Stand By Me di Dearly Beloved (/viewuser.php?uid=164767)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0 - Prologo. ***
Capitolo 2: *** 1 - When the night has come, And the land is dark… ***
Capitolo 1 *** 0 - Prologo. ***
Prologo
Quella notte, il cielo di Parigi non era cosparso di stelle: ospitava
solo una
grande, enorme luna piena, che illuminava di luce lattea il grande
fiume.
Dall’alto del ponte, un gatto nero ne osservava rapito la
superficie,
domandandosi perché sotto quel cielo l’acqua
sembrasse tanto densa e
impenetrabile. Se qualcosa ci fosse per sbaglio finita dentro, la
corrente non
l’avrebbe mai più resa indietro. Quanti segreti
aveva da sempre il compito di
celare agli occhi del mondo, la Senna?
E, forse, quello di essere inghiottito per sempre nelle sue acque
sarebbe stato
il destino più coerente per il minuto oggetto che
l’eroe di Parigi teneva
delicatamente sul palmo della mano. Un semplice orecchino rosso,
così banale da
poter essere difficilmente considerato un gioiello vero e proprio.
Aveva
piuttosto l’aspetto di uno di quei pezzi di plastica
contenuti nelle uova di
Pasqua e spacciati per sorprese, in grado di assumere un qualche valore
solo
agli occhi di un bambino in un giorno di festa.
Quell’orecchino aveva raccolto in sé i sogni
dell’intera Francia, l’aveva
protetta dalle più cupe minacce e aveva alimentato la
fantasia e il senso di
giustizia dei suoi abitanti. La più grande
rivoluzione dopo il 1789,
ridacchiò tra sé e sé.
Ma, prima o poi, il tempo delle avventure e dei sogni giunge al
termine, pensò
Chat Noir. È una regola che vale per tutti.
Anche per noi.
La magia a quel punto svanisce, un pezzo di plastica si spoglia del suo
incanto
e ritorna ad essere un pezzo di plastica.
Nessuno si sarebbe meravigliato al pensiero che il legittimo
proprietario non
si fosse preso la briga di reclamarlo, per quanto poco valeva.
Eppure, sorrise amaramente Adrien Agreste sfilandosi un anello
altrettanto
privo di valore, un tempo esisteva chi avrebbe ucciso, pur di mettere
le mani
su quell’orecchino, sulla Francia e sui suoi sogni.
Il compagno… doveva averlo ancora lei. Ovunque fosse.
Decise di non gettarlo.
Il tempo era ancora fermo.
Nemmeno Fu aveva detto di sapere quando le lancette avrebbero ripreso a
muoversi, ma due piccole anime, immerse nella notte senza stelle,
temevano
quell’istante.
Nel frattempo, il mondo stava cercando di ritrovare il suo equilibrio.
Ogni
cosa stava riprendendo lentamente, a fatica, ma inesorabilmente, il
posto che
le spettava, Adrien lo sapeva.
Meno che una.
Dal balcone che aveva ospitato infinite volte i loro incontri, le loro
chiacchiere – quegli stupidi battibecchi che, anche
nell’anormalità più completa,
conservavano sempre il sapore di familiarità per il quale
tanto li amava -,
…insomma, dal primo posto che aveva considerato casa propria
dal giorno della
scomparsa di Martine, si poteva ammirare sempre una Parigi stupenda.
Quel sentirsi “al posto giusto nel momento giusto”
che Adrien aveva cercato per
una vita intera, l’aveva trovato lì. Sul
balconcino di quel grazioso palazzo.
E dentro quegli occhi.
«Che ne sarà di noi?
»
«Tornerai da tuo padre, avrai il lieto
fine che meriti. »
«E tu-»
La ragazza si fiondò tra le sue braccia, impedendogli di
completare la frase.
Una domanda alla quale non avrebbe mai saputo rispondere.
Lui rispose stringendola a sé con tutte le sue forze. Quelle
spalle minuscole
che stava avvolgendo nel più disperato abbraccio della sua
vita avevano
sorretto il mondo.
«Io sono qui, adesso. Mi senti, Adrien?
»
Il bellissimo giovane si rimangiò una lacrima senza riuscire
a trattenere un
sospiro. Poi, determinato a parlare con un tono quanto più
dignitoso possibile,
si rivolse all’oscurità.
«Era il termine di scadenza, Plagg. Sai cosa vuol dire,
vero?»
Dopo qualche secondo di silenzio, la notte rispose.
«Ngh…»
Due lucciole verdi presero a fluttuargli nervosamente attorno.
«Sono passati tre anni, e chissà quanti ancora ce
ne vorranno per portare via
questa tristezza! Il mio stomaco al solo pensiero…»
«Fermo lì, so dove vuoi arrivare!»
intervenne Adrien simulando quanta più
spensieratezza possibile.
«…non credo di essere abbastanza ricco per
regalarti tutto il Camembert di cui
avresti bisogno per superarla, amico mio.»
Plagg mugugnò qualcosa, irritato, e il suo portatore sorrise.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, ad ascoltare il rumore del
corso
d’acqua che fluiva sotto di loro.
«Sai, si respira l’aria una di quelle serate in cui
vegliavamo sulla città
sentendoci i gatti-padroni di Parigi,» notò il
kwami tentando di nascondere la
nostalgia, «ma in realtà… stiamo per
dirci addio, vero?» chiese poi mesto,
abbassando le orecchie e andandosi a posare sulla sua spalla.
Non ne avevano mai parlato esplicitamente, ma sapevano entrambi quale
sarebbe
stata la procedura da seguire al termine dei tre anni di speranza che
Fu aveva
concesso loro.
«Domani mattina restituirò il Miraculous al
Guardiano, e lui, lo sai bene,
saprà prendersi cura di te come io non sarei mai in grado
fare, e com’è giusto
che sia… fin quando il mondo non avrà bisogno di
un nuovo eroe.»
Si guardarono negli occhi senza aggiungere altro: entrambi sapevano
bene che
nessun gatto nero sarebbe mai più comparso di nuovo, senza
una coccinella pronta
a ricreare quanto lui avrebbe distrutto.
«Sei il primo portatore che mi considera un amico, Adrien. E
anche io…»
A quelle parole del kwami, complice la penombra, il giovane si concesse
il
lusso di versare un paio di lacrime, silenziosamente.
Plagg finse di non vedere, e continuò: «Sono certo
che, anche fuori dal tempo
limite, lei tornerà da te. Eravate destinati
dall’inizio, da prima che il
Maestro vi trovasse».
Adrien lo prese sul palmo di una mano, e gli carezzò la
testolina. In tutti
quegli anni Plagg non aveva mai ammesso di apprezzare un certo tipo di
esternazioni affettuose, ma sotto quella luna decise di venire incontro
alle
carezze del giovane, tremolante, nel tentativo di trattenere a stento
qualche
singhiozzo. Ad Adrien sembrò ancora più piccolo
di quanto fosse realmente.
«Lo credo anche io, Plagg. Per questo, contro la mia
razionalità e contro ogni
saggio consiglio, non riesco ad andare avanti. Potrei continuare ad
aspettarla
per sempre, e, anche se non dovessi rivederla mai più, non
riuscirei a
considerare errori gli anni di solitudine trascorsi, o quelli che mi
attendono.
Se è per lei, ogni cosa è la più
giusta. Anche l’attesa, o questa tristezza.»
«Anche io aspetterò con te. Anche se non saremo
più insieme, sarà esattamente
come se lo fossimo.»
Finalmente il ragazzo si aprì in un sorriso vero, di
gratitudine.
Plagg lo percepì e si sentì a sua volta
più leggero. Adrien sapeva
perfettamente cosa intendeva dire l’amico: anche lui
attendeva con amore il
ritorno di qualcuno. Se l’erano ripetuto a vicenda tante
volte, per farsi
coraggio: sperare in compagnia è meglio che farlo da soli. A
sperare da soli
ci si sente pazzi.
E se, o meglio, quando poi un giorno loro
avrebbero fatto
ritorno, allora i due avrebbero condiviso la stessa immensa
felicità, e la loro
pazzia sarebbe stata premiata.
«Sì, ti sento, Marinette.»
Note dell’autrice svitata:
Grazie
per essere giunti fin qui, davvero, sono
felicissima di pubblicare per la prima volta dopo anni
qualcosa… (anche se non
so bene cosa). Essendo trascorso molto tempo dall’ultima
volta che ho scritto
per un pubblico, sono anche piuttosto nervosa. Ammetto di aver avuto
difficoltà
con la stesura di questo capitolo, per quanto breve: ho temuto (a
ragione) di
non sapermi più esprimere in un corretto italiano, e poi le
dita digitavano
furiosamente mentre il cervello non seguiva con altrettanta
rapidità, con il
risultato che non ho la più pallida idea di come sia uscito.
Se notate qualcosa
che non va nel capitolo fatemelo notare, e provvederò a
correggere. Sono qui
per imparare, quindi mi serve il vostro aiuto (^o^)/
Vi dico che, al pensiero di incontrare questi personaggi che tanto
adoro, mi
bollivano dentro troppe emozioni forti. Speriamo bene.
Per quanto riguarda la storia, non so dove tutto questo mi
condurrà, ho
abbozzato le linee generali della trama ma spero che i prossimi
capitoli si
scrivano da soli come questo (magari gradirei più
cooperazione dita-cervello,
però ç_ç). Vi avverto che i tempi di
questi primi capitoli saranno piuttosto lenti
e alternerò i pov in maniera abbastanza disordinata, ma
tentando di seguire una
certa coerenza di trama. Con le long ho pochissima esperienza.
Orsù dunque, Fandom di Miraculous, ammetto di non
conoscerti, ma ho molta
voglia di scoprirti! Aggiornerò il prima possibile!
Sempre grata,
Dearly B.
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Capitolo 2 *** 1 - When the night has come, And the land is dark… ***
When
the night has come
And the land is dark…
Gli bastava tenere gli occhi chiusi per un solo secondo, ed ecco
lì scorci di
giorni sereni susseguirsi rapidi nella sua mente, ricordi della quiete
apparente che covava in sé le premesse di una delle lotte
per il bene più folli
della storia dell’umanità. La paura di perdere
tutto, l’emozione di mettere
alla prova se stessi, l’ansia di vincere.
Adesso aveva in mano solo rimpianto e nostalgia.
Una volta rientrati in casa in religioso silenzio, Plagg si era
accasciato sul
cuscino di Adrien e aveva chiuso gli occhietti. Anche in quel leggero
dormiveglia,
il suo muso conservava un’espressione addolorata.
Il ragazzo, uscendo dal bagno, pronto per la notte, si
soffermò a guardarlo. Il
giorno dopo sarebbe stato di nuovo completamente da solo, proprio come
lo era stato
prima che quell’avventura iniziasse. Certo, molte cose erano
cambiate per il
meglio, ma altrettante erano state perdute, e la presenza di Plagg era
l’unica davvero
in grado di risollevare il suo spirito. Del resto, avevano condiviso
tutto.
Quindi ora doveva concentrarsi per imprimere nella memoria anche quegli
ultimi
dolorosi istanti, e il sottile e irregolare respiro del suo kwami nella
stanza
a colmare un silenzio che altrimenti avrebbe potuto schiacciarlo.
Ne era valsa la pena. Anche se non era stato “per
sempre”, come si era trovato
più volte a immaginare.
“E adesso dove dormo io?” si chiese abbozzando un
sorriso e rivolgendo un’occhiata
tenerissima al suo amico.
Beh, del resto poteva anche non dormire affatto e attendere
l’alba. In un
momento come quello, dormire sembrava quasi uno spreco.
«Che importa se è tardi! Se mi addormento adesso
mi perdo la parte migliore,
no?»
Adrien sorrise, stendendosi sul divano e socchiudendo le palpebre.
«Che simpatica che sei, principessa»,
protestò Chat Noir seduto alla scrivania
della ragazza con un enorme vassoio di formaggi stagionati di fronte.
Lei, al
suo fianco, riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti.
«Cosa fai micetto, mi soffi contro? Non è colpa
mia se scommetti in modo
imprudente e poi perdi.»
«Sono le tre del mattino, io non ho neppure fame, e non vedo
poi perché dovevi
metterci proprio il Camembert…!»,
protestò estenuato.
«Salvi Parigi ogni giorno ma non riesci a esaudire una
richiesta così semplice
da parte di una umile cittadina? E poi fai sempre puzza di Camembert,
tanto che
all’inizio pensavo ti piacesse…»
«Questo non è assolutamente vero!»
sgranò gli occhi allarmato.
«Oh sì che lo è! Una
super-puzza!» annuì lei incrociando le braccia al
petto e
sbadigliando a bocca aperta. «E comunque non puoi sottrarti
alla tua penitenza:
hai perso la scommessa.»
«Non del tutto…» brontolò
appena il gatto nero, «Non avevamo neppure fissato
una scadenza!»
«Sì che l’avevamo fissata, sei tu che
non stai attento.»
«Sono certo di no, e poi… stava per cedere, lo
giuro!»
«Niente scuse», Marinette ridacchiò e
prese con uno stuzzicadenti uno dei
cubetti di formaggio per poi portarlo in prossimità della
sua bocca. «Fai “aaaah”.»
Una volta a pochi centimetri dal pezzo di formaggio il ragazzo gli si
scagliò
addosso con voracità. Marinette lo guardò
sconcertata per un paio di secondi,
per poi scoppiare a ridere di cuore.
«Per essere il primo sulla lista dei formaggi che odi, sembra
ti piaccia molto.
Guarda come ti lecchi i baffi, micetto!»
Chat Noir sospirò e si arrese alle carezze che Marinette gli
stava posando sul capo
come premio, con espressione beffarda. Come spiegare a quella ragazzina
che non
era lui l’appassionato di Camembert, ma il suo kwami? Troppo
complicato
probabilmente.
Intanto, nonostante l’ora tarda e la stanchezza, la sua amica
aveva tutta
l’aria di starsi divertendo un mondo. In classe non rideva
mai tanto
sguaiatamente, e questo faceva della sua allegria scomposta di quel
momento
qualcosa di prezioso.
«Se mi avessi dato ancora un po’ di
tempo», iniziò lui con tono scherzosamente
offeso, «ti dico che mi avrebbe abbracciato. Sono un maestro
nel creare
l’atmosfera giusta!»
Marinette alzò gli occhi al soffitto, prese un altro cubetto
di formaggio e
fece di nuovo per imboccarlo. «Non per ferirti, Chat Noir, ma
ho la vaga
impressione che Ladybug non sia molto... intenzionata ad
abbracciarti.»
Il ragazzo allontanò stizzito il pezzo di formaggio dal
viso. Plagg doveva
essere molto felice in quel momento, ma le narici di Adrien proprio
odiavano
quell’odore, e le sue papille gustative il sapore.
«Perché dovrebbe non esserlo? In fondo,
modestamente, non mi reputo poco
attraente.»
«Non si tratta di questo…» Marinette si
fece seria, inspirando profondamente. «È
che certi amori troppo complicati bisognerebbe lasciarli perdere e
basta.»
Ma poi abbassò lo sguardo. Del resto, chi era lei per dargli
consigli?
Il ragazzo notò quel mutamento d’umore e
aggrottò le sopracciglia.
Si avvicinò all’amica di qualche centimetro e le
strinse piano il braccio, come
a volerla scuotere.
«…tutto può cambiare. Sempre. Ci credo
fortemente.»
A quelle parole lei sorrise dolce, e lui sentì il cuore
più leggero.
“Non te la cavi male a consolare le ragazze, eh”,
pensò con una punta di
soddisfazione.
«Amori complicati, poi…»
sbuffò simulando irritazione.
Lasciò la presa sul suo braccio e le diede un lieve buffetto
sul viso.
«Mi dirai un giorno per colpa di chi sei diventata
così pessimista per le
faccende di cuore, principessa?»
«Non sono pessimista, micetto. Sono scema proprio come te,
solo… un po’ più
stanca.» Marinette chiuse gli occhi e poggiò la
testa sulla scrivania. L’altro
le si avvicinò un po’ con la sedia e
parlò con sicurezza: «Farò
l’impossibile
per te, vedrai. Farò innamorare di me Ladybug e ti
dimostrerò che le cose belle
possono accadere a chiunque, anche agli sfortunatissimi gatti neri. E
allora
capirai che non c’è motivo per cui non debbano
accadere a te.»
Non poteva neppure immaginare quanto le sue parole mettessero in
subbuglio i
sentimenti di Marinette.
«O in alternativa posso andare a provocare qualche cataclisma
nella vita del
tuo amore complicato, se preferisci.»
Quella possibilità lo allettava molto. Si era scoperto
piuttosto protettivo nei
confronti di Marinette, e odiava il pensiero che qualcosa o qualcuno
potesse
ferirla.
«Non parlare più, ti prego»
sussurrò lei con un filo di voce.
«Principessa…?»
Chat Noir era così buono, pensava in quel momento.
Perché a lei il compito
ingiusto di spezzargli il cuore? Perché non riusciva a
smettere di struggersi
per Adrien se avrebbe potuto trovare l’amore con la persona
che le stava ora di
fronte? Un buffo, maldestro e a volte fastidioso gattone dal cuore
d’oro.
Per quanto ingiusto, non c’era nulla che potesse fare per
cambiare le cose.
Marinette aveva imparato a conoscere le leggi del cuore.
E anche in quel momento, decise di seguirle.
Alzò la testa, due pomodori per guance e gli occhi lucidi.
Chat Noir sbatté le palpebre un paio di volte, incapace di
cogliere pienamente
le intenzioni nello sguardo di lei.
La sua più cara amica era innegabilmente bella, ma quando
gli rivolgeva quegli
sguardi – o meglio, quando li rivolgeva a Chat Noir -, lo era
persino più del
solito.
Gli si avvicinò cauta, incerta… per poi fiondarsi
sul suo petto e circondarlo
con le braccia.
«Sei un bravo gatto, davvero.»
Chat Noir rimase rigido senza sapere cosa fare di preciso. Il corpo
minuto di
Marinette era caldo e il suo profumo delicato. Ogni fibra di lei gli
stava
mandando una quantità spropositata di affetto, poteva
percepirlo da quella
stretta, gli attraversava la pelle e arrivava dritto al
cuore… Non ne riceveva
tanto da quando sua madre era scomparsa. L’emozione gli
rendeva difficile
rispondere.
«È il sonno», mugugnò lei,
senza staccarsi. «Mi rende docile. Non illuderti,
eh.»
Quasi temendo di romperla, ricambiò piano
l’abbraccio, e prese ad accarezzarle
lentamente la schiena.
«Certo, principessa…», si
ritrovò a sussurrare con uno strano sorriso stampato
sulle labbra.
«Sì, sei proprio un maestro nel creare
l’atmosfera giusta.»
«Ho vinto la scommessa, ma mi hai ugualmente fatto scontare
la penitenza. Che
ingiusta», mormorò tra sé e
sé disteso sul divanetto di camera sua.
I giorni, le notti, trascorrevano tutti così, ripercorrendo
con la memoria i
momenti in cui poteva ancora stringerla tra le braccia.
«Hey, sei sveglio?»
«Plagg, credevo dormissi…»
Il kwami nero gli volò accanto.
«Stavo pensando a…»
«Lo so, parlavi da solo prima, come ogni volta che ci
pensi.»
«Mi sa che nessuno di noi riuscirà a dormire
stanotte. Hey, mi è venuta
improvvisamente voglia di Camembert prima, lo sai?»
«Adrien, non abboffarti di Camembert a partire da domani solo
per non sentire
la mia mancanza, altrimenti diventerai un modello per taglie
forti.»
«Che poi fa veramente puzza.»
«Allora non mangiarlo, è mio, tutto mio.»
«Ah, allora è quello il
problema…» ridacchiò tirando fuori una
scatoletta da
sotto il divano. «Ultimo spuntino notturno,
goditelo.»
Plagg fissò colpevole la scatoletta e la indicò
con la coda.
«A proposito Adrien, quello… mi sa che
l’avevo già trovato, quindi…»
Adrien strabuzzò gli occhi e la aprì
frettolosamente, senza neppure curarsi di
non strappare la bella confezione. Del Camembert là dentro
non erano rimaste neppure
le briciole.
«Plagg! Ma è possibile?!»
alzò il tono della voce, sorpreso.
Poi ridacchiò. Come avrebbe fatto senza avere
quell’ingordo tra i piedi, da lì
in avanti?
Forse Plagg pensò lo stesso, perché prese a
ridacchiare insieme a lui.
«Mi raccomando, signorino,» esordì
allegro tentando di nascondere una punta di
malinconia nella voce, «adesso non hai più bisogno
di scappare di casa per
andare a trovare i tuoi amici, quindi circondati di tante persone
simpatiche.»
«…smetterò di tenere il muso
lungo…»
«Tieniti stretto Nino, e nascondilo qui per tutto il tempo
che servirà se Alya
dovesse di nuovo cercarlo sventolando un rastrello o altri attrezzi da
giardinaggio per le vie di Parigi.»
«Quando lui smetterà di chiamare
“fratello” suo padre e
“sorella” sua madre.»
«Non litigare con Gabriel se riaffiorano certi
discorsi, mangia tanti croissant dei Dupain-Cheng e non
dimagrire troppo. E
ti prego, molla quella tremenda Scuola della Moda o come si chiama
perché si
vede da cento chilometri che non hai un briciolo di talento.»
Adrien scoppiò a ridere di cuore. «Finalmente una
cosa su cui ti trovi d’accordo
con mio padre!»
«No, lui pensa che la tua creatività faccia fatica
a esprimersi nel campo della
moda, io penso che tu sia stupido.»
«Ti voglio davvero bene.»
«E per quanto riguarda quello…» Plagg
abbassò il tono di voce, indicando con la
coda l’orecchino rosso sulla mensola. «Non lo
buttare via. Tienilo con cura. E
non scarabocchiarci più di sopra, perché se un
giorno la proprietaria dovesse
tornare potrebbe averne bisogno, e poi è sempre un manufatto
antico…»
Adrien assottigliò lo sguardo.
«Scarabocchiare? Perché ci dovrei
scarabocchiare?»
Plagg lo guardò in silenzio come se fosse ovvio. Ma non lo
era, non per Adrien.
«Non ho scarabocchiato nulla…»
Plagg continuò ignorandolo: «Ammetto anche io che
è piuttosto anonimo senza i suoi
pois, però allo stesso tempo tenerlo intatto mi sembra la
maniera migliore per-»
Bi-bip.
«Plagg?»
«Eh?»
Adrien aveva gli occhi verdi spalancati, quasi fossero pronti a
schizzargli
fuori dalle orbite.
«Ma che faccia hai?» chiese perplesso Plagg.
«Non hai sentito…?»
«Sentito cosa?» il kwami iniziò a
sentirsi agitato sotto la pressione dello
sguardo dell’amico. «Secondo me il poco sonno e il
troppo stress prolungato a
tratti ti rendono un po’…-»
Bi-Bip.
«…aaaaAAAAAHHH!!!
»
Scattò dietro il collo del ragazzo, terrorizzato.
Conoscevano entrambi bene quel suono. Era quello di un Miraculous a
pochi
minuti dalla detrasformazione.
«Hai detto…», ruppe il silenzio Adrien
con un filo di voce, fissando la mensola
immersa nell’ombra, «…che sono spuntati
dei pois?»
«Pensavo li avessi disegnati tu per fare… una cosa
carina…» Plagg si affacciò a
guardare nella stessa direzione dell’amico spostando il suo
padiglione
auricolare.
Bi-bip.
I due sobbalzarono contemporaneamente.
«Che diamine, avvicinati, no?!» gli
gridò quasi il più piccolo dentro
l’orecchio.
«Calmo! Stai calmo!» urlò in risposta,
nervoso. «Ora lo faccio…»
Premette cautamente l’interruttore della luce per poi
avvicinarsi sospettoso
alla mensola, a passo felpato, quasi come se quella potesse esplodere
da un
momento all’altro. Allungò incerto un braccio e
con un movimento rapidissimo
prese l’orecchino. Lo tenne in mano giusto il tempo di notare
tutti e cinque i
pois accesi, ma poi fu costretto a gettarlo sul letto massaggiandosi il
palmo,
con una smorfia irritata.
«Scotta maledettamente.»
Il ragazzo non capiva. Era confuso e il cuore gli batteva
all’impazzata; negli
ultimi tre anni quell’oggetto non aveva mai dato un cenno di
vita.
Plagg si accasciò incredulo sulla sua spalla. Entrambi si
ritrovarono a fissare
in silenzio quel pallino rosso e nero sul copriletto, trattenendo quasi
il
respiro.
Si trattava di un buon segno, oppure li avrebbe privati di ogni
speranza
residua?
«Stanotte non riusciremo davvero a dormire.»
«E all’alba andremo dal Custode come avevamo
programmato» ricordò Plagg in un
sussurro.
Nello sguardo di Adrien brillò una strana luce.
«No, non proprio.»
«Che intend-»
«Plagg. Trasformami.»
In quel momento esatto scoccò la mezzanotte. Chat Noir
pensò che di qualsiasi
segnale si trattasse, era arrivato entro il termine di scadenza, e
tanto
bastava. Si lanciò fuori dalla finestra di villa Agreste,
nel buio.
Sentiva il sangue pulsargli nelle tempie.
Non poteva essere un’illusione, non poteva trattarsi di una
strana coincidenza,
e in particolar modo, non in un giorno come quello.
«Buon compleanno, Marinette.
»
Note
dell’autrice svitata:
Mi dispiace avervi fatto aspettare tanto per questo, ma in fin dei
conti nei
miei ritagli di tempo ce l’ho messa proprio tutta per
sfornare un nuovo
capitolo. Somiglia molto a quello di prima, siamo sempre in un momento
di
attesa – che noia -. C’è giusto
qualcosina in più e magari si iniziano a
scorgere vagamente le mie intenzioni future. Forse è anche
un po’ più dinamico
dello scorso, o almeno, è quello che mi auguro. I personaggi
stanno iniziando a
muoversi, grazie al cielo.
Ringrazio di cuore le persone che hanno inserito la storia tra le
seguite, tra
le ricordate e tra le preferite, e ancor di più chi ha speso
cinque minuti del
suo tempo per lasciarmi un commentino. Non mi stancherò mai
di ripetere quanto
i vostri pareri siano preziosi per me, e con quale ansia li attendo
(anche le
critiche, ovviamente, perché fanno crescere e io ho molta
voglia di crescere,
altrimenti non pubblicherei qui).
Grazie anche a chi è passato da queste parti solo di
sfuggita. Aggiornerò prima
possibile!
Sempre grata,
Dearly B.
|
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