Battle for Absolution

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


DISCLAIMER: Il presente scritto ha per protagonisti personaggi di fantasia. Ah no, aspetta. Il presente scritto ha per protagonisti persone reali con ragionamenti di fantasia. Le vicende narrate sono frutto delle menti sadiche e incontrollabili delle due autrici e figuriamoci, niente guadagni. Grazie al cielo, non vi è alcun intento di verità, neanche lontanamente. Nessun intento offensivo e nessun diritto legalmente tutelato si intende leso. Have fun. Cheers.





 
PROLOGO

 

- Vattene. - sibila rabbioso, contenendo nelle palpebre chiuse uno sguardo che avrebbe esposto fin troppo chiaramente le proporzioni del danno. Danno che aveva commesso Matt, stabilendo in tempi a dir poco limitati priorità esclusivamente individuali, e che aveva permesso lui stesso nel momento in cui due anni fa aveva regalato a quella persona la possibilità di annientare le sue difese cerebrali. L'amore è una dannazione a tempo indeterminato, pensa, e nonostante questa consapevolezza la gente lo cerca ossessivamente affannandosi in ogni luogo e cercandone segnali in qualsiasi persona. Maledette aspettative.
- Brian, ti stai comportando in maniera illogica - afferma lentamente l'altro, scandendo con precisione ogni singola parola nel tentativo di rimarcare in maniera più tangibile il proprio ragionamento - Non ti sto mica lasciando! Insomma, è solo per qualche settimana, sai com'è fatto Dom, e poi c'è la tecnologia..-
Eccolo. Se non identifica la catastrofe più estesa allora non esiste alcun problema. Smette di interessarsi praticamente subito a ciò che sta balbettando, in parte per favorire la sopravvivenza dei suoi nervi e in parte per fargli una cortesia. Tentare di dissolvere le sue farneticazioni con un gesto della mano sarebbe alquanto inutile, quello se ne è sempre infischiato della sua teatralità, troppo impegnato nel cercare spiegazioni filosofiche ad ogni singola maschera che nemmeno sa perché ha dovuto indossare. 
- E poi devo pur ascoltare anche lui ogni tanto, no? - continua imperterrito, gesticolando a caso nella sua direzione - Mi pare già di sentirlo, attaccherebbe tipo "Matt, porca troia, ammetto che la maggior parte delle volte che ho un'idea vagamente assurda in mente non ti chiamo perchè faresti solo peggio, finiremmo entrambi in galera, oppure ci frantumeremmo qualche osso.. Ma il mio istinto di conservazione è una cosa, il fatto che sei totalmente assorto nella tua vita da non calcolarmi quasi più è un'altra!" Non posso mica aspettare che mi accusi di nuovo che faccio sempre quello che mi pare e piace.. -
Inizia a pensare che dovrebbe quasi riconsiderare le capacità intellettive di Dom. Peccato sia proprio lui la persona che ha innescato tutto. Che gli piacerebbe poter incolpare per questo, corregge la sua coscienza.
- Ma per carità! - sputa fuori bruscamente, fingendo un'espressione allibita - Non sia mai che qualcuno infami in modo così palese un'anima così altruista! -
Se non fosse così incazzato scoppierebbe quasi a ridere. 
- Cosa intendi dire? - sbotta Matt in un quesito che è preludio a quella che si rende conto essere una situazione più complessa rispetto alla tranquilla chiacchierata che aveva messo in programma. 
- Ma ti ascolti mai quando parli? - gli rovescia addosso esasperato, le mani ricadono pesantemente lungo i fianchi - Ti rendi conto di quello che dici? Tu sei una persona che fa sempre e comunque il cazzo che gli gira, Matt, lo sei e basta, non importa chi calpesti, non consideri neanche il fatto che qualcuno potrebbe seriamente stancarsi delle tue stronzate, non lo fai. Tu non ce l'hai una priorità nella vita che non sia te stesso. -
- Ce l'ho una priorità nella mia vita, Brian. - gli ritorce facendosi sempre più vicino, come a voler manifestare in maniera più diretta una rabbia profonda e autentica - E tu dovresti saperlo meglio di chiunque. -
- Oh, ti prego, ci mancherebbe altro. - sbuffa sarcastico. - Non mettere di mezzo tuo figlio, non è un paracadute da usare quando hai bisogno di dimostrare che sei una brava persona. E' logico da sè che deve essere il tuo primo pensiero, non è una caratteristica di cui doverti dare merito. Sto parlando di altro.
- Benissimo - scocca l'altro, accompagnando le proprie parole ad un falso sorriso. - Avanti, parla. Sembra sia arrivato il famoso momento delle verità non dette. Coraggio, inizia pure, sono curioso. -
Sapeva già prima ancora di avvicinarglisi che le loro divergenze caratteriali non erano comprese in un numero contenente una sola cifra, sarebbe stato evidente anche agli occhi di uno sconosciuto. Questo, però, sarebbe stato troppo da sopportare per chiunque.
- Non provarci nemmeno, Bellamy. - ringhia disgustato. - Non giocare col fuoco. Non pensare nemmeno per mezzo secondo di poter essere in grado di sostenere una conversazione con un atteggiamento di questo tipo con me. Non saresti mai altrettanto bravo, e credo tu abbia capito perfettamente dove voglio arrivare. Forse partire ti farà bene.
- Ma.. - comincia esitante, prendendo coscienza di ciò che ha appena combinato e di quanto può aver compromesso. Lo nota dal modo in cui il suo compagno si volta repentinamente e si dirige verso la camera da letto per cercare una sigaretta da consumare forse assieme alla propria relazione. Lo percepisce nell'aria densa di scuse che non riesce a formulare, perché la sua ceca stupidità lo colpisce quasi fisicamente e blocca mente e respiro. Si rende conto che ancora una volta un'emozione o una qualsiasi circostanza che proviene da se stesso lo blocca dall'agire come dovrebbe. Ha ragione lui, osserva, maledicendo nello stesso tempo la propria natura. Ha ragione Brian perché ha compreso tutto, mentre lui non si era mai accorto di essere uno sconosciuto perfino a se stesso. Rifiuta il pensiero, commettendo ancora lo stesso errore egoista, perché non è del tutto certo di non essersene davvero mai accorto. - Brian, non posso partire in questo modo! Non puoi lasciarmi andare così, sai che ti amo! Sai che non l'ho fatto apposta.. - 
- Lo so, Matt. - lo sente sussurrare piano, quasi fossero parole fuggite per sbaglio da un pensiero. - Lo so, ma non si può andare avanti così. Non è possibile. -  
- Mi stai lasciando? Tu..- esita, stordito e raggiunto da una paura che inizialmente non pensava sarebbe stato in grado di provare al pensiero di perderlo. - Non puoi lasciarmi. - sfiata con lentezza.
Minuti come fossero ore, e nessuna risposta.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


DISCLAIMER: Il presente scritto ha per protagonisti personaggi di fantasia. Ah no, aspetta. Il presente scritto ha per protagonisti persone reali con ragionamenti di fantasia. Le vicende narrate sono frutto delle menti sadiche e incontrollabili delle due autrici e figuriamoci, niente guadagni. Grazie al cielo, non vi è alcun intento di verità, neanche lontanamente. Nessun intento offensivo e nessun diritto legalmente tutelato si intende leso. Have fun. Cheers.





 
CAPITOLO 1

 
Matthew James dannato Bellamy, sappi che sei uno stronzo.
Non posso nemmeno conceiver come può averti anche soltanto sfiorato l'idea di abbandonarmi al mio destino per sguazzare allegramente nel tuo repertorio di complotti, profezie insulse e messaggi alieni in una maledetta sala di registrazione a Los Angeles. Ovviamente non potrei mai riporre speranze nella presenza di un barlume di buon senso da parte tua, dato che non mi risulta sia mai stato pervenuto.
Conoscendo che genere di percorsi segue la tua mente, non mi sarei dovuto scomporre più del dovuto quando mi hai comunicato entusiasta che Dominic, quell'improponibile serpe top model leopardata, sentiva l'esigenza di contemplare nuovi orizzonti e nuovi trend di abbigliamento e aveva la necessità di fuggire da Nizza come fosse una sottospecie di ricercato. Capirei la fretta di trasfersi se avesse dato fuoco alla propria casa, o se avesse casualmente fatto esplodere la sua barca. Penso anche avrebbe discrete possibilità di farcela. Avrei trovato convincente e moralmente apprezzabile pure se qualcuno - posseduto dal lodevole proposito di preservare i bulbi oculari dell'umanità - avesse deciso di commettere un crimine e accoltellare i suoi pantaloni verdi e lui avesse quindi deciso di scappare spaventato dall'eventualità che potesse accadere anche a quelli rosa. Nonostante sia il tipo di persona che sono certo andrebbe in crisi esclusivamente per l'ultima catastrofe appena citata, avrei deciso di reincarnarmi in qualche figura misericordiosa e scegliere di compatire il caso umano mostrando tutta la mia pietà e la mia comprensione.
E' pur sempre il tuo batterista, dopotutto, e tu non sbatteresti mai alla porta tre batteristi nell'arco di vent'anni facendo perfino espatriare l'ultimo in America come fa il sottoscritto. Bravo ragazzo Sunshine, decisamente, proprio bravo. Troppo bravo. E no, non cominciare con la solita storia che sono invidioso perché lui almeno sa sbattere correttamente gli strumenti che vanno sbattuti mentre io maltratto senza pietà chitarre indifese ed il mio tecnico ride. Non è questo il punto. La situazione è gravissima, Bellamy, e nonostante questo ti curi soltanto delle crisi isteriche di quel soggetto. 
Non credo tu stia realizzando il fatto che stai abbandonando al proprio destino la persona che più di tutte necessita di sostegno nei momenti in cui la vita sembra essere una trappola mortale. Non pensi io sia immensamente meritevole di conforto quando mi accorgo che l'ombretto nero è finito, e le condizioni avverse dei miei capelli non mi permettono di uscire ad acquistarlo? Non pensi sia disdicevole mollarmi da solo ad affrontare manager e compagni di band quando vorrei soltanto urlare al mondo che la mia benevolenza verso le persone è direttamente proporzionale al loro apprezzamento dei coretti spagnoli in Ashtray Heart? Che poi, parliamone. Faranno di sicuro impressione al primo ascolto, forse peggio al decimo, ma sono pur sempre originali. E non voglio nemmeno sprecare troppe parole per commentare il biglietto che hai appiccicato al frigo, dove affermi di amarmi tanto pregandomi di girare comunque al largo dal tuo pianoforte. Come se tu potessi dialogarci e scoprire che quando non sei in casa lo utilizzo come piano di appoggio per ammirare meglio da lontano le sfumature di colore dei miei smalti nuovi.
Considerando questa lista, posso riaffermare con certezza che tu non rifletti sugli aspetti più rilevanti della vita, Matt. 
Non pensi alla mia insicurezza quando fisso troppo a lungo lo sguardo sul mio riflesso allo specchio e osservo sempre i soliti difetti e una piccola ruga che lentamente diventa sempre più marcata. Non ci sei la notte quando i fantasmi di un passato in cui non mi riconosceresti tornano. Non ci sei in questa effimera porzione di tempo durante la quale la tua voce si muove ancora sconnessa e disarticolata nella mia mente, abbattendo le mie barriere emotive in maniera fintamente casuale come sai fare tu. Mi parla anche la tua assenza, e questo fornisce un metro di paragone troppo evidente per capire che non sono messo troppo bene. Non l'avrei mai nemmeno immaginato, in fin dei conti fino a mezzo secondo prima di incrociare direttamente il tuo sguardo ti detestavo.  Sono sempre i piccoli istanti che costruiscono, sostituiscono e talvolta dissolvono. 
Dovrei essere incazzato con te. Lo so, e lo sono. Non dovresti pensare nemmeno per un instante che mi sia passata, e forse sono più arrabbiato con me stesso che con te, solo per il fatto che avrei dovuto sbatterti a calci dalla mia vita prima di.. Prima. Si, Matt, prima. Prima e basta.
Non sono nato per darti troppe soddisfazioni.
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


DISCLAIMER: Il presente scritto ha per protagonisti personaggi di fantasia. Ah no, aspetta. Il presente scritto ha per protagonisti persone reali con ragionamenti di fantasia. Le vicende narrate sono frutto delle menti sadiche e incontrollabili delle due autrici e figuriamoci, niente guadagni. Grazie al cielo, non vi è alcun intento di verità, neanche lontanamente. Nessun intento offensivo e nessun diritto legalmente tutelato si intende leso. Have fun. Cheers.





 

CAPITOLO 2

 

Non ce la faccio più ad aspettare che questo aereo decolli. Una volta in aria, sono sicuro che questa incomprensibile sensazione se ne andrà.
Dom non fa altro che parlare, non che sia una novità, ma oggi non ho nessuna particolare voglia di ascoltarlo. Vorrei solo chiudere gli occhi e dormire durante l’intero viaggio verso Los Angeles. Una volta arrivati, Elle riuscirà sicuramente a distrarmi e questa odiosa sensazione che sento sotto la pelle scomparirà. Fino alla prossima volta.

Chissà quando arriverà, la prossima volta. Per mia fortuna riesco ad utilizzare la scusa di andare a trovare mio figlio, a Londra, per vedere anche lui e non rendere nulla sospetto, ma non sono sicuro di quanto ancora durerà questa storia alla Romeo e Giulietta. O meglio, alla Romeo e Romeo.
Sono anni che andiamo avanti con questa situazione, ma ancora non abbiamo trovato una soluzione. Nessuno dei due ha mai detto all'altro "Okay, dobbiamo parlare e cercare di trovare un modo per stare insieme, per rendere tutto questo ufficiale."
Abbiamo entrambi tenuto sempre nascosto il nostro rapporto, abbiamo entrambi frequentato altre persone, avuto figli con altre persone. Ma abbiamo entrambi sempre corso nelle braccia dell'altro ogni volta che se ne fosse presentata l'occasione. Ed è qui, che proprio non capisco.
Non ci credo al destino. È solo una di quelle stupide cose create dai poeti per accalappiarsi i lettori romantici fino allo sfinimento. Non credo che sia il destino, a farci ritrovare ogni volta. Però devo anche ammettere che qualcosa che ci spinge l'uno verso l'altro c'è, anche se non so cosa sia esattamente.
- Hey! Mi stai ascoltando?!-
Sarebbe meraviglioso se Dominic la smettesse di interrompere i miei pensieri per parlarmi dell'ennesimo concerto a cui è andato. Vorrei essere al suo posto, in questo momento. Lui non ha nessuno ad occupare la sua testa, a monopolizzare i suoi pensieri e a fargli dimenticare tutto il resto. La sua mente naviga soltanto in un mare di musica, molto spesso troppo strana per piacere al resto della popolazione, nuove tecniche di batteria e percussioni, e donne, ma non nel modo romantico che ci potrebbe aspettare da un sognatore di 39 anni. Si, Dominic è un sognatore, ma lo nasconde piuttosto bene. A tutti, tranne che a me. Io lo so cosa desidera davvero. Vuole quello che ho io. Quello che ho io con Elle, non la storia proibita con un altro uomo che vive in un altro continente rispetto al mio. Vorremmo entrambi essere nelle scarpe dell'altro. Ma non permetterei mai a Dom, il mio migliore amico, di torturare sé stesso con ciò che sta torturando il sottoscritto, non se lo meriterebbe. Quindi, meglio che per ora riesca a distrarsi con altro. Devo risolvere i miei problemi, prima di poter pensare ad eventuali suoi.
- Okay, okay, ti lascio alla tua… meditazione.-
Come mi capisce Dom, non mi capisce nessuno. Si è messo le cuffie e so che, almeno per qualche ora, non mi disturberà più. Gli ho fatto un sorriso, ma non ho detto una parola. Non me la sento di esporgli cosa sta succedendo, e lui mi conosce così bene da non invadere i miei spazi con domande inappropriate. Ringrazio figurativamente Dio, ad avere un migliore amico del genere. Lo ringrazio un po’ meno, per la terribile situazione in cui mi sono messo.
Non so davvero più che fare, e sono stanco di ignorare la realtà, di cercare di dimenticarmi di lui quando non è con me, ma comportarmi come se tutto fosse nella sua normalità quando siamo insieme.
Tutti questi tentativi per dimenticare, capire o accettare questa situazione sono vani; non ci riuscirò mai.
Mi sento confinato in una bolla senza forza di gravità che non scoppierà mai; sarò per sempre rinchiuso qui dentro, a fluttuare nell’aria, colpendo prima una parete e poi l’altra, senza mai fermarmi in un punto preciso, senza mai sapere qual è davvero quello giusto per me.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


DISCLAIMER: Il presente scritto ha per protagonisti personaggi di fantasia. Ah no, aspetta. Il presente scritto ha per protagonisti persone reali con ragionamenti di fantasia. Le vicende narrate sono frutto delle menti sadiche e incontrollabili delle due autrici e figuriamoci, niente guadagni. Grazie al cielo, non vi è alcun intento di verità, neanche lontanamente. Nessun intento offensivo e nessun diritto legalmente tutelato si intende leso. Have fun. Cheers.





 

CAPITOLO 3

 

Per quanto non piaccia ad anima viva, arriva per tutti quel preciso istante in cui è necessario affrontare la realtà e comprendere che le circostanze della propria vita non consentono più di assumersi determinati rischi. Quando l'ho incontrato, quindi, un'illuminazione divina avrebbe dovuto cordialmente avvertirmi che era il caso di salutarlo con finta gentilezza e mandare la sua sprovvedutezza a schiantarsi da qualche altra parte. Per questo motivo e per mille altri che non posso permettere nemmeno a me stesso di ammettere, la mia risposta al suo saluto entusiasta non poteva che essere una.
- Puoi dirmi cortesemente che cazzo ti scorre nelle vene, Bellamy? -
- Beh, l'emoglobina è apposto, grazie Brian. -
Pensando che questo appassionante dialogo avrebbe potuto tranquillamente bastarmi fino al giorno in cui sarei crepato in pace, avrei dovuto quindi avere la premura di scazzarmi fino a traboccare rabbia incandescente dagli occhi, intimorirlo, e soprattutto piantarlo in mezzo alla strada senza alcun ripensamento. Non è quello che ho fatto.
- Di grazia, conosci la ragione per cui dovrebbe importarmi? Hai compreso la domanda, Bellamy? Hai bisogno di un interprete? -
- Ma dai, Brian! - aveva esclamato allegramente Matt, senza curarsi della mia espressione vagamente strafottente e cercando addirittura di rifilarmi uno schiaffetto affettuoso sulla spalla - Haemoglobin is the key to a healthy heartbeat! Non sei mica così vecchio da non ricordartela! E comunque, quelle si che erano canzoni, altro che le ultime vacc.. -
- Bellamy! - avevo ruggito furente, tanto da fargli spiccare un salto ragguardevole.
- Santo Iddio, non farlo mai più! - mi aveva redarguito offeso, come se l'onore leso fosse stato il suo. - E comunque.. - aveva ripreso immediatamente sogghignando e sorridendo in modo sghembo come un pazzo in crisi di nervi - Il mio cognome te lo ricordi bene, eh Brian? -
Ignoralo, pensai a questo punto. Ignoralo perchè non sa quel che dice. Ignoralo perchè è la prima frase che pronuncia in cui forse sa un po' troppo quel che dice.
- Bene, Bellamy, ora sono a conoscenza del fatto che sai di avere un cognome. Pensi serva a qualcosa? -
- All'anagrafe, naturalmente, ma non è questo il punto. -
Sarò sempre convinto del fatto che è una gran fortuna avere un cervello che elabora velocemente determinate informazioni e che consente di non rispondere ad idiozie simili. O meglio, che consente di permettersi un pizzico di curiosità in più ma senza abbassarsi a certi livelli che potrebbero essere considerati punti di non ritorno.
- No, infatti, non è questo il punto. Non lo è perché non esiste. Non c'è alcuna combinazione astrale al mondo che preveda che ci sia un punto in qualsiasi nostra conversazione. - avevo spiegato pazientemente, maledicendomi per aver utilizzato un aggettivo possessivo in cui le nostre esistenze potessero confluire. - Non so neanche di preciso perché cazzo sono qui, e posso scommettere che non lo sai nemmeno tu. - avevo tenuto a notificare, tradendo una piccola porzione di nervosismo conseguente alla svista grammaticale.
- Io so perché sono qui. E per favore, non tentare di convincermi che proprio tu non conosci le ragioni alla base di ogni tuo comportamento, impostato o sincero che sia. - aveva detto invece guardandomi dritto negli occhi. Avrei preferito di gran lunga non l'avesse fatto, quei maledetti specchi di cielo aggiungono e riflettono sfumature come fossero sottotitoli più esplicativi in maniera incredibilmente dolorosa. - Non voglio che ci sia alcun tipo di competizione tra noi due. -
- Noi d.. -
- No, Brian. Lasciami parlare. - aveva aggiunto lapidario. - Come stavo dicendo, non voglio che ci sia alcun tipo di competizione tra noi due. Non intendo essere un conoscente sbiadito nella tua memoria, nè un tuo amico.
- Oh! - avevo esclamato teatralmente fornendogli prova di tutti gli ottimi insegnamenti di recitazione ricevuti, dalla Goldsmiths alle circostanze della vita. - Vedi che c'è speranza per tutti? Hai detto proprio la cosa giusta nel momento più opportuno, Bellamy. No, non guardarmi così, non c'è bisogno di allarmarsi. Sei solo matto. Non so se il tuo caso potrebbe mai trovare risoluzione, ma potresti provare a rivolgerti da qualche parte, magari. Lo vuoi il numero della mia analista? E' piuttosto brava, un po' strana a dirla tutta, ma brava. -
- No, non mi serve. In compenso sei tu quello che ha qualche problema, se pensi di conoscere la natura umana tanto da scrivere canzoni e poi non sai riconoscere il tentativo di una persona di avvicinarsi a te. - aveva sospirato pesantemente, lo ricordo fin troppo bene, ma il suo tono era fermo, come fosse già certo di aver compreso ogni mia sfaccettatura. Ogni mia paura, meglio. - Sono venuto a dirti che mi piaci. E me ne sbatto i coglioni se ora riderai di me tanto da accartocciarti su te stesso e abbassarti ancora di più. Io almeno ho il coraggio di essere, tu mostri soltanto quello di apparire. Voglio sapere chi sei. -

 

Non saprò mai analizzare fino in fondo la nostra relazione. Tuttora non capisco perché mi sono assunto la responsabilità di innamorarmi, pur conoscendo condizioni e conseguenze, di una persona schietta e allo stesso tempo totalmente confusa come lui.
Tutto sommato, capirlo è semplice. E' quello che dice ed il contrario di quello che afferma, l'impersonificazione di tutte le parti che mi compongono e di ciò da cui ho cercato di scappare per tutta la durata della mia vita. Non parlo di stupide dicerie provinciali per cui non è ancora del tutto chiaro se sono gli opposti che si attraggono o i simili che si prendono. Cazzate. Parlo della necessità perenne di fuggire da se stessi e del disorientamento che inevitabilmente ti investe in pieno viso quando le tue difese cedono proprio davanti alla concretizzazione umana di tutto ciò che sei e che non vorresti essere.
Mi ha travolto col suo modo di essere cosciente di ciò che sarebbe giusto fare e con la sua totale noncuranza rispetto a questo. Mi è arrivato addosso con un bagaglio di contraddizioni che non si respingono a vicenda soltanto per intercessione di un miracolo, di frazioni di secondo e di attimi mancati. Mi è arrivato e basta. Avrei potuto lasciar perdere, concedergli un'incursione dai tratti leggeri nel mio mondo e cacciarlo fuori non appena avessi notato i miei limiti farsi sempre meno nitidi. Ne ho avute di possibilità, me ne ha fornite tante, l'ultima ha un nome ed un cognome anche se quest'ultimo non lo ricordo nemmeno.
La questione è il mio atteggiamento verso i suoi limiti, che non esistevano prima e non vengono contemplati neanche ora. Un mese fa, giusto per specificare, spergiuravo che non gli avrei mai permesso di invadere i miei spazi vitali più della durata temporale di una settimana e mezza. Poi, ad un tratto, il panico.
- Beh, io vado allora! - aveva esclamato, senza preoccuparsi di non lasciare troppo spazio per intendere il peso che quelle parole trascinavano con sè. Se ne stava semplicemente andando perchè questo non è davvero il nostro spazio, è un'illusione estemporanea in cui ficcare la testa quando la vita reale diventa troppo pesante o troppo vuota.
- Dove vai? - l'avevo interrogato ostentando una tranquillità che sapevo essere inutile da rincorrere.
- Torno al mio bunker, come lo chiami tu! - mi informò colloquiale, nello stesso modo in cui avrebbe potuto informarmi del meteo del giorno successivo - E poi, testuali parole, mi avevi ammonito minacciandomi col tuo cipiglio tutto incazzato che era "Solo per una settimana, Bellamy! Devo preservare la mia salute mentale!" - rievocò allegramente, avvicinando anche l'indice alla bocca in un gesto troppo infantile anche per uno del tutto scoordinato come lui.
- Ma cosa dici - avevo ritorto immediatamente, - Non ho detto proprio niente. Hai le allucinazioni uditive, sarà la tua musica che ti rimbecillisce. O il tuo batterista, che dovrebbe suonare in modo tale da rendere se stesso ed il suono un po' più appartato. Andasse pure dietro il palco a bersi una birra ogni tanto, anche durante i live, cosa sarà mai.. -
Si, so cos'ho detto. Avrebbe dovuto andarsene per il mio bene, ma non avevo alcuna intenzione di rendergliela semplice.
- Ripeto, Bellamy, dove stai andando? -
Lo supplicai lievemente attraverso lo sguardo sperando potesse leggerci tutto quello che avrei voluto dirgli e che tenevo stretto alle corde vocali per paura di scoprire di avere troppo da perdere.
- Torno al mio bunker, come ti ho appena detto. - mi aveva informato sorridendo. - Prendo il resto delle valigie. -

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


DISCLAIMER: Il presente scritto ha per protagonisti personaggi di fantasia. Ah no, aspetta. Il presente scritto ha per protagonisti persone reali con ragionamenti di fantasia. Le vicende narrate sono frutto delle menti sadiche e incontrollabili delle due autrici e figuriamoci, niente guadagni. Grazie al cielo, non vi è alcun intento di verità, neanche lontanamente. Nessun intento offensivo e nessun diritto legalmente tutelato si intende leso. Have fun. Cheers.






 

CAPITOLO 4

 

Non riesco a capire se sia peggio l’attesa, durante i giorni da consumare prima di arrivare al premio, o l’ansia, quella fitta allo stomaco che ti prende solo pochi attimi prima che il premio sia lì, davanti a te. Qualunque sia la risposta, fanno schifo entrambe. Soprattutto se l’ansia ti prende poco prima che le ruote dell’aereo in cui sei seduto stanno per sfiorare terra, mentre la tua ragazza ti stringe la mano, sorridente, e tu hai la testa figuratamente da tutt’altra parte. Soprattutto, indirizzata su tutt’altra persona.
Fortunatamente, riesco facilmente a nascondere le mie emozioni sotto quel fitto strato di stranezza che tutti pensano di vedere e comprendere. Nessuno si chiede mai perché me ne sto in silenzio per lunghi intervalli, contemplando il vuoto e dando l’impressione di essere in un mondo tutto mio.
“E’ strano, lascialo perdere.”
Ho perso il conto di quante volte ho sentito sussurrare queste parole alle mie spalle. I comuni mortali non capiscono che ciò che a loro può sembrare strano, è solamente incomprensibile alle loro sinapsi. Sta di fatto che l’ignoranza della gente “normale” mi è utile, soprattutto in questi casi.
Dom sembra essere quasi riuscito a creare un varco nel mio strato di stranezza, ma non l’ha ancora attraversato; per ora sono salvo. Ma so che manca poco al momento in cui dovrò raccontargli tutta la faccenda, e probabilmente la stessa esploderà senza lasciare superstiti. Elle se ne andrà, Dom sarà offeso per la mia mancanza di fiducia nei suoi confronti e, se mai mi perdonerà, non farà altro che prendersi gioco di me per il resto della mia esistenza. E Brian… Beh, non so cosa potrebbe fare lui, se il nostro segreto uscisse allo scoperto. Le nostre menti non sono ancora allineate perfettamente da farmi intuire ogni sua possibile reazione. Lui è ancora più strano di me.
E in questo momento sono qui, immobile, ad aspettare che il nostro jet privato atterri in uno dei troppi aeroporti di Londra. Non so di preciso quanto staremo qui, e questo mi mette ancora più a disagio; con tutte le ore che passerò tra lo studio e casa di Bing e Kate, probabilmente non riuscirò nemmeno a vederlo.
Per di più, Elle ha insistito per accompagnarmi. Dopotutto anche lei fa parte della famiglia ormai, nonostante non sia la madre di mio figlio, e le piace vedere Bing, passare del tempo con lui e...fantasticare. Questa è l’ultima cosa che mi ha detto, prima di farmi avere un attacco di panico.
Un altro figlio, ora come ora, non lo voglio. Elle è giovane, molto più giovane di me, e so che prima o poi la sua richiesta arriverà, ma ora non posso. Non con questo disastro a farmi da ombra.
E continuo a pensare a tutto questo come se la relazione clandestina con Brian sia il problema, non la soluzione, come se sapessi che un giorno Brian non farà più parte dei miei pensieri e che inizierò ad allargare ulteriormente la famiglia con Elle, come se ci fosse stata sempre e solo lei. Continuo a pensare questo, ma l’idea di perdere Brian, di non aspettare più le sue chiamate segrete, di non fremere più di gioia poco prima di salire i pochi scalini che dividono il marciapiede dalla sua porta, di non poterlo più abbracciare, litigarci e poi fare pace in...diversi modi... Pensare di dover cancellare dalla lista tutte queste cose mi fa cadere in una specie di oblio dal quale, per ora, riesco ancora ad aggrappare il bordo e tirarmi su. Per ora.
La mia mente è in uno stato di entropia che non diminuirà mai. E poi si chiedono perché mi ispiro a cose del genere, per scrivere le mie canzoni.
-Matt? Hai intenzione di scendere o vuoi rimanere sull’aereo, stanotte?-
Il jet è atterrato e non me ne sono nemmeno accorto. Spero che questa mia misera risata non desti sospetti. Spero che ognuno dei miei gesti ed ognuna delle mie espressioni, non desti sospetti, giorno dopo giorno. E per quanto il mio caos aumenti e i miei sentimenti per Brian crescano, inizia a crescere proporzionalmente anche l’odio che provo nei miei stessi confronti.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


DISCLAIMER: Il presente scritto ha per protagonisti personaggi di fantasia. Ah no, aspetta. Il presente scritto ha per protagonisti persone reali con ragionamenti di fantasia. Le vicende narrate sono frutto delle menti sadiche e incontrollabili delle due autrici e figuriamoci, niente guadagni. Grazie al cielo, non vi è alcun intento di verità, neanche lontanamente. Nessun intento offensivo e nessun diritto legalmente tutelato si intende leso. Have fun. Cheers.


 
CAPITOLO 5

 

Mi è capitato spesso di vedere, leggere o sentire parlare di gente che quando ha un problema qualunque inizia a vagare senza alcuna meta per le strade della propria città, incurante di qualsiasi avversità climatica e senza minimamente degnarsi di ipotizzare l'esistenza della cognizione del tempo. Dico io, ma questi, dove cazzo vanno? Come suppongono di trovare una soluzione ottimale a ciò che non funziona, non si può accettare o non si riesce a concepire camminando sull'orlo dell'indefinito? Per l'appunto, il motivo per cui sto emulando questo comportamento chiaramente assurdo non è un'ipotetica ricerca della validità di questa specie di trattamento di base per questioni apparentemente sconnesse, no. E' soltanto perché mi sono rincoglionito. Semplice e lineare, come tutto ciò che non si addice alla mia natura.

Sto seguendo un percorso asfaltato che qualcuno ha tracciato molto tempo fa, concretizzando quella che prima era una mera possibilità di indirizzarne la direzione a proprio piacimento. Il vialetto su cui cammino lentamente non è considerato oggi dai pedoni che sembrano preferire quella che è considerata dalla società necessità indispensabile, nonostante sia una stupida scatola supportata da quattro ruote che si muove parallelamente a propri monotoni simili nello spazio in cui sembra fluire la vita. E tu, caro Matt, tu hai scelto di piazzarmi al bordo della tua esistenza, lasciandomi avanzare solo, per di più senza alcuna consultazione. Hai deciso per entrambi, mi sei scoppiato come una bomba tra le mani senza curarti del dolore che avresti inferto, ma è arrivato il momento di emergere dalla nebbia in cui mi hai gettato. Io, Brian Molko, frontman dei Placebo, nel bel mezzo del nulla ad attedere il ritorno di "Bellamy dei Miuzzz". Lancio una sberla immaginaria a qualunque pensiero ti riguardi, mentre mi avvicino al riflesso delle finestre ampie ma discrete della tavola calda in cui mi concedo ogni tanto uno spicchio di tranquillità e raggiungo il mio abituale angolo del locale.

Il salone che sembra nutrirsi della luce fioca è raccolto, ma la lontananza reciproca dei vari tavoli consente di godere comunque di un gradevole livello di spazio personale.
- Il solito, Signor Molko? - mi interroga una voce ferma condensata di estrema gentilezza.
- Si Abbie, grazie. - rispondo, ricambiando un sorriso confidenziale con un'emulazione di espressione sorridente stanca ma ugualmente sincera. - Possibile che dopo anni tu ancora non sia stanca di domandarmelo? -
Si allontana ridendo, forse consapevole del fatto che è una delle rare persone a cui sono grato per la costante discrezione nei confronti della sfera privata che il precedentemente menzionato "Brian dei Placebo" non lascerebbe intravedere e non ammetterebbe mai di avere. Sto respirando più familiarità qui che nella casa che mi sono comprato, penso.
Dedico al mio pranzo una durata temporale più ampia del dovuto, ma non ho fretta nè rimorsi nei confronti di alcun impegno precedentemente fissato. Ci ha pensato quell'anima benedetta di Stef, sia santificato quello svedese, a sorbirsi l'ennesima riunione che la nostra manager cerca di imporre quando non è impegnata a spingermi letteralmente a calci in studio per farmi lavorare sul serio. Mentre verso il restante contenuto della bottiglia d'acqua nel bicchiere cerco di evitare la tentazione di porre fine in qualsiasi modo all'incessante vibrazione e all'inquinamento acustico che il cellulare sta causando dal lato opposto del tavolo. Attendo con pazienza che cada e possibilmente si distrugga, ma a quanto pare nemmeno questo orrore elettronico è mosso dalla pietà di agevolarmi il sistema nervoso. Mi allungo con esasperata lentezza fino ad afferrarne l'estremità, giusto per ruotarlo un po' ed entrare a conoscenza di chi è il fortunato che desidera essere mandato a fare in culo oggi. Due chiamate senza risposta ed un messaggio. Leggo il nome del mittente per sfizio, non perchè ne abbia davvero bisogno. Con totale assenza di stupore, notifico che Bellamy è sul serio convinto del fatto che dato che non rispondo, scrivere "Brian, ti sto chiamando" sia l'esorcismo adatto a farmi comprendere che se il telefono squilla non è perché è primavera, che l'uso del nome proprio è un rafforzativo utile a qualcosa e che se il tuo uomo - o qualunque cosa sia - sta evitando le tue chiamate da giorni, basta un messaggino scrauso per compiere il miracolo del perdono, non un trapianto di cervello.
"Hai rotto i coglioni, Bellamy.", lo informo mentalmente mentre porgo sovrappensiero ad Abbie le stesse banconote di sempre.

Lascio che i miei occhi piroettino liberamente tra diversi ripiani colmi di libri mentre fingo di non avere idea di cosa sto cercando. Non ho praticamente mai desiderato esperienze consuetudinariamente considerate normali, volevo fuggire dalle convenzioni, l'ho fatto fin dal momento in cui ho sentito l'impulso di vivere in funzione delle mie aspirazioni ed ho lasciato il passato che mi urlava dal ciglio della porta che non avrei mai combinato un cazzo a Londra. A quanto pare le migliori decisioni compiute nella mia vita sono sempre state associate alla combinata rifiuto e partenza, fisici o morali che fossero. Sempre, ma fino a quando dura "sempre" non posso dirlo con esattezza. E se ci si mette una piccola parolina composta da tre lettere davanti che si crede evidentemente megalomane fino ad identificare l'infinito, ci credo ancora meno.
Se c'è qualcosa che ho sempre saputo, però, è cosa cercavo. Mentre proseguo nella mia ricerca sfioro libri i cui titoli suggeriscono chiaramente contenuti riguardanti la sfera delle storie d'amore sdolcinate, dal consueto finale romantico della misericordia che accade perchè i due che si erano fidanzati e poi mollati si rivedono dopo cinque anni durante una crociera con destinazione Australia perchè il ragazzo voleva fotografare i canguri e la ragazza contare le palme. E lì di fianco, proprio alla destra dell'ultimo volume della sezione, dovrebbe esserci un bel racconto in cui c'è Bellamy, che ha insultato e mandato all'aria 40 anni di orgogliosa adeguata distanza da qualunque tipo di clichè, che mi fa incazzare per avermi trasformato nell'idiota che non sapeva della relazione segreta dell'altro. Se mi avessero mai riferito che sarei arrivato a questo punto, avrei dubitato della capacità intellettiva dell'informatore di turno di distinguere un palese vanto di diversità quale mi sono sempre professato io rispetto alla massa.

Impongo al mio cervello di smetterla di inviarmi impulsi che non producono altro effetto che nervosismo inutile e mi reco al banco della libreria per acquistare il mio nuovo compagno d'avventura serale. L'espressione che si dipinge lentamente sul viso della ragazza che mi saluta cordialmente suggerisce che forse, per quanto poco possa concedermi la libertà di dedurre, come me ne ha già sfogliato le pagine. Lascio che il mio sguardo indulga un battito di secondo oltre l'attenzione che riservo normalmente a persone che non ho ragione di voler conoscere per cogliere qualche dettaglio in più. Sorride senza forzatura, l'impiego sembra piacerle abbastanza, lo smalto è leggermente sbeccato, i capelli sono in ordine, non sente il bisogno di trascinarsi la stessa aria annoiata e vagamente irritante che ho voluto incollare alla mia immagine.
- Anche lei lo ha letto? - chiedo, domandando contemporaneamente a me stesso il motivo della mia inusuale curiosità. Non amo molto le domande e non sono spesso interessato a porle, in compenso me ne faccio troppe.
La ragazza tradisce una lieve sfumatura di stupore che viene subito celata e sostituita da uno sguardo diverso, che punta all'identificazione di qualcosa. Ne intercetto il significato, riconosco quel tentativo di guardare oltre la superficie degli occhi.
- In effetti l'ho letto, si. -, afferma mentre smette di cercare un sacchetto adeguato alla ridotta dimensione del libro. Osserva il proprio interlocutore mentre parla, sia anche per un breve istante. - E' una lettura un po' impegnativa, abbastanza forte in realtà, una volta che ci si aggiusta un po' alla tematica si smette di reggere soltanto qualche pagina alla volta, ma alla fine ne vale la pena. - Occhi verdi e matita nera riflessi in occhi verdi e matita nera.
- Più semplice non è più bello. - rispondo sbuffando un sorriso divertito privo di impertinenza ricordandomi che, a causa di motivazioni evidentemente diverse, avevo incontrato difficoltà dello stesso genere. Stavo quasi per coinvolgere le mie attività mentali pensando seriamente a cosa potrei farmene dell'applicazione di questo principio alla mia vita sentimentale, ma no, Bellamy, te lo ripeto, levati cortesemente dalle palle, non è educato interrompere mentre sto dialogando con una persona che non sembra assurda quanto te.
- Assolutamente.
- Vediamo.. - fingo di esitare, avvicinando teatralmente l'indice alla bocca rendendo palese la mia professionalità quando si tratta di polso molle e aria innocente. - Se mi sa anche dire se Jesus Son è scritto sotto forma di romanzo oppure di piccole storie, potrei iniziare a pensare sul serio che ci si è immersa anche lei, in questo libro.
Ride con sincerità, abbassando leggermente il viso. Forse ha qualche piccola mancanza di autostima. Non dovrebbe, affatto. Una bella maschera di cera e si risolve tutto, non è forse così?
- Undici piccole storie. - risponde senza esitazione.
Bellamy avrebbe impacchettato la domanda con malagrazia e l'avrebbe spedita al luogo di destinazione di tutte le cose di cui non gliene può fregare un cazzo. "L'importante è la sostanza, non la forma!", asseriva convinto il pulpito da cui viene la predica.
- Ne è proprio convinta? - ribatto, stiracchiando le lettere per acuire il senso di provocazione.
Bellamy mi avrebbe guardato come osserva la gente che gli domanda l'ordine corretto di uscita dei propri singoli. Per l'esattezza, avrebbe impostato involontariamente il suo visetto spigoloso nella modalità "Ah, ma dovrei saperlo? Cosa chiedi a me a fare?". Sarebbe capace di inciampare anche stando seduto. Lei mi osserva divertita.
- Più o meno come sono certa che lei è davanti a me, dice che è una certezza sufficiente? -
Possiede sarcasmo, ma non sfiora l'ironia sprezzante. Una dote che amo e la seconda che possiedo.
Bellamy, ad esempio, avrebbe..
- Le va mica un caffè? -  

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