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di incutkoskysarms
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo - Capitolo 1 ***





 
 
 
South Side, Chicago.
Una ragazza di nome Chelsea Elliot abitava nel ghetto della città che più odiava al mondo. Aveva sedici anni, a poco ne avrebbe fatti diciassette. Nel quartiere in cui abitava non poteva che avere una famiglia strana ed essere altrettanto. D’altronde anche le compagnie che frequentava facevano la loro parte nel creare la persone che era.
Era vista da molta gente come una ragazza senza cuore, ma ne aveva eccome. Quel cuore, quando era solo o con persone care, era tremendamente sensibile. Ad esempio, Carl Gallagher vedeva solo il meglio di lei. Erano migliori amici a quei tempi.
La cosa che a Carl rimarrà sempre in mente, impresso, è che Chelsea aveva sempre in bocca una sigaretta, o quasi.
Carl invece aveva diciassette anni, era un tipo che non si faceva mettere i piedi in testa e come si suol dire, per lui una parola era poca e due erano troppe. In molte situazioni, per questo motivo, scatenò rissa.
E bene sì, quel ragazzo era un casino, o magari un casinista.
Aveva la stessa condizione familiare di Chels in casa. Padre ubriaco, madre che se ne va via per anni e torna quando fa comodo, ma a differenza della sua amica lui ha cinque fratelli, mentre lei ne ha solo uno.
Era il primo giorno di autunno e tutti ancora giravano con una maglietta a maniche corte. Il freddo ancora non era arrivato, ma il vento fresco che scompigliava i capelli di tanto in tanto quando si presentava era molto gradito oltre che detestato.
Alcuni alberi avevano già alcune foglie ingiallite e arrossate alle punte. E proprio sotto ad un grande albero, in un parchetto servito di un campo da basket, stava seduta la ragazza mora scarna a fumare. Non era sola, era con Cook un ragazzo di colore che spacciava. Ma oltre a ciò che faceva, sia come lavoro e nel tempo libero, a Chelsea non interessava. Gli interessava come persona con cui parlare, come amico.
“Sai dov’è finito Carl?” domandò lei, guardandosi attorno.
Scosse la testa il ragazzo e fece sistemare la ragazza fra le sue gambe per potergli fare le treccie che desiderava già da tempo.
Cook finì di fargliele in nemmeno un’ora, lo pagò e ancora stavano lì ad aspettare l’arrivo di Carl.
“Non mandatemi al diavolo.” sentirono echeggiare nel parco i due, girandosi di scatto.
“Tranquillo fratello.” disse Cook dandogli la mano, non appena si era avvicinato.
Salutò con un mezzo abbraccio la sua migliore amica e stampandole un bacio sulla guancia.
“Stai bene, dolcezza.” le sussurrò all’orecchio.
Si spostò da lui e gli allungò la mano, iniziando a scherzare.
“Piacere, sono Carl Gallagher, sono appena uscito di prigione sai?” fece la voce roca, invano avrebbero testimoniato i due ragazzi che iniziarono a ridere a crepapelle.
In effetti il look che aveva adesso Chelsea ce lo aveva Carl non appena uscito dal riformatorio.
“Comunque grazie.” disse sempre lei, facendo spallucce.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***





 
“Proprio oggi doveva mancare Carl, che giornata di merda.” commentò Chelsea sbattendo il suo armadietto arrugginito e cigolante, di un colore che sembrava essere azzurro, ma era ormai un grigio sporco.
Non le piaceva scuola, non le piaceva la gente che la frequentava, ma per lei era una sfida. Voleva diplomarsi, voleva essere la prima nella sua famiglia, non per ricevere complimenti che tanto non sarebbero arrivati, ma per avere una soddisfazione, per dire che ce l’aveva fatta.
Percorse il corridoio per uscire da quel posto squallido che aveva vetri rotti, e se andavi nei bagni sembrava di stare in qualche fogna. Non sembrava una scuola in effetti, sembrava più un edificio abbandonato, soprattutto se lo si vedeva in estate.
Quando uscì, non notò nemmeno lo sbalzo termico, ma stava sempre ben avvolta nella sua felpa che le era stata regalata da Carl, si parlava di due taglie in più e sembrava ancora più magra e minuta di quello che era.
Si accese la sua sigaretta ed entrò in un po’ di pace, riscaldandosi quel poco.
“Chels!” si sentì chiamare in mezzo alla strada, si guardò intorno, ma non riusciva a capire da dove provenisse. “Chels, qui!” la voce le divenne familiare e notò che Gallagher era lì, vicino ad una grossa macchina nera luccicante. Buttò il mozzicone nell’attraversare la strada. Si avvicinò stranita, ponendosi domande su chi ci fosse in quell’auto e perché Carl era con quello.
“Bellissima come sempre.” continuò sempre l’amico baciandola sulla guancia.
La mora alzò gli occhi al cielo e sbuffò. “Lo dici solo per la felpa.”
“Forse si, forse no.” le aprì la porta posteriore e la fece salire. Subitò sentì l’odore di erba in macchina, ma la sua attenzione cadde subito dopo verso il guidatore.
Conosceva tutti del South Side e tutti conoscevano lei, per un motivo o l’altro. Era uno dei spacciatori più ricercati e richiesti per la ‘roba’ buona.
Le domande crescevano nella sua testa.
“Oh, la piccola Chelsea.” commentò l’uomo di colore, prima che entrasse Carl.
“Portaci a casa mia.” gli chiese gentilmente. “Va bene?” domandò girandosi verso l’amica che annuì.
Dopo pochi minuti la macchina sfrecciò via sotto gli occhi dei due ragazzi. Il ragazzo dagli occhi verdi sorrideva insistemente, chiaramente senza motivo, era fatto. Lei, seria, distrusse quel sorriso.
“Hai da dirmi qualcosa?” chiese sospirando e sfregando le mani sulle braccia per il freddo. Non fece altro che negare come risposta. “Carl, sei rientrato nel giro cazzo.” disse perdendo la pazienza. Gli diede una spinta e si portò le mani alle punte di alcune trecce e iniziò a tirarsele, disperata. “Tu non sai quel che fai.”
Carl cercò di mettere in ordine le parole dette da Chelsea e pensò, tirando un colpo di tosse.
Non gli veniva nulla da dire, niente per cui scherzare o ribattere.
“Mi avevi promesso che non saresti rientrato. Dovevo aspettarmelo, tutti quei ritardi quando uscivamo.” scosse la testa delusa. La sua rabbia le stava divorando lo stomaco.
“Ei piccola…” provò iniziare un discorso Carl, prendendola fra le sue braccia. “Lo sai pure tu che con quei soldi significherebbe divertimento tutti i giorni. Ti potrei comprare quello che vuoi”.
Si liberò senza problemi dall’abbraccio e si allontanò alzando il dito medio.
Il ragazzo con i capelli mossi rimase immobile a guardarla allontanarsi. In quell’istante uscì di casa Gallagher Lip, suo fratello, che doveva andare all’università.
“Che strano, come mai non viene da noi?” chiese.
Carl incrociò lo sguardo azzurro che capì in un batter d’occhio. Notò il nuovo paio di scarpe, la collana d’oro intorno al collo, una felpa alla moda e la puzza addosso.
“Sei un cazzone.” concluse, mettendosi una sigaretta in bocca e andandosene per la sua strada.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***





 
Arrivò sabato e il telefono di Chelsea era un continuo ricevere messaggi e telefonate da Carl. Non aveva voglia di sentirlo né tanto meno di sentire le sue giustificazioni idiote. I due giorni prima a scuola non lo aveva visto, percui pensò che stesse facendo sul serio quella volta. Si rinchiuse in casa e si volle dedicare allo studio, ma spesso il suo pensiero, forse il primo, si rivolgeva al ragazzo. Il campanello suonò parecchie volte, ma si rifiutava di aprire.
Era pomeriggio tardi quando decise di vedersi con Cook al solito parchetto. Quel che faceva quest’ultimo andava anche bene a differenza con Carl, lui non aveva avuto precedenti. Non si era passato molto tempo senza la sua presenza, per nulla. Cook c’era sempre stato quando il ragazzo era dentro. L’aiutò, in quel periodo a Chelsea le si era congelato il cuore, ma nonostante gli aiuti lei si voleva mostrare così agli altri. Non voleva farsi vedere fragile, se non da Cook o Carl, ma a volte ci sono eccezioni.
Arrivò al parchetto e vide la panchina in ferro occupata dall’ amico di colore e un ragazzo bianco. Si avvicinò e si rese conto che era Carl. Non sorrideva, stava serio, col suo cappellino verde fluo in testa e i suoi nuovi vestiti larghi. La mora lo osservò, aveva la faccia quasi schifata, disgustata. ‘Voleva ancora finire nei casini?’ si chiedeva.
“Ciao Cooky” lo abbracciò piegandosi verso lui.
Si sorrisero mostrandosi l’un l’altra il sorriso un po’ ingiallito dalla nicotina. Si allontanò, stando davanti ai due ragazzi.
Prese la sigaretta che aveva sull’orecchio e se l’accese.
“Devo andare a bere.” disse Cook, alzandosi e dirigendosi verso la fontanella che era non molto lontana da quella panchina.
Si sedette al suo posto e si guardò intorno senza cercare lo sguardo verde di Carl.
Per un attimo regnò il silenzio.
“Devo aiutare la mia famiglia.” sussurrò il ragazzo.
Annuì facendo un tiro. “Rovinandoti la vita e perdendo me.” si girò verso di lui, alzando le spalle e le sopracciglia. Buttò fuori il fumo dal naso, continuando a guardare Carl.
Gli occhi di Chelsea iniziarono a pizzicarle, voleva piangere. Gli occhi di lui non erano da meno.
Lo stomaco di quest’ultimo si contorse e sentì il vuoto.
“Da quanto va avanti sta cosa?” chiese lei.
“Un mese scarso.” rispose con un filo di voce, si sentiva il magone che aveva. “Davvero ti perdo?” domandò, spaventato.
“Se non la finisci subito si, non voglio riperderti, venire a trovarti in quattro mura senza abbracciarti, per le tue cazzate.” sbottò, Cook li stava raggiungendo ma lei se ne andò.
Il ragazzo di pelle scura fece segno di seguirla, quella volta non l’avrebbe lasciata andare via.
Corse, l’afferrò dal braccio e la fece girare verso lui.
“Lo faccio, va bene.” le disse.
“Fammi uno squillo quando lo hai fatto.”
I due tornarono alle rispettive case separate da alcune ville.
“Che faccia sconvolta.” commentò Lip in cucina, bevendosi una birra. Carl in effetti stava cercando un modo per come dirlo al ’boss’ subito il giorno seguente. “Non si farà più vedere?” gli domandò riferendosi a Chelsea.
“Devo uscire dal giro.” rispose alzandosi le maniche della felpa e portandosi la mano in bocca, iniziando a mordicchiare le unghie.
“Questo dimostra quello che prova." Disse “Quando non ci sei stato, mi chiedeva sempre di te e se l’accompagnavo a trovarti.”
Nella mente di Carl fiorirono i ricordi. A vedere Chels e Lip sempre insieme seduti davanti a lui, dietro ad un vetro, gli suscitò un fastidio enorme. Pensava che stessero insieme.
Lei se ne andava sempre con gli occhi lucidi, sotto al braccio del fratello.
“Eri la persona che più voleva in quel momento, ti desiderava. Tu però non c’eri.” il biondo rivegliò il fratello minore dai suoi pensieri. “Non ti vorrà perdere nuovamente. L’ha cambiata quella situazione.”
“Desiderava?” domandò.
“Le piacevi.” rispose.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 


“Dai fallo anche tu.” La incitò un ragazzo sussurrandole all’orecchio. 
La musica ad alto volume, in quel piccolo posto, rimbombava nella testa di Chelsea, che la fece ritrovare in poco tempo nel bagno con una vecchia compagnia che aveva frequentato qualche anno prima, anche se a Carl non andava proprio a genio. Davanti a lei c’era un lungo lavello sporco, per non parlare dello specchio mezzo rotto dove si rifletteva insieme ai suoi “amici”. Il suo sguardo era indeciso si posò su una striscia di speed. 
“La notte è giovane piccola.” Le disse sempre lo stesso ragazzo, Alec, prendendola dai fianchi e respirandole sul collo.
La mora non ci pensò molto, non dando molto peso a quel che stava per fare. Si chinò e tirò su col naso la sostanza che da lì a poco la fece ballare fino allo sfinimento.
Non curante di tutto, dissociata dalla realtà, il suo telefono continuava a vibrare, suo fratello Oliver la stava cercando. Non essendo stato avvisato, pensò ai Gallagher, così provò a chiamare Carl.
“Oli, sono in giro per affari, posso richiamarti?” Il ragazzo rispose all’istante, molto tranquillamente, visto che per lui era come un altro fratello conoscendolo da sempre.
“No!” esclamò Oli, prima che l’altro potesse riattaccare. “Chealsea è con te?”
Il giovane ragazzo sentì un vuoto allo stomaco, mentre davanti a lui c’era un tizio che chiedeva della roba.
“No, adesso sento Cook, ti faccio sapere appena la trovo. Tranquillo.” Disse balbettando, mentre cercava di realizzare dove potesse essere di venerdì sera a mezzanotte. 
Diede al suo cliente ciò che aveva chiesto e iniziò a andare verso al parchetto in cui lo avrebbe trovato. Senza dubbi, Cook era lì, ma era solo. Gli si rigirò lo stomaco, come poteva essere scomparsa?
“Hai  visto Chels?” chiese senza salutarlo.
“No, andava con dei compagni di scuola a ballare.” Rispose. “Da queste parti …”
Il riccio intuì il probabile locale, visto che nel South Side ce n’erano ben pochi in cui andare a ballare. Pensando, si chiese chi fossero quei “compagni di scuola”, la sua migliore amica non aveva amici così stretti in istituto. Gli si accese il lampo di genio, pur avendo la testa offuscata, e tutti i problemi che aveva avuto sparirono improvvisamente, la sua priorità ora era trovare al più presto Chelsea.
I due amici entrarono nella discoteca malandata e di cattivo odore, piena di gente sudaticcia. Dirigendosi verso il punto più in alto, per scorgere la figura minuta della ragazza, che agli occhi smeraldi del giovane Gallagher non tardò a risaltare fra la folla. Senza dire nulla, si avvicinò a lei, vedendola circondata da ragazzi e lei con il vestito un po’ troppo corto.
La prese dalla mano, tirandola verso sé, scombussolandola. Cook, fuori dal locale, venne raggiunto dai due.
“Con chi sei qui?” 
“Con dei veri amici.” Disse sicura, sorridente. “Ho voglia di ballare.” Continuò cercando di sfuggire dai due.
“C’è Alec?” urlò.
“Vatti a fare i cazzi tuoi, come hai sempre preferito fare.” Ribattè.
 

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