[Eldarya] I surrended myself, fate abound.

di Paradichlorobenzene_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - La Sacerdotessa di Eel ***
Capitolo 2: *** 1 - La Spia ***
Capitolo 3: *** 2 - L'intruso ***



Capitolo 1
*** Prologo - La Sacerdotessa di Eel ***


Prologo – La Sacerdotessa di Eel
 
«You will fated to sing here as you close your eyes,
all alone until you’ll reach your rebirth»

 
Il tempio era vuoto e nell’aria aleggiava il profumo intenso delle erbe aromatiche.
Ashkore oltrepassò l’entrata, inquieto, alla ricerca della Sacerdotessa.
La trovò inginocchiata davanti all’altare, mentre bisbigliava qualcosa a labbra strette, con un talismano tra le mani.
Era vestita di bianco e d’argento, e dal lungo velo si intravedevano i capelli castani e il volto ancora giovane.
Nessuno sapeva precisamente da dove venisse, quanti anni avesse, che tipo di faelienne fosse, ma tutti erano certi di una cosa:
le sue previsioni non sbagliavano mai.
«Cosa ti porta qui, Ashkore?» Gli chiese,
mentre la sua voce riecheggiava tra le pareti del tempio.
Ma lei lo sapeva cosa ci faceva l’uomo mascherato in quel luogo sacro.
Lui tacque. Lei si alzò, e le sue cavigliere argentate tintinnarono nel silenzio.
«Non parli?» Si fermò davanti a lui, sollevando il viso.
Lui piantò il suo sguardo dritto negli occhi di lei, dalla pupilla bianca, vuota, cieca.
«Finché lei non scoprirà la verità da sola, non potrai mai salvare Eldarya. Questo lo sai già, no?»
Lui continuò a tacere, ma annuì. A quanto pareva, non c’erano novità.
Non c’erano stati cambiamenti nel futuro.
Eldarya continuava ad essere in pericolo, l’Oracolo era debole, il Cristallo si era frantumato.
«Va pure al Quartier Generale, se questo ti aggrada. Osserva i loro movimenti, e poi portami quella che ritieni essere la mia erede. Ma ricorda, non svelare loro la verità, non interferire,
o le conseguenze saranno irreparabili».
 
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Buonasera a tutte! Ed eccoci qui, con una nuova storia per passare il tempo aspettando i nuovi episodi. Come scritto nel titolo, questa Fanfiction sarà interattiva, quindi mi servono 2/3 personaggi da inserire insieme alla mia povera martire (che apparirà nella storia insieme agli altri, nel prossimo capitolo). Ci tengo a precisare che la sottoscritta ama scrivere di amori travagliati, morti violente e scene drammatiche, e che il vostro OC potrebbe – ovviamente solo se strettamente necessario per la trama – fare una fine orribile. Se questo non vi ha fatto fuggire via a gambe levate, mandatemi pure la scheda del personaggio via MP, non in recensione. Spero che la storia vi intrighi e che continuiate a leggerla! Le iscrizioni sono aperte a tempo indeterminato ~
 
 
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Nome:
Cognome:
Aspetto fisico (dettagliato, possibilmente):
Tipo di vestiario:
Carattere (dettagliato, possibilmente):
Guardia d’appartenenza:
Famiglio:
Tipo di faelienne (mi servirà più avanti):
Orientamento sessuale:
Con chi non volete che il personaggio abbia una relazione:
Amicizie:
Inimicizie:
Ama:
Odia:
Segni particolari:
Altro:

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Capitolo 2
*** 1 - La Spia ***


La Spia

 

«You are fated to wander in your own demise,

You go further to follow my light»

 

«Comunque questa missione nelle Terre di Giada è stata una diplomatica noia mortale!» Disse Erika, seduta sul bordo della fontana all’interno del giardino della musica del Quartier Generale. Era tornata giusto quel pomeriggio da una missione, e stava disegnando dei cerchi all’interno dell’acqua. Il sole stava tramontando, e la brezza autunnale iniziava a infreddolire sia lei, sia la sua interlocutrice. Nel suo mondo stava per finire settembre. Lilith si era leggermente irrigidita dalla fredda brezza dell'autunno, e ancora si chiedeva perché perdeva le sue ore dietro a quella stramba umana di nome Erika. La loro amicizia - se così la di poteva chiamare- era sbocciata per puro caso, come un’erba selvatica, e ogni tanto sentiva il bisogno di sradicarla: non si legava mai troppo alle persone, figuriamoci agli umani!

 

«Erika, devi farti le ossa prima di avere missioni importanti» disse l'elfa con aria solenne e accigliata, mentre  osservava la ragazza che giocherellava con l'acqua.                                                                                       
«Oh, fidati che con quell'individuo le ossa si fanno, e pure belle resistenti. Beh, almeno adesso so tutto il cerimoniale della Corte di Giada a memoria. Molto utile, devo dire!»                                                                            Lilith sorrise, trattenendosi dallo scompigliarle i capelli.                                                                                                         
«Bhe, intanto sei stata via un paio di giorni... E poi al tuo ritorno qualcuno ti ha preso in braccio...»                         
L'elfa accennò una risata derisoria, punzecchiare Erika era la parte migliore della sua giornata.                          
«Non so davvero a cosa ti riferisci, sono tornata qui camminando sulle mie gambe!» disse Erika, continuando a giocare con l'acqua, ma cercando di nascondere il rossore violento coprendo il viso con i lunghi capelli castani. Notando quella reazione per Lilith fu impossibile trattenersi dallo scoppiare a ridere, e lo fece in modo così sfrenato che dovette reggersi con le mani lo stomaco
«Sappi che si è lamentato per ore!»                                                                                                                                                                                           

«Beh, non ho deciso io di prendermi una storta camminando con le scomodissime scarpe di Huang Hua e, soprattutto, non gli ho chiesto io di prendermi in braccio!»     
A questo punto la ragazza incrociò le braccia e mise il broncio, proprio come i bambini, guardando l'elfa con aria nervosa e vagamente indispettita.                                                                                    
"Ma dovevano proprio essere tutti così - pensò lei - quelli della sua razza?"                                                     
«Sarà pure così, ma la scena è stata così esilarante che io e Nevra abbiamo importunato Ezarel per ore!»                
L'elfa sghignazzò ancora un po' prima di alzarsi dal muretto della fontana, le si erano addormentate le mani per il freddo, nemmeno il suo fidato giaccone celeste riusciva a scaldarla per bene. Ormai il sole si era quasi completamente nascosto e l'oscurità iniziava a farsi largo.   

«Tu e Nevra, certo. Scherzi tanto sulla mia cotta per Ezarel, ma sei davvero sicura che non ci sia nulla tra voi due? »chiese lei, scendendo definitivamente dal bordo della fontana, in modo che potessero cominciare ad avviarsi verso il refettorio.                                                                                                                                              
«Certo, tra me e Nevra non v'è nulla» Evase furbescamente la domanda, infilandosi le mani in tasca.                                                                                                                                                                                               
«Voi elfi … Siete tutti ugali.» Rise leggermente Erika, avviandosi con Lilith verso il refettorio, lasciandosi dietro lo scalpiccio delle foglie secche sotto i suoi piedi.

 

 

Caltha, dalla sua solita postazione nel refettorio, stavolta aveva notato un insolito movimento poco fuori dalla finestra, tra la boscaglia che costeggiava quella parte del Quartier Generale. Leiftan, davanti a lei, stava parlando degli sviluppi dell’ultima missione alla quale aveva partecipato, svogliatamente e senza un reale interessa. La ragazza sapeva come fare in modo che gli uomini le prestassero attenzione, come fare in modo che volessero parlarle pur senza avere niente di serio da dirle. Si divertiva, lo faceva un po’ con tutti, lanciava sguardi languidi, sorrideva e, intanto, la coda dell’occhio vagava fuori dalla finestra. Un barlume rosso, durato appena un attimo, catturò di nuovo il suo sguardo. Con una scusa si congedò da Leiftan e cercò di uscire dalla sala, ma qualcosa – o meglio, qualcuno – le afferrò il braccio.

«Buonasera, bambolina» ed eccolo là, in tutto il suo splendore, il capo della sua Guardia. Nevra la guardava a metà tra il lascivo e il divertito, indugiando un attimo sulla scollatura del top che la ragazza indossava.

«Buonasera a te, sanguisuga» rispose lei, scrollandosi di dosso la mano del vampiro «perdonami se non resto qui ad intrattenerti ma, al contrario di te, vado abbastanza di fretta» e spero per te che l’intruso non se ne sia già andato, pensò.

«Ma non mi dire. Hai visto qualcosa brillare in fondo al giardino e hai pensato ad un nuovo anello per la tua collezione?» Nevra rise, ma i suoi occhi brillavano più chiari del solito. Caltha si guardò attorno e notò che molte ragazze del Q.G. osservavano con desiderio il suo interlocutore, e con invidia lei. Dovevano pur esserci delle priorità nella sua vita, dunque si avvicinò al ragazzo, sussurrandogli qualcosa all’orecchio e andandosene via, ancheggiante, lasciando l’altro interdetto, sull’attenti al centro della sala.

 

 

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Capitolo 3
*** 2 - L'intruso ***


2 – L’Intruso

 

«From the past that is trapped now with nowhere to go
You will braid all the voices that follow you around»

 
 
«Lilith … Non sono sicura che sia una buona idea. Non sarebbe meglio avvisare direttamente Miiko?» Chiese la ragazza all’elfa. Quest’ultima, avviandosi verso il refettorio, aveva notato degli strani movimenti tra le fronde della boscaglia dietro il Q.G., e aveva trascinato Erika con lei a indagare sulla questione. Dopotutto, chi se non un potenziale nemico si sarebbe aggirato al calar della notte, di nascosto, dentro il Quartier Generale della Guardia di Eel?
Per Erika, quella era una pessima idea. Si era già cacciata in troppe situazioni strane nell’anno che aveva passato lì, e non voleva aggiungerne altre alla lista. Non poteva nemmeno lasciare Lilith da sola a cacciarsi nei guai, però, quindi decise di seguirla – un po’ incuriosita, un po’ spaventata. Le mancava la sua vita sulla Terra, la sua famiglia … Ma dopo quella sciagurata faccenda della pozione, le speranze di poter tornare a casa erano via via scemate, fino a sparire. Quella parte dei giardini la sera era inquietante: i rami degli alberi si allungavano scuri contro il cielo plumbeo, come secche dita di mani minacciose, e il vento che sibilava tra le foglie perlopiù secche era come voci sussurranti nella testa delle ragazze. Il crepitio delle foglie come scoppiettare di fiamme. Non si vedeva nulla.
Lilith avanzava qualche passo avanti a lei, preoccupandosi poco della ragazza alle sue spalle, come incurante della sua presenza. I suoi capelli chiarissimi alla luce della luna erano l’unica macchia vivida in tutto quel nero.
Ad un certo punto una fitta alla tempia venne seguita da un fischio, acuto e ininterrotto, nel suo orecchio. Succedeva già da un po’, ed Erika non sapeva come controllarlo, o cosa fosse. La notte quei fischi prendevano forma e diventavano voci che si infiltravano nei suoi sogni. Si rannicchiò per terra e prese a respirare.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei …
«Erika? Cos’hai, non stai bene? …» Lilith, che non vedendola più dietro di lei si era fermata, la guardava con aria stranita.
«Si, si … Va tutto bene. Va’ pure avanti.»
«Ne sei sicura? Non ti reggi neanche in piedi …»
«Qualcuno … Qualcuno deve assicurarsi che non ci sia nessuno di pericoloso al Quartier Generale. Vai … Mi riprenderò presto.»
Lilith annuì e, seppur riluttante, riprese a camminare verso il fitto della boscaglia.
 
Si guardarono, incerti sul da farsi. Ashkore sapeva che essere stato scoperto non era una cosa buona, ma aveva un compito da portare a termine. Aveva tre ragazze da studiare, osservare, e una di loro era lì, davanti a lui. Certo, avrebbe potuto chiamare i rinforzi, ma contava di essere comunque più veloce di lei – o almeno, lo sperava. A prima vista, la ragazza era un’elfa. Era alta e aggraziata, con lunghissimi capelli bianchi, e lo aveva appena beccato a spiarla. Non sembrava affatto bendisposta nei suoi confronti.
«Suppongo che questa sia la parte in cui devo dare delle spiegazioni» disse lui, perplesso, ma calmo. Lei aggrottò le sopracciglia, annuendo, sul piede di guerra.
«Mi manda Lady Aldaya» Il nome non era nuovo a Lilith. Tutti, ad Eldarya, conoscevano la Sacerdotessa delle Terre del Vento, la Somma Aldaya.
«Perché dovrei crederti?» Rispose lei, ancora insospettita. E soprattutto, che ci fai in incognito nei giardini del Q.G. se ti manda la Sacerdotessa?
«Perché ho le prove» rispose, sfilandosi un anello dal dito. Le prese dal mano, posandovi l’oggetto nel mezzo. Era dorato, sottile, di foglie d’alloro intrecciate. Le diramazioni formavano l’immagine di un’acqua che spiccava il volo, il sigillo di Lady Aldaya. Nessuno poteva toglierglielo senza il suo consenso. Lilith annuì, e gli chiese cosa volesse da loro, perché le stesse seguendo.
«Non posso dirvelo, ma la mai missione riguarda la salvezza di tutto il nostro mondo. Non posso dimostrartelo adesso, ma sto dicendo la verità». Lilith non seppe perché, ma qualcosa la spinse a credergli. Gli restituì l’anello, rimuginando su quanto le dita di lui fossero tiepide mentre sfioravano il palmo della sua mano.
«Puoi almeno dirmi il tuo nome?»
«… Ashkore».
 
Ma Caltha, che stava osservando la scena, non poteva aver sentito lo scambio di battute tra Lilith, una sua compagna di guardia, e quell’individuo misterioso di cui lei non conosceva il nome. Non sapeva se fidarsi o meno: lui era pur sempre un intruso e lei non si fidava particolarmente di Lilith, ma Nevra sì. Si chiese quanto potesse essere saggio riferirlo a lui, o a Miiko. Si chiese che fine avesse fatto Erika, quell’umana svampita, che aveva visto con Lilith qualche minuto prima. Nell’indecisione, si allontanò. Avrebbe tenuto quell’informazione per sé, almeno temporaneamente, ma sicuramente non avrebbe smesso di tenere d’occhio quella situazione.

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