanto l’aveva attratta la sera del parco. A parte i fratelli e qualche gatto randagio, non c’era nessuno in quella stradina scarsamente illuminata.

«Torniamo al rifugio» sentenziò Leonardo, fermandosi. «Non c’è molto per noi» scrollò le spalle e poi il suo sguardo sgusciò su sua sorella, tesa e nervosa. «Venere, tutto bene?» aggrottò la fronte e si avvicinò a lei.
«Si» titubò, sorridendo.
«Ne sei sicura?» si aggiunse Raph.
«Sicurissima» confermò, annuendo vigorosamente. Il ronzio era cessato, non doveva preoccuparsi. Poteva essere solo spossatezza o suggestione la sua.
Il leader la scrutò ancora e poi si convinse delle sue parole «Torniamo a casa» ordinò.
Tutto accadde rapidamente e senza alcun preavviso: Venere sfilò i sai di Raphael poco distante e si gettò su Leo che, percependola, sfoderò la katana e bloccò l’attacco. Lei non si lasciò intimorire. Liberò i sai e si piegò per affondare una delle due lame nel fianco del fratello. «Venere!» il leader parò anche quel colpo, il tutto sotto lo sguardo attonito e sconvolto degli altri. Succedeva tutto così velocemente che nessuno aveva avuto la prontezza di reagire e interporsi tra i due. Anzi. Nessuno avrebbe mai immaginato di assistere a una scena del genere. Fortunatamente Leo era sempre in allerta e con i riflessi pronti.

La ragazza stringeva i sai saldamente, le braccia ancorate al busto e le spalle dritte. Il viso era una maschera priva di emozioni, lo sguardo era spento, vuoto, vitreo. Sembrava essere stata privata della sua anima, di lei era rimasto soltanto il corpo, un involucro.
Attaccò ancora. Agiva meccanicamente, con una furia e una agilità mai viste prima. Nessuno sapeva come intervenire, erano tutti troppo sconcertati. Infine, Venere riuscì a bloccare la katana di Leo tra gli tsuba.
«Venere che stai facendo?» sbottò lui tentando di contrastare la pressione esercitata dalla ragazza. Sembrava voler spezzare la lama del fratello.
«Smettila adesso, basta!» Raphael era pronto a intervenire.
Donnie e Mickey avevano istintivamente impugnato le loro armi ma senza trovare il coraggio di usarle contro la sorella.

Improvvisamente tutto cessò. Lo sguardo di Venere si riempì di vita e di luce, i tratti del viso si rilassarono per poi modellarsi in una espressione sconvolta nel ritrovarsi faccia a faccia con Leo, lama contro lama. Si allontanò, lasciando cadere i sai, confusa e terrorizzata. «Leo» soffiò, tremando appena. «Mi dispiace» guardò i suoi fratelli con le armi in mano, sulla difensiva. Gli occhi si velarono di lacrime «Mi dispiace, mi dispiace» continuò a ripetere come un disco rotto, piegandosi sulle ginocchia e portandosi le mani tra i capelli.




«Quindi hai attaccato Leonardo» Ingrid picchiettava la punta della penna sul blocco degli appunti che aveva posato sul tavolo. «Mmh..» era pensierosa e leggeva ciò che aveva scritto, frutto di diverse ricerche.

Erano passati giorni da quello che avevano schedato come incidente e che non poteva più passare inosservato. Tornando al rifugio, Donatello le aveva preparto una camomilla e Mickey non le aveva lasciato la mano per alcuna ragione. Leo era ancora sconvolto ma preoccupato, proprio come Raphael. Splinter aveva voluto parlarle in privato, per sincerarsi di persona che stesse bene. Venere gli aveva confessato che no, non stava bene per niente: aveva perso la lucidità e tentato di uccidere suo fratello. Come poteva star bene? Da quella notte nessuno di loro l’aveva persa di vista un solo istante. I loro sguardi carichi di apprensione le suscitavano disagio e frustrazione e aveva deciso di sfogarsi per telefono con la sua migliore amica. Sentendola così abbattuta, Ingrid le aveva proposto un caffè al Cross, il loro bar preferito.
Perciò erano lì, entrambe con una bevanda fredda, Ingrid calata nei panni della psicologa che rifletteva su diverse ipotesi appuntate sul quaderno, Venere con lo sguardo basso e sconsolata.

«Hai vampate di calore?» domandò seria la mora.
«Che?» l’altra inarcò un sopracciglio, stranita «No»
«La menopausa la escludiamo» con decisione Ingrid tirò una linea sui suoi appunti «E anche la crisi di mezza età» aggiunse, increspando poi le labbra «Hai allucinazioni?»
«Ingrid!»
«Si? Potrebbe essere un disturbo bipolare o uno sdoppiamento di personalità» si difese impettita.
Venere la guardò basita: sul serio la credeva pazza? Ingrid capì e sospirò «Ascolta Venere, hai tentato di uccidere tuo fratello e questo è preoccupante» disse «Accusi un ronzio nella testa, dai di matto.. non possiamo ignorare questo nesso causa-effetto, ti pare?»
«Non sono pazza Ingrid» sbottò esasperata, portandosi le mani tra i capelli.
«Non ancora» precisò lei, alzando l’indice con fare saccente «Se si prende in tempo, si può combattere facilmente la nevrosi e..»
«Basta, basta!» sbuffò Venere, alzandosi dalla sedia e prendendo da terra il suo zaino «Sei stata molto illuminante Ingrid, dico sul serio» ironizzò «Devo andare a lavoro adesso» schioccò uno sguardo all’orologio da parete che segnava le tre «Ci vediamo..»

«Ci vediamo alle sette» Ingrid sorrise serafica.
«Alle sette?» prima di allontanarsi si voltò a guardarla interrogativa.
«Ricordi? Quando stacchi da lavoro dobbiamo cercare il vestito per il ballo di fine anno» l’emozione le incrinò la voce.
«Il vestito» si morse il labbro inferiore. Aveva dimenticato l’appuntamento, aveva dimenticato il ballo di fine anno e aveva promesso a Donatello di parlargli, di confidarsi. Lui era così preoccupato per lei e decisamente sarebbe stato molto più utile di Ingrid. Almeno non le avrebbe dato della nevrotica. Forse.
«E se ci andassimo domattina?» propose in difficoltà.
«Hai dimenticato vero?»
«Potrei aver preso impegni con Donnie» ammise.
Ingrid sorrise compiaciuta «Ci parlo io con Donnie, tranquilla. Alle sette passo dal Bit» come sempre la sua decisione e spavalderia non lasciarono spazio a repliche. Venere scrollò le spalle e accettò pensando che le avrebbe fatto bene distrarsi un po’.
Uscì dal Cross, il caldo sole di maggio la colpì sul viso e l’afa l’avvolse. Iniziò a incamminarsi verso la prima fermata della metro ma, giunta a un incrocio, si voltò di scatto, sentendosi osservata. In mezzo a tanti volti estranei non notò nessuno di sospetto. Tornò sui suoi passi con una strana sensazione addosso.




Lavorò distratta, accontentando tutte le richieste dei clienti della tavola calda, nella più totale apatia. Mai come quel giorno avrebbe preferito non lavorare e non aver a che fare con nessuno, proprio lei che era solita scherzare con tutti e risollevare il morale a chi, magari, quel lavoro non lo sopportava molto.

Aprendo la porta di servizio del retro del locale, uscì trascinando un grosso sacco di spazzatura. Lo abbandonò a ridosso di un cassonetto e riprese fiato: si sentiva stanca, spossata e il caldo non aiutava.

Si irrigidì, accusando ancora la sensazione di essere seguita. Questa volta però sentiva il pericolo reale. C’era una presenza dietro di lei, qualcuno che le era ormai vicino. Con uno scatto si girò, afferrò il polso dello sconosciuto, ruotò e gli piegò il braccio dietro la schiena, schiacciandogli il viso contro il muro.

«Chi diavolo sei? E perché mi segui?»
«Calma, stai calma» lo sconosciuto aveva un tono pacato e non si ribellò a quella presa.
«Ti ho fatto due domande» insistette lei, premendogli maggiormente il braccio.
«Non è facile parlare in queste condizioni, ti pare?» constatò sarcastico.
Venere rifletté un attimo e poi, titubante, lo liberò. L’estraneo si voltò piano e con le mani aperte in segno di innocenza. Aveva un viso spigoloso e giovane, incorniciato da capelli castani, disordinati, ribelli. Due grandi occhi verdi, scuri e profondi, la osservavano con sguardo sicuro e spavaldo. Un sorriso amichevole e luminoso mostrava una bianca e perfetta dentatura. Era alto, circa un metro e ottanta, la camicia azzurra a mezze maniche mostrava braccia muscolose e disegnava la forma dei pettorali scolpiti. Un fisico da modello, insomma.
La ragazza indietreggiò di un passo, sulla difensiva.

«Mi chiamo Thomas» si presentò lui cordiale «Sono il..» esitò un attimo «Nipote di Roger Smith» spiegò.
«Il nipote di..» ripeté lei piano, confusa «Conosco Roger da quando sono piccola e mai» calcò particolarmente l’ultimo termine «Mai ha parlato di te» in verità Roger non parlava affatto dei suoi parenti, certe volte credeva fosse nato da un fagiolo o venisse da un altro pianeta. Non aveva sorelle, fratelli o genitori che lo andassero a trovare. Lei , i ninja e Splinter erano la sua unica famiglia.
«Beh si, ecco..» Thomas tossì «Non parla molto di sé il vecchio Roger, sai come sono i professori universitari» sembrava sperticarsi.
«Mi stai prendendo in giro?» Venere si irritò, le stava mentendo palesemente.
«Certo che no» si portò una mano al petto risentito «Non oserei mai, devi credermi, sono il nipote di Roger. Ha una sorella ma non sono mai stati in ottimi rapporti, ecco perché non ne parla mai» spiegò pacato «Puoi chiamarlo e chiedere conferma» si strinse nelle spalle. Se fosse stato un bugiardo non le avrebbe mai proposto una cosa simile. Questo, unito alla sua aria sicura, parve un attimo calmarla.

«D’accordo, sarai anche il nipote di Roger ma cosa vuoi da me?» domandò ancora sospettosa.
«Non vivo a New York, sono solo di passaggio» rispose «Alloggio in un hotel e Roger mi ha detto che avrei trovato una faccia amica se fossi venuto al Bit»
«Io non sono tua amica, vacci piano» borbottò fredda somigliando molto a Raphael.
Thomas sorrise teneramente «Come ti chiami?»
Venere sussultò. Quel sorriso così sincero riuscì a sciogliere la sua diffidenza e addolcirla. Si rilassò «Mi chiamo Venere» rispose. Dopotutto Roger l’aveva mandato da lei perché convinto di poter contare sulla sua accoglienza.
«Piacere di conoscerti Venere» le tese la mano e lei la strinse.
«Cosa ci fai a New York?» si incuriosì.
«Volevo visitare la grande mela prima di rinchiudermi in college» ridacchiò e lei sorrise divertita, condividendo il suo pensiero. «Questa città è enorme e mio zio mi ha consigliato una guida d’eccezione» incrociò il suo sguardo.
«Risparmiati le lusinghe Thomas.. Tom.. posso chiamarti Tom? Comunque» non le importava la risposta «Sei fortunato, domani il Bit è chiuso per manutenzione e non dovrò lavorare» il tono si velò di sollievo «Potrei portarti un po’ in giro» propose e le labbra del ragazzo si tesero in un sorriso compiaciuto «Però» sollevò l’indice con decisione «Prima voglio assicurarmi che tu non sia un bugiardo, squilibrato, serial killer»
Thomas rise «D’accordo!» accettò «Ci vediamo alle dieci a Central Park, mh?» la salutò con un cenno della mano e poi si allontanò con disinvoltura. Venere lo fissò ancora un po’ perplessa «Capitano tutti a me» mormorò ironica, alzando gli occhi al cielo e rientrando nel locale.




«Thomas? Si, Thomas!» esclamò Roger intento a tagliare le carote in piccoli dischetti per condire il suo arrosto. Venere era in cucina, accanto a lui, mangiando ogni tanto un piccolo pezzo di ortaggio. Gli aveva raccontato dello strano e movimentato incontro e l’uomo non aveva mostrato alcun dubbio, limitandosi a sorridere divertito al pensiero del nipote sbattuto al muro. Più che sorriso la sua era stata una grassa risata.
«Quindi è sicuro?» si accertò Venere.
«Sicurissimo stella» la chiamò affettuosamente «Non ti farà del male» la guardò «Perciò non picchiarlo» rise ancora e aprì il frigorifero cacciando fuori un po’ di sedano. «Non sei di ronda questa sera?» si informò.
«No» Venere si abbandonò a un sospiro affranto «Splinter vuole che resti buona buona per un po’ di giorni» e Raphael mi ha vietato di andare con loro ma no, non lo disse. Il tono burbero che aveva usato con lei ancora la innervosiva. «E poi Leo..» abbassò la testa, mordendosi il labbro inferiore. Già, Leo.
Il leader aveva cercato di parlarle più volte dopo l’accaduto ma lei lo aveva sempre evitato. Si vergognava, si sentiva in imbarazzo, non riusciva neanche a sostenere il suo sguardo figurarsi un discorso. Sapeva che lui non era arrabbiato ma solo preoccupato, sapeva che non l’avrebbe mai rimproverata o fatta sentire in colpa. Tuttavia non era ancora pronta per affrontarlo, non era ancora pronta per dirgli cosa provava e come si sentiva.
Schioccò la lingua sul palato e sorrise «Paparino, io vado un po’ sul tetto, avvisami quando è pronta la cena» gli lasciò un bacio sulla guancia, uscì dalla cucina e andò alle scale, le salì , superando il secondo piano –dove c’erano le camere da letto e un secondo bagno- , spinse una grande porta in ferro e si ritrovò sul tetto, una grande terrazza polverosa e illuminata solo dalla luna piena che splendeva nel cielo scuro.

Andò a sedersi sul cornicione, le gambe penzoloni nel vuoto, e si lasciò travolgere dai suoi pensieri. Dopo il lavoro aveva chiamato Donnie per chiedere se il loro appuntamento fosse confermato. “Vai pure con Ingrid” aveva detto lui “Avremo modo di parlare ” .Che delusione. Avrebbe tanto voluto parlare con Donnie, confidarsi. Il genio aveva una spiegazione per tutto e sperava che l’avesse anche per il suo incidente. Per fortuna i vestiti erano riusciti a distrarla almeno per un paio d’ore.
Ingrid ne aveva provato uno azzurro cielo, sbrilluccicante, con il corpetto aderente e le maniche a sbuffo. “Cosa ne dici?” aveva chiesto rimirandosi allo specchio del negozio “Ottimo se vuoi essere inscatolata ed esposta nel settore barbie” Venere aveva espresso il suo parere senza filtri. Affranta Ingrid era tornata in camerino, rassegnata al fatto che non avrebbe mai trovato niente di adatto. Venere non aveva provato molto, troppo svogliata, troppo triste per pensare a una cosa spensierata come il ballo di fine anno.
Le aveva poi raccontato dello sconosciuto, di Thomas, e Ingrid, dopo un attimo di confusione, aveva commentato con un “Capitano tutte a te”.
Già, poteva ben dirlo!
Le aveva proposto di unirsi a loro per il giro mattutino ma lei aveva declinato, dicendo che doveva studiare. Che ragazza diligente.
«Venere» una voce ferma la colse di sorpresa. Sussultò e girò la testa di scatto, notando la figura di Leonardo che piano avanzava verso di lei. «Leo..cosa.. cosa ci fai qui?» erano le nove passate, avrebbe dovuto essere di ronda con i suoi fratelli. Il cuore iniziò a battere forte, le mani tremavano. Non poteva scappare, non poteva evitarlo come aveva fatto in quei giorni. Poteva solo affrontarlo.. ma come?
Il leader si sedette accanto a lei «Non vuoi suicidarti vero?» scherzava ma era anche un po’ preoccupato.
«No» sorrise piano lei «Non stasera almeno, Roger sta cucinando il suo arrosto »
«Vale la pena vivere qualche altra ora» commentò. Risero insieme.
«Già» improvvisamente si sentì rilassata e ancora una volta capì perché Leo era la loro guida: aveva il potere di allentare la tensione e mettersi in sintonia con tutti.
«Mi stai evitando?» domandò poi, dolcemente.
«Cosa?» Venere si allarmò «No no Leo, non lo farei mai. Insomma si.. insomma no.. ecco io..»
«Venere non sono arrabbiato con te»
«Lo so..»
«Sono solo molto preoccupato. Tutti lo siamo, persino quella testa calda di Raph»
«Si?» il tono tradì una certa emozione. Raphael preoccupato per lei? Nel profondo del cuore si sentì felice.
«Si, non fa altro che chiedere spiegazioni al maestro» Leo sorrise mestamente. Splinter non era molto collaborativo in quei giorni, si chiudeva nel dojo a meditare o si limitava a risposte criptiche. «Mickey non si da pace oggi, vuole averti con noi durante la ronda» ammise «E anche io» soffiò, abbassando lo sguardo.
Venere lo guardò sorpresa. Leo, così composto e rigoroso, non era il tipo da certe esternazioni. Si dimostrava preoccupato, apprensivo ma sempre in modo molto contenuto, come se tutto facesse parte di una grande strategia. Non era affettuoso come Mickey, né istintivo come Raphael. Aveva uno stile tutto suo per esprimere i sentimenti, uno stile che spesso passava inosservato, lasciando che gli altri lo accusassero di insensibilità.
«Leo, io..»
«Vorrei sul serio che tu venissi con noi, riesci a frenare l’impulso omicida di Raph nei confronti di Mickey e a rendere Mickey meno fastidioso» spiegò «E senza di te non siamo al completo» si grattò la nuca, sembrava in imbarazzo «Ma dobbiamo prima capire cosa ti succede» incrociò il suo sguardo e Venere capì: si stava scusando. Leonardo si scusava come se si sentisse la causa dell’incidente, come se per colpa sua Venere fosse costretta a restare a casa.
«Leo» lo chiamò piano, sciogliendosi in un sorriso. Si strinse al suo braccio e posò la testa sulla sua spalla «Sei il big bro’ che tutti vorrebbero» mormorò dolcemente.
«Vallo a dire a Raph» scherzò amaramente lui.
«Mi farà bene stare a casa» lo rassicurò «Potrò fare sonni tranquilli sapendo che siete di ronda» annuì «Anzi, dovresti andare.. ti staranno aspettando»
«No, ho dato il comando a Donnie, sono già in giro» ammise.
«A Donnie? Cavolo Leo, dovresti scrivere un libro “Come farsi odiare da Raph, i consigli dell’esperto”» ridacchiò, un po’ divertita e un po’ preoccupata. Raphael non doveva averla presa molto bene.
«Si, lo so» sospirò «Ma è troppo instabile, troppo strano.. troppo preso da te»
Venere sussultò ancora e le gote acquistarono colore. Fino al “troppo strano” non aveva sentito niente di nuovo. Furono le ultime parole a mandarle in tumulto il cuore e uno strano e piacevole calore l’avvolse. In quel momento si sentì la ragazza più fortunata del mondo: i suoi fratelli, le loro premure, i loro insegnamenti, i loro gesti, la loro presenza.. tutto, tutto era così prezioso per lei.
«Leo»
«Si?»
«Rimarresti con me per un po’?» domandò come una bambina. Il leader si intenerì e la strinse a sé «Ogni tuo desiderio è un ordine per me» ridacchiò.
Alzarono poi lo sguardo al cielo, contemplando in silenzio la luna per minuti, per ore, stretti in quell’abbraccio.




Bene bene!
Una piccola nota: l’episodio ricordato da Mickey è tratto dal secondo film, se non lo avete visto –o non lo ricordate- ovviamente non lo avrete capito.. mi scuso *porge biscotti*
Per quanto riguarda Thomas.. non perdertelo d’occhio, d’accordo? Vi stupirà.. oh si, vi stupirà parecchio!
Restate sintonizzati!

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Capitolo 5
*** Out of control ***





Sempre prima i ringraziamenti perché vi adoro <3 :

-Marlena_Libby
-Roby
-reign_00evil

In calce un avviso importantissimissimo! Mi raccomando <3
Buona lettura!




Sbadigliò e per poco non cadde dallo sgabello. Donatello armeggiava con le sue apparecchiature, cercava qualcosa in quel caos chiamato laboratorio e sembrava aver dimenticato la presenza di Venere. Mickey era buttato sul divano mezzo assonnato, proprio come lei, poteva osservarlo da lontano e sorridere appena: entrambi non erano mai stati molto mattinieri. Leonardo, a differenza loro, era sveglio da chissà che ora e si allenava con Splinter nel dojo. Raphael?

«Raphael è sveglio?» domandò. Erano le nove e mezzo del mattino e, sebbene la testa calda non amasse svegliarsi presto, raramente dormiva fino a tardi.
Non ricevette alcuna risposta. Donnie aveva trovato ciò che cercava, un braccialetto, e lo aveva collegato al pc.
Venere sospirò. «Donnie che stai facendo? Perché mi hai chiamata se mi stai ignorando?» piegò appena la testa e attese risposta. Niente. «Don..» il genio continuava ad alternare lo sguardo tra lo schermo del pc e l’oggetto stretto in mano. «Don!» Venere si spazientì, afferrò un chiodo –la prima cosa a tiro- e glielo lanciò in testa.
«Ahi!» Donatello si girò a guardarla interrogativo «Capirai presto perché ti ho chiamata» rispose, segno che si, la stava ascoltando e si, l’aveva volutamente ignorata, non per cattiveria ma perché troppo preso dai suoi esperimenti.
«Si può sapere che combini?» allungò il collo per sbirciare oltre il suo carapace.
«Ecco..» una scritta “loading 100%” lampeggiò sul suo schermo e lo strano arnese si illuminò. Donatello si voltò del tutto verso Venere con un sorriso soddisfatto e orgoglioso del suo operato «Questo è per te» le porse un braccialetto nero in gomma, sottile, con un piccolo schermo rettangolare.

Venere lo studiò inarcando un sopracciglio «Un.. contapassi?» domandò scettica e un po’ ironica. «Il mio compleanno è ad ottobre Don»
«Spiritosa» la guardò torvo e delicatamente le agganciò il bracciale al polso «È un chip» spiegò «Così possiamo tenerti d’occhio quando occorre e capire quanto frequenti sono i tuoi.. bhè, i tuoi scatti»
Lei rimase un attimo in silenzio, gli occhi chiari scivolavano dal volto del fratello, sereno e concentrato, al nuovo cinturino. Scosse appena la testa, attraversata da una consapevolezza «Scusami, non ho capito.. volete controllarmi?» mormorò.
«Si per capire se -»
«Volete controllarmi?» ripeté ancora, la risposta del fratello la ferì. Si sentiva una pazza, un pericolo pubblico, una serial killer in libertà vigilata. Temevano che potesse creare guai e far del male a qualcuno? I suoi fratelli non avevano più fiducia in lei?
«Venere è per la tua sicurezza, Leo crede che sia meglio monitorarti»
«Leo? Leo è la mente?» si alzò dallo sgabello, il cuore batté più velocemente pompando sangue misto a rabbia. Accusò una morsa allo stomaco «Assurdo, assurdo!» sbottò e a grandi passi uscì dal laboratorio.
«Venere!» Donatello la seguì conoscendo bene quegli scatti d’ira, Raphael reagiva allo stesso modo quando Leonardo prendeva decisioni senza consultarsi.
Venere lo ignorò e proseguì verso il dojo, superando un Mickey che la osservò interrogativo e basito. Il piccolo guardò il genio «Sta dando ancora di matto?» domandò indicandola.
«Si» sospirò l’altro «Ma questa volta è lucida» borbottò.
«Leonardo!» la voce irritata di Venere anticipò il suo ingresso nel dojo.
Il leader si fermò con la katana a mezz’aria, le ginocchia piegate, il busto in torsione e i muscoli delle braccia tese. Splinter, invece, con una calma disarmante smise di difendersi dagli attacchi del figlio e osservò la ragazza procedere spedita verso di loro.
«Venere..» iniziò Leo «Cosa c’è?»
«Cosa c’è? Cosa c’è?» il tono di voce si alterava ad ogni parola. Bruscamente interpose il polso tra i loro visi, sfoggiando con rabbia il braccialetto «Ti sembra normale?»
Leonardo si addrizzò con il corpo e per un attimo lo sguardo si posò sul padre. Questo lo osservava già, con interesse e disinvoltura, come a volergli dire di cavarsela da solo. Dopotutto era stata una sua scelta e ora doveva assumersene le responsabilità. «È per il tuo bene» rispose il leader con tono pacato.
«Per il mio bene o per il bene degli altri?» brecciò lei. E dire che la sera prima si era sentita così fortunata al pensiero di avere quattro fratelli premurosi e dolci, si era sentita così felice e compresa tra le braccia del big bro’. «Perché non una bella camicia di forza? Eh?»
«Non essere ridicola Venere. Hai cercato di uccidermi ed eri fuori controllo. Io ho saputo difendermi perché ho le capacità e perché so come attacchi. Un essere umano no, non può contrastarti. Si, è per il bene degli altri ma è anche per il tuo bene. In te c’è qualcosa che non va e abbiamo bisogno di capire. Le nostre ricerche devono pur partire da qualche punto no?» suonò come una domanda retorica. Durante il discorso non ebbe alcuna esitazione.
«Avresti potuto chiedere il mio parere» replicò
«Non mi serve il tuo parere, lo avrei fatto comunque perché è necessario»
Venere strinse i pugni per non tirargli uno schiaffo «Sei incredibile!» urlò. Portò lo sguardo sul maestro «Splinter non hai niente da dire? Leo sta invadendo la mia privacy e non ha neanche chiesto la mia opinione!»
Splinter protese le mani con i palmi aperti, facendo cenno di calmarsi «Figliola» iniziò in tono tranquillo, da pacificatore «Magari tuo fratello si è espresso male» velò un piccolo rimprovero «Ma ciò che dice è giusto, è importante capire quanto frequenti sono i tuoi scatti»

Venere schiuse le labbra ma ne uscirono soltanto profondi respiri. Era arrabbiata, ogni cosa di lei lo comunicava, ma portava troppo rispetto a Splinter per infuriarsi anche con lui. Abbassò lo sguardo e si morse il labbro inferiore «E tu Donnie, tu cosa ne pensi?» mormorò aspra. Donatello e Michelangelo l’avevano seguita nel dojo, il primo preoccupato, il secondo curioso. In effetti, mentre lo sguardo di Donatello era fisso in quello del leader, Mickey aveva un grosso punto interrogativo stampato in viso. Forse non ne sapeva niente.
«Leo ha ragione» rispose dopo qualche secondo.
«Lo dici perché Leo vuole sentirlo o perché è ciò che pensi?» si voltò a guardarlo, gli occhi iniziarono riempirsi di lacrime e Donatello ebbe un sussulto nel notarlo.
«Lo penso sul serio» ammise.
«Benissimo» il suo fu un sibilo impercettibile, un mix di sentimenti si agitava in lei: rabbia, frustrazione e sfiducia. «Non sarò di ronda questa sera» si incamminò verso l’uscita.
«Cosa?» sbottò Mickey deluso, spalcando la bocca con sorpresa «Perché?» tentò di fermarla prendendole il polso.
«Levati dai piedi Mickey!» brecciò lei, evitandolo.
Uscì dal dojo in tempo per scoppiare a piangere. Sperò che Raphael non si svegliasse in quel momento e che non la trovasse in lacrime, mentre correva via.

Tutti quanti erano rimasti immobili e in silenzio a fissare la porta che si richiudeva piano. Leonardo sospirò, Donatello aveva lo sguardo basso logorato dai sensi di colpa e Mickey era ferito.
«Non è saggio» mormorò Splinter con le mani intrecciate dietro la schiena «Creare conflitti in famiglia, specie quando il pericolo è imminente» si incamminò lentamente verso l’uscita.
«Pericolo imminente?» domandò roco il leader.
«Ogni cosa a suo tempo» fu la vaga risposta del maestro


«Va tutto bene?» Thomas continuava a studiarla camminando al suo fianco per i viali di Central Park. Il loro appuntamento era alle dieci ma Venere si era presentata con una buona mezz’ora di ritardo, troppo presa dalla discussione con i fratelli. Non aveva neanche potuto avvisarlo perché non possedeva il suo numero di cellulare e, nel farglielo presente, lui aveva sorriso e detto “Non ho un cellulare”. Tali parole l’avevano lasciata di stucco e Thomas era scoppiato a ridere aggiungendo un “Detesto la tecnologia, preferisco una cabina telefonica a gettoni”. Peccato che era ormai raro trovare una cabina telefonica a New York, in America, nel mondo intero.

La sorpresa dipinta sul viso di Venere aveva presto lasciato spazio alla malinconia. Certo, litigare con i suoi fratelli –specie con Raph e Leo- non era raro ma ogni diverbio lasciava sempre l’amaro in bocca. Non le piaceva urlare contro il leader e trattare male Mickey che, nella maggior parte dei casi, non aveva alcuna colpa.
«Venere? Ieri mi sembravi molto più allegra» commentò «Minacciosa ma allegra»
«Scusami Thomas» soffiò lei alzando finalmente lo sguardo «I miei fratelli sono così… così…»
«Fratelli? Quanti ne hai?» ridacchiò.
«Quattro» sorrise appena
«Cavolo! Quattro? Più tuo padre.. sei l’unica donna in un covo di maschi» ridacchiò «Deve essere difficile»
«Molto difficile» preciso sconfortata «Ognuno è insopportabile a modo suo» sbuffò «Però sono la mia famiglia, sono il mio mondo e io sarei disposta a sacrificare me stessa per loro» il tono divenne sempre più mesto. Scosse un po’ la testa, doveva scrollarsi di dosso quella tristezza, non le piaceva fare la piagnucolona. Sorrise e guardò Thomas «E tu? Hai fratelli?»
Thomas si morse il labbro inferiore e spostò lo sguardo altrove, in un punto indefinito. Esitò prima di rispondere «Figlio unico»
«Deve essere una pacchia»
«Dove siamo diretti?» domandò schiarendosi la voce, come a voler cambiare discorso.
«Ovunque» Venere non ci fece molto caso.
«Potremmo prenderci qualcosa da bere» propose.
«Ottima idea!»

Si fermarono a un chiosco del parco e presero due granite, al limone per lui, alla menta per lei, e poi si sedettero sul prato, sotto la chioma di una grande quercia, con la schiena poggiata sul robusto tronco. Scherzarono, risero, per un attimo Venere dimenticò la discussione e la causa, il braccialetto che aveva al polso e che ogni tanto lampeggiava. Thomas sembrava sempre molto restio a raccontare di sé ed era abile a sviare domande scomode. Non che Venere ne avesse fatte se non si considera scomoda la domanda “Da dove vieni?” . Ebbene, il giovane aveva riposto molto vagamente con un “ Da un paesino talmente piccolo che nessuno conosce” poi aveva riso, contagiando anche lei.
Aveva importanza saperlo? Non molta. In quell’ora la ragazza aveva scoperto di star bene con lui, era a proprio agio e sentiva di potergli raccontare qualsiasi cosa.

Parlò molto della sua vita, di Ingrid, di suo padre adottivo, dei suoi fratelli. Confessò persino di praticare arti marziali.
«Dopo il liceo? Cosa vorresti fare?» domandò Thomas, rigirandosi il bicchiere di plastica tra le mani.
«Ecco.. ho vinto una borsa di studio a Stanford» disse tutto d’un fiato, emozionata come una bambina il giorno del suo compleanno. Le brillavano gli occhi e aveva schiacciato troppo il bicchiere fino ad accartocciarlo.
Thomas restò un attimo in silenzio a fissarla imbambolato, come se per lui fosse stata una doccia fredda, un fulmine a ciel sereno. Le labbra schiuse, lo sguardo pregno di incredulità mista a qualcosa di indefinito. Sorpresa? Felicità? Invidia? Timore?
«Ma è fantastico» buttò fuori, tendendo le labbra in un sorriso contento e luminoso. «I tuoi fratelli saranno orgogliosi»
Venere abbassò lo sguardo, in difficoltà «Loro non.. non sanno niente» ammise
«Cosa? Come.. perché?»
«È in California Tom» mormorò «Significa abbandonare tutto e tutti, trasferirmi, non so come potrebbero prenderla..»
«Come dovrebbero prenderla? Bene, benissimo! Sarebbero così fieri di te! Certo, ci sarebbe un po’ di amarezza ma ti sosterebbero come hanno sempre fatto e come continueranno a fare» le posò una mano sulla spalla «Rinunci al tuo futuro per loro? Venere, non essere sciocca. Vorrebbero solo vederti felice e realizzata, chi se ne importa se in California o in Cina o chissà dove!» sembra averla presa sul personale.
Lei scoppiò a ridere, il suo le risuonò come un discorso alla nazione «D’accordo Tom, non agitarti»
«Scusami» si ricompose poi lo sguardo cadde sul suo orologio da polso «Cavolo, devo andare» sbuffò.
«Dove? Sono appena le dodici» inarcò un sopracciglio
«Se ti dicessi dove dovrei ucciderti e non saprei come eliminare il cadavere» scherzò e poi sorrise «Grazie per la compagnia Venere, verrò a trovarti al Bit» le fece un mezzo cenno con la mano e, senza attendere risposta, corse via.




Parlare con Thomas dei suoi fratelli l’aveva addolcita. Mettendo da parte il rancore, aveva deciso di partecipare alla ronda, facendo la gioia di Michelangelo che l’aveva stritolata in un abbraccio.
Raphael aveva saputo del chip e della discussione ma non si era espresso, limitandosi a guardare male Leo. Era inutile polemizzare, tutti potevano immaginare il suo parere e di chi avrebbe preso le difese: Venere. Comprendeva la sua frustrazione, la sua rabbia, la sua voglia di urlare, anche lui provava le stesse sensazioni quando il leader decideva senza discuterne con il resto del gruppo.
Aveva avuto voglia di parlare con Venere e di abbracciarla. La conosceva fin troppo bene e sapeva che, dopo la sfuriata, aveva sfogato lo stress piangendo come una bambina, da sola, in camera sua. Lo sapeva perché un tempo, quando erano migliori amici prima di essere fratelli, singhiozzava sul suo petto, stretta tra le sue braccia. Non erano necessarie parole di conforto, bastava quella presa salda e protettiva per calmarla. Da quando aveva assunto il ruolo di scontroso e burbero non riusciva più ad essere così con lei, consolarla sarebbe stato come non rispettare il copione che da solo si era imposto.

Dopo una ronda silenziosa e tranquilla, avevano trovato l’azione fermando due ladri di gioielli, stordendoli e legandoli schiena contro schiena.
«Sei stato mitico» Venere ridacchiò, i due uomini imbavagliati mugugnarono qualcosa.
«Io sono sempre mitico» si pavoneggiò Michelangelo.
Raphael rinfoderò i suoi sai con un sorriso compiaciuto.
«Hai chiamato la polizia Donnie?» domandò il leader.
«Affermativo» confermò il genio.
Poi si udì un applauso rimbombare per la strada stretta. I cinque si zittirono e si girarono tutti nella direzione da cui proveniva quel suono sinistro. Scrutando con gli occhi a fessura, sulla difensiva, videro emergere un uomo dalla penombra. Batteva le mani, camminava lentamente e con grazia, indossava una camicia nera e dei jeans scuri. Un lampione gli illuminò il viso: tratti morbidi e maturi, occhi scuri, capelli ricci e bruni come la barba curata. Si fermò poco distante dai ninja e sorrise «Ma che bravi» commentò in tono ironico.

«Chi diavolo sei tu?» brecciò Raph senza mezze misure.
Lo sconosciuto si posò una mano sul petto e piegò il capo «Il mio nome è Xavier» rispose gentile «Venere?» tese la mancina in direzione della ragazza.
I fratelli la osservarono interrogativi e lei stessa sgranò gli occhi, confusa. Come conosceva il suo nome? Chi era quel.. quel Xavier? Non ebbe tempo per reagire in alcun modo che Leonardo e Raphael le si pararono davanti, proteggendola.
Raphael in particolare aveva impugnato i suoi sai e osservava l’uomo con circospezione.
Xavier sospirò «Stanarvi è così semplice» ridacchiò «Bastano due criminali ed eccovi qua.. fuori dalla tana. Venere» la chiamò dolcemente «Venere lo sai che Erebo ha bisogno di te.. tutti abbiamo bisogno di te»
Venere si fece spazio tra i suoi due fratelli e parlò prima ancora che qualcuno potesse farlo al posto suo «Che cosa vuoi da me?» domandò. Non aveva timore di quell’uomo, anzi, una piccola parte di lei sentiva che poteva fidarsi, provava attrazione e curiosità. Le tartarughe restarono basite dalla sua reazione, l’ultima che avrebbero mai immaginato.
«Non lo sai? Nessuno te lo ha mai spiegato?» Xavier si avvicinò di un passo «Vieni con me Venere, ti sarà tutto più chiaro» sussurrò roco.

Qualcosa non andava e il primo a rendersene conto fu Donatello. Venere era completamente stregata da Xavier e la sua voce sembrava per lei come il canto di una sirena. Avanzava verso di lui con aria assente.
«Venere!» il genio la chiamò con voce ferma e decisa prima che la ragazza potesse stringere la mano di Xavier. Lei si scosse, come destata da un sogno, e spaventata indietreggiò.
«Che seccatura» l’uomo sbuffò spazientito «Perché finisce sempre così?» dopo la sua domanda retorica gli occhi scuri si inondarono di verde smeraldo e un sorriso serafico gli increspò le labbra. Venere si portò le mani tra i capelli accusando il famoso scricchiolio molto, molto forte e poi anche le sue iridi cambiarono colore, macchiandosi di nero fino a non poter più notare la pupilla. Xavier le si avvicinò posandole una mano sulla testa e, a quel gesto, i fratelli si mossero per attaccarlo.
«Fermi» disse lui pacato «O muore» minacciò per poi avvicinare le labbra all’orecchio di lei «Uccidili» sibilò candidamente e con dolcezza.
Venere non emise alcun fiato e per un momento rimase immobile. Con lentezza si girò verso i ninja che notarono il suo viso inespressivo e assunsero una posizione di attacco in tempo per il suo scatto.

Venere estrasse i kunai prima che Michelangelo potesse difendersi, la lama intrappolò la catena dei nunchaku, bloccandoli. Strattonò con una forza mai avuta e strappò dalle mani del fratello le armi. Scagliò due negishi e si conficcarono nella coscia del più piccolo che gemette e si accasciò a terra.
Si piegò per evitare il bo di Donatello, ruotò su stessa e lo colpì con un calcio agli stinchi, facendolo cadere. Rialzandosi prese il bastone e con violenza colpì l’addome del genio che si piegò in due.
Agiva in modo così fulmineo che era impossibile prevedere i suoi attacchi e contrastarli. Era sempre stata brava a combattere, dimostrando una grande capacità con le armi di lancio, ma i fratelli conoscevano i suoi schemi, il suo stile ed era facile per loro scontrarsi. Quelle mosse però, la loro violenza, la loro velocità, non le appartenevano. E poi.. da quando era diventata così forte? Era pur sempre una ragazza ed era difficile per lei vincere la stazza delle tartarughe.

«Venere..» Leonardo e Raphael avevano le armi impugnate, sopprimevano la preoccupazione per gli altri due a terra e per Venere che non sembrava neanche più umana. Non volevano attaccarla.
Venere lasciò cadere il bo che ancora stringeva e si fermò un attimo. Non tradiva la minima emozione, neanche una goccia di sofferenza o affanno.
«Venere torna in te» mormorò delicato il leader.

Lei alzò il capo, gli occhi neri brillarono. Fu un secondo e tornò alla carica: con i kunai impugnati si scagliò su Raphael, bloccando gli attacchi dei due sai. Le loro armi erano per il combattimento a breve distanza e ciò li portò ad avere i visi e i corpi molto vicini. Entrambi abili nel schivare i colpi avversari, Raphael seppe cavarsela con un veloce gioco di gambe mentre lei sgusciava a destra e a sinistra, agile come un gatto.

«Xavier.. Xavier la sta manipolando» biascicò Donatello alzandosi da terra dolorante. Questo era chiaro ma non potevano attaccarlo, l’avrebbe uccisa altrimenti. Ne era sul serio capace? Per l’amore che provavano per Venere nessuno volle scoprirlo.

Leo era immobile, per la prima volta non sapeva cosa fare: combattere significava sì aiutare Raphael ma anche far del male a Venere.
Xavier rise «Per chiarirvi le idee» la sua voce si mischiò con lo stridio delle lame che si scontravano «In noi c’è la forza di Erebo e nessun essere terrestre può contrastarla» rise ancor più forte.
Raphael si spazientì e fece l’ultima cosa che tutti quanti avrebbero pensato di fare. Buttò i sai.
«Che diavolo..» Leo si piegò sulle ginocchia in procinto di attaccare, l’altro gli fece cenno di star fermo. Con rapidità bloccò i polsi di Venere che iniziò a dimenarsi.
«Venere» la chiamò piano «Non ti lascerai sul serio controllare da questo manichino vero?» strinse ancor più forte la presa «Siamo noi Venere, sono io, tuo fratello» il suo tono fermo e caldo sbloccò qualcosa.

Lentamente Venere smise di ribellarsi e si calmò del tutto. I muscoli si rilassarono, le mani si aprirono e i kunai caddero a terra. Le labbra si schiusero, iniziò a respirare con fatica, il battito cardiaco accelerò. Le iridi tornarono ad essere verdi e screziate di azzurro ai bordi.
Quando Raphael fu sicuro la lasciò andare con delicatezza «Ciao scema» mormorò.
Venere alzò lo sguardo per incrociare il suo, gli occhi si riempirono di confusione e paura «Cosa.. cosa..». La testa calda l’abbracciò stringendola forte contro il suo petto «Va tutto bene» continuò a sussurrare morbido e roco.

Xavier era rimasto di sale. Aggrottò la fronte e strinse i pugni «Come è possibile..» sibilò cattivo tra i denti. In quel momento il suono delle sirene annunciò l’arrivo della polizia chiamata da Donatello prima di quel trambusto, dopo aver legato i due ladri di gioielli. «Ne riparleremo» e in un fascio di luce viola scuro e molto tenue, scomparve.




1Kunai: http://i.ebayimg.com/00/s/NjAwWDgwMA==/z/TiEAAOSwNphWXaOv/$_32.JPG?set_id=880000500F
2Negishi: https://www.ninjutsukojiki.com/images/armi/negishi.png

Bene ragazze, ragazzi, adolescenti, mutanti, chiunque voi siate.. stiamo entrando nel vivo della storia! Un nodo sta venendo al pettine ma un altro ancora è in arrivo ù.ù
Io devo darvi una brutta notizia: questo pomeriggio parto, tornerò il 1 agosto. Quindi vi chiedo un po’ di pazienza, fiducia e fedeltà <3
Ho fatto i salti mortali per pubblicare il capitolo in tempo, non volevo lasciarvi senza un avviso, sarebbe stato crudele ù.ù Non ho potuto controllare molto il testo quindi mi scuso se ci sono errori di battitura.. sono semplici sviste!
Perciò belli miei ci sentiamo tra due settimane!
Restate sintonizzati!

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