La Vendetta dei Dimenticati

di ellacowgirl in Madame_Butterfly
(/viewuser.php?uid=105187)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Cercatrice ***
Capitolo 2: *** La Colomba ***
Capitolo 3: *** La Ymbryn ***
Capitolo 4: *** La Bussola ***
Capitolo 5: *** La Pipa ***



Capitolo 1
*** La Cercatrice ***


Note Autrice:
 Ho guardato il film due volte, e me ne sono innamorata. Ho voluto creare una sorta di "Sequel", basato esclusivamente sul film, creando una categoria di speciali chiamati "Cercatori" (di cui si vedrà soltanto la co-protagonista di questa storia, un personaggio inventato, unico tra gli altri tutti già presenti nel film che rimarranno i protagonisti) ed andando ad indagare più a fondo su tutto ciò che riguarda questi bambini speciali, in particolare mi sono posta posta due domande: come arrivano, i bambini, agli Anelli Temporali? E se non tutti riuscissero a raggiungerli, cosa accade loro, al di là di una possibile morte?



1. La Cercatrice

Il tempo belga era sempre particolarmente variabile, a dir poco imprevedibile, a meno ché non si conoscesse perfettamente il susseguirsi delle condizioni climatiche di quel giorno. Un giorno che si ripeteva ormai da sei mesi, in una grande villa nella periferia della graziosa Anversa, il loro nuovo Anello Temporale.
Ciò che era accaduto in Inghilterra aveva lasciato un segno indelebile in ognuno di loro, eppure la loro vita aveva ripreso a scorrere con un entusiasmo ed una serenità del tutto differenti, migliori: avevano sconfitto coloro che li desideravano morti od utili ad uno scopo folle ed impraticabile, liberando diverse ymbryn tra cui la tanto amata Miss Peregrine.
Ella era seduta su una comoda poltrona di cui si era appropriata, un fumo denso usciva dalla pipa che teneva elegantemente tra le dita affusolate e dipinte di un viola scuro, mentre i suoi occhi azzurri rimanevano posati sul suo orologio da taschino. Pareva aspettare qualcosa, seguiva con incessante attenzione lo scorrere delle lancette, sin quando un violento tuono non pervase l’abitazione ed una pioggia scrosciante cominciò a bagnarne i vetri.
Le sottili labbra si tirarono appena in un sorriso: puntualissimo come sempre persino il clima.
«Scacco matto.» I grandi occhi verdi si alzarono vittoriosi sul volto pallido del ragazzo di fronte a lei, mentr’egli sbuffava appena e si abbandonava sullo schienale della sedia, sconfitto.
«Devi impegnarti di più, Jake. Miss Peregrine non sono riuscita a batterla in decenni, con te vinco quasi tutti i giorni» gli fece presente con tono scherzoso. Il ragazzo si passò una mano fra i capelli, senza riuscire a distogliere lo sguardo da quello scacco matto tanto elementare. «Dovremmo provare un nuovo gioco, questo è noioso» tentò di giustificarsi. «Lo dici solo perché sei scarso» lo sbeffeggiò Enoch, mentre passava con alcuni dei suoi vasetti contenenti i più svariati ingredienti. I due si scambiarono uno sguardo fintamente di sfida, finendo poi per ridersela. «Forse è vero» concluse il giovane Portman. «Perché non giochi tu? Magari riesco a batterti!»
«Non ho tempo da perdere con quei giochetti per bambini, vi lascio fare la coppietta» non mancò di prenderli nuovamente in giro, tanto che entrambi guardarono altrove per qualche istante con un lieve imbarazzo.
Erano passati mesi, sì, eppure ancora non sembravano crederci: Jake aveva finalmente trovato qualcuno che gli fosse affezionato per ciò che era, ed Emma una persona che l’aveva scelta prima di tutto il resto.

Tornarono a guardarsi dopo qualche istante, con ancora quel sorriso imbarazzato ma divertito in volto, fin quando un forte bussare alla porta non focalizzò la loro attenzione altrove. Si guardarono di nuovo, per poi alzarsi a dirigersi all’ingresso, dove già Miss Peregrine era arrivata – per prima, ovviamente – lasciando la pipa appoggiata sulla cassapanca. Molti dei bambini, incuriositi da quell’evento che non rientrava nella loro routine quotidiana, sbirciavano dalle altre stanze attigue o dalle scale, mentre la direttrice apriva la porta con un palese scetticismo. Un forte tuono accompagnato da un accecante lampo introdussero la figura che si era appena presentata: una donna, i capelli biondi bagnati, i vestiti neri ed attillati fradici ed un fagotto tenuto saldamente con un braccio. Ansimava, e gocce di sangue cadevano ai suoi piedi.
Miss Peregrine non poté non spalancare gli occhi per lo stupore, mentre alcuni bambini si erano ritirati spaventati.
«Alexandra…» bisbigliò, come se ancora non ci credesse. Gli occhi ghiaccio della sconosciuta erano fissi in quelli della direttrice, il trucco colato a causa delle terribili condizioni climatiche. «Entra.» Si scostò, permettendole di entrare. Immediatamente le si avvicinò, prendendo tra le proprie braccia il fagotto: un bambino sui due anni, dalla pelle scura ed i capelli nerissimi, il quale sembrava dormire senza essersi accorto di nulla. «Si chiama Echo, l’ho trovato in Africa.» La voce della sconosciuta era roca, ma tremendamente decisa, fredda. Miss Peregrine le diede solo un altro sguardo, prima di volgersi proprio ai due ragazzi e mostrare il suo solito ampio sorriso, cambiando improvvisamente espressione: mostrarsi perennemente sicura e tranquilla rientrava nei suoi compiti, dopotutto. «Emma, per favore, prepara una stanza per il bambino» le disse. La ragazza asserì col capo e si allontanò, seguita a ruota da Jake che nel mentre non aveva compreso la situazione.
Salirono le scale, sino ad una stanzina graziosamente arredata ad eccezione del letto, non ancora fatto. «Chi è quella donna?» domandò, mentre Emma apriva una credenza e prendeva alcune coperte e lenzuola. «Alexandra Kaiser, è una Cercatrice» disse, mentre passava un lembo del lenzuolo a Jake, affinché l’aiutasse a coprire il letto. «Cercatrice?» domandò perplesso. Né suo nonno né Miss Peregrine stessa aveva mai menzionato qualcuno di simile.
«Sono degli speciali incaricati di trovare i bambini e condurli negli Anelli Temporali che più si avvicinano alla loro epoca» gli spiegò, per poi lasciarsi sfuggire un mezzo sorriso amaro sulle labbra carnose, distogliendo lo sguardo dal ragazzo. «Non tutti hanno la fortuna di avere qualcuno che gli lasci le indicazioni giuste.» In quel momento, Jake si sentì un perfetto idiota – o meglio, più del solito: lui aveva trovato la Casa dei Bambini Speciali grazie alle indicazioni del nonno ma, effettivamente, se non avesse avuto nessuno che gliele desse, non l’avrebbe mai trovata o, ancor peggio, sarebbe probabilmente stato aggredito ed ucciso da quel Vacuo.
Quella spiegazione, dopotutto, aveva senso. «Ah… non ne avevo mai sentito parlare» ammise, piegando le lenzuola del letto, mentre Emma prendeva le coperte lasciate sulla cassapanca. «Non si vedono spesso, in genere cercano i bambini e li portano agli Anelli senza rimanervi, perciò è difficile incontrarli. Ho visto la signorina Kaiser solo un paio di volte, da quando sono qui, e molto di sfuggita.» Aveva un tono piuttosto tranquillo, mentre gli dava quelle spiegazioni, eppure v’era l’impressione che qualcosa comunque la turbasse, in quella storia. Jake in un primo momento parve trattenersi dal porre altre domande poi, spinto da quella sua innata curiosità, accennò a parlare, quando il suono di passi che si avvicinavano non lo costrinse a zittirsi.
«Ottimo.» Miss Peregrine aveva fatto il suo ingresso, tenendo il bambino ancora addormentato tra le braccia, premurosamente appoggiato alla sua spalla. «Questo frugoletto ha un sonno invidiabile!» commentò, avvicinandosi al letto e riponendolo garbatamente. I due ragazzi rimasero vicini, aiutando a coprirlo, eppure a Jake qualcosa continuava a non tornare. «Non è ferito…» constatò. Non gli erano sfuggite quelle macchie rosse lasciate sul pavimento, quando la Cercatrice era entrata con quel fagotto. «Il sangue non era il suo» e sorrise, con quella sua cordialità che tanto si mescolava all’ambiguità. Diede uno sguardo ad entrambi, penetrante eppure così lontano, per poi lasciare la stanza con una strana fretta.

Salì le scale, arrivando nella soffitta dove una stanza per ospiti “particolari” era sempre adibita, entrandovi solo dopo aver bussato. Il suo sguardo trovò immediatamente la Cercatrice, seduta sul letto, intenta a cucire da sola una profonda ferita al braccio sinistro. Alexandra parve non considerarla, troppo concentrata sul non emettere nemmeno il minimo suono di dolore, mentre Miss Peregrine lasciava la porta socchiusa e si avvicinava: seria, dannatamente seria.
«E’ infettata, devi prima curarla» le disse, notando la gravità di quella ferita. Prese una brocca d’acqua lasciata sulla credenza della stanza e vi bagnò un panno. «Da quanto hai questa ferita?»
«Da un po’» una risposta secca, di chi non sembrava intenzionato a dilungarsi in una qualsiasi conversazione.
Non con lei.
Miss Peregrine parve ignorare quella freddezza e si sedette accanto a lei, prendendole il polso con una mano ed impedendole di continuare quella cucitura che avrebbe solo peggiorato le cose. Alexandra alzò immediatamente lo sguardo tagliente su di lei, incontrando quello altrettanto fermo della direttrice. «Da quanto non dormi?» era più forte di lei, abituata com’era ad occuparsi di tutto e tutti, pur nella sua autorevolezza. La bionda sospirò, abbandonando l’idea della cucitura e lasciando che l’altra le pulisse la ferita.
Bruciava dannatamente. «E da quanto non bevi? Sei disidratata.»
«Non sono una dei tuoi bambini, Alma» puntualizzò.
«No, infatti. Temo tu sia peggiore» accennò ad un tono più rilassato, lasciando che un lievissimo sorriso comparisse sulle labbra sottili di entrambe. Poi silenzio, di nuovo, come se vi fossero troppe cose da dire ed il tempo a disposizione, così apparentemente infinito, fosse in realtà troppo poco, troppo sfuggevole.
«Sono passati dieci anni, Alex.» Il tono rimaneva sicuro, sebbene le sue labbra avessero tremato.
Erano dieci anni che non la vedeva, che non aveva sue notizie, e sebbene fosse così da davvero troppo tempo – quel famoso tempo infinito – ella non sembrava essersene ancora abituata.
«Dovresti sapere il perché.» Se l’aspettava, una risposta del genere. Era sempre stata schietta e sincera, la bionda, sin dal primo giorno in cui l’aveva conosciuta, eppure chissà perché in quel momento aveva sperato che almeno qualcosa fosse cambiato. «Ci vogliono anni, per riuscire a trovare un bambino, e molto tempo per arrivare all’Anello giusto per lui.» Miss Peregrine non rispondeva, l’ascoltava, pulendole quella ferita fin troppo profonda, mentre Alexandra lasciava che lo sguardo si perdesse in chissà quale brutale ricordo. «Stavano per bruciarlo vivo, al suo villaggio. Sono arrivata appena in tempo» spiegò, prima di lasciar cadere la testa appena indietro e passarsi una mano tra i capelli ancora inzuppati. «E’ incredibile quanto gli uomini siano ancora così ottusi.» Una considerazione come tante, che parve lasciarsi sfuggire come se si trovasse nell’unico posto dove si sentisse libera di farla.
La direttrice non aveva ancora detto nulla, si alzò, andando a lavare quel panno sporco di sangue nella brocca d’acqua. «Dieci anni sono comunque troppi, per una scusa come questa. Dovresti saperlo.» Una frecciata diretta, mentre le lanciava uno sguardo torvo con la coda dell’occhio affusolato. La Cercatrice lo resse, senza perdere la propria, di freddezza: aveva sopportato ogni intemperie e combattuto ogni genere di nemico, per portare a termine il proprio compito, eppure niente la metteva in difficoltà come lo sguardo di Miss Peregrine – di Alma.
«Pensi che sia stato un uomo o un animale a farmi questo taglio?» domandò metaforicamente, indicando la ferita con una punta di irritazione. «E’ stato un Vacuo. Ed anche bello grosso» specificò, eppure l’ymbryn non parve rimanerne troppo sorpresa: dopotutto, per quanto il pericolo maggiore sembrasse esser stato scongiurato, non era stata così ingenua da non pensare che altre mostruose creature fossero rimaste in qualche parte del mondo. «Si stanno moltiplicando, là fuori. Non so come, ma ogni volta diventa sempre più difficile precederli, o sopravvivere e –» si bloccò, volgendo rapidamente lo sguardo alla porta, dove due o tre teste si ritirarono immediatamente.
Miss Peregrine parve trattenere un sospiro. «Venite avanti, non avete nulla da temere» ordinò, seppur sempre con garbo. La porta venne aperta, mostrando Emma, Jake, Enoch ed Olive con espressioni leggermente imbarazzate. «Sapete che non è educato origliare, vero?» domandò loro, sebbene quello fosse un rimprovero. Gli occhi azzurri di Jake sembravano non potersi staccare da quelli della sconosciuta. «Lei… può vedere i Vacui?» domandò, prendendo coraggio. Era chiaro che avessero udito almeno una parte della conversazione e, sentendo ch’ella avesse avuto a che fare con uno di quei mostri – o meglio, lo avesse fronteggiato – gli venne spontaneo chiedersi se non possedesse la sua stessa abilità.
Alexandra sbuffò un accenno di risata. «No, ragazzino, non sono come te o come il tuo adorato nonnino» rispose non senza un certo sarcasmo. Era evidente che il caro Abe non andasse troppo a genio alla bionda. «Ma allora, come…»
«Sono ipersensitiva, come tutti i Cercatori» spiegò, mentre rialzava la spallina della canottiera bianca, unico indumento che indossava – al di là dei pantaloni – per consentire la medicazione della ferita. «Non posso vedere i Vacui, ma sento senza problemi i loro movimenti. I miei cinque sensi, in poche parole, sono ipersviluppati, ad esempio…» e lo sguardo si volse proprio a Miss Peregrine, rimasta impassibilmente impeccabile sino a quel momento. «Posso percepire senza difficoltà il battito accelerato della vostra direttrice, il ché mi fa supporre che la mia presenza la metta… in soggezione.» Un sorriso provocatorio si fece largo sul suo volto, mentre Miss Peregrine la fulminava con lo sguardo. Ma non fu che un istante, la splendida direttrice riacquistò subito il proprio autocontrollo – o meglio, non lo aveva mai perso – andando a volgere un sorriso ai quattro ragazzi. «Andate a prepararvi per la cena, ragazzi. Sono quasi le cinque e mezza.» I quattro, sebbene con ancora un filo di titubanza, ubbidirono.
Soltanto quando furono nuovamente sole, Miss Peregrine letteralmente la fulminò con lo sguardo.
«Non osare più fare battute del genere, specialmente davanti ai bambini.» Seria, contrariamente all’altra che parve sospirare.
«Dimenticavo quanto ti piaccia dare ordini…» commentò. «Ma non preoccuparti, ripartirò subito dopo l’azzeramento dell’Anello» aggiunse, prendendo mano alla propria borsa, alla ricerca delle bende.
«Sei ferita, stanca e deperita. Non te ne andrai fin quando non ti sarai ripresa» un altro ordine, più deciso. Alexandra, questa volta, parve risentirsene ulteriormente, tanto che si alzò lentamente dal letto, con quello sguardo così tremendamente freddo.
«Come ho già detto, non sono una dei tuoi bambini
«Una Cercatrice morta non serve a nessuno, tantomeno ai miei bambini.» La replica, mentre rimaneva imperterrita dinnanzi alla credenza. Alexandra si avvicinò a lei, come dovesse studiarla, sentirla più di quanto la sua abilità speciale non le consentisse.
Era sempre così dannatamente ambigua ed illeggibile, Miss Peregrine, persino per lei.
«Promettimi che quel bambino sarà al sicuro.» Doveva chiederglielo, perché dietro quella maschera di freddezza ella aveva a cuore quei bambini molto più di ciò che mostrava, e la ferita profonda al braccio ne era solo una delle tante prove.
«E’ una promessa che non ho mai infranto» rispose la direttrice senza esitazione.
Silenzio, per un attimo ancora parvero perdersi nello sguardo dell’altra.
Dieci anni erano stati decisamente troppi.
«Promettimi che non ti farai più mettere in gabbia, per nessun motivo.» Parve meno rigido, il suo tono, in quell’ordine che aveva più il suono di una preghiera. A quanto pareva, era venuta a sapere di quanto accaduto, e nelle sue gelide iridi azzurre si poteva leggere una nota di preoccupazione, percepibile solo da chi la conosceva molto – forse troppo – bene.
Era venuta a sapere di quanto accaduto edera palese che non le fosse per nulla piaciuto.
Miss Peregrine non rispose, non subito: perché le era sempre così difficile mantenersi autoritaria davanti a lei?
«Questa è una promessa che potresti realizzare tu, se tanto ti interessa.» Amarezza, dolore, delusione. La direttrice le volse le spalle ed uscì dalla stanza a passi decisi, lasciando la Cercatrice ancora in piedi a fissare il punto in cui prima si trovava i suoi occhi, senza darle la possibilità di replicare.
Non credeva che dopo tutto quel tempo potesse ancora ferirla in quel modo, così come Miss Peregrine non credeva che, in fondo, quella donna sarebbe mai cambiata.
Strinse i pugni, e con le nocche colpì con forza la brocca d’acqua, spezzandola.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La Colomba ***


2. La Colomba


«Quella donna non mi ispira» proruppe Enoch a capotavola, mentre ancora la maggioranza dei bambini doveva prendere posto. «Non dovresti essere così prevenuto nei suoi confronti, ha portato qui molti di noi.» Olive si manteneva fin troppo garbata nei confronti del fidanzato, ma non poté non lasciarsi sfuggire quella piccola difesa: dopotutto, Alexandra l’aveva portata in quella casa, salvandola da molti pericoli e dandole una nuova possibilità di vita. Come lei anche i gemelli, tanto che i piccoletti – nonostante fossero passati almeno quindici anni – erano letteralmente corsi ad abbracciarla, disertando l’inizio della cena.
«E immagino che abbiate ricordi assolutamente affettuosi e premurosi, di lei» commentò sarcastico. La rossa dischiuse le labbra per replicare, ma non poté farlo: quella donna non era mai stata oggettivamente affettuosa, con nessuno di loro, eppure i rischi che lei stessa aveva sempre corso per portarli in un luogo sicuro – loro come molti altri, probabilmente – erano sufficienti per scagionarla da qualsivoglia accusa. Enoch sbuffò, ma anche lui non aggiunse nulla: dopotutto, aveva cominciato ad imparare ad avere un poco più di tatto, almeno per ciò che poteva riguardare Olive anche solo parzialmente, perciò preferì intrattenere con lei una conversazione differente.
Al tavolo era appena arrivata Fiona assieme a Hugh, quando anche Miss Peregrine aveva fatto il suo ingresso, notando con un lieve disappunto l’assenteismo generale. «Dove sono gli altri?» domandò, ottenendo nell’immediato l’attenzione dei presenti.
«Sono dal bambino nuovo, Miss Peregrine. Sembra abbia paura di uscire dal letto…» le comunicò Olive. La donna parve riflettervi qualche istante, per poi lasciar posto ad un sorriso elegante e persuasivo. «Non possiamo certamente lasciare solo il nostro nuovo amico» disse allontanandosi nuovamente, seguita a ruota dai quattro presenti.
Salirono le scale, trovando davanti alla porta della stanza di Echo tutti gli altri bambini, in particolare Emma e Jake, che sembrava le avessero tentate tutte per convincere il piccolo a non nascondersi ancora sotto le coperte. La direttrice arrivò con passo elegante, portandosi proprio davanti alla porta: lasciò la pipa a Jake, mentre la biondina si spostava per lasciarle la completa visuale. «Non devi avere paura di noi, mio caro» cominciò, con quel tono perennemente affabile: sapeva esattamente come comportarsi, ogni volta che un nuovo bambino arrivava era spesse volte impaurito o disorientato, e solo il garbo della donna sembrava riuscire, lentamente, a costruire un piccolo spazio per tutti.
Il piccolo parve scostare appena la coperta per scorgere la donna che gli aveva parlato, ma immediatamente si nascose di nuovo. Miss Peregrine, tuttavia, pareva armata di una pazienza infinita: continuò a parlargli, ottenendo qualche mezzo risultato, ma il piccolo non sembrava riuscire ad uscire da quelle lenzuola.
«Forse non capisce» esordì Bronwyn in tutta la sua schietta ingenuità.
«Tutti siamo stati timidi ed impauriti, non dimenticatelo.» La direttrice non si sarebbe certamente arresa, anzi, manteneva quel suo sorriso e quel suo tono affabili, senza la minima intenzione di forzare il nuovo arrivato.
«Echó» un suono morbido, per una voce così dura. A quella pronuncia, però, il piccoletto scostò le coperte e puntò gli occhi scurissimi su colei che lo aveva chiamato correttamente: alle spalle del gruppetto di bambini, la Cercatrice lo guardava col solito sguardo gelido e le mani nelle tasche dei pantaloni aderenti. «Viens ici 1» gli disse.
Il piccolo, sebbene titubante, ubbidì: lì dentro era la sola figura a lui familiare, senza contare che evidentemente parlasse l’unica lingua che conoscesse. Chissà cosa avevano passato, quei due, prima di arrivare nel loro Anello.
Si liberò delle coperte e scese, Miss Peregrine si scostò quanto gli altri, lasciando che il piccolo arrivasse sino ad Alexandra e tendesse le braccine verso di lei. Ma non lo prese in braccio, la bionda, si chinò, portandosi alla sua altezza, allungando poi il dorso della mano verso la guancia del piccolo, lasciandovi una carezza.
Era un momento più unico che raro, vedere una donna come lei lasciarsi sfuggire un gesto tanto delicato.
«Tu dois avoir confiance en eux. Ils sont comme toi, il vont t’aider et être tes amis.2»
«Mais…3» balbettò il piccolo, mentre nessuno dei presenti sembrava comprendere cosa si stessero dicendo, in una lingua così differente dall’inglese. «… et toi? Tu n’es pas mon amie?4» La sua domanda fu ingenua, candida tanto da rischiare di strapparle un sorriso.
Ella portò anche l’altra mano al suo volto, per poi scendere sino a stringere le sue ditina nelle proprie. «Je le suis. Mais je ne peux pas rester avec toi. Mais…5» lo portò pian piano a volgersi agli altri presenti, in particolare a Miss Peregrine, che li osservava incuriosita, intuendo solo qualche parola. Non poteva che farle piacere, che il piccolo si sentisse al sicuro con qualcuno, ma era decisamente la più consapevole, tra i presenti, ch’ella non avrebbe potuto instaurare un legame con lui.
Lei non poteva instaurare un vero legame con nessuno, probabilmente perché non lo voleva, e la direttrice prima o poi avrebbe dovuto accettarlo.
«Cette femme est la meilleur. Fais confiance à elle. Croix moi.6» In quel momento, lo sguardo delle due donne fu solo per l’altra.
Il piccolo parve prendere coraggio, accennò qualche passo verso Miss Peregrine, senza riuscire ancora a staccarsi da Alexandra. «Vas-y 7» lo incoraggiò. Dopo qualche altro attimo, Echo camminò sino alla direttrice, la quale si abbassò per accoglierlo tra le braccia e regalargli uno dei suoi migliori sorrisi.
Lo sapeva, la Cercatrice, che Alma fosse la scelta migliore: aveva avuto contatto con molte ymbryn e, sebbene a tutte stesse a cuore la vita e la salute dei bambini, nessuna di loro si era dimostrata come… come lei, semplicemente. «Parla solo francese, o meglio, capisce solo il francese.» La sua voce continuava ad essere fredda, mentre voltava le spalle ai presenti, come se quella situazione non la riguardasse più: era incredibile, come tanto altruismo si celasse dietro ad altrettanta freddezza.
«Grazie» fu tutto ciò che Miss Peregrine le disse, osservando le sue spalle allontanarsi.
«Allora, bambini, la cena si raffredderà! Forza, andate a prendere posto» li invitò, attendendo che scendessero tutti le scale, prima di seguirli ed unirsi alla cena col nuovo arrivato.

Al termine, si raccomandò con i bambini che si preparassero per il film in salotto, assicurandosi che Echo fosse sempre accompagnato da qualcuno – situazione pressoché perenne, considerando che fosse la novità, all’interno della casa. I più grandi, naturalmente, si premuravano di sparecchiare la tavola, ma nel momento in cui Miss Peregrine fece una piccola tappa in cucina per recuperare la propria pipa, Jake non poté più trattenere le mille domande che l’assillavano.
«Miss Peregrine» richiamò la sua attenzione, cercando di essere cortese ed al contempo deciso, sebbene la sola presenza della donna gli mettesse ancora tanta soggezione quanta sicurezza.
Perché quella donna doveva sempre dare una strana sensazione di ambiguità?
«Qualcosa ti turba, Jake?»
«A dire il vero, sì… vorrei sapere qualcosa di più di quanto sta accadendo là fuori.» Schietto, mentre anche Emma ed Olive avevano lasciato perdere le faccende per potersi avvicinare ed udire.
La direttrice li scrutò, divenendo improvvisamente seria, dopo aver dato un tiro con la pipa. «Mi sembrava di essere stata chiara da tempo, Jake: non parlo di questioni importanti se non è una necessità.»
«Ed i Vacui là fuori non lo sono?» Enoch era appena rientrato nell’abitazione e, come gli altri, sembrava attendere una spiegazione.
Miss Peregrine li scrutò di nuovo, per poi sfoggiare un sorriso sicuro sulle labbra sottili. «I Vacui sono un problema che non mi permetterò di lasciarvi affrontare nuovamente» fu la sua risposta, prima di riportare la pipa alle labbra ed allontanarsi. «Il film inizierà fra poco, non fate tardi!» si raccomandò, lasciando la stanza.
I quattro si guardarono con un sospiro: quando si metteva in testa qualcosa, quella donna era più irremovibile che mai.

La fissava con le braccia incrociate, appoggiato alla ringhiera della piccola veranda. I suoi occhi azzurrissimi erano fissi sulla bionda che, a qualche passo di distanza, limava una specie di coltello con una pietra particolare, seduta su un tronco mozzato, nel grande parco dinnanzi a loro. Non serviva un occhio esperto per rendersi conto che quella donna – nonostante il braccio quasi interamente fasciato – sapesse combattere piuttosto bene: le sue braccia erano muscolose, al di sotto dell’aderente canottiera si potevano intravvedere gli addominali. Era un corpo tonico, prestante, e non dubitava che la sua mente fosse abituata alle lotte.
«Ti piace proprio tanto, eh?» la voce di Emma lo colse di sorpresa, tanto era assorto nei suoi pensieri.
«Ma cosa dici? Io non…»
«Stavo scherzando» lo prese in giro lei, lasciandogli un bacio sulla guancia. Jake rinsavì, tranquillizzandosi, riportando poi gli occhi su di lei: aveva pensato a quella possibilità da quando la bionda era arrivata lì. «Stai pensando di chiederle qualcosa, vero?» gli domandò, troppo intuitiva per non rendersi conto di cosa gli passasse per la testa.
Il ragazzo prese fiato. «La promessa che ho fatto a Miss Peregrine di proteggervi è ancora valida, sempre.»
«Ma Jake, non devi sentirti ancora questo peso addosso, te l’ho detto, tu ci hai –»
«Ci ho messo una vita, letteralmente, per trovare un posto dove mi accettino per quello che sono» la interruppe, volgendo solo ora lo sguardo alla ragazza. «Se per proteggerlo devo chiedere aiuto ad una donna strana che per qualche motivo odia mio nonno, lo farò.» Umile, nella sua consapevolezza, eppure dannatamente determinato.
Emma parve contrariata, in un primo momento – non era solita disobbedire a Miss Peregrine – per poi lasciarsi sfuggire un sorriso ed alzarsi sulle punte per lasciargli un bacio sulle labbra. «Hai più carattere di quello che pensavo, sai?» lo sbeffeggiò scherzosamente, ripetendo una frase che gli aveva rivolto il giorno del loro incontro, una delle prime. Jake sorrise appena, poi prese coraggio e scese dalla veranda, incamminandosi verso la donna.
Ella lo aveva sentito arrivare, o meglio, v’era un’alta probabilità che avesse udito tutta la conversazione, ma non sembrava importargliene. Il ragazzo le arrivò a circa un metro, come volesse tenere una certa distanza di sicurezza, mentre lei non gli aveva nemmeno rivolto lo sguardo.
«Sei venuto a chiedermi perché il tuo caro nonnino non mi piace per niente?» domandò diretta, senza tanti convenevoli.
«No, cioè, vorrei sapere anche questo ma –»
«Non rientra nei miei interessi, rispondere a questa tua domanda» lo interruppe subito, come se lo avesse appena preso in giro. Jake riprese nuovamente coraggio, deciso a non arrendersi tanto facilmente.
«Sono venuto a chiederle di insegnarmi a combattere i Vacui.» Lo disse tutto d’un fiato, stringendo appena le labbra. La Cercatrice non parve scomporsi, anzi, continuò ciò che stava facendo, prendendosi solo un secondo di pausa.
«Te l’ha detto Alma – Miss Peregrine – di chiedermelo?» Conosceva le rigide regole della direttrice, le sembrava strano che avesse acconsentito a mettere in pericolo un bambino, specie se “nuovo” e tanto prezioso. «No, lei non lo sa.»
Rise. Sebbene in modo contenuto, Alexandra rise divertita, e solo ora alzò le iridi ghiaccio su di lui: a volte dimenticava quanto fossero stupidi certi adolescenti. «Che ragazzino ingenuo» fu la sua risposta, mentre scuoteva sconsolatamente il capo. «Sai qual è la caratteristica peculiare del Falco Pellegrino?» gli domandò, ma già sapeva che il ragazzo non si intendesse minimamente di uccelli, quindi proseguì senza lasciargli molto tempo per rispondere. «E’ l’animale più veloce al mondo. Questo significa che la tua adorata direttrice può fare il giro dell’intera casa in mezzo secondo e sapere esattamente cosa tutti stiano facendo e dicendo.» Non era il tono di una maestrina, il suo, quanto più di una donna scocciata dalla presenza di una persona che non riteneva minimamente interessante.
Ancora una volta, alzò lo sguardo su Jake, incrociando quello del ragazzo, fin troppo a disagio. «Pensi ancora che ci sia qualcosa che lei non può sapere, all’interno del suo Anello Temporale?» domandò provocatoria.
«E’ un’ottima domanda.» La voce cordiale di Miss Peregrine colse di sorpresa il ragazzo, tanto che questo sussultò, ritrovandosi la donna alle proprie spalle. Sul suo volto era dipinto il solito sorriso enigmatico, in quella compostezza di portamento invidiabile. «Credevo di essere stata chiara, Jake.» continuò, questa volta con tono più serio. Il suo sguardo affilato era fisso sul ragazzo il quale, tuttavia, non sembrava comunque intenzionato ad arrendersi, non così facilmente.
«Miss Peregrine, se posso vedere i Vacui ma non combatterli, non sarò di grande utilità quando ci attaccheranno e –»
«Come potrebbero farlo, Jake?» gli domandò, come fosse stata una domanda scontata, che lo disorientò per un attimo. «Non conoscono la nostra ubicazione, né avrebbero modo di seguire qualcuno fin qui, dunque non corriamo il pericolo di essere trovati» gli spiegò con garbo. Jake, tuttavia, non sembrava convinto: era sicuro di ciò che aveva sentito – origliato – solo qualche ora prima. «E se non fosse così?» domandò lui a propria volta. «Se ci sono ancora dei Vacui che si moltiplicano, là fuori, vuol dire che sta accadendo qualcosa e –»
«Basta così, Jake.» lo bloccò duramente. Il ragazzo non riuscì a replicare dinnanzi all’autorità della donna, mentre la Cercatrice sembrava godersi la scenetta. «Non è tuo compito, quello di occuparti della sicurezza dei bambini, ma il mio. Se ci sarà un pericolo, vi informerò. Fino ad allora, resta al tuo posto.» Autoritaria, intransigente, un tono che non ammetteva repliche. Jake non disse nulla, scambiò uno sguardo con la Cercatrice e si allontanò sotto lo sguardo ancora rigido della direttrice: quel ragazzo era decisamente troppo indisciplinato, nonostante le sue buone intenzioni fossero ammirevoli.
«Il moccioso ha ragione» commentò Alexandra, alzandosi e riponendo il coltello all’interno dello stivale.
«Non mi pare di aver concesso obiezioni ai miei ordini» ribatté Miss Peregrine, rivolgendo ora quello stesso sguardo affilato alla bionda.
Ella palesò una smorfia quasi divertita. «Ha delle intenzioni buone, ma è stupido. Lo sai che finirà per fare qualche cavolata, ed è meglio che sia preparato.» Non stava obiettando al dire dell’altra, ma cercando di enfatizzare la realtà dei fatti: Jake aveva portato scompiglio nel loro Anello già una volta, lo avrebbe sicuramente rifatto, e questo lo sapevano entrambe – specialmente se di mezzo c’erano i Vacui.
Miss Peregrine sospirò, come stesse valutando qualche possibilità, per poi sfoggiare un sorriso provocatorio. «Ti stai proponendo per aiutarlo? Non pensavo che fossi anche premurosa…» la stuzzicò, tanto che la Cercatrice inarcò appena il lembo del labbro superiore, palesando un’espressione scocciata.
«Proteggerli è compito tuo, io non faccio la baby sitter» replicò, mentre il suo sguardo si spostava proprio su Jake, che si era riunito agli altri tre proprio sulla veranda. «Ma abbiamo speso troppi anni della nostra vita per lasciare che un branco di mostri senza cervello li uccida.» Una constatazione amara, mentre Miss Peregrine non aveva distolto lo sguardo da lei: quel profilo, che volesse ammetterlo o meno, le era dannatamente mancato.
«Sono gli anni che non abbiamo speso, che rimpiangeremo» una frecciata, l’ennesima, che portò Alexandra a volgerle uno sguardo freddo.
Perché c’era tanta tensione, tra loro, quando si guardavano in quel modo?
Perché non riuscivano a parlarsi per davvero, ostinandosi a tenersi dentro tutto ciò che ancora le feriva?
«Domani mattina ripartirò» le comunicò dopo poco, accennando a tornare verso l’abitazione. D’istinto, lo sguardo sottile di Miss Peregrine si volse a lei.
«Senza salutare, immagino.» Non poteva fare a meno di utilizzare quell’accento polemico, con lei, sebbene desiderasse conversare in tutt’altro modo.
Alexandra sospirò. «I saluti sentimentali non fanno bene a nessuna delle due» commentò, chiudendo il discorso in quel modo, eppure la direttrice era ancora troppo seria per lasciar perdere.
«O non hai più il coraggio di stare in mia presenza?» la provocò per l’ennesima volta.
La Cercatrice fu costretta a fermarsi e a voltarsi, consapevole che fosse una sofferenza per entrambe. «Cosa vuoi sentirti dire, Alma?» le domandò.
Scusa. Voleva sentirsi dire scusa, avrebbe voluto udire quella semplice parola dalle sue labbra, ma sapeva che non sarebbe mai accaduto: come avrebbero potuto chiedere scusa per la reciproca lontananza, quando le loro vite – le loro nature – erano così diverse? L’una perennemente in giro, l’altra sempre nello stesso posto.
«I bambini sono ciò a cui ci siamo sempre dedicate, ciò a cui abbiamo consacrato la nostra vita. Non esiste alternativa, non per noi.» e quel “noi” bruciò come non mai tra le sue labbra, così come nel petto di Miss Peregrine.
Dischiuse le labbra, non riuscendo tuttavia a parlare subito. «E’ l’unica alternativa che riusciamo a vedere, suppongo.»

...
Gli spasmi si erano susseguiti per minuti interi, la flebile voce di donna che non riusciva più a trattenere il dolore perpetuò in quei lamenti, fin quando il suo corpo fu stremato.
Un ultimo sospiro, poi un suono sordo, di qualcosa che cambiava forma, ed alla luce cadde una colomba. Morta.
Un riso soddisfatto proveniva dalla penombra della stanza, sin quando due grandi occhi bianchi non spezzarono il buio generale, rivelando un mostro di cui il mondo non sembrava esser stato in grado di liberarsi.
«Come vi sentite, Signor Barron?» un ragazzo aveva posto quella domanda, alla luce, a fianco ad altri quattro più o meno della stessa età, sui venticinque - trent’anni. L’uomo si mostrò alla luce, alzandosi in piedi e passandosi un fazzoletto sulla bocca sporca di sangue. «Meravigliosamente, ragazzo. Meravigliosamente.» E sfoggiò il suo miglior sorriso, mostrando una dentatura fin troppo ampia ed appuntita, con ancora qualche goccia rossa a sporcarla.
Abbandonare il faticoso e dispendioso metodo di procurarsi occhi di bambini speciali per abbracciarne uno molto più efficace e soddisfacente, ovvero bere sangue di ymbryn, era stato un colpo di genio.
I ragazzi, tuttavia, non ne sembrarono impressionati, anzi: uno di loro, un morettino coi capelli a spazzola, mosse con delicatezza una mano, facendo levitare un bicchiere d’acqua sino all’uomo, che lo prese. «Oh, grazie mille, troppo gentile» asserì, prendendo mano al bicchiere senza tuttavia berne il contenuto.
«Temo che la mia sete, tuttavia, sia di altro…» e lo sguardo bianco cadde sul volatile a terra, privo di vita, privo di quel liquido rossastro così essenziale alla vita.
«Non è così facile ingannare le ymbryn, Signor Barron, e lei ci aveva promesso che –»
«Lo so, cosa vi ho promesso.» lo interruppe. Lo sguardo tornò sul ragazzo, o meglio, su tutti e cinque gli Speciali, di un’età decisamente superiore a quella dei normali “bambini particolari”. «Vendetta.» Una parola rude, eppure così potente da provocare un fremito in ognuno di loro. «Vendetta verso coloro che invece di trovarvi e portarvi al sicuro in un Anello Temporale, vi hanno lasciati soli alla mercé del mondo, dimenticati…» riassunse con un vago sadismo, compiendo qualche passo nella loro direzione.
Poggiò una mano sulla spalla del leader dei ragazzi, senza distogliere lo sguardo fermo e deciso. «Ymbryn, Cercatori, gli altri Bambini Speciali che vi hanno sottratto il posto… oh, la pagheranno tutti, non temete» promise, superandolo ed accennando ad uscire da quella stanza così buia, probabilmente sotterranea. «Ma prima, dobbiamo assicurarci che i nostri amici Vacui abbiano completato… come dire, il loro upgrade.» e l’ennesimo sorriso sadico delineò il suo volto scuro.
Avrebbe sfruttato ognuna di quelle anime disperate, pur di avere anche la propria, di vendetta.


Note:
1 Vieni qui
2 Devi avere fiducia in loro. Sono come te, vogliono aiutarti ed esserti amici
3 Ma…
4 E tu? Non sei mia amica?
5 Lo sono. Ma non posso rimanere con te. Ma…
6 Questa donna è la migliore. Fidati di lei. Credimi.
7 Vai.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La Ymbryn ***


3. La Ymbryn

L’alba era sorta da una decina di minuti, non di più, eppure si erano svegliati ben prima, pronti per partire.
Sì, erano consci che lasciare il loro Anello Temporale, luogo sicuro specie in un periodo che non era più tanto roseo quanto pensavano, non fosse la più brillante delle idee… eppure erano state l’avventatezza ed il coraggio a salvarli, non più di qualche mese prima, perciò non potevano più attendere che fosse Miss Peregrine ad arrendersi all’idea di spiegargli cosa stesse accadendo. Per quanto fossero solo dei ragazzi, avevano una discreta esperienza alle spalle e, soprattutto, parecchie abilità che gli sarebbero tornate utili nel caso in cui avessero incontrato i loro nemici.
«Una pessima idea. Come tutte quelle che ti vengono, dopotutto.» Enoch non si sarebbe risparmiato nemmeno quella mattina. Teneva nello zaino un po’ di cosucce, lanciando di tanto in tanto lo sguardo ad Olive alle sue spalle, come ad assicurarsi ch’ella fosse lì.
«Eppure continui a seguirmi, Enoch. Tanto schifo non devono farti!» rispose Jake, a tono, mentre si guardava attorno, avanzando verso un boschetto limitrofo. A fianco a lui, Emma scuoteva sconsolatamente il capo.
«Non abbiamo molte informazioni, se non quel poco che siamo riusciti a sbirciare dai taccuini della Cercatrice. E se dovesse scoprirci…»
«Ci taglierà la testa.»
«Enoch!» lo rimproverò la rossa con un sospiro.
«Ehi stavo scherzando!» si giustificò, sebbene il suo tono non fosse per nulla scherzoso.
Continuarono a camminare, passando attraverso un cespuglio e ritrovandosi, una volta oltre, a respirare un’aria quasi diversa. Per un attimo, gli tremarono le gambe. «Lo stiamo facendo per davvero?» domandò Olive, lasciandosi sfuggire uno sguardo alle spalle.
«Andrà tutto bene» cercò di rassicurarla Enoch, sebbene gli riuscisse ancora piuttosto difficile mostrarsi un minimo premuroso nei suoi confronti: avrebbe fatto qualsiasi cosa, per lei, eppure gli veniva sempre così difficile dimostrarlo per davvero. «Nel senso, peggio dell’altra volta non può andare, e ce la siamo cavata» scherzò, cercando di mascherare il disagio di quel tentativo. Olive, fortunatamente, sembrava riuscire ad apprezzare ogni singolo frammento dei suoi atteggiamenti, perciò gli sorrise appena e strinse la sua mano.
«L’Anello Temporale dove sono stati visti l’ultima volta si trova a Berlino. Dobbiamo sbrigarci.» Emma reggeva tra le mani un paio di fogli su cui si era appuntata alcune informazioni utili, le ripassava continuamente nonostante fossero passati neanche dieci minuti da quando avevano lasciato la casa. «La stazione di Anversa dista una trentina di minuti, a piedi. Dobbiamo prendere un treno, o ci metteremo troppo per cambiare paese.» spiegò.
A fianco a lei, Jake sbirciava i suoi scritti, facendo strada con la cartina che teneva tra le mani. «Sicura che ci siano già dei treni che arrivano fino a Berlino? Siamo pur sempre nel 1943…» le fece notare, gli occhi azzurri che incontrarono immediatamente quelli ampi di lei.
«Questo… non lo so. E’ stata costruita nel 1905, quindi sicuramente dei treni ce ne saranno. Faremo dei cambi, se necessario.» Trovò immediatamente una soluzione, riuscendo a convincere gli altri. Superarono il boschetto, cominciando a percorrere una strada periferica della cittadina: la stazione si trovava da tutt’altra parte, fortunatamente non in centro, e questo consentiva loro di poter passare inosservati il più possibile, senza obbligarli ad interagire con la gente.
Non si fermarono, dunque, continuando a procedere a passo piuttosto spedito: come gli era giustamente stato fatto notare, Miss Peregrine si sarebbe ben presto accorta della loro assenza e, sebbene fosse sola ad occuparsi dei bambini, erano certi che avrebbe trovato un modo per trovarli e recuperarli.
«Voi… non vi sentite in colpa?» Olive tratteneva quel pensiero dalla partenza, eppure non ricevendo immediata risposta, o sguardi contrariati, comprese di non essere la sola ad averlo fatto. «A lei dobbiamo la nostra vita e la nostra sicurezza, e in cambia stiamo tradendo la sua fiducia…»
«Se lo aspettava» la interruppe Emma che, tuttavia, continuava a guardare avanti, trascinando le pesanti scarpe, come se non fermarsi fosse l’unico modo per non cedere alla tentazione di tornare indietro. Non per paura, naturalmente, ma per quei famosi sensi di colpa. «Voglio dire, è Miss Peregrine! Ci conosce da sempre, e non esiste persona più intelligente di lei, sicuramente è da un po’ che sa cosa abbiamo intenzione di fare…» Jake la guardava perplesso, come se non riuscisse a comprendere dove davvero volesse andare a parare, con quel ragionamento.
«Intendi dire che… voleva, che partissimo?»
«No, non credo questo. Ma…»
«Miss Peregrine ha capito che non può costringerci a stare tutta la vita in un luogo, non quando siamo a conoscenza di cosa c’è fuori.» Enoch, come al solito, sembrava essere giunto alla conclusione per primo. Emma fece un cenno di assenso col capo, mentre Jake continuava a guidarli sulla strada semi-sterrata. Solo in quel momento, tutti e quattro vennero colti da una strana angoscia: abituati ad essere protetti per tutta la vita, ritrovarsi consapevoli di non poterlo essere ovunque li aveva un attimo destabilizzati. Era una sensazione contraddittoria, eppure così forte: avevano voluto fuggire, in un certo senso, e sottrarsi volontariamente alla protezione di Miss Peregrine, ma rendersi conto ch’ella non li avrebbe probabilmente inseguiti per riportarli a casa li aveva fatti sentire… spaesati.
Per un attimo, si sentirono dei traditori.
«Non possiamo abbatterci, ragazzi» proruppe Jake nel silenzio che si era creato, cercando di tirare fuori quello stesso coraggio che li aveva spinti mesi prima a non arrendersi. «Dobbiamo fare la nostra parte e– » si fermò di colpo, allargando le braccia per fermare anche gli altri. I suoi occhi celesti, che così in profondità riuscivano a vedere, parvero pietrificarsi.
«Cosa c’è? Cosa… vedi?» Emma aveva intuito la risposta ancora prima di aver terminato la sua stessa domanda, ed il respiro le si era mozzato in gola.
Troppi, troppi incubi.
«Un Vacuo?» domandò schiettamente Enoch, mentre stringeva con maggior forza la mano di Olive.
«Sì, ma è… diverso. Sembra più umano.» Ed era perplesso anche lui, nel pronunciare simili parole, nell’osservare ciò che vedeva: aveva le sembianze di un Vacuo, la stessa bocca, le stesse lame al posto delle braccia, eppure era di dimensioni più ridotte e pareva, appunto, più umano.
Si perse ad osservarlo per qualche attimo di troppo, tanto che il mostro si accorse di loro: volse lo sguardo nella loro direzione, e Jake perse un battito, forse due. «Scappate!» gridò, e nel momento esatto in cui lo disse, il mostro cominciò la sua avanzata verso di loro. Correvano, sì, ma li avrebbe ovviamente presi, era molto più veloce di loro.
«Ottimo piano, direi!» commentò il più grande, continuando a correre il più velocemente possibile, senza lasciare la mano di Olive. Sfruttarono al meglio il loro vantaggio arrivando nuovamente al boschetto, Jake si voltava di tanto in tanto solo per constatare quanto quel Vacuo si avvicinasse: più lento di quelli che avevano affrontato, probabilmente a causa delle gambe più corte, ma li avrebbe comunque raggiunti. Come avevano fatto a cambiare in quel modo? Com’era stato possibile, dopo che l’ideatore di quelle strane modificazioni fisiche era stato ucciso, così come quella ristretta cerchia di Vacui capaci di tornare umani?
«Emma, prova a rallentarlo con l’aria!» suggerì il ragazzo. Emma parve esitare, gli volse uno sguardo ma inevitabilmente si fidò: era stato lui, a dare loro il coraggio per vincere la battaglia precedente, non avrebbe mancato di fare altrettanto anche in quel caso, ne era certa. Si fermò e si voltò, espirando con forza nella direzione indicatale da Jake. Anche gli altri due si fermarono a pochi passi dietro di loro, come se aspettassero una qualche idea brillante: non avevano armi, dopotutto erano solo dei ragazzi… come lo avrebbero sconfitto, un mostro del genere? Jake riusciva a vederlo, non riusciva a contrastare la forza del vento creata da Emma, eppure non ne veniva nemmeno ferito. Si guardò intorno, prese mano ad un ramo caduto a terra ma era certo di non poterlo ferire o fermare nemmeno con quello. «Olive… i guanti.» suggerì, sebbene fosse consapevole della follia di quell’idea.
La ragazza sgranò gli occhi. «Cosa?! Così brucerò l’intera foresta…»
«Ed il Vacuo, brucerai anche lui!» la esortò, gli occhi azzurri così intensi che continuavano a passare dalla rossa al Vacuo, ancora immobile a causa del vento che non lo faceva avanzare. La pelle del volto di Emma aveva cominciato ad assumere una colorazione vagamente violacea, più scura, segno che ormai non riuscisse più a resistere. Enoch si procurò un ramo a sua volta, più grosso, grazie ad una forza fisica leggermente superiore a quella dell’altro, sentendo che ben presto avrebbero dovuto affrontarlo, quel mostro, in un modo o nell’altro… e a lui il coraggio non mancava di certo.
«Olive!» gridò Jake di nuovo, Olive tentennava, incredula sul da farsi, mentre accennava a sfilarsi il guanto ma non completamente: la loro casa era proprio al limitare di quel bosco, e se fosse rimasta colpita dall’incendio? Jake aveva davvero considerato una simile ipotesi, oltre a quella di danneggiare la cittadina di Anversa? Non era convinta del buon senso di quell’idea, tentennò di nuovo, fin quando Emma non rimase senza fiato e fu costretta a fermarsi, inginocchiandosi a terra. Jake le fu subito vicino, ma il suo sguardo terrorizzato era rivolto al Vacuo: libero, ora, li avrebbe attaccati senza pietà.
E così fece: gridò, con quel suono così macabro e spiacevole che giunse alle orecchie di tutti e quattro, per poi cominciare ad avanzare con ferocia verso di loro. Jake strinse con forza quel legno, così tanto da sentire le dita dolergli quando qualcosa – o meglio qualcuno – non saltò da dietro un albero, tranciando con una certa forza il collo del mostro. Cadde a terra, morto, con la testa che rotolò a qualche passo, mentre davanti a loro tornava eretta la figura della Cercatrice con un affilatissimo coltello tra le mani. Il suo sguardo, ancora una volta glaciale, li pietrificò per un attimo.
«Vi state divertendo?» domandò ironica, e con un briciolo di contrarietà. Ripresero fiato, tutti e quattro, come avessero appena visto la morte in faccia – o meglio, Jake l’aveva vista, mentre gli altri l’avevano solo percepita, ma gli era bastato.
«Noi…» azzardò il giovane Portman, fin quando la voce dell’amico non lo interruppe.
«Jake» asserì, indicando il punto in cui il mostro era appena stato ucciso. «Lo vediamo» disse, incredulo. Tutti e cinque si voltarono verso quella sagoma deforme ed inerme a terra, non senza un certo disorientamento. Enoch non si perse in chiacchiere, avanzò verso il cadavere di quel Vacuo così simile ad un umano, cominciando ad aprire lo zaino che teneva sulle spalle per estrarre chissà cosa.
«Com’è possibile? Non potevamo vederli nemmeno una volta morti…» Emma trovò la forza di parlare anche se ancora esausta, respirando con una certa fatica.
Alexandra fissava il mostro con scetticismo, per poi tornare a volgere lo sguardo ai ragazzi. «Sono cambiati, ma ancora non sappiamo il perché.» constatò, facendo qualche passo verso di loro.
«Ma lei, come…»
«Mi sono rimessa in viaggio poco prima della vostra scampagnata, poi vi ho sentiti urlare. E non sopporto i bambini che urlano.» si giustificò così, dando ben poca rilevanza a quanto successo. Li aveva appena salvati, uccidendo un Vacuo senza poterlo nemmeno vedere, al di là di un’ombra e dei suoni, eppure era controllatissima, in un modo quasi inquietante.
«Andare a caccia di Vacui non è un gioco. Senza armi, poi… una vera idea geniale.» Non si era trattenuta dall’elargire un qualche commento, salvo poi tornare ad avvicinarsi al mostro.
«Se è visibile a noi, lo sarà anche agli umani. Dobbiamo seppellirlo, o si allarmeranno.»



Quando la porta venne aperta, lo sguardo di Miss Peregrine era già serioso e particolarmente deluso. Ovviamente si era accorta di quella piccola fuga e, per quanto non l’avesse impedita, non le aveva fatto minimamente piacere.
«Miss Peregrine…» tentò Emma, non prima di venir zittita dalla donna, la quale aveva alzato un dito dinnanzi alle labbra. «Entrate.» disse semplicemente. Enoch ed Olive si diressero immediatamente nella mansarda, trasformata in un piccolo “laboratorio”, Emma accennò a dirigersi nella propria stanza ma si fermò quando Miss Peregrine poggiò una mano sulla spalla di Jake, con l’evidente intenzione di scambiare un paio di parole con lui. «Voglio fare due chiacchiere con te, Jake.» asserì seria, per poi portare le iridi blu alla donna ancora sulla porta: quello sguardo aveva la capacità di bloccarla per un istante di troppo, ogni singola volta.
«Devo ringraziarti di nuovo» fu tutto ciò che le disse. La bionda fece un semplice cenno di assenso col capo, intenzionata a congedarsi definitivamente, quando il telefono non squillò. Un evento nomalo, per quella giornata, tanto che l’espressione enigmatica sul volto di Miss Peregrine mutò lievemente. «Vogliate scusarmi» si scusò, allontanandosi per raggiungere la cornetta del telefono del salotto.
Rimasero soli.
Alexandra chiuse la porta alle proprie spalle con un sospiro, mentre Jake prendeva il coraggio necessario a volgersi verso di lei: c’erano domande, una in particolare, che proprio non riusciva più a trattenere. «Signorina Kaiser, io–»
«Era un codardo. Per questo lo detesto.» tagliò corto immediatamente, senza guardarlo in viso. Si appoggiò con una spalla alla parete, incrociando le braccia sotto il seno: amaro era il sapore che sentiva tra le labbra al sol pensiero di quell’uomo – di Abe – e nulla sembrava riuscire a dissuaderla. Il ragazzo non poté che dimostrarsi perplesso, specialmente dopo essere venuto a sapere della sua storia e della sua lotta a Mr Barron.
«Non è vero. Ha lottato e viaggiato tutta la vita per ostacolare Mr Barron ed i Vacui. Ha protetto questi bambini.» Lo difese, convinto delle sue stesse affermazioni e delle prove che ne aveva avuto.
«Quando ne aveva voglia.» fu la risposta amareggiata della donna, la quale volse il suo sguardo solo ora al ragazzo: disprezzo, vi si poteva leggere, sebbene fosse consapevole che la colpa non fosse del ragazzo. «Tu non sei forse la prova che si è divertito, nella sua vita?» Una provocazione piuttosto piccante, con un rancore forse ancora più profondo. Jake li aveva salvati, era vero, ma la sua nascita non era forse la prova, come diceva la Cercatrice, che nella propria vita Abe avesse fatto anche altro? C’era disprezzo, nel suo tono, come se non sopportasse l’idea che qualcuno che si definiva come loro, un “protettore” dei Bambini Speciali, in realtà se ne fosse occupato solo parzialmente, senza dedicare l’intera vita a quello scopo come lei aveva fatto, e come lei molti altri.
Jake non seppe cosa rispondere, dischiuse appena le labbra e non si dissero altro per qualche istante. «Io non sono come lui.» riuscì a dire dopo poco.
Alexandra quasi rise, volgendo lo sguardo altrove solo per riportarlo sul ragazzo qualche istante dopo. «No, infatti. Sei più imprudente, e probabilmente più determinato a rovinare la vita di questi Bambini di quanto non lo fosse lui.» Disprezzo, di nuovo. Sbuffò, senza lasciare il tempo a Jake di replicare. «Almeno hai fegato, questo te lo concedo.» concluse.
«Non mi interessa cosa pensa di me, o di mio nonno. Io non farò gli stessi errori.» Sicuro, deciso, avrebbe difeso con coraggio le proprie convinzioni. La Cercatrice non aveva riportato lo sguardo su di lui, nonostante sentisse quello del ragazzo addosso con una certa insistenza.
«E’ l’unico motivo per cui sei qui, immagino.» L’ironia era più velata, ma non per questo assente. «Oltre ad una considerevole dose di fortuna.» aggiunse, in riferimento non soltanto al suo fortuito e provvidenziale intervento neanche un’ora prima, ma a quanto accaduto in Inghilterra.
Il ritorno di Miss Peregrine distrasse entrambi da quella conversazione per nulla piacevole, i passi eleganti della donna riecheggiarono nell’ingresso, mentre sulle sue labbra rimaneva dipinta un’espressione non propriamente tranquilla. «Era il caro Abe.» comunicò, suscitando un immediato interesse in Jake ed una smorfia in Alexandra.
«Mio nonno? Perché avrebbe dovuto chiamare?»
«Ha scoperto alcune cose, voleva riferirmele. Vi dirò quanto– »
«Miss Peregrine!» la voce di Olive, proveniente dalle scale, la interruppe. Assieme a lei, Enoch scendeva rapidamente le scale, con una apprensione non indifferente.
«Enoch ha scoperto– »
«Noi abbiamo scoperto» la corresse, mancando di garbo come sempre, eppure Olive non poté non ricambiare quella correzione con un lievissimo sorriso, come se dopo così tanti anni vedesse finalmente riconosciuti i suoi sforzi, la sua stessa vicinanza al ragazzo. «- qualcosa di molto curioso, nel sangue del Vacuo che ci ha attaccati» disse, mentre entrambi raggiungevano il trio nell’ingresso.
«Ho trovato tracce consistenti di sangue di Ymbryn» sentenziò, senza un particolare tono nella voce.
Miss Peregrine dischiuse le labbra, colta di sorpresa, mentre Alexandra sgranava gli occhi, come avesse compreso più di quanto Enoch avesse detto. «Allora è in pericolo, Miss Peregrine!» La voce di Emma, che aveva evidentemente sentito, intervenne subito dopo, mostrando la figura della ragazza a qualche passo da loro. Miss Peregrine scambiò uno sguardo con la Cercatrice, prima di nascondere abilmente la preoccupazione e tornare ad assumere quel suo sorriso ambiguo eppure tanto rassicurante.
«Tornate nelle vostre stanze, miei cari.» disse loro con garbo, come avesse tuttora a che fare con dei bambini. Emma non parve rassegnarsi, anzi, nessuno di loro ne aveva l’intenzione, ma prima che potessero nuovamente parlare la donna li zittì. «Per cortesia.» aggiunse, con più durezza nel tono. Si scambiarono uno sguardo, per poi ubbidire: avevano già sufficientemente disobbedito alla loro beniamina, ebbero il buon senso di lasciarle qualche attimo di riflessione.
Rimaste sole, Miss Peregrine prese a massaggiarsi le tempie con insistenza, spostandosi nella camera a fianco, il proprio ufficio, seguita a ruota da Alexandra che richiuse immediatamente la porta alle loro spalle. «Cos’hai intenzione di fare?» le domandò schiettamente, il volto improvvisamente tirato in una evidente preoccupazione – un’emozione che aveva celato per qualsiasi cosa, sino a quel momento.
«Ci sposteremo.» disse. «Quel Vacuo era troppo vicino, potrebbe riuscire a trovare l’Anello Temporale ed i bambini– »
«I mostri stanno cercando le Ymbryn, Alma. Cercano te.» lo sottolineò con rabbia, raggiungendola e ritrovandosi a pochi centimetri da lei, dal suo viso, con i muscoli tesi ed uno sguardo tremendamente penetrante. «Se vi muovete, vi troveranno. Potranno attaccarvi nello spostamento.»
«E’ un rischio che devo correre, Alexandra. Sono troppo vicini a scoprire la nostra posizione.» si giustificò, ma in quell’esatto momento si ritrovò le dita della bionda ad afferrarle i polsi, con quelle labbra rosse troppo vicine alle sue e gli occhi che non le davano tregua.
«Se si azzardano a toccarti, io li ammazzo. Tutti quanti.» Rabbia, una rabbia cieca e probabilmente un profondo rancore verso se stessa, per non esserci stata quando avrebbe potuto fare qualcosa. Alma la fissò, per nulla stupida da quella reazione: era la passionalità di quella donna ad averla sempre attratta, quella grinta, quel furore così vivo e perennemente in lotta. Si avvicinò, senza distogliere lo sguardo dal suo, socchiudendo appena le iridi nel momento in cui le labbra toccarono quelle della Cercatrice.
Dieci anni erano passati dall’ultima volta che aveva potuto bearsi di quel contatto, del sapore di quelle labbra e di quel calore che improvvisamente le aveva invaso il petto.
Alexandra non reagì subito, ma non esitò che qualche attimo prima di spingerla contro il muro, con una decisione priva di pazienza, mentre approfondiva il bacio con impeto, come se rivelasse solo ora – dopo tutta quella freddezza – il bisogno che aveva avuto di sentirla sua a propria volta.
Fu intenso, quel bacio, Miss Peregrine si trovò a ricambiarlo d’istinto, mentr’ella premeva il proprio corpo contro il suo, quando i passettini di qualche bambino al piano superiore la riportarono alla realtà, costringendola a fermarsi – a fermare entrambe. «Fermati» bisbigliò, in un tono che cercava di essere ancora autorevole, ma che risultò inevitabilmente spezzato dalla passione di poco prima.
Alexandra la fissò immediatamente, comprendendo, seppur con amarezza. Si distanziò da lei, lasciandola, con quell’intensità ancora così forte nello sguardo. «Verrò con voi.» sentenziò. Miss Peregrine si ricompose, lasciando che il suo solito sorriso ambiguo – particolarmente accentuato quando si trattava della Cercatrice – delineasse le labbra sottili.
«Non avevi fretta di andartene?» la provocò, non potendo fare a meno di prendersi una piccola ripicca. Alexandra palesò una smorfia divertita.
«Non mi provocare, Alma. La prossima volta potrei non fermarmi.» e sapevano bene entrambe che fosse vero.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La Bussola ***


Note Autrice_
Ringrazio tutti voi che avete continuato a leggere e a recensire questa fanfic, nonostante non l'avessi continuata nei tempi stabiliti. Ammetto di aver perduto un poco l'ispirazione e sono stata indecisa sulla sua continuazione ma, vedendo che comunque vi era un apprezzamento, ho deciso di continuarla. Non prevederà ancora molti capitoli, non voglio allungarla troppo rischiando di annoiarvi, ve ne saranno circa altri 2-3 che questa volta cercherò di pubblicare senza farvi attendere così tanto.
Grazie ancora a tutti, davvero!


4. La Bussola

L’alba era sorta da una decina di minuti, non di più, eppure si erano svegliati ben prima, pronti per partire.
L’imbarcazione che Alexandra era riuscita a riesumare nel porto di quel piccolo paesello era più che sufficiente per permettere loro di attraversare La Manica, evitando quelli che avrebbero potuto essere mezzi forse più rapidi, più comodi, ma sicuramente più pericolosi per persone come loro.
Miss Peregrine aveva dato disposizione ai bambini più grandi di occuparsi dei piccoli, durante la sistemazione, e dopo essersi assicurata che tale raccomandazione fosse in procinto di essere applicata, si concesse di raggiungere la cabinotta di comando.
Si concesse anche di non entrarvi subito, rimanendo ad osservare per qualche istante la figura di colei che teneva il timore: le dava le spalle, eppure avrebbe potuto delineare il suo profilo senza alcuna difficoltà. Per un istante, un minuscolo istante, le sottili labbra della ymbryn lasciarono spazio ad un sorriso non ambiguo, ma sincero: averla lì poteva essere una sofferenza, da un certo punto di vista, ma anche una sicurezza. La decisione con cui agiva e pensava era qualcosa che l’aveva sempre affascinata, sebbene lei per prima non mancasse di simili caratteristiche.
«Non mordo, Alma. Puoi entrare.» Ovviamente l’aveva udita, lei e quei sensi iper sviluppati che non solo le consentivano di udire meglio ogni movimento, ma anche quei suoni che Miss Peregrine non avrebbe voluto ch’ella udisse – il battito del cuore, ad esempio. Eppure era certa che ascoltasse proprio quello.
«Oh, io non ne sarei così sicura…» scherzò in merito a quel “non mordo”, sebbene il suo tono non nascondesse mai una sorta di verità di fondo. La bionda si limitò ad un accenno di smorfia, immobile nel suo completo di pelle nera, le iridi ghiaccio fisse sulla distesa d’acqua dinnanzi a loro, accennando a qualche sguardo di tanto in tanto alla bussola accanto a sé. Miss Peregrine la affiancò, aprendo quell’orologio da taschino che portava sempre, controllando chissà quale orario, chissà quale tempo.
«Una volta in Inghilterra, l’Anello Temporale non sarà distante dalla costa. La ymbryn che lo protegge è una signora sulla sessantina, ci ospiterà volentieri.» spierò quasi distrattamente, la fronte appena corrugata come se stesse riflettendo su qualcosa in particolare. Alexandra, per conto suo, non si era minimamente scomposta.
«Ti fidi di questa ymbryn?» le domandò, facendole inarcare un sopracciglio nella sua direzione. «Ne sono scomparse parecchie e, personalmente, mi sembra strano che siano diventate tutte improvvisamente così distratte da farsi trovare e catturare.» Il suo punto di vista era piuttosto chiaro, così come una velata accusa.
Solo ora le rivolse lo sguardo, trovandovi quello più severo di Miss Peregrine, evidentemente contrariata dinnanzi ad un simile commento.
«Insinui che qualcuna di noi abbia tradito i bambini? La sua stessa natura di protettrice?» Il suo tono era fermo, come sempre, eppure non mancava di un evidente cenno di offesa. Silenzio, solo per un attimo.
«Sì.» Una risposta secca, senza giustificazione o tatto. Alma strinse appena lo sguardo, quelle iridi di un blu così intenso che sapevano avvolgere come null’altro, obbligandoti a rimanervi incollato per un tempo indeterminato. Prese la pipa tra le mani, avvicinandola alle labbra prima di mutare improvvisamente espressione, accennando ad un sorriso - quel sorriso.
«Faresti bene a cambiare la tua opinione.» concluse sinteticamente, lasciando la cabina dei comandi per tornare dai bambini.
Lo sapeva, che quella supposizione potesse avere un fondamento, una logica, eppure era tanto legata alla propria natura, alla propria causa, da faticare a prendere in considerazione una simile ipotesi.

«Bambini.» li richiamò, non appena scese le scale raggiungendo lo stanzone dove i bambini erano alloggiati in diverse brande. Quel luogo non era molto spazioso ma il viaggio non sarebbe durato a lungo e, soprattutto, non dovevano farsi notare, perciò una simile precauzione era stata necessaria.
Tutti si misero sull’attenti, lo sguardo posato su quel volto delicato, disteso in una impeccabile serenità quando, proprio mentre stava spiegando loro dove fossero diretti, un rombo – forse un forte ronzio – li lasciò perplessi.
Miss Peregrine, rimasta in ascolto per qualche istante, non perse il suo sorriso quasi mellifluo e tinto della solita ambiguità. «Vogliate scusarmi.» disse congedandosi, raggiungendo in fretta l’esterno dell’imbarcazione per controllare cosa fosse accaduto. Davanti a lei, una nave di dimensioni più considerevoli – anche se non troppo – gli stava venendo incontro, e l’individuo che le sembrò di intravvedere a prua le provocò un brivido lungo tutta la schiena. Prese mano al binocolo quasi frettolosamente, e quando ogni suo dubbio venne confermato sgranò gli occhi blu, mentre le labbra rimasero appena dischiuse: Mr. Barron.
Mr. Barron era vivo e li aveva appena trovati. Non riuscì a spiegarsi come fossero accaduti simili fatti contemporaneamente, ma non perse tempo: prima di ogni altra cosa, doveva mettere al sicuro loro, senza concedersi il tempo dello stupore, o della paura. Mentre scendeva le scale, la sua mente non poteva ignorare la possibilità che con lui vi fossero anche quei mostri ch’ella non poteva vedere, e questo non poté che angosciarla ulteriormente.
«Jake!» richiamò il ragazzo, il quale era tuttavia già a metà delle scale, intenzionato probabilmente a salire e a raggiungerla, per capire cosa fosse successo. Non fu necessario parlare, gli occhi azzurri del giovane, così sveglio rispetto a quello che chiunque aveva sempre pensato di lui, avevano già compreso: il peggiore degli scenari. A lui passò il binocolo.
«Controlla se ci sono Vacui, su quella nave, per cortesia.» gli chiese.
Immediatamente, Enoch li raggiunse. «Cosa succede? Era il suono di una nave.» domandò. Miss Peregrine fece un respiro profondo, pur senza perdere la sua seria compostezza.
«Ci hanno trovati. E non sono soli.» Uno scambio di sguardi, Jake prese il binocolo di fretta e con Enoch salì immediatamente sul ponte, allarmato come non si era mai sentito.
«Chi ci ha trovati, Miss Peregrine?» domandò ingenuamente Fiona, che si era avvicinata assieme agli altri. La donna li osservò con un accenno di serietà ancora in volto, per poi sorridere con fare rassicurante: non poteva allarmarli, non più.
«Emma, Olive, volete cortesemente badare a loro per qualche minuto?» domandò alle due le quali, tuttavia, non sembravano minimamente intenzionate a rimanere all’oscuro di quanto stesse accadendo. Certo, avevano intuito qualcosa, ma non a sufficienza, tanto che mentre la rossa aveva tentennato, continuando a rimanere appresso a Huge, Emma non si era rassegnata.
«Ma Miss Peregrine…»
«Emma!» La Cercatrice era giunta in quel momento, il passo piuttosto affrettato tanto che non aveva nemmeno rivolto uno sguardo alla ymbryn a pochi gradini sotto di lei, puntando quello sguardo gelido proprio sulla biondina. Ella rimase con le labbra dischiuse, ma capì: avevano parlato, qualche giorno prima della partenza, e la donna era stata molto chiara riguardo ad una situazione come quella.
Mentre Emma si volgeva ai bambini, ad uno di loro in particolare, Miss Peregrine parve essere – stranamente – colei che non aveva intuito cosa volesse dire quello scambio di sguardi. «Alexandra?» domandò, il tono che pur non perdendo l’autocontrollo aveva cominciato a lasciar trapelare una certa apprensione. Detestava non capire, non una donna della sua intelligenza. «Vorresti spiegarmi cosa- »
«Miss Peregrine, per favore.» tornò Emma a richiamare la sua attenzione, avvicinandosi alla donna col piccolo Echo tra le braccia. I suoi occhi scurissimi ed estremamente profondi avevano guardato prima la Cercatrice, poi la ymbryn, per poi tendere le braccia verso quest’ultima. Miss Peregrine parve insospettirsi in maniera indicibile, il suo sguardo quasi inquisitorio passava dalla ragazza alla donna con insistenza ma non poté ignorare quella richiesta perciò, quasi in automatico, prese tra le braccia il bambino.
«Abbiate la cortesia di- »
«Echò, s’il te plaît.» proferì la Cercatrice. Miss Peregrine stava cominciando a spazientirsi quando il bambino allungò entrambe le manine verso di lei, posandovi i palmi in prossimità delle tempie: questione di pochi istanti e la donna, dapprima con gli occhi sbarrati, perse i sensi quasi d’improvviso, tanto che Alexandra intervenne prontamente per sorreggerla mentre Emma faceva altrettanto con il piccolo.
Gli altri bambini rimasero quasi sconvolti: era la prima volta che qualcuno rendeva inoffessiva la loro tutrice in quel modo… ed era anche la prima volta che vedevano il dono dell’ultimo arrivato, mentre Alexandra – che con lui aveva passato diverso tempo – lo conosceva fin troppo bene. Lei per prima aveva dovuto imparare a conviverci, talvolta a prevederlo e ad evitarlo per preservare la sua e la propria incolumità, ma in quel momento era stato essenziale che nessun altro ne fosse a conoscenza. Soprattutto Miss Peregrine.
«Emma!» esclamò Olive, sinceramente sconvolta. «Cosa significa?!» La bionda si volse agli altri con un velo d’imbarazzo, nonché di dispiacere nel vedere Miss Peregrine priva di sensi, adagiata a terra: era la seconda volta che le disubbidiva, e mai avrebbe creduto di farlo sotto “ordine” di una sconosciuta dal comportamento alquanto discutibile. Eppure, in quel momento non poté che ringraziare di averla ascoltata: per quanto troppo cinica rispetto ai parametri della giovane, la Cercatrice si era dimostrata piuttosto lungimirante e, come lei, condivideva il desiderio di proteggere la ymbryn.
«I Vacui sono qui. Guidati da Barron.» Non utilizzò mezzi termini per spiegare la situazione, mantenendo quel tono freddo mentre adagiava il corpo di Miss Peregrine su una delle brande.
«Barron?! Ma era morto, lo abbiamo visto!» esclamarono i bambini, ritrovandosi addosso un’occhiata alquanto tagliente, che li fece quasi indietreggiare: no, decisamente non erano abituati ad essere trattati in quel modo.
«A quanto pare avete visto male, ma ora è secondario.» asserì, facendo segno ad Emma di seguirla, mentre accennava a risalire le scale.
«Sono venuti per lei e la uccideranno, se la prenderanno.» disse in riferimento a Miss Peregrine. «Perciò ora tocca a voi proteggerla, se sarà necessario.» Chiara, schietta, concisa. Sapeva cosa fosse accaduto loro, con quale convinzione dei bambini – per quanto “dotati” – avevano affrontato dei mostri che nemmeno avevano visto, perciò non li avrebbe trattati come ignoranti: avevano combattuto con coraggio, ed era giusto che quel coraggio fosse premiato quantomeno con l’onestà nei loro confronti.
Olive accennò a seguirle, ma ancora una volta la Cercatrice intervenne per fermarla.
«No, tu resta qui.»
«Ma io voglio aiutarvi!»
«Se qualcosa andrà storto, qualcuno dovrà occuparsi di loro. Non vorrai lasciarli nelle mani di quelle bambole inquietanti del tuo fidanzatino, vero?» Una simile schiettezza fece arrossire Olive nell’immediato – di certo non si aspettava di sentir nominare Enoch come suo “fidanzatino” con tanta leggerezza… - ma fu abbastanza efficace per convincerla a non muoversi. Scambiò solo uno sguardo con Emma, uno sguardo preoccupato, da parte di entrambe ma soprattutto dalla rossa: lei, contrariamente all’amica, non era stata preparata ad una cosa del genere, tantomeno alla possibile responsabilità che avrebbe dovuto assumersi…
Ma non vi fu tempo per altro, Alexandra raggiunse ben presto Enoch e Jake in compagnia di Emma, ritrovandosi a fissare tutti quanti il medesimo punto davanti a loro: una nave che si avvicinava, inesorabilmente, con a bordo il loro peggior incubo.
Come avevano fatto a trovarli? A sapere che fossero proprio , con quella direzione?
«Ce ne sono quattro, da quello che ho visto. E sono tutti… diversi, come quelli ad Anversa.» disse loro il giovane Portman. Rimasero di nuovo immobili, col fragore delle onde spezzate come unica melodia angosciante.
«Ma ci sono anche altri ragazzi che sembrano normali… non capisco.» Alexandra assottigliò lo sguardo, sfruttando uno dei sensi – la vista – iper sviluppati, mentre Enoch prendeva mano al binocolo per scrutarli meglio, man mano che si avvicinavano.
«Cosa facciamo?» domandarono, visibilmente preoccupati: la Cercatrice li aveva preparati per una simile evenienza, ma certamente nessuno di loro si aspettava che proprio Barron si presentasse.
Ad un tratto, Enoch parve sussultare. «Ma che diavolo…?!» trattenne un’imprecazione. «Ha visto?!» domandò ad Alexandra, mentre Jake gli strappava letteralmente il binocolo dalle mani.
«Sì.» rispose la donna, la fronte che andava corrugandosi ulteriormente.
«Visto cosa?»
«E’… scomparso e riapparso.» biascicò Enoch incredulo, evidentemente riferendosi proprio ad uno di quei “ragazzi” a bordo dell’altra nave. Jake reagì allo stesso modo in quel medesimo istante. «Ha riempito un bicchiere di liquido dal nulla!» esclamò allarmato, riportando ciò che aveva appena visto.
Emma sgranò gli occhi verdi. «Vuol dire che sono…»
«Degli Speciali? Adulti?!» Enoch era ulteriormente shockato, tanto che rivolse per la prima volta una sorta di sguardo fiducioso ad Alexandra, come se sperasse ch’ella avesse una risposta, nonostante non gli andasse troppo a genio. Ma lei non li guardava, continuava a fissare coloro che li stavano raggiungendo.
«Ma non è possibile! Insomma, tutti i bambini vengono portati agli Anelli e- »
«Non tutti.» la interruppe la Cercatrice. Un velo d’amarezza si percepiva dal suo tono, più intenso di quanto potesse sembrare. «E’ logicamente impossibile, trovarvi tutti.» Una risposta, quella, che parve più come una sentenza.
Per un istante, Enoch ed Emma parvero sentirsi colpevoli per qualcosa, anche se fu Jake colui che più ne risentì: non solo era stato trovato, ma addirittura condotto ad un Anello Temporale. Se era stato un “privilegiato” tra i cosiddetti Bambini Speciali, non poteva immaginare come sarebbe apparso di fronte a quei Bambini che nemmeno c’erano stati, in un Anello Temporale.
«Significa che… loro non sono mai stati in un Anello…» biascicò Emma. Il suo stato d’animo era tanto sconvolto che probabilmente, in quel momento, aveva sperato d’essere al posto dell’amica Olive.
«Non abbiamo tempo da perdere in sentimentalismi.» richiamò l’attenzione la Cercatrice, volgendosi verso Enoch: nella sua mente, nel suo sguardo, aveva già deciso come procedere. «Ti ho spiegato come si governa una barca come questa, e te la cavi bene con questo genere di cose. Perciò, continua a seguire la rotta utilizzando la mia bussola, la troverai a fianco ai comandi.» gli disse con decisione, il ragazzo asserì con un cenno del capo ma parve non comprendere cos’avesse in mente, così come gli altri.
Alexandra, tuttavia, non perse tempo, volgendosi ora ad Emma. «Quanto è forte il tuo dono?» le domandò, cogliendola un attimo di sorpresa, tanto che fu Jake a rispondere al suo posto.
«Abbastanza da riportare a galla una nave sommersa.» Un accenno di sorriso, quasi orgoglioso, nonostante la situazione. Emma parve apprezzare quel velato complimento, quell’apprezzamento indubbiamente sincero, ma non fu concesso loro che un attimo.
«Bene.» disse, estraendo le due lame dagli stivali. «Allora dovrai utilizzarlo con la stessa intensità su di me, per lanciarmi sulla loro barca.» dichiarò, portandosi davanti alla ragazza. Lei rimase interdetta, così come gli altri due – i quali la considerarono ancora più folle di quanto non avessero fatto precedentemente.
«Ma è impazzita?! Ci sono quattro vacui, Mr. Barron e non si sa quanti tizi con doti particolari e- »
«Stupidi.» li zittì subito, rimanendo freddamente a fissare il suo obiettivo. Sapeva a cosa stava andando incontro, e forse per questo voleva fare in fretta: non era nulla, nulla di piacevole. «Uno scontro sarebbe stato rischioso già contro quattro Vacui, figurarsi con anche altri Speciali probabilmente abituati a combattere, o comunque a destreggiarsi meglio con le loro abilità rispetto a voi.» La sua intenzione, dunque, fu chiara a tutti.
«Ho sprecato- » e non utilizzò un simile verbo casualmente, non dopo essersi riavvicinata a Miss Peregrine ed essersi sorbita le sue fastidiose frecciatine in merito. « -tutta la mia vita per difendere bambini come voi. Non lascerò che un pazzo come Barron vi uccida, né che arrivi ad Alma.»
Alma. L’aveva chiamata Alma. Non Miss Peregrine, non con un vezzeggiativo, ma con quel nome con cui nessuno si permetteva di nominarla.
Probabilmente, i tre non poterono percepire la profondità di un simile dettaglio, quanto quella donna stesse soffrendo per una scelta che sapeva l’avrebbe molto probabilmente condotta alla morte, ma che era quella giusta. Un aggettivo che detestava profondamente.
«Ma lei non può vederli…» azzardò Jake, ritrovandosela improvvisamente a pochi centimetri dal viso, il colletto della camicia stretto tra le dita della donna. E quello sguardo, quel gelo che gli aveva fermato il cuore per un attimo puntato dritto in volto.
«Dici di essere diverso da tuo nonno, ora dimostralo.» Lo lasciò, continuando a fissarlo. «O giuro che vengo a cercarti anche all’inferno.» Lo stava minacciando, sì, ed era dannatamente seria nonostante l’improbabilità delle sue parole. Aveva odiato Abe per molte ragioni, ma per quanto potesse disprezzarlo non avrebbe potuto condannare anche il nipote per le sue scelte.
La donna fece poi un cenno ad Emma, la quale si rassegnò a prepararsi a quanto avrebbe contribuito a fare: Alexandra cominciò a correre davanti alla ragazza, arrivò al limitare dell’imbarcazione e nel momento in cui saltò, la giovane utilizzò il proprio dono con tutta l’intensità possibile.
Per qualche istante, la Cercatrice parve letteralmente volare sino all’altra imbarcazione, mentre Jake ed Enoch si litigavano il binocolo per riuscire a seguire meglio cosa sarebbe accaduto: la donna non si era soffermata sui Vacui, né sugli altri Speciali sull’altro piano dell’imbarcazione, né stava probabilmente cercando Mr Barron. Potevano udire dei versi, mostruosi e sgradevoli proprio come quelli di un Vacuo, e qualcuno che gridava uno o più ordini.
Poi, mentre Enoch si convinceva ad andare a prendere il comando dell’imbarcazione, l’altra esplose.
Di colpo, un boato li avvolse, così come fiamme avvolsero la barca ancora a diversa distanza da loro: era andata dritta al motore, e lo aveva fatto esplodere cosicché i possibili aggressori non potessero continuare ad avanzare verso di loro. Emma si portò le mani alle labbra immediatamente, Jake la strinse d’istinto, anche lui sconvolto di fronte a quanto era accaduto: troppo in fretta, fuori da un controllo che pensava di aver ottenuto.
Lui si sarebbe spinto fino a tanto?
Furono di nuovo grida e versi spaventosi a riscuoterli, sull’altra barca sembrava esserci ancora qualcuno, qualche sopravvissuto forse, ma nessuno che loro avessero potuto identificare come amico. Ma chi avrebbero potuto definire “amico”? Non i Vacui, non Mr Barron ma… quegli Speciali adulti? Cosa significava, lì, la loro presenza?
Respirò a fondo, Jake, si volse verso Enoch che si era bloccato a metà tra il ponte e la cabina dei comandi, attonito. «Dobbiamo proseguire, Enoch!» gli sgridò nel frastuono che ancora si percepiva. Vide un Vacuo cadere in acqua, letteralmente tranciato in due: che la Cercatrice fosse ancora viva? Altri versi sgradevoli, un altro Vacuo – o forse più d’uno – sopravvissuto a quell’esplosione, in procinto di aggredire qualcosa, forse qualcuno.
«E se fosse viva?» domandò Emma, come se aggrapparsi a quella speranza potesse aiutarla a trattenere le lacrime. Jake dovette fare uno sforzo forse maggiore, soprattutto dopo la responsabilità che si sentiva incombere addosso.
«Se ci avviciniamo, rischiamo di venire attaccati e… sarebbe stato tutto vano.» concluse. Anche quella era una scelta giusta, e forse solo in quel momento il ragazzo provò lo stesso astio della Cercatrice verso quella parola.
«Andiamo!» incitò di nuovo Enoch, convincendolo a perseguire la rotta: dovevano arrivare a Londra, dove un Anello Temporale conosciuto da Miss Peregrine avrebbe potuto tenerli al sicuro, almeno momentaneamente. Aveva un compito e lo avrebbe portato a termine, ad ogni costo, specialmente in un momento simile dove la loro tutrice era stata resa innocua per non metterla in pericolo e la Cercatrice non era più con loro.
«Questa volta, Miss Peregrine non ci perdonerà…» bisbigliò Emma. Mai si era sentita in colpa come in quel momento, e mai aveva pensato che avrebbe avuto tanta paura: non di rivedere Mr. Barron, i Vacui o chissà cos’altro, ma di un sacrificio come quello. Mai avrebbe pensato, in un certo senso, di avervi contribuito.
Jake la strinse di più a sé.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** La Pipa ***


Note Autrice:
Chiedo scusa per l'attesa, tra poca ispirazione e molti impegni, non ero riuscita a portare a termine il capitolo. In ogni caso, porterò assolutamente a termine la storia, e ringrazio chi mi ha seguita con interesse nonostante i tempi dilatati per gli ultimi capitoli!
Il prossimo, che sarà più lungo e corposo, sarà l'ultimo: buona lettura e grazie ancora!


5. La Pipa
 
Il respiro era affannato, ma privo di alcuna resa. Le braccia le dolevano, legate al soffitto in malo modo, mentre il resto del corpo penzolava: tonico, resistente, eppure martoriato. Erano difatti innumerevoli, le ferite che lo solcavano, sangue raffermo da almeno un paio di giorni tentava di rimarginarne alcune, costringendosi a non cedere.
« Sa qual è l’aspetto più divertente di torturare una Cercatrice, signorina Kaiser? » Quella voce sadica rimbombava nelle sue orecchie ormai da diverse ore. Non sapeva quanto tempo fosse passato, avendo perduto i sensi in diverse occasioni. Non aveva bisogno di alzare la testa per sapere dove fosse: a pochi passi da lei, dinnanzi ad un carrellino malconcio su cui erano posati diversi strumenti. Strumenti di tortura, naturalmente, ch’egli osservava con compiacimento. « Che oltre ai sensi, anche il dolore percepito è superiore a quello di un essere umano. » e s’allargò, il sorriso sadico, mentre si rivolgeva a lei con un piccolo bisturi tra le mani.
« Creperai. » Le era stato difficile parlare, ma il disprezzo nel suo tono era palese. Non aveva disprezzato gli Speciali che, a turno, l’avevano torturata e ferita, non li aveva disprezzati perché la sentiva, quella colpa di non averli salvati /tutti/, perciò aveva accettato quella punizione da parte loro quasi con orgoglio… ma da lui no, da lui non avrebbe accettato nulla.
Mr. Barron non sembrava dello stesso avviso, anzi, si era avvicinato con un sorriso quasi divertito, arricciando appena le labbra. « Oh, certo, tutti prima o poi creperemo! La vera domanda è un’altra. » asserì, arrivandole ora ad un soffio. Portò il bisturi sotto il suo mento, facendo pressione sulla pelle tanto da provocarle dolore e costringerla ad alzare il capo, a specchiare quelle iridi cristalline in quelle tetre di lui. « Creperò prima io, tu… o Miss Peregrine? » Ma reagì, a quelle sue parole, strinse i denti e con uno sforzo non indifferente gli diede una testata. Sì, si ferì nel farlo, un taglio rimase sotto il suo viso, lasciando uscire piccole gocce di sangue, ma ferirlo, fargli male per ciò che aveva insinuato, era stata una reazione del tutto spontanea per il temperamento che si ritrovava.
L’uomo indietreggiò, appena dolorante, ma ridendo con una mano alla fronte.
« Oh, queste sono le reazioni che mi convincono sempre più della mia scelta, signorina Kaiser. » Tornò a guardarla, mentre lei teneva le labbra ancora serrate ed uno sguardo gelido nei suoi confronti.
« Se speri che sarà così sciocca da venire qui, ti sbagli. » asserì con decisione. Sapeva di essere stata risparmiata per questo, per essere un’esca verso la nemica giurata di Barron – Miss Peregrine – ma in cuor suo sperava davvero che l’altra non azzardasse tanto, non con tutti quei bambini a cui pensare e quella nuova minaccia di Vacui.
« Non è l’intelligenza di Miss Peregrine che metto in discussione… ma come potrebbe lasciare a morte certa una persona a lei così /cara/? » C’era stata una sottile ironia in quell’ultimo termine, come a sottolineare che sì, avesse ben compreso cosa intercorresse tra le due: dopotutto, quale Cercatrice avrebbe rischiato la propria vita più e più volte in quel modo, non fosse stato per un legame ben diverso da quello “lavorativo”? E, soprattutto, avrebbe mai reagito con così tanta rabbia e protezione, non appena l’incolumità di Miss Peregrine veniva anche solo messa in discussione?
Lo sapeva lei, lo sapeva anche lui. I muscoli si erano ulteriormente irrigiditi, lo sguardo si era fatto tagliente come non mai.
Burron rise, di nuovo, per poi lasciare il bisturi sporco di sangue nel carrello ed aprire la porta di quella stanzetta, facendosi da parte affinché altri entrassero: loro, i /Dimenticati/, quegli Speciali pressoché adulti che non avevano avuto la possibilità di vivere al sicuro per colpa di gente come lei, delle Cercatrici che non li avevano trovati e tratti in salvo.
Lo vedeva, l’odio nei loro occhi, la voglia di vendetta, di rivalsa.
Provava una fitta al cuore tremenda, ogni volta che incrociava i loro sguardi – perché sapeva che nel torto non fossero loro.
« Buona giornata, signorina Kaiser. Spero gradisca ancora della compagnia. » la salutò ironicamente, uscendo dalla stanza e lasciandola sola con quei quattro o cinque ragazzi che ancora non erano soddisfatti, nonostante le ferite che le avevano inferto.
Li fissò, mentre le si avvicinavano armati, con quella durezza innata che non l’abbandonava, sebbene il cuore lacrimasse.
« Mi dispiace. »
 

Le tazze fumavano davanti a loro, ma ella non toccò quella a lei destinata. Fissava il vuoto oltre la finestra, dando il profilo alla sua interlocutrice, con le mani ancora immobili in grembo.
L’Ymbryn che aveva accolto lei ed i suoi bambini, all’incirca della sua età, sospirò appena, lasciandosi sfuggire un amaro sorriso, ma quasi intenerito.
«Non è da te non dire una parola, Miss Peregrine.» le fece notare con garbo, portando il tè alle labbra e sorseggiandolo appena.
Non si mosse ancora, come stesse scavando chissà dove, dentro di sé, alla ricerca della miglior risposta alla domanda che si era posta ormai da qualche giorno, da quando aveva riaperto gli occhi: cosa avrebbe fatto?
Miss Woodcock sospirò appena, appoggiando la tazzina sul tavolino e protendendosi verso l’altra, allungando una mano sino a sfiorare una delle sue.
«Alma.» la chiamò per nome, nella speranza di richiamare la sua attenzione con più convinzione. «Sono certa che sta bene, se l’è sempre cavata e –»
«Vuole me.» la interruppe. Lo sguardo era ancora perduto, come se in quella stanza fosse stata completamente sola: mai avrebbe pensato di sentire una tale fitta al petto, una tale angoscia.
La donna dinnanzi a lei non comprese sin quando Miss Peregrine non si alzò, quasi di scatto, tenendo le braccia distese e rigide lungo il corpo.
«Sta usando quei ragazzi per i suoi scopi, li sta ingannando, e di certo non darà loro una speranza…» vi aveva riflettuto a lungo, sebbene non li avesse incontrati di persona: lei, in fondo, non poteva che sentirsi estremamente fortunata nel non aver mai vissuto nella solitudine. Aveva provato la lontananza, sì, ma qualcosa – oltre all’affetto dei bambini – v’era sempre stato, quello stesso qualcosa che la rendeva tanto irrequieta, tanto preoccupata per la bionda.
«E sta usando Alexandra per arrivare a me. Li ucciderà, tutti quanti.» Un brivido percorse la sua schiena alle sue stesse parole, un brivido che fece male, che la mise finalmente davanti alla più tremenda e cruda delle possibilità.
Solo ora alzò le iridi cristalline ed affilate verso l’altra, con una decisione da spezzare il fiato.
«Mi consegnerò a lui.» concluse. Miss Woodcock spalancò gli occhi.
«M-Ma cosa dici, Alma?! Non –»
«Ti prenderai cura dei bambini per me, Ingrid?» Incrinata fu la sua voce. Perennemente controllata, sicura, in quell’istante Miss Peregrine rivelò una propria fragilità.
Avrebbe davvero abbandonato i suoi bambini?
Avrebbe pianto, se non avesse ancora avuto quella risolutezza tipica di una mente tanto brillante.
Si ritrovò spiazzata, l’amica, le labbra balbettarono qualcosa senza riuscire ad esprimersi, sin quando la porta alle loro spalle non venne aperta con decisione.
«No!» Altrettanto deciso fu quel tono. In quell’istante, Jake entrò nella stanza assieme a tutti gli altri bambini, i quali avevano ovviamente origliato ogni cosa – loro come i padroncini di casa.
Miss Peregrine sbatté le palpebre un paio di istanti, per poi incupirsi immediatamente.
«Questa pessima abitudine di origliare e disubbidire deve finire.» asserì.
«No.» Fu Emma, questa volta, a farsi avanti. «Questo circolo vizioso deve finire.»
Determinati lo erano tutti, sebbene con una tempra diversa. Miss Peregrine lo vide nei loro occhi come mai prima d’ora: se la preoccupazione non avesse superato l’orgoglio, probabilmente si sarebbe commossa.
«Siamo stati sereni fino a quando? Quando è arrivata quella Cercatrice in quelle condizioni. E perché è arrivata così? Perché dei Vacui differenti hanno aggredito i bambini e chi voleva salvarli, intralciando e rovinando tutto.» Enoch era razionale, nella sua esposizione, seguiva un filo logico che accompagnava i presenti verso un’unica conclusione. «I Dimenticati sbagliano ad incolpare voi o le Cercatrici. Chi ha reso sempre più difficile ciò che fate sono i Vacui sempre più aggressivi e pericolosi per chiunque… e questi Vacui sono opera di una sola persona, Barron.» concluse.
Miss Peregrine non lo interruppe, parve piuttosto concentrata sulla sua espressione, su quella determinazione viva negli occhi anche del più piccolo di loro. Spostò lo sguardo anche su Echo, quel piccolo nuovo arrivato che sì, era stato complice a suo discapito solo qualche giorno prima… ma poteva davvero biasimarlo?
Poteva biasimare ognuno di loro, per aver protetto qualcuno che amavano, disposti persino a rischiare la vita – esattamente ciò che aveva intenzione di fare lei?
Esitò, inspirò profondamente quasi a riordinare le idee, lasciando il tempo ad Olive, più timida degli altri, di farsi comunque avanti.
«E’ un circolo vizioso anche il nostro, Miss Peregrine.» cercò di spiegarle con più garbo degli altri. «Cercheremo sempre di proteggerci a vicenda. Se voi andaste da Barron, noi vi seguiremmo, e » si volse all’altra donna « con tutto il rispetto per voi, Miss Woodcock , non riuscireste a tenerci qui tutti quanti. » Parole dette col cuore, quelle della rossa, eppure altrettanto razionali, come a cercare di mettere in evidenza una situazione ormai assoldata.
Tale era il conflitto interiore di Miss Peregrine da non farla parlare nell’immediato, come invece avrebbe fatto… eppure era tanto forte, in lei, la volontà di porre fine a quella tremenda situazione, che non poté non ascoltarli.
Lentamente, i lineamenti del volto si addolcirono, lasciando spazio ad un accenno di sorriso, lievissimo.
«Alla fine, siete diventati grandi.» Una constatazione che sì, lasciò trasparire l’affetto che provava nei loro confronti – di ognuno di loro: si stavano dimostrando non soltanto coraggiosi, come era accaduto la volta precedente, ma più attenti, consapevoli. Avrebbero potuto di nuovo fuggire, di nuovo agire impulsivamente, ma avevano preferito affrontarla per giungere ad un accordo ed aiutarsi, collaborare.
Il sorriso si dipinse anche sui loro volti, tanto che si scambiarono occhiate di soddisfazione e mentre Jake ed Enoch si davano il cinque, Miss Peregrine riprese in mano la situazione con quel suo tipico tono più autorevole.
«Ma ad una condizione, miei cari. E voglio che sia mantenuta.» precisò, riacquistando l’attenzione di tutti i presenti.
«Che mai, mai più agirete senza consultarvi con me. Sono stata chiara?» domandò.
Ancora col sorriso sulle labbra, i ragazzi acconsentirono all’unisono. Solo a questo punto, Miss Woodcock intervenne, più sbalordita che mai.
«Ma Alma, non vorrai davvero portare i ragazzi a combattere contro i Vacui!» esclamò, non poco allarmata: non aveva visto direttamente di cosa fossero capaci quei mostri, ma i racconti erano stati più che sufficienti a spaventarla e a renderla consapevole che, sebbene dotati di qualche particolarità, i bambini non fossero certamente dei guerrieri.
Ora fu Miss Peregrine a sorridere, con quell’espressione enigmatica eppure sicura, lo sguardo appena assottigliato con soddisfazione. «Ci sono tanti modi per /combattere/, Miss Woodcock.» Ed a lei si volse, allargando il sorriso e portando alle labbra la fedele pipa.
«Noi siamo tanti e diversi, perciò abbiamo tanti e diversi modi per farlo. Barron ne ha uno soltanto, la violenza, e questo lo rende limitato nel suo agire e pensare.» Fece un tiro, lasciò uscire il fumo delicatamente dalle labbra.
Una sentenza, la sua, che andò a coronare la determinazione viva in tutti i presenti.
Qualche istante dopo, il campanello suonò. Miss Woodcock scosse appena il capo per riprendersi – quel discorso, dopotutto, le sembrava ancora tremendamente assurdo – ed incamminarsi verso la porta, seguita dai visi incuriositi dei bambini, per poi aprirla: davanti a lei, Abe.
Abe ed un garbato sorriso in volto, mentre si toglieva il cappello dalla testa.
«Vi chiedo scusa per non aver avvisato del mio arrivo, Miss Woodcock…» asserì, facendosi appena da parte. «Ma ho saputo di alcuni inconvenienti e mi sono permesso di portare qualche amica. Spero non vi dispiaccia.»
Davanti a loro, oltre la porta d’ingresso, una decina di donne non oltre la quarantina attendeva a braccia conserte: abiti neri e robusti, armi ai fianchi o sulla schiena, espressioni dure.
Strabuzzarono gli occhi, i bambini, ma avevano già compreso.
«Cercatrici?» domandò metaforicamente Jake, mentre il nonno gli faceva un occhiolino rassicurante.
Una di loro, capelli rossi particolarmente voluminosi, si fece avanti mentre scoppiava una chewingum tra le labbra.
«No, il club di Cat Woman.» rispose ironica, zittendo immediatamente il ragazzo che biascicò un “ma sono tutte acide?” verso Emma. «I bambini, o ragazzini che siano, non possiamo toccarli, ma non ci dispiace liberarci definitivamente di quei dannati Vacui, visti i problemi che creano. Una mano vi servirà.» spiegò brevemente, senza tanti mezzi termini.
Per un istante, l’animo di Miss Peregrine parve alleggerirsi: forse sì, una speranza l’avevano davvero, di farla finita.
 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3604379