Prigione

di Odhem
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Giorno ***
Capitolo 2: *** II Giorno ***
Capitolo 3: *** III Giorno ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***



Capitolo 1
*** I Giorno ***


I Giorno

Mi svegliai di soprassalto. Avevo fatto un brutto sogno ma non lo ricordavo. Quando aprii gli occhi non capii subito dove mi trovavo. Era una stanza piuttosto piccola e buia. Da un lato c'erano delle sbarre di ferro e oltre se ne intravedevano delle altre che sbarravano una sala simile a quella in cui mi trovavo io. La poca luce veniva da una finestrella alle mie spalle. Ero sdraiato su un letto di fortuna fissato al muro e al mio fianco ce n'era un altro con qualcuno sopra che dormiva russando rumorosamente. Gli vedevo solo le spalle e la testa ma sembrava corpulento e più alto di me.

Mi faceva male la testa e non riuscivo a ricordare perché fossi lì. Anzi pensandoci bene non ricordavo niente, nemmeno il mio nome. Chi ero? Perché mi trovavo in prigione? Chi era quella persona affianco a me?

"Aiuto! Fatemi uscire!" Cominciai a gridare queste parole più volte quasi senza volerlo. Non riuscivo a capire. Le mie grida ebbero il solo risultato di svegliare gli altri prigionieri che cominciarono a protestare:

"Stai zitto testa di cazzo!"

"Zitto o ti taglio la gola!"

Si generò un baccano dato che tutti si erano svegliati e mi gridavano contro. Si era svegliato anche il mio compagno di cella che si girò. Mi girai a mia volta e lo fissai in faccia ma c'era qualcosa di strano. Nella poca luce lunare che filtrava dalla finestra vidi la sua faccia e capii: non era umano. La sua pelle era di un colore verdastro, aveva dei canini lunghissimi che fuoriuscivano dalla bocca che era molto grande. I suoi occhi erano però piccoli e vidi che mi fissavano.

"Ah, ti sei svegliato finalmente, novellino".

"Chi sei?" gli chiesi con un misto di curiosità e paura.

"Se vuoi sapere come mi chiamo non te lo so dire, qui nessuno ricorda il proprio nome. Ma mi chiamano L'Orco".

"Non sei umano?"

"No, te l'ho detto sono un orco."

Intanto il baccano aumentava, tutti i prigionieri facevano rumore sbattendo i boccali di ferro contro le sbarre. E gridavano anche loro di voler essere liberati.

"Tra un po' arriveranno le guardie, ti conviene stare zitto e non farle incazzare. Lascia parlare me", disse L'Orco.

Poco dopo, infatti, si sentirono delle grida che intimavano i prigionieri di stare zitti e chiedevano chi avesse cominciato a fare casino. Tutti si zittirono, sembravano avere paura e indicarono la mia direzione.

Le guardie arrivarono. Sbatterono i manganelli vicino le sbarre per attirare l'attenzione:

"La prima notte già facciamo baldoria eh?"

"Signor Yenroar, siate comprensivo, ha fatto un brutto sogno e non ricorda nulla, è normale che si agiti un po'. Chi di noi non l'ha fatto il primo giorno?", disse L'Orco.

"Ecco il gigante buono. Chi ti ha detto di intrometterti. Vuoi anche tu la tua dose?"

L'Orco non rispose. La guardia ci guardò per un po' poi parve rilassarsi e disse:

"Va bene, questa volta passi ma non voglio sentire più fiatare nessuno, è chiaro? Nessuno!"

Se ne andarono. Una voce dalla cella di fronte disse:

"Sembra che tu piaccia alle guardie o sarà merito di quel leccaculo del tuo amico"

Non si riusciva a vedere chi fosse a parlare.

"Non farci caso. L'Elfo ha sempre voglia di scherzare ma in realtà anche lui ha una paura fottuta delle guardie. Ha un naturale odio per me e, te lo confesso, neanche io posso vederlo. Ora ti conviene tornare a dormire, domani sarà una giornata dura."

"Perché?"

"Dobbiamo lavorare."

"Grazie per prima."

"Non c'è di che. Buonanotte."

Tornai a dormire ma non presi sonno e rimasi sdraiato con gli occhi aperti cercando di ricordare chi fossi e come fossi finito in prigione ma più mi sforzavo più il mal di testa aumentava.

 

 

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Capitolo 2
*** II Giorno ***


II Giorno

Andai avanti così fino al mattino quando il suono di un corno mi riscosse dal torpore. Era il segnale che era giunto il momento di alzarsi.

Mi girai, vidi che L'Orco si alzava lentamente. Mi resi conto solo allora della sua stazza, solo da seduto sembrava alto quasi quanto me.

"Tra poco portano da mangiare. Ti conviene non fare lo schizzinoso dato che sarà l'unico pasto fino a stasera e non fare innervosire le guardie."

Mi alzai anche io, era l'alba e una timida luce entrava dalla finestrella anch'essa sbarrata. Non avevo dormito per niente e inoltre avevo una certa fame, chissà da quanto tempo non mangiavo.

Dopo un po' si sentirono i passi delle guardie. Arrivarono di fronte alla cella e notai il loro abbigliamento, cosa che non avevo potuto vedere di notte. Avevano un cappuccio in testa e una veste che arrivava fino alle caviglie con una cintura alla vita. Il loro aspetto mi sembrava un po' strano.

Ci portarono due piatti con una sostanza grigiastra e gelatinosa e ci riempirono le tazze di acqua. Io la guardai con un certo ribrezzo e L'Orco se ne accorse.

"Ti ho detto di non fare lo schizzinoso. È una pappa nutriente e non è neanche tanto male"

Presi il cuccaio e lo ficcai dentro quella specie di gelatina, lo portai alle labbra. Sentii il suo odore, un odore dolciastro. La assaggiai. Aveva un sapore dolce e leggermente metallico, non era il massimo ma la mangiai tutta, avevo fame.

Mentre mangiavo sentii un sonoro rutto che proveniva da una delle celle:

"È Rutto e non ti devo spiegare perché lo chiamiamo così.

"Adesso arriveranno le guardie e ci bloccheranno per incatenarci. Poi ci porteranno alla cava a trasportare pietre."

Non capii quello che diceva L'Orco. Certo potevano facilmente bloccare me che ero minuto ma non immaginavo come potessero bloccare lui che era alto più di due metri e grosso come un armadio.

"Cosa vuoi dire con "bloccheranno"?"

"Loro usano questo metodo, si avvicinano alle sbarre, bisbigliano qualcosa e tu non puoi più muoverti neanche se ti sforzi. È una misura di sicurezza dato che alcuni prigionieri sono pericolosi."

"È una specie di magia?"

"Zitto! È vietato usarla e parlarne, forse è proprio questo il motivo per cui ti trovi qui."

"Ma loro la usano..."

"Loro usano solo alcuni incantesimi e sono controllati dai loro superiori. È una decisione del re."

"Chi è il re?"

"Belian Chandler. È un mago molto potente e quando è salito al potere, non senza violenza, ha vietato la magia in tutto l'impero. Chiunque sia trovato in possesso di libri magici o che usi la magia viene o condannato a morte oppure rinchiuso in prigione dopo avergli cancellato la memoria affinché non possa ricordare gli incantesimi"

Ora tutto era più chiaro. Probabilmente era come diceva L'Orco, ero stato arrestato per aver usato la magia ma continuavo a non ricordare niente. Possibile che ci fosse una magia così potente?

Mentre facevo questi pensieri si sentirono altri passi, stavano arrivando. Provavo una certa angoscia al pensiero che mi avrebbero fatto una magia ma ero anche curioso.

Le guardie si presentarono davanti alla cella, erano in due. Una di esse bisbigliò qualcosa, come aveva detto L'Orco, subito dopo un raggio viola apparve dalla sua mano destra e raggiunse L'Orco. Cadde sdraiato, immobile.

Subito la guardia bisbigliò di nuovo delle parole che non riuscivo a sentire bene e neanche a comprendere. Il raggio, questa volta, raggiunse me. Provai un senso di leggerezza ma mi resi conto che non potevo muovere un muscolo, riuscivo solo a respirare e muovere gli occhi.

Aprirono il cancello e si avvicinarono con delle manette sia per le mani che per i piedi collegate da una catena. Ne avevano di due tipi, evidentemente le più grosse erano per L'Orco e quelle più piccole per me. Ammanettarono prima L'Orco e notai con la coda dell'occhio che le sue manette emanavano una specie di luce, un riflesso rosseggiante. Poi vennero da me e fecero lo stesso ma le mie manette erano normali senza alcun riverbero. Inoltre ci legarono insieme con una catena lunga circa un metro.

Una delle guardie bisbiglio qualcosa verso di noi e subito mi tornò la testa pesante e potei muovermi di nuovo come anche L'Orco. Di nuovo le guardie sussurrarono qualcosa e notai che nella loro mano destra apparve come una sfera di luce blu.

"Stai attento, è una magia potente. Se li fai innervosire ti scagliano dei fulmini addosso e ti assicuro che non è bello" mi sussurrò L'Orco.

Ci portarono oltre le sbarre e vidi che tutti gli altri prigionieri erano in piedi davanti alle celle e attendevano, noi eravamo in fondo al corridoio.

Affianco a noi c'era L'Elfo, quello che aveva parlato la sera prima e che non avevo potuto vedere. La sua pelle era biancastra, aveva lineamenti delicati e orecchie a punta. Era un po' più basso di me. Anche lui era incatenato a un altro prigioniero.

Contai le celle e trovai che erano dieci, quindi in quella prigione c'erano venti prigionieri.

Man mano che avanzavamo lungo il corridoio le guardie ci incatenavano agli altri fino a quando formammo un'unica fila. Non c'era possibilità di scappare.

Le guardie si misero dietro di noi e gridarono di muoverci. Ci portarono su per delle scale e poi oltre una porta di legno massiccio. Oltre la porta c'era una guardiola con due soldati armati di spada e arco con un'armatura di ferro completa dall'elmo agli schinieri. Questi sebravano non saper usare la magia. Rimasi un attimo a gurdarli ma subito le guardie che ci seguivano mi diedero uno spintone. Attraversammo un'altra porta e ci ritrovammo all'esterno. Tutto intorno a noi c'erano delle mura con delle torri su cui c'erano altre guardie anche queste con cappuccio e veste e apparentemente senza armi ma in realtà capii che usavano la magia. Era una specie di castello. All'estremità sud c'era un cancello molto robusto che attraversammo. Appena usciti notai che ci trovavamo su una collina non molto alta ma che permetteva di intravedere il paesaggio circostante. Cominciammo a camminare giù per la strada. Eravamo tutti silenziosi, nessuno si azzardava a parlare.

In lontananza si intravedeva una foresta e dopo un po' cominciammo a sentire un rumore metallico, dei colpi. Evidentemente la cava di pietra era piuttosto vicina.

Infatti dopo una mezz'ora di cammino eravamo in vista della cava. C'era un muro di roccia squadrato a gradini e alla base c'erano innumerevoli rocce pronte per essere trasportate. C'era un uomo con la barba che sembrava dirigere i lavori, si girò verso di noi e aveva un'espressione di compassione sul suo volto. Probabilmente era un brav'uomo.

Le guardie ci staccarono dagli altri e ci lasciarono incatenati a due a due. Erano sempre all'erta con la mano destra che sfavillava di quella luce blu.

"Dovete spingere quelle rocce vicino la gru. Muovetevi!"

Il nostro lavoro era inutile perché notai che la gru aveva delle ruote e poteva essere spostata da massimo due o tre uomini. Le guardie avevano uno sguardo ostile, si divertivano a vederci sgobbare.

Lavorammo fino al tramonto, ero stanco morto. Ci legarono di nuovo insieme in fila e ci intimarono di ritornare alla prigione. Ci incamminammo e dopo una mezz'ora eravamo di nuovo in cella.

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Capitolo 3
*** III Giorno ***


III Giorno

Ero stanco morto. Appena toccai il letto mi addormentai. Feci un sogno strano. Ero vicino a un pozzo e mi sporgevo e parlavo con qualcuno nel fondo.

"Ridammi i miei ricordi", gli dicevo.

"Per riavere i tuoi ricordi devi darmi una moneta d'oro".

"Non ce l'ho, mi trovo in prigione".

"Allora non riacquisterai mai la memoria".

Mi svegliò un rumore metallico. Sembrava che qualcuno battesse contro le sbarre della finestrella ma non vedevo nessuno.

"Chi è?"

"Walkas sei tu?"

"Chi è Walkas?"

"Sei tu, riconosco la voce. Ti hanno cancellato la memoria non è così?"

"Sì, ma tu chi sei?" Sentivo questa voce che mi sembrava famigliare ma non vedevo nessuno vicino la finestra.

"Sono Leokul Carter, un mago, come te. Ma ora non c'è tempo per le spiegazioni, allontanati dal muro. Mettiti vicino le sbarre."

"Perché?"

"Sto per far saltare il muro"

"Sei venuto a liberarmi?"

"Esattamente, ora mettiti vicino le sbarre. Non vorrei che il muro ti crolli addosso."

"Ma c'è L'Orco, dobbiamo liberare anche lui."

"Va bene, sveglialo"

L'Orco dormiva ancora profondamente. Mi avvicinai e gli scrollai le spalle. Emise un grugnito ma non si svegliò.

"Fai presto, le guardie potrebbero venire a controllare"

Lo scrollai con tutta la forza che avevo, sembrò svegliarsi. Si girò e aprii piano gli occhi e mi guardò.

"Che c'è?"

"Qualcuno è venuto a liberarci."

"Chi?"

"Si chiama Leokul, è un mago. Tra poco farà saltare il muro, dobbiamo allontanarci. Vieni."

L'Orco era ancora frastornato ma si alzò e venne vicino le sbarre.

"Ma io non vedo nessuno", disse L'Orco.

"Non potete vedermi in questo momento ho bevuto una pozione di Ombra. Avremo pochi secondi prima che le guardie accorrano quindi fate ciò che vi dico senza esitare. Appena faccio saltare il muro buttatevi dal buco."

"Ma saranno venti o trenta metri" disse L'Orco.

"Lo so voi fidatevi di me. Pronti? Al tre. Uno. Due. Tre! Fotià!"

Si senti un fragore assordante. Pezzi di calcinaccio furono sparati in ogni direzione ma fortunatamente ci eravamo messi in un angolo e oltre a un po' di polvere la scampammo. L'Orco mi protesse dalle scheggie con il suo corpo.

"Muovetevi!"

Subito ci alzammo e in fretta ci avvicinammo al buco nel muro. Guardammo giù e l'altezza era vertiginosa.

"Non abbiamo tempo" disse Leokul. "Fidatevi di me".

Sentivo il rumore dei passi delle guardie, erano arrivate al portone di legno e lo stavano aprendo, ci rimanevano solo pochi secondi.

Chiusi gli occhi e mi tuffai nel vuoto. Non caddi ma atterrai sul morbido.

"Ma come è possibile?".

"È un tappeto volante invisibile."

L'Orco era ancora sul bordo del buco che mi guardava. Ormai le guardie erano vicine.

"Muoviti non c'è tempo!"

L'Orco si buttò e nello stesso istante le guardie, che ormai erano di fronte alla cella, scagliarono degli incantesimi ma per fortuna non lo colpirono.

"Siano ringraziati gli dèi" disse Leokul, "Reggetevi!"

Partimmo a folle velocità nel chiarore della luna. Vedevo gli alberi della foresta che sfrecciavano veloci sotto di noi. Ci dirigevamo verso le montagne e saremmo arrivati presto.

"Quando potremo vederti?" dissi a Leokul.

"Mancano pochi attimi, l'effetto della pozione è quasi finito"

Dopo una decina di secondi, infatti, Leokul apparve davanti a noi. Era incappucciato e aveva una veste simile a quella delle guardie se non per il colore che era sul verde.

"Walkas sei proprio tu finalmente! Sono tre giorni che eravamo in pensiero per te" disse.

"Come tre giorni? Io ricordo di aver passato un solo giorno in prigione"

"Probabilmente ti hanno tenuto da un altra parte per un paio di giorni, forse per interrogarti"

"Non ricordo nulla, ma interrogarmi su cosa?"

"Su di noi, sui ribelli!"

"Ribelli?"

"Si siamo un gruppo di resistenza contro l'usurpatore che è diventato re: Belian Chandler. Ci nascondiamo sulle montagne quindi non preoccuparti, anche se ti hanno interrogato non riusciranno mai a trovarci".

Le montagne erano sempre più vicine. A un certo punto il tappeto girò bruscamente, me ne accorsi perché venni spinto verso destra e stavo quasi per cadere se non fosse stato per L'Orco a cui mi appesi. Era Leokul che lo comandava, quindi significava che ci avvicinavamo alla meta.

Poco dopo giungemmo in vista di una vallata completamente circondata da alture. I pini e gli abeti crescevano alti ma noi eravamo molto più su.

Ci dirigevamo verso la montagna ed eravamo sempre più vicini, se non avessimo cambiato direzione ci saremmo di sicuro schiantati contro il fianco. Feci presente questo fatto a Leokul.

"Non preoccuparti, tra poco arriveremo all'entrata"

Evidentemente si trattava di una grotta o almeno così pensavo. Poco dopo la vidi, era una piccola entrata che si stagliava nera contro il grigiore della roccia. Era alta più o meno quanto un uomo. La cosa più strana che notai fu che non c'erano strade per raggiungerla, si trovava scavata netta nella roccia a centinaia di metri di altezza.

"Stiamo per entrare in una fortezza costruita dai nani. L'apertura che vedete è stata scavata per avere un ricambio d'aria."

"Ora capisco", dissi.

"La fortezza è abbandonata da decenni e noi non l'abbiamo nemmeno esplorata tutta data la sua vastità. E non sappiamo cosa si nasconde nelle sue profondità, ma spesso udiamo dei rumori strani."

"Potrebbero essere rumori naturali come per la caduta di un masso o cose del genere", dissi.

"Non credo ma comunque non ci interessa. Abbiamo sbarrato tutte le vie che conducono in fondo e degli uomini sono sempre di guardia."

Cominciammo a rallentare, ci dirigevamo verso l'apertura ormai a passo d'uomo, poco dopo eravamo dentro.

Il buio era dei più fitti. Ma Leokul rimediò subito.

"Leukos!", disse. Era evidentemente una formula magica come quella utilizzata per abbattere il muro della prigione. Subito dalla sua mano destra scaturì una luce che illuminò la caverna.

Ci trovavamo all'estremità di una galleria alta almeno venti metri. L'entrata non rendeva l'idea della grandezza di quel luogo, sembrava più che altro una finestrella.

Il corridoio era lungo e non si intravedeva la fine ma ci incamminammo in quella direzione. Dopo un po' svoltammo a destra e cominciammo a salire delle scale. Dovevamo essere vicino la cima della montagna. Arrivammo in un altro corridoio, lo percorremmo per un centinaio di metri. A un certo punto Leokul, che ci precedeva, si fermò. Bussò due o tre volte al muro alla nostra sinistra e per un po' restammo a fissare la parete. Io e L'Orco non capivamo e quando stavamo per parlare sentimmo un rumore di pietra che viene trascinata: davanti a noi si aprì un varco, una specie di porta.

"È una porta segreta, si può aprire solo dall'interno ed è molto robusta."

Dall'interno proveniva una luce fioca evidentemente da un fuoco o da delle torce. Si udivano varie voci, di adulti e di bambini che giocavano.

"Voi vivete qui?", dissi.

"Sì, ormai è quasi un anno che siamo nascosti. Anche tu eri con noi prima che ti catturassero. Lo so che ora non ricordi niente ma abbiamo noi il rimedio e presto riacquisterai la memoria".

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Capitolo 4
*** IV ***


IV Giorno

Entrammo nella stanza. Era un ampio locale col soffitto a volta molto alto.

"Ho riportato Walkas", disse Leokul.

"Walkas! Evviva!", si alzarono delle grida. Tutti gridavano il mio nome e io non sapevo se essere contento o cominciare a preoccuparmi. Non ricordavo ancora niente. Una donna molto bella con capelli neri e occhi verdi, dolci, mi si avvicinò a mi abbracciò.

"Walkas, finalmente sei tornato. Non vedevo l'ora di riabbracciarti".

Io non sapevo che fare. Rimasi imbambolato mentre quella donna mi stringeva. Mi guardò.

"Walkas, non ti ricordi di me?"

"Ehm, no. Dovrei?", dissi con un po' di imbarazzo.

"Sono Darlynn".

"Purtroppo non ricordo niente a partire da due giorni fa"

"Oh, capisco. Maledetto Belien!", mi lasciò.

Leokul mi venne vicino e mi prese per un braccio.

"Vieni, è ora che recuperiate la memoria. Qui c'è uno sciamano molto bravo che vi aiuterà. Venite con me"

Ci portò verso un'estremità della sala. C'era una specie di casupola di legno con una porta dello stesso materiale. A dir il vero ce n'erano tante sparse per quell'ampio spazio. Leokul bussò due volte, poco dopo la porta si aprì. Ne uscì un vecchio con capelli e barba lunghi e bianchi.

"Ah Walkas! Finalmente sei di nuovo tra noi", disse con voce pacata e regolare, sembrava che stesse recitando una formula magica.

"Suppongo che siate qua per la questione della memoria. Non abbiate timore, ci vorrà pochissimo. Ho giusto pronta la pozione adatta, basterà un sorso e in breve recupererete la memoria".

Ci portò dentro. C'era un tavolo con sopra varie sostanze su dei tovaglioli, un mortaio con pestello e varie ampolle di vetro. In un angolo c'era un focolare acceso.

"Venite, la pozione si trova da queste parti, un momento".

Lo sciamano cercava tra le sue cose, si avvicinò ad uno scaffale su cui c'erano vari libri che spostò sul tavolo per cercare dietro. Dopo vari minuti sembrò illuminarsi.

"Eccola qui! È una pozione molto potente a base di rosmarino, ginseng e pappa reale, mi raccomando non più di un sorso".

Bevemmo io e L'Orco.

Dapprima non sembrava esserci nessun effetto stavo per dire "E allora" quando, all'improvviso, sentii la testa leggera.

"Potrebbe girarvi un po' la testa" disse lo sciamano.

Invece di un giramento di testa, dopo la leggerezza, cominciammo a provare un forte dolore alle tempie. Anche L'Orco si era preso la testa fra le mani. Io cominciai a gridare: il dolore era fortissimo.

Tenevo gli occhi chiusi e varie immagini si susseguivano nella mia mente: io che baciavo Darlynn, leggevo un libro, di magia, mi trovavo a capo di un esercito e ci dirigevamo verso un castello, poi fummo investiti da varie magie lanciate dall'alto delle mura, quasi tutti morirono, mi catturarono, un uomo con la corona (il re: Belien) mi fece un incantesimo, mi portarono in prigione.

Il tutto non durò più di trenta secondi. Rialzai il capo, adesso ricordavo tutto.

"Io sono Walkas il mago guerriero, capo dei ribelli".

Anche L'Orco rialzò la testa:

"Io sono Shadak, sono anch'io un ribelle".

Ora tutto era chiaro. C'erano vari gruppi di ribelli ma quello di cui era capo, che si trovava nella montagna, era il più numeroso. Era ormai più di un anno che combattevamo Belien, quel traditore. Era un mago molto potente ed era riuscito con un piccolo esercito ad usurpare il trono. Avevo ucciso il vecchio re che era un brav'uomo grazie alla sorpresa. Era uno dei membri della corte e nessuno immaginava che avesse tali piani.

Ero riuscito a riunire un piccolo esercito. Pochi giorni prima avevamo tentato di sconfiggere l'esercito di Belien ma tutto era andato storto: qualcuno aveva fatto la spia e Belien ci aveva preparato un bel benvenuto. I soldati del re erano ben addestrati ed erano fedeli. Non riuscivo a immaginare come avesse potuto farsi sostenere da così tanti soldati, probabilmente aveva usato qualche magia oppure aveva promesso ricche ricompense. Non lo sapevo ma fatto sta che ci sconfissero di misura. Ma non ci uccisero tutti. Molti furono catturati come me e portati nelle prigioni ma prima fummo tutti interrogati. Forse eravamo l'ultimo gruppo di ribelli rimasto data la difficoltà di raggiungere il nascondiglio. Non lo sapevo ma dovevo organizzare un nuovo attacco, questa volta a sorpresa.

Per prima cosa andai a cercare Darlynn, dovevo salutarla per bene ora che ricordavo tutto.

"Darlynn!"

"Walkas!" mi rispose.

Ci abbracciammo e ci baciammo appassionatamente mentre tutt'intorno si era formata una folla e tutti applaudivano.

"Ti amo", le dissi.

"Anch'io ti amo Walkas".

La lasciai a malincuore e ritornai da Leokul che era il mio secondo.

"Dobbiamo riorganizzarci, per prima cosa dobbiamo liberare dalle prigioni tutti i ribelli e poi dobbiamo attaccare il re e annientarlo".

"Ma come faremo Walkas, siamo in pochi e di questi non tutti sanno usare la magia"

"Ma tutti sanno combattere", disse Shadak.

"Certo! Ma cosa vuoi dire?"

"Ho un'idea per liberare i prigionieri!"

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Capitolo 5
*** V ***


V

 

Il giorno dopo ci eravamo organizzati secondo il piano di Shadak. Era un buon piano, quasi infallibile, ma qualcosa non mi piaceva. Eravamo andati dallo sciamano e ci avevamo fatto preparare abbastanza pozione di invisibilità per tutti; gli ingredienti bastavano a stento e, se ne avemmo voluto dell'altra, lo sciamano avrebbe dovuto andare in cerca dei componenti.

Eravamo in tutto una trentina di uomini e c'erano anche alcuni ragazzi neanche diciottenni.

Dovevamo recarci alla prigione e non potevamo di certo usare il tappeto dato che eravamo in troppi. Decidemmo che avremmo attraversato la foresta a piedi per raggiungere il carcere.

Era tutto pronto per il viaggio. Ognuno era armato di una spada e un arco per non parlare dei maghi che potevano fare incantesimi. Eravamo in cinque. Io, Leokul, Shadak e altri due uomini ben addestrati.

All'alba eravamo tutti pronti e partemmo. Per prima cosa dovevamo lasciare la dimora dei nani e Leokul, che conosceva meglio le gallerie, ci guidava. Scendemmo innumerevoli gradini e passammo per tanti ed enormi corridoi. Alla fine ci trovammo davanti a una parete, in apparenza un vicolo cieco. Ma Leokul non si fermò, si avvicinò alla parete e cominciò a tastarla. Era tutto ben illuminato dai globi che noi maghi avevamo nella mano sinistra. La parete sembrava regolare e piatta senza la più minima imperfezione. Ma evidentemente non era così.

"Trovato! Ci ho impiegato un po', non pensavo che fosse così in basso" disse Leokul.

Poggiò la mano ad altezza del bacino, praticamente all'altezza della testa di un nano, e si piegò per spingere con forza. Si sentì un rumore acuto e lentamente il portone cominciò ad aprirsi. Era a due ante. Ce ne rendemmo conto dato che la luce cominciò a filtrare dalla fessura e poco dopo fu larga abbastanza per passarci. Uscimmo all'aria aperta.

Per arrivare alla prigione dovevamo attraversare una foresta che cominciava dalla base della montagna e si estendeva in tutte le direzioni per chilometri. Quello che si orientava meglio tra di noi era Leokul e infatti lo mettemmo in testa al gruppo.

"Secondo alcuni in questa foresta vivono gli elfi", disse Leokul "e non sono molto ospitali"

Ci addentrammo tra gli alberi. Le foglie oscuravano il sole tranne che per qualche piccolo spiraglio. Il terreno era piuttosto spoglio ma c'erano aghi di pino dappertutto. L'odore era quello pungente del pino.

Passarono delle ore durante le quali camminammo nella stessa direzione senza trovare ostacoli. Anche se non avevamo cavalli procedevamo piuttosto spediti.

Era quasi il tramonto e ci preparavamo ad accamparci quando una freccia sfiorò la testa di Shadak l'orco e si conficcò nell'albero lì vicino: eravamo sotto attacco. Shadak rimase di stucco a fissare la freccia che l'aveva sfiorato.

"Restate calmi!", dissi per evitare che si diffondesse il panico.

Delle urla si alzarono: "Sono gli elfi! Siamo spacciati!".

Poco dopo si udì lo scalpitare dei cavalli e in lontananza si intravedevano delle figure muoversi tra gli alberi tutt'intorno a noi: eravamo circondati.

Per un po' non sentimmo altri rumori, probabilmente si erano fermati ma non vedevamo ancora nessuno. Eravamo in disparità numerica, non valeva la pena provare ad attaccare e poi loro erano a cavallo e noi a piedi.

"Restate fermi dove siete!", ci giunse la voce con un accento strano.

"Fate come dice", dissi, e tutti restarono immobili a fissare il punto da cui proveniva la voce.

Poco dopo apparvero tre figure a cavallo. Quelle dietro avevano l'arco teso mentre quello davanti reggeva le redini del cavallo, sembrava il loro capo.

Si avvicinavano sempre di più e cominciammo a distinguere i loro lineamenti. Avevano le facce esili e le orecchie a punta. Indossavano delle tuniche verdognole con cappuccio ma lo portavano abbassato.

Arrivati a circa venti metri da noi si fermarono e il loro capo cominciò a parlare:

"Chi siete e che ci fate nella foresta sacra?".

"Siamo ribelli, ci stiamo dirigendo alla prigione di Rockpeak", dissi.

Non valeva la pena tentare di mentire e poi anche gli elfi non erano molto d'accordo con la politica del re. Pensavo che non ci avrebbero intralciato.

"Cosa andate a fare a Rockpeak?"

"Abbiamo intenzione di liberare i prigionieri".

"Ahahah! E come pensate di fare? Quel posto è protetto da maghi guerrieri che non esiteranno a uccidervi senza pietà per non parlare del fatto che siete così pochi che ne basterebbe uno di loro per farvi fuori tutti".

"Abbiamo un piano"

"Il vostro piano è destinato a fallire senza aiuto"

"Dobbiamo comunque provare", dissi.

"Sapete, non dovreste essere qui. Molti sono morti per aver messo piede nella foresta. Ma voi mi piacete e se siete davvero dei ribelli potete farci comodo. Ora seguiteci, vi porteremo al villaggio a discutere con Adolamin, il nostro re. Capirete subito in che modo aiutarci".

Non potevamo far altro che ubbidire e ci mettemmo in marcia. Ci addentrammo sempre di più nella foresta. Ormai era notte ma dagli elfi che ci precedevano emanava una specie di bagliore che ci permetteva di vedere la strada.

Era notte inoltrata quando arrivammo al villaggio. Non c'erano mura nè niente e le dimore si trovavano tutte in cima agli alberi a cui si arrivava tramite delle scale a chiocciola. Al centro del villaggio si trovava un albero, anch'esso con una capanna sulla sommità, ed era il più grande di tutti. Pensai che dovesse essere la dimora del re.

Il capo delle guardie ci disse che era troppo tardi per parlare col re e che dovevamo aspettare il mattino seguente. Ci fecero sistemare sull'erba alla base degli alberi e ci diedero da mangiare. Andammo a dormire e sprofondai in un sonno profondo e rigenerante.

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Capitolo 6
*** VI ***


VI

 

Ci svegliarono presto, non era ancora l'alba. Il letto d'erba era stato più comodo del previsto e mi ero svegliato riposato come non mai. Il capo delle guardie degli elfi ci raggiunse subito.

"Il re vuole parlare con il vostro capo", disse.

"Sono io".

"Bene, vieni con me".

Mi condusse verso il centro del villaggio dove c'era quell'enorme albero e mi fece segno di seguirlo su per le scale. Era piuttosto alto e arrivati in cima avevo il fiatone mentre l'elfo sembrava non avesse fatto nemmeno una scala.

Scostò una tenda ed entrò mantenendola con la mano per invitarmi a entrare. La casa era piuttosto grande. C'erano delle finestre con delle tende del solito colore verdognolo ma molto eleganti. Vi si trovavano anche delle sedute imbottite e in fondo alla stanza era seduto il re Adolamin: aveva i capelli lunghi e bianchi, lucenti ma non sembrava vecchio dato che non aveva neppure una ruga. Qualcosa, però, mi diceva che era il più anziano tra tutti. Sapevo bene che gli elfi vivono a lungo e guardandolo negli occhi capii che erano saggi come non avevo visto mai.

"Re Adolamin, questo è il capo dei ribelli che abbiamo trovato nella foresta sacra", disse l'elfo.

Il re mi guardò con attenzione per un bel po' poi disse:

"Tu devi essere Walkas. Ho sentito parlare di te e che sei riuscito ad evadere da Rockpeak".

"Come conosce il mio nome?"

"Sono poche le cose che non so e la foresta me le dice"

Non capii bene cosa volesse dire, pensai che doveva essere qualche magia che non conoscevo.

"Sono qui da tante generazioni e ho visto avvicendarsi tanti uomini che vivono in fretta e si sforzano per ottenere tutto quello che desiderano, spesso solo il denaro, e non rispettano le nostre tradizioni per esempio quando violano la foresta sacra".

"Mi dispiace non sapevamo che fosse sacra"

"Ora non preoccuparti, se siete sopravvissuti e siete qui davanti a me ci sarà un motivo. Se seguirete i miei ordini può darsi che avrete successo".

"Noi abbiamo già un piano".

"Si lo so ed è un piano sanguinario. Non mi piace molto ma è un buon piano. Ora veniamo al motivo per cui sei qui. Le mie guardie avrebbero potuto uccidervi ma abbiamo bisogno di voi. Uno dei miei figli si trova dietro le sbarre e voglio che lo liberiate".

Ricordavo di aver visto un elfo nella prigione, evidentemente era lui.

"Sarete accompagnati dai miei guerrieri fin vicino la prigione, poi potrete mettere in atto il vostro piano e riportarmi mio figlio. In cambio sarete ricompensati. Che ne dici Walkas?".

"Sua maestà, sono d'accordo, anche se non me l'avesse detto avevamo intenzione, comunque, di liberare tutti i prigionieri".

"Non dovete solo liberarlo, dovete portarlo qui da me e i miei uomini vi aiuteranno".

"Va bene, siamo d'accordo".

"È deciso, potete partire subito. Vi daremo dei cavalli. State attenti".

Gli elfi prepararono i cavalli per tutti noi.

Era da poco sorto il sole quando partimmo. L'aria era fresca e il cielo terso. Viaggiammo per tutto il giorno fino alla sera ma ancora non si vedeva la fine della foresta dove si trovava la prigione.

A un certo punto il capo degli elfi parlò:

"Allora, qual'è il piano che avete? Il re ha detto che è un piano sanguinario, vorresti spiegarmi?"

"Le guardie sono tutti traditori e devono pagare".

"Avete intenzione di ucciderli?", disse stupito.

"Loro non ci penserebbero due volti a farci fuori tutti"

"E come avete intenzione di combatterli? Anche con il nostro aiuto non potremmo mai farcela"

"Lo vedrai, è un piano quasi infallibile. L'ha ideato Shadak l'orco"

"Ora capisco perché è un piano sanguinario"

Noi eravamo una trentina tutti armati di arco e frecce e spada e gli elfi erano una ventina tutti ottimi tiratori, non potevamo fallire.

Gli alberi si erano fatti più radi e la luna si era alzata nel cielo, era quasi piena e potevamo distinguere il paesaggio anche senza l'uso delle torce o della magia.

Continuammo a viaggiare anche la sera fino a notte inoltrata, fino a che i cavalli ce la facevano e finalmente giungemmo al limite della foresta.

"Lasciamo qui i cavalli", dissi, "procediamo a piedi. Dobbiamo colpire stanotte mentre le guardie sono meno attente".

Shadak disse: "Forse è meglio che aspettiamo un altro po'. Poco prima dell'alba li troveremo sonnecchianti e avremo più possibilità di farcela".

"L'orco ha ragione. Poco dopo l'alba c'è il cambio di turno e quelli della notte li troveremo stanchi".

Ci avvicinammo al picco dove sorgeva la prigione e ci appostammo in modo da non poter essere visti. Aspettammo un paio d'ore. L'alba era vicina.

"Ora tutti bevano la pozione di invisibilità. Avremo circa un'ora di tempo."

Tutti bevemmo e dopo pochi minuti la pozione fece effetto. Ne avanzò un po' e la demmo ad alcuni elfi che dovevano coprirci le spalle.

I cancelli erano aperti, evidentemente non si aspettavano un attacco. Avevamo stabilito un segnale al quale dovevamo muoverci tutti insieme: uno di noi avrebbe fischiato.

Penetrammo nella fortezza e nascosti alla vista ci dirigemmo ognuno verso una guardia, alle loro spalle. Quasi tutte sonnecchiavano e quelle sveglie erano poco attente.

Poco dopo eravamo pronti ognuno con una guardia davanti.

Ci fu il fischio di Shadak, tutti estrassero le spade, con la mano sinistra tapparono la bocca alla guardia e con l'altra mano le tagliarono la gola. Le guardie caddero a terra senza emettere un lamento. Erano quasi tutte a terra quando udimmo un grido: un giovane aveva esitato. La guardia aveva visto tutti i suoi compagni morire con la gola tagliata senza un apparente motivo. Fece un passo indietro spaventato e urtò con il giovane ribelle che era alle sue spalle. Senza guardare estrasse la spada e colpì all'indietro. Per il ragazzo non ci fu niente da fare, gridò e poi si accasciò al suolo. La guardia era ancora stupefatta e non riusciva a capire quando una freccia, scagliata da uno degli elfi, lo colpì alla gola e si accasciò al suolo. Le guardie sulle mura e nel chiostro erano tutte morte ma ne arrivarono altre che evidentemente erano all'interno. Guardarono i loro compagni caduti e diedero l'allarme, un corno suonò. Tutte erano all'erta ma noi eravamo ancora invisibili e loro non lo sapevano. Si guardarono intorno senza capire.

"Che diavolo sta succedendo? Sono tutti morti!"

Si erano raggruppate in cerchio. Shadak emise un altro fischio. Tutte le guardie si girarono verso quel punto ma non videro niente. A un certo punto una sembrò capire:

"Sono invisibili!", gridò.

Ma era troppo tardi, gli elfi avevano già puntato e scagliarono le frecce. Le guardie caddero una dopo l'altra. Ce l'avevamo fatta con una sola perdita, quel povero ragazzo.

Tutti emettemmo un alto grido di vittoria. Era stato un massacro ma loro avrebbero fatto lo stesso con noi. Eravamo contenti. Ci Forse c'era ancora qualche guardia all'interno.

Mi avvicinai alla porta, puntai la mano:

"Anoix", gridai. La porta si spalancò. Ma le guardie erano pronte e scagliarono degli incantesimi verso la porta aperta. Me l'aspettavo e riuscii a schivare quei colpi ma colpirono Shadak che gridò e si accasciò al suolo. Le guardie continuavano a scagliare incantesimi alla cieca ma sapevo che presto si sarebbero stancate e allora avremmo attaccato. Dopo un po', infatti, udivamo le guardie gridare gli incantesimi ma dalle loro mani non usciva niente: avevano esaurito la loro carica magica.

"Ora!", gridai. Gli elfi scagliarono tre frecce, una per ogni guardia. Le guardie caddero al suolo. Ora niente ci separava dalle celle.

Prima di entrare controllai se Shadak stesse bene. Riuscii a trovarlo davanti alla porta e lo tastai: era vivo! Gli diedi degli schiaffi in faccia e riprese subito i sensi:

"Come stai?", gli chiesi.

"Sto bene, ci vuole ben altro per uccidere un orco".

Scendemmo i pochi gradini e raggiungemmo le guardie. Presi le chiavi da una delle guardie e aprii la porta che conduceva alle celle.

I prigionieri sentirono la porta aprirsi. Avevano capito che stava succedendo qualcosa di strano.

"Siamo i ribelli, siamo venuti a liberarvi. Tra poco apriremo le celle non abbiate paura, siamo invisibili."

Aprimmo tutte le celle, l'elfo si trovava nell'ultima di fronte alla cella da cui eravamo fuggiti e che aveva ancora il buco nella parete.

La missione era riuscita. Parlammo con l'elfo e gli dicemmo che era il figlio di Adolamin dato che anche lui non ricordava niente. Fu pronto a seguirci.

Uscimmo dai cancelli e ci dirigemmo verso la foresta. Non avrebbero impiegato molto tempo per rendersi conto di ciò che era successo e il re avrebbe di sicuro inviato altre guardie. La luna era ancora alta nel cielo quando raggiungemmo una vasta radura e decidemmo di accamparci.

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Capitolo 7
*** VII ***


VII

Ci alzammo di buon'ora. L'aria era più calda.

Avevamo fatto una barella di fortuna per trasportare il cadavere del ragazzo morto e l'avevamo legata dietro un cavallo. Tutti lo conoscevamo e ancora non credevamo che potesse non esserci più.

La missione, comunque, era riuscita. Tutti i prigionieri erano liberi e sembravano felici. Avevamo anche liberato il figlio del re Adolamin, si chiamava Zandak.

Riprendemmo il viaggio inoltrandoci nella foresta. Zandak viaggiava proprio al mio fianco e lo avevo osservato per tutto il mattino. Mi sembrava nervoso e in alcuni momenti digrignava i denti, ne udivo distintamente il rumore.

"Stai bene?", gli chiesi a un certo punto.

"Sì, tutto bene".

"Mi sembri un po' nervoso o sbaglio?"

"No, sto bene. Forse è solo il fatto che non so come comportarmi ora che ho scoperto di essere il figlio di un re".

Non ne parlammo più fino a quando arrivammo a destinazione.

Era calata la sera e l'aria si era fatta più fresca quando giungemmo in vista del villaggio. Gli elfi furono tutti contenti di rivedere il figlio del re libero.

Ci dirigemmo verso la dimora del re. Zandak continuava a sembrare nervoso in quel momento ancora più che prima. Nessuno immaginava cosa stesse per succedere. Finimmo di salire le scale io, Zandak e il capo delle guardie. Appena aprimmo la tenda e Zandak vide il re si mise a gridare forte, un urlo spaventoso, e si avventò sul re: lo prese alla gola e lo stava strozzando.

"Figlio mio", disse con un filo di voce il re.

Le guardie furono tempestive, intervennero e riuscirono a staccare Zandak dalla gola del re. Cominciò di nuovo a gridare e a dibattersi per liberarsi ma le due guardie non mollarono la presa.

"Portatelo fuori!", era lo stregone.

Appena fu fuori della vista del re, Zandak smise di gridare e di dibattersi ma sembrava ancora nervoso e digrignava i denti. Sembrava non ricordarsi di ciò che aveva appena fatto.

"Perché hai aggredito il re, tuo padre?", gli chiese lo stregone.

"Cosa stai dicendo, non l'ho mai fatto!", rispose Zandak.

"Tenetelo qui", disse lo stregone e rientrò dal re e io lo seguii.

Il re si stava ancora riprendendo dall'aggressione e si massaggiava il collo.

"Sua maestà. Credo che suo figlio sia vittima di un potente sortilegio", disse lo stregone.

"Un sortilegio? E chi l'avrebbe lanciato?", chiese il re.

"Io credo che sia stato Belian", dissi.

"Potrebbe essere, è una magia molto potente e Belian lo è altrettanto", rispose lo stregone.

"E cosa si può fare per risolvere? Basta la pozione per fargli tornare la memoria?", chiese il re.

"Credo che non sia sufficiente, anzi potrebbe peggiorare la situazione".

"Allora cosa si può fare?"

"Credo che ci sia bisogno di fare un rito di purificazione al sacro mausoleo degli elfi", disse lo stregone.

"Dici che funzionerà?", dissi.

"È probabile, dobbiamo provare".

"Bene, è deciso. Partite subito per il mausoleo", disse il re, poi si rivolse allo stregone: "Ti affido mio figlio, mi fido di te".

"Non la deluderò, sua maestà".

Facemmo come aveva detto il re, partimmo subito. Oltre a me e allo stregone, vennero anche Shadak e Leokul oltre a qualche guardia. Il re era troppo vecchio e non volle venire.

Chiesi allo stregone quanto era lontano il mausoleo e lui mi disse che era piuttosto vicino, al massimo un paio d'ore di cavallo.

Più ci allontanavamo dal villaggio e più Zandak sembrava tranquillizzarsi.

Presto arrivammo in vista del mausoleo. Era uno spazio con delle colonne in cerchio, qualcuna era caduta, e al centro c'era un grosso masso che sembrava un altare.

"Mettetelo sull'altare", disse lo stregone.

Zandak non oppose resistenza anche se dovemmo spiegargli cosa stavamo facendo.

Una volta che l'elfo fu sull'altare, lo stregone cominciò a camminare intorno sempre nel cerchio delimitato dalle colonne; noi dovemmo aspettare a una certa distanza. Mentre camminava in tondo pronunciava delle frasi inintelligibili, probabilmente elfico. Non sembrava succedere niente ma dopo un po' cominciammo a vedere come una luce che emanava dall'altare. Piano piano l'elfo cominciò a levitare e la luce si fece sempre più forte fino a quando non potemmo più osservarla; era come un piccolo sole.

A un certo punto lo stregone uscì dal cerchio e venne vicino a noi.

"Ora non posso fare più niente. Se ne occuperanno gli dèi. Se è un'anima pura rimuoveranno tutta la magia e potrà riacquistare anche la memoria."

"E se non lo è?", dissi.

"Non lo so. La magia potrebbe essere non rimossa e quindi saremmo punto e accapo oppure potrebbe anche morire".

"Come morire?"

"Te l'ho detto, non ho mai fatto questo rituale anche se mi è stato insegnato. Ma con gli dèi non si scherza."

Restammo a distanza ad aspettare il risultato. La luce era accecante ma sembrava provenire direttamente dal corpo dell'elfo.

Aspettammo per una mezz'ora e niente sembrava cambiare. A un certo punto, di colpo, la luce sparì e Zandak ricadde sull'altare.

Lo stregone disse che potevamo avvicinarci. Zandak era immobile anche se aveva gli occhi aperti.

"Signor Zandak, come si sente?", chiese lo stregone.

Gli occhi dell'elfo si mossero e guardarono lo stregone: era vivo!

"Sto bene. E ora ricordo tutto."

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