Pine Hills

di Juliaaless
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pine Hills High School ***
Capitolo 2: *** Cacciatrice ***
Capitolo 3: *** La festa ***
Capitolo 4: *** Manticora ***
Capitolo 5: *** Nomi ed eroi ***
Capitolo 6: *** Inerme ***



Capitolo 1
*** Pine Hills High School ***


Quando arrivarono, i cancelli della scuola erano ancora chiusi. La madre li aveva costretti a prendere l'autobus sorprendentemente presto, per non rischiare di dover correre lungo il tratto che avrebbero dovuto percorrere a piedi nel caso l'autobus avesse ritardato. O almeno così aveva detto. I tre ragazzi sospettavano che la donna se li fosse semplicemente tolti dai piedi il prima possibile per non doversi sorbire i loro battibecchi. A Noah non dispiaceva. L'aria profumava ancora del sereno della notte e dal vicino Central Park veniva un dolce odore di rugiada. Respirò a pieni polmoni. Il rumore dei clacson e della città che cominciava appena a mettersi in movimento era attenuato dalla vastità dell'edificio che li circondava. Si trovavano al centro di un ampio cortile, pavimentato con piccole mattonelle che ricreavano il logo della scuola. La Pine Hills High School. Il cortile era chiuso su tre lati dai vari edifici: quello delle classi e degli uffici davanti a loro, quello dei dormitori sulla sinistra e quello della biblioteca, con gli alloggi dei professori e la caffetteria, sulla destra.

Quando i ragazzi cominciarono ad arrivare era passato più di un quarto d'ora. Il cortile si riempì lentamente. Avvistarono Ryan Booth, un ragazzo alto, muscoloso e dalle spalle larghe, in compagnia di Lee King, biondo, un po' allampanato e dal sorriso scaltro, e Douglas Curry, più basso degli altri due, dalle forme più rotonde, ma non per questo meno bello. I tre si sbellicavano dalle risate, seguiti da Matilda Church, un esile ragazzina dai capelli castani e gli occhi chiari che li guardava con il volto corrucciato e l'aria di rimprovero. Dovevano averne combinata una delle loro.

Richard intravide la propria ragazza, Rena, tra la folla che si stava formando. Non la chiamò. Si era reso conto di non morire dalla voglia di rivederla. Accanto a lei, Karyn lanciava occhiate verso di loro.

“Sorelle Horne a ore tre.” Jack sembrava divertito.

Richard gemette.

“Non puoi limitarti a rompere con lei?”

“Come se potessi. L'ultima volta che ho provato a tirare fuori l'argomento mi ha minacciato con le forbici che aveva in mano. Ho dovuto ritirare tutto.”

“Magari state solo passando un brutto momento. Sono sicuro ci sia ancora qualcosa tra di voi.” Noah sembrava prendere la cosa seriamente. Richard non rispose. Fu salvato dalla campanella. Suonò un attimo prima che Rena potesse rivolgere loro la parola, e i tre ragazzi ne approfittarono per sgattaiolare tra la folla.

Ci misero dieci minuti buoni per cercare i propri armadietti prima e la classe di latino poi, ma quando arrivarono il professor Brunner non si era ancora fatto vedere. Probabilmente il primo giorno se la prendevano tutti comoda. Jack e Richard, Noah non frequentava il loro stesso anno, riuscirono ad accaparrarsi due posti dell'ultima fila. Erano gli unici seduti. Tutti gli altri giravano per la stanza salutando vecchi amici e facendo la conoscenza di nuovi. Molti dovevano ancora arrivare. A quanto pare avrebbero frequentato lo stesso anno di Karyn Horne, la maggiore delle due sorelle. Anche lei aveva avuto una storia con Richard, molto tempo prima, che riaffiorava ogni volta che lui e Rena litigavano. Due dei tre posti davanti a loro furono occupati da quella che sembrava una coppia di fidanzatini. Il ragazzo aveva un aspetto composto, come se fosse convinto di star frequentando Harvard, la camicia bianca sotto una polo grigia e i capelli lisci perfettamente in ordine. La ragazza aveva brillanti occhi verdi e folti capelli neri. Era piuttosto carina. Più tardi furono raggiunti da un terzo ragazzo, un hippie dai folti ricci castani coperti da un berretto colorato. I tre si presentarono come Percy, Arya e Grover. Ryan arrivò per ultimo, subito dopo Mr Brunner, e fu costretto a sedersi in prima fila. Il professore era un uomo sulla sessantina, dalla lunga barba, che sedeva su una sedia a rotelle elettrica. I due fratelli lo conoscevano già, era stato il loro insegnante qualche anno prima.

Iniziarono con una di quelle attività per rompere il ghiaccio che i professori sembravano sentirsi in dovere di fare il primo giorno di scuola. Brunner divise i ragazzi in coppie e affidò a ciascuna di esse una striscia di tessuto.

“Voglio evitare faide e scontri in questa classe. Pensate di essere soldati di uno stesso esercito. Dovete fidarvi l'un l'altro, no? Quindi dovete imparare a rispettarvi a vicenda. Faremo spesso attività di gruppo perché impariate a convivere pacificamente.”

Il sorriso scaltro che aveva sul volto era quello che tutti i ragazzi del Campo conoscevano. Solitamente portava a scontri letali e giochi che comprendevano colate di lava e tranelli mortali. In un certo senso stavolta non fu diverso. I banchi vennero spinti contro la parete e i ragazzi si sparsero per l'ampia sala. Il malcapitato della coppia che avrebbe perso a morra cinese sarebbe stato bendato e avrebbe dovuto girare per la classe evitando, aiutato dal compagno, gli altri ragazzi. Questi ultimi erano autorizzati a mettere in difficoltà l'avversario con spintoni e sgambetti.

Jack sarebbe stato in coppia con Arya, Richard con Percy. I due non ne erano molto contenti. Non erano in vena di nuove amicizie. Jack riuscì però a sconfiggere il compagno a morra cinese e gli legò la benda stretta dietro la testa. Percy cominciò a camminare.

“Dieci passi in avanti e tre alla tua destra.”

Il figlio di Atena finì dritto tra le braccia di Ryan che, piazzandogli un piede dietro la caviglia, lo spinse a terra.

“Ops, scusa.” ghignò Jack.

Percy si rialzò scuro in volto, massaggiandosi la spalla. L'altro gli fece fare altri due giri della stanza lasciandolo incolume, poi approfittò dell'occasione giusta per mandarlo fuori strada. L'angolo di uno dei banchi finì dritto contro il fianco del ragazzo, che si piegò su se stesso con un grugnito.

“Jack! Cercare di rompere il collo alle persone non è un buon modo per ispirare fiducia.”

“Scusi Mr Brunner.”

Percy gettò la benda a terra.

“Io mi ritiro.”

Dopo di lui, Arya, guidata da Richard, sembrò avere più fortuna. Almeno finché non inciampò nella gamba di una sedia e sbatté la testa contro il muro. Le sarebbe venuto un brutto livido. Brunner scosse la testa sconsolato, cercando di capire se il ragazzo l'avesse fatto di proposito.

“Forse è meglio che l'accompagni in infermeria.”

Percy aiutò Arya a rialzarsi e uscì con lei, scoccando occhiatacce ai due fratelli.

“Che ne dite di pensare a qualche attività meno pericolosa?”

La ragazza in coppia con Grover convinse Brunner a permettere loro un alro turno e il ragazzo fu guidato senza incidenti. Altre coppie seguirono il loro esempio. Poi anche Ryan mandò la propria compagna in infermeria e il professore si rassegnò ad offrire caramelle e a lasciare i ragazzi liberi per il resto dell'ora.

Poche stanze più avanti Percy teneva un panetto di ghiaccio premuto sulla fronte di Arya.

“Ma che hanno quelli? Come se avessimo fatto loro qualcosa!”

“Stavano solo facendo gli stupidi.”

“E Chirone ha pure fatto finta di nulla.”

“Sapeva che non ci saremmo fatti troppo male.”

“Un mortale si sarebbe fatto male.”

“Ma noi non siamo mortali. Comunque adesso sto già meglio.”

Era vero, l'ambrosia che aveva preso cominciava a fare effetto.

“Ho comunque voglia di pestarli.”

“Woah, chi sei tu e che cosa ne hai fatto del mio ragazzo?”

Percy sorrise e le posò un bacio sulle labbra. Puntualmente, la porta dell'infermeria si spalancò. Clarisse era rossa di rabbia.

“Oh, guarda, ho la sensazione che lei ti seguirebbe.” Rise Arya.

“Quello stupido pallone gonfiato mi ha fatto fare la figura della stupida!”

“Benvenuta nel club.”

La ragazza aveva un brutto taglio sullo zigomo. Percy le allungò un quadratino di ambrosia. Lei lo afferrò come se lo disprezzasse profondamente.

“La scuola è iniziata da quaranta minuti e la classe di Chirone è già la più pericolosa. Chi l'avrebbe detto?”

“Non era lui che entrava in classe sguainando Vortice?”

“Per il resto della classe sguainava una penna.”

“In ogni caso” interruppe Clarisse, “ aspettate l'ora di ginnastica con Coach Hedge prima di parlare.”

Arya sbuffò alzando gli occhi al cielo.

“Ugh, non vedo l'ora.” 

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Capitolo 2
*** Cacciatrice ***


Talia entrò in classe come se stesse andando in guerra. Non frequentava scuole mortali dall'anno in cui era diventata Cacciatrice, quando, insieme ad Arya, aveva dovuto lasciare a metà trimestre uno dei licei di New York per portare Nico e Bianca al Campo Mezzosangue. In qualche modo lei e la figlia di Poseidone erano riuscite a diventare molto amiche, nonostante non si potesse dire che andassero perfettamente d'accordo. La ragazza era solita pensare che l'unico motivo di attrito tra loro derivava dai loro padri, ma non ne era sempre così sicura.

Vagò nella stanza in cerca di posti liberi e il suo sguardo si fermò su un ragazzo in ultima fila. Aveva capelli neri come il carbone e occhi dello stesso colore che creavano uno strano contrasto con la pelle cerea. Quanto era affezionata alla figlia di Poseidone, quanto non sopportava il figlio di Ade. Lui sembrò notarla ma fece finta di nulla. Il sentimento era reciproco. Voltò lo sguardo e notò una ragazza dagli occhi nocciola e i capelli di un biondo quasi argenteo che le si avvicinava.

“Talia, giusto?”

Lei rimase interdetta.

“Ci conosciamo?”

“Non ancora, mi chiamo Erika.”

Talia ricordò. Il centauro l'aveva avvertita che una mortale sarebbe venuta da lei e che probabilmente desiderava unirsi alle cacciatrici.

“Come hai incontrato Chirone?”

“E' venuto nell'orfanotrofio dove abitavo per cercare mezzosangue. Ha preso con sé la mia migliore amica. Siamo riuscite a rimanere in contatto e quando mi ha parlato delle Cacciatrici ho pensato fossero una buona occasione per me. Ho mandato una lettera a Chirone e lui mi ha fatto ammettere a questa scuola dicendo che ti avrei trovata qui.”

“Oh, capisco. Sono la Luogotenente di Artemide e posso iniziarti alle Cacciatrici, ma avrei bisogno del consenso della dea e non si è fatta vedere negli ultimi tempi. Le mie compagne la stanno cercando per tutti gli Stati Uniti. Se vuoi però puoi rimanere con me per il momento.”

“Oh, si, mi farebbe piacere. Ti ho tenuto un posto laggiù.”

La ragazza indicò una fila di tre banchi dei quali uno era occupato da un alto ragazzo dai capelli color miele. Talia sospirò. Avrebbe preferito evitare di avere un ragazzo come compagno di banco ma in effetti ormai non sembravano esserci più coppie di banchi liberi e fu costretta ad acconsentire. Quando si avvicinarono lui rivolse loro un sorriso smagliante.

“Piacere, Roger.”

“E' mio fratello.” Spiegò Erika.

Talia si sporse verso la ragazza e sussurrò

“Tu lo sai che lui non può diventare una Cacciatrice, vero?”

Lei rise.

“Si, certo. Ma Chirone ha iscritto anche lui alla scuola in modo che, una volta che me ne fossi andata, potesse farsi una vita fuori dall'orfanotrofio.”

Talia lasciò che la ragazza si sedesse accanto al fratello e lei occupò il banco dalla parte del corridoio. Purtroppo, il ragazzo sembrava in vena di fare conversazione.

“Ci sei alla festa questo fine settimana?”

“Non so, non credo in realtà.”

“Oh andiamo, non avrete intenzione di rimanere in casa tutta la sera.”

Erika aggrottò le sopracciglia.

“Lo sai che non mi piacciono le feste.”

“Ti piacciono ma non vuoi ammetterlo. Ho sentito dire che quelli Spencer, gli organizzatori, hanno una casa enorme e che ci siano buone probabilità che sia una delle migliori feste degli ultimi anni.”

“Lo dicono per qualsiasi festa di qualsiasi scuola.” Intervenne Talia.

“Come volete.” Il ragazzo alzò le braccia in segno di resa.

Quel pomeriggio Talia convocò le Cacciatrici. Tornata a casa, si chiuse in bagno e aprì il rubinetto dell'acqua calda del lavandino. Una lieve nuvola di vapore si formò davanti allo specchio. Vi lanciò contro una dracma e pregò la dea Iride di metterla in contatto con il resto della squadra. Le ragazze che si materializzarono davanti a lei sembravano essere sedute al tavolo di un fast-food, con enormi panini davanti a loro. Dopo il combattimento contro Orione erano rimaste in meno di una decina. Gli dei sapevano quanto avessero bisogno di nuove reclute. Si spaventarono quando si accorsero di lei.

“Talia! Che succede?”

“Ho trovato la ragazza di cui vi avevo parlato, ho bisogno che qualcuna di voi venga qui per il giuramento.”

“Sei riuscita a contattare Artemide?”

“No, non ancora.” ammise lei. “Abbiamo bisogno di nuove Cacciatrici e se non possiamo avere la sua benedizione dobbiamo iniziarle e far pronunciare loro il giuramento da sole. Sono sicura che capirà, al suo ritorno.”

Le altre annuirono.

“Siamo ad Austin. Se ci mettiamo subito in viaggio dovremmo riuscire ad essere a Manhattan per questo sabato. Verremo tutte, abbiamo bisogno di aggiornarci.”

Talia acconsentì.

“Siate prudenti.”

Il vapore si diradò e l'immagine delle ragazze svanì.

In soggiorno, Arya e Percy studiavano insieme e Talia preferì rifugiarsi nella camera che condivideva con l'amica.

La figlia di Zeus si scoprì più preoccupata per Artemide di quanto non avesse pensato. La dea non aveva mai lasciato le sue ancelle sole così a lungo e Talia temeva che fosse successo qualcosa di brutto. Non aveva nessuna voglia di entrare in un'altra guerra contro Titani malvagi. Che strana sensazione, preoccuparsi per una divinità immortale.

Bussarono alla porta e Arya fece capolino nella stanza.

“Posso?”

“Si, certo.” Talia si rese conto di aver tenuto le sopracciglia aggrottate tutto il tempo. Cercò di rilassarsi.

“Qualcosa non va?”

“Si tratta di Artemide. Non abbiamo notizie di lei da più di un anno ormai.”

“Già, a quanto pare gli dei non hanno molta voglia di interagire ultimamente.”

“Da quanto tempo non vedi tuo padre?”

“Dalla sconfitta di Gea.”

Arya era una delle mezzosangue che vedeva più spesso il padre, dopo Nico. Talia non poteva dirsi altrettanto fortunata, erano passati tre anni dalla prima e ultima volta che aveva visto Zeus.

La figlia di Poseidone sedette accanto a lei.

“Credi che ci sarà un'altra guerra?”

“Non lo so, magari si sono semplicemente stancati di noi.”

“Anche Artemide?”

Talia sospirò.

“No, dev'esserci qualcos'altro.”

“Qualunque cosa sia, spero non coinvolga me. Ne ho avute abbastanza.”

“Arya, tu trovi sempre il modo di rimanere coinvolta.”

“Certo, quando non posso fare altrimenti.”

“Si, come no.”

Arya sbuffò.

“Sarà meglio che torni a studiare, ho scoperto qualcosa di peggio del muro dell'arrampicata con la lava al massimo: Chimica.”

Sorrisero entrambe. 

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Capitolo 3
*** La festa ***


Arya finì di allacciare le sneakers nere e si sciolse le trecce.

“Wow, non avrei mai pensato di vederti con un vestito.” Commentò Talia, prendendo in braccio Susy. La ragazza era stata ospitata lì per l'anno scolastico, in modo da non dover abitare nei dormitori della scuola. Le due cugine avevano già condiviso una stanza, ai tempi in cui Talia era ancora mortale, quindi nessuna delle due era troppo preoccupata dall'esito di quella convivenza. Al contrario, tutti gli altri temevano di veder saltare in aria Manhattan da un momento all'altro. La figlia di Zeus si era poi particolarmente legata alla figlia di Sally e Paul, Susan, alla quale badava spesso quando nessun altro poteva. La bambina non aveva neppure un anno ma già dimostrava di non assomigliare affatto alla sorella. Aveva piccoli occhi azzurri e lunghi capelli dorati che le incorniciavano il volto sottile.

Arya le fece la linguaccia e prese in braccio la sorella.

“Andiamo sono già le nove.” Si affacciò in corridoio. “Mamma, noi usciamo!”

Posò la bambina nella palestrina e prese la borsetta.

La festa era a casa dei fratelli Spencer, a Sutton Place, uno dei quartieri più ricchi di Manhattan. Arya inizialmente non era molto convinta della cosa, ma acconsentì ad andare quando scoprì che nessuno dei suoi amici sarebbe mancato.

Paul aveva ceduto loro la macchina e le due ragazze riuscirono ad arrivare a destinazione senza incidenti. I mostri non avevano ancora ricominciato a circolare dopo la sconfitta di Gea e la città era piuttosto tranquilla. Ormai i semidei conducevano un esistenza da ragazzi quasi normali.

La casa era veramente enorme. Il salotto era elegantemente arredato, con un televisore a schermo piatto, due divani di pelle, un grande tavolo in legno massiccio e le pareti di mattoni a vista. I ragazzi riempivano lo riempivano già quasi per metà. La musica alta rendeva difficile parlare e la maggior parte dei presenti si limitava a ballare o a bere. Molti erano già ubriachi. Arya e Talia si spostarono in cucina, sperando di trovarci qualche bottiglia di Coca Cola. Era piuttosto affollato anche lì, nonostante ci fosse tanto spazio quanto in salotto. Gli Spencer dovevano aver invitato tutta la scuola. Il bancone traboccava di sacchetti di patatine, ciotole di pop-corn e salatini, e per fortuna non mancavano neppure le bibite. Le due ragazze si servirono.

“Ehi, non pensavo saresti venuta.” Arya alzò la testa. A quanto pare Jack stava parlando con lei.

“Neppure io in realtà.”

Da quando avevano tutta questa confidenza? La ragazza si volse verso l'amica in cerca di aiuto. Lei si strinse nelle spalle. A quel punto Richard si unì a loro. Era in compagnia di un ragazzo alto e moro, che doveva avere l'età di Jason.

“Conoscete Noah, mio fratello?”

Le due ragazze scossero la testa e mormorarono un “Piacere.”

“Ehm... scusa per... la fronte.” Richard sembrava a disagio.

“Oh nessun problema, sto già meglio.” Sorrise Arya.

Scese un silenzio imbarazzante. Perché quei tre tizi sembravano interessarsi così tanto a loro? Avevano una casa piena di gente. Una ragazza si avvicinò a Talia e la salutò con un abbraccio e un bacio sulla guancia, poi si allontanò. Arya guardò la cugina come se le fossero spuntate le antenne.

“Una ragazza che frequenta il mio stesso anno.” spiegò lei “Sai, credo potrebbe essere una potenziale nuova... recluta. Scusate.” Si affrettò a raggiungere la ragazza in salotto, lasciando sola l'amica.

Artemide aveva concesso a Talia un anno di congedo in modo che potesse trovare nuove ragazze che potessero unirsi a lei dato che, dopo l'ultima guerra, le Cacciatrici erano diminuite e si erano notevolmente indebolite. Arya si chiese come aveva fatto a trovarne una così in fretta.

Si rivolse nuovamente agli Spencer: “Bella casa.”

“Si, non è male devo ammettere. Anche se preferivamo... preferivamo quella in cui abitavamo prima.” Fece Richard.

“Non siete di New York?”

“Si, si siamo di qui, ma... abbiamo perso nostro padre recentemente e nostra madre ha deciso di vendere la vecchia casa per prendere un appartamento.”

“Oh, capisco.” Arya pensò al proprio appartamento. Se quello era piccolo per loro, dovevano aver vissuto in qualche villa.

“Ehm... scusa l'indiscrezione ma... tua cugina chiama “recluta” tutte le ragazze con cui ha una relazione?” Era di nuovo Jack.

“Cosa? No, no, lei... gestisce... una specie di campo estivo femminile e... diciamo che lo pubblicizza continuamente.” Non avrebbe voluto, ma stava ridendo. In effetti Talia le aveva confidato di aver avuto qualche storia già con un paio delle sue Cacciatrici.

“Oh, figo.”

Il telefono di Arya squillò.

“Sono arrivati gli altri, vado a raggiungerli, a presto.” Sorrise e si allontanò, sollevata. Era stata una strana conversazione.

In salotto, la quantità di persone ubriache stava aumentando. Percy e gli altri la stavano aspettando nell'ingresso. Salutò il primo con un bacio.

“Talia?”

“Da qualche parte con una ragazza della sua classe, forse ci raggiunge più tardi.”

“Okay. Quindi, che facciamo?”
In realtà nessuno di loro era interessato alla festa in sé, non sopportavano granchè il genere di musica che mettono solitamente e preferivano ubriacarsi tra amici in una casa tutta per loro divertendosi a vedere che effetto faceva gli uni agli altri. Allo stesso tempo però non volevano mancare, perché quello era il loro primo anno da ragazzi “normali”, non c'erano mostri in giro, non c'erano nemici da combattere, frequentavano il college e potevano fingere di credere alle storie che raccontavano ai mortali. I loro genitori potevano davvero essere morti, potevano averli abbandonati, o potevano semplicemente essere spariti. Avrebbero cercato di partecipare alle vite dei comuni mortali, cercando di evitare di isolarsi tra di loro.

Lì vicino un gruppo di ragazzi giocava a birra pong. Leo insistette per partecipare, seguito a ruota da Arya. Alla fine anche Calipso si convinse. Giocarono vari turni, dall'altra parte del tavolo Ryan, il ragazzo in classe con Arya e Percy, Clarisse e un certo Roger Meadows non sbagliavano un colpo. Pochi turni dopo i tre semidei avevano ormai cominciato a barcollare da un pezzo mentre gli altri continuavano ad avere un'ottima mira. Jason, Percy e Piper furono costretti a farli smettere per evitare che si sentissero male.

Arya aveva la testa che scoppiava. Percy l'aveva fatta sedere su uno dei divetti rimasti liberi.

“Vuoi che ti porti a casa?”
“No, ho la macchina.”

“Arya, non puoi guidare in queste condizioni. Ti porto con la mia, Talia sa guidare, può tornare a casa da sola.”

“Ehi, e a noi ci lasciate qui? Oh, no, aspetta, io ho un drago volante!” Leo era seduto accanto ad Arya, non molto più lucido di lei. La ragazza si riscosse di colpo.

“Dobbiamo cercare Talia!”

“No, aspetta, dove vai?”

La ragazza si era alzata e aveva quasi raggiunto la rampa di scale. Percy la seguì rassegnato. Raggiunsero il primo piano, dove c'era una delle camere. Arya si avvicinò alla porta chiusa con cautela, come se temesse di essere scoperta. La aprì lentamente e sbirciò all'interno. Le pareti e i mobili erano dipinti di un candido bianco, sul quale spiccava l'azzurro delle tappezzerie. La ragazza si accorse solo dopo della coppia che limonava sul letto. Fece appena in tempo a realizzare che uno dei due era Jack Spencer quando sentì il braccio di Percy che la tirava indietro. La porta si chiuse davanti a lei più rumorosamente del dovuto. Probabilmente non li avevano visti, ma sicuramente li avevano sentiti. Percy era decisamente arrossito. Poco dopo la porta venne riaperta. Jack li squadrò un po' prima di parlare.

“Se cercavate un posto riservato, temo che questo sia già occupato.”

“Noi... ehm... stavamo...” Balbettò Percy.

“Hai visto Talia?” Intervenne Arya

“La tua amica punk? No, non mi sembra.”
Una ragazza fece capolino da dietro la spalla di Jack. Era molto bella, aveva lunghi capelli color mogano e occhi azzurri sormontati da lunghe ciglia. Il rossetto rosso metteva in risalto le labbra carnose.

“Che succede?”

“No, niente, si erano persi. Ci vediamo.” Fece un cenno di saluto in direzione dei due ragazzi e richiuse la porta.

Arya si rese conto di essere in imbarazzo. Percy era rimasto imbambolato, le guance tinte di un rosso acceso. Si lanciarono un'occhiata e fecero per tornare al piano di sotto. Talia scendeva in quel momento dal piano di sopra.

“Ehi, dov'eri finita?”
“Sono dovuta sgattaiolare via in cerca di qualche Cacciatrice. Avevo bisogno di testimoni per il voto di Erika.”

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Capitolo 4
*** Manticora ***


“Quindi hai una nuova Cacciatrice adesso?” Arya e Talia camminavano fianco a fianco, quasi passeggiando. Era una giornata calda e avevano atteso il più possibile per uscire di casa quel pomeriggio, con il rischio di fare tardi. Avevano un turno al caffè dove entrambe lavoravano, poco distante da casa Jackson. Adesso però la calma della strada deserta sembrava trattenerle.

Dalla spigliatezza di poche ore prima erano passate ad un imbarazzo che neppure loro sapevano spiegarsi. Erano rimaste in silenzio per diversi minuti dopo una battuta di Talia sulle proprie compagne alla quale non era seguita nessuna risata. Arya aveva dovuto ingoiare tutto il proprio orgoglio per rompere il silenzio. Orgoglio che si presentava senza motivo.

“Si, ha pronunciato ieri sera il giuramento. Sembrava entusiasta.”

Ad Arya della festa erano rimasti solo la testa pesante e uno strano stato di confusione. Quelli e l'imbarazzante immagine di Jack che lancia sguardi divertiti a lei e Percy dal vano della porta mentre la ragazza mora aspetta seduta sul letto. Solo più tardi Arya aveva realizzato che probabilmente non stavano solo limonando. Quella mattina a scuola aveva fatto di tutto per non incontrare il suo sguardo.

“Ad essere sincera non pensavo avresti trovato volontarie così in fretta”

“Che vuoi dire?” Gli occhi di Talia la scrutavano, duri.

“Niente, solo... se ha accettato di unirsi a voi deve conoscere Artemide, e a quanto pare ti è bastato poco per convincerla della sua esistenza senza traumatizzarla.”

La ragazza non rispose. Si limitò a distogliere lo sguardo e ad accelerare il passo.

“No, ti prego, non dirmi che tu e Chirone avete di nuovo cominciato a tenermi all'oscuro delle cose.”

Silenzio. Arya sospirò.

“Beh, grazie per la fiducia.”

Non parlarono più.

Il caffè era piuttosto affollato, come sempre a quell'ora del pomeriggio. Era frequentato soprattutto da ragazzi, che, dopo la scuola, passavano lì i pomeriggi per studiare in gruppo. Arya era persino riuscita a fare amicizia con alcuni di loro, principalmente clienti abituali che avevano attaccato bottone per primi per motivi che la ragazza non era ancora riuscita a comprendere. Già un paio avevano chiesto di uscire ad una delle due ragazze, uno strambo tipo anziano entrava tutti i giorni alla stessa ora, ordinava un corretto e iniziava ad esporre a chiunque gli si trovasse vicino il processo di costruzione di una caldaia, c'erano poi un paio di cheerleader, uno gruppo di giocatori di un qualche tipo di sport che di solito rende le persone popolari al college e tre donne di mezza età che si fermavano a sparlare di gran parte del quartiere prima di andare a prendere i figli a scuola. Quel giorno tre ragazzi della Pine Hills si unirono alla lista. Il più grande dei tre, Ryan, frequentava lo stesso anno di Arya, gli altri due dovevano avere l'età di Piper.

“Ciao! Potremmo avere tre bicchieri di vino, per favore?” A parlare era stato uno dei più giovani. Aveva capelli neri lunghi e lisci che incorniciavano guance rotonde.

“Ciao. Potete avere un bicchiere di vino che però può bere solo il vostro amico maggiorenne. A voi due non posso vendere alcolici.”
“O andiamo, neppure una birra?” Il ragazzo biondo le rivolse un sorriso provocatorio.

“No, mi spiace. Ma se volete posso prepararvi un cocktail e dirvi che è alcolico.”

“Idea carina, ma credo che ci accontenteremo di una Sprite o qualcosa del genere.”

“Ehi, amico, parla per te, io mi prendo la birra.”

I tre ragazzi presero i loro bicchieri e rimasero appoggiati al bancone, sorseggiando.

“Quindi, frequentate la Pine Hills anche voi due, giusto?” iniziò Ryan.

Com'è che d'un tratto avevano tutti voglia di attaccare bottone con gli sconosciuti?

“Già, siamo nuove quest'anno.”

Talia si avvicinò lentamente, sembrava volesse seguire la conversazione senza essere vista.

“Aspettate un attimo, non abbiamo ancora chiesto i vostri nomi, vi prego di scusarci.” intervenne il biondo. Arya aveva la sensazione di essere presa in giro e il fatto che il ragazzo continuasse a sorridere in quel modo inquietante non la tranquillizzava affatto.

“Io sono Arya, lei è Talia.”

“Piacere, io sono Lee,” rispose lui “questo qui è Douglas, e il terzo lo conosci già.”

Ryan fece un cenno con la testa.

“Arya... Arya... sta per Arianna, giusto?” continuò Douglas.

La figlia di Poseidone si irrigidì, scrutandoli con diffidenza. Solo chi sapeva della sua vera identità la chiamava così.

“Già, ma preferisco Arya.”

“Okay, Arya. Alla tua amica va bene Talia o ne preferisce un altro?”

La ragazza lo guardò in cagnesco.

“Preferirei che non mi chiamassi affatto, ma credo di potermi accontentare del mio nome.”

I tre ragazzi scoppiarono in una risata fragorosa. Qualche testa si voltò verso di loro.

Probabilmente stavano per diventare l'argomento del giorno del gruppo di mamme.

“Non ci avete detto cosa ci fate così lontani da scuola, pensavo abitaste nei dormitori.” chiese Arya.

“Volevamo conoscervi, Jack e Richard ci hanno parlato tanto di voi.”

“Siete amici degli Spencer?”

“Esatto, da un sacco di tempo in effetti. Siamo un bel gruppetto, noi e altri ragazzi della scuola. Dovreste unirvi a noi qualche volta, più siamo più ci divertiamo.” Lee non aveva abbandonato il suo sorrisetto inquietante. Arya ci pensò su.

“Si, si, immagino che dovremmo.”

Sentì lo sguardo di Talia che tentava di ucciderla, dietro di lei.

“Beh allora ci vediamo in giro.” Pagarono, lasciarono i loro numeri di telefono e uscirono. La figlia di Zeus non aspettò neppure che la porta si chiudesse per esplodere.

“Cosa ti è saltato in mente?”

“Rilassati, non sei costretta a venire, posso portare qualcun altro.”

“Ma perché?”
“Voglio solo scoprire perché ci assillano tanto. Non sarai mica preoccupata per me?” Arya la guardò divertita.

Talia si limitò a sbuffare e a scuotere la testa.

Quando lasciarono il posto ai ragazzi del turno successivo il sole era ormai tramontato e si era alzato un vento freddo che costringeva le due ragazze a camminare spedite, con le braccia incrociate e il collo nelle spalle. Quella parte del quartiere era piena di cantieri e le strade avevano ampi tratti immersi nell'oscurità. Sally non avrebbe mai lasciato che facessero quel tratto a piedi da sole di notte. Beh, se non fossero state abituate ad uccidere mostri e titani da una vita, s'intende. Stavano costeggiando l'ultimo isolato che le separava da casa quando uno strano rumore attirò la loro attenzione. Sembrava il verso di un qualche animale, ma era troppo profondo per essere quello di un uccello e troppo prolungato per essere quello di un cane. La strada era deserta. Il silenzio era rotto solo da quello strano suono. Le due ragazze si scambiarono uno sguardo. D'un tratto il bronzo celeste scintillò nella penombra della sera. La punta della lancia di Talia e la lama di Vortice brillavano alla luce dei lampioni. Con un rumore metallico le due ragazze dispiegarono i propri scudi. L'aria parve immobile per alcuni secondi, poi un dardo uscì dall'oscurità e sfiorò la tempia di Talia. In un attimo, il mostro fu su di loro. Entrambe rotolarono a terra e gli artigli della manticora sferzarono l'aria. Talia urlò: "Cronomachia!" e si portò al fianco della manticora. Arya capì. Le si parò davanti e l'affrontò a viso aperto. Si muoveva con agilità, velocissimo, tanto che la ragazza non aveva modo di attaccare. Poteva soltanto parare con la spada le sue zampate e proteggersi dai suoi dardi con lo scudo. Per alcuni istanti ci fu una situazione di stallo, poi il mostro si dissolse in una nuvola di polvere. Talia, approfittando della sua distrazione, l'aveva colpito da dietro, affondandogli la lama nel fianco.

"Se non altro sei migliorata dall'ultima volta" commentò dopo aver rinfoderato la lancia.

Risero. Arya estrasse una scatoletta di alluminio dalla tasca e ne tirò fuori un quadratino di ambrosia. Aveva vari graffi sulle braccia e un brutto squarcio su una gamba.

"Sarà meglio portarti da Chirone, o zoppicherai per giorni."

"Speravo che i mostri sarebbero rimasti tranquilli più a lungo."

Talia sospirò.

Arya stava guardando un punto al di là della strada.

"E lui che ci fa qui?" sussurrò.

Talia si voltò e vide la figura di Jack Spencer illuminata dalla luce di un lampione. I suoi occhi verdi, fissi su di loro, brillavano in modo inquietante.

"Forse può vedere attraverso la foschia."

D'un tratto il ragazzo si girò e scomparve nell'omba. La figlia di Poseidone lo insieguì zoppicando.

"Arya che stai facendo? Torna qui, stai sanguinando!"

L'altra la ignorò.

Jack si infilò nel vano di un marciapiede chiuso tra le transenne di un secondo cantiere. La ragazza rischiò più volte di perderlo. La luce dei lampioni era oscurata dai teloni e la gamba ferita le impediva di correre. Lo seguì oltre la strada e dentro un parcheggio al coperto. Aveva provato a chiamarlo e a convincerlo a fermarsi ma era stato inutile. Ora sembrava essersi volatilizzato. Il parcheggio non sembrava troppo spazioso. Aveva posto per sole cinque file di macchine. Forse lo strano ragazzo si era nascosto. Ma perchè? Poteva capitare che gli umani vedessero oltre la foschia e che magari assistessero a qualche combattimento, ma quella non era mai una delle possibili reazioni. Sembrava fosse a conoscenza di qualcosa che a lei sfuggiva. Ripensò al suo sguardo fisso, attento, e rabbrividì. Uscì in strada, guardandosi attorno. Non si sentiva affatto sicura. Talia la stava cercando.

"Sei impazzita? Dove sei stata?"

"E' sparito. Per qualche motivo non voleva che lo raggiungessi."

"Forse la Foschia ci ha fatto sembrare delle aggreditrici. Succede spesso."

"Non so, non sembrava spaventato."

"Come fai a dirlo? Magari non è il tipo che urla e fugge via agitando le braccia. Avanti torniamo a casa, dobbiamo chiedere a Chirone di mandare qualcuno che ti dia un'occhiata. Hai peggiorato la cosa correndo."

Arya sbuffò, ma lasciò che l'amica la sorreggesse mentre camminava. 

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Capitolo 5
*** Nomi ed eroi ***


"Che ti è successo, pasticcino?"

"Manticora" sussurrò Arya.

Il Coach la squadrò da capo a piedi.

"D'accordo, va a sederti. Ma ritieniti fortunata, se fossimo stati al campo ti avrei fatto correre fino allo sfinimento solo per darti una lezione."

La ragazza zoppicò fuori dal campo. Già da tempo aveva smesso di cercare di capire il Coach ed era semplicemente arrivata alla conclusione che era pazzo. Seduta sugli spalti aveva una completa visuale della palestra. Tenne d'occhio Jack tutto il tempo. Il ragazzo non si scostava mai dal fratello ed entrambi tendevano ad isolarsi dagli altri, nonostante tutti li conoscessero per via di quella festa che avevano dato. Aveva parlato anche con Percy di ciò che era accaduto la sera prima ma nepure lui aveva dato peso alla cosa e si era detto d'accordo con Talia, ovviamente. Aveva la costante sensazione che le nascondessero qualcosa. Non c'era cosa che la facesse più infuriare: quando si trattava di imprese, affari segreti e commissioni per conto di Chirone, lei era sempre quella che veniva tenuta all'oscuro di tutto, come una bambina che non sapesse tenere la bocca chiusa. Avrebbe dovuto agire da sola, cercando di scoprire cosa le stavano nascondendo, che loro lo volessero o no, magari coinvolgendo Grover o Nico. Prima di tutto però doveva scoprire qual'era il ruolo di quello strano ragazzo in tutto questo. Decise di parlargli prima della lezione successiva, mentre tornavano dalla palestra.

Al termine dell'ora, una volta che tutti furono usciti dagli spogliatoi, disse a Percy e Grover che li avrebbe raggiunti più tardi e seguì Jack al suo armadietto. I due fratelli erano con lui.

"Cosa hai visto ieri sera?"

Lui la fissò interdetto. "Cosa? Dove?"

"Sulla Seconda, ieri sera, ci stavi guardando. Sei scappato quando ti ho seguito."

"Vi stavo guardando?"

"Ero con Talia, cosa ci facevi lì?"

"Cos'è, un interrogatorio? Sono affari miei."

"Perchè sei scappato?"

"Non ero dell'umore di fermarmi a parlare, ti basta?"

La ragazza lo fissò diffidente. Gli altri due la stavano guardando per metà divertiti e per metà sorpresi. Si voltò per allontanarsi e vide Percy che la aspettava, appoggiato al muro dalla parte opposta del corridoio. Alzò gli occhi al cielo e lo raggiunse.

"Smetti di guardarmi in quel modo." Percy sembrava non riuscire a trattenere un sorriso.

"Te la sei cercata." Ribattè, adesso palesemente divertito.

"Chiudi il becco."

Sentiva ancora lo sguardo dei fratelli su di lei. Probabilmente adesso pensavano che fosse in qualche modo imparentata con il Coach. Si avviarono insieme alla classe di Brunner.

"Posso fidarmi di te, non è vero? N-non mi stai nascondendo qualcosa?"

"Non ti sto nascondendo niente, Arya, lo sai che puoi fidarti di me."

"Promesso?"

"Promesso."

La baciò un attimo prima che entrassero in classe. Chirone, o meglio, Brunner, era già dietro la cattedra, dentro la sua sedia a rotelle. Attese che tutti fossero seduti prima di dare la temibile notizia che tutti si aspettavano da un po'.

"Ho preparato un lavoro che svolgerete in coppie. Inizierete adesso e continuerete a casa, vorrei che riusciste a consegnarlo per domani o dopodomani. Le coppie, ovviamente, le ho già scelte io."

Un lieve gemito attraversò la classe. Arya avvertì un "Per favore non Clarisse." provenire dal banco alla sua destra, dove Grover aveva nascosto il volto tra le mani.

"Voglio che scegliate un personaggio storico o mitologico, greco o romano, sul quale scrivere un pensiero. Potete decidere di improvvisare un dibattito su un aspetto della sua vita, o presentare il personaggio da due diversi punti di vista. Impostate il lavoro come volete, l'importante è che entriate in relazione tra di voi e con il soggetto scelto."

Due minuti dopo Arya scoprì di essere in coppia con Jack Spencer. Non potè fare a meno di lanciare un occhiataccia a Chirone. Lui la ignorò e passò alla coppia Grover-Karyn Horne. Il giovane satiro tirò un sospiro di sollievo.

Qualcuno picchiettò sulla spalla della figlia di Poseidone. Quando si voltò, Jack sghignazzò.

"Casa mia o casa tua?"

Qualche metro più in là, i bagni divennero improvvisamente impraticabili.

I due ragazzi si incontrarono quel pomeriggio, nella biblioteca della scuola. Non cera tensione tra loro come la ragazza aveva temuto ma in compenso persero dieci minuti buoni in un silenzio imbarazzato. Alla fine, fu lui a rompere il ghiaccio.

"Hai già pensato a qualcuno?"

"Cosa? Oh, no, non ancora. Tu?"

"Pensavo a qualche eroe dell'Iliade, Patroclo o Achille ad esempio, o divinità come Afrodite e Atena. Però in effetti anche gli Argonauti potrebbero essere un soggetto interessante."

"Ti piace la mitologia greca?" Il tono della ragazza suonò più stupito di quanto avesse voluto.

"Non sai quanto. A te no?"

"Beh, si, in un certo senso."

Lui sorrise.

"Qual è il tuo eroe preferito?"

La ragazza dovette pensarci un po'. Passò in rassegna tutti i semidei di cui conosceva i miti grazie alle lezioni di Chirone, al Campo Mezzosangue. Chi di loro era il suo modello, colui o colei al quale si ispirava? Poi la risposta le fu quasi ovvia.

"Alessandro Magno."

"Alessandro Magno? Ma non è un eroe mitologico!"

"Un eroe lo è senza dubbio, ed era figlio di Zeus, o così si dice."

"Tu ci credi?"
"Perchè no?"

Lui la guardò incuriosito.

"Posso offrirti un caffè?"

"Scusami?"

"Un caffè, prima di cominciare, per lavorare meglio."

Arya non era molto convinta della cosa, ma alla fine fu costretta ad accettare per paura di offendere il ragazzo.

L'aria fuori era fresca e i due si misero a sorseggiare le loro bevande calde ai tavolini della caffetteria che davano sul cortile interno.

"Sai, pensavo avresti scelto Arianna, per via del tuo nome."

Arya sbuffò

"Io odio il mio nome."

"Perchè?"

"Nel mito l'unico merito di Arianna è di essersi innamorata di uomini importanti, a parte il filo, ovviamente, ma quello non le ha portato molta fortuna. Fu abbandonata da Teseo su un isola deserta, pianse un giorno intero finchè Dioniso non la udì e se ne innamorò. Mia madre mi ha chiamata così perchè la sua storia è considerata essere a lieto fine visto che divenne una divinità dopo aver sposato il dio, ma non è tra le mie eroine preferite."

"Sei dura con lei, era una ragazza dal cuore gentile e solo una mortale, prima del matrimonio. Inoltre il suo aiuto è stato fondamentale perchè Teseo potesse uccidere il minotauro."

Io ho ucciso il Minotauro, pensò, ma riuscì a trattenersi.

"Se la metti così neppure Teseo mi piace."

Jack scoppiò a ridere, lei sorrise.

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Capitolo 6
*** Inerme ***


Nico percorse lentamente il corridoio affollato. La prima campanella era appena suonata e gli studenti si erano riversati all'interno dell'edifico per raggiungere gli armadietti prima dell'inizio delle lezioni. Il ragazzo non badava agli altri, camminava come se attorno a lui ci fossero solo esseri incorporei, fantasmi che da tempo avevano smesso di fare paura. Aveva le grosse cuffie calate sul berretto di lana, dal quale usciva un arruffato ciuffo nero che gli copriva parte della fronte. Non entrava in una scuola da quando aveva dieci anni, e allora non era riuscito ad evitare che i bulli lo prendessero di mira, nonostante la maggior parte delle volte Bianca riuscisse a tirarlo fuori dai guai. Adesso non poteva neppure usare i propri poteri, Chirone aveva fatto giurare sullo Stige a tutti i semidei di trattare i mortali ad armi pari, e lui era sempre stato mingherlino, poco dedito alla forza bruta e pessimo a fare a pugni. L'unica arma che gli rimaneva era quella di restare nell'ombra, cercando di farsi notare il meno possibile. Anche in quel momento, con lo sguardo inchiodato al pavimento e il collo incassato nelle spalle, sperava di sembrare agli altri invisibile come gli altri lo erano per lui. Riuscì a raggiungere incolume il proprio armadietto, inserì il codice e lo aprì. Quando ormai vi aveva ammucchiato gran parte del contenuto dello zaino, sentì una mano che gli si posava sulla testa e gli calava il berretto sugli occhi. Per poco non sbatté la fronte contro lo sportello. Non aveva bisogno di voltarsi per sapere a chi apparteneva la mano. Si tolse i berretto e si sistemò i capelli. Quando finalmente si voltò, lo sportello alla sua destra era aperto. Ne sbucarono un paio di occhi verdi che lo guardavano divertiti.

“Un'altra triste e grigia giornata per il figlio di Ade. Potresti scriverci un blog.”

Nico sbuffò, chiuse l'armadietto e vi si appoggiò con la spalla.

“Chi hai alla prima?”

“Chirone, tu?”

“Inglese, mi sembra.”

“Oh, già, sei in classe con Talia.”

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.

“Che fortuna.”

Arya ridacchiò, ancora nascosta dietro lo sportello. Dietro di lei, un ragazzo stava inserendo il proprio codice. La ragazza chiuse il proprio armadietto lanciandogli un'occhiata e si rivolse a Nico, stavolta sottovoce.

“Il capitano della squadra maschile di nuoto. Dicono che lo scorso anno abbia gettato una matricola in acqua, con i vestiti e tutto, e che gli abbia tenuto la testa sotto per quasi un minuto.”

Nico rabbrividì.

“Quest'anno anch'io sono nuova nella squadra, non vedo l'ora di vedere la faccia di chi proverà ad affogarmi... o superarmi.” Un sorriso furbo si dipinse sul volto della ragazza.

“Quello che fai è barare, lo sai vero?”

“Non baro affatto! Ho semplicemente avuto la fortuna di nascere con una particolare propensione per il nuoto. In ogni caso non potrò usare i miei poteri in acqua, per via del giuramento, e dovrò almeno fingere di respirare, quindi in un certo senso gareggerò ad armi pari.”

Nico notò che il ragazzo dietro di lei li fissava in modo strano, quando si allontanò con i libri in mano lanciò loro un'occhiata perplessa.

“Credo ti abbia sentita.”

Arya si voltò e lo guardò allontanarsi.

“Poco male, potrei lasciargli credere di essere un mutante o qualcosa del genere, sarebbe divertente. Piuttosto, stasera ci vediamo con gli altri da me, vieni? Chirone può firmarti l'uscita.”

“Non so, ti farò sapere.”

“Come vuoi. Adesso meglio che vada o farò tardi a lezione.

Arya si allontanò con un cenno della mano all'altezza della fronte, mentre con l'altra giocherellava con la penna che aveva in tasca. Nico la seguì con lo sguardo mentre veniva risucchiata dalla folla, poi si incamminò anche lui. Mentre percorreva i corridoi della scuola diretto alla propria classe, pensò più volte di saltare le lezioni. Al solo pensiero di dover avere a che fare con un'intera classe di quindicenni potenzialmente ostili sentiva lo stomaco rivoltarsi. Non aveva nessuna intenzione di fare nuove amicizie, né tanto meno di interagire con Talia più dello stretto necessario, trovava un po' di consolazione solo nel fatto che anche Calipso fosse in classe con lui. Non che si fosse particolarmente affezionato, ma per lo meno riusciva a sopportarla senza troppi sforzi. Inoltre, a voler essere estremamente positivi, la classe di Will non era troppo distante dalla sua e non aveva troppi problemi ad incontrarlo in corridoio durante l'intervallo. La sua parte più negativa però, continuava a fargli ripensare alla M che Jason gli aveva tracciato sul polso. Secondo lui gli avrebbe permesso di evitare la matricola, doveva solo far credere agli altri di averla già fatta. Non avrebbe funzionato, il figlio di Giove stava solo cercando di tirarlo su di morale. Scosse la testa nel tentativo di scacciare la sensazione di essere impotente di fronte a comuni mortali e accelerò il passo. La sua classe era al secondo piano, l'ultima in fondo al corridoio. Entrò con cautela, affacciandosi prima sulla soglia, come se temesse che fosse piena di scorpioni o bestie feroci pronte a saltargli al collo. Quando si fu accertato che nessuno si curasse di lui, si affrettò ad occupare il posto in ultima fila rimasto miracolosamente libero. Fu il suo errore. La classe si riempì velocemente, arrivarono Talia e la sua nuova amica, le ignorò entrambe. Sapeva perché Talia tenesse tanto alla ragazzina bionda e sapeva anche quale sarebbe stato il suo destino. Avrebbe voluto prenderla per le spalle e gridarle che stava commettendo un errore. L'aveva già fatto, in realtà, quella e la notte precedente, ma nel sogno i capelli biondi si tingevano di scuro e il suo volto diventava quello di Bianca, altrettanto impassibile alle sue urla. Scosse la testa e fece un cenno di saluto a Calipso. L'ultimo ad arrivare fu un ragazzo dalle spalle incredibilmente larghe, piuttosto basso, che doveva avere un anno più di loro. Era la prima volta che si presentava a lezione. Si avvicinò con noncuranza all'ultima fila, superando il banco vuoto al centro della classe, e si fermò davanti a Nico.

“Togliti, quello è il mio posto.”

Metà classe si voltò a guardarlo, ma gli occhi blu elettrici alla sua destra erano quelli che lo mettevano più a disagio. Cedere il proprio posto ad un bullo davanti alla figlia di Zeus? Nemmeno per sogno. Alzò lo sguardo e lo fissò in quello del ragazzo, sperando che bastasse ad intimidirlo. Non bastò.

“Sei sordo?”

Nico continuò a fissarlo, a corto di idee. Provò ad evocare attorno a sé un'aurea spettrale, ma dovette essere coperta dalla Foschia perché il ragazzo non dette segno di cedimento.

“Fuori dai piedi.” Tentò, come se parlasse ad una fastidiosa mosca che gli ronza intorno. Altro errore. Il pugno gli arrivò in piena faccia, colpendolo dritto sul naso. Cadde a terra, stordito dal dolore, macchioline rosse danzavano sul pavimento davanti a lui. Un paio di mani entrarono nella sua visuale e lo afferrarono per le braccia, aiutandolo a rimettersi in piedi. Cercò di scrollarle via non appena ebbe recuperato l'equilibrio. Il ragazzo si era seduto al banco dal quale aveva spinto via Nico e rideva divertito, come se avesse assistito ad una buffa caduta. Calipso poggiò una mano sulla spalla di Nico.

“Stai bene?”

Il figlio di Ade fremeva di rabbia, chiuse a pugno le mani tremanti e rimase lì, in piedi, in mezzo all'aula silenziosa, fissando l'altro senza muovere un muscolo.

“Nico, no!”

Calipso lo guardava preoccupata, ma non sembrava osare avvicinarsi. D'un tratto Nico si rese conto di quanto la stanza fosse diventata improvvisamente fredda. Le ombre sui muri si muovevano in modo strano, come se ballassero, incuranti dei proprietari, e il volto del ragazzo seduto al suo banco era bianco come cera. Cercò di controllarsi. Fletté le dita delle mani e inspirò profondamente. Lentamente, raggiunse il banco rimasto libero e vi si sedette. Il professore entrò un attimo dopo.

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