Se il paradiso esiste è nel tuo abbraccio

di Cathy Callen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Se il paradiso esiste è nel tuo abbraccio 
 
 
Ho sempre ricordato tutto di lui: i suoi occhi, il suo fisico asciutto e scolpito, il suo odore, se mi concentravo riuscivo anche a sentire il suono della sua voce.
Quello che ho impresso nella mente e nel corpo è la sensazione di beatitudine che provavo quando mi abbracciava, mi ripetevo: "Se il paradiso esiste, probabilmente, è qualcosa di simile a questo".
Mi sentivo bella, donna, desiderata e invidiata tra le sue braccia.  
Sentivo le sue mani grandi accarezzarmi la schiena, il suo respiro sul collo.
Ricordo il battito accelerato del mio cuore.
Il desiderio di vederlo, il tremore delle mie mani nell’attesa.
La paura della sua assenza e il sollievo nella sua presenza.
Ricordo ogni situazione provata con lui.
Mi sentivo protetta quando con il mento si appoggiava al mio capo racchiudendomi completamente nel suo abbraccio, con la testa sul suo petto scolpito, ascoltando il battito del suo cuore, mi sentivo al sicuro.










Angolo autrice 

Ciao a tutti, è la prima volta che scrivo su questo fandom, nel quale però ho letto molto, di soiito scrivo su one piece ma in questo caso ho scelto loro come protagonisti, non chiedetemi perchè dato che ancora non me lo spiego, non sono una gradissima fan dei libri o dei film, anche se li ho visti, diciamo che loro, come personaggi, riesco ad immaginarli in ruoli diversi dal contesto per cui sono stati creati mentre per OP i personaggi su cui scrivo riesco a farli vivere solo li a bordo delle Sunny, non vogliatemene. 
Spero di essere puntuale nell'aggiornare settimana prossima con un nuovo e più corposo capitolo. Non so dirvi quanto lunga sarà la storia perchè sta crescendo pian piano. 
Spero di avervi incuriosito. 
a presto 

Cath


 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


23.10.2003
 
Anche oggi l’ho visto.
Lui.
Edward.
Che dire? Be che sia un bellissimo ragazzo non c'è dubbio, quando mi saluta e mi sorride il cuore batte a mille per non parlare di quando mi bacia sulla guancia, però ha la ragazza e a quanto ho capito sembra tenerci davvero...
Tutto questo però non deve importarmi tanto io non sono innamorata di lui.
Il mio amore è un altro, un amore che forse non sarà mai... Non c'è paragone in quello che provo Edward è bello, mi piace come mi fa sentire quando mi abbraccia ma lui, lui è un altra cosa. Quando lo vedo le mie mani tremano e si fanno gelate, lo stomaco si chiude il cuore batte batte forte. Peccato che lui non ci sia mai. Lo vedo raramente l ultima volta è stato un mese fa, ci siamo incrociati in centro ci siamo detti solo un ciao veloce ma è bastato per farmi sorridere come un ebete per tutto il giorno.
Oggi solo con Edward sorrido perché mi fa andare avanti la sua presenza costante nei miei giorni a scuola mi fa dimenticare la sua assenza, mi aiuta ad andare avanti perché senza lui è difficile ogni giorno, vorrei solo poter essere stretta tra le sue braccia. Grazie a Edward riesco però a sopportare la distanza, l'assenza in attesa della prossima volta che i nostri sguardi s'incroceranno.
 
Ti amo amore mio.
 
 
 
Oggi
 
Rilessi sorridendo le pagine di uno dei miei diari, questo risale agli anni del liceo.
Lasciai cadere sul letto, il quaderno nero, spesso e leggermente usurato mentre mi girai appoggiandomi con i gomiti sul materasso le gambe abbandonate.
La mia mente vagava, ripensai a lui a quel sorriso che mi ammaliava quegli occhi che mi affascinavano. Un amore da adolescente.
Ripensai per un istante a quegli anni, sorrisi amaramente della mia stupidità e ingenuità; innamorata di un ragazzo che mai mi ha voluto che in me non aveva visto altro che un amica. Mi convincevo, giorno dopo giorno che ogni suo gesto o sorriso nei miei confronti nascondesse un significato più profondo, un amore tenuto segreto per paura o timidezza e invece no, era solo amicizia.
Il suo viso svanì, nel mio pensiero venne sostituito dal volto sorridente di Edward.
Le mie labbra si piegarono in un sorriso dolce al suo ricordo.
Avevo voglia di rivederlo.
Di parlare con lui, sapere che faceva.
Forse sbagliai tutto anni fa. Chissà.
Mi rigirai nel letto, ripresi il diario, volevo perdermi un altro po’ nei ricordi. 








Angolo autrice 

Ciao a tutti, 
lo so il capitolo non è lunghissimo entrando nel vivo della storia i capitoli però diventeranno più lunghi. 
Spero vi piaccia e vi incuriosisca, il capitolo è corto anche per quello vorrei svelarvi le cose un po' alla volta. 
Come avrete capito la prima parte è una pagina di diario scritta da una ragazzina del liceo, ne incontreremo altre.
Grazie a chi ha recensito, chi ha messo la storia tra le seguite e chi ha semplicemente letto. 
a venerdì prossimo... o forse prima chissà ;) 
Cath

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Lo squillo del telefono mi strappò dal viaggio nel mio passato.
Lo afferrai.
Alice.
“Ehi!”
“Ti va di vederci per un caffè tra mezz’ora in centro?”
“Va bene”.
“A dopo”.
Guardai il display, chiamata conclusa, certo tipico di lei, Alice, la mia migliore amica dai tempi della scuola; ci siamo conosciute e ignorate per le prime cinque settimane, poi ci siamo parlate e mai più lasciate.
 
Quella sembrava essere la giornata dei ricordi, il pensiero di me e Alice a scuola mi portò a riflettere su chi ero e chi sono.
Chi ero io a quel tempo? Una bambina timida, introversa, con qualche chilo di troppo che si sentiva sbagliata perché, per gli altri, quel sovrappeso era fonte di gran divertimento e di battute. Ero diversa dagli altri miei coetanei, più matura, creativa, affamata di cultura e novità; questo mi rendeva ancora più strana e sbagliata, non per Alice però. Per lei ero l’amica, quella vera.
Mi sono sempre sentita fuori posto, fuori luogo, ma non con lei, non con Alice.
Ora sono una donna che vive a Port Angels, nello stato di Washington, ho ventotto anni, un lavoro che amo e almeno in quello mi sono realizzata, non ho più quei chili in più che tanto mi angosciavano da bambina, ma sono sempre quella diversa, strana, sia per le donne, che potrebbero essermi amiche, sia per gli uomini che incontro; no, mi correggo, per loro sono un’amica, importante certo ma pur sempre un’amica.
 
“Quindi stavi leggendo il tuo vecchio diario?”
“Già, è strano ma mi sono ritrovata a pensare a quegli anni…”
“E?”
“E nulla Alice”.
“Non ti va di rivederlo?”
“Ryan? No grazie!”
“Non mi riferivo al tuo primo, disastroso, innamoramento ma a Edward”.
Abbassai gli occhi, come sempre ha capito tutto.
“Certo - sussurro - non ho però intenzione di cercarlo, ci siamo allontanati molti anni fa, doveva andare così”.
“Mai dire mai!” ammiccò lei convinta.
Alice è così: positiva, euforica, un vulcano di energia e vitalità.
“Ho sempre pensato che in fondo, avessi una cotta per lui al liceo”. Disse in tutta tranquillità guardandosi le unghie con fare innocente.
“Io… io innamorata di... Edward?” risposi cercando di non soffocarmi con il caffè.
“Certo!”
“Perché mai?”
“Andiamo Bella! - esclama - con lui sorridevi davvero, gli occhi ti brillavano ”.
La guardai commossa e scioccata allo stesso tempo, ero convinta di aver mascherato bene le mie emozioni.
“Sono due indizi, Holmes” provai a salvarmi certa comunque della mia imminente disfatta.
“Non l’hai dimenticato”.
Alzai gli occhi, sicuramente ero arrossita.
“Tre indizi mia cara Watson – tre dita entrarono nel mio campo visivo – fanno una prova”.
Beccata.
 
Il pomeriggio con Alice passò in fretta, come sempre con lei, parlò più di Edward ma sapevo per certo che non si sarebbe arresa.
“Alice resta qui a dormire, fuori piove a dirotto e sei senza macchina” proposi nella speranza che accettasse, sia perché non volevo si bagnasse sia perché mi sentivo un po’ triste quella sera e avere compagnia mi avrebbe fatta sentire meglio.
“Dimmi la verità, non ti va di stare sola!” esclamò puntandomi un dito contro.
Sorrisi, come sempre aveva capito tutto.
“O mio Dio! Non sapevo avessi questo tipo di libri!” sentii urlare dal salotto.
“Quale?”
Si voltò trionfante, reggendo quel libro nero con la scritta argentata come un trofeo.
L’oracolo della Sibilla.
“Giochiamo!” ordinò il generale Alice.
Sedute a terra a gambe incrociate una di fronte all’altra iniziammo quel gioco.
“Dai Bella dimmi una domanda e tre numeri”.
“Mmm… il mio nuovo romanzo avrà successo?”.
“Bene! Ora i numeri!”.
“Otto, quattro, quattro”.
“Quindi.. tabella ottantaquattro, frammento quattro colonna uno... Poi tabella quarantaquattro e frammento otto colonna due e per finire; tabella quarantotto, frammento quattro, colonna tre… vediamo il responso dell’oracolo… se vuoi che questo affare sia sicuro fa che ogni cosa fatta sia all’oscuro…
“Chiaro, nemmeno tu saprai la trama in anticipo” affermai convinta con un ghigno.
“COSA??!”
“Già già!”
Mi stupì la mancanza di un’altra sua reazione, quando però vidi quel sorriso spuntare la sensazione che provai non fu più stupore, mi sentii in trappola, il suo cervellino acuto aveva già meditato qualcosa.
“Bene dunque facciamo un'altra domanda… mmm numeri quattro, cinque e sette”.
“Alice qual è la domanda?” Chiesi con una strana sensazione addosso.
“Oh semplice… Bella incontrerà di nuovo Edward?”
Spalancai gli occhi “Cosa?? No no no! Alice non ti azzardare sai!”
“Troppo tardi mia cara; aha! Lo sapevo!”
“Sapevi cosa?”
Dicon le stelle che in un altro dì ti diranno di certo un chiaro si”.
 










Angolo autrice 

Ciao a tutti, scusatemi se non ho pubblicato ieri ma la connessione internet non mi da pace in questi giorni non so! 
Si è svelato qualcosa in più in questo capitolo riguardo al personaggio di Bella. 
Spero vi piaccia. 
Al prossimo capitolo.
Cath

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


27.04.2004
 
Caro mio vecchio diario,
forse solo scrivendo oggi posso rasserenarmi anche se non credo sia così facile, sono molto triste, Ryan, il ragazzo di cui sono innamorata da ormai quattro anni, si è fidanzato.
Come lo so?
Aspettavo Alice al solito bar, quando è arrivato lui.
Il cuore ha iniziato a battere veloce, per non dire velocissimo quando mi si è avvicinato.
“Ciao Bella!” ha detto. Solo sentire il mio nome pronunciato da lui mi sentivo svenire.
Ho risposto con un timido saluto.
“Cosa ci fai qui?”
“Aspetto Alice e tu?”
“Aspetto gli altri ragazzi, ti va se aspettiamo insieme?”
Il mio pensiero in quel momento si è annullato davvero voleva stare con me? Passare del tempo con me?
Ovviamente ho annuito, non riuscivo nemmeno a parlare.
Abbiamo iniziato a parlare del più e del meno. Ero emozionata e felice. Finalmente si stava aprendo con me, voleva scoprire qualcosa di me.
Alla spicciolata arrivarono i suoi amici e anche Alice.
Tra una parola e l’altra una frase mi ha gelato il sangue: “ Ehi ragazzi, Ryan si è fidanzato!” una serie di fischi non ha coperto la frase seguente “Con chi?” “Jessica”.
Da qui in poi non ricordo altro tranne la mano di Alice che mi stringe il ginocchio.
Ho pianto tutta la sera.
Mi sono sentita persa, sola.
Mi sono illusa.
Mi sono sentita stupida.
Ora sto male, non voglio pensare a nulla.
Voglio piangere, urlare battere i pugni e invece non riesco a fare altro che scrivere.
 
28.04.2004
 
Sono arrivata a scuola in condizioni pietose.
Non ho dormito, non ho mangiato.
Non ho seguito nulla delle lezioni. Sono stata un fantasma. Le mie amiche si sono preoccupate hanno chiesto cosa avessi, ho risposto a monosillabi e con lacrime. Alice ha spiegato al posto mio.
Le tante parole di conforto non mi sono servite. I tanti “Non sa cosa si è perso” e “Lascia stare è solo uno stupido” non mi hanno fatta sentire meglio.
L’unico momento in cui mi sono sentita bene è stato quando è arrivato Edward.
Non ha detto, nemmeno chiesto nulla, mi ha solo stretta tra le braccia, al suo petto e cullata.
Ho pianto in quella posizione.
Poi le lacrime si sono fermate. Mi sono sentita rilassata, sollevata.
La mia mente, tra le sue braccia, si è spenta. Ho smesso di soffrire per un po’ almeno.
Sempre grazie a lui.
Non riesco a capire la sensazione di benessere che provo anche in questo momento eppure è così.
Se avessi potuto, non mi sarei mai staccata dal suo abbraccio.
Perché mi fai così bene Edward?


Oggi
 
Sorrisi.
Terminai di leggere anche quelle due pagine del mio diario.
Ripensando a quegli anni mi sentii ancora stupida.
Risi di me.
Soffrii per mesi; per un amore a senso unico, per la solitudine, per la consapevolezza di essermi illusa, per quello che non poteva più essere o meglio che era stato solo nella mia fantasia.
Fortunatamente mi ripresi, persi fiducia nell’amore e in me stessa, forse stupido per una sola delusione ma sentii così tanto dolore in quel momento che mi sentivo soffocare ogni minuto ogni secondo. Respirare era una sofferenza.
Ripensai anche a chi con la sola presenza mi aiutò a rialzarmi.
Pensai a lui.
Edward.
Non capii mai perché Edward si comportò così quel giorno. Perché non mi chiese nulla, se sapesse o intuisse, io non glielo chiesi mai.
Un dubbio.
Presi il cellulare e chiamai l’unica persona che avrebbe potuto sapere qualcosa.
“Bella!”
“Alice, una domanda semplice”.
“Dimmi tutto”.
“hai detto qualcosa ad Edward di Ryan e Jessica?”
“No! Perché?”
“Nulla, leggevo il diario è mi è venuto un dubbio tutto qui!”
“Ancora Edward è?”
“Alice ti prego non chiedermi nulla!”
“Quando sarai pronta verrai tu da me”.
Chiusi la chiamata.
Non riuscivo a capire il comportamento di Edward di quel giorno.
Pensarci ora mi sembrava inutile, non vedevo Edward da anni di certo non avrebbe potuto rispondere ora alle mie domande, ci avevo provato con Alice ma forse i miei dubbi erano destinati a rimanere insoluti.
Non mi spiegavo poi il desiderio irrefrenabile di riprendere in mano quei diari e ripercorrere quegli anni disastrosi e meravigliosi della mia vita.
Sbuffando mi alzai dal letto. Una bella tisana avrebbe certamente aiutato a calmare la mente e il cuore.
Lanciai via la leggera coperta azzurra e un tonfo sordo mi fece voltare.
Il diario era finito a terra.
Lo alzai.
Come una foglia trasportata dal vento, un foglio volteggiò dalle mie mani fino a terra.
Lo raccolsi.
Una foto.
Io e te.
Le tue braccia attorno alle mie spalle, le mie braccia attorno alla tua vita.
Le tue labbra sulla mia fronte.
L’ultimo giorno di scuola dell’ultimo anno.
Con le dita accarezzai il tuo volto.
Chiusi gli occhi.
Edward.
Mi manchi.
Aveva ragione Alice, non ti ho dimenticato.
Ancora ad occhi chiusi mi rimbombarono in mente le parole della mia migliore amica la sera prima.
Per la prima volta in vita mia sperai che la profezia di quel libro si avverasse. 



Angolo dell'autrice

Ciao a tutti! 
per prima cosa grazie a chi segue, recensisce e legge. 
In questo capitolo abbiamo letto altre due pagine del diario di Bella, capiamo cosa successe con Ryan, il ruolo di Edward nella vicenda e quanto lui fosse stato importante in quella situazione. Lei si dimostra leggermente confusa ma non sui sentimenti lei in quel momento quando scrive il diario ama Ryan, è innamorata di lui (se ne dimenticherà non dico in fretta ma se ne farà una ragione), non capisce perchè la presenza di Edward la rassicuri tanto
Bella, oggi, sembra non aver mai dimenticato Edward ma di essersi accorta di questa cosa da poco. 
ha motli dubbi riguardo al passato al comportamento di Ed ma pensa di non poterli mai risolvere non sa però che le cose cambieranno in fretta! 
il prossimo capitolo spero sia una sorpresa. 
non manca molto al loro incontro abbiate ancora un pò di pazienza. 
 
Cath

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Pov Edward
 
 
“Emm!”.
“Dimmi fratello!”
“Quanto ti manca in salotto?”
“Devo chiudere due scatoloni e ho finito, per ora, a te?”
“Mancano ancora cinque scatole in camera da letto”.
“Ah sei qui!”
“Si pensavo ti mancasse di più, ero venuto ad aiutarti ma, visto che hai quasi finito, bevi questa”.
Dissi passando una birra a mio fratello.
“Al tuo ritorno?” Chiese avvicinando la sua birra alla mia.
“Al mio ritorno” decretai facendo scontrare il collo della mia bottiglia con la sua.
“Sono le 17.30 Rose atterra tra mezz’ora, vado a prenderla passiamo a comprare del cibo per sta sera e ti raggiungiamo?”
“Certamente”
“Ottimo! Allora vado a dopo”.
“Emm…”
“Dimmi!”
“Grazie”
“Non c’è bisogno di ringraziarmi fratellino, non vedevo l’ora tornassi a casa!”


Guardai Emm uscire e chiudere la porta della mia casa, o meglio, del luogo dove avevo vissuto per tre anni; un appartamento sull’Upper West Side a New York, città dove avevo frequentato dei corsi di specializzazione dopo la laurea in medicina.
Scelsi questo quartiere quando mi trasferii per l’ambiente confortevole, l’Upper West Side è considerato il cuore intellettuale di Manhattan, sede di musei e sale da concerto ma soprattutto, lo scelsi, per la sua vicinanza a Central Park e Riverside Park. 
Fu una scelta programmata pensando al futuro, ero convinto di trasferirmi definitivamente; laurearmi, iniziare a lavorare e crearmi una famiglia qui; scelsi, infatti, proprio questa zona perché ricca di possibilità e ottima per le famiglie e crescere dei bambini. Ero giovane quando mi trasferii, ma con le idee chiare, almeno credevo, visto che sto tronando a Port Angels.  
Sorrisi tra me e me ripensando al momento di quella scelta: io così deciso, sicuro della mia vita a New York, deciso a voler vivere lì, ora invece sto facendo le valigie per tornare a casa mia.
Mi guardai intorno, sarei rimasto da solo ancora per poco tempo in quell’appartamento poi, per l’ultima settimana a New York avrei vissuto con Emmett e Rose venuti ad aiutarmi. Osservai il salotto: le grandi finestre, la libreria ormai mezza vuota, i divani su cui mi ero divertito alcune volte mentre altre avevo stretto i denti continuando a studiare, fino a notte fonda, per passare un esame particolarmente ostico, la scala che portava al piano superiore, alla zona notte.
Quanti ricordi; quell’appartamento era mio, ci avevo vissuto per anni, e sarebbe rimasto mio ma… non era casa. Casa era a Port Angels, dove viveva la mia famiglia, dov’ero nato e dove, ora avevo capito, essere il luogo in cui volevo vivere.
 
Mi diressi in camera, intenzionato a chiudere le ultime cinque scatole riempite a casaccio da Emm durante la mattinata, non potevo lamentarmi però, era corso da me due giorni prima poco dopo aver saputo del mio rientro, ora anche Rose stava arrivando per dare un aiuto.
Una settimana e sarei stato finalmente a casa.
 
Presi la prima scatola, guardai dentro e scossi la testa, solo Emm poteva mischiare le cose così, il libro che tenevo sul comodino, calzini, una maglia alcuni soprammobili, un quadro… decisi che poteva bastare non volevo sapere cos’altro ci avesse messo dentro, presi il nastro adesivo e la chiusi.
Dopo aver chiuso la prima scatola, proseguii con la seconda, la terza e la quarta, ne mancava una sola e avrei terminato il primo giro in camera; Emm e Rose sarebbero rientrati minimo tra un’ora, sbuffando presi l’ultima e per ingannare il tempo decisi di vedere cosa Emm aveva deciso di metterci.
La cosa strana fu che in quella scatola, il mio fratellone, sembrava averci messo una certa cura nel prepararla, non come le precedenti; senza forma né criterio, sembrava la scatola contenente il mio passato a un primo sguardo.
Mi sedetti sul grande letto matrimoniale, e svuotai la scatola accanto a me rovesciando il contenuto sul copriletto blu notte.
Prima di tutto mi soffermai sulle foto, una ritraeva me e James, un mio collega dell’università e di varie feste, in un’altra c’ero io con Emm, Rose e suo fratello in una delle loro visite, infine la foto della mia laurea con i miei genitori.
Trovai all’interno anche un vecchio libro regalatomi da mio padre, un segnalibro comprato durante un viaggio, qualche regalo di ex ragazze, alcuni CD della mia adolescenza e per finire una scatola di legno scuro con un motivo in metallo, sapevo cosa avrei trovato dentro, sapevo anche quando l’avevo chiusa per non riaprila più da quel giorno. Mi ero fatto una promessa che l’avrei aperta solo quando sarei stato in grado di affrontare quel passato.
Molte cose erano cambiate, la chiusi da adolescente con una diversa testa, quando ero convinto di cambiare città per cambiare la mia vita.
In quel momento, seduto su quel letto, ero un uomo che aveva capito che la vita poteva essere bellissima anche nella città dove si era nati e cresciuti, che non bisognava dare tutto per scontato nella vita, che non c’era solo il bianco o il nero ma migliaia di altri colori da esplorare.
La aprii.
All’interno trovai solamente tre cose: un foglio di quaderno piegato, una fotografia capovolta e un post-it sbiadito.
Il post-it recitava:
“Grazie per il caffè, se non ci fossi dovrebbero inventarti! B.”.
Girai la fotografia.
Bella.
L’ultimo giorno di scuola dell’ultimo anno.
Io e lei abbracciati.
Le mie braccia attorno alle sue spalle, le sue attorno alla mia vita.
Guardo quella vecchia fotografia, sembra passato un secolo, non qualche anno, la sto baciando sulla fronte, credo sia stata l’ultima volta che l’ho stretta, che l’ho abbracciata, che l’ho baciata.
Sorrido guardando i nostri volti allegri e spensierati, pronti per un futuro che, sapevamo già, ci avrebbe portati lontani l’uno dall’altra ma eravamo amici all’epoca, compagni di scuola, il nostro rapporto non era mai andato oltre.
Posai la foto e presi il foglio di quaderno, sapevo cosa contenesse e non avevo il coraggio in quel momento di aprirlo e rileggere quelle parole che avevo scritto tanti anni fa, decisi di riporlo nella scatolina assieme al post-it e alla foto, chiusi la scatola proprio mentre il mio telefono iniziò a squillare.
“Emm, dimmi!”
“Ed, sono Rose, siamo in macchina tra mezz’ora siamo da te abbiamo già preso la cena!”
“Ottimo! Com’è andato il viaggio?”
“Molto bene grazie Ed!”
“Benissimo, grazie ancora Rose”.
“Di nulla! A tra poco”
“A dopo”.
Attaccai la chiamata e tornai in camera con l’idea di chiudere quello scatolone così avremmo potuto goderci il week end a New York, l’ultimo per il momento e poi ricominciare con i preparativi per la partenza o meglio il ritorno a casa.
Arrivato posai gli occhi su quella scatolina di legno, non so cosa successe ma d’impulso la aprii e presi la foto, riposi la scatola sul letto e mi diressi verso il comò presi il portafoglio e infilai la foto li dento.
 
 
Una settimana dopo
 
Salii sull’aereo con mio fratello Emmett e Rose accanto, leggermente emozionato; dopo tre anni tornavo a casa mia.
Il decollo fu tranquillo, Emm e Rose seduti dietro di me riposavano e io mi concessi il tempo di riflettere su un gesto compiuto una settimana prima che avevo volutamente ignorato per il resto del mio soggiorno a New York.
Guardando le nuvole, mi concessi il lusso di viaggiare, con la mente, nel passato, di pensare a lei.
Ricordai che non sapevo come mi ero affezionato a quella ragazzina, come avevo finito con il proteggerla, supportarla, semplicemente un giorno le diedi un bacio sulla guancia per salutarla e da quel giorno non riuscii più a farne a meno.
Ricordai la sensazione del suo corpo sul mio, del suo calore in contrasto con le mani sempre gelate, mi piaceva tenerla tra le braccia, mi piaceva anche più del dovuto poiché, anche se avevo la ragazza, non riuscivo a starle lontano, avevo bisogno di sentirla vicino, di avere un contatto con lei.
Lei che si sminuiva sempre, non si piaceva mai.
Così diversa nel vestire, nel pensare, nel comportarsi.
Così attenta alle regole, così curiosa, amante delle novità e generosa.
Non si piaceva, non le piaceva il suo corpo; non me lo disse mai ma non era difficile capirlo, portava sempre indumenti laghi per nascondere il suo essere sovrappeso, si sentiva a disagio quando doveva fare sport.
Anche se lo nascondeva bene, davvero bene, sapevo che si sentiva insicura, non solo per il suo carattere o per il suo modo di pensare, ma anche per il suo fisico, me ne diede la certezza quando seppi che si era innamorata di un ragazzo, un certo Ryan che abitava vicino a lei, ma non provò mai a farglielo capire perché: “hai visto le ragazze che escono con lui e i suoi amici? Hai visto lui? Io non faccio parte di quel mondo, non sono alla sua altezza”:
Lei non si sentiva all’altezza di quel ragazzo che non aveva capito nulla di Bella, che la considerava un’amica o forse meno, quando era lui a non essere all’altezza della mia Bella, così superficiale e sciocco.
Non parlai mai con lei, stupidamente, di questo non le dissi mai che non doveva sentirsi inferiore a nessuno, che lei era bella così com’era, forte e fragile allo stesso tempo.
 
Presi il portafoglio e sfilai la fotografia.
Guardai il suo volto impresso nella carta, il suo sorriso felice e mi chiesi perché non capiva all’epoca, che era splendida così com’era, con i suoi chili di troppo che lei proprio non tollerava.
Mi chiesi perché non si vedeva come la vedevo io.
Mi chiesi perché riusciva a vedere perfettamente solo i suoi difetti sia caratteriali che fisici, o almeno quelli fisici li vedeva lei, io no.
Secondo alcuni miei amici sembravo innamorato di lei.
Innamorato.
Le volevo un gran bene credo, ma se fossi stato innamorato di lei me ne sarei accorto no?
Forse no.
Già, quella pagina di quaderno era la prova che forse anni fa ero stato molto sciocco, molto stupido.
Mi sentii morire quel giorno quando la vidi piangere per quel Ryan, ricordo che non le chiesi nulla avevo capito dai suoi occhi gonfi e rossi, carichi di dolore e sofferenza.
La abbracciai e sembrò sparire tra le mie braccia, sembrò fondersi con me.
Ricordo che non le dissi nulla, perché troppo arrabbiato con lei, non capiva che non aveva perso nulla, con lui perché non capiva che aveva perso un tesoro e sempre con lui perché lei piangeva e ancora con lui perché le aveva rubato il cuore.
Non dissi nulla perché, inconsciamente, mi sarei lasciato sfuggire più di quanto avrei voluto su di lei, su quello che provavo.
Ero geloso di lui, lo ammisi quel giorno, quel pomeriggio scrissi i miei pensieri, perché sentivo il bisogno di vederli nero su bianco. Ero geloso di lei ma non perché ne fossi innamorato ma perché le volevo bene.
Mentre l’aereo atterrava mi accorsi di cosa fosse quel peso che sentivo dentro di me, lo decifrai quando le ruote toccarono terra e non appena lo feci mi sentii libero.
Volevo rivederla.










angolo autrice 

Ciao a tutti e grazie per le recensioni o semplicemente perchè leggete.
in questo capitolo conosciamo Edward, anche se non sappiamo ancora tutto di lui, vediamo i suoi pensieri e si comincia ad inquadrare il carattere, fatemi sapere che ne pensate per ora di lui, di quello che pensa/dice/fa insomma fatemi sapere =) 
Entrano in scena anche Emm e Rose, Emm come fratello di Ed e Rose................. naaa Rose è la fidanzata di Emm.
spero vi sia piaciuto questo Ed un pò riflessivo e pensieroso. 
il capitolo è un pò più lunghetto ma a quanto ho capito forse non dispiace =) ;)
manca poco al loro incontro 
a venerdì, sperando la connessione non faccia scherzi come sta sera! 

Cath 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Pov Edward
 
Erano passate due settimane dal mio rientro, i primi giorni li avevo passati a casa dei miei mentre terminavamo il trasloco nel mio nuovo appartamento.
 
Ricordo benissimo il giorno del mio rientro; scendemmo dall’aereo insieme, Emm e Rose camminavano stringendosi la mano davanti a me, nascondendomi involontariamente, il comitato d’accoglienza era composto unicamente da mia madre e mio padre ma non avrei potuto chiedere di meglio.
La prima a stringermi fu mia madre, mi abbracciò come solo una madre sa fare, piangendo commossa e ridendo della battuta di Emm: “Miei cari genitori, vi ho riportato il figlio sciagurato”.
Per la prima volta vidi mio padre con gli occhi lucidi, mi abbracciò e mi sussurrò: “Ben tornato a casa figliolo”.
Quando gli ero mancato? 
Quanto erano mancati loro a me.
Tanto.
Il viaggio verso casa fu tranquillo, parlammo del volo, di New York e del trasloco, una chiacchierata tranquilla senza argomenti spinosi o difficili come il motivo del mio ritorno, sapevo che avrei dovuto affrontare quel discorso, non era quello, però, il momento.
Mamma cucinò tutti i piatti preferiti miei e di Emm, restammo a tavola fino a tardi nonostante la stanchezza, la voglia di stare insieme tutti riuniti e respirare quel profumo di famiglia, di casa, che tanto mi era mancato nelle mie serate solitarie a New York, era maggiore.
 
A quindici giorni da quella serata, stavo per entrare nel mio nuovo appartamento, avrei certamente potuto continuare a vivere con i miei un altro po’ ma fino a quando? Non avevo immediati progetti futuri, quindi affittai in centro un appartamento appena restaurato, che secondo il parere di mia madre, la famosa arredatrice d’interni Esme Cullen, era: “Ottimo per un uomo giovane, single e in carriera, comprende: una grande sala con un divano nero e spazioso, la tv, un’ampia vetrata, una tavola in noce, un’essenziale libreria, una camera con un bel letto matrimoniale, uno studio, il bagno, dove potersi rilassare nella grande vasca e la cucina moderna e attrezzata, con un’isola dove poter consumare pasti veloci e frugali. Gli arredamenti sono moderni, le linee pulite, i colori neutri, anche se in contrasto. È semplicemente perfetto per te, Edward”.
Le parole entusiaste di mia madre continuavo a sentirle in testa mentre sistemavo le scatole in sala certo, aveva ragione, la casa era strepitosa; non capivo però cosa servisse snocciolare tutte le qualità di quelle quattro mura a me, suo figlio, bah probabilmente aveva ragione Rose quando mi disse che mia madre era solamente entusiasta del mio ritorno e voleva rendersi utile cercando la casa perfetta per me.
Andando al bagno mi accorsi delle condizioni della camera da letto, disastrose, scatoloni ovunque anche sopra il letto, e io non avevo intenzione di dormire sul divano quindi decisi che la sala poteva attendere avrei sistemato la camera almeno avrei dormito su un letto comodo.
 
Lo scatolone che aprii però fece cambiare, nuovamente, i miei piani.
Era il famoso scatolone che mi bloccò anche durante i preparativi della partenza, quello che contiene il mio passato.
Non ero più a new York lontano da quella che era stata la mia vita. Ero deciso a ricominciare da zero e il modo migliore era chiudere tutti i conti con il passato, ero tornato e dovevo riprendere in mano la mia vita e forse trovare il coraggio di rileggere quel foglio di quaderno mi avrebbe aiutato.
M’immersi nella lettura di quelle righe da me scritte anni fa, sapendo che l’avrei portata sempre nel cuore, ovunque lei fosse.
 
 
 
Uscii poche ore dopo, deciso a fare una spesa decente e riempire un po’ la cucina; me la cavavo a cucinare, uno degli obblighi prima di andare a vivere a New York, secondo mamma Esme, fu quello di imparare a cucinare.
Scesi di casa e presi la macchina, deciso a fermarmi al supermercato poco lontano, parcheggiai e corsi verso l’entrata sotto una pioggia battente.
Le porte automatiche si aprirono nello stesso istante in cui mi piombò addosso una ragazza: “Scusami!” le chiesi senza guardarla davvero.
“Oh no scusami tu non ti ho visto con questo cappuccio! Scusa ancora, ciao!”
Girai la testa verso di lei ed effettivamente anche se avessi voluto non avrei visto molto infagottata in quella specie di impermeabile di sicuro di due taglie più grandi della sua forse anche tre, dal colore non definibile.
La vidi correre dentro e fermarsi solo dopo aver preso un carrello, calarsi il cappuccio sulle spalle e procedere spedita verso gli scaffali.
Presi il mio carrello, ma non ero concentrato sulla spesa, quanto più sulla ragazza e il problema è che non ne conoscevo il motivo.
Riuscivo a scorgerla tra le corsie, lunghi capelli castani ormai fradici sembrano leggermente mossi, credo abbia un fisico minuto ma quell’impermeabile, che, a quanto pare, sembra non fare il suo dovere, lo nasconde.
Osservai lei e come si muovesse spedita, sembrava conoscere bene questo posto.
Presi quello che mi serviva e una volta alla cassa la vidi pagare e uscire.
Velocemente mi diressi fuori dal market sperando di riuscire a vederla ancora, quella volta la fortuna fu dalla mia parte, cercava di caricare circa una decina di borse più grandi di lei nella sua macchina un vecchio modello ormai forse da rottamare.
Il mio corpo agì scollegato dalla mente mi diressi verso di lei:
“Scusami, vuoi un aiuto?”
Si girò titubante, come darle torto, un parcheggio di supermercato, di sera, una giornata piovosa e invernale, mi chiedo come non si sia presa uno spavento alla mia domanda.
“Sono il tizio a cui sei piombata addosso prima all’entrata!”
“Oh!”
“Allora, posso aiutarti?”
“Ok grazie!”
Mi avvicinai e lei si spostò, in quel momento la luce del lampione la colpì in pieno viso, facendomi finalmente vedere i tratti di quel volto di nuovo infossato nel cappuccio.
Occhi castani, screziati di dorato, viso sottile, pelle bianca e le gote leggermente rosate, per il freddo o per l’imbarazzo non seppi dirlo, un ciuffo ribelle le cadeva davanti all’occhio destro.
Era bellissima.
Mi incantai qualche secondo a guardarla, prima di prendere una borsa e caricarla nel bagagliaio, andando lentamente, certo ci bagnavamo ma ero deciso a passare più tempo possibile con lei.


Pov Bella



10.10.2004
 
Caro diario,
ormai l’ultimo anno di liceo è iniziato da un pezzo, ma con Edward le cose sono sempre strane.
Ho passato l’estate a dimenticare Ryan e ci sono riuscita, sono felice se lui è felice.
Da quando è ricominciata la scuola però mi sento strana; il primo giorno non vedevo l’ora di entrare perché volevo vedere Ed, mi era mancato molto.
So che aveva una ragazza durante le vacanze ma non mi ha parlato di nulla, non ha detto niente di lei, non frequenta la nostra stessa scuola.
Oggi ci siamo visti durante la pausa e come sempre è venuto a sedersi vicino a me abbiamo parlato, mi ha abbracciata più del solito.
Un suo compagno di squadra gli ha detto: “Ehi Ed, se ti vede la tua ragazza, sono guai!” lui ha grugnito una risposta che non sono riuscita ad interpretare tanto meno a tradurre.
La curiosità o la gelosia però mi hanno fatto parlare, così gli ho chiesto chi fosse questa ragazza lui ha risposto così: “Non credo sarà la mia ragazza ancora per molto, se mai lo è stata” non sono riuscita a scucirgli nient’altro.
All’uscita mi ha aspettato come sempre, mi ha messo un braccio intorno alle spalle e assieme ad Angela e Ben ci siamo diretti verso il parcheggio, dove una ragazza lo aspettava, con uno sbuffo ha sciolto l’abbraccio, ha salutato Ben e Angela per poi avvicinarsi lasciarmi un bacio sulla guancia e un sorriso dolce mentre mi diceva: “Ci vediamo domani!”
È andato verso di lei che lo ha abbracciato, lui è rimasto freddo. Si sono messi a parlare vicino alla macchina di Ed che casualmente era affianco a quella di Alice.
Non so cosa si sono detti perché sono andata via, mi dava fastidio vederli insieme, quando però prima il campanello ha iniziato a suonare all’impazzata ho capito che la mia amica aveva qualcosa di importante da dirmi.
Alice mi ha raccontato che era in macchina quando li ha visti e sentiti parlare, a quanto ho capito lei è la ragazza con cui è stato quest’estate ma non sembra voler ancora stare con lei mentre lei non si rende conto che per lui è finita.
Secondo Alice lui era infastidito dalla sua presenza all’inizio, infatti sembrava tenerla a distanza, poi ha dato di matto quando si è accorta che Ed mi ha vista andare via e non l’ha ascoltata per seguire con lo sguardo la mia macchina, lei si è arrabbiata e gli ha detto più o meno queste parole: “Si può sapere perché la guardi? Perché eri abbracciato a lei? Si può sapere che stai facendo? Chi è lei? Non voglio che la abbracci, la baci come prima, anzi non voglio che la vedi, devi evitarla, capito?”
A questo punto lui le ha risposto che non deve permettersi di nominarmi che lui fa quello che vuole e che non può capire quanto io sia speciale, di non azzardarsi a parlare mai più di me e che tra loro due era finita.
Mi ha difeso.
Mi vuole bene.
Si sono lasciati.
Credo che lui mi piaccia.
Aiuto!
 
 
 
Dopo aver riletto quella pagina del mio diario sorrisi di cuore.
Anni dopo seppi, sempre da Alice, una cosa che all’epoca mi aveva omesso, ossia che lei chiese ad Ed se io gli piacessi, e come fosse possibile visto che ero grassa e brutta, lui rispose dandole della stupida ignorante e che non era più affar suo la sua vita, Alice non me lo disse perché non voleva farmi soffrire, sapeva quanto quella situazione mi pesasse.
 
Salii in macchina diretta al piccolo negozio biologico per prendere alcune cose per me e poi al supermercato a prendere un po’ di spesa ai miei genitori.
Quando arrivai al mio piccolo paradiso, il negozio biologico dove mi rifornivo delle migliori cose, dovetti fare i conti con la pioggia e il vecchio impermeabile stinto di mio padre lasciato in macchina per le emergenze.
Finiti gli acquisti, della frutta di stagione, dello yogurt, della carne e delle verdure, caricai in macchina sui sedili posteriori e mi avviai al supermercato.
Scesi e sfrecciai verso le porte, la pioggia era aumentata.
Non mi accorsi di piombare addosso ad un uomo, fino a che non lo sentii scusarsi con me,  mi scusai anche io, era colpa mia dopo proseguii per la mia strada percorrendo scaffale dopo scaffale alla ricerca dei prodotti che dovevo comprare.
 
Mi prese un colpo quando alle mie spalle una voce maschile mi chiese se mi servisse aiuto.
Mi girai spaventata, non si fanno queste cose; peggio di un film di bassa produzione, con il classico parcheggio di supermercato, verso sera, d’inverno con la pioggia che cade fitta e lei che viene rapita per poi non essere mai più ritrovata.
“Sono il tizio a cui sei piombata addosso prima all’entrata!”
Sentii dire alla voce che mi riscosse dai miei pensieri e stranamente mi fece perdere qualche battito.
“Oh!”
“Allora, posso aiutarti?”
“Ok grazie!” Mi ritrovai a rispondere come un automa.
Si avvicinò e io mi spostai, il lampione lo illuminò, capelli spettinati e ramati, occhi verdi profondi, sorriso da infarto, spalle larghe.
Edward.
Il mio cuore prese a battere all’impazzata, nella mia testa rimbombava la frase del libro, dicon le stelle che in un altro dì ti diranno di certo un chiaro sì.
Edward.
Vedo che passa in rassegna il mio viso, non mi ha riconosciuta.
Cominciò a caricare piano le borse, dal carrello alla macchina, sembrava non importargli della pioggia.
Quando finì abbassò lo sguardo a terra come se fosse dispiaciuto.
“Grazie … Edward”.
Alzò lo sguardo sbalordito verso di me:
“Mi conosci? Non ci siamo presentati come sai il mio nome?”
“Guardami bene, non mi riconosci?”
Per due lunghi minuti mi squadrò il volto come se non lo avesse fatto prima, sembrava vedermi davvero non solo limitarsi a guardarmi, era una sua caratteristica, lo faceva sempre.
I suoi occhi si spalancarono, le labbra perfette disegnarono una O muta.
“Bella” 








Angolo Autrice 

Ciao! chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione sono giorni un pò incasinati sto preparando due esami che dovrò sostenere la prima settimana di settembre, a tal proposito è possibile che venerdì prossimo non riesca a pubblicare vi avviso perchè mi sembra corretto. 
chiedo scusa per gli eventuali errori che potrebbero esserci, ho riletto mille volte ma sono fusa davvero e ci tenevo a finire il capitolo e pubblicarlo, se ne trovate segnalatemi che poi correggerò.. vi ringrazio! 
be in questo capitolo ci sono due POV (spero vi faccia piacere) e per il resto non commento spero lo facciate voi anche se l'incontro non è ancora concluso.
Al prossimo capitolo 
Cath 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Mi squadrò nuovamente, come se non ci credesse davvero.
La pioggia continuava a scendere.
“Sei proprio tu?”
“Già, come stai Edward?” chiesi con una sicurezza che non avevo in quel momento.
“Bene e tu? Che fai di bello? Lavori?” Risi piano per le sue domande a raffica, tipico di quando si trovava in una situazione che gli creava leggero imbarazzo e infatti come mi aspettavo sorrise e portò la mano dietro la nuca: “Scusami Bella!”
“Figurati! Comunque si lavoro e tu?”
“Anche io, faccio il medico”.
“Il tuo sogno, ci sei riuscito!”
Annuì.
“Sono felice, davvero!”
“Tu?”
“Io cosa?”
“Hai realizzato il tuo di sogno?”
“Decisamente”.
Continuammo a fissarci negli occhi sorridendo.
Si poteva essere più felici anche se ci si trovava in un desolato parcheggio di supermercato, ormai bagnati fradici ancora sotto la pioggia? Decisamente si, ero molto molto felice!
 
Un tuono ruppe quel momento magico.
Il tempo peggiorava.
“Bella, finisco di mettere la spesa nella tua macchina e ti lascio andare, ti ho trattenuta abbastanza e sei zuppa!”
“Ah.. o..ok!” risposi triste, fosse stato per me sarei rimasta sotto la pioggia pur di stare ancora un po’ in sua compagnia.
“Ehi, fosse per me ti terrei qui ma non voglio che ti raffreddi, anche perché…”
Sorrisi, questa volta, alle sue parole.
“Perché?” Chiesi alla sua frase in sospeso?
“Perché se ti raffreddassi, non potrei invitarti a prendere un caffè con me domani”.
Mi guardò negli occhi in attesa di una risposta che però non riuscivo ad elaborare, il mio cervello in loop ripeteva la sua frase.
“Ti va?”
“Certamente!”
“Per fortuna, non mi rispondevi temevo non volessi venire e stessi cercando una scusa con la quale liquidarmi” disse sollevato.
“Assolutamente no, e poi lo sai che adoro il caffè, come potrei dire di no!”
Rise, di cuore.
“Quindi vieni solo per il caffè? Non per me?”
Finsi di riflettere:
“Mmm… No! In questo caso no, vengo solo perché ci sei tu!”
Soddisfatto chiuse il bagagliaio e mi accompagnò.
“Vai, prima che ti ammali, o che decida di tenerti con me” Mi incitò sorridendo.
“Dove?”
“A casa mia!” Mi disse in tono sensuale facendomi arrossire, se ne accorse e sorrise, io preferii glissare sull’argomento:
“Intendevo domani…”  
“Lo so, ti prendevo in giro piccola, alle 10 al solito bar?”
“Alle 10!”
Senza dire altro, si avvicinò e posò una mano sul fianco, mi strinse a se lasciandomi un bacio sulla guancia.
Il suo profumo era più buono di quello che ricordassi.
Le ginocchia cedettero leggermente a quel contatto e lui mi strinse a se senza commentare, forse consapevole che ciò l’aveva scatenato lui.
“A domani, Bella, sono felice di averti rivisto!”
 
 
 
 
Ancora incredula a casa mia preparai la cena, provai a lavorare senza ottenere grossi risultati, possibile che dopo anni, continuasse a farmi quest’effetto? Possibile che il suo profumo, il suo sorriso continuassero a farmi battere il cuore senza che io fossi in grado di fermarlo? Possibile che non ci fosse modo di togliermi quel sorrisino ebete dal viso? Si, decisamente possibile.
Chiamai Alice, con chi altro potevo parlare?
“Bella!”
“Ciao Alice… disturbo?”
“Assolutamente… che succede?”
“Ho rivisto una persona…”
“Edward?”
“Come cavolo…”
“Come lo so? Non mi avresti mai chiamata, se non fosse stato importante me ne avresti parlato in un altro momento”
“Elementare…” sconfitta, nuovamente.
“Già, ora dimmi tutto!”
Passai circa mezz’ora al telefono con Alice, raccontandole il mio incontro, interrotta dalle sue domande ed esclamazioni.
“Che cosa hai provato?”
“Cosa?”
“Bella, non fare finta di non aver capito, cosa hai provato quando lo hai visto!”
“… stupore, agitazione, benessere quello che mi ha sempre fatto provare Alice, ho sempre sentito di essere nel posto giusto quando mi trovavo con lui”.
“Questo è un bene”
“Oppure un male, dipende da quello che sente lui”
“Vero anche questo, io però resto dell’idea che tu ti sia innamorata di lui al liceo, non l’abbia mai ammesso e nemmeno mai dimenticato!”
“Alice, ti prego… sono già abbastanza nervosa per domani”
“Bella sono sicura che domani andrà benissimo non temere!”
Le parole di Alice non servirono a mettermi più tranquilla, temevo quell’incontro.
Temevo di scoprire una persona diversa da quella che avevo lasciato, temevo di illudermi nuovamente, temevo di scoprire che era solo contento di rivedere una vecchia amica, temevo di aver frainteso il suo sguardo.
 
La serata passò in fretta, la notte meno, dormii poco e male.
Avevo paura di essere ferita delusa, illusa.
Mi alzai presto, uscii a fare una leggera corsetta sperando di stemperare la tensione, che ovviamente rimase anche durante la doccia.
Mi vestii in modo semplice non amavo essere appariscente, preferivo la comodità all’apparenza.
Mi avvicinai allo specchio e misi un leggero filo di matita nera, mascara e diedi un po’ di colore alle guance. Anche per il trucco non amavo l’eccesso.
Avviarsi al bar fu la parte peggiore, le mani sudavano, il cuore batteva forte e non riuscivo a pensare a qualcosa d’intelligente da dire, un argomento di conversazione, Dio, sembravo completamente rintronata e incapace.
Le paure e le ansie sparirono però quando incrociai il suo sguardo, mi aspettava appoggiato alla sua Volvo argentata. Sorrise e si avvicinò:
“Ciao Bellissima!”
“Bellissima?!” chiesi sconcertata
“Per tutti sei sempre stata Bella, per me, bellissima”.
Arrossii e lui sorrise sornione.
“Cosa prendi?” Mi chiese dopo avermi scostato la sedia e aiutato a sedermi, non riconoscevo in lui questa galanteria, mi era nuova, poco familiare e questo mi incuriosiva.
“Un caffè”
“Non dovevo nemmeno chiederlo”
La cameriera arrivò in pochi minuti, lanciando uno sguardo malizioso al mio accompagnatore, il quale non distolse i suoi occhi verdi e profondi dai miei.
“Ciao ragazzi, che vi posso portare?”
“Due caffè e qualche brownies, grazie”
Lo guardai sorpresa
“Brownies?!”
“Ricordo perfettamente che adori quei dolcetti, cosa credi che in questi anni mi sia dimenticato di te?”
“Non ho detto questo”
“Eri sorpresa però, il che mi porta a pensare a questa conclusione!” Dannatamente logico.
Ricordava tutto di me o per lo meno molte cose.
“Non pensavo ti ricordassi certi particolari”
“E invece…”
“Li ricordi”
“Brava!”
“Allora, scrivi?”
“Sì, ho pubblicato un libro da poco e sta avendo abbastanza successo, in cantiere c’è il prossimo, speriamo vada bene!”
“Sono sicuro di si”
“Mmm.. non hai nemmeno letto il mio primo romanzo come puoi dirlo…?!” Chiesi ironica mentre lui scoppiò in una grossa risata:
“Sempre pungente Bella… lo dico perché ti conosco so che persona sei e in passato avevo letto alcuni dei tuoi scritti, non puoi aver fatto altro che scrivere una meraviglia, ne sono convinto”
Abbassai la testa grata di quel complimento e sorpresa per la sua fiducia nelle mie capacità, afferrai un Brownie per nascondere il leggero imbarazzo.
“Mmm” Gemetti chiudendo gli occhi al dolce sapore umido del cioccolato, passai leggermente la lingua sulle labbra per raccogliere gli ultimi residui di quella meraviglia e persa, per un attimo, in quel paradiso zuccherino riuscii comunque a percepire uno strano suono proveniente dal lato opposto al mio.
Aprii gli occhi e trovai Edward intento a fissarmi, gli occhi sulle mie labbra e il respiro leggermente accelerato:
“Non farlo… ti prego”
“Cosa?”
“Non mangiare mai più qualcosa in quel modo… per favore”.
Sembrava essere vicino all’esasperazione.
Confusa gli chiesi il motivo di tale richiesta, la sua risposta mi lasciò inebetita
“Perché sono un uomo… e credimi, è meglio che tu non faccia quel gesto, per lo meno non davanti a me… se non vuoi andare incontro ad una reazione spropositata” era imbarazzato, la voce leggermente arrochita, e io arrossii capendo finalmente che quel gesto l’aveva provocato.
Che fosse attratto da me?
Scacciai subito quel pensiero, non volendo inoltrarmi in un territorio minato, cambiai argomento e forse peggiorai la situazione:
“Allora tu? Medicina è?”
“Già, medicina… “ disse con tono neutro e serio.
“Problemi?”
“Alcuni”
“Non ti va di parlarne?”
“Già”
“In generale o con me?” Eravamo sempre stati sinceri tra di noi, nei nostri piani.
Sospirò pesantemente:
“In realtà non amo parlarne in generale, il punto è che non voglio rovinarmi la giornata con te oggi… ma ti prometto che te né parlerò! Ho sempre ascoltato e spesso seguito i tuoi consigli ci tengo a sentire la tua opinione ma soprattutto ci tengo a raccontarti questa cosa, solo non oggi… sono così felice di averti rivisto che non voglio…”
“Ok, ok non preoccuparti Edward quando vorrai me ne parlerai”
“Grazie” lessi nei suoi occhi tanta gratitudine e felicità, questo mi fece sorridere davvero, con il cuore.
 
 
Finimmo i nostri caffè e brownies e ci avviammo fuori dal bar dopo aver pagato, offrì lui: “ti ho invitata io ovvio che offro io”.
“Hai impegni oggi?”
“No, perché?”
“Mi piacerebbe portarti in un posto se ti va …”
“Certamente”
“Dovrai fidarti di me…”
“L’ho sempre fatto”
Mi guardò sorpreso e sorridente.
“Bene, allora andiamo!”
Mi prese per mano e ci avviammo per le strade di Port Angeles.
Si fermò di colpo lungo la 104 E. First Street.
“Bella aspetta!”
“Cosa?”
“Vieni qui, alza gli occhi”.
PORT BOOK and NEWS
“Una libreria? Che vuoi fare?”
“Prima mi hai accusato di non aver letto il tuo libro giusto?
Sorrisi: “Certo Edward Cullen e con ciò?”
“Rimedio subito”.
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
 
Scusate l’enorme ritardo, ho avuto un po’ di complicazioni ma sono tornata e spero ora ci sia un po’ di tranquillità per continuare a scrivere in santa pace.
Non so sinceramente come sia uscito questo capitolo, non sono molto convinta spero solo vi piaccia e possa far trascorrere qualche minuto di relax a chi legge.
Volevo solo dirvi che ogni informazione in merito a luoghi, ricette, strade e posti sono verificate, prima di scrivere “castronate” ho fatto alcune ricerche, nel caso aggiunga qualcosa di completamente inventato o che non trovi riscontro lo segnalerò.
Per questo vi lascio due link:
1° riguarda la ricetta dei brownies (io li ho fatti non ho usato questa ricetta ma purtroppo non trovo più la mia, presto proverò a farli anche con questa, che a memoria mi sembra quella più somigliante alla mia)
 
http://www.cucchiaio.it/ricetta/brownies/
 
2° riguarda la libreria citata
 
http://www.portbooknews.com


come ogni volta nel caso mi sia sfuggito e a voi no qualche errore segnalatelo
grazie 
Cath
 

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