Not a hero

di Machi16
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Anima Sconosciuta ***
Capitolo 2: *** L' istinto del mostro ***



Capitolo 1
*** Anima Sconosciuta ***


 

Not a Hero



Anima Sconosciuta




I demoni invisibili stavano danzando nel bel mezzo del bosco, intorno al corpo esanime di una ragazza senza nome, cantavano canzoni oscure e dalle note cupe di cui era percepibile solo il lontano sentore di sensazioni strazianti e, quando una di quelle più alte provocò un brivido sulla schiena della giovane sconosciuta, essa trovò la forza di aprire gli occhi verso il cielo nuvoloso che quel giorno regnava incontrastato.

L’ odore dell’ erba era forte e le entrava nelle narici donandole uno strano senso di pace, eppure quel sentimento non faceva parte i lei fino in fondo e le bastò guardarsi le mani insanguinate per ricordarsi che, alla fine dei conti, non apparteneva a niente se non a quella schiera di demoni che le continuavano a saltellare accanto impavidi, avevano dei nomi ben precisi ma spesso era costretta ad ignorarli per non cadere ancora di più nelle loro devastanti trappole di terrore. Quello che temeva di più si chiamava Ansia, aveva le sembianze di una bambina dagli occhi spettrali e dal sorriso timido ma era la più terribile di tutti poiché portava con se gli spettri di altri mostri come Paura, Rabbia, Tristezza e Solitudine.

“Machi…”

Una voce dolce tuonò il nome della ragazza che rapidamente si guardò intorno senza vedere niente e nessuno, era ancora una volta tutto nella sua testa che piano piano cominciava a riassemblare i frammenti sparse delle ultime ore per comporre un puzzle di gesta orribili.

“Machi!!!”

Il sussurro trasportato dal vento si trasformò in un urlo straziante che le rimbombava in testa rimbalzando tra le pareti del suo cranio senza però trovare una via d’ uscita che non comportasse un qualsiasi tipo di dolore più o meno atroce.

Quando nasciamo ci insegnano il bene, ce lo spiattellano in faccia nelle sue molteplici sfaccettature, siamo costretti ad accoglierlo e a preservarlo in ogni sua forma, eliminando ogni cosa che non appartiene a questa cerchia. Cos’è il male e cos’è il bene? È facile ridurre tali parole ad un concetto semplice classificando in maniera positiva tutto ciò che è giusto e denigrando tutto ciò che, in realtà, appare come sbagliato ma, la verità, è che nessuno ci ha mai insegnato a soffermarci su quello che si nasconde dietro tali implicazioni.

Machi era nata nel male, era la prima cosa che aveva visto, sotto forma di un padre che non riconosceva come tale, aveva il volto dell’ oscurità e le mani pesanti di chi sa educare con la violenza eppure non era un alcolizzato, un drogato o un depravato qualsiasi, era un uomo rispettabile e di potere, quello stesso potere che può dare alla testa più dei fumi di qualsiasi assurda bevanda, più di quelle siringhe contenenti miscele ignote che faceva infilare nei bracci di sua figlia senza ritegno o regolazione.

Niente gli importava se non di riuscire a continuare i suoi esperimenti segreti in completa tranquillità e l’ unica cavia con il suo stesso sangue portava anche i suoi stessi sentimenti d’ odio, di odiavano a vicenda senza saperlo tanto che, quando la piccola bambina dagli occhi marroni, venne al mondo non gli fu dato nemmeno un nome, fu buttata nella prima stanza di un laboratorio sotterraneo e li rimase per venti anni. Successivamente fu uno scienziato Giapponese a chiamarla Machi, nella sua lingua significava felicità ma nemmeno quella sembrava appartenerle.

Come si più trovare qualcosa di bello in una stanza bianca e vuota?

Per molto, troppo tempo, il bianco era l’ unico colore che ricordava e che bruciava i suoi occhi quando la sua mente era abbastanza lucida da poterli controllare altrimenti vi era il niente, il vuoto , il buio e poi la fuga.

Non decise di farlo, capitò.

Capitò che tutti quegli esperimenti funzionarono.

Capitò che si manifestarono dei poteri che non aveva richiesto.

Capitò che uccise più di quanto potesse controllare.

Ed ora sulle sue mani c’ era sangue non suo e qualcosa le ronzava in testa senza avere un preciso nome, ora era come gli eroi dei fumetti ma non era un eroina, non voleva esserlo. Gli eroi che nascono nel male diventano spesso i cattivi e i cattivi molto spesso muoiono.

“Devo andarmene.”

Parlando tra se e se si alzò per proseguire la sua corsa disperata in un mondo che non conosceva ma se non si fosse mossa l’ avrebbero sicuramente trovata.

***

“911, prego mi dica?”

“C’è una ragazza, qui nel mio giardino, è svenuta e ricoperta di sangue!”

“Mi dica l’ indirizzo mando una pattuglia”

“121 Grove street.”

Quindici minuti dopo due poliziotti si presentarono all’ indirizzo designato e ad aprirli fu una gentile vecchietta di campagna con la pelle rugosa e la voce stridula.

“Dov’è la ragazza?”

La vecchia indicò il piano superiore dove aveva provveduto ad adagiarla, non si era preoccupata di capire se fosse una criminale o una vittima, il suo unico scopo fu quello di metterla al sicuro, di accertarsi che stesse bene, non era ferita ma tutto quel sangue non rappresentava niente di buono.

I poliziotti si avviarono per le scale cigolanti che portavano al secondo piano, erano un team affiatato sin dai tempi dell’ accademia e presto sarebbero stati entrambi promossi ad grado di detective, per battere la scaramanzia avevano già preparato i festeggiamenti e mandato gli inviti, era tutto pronto per loro.

Ci fu un momento prima di entrare nella stanza in cui si guardarono e sorrisero complici, poi entrarono e quell’ espressione scomparve dai loro volti.

Machi era in piedi con gli occhi puntati verso la porta a le spalle rivolte alla finestra, sembrava in trance mentre si osservava le mani ancora una volta, sentiva il suo corpo vibrare e la sua testa esplodere.

“Ferma lì ragazzina, metti le mani dietro la testa!”

Con un gesto lento la studiato il più alto dei due poliziotti estrasse la pistola e di conseguenza il suo partner fece lo stesso, erano restii a puntarli contro una giovane donna disarmata ma lo sguardo che aveva in viso e quel sorriso che le contornava la bocca erano spaventosi.

“Mani dietro la testa!” ripetè il secondo urlando più forte.

“NO.”

D’ istinto Machi rivolse i palmi insanguinati contro i due e poi li richiuse di scatto per poi riaprirli ancora una volta, sembrava un gesto senza senso se non fosse per la forza con la quale quei due compagni, amici, fratelli, vennero scaraventati al suolo più e più volte, il rumore delle ossa che si spezzavano invase la casa rimbombando tra le pareti poi, di colpo, dagli occhi della ragazza scomparvero quelle stringhe di bagliore blu e rosso la sua mente fu di nuovo sgombra di fronte allo sgomento di quello che aveva appena fatto.

Era capitato che aveva ucciso ancora.

“oddio, cosa ho fatto? Cosa ho fatto?”

L’ unica cosa che gli resto da fare fu quella di lavarsi le mani e scappare prima che la signora salisse richiamata da quei rumori atroci.

Machi non era nessuno ma infondo era un mostro con i poteri di un super eroe che scappava nella notte nascondendosi da se stessa, dal male che era in grado di fare senza saperlo controllare.

Chi nasce nel male vede il bene solo da lontano, lo osserva, lo sfiora ma mai lo tocca

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Capitolo 2
*** L' istinto del mostro ***


L' istinto del mostro


Esiste un limite invisibile che divide coraggio e paura, esso è composto da un oceano di sensazioni in continuo contrasto tra di loro poiché appartenenti a mondi talmente differenti che è quasi impossibile unificare totalmente.

C’è chi è coraggioso, c’è chi è timoroso e infine c’è chi scova nel profondo della paura una sorta di forza intrinseca in grado di rompere un immobilità persistente e dettata da leggi ignote alla natura umana ma che sono l’ essenza della vita stessa.

Machi si trovava, però, fuori dal radar di ogni definizione possibile anche se, in cuor suo, era consapevole di essere un eterna fuggitiva: scappava da suo padre e allo stesso tempo scappava da se stessa con il continuo ed incessante terrore di essere scovata durante una di quelle notti un po’ meno buie del solito.

Il suo ritorno alla civiltà era stato dettato da leggi che non le era mai stato concesso di conoscere ed ogni persona che incrociava nel suo vagare era un eterno punto interrogativo, quasi come lei che era nata e cresciuta nel nulla, lei che esisteva anche se nessuno ne era a conoscenza. Chi si è quando non si è nessuno?

L’ unica cosa di cui era consapevole era la scia di corpi che si era lasciata alle spalle involontariamente dopo i due poliziotti, tutto ciò tracciava un sentiero di sangue che portava direttamente alle sue mani ma che prima passava per i suoi sensi di colpa, se nessuno gli aveva insegnato ad odiare allora perché si odiava? Pur non conoscendo la differenza netta tra il bene e il male, la consapevolezza che le sue gesta fossero orribili era albergata in lei senza possibilità di ritorno e, per tale motivo, aveva imparato a viaggiare da sola e in strade isolate dove era meno probabile che incontrasse gente e che quella stessa gente le facesse domande scomode in grado di trasformarla nel mostro che stava diventando.

Se tutti i mostri sono umani, lei era il più umano tra i mostri.

“Finalmente ti ho trovata!”

Una voce netta e sicura distrusse il silenzi che circondava Machi catapultandola in una realtà che stentava a voler vivere, si guardò alle spalle in maniera rapida e scorse, qualche passo dietro di lei, un’ uomo che non ricordava di aver mai visto in vita sua: indossava uno strano cappotto tortora lungo fino ai piedi e degli stivali marroni che contrastavano il tutto, i suoi lineamenti erano squadrati, precisi ma addolciti da degli occhiali rotondi e piccoli.

Come l’ aveva trovata in mezzo all’ aperta campagna?

Non fece in tempo a finire la domanda che subito si mise a correre lungo il sentiero che separava due campi di grano, chiunque fosse non aveva assolutamente intenzione di ascoltarlo.

“Aspetta!”

L’ uomo iniziò a seguire la sua folle fuga senza conoscerne la meta ma con la consapevolezza che non avrebbe mai mollato, era da giorni che si era messo sulle sue tracce e adesso il vento gelido che gli remava contro sembrava essere un ostacolo assai effimero.

“Aspetta!”

Continuava ad urlare con sicurezza senza rallentare mentre la ragazza si voltava spesso per vedere quanto terreno stesse perdendo, ma i lunghi capelli marroni le finivano in faccia impedendole di vedere perfettamente il suo inseguitore. Il suo unico pensiero era andare più veloce, volare sopra quei ciottoli per non sporcarsi le scarpe, sfuggire alla gravità per andare più veloce.

“Aspetta!”

Questa volta la parola le fu sussurrata all’ orecchio ed un brivido gelido attraversò la schiena di Machi quando l’ uomo misterioso le afferrò il polso, iniziò a sentirsi di nuovo in trappola e quel contatto fisico indesiderato le ricordò un infanzia passata sotto le mani di sconosciuti.

Provò paura ma anche coraggio.

“Non mi toccare”

D’ istinto si liberò dalla presa e con rabbia aprì il palmo della mano destra verso l’ uomo dai capelli marroni, per la prima volta stava provando un voluto desiderio di usare i poteri che le avevano “donato” per fare del male a qualcuno, una sete di sangue le seccava la gola rendendo le sue parole chiare e precise.

“ Ho bisogno del tuo aiuto, non sono qui per farti del male “

“Aiuto?”

“Si”

“Nemmeno ci conosciamo”

“Ma io conosco te:”

L’ uomo iniziò a cercare in maniera confusionaria qualcosa nella tasca della giacca per poi tirarne fuori una piccola pietra azzurra legata ad una catenina malconcia e usurata.

“L’ hai presa la prima volta che sei uscita in giardino, era la più strana tra le pietre dell’ aiuola e poi l’ hai legata alla catenella che, credo tu abbia trovato in bagno, vero?”

“Esatto…”

Machi era visibilmente spaventata ma teneva ancora alzata la sua mano con aria spavalda, aveva il potere di uccidere e questo le stava dando alla testa più di quanto io abbia desiderato.

“Bene, ora abbassa quella mano e vieni con me!”

Il punto era uno ed era semplice, nessuno conosceva la storia di quella pietra, nessuno poteva conoscerla ma quell’ uomo sapeva, fu così che la ragazza si decise ad abbassare la mano e di conseguenza la guardia concedendo la sua attenzione a quel buffo essere che aveva di fronte.

Fu forse il suo primo errore al di fuori della linea che separa paura e coraggio perché quando un pugno la colpì in faccia con violenza lei non seppe reagire.

Cadere a terra è facile, forse troppo.

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