Life is Strange - Season II

di La Setta Aster
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** On the Road Again - Area di Servizio ***
Capitolo 2: *** On the Road Again - Fast Food ***
Capitolo 3: *** On the Road Again - Motel, 13 ***
Capitolo 5: *** On the Road Again - Negozio di Vestiti ***
Capitolo 6: *** On the Road Again - Motel, 13, parte II ***
Capitolo 6: *** On the Road Again - Strada per Anne Grove ***



Capitolo 1
*** On the Road Again - Area di Servizio ***


“Caro diario. Sono un’assassina. Anzi, non ho nulla da invidiare alla parola “genocida”, che mi si addice molto. Non so dirti cosa sia davvero successo ieri. So solo che io e Chloe abbiamo guidato abbastanza per allontanarci da Arcadia Bay, per poi addormentarci un paio d’ore al lato della strada per Seattle, finché ancora c’era buio per riuscire a dormire. Avrei tanto voluto riposare di più, e soprattutto che ci riuscisse Chloe, ma quando ha sentito che stavo piangendo è venuta da me, mi ha fatto posare la testa sulle sue gambe e ha iniziato ad accarezzarmi la testa come se fossi un gatto, finché non mi sono addormentata. Lei dice di aver dormito, ma so bene che non è così, le sue occhiaie parlano più di lei stessa. La proteggerò finché avrò vita. 

 
Maxine Caulfield stava inserendo le monetine necessarie a chiamare i suoi genitori a Seattle, nella cabina di un’area di servizio. Il suo telefono era rimasto danneggiato dall’acqua della tempesta, e così quello di Chloe Price, la sua migliore amica, la ragazza per la quale aveva sacrificato l’intera Arcadia Bay, ed ora la sua inseparabile compagna di viaggio.

Grazie al cielo esistono ancora questi marchingegni del giurassico!

Mentre attendeva che rispondessero, e ascoltava il suono del telefono come se potesse cullarla, guardava, oltre ai vetri luridi della cabina, Chloe che si accingeva a fare benzina al suo Pick Up, e, a quanto pare, a dargli una pulita. Dopo un’infinta attesa, Max desistette dal suo intento, e s’intimò di riprovare prima di ripartire. Uscendo, si accorse di non aver ancora inspirato profondamente quell’aria nuova, lenitiva. Una parte di lei non riusciva a credere che tutto ciò che era accaduto fosse reale, mentre l’altra più ci pensava e più le bruciava lo stomaco, la gola, e le percuoteva il petto come il batterista di uno dei gruppi punk che Chloe tanto amava. Il sole era piacevole, sul viso e sulla pelle, e caldo, nonostante fosse pieno autunno. Una leggera foschia mattutina accompagnava la brezza fresca e gradevole. Ma una tenaglia gelida le strinse il cuore in una morsa: quella brezza si trasformò presto nel ricordo del vento sferzante di quel tornado, e rivide lei e Chloe, mano nella mano, dinnanzi alla furia di quella tempesta, che spazzava via il loro passato, i luoghi e le persone, i ricordi.

Kate, Warren… Joyce, il nascondiglio pirata in cui io e Chloe ci isolavamo dal mondo… Ora sono solo fotografie, niente di più. Voleva scoppiare a piangere ancora, fino a sentire pulsare le tempie, fino a che non potesse sopraggiungere l’unica via di fuga da quell’istante: Morfeo stesso che la abbracciasse. Ma non voleva dare altro dolore a Chloe. Lei sembrava pronta ad abbandonare tutto e tutti per ricominciare dal capo, non voleva frenarla con la sua tristezza. Con nessuno si sarebbe potuta aprire, solo al suo diario. Decise che più tardi avrebbe riempito quelle pagine ingiallite e macchiate di caffè con copiosi fiumi di inchiostro. Ma ora aveva bisogno di sentire la voce di Chloe, come fosse una medicina, o come se per effetto placebo sapesse che quella voce così forte potesse farle dimenticare di aver lasciato morire i suoi amici e migliaia di persone innocenti solo la sera prima.

Che senso ha avuto tirare giù Kate da quel tetto? Come ho potuto salvarle la vita per poi abbandonarla nella tempesta. Forse adesso il suo corpo sarà scaraventato da qualche parte. Non voglio nemmeno pensarci, sto troppo male. Almeno so che non se n’è andata con la disperazione e la voglia di morire nel cuore. Ma è meglio morire quando lo si desidera, quando nulla in questo mondo ha più valore, oppure avendo nel cuore un minimo di gioia?

Questo tanto un amato pregio quanto una maledetta condanna, per Max: non riusciva a scansare i suoi pensieri. Da essi non poteva fuggire, nemmeno riavvolgendo il tempo. Una volta amava i suoi pensieri, lei stessa era come il suo vecchio orso di peluche, il Capitano, o come il suo diario. Sotto quell’elmo di capelli dalle mille e una sfumature di marrone, che divenivano rossicci se bagnati, ogni pensiero era al sicuro. Ma ora, invece, Max doveva scuotere la testa per scansare l’eco del tornado. Ancora le orecchie fischiavano.

Si avvicinò a Chloe, che sfoggiava il tatuaggio che aveva sul braccio destro, un teschio avvolto in un gomitolo di rovi e rose, dalla cui sommità prendevano il volo delle bellissime farfalle blu. I suoi capelli blu parevano voler colorare i pensieri di Max, ingrigiti nonostante il sole e il canto degli uccelli, che di nuovo tornavano a volare alti, non più a cadere.

Sembrava di essere in “Birds” di Alfred Hitchcock. Maxine si sentì sollevata di quel pensiero: solo la vecchia Maxine lo avrebbe fatto. Anche solo guardare la sua Chloe Price riusciva a consolarla. Tutt’un tratto, la ragazza dai capelli blu si sentì osservata, così, schizzò Max con lo straccio bucato e sporco di grasso d’auto, ed ora imbevuto d’acqua.

“sei abbastanza carina da poter fare car washing con me, invece che starmi a fissare” scherzò.

“come comandate!” rispose a tono Max.

Chloe la lanciò uno straccio ancora asciutto, e le disse di immergerlo nel secchio pieno d’acqua appoggiato per terra. Quando Max vi guardò dentro per bagnare il panno, si sentì in dovere di avvisare l’amica che stava continuando ad immergere il suo straccio lercio in dell’acqua torbida.

“ehm… Chloe?”

“no, niente da fare, niente scuse, mi aiuti a lavare la macchina, e guai a te se riavvolgi!”

“ti rendi conto che stai lavando il tuo pick up con dell’acqua di fogna?”

La ragazza si finse sorpresa, poi raggiunse l’amica al secchio e, con un sorrisetto stampato sul viso accarezzato dalle rosee dita dell’alba, immerse il suo già sporco straccio.

“il nostro pick up, socia!” la schizzò di nuovo, e poi tornò a passare il panno sui vetri.

Max ridacchiò, sommessamente com’era tipico di quella timida ragazza che frequentava la Blackwell. Si rese conto solo in quel momento che Chloe intenta a lavare la sua amata macchina era un evento che meritava di essere immortalato. Prese la vecchia macchina fotografica di William, che l’amica le aveva regalato meno di una settimana prima per suggellare la loro ritrovata amicizia. Scattò una fotografia, ma Chloe se ne accorse.

Merda, che fine ha fatto la ninja Max?

“ecco la mia fotografa” le sorrise “è bello vederti tornare a scattare fotografie in giro”

“solo se il soggetto merita”

Il sorriso che ora arricciò le labbra di Chloe era stavolta malizioso.

“adulatrice” le diede una pacca sul braccio “ma se devi farmi un servizio fotografico dovrei mettermi qualcosa di più sexy, non credi?”

“non direi, te l’ho detto che sei una punkettara fatale!”

Ridendo, Chloe si alzò la maglietta con una mano, mentre con l’altra, che ancora stringeva il panno sporco e bagnato, pavoneggiò un dito medio molto ribelle, e come se non bastasse, gettò fuori dalle labbra sottili e pallide la lingua, a bocca spalancata, mostrando anche i denti minacciosi. Max lasciò che la polaroid immortalasse quella Chloe così spensierata.

Come fa? Ha appena perso sua madre, i suoi amici. Finché sta bene ed è serena, non voglio nemmeno pormi questa domanda: va bene così.

La stazione di servizio mandava Piano Fire degli Sparklehorse. Chloe si esaltò come una bambina, e prese a ballare e scatenarsi.

“hey, Max! Ricordi? La canzone che ti ha fatta ballare!”

“solo un pochino…”

“dài, non rompere, è ora che tu muova un po’ quel culetto!”

Mentre si agitava, urtò il secchiello pieno di acqua sporca, che andò ad imbrattare nuovamente la macchina.

“cazzo!” imprecò Chloe.

Prontamente, Max riavvolse il tempo. Come ormai era diventata un’abitudine, vide il mondo intorno a lei muoversi a ritroso. Più s’impegnava più riavvolgeva velocemente. Ecco il momento giusto! Si prese la liberà di riavvolgere abbastanza per rivedere l’amica ballare e scatenarsi.

“hey Max! Ricordi? La canzone che ti ha fatta ballare!”

“ballerò ancora se stai attenta al secchiello”

Chloe, senza smettere di scatenarsi, diede uno sguardo in basso, intorno a lei.

“fanculo, Dottor Strange, non vale riavvolgere per vedermi ballare!”

“beccata!” si concesse di sorridere.

“o magari sei tornata ancora più indietro, per goderti ancora il servizio fotografico?” ammiccò.

“Dormammu, sono venuta a fotografare!” si abbandonò ad una risata talmente cercata, talmente attesa che decise di dimenticarsi del giorno prima. Riprese a lavare il pick up dell’amica… il loro pick up, con un sincero sorriso che non accennava a voler cedere ancora il posto a labbra tremanti, morse dai denti per trattenere le lacrime.

Furono talmente concentrate nel beccare ogni macchia da far sparire, che quasi non parlarono finché il lavoro non fu finito. Era un eccellente modo per distrarsi, e ne avevano un tale bisogno che quel lavoro risultò addirittura divertente. Quasi. Come ogni viaggiatrice che si rispetti, una volta che la macchina fu più simile all’essere pulita, Chloe si sedette sul cofano del pick up, si accese una sigaretta e stappò una birra. Max non volle domandarsi da quanto tempo la teneva nascosta in macchina. Ne offrì una anche all’amica.

“odio la birra, scusa”

“andiamo, ora che siamo due vagabonde devi imparare a bere e fumare!”

“e magari ad ascoltare musica punk e a tingermi i capelli di blu” scherzò l’amica.

“come non detto, c’è anche dell’acqua”

“vado a comprarne una bottiglia alla stazione di servizio; dentro quell’acqua” indicò la bottiglia nella macchina di Chloe “potrebbero esserci forme di vita non ancora identificate dalla scienza”. Con una rinnovata risata da parte di entrambe, Max si diresse verso il negozio.

Quando Max fu lontana, Chloe le diede un ultimo sguardo per assicurarsi che non potesse vederla né sentirla.

Prima un singhiozzo, poi una mano sulla bocca per bloccare un gemito di dolore. Gli occhi rossi, le lacrime che sgorgavano.

Mamma, ti ho fatto del male fino all’ultimo, ed ora non posso rimediare. Ora non ho più nessuno al mondo, a parte Max. Non la lascerò mai.

Diede uno sguardo veloce al negozio, e vide Max fare ritorno. Adirata con se stessa per aver ceduto alle lacrime, si asciugò gli occhi.

Max ha già sofferto abbastanza, ora ha bisogno che io sia forte per lei. Cazzo, mi ha vista morire tante di quelle volte… e ora ha sacrificato i suoi amici… Kate, Warren… per me. Avanti, Chloe, non fare la stronza e ingoia questa fottuta voglia di piangere!

Cercò di regolare la voce e di rimanere a fissare il sole, così che Max non potesse notare i suoi occhi arrossati.

“ho comprato due bottiglie da un litro, così siamo a posto per un po’, e guarda qui cos’ho per te, punkettara!”

Max le lanciò una confezione di tinta per capelli blu. Chloe ne rimase commossa, resa fragile da quel momento appena trascorso. Senza dire nulla per non tradire la voce smorzata, la abbracciò. Maxine ricambiò dolcemente. Quel momento di tristezza sarebbe passato, pensarono all’unisono, come quel tornado che aveva spazzato via il loro passato era dissolto nella brezza, e avrebbe lasciato solo la tenerezza. Adesso era il momento di costruirsi un nuovo futuro, a partire da quel pick up e quella strada.

“forza, Super Max, è arrivato il momento di rimettere i culi in moto!”

“aspetta un attimo, voglio provare a richiamare i miei a Seattle”

Chloe attese pazientemente fuori dall’auto, mentre pensava a quanto fosse felice della fortuna di Max: i suoi genitori erano entrambi vivi, e l’aspettavano con amore alla sua nuova casa. Ma nemmeno questa volta risposero al telefono.

Salirono sul loro mezzo, e Chloe prese un profondo respiro. Sorridendo, fece rombare il motore.

“senti? Il suono di Max e Chloe ancora in pista!”

Con una manovra che scosse il pick up tanto quanto le due ragazze all’interno, si rimise in strada e così ebbe inizio il loro viaggio verso Seattle.
“finalmente sei riuscita a lasciare Arcadia Bay, e noi siamo in viaggio, come volevamo fare sul caravan di Frank, ricordi?”

“lo ricordo, e mi fa piacere, ma, senti: chissenefrega dei ricordi”

Max rimase zitta per un istante, turbata da quella frase. Non apprezzava i ricordi con lei?

“non mi fraintendere, Max, il tempo che abbiamo passato insieme in questa settimana per me è il ricordo più prezioso. Tu sei il mio ricordo più prezioso di Arcadia Bay, lo sei sempre stata. Ma prima continuavo a pensare a Rachel, poi ero infuriata, poi è arrivato immediatamente quell’istante sulla scogliera in cui hai stracciato la foto. Non voglio dovermi rattristare ogni volta che ci ripenso, voglio ricordi nuovi con te. Ora che finalmente si è avverata la profezia di Max e Chloe: amiche per sempre!”

Max fu colpita da quel discorso, ma ora capiva. Non avrebbe mai potuto chiedere nulla di meglio, per le sue orecchie. 
  
“per sempre”

“bene, ora che abbiamo finito con le smancerie, a meno che tu non voglia baciarmi ancora, è ora di mettere su un po’ di musica, che ne dici?” accese la radio, cercando una stazione che la soddisfacesse. Trovò una canzone dalle sonorità decisamente punk, e, anche se non conosceva né il titolo del brano né il complesso, lasciò che la musica che amava le sgretolasse la ruggine di malinconia dal cuore.

COMMENTO DEI REGISTI:
Per chi ci segue già, saprà che di solito adesso arriva il momento "Angolo degli Autori", ma, hey, qui si parla di Life is Strange, e noi siamo malati di citazioni, quindi... Al via il commento!
Dunque, questa è la prima impresa in cui ci imbarchiamo io e Riordan in coppia, senza l'intervento degli altri membri della Setta. Ed è anche la prima fanfic che pubblichiamo! Anzi, per noi due è proprio la prima che scriviamo in vita nostra! Questo per dimostrarvi quanto Life is Strange ci abbia colpito. Io personalmente ho pianto come una dannata (non ho fatto differenza, Helen! ndR XD), e ho riscoperto emozioni che non provavo da quando ero una giovincella di quattordici anni (come se a diciotto anni si fosse vecchi! Ma fai la patente, Helen! ndHanck ;P). Inoltre non ho potuto che notare la inquietante somiglianza tra Max & Chloe e (a parte me XD) Rosemary &... Chloe! Le due protagoniste della mia storia Fiorni e Metallo! Giuro che non avevo mai sentito parlare di questo piccolo capolavoro videoludico quando iniziai la mia storia. COmunque col cavolo che la abbandono!
Bene, direi che ho parlato abbastanza. Un'ultima cosa! Questo è un frammento del primo episodio della seconda stagione di Life is Strange, non è il primo episodio intero. Pubblichiamo in questo modo per evitare di mettere capitoli lunghi trenta, quaranta pagine, anche cinquanta. Se abbiamo scritto qualche cazzata che non torna con la storia originale, per favore, fatecelo sapere ;-) Buona lettura! :-D 

 

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Capitolo 2
*** On the Road Again - Fast Food ***


Gli occhi azzurri di Chloe correvano persi lungo la strada asfaltata, sempre dritta da almeno quaranta minuti, così dritta che guidando su di essa si aveva tutto il tempo per immergersi nei propri pensieri, senza badare a dove le ruote stessero portando l’auto e i suoi occupanti. E quei gioielli, quegli zaffiri incastonati nel volto pallido e dolce, in tutta la sua durezza, erano totalmente annegati in qualche ricordo volato via come una farfalla blu.

Maxine non voleva in alcun modo rovinare quel dipinto che si era creato intorno a quello sguardo assorto. Quell’istante di Chloe non doveva venire perduto, sarebbe dovuto durare per sempre, scolpito nel granito del tempo, impresso nella carta della vita, in uno scatto che, Max lo sapeva, avrebbe amato. Scattò immediatamente una fotografia. A quel punto, Chloe accennò un sorriso da un lato del viso, e voltò gli occhi verso l’amica. Max non si fece scappare nemmeno quel sorriso compiaciuto, e scattò di nuovo una fotografia. Non lo faceva mai, la sua legge era ferrea: non sprecare importanti fotografie per un solo soggetto. In questo modo era anche spinta a “cogliere l’attimo”, e a non tornare mai indietro, lo scatto doveva essere perfetto al primo colpo.

Di solito la mia regola è “un colpo solo”, ma per stavolta posso lasciare in pace Il Cacciatore e concedermi uno strappo alla regola. Chloe è magnifica in ogni scatto, e… diversa. Sono quasi due distinti soggetti.

“attenta, Max, non sprecare il rullino, ricorda che siamo quasi al verde”

“non è sprecato, sei un soggetto che racconta una storia diversa ad ogni scatto”

“va bene, poetessa dell’obiettivo”

“però adesso vorrei aver rubato quei soldi alla Blackwell”

Chloe parve indispettirsi “cosa?”

Max la guardò stranita: perché s’innervosiva? Lei stessa le aveva rinfacciato più di una volta di non averle concesso di prendere il fondo destinato ai disabili di Arcadia Bay.

“no, cazzo! Non ci provare neanche a rimangiarti la parola, non puoi riavvolgere tutto, sai?”

“calmati, Chloe, ho solo detto che ci avrebbero fatto comodo!” l’ultima cosa che Max avrebbe voluto era litigare con lei, ma il suo umore fragile era ormai stato intaccato “tanto adesso a loro non servono più”

“senti” cercò le parole adatte per non essere violenta come la sua prima reazione “non sapevi cosa sarebbe successo, e hai preso la decisione giusta; mentre io pensavo solo a me stessa, e volevo fare la stronza” ogni tanto le rivolgeva qualche sguardo, a metà strada tra l’amichevole e il severo “la Maxine che mi ha salvata non mi avrebbe mai permesso di prendere quei soldi” sporse il braccio fuori dal finestrino, nonostante l’autunno iniziava diventare sempre più freddo.

Max guardava Chloe, riflettendo: se fosse potuta tornare indietro e avesse permesso a Chloe di rubare quei soldi, che ragazza ci sarebbe stata insieme a lei in mezzo a quella tempesta?

“Max, su quella scogliera io ero pronta a morire per salvare Arcadia Bay. Quando Nathan mi ha… mi avrebbe – cazzo, ti fotte il cervello – uccisa non mi sarei mai sacrificata per nessuno, nemmeno per l’intera Arcadia Bay. Ma tu mi hai salvata, e non solo da Nathan, o da Jefferson, o da qualunque altra cosa mi abbia uccisa nell’ultima settimana. Quella Maxine non mi avrebbe lasciato prendere quel denaro, altrimenti che razza di Chloe avresti salvato?”

La fotografa guardava in basso: non c’era niente di interessante sul tappeto della macchina, e allora perché aveva la testa china in quella direzione?

Ha ragione…

“io sarò sempre al tuo fianco, Maxine, ma ti prego: non permettere a ciò che è successo di cambiarti” poi, per farsi perdonare di averla aggredita, le concesse una risata “hey, non puoi farmi innamorare di te e poi diventare tutt’un tratto una tipa tosta”

“forse ho solo imparato dalla migliore” rispose a tono, tornando a sorridere “mi hai detto che ti piaccio quando faccio la prepotente”

“solo con me” le diede una pacca sul braccio. Max era così fragile e delicata che ebbe paura di averle fatto male. In tutti i sensi.

“devi mettere un po’ di carne su quel corpicino tutto pelle e ossa!”

“sto morendo di fame, in effetti, ci fermiamo da qualche parte?”

Chloe era felice che l’amica avesse appetito.

“bene! troviamo un bel posto per mangiare!”

Era inevitabile, per entrambe, pensare a Two Whales, quando si parcheggiarono davanti ad un fatiscente fast food di strada. Sia Max che Chloe avrebbero voluto dire qualcosa come “non sarà il nostro diner, ma andrà bene”, ma nessuna delle due aveva cuore di ricordare all’altra quel luogo. Tutti i loro ricordi d’infanzia legati alla tavola calda erano spirati nel vento ruggente del tornado. Scesero dal pick up, Chloe lo chiuse a chiave e prese il suo portafogli: fra i soldi contenuti nel suo e in quello di Max avrebbero potuto mangiare per un paio di giorni per colazione, pranzo e cena, sacrificando uno dei tre pasti principali avrebbero retto anche per tre giorni. Ma non di più.

“due belle signorine! Era ora, da tempo qui passano solo camionisti rozzi con la fretta nel culo”

“con quello che è successo ad Arcadia Bay non ne vedrai più per un pezzo, da queste parti” la voce roca apparteneva ad un tizio con un berretto.

“ho sempre trovato molto romantica la vita del camionista” disse Max “sempre in viaggio, attraverso tutto il Paese”

L’uomo si alzò per andare a pagare “nei sogni di una ragazzina, forse, ma in realtà è una vera rottura”

“sì, non sei il primo che me lo dice”

“ah sì? Quanti camionisti hai incontrato?”

“ad Arcadia Bay ce n’erano molti”

“vieni da Arcadia Bay?”

Max annuì.

“e voi due troiette avete pensato bene di fare la vostra fuga d’amore, invece che rimanere per aiutare i superstiti, vero?”

“noi siamo i superstiti!” intervenne Chloe.

Ma Max non poteva sopportare tutto quello: riavvolse il tempo, e questa volta rimase al suo posto, taciturna. In questo modo, il camionista pagò e se ne andò. Ma ormai, lei sapeva bene cosa avrebbe pensato di loro.

“io vado sul sicuro e prendo un hamburger!” ordinò Chloe.

“sedetevi, care, arriva in un attimo!” poi la locandiera si rivolse a Max “e tu, fringuello?”

Fringuello?

“anch’io, grazie” rispose semplicemente.

“fringuello!” la canzonò l’amica, mentre cercavano un posto a sedere.

Presero posto ad un tavolo vicino alle ampie finestre rigate dai segni di centinaia di piogge sporche e di chissà quale altra disavventura. Chloe si sedette come solo lei sapeva fare: issandosi tra lo schienale e il tavolo, come aveva fatto qualche giorno prima, al Two Whales, quando Max le aveva dimostrato di avere il dono di poter riavvolgere il tempo. Quando Max si sedette, fece una faccia strana, poi si spostò: si era seduta su qualcosa.

“cos’ha covato la mia gallinella?”

Max ridacchiò, ma smise subito. Era un giornale: la prima pagina era dominata dalle notizie su Arcadia Bay: le superstizioni legate alla neve, all’eclissi, alla luna…

Merda, mi sento perseguitata. Che sia la mia punizione per ciò che ho fatto? Che sia la vendetta dei morti di Arcadia Bay? Il mio peso mi sembra così insopportabile.

I suoi pensieri furono interrotti dal suo angelo: Chloe le strappò di mano il giornale.

“aspetta, cos’è che hai fatto con quella foto della farfalla blu?” i denti bianchi scintillarono come la luce nei suoi occhi azzurri mentre la salvava da un nuovo assalto di tristezza “ah già!” e così dicendo, stracciò il giornale.

Max le sorrise dolcemente “grazie di essere qui con me, Chloe”

“solo io posso farti sentire in colpa” le fece la linguaccia.

Max avrebbe voluto dirle ti voglio bene, ma l’hamburger arrivò prima.

“gnam! All’assalto!” Chloe si tuffò sul cibo come se volesse farci sesso.

Avanti, questa era un’uscita alla Max, riprenditi! Sei in viaggio con Chloe, non sprecare questo tempo autocommiserandoti!

“quando avrò finito con te, non ne rimarrà niente!” e fu così che anche Max aggredì brutalmente il suo hamburger.

Quando ormai avevano già ingurgitato metà della pietanza, si guardarono: con la bocca straripante, le guance gonfie e le labbra imbrattate. Dovettero desistere dallo scoppiare a ridere, o avrebbero trasformato quella tavolata nel set di un film splatter. Max si affrettò ad ingoiare il cibo che non aveva ancora finito di masticare per poter “sparare” per prima.

“hey, scoiattolo!” disse, mentre prendeva la macchina fotografica per farle una foto.

“no, basta foto!” rispose a bocca piena, tentando di nascondersi dietro una mano.

“non puoi fermare una fotografa!” e così, Chloe ebbe un nuovo scatto, che si rifugiò dritto nella tracolla di Max.

“stai facendo fuori tutte le fotografie per me, non è giusto!”

Magari potrei comprare dei rullini, poi riavvolgere prima di pagare e comprarne ancora!

Mentre la ragazza ritirava la macchina fotografica, sgranò gli occhi.

Oppure puntare più in alto…

“sono un’idiota”

“sì, lo sei. Perché?”

Assunse uno sguardo divertito “offro io il pranzo”

“cos’è, tutt’un tratto sei diventata ricca?”

“qualcosa del genere” il sorriso furbo di Max nascondeva un’idea criminale.

“sono la tua partener in crime, dimmi tutto”

La ragazza si schiarì la voce, e si preparò a spiegare alla socia il suo piano malefico.

“dunque, io entro in banca…”

“vuoi rapinare una banca? Ho sempre sognato di rapinare una banca! Non è una cosa cattiva, è una cosa anarchica, quindi figa!”

“non è come pensi tu”

“va bene, come non detto, niente pistole né cose divertenti”

Max proseguì senza badare al commento dell’amica “io prelevo dei soldi dal mio conto, va bene?” Chloe annuì “poi riavvolgo e prelevo ancora, e così via!”

In un primo momento, Chloe parve emozionata “sei un genio del male, Max! costruirai un impero del crimine, dai retta a me”

“non senza di te, socia!”

“ovvio”

Poi, però, arricciò le labbra in un’espressione dubbiosa “ma se ciò che prendi ti resta, allora non sarà così anche coi soldi? Insomma, fisicamente porti via i tuoi soldi, giusto?”

“non cadermi sui dettagli, Watson…”

“da quando sono io Watson?”

“i soldi che escono dalla banca non sono quelli che ci ho messo io fisicamente, il loro vero valore è virtuale. Starò rubando soldi, questo sì, ma alle banche…”

“anarchia negli Stati Uniti! Mi piace!”

 “era un’offerta che non potevi rifiutare” Max tentò di imitare la voce di Marlon Brando ne Il Padrino.

Vai così! Max torna a citare film del secolo scorso! Ora sì che mi riconosco.

Finirono di consumare il loro pranzo nel sacro silenzio della fame. Quando si passarono i tovaglioli sulle labbra, la stoffa assunse lo stesso stile del resto del locale.

Chloe iniziò una frase, alzando la mano, come per chiedere il permesso a Max “e adesso, se permettete…”

“non se ne parla, vado prima io in bagno!”

Chloe finse di essere arrabbiata “hey, stronzetta, non puoi riavvolgere anche per rubarmi il turno al bagno!”

“non ho riavvolto, ti conosco e conosco anche i tuoi tempi in bagno, vado prima io!” di tutta risposta, le cacciò fuori la lingua.

“va bene, Gene Simmons, va’ e sbrigati, non la terrò per l’eternità!”

Saltellando e ridendo come una bambina, Max si diresse verso le toilette.

Grazie di esistere, Max. pensò Chloe mentre la guardava così spensierata, finalmente. Sono ancora pronta a conquistare il mondo con te, amica mia.

Il bagno era tappezzato di scritte, tra le più svariate: quelle sul sesso, quelle sul sesso e anche quelle sul sesso.

Devo dire che siete originali, ragazzi.

Quando Max tentò di chiudere la porta, si accorse che era fatica sprecata: non solo non si chiudeva, ma tendeva a spalancarsi.

Non c’è storia, io non ce la faccio!

Tornò dall’amica, con un muso pensato appositamente per intenerirla: labbrucci e occhi languidi.

“non hai bisogno di farmi gli occhioni, tu li hai sempre avuti al naturale, Max: che c’è?”

“mi serve una mano”

“immaginavo che prima o poi me l’avresti chiesto”

“sei un’idiota, ma ti adoro”

Lei, di tutta risposta si stampò un bacio divertito sulla mano e poi lo fece volare fino a lei.

Poco dopo, Chloe aveva la schiena premuta contro la porta del bagno, con uno stivale appoggiato ad essa.

“ricordo che tu ti sei sempre fatta problemi con i bagni, persino a casa mia ti chiudevi sempre dentro”

“Chloe, è imbarazzante!”

“io invece lasciavo persino la porta spalancata, quando eravamo sole a casa” aggiunse ridacchiando, fingendo di non averla sentita.

“scommetto che però non lasceresti la porta aperta anche in un fast food, cara la mia spudorata!”

“non ci scommettere, potresti perdere gran parte dei soldi che ruberemo”

“basta che le camere dei motel le paghi tu”

“motel!” esclamò “non vedo l’ora, sarà fantastico: Max e Chloe in viaggio che fanno tappa in un motel, come nei migliori film! Saremo come i fratelli Winchester!”

Lo sciacquone avvisò che era il turno di Chloe. Si diedero il cambio. Max respirò a fondo, finalmente. L’aria di quel bagno era fetida, non avrebbe mai pensato che potesse essere più confortevole della profumata brezza mattutina. Ma quel momento di risate con Chloe le aveva ridato vita. E sapeva che nulla sarebbe cambiato, adesso che erano di nuovo insieme. Dopo qualche minuto, Max bussò alla porta del bagno.

“come volevasi dimostrare, ci stai mettendo una vita!”

Non giunse alcuna risposta.

“Chloe? Sei stata divorata dal cesso?”

Ancora nessuna voce, né rumore.

“Chloe, giuro che sto per aprire la porta, se lo stai facendo solo per sfidarmi a farlo, aspettati una vendetta”

Ma quando aprì, il bagno era vuoto. Max si sentì trafitta al cuore, iniziò a sentirsi debole, la testa prese a girare, le tempie a pulsare.

Com’è possibile?

Corse al tavolo dove avevano mangiato, e vide che era apparecchiato per una sola persona.

“mi scusi!” chiamò la cameriera che le aveva servite “dov’è la ragazza che era con me? Capelli blu, tatuaggio sul braccio”

La cameriera era sbigottita “sei venuta qui da sola, ragazza”.

Senza fare altre domande, guardò fuori dalla finestra. Non v’era traccia del pick up, ma al suo posto era parcheggiata un’automobile che sarebbe potuta appartenere a Victoria, non certo a Chloe. Si diresse al tavolo. Vide che, di fianco ad un piatto di insalata ormai ripulito, non fosse per qualche sparuta foglia, vi era il giornale di quel giorno, intatto, ma sulla prima pagina non v’era più Arcadia Bay. Presa dal panico, si strinse la testa tra le mani. Sentì un fastidioso solletico caldo al naso: una sensazione che da una settimana a quella parte era diventata familiare. Si asciugò il sangue che le colava dal naso con la mano. Si sedette al tavolo, per riprendere fiato e convincersi che non stava accadendo veramente. Scostò le mani dagli occhi in lacrime, e vide che il tavolo era nuovamente apparecchiato per due, e tutto pareva essere tornato normale. Col cuore in gola per l’ansia, corse di nuovo in bagno. Trovò Chloe seduta sul gabinetto, la porta spalancata. Le alzò un dito medio.

“mi devi un sacco di soldi, Max”

Senza far caso alla situazione, le si gettò addosso, abbracciandola.

“Max!” esclamò “è un tantino imbarazzante, non credi?”

“scusami, dovevo sentirti tra le mie braccia”

Chloe era confusa, ma decise di prendere la situazione con tranquillità, per entrambe.

“facciamo che mi lasci finire e poi mi spieghi come mai hai avuto questo attacco di desiderio carnale nei miei confronti?”

Col viso rigato dalle lacrime, ma ancora sorridente, annuì, ed uscì dal bagno, chiudendo la porta alle sue spalle
“solo non farmi aspettare troppo, intesi?” Max non voleva che Chloe smettesse di parlare.

Tutto questo mi ricorda Orfeo.

Stavolta, Chloe spinse la porta, e per poco Max non perse l’equilibrio.

“visto? Che malfidente”

“Chloe, tu non c’eri!” ruscelli salati ripresero a sgorgare da quegli occhi azzurri e grandi, profondi come il mare al largo della baia.

“spiegati, Max”

“ho aperto la porta e tu non c’eri, il tavolo era apparecchiato per uno, e c’erano solo resti di insalata”

Chloe tentò di mettersi nell’ottica dell’amica per poter capire.

“bene, quindi abbiamo un… Cesso di Schrödinger?” questa battuta fu sufficiente perché, tra singhiozzii di panico e lacrime, spuntasse un segno di gioia, ma subito represso dai dubbi.

“Chloe, credo di aver avuto una specie di visione, anche se stavolta non sono svenuta…”

“una visione?”

“sì, del mondo che mi sono lasciata dietro, o, meglio, del mondo che avrei creato se ti avessi lasciata morire. Nella mia testa si sta scontrando con quello reale, quello in cui sto vivendo” si massaggiò le tempie.

Chloe la abbracciò forte. Era preoccupata, e adesso anche il suo volto lo dimostrava.

Avanti, Chloe, tira fuori una delle tue frasi per Max!

“e quindi se io fossi morta tu ti saresti messa a mangiare insalata in un fast food? Ora capisco perché continui a salvarmi la vita” disse, mentre ancora la stringeva in un abbraccio. Sentì le singhiozzanti risate sommesse di Max sulla spalla.

“grazie di esistere, Chloe”

Voglio i diritti di copyright! Pensò divertita, mentre massaggiava le scapole dell’amica per farla sentire meglio.

“forza, signorina, Thelma e Louise devono rimettersi in viaggio, quindi fai la telefonata, e poi partiamo”

L’altra si sciacquò la faccia, e poi, ritrovando un respiro regolare, andò a chiedere alla locandiera se ci fosse un modo di telefonare. Le concesse gentilmente di utilizzare il suo telefono cellulare. Ringraziando cordialmente, Max compose il numero di sua madre, Vanessa. Attese impazientemente, mordendosi le labbra. Il suono del telefono si era fatto irritante. Ma, finalmente, l’attesa fu ripagata.

“pronto?” la voce era smorzata dal pianto.

“mamma?”

Dall’altra parte del telefono, Vanessa Caulfield doveva aver avuto un mancamento.

“mamma, non svenire, intesi? Sono io, Maxine, e sto bene, sono sopravvissuta al tornado”

“Maxine! Ti abbiamo chiamata tante volte, tu non rispondevi, credevamo che fossi…” un nuovo attacco di pianto le impedì di concludere la frase.

“il mio telefono è rimasto bagnato dalla tempesta, è rotto”

“ora stai bene?”

“sono in viaggio verso Seattle con Chloe”

“Chloe? Chloe Price? Sta bene?”

“è con me”

La ragazza, che aveva sentito tutto, salutò Vanessa.

“e dimmi, Max, Joyce come sta?”

Max si sentì male. Doveva dire a sua madre che una sua cara amica era rimasta uccisa. Si avvicinò la cornetta alle labbra, per non farsi sentire da Chloe.

“mamma, Joyce… Non ce l’ha fatta”

Un istante di silenzio: Vanessa era sconvolta.

“oddio, povera ragazza” disse, riferendosi a Chloe “prima il padre, ora la madre”

“non la abbandonerò mai più”

“neanche noi”

Era giunto il momento di riattaccare. “ora devo andare, mamma, ci rimettiamo in viaggio, ti chiamo questa sera dal motel dove soggiorneremo”

“Motel? Come mai? Arcadia Bay dista solamente quattro ore di viaggio”

Max doveva inventarsi un scusa credibile: non era ancora pronta per tornare a Seattle.

“siamo entrambe provate dalla giornata di ieri, e abbiamo dormito pochissimo, preferiamo dividere il viaggio in due giorni”

Vanessa sospirò profondamente “fai attenzione, bambina mia”

“certo, salutami tanto papà”

“lo farò. Ti vogliamo tanto bene, Maxine!”

Un ultimo saluto, e restituì il telefono alla locandiera.

Con lo stomaco pieno e soddisfatte del pranzo, le due ragazze tornarono al pick up. Chloe mise in moto, pronta a riportare il loro “ragazzaccio” sull’asfalto.

“Chloe…”

“sono qui, non sparisco”

“senti… Ho bisogno di un viaggio più lungo di Arcadia Bay – Seattle”

I loro occhi si incontrarono.

“mi porteresti a Portland?”

Chloe era indecisa: forse avrebbe dovuto fare la ragazza responsabile e riportare Max a casa. Inoltre, sarebbe significato tornare indietro per diversi chilometri, ormai avevano superato Portland. Ma vi erano pur sempre più vicini rispetto a Seattle, che distava ancora più di un paio d’ore di viaggio
Ma chi voglio prendere in giro? Forse ora non sono più un’egoista, ma sono ancora Chloe Price!

“Max e Chloe insieme in un viaggio da rock star a Portland?” rispose infine, felice come non mai di aver preso quella decisione. Soprattutto per la reazione gioiosa dell’amica, che già sognava di fotografare l’intera città. “velocità Maxima, primo ufficiale Caulfield!”

“vento alle vele, capitano Price!” esclamò Max.

Chloe non si fece mancare la sua caratteristica manovra piratesca per rimettersi in strada.

Le sospensioni del pick up fino a Portland reggeranno. Di ciò che accadrà dopo non m’importa, finché Chloe sarà con me. Mi sento così fragile, ma con lei ritrovo la forza.

Angolo Degli Autori: 
SCUSATE! Scusate, scusate, scusate! Siamo veramente dispiaciuti per aver congelato questa storia per tutto questo. L'autrice principale, Helen, non è stata finora nelle condizioni di continuare a scrivere, ma ora che è tornata è pronta a portare avanti la seconda stagione del capolavoro di Dontnod, Life is Strange! La parola a lei! (Riordan)

Helen: innanzitutto voglio dirvi che sono davvero mortificata, e che mi impegnerò perché una simile mancanza non si ripeta più.
Dunque, tornando alle nostre due girovaghe! Succedono cose molto interessanti in questa parte dell'episodio I! Chloe si scopre cambiata, forsein meglio, da quello che è successo, ma vale lo stesso per Max?
E cosa accade nella mente di Maxine Caulfield? Quali conseguenze avrà sulla storia?
Alla prossima puntata, che verrà pubblicata entro il mese! Grazie a tutti quelli che non ci hanno abbandonati! ;-) un abbraccio da Helen & Riordan!

 

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Capitolo 3
*** On the Road Again - Motel, 13 ***


Il viaggio di Max e Chloe si era protratto dalla costa in cui Arcadia Bay un tempo esisteva, verso l’entroterra, in direzione della contea di Columbia, per poi riprendere la strada a nord, dove avrebbero di lì a poco incontrato il confine con lo stato di Washington. Chloe sapeva che prendere la strada per Astoria, costeggiando le baie che assomigliavano un po’ tutte alla perduta città della loro infanzia, sarebbe stato doloroso per entrambe, ed in particolar modo per Max, quindi non si soffermò nemmeno sull’idea di attraversare l’Astoria Megler Bridge che scavalcava il fiume Columbia fino allo stato di Washington. Le sarebbe piaciuto portare Max nella città in cui era ambientato il film I Goonies, ma lo avrebbero fatto in un altro momento. Inoltre, anche Chloe, come Max, non aveva voglia di mettere le radici da qualche parte. Il pick up della coppia di ragazze in viaggio si riportò sulla strada per Portland, a un’ora e mezza di macchina. Ma non avevano fretta, Chloe decise di non spremere l’acceleratore come era sua cattiva abitudine.

Per Max era la prima volta nella sua vita in cui una meta non era sinonimo di certezze. Una strana sensazione le permeava il cuore: non voleva una casa, non ancora. Voleva la sua Chloe e una strada. Le poche ore che la dividevano da Seattle per lei erano passate dall’essere una sicurezza, una via di fuga, un vicino nido dove sarebbe stata accolta, ad un vampiro che le succhiava il sangue del tempo che avrebbe passato in viaggio con la ragazza dai capelli blu. Sapeva che i suoi genitori la stavano aspettando, e che erano molto preoccupati, ma dopo la settimana appena vissuta aveva un bisogno feroce e mordente di evadere con Chloe. E lo avrebbe fatto, non le importava nient’altro. La città di Kurt Cobain avrebbe potuto attendere.

Chloe aveva un senso dell’orientamento fuori dal comune. Prima che Max imparasse la strada per il loro nascondiglio pirata, ad Arcadia Bay, fu Chloe a guidarla attraverso il bosco di sempreverdi, come un capitano guida la sua ciurma. E adesso era capitano di una decadente ma fascinosa nave di metallo, e stava conducendo il suo “primo ufficiale” attraverso i mari del mondo.

Max lasciava vagare il suo sguardo sognante prima alla strada, e poi a Chloe, che accarezzata dal sole del pomeriggio appariva come una eburnea statua greca. Non si stancava mai di osservare, pensare, e ascoltare il suono del silenzio. Passarono una trentina di minuti senza dire una parola, ma immerse in una bolla di sapone, una coperta calda di serenità dipinta in una cornice dalla luce carezzevole che rendeva il panorama morbido e rilassante. Era come se il rumore delle ruote sull’asfalto potesse coccolare le orecchie di Max, come facevano gli auricolari nel caos delle voci, lungo gli affollati corridoi di scuola. Il suono del motore si trasformò in quello del caffè che viene preparato da una caffettiera, la mattina presto. Assomigliava anche al soave rombare delle onde contro la scogliera, come lei e Chloe amavano udirle dal faro. Cullata dal lieve ondeggiare del pick up sulla strada dalle curve leggiadre, Max si addormentò. Chloe non se ne accorse per un bel pezzo, ma quando vide la sua Maxine addormentata così dolcemente, si lasciò spuntare un sorriso quasi commosso. Mentre dormiva appariva ai suoi occhi turchesi come un cucciolo, che respira sommessamente tra un sogno e l’altro, oppure un fiore così delicato, che se toccato con più forza del semplice sfiorare, avrebbe perso i suoi petali, e Max si sarebbe svegliata. Chloe, mentre teneva d’occhio la strada, ogni tanto si concedeva uno sguardo all’amica. Una volta temette che fosse svenuta come quando aveva le sue visioni, e diede prima uno sguardo al ventre, per assicurarsi che si muovesse insieme al respiro, e poi estrasse un coltellino dal cruscotto e lo avvicinò al naso di Max. Quando sulla lama comparve uno sbuffo di vapore, Chloe si rincuorò, e tornò a guidare tranquilla. Pian piano il paesaggio iniziava a cambiare, ad essere più pianeggiante, e la nuova tavolozza di colori si allontanava leggermente dal verde appena lasciato, in favore di colori più consoni al deserto.

Era raro che io e Max giocassimo a Cowboy e Indiani; di solito eravamo piratesse. Sarà il fascino della baia, il porto, il mare, e quel faro che a novembre veniva avvolto dalla nebbia. Una volta Max gli scattò una fotografia e disse che il faro indossava un vestito di seta bianco per la serata. È sempre stata una poetessa. 

Mancava poco più di mezz’ora a Portland, ma Chloe intravvide un motel. Il sole aveva appena iniziato a scivolare lungo il cielo ad ovest, e alla notte mancavano ancora delle ore, ma lei era sfinita, e avrebbe voluto che Max potesse dormire in un letto, invece che seduta sul sedile del suo pick up.

Come fa a stare comoda? C’è addirittura una molla dello schienale che sporge in fuori, non le dà fastidio? Deve essere dannatamente stanca.

Senza fare manovre brusche, parcheggiò la macchina e si diresse alla reception, chiudendo a chiave le portiere. Max sarebbe potuta scendere, se si fosse svegliata, aprendole dall’interno, ma nessuno avrebbe potuto raggiungerla, mentre Chloe era lontana.

Entrò, e la porta tintinnò per avvisare che un cliente era intenzionato ad acquistare una stanza. Il responsabile, però, pareva molto più preso dalla partita di football che davano alla televisione, e non udì il campanello.

“sarei tentata di rubare una chiave, tanto non se ne accorgerebbe nemmeno” disse la ragazza dai capelli blu, attirando l’attenzione dell’uomo, basso e stempiato “ma sono diventata onesta, ultimamente”

Seccato, l’uomo le consegnò una chiave, con il numero 13 stampato sopra, e sbiadito.

Sul serio? La numero 13? Beh, speriamo che questa notte non si trasformi in una canzone dei Black Sabbath… Tornò dall’amica. Bene, ora come accidenti faccio a portare Max fino alla stanza senza svegliarla?

Per prima cosa, condusse il pick up più vicino alla stanza, poi aprì la porta e la lasciò spalancata. Slacciò la cintura di sicurezza di Max con estrema cautela, e la prese in braccio senza che lei si accorgesse di nulla.

Ora chi è la ninja tra noi due, SuperMax?

Quando la posò sul letto, stropicciò il viso, e Chloe temette che si stesse svegliando, ma alla fine sbuffò nel sonno, si girò sul fianco e tornò a dormire.
Dovette trattenersi dal lasciarsi sfuggire una risata. Per prima cosa, parcheggiò l’auto dove non fosse d’intralcio, poi chiuse la porta della stanza a chiave. Gettò un altro sguardo a Max, ogni tanto improvvisava delle buffe facce mentre dormiva. Scosse la testa per non ridacchiare, poi levò il cappello e lo gettò sul suo letto, che distava lo spazio di un comodino da quello di Max. Si passò le mani tra i capelli azzurri, scompigliandoli. Si rese subito conto che erano schiacciati ed unti: una doccia le avrebbe fatto bene. La porta del bagno era immediatamente davanti ai due letti. La aprì, per esplorare quel loculo che il motel spacciava per bagno. Nella doccia c’era a malapena lo spazio per potersi muovere.

Di certo non ci staremmo in due, qui dentro; scusa, Max. Scherzò con sé stessa. Però non poteva fare a meno di pensare a quando lei e Max si erano intrufolate nel camper di Frank. Chloe fantasticava immaginandosi loro due, piratesse della strada in viaggio lungo la costa occidentale verso Big Sur a bordo di quel “bestione”, e Max, celando un desiderio in una battuta goliardica, le disse: “e probabilmente mi chiederesti di baciarti di nuovo”.

Mi viene da ridere ogni volta che ci penso. Oh, la mia Max cresce e fa fantasie su di me. Beh, il viaggio è ancora lungo…

Si spogliò, gettando i vestiti per terra, attese con pazienza che l’acqua da gelida divenisse calda, e poi s’immerse nella cabina, lasciando che l’acqua le scivolasse gradita addosso. La accolse con piacere, mentre si faceva strada tra i suoi capelli, per poi ricoprirla come un abito trasparente. Le scaldava la pelle infreddolita dall’avvicinarsi delle rigide stagioni fredde dell’Oregon. In quel momento si sentiva così rilassata che nemmeno pensò all’erba, come era solita fare quando aveva bisogno di staccare la spina. Non poteva sapere che, invece, nell’altra stanza, Max, si agitava tra le grinfie di un incubo.

Max era confusa, non comprendeva come mai quel sogno, così vivido, le stesse facendo questo. Era paralizzata, sdraiata per terra, nella discarica dove Chloe amava isolarsi. Era notte. Sentiva delle voci, e poté distinguerle con grande angoscia: Nathan Prescott e Mark Jefferson. Insieme alle voci, Max udiva il rumore di una pala. Il professore stava inveendo contro Nathan, gli rimproverava di aver esagerato con la dose e di aver ucciso Rachel Amber. Diceva che era pericoloso, un omicidio attira troppa attenzione, e che bisognava sperare che il pensiero comune fosse che la ragazza fosse fuggita da qualche parte al sud.

“forza, seppelliscila” ordinò Mark Jefferson al suo giocattolo.

Max si sentì afferrare i polsi, sollevare la schiena. Nathan la stava trascinando nella fossa. Era spaventata a morte, non riusciva a gridare, a reagire, nemmeno a muoversi, ed era una sensazione che lei detestava. Si sentiva soffocare. Cadde nella buca. Credette di morire, quando Nathan iniziò a ricoprirla, lasciando cadere zolle di terra smossa su di lei. Quando arrivò al volto, non riuscì più a respirare, ansimando con foga. Pian piano, Max, come Rachel, finì seppellita in quella fossa, in attesa di essere trovata da Chloe.

La porta del bagno si aprì.

“dovremmo comprarci dei vestiti nuovi, e anche dell’intimo” disse Chloe. Si interruppe ancor prima di concludere la frase: Max respirava come se fosse asmatica, come se cercasse di trarre la maggior quantità d’aria possibile in due polmoni che non volevano gonfiarsi. E aveva le lacrime agli occhi, era rossa in volto e fradicia di sudore, e si agitava con spasmi isterici.

“Max!” urlò, ed accorse. La prese tra le braccia e la strinse. Dapprima, la ragazza provò a dimenarsi, tanto che riuscì a colpire l’amica con un pugno. Ma non demorse dal tentativo di svegliarla, e di calmarla. Quando finalmente tornò al mondo reale, era nel pieno di una crisi di panico. Non riusciva a parlare, ma tentò di dire “non respiro”. Chloe capì immediatamente. Le premette leggermente una mano contro il ventre.

“senti la mia mano? Voglio che la spingi via con il tuo respiro, va bene?” Max si fidò dell’amica, e tentò di respingere la mano di Chloe, calda e gentile. Dapprima i respiri erano faticosi, febbrili, e troppo rapidi. Iniziò a girarle la testa, temette di svenire. “così, respira con la bocca, come se sbadigliassi” la guidava passo passo “ora cerca di rallentare, respira più piano ma fai respiri più profondi”. Il viso di Chloe da corrucciato per lo spavento divenne più dolce, amichevole, per tranquillizzare l’amica. Pian piano il respiro iniziò a farsi regolare. Si sentiva ubriaca, doveva essere in iperventilazione.

Chloe, sei arrivata a salvarmi da quell’incubo.

“visto? Sei sempre la mia Super Max, un incubo non può fermarti!” le accarezzava le guance, mentre parlava.

“da oggi in poi” parlava a fatica, tra un respiro ed un altro “ti vendo i diritti del nome” ridacchiò, confortando Chloe “sarai Super Chloe”

Sollevata, e grata che Max stesse bene, la ragazza dai capelli blu la aiutò a ridere. Non le chiese cosa avesse sognato, non ancora. Non era il momento.

Credo che ora sia il mio turno di una doccia, ne ho davvero bisogno. Pensò la crononauta.

Max si prese qualche minuto per riprendere appieno le forze, mentre Chloe vegliava su di lei.

Oggi sei la mia eroina. Non so che farei, o chi sarei senza te. Grazie di essere tornata nella mia vita, anche se hai dovuto morire prima… Per poi farti salvare il culo giusto un po’ di volte. Il pensiero la fece divertire.

“credo mi serva una doccia, puzzo più dello spogliatoio dei ragazzi nella palestra della Blackwell”

“per fortuna non abbiamo avuto il piacere di avventurarci in quell’antro oscuro, l’altra notte”

“ragazze, oh la là!” la canzonò.

L’altra notte. Merda, è passato così poco tempo? Mi sembra così distante, quel momento, come se l’avessi vissuto durante un’infanzia ormai sbiadita. Sto diventando vecchia, col mio girovagare nel tempo? Max aveva vissuto talmente tanti momenti, talmente tante realtà, in tempi così lontani, che quella settimana le era parsa lunga come una vita intera. L’aveva davvero provata. La sua riserva illimitata di forza per andare avanti era lì accanto a sé.

Fece per chiudersi in bagno, ma Chloe la fermò.

“aspetta, non chiudere del tutto”

Max rimase interdetta.

“vuoi sbirciarmi, sporcacciona?”

“scema, se dovessi avere un’altra crisi non voglio trovarti nella doccia priva di sensi”

Con uno sguardo malizioso, Max entrò in bagno. Si concesse del tempo per studiare l’ambiente e per curiosare in giro. Non era certo interessante come il bagno di Chloe, ma almeno non trovò antidepressivi nell’armadietto, di fianco alla tinta blu. Ed ecco lo specchio. Max attraverso lo specchio. Chissà, forse c’è un modo di parlare con un’altra Max, una di quelle che mi sono lasciata indietro nel tempo. Intanto però ho sempre la faccia da zombie, appena sveglia, soprattutto dopo un incubo. Non perse occasione per scattarsi una fotografia. Quando sgusciò fuori dalla polaroid, Max la osservò per vedere come fosse venuta, se ancora si vedevano le lacrime. Il sangue si gelò nelle sue vene, quando, per una frazione di secondo, al posto del suo autoscatto allo specchio vide lei stessa, legata a quella sedia nella camera oscura, gli occhi rossi, il corpo indebolito dalla droga. Lasciò cadere la fotografia, e gettò uno sguardo allo specchio: Mark Jefferson era alle sue spalle con un ago. Si voltò di scattò, e tutto tornò normale, compresa la fotografia.

Max, che ti sta succedendo? Voleva Chloe lì accanto a sé. La chiamo? Non la chiamo? Si merita un po’ di pace. Ma non posso farcela da sola.

“Chloe” chiamò, cercando di mantenere la voce calma, ma non riuscì a mascherare l’angoscia. Sentì che nell’altra stanza l’amica si agitò, e prese a camminare di fretta. Irruppe in bagno.

“che succede?” disse, era preoccupata.

Dannazione Max!

Era insicura, voleva riavvolgere, aveva visto che Chloe adesso viveva con il terrore che lei stesse male. Decise di raccontare una mezza verità.
“scusami, non volevo farti preoccupare” disse prima “ho solo bisogno che tu mi prometta che non mi lascerai” gli occhi erano spaventati come quelli di una cucciola terrorizzata dal mondo “voglio dire, me lo meriterei, dopo quello che ti ho fatto, ma io ho bisogno di te”

“chiudi quella bocca, Max Caulfield!” la zittì abbracciandola forte.

“grazie, Chloe”

“sarò qui se vorrai inventarti altre scuse per prenderti abbracci gratis” le diede una sculacciata amichevole.

 Poi, era giunto per Max il momento di dedicare le proprie attenzioni alla doccia. Iniziò appoggiando la sua tracolla per terra, facendo molta attenzione a non urtare la fotocamera. Mentre si spogliava, non poteva fare a meno di pensare a Chloe. Si mise esattamente davanti allo spiraglio della porta.

Mi sta guardando? Almeno si sta immaginando qualcosa? Chissà se fa fantasie su di me… Ammetto che ne sarei lusingata.

Chloe, nell’altra stanza, poteva sentire il suono della stoffa che sfregava contro la pelle di Maxine, mentre si levava i vestiti. Ricordò quel lieve, dolce imbarazzo che la colse mentre l’aveva vista spogliarsi prima di tuffarsi in piscina con lei. Provava la stessa cosa. Ma, come in quel momento, si sentì in colpa per Rachel. Come poteva essere accaduto tutto così in fretta? Il suo angelo, la sua Rachel, che aveva amato, baciato, era morta. E nonostante la ferita fosse ancora sanguinante, iniziava a provare un sentimento simile anche per Max.

Maxine Caulfield, la mia migliore amica dell’infanzia che torna da me dopo cinque anni, s’improvvisa investigatrice per aiutarmi a scoprire che la ragazza che amavo è morta; e ora mi fai innamorare tu, Max? che diritto ne hai, stronzetta? Non sapeva se sorridere, felice di essere viva insieme a lei, oppure se piangere Rachel. Fallo ora, Chloe, stupida frignetta che non sei altro. Ora che Max è sotto la doccia puoi piangere, fallo!

Si sforzò così tanto di piangere, ma non ci riusciva. Se ne vergognò, ne fu mortificata.

Perché non riesco a piangerti, Rachel?

Cercò disperatamente nel suo portafogli la fotografia della ragazza, ma non riuscì a trovarla. Presa dal panico, Corse in macchina per cercare altri suoi scatti, che l’aiutassero a piangere, ma si accorse che le uniche foto che aveva della ragazza erano rimaste a casa sua. Chiuse la porta della macchina con rabbia e tornò in stanza, gettandosi sul letto come un mucchio di vestiti dopo una giornata intensa. Per distrarsi, si mise a sbriciare nei cassetti del comodino. Trovò una copia della Bibbia.

Figurarsi, mai una volta che ti facciano trovare un libro di Stephen King.

Notò che c’era un segnalibro. Aprì la pagina nella quale era inserito, e poté constatare che qualcuno aveva sottolineato un particolare passo, come ricordo del proprio passaggio. Chloe rise, quando lo lesse.

Max uscì dal bagno. Aprendo la porta, lasciò intravvedere che aveva lasciato una scritta impressa nella condensa sullo specchio: “Max & Chloe sono state qui”.

“leggi la Bibbia, Max?”

“come scusa?” domandò la ragazza, sorpresa.

“e allora ascolta questo passo che conosco a memoria:” Chloe proseguì senza badare alla risposta dell’amica “Ezechiele 25 : 17”

Max scoppiò a ridere.

“qualche idiota si è divertito a sottolineare questo passo, da’ un’occhiata!” le lanciò il libro.

In un primo momento, era divertita, ma ad un certo punto il suo volto s’incupì, e si sedette accanto all’amica.

“che hai, Max?”

“Kate… anche lei prendeva appunti nella Bibbia” rispose sommessamente “scusami, non dovrei fare così, ma non posso credere di averle salvato la vita per poi averla lasciata morire”

Chloe soppesò le parole da dirle. “non importa ciò che è successo, Max, ascoltami” le pose una mano sulla schiena “lei si sarebbe uccisa dilaniata dal senso di colpa, dalla tristezza, dalla rabbia. Tu le hai dato speranza, un motivo per vivere. Per il tempo in cui sei stata con lei tu hai reso la sua vita degna di essere vissuta, così come la mia. E, fidati, andarsene sapendo che tu esisti e sei entrata nella sua vita è il modo migliore di morire”

“Chloe…”

“io ero pronta a morire, su quella scogliera, perché ciò che tu mi hai regalato valeva quanto una vita vissuta nel migliore dei modi. Non potevo chiedere di più dalla vita che averti rincontrata”

Finalmente, Chloe riuscì a commuoversi, e anche Max si commosse. Si strinsero in un abbraccio vigoroso, tanto forte che pareva fossero fuse insieme come due statue di bronzo destinate a non lasciarsi mai.

“grazie, Chloe”

“devo smetterla, o non la finirai più di ringraziarmi” rispose per farla sorridere “nemmeno io ti ho ringraziata così tanto per avermi salvata tutte quelle volte”

“te l’ho detto: ormai sei Super Chloe!”

“beh, allora basta musi lunghi, ne ho avuto abbastanza per oggi: mettiamo in moto il nostro dinamico duo, si va a fare compere tra ragazze!”

ANGOLO DEI REGISTI
Rieccoci! Siamo tornati con Max & Chloe in un'altra puntata psichedelica a cavallo degli orologi di Dalì! 
In questo capitolo Chloe si rende conto di doversi prendere cura di Max, poiché la ragazza inizia a perdere il contatto con la realtà. Ma Chloe non sa quanto in fretta ciò stia avvenendo... E Max non sa se avvisare l'amica oppure darle pace, facendole credere di poter davvero vivere un viaggio tra piratesse come quello che avevano sempre sognato. Saremmo curiosi di sentire quale scelta avreste fatto nei panni di Max, e, chissà, magari potremmo proseguire la storia in questo modo, facendo scegliere voi, pubblico da casa! 
Alla prossima, crononauti!
 

 

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Capitolo 5
*** On the Road Again - Negozio di Vestiti ***


 Chiusa a chiave la stanza, si rimisero in moto verso il vicino paese di Anne Grove: Portland sarebbe stata la meta per il giorno seguente. Il sole pareva un uovo che pian piano colava verso la notte. Il tramonto era prossimo, ma le due ragazze speravano di trovare ancora qualche negozio aperto. Max adorava mettersi in auto con Chloe. Quel pick up era diventato il loro nido, il loro nuovo nascondiglio pirata, sempre in movimento. Il viaggio, per lei, era sempre stato un tema molto romantico, che l’aveva attratta fin da bambina. L’idea di poter avere nuove storie da raccontare attraverso le sue fotografie la elettrizzava. Immaginava di pubblicare, un giorno, una serie di raccolte fotografiche dedicate ai suoi viaggi. E, da una settimana a quella parte, non riusciva a smettere di fantasticare sulla presenza di Chloe in quelle foto.

I miei lettori vedranno spuntare quella chioma blu durante le peregrinazioni della mia polaroid, e faranno mille teorie sulla reale identità di quella misteriosa ragazza punk.

Non poté fare a meno che ridere del suo pensiero.

“beh, ti solletica l’idea?”

“mi immaginavo le mie future raccolte di fotografie, pluripremiate ed apprezzate dalla critica”

“sarà così, tu hai un talento che mette addirittura in ombra il tuo superpotere, Max”

“e mi divertivo immaginando i miei lettori che si domandano chi sia quella misteriosa ragazza dai capelli blu che compare nelle mie fotografie, come una musa ispiratrice, il soggetto prediletto”

“non so darti un pugno o un altro bacio”

“non sai se uccidermi o innamorarti di me?” citò scherzosamente “e comunque voglio ricordarti che quel bacio te l’ho dato io”

“è vero, prima o poi dovrò rimediare”

Non vedo l’ora, Chloe.

Giunsero ad Anne Grove accompagnate dal tramonto. Era un paesino grazioso, non desolato come si aspettavano, ma nemmeno caotico come la metropoli di Seattle. Come quasi ogni altro paese della zona, assomigliava ad Arcadia Bay, ma non aveva lo stesso profumo di salsedine portato dal vento fresco, né il puzzo di pesce. E, di certo, non c’era né il faro né alcun nascondiglio pirata. Ma quel che importava alle due viaggiatrici era che potessero acquistare indumenti, e un negozio valeva l’altro. Non fu difficile trovare parcheggio, e stavolta Chloe cercò di non essere la solita piratessa.

Max mi ha detto che in un’altra realtà ero paralizzata. Imparata la lezione, Chloe: non parcheggiare al posto dei disabili.

Appena scese, si resero conto che la temperatura andava diminuendo rapidamente. Doveva trattarsi della tempesta, aveva portato con sé il freddo. Chloe notò che Max aveva i brividi, così cercò di riscaldare l’amica strofinandole le mani sulle braccia, sulle spalle e sulla schiena. Lei ringraziò dolcemente.

Mi sembra così strano prendermi cura di Max. Non mi sono mai presa cura di nessuno, nemmeno di me stessa. E Rachel… Per quanto l’amassi, per quanto condividessimo avventure ed emozioni, ho permesso che sparisse, che morisse. Non succederà lo stesso con te, Max, non ti lascerò mai andare, mai senza di me. Non ti abbandonerò mai.

Erano pensieri ricorrenti. Chloe lo ripeteva a sé stessa come un mantra.

Nello stesso momento, Max pensava che era bizzarro pensare a “Super Max”, ora così fragile. Si stava abituando ad essere una ragazza forte, in grado di affrontare assassini e maniaci. Ma la verità era che per quanto il suo potere le conferisse una certa sicurezza, non smetteva mai di avere bisogno di Chloe, e delle sue attenzioni. Non era un bisogno fisico, il freddo lo avrebbe sopportato, nulla sarebbe mai stato più gelido della camera oscura nella quale era stata rinchiusa da Jefferson. No, il suo era un bisogno più profondo, come il bisogno di un camino: non c’è solamente mero riscaldamento, quello del fuoco è un calore primordiale, una certezza ben più grande del potere di riavvolgere il tempo. E Chloe era la sua sicurezza, il suo focolare in una gelida tempesta di neve, la sua coperta contro i mostri che si nascondono nell’armadio. Un po’ si vergognava, a farsi dare tutte quelle attenzioni dall’amica, ma resisterle sarebbe stato come resistere ai waffle del Two Whales per una colazione famelica. Era così dolce lasciarsi cullare dalle sporadiche ma sempre più frequenti tenerezze di Chloe.

Forse prima o poi dovremmo combinare qualche casino, giusto per ricordarci che razza di criminali siamo.

Il negozio era addobbato per Halloween, con ragnatele, zucche intagliate e quant’altro. C’era anche una piccola parte dedicata ai costumi. Chloe si presentò dall’amica con una maschera di Guy Fawkes.

“ricorda sempre il cinque di novembre!”

“manca un mese, e io non intendo mancare questa ricorrenza! Io, te, patatine e una serata cinema”

“ce lo meritiamo! Mi sono mancate le nostre serate cinema”

L’ultima volta pensò Max che abbiamo visto un film insieme fu Blade Runner. Non voglio nemmeno pensare a cosa accadde il giorno dopo.

C’erano anche cappelli da pirata e bende per gli occhi. Chloe non si fece sfuggire l’occasione. Si levò il berretto ed indossò un cappello da capitano di vascello con un Jolly Roger stampato sopra, poi prese una benda e corse da Max.

“sei pronta a fare una rievocazione storica?”

“che intenzioni hai?”

Di tutta risposta, Chloe le cacciò la benda sull’occhio, con ben poca grazia, e si mise in posa.

“beh, che fai, non prendi la tua fotocamera?”

Max non sapeva se l’amica si rendeva conto di quanto quel momento la rendesse felice: stiamo tornando bambine, anche se solo per poco, ed è fantastico! Si legò una ciocca di capelli con uno degli elastici che portava al polso, per assomigliare il più possibile alla sé stessa di quella vecchia fotografia in cui lei e Chloe giocavano a fare le piratesse. Ma poi guardò l’amica e notò che non sarebbe mai potuta essere uguale, lei aveva i capelli blu. In un primo momento se ne rattristò: nessun istante ritorna, non si può riavvolgere tutto. Ma in una frazione di secondo, si slegò la ciocca di capelli. Fanculo, è ora di scattare nuove fotografie, come siamo ora, io e Chloe. Non voglio tornare bambina, non ora. Adoro questa Chloe, non la scambierei nemmeno per riavere la nostra infanzia.

“allora, vuoi aspettare l’ora d’oro di domani per scattare la foto?”

Buffo, l’ultima volta che abbiamo parlato di “ora d’oro” tu eri paralizzata. Chissà che succede in quella realtà. Max cacciò via quei pensieri come si fa con una mosca fastidiosa. Con un sorriso che splendeva nel cuore tanto quanto le si dipingeva sul viso lentigginoso e delicato, scattò quella meravigliosa fotografia.

La polaroid che un tempo apparteneva al padre di Chloe, William, rilasciò lo scatto. Le due ragazze lo guardarono, soddisfatte, divertite, e un po’ nostalgiche. Ad un certo punto, giunse come una coltellata alle spalle di Max: di fianco a Chloe, bellissima come sempre, lei era invece agghiacciante, aveva lo stesso sguardo che la tormentava dalla camera oscura. Sobbalzò, e distolse lo sguardo, lasciando cadere la fotografia.

“beh, siamo cambiate, Max, ma, cazzo, questa foto spacca!” quando si accorse che la compagna era impallidita come se avesse visto un fantasma, e non uno spaventoso fantasma punk, cercò il suo sguardo “Max, che ti prende? Non è poi così terribile, dico bene?”

Deciditi, Max: le parli o stai zitta?

“non è questo” disse, prendendo coraggio “è la seconda volta che quando mi faccio un autoscatto la Max che vedo è quella che era rinchiusa nella camera oscura”
Chloe raccolse la fotografia, e gliela mostrò “io vedo una splendida Maxine Caulfield, nostalgica come sempre, con un talento per la fotografia, con un’ossessione per i selfie e, soprattutto, felice”

“non credo di avere la forza per continuare ad essere ossessionata dai selfie”

Quando la riguardò, però, vide che l’amica aveva ragione: era felice.

“Quando avremo una casa tutta nostra ne voglio una gigantografia” disse Chloe, quasi ignorando ciò che aveva detto Max.

“una casa nostra?”

Faticava a pensare ad un futuro stabile con lei, dopo tutto quello che era successo, ma quell’immagine la fece commuovere. Immaginò di tornare a casa insieme a Chloe dopo un lungo viaggio, accendere il camino, salutare un golden retriever e magari anche un gatto, poi levarle la giacca, lasciarsi togliere il cappotto, poi sedersi e riguardare le fotografie del viaggio appena concluso.

“sì, insomma, se dovessimo stancarci di viaggiare per il mondo” disse Chloe, mentre metteva a posto il cappello e la benda “sarebbe bello abitare in un caravan, tipo quello di Frank”

“un po’ più pulito, ti prego” scherzò Max.

“sono una pessima massaia”

“oppure una barca”

“come?”

Max aveva parlato non appena nella sua mente si proiettò la fantasia di abitare in una barca, sempre alla mercé del vento, vagando come vere piratesse, vivendo per la fotografia e per il viaggio.

“vivere in una barca, intendo, sarebbe fantastico! Immagina: Chloe e Max, due inarrestabili lupe di mare sulla loro nave che solca i sette mari!”

“sarebbe strafigo! Vedo che impari, furbetta!”

Adorava essere chiamata “furbetta”.

“bene, ora basta cazzeggiare, ci servono dei vestiti prima che ci chiudano in negozio”

“anche questo sarebbe strafigo”

Max si diresse verso le camicie di flanella. Ne adocchiò una a quadri rossa e nera, simile a quella di Rachel che aveva indossato dopo che i suoi vestiti erano rimasti intrisi di acqua della piscina, e puzzavano di cloro. Non trovò jeans strappati, ma solo intatti. Non avrebbe fatto differenza, o almeno sperava. Trovò una maglietta nera con lo stampo di un camion fiammeggiante. La agguantò, prima di cambiare idea. Chloe fece ritorno con una lingerie intera trasparente rossa, e la premette contro il busto di Max.

“sì, dovrebbe andare. Ti dona il rosso, sai?”

“smettila, non indosserò mai quella roba!”

“lo so che dietro a quel visino innocente c’è una sporcacciona, cara la mia Mad Max!”

“beh, se riesco ad indossare questi vestiti…”

A quel punto, Chloe adocchiò gli indumenti che Max aveva intenzione di comprare. Il suo voltò s’incupì.

“che cosa sono questi?”

Max fu mortificata dallo sguardo tagliente dell’amica “sono solo… esperimenti”

Chloe le strappò dalle mani quei vestiti e li gettò su uno scaffale a casaccio.

“Max, questa non sei tu, questa è Rachel. Non devi cercare di cambiare in alcun modo, è chiaro?”

Non sarebbe stata così dura, ma dopo il sogno di Max aveva paura dell’effetto che avrebbe fatto all’amica avvicinarsi, assomigliare a Rachel.

“credevo che ti avrebbe fatto piacere”

“tu non sei Rachel” mentre parlava, la ragazza dai capelli blu chiuse Max in uno spazio angusto delimitato dalle sue braccia, appoggiando le mani al muro, come per voler evitare che lei scappasse.

Quelle parole ferirono a morte Max, che ora sembrava una bambina spaventata dal temporale. Chloe sospirò, doveva trovare le parole giuste, perché le ultime erano state davvero terribili.

“non devi cercare di assomigliare a lei, perché tu non sei come lei, e non lo sarai mai” ora il suo sguardo era gentile. Le posò la fronte contro la sua “ora è con questa ragazza che sto comprando vestiti in un negozio sperduto durante un’avventura, questa è la ragazza che mi ha dato l’ultimo bacio che io abbia ricevuto, e non intendo scambiarla con nessuno al mondo, per quanto mi manchi Rachel”

Quelle parole furono difficili da dire, per Chloe, ma non aveva perso la sua caparbietà, e sapeva che se non le avesse dette in quel momento, avrebbe rischiato di non volerle dire mai più.

Dopo la tempesta Max era fragile come un cristallo. Ora piangeva abbracciata a Chloe.

Fatti forza, Chloe, per entrambe.

“ora dimenticati le magliette da pogo e troviamo qualcosa da hippie, che ne dici?”

Max annuì, asciugandosi gli occhi. “sono una lagna, ultimamente, vero?”

“vero!” fu svelta a rispondere “ma non è forse per questo che sono qui? Per ricordarti che sei Super Max?”

“la verità è che se non mi avessi stretta, su quella scogliera, io non so se avrei retto”

“se ero lì è stato solo grazie a te”

Per sfuggire a quel discorso mesto, Chloe cercò alla svelta una maglietta che potesse andar bene a Max, ne afferrò una a caso e gliela porse.

“che ne dici?”

Max ridacchiò “Chloe, è orrenda!”

“questa è la mia Max! certo che fa schifo!” anche quel capo d’abbigliamento finì gettato da qualche parte “adesso cerchiamo qualcosa per te, poi mi darai una mano, che ne dici?”

“sei una grande, Chloe”

“certo che sì!”

A quel punto arrivò un commesso, per avvisare che stavano per chiudere.

“merda!” imprecò Max.

“beh, domattina sappiamo cosa fare, giusto? Prima di portare la nostra fuga d’amore a Portland, ovviamente”

Fecero ritorno al pick up, con la promessa di tornare la mattina seguente a comprare capi di intimo, vestiti e anche qualcosa di pesante. Chloe accese i fari e si rimise sulla strada. Era diabolicamente affascinante, vedere la luce dei fanali squarciare la notte e proiettarsi sull’asfalto notturno delle strade dell’Oregon. La via pare sempre più lunga di notte. Le stelle brillavano come non avevano mai fatto prima.

A voi non frega niente di ciò che è successo, vero? Disse Max alle stelle. Vi capisco: ora mi frega solo di Chloe.

“Chloe…”

“oh, no, non ci provare!” rispose improvvisando una risata “non iniziare un discorso sdolcinato”

“sei una stronza” rispose a tono Max “ma io te lo dico comunque” il silenzio di Chloe suggerì che era pronta ad ascoltare “oggi mi sono sentita fragile come mai nella mia vita, e so che avermi sostenuta è stato pesante, ma lo hai fatto, sempre, riuscendo a far affiorare un sorriso anche quando avresti voluto piangere”

Chloe non poteva trattenere la commozione.

“tu hai sempre avuto un sorriso per me, Chloe, anche se io facevo sempre la faccia triste” ora le lacrime si vedevano agli occhi di entrambe “io guardavo Arcadia Bay distrutta, i morti dovunque, siamo passati davanti al Two Whales e io ero troppo a pezzi anche per piangere, ma poi ho sentito la tua mano, ti ho guardata e tu mi hai sorriso” Chloe doveva asciugarsi gli occhi, le labbra tremavano “anche ora mi sopporti, mentre faccio la lagna”

“Max…”

“quando il mondo mi crollava addosso tu hai avuto un sorriso per me”

“tu hai pianto insieme a me quando abbiamo trovato Rachel” rispose Chloe “non volevo un sorriso, volevo che tu mi stessi vicina, come hai fatto” ora nessuna delle due aveva più bisogno di trattenere le lacrime “non hai idea di quanto bene mi abbia fatto sentire che mi stringevi, che eri lì con me”

Max le prese la mano, e Chloe la strinse forte.

“sei riuscita a farmi piangere, vergognati!”

“persino tu ne avevi bisogno”

“non credere che durerà, dammi qualche giorno e tornerò la tipa cazzuta di prima”

“e io sarò ansiosa di imparare da te”

“cazzo, sì, sei la mia partner!” Chloe si passò una mano sugli occhi.

Quando giunsero al motel, erano ancora sorridenti. Max si sentiva tremendamente in colpa per quelle crisi di pianto che aveva, Chloe meritava un’amica più forte. Ma poi pensò che tra loro sarebbe sempre stato così: quando una delle due avrebbe avuto bisogno di aiuto, l’altra sarebbe stata abbastanza forte da sostenerla. Quel momento sarebbe passato, e insieme avrebbero vissuto tute le avventure che sognavano di vivere da sempre. E se Chloe avesse avuto bisogno di Super Max, lei sarebbe entrata in gioco.

ANGOLO DEI REGISTI:
Bentornati su Life is Strange! In questo capitolo le due ragazze si aprono, senza nascondere l'una la tristezza all'altra, e insieme capiscono di poter affrontare qualunque situazione, senza bisogno di nascondere nulla all'altra. E si preparano ad una serata cinema insieme!
Al prossimo episodio! 

 

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Capitolo 6
*** On the Road Again - Motel, 13, parte II ***


“ora di cena!” esclamò Chloe.

“sto morendo di fame” rispose Max, strofinandosi una mano sullo stomaco.

“ordiniamo una pizza, ci stai?”

“salsiccia e patatine fritte!”

“da vera ragazza americana” scherzò “io vado sul piccante”

“sei la solita, Chloe”

“prima o poi arriverà un ragazzo, e vedrai che sarai tu quella piccante!”

“ragazzo?”

“sì, insomma, almeno prova, magari ti piace anche quel genere”

“ne parli come se fosse un’auto, soddisfatti o rimborsati”

“il concetto di ragazzo si avvicina molto”

“e poi ero io la FemNazi alla Blackwell”

“solo perché io lo ero troppo per rimanerci, carina”

Mentre parlava, Chloe aveva già tra le mani il telefono fisso della stanza.

Mezz’ora più tardi, le due ragazze erano sedute su un letto, a mangiare le loro pizze sporcandosi come bambine, davanti al televisore. Quella sera davano La Cosa, e non poterono certo lasciarsi scappare una simile occasione. Nella stanza della ragazza punk vi era addirittura un poster della locandina. Il film fu un alternarsi di commenti spiritosi, commenti seri, e attimi di silenzio dediti al pieno godimento di una scena.

“mi hanno sempre fatto un po’ schifo le trasformazioni della Cosa” commentò Max ad un certo punto.

“perché sei la mia cagasotto, io le adoro!”

“non ho detto che mi fanno paura!”

“ma gli squali sì”

Max rimase in silenzio per un istante, nel quale avrebbe voluto dire “touché”, invece disse “quel film è stato un trauma per me, stronzetta”

“ti facevo paura anche io, in quella piscina?”

“soprattutto tu! Sei più letale di un megalodonte!” 

Chloe si prodigò in una specie di ruggito, facendo ridere l’amica di gusto.

Quando il film giunse alla conclusione, entrambe erano sazie, con la differenza che Chloe finì i due tranci di pizza avanzati da Max, e la rimproverò per essere così magra.

“da che pulpito vien la predica!”

“io mangio almeno” le fece la linguaccia.

Max si alzò per spegnere il televisore, mentre Chloe accendeva la lampada da comodino del suo letto.

“secondo te chi dei due è la Cosa, alla fine del film?” domandò Chloe all’amica.

“entrambi?”

“giusto! Tutti morti, molto diplomatico”

“i finali dei film di John Carpenter sono tutti molto enigmatici e misteriosi”

“ecco che ritorna la mia esperta di cinema!”

“stai parlando con una che ha visto anche la versione del 1952 di Howard Hawks, e persino quella del 2011”

“hai visto quella porcata?”

“mi è piaciuto! Era carina l’idea dei denti finti e degli orecchini”

“lo rivaluterò quando lo vedremo insieme”

Max sospirò dolcemente, mentre si adagiò sul suo letto, morbido e caldo. “è stato grande, non vedevo l’ora di tornare a guardare film con te e del cibo”

“lo è stato, e la prossima volta birra e patatine fritte!”

“la birra te la cedo volentieri!”

“sei adorabile”

Erano entrambe sdraiate nei rispettivi letti, le loro teste erano appoggiate ai cuscini. Voltarono lo sguardo l’una verso l’altra quasi nello stesso istante. I loro occhi blu si incrociarono in un istante intenso, infinito, colmo di parole carezzevoli.

“va bene, furbetta, ora della nanna” con queste parole, Chloe si sfilò i pantaloni e si rintanò sotto alle coperte. Max fece lo stesso. “e non fare giochetti erotici per poi riavvolgere, chiaro?”

“sono troppo assonnata”

“se proprio devi farli almeno non riavvolgere”

“adesso chi è la sporcacciona?”

“è un peccato non avere un letto grande come il mio, avremmo potuto ‘dormire’ assieme”

“quando hai finito con le allusioni, queste palpebre chiedono sonno a gran voce”

Si presero un istante per ridere ancora una volta, sommessamente, prima di lasciarsi alle spalle un altro giorno.

“buonanotte, Chloe”

“buonanotte, Super Max”

Max era esausta, nonostante avesse riposato durante il pomeriggio. Il sonno sopraggiunse presto. Ma, ancora una volta, non fu un riposo quieto. Non era lo stesso incubo. Adesso, la ragazza si vedeva legata alla sedia dove credeva che sarebbe morta, ma non si trovava nella camera oscura di Mark Jefferson, si trovava invece al Two Whales, pieno come non mai di persone. Si ricordò dell’incubo che fece prima di rinsavire sulla scogliera con Chloe: c’erano tutte le persone le cui vite erano intrecciate con la sua. Le si avvicinò Warren, con il volto cupo come non l’aveva mai avuto. Era tremendo, per Max, vedere quel ragazzo, che sempre era stato sereno e gioviale, ora così mesto.

“ti amavo così tanto, Max, e tu mi hai lasciato morire senza nemmeno un bacio, dopo tutto quello che ho fatto per te”

Max tentò una risposta, ma si rese conto di avere la bocca bloccata con del nastro adesivo.

“ti costava tanto baciarmi? Per farmi morire con la consapevolezza che non facevo schifo all’unica ragazza che io avessi mai amato?”

Max voleva fuggire da quelle parole, ma era costretta ad ascoltarle, per quanto facessero male. Giunse il turno di Kate.

“a che scopo salvarmi se poi sono dovuta morire?” lei piangeva “tutte quelle parole…” scosse la testa “e quante volte mi hai detto che mi saresti stata vicino?” si avvicinò ancora “invece mi hai sacrificata per quella ragazza dai capelli blu. Preferivi lei come amica a me? Oppure insieme vi fate video come quello che mi ha quasi uccisa?” le voltò le spalle “comunque sei stata più letale tu, Max”

La prossima ad avvicinarsi fu Victoria, e non la ferì di meno “oh, faccina triste, e pensare che grazie a te stavo imparando a scoprire me stessa” sul suo viso, invece delle lacrime, v’era un sorriso maligno “eri riuscita a farmi credere in me, ero pronta a cambiare, a diventare una persona migliore” il tono era glaciale e perfido “ma, ahimé, sono morta, e tutte le tue belle parole se ne sono andate a farsi fottere in quel tornado”.

Max voleva urlare il nome di Chloe. Sapeva di essere in sogno, e sapeva che al suo fianco, nella realtà, c’era lei, che dormiva tranquilla, serena. Tentò di rassicurarsi.

A quel punto, si fece avanti Nathan. Pareva disperato. Max notò con disgusto e ribrezzo che la fronte del ragazzo era percorsa dal foro di un proiettile, e il sangue lordava il viso rovinato dall’inferno che si portava dentro.

“guarda cosa mi hai fatto!” la voce smorzata dall’isteria, e roca “io non volevo fare del male a nessuno, mi hanno usato!” scoppiò in un pianto lacerante “ma tu, Maxine, tu hai fatto in modo che morissi, hai messo tutti contro di me! Sei un mostro peggiore di me e di Jefferson!”

Max distolse lo sguardo, cercando Chloe alla sua sinistra, addormentata come una gatta. La vide, il letto era comparso chissà quando nel ristorante. Anche Nathan se ne accorse.

“ah, sì, la tua amica punk!” estrasse la pistola con cui l’aveva uccisa nel bagno della Blackwell “un’altra che voleva usarmi, e adesso so come vendicarmi di te, Max!”

La raggiunse, le puntò l’arma al ventre e premette il grilletto, il tutto in un tempo breve come il battito d’ali di una farfalla. Max tentò di riavvolgere il tempo.

“oh, non ce la fai?” la canzonò Nathan.

La ragazza si agitò talmente tanto che ribaltò la sedia, cadendo.

“credevi davvero che avresti potuto salvarla?” intervenne Warren.

“è destinata a morire” s’intromise Kate.

“ti va di vedere una cosa, Maxine C?” Victoria la rialzò, poi iniziò a spingere la sedia: Max non poteva non essersi accorta che era seduta su una sedia a rotelle. Cosa stava succedendo? Era diretta al posto che, in tutto il ristorante, era il suo prediletto da quando era bambina. Al tavolo dove erano solite sedersi lei e Chloe, trovò i suoi genitori che parlavano dolcemente e ridevano con una Maxine spensierata e felice. Tutt’un tratto, le luci del Two Whales iniziarono a difettare, poi si spensero del tutto, e fu allora che iniziò a tremare l’intero locale. Ma nessuno pareva accorgersene. Lei e la sua famiglia proseguivano nella più totale tranquillità. Come poteva essere così felice, quella Maxine? Senza Chloe, era impossibile. Solo allora la vide: fuori dalla finestra, che picchiava contro il vetro e urlava, ma nessuno poteva udirla. Voleva salvare Max dal tornado che si era già abbattuto nel Two Whales, come se quel ristorante fosse l’unica realtà in cui il tornado esisteva. Mentre i detriti colpivano Vanessa, Ryan e la loro piccola figlia appena diciottenne, loro continuavano a consumare la loro colazione con estrema naturalezza. Un tubo di ferro andò a conficcarsi nel fianco di Maxine. Mentre ancora parlava con sua madre, iniziò a piegarsi su sé stessa, morendo con il volto impresso in una ciotola di latte e cereali, i preferiti suoi e di Chloe. Pian piano, il tornado spazzò via il tavolo e tutti gli occupanti del Two Whales, eccezion fatta per Max, ancora immobilizzata dal nastro adesivo e bloccata su quella sedia. Sentì di nuovo che qualcuno, alle sue spalle la stava spingendo. Non riuscì a voltarsi per vedere chi fosse, ma la voce che udì, non avrebbe mai potuto non riconoscerla.

“allora, Max, sei contenta di essere con me?” Chloe la stava portando fuori dal ristorante “Max e Chloe, di nuovo insieme alla volta dell’avventura!” fuori non v’era altro che nebbia, tanto fitta da sembrare fumo. Si udiva un pianto disperato. Una sagoma apparve dal bianco velo, era inginocchiata. Era il pianto di Chloe, Max lo riconobbe, lo aveva udito quando trovarono Rachel. Tra le braccia stringeva un sacco da morto, blu.

“oh, Rachel!” sussurrava, tra un singhiozzo e l’altro, al vento. Poco alla volta, attorno a lei, iniziarono ad apparire attraverso la nebbia i corpi di sua madre, di David Madsen, di Justin. Disse i loro nomi accompagnati da un gemito di dolore per ognuno di loro.

La Chloe che stava alle spalle di Max pareva dubbiosa. Schioccò la lingua “sai, non mi pare di essere tanto felice” poi la abbracciò “ma per fortuna ci sei tu con me, vero, Max?”

Mentre parlava, la Chloe in lacrime aprì il sacco da morto. Quando vide che all’interno vi era il corpo di Max, fredda, gelida, morta, fu presa da un pianto ora isterico. Urlò di dolore. Era un grido agghiacciante e atroce. E Max, sulla sedia a rotelle, era talmente a pezzi che tentò di urlare il nome della ragazza dai capelli blu, mentre rivoli salati le percorrevano le guance. Chloe, quella che stringeva il corpo dell’amica defunta, estrasse la sua pistola dai jeans, se la puntò alla testa e sparò. Il suo corpo cadde, adagiandosi su quello di Max.

“non credo che sia quello il modo in cui avrei voluto saltarti addosso” commentò la Chloe ancora in vita “innanzitutto dovremmo essere vive, e poi, di solito, nude. Sbaglio? Sei tu la sporcacciona, ormai”

Max era senza più forze. Si sentì morire, e chiuse gli occhi, accogliendo la morte.

Si risvegliò di soprassalto, di nuovo fradicia di sudore, le grondava dal collo, i capelli erano schiacciati contro il viso madido. Il respiro era faticoso. Guardò immediatamente verso il letto di Chloe: lei era sdraiata e dormiva beatamente. Il ventre si alzava e si abbassava come la marea, al ritmo del respiro. Era euforica di vederla, inebriata dai suoi capelli blu e dal suo viso, così sereno nel sonno pacifico. Si alzò, voleva abbracciarla, baciarla, chiederle di farle un po’ di spazio per farla dormire insieme a lei. Si fermò proprio davanti a lei, e il suo sorriso si tramutò in dubbio: se l’avesse fatto, Chloe si sarebbe domandata il perché. Non era giusto aggiungere altro dolore a quella ragazza che stava già soffrendo per la perdita di sua madre.

L’ultima volta che hai perso un genitore ti ho abbandonata. Adesso è giunto il momento che io mi sacrifichi un po’ e che ingoi questo rospo. Hai diritto ad un po’ di pace, Chloe, dopo tutto quello che ti ho fatto passare e dopo tutto quello che hai fatto per me.

Max tornò nel suo letto, freddo e solitario, che pareva così oscuro e distante.

Resisti, Max, domani lascerai questo motel maledetto! Ma sono davvero sicura che in un altro letto sia differente?

Provò a riaddormentarsi, ma ci riuscì solo quando ormai era mattina, e la sveglia sarebbe suonata di lì a un’ora. 

ANGOLO DEI REGISTI
Chi, come noi e come le nostre due ragazze protagoniste, ama alla follia le serate cinema con schifezze varie e battute ultracitazioniste? Max e Chloe le adorano, e gli abbiamo messo in bocca un dilemma che ha afflitto la nostra visione de La Cosa: il nuovo film merita almeno un pochino oppure no? 
Ma parlando di cose serie, gli incubi di Max si fanno più complicati e più seri. E lei sceglie di chiudersi in se stessa per evitare di trascinare anche Chloe nel suo abisso. Cosa ne conseguirà?

 

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Capitolo 6
*** On the Road Again - Strada per Anne Grove ***


Piano Fire degli Sparklehorse risuonò per la stanza numero 12 del motel: era la sveglia di Chloe.

Ultimamente la sentiamo troppo spesso, Max finirà per odiarla!  Ma Max era troppo stanca per svegliarsi. Dovette alzarsi l’amica per prima. Si scompigliò i capelli blu, la cui ricrescita ormai si stava espandendo, poi si stropicciò gli occhi per levare la sabbia della notte.

“till the sandman he comes” canticchiò.

Fu Rachel a farmi scoprire quella canzone. Si sentì un’ingrata ad aver pensato prima a Rachel piuttosto che a Max. Perdonami, Max, non posso farci niente, mi manca da morire. Dovrei essere grata per la ragazza che ora è qui con me, piuttosto che crogiolarmi nel dolore. A quel punto, guardò Max. Il suo viso non era dolce come al solito, era corrucciato, e stringeva il cuscino come se fosse un’ancora di salvezza.

“so io cosa ti ci vuole, piccola Max” sussurrò come se stesse parlando ad un gatto.

Si vestì, uscì dalla stanza e si diresse verso il bar del motel. Ne fece ritorno con un cappuccino da asporto per Max, del caffè per lei, e due waffle dall’aspetto orrendo ed immangiabile in un singolo piatto di plastica, ricoperti dallo sciroppo d’acero degno dei peggiori pancake dell’Oregon, e senza posate.

Una colazione di merda, vero? Ma se conosco Max non rifiuterà un servizio in camera.

Poi, dovette inventarsi un modo per svegliare l’amica senza essere né troppo mielosa né troppo perfida. Presa la decisione, s’inginocchiò davanti a Max, poi le portò il piatto coi waffle sotto al naso. Nemmeno il profumo la svegliava, così Chloe provò a picchiettarle il naso con la pietanza, il cui risultato fu che le imbrattò il naso di sciroppo d’acero. Fu allora che Maxine Caulfield si destò dal sonno pesante che l’aveva rapita.

“sveglia, vostra maestà, la servitù vi ha portato la colazione a letto!” l’accolse nel mondo dei vivi.

Max dovette prendersi qualche secondo per focalizzare la realtà. Cercò di convincere gli occhi ad aprirsi ad un nuovo giorno, poi si passò una mano sul viso, per accertarsi che fosse ancora lì dov’era di solito. Si accorse subito che il suo naso era appiccicoso. Tentò di spalancare gli occhi, ma ne risultarono due fessure. Vide Chloe, ridente davanti a sé, con un piatto in mano, e due waffle ricoperti di sciroppo d’acero pronti per essere mangiati.

“ben svegliata, zombie!” si sentì dire Max “scusami, avevano finito i cervelli, ma questi waffle non se ne discostano molto, a giudicare dall’aspetto”
Max non poté fare a meno che improvvisare una assonnata risata.

Oh, Chloe, svegliarsi così era il più bel regalo che potessi desiderare da questa giornata!

“ci siamo date il cambio? Di solito quella che si sveglia tardi sono io”

Avendo capito che non c’era modo di far alzare l’amica da quel letto entro la mattinata, Chloe prese posto di fianco a lei, seduta sulle coperte, e posò su di esse il piatto.

“niente posate, si usano le mani e ci si sporca per bene!”

“a quanto pare lo hai già fatto col mio naso” rispose a tono, sorridendo.

Chloe aveva l’irrefrenabile tentazione di leccarle la punta del naso per pulirlo dallo sciroppo. Chloe, torna in te: e ti poni pure il dubbio se è il caso oppure no?

Senza pensarci ulteriormente, si protese verso il volto di Max e le morse il naso con i denti. In un primo momento, l’amica fece per tirarsi indietro, ma poi Chloe tornò all’attacco, intenzionata, questa volta, a non lasciare tracce dello sciroppo. Max si sentiva al contempo imbarazzata e divertita.

“no, ma fai pure, Hannibal the Cannibal!” la prese in giro.

“preferisco le guance, che ne dici se…” nemmeno finì la frase, che già aveva una mano, lordata di sciroppo, sulla guancia dell’amica. Fu il modo migliore per svegliarla del tutto.

“è così allora…”

Iniziò una furente e sanguinosa battaglia di sciroppo, che condusse al rovinoso lancio dei waffle. In quello scontro non vi furono vincitori, solo una colazione caduta durante il combattimento e due amiche imbrattate e nel pieno di una risata viva ed impetuosa. Sentirle ridere in quel modo avrebbe salvato persino Nathan Prescott dalla pazzia.

A turno, si fecero una doccia, per lavarsi via l’appiccicoso sciroppo d’acero, e, nel caso di Max, il sudore della notte prima. Quando uscirono per dirigersi alla macchina, Max fu grata al sole per le carezze che la accolsero. Era abbastanza alto perché fosse anche caldo, nonostante la brezza mattutina.

“forza, non amo fare shopping, quindi fammi cambiare idea, chiaro?”

Con immenso piacere, Max seguì Chloe fino alla macchina. Fece per sedersi al suo consueto posto del passeggero, ma l’amica le bloccò il passaggio.
“che ne dici se invece ora guidi tu?”

Era sorpresa. “io?”

“sì, andiamo! Non fare la cagasotto, devi fare il battesimo del fuoco con il nostro vascello!”

Max ci pensò un po’ su, poi decise: era il momento di essere più coraggiosa.

“teletrasportami, Scotty!”

“è più: vento alle vele”

Max prese posto e strinse il volante tra le mani.

“allora: portala in mare, Signor Murdock!”

Chloe fece una smorfia “meglio di no, o dovrò fare affidamento a tutti i gesti scaramantici che conosco”

Si rese conto solo dopo di che razza di citazione porta iella aveva tirato fuori.

Inserì la chiave, la girò, e quando la macchina si risvegliò ruggendo fiera si sentì come se fosse a cavallo sul dorso di un drago, e ora si fosse svegliato.

“ho risvegliato la bestia!”

“falla sfrecciare!”

Con movenze goffe e singhiozzanti, Maxine Caulfield portò il pick up sull’asfalto, diretto verso Anne Grove. Dapprima mantenne una velocità lenta al limite della noia, poi, spronata da Chloe, aumentò fino a raggiungere una velocità moderata.

“andiamo, Mad Max, fammi divertire!”

Non poteva certo deludere il suo capitano di vascello.

“ecco che arriva Maximum Overdrive!”

Pigiò l’acceleratore fino a spremerlo. Per un pezzo avrebbero percorso un rettilineo, e Max era decisa a goderselo appieno. Abbassarono i finestrini, sebbene non facesse poi così caldo. Volevano sentire il vento, volevano sentirsi vive. Chloe si sporse finanche a sedersi sulla portiera, con l’intero busto fuori dalla vettura. Quando si levò il cappello e lo gettò in auto, i suoi capelli, del colore del cielo, vennero sferzati dall’aria e dalla velocità, liberi come non lo erano mai stati. Si agitavano come se volessero gridare in nome della libertà stessa. Max indossò con gioia il cappello dell’amica.

“like a true nature’s child, we were born, born to be wilde!” cantò Chloe a squarciagola, con voce potente e roca.

Max rise, nel vederla così felice. Non poteva fare a meno di guardarla, era bellissima, ora: euforica, che cantava al vento. Era catturata da quella musa, come quando la vide ballare sul letto. Avrebbe voluto scatenarsi anche lei a quel modo, ma usò come scusa la guida attenta per evitare di dover scegliere se lasciarsi andare o rimanere la timida, riservata Maxine Caulfield. Quando distolse lo sguardo da Chloe, erano in prossimità di un incrocio. Non vide l’automobile che li colpì violentemente sul fianco destro, ma poté udire il grido di Chloe. La macchina venne scaraventata nel campo verde al lato della strada, e continuò a rotolare come una trottola impazzita finché non si adagiò, accartocciata come un foglio di carta, distrutta, rovesciata. Max era convinta che avrebbe perso i sensi: la vista era offuscata, la testa girava. Si riprese non appena pensò a Chloe: guardò alla sua destra, ma il posto del passeggero era vuoto.

“Chloe!” urlò.

Si sganciò la cintura di sicurezza, e cadde, picchiando la testa contro il tettuccio. Con foga e rabbia, aprì la portiera e si scagliò fuori dall’auto, cercando di correre, ma faticando per mantenere l’equilibrio. Più d’una volta cadde. Fece correre lo sguardo in ogni direzione, alla disperata ricerca di Chloe. Trovò il suo corpo accasciato a terra, distante dal relitto del pick up. Corse urlando il suo nome. Quando la raggiunse, le si gettò addosso, stringendola a sé, in preda ad una crisi di pianto. Il suo corpo era ridotto orrendamente: più di un osso sporgeva dalla carne, il viso, un tempo splendido, ora era rovinato ed insanguinato.

No, Chloe! Non di nuovo!

“non di nuovo!” gridò fino a che la gola le dolse.

Va bene, Max, riavvolgi tutto, salva Chloe!

Si impegnò come non faceva da quando fermò il tempo per salvare Kate. Si concentrò sulla mattina, sul momento in cui Chloe le propose di guidare. Rivide esattamente quelle immagini, i ricordi precisi di ciò che videro i suoi occhi. Era vero: lei era una fotocamera, i suoi ricordi erano come scatti, indelebili. Focalizzò quel preciso istante, e si fece scoppiare la testa per riuscire a riavvolgere il tempo.

 
“forza, non amo fare shopping, quindi fammi cambiare idea, chiaro?”

Max era tornata a quel momento. Lo ricordava, era felice.

Max, calmati. Respira, e guarda: Chloe è viva e sta bene. Rilassati.

Aveva forti dolori dovunque, ma nessun danno grave in seguito all’incidente. Doveva considerarsi molto fortunata. Raggiunse l’amica, e attese la fatidica domanda.

“che ne dici se invece ora guidi tu?”

Allora, Max, pensa: se la lasciassi guidare, essendo più esperta di me, potrebbe evitare l’incidente. Ma l’incidente era colpa dell’auto che ci è venuta addosso, quindi magari nemmeno lei potrà evitarlo. E sembra che oggi Chloe abbia voglia di correre, quindi forse è meglio prendere le redini, ora che so quando fermarmi.

“vento alle vele!” questa volta fu Max a dirlo.

“cazzo sì!” esclamò Chloe, contenta “mi piace il tuo spirito, primo ufficiale Caulfield!”

L’auto sfrecciò di nuovo, e Chloe fece ancora volare i suoi capelli al vento. Ma quando giunse l’incrocio, Max rallentò fino a fermarsi. Permise al pirata della strada di passare, poi riprese la marcia.

Chloe, però, se ne accorse.

“Max, come facevi a sapere di quel coglione?”

Non sapeva cosa rispondere: dirle la verità forse le avrebbe fatto pensare che la morte la stava perseguitando, mentirle poteva rivelarsi un errore ancora più grave.

“Max, devi dirmelo:” le si avvicinò “sono morta ancora?”

Trattenne le lacrime.

“Chloe, ti prego, non roviniamo questa giornata”

“merda, mi hai vista morire ancora…” si prese il volto tra le mani “forse sono davvero destinata a morire, Max”

In quel momento, Max fu presa da una rabbia feroce, che le distorse la voce, rendendola aggressiva.

“stammi a sentire, Chloe, a me non frega un cazzo se devo vederti morire un milione di volte, se so di poterti rivedere viva e accanto a me, chiaro?”

La ragazza dai capelli blu la fissò con uno sguardo che parlava con ammirazione, gratitudine, e amore.

“oh, Max” si lanciò verso di lei, abbracciandola e stampandole un bacio sulla guancia.

Nemmeno lei sapeva come Chloe avesse fatto, ma quel delicato bacio sulla guancia, dalle labbra raggelate dall’aria fredda presa ad alta velocità, la fece sorridere all’istante, i muscoli del volto si rilassarono, lo sguardo da corrucciato si fece sereno, le sopracciglia non più aggrottate, ma ben distese.

“e ora, se vossignoria ha smesso di morire, vorrei godermi una giornata con la mia migliore amica”

“è da matti pensarci, ma io mi sento benissimo, come se non fossi mai morta!”

Risero insieme del loro sarcasmo nero.

“e poi c’è sempre Super Max con me, che viaggia nel tempo per salvarmi”

“vieni con me se vuoi vivere!”

“sono la tua Sarah Connor, Max!”
Fanculo, destino, se vuoi Chloe sappi questo: non puoi averla, e non l’avrai!

Scherzare anche sulla morte stessa faceva sentire Max forte, invincibile, e pronta a combattere il tempo, il destino, se mai ce ne fosse uno, e anche la morte stessa. Non aveva paura, non più.

Il pick up mordeva l’asfalto colpito dalla forte luce del sole mattutino, e non si sarebbe fermato fino ad Anne Grove.

ANGOLO DEI REGISTI
Dunque ci siamo: con questo capitolo si chiude il primo episodio. Questa volta non si tratta di visioni: Chloe è effettivamente morta e tornata in vita per mano di Max. Come mai? Cosa si cela dietro alla ragazza dai capelli blu? Maxine non è comunque intenzionata a demordere, pur dovendo salvare Chloe per il resto della sua vita. 

 

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