Il primo amore di Ignis Scientia

di Red_Coat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Per un pugno di cavoli ***
Capitolo 2: *** Dolci risvegli in giornate di sole ***
Capitolo 3: *** L'amore ha un profumo di cannella ***
Capitolo 4: *** Dolce come un muffin al cioccolato ***
Capitolo 5: *** Like a sweetest cupcake in a world full of muffins ***
Capitolo 6: *** Ambrosia (Il sapore dell'amore) ***
Capitolo 7: *** Orizzonti espansi ***
Capitolo 8: *** Dichiarazioni d'amore al cioccolato ***
Capitolo 9: *** Al bivio ***
Capitolo 10: *** Vale la pena rischiare? ***
Capitolo 11: *** Come bolle di sapone ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Per un pugno di cavoli ***


Per un pugno di cavoli


L'estate a Insomnia non era mai stata così calda. L'aria era torpida, avvolta da una pesante cappa che ingrigiva perfino l'azzurro del cielo, e il sole si specchiava anche troppo scintillante sulle pareti di vetro e ferro dei grandi grattacieli e sul nero dell'asfalto che ricopriva le strade.
Erano le undici e quaranta del mattino e già si sudava di brutto, solo respirando.
Di certo non le condizioni ideali per lavorare all'aperto, pulire o restare ai fornelli, eppure quest'ultimo era proprio il motivo per cui la ventiquattrenne Jane Alexandra e sua sorella Monica si trovavano in quel momento tappate in una macchina senza aria condizionata, tappate nel traffico di punta.
Il sole batteva forte in testa superando l'ostacolo inesistente del vetro del finestrino aperto, e Jane con le note di una sinfonia classica nelle orecchie cercava di sopportarlo riuscendoci sempre di meno, mentre sua sorella seduta al posto di guida canticchiava tranquilla e aspettava paziente ma non troppo che la coda si dovesse.
In fin dei conti, cosa avrebbe dovuto fare? 

- Dici che ce l'avranno qui tutta quella roba che ti serve? - le chiese ad un certo punto.

La ragazza sbuffò.
Le girava terribilmente la testa,  e il solo pensiero che se non fosse stato per via di quel seccante impegno che sua sorella si era presa a nome suo coinvolgendola senza neanche chiederle un parere a quest'ora sarebbe di sicuro restata a casa a godersi la frescura dovuta alle vecchie mura spesse e alla posizione vicino al fiume,  magari con un po' di succo di frutta ghiacciato da bere e qualche snack da sgranocchiare.
Invece stava sudando fino a ritrovarsi anche gli occhiali bagnati, li aveva dovuti togliere e per questo era aveva mal di testa e vedeva male.
Il supermercato era proprio dietro l'angolo, se solo fossero riusciti a svoltarlo.
Invece i clacson continuavano a starnazzare e lei si sentiva al limite della sopportazione.

- È un supermercato, Monica. - rispose sarcastica e spazientita, continuando a guardare fuori dal finestrino senza la forza di voltarsi e chiudendo gli occhi - Vuoi che non abbiano gli ingredienti per una banale torta al cioccolato?  - rispose.

Di solito adorava cucinare,  era una delle cose che le riusciva meglio dopo scrivere e intrattenersi coi bambini.
Ma in una giornata come quella era davvero, davvero assurdo anche per lei anche solo il pensiero di dover accendere un forno.
Invece sua sorella aveva accettato di partecipare a una festa di compleanno di una sua amica, che per Jane era invece una perfetta sconosciuta, e aveva pensato a lei per preparare qualcosa da portare.

-Comunque pensavo  ... - seguitò a quel punto la maggiore,  e lei già si preparò mentalmente a resistere agli istinti omicidi che le sarebbero venuti a sentire la fine di quella frase -Non è che una torta è troppo? Potremmo fare dei pasticcini, tu li sai fare, no? -

"Ora la strozzo."
Come previsto il nervosismo crebbe a dismisura fino a manifestarsi in uno sguardo furente che la giovane rivolse alla sorella voltando lentamente il capo verso di lei.
Questa sorrise.

-No,  perché stavo pensando... - provò a dire
-Non pensare e guida, voglio uscire da questo forno. - la interruppe invece Alex, seccata, per poi tornare a voltare la testa verso il finestrino e scuoterla un paio di volte - Certo che lo so fare,  ma in inverno, con un bel the caldo e un camino e la neve fuori, magari. - aggiunse poi,  più parlando a sé stessa - Tse, mi ha preso per una pasticceria? Quelli si fanno pagare, a loro almeno vanno i soldi. Ci credo che non gli dispiace lavorare così. Siamo bravi tutti. –
 
L’altra rise.
 
-E dai, non farla così lunga. Tanto lo so che ti piace cucinare.- disse.
 
Ma ormai la macchina era entrata finalmente nel parcheggio del centro commerciale e Alexandra non aveva neanche più la forza per ribattere.
 
-Prendiamo il maledetto cacao amaro e andiamocene a casa.- sospirò, inforcando di nuovo i suoi occhiali rossi sul naso e afferrando la lista della spesa appoggiata sul cruscotto.
-Oh, perfetto!– esclamò sua sorella – Abbiamo anche trovato un bel posto all’ombra, che fortuna!-
 
Ma non fece neanche in tempo a dirlo che una macchina spuntò dal lato opposto e si sistemò agilmente nel suddetto.
Era una fuoriserie nera, una di quelle autovetture di lusso coi cerchioni cromati, le rifiniture pregiate e i finestrini appannati. Jane la guardò con astio mentre Monica protestò contrariata.
 
-Aaah, no! Per la miseria, adesso mi toccherà stare a girare sotto il sole fino a che non se ne libera un altro. Maledizione! –
 
La giovane sospirò spazientita per l’ennesima volta. Si sporse cercando di vedere chi fosse alla guida ma ovviamente non vi riuscì. “Sarà uno di quei soliti ricconi montati.” Pensò con disappunto, poi aprì lo sportello e scese dalla macchina.
 
-Io comincio a entrare, fammi uno squillo quando mi raggiungi così c’incontriamo. – le disse infine, prima di richiuderselo alle spalle lasciandola sola per poi avviarsi in direzione dell’entrata, strizzando gli occhi a causa della luce intensa e sentendo la testa pulsare.
 
Proprio nel momento in cui lo sportello dell’altra autovettura si aprì, e da essa scese il responsabile del loro mancato posteggio all’ombra.
 
***
 
Fuori l’afa più totale, dentro il piacevole gelo dei condizionatori.
I due amici entrarono da una delle due entrate principali, quella sulla sinistra, e immediatamente una ventata fresca li accolse.
 
-Aaaah, ora sì che si ragiona!- esclamò soddisfatto Gladiolus Amicitia, buttando la testa all’indietro e unendo le mani dietro la nuca mentre chiudeva gli occhi sorridendo felice.
 
Ignis Scientia annuì e sorrise a sua volta.
 
-E’ piacevole, si.- commentò allegro.
-Iggy, tu vai pure, io resto ancora un po’ qui a godermi il paesaggio.- scherzò l’altro, esordendo poi in una risata contagiosa.
-Lo sai, adesso sembri proprio Prompto.- lo canzonò quello voltandosi a guardarlo divertito e contribuendo al suo buon umore.
-Eheh, hai ragione ma sfido chiunque a sopravvivere con quaranta gradi all’ombra. Per fortuna che a palazzo abbiamo un bel po’ di condizionatori, o non avresti neanche bisogno dei fornelli per cucinare.- rispose allora Amicitia, scoccandogli un occhiolino.
-Mh.- si fece serio a quel punto il biondo, guardandosi intorno – Mi chiedo se questo caldo non influisca negativamente sulle prestazioni scolastiche del principe. L’esame di oggi è molto complicato e ci vuole concentrazione per superarlo.-
-Ah, non preoccuparti inutilmente, Iggy.- replicò Gladio, battendogli una pacca sulla spalla –Nocto sarebbe in grado di addormentarsi sul banco con qualunque tempo, in qualunque stagione, a qualsiasi ora e con qualunque temperatura.- ridacchiò, e a quel punto anche Ignis non poté impedire di farlo.
-Probabilmente hai ragione.- concordò, quindi estrasse fuori dalla tasca dei pantaloni il foglietto su cui aveva stilato la breve lista per la spesa e concluse propositivo, consegnandogli un altro foglietto che stava sotto a quello a cui aveva rivolto un breve sguardo –Bene, diamoci da fare. Tu occupati degli ingredienti per la portata principale, io penso al dolce. E non dimenticare il vino. – lo raccomando.
-Agli ordini.- ribadì obbediente e pronto l’altro, portandosi indice e medio della mano destra alla fronte e poi prendendo in consegna la lista –Qualcosa mi dice che quello sfaticato avrà la cena di compleanno più buona della sua vita, stasera.-
 
Ignis sorrise appena, sistemandosi gli occhiali sul naso con l’indice, fingendo molto bene modestia.
Sfida accettata.
 
-Farò del mio meglio perché sia così.-
 
***
 
Dopo quasi un’ora passata a destreggiarsi tra i vari scaffali e banconi pieni di leccornie e utensili di vario tipo, le due sorelle non erano ancora riuscite a venirne a capo perché all’ultimo minuto la mamma aveva chiamato la maggiore e le aveva dettato a voce la lista della spesa.
 
-Mamma vuole la minestra di cavolo, stasera. Ha chiesto se puoi fargliela tu. – lo aveva detto, e a quel punto coi nervi a fior di pelle alla giovane Alexandra non era rimasto che obbedire.
 
Anche perché quando sua madre si metteva in testa di volere una cosa alla fine riusciva sempre ad ottenerla, coi per piacere o con le moine asfissianti. Quindi meglio farla felice che sentirla continuamente lamentarsi invocando alla zuppa di cavolo che la sua adorata figlia, che lei aveva cresciuto con tanto amore e sacrificio, alla fine non aveva voluto fargli.
Aveva quasi finito, le restavano solo da prendere quelle benedette verdure e il cioccolato per la torta. Passò prima al reparto dolciumi sperando di trovare ciò che cercava, ma purtroppo il cacao amaro in polvere era appena finito così dovette ripiegare su una sottomarca, quindi ancora contrariata si diresse in fretta verso il reparto ortofrutta.
Prese un paio di cipolle scegliendole bene e imbustandole con cura, qualche spezia minore, e infine si avviò verso i cavolfiori ma anche di quelli ne restavano appena una manciata. Ne individuò subito uno abbastanza buono per lei, perciò una volta di fronte alla cassetta non le restò che allungare la mano avvolta dal guanto di plastica e afferrarlo … ritrovandosi ad afferrare invece quella di qualcun altro che evidentemente aveva adocchiato lo stesso prelibato ortaggio.
Si bloccò di colpo e alzò lo sguardo verso lo sconosciuto, incrociando i suoi occhi castani con quelli intensi e verdi di un giovane uomo dai capelli biondi.
Era affascinante. Gli occhiali dalla montatura stretta e semi trasparente risaltavano quasi la forma allungata del suo viso, gli zigomi alti, e rendevano ancora più intenso il suo sguardo.
Inoltre, i suoi vestiti … aveva anche un certo stile nell’abbigliarsi.
E stava cercando di rubarle il regalo per la cena di sua madre.
Lanciò rapida un’occhiata anche al suo carrello.
Oh, brutto mascalzone! Ha anche il cacao amaro.
 
-Oh, salve.- le disse, sorridendo così impercettibilmente da non riuscire a notarlo e raddrizzando la schiena, ma continuando a rimanere con la mano sull’ortaggio conteso –Chiedo perdono Madame, ma temo di doverle chiedere di rinunciare a questi cavoli, per stavolta. Sa, sono per il compleanno di … un amico.-
 
Lei sorrise, cercando di apparire il meno sarcastica e infastidita possibile.
Neanche per sogno.” pensò determinata.
                          
- Ah, ehm … - disse – Si, beh mi spiace ma temo di dover essere io a chiederglielo. – rispose, poi si finse intristita – Sa è per mia madre, è molto malata. Quasi in fin di vita.- tirò su col naso e scosse il capo, abbassando gli occhi –Mi ha chiesto zuppa di cavoli per cena, e … non ho saputo dirgli di no. I-io … vorrei che fosse buonissima, dato che non so se sarà l’ultima. – mentì continuando con la sua messa in scena.
 
L’altro parve cascarci e comprenderla.
 
-Oh, capisco.- fece, quindi prese il cavolo, lo imbustò per bene e dopo averlo pesato glielo diede, con un sorriso mentre lei lo fissava a bocca aperta senza sapere se essere sconvolta o altro –Ecco, tenga. In fondo, chi è che mangia cavolfiore al suo compleanno? Saluti sua madre da parte mia, spero possa riprendersi.-
 
Lasciandola lì da sola con la busta in mano a fissarlo, mentre si allontanava verso la cassa.
 
-Jane! Sei qui.-
 
La voce di sua sorella la riscosse, facendola sobbalzare per lo spavento.
 
-E-eh?- bofonchiò, voltandosi a guardarla.
-Hai trovato i cavolfiori? Possiamo andare, allora?- ribadì quella, ignara.
 
Lei guardò sconvolta dapprima i cavoli nella sua mano, poi la sorella e il carrello pieno al suo fianco.
Non ci posso … credere.
Pensò soltanto.
Ma a cosa? In fondo i cavoli era quello per cui aveva lottato, no? E allora perché non riusciva a smettere di sentirsi una stupida imbrogliona bugiarda?
Non era da lei … dire bugie.
Se solo … non ce ne fosse stata la necessità.
 
-Alex, ci sei?- tornò a chiederle la sorella.
 
E finalmente lei fu in grado di riscuotersi.
 
-Ah, si.- disse, ancora un poco sconvolta –Andiamo.- determinò, avviandosi verso la cassa.
-Alexandra!- la richiamò invece l’altra.
-Che c’è?- sbottò lei, voltandosi di scatto nuovamente a guardarla.
 
Monica la guardò con un sorriso divertito e stranito.
 
-Quelli non li metti nel carrello.- fece indicando con la testa la busta ancora stretta nelle sue mani.
 
E a quel punto lei, spazientita, sbruffò e gettò gli ortaggi assieme al resto della spesa, ordinandole di sbrigarsi.
La maggiore scosse il capo seguitando a sorridere. “Ma che le prende? Sarà il caldo … oppure stavolta l’ho davvero fatta arrabbiare.
 
***

L’ultima busta finì dritta nel cofano, che poi Monica richiuse con un colpo deciso e calibrato.
Sospirarono entrambe guardandosi.
 
-Ce l’abbiamo fatta.- disse la maggiore soddisfatta.
 
Alexandra alzò gli occhi al cielo.
 
-Aspetta di arrivare a casa, prima di dirlo.- ironizzò strappandole un sorriso, quindi insieme si fiondarono in macchina, che nel frattempo era diventata un forno a microonde.
 
Dopo cinque minuti di viaggio, a metà strada la giovane si sentì morire. Boccheggiando si levò di nuovo gli occhi, sistemò meglio la coda castana e spalancò il finestrino sporgendosi un po’ a respirare, ma venendo accolta da una ventata afosa.
 
-Per tutti gli Dei, fa così caldo che la torta potrei tranquillamente cuocerla anche qui, se avessi già tutto pronto.- 
 
Monica ridacchiò.
 
-Dicono che domani andrà meglio.- rispose –Comunque dai, siamo quasi arrivati.- concluse scoccandole un occhiolino.
-Altri due minuti e mi sciolgo definitivamente. Accellera ti prego.- sospirò.
 
E nel frattempo il semaforo di fronte a loro scattò sul rosso, segno che il destino aveva deciso di non aiutarle quel giorno. Neanche un po’.
O forse si.
 
***
 
-Peccato che tu non sia riuscito a comprare i cavoli ... eheheh, non sai quanto avrei voluto vedere la faccia del Principino al suo regalo di compleanno.- esordì Gladio con una risata.

Ignis sorrise a sua volta, rimanendo concentrato nella sua ricerca di un parcheggiò. Si trovavano proprio sotto l'edificio che ospitava l'appartamento dove il principe di Lucis, Noctis Caelum, era stato mandato dal re a far pratica di "vita comune" in attesa della fine degli studi.
Era in centro, e a quell'ora di solito non si trovava un posto per la macchina neanche a pagarlo oro. Ma lo stratega sembrava non preoccuparsene.

- Il sentimento è reciproco. - rispose - Ma non potevo certo lasciare che una donna morisse senza la sua ultima zuppa di cavolo. Vorrà dire che per la sorpresa m'inventerò qualcos'altro, dovrebbero esserci delle carote e un sacchetto di piselli in freezer-

Gladio ridacchiò di nuovo.

-Non vorrai mica darmi a bere che ci sei cascato davvero, in quella storia della mamma malata.-  lo incalzò incuriosito e divertito.
- Certo che no. - replicò tranquillo l'altro - Ma mi sembrava scortese dimostrarle il contrario. -

Gladio rise per l'ultima volta.

-Che gentiluomo.- si congratulò.
-Oh, un parcheggio finalmente.- concluse soddisfatto il biondo -Forza, sbrighiamoci prima che tornino a casa. Prompto dovrebbe trattenerlo almeno fino alle tre di questo pomeriggio.-
-Tre ore e mezza per preparare una cena come si deve. Pensi di farcela?- domandò a quel punto Amicitia, facendosi serio.
-Si era detto cena da Re, e cena da Re sarà. Con una piccola incursione di Mr. Carota e simili.- scherzò Scientia -Aiutami a portare la spesa su e poi vai a prendere i regali. - concludendo la manovra e tirando il freno a mano.
-Teheheh, Mr. Carota. - sghignazzò Gladio scendendo dall'auto -Penso proprio che a questo punto il mio regalo sia azzeccatissimo.-

\\

La serata era iniziata bene, al rientro dei due giovani collegiali.
Noctis era rimasto piacevolmente sorpreso di trovare entrambi i suoi maestri (uno di scherma e l'altro praticamente di tutto ciò che riguardava usare il cervello), attenderlo indaffarati, e la tavola ben apparecchiata, i regali impacchettati sul tavolino in salotto e un delizioso odore di carne e salse varie non avevano fatto che completare il quadretto.

-Sorpresa!!- avevano gridato in coro i tre, allegri.

Quindi mentre Ignis finiva di cucinare si erano seduti attorno al tavolo e avevano chiacchierato un po’, del più e del meno.
L'esame era andato bene, e adesso non restava che godersi il compleanno in compagnia degli unici amici che in fondo avesse mai avuto, nonostante lo sciame di gente che gli ronzava intorno.
Tuttavia, quando venne l'ora di cena e la portata principale gli fu posta dinnanzi la sua allegria si spense un poco, e lasciò il posto sul viso a un'espressione a dir poco delusa e schifata.

-E questi cosa sono?- chiese, stringendo la forchetta in mano e guardando il piatto appena colmo.

Prompto e Gladio trattennero una risata, Ignis Scientia sospirò.

-Mi pare ovvio che si tratta di carote e piselli.- disse -sono il mio regalo di compleanno per il Principe di Lucis, affinché cresca sano e forte come sua maestà il Re desidera.-

Il sorriso sulla bocca di Gladio e Prompto si allargò di più, fino quasi a non riuscire più a camuffarsi.
Noctis sbruffò, abbandonando la forchetta accanto al piatto e appoggiando la schiena alla sedia, le braccia incrociate sul petto.

-Avevo pensato a dei cavoli in un primo momento, ma una donzella in difficoltà ne aveva più bisogno e quindi ho dovuto ripiegare su questi. Comunque credo sia ugualmente accettabile.- spiegò ancora il biondo, continuando a mantenere la sua aria seriosa anche se dentro doveva ammettere di starsela spassando.
-Ah, che fortunato.- replicò il principe, seccato -Mi spiace ma stavolta hai sbagliato regalo, Iggy. Sappi che non le mangerò neanche sotto tortura. -
-Ah, andiamo Noct!- lo canzonò allegro Prompto Argentum, stando al gioco -Ha lavorato duramente per questo, dagli almeno una soddisfazione.-
-Già!- lo sostenne Gladio serioso -Hai idea tu di cosa vuole dire uscire con quaranta gradi e infilarsi in un supermercato per un sacco di carote? Abbiamo rischiato la polmonite per te, principessa. E Iggy è tutto sudato, non vedi?-
-Mi spiace per voi.- si limitò a rispondere quello, a braccia conserte, chiudendo gli occhi e scuotendo più volte il capo in un imperioso gesto di diniego.

I tre a quel punto si lanciarono occhiate furbesche e divertite, e infine Ignis Scientia fu pronto al colpo di grazia.

- Va bene, come vuoi. Vorrà dire che se non sarà il tuo regalo di compleanno sarà il mio. - disse, riprendendosi il piatto e facendo per avviarsi alla cucina.

Noctis riaprì di colpo gli occhi.

-Che?- esclamò incredulo.
-Giusto.- affermò entusiasta Gladio - O lo ringrazi ora, o lo farai al suo compleanno, mangiando broccoli, piselli e carote mentre noi ci abbuffiamo di dolci e leccornie varie. -

Prompto rise.

-Ahah, siete crudeli ragazzi!- osservò.

Ignis scosse il capo.

-Non è crudeltà, è senso civico. - lo corresse -Puro e semplice senso civico.-

E a quel punto, pur di levarsi di torno gli odiati ortaggi, al Principe non restò che arrendersi.

-Ah, e va bene.- concluse sospirando -Ignis, da' qua ... vi odio.- aggiunse mugugnando.
-Anche questo lo sappiamo molto bene.- fece l'interrogato, con una strana vocina stridula.

Tutti lo guardarono straniti, incluso Noctis che subito dopo chiese.

-Quella vocina dovrebbe significare qualcosa?-
-Non ero io ...- ribatté allora lui divertito -Erano le carote. O forse Mr. Carrots che cerca di farsi perdonare. -

Gli altri due esplosero in una risata.

-Chi è Mr. Carrots?- domandò ancora il principe pentendosene subito dopo.
-Te lo spiegherà Gladio dopo cena. - risolse il cuoco -Ora diamoci una mossa, che si fredda.-

Noctis sbruffò imboccando il primo cucchiaio di disgustose carote.
"Tsè, figuriamoci. Maledetti."
Stavolta gliel'avevano fatta.
Ma in fondo, che compleanno sarebbe stato senza di loro?
 
***
 
La cena a base di cavolo era andata magnificamente, sua madre aveva gradito molto e la torta al cioccolato era stata appena sfornata, riempiendo col suo profumo la casa fino al piano di sopra.
Stremata e accaldata, ora la giovane Alexandra se ne stava sdraiata sul letto con la sua canzone preferita nelle orecchie, indosso solo un completo sportivo di pantaloncino e canotta bianchi e con una riga nera sui lati, all’altezza delle cuciture.
Cercava invano di scrivere qualcosa sul suo diario riguardo quella giornata assurda, ma … al momento l’unica cosa che gli veniva era qualcosa di astratto e incoerente sull’uomo che le aveva fregato il cacao e lasciato i cavoli come premio di consolazione, pur non essendosi bevuto la sua patetica sceneggiata.
Continuava a ricordare quel viso così particolare e famigliare, quegli occhi verdi e intensi, la linea stupendamente equilibrata delle lenti che sfioravano le sopracciglia e la ciocca ribelle bionda come il grano che ricadeva a sfiorargli un lato della fronte.
E poi la sua voce, i suoi abiti, i suoi modi di fare …
Sospirò spazientita, scuotendo il capo e cambiando canzone in una più disco e ritmata, cancellando ciò che aveva appena scritto e riprovandoci.
 
Caro diario,
 
Oggi mi è successo qualcosa di strano, e non so bene come comportarmi. Voglio dire … so che l’amore fa male ed è strano, però … non credo che sia questo. È solo che … era così … bello. E affascinante. E


Dunque, come posso iniziare?
Oggi faceva un caldo boia e il mio cervello deve essersi fuso tra un forno e l’altro, perciò ora è normale che io mi riduca a fare la deficiente pensando al primo riccone stratosfericamente bello che mi capiti davanti rubandomi la cena per mamma e il regalo per Silvie, no?



Si fermò. Rilesse e … cancellò di nuovo, con più foga, per poi buttare via il quaderno appoggiandolo in malo modo sul comodino, spegnere la luce e chiudere gli occhi appoggiandosi musona sul cuscino, a braccia conserte sule petto.
Smettila, scema che non sei altro.” si disse “Ti stai comportando da adolescente.
Sbruffò di nuovo, cercando di pensare alla festa a cui era andata sua sorella e chiedendosi se anche la torta avesse avuto un buon sapore, come aveva presagito assaggiando l’impasto in fase di preparazione.
Alzò il volume dell’mp3 e sospirò di nuovo.
Probabilmente lo avrebbe saputo domattina, quando avrebbe potuto parlare con sua sorella.
Due sospiri ancora, rapidi e stufi, e quindi si voltò dall’altra parte del letto, verso il balcone aperto, lasciando correre lo sguardo sullo skyline della città, illuminato dalle mille luci turchesi dei lampioni.
Una fitta di mal di testa la indusse a stringere appena i denti, ma durò poco.
Odio il caldo.” Pensò, stringendosi di più al cuscino.
E l’estate. E le zanzare, la siccità e tutti i maledetti romanzetti e filmetti rosa che si vedono in tv in questo periodo schifoso.
Infine prese di nuovo in mano il telefono e per distrarsi aprì il giochino di gestione di una pasticceria che aveva scaricato, continuando la partita dal livello 35.
Undici livelli più tardi era già mezzanotte passata, e lei ancora non riusciva a smettere di sentirsi una cretina.


 
 


 
***Note:
Ehm ... salve.
Si, dunque ... allora ...
Scusatemi!! XD
No, sul serio, chiedo venia a tutti ma il caldo mi da alla testa, mi fa uscire fuori queste cose, e poi ci sono i drama coreani, mi è arrivato il costume da cosplay di Iggy e sono tre giorni ormai che lo provo, lo riprovo, me lo metto e poi me lo caccio e se potessi ci andrei anche a dormire. Insomma ... capitemi.
Che dire ... non so proprio come farmi perdonare, se non avvisarvi che non ho idea del cosa fare con me stessa, sono un caso perso e mi sono perdutamente innamorata di Iggy (Tutti: Ma va?)
Vabbè, io vado, mi sono vergognata abbastanza ^D^"
Spero comunque che vi sia piaciuto perchè ho in mente qualche altro capitolo, quindi ... perdono ancora in anticipo XD
Unica cosa che posso dirvi? La fic si concluderà con l'inizio del  gioco, e la partenza dei quattro chocobros da Insomnia per il matrimonio di Noct.
Bye, scappo prima che mi linciate X***D :P

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Capitolo 2
*** Dolci risvegli in giornate di sole ***


Dolci risvegli in giornate di sole


Era domenica, uno degli ultimi fine settimana prima delle agognate vacanze.
Le dieci e un quarto del mattino e già nel piccolo appartamento in centro,  a pochi passi dal palazzo reale si espandeva zuccherino e appetitoso il profumo della colazione.
Il principe Noctis, addormentato nel suo letto praticamente aggrovigliato nelle lenzuola del suo comodo letto e con Mr. Carrots (il peluche gigante di una carota che sorrideva regalatogli da Gladio circa un paio di mesi e mezzo prima in occasione del suo diciottesimo compleanno) sotto braccio riapri gli occhi ancora totalmente avvolto dal piacevole torpore del sonno, e immediatamente riconobbe quasi tutti i suoi piatti preferiti.
Frittelle,  bacon, pane tostato e caffè, assieme a uova, qualcosa che sapeva di cioccolato, e dovevano esserci anche della marmellata e del burro in mezzo.
Sospirò, richiudendo gli occhi e voltandosi dall'altra parte.  A quanto pare quattrocchi era già al lavoro.
Avrebbe voluto tanto alzarsi e raggiungere il luogo dal quale proveniva quel profumo delizioso, ma restò ancora un altro po' spaparanzato a pancia in giù sul materasso, prima di cedere hai morsi sempre più insistenti della fame e decidere di alzarsi, anche perché nel frattempo erano arrivati anche Prompto e Gladio per spartirsi il bottino.
Si trascinò in bagno, lavò la faccia e sistemò i capelli alla bell’e meglio, visto che di mattina specialmente non c’era modo di riportarli alla normalità e solo Ignis sembrava magicamente riuscirci.
Quindi ancora con indosso il pantalone a righe bianche e blu scuro del pigiama e la maglia blu notte si diresse in salotto dove, seduti attorno al tavolo, i suoi tre amici se ne stavano a scherzare sorseggiando caffè e assaggiando quelli che ad occhio e croce sembravano essere i famosi dolci di Tenebrae che Iggy stava disperatamente cercando di riprodurle per lui.
 
-Oh, buongiorno bel addormentato.- lo accolse sbruffone come al solito Gladio, con un ghigno.
 
Gli rispose con un grugnito e si sedette al suo posto a capotavola, di fronte a lui e a fianco di Prompto, che ridendosela osservò.
 
-Hey Noct, meno male che ti sei alzato. Ancora un altro paio di minuti e …- addentò un pezzo del dolce che aveva in mano, lo masticò con gusto, bevve un altro sorso di caffè e infine ultimò la frase, con più fiato e calma accogliendo il premuroso di Ignis a non strozzarsi nel tentativo di fare più in fretta –Non ci sarebbe rimasto più nulla. Iggy, spero che stavolta siano quelli giusti, perché sono davvero fenomenali.-
 
Quello si fece serio, finendo di versare il caffè al principe e poi sistemandosi meglio gli occhiali sul naso, in quel gesto che faceva per nascondere la tensione o l’imbarazzo.
Non disse nulla, troppo in ansia per farlo.
Si limitò ad attendere il verdetto che, pochi attimi dopo, arrivò come sempre implacabile.
 
-Mh, buoni.- disse infatti il principe, poi però scosse il capo –Ma non ci siamo ancora. Quelli che ho assaggiato erano più soffici e meno dolci.-
 
Il cuoco sospirò e annuì.

-Allora dovrò riconsiderare l’idea della fecola, la prossima volta. E magari provare con qualche spezia.-
 
Noctis annuì, stava per rispondere ma Gladio lo prevenne, finendo il suo caffè e poi agguantando un altro pezzo di quelle delizie ripiene.
 
-Ah, per ora mangiamo e basta. Sono buonissimi anche così.-
 
Prompto si emozionò.
 
-Oh, Gladio! Mi stai dando ragione?- chiese sognante, congiungendo le mani e sporgendosi verso di lui.
 
Quello ghignò, lo guardò a braccia conserte sul tavolo, e subito dopo gli sferrò un ceffone moderato tra capo e collo, sorprendendolo e scaturendo qualche sorriso divertito da parte degli altri due spettatori.
 
-Non ti montare la testa, mammoletta. È solo una coincidenza. –
 
Il principe sembrò rianimarsi, forse aiutato dal sapore effettivamente divino dei dolci o dall’aroma inconfondibile ed energetico del caffè.
 
-Ciò non toglie che sia vero.- disse, bevendone un altro sorso e scambiandosi una rapida occhiata con Ignis, che nascose il sorriso sotto i baffi nella tazza e subito dopo cambiò argomento, ritornando serio e proponendo qualche idea per quella giornata di riposo.
-Allora, potremmo andare da qualche parte più tardi, dopo pranzo. Magari al parco, o al centro commerciale. Devo fare qualche acquisto.-
-Altri broccoli?- lo canzonò Gladio.
 
Lui accennò un sorriso divertito.
 
-Erano cavoli.- lo corresse –Comunque no, non si tratta d’ingredienti stavolta. Sono acquisti personali.- specificò
 
Amicitia scosse le spalle annuendo.
 
-Per me va bene.- risolse.
-Oh, anche per me.- rispose entusiasta Prompto –Hanno aperto un nuovo negozio di videogame, potremmo andare a darci un’occhiata.
–Noct? Tu che dici?- chiese a quel punto Ignis al principe, che sembrava non aver seguito neanche una virgola di quella conversazione.
 
Quello scosse le spalle, si portò alla bocca l’ultimo boccone di dolce e dopo averlo mandato giù col caffè concluse, noncurante e assonnato.
 
-Okkey. Tanto domani è lunedì.- scherzò, cercando di mostrarsi il più coinvolto possibile e rivolgendo una eloquente e furbesca occhiata al “quattrocchi”, come soleva chiamarlo lui dai tempi in cui gli faceva da maestro e compagno di scuola insieme.
-Appunto.- replicò quello, stando al gioco –Potremmo anche fermarci al fast-food se prometti d’impegnarti negli esami finali.-
-Oh, si!- esultò Prompto
-Ignis, lo vizi troppo.- scosse il capo Amicitia.

Il Principe si finse offeso e corrucciò la fronte.
 
-Io lo faccio sempre.- replicò.
 
Scientia sbruffò, senza aggiungere altro.
E alla fine, dopo un ultimo lungo istante di silenzio, tutti e quattro esplosero in una divertita risata.
 
***
 
Quella mattina Alexandra si svegliò presto, rilassata, ispirata e con una forte voglia di preparare la colazione a sua sorella e alle due nipotine figlie della sorella mezzana, ch'erano venute a trovarla dalla periferia.
Cinque e dieci anni, voleva loro bene e la sera prima aveva preparato tutto l'occorrente, perciò quando si alzò non dovette fare altro che versare l’impasto per le frittelle dolci nella padella, soffriggere il bacon al punto giusto e preparare al momento la crema di cioccolato da spargervi sopra con qualche mora e fragoline di serra comprate dal fruttivendolo di fiducia sotto casa ad un prezzo vantaggioso. Per ultimo, quando sentì i passi di sua madre giungere dal fondo del corridoio sorrise e mise sul fornello la macchinetta del caffè.
La donna, cinquant’anni, un viso gentile incorniciato da morbide onde bianche dei suoi capelli tagliati corti sulle orecchie, si affacciò alla stanza e sorrise contenta.
 
-Buongiorno.- le disse avvicinandosi alla cucina per riempire la sua bottiglia d’acqua.
 
Ne beveva almeno due litri al giorno e anche di più, e quel sistema le serviva per regolarsi.
 
-‘Giorno mami.- rispose allegra lei, staccandosi un attimo dai fornelli con ancora la spatola in mano per stamparle un bacino affettuoso sulla guancia.
-Il caffè è quasi pronto. Vuoi una frittella?- le chiese.
-Oh, non posso …- fece la donna, intristita.
 
A causa del suo diabete purtroppo all’età di quarantasei anni aveva dovuto modificare drasticamente la sua dieta e abituarsi a mangiare meno zuccheri possibile.
Poi però si avvicinò a sbirciare ciò che la figlia minore stava facendo e quel profumo invitante le fece venire l’acquolina in bocca, convincendola a uno strappo alla regola.
 
-Va bene. Solo una, dai.-
 
Alexandra sorrise di nuovo.
 
-Ti ci metto lo sciroppo vegetale, quello senza glucosio.- acconsentì volentieri la ragazza, ricevendo in risposta un altro sorriso e un bacino al volo.
 
Nel frattempo il caffè iniziò a brontolare nella macchinetta spandendo il suo aroma agrodolce nell’aria, la crema di cioccolato si era addensata e la prima frittella era pronta.
Stava giusto abbellendola nel piatto per consegnarla a sua madre con una tazzina del prezioso nero, quando un vociare giunse fino alle sue orecchie da oltre la porta chiusa del soggiorno, che s’intravedeva dall’ampio arco posto sopra il ripiano da lavoro in marmo alla sua destra.
 
-Buongiorno zia!- La salutarono le due pimpanti bimbe spalancando l’uscio e fiondandosi a curiosare in cucina.
 
Anna, la più piccola, stringeva ancora in mano il suo peluche Tigro, una tigre in stile cartone animato dal pelo marroncino chiaro, indossava un pigiamino giallo con un sole sorridente disegnato sopra ed era scalza. L’abbracciò forte e le diede un bacio sulla guancia, lei fece lo stesso dopo aver tolto la cioccolata dal fuoco.
La più grande invece, Abbie, che aveva indosso lo stesso pigiama ma di qualche taglia più grande e rosa, si limitò ad arrivarle dietro con un sorriso e avvolgerla in un abbraccio.
La ricambiò stringendola forte, quindi rialzandosi esclamò contenta.
 
-Beh, allora facciamo colazione?-
-Siii!- risposero loro entusiaste.
-Zia, c’è la colazione speciale?- chiese Anna curiosa.
-Si.- replicò lei scompigliandole i capelli.
-Ah, buongiorno.-
 
Sua sorella s’introdusse nella conversazione spuntando da dietro alla parete divisoria ancora mezza assonnata.
 
-Che profumino …- fece, poi quando vide la tavola ben apparecchiata e il latte già nelle tazze delle due piccole sul suo viso si dipinse l’ammirazione e la sorpresa –Ah però, oggi colazione da re. – osservò contenta.
 
La minore sorrise soddisfatta, finì di versare nella pentola la porzione d’impasto per la seconda frittella e quindi rispose, orgogliosa.
 
-Tsè, il Re se la sogna una colazione come questa. – commentò –Qui c’è amore, e poi noi abbiamo le principesse. - concluse scherzosa, scoccando un occhiolino a entrambe le piccole e attirandosi i loro più bei sorrisi felici e imbarazzati.
 
***
 
Appena entrati nel fatidico grande centro commerciale a tre piani con una moltitudine infinita di negozi di vario genere a disposizione, neanche il tempo di dirigersi alle scale mobili che subito Prompto si fiondò verso una macchina del gioco pesca con l'artiglio, tutta gialla e ricolma di pupazzi di varie grandezze ma con un unico tema.

-Waaaaah, guarda Noct! Chocobo!!- esclamò entusiasta e incantato come un bambino appiccicandosi al vetro.

Il principe si avvicinò svogliatamente, le mani perse nelle tasche dei pantaloni, e Gladio e Ignis fecero lo stesso.

-Fossi in te non ci proverei. - lo avvisò Amicitia -A meno che tu non voglia trovarti sul lastrico dopo un paio di partite. Quelle macchinette sono fatte a posta, non c'è verso di cavarci anche solo un misero peluche. -
-Ma no, dai. - rispose il biondo, continuando a guardare sognante quello di un chocobo grassoccio incastrato al centro e quasi sommerso da tutti gli altri -Non è vero, conosco persone che ci sono riuscite. -
-Pochi fortunati, credo. - intervenne Ignis aggiustandosi gli occhiali con aria saggia.
-Già. I vincitori alla lotteria, e credimi qualcosa mi dice che tu è meglio che non ci provi neanche. - sghignazzò Gladiolus strappando un sorriso sia al principe che a Scientia.
-Ooh, ma è così carino.- replicò sognante Argentum, per nulla deciso ad abbandonare il suo sogno nel cassetto.
-Credo che Gladio abbia ragione, Prompto. Lascia perdere, l'ultima volta che ci hai provato abbiamo speso tutti i soldi per il pranzo e anche quelli per il pullman. Hai dovuto fartela a piedi da scuola, per quattro isolati. -
-Mi sono mantenuto in allenamento.- si difese allegramente l'altro,  poi si girò, allargò il suo sorriso e gli rivolse uno sguardo tenero -E comunque hai ragione, io sono negato. Magari tu ci riesci, però. -
-Che? -

Il principe rimase spiazzato a guardarlo, colto di sorpresa e senza sapere cosa ribattere.
Gladio rise, passandosi una mano tra i capelli e scuotendo il capo.
Ignis sospirò portandosi una di fronte agli occhi.

-Non credo sia una buona idea. -
-No, non mi va di giocare adesso. - bofonchiò Noctis mostrandosi annoiato -Non avevi detto di essere venuto per il negozio di videogame?-
-Questo è un game, anche se non è video. - replicò sorridente ed eccitato Prompto, deciso a convincerlo.
-Lasciate perdere, datemi retta. Vuoi mandare in bancarotta Lucis per un pupazzo di un Chocobo? - ripeté Gladio guardando entrambi e poi rivolgendosi al biondo che, tuttavia, non si arrese neanche stavolta.
-E dai, Noct.  Ti prego, ti prego, ti prego! Solo per stavolta.- implorò, unendo le mani all'altezza del suo viso.

Quello ci pensò su ancora qualche attimo e poi sospirò, arreso, tirando fuori dalle tasche qualche centesimo.

-Spostati.- fece.

Prompto esultò.

-Non ditemi che non vi avevo avvisato.- concluse Gladio rassegnato, scacciando l'aria con una mano.
-Beh, buon divertimento. Io preferisco non assistere. - fece Ignis, prendendo a camminare verso le scale.
-Mi associo. Cercate solo di non mandare Insonnia sul lastrico.- scherzò lo scudo del re, raggiungendolo.

Noctis sbruffò.

-Si, certo. Due minuti e abbiamo finito. - replicò, in un chiaro e determinato segno di sfida verso il dannato peluche.
 
***
 
Un pinocchietto nero classico, camicia bianca, bretelle e scarpe di pelle lucida nera con una bella suola rialzata di sotto, per tenere con stile sotto controllo la schiena e la sua altezza, che non era mai stata statuaria.
Un metro e 75 centimetri di puro e sano spirito intraprendente, curioso sul mondo e i suoi misteri come quando aveva pochissimi anni, appena quattro o cinque.
Dopo aver fatto colazione Alexandra Jane aveva messo in ordine la cucina, rifatto il suo letto e mentre sua sorella si preparava e vestiva le bambine lei si era concessa tutto il tempo per curarsi un po'.
Non aveva mai avuto un buon rapporto con la sua immagine, soprattutto da adolescente.
Non era una di quelle ragazze che saltavano subito all'occhio,  la sua bellezza era del tipo acqua e sapone e richiedeva un po' d'impegno in più per farsi notare, ma non molto.
Così nel tempo aveva imparato a truccarsi, non perché le piacesse farlo ma più per necessità, e aveva riscoperto dentro sé una passione per gli stili di moda alternativi come l'urban e il country style.
Spesso trovava le idee su internet, girovagando un po' alla ricerca di modelli a cui ispirarsi,  e poi nelle boutique a basso costo trovava comunque il modo di vestirsi bene risparmiando.
Era una di quelle ragazze che avevano conosciuto la sofferenza è i lati peggiori di sé stesse e del mondo,  e avevano imparato ad accettarle,  anche se con un po' di riluttanza.
E quando la pazienza si esauriva ecco che le veniva in aiuto il suo diario, le sue nipotine o, in alternativa, la passione per la cucina, un vero e proprio sfogo in cui gettava tutto l'amore che altrimenti non avrebbe potuto o saputo esprimere, e i piatti che ne uscivano fuori erano come un pezzo di quel mondo ideale che mai sarebbe esistito.
Dopo essersi cambiata e truccata legò di nuovo i capelli in una coda con un elastico nero, inforcò gli occhiali tirati a lucido e poi passò a sistemare amorevolmente anche i capelli della nipotina più piccola, pettinandoli per bene e acconciandoli con due simpatiche codine sopra le orecchie.
Uscirono dirette al parco vicino casa, stettero un po' a giocare insieme a palla, poi in macchina raggiunsero il centro commerciale più grande della città, a circa un quarto d'ora di cammino, e lì si fermarono a mangiare qualcosa al fast food al piano di sopra.
Alle due del pomeriggio le bambine erano già stanche ma i loro genitori passarono a prenderle per riportarle a casa,  e così rimaste sole le due sorelle decisero di farsi un ultimo giro nei negozi di scarpe e abbigliamento per fare qualche acquisto necessario,  prima di andarsene.
Monica aveva bisogno di un paio di scarpe eleganti, Jane invece di qualche accessorio, dei vestitini e qualche camicia.
Magari non avrebbe preso tutto quel giorno, ma era una buona occasione per trovare qualche capo buono a metà prezzo, visto ch'era iniziata la stagione dei saldi.
Si trovano al terzo piano e stavano passeggiando fianco a fianco lungo il corridoio principale guardando qualche vetrina quando, davanti a quella di un negozio di abbigliamento di lusso maschile, di colpo la giovane Alexandra Jane si fermò, trattenendo il fiato.
Monica fece lo stesso,  guardando dapprima i manichini e poi la sorella, stranita.

-Che c'è? - chiese.

Ma non ricevette risposta. Anzi. La giovane stette ancora per qualche istante a fissare un punto preciso di fronte a lei, dall'altro lato del vetro,  poi improvvisamente sembro rianimarsi spaventata e nascondendosi dietro di lei la trascinò via per un braccio con una scusa.

-Niente. Ho sete, andiamo a bere qualcosa di fresco? -
-Ma che ti prende, Alex?! - ripeté innervosita e stranita la maggiore a voce alta, ricevendo in risposta uno sguardo di fuoco e spaventato.
-SHHH! - la zittì, tirandole un lieve ma deciso schiaffone sul braccio -Non dire il mio nome e non parlare.  Non farti notare. - mormorò agitata continuando a trascinarla.

Ormai erano quasi arrivati a metà strada per le scale mobili, una trentina di passi dal negozio ma ancora troppo vicini.
"Maledizione, ma perché lo incontro ovunque!? Speriamo solo non ci abbia sentite, dato che ormai mi ha vista."

-E dai, Jane. Smettila! - protestò infastidita la maggiore, liberandosi dalla sua stretta e guardandola fissa negli occhi -Ma che c'è? -

Lei rimase gelida sul posto.
"Ma è sorda?? L'ha detto di nuovo, il mio nome. Le avevo detto di star zitta! "
Sbruffò spazientita, e incrociò le braccia sul petto.

-Sete, latte di mandorla. Tu no? Bene. – disse telegrafica, per poi voltarle le spalle e accelerare il passo verso le scale mobili col cuore che le batteva a mille e le guance così rosse da sembrare infuocate.
Due minuti dopo era seduta ad un tavolino del bar al piano di sotto, le gambe incrociate l’una sull’altra e un braccio appoggiato su di esse, sorseggiando un latte di mandorla con la cannuccia e guardando un punto lontano in fondo al corridoio, mentre sua sorella le sedeva di fronte.
 
-Allora, vuoi dirmi che ti è successo prima? – chiese
-No.- ribatté decisa lei, senza neanche guardarla.
 
Monica sospirò e finì il suo caffè per poi alzarsi e decretare.
 
-Okkey, vado a pagare va’, che è meglio. -
 
Sparendo poi dalla sua visuale.
Tornarono a casa subito dopo, e anche quella sera, chiusa in camera sua, stringendo il cuscino mentre guardava senza troppa attenzione il suo programma di cucina preferito, Alexandra non poté impedire al suo pensiero di tornare con insistenza all’immagine di quello sconosciuto.
Di bello era bello, su questo non ci pioveva. E a giudicare dal negozio che stava fissando con particolare interesse anche abbastanza ricco.
Giuro che la prossima volta che mi capita davanti gli chiedo almeno come si chiama. Così, giusto per sapere il nome dell’idiota per cui mi sto rincitrullendo.
Pensò, ben sapendo che la sua proverbiale timidezza quando si trattava di uomini gli avrebbe sicuramente impedito di farlo.
 
***
 
Le 21.45 della sera.
Dopo aver consumato l'ultimo caffè assieme al Principe e averlo lasciato con la solita raccomandazione di gettare la spazzatura, tenere pulito,  fare una buona colazione, leggere i rapporti sulla condizione del regno e svolgere gli ultimi compiti prima dell'inizio dell'ultima settimana di scuola, Ignis Stupeo Scientia ora camminava tranquillo  per le strade semideserte del quartiere, diretto al palazzo reale.
Le mani nelle tasche del cappotto beige e gli occhi che scrutavano il cielo limpido alla ricerca di qualche stella che riuscisse a splendere oltre il bianco abbagliante dei lampioni, mentre camminava si concesse qualche istante per stare solo con i suoi pensieri, riorganizzando le idee e passando in rassegna i momenti significativi di quella giornata senza pretese.
Erano sempre le migliori, alla fine.
In particolare nell'album dei ritagli di questa, non potè non includere il nuovo incontro con "la ragazza del supermercato".
Era stato sorpreso di rivederla, doveva ammetterlo.
E che fosse strana non c'era ombra di dubbio,  anche se più che altro le era sembrata nervosa e insicura.
Dopo il negozio di vestiti l'aveva incrociata di nuovo un paio di volte, prima da lontano mentre scendevano insieme al primo piano,  diretti al negozio di elettronica. Era seduta al bar e sorseggiava il suo latte di mandorla (o almeno doveva essere quello,  visto il bicchiere in cui era stato servito e il colore di un bianco macchiato), senza neanche ascoltare la donna che le stava seduta di fronte e fissando un punto lontano imprecisato.
La seconda invece era stata molto prima, di fronte alla vetrina del negozio di animali.
Lei era con due bambine, forse le sue sorelline o magari anche nipotine, visto il modo in cui vi si rapportata.
Era carina, dolce e sorridente.
E loro sembravano volerle davvero bene.
A ben pensarci... Era felice di averla rivista,  pure se ancora non riusciva a capire il perché.
Gli aveva fatto piacere, tutto qui.
Anche il constatare che in fondo non fosse così "disonesta" come il loro primo incontro avrebbe potuto fargli pensare.
Certo,  magari la mamma non era morta e neanche si trovava in fin di vita,  ma vedendola abbracciare e sbaciucchiare così teneramente quelle due bimbe e giocare con loro quasi al limite del divertimento era stato contento di aver ceduto qualche "ingrediente segreto" ad una ragazza così.
Sospirò, riprendendo a camminare.
Era un pensiero un po' ingenuo e infantile, forse.
Ma non potè impedirsi di farlo.
"Devo ricordarmi di chiederle il suo nome, se dovessi incontrarla di nuovo." si propose, sorridendo appena "Così, solo per semplice curiosità."
E una volta tornato a casa, prima di andare a dormire,  si sentì improvvisamente ispirato a metter giù qualche idea per una nuova ricetta dolce che non vedeva l'ora di provare l'indomani, magari anche già di mattina a colazione.
 
***
 
A notte fonda, circa le tre del mattino in realtà, Monica senti il bisogno di bere un bicchiere d'acqua e alzatasi scese al piano di sotto,  diretta alla cucina.
Già dal salotto però, capi che qualcosa non andava.
C'era la luce accesa, abbandonato sul divano il telefonino della sorella minore con ancora le cuffie attaccate e la musica accesa ad alto volume, e una scatola di cioccolatini mezza vuota.
Corrucciò la fronte, preoccupata guardandosi intorno.
Jane non c'era, ma la porta della cucina davanti a lei era aperta e anche lì la luce era accesa.
Senza esitare si diresse di là,  e fu li che finalmente la trovò, seduta su uno sgabellino dietro il piano di lavoro in granito, ancora mezza assonnata, una mano affondata nei capelli scompigliati e l'altra che stringeva la tazza fumante di camomilla. Sembrava alquanto disperata.
Quando la vide sospirò e bevve un altro sorso mormorando un flebile

-Ciao.-
-Ch'è successo? - le chiese avvicinandosi.

La minore scosse la testa.

-Niente.- menti -Non ho più sonno. - ben sapendo che in realtà i suoi occhi gonfi e il suo sguardo assente dimostravano il contrario.
-Un incubo?- le chiese infatti l'altra, prendendo il suo bicchiere d'acqua dal rubinetto andando a sedersi vicino a lei.

Alexandra sorrise, scosse il capo abbandonando gli occhi nel liquido giallino semitrasparente dentro alla ceramica.
Incubo...
"Non credo che sognare uno strafigo ricco, geek e gentleman che ti bacia mettendo fine alla tua schifosa vita da eterna single possa considerarsi tale." pensò, ritrovandosi subito dopo a scuotere con decisione il capo come a scacciare quei pensieri che sembrarono quasi farla rabbrividire.

-Magari avessi avuto un incubo! - si lasciò andare disperata, affondando le mani nei capelli e abbandonando la testa sul marmo, piagnucolando esausta -Mi sarei sentita molto meno peggio di come mi sento ora. -

Monica ridacchiò.

-Addirittura!  Ma che cosa è stato, me lo vuoi dire? -

Lei tornò a scuotere il capo, trangugiò tutto d'un fiato la restante camomilla ormai fredda come se fosse un drink superalcolico e infine si alzò e puntando i piedi decise.

-Torno a letto, buona notte e a domani. -

Voltandole infine le spalle e pensando nel frattempo dentro di sé, mentre saliva di nuovo le scale:" Solo io posso essere così schifosamente stupida da invaghirmi di un tizio sconosciuto incontrato per caso una paio di volte nell'arco di un paio di mesi.
Non tutto il bello è anche buono, dovrei averlo imparato adesso, no?
Perché sto ancora a sognare ad occhi aperti come una dodicenne? Ci manca solo che ci scriva su una poesia. Ah!  Si, ma certo. Sicuro! Io non le faccio più quelle cose,  me lo sono promesso. Mai più, niente amore, niente lacrime."
Giunse in camera, spense la luce e si ficcò sotto alle coperte, tirandole fin sopra alla testa e affondando la faccia nel cuscino. Sospirò pesantemente.
"Ma poi dico io, anche lui! Perché continua ad apparirmi di fronte? Cosa fa, mi pedina? I ricchi non dovrebbero avere i propri negozi privati? Sarti privati, calzolai, oculisti e fruttivendoli? Ha proprio bisogno di mescolarsi a noi mortali in un banale centro commerciale?
"
Ritrovandosi al contempo a sperare che, nel frattempo, lui non perdesse quella folle ma buona abitudine, perché doveva ancora conoscere il suo nome per poterlo denunciare per benino all'ordine degli incasinatori di vite, con tanto di ordine di restrizione cautelare al contrario.
Mai più meno di trecento metri lontano da lei.

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Capitolo 3
*** L'amore ha un profumo di cannella ***


L'amore ha un profumo di cannella
 
Jane Alexandra non era una di quelle ragazze bamboline, di quelle che stanno ferme in un posto con gli stessi vestiti per paura di rovinarseli, mentre il mondo va avanti.
Brava alunna, anche se negli ultimi tempi forse un po' troppo distratta dalle proprie passioni, la sua professoressa di letteratura nutriva un amore quasi incondizionato per l'unica allieva della sua classe in grado non solo di comprendere le sue lezioni ma anche di amarle quasi quanto o più di lei.
Amava molto anche la storia, e più tardi anche quel po' di scienza e geografia che le permettevano di capire il mondo.
Anche se le piaceva molto studiare, appena preso il diploma aveva rinunciato all'università per trovarsi un lavoro che le permettesse almeno di vivere decentemente a casa dei suoi, anche perché erano modesti operai pensionati e avrebbero fatto molti sacrifici per farla studiare, e questo lei non lo voleva.
Solo che questa ricerca di autonomia non aveva dato i risultati sperati, complice anche la crisi che aveva colpito Lucis ora che l'Impero di Niflheim sembrava aver ripreso in mano le sue mire di conquista, e così ora la lista dei suoi lavori ammontava a tre,  se si escludeva quelli mensili o stagionali.
Il lunedì, il martedì e il fine settimana faceva la dog-sitter e la donna delle pulizie in un paio di case, una di un padre divorziato e l'altra di una single in carriera.
Il mercoledì e il giovedì mattina lavorava come part timer in una libreria, e quasi tutti i pomeriggi infrasettimanali erano occupati dal lavoro di donna delle pulizie in un paio di uffici pubblici e qualche piccola abitazione.
Poi ovviamente c'era la palestra che aveva iniziato da qualche mese a frequentare per via del mal di schiena sempre più frequente e per irrobustire i suoi fragili muscoli, il corso di fotografia arrivato alla penultima lezione e il suo pomeriggio di riposo,  la domenica.
Era sfiancante. Un solo giorno non bastava per riprendersi e ricominciare la settimana.
I suoi insegnanti del liceo più volte le avevano caldamente consigliato di laurearsi e ambire a qualcosa di meglio.
E a volte adesso lei avrebbe tanto voluto averli ascoltati,  ma poi di guardava intorno e pensava che in fondo quel meglio non avrebbe potuto raggiungerlo lo stesso, quindi andava bene così.
Almeno aveva il tempo per leggere un libro e bere una tazza di thè,  e stando a contatto con gente sempre diversa poteva crescere,  e trovare ispirazione per i suoi piatti e le sue storie.
Ma nel frattempo,  tra una fatica e l'altra, nel suo quaderno appariva sfumata la sagoma del principe azzurro che avrebbe dovuto salvarla e che invece non aveva mostrato fino a quel momento neanche la minima intenzione di farsi almeno vedere.
Sfocata e cancellata, come un sogno lontano e dimenticato.
Con sotto ben chiara la scritta: "Lo giuro, quando ti dichiarerai, chiunque tu sia, ti prenderò a schiaffi e poi solo dopo, se avrai saputo darmi in motivo valido per questa attesa, ti bacerò.
Idiota, ti serve la bussola per trovarmi? Te ne regalo quante ne vuoi, basta che ti sbrighi.
Non... Io non ce la faccio più. Vorrei almeno sapere chi diavolo sei.
"

\\\

Quella fredda mattina di fine novembre era un lunedì, ed era il giorno della dog-sitter, solo che Jane ... Non si sentiva proprio in formissima, anzi non lo era affatto.
Uscì di casa ch’erano le sette e mezza e pioveva a dirotto.
Avvolta nel suo cappotto rosso, il naso sprofondato nella voluminosa e morbida sciarpa di lana del medesimo colore, tremante e stordita si avviò verso la fermata della metropolitana più vicina, facendosi coraggio ascoltando la sua playlist preferita mentre pensava a quando, una volta tornata a casa, avrebbe potuto dedicarsi un po’ alla cucina preparando i suoi biscotti alla cannella preferiti.
Probabilmente non ci sarebbe riuscita, sarebbe stata troppo stanca per concentrarsi, ma al momento il dolce aroma della spezia che si espandeva per tutta la casa era l’unico pensiero che riusciva a confortarla, così v’indugiò per un bel po’, circa una mezzoretta, quando infine il treno raggiunse la sua fermata e lei dovette immettersi di nuovo nel caos cittadino.
Salì di corsa le scale e una volta in superfice una ventata gelida e umida la avvolse.
Si fermò un secondo, trattenne il fiato e chiuse gli occhi con la paura di cadere. Non successe.
E una volta ripresasi riprese a camminare nella piazza affollata diretta ad ovest.
Oggi niente passeggiata, Ally, mi sa.” Ragionò tra sé, pensando al cagnolino che avrebbe dovuto accudire.
Aprì di nuovo l’ombrello rosso e iniziò a camminare. Due minuti dopo potè finalmente infilare la chiave nella serratura dell’ampio appartamento al quarto piano di uno dei palazzi che popolavano il quartiere medioborghese, e considerarsi finalmente al sicuro.
Il cocker le venne incontro dal fondo del corridoio che costeggiava l’open space di soggiorno e sala da pranzo, sulla destra.
Lo accolse salutandolo con una vocina dolce, si abbassò al suo livello inginocchiandosi e gli accarezzò le orecchie e il muso, massaggiandoglieli piano.
Le erano sempre piaciuti gli animali, sin da piccola. Ma era stato solo dopo la morte di cannella, la sua cagnolina, che aveva deciso di farne una professione. L’aveva chiamata così per via del colore del pelo, ed era una cocker, proprio come Ally.
Si rialzò, chiudendosi la porta alle spalle e togliendosi il cappotto e la sciarpa in cui era stata infagottata.
Sistemò i capelli passandovi una mano, quindi trasse fuori dalla tasca del jeans l’elastico nero e li legò nuovamente in una coda, infine si guardò intorno, per controllare che non ci fosse nulla fuori posto.
Di solito la dolce Ally era una cagnetta tranquilla, non faceva mai dannare la sua padroncina. Ma nelle giornate uggiose come quella si annoiava, e poteva capitare facesse qualche piccolo danno come mordere le ciabatte o rovinare un cuscino.
Controllò in bagno, nell’ufficio e nella stanza da letto. Tutto in ordine. Quindi passò in soggiorno e infine in cucina. Fu proprio lì che, sulla lavagna magnetica appesa sopra il frigo, trovò un bigliettino per lei, scritto nella calligrafia ordinata della padrona di casa.
Lo staccò e lo lesse.
 
"Oggi il tempo non sembra tanto favorevole, tu e Ally potete restare a casa.
Assicurati solo che non si faccia male e nel pomeriggio se dovesse migliorare portala al parco. 
Potresti farmi i tuoi biscotti alla cannella nel frattempo? Nella dispensa ci dovrebbe essere tutto, ti pagherò un piccolo extra per ringraziarti, sono buonissimi.
"

Jane sorrise, gli occhi che brillavano di felicità.
Se poteva?  Altroché!
Anche perché la cucina della signorina Stevenson era meravigliosamente efficiente e sempre ben fornita, nonostante lei vivesse praticamente sempre fuori casa e mangiasse sempre fuori, anche a colazione, per via del suo impegnativo lavoro.
Piano di cottura a induzione, cappa automatica, fornelli, forno e frigo sempre alla giusta temperatura per via del sistema di regolazione digitale del calore e un enorme piano di lavoro in acciaio inossidabile.
Ecco cosa le piaceva di quel lavoro.
Era come cucinare nel ristorante di un professionista, e veniva anche pagata con un extra mentre una dolce cagnetta cocker la osservava con aria curiosa destreggiarsi tra i fornelli.
Si tirò su le maniche della camicia e si diede da fare, radunando prima tutti gli ingredienti necessari su un angolo del bancone, e poi unendoli mano a mano seguendo scrupolosamente la ricetta che aveva imparato a memoria, passo passo.
 
Per cinquanta biscotti: 250 grammi di farina, 100 grammi di zucchero, 60 grammi di zucchero di canna, 1 cucchiaino di cannella, 1 cucchiaino di cacao amaro.
 
E a questo punto, nel cercare e poi prendere in mano la confezione, non poté non inebriarsi del profumo del cioccolato e ricordare, quasi fugacemente e con un certo imbarazzo, l’ultima volta che ne aveva stretta una in mano nell’atmosfera caotica e variopinta di un supermercato, mentre fuori il sole estivo faceva ardere la carrozzeria delle macchine e tutto ciò che vi si trovava dentro, così come il resto del mondo e l’asfalto scuro che lo percorreva.
Non seppe dire se fosse per colpa del profumo dolce e avvolgente della cannella, della pioggia che la metteva sempre di buon umore e la faceva diventare romantica quasi fino al melodramma o di quel leggero stordimento e malessere che continuava ad accompagnarla da quando aveva messo piede fuori dal letto, ma non poté fare a meno di sorridere, fermandosi a rivivere ancora per qualche breve istante l’attimo fugace in cui la sua mano era stata sfiorata da quello del bellissimo sconosciuto che aveva poi osato farla sentire terribilmente a disagio, ma anche bene.
Durò un istante appena, poi di malavoglia scacciò quell’immagine scuotendo il capo, e continuando a sorridere ritornò al presente, ma non del tutto.
 
1/2 cucchiaino di lievito, buccia di arancia grattugiata.
 
Tornò in soggiorno, scelse dalla fruttiera sull’ampio tavolo in vetro in stile industriale il frutto più maturo e se la portò al naso, saggiandone l’odore dolciastro.
Sorrise ancora, chiudendo gli occhi mentre immagini delle sua infanzia tornavano richiamate da quel profumo.
C’era un giardino immenso di aranci, nella loro casa per le vacanze.
C’erano andati solo un paio di anni, ma lei non lo aveva mai scordato. Lo adorava. Forse anche perché i ricordi erano sfumati e si mischiavano alle sensazioni distorte della bambina ch’era stata.
Anche quella dolce malinconia andò ad unirsi allo scrigno, e così il calore della cannella e delle arance finì per unirsi al tocco gentile di una mano sulla sua.
Annuì, decidendo che quell’esemplare di arancia fosse la scelta migliore, e tornò indietro appoggiando poi il frutto sul bancone e cercando la grattugia, che trovò in basso a destra nel secondo cassetto di uno dei mobili della cucina.
L’appoggiò accanto all’arancia e trasse fuori dal primo cassetto dello stesso mobile un coltello e un cucchiaio, che sistemò al centro del piano di lavoro, poi diede una rapida occhiata al tutto.
Non mancava più, niente, sembrava. Solo
 
125 grammi di burro e 1 uovo.

S’illuminò, come sé se lo fosse appena ricordata, e alzò il dito indice della mano destra al cielo schioccandolo con il pollice come ad indicare la lampadina che si era appena accesa sulla destra della sua testa, quindi si voltò verso il frigo e trasse da esso un panetto di burro da 200 grammi ancora intatto, lo scartò e ne tagliò circa due quarti a cubetti, pesandoli poi sulla bilancia sulla sua destra per assicurarsi che fosse la dose giusta.
Sorrise soddisfatta. Precisa come un orologio digitale ben regolato.
Lo tolse dalla coppetta di plastica e lo mise a temperarsi in una coppetta di plastica trasparente.
Nel frattempo iniziò a mescolare gli ingredienti, iniziando col fabbricare una piccola montagnella con la farina, lo zucchero di canna, lo zucchero semolato, il cacao, la cannella, la buccia di arancia grattugiata e il lievito.
Si sbottonò le maniche della camicia bianca che indossava, quindi se le tirò bene sopra i gomiti e dopo essersi accuratamente lavata le mani e aver indossato il grembiule nero che trovò appeso vicino al frigo iniziò ad amalgamare con leggeri e precisi movimenti delle dita.
Ci lavorò su qualche istante, poi trasformò la montagna in un vulcano praticando un bel cratere dai bordi alti all’interno della cima e in esso fece scivolare l’uovo e il burro leggermente ammorbidito ma ancora un po’ freddo all’interno.
Riprese a mescolare, ma stavolta ci volle appena un po’ più di olio di gomito.
 
-Radio!- disse ad alta voce, e l’impianto centralizzato a riconoscimento vocale della casa fece come lei aveva detto, accendendo l’apparecchio in salotto e gli altoparlanti montati lì, in cucina e nello studio.
 
Sorrise contenta, iniziando a canticchiare la canzone che la stazione stava trasmettendo e che guarda caso era anche la sua preferita, mentre il cane continuava ad osservarla accucciato sull’uscio.
Era veramente una fortuna che la signorina Stevenson fosse una di quelle ragazze intraprendenti di buona famiglia, perché altrimenti lussi di quel genere lei non avrebbe mai potuto permetterseli.
Invece ogni volta che arrivava in quella casa il suo sogno di averne una uguale per qualche ora si realizzava, rendendo meno pesante la vita e preparandola poi al ritorno alla sua modesta magione da impiegata figlia di pensionati.
Era piena di amore, certo, anche se modesta, mentre Mrs. Stevenson viveva da sola lontano dalla sua famiglia e non aveva ormai più neanche un fidanzato con cui poterla condividere.
Si erano lasciati qualche mese addietro, dopo tre anni, l’unica cosa che le restava di lui era il cane che le aveva regalato al loro primo anniversario, e aveva smesso di piangere solo grazie ai suoi biscotti alla cannella, per questo le piacevano così tanto.
Erano stati proprio quei biscotti, tra l’altro, a farle diventare amiche, visto che prima di allora i rapporti erano sempre stati strettamente lavorativi.
Alex l’aveva vista una volta sola, il suo primo giorno di lavoro, ed era stata trattata molto freddamente. Da quella volta per i successivi otto mesi quando lei arrivava Eve Stevenson era già uscita, lasciandole una lunga lista di cose da fare sul tavolo del soggiorno, a volte, e altre i soldi per la paga del mese.
Fino a quando, un giorno, aprendo la porta non se la era ritrovata in lacrime sul divano, circondata di foto strappate a metà mentre un’altra buona parte di esso ardevano nel camino acceso.
Era inconsolabile, e lei aveva capito subito che fosse un problema di uomini.
Quelli ti lasciano solo una valanga di brutti ricordi, sensazioni agrodolci e sorrisi e baci che sanno di bugie, oltre che ad un mare di insicurezze in cui quasi sempre si rischia di affogare, se non c’è una mano amica pronta a trarti in salvo.
E in quel caso quella era stata la sua.
Si era seduta al suo fianco ad ascoltarla, come le sue amiche dicevano che sapeva fare molto bene, anche se lei spesso credeva esagerassero.
Infine, quando il peggio aveva iniziato a passare le aveva preparato quei biscotti e un tè caldo, e in men che non si dica la gelida Mrs. Figlia di papà straricco si era sciolta, trasformandosi in una ragazza tutt’altro che insopportabile, tanto dolce e simpatica che aveva solo bisogno di parlare con qualcuno e di guardare il lato dolce e positivo della vita, quello che evidentemente neanche tutto quel denaro e quel lusso era stato in grado di procurarle.
Da lì era stato tutto in discesa, quei biscotti alla cannella erano stati così miracolosi che ogni volta che era triste Mrs. Stevenson le chiedeva di preparargliene una teglia, e circa un paio di settimane addietro le aveva anche proposto di andare a vivere lì, vista anche la poca differenza di età che le divideva (la padrona di casa ne aveva 30, sei più di lei).
 
-Non devi preoccuparti dell’affitto, non mi serve. Voglio solo un’amica, tutto qui. Qualcuno che badi a tempo pieno ad Ally quando non ci sono e che mi riscaldi la casa prima del mio ritorno. Magari gli extra potranno aumentare o diventare regolari, se vuoi.-
 
Ma lei … non aveva saputo che dirle, in un primo momento, poi aveva gentilmente rifiutato, rendendosi invece disponibile per un full time anche nel resto dei giorni infrasettimanali.
Era una buona offerta, certo. E le sarebbe piaciuto moltissimo
Ma … il punto era che non aveva il coraggio di staccarsi dalla sua famiglia, dalla casa che l’aveva vista crescere.
Non era … ancora il momento. O meglio, forse lo era, ma lei faticava a trovare la forza e il coraggio di prendere il volo.
Non aveva detto nulla neanche a loro, perché temeva in un loro consenso. Semplicemente era troppo affezionata ormai, per decidere di andarsene. E sapeva bene che il tempo da vivere era prezioso, troppo per sprecarlo così, anche se sua madre ne sarebbe stata felicissima.
Sospirò, decidendo che così poteva bastare. Quindi fece del panetto omogeneo ed elastico ottenuto una palla compatta, la avvolse nella pellicola trasparente per alimenti e la mise a riposare in frigo per una mezzoretta, passando a pulire il ripiano, preparare la teglia, il mattarello e i coppa pasta a forma di stella.
Passò il restante tempo che c’era da aspettare sorseggiando una tazza di tè caldo, gusto classico con una zolletta di zucchero e un plum-cake di quelli già confezionati, storcendo un po’ il naso perché il sapore leggermente artefatto era pastoso e un po’ disturbante in bocca, uccideva quello della bevanda e si fermava in gola appiccicandosi al palato.
Lesse un po’ del suo libro preferito di aforismi, quello che aveva portato con sé da casa, e ne sottolineo qualcuno con l’evidenziatore azzurro, nel frattempo si fece mezzogiorno e dopo aver infornato i biscotti si preparò un filetto di salmone saltato in padella e un po’ di pasta al sugo con basilico per pranzo, mangiando con lo sguardo rivolto alla grande vetrata che dava sulla strada, ed osservando rilassata la pioggia che continuava a scendere giù, ticchettando allegramente sui vetri e scrosciando sulle strade e sul grigio paesaggio cittadino.
L’amava. E amava ciò che ne seguiva.
Quando i biscotti furono pronti e la casa di nuovo in perfetto ordine erano già le due e mezza passate del pomeriggio, e finalmente la tempesta era cessata, lasciando spazio ad un cielo azzurrissimo e a un sole che, sebbene appena un po’ addormentato, brillava soddisfatto in mezzo ad esso, come se volesse tranquillizzare tutti sul fatto di essere tornato.
Alex si alzò dal divano sul quale lei e la cocker erano accomodati, e avvicinandosi ai vetri guardò fuori dalla finestra e tornò a sorridere, rivolgendosi all’animale che curioso le si avvicinò in attesa.
 
-E’ spuntato il sole, piccola.- disse –Possiamo andare a fare un giro al parco, ti va?-
 
E la cagnetta, allegra, rispose con un vispo abbaio, prima di portarle in consegna guinzaglio e pettorina come la padrona le aveva insegnato a fare.
 
***
 
Pioveva, l’acqua cadeva giù a dirotto e infradiciava qualsiasi cosa si trovasse tra lei e il terreno da raggiungere. Le strade erano fiumi in piena, i tuoni continuavano a farsi sentire accompagnati da violenti fulmini, e faceva freddo, non tanto ma abbastanza umido da entrare comunque nelle ossa e lasciare addosso quella sensazione spiacevole di essere appena usciti dalla doccia e non aver avuto neanche il tempo di asciugarsi per bene prima di mettersi i vestiti.
Era il tempo ideale per prendersi un malanno, e la giornata perfetta per non andare a scuola e pretendere di dormire un po’ di più al calduccio di un bel letto comodo.
Fu quello che tentò di fare il principe Noctis non appena trovò il coraggio di alzarsi e raggiungere Ignis nel salotto.
Erano le sei e quarantasei del mattino eppure lui era già in piedi, impettito e perfetto nella sua camicia stirata e nel suo completo elegante nero, aveva già preparato la colazione e ora se ne stava seduto a sorseggiare una tazza di caffè leggendo un libro.
 
-‘Giorno …- sospirò ancora assonnato l’erede al trono, stropicciandosi gli occhi e avanzando quasi trascinandosi verso il tavolo, dove era già tutto ben servito.
 
Scientia alzò gli occhi e sorrise, appoggiando il libro sul tavolo e alzandosi in piedi.
 
-Oh, buongiorno.- rispose reattivo, accorrendo a versargli il caffè.
 
Noctis attese pazientemente, quindi prese svogliato la tazza dal manico e bevve un paio di sorsi, sperando che riuscissero a dargli una scrollata.
Nulla. Anzi era ancora più stordito di prima.
 
-Piove forte stamattina.- lo avvisò nel frattempo Ignis, tostando un paio di fette di pane sulla bistecchiera e passandogliele su un piatto ancora fumanti –Ti conviene coprirti bene e fare in fretta. Nel pomeriggio, dopo i tuoi esercizi, Gladio ti aspetta per gli allenamenti.-
-Mh …- mugugnò lui distratto, allungando piano una mano verso la cioccolata e iniziando a spalmarla per bene sul pane, ripetendosi nei sospiri.
 
Scientia lo guardò bene, incrociando le braccia sul petto e sfiorandosi il mento con l’indice della destra mentre corrucciava la fronte. Quindi sospirò, e scosse il capo rassegnato.
 
-Non mi stai ascoltando, vero?-
-Nope.- replicò quello, quindi lo osservò assorto scuotere di nuovo il capo e dirigersi verso il divano, e quando ebbe ripreso la sua posizione alzò la testa e sospirò, pronto a sganciare la bomba –Mi spieghi come fai ad essere sui libri già a quest’ora?- protestò.
-Questione di abitudine.- replicò il biondo –La prenderesti anche tu se mi ascoltassi, ogni tanto.-
 
Noctis sospirò per l’ennesima volta e tornò a sorseggiare il suo caffè.
Mph. Abitudine …” pensò tra sé, senza pronunciarsi.
 
-Proprio non capisco come mai devo alzarmi così presto la mattina per andare a scuola, quando potrei restare a casa e aspettare il mio maestro personale. Sono l’erede al trono, dopotutto.- fece, addentando poi il pane col cioccolato.
 
Ignis sorrise sotto i baffi, e scostò gli occhi dal libro per lanciargli uno sguardo a metà tra il sagace e il sarcastico.
Non era sua abitudine quel tipo di comportamento, ma stavolta non poté esimersi, e anche il principe capì subito di aver detto una colossale balla.
Per il periodo della sua prima infanzia, fino a che il re non aveva deciso di insegnare al figlio la vita dei cittadini in modo che potesse essere in futuro un re più comprensivo, era stato proprio Ignis a fargli da istruttore, nonostante non si passassero che qualche anno.
Eppure entrambi avevano ancora in mente la proverbiale pigrizia del giovane che anche allora gli impediva di seguire attentamente le lezioni senza addormentarsi sul tavolo, leggere più di un paio di pagine di qualsiasi tipo di libro e svegliarsi in orario per le lezioni.
Noctis Lucis Caelum non era un completo idiota, ma preferiva “imparare sul campo”, piuttosto che passare ore e ore sui libri e tra formule e schemi. Solo che alcune cose, come la logica e la matematica o anche a volte la storia, non poteva essere apprese solo con la pratica. In più era svogliato, ed ogni momento per lui era buono per dormire e riflettere sulla propria vita fissando il soffitto, piuttosto che passare all’azione.
Ignis ormai ci aveva fatto il callo, ma la scuola pubblica sembrava aver scosso almeno un po’ il senso di responsabilità del giovane. Solo un po’ però, forse perché temeva di fare brutta figura.
La risposta tardò ad arrivare, e Noctis storse il naso intuendola già negli occhi del suo ex mentore.
Ignis sospirò, lasciando che il sorriso stavolta s’intravedesse sopra le labbra sottili.
 
-E’ per il tuo bene e per quello di Lucis.- gli ricordò, con tono vagamente cantilenante –Il Re vuole che tu impari a conoscere il tuo popolo standovi a contatto, solo così potrai sapere come gestirlo, una volta salito al trono.-
 
L’erede al trono sospirò, già seccato, finendo di masticare l’ultimo boccone e poi mandandolo giù col caffè rimasto.
 
-Si, si. Ho capito.- disse, quindi si alzò e decise di rompere gli indugi rassegnandosi –Vado a prepararmi.-
 
Maledetto quattrocchi, riusciva sempre a convincerlo con la noia, alla fine.
Ignis Scientia sorrise.
 
-Good choice.- rispose, sorridendo ancora una volta tra i baffi e tornando trionfante alla sua lettura.
 
Noctis Lucis Caelum di prima mattina avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di farlo smettere di parlare, anche andare a scuola. E di nuovo ringraziò il cielo per avergli permesso di scoprirlo, anche se non c’era voluto molto per farlo.
 
***
 
Le cinque e cinque minuti del pomeriggio.
Seduta su una panchina al centro dell’unico grande parco verde della città, sgranocchiando i suoi biscotti alla cannella ancora caldi di forno Alexandra osservava con un sorriso e il naso rosso dal freddo gli uccelli che svolazzavano nel cielo limpido azzurro, infuocato dalla luce del sole che andava sempre più veloce verso il tramonto.
Ally stava giocando a qualche metro più in là da lei a rincorrersi con altri cani, e mentre la osservava stringendosi nel suo cappotto e affondando il naso nella sciarpa rossa la giovane si accorse che il malessere con cui si era svegliata andava via via peggiorando.
Ora aveva i brividi, anche se si disse che probabilmente con una temperatura di otto gradi sopra lo zero fosse normale averli, la testa le faceva leggermente male e la gola le pizzicava.
Sospirò, finendo di sgranocchiare il suo ultimo biscotto dei dieci che aveva portato con sé, quindi accartocciò la busta di carta marroncina e la rimise nella borsetta di pelle nera che portava a tracolla, prendendo tra le mani la macchina fotografica professionale che aveva comprato per il corso, ormai quasi terminato.
Era un bell’apparecchietto, uno degli ultimi modelli. Le era costato quasi sei mesi di stipendio, risparmiati in circa un anno o poco più, ma alla fine quando guardava il mondo attraverso quella lente e fermava con esso gli istanti più belli, sentiva di aver fatto l’acquisto più bello della sua vita.
Da quando suo padre era venuto a mancare aveva iniziato a capire il vero valore dei singoli attimi, e la fotografia era diventata una delle sue passioni, oltre alla cucina, alla scrittura e alla lettura.
La accese, tolse il tappo dall’obiettivo e vi guardò dentro, puntandola verso Ally e zoomando appena un po’.
Un paio di scatti, e la sua attenzione venne calamitata dal tramonto, dal cielo azzurro e dai raggi di sole che si riflettevano sulle pareti di vetro dei grattacieli e facevano capolino fra i rami dell’albero che le faceva ombra, una grossa quercia.
Alla fine si ritrovò a fotografare anche loro, e quando andò a riguardarle fu soddisfatta del risultato, anche se erano almeno una ventina di foto di soli paesaggi.
Sorrise arrossendo, spegnendola e tornando a stringerla tra le mani.
Alzò di nuovo gli occhi al cielo e lasciò che i suoi pensieri corressero dove volevano. Neanche due minuti dopo però, una voce la riscosse, risvegliandola da quel momento.
Era quella di ragazzo giovane, probabilmente di neanche vent’anni. Biondo, con un sorriso gioviale e una strana capigliatura ribelle, vestito con l’uniforme scolastica e una cravatta verde a righe gialle.
 
-Hey, disturbo?- le chiese, indicando il posto vuoto accanto al suo.
 
Lei sorrise, scosse il capo. Non le sembrava minaccioso, anzi. Gli fece spazio.
 
-Grazie.- rispose gioviale quello, e la prima cosa che potè notare oltre allo zaino stracolmo che portava sulle spalle fu una grossa macchina fotografica quasi identica alla sua, solo forse un po’ più usata, che gli pendeva dal collo sul petto.
-Il mio nome è Prompto Argentum, piacere.- si presentò allegro, allungandole una mano.
 
Lei lo guardò per qualche istante sorpresa, continuando a fissare la macchina. Quindi tornò a sorridere e accettò la stretta, afferrando quella mano con la sua, avvolta in un guanto di finta pelle nera rivestito al suo interno da morbida finta pelliccia.
 
-Alexandra Baker.- rispose –Il piacere è tutto mio.- accorgendosi solo a quel punto di come la sua voce le giungesse … strana, più rauca e ovattata.
 
Diamine, spero solo di non essermi buscata una broncopolmonite come due anni fa.” pensò con disappunto dentro di sé, continuando a far finta di niente e sorridere come se nulla fosse.
Per fortuna il naso era ancora libero, non sarebbe stato piacevole per quel povero ragazzo doversela sorbire mentre se lo soffiava ogni tre per due.
 
- Scusami se ti ho disturbato, è solo …- continuò lui, facendosi più nervoso e arrossendo, grattandosi la nuca con una mano e abbassando gli occhi sulla fotocamera mentre la indicava –Bel gioiellino. La fotocamera intendo … eheh, sono un appassionato, non ho potuto far a meno di notarla. Ce l’hai da poco? –
 
Lei continuò a sorridere, annuì.
 
-Un paio di mesi.- rispose –L’ho comprata per il corso di fotografia che sto frequentando, ormai sono quasi alla fine. –
-Oh, sul serio?- fece Prompto, entusiasta –E da quant’è che ti piace la fotografia? E’ un passione recente?-
 
Jane lo scrutò con dolcezza e anche un po’ d’invidia. Era tenero, quasi quanto un bambino.
Lei aveva superato quell’età da un po’ ma gli eventi della vita negli ultimi anni l’avevano un po’ fiaccata, pur se si era sforzata di mantenere sempre un legame con la bambina che c’era dentro di lei. Sentiva come se lentamente questa avesse all’improvviso deciso che fosse ora di crescere, e se da una parte lei assecondava questo processo dall’altra continuava a sperare che fosse il più tardi possibile.
Del resto era anche per quella sua genuina bontà matura che spesso i bambini le si avvicinavano, e che gli animali le volevano bene.
 
-Mi è sempre piaciuta. – disse semplicemente –Ma solo ultimamente ho potuto dedicarmici. E tu? –
 
Il ragazzo arrossì di nuovo.
 
-Oh, io sono un nerd.- ridacchiò imbarazzato –Un giovane nerd nostalgico. – sospirò ridendosela subito dopo -Mi piace tutto quello ch’è tecnologico, ma anche quello che ha una storia.-
 
Jane annuì. Il freddo iniziava a farsi sentire davvero, e l’orologio correva. Non avrebbe resistito a lungo, ma la compagnia le piaceva e le sarebbe dispiaciuto scappare così. Decise di concedersi ancora qualche istante.
 
-Capisco. Sei venuto a fare qualche foto?- chiese –La luce del tramonto dopo una giornata di pioggia è la migliore.-
-Ah, lo penso anch’io!- rispose contento quello –Si, sono venuto a fare un paio di foto visto che Noct ahem il mio compagno di banco aveva da fare e non poteva venire con me questo pomeriggio. – sospirò, e se non fosse stata troppo stordita dall’influenza che avanzava la giovane avrebbe potuto vedere chiaramente l’imbarazzo e il sollievo per essersi fermato in tempo in quelle parole e nell’espressione che le seguì.
 
Invece non colse minimamente il riferimento, e per Prompto fu un sollievo.
Ancor più grande quando, subito dopo, lei lo guardò e con un sorriso dolce propose, volenterosa.
 
-Se mi prometti di tenertele per te potrei farti io da modella. Io e Ally, quel cocker laggiù.-
 
Un’espressione dapprima meravigliata e sorpresa e poi immensamente gioiosa e grata si dipinse sul volto del giovane. Jane si sorprese nel notare con quanta sorprendente rapidità ed espressività questi vivesse e mostrasse i suoi sentimenti. Era quasi pittoresco, e metteva allegria.
 
-L-lo faresti … sul serio?- chiese a bocca aperta, fissandola incredulo.
 
Lei infilò a tracolla anche la sua macchina, si alzò e infine annuì con un sorriso accomodante.
 
-L’ho appena detto, no? La mia parola è sempre la prima e l’ultima.- rispose, chiamando poi subito dopo la cagnolina che accorse obbediente.
-O mio dio, grazie!- esclamò emozionato quello, quasi tremante mentre iniziava a sistemarsi e a darle le prime istruzioni.
 
***
 
Dopo circa un'ora e mezza e un selfie come regalo per la sua gentilezza, Alexandra aveva infine salutato il giovane liceale "nerd nostalgico" e aveva accompagnato Ally a casa, dove ad attenderla aveva trovato un'entusiasta Eve seduta sul divano a guardare una commedia romantica mentre sgranocchiava i suoi biscotti,  il cui aroma intenso continuava ad avvolgere la casa nonostante fosse ormai passata qualche ora dalla preparazione.
Non appena la vide si alzò e corse ad abbracciarla ringraziandola e complimentandosi,  ma non le ci volle molto a capire che qualcosa non andava.
Precisamente lo capì già dalla sua voce,  quando flebilmente rispose.

-Grazie, Eve. Mi fa piacere siano buoni.-

Sospirò affaticata,  e la giovane donna la sciolse dall'abbraccio e le strinse le spalle, guardandola negli occhi.

-Dio, Alex.  Che brutta cera che hai. - osservò preoccupata -Hai gli occhi lucidi, ch'è successo? - chiese toccandole la fronte e accertandosi che la temperatura non fosse troppo alta.

Non lo era per fortuna,  ma non sarebbe durato molto.
Jane scosse la testa, chiuse gli occhi.

-Non lo so, Eve. È da stamattina che mi sento così. Forse ora dovrei andare a casa.- rispose, riprendendosi il suo ombrello dalla cesta in ferro battuto vicino alla porta.

Aveva ricominciato a piovere da qualche minuto, e l'acqua strisciava forte in obliquo sui vetri, sospinta dal vento.
Non c'erano tuoni,  ma la tempesta era ugualmente violenta.

-Sei sicura di farcela? Piove forte.  Perché non resti qui per stanotte, la stanza degli ospiti è sempre pronta.
Ho paura che tu svenga per strada. -
 
Come a volerle dare ragione la cocker si avvicinò e le leccò una mano ancora coperta dal guanto. 
Alex sorrise, le accarezzò appena il muso,  quindi si rivolse di nuovo alla padrona scuotendo appena il capo. 
 
-Ci arriverò, non preoccuparti.  Prenderò la metro e sarò a casa in un attimo. -
 
"Spero solo di potermi sedere nel frattempo.
Ma una volta uscita di casa, nel tragitto di una decina di minuti che la separavano dalla fermata sotterranea, senti di non riuscire più ad andare avanti senza un piccolo aiuto. 
"Una lattina di Ebony." pensò, sentendosi già rinvigorita.
"Entro, la bevo e me ne vado."
E così fece, senza neanche accorgersi di ciò che le accedeva intorno e quindi neanche del gentiluomo seduto ad un tavolo sulla destra che, non appena udì la sua voce ordinare la stessa cosa che stava consumando lui alzò la testa e la riconobbe immediatamente, sorprendendosi di nuovo. 
 
\\\
 
-Una lattina di Ebony, per favore.- 
 
Quella voce ormai divenuta solo un eco lontano nel tempo, tornò stanca a riecheggiare nelle sue orecchie con una chiarezza tale da mozzare quasi il fiato. 
Ignis, che si trovava lì con Gladio per discutere del più e del meno e sincerarsi da parte del re dei progressi dell'erede al trono, stava ascoltando la risposta quando la udì, e alzò di scatto il viso per guardare la giovane donna che se ne stava confusa al bancone, infagottata nel suo cappotto rosso, tremando e bevendo dal bicchiere in cui il cameriere le aveva gentilmente versato la preziosa bevanda frizzante al caffè.
Rimase a bocca aperta per la sorpresa a fissare, ma presto questa lasciò il posto ad uno strano senso d'irrequietezza.
Era lei, su questo non c'era alcun dubbio. Ma non sembrava stare molto bene, in realtà.
La vide consumare in silenzio il suo ordine, quindi pagare sforzandosi di sorridere e infine uscire di nuovo per strada, nella pioggia e nel freddo. 
Trattenne a stento l'istinto di raggiungerla, osservandola allontanarsi fino a che non gli fu più possibile vederla. 
Nel frattempo Gladio aveva continuato a parlare, ma accorgendosi ben presto di non essere ascoltato.  Era molto meno divertente quando succedeva a lui. 
 
- Hey, Iggy.- lo richiamò, sorridendo allegro -Cos'è, ti stai vendicando?- 
 
Quello parve tornare al presente, si rianimò e gli rivolse di nuovo la sua attenzione. 
 
-Mh?  Cosa? - chiese confuso, poi sospirò -Scusa Gladio, mi sono distratto.-
 
Gladio lo guardò continuando a sorridere, ma corrucciandosi incuriosito. 
Volle chiedergli qualcosa, ma alla fine ci rinunciò sventolando in aria una mano. 
 
-Ah, non fa niente. Vuoi che ti faccia un riassunto?-
 
Ignis sorrise, prese in mano il bicchiere semivuoto. 
 
-Si, grazie.- replicò per poi bere l'ultimo sorso -Stavolta non mi distrarrò, promesso.-
 
Amicitia rise e scosse il capo.
 
-D’accordo. Lo spero per te, perché non mi ripeterò, eh.- lo minacciò simpaticamente alla fine, prima di riprendere a parlare.
 
\\\
 
Dopo una interminabile mezzora di viaggio e dieci minuti di cammino quasi trascinato sotto la pioggia, finalmente Alexandra Baker riuscì a tornare a casa quella sera.
Avrebbe tanto voluto cucinarsi qualcosa di sfizioso ma non aveva la forza, così ci pensò sua madre per lei.
Consumò una zuppa di verdure passate condita con molto olio e un po’ di formaggio cremoso, poi prese un’aspirina, fece una rapida doccia calda e andò a letto, sommersa dalle coperte.
Sospirò esausta e grata, e mentre cercava di addormentarsi ripensò al sorriso del giovane, a quei suoi capelli strani e ai suoi modi di fare esitanti ed iniziò a chiedersi se avesse fatto bene a proporsi per quel servizio fotografico.
Ci pensò un po’, poi però la sua mente cedette e lei, spossata e distrutta cedette al sonno, dimenticandosi perfino di scrivere la pagina giornaliera del suo diario.
Ormai quel ch’era fatto era fatto, ora doveva solo riposare. E sperare che l’indomani fosse abbastanza in forma per affrontare un’intensa mattinata di pulizie, perché altrimenti avrebbe dovuto andarci lo stesso e non sarebbe stato affatto facile.
 
***
 
-Prompto, chi è questa ragazza nelle foto? -

La voce di Ignis arrivò a distrarlo dall'intensa battaglia che il giovane, ancora vestito con la sua divisa, stava conducendo contro Noctis seduto al suo fianco e anche lui concentrato sul suo cellulare.
Si trattava di una partita in King's Knight, ovviamente. Meritata, vista la dura giornata appena trascorsa.
Erano le ventidue e i ragazzi ancora non aveva intenzione di andare a dormire.
Gladio era già andato a casa, ora toccava ad Ignis che doveva solo accertarsi che quei due scansafatiche almeno cenassero decentemente.
Mentre cucinava il pollo piccante al curry e delle patatine fritte per contorno, Scientia non poté non continuare a pensare a quella ragazza.
Chissà se era arrivata a casa? Stava bene?
Era assurdo preoccuparsi così per una sconosciuta, ma più cercava di non farlo e più ci ritornava. Lavò i piatti e infine si recò con due tazze di caffè in soggiorno, e fu li, appoggiate sul tavolino, che le vide.
Erano una ventina di foto, chiuse fino a poco tempo prima in una busta giallina riportante il prezzo che era costato farle sviluppare. In almeno sette di esse vi era ritratta quella giovane, lunghi capelli castani raccolti in una coda alta, un paio di occhiali neri sul naso, un bel cappotto e un sciarpa di soffice lana rossa, guanti di pelle a coprirle le piccole mani, una borsa a tracolla nera e una macchina fotografica quasi simile a quella di Prompto che le pendeva dal collo. Aveva gli occhi lucidi e il naso rosso anche nelle foto, ma perfino il lieve pallore la faceva sembrare più bella. Sembrava una bambina, ma aveva gli occhi e lo sguardo di un’adulta.
Prompto alzò per un attimo gli occhi verso di lui, e sorrise.

-Oh, quelle. Visto che belle? - Chiese soddisfatto.

Ignis le osservò attentamente lasciandosele scivolare sulle mani.
In una vi era lei in mezzo al verde del parco che apriva le braccia e sorrideva guardandosi incantata intorno, nell'altra correva, in un'altra ancora stringeva in braccio un cocker avvicinando dolce il viso al suo muso, e poi vi era anche un selfie di lei,  Prompto e quel cane.

-Splendide.- commentò assorto, quasi inudibile.
-Quella ragazza l'ho incontrata al parco, era una dogsitter, anche lei appassionata di fotografia, ed è stata così gentile da proporsi come modella, però mi ha fatto promettere di non venderle. Peccato, perché sono venute davvero bene. È stata una fortuna che Tom fosse ancora in negozio e che fosse di buon umore per svilupparle. - concluse Argentum tornando a combattere.
-Oggi sembra che la fortuna ti abbia assistito, spero che non continui a farlo perché sennò io sono fregato. - fu la replica concentrata del principe,  che poco dopo si lasciò andare ad una esclamazione delusa mentre Prompto scattava in piedi ad esultare.

Si,  decisamente quello era il suo giorno fortunato, ma anche quello di qualcun'altro.

-E come hai detto che si chiama?- tornò a domandare a quel punto Scientia, continuando a guardare le foto e riflettere.

L'altro si fece un po' serio e si avvicinò, raggiungendolo dal divano sul quale il principe iniziò a bere il suo caffè.

-Alexandra Baker. Perché, la conosci? - chiese curioso.
 
Al contempo anche Noctis alzò gli occhi di traverso verso di lui, sospettoso e curioso.
Ignis guardò entrambi riflettendoci per qualche istante su.
“Sei per caso riuscito a scoprire altro oltre al nome?” avrebbe voluto chiedere, e magari anche “Ti è sembrato stesse bene?”
Ma preferì tacere per discrezione, e per evitare che si mettessero in testa strane idee. In fondo non erano che semplici conoscenti o poco meno, ancora.
Così scosse la testa e con nonchalance ripose la foto assieme alle altre nella busta, fingendosi non curante.
 
-No. Ha solo un viso familiare, cercavo di ricordare dove l’avevo già vista.-
 
Noctis sorrise. “Si, come no.” Pensò, ma senza pronunciarsi e chinandosi invece verso la sua tazza fumante, appoggiando il cellulare al suo posto sul tavolino basso in legno.

-Aveva l’aria di una ragazza per bene. L’avrai incrociata da qualche parte per caso, magari al supermercato.- suggerì Prompto, imitandolo e sorseggiando un po’ di quel nero stringendo la tazza a due mani a pochi centimetri dal suo viso.
 
Scientia sorrise appena. “Certo, magari.” Gli fece eco nella sua testa.
Quindi finì con loro il caffè chiedendo dei compiti per casa, se per caso li avessero finiti, e concluse la serata con una breve doccia, dopo averli messi a letto entrambi ed essersi accertati che dormissero davvero.
Ormai il principe aveva quasi diciotto anni, e il re stava iniziando a sentire il peso della problematica situazione in cui versava Lucis.
Quei momenti di finta pace non sarebbero durati a lungo, o almeno questa era la sensazione che da qualche tempo aveva iniziato ad avere, e nessuno poteva sapere cosa li avrebbe sostituiti, perciò meglio goderseli fino a che erano ancora capaci di esistere.
 
 
 


 
NEL PROSSIMO CAPITOLO:
 
L’uomo le si sedette al fianco, porgendole un bicchiere fumante di caffè. Lo guardò sorpresa, lui si voltò a scoccarle un sorriso.
 
-Ignis Scientia, piacere di incontrarla di nuovo.-
 
Alex sorrise, prese dalle sue mani il bicchiere di carta.
 
-Jane Alexandra Baker … mi stavo giusto chiedendo quando sarebbe successo.-
 
***
 
-Noct, eccoli!-
 
Il principe strisciò al fianco dell’amico di scuola, nascosto dietro una macchina abbastanza grande da coprire entrambi.
 
-Lo sapevo che c’era qualcosa che non andava in lui. Hai capito il “quattrocchi”. S’innamora senza il mio permesso.-
 
***
 
-C-come hai fatto a … trovare questa casa?- balbettò, ancora confusa e stordita per colpa della febbre alta.
 
Lui le porse la tazza di tè caldo e due biscotti.
 
-La signorina Eve, l’ho incontrata per caso mentre la portavo al pronto soccorso. Mi ha suggerito di portarla qui e non ho avuto scelta, vista la pioggia. –
-Grazie. Ma … questi biscotti sono alla cannella?-
-Si.-
-E … dove li hai presi?-
 
Non ricordava di averne sfornato una teglia di recente.
 
-Li ho fatti io.- sorrise lui –Le piacciono?-


 

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Capitolo 4
*** Dolce come un muffin al cioccolato ***


Dolce come un muffin al cioccolato


«Noct, alzati. Dobbiamo andare a fare la spesa.»

La voce del suo consigliere e fraterno confidente raggiunse il principe mentre stravaccato sul divano davanti alla tv era impegnato con l'ultima puntata della sua sit-com preferita, sorseggiando una tazza di caffè.
Alzò gli occhi dalla TV e gli rivolse uno sguardo sospettoso.

«Perchè?» chiese.
«Il frigo è vuoto, completamente.» disse Ignis, incrociando le braccia sul petto «Non puoi restare così fino a domattina.»

Noctis sbruffò annoiato.

«Non puoi andarci tu?» tentò stancamente di svincolarsi, ma stavolta Scientia fu categorico.
«No.» replicò scuotendo il capo con decisione.

Poi afferrò il telecomando da sopra il tavolino e spense la TV senza ripensamenti, proprio sul più bello.
Il principe trattenne un moto di rabbia. Gli rivolse uno sguardo corrucciato al quale lo stratega rispose con uno più severo.

«Forza, due minuti e usciamo.» lo avvisò.

E a questo punto non gli restò che obbedire, sbruffando e trascinandosi verso la camera da letto.
C'era poco da fare, quando Ignis si metteva in testa di responsabilizzarlo non c'era neanche decreto reale che riuscisse a tenergli testa.
Beh, sogghignò, almeno forse sarebbe riuscito a convincerlo a non comprare le schifose verdure.
O ... a impedirgli di farlo.
 
***
 
Fu come aveva presagito la sera prima.
Il giorno dopo, quando si svegliò, aveva la febbre alta, la gola ardente, il naso chiuso e un forte dolore alla testa.
Sua madre e sua sorella insistettero per convincerla a stare a casa, almeno fino a che la febbre non si fosse abbassata visto che riusciva a malapena a stare in piedi.
Ma lei testarda continuò a ripetere che ce l'avrebbe fatta, anche perché non era un lavoro con ferie retribuite e giorni di malattia e le scocciava non poco perdere i soldi che le servivano per le sue spese mediche di routine. Ingurgitò un'aspirina e via, s'immise nel grigiore di una monotona mattina d'inverno, con la pioggia ch'era tornata a scrosciare sin dal primo mattino e il vento che sforzava le punte di metallo degli alti grattacieli del centro.
Non fu facile, affatto, tenere in ordine una casa che non era la sua con quasi trentanove di febbre che andava e veniva e la terribile sensazione di asfissia data dai bronchi quasi del tutto occupati dal muco.
Per fortuna si trattava solo di una riordinata superficiale visto che la casa era poco vissuta e il suo lavoro di tre giorni addietro si era mantenuto quasi del tutto intatto.
Neanche innaffiare le piante fu un problema, visto che quelle in appartamento erano solo quattro o cinque in piccoli vasi, e una volta finito visto che il padrone non si trovava in casa poté concedersi qualche ora di riposo sul divano in comoda ecopelle.  Riuscì anche a sonnecchiare un pochino, ma il difficile arrivò quando, all'ora di pranzo, dovette inventarsi qualcosa da cucinare che andasse bene sia per lei che per la cena del suo datore di lavoro, un uomo d'affari sulla cinquantina fissato col fitness e il cibo salutare.
Non aveva voglia di cucinare, per niente. Anzi, sapeva che se lo avesse fatto in quelle condizioni di sicuro avrebbe combinato qualche disastro, ma era un obbligo che rientrava nei suoi doveri, perciò non potendo esimersi si trascinò giù dal sofà e frugò nel frigo alla ricerca di qualcosa che potesse andare bene.
Alla fine decise per un semplice passato di verdure con formaggio vegetale fresco, una bistecca di carne bianca, alla piastra.
Gli imprevisti non tardarono ad arrivare, purtroppo.
Prese zucchine, porri, qualche patata e un paio di carote, quelle che erano rimaste, e le lavò velocemente sotto l'acqua corrente rabbrividendo.
Le sbucciò con cautela, aiutandosi col pelapatate e fermandosi ogni tanto, quando il dolore alla spalla si faceva troppo intenso, e al momento di affettarle iniziò a tremare, cosa che la portò a procurarsi un paio di tagli alle dita, fortunatamente non molto profondi ma che la costrinsero a indossare cerotti e i guanti in lattice e fare ancora più fatica, rimproverandosi per non averci pensato prima.
Alla fine comunque, dopo quasi un'ora e mezza riuscì a mettere sul fuoco tutto, e tornare a riposarsi sul divano in attesa.
Era così stanca che gli occhi le si chiudevano da soli, così demoralizzata da voler piangere e così dolorante da riuscire a farlo.
Appollaiata sul divano, scalza, con una coperta sulle spalle e le braccia strette attorno alle gambe, Alexandra chiuse gli occhi e sospirò stanca, sprofondando la testa sulle ginocchia ma sollevandola subito dopo perché colta da una mancanza d'aria.
Quando il timer suonò, proprio in quel momento, quasi con rabbia lei si rialzò, abbandonò la coperta sul divano e si diresse in cucina, per ultimare la preparazione.
Frullò tutto col robot da cucina, infine si scottò appena il palmo della mano sinistra mentre stupidamente senza impugnare la presina cercò di spostare la padella con cui aveva cotto la bistecca.
Imprecò sottovoce, correndo a immergere la mano sotto l'acqua corrente.
Infine dopo averla medicata con una pomata cicatrizzante, un po’ di cotone e fasciata con una benda sterilizzata se ne andò in soggiorno a consumare il suo pasto di fronte alla tv, cercando di trovare sollievo nel suo programma di cucina preferito, la gara di cuochi più seguita al momento.
Inutile dirlo, non aveva voglia di mangiare ma lo fece, anche se il sapore soffice e delicato del passato di verdure riuscì a consolarla un poco, carezzandole il palato e i sensi.
Mettere i piatti in lavastoviglie non fu un'impresa così difficile coi guanti in lattice, anche se la mano faceva ancora male, e una volta conclusa anche quell'ultima faccenda tornò sul divano dove, crogiolandosi nel calore delle coperte, fini per riaddormentarsi.
La risvegliò il trillo del suo telefono, verso le cinque del pomeriggio, fortunatamente appena pochi secondi prima che il padrone di casa rientrasse.
Sua sorella le chiese se stesse bene, se aveva incontrato difficoltà e se le andasse di andare a mangiare qualcosa fuori, dopo il lavoro.
Ovviamente sarebbe venuta a prenderla lei.
Sospirò, stropicciandosi gli occhi appesantiti e pensandoci un pò su.

«Non lo so ...» mormorò quindi «Magari potremmo prendere qualcosa da asporto e mangiare a casa. » risolse.

Monica sorrise.

«Va bene.» rispose allegra dall'altro capo «Allora ci vediamo più tardi.»
«Mh, mh.» mugugnò lei, stiracchiandosi e sorridendo «Grazie. A dopo.»

Quindi riattaccò, e si guardò intorno senza troppa voglia prima di darsi una mossa e decidersi a rimettere tutto in ordine, alzandosi e dirigendosi in bagno a risistemarsi un po’.
Lavò la faccia, i denti, pettinò i capelli e ripristinò il filo di trucco che era stata capace di indossare.
Infine si diresse in soggiorno e ripose nuovamente la coperta nella cassettiera sotto al sofà.
Proprio nel momento in cui la richiuse, il campanello di casa suonò, e lei stranita rizzò la schiena guardando il suo orologio da polso.
"Chi è a quest'ora?" si chiese preoccupata.
Di solito non veniva mai nessuno a far visita al signor Jeffrey, ed era troppo tardi per il postino. "Sarà un corriere privato?"
Per fortuna era soltanto Mr. Stevenson, tornato prima da lavoro.
La ringraziò come sempre gentile, le pagò la giornata dandole ugualmente la stessa cifra anche se era tornato qualche ora prima, e le diede appuntamento per la settimana prossima, lasciandola libera di andarsene.
"Oh, bene." pensò "Finalmente un po’ di fortuna."
Avrebbe potuto chiamare sua sorella e farsi venire a prendere un po’ prima, e in effetti l'idea la stuzzicava molto.
Tuttavia, non appena mise piede fuori dallo stabile l'aria frizzantina e l'atmosfera pacifica di un calmo ed accogliente pomeriggio invernale, col sole che rifulgeva allegro e nell'aria ancora l'odore della pioggia la spinsero verso una decisione diversa.
Era così bella quella parte di Insomnia a quell'ora! E lei aveva così pochi giorni liberi per godersela.
Inoltre, la febbre sembrava essersi abbassata un po’, e anche se il suo aspetto non era dei migliori e le mani le facevano comunque male all'improvviso ebbe voglia di entrare in un bar, prendere qualcosa di dolce e una bella bevanda calda e sedersi in un angolo ad osservare la gente indaffarata nella speranza di cogliere qualche spunto utile alle sue storie senza troppe pretese.
O magari avrebbe potuto prendere qualcosa e andarsene al parco, sperando che la sua panchina preferita fosse libera.
Sorrise, stringendosi di più nel suo cappotto e affondando il naso rosso nella sciarpa quasi del medesimo colore.
Si, non era male come idea. Avrebbe fatto così.
Del resto giornate come quelle facevano bene al cuore, soprattutto se era quello di un’artista.
 
***
 
Alla fine la gita al supermercato non era andata poi così male, almeno non per Noctis.
Con un mirabile gioco di abilità e prestigio che consisteva nel sottrarre al carrello le verdure indesiderate mentre Ignis era distratto e inserirne al loro posto altre di più pregiato sapore era così riuscito ad evitare che le suddette finissero sul bancone della cassa. In più aveva acquistato per sé un paio di interessanti riviste di pesca, qualche snack e Ignis gli aveva concesso per cena del pesce fresco, anche se alla fine aveva dovuto a malincuore accettare tutta quella carrellata di spezie e salse e rassegnarsi a cucinargli qualcosa che non includesse vegetali.
Al ritorno avevano messo insieme a posto la spesa, e dopo poco la cucina e la sala da pranzo si erano riempite di un delizioso profumino.

«Mhhh ...» mugugnò soddisfatto il principe portandosi l'ultima forchetta di baramundi alla bocca.

Ignis alzò gli occhi su di lui, sorrise soddisfatto ma non troppo.

«Sarebbe stato molto più buono se mi avessi permesso di comprare qualche pomodoro e qualche altro ortaggio in più.» precisò, bevendo poi l'ultimo sorso d'acqua nel bicchiere e asciugandosi la bocca col tovagliolo.

Il principe scosse il capo, si spaparanzò sulla sedia.

«Mi accontento volentieri.» disse «Caffè?» propose poi.

Ignis sospirò rassegnato, si alzò e scosse il capo.

«Non posso purtroppo.» replicò  sistemando la sedia «Devo tornare prima, oggi. Dovrai lavare i piatti da solo, pensi di farcela.»

Ora fu il principe a sospirare. Guardò fuori dalla finestra, oltre le sagome longilinee e dritte dei grattacieli dove il sole stava lentamente calando all'orizzonte.
Erano le sei e la giornata era già finita.
Avevano cenato presto in effetti ...

«Ci proverò.» rispose, rassegnato.

Ignis sorrise di nuovo sotto i baffi.

«Usa la lavastoviglie. Le capsule sono sotto il lavandino, nello sportello di destra, in fondo.» gli concesse «E ricordati di portare fuori la spazzatura domani, prima di andare a scuola.»
«Mh.» fece Caelum già annoiato e sovrappensiero.

Ignis Scientia scosse un'ultima volta il capo, quindi afferrò il cappotto ocra dall'attaccapanni vicino alla porta d'ingresso e se uscì, salutandolo cordialmente.
 
***
 
«Un caffè caldo lungo e un muffin al cioccolato. Da portare via, grazie.»

Disse con un sorrise gentile la giovane Baker, alla signorina col cappellino nero e un caschetto del medesimo colore che stava dietro al bancone, e quella con altrettanta cordialità annuì e le preparò subito il suo take away.
Pagò alla cassa sovraffollata, quindi se ne uscì e attraversata la strada s'immise nel parco attraversando il cancello principale e incamminandosi sul sentiero lastricato.
Mancavano poco meno di cento metri alla sua panchina quando un uomo in tuta ginnica la travolse urlandola e facendo si che il caffè contenuto nella busta di carta marrone le si rovesciasse addosso, sul cappotto nero e sulla sua camicia bianca preferita.
Rimase immobile a fissarsi, la bocca spalancata in una espressione sorpresa mentre cercava di tornare a respirare e non mettersi a urlare, resistendo al calore ardente del liquido nero sulla pelle.
"Non ... ci posso credere." pensò sconvolta.

«Oh mio dio, mi scusi!» esclamò quello mortificato «Dio mio, si è fatta male?» le chiese squadrandola.

"Ecco fatto. Un tizio fulvo vestito come un evidenziatore servito con caffè bollente per completare il mio menù a base di sfiga. MHHH, CHE BONTÀ! Sul serio ..."
Sorrise, stringendo i denti.

«Oh, non è niente. Non si preoccupi.» replicò sforzandosi di essere gentile nonostante tutto, mentre in realtà avrebbe tanto voluto tirargli la sua borsa di pelle in faccia più e più volte fino a sfondargliela.
«Ne è sicura?» ripeté quello, ancora palesemente sconvolto.
«Si si, davvero. Sto bene. Buona giornata.» concluse, stringendosi ancora di più nel suo cappotto e affondando la faccia nella sciarpa quasi del tutto, riprendendo il cammino.

"E che tu possa strozzarti con la tua dannatissima cena!" gli augurò dentro di sé, quando finalmente poté sedersi.
Gettò il muffin nel cassonetto assieme a tutto il sacchetto con un gesto nervoso, e lasciando adito a qualche lacrima di scivolare bollente sulle sue guance ignorò tutto ciò che le stava intorno e chiuse gli occhi, soffocando un singhiozzo.
"BASTA!" protestò dentro di sé.
Sospirò.
"Ho fame.
Ho freddo, ho sonno e sono ferita...
Voglio tornare a casa...
"
Si concesse ancora qualche istante così, ad occhi chiusi ad ascoltare i suoi stessi sospiri e il pulsare della vita attorno a sé.
Poi li riaprì, e quando lo fece fu sorpresa di vedere di fronte a sé una mano che reggeva una nuova coppa fumante di caffè, invitante, profumato e scuro.
La marca era la stessa del negozio in cui lo aveva preso lei.
Alzò lo sguardo, quindi si volse alla sua sinistra e trattenne il fiato.
Un uomo le si era seduto accanto, avvolto in un elegante cappotto ocra, attorno al collo una sciarpa blu scuro e a proteggere le mani un paio di guanti neri di quelli sportivi, da guidatore ma di fattura pregiata.
Impossibile per lei non riconoscerlo. Le bastò dare un occhiata al suo profilo attraente e sofisticato e ai suoi capelli per farlo.
"Non ci credo ..." pensò tra sé, mentre ascoltò il cuore accelerare i battiti e una strana sensazione riempirle lo stomaco.
Lui nel frattempo fissava il cielo, ma quando si rese conto di essere osservato le rivolse la sua attenzione.
Sorrise, e Alexandra si sciolse.
Era lo stesso sorriso con cui l'aveva disarmata subito dopo averle lasciato i cavoli.
Ma come diamine faceva? Aveva qualche potere nascosto o un asso nella manica a lei sconosciuto?

«Salve.» fece, invogliandola con un gesto della mano ad accettare la bevanda «Spero non le dispiaccia. Ho visto la scena, e sono molto desolato per ciò che è successo.»

La giovane continuò a fissarlo come fosse una visione celeste, poi pensò che se non voleva fare di nuovo la figura dell'idiota avrebbe dovuto fare qualcosa e allora annuendo parve risvegliarsi.

«Oh, i-io ...» bofonchiò, annuendo e afferrando il bicchiere «No, affatto. Anzi ... grazie.» Si sciolse, sorridendogli gentilmente e trovando finalmente il coraggio di guardarlo in viso.

Arrossì, incontrando i suoi potenti e profondi occhi verdi.
Aveva una potenza di sguardo da far rabbrividire, per la miseria.
Sembrava essere capace perfino di scrutarla dentro.
Abbassò di nuovo gli occhi, e togliendo il tappo nascose il viso nella coppa, iniziando a sorseggiare il dolce nettare.
Lui le sorrise di nuovo, annuendo come per dirle che lo aveva fatto con piacere, quindi le lascio qualche momento di intimità permettendole di bere il suo caffè in silenzio.
Più che berlo,lo trangugiò assetata, e alla fine si espresse in un lungo sospirò soddisfatto di approvazione, sorridendo sollevata.
L'uomo fece lo stesso tornando a guardarla.

«Va meglio?» domandò.

Lei annuì, continuando a sorridere.

«Mh. Si, grazie.» replicò stanca.

Le girava un po’ la testa, e la sensazione appiccicosa del caffe che le si era riversato addosso la infastidiva. In più, le sembrava che la febbre forse tornata a salire.
Ma quell'uomo era così composto e bello che il solo guardarlo la faceva sentire meglio.

«Mi spiace per la camicia, purtroppo non ho nulla per smacchiarla, qui.» le disse allora, a proposito, come se fosse colpa sua.

Lei si guardò come se si fosse ricordata solo ora del brutto scontro avvenuto poco prima.

«Oh, non si preoccupi.» rispose, tornando ad arrossire «Domani mattina la porterò in lavanderia e vedrò cosa potranno farci. Purtroppo credo che resteranno gli aloni, però.»
«Mh. Lo credo anche io.» convenne lui dispiaciuto, annuendo per poi aggiungere con un sorriso, porgendole la mano destra «Ah, le mie scuse. Ho dimenticato di presentarmi: Ignis Scientia, piacere di rivederla, Miss...»

La giovane gli rivolse uno sguardo affascinato e accettò di stringergli la mano, sperando di non rabbrividire.
Lo fece, e abbassò gli occhi con un sorriso mentre si presentava imbarazzata ed emozionata.

«Alexandra Jane Baker ... stavo giusto chiedendomi quando sarebbe successo.» aggiunse scherzosa.

Sorrisero entrambi, divertiti.
Poi lui si alzò e le porse la stessa mano per aiutarla.

«Ho la macchina proprio qui vicino, posso accompagnarla se desidera.» propose.

"Cavolo!Cavolo!Cavolo!Si!!"

«I-io ... non vorrei essere un disturbo.» replicò rimanendo sottotono anche se all'improvviso le sembrò quasi le fossero spuntate le ali ai piedi «Casa mia è praticamente dall'altra parte della città.»

Ignis tornò a sorridere rassicurante.

«Nessuno disturbo.» le confermò «Posso accompagnarla alla fermata della metro, allora.» e allora lei fu lieta di annuire, e accettare l'invito appoggiandosi con delicatezza al suo braccio, contenendo a fatica l’istinto di abbracciarlo.

Da vero gentleman lui la scortò sorreggendola fino alla vettura,  le apri lo sportello e la aiutò ad accomodarsi restituendole la borsetta che le aveva tenuto, poi lo richiuse con delicatezza e sali al posto del guidatore.

«Le fa male?» chiese dopo un po’, mentre era impegnato alla guida.

Lei smise di guardarsi intorno sbalordita dall'evidente lusso confortevole dell'abitacolo e lo guardò, impiegando un po’ a capire ma poi tornando ad arrossire fortemente.

«Oh, no ... » balbettò «Ehm ... solo un pochino. Comunque è sopportabile.» risolse fingendosi forte e serena.

Scientia annuì calmo.

«Infortunio sul lavoro?» chiese, discreto e comprensivo.

Jane sorrise.

«In un certo senso.» replicò «Mi sono affettata un dito mentre tagliavo le zucchine e ho preso una padella calda senza guanto.» spiegò, incupendosi alla fine e appoggiandosi contrariata al finestrino, brontolando «Tutti errori da pivella, oggi non era decisamente la mia giornata.»
«Capita anche ai migliori.» osservò allegro lui, sorprendendola «Ma devono essere curate, o le rimarranno le cicatrici.» consigliò tornando serio.
«Oh, quelle non sono un problema.» disse «Ne ho già un mucchio di simili, quando non sto molto bene mi riempio sempre di lividi, a volte non so neanche io come ci sono riuscita.» più rivolta a sé stessa che a lui, che comunque restò ad ascoltare con vivo interesse.

Era malata, dunque. Un brutto raffreddore o un'influenza che ci avrebbe messo parecchio a passarle.
Urgeva un rimedio.

«Ci penso io.» decise.

Quindi fermò la macchina di fianco al marciapiede e scese chiedendole di aspettare un secondo, e lasciandola così di stucco a guardarlo mentre si dirigeva veloce verso la farmacia e vi entrava.

«Ma cosa ...?» Si chiese stupita.
Si toccò la mano con quella sana e rimase senza fiato a fissare il vuoto, ritornando a bocca aperta a gettare la testa in avanti sulla comoda testiera ergonomica del sedile «Non è che ... vuole medicarmi la mano? Lui?»

Sorrise, incredula scuotendo il capo e prendendosi la testa tra le mani.

«Non ci credo ... ricco, gentile, elegante ...» Ci rifletté ancora qualche istante, infine tornò a scuotere di più il capo sempre più sconvolta «Ah! Se sto sognando non svegliatemi, vi prego ...» supplicò, riprendendosi in fretta quando udì lo sportello riaprirsi.

Scientia riapparve sul sedile di fianco, con una busta bianca e azzurrina stretta tra le mani.

«Ecco qua.» fece, sorridendole «Chiedo scusa, Miss Baker. Posso?» chiese gentile, indicando la sua mano fasciata.

"Se puoi??"

«Si. C-certo.» fece lei in risposta, porgendogli senza esitare l'arto e rimanendo a guardare incantata mentre con dolcezza e tatto lui le sfilava piano la benda, applicava un po’ di pomata sulla ferita e poi la ricopriva con uno spesso strato di una garza un po’ più morbida.

Per tutto il tempo trattenne il fiato, e ancora non riuscì a decidere se fosse uno splendido sogno o la realtà.

«Ecco fatto, ora dovrebbe andare.»

La sua voce gentile e profonda la risvegliò quasi all'improvviso.

«Spero di non averle fatto molto male, potrebbe pizzicare un po’ i primi giorni.» aggiunse, rimettendo tutto ordinatamente nella busta, esattamente come gli era stato consegnato.
«Mh?» fece lei, confusa.

Si guardò la mano e la vide accuratamente fasciata con una garza che sembrava fatta di seta, e sulle dita ferite dell'altra un paio di cerotti trasparenti waterproof, robusti e accuratamente chiusi attorno alle falangi.
"Male? Quale male? Perché, mi ha sfiorata?"
Avvampò.
"Oh mio dio! Mio Dio!"

«No.» balbettò, tentando di essere altrettanto rassicurante ma fallendo miseramente «Non ho sentito nulla.»

"Ero troppo concentrata a fissarti con la mia faccia da ebete."
Lui sorrise soddisfatto.

«Bene, meglio così.» replicò, consegnandole quindi la busta «Le ho preso anche uno sciroppo per la tosse secca e qualcosa per la febbre.» La informò «L’avrei accompagnata fino a casa ma purtroppo non posso trattenermi molto. Crede di riuscire ad arrivare ugualmente? Altrimenti posso chiamarle un taxi.»

Per l'ennesima volta la giovane arrossì avvampando.

«Oh, non preoccupar ... tevi, ce la faccio, si. T-la ringrazio, non c'era bisogno si scomodasse così tanto per me.»

Scientia sorrise rimettendo in moto la macchina e ripartendo con calma.

«È stato un piacere. Spero solo si rimetta presto.» le disse, e lo ripeté di nuovo quando fu il momento di salutarla, dopo averla accompagnata sotto braccio fin dentro il vagone della metro e averle dato le ultime raccomandazioni.

Lei lo salutò con un cenno della mano e un sorriso incredulo, lo stesso che mantenne per tutto il viaggio e anche una volta arrivata a casa.

«Com'è andata? Stai bene?» le chiese preoccupata sua sorella, dato che non l'aveva trovata più al luogo dell'appuntamento e aveva provato a chiamarla senza ricevere risposta.

Lei la guardò sognante, annuendo e carezzandole la spalla con una mano per poi volteggiarle intorno felice.

«È andata ... bene. Anzi, benissimo. E io sto ... magnificamente!» replicò, guardandosi con un sorriso contento e affascinato la mano accidentata.

Monica corrucciò la fronte, stranita.

«Sei sicura?» domandò preoccupata «Non è che ti è salita di nuovo la febbre? Sei strana.»

E a quel punto lei si voltò a guardarla e concluse, pensandoci per un po’ su per poi tornare a sorridere sognante.

«No ... non credo sia la febbre ... e se lo fosse allora non provate a darmi nessuna aspirina perché non ho alcuna intenzione di guarire.»

Quindi rise, e tornata in camera si lanciò a braccia aperte sul letto, buttandosi di schiena e chiudendo gli occhi cercando di rivedere in ogni più piccolo dettaglio quelli del suo soccorritore.
"Ignis ... Ignis ... Scientia." ripeté più volte dentro di sé.
Quindi sospirò profondamente, rilassata.

«Perfino il suo nome è figo ... e interessante! »

"Mi ha chiamato Miss!" sorrise di nuovo, divertita e quasi confortata.
"Miss Baker, ihihiiih! Nessuno mi ha mai chiamato così, di solito sono solo Signorina, Alex, o al massimo la domestica di casa."

Quindi si mise di nuovo a sedere e infine sprofondò con la testa nel cuscino, allargando le gambe doloranti e lasciando pendolare le braccia ai lati del letto.
"Mi ha aperto lo sportello, offerto il suo caffè ... e mi ha anche accompagnato fino alla metro. A me ... me! Ma da dove viene, dal paradiso?"
Un altro sospiro, stavolta più stanco.

«Chi diavolo sei, Mr. Scientia? Sei troppo bello per essere vero. Dev'esserci qualcosa che non va in te, deve...» biascicò, guardando la busta dei medicinali che aveva lasciato sul comodino proprio di fronte al suo sguardo «Non puoi esistere davvero ...»

"Non per una come me, almeno."
Ma intanto, quando poco dopo il sonno giunse a soprassalirla, anche lì lo ritrovò, elegante, gentile e disponibile come nella realtà.
Ignis Scientia.
Il primo uomo ad averla trattata come una regina nonostante fosse solo poco più che una semplice dama di corte.
Il primo ad essersi accorto di lei per la donna che era, e nient'altro.
Un sogno dolcissimo dal quale non avrebbe mai più voluto svegliarsi.
Molto, molto meglio di un muffin al cioccolato!

 
***
 
Il giorno dopo …
 
"Gentile Sig.na Alexandra Baker, la contatto per conto dell'ASIG.srl per confermare l'appuntamento di stamattina e chiederle un anticipo sull'orario.
Causa riunione urgente, la aspettiamo per le consuete pulizie settimanali dello studio alle 8.30 invece che alle 9.30

Maurice
"

Erano le sette e dieci quando il cellulare squillò nella tasca del cappotto dove lo aveva lasciato.
Alexandra quasi non lo avrebbe sentito, stordita com'era, se non fosse stato per la vibrazione.
Invece riaprì gli occhi, appannati e doloranti, e mentre cercava di rimettersi in sesto senza riuscirci si rese conto che, forse, quell'oggi sarebbe stato ancora più difficile muoversi di ieri.
Ingoiò a vuoto un paio di volte, sentendo la gola dolerle, e si passò la lingua sulle labbra sentendole secche e amarognole.
"Aaah!" pensò disperata "Oggi non va. Proprio non va."
La febbre le era salita di nuovo, non era difficile capirlo, complice sicuramente anche l'aver dormito con ancora indosso gli abiti del giorno prima.
Non poteva uscire così, avrebbe dovuto fare almeno una doccia e cambiare la sua divisa, ma quando lesse il messaggio le venne da strapparsi i capelli.

«No, no, no!» protestò, abbandonando poi nuovamente la testa sul cuscino.

Sospirò pesantemente. Quindi si fece coraggio, e dopo quasi un'ora riuscì a uscire di casa, pulita e ordinata ma con le gambe che le tremavano quasi fossero gelatine.
Non avrebbero retto a lungo, se lo sentiva.
Anche perché adesso la vera sfida era arrivare in tempo a quasi tre isolati lontano da lì, camminando nella sottile pioggerella scrosciante che aveva preso a scorrere ininterrotta allagando le strade.
Perfetta in un comodo e al contempo elegante completo nero classico di giacca e pantaloni, un'altra camicia bianca quasi come quella che aveva appena perso e un paio di stivaletti a punta, di pelle nera.
Appena fuori dal portone ebbe un attimo di incertezza, ma poi si strinse nel soprabito rosso e s'immise in strada, col suo ombrello di plastica rosso fuoco a proteggerla dal diluvio.
Amava la pioggia e le giornate uggiose, ma avrebbe preferito viverle attraverso il vetro della finestra di casa sua, magari con una tazza fumante di the in mano e qualche biscotto alla cannella, o una fetta di torta al cioccolato.
Di sicuro non al lavoro con una febbre da cavallo e le gambe che tremolavano minacciando di cadere da un momento all'altro.
"Ce la faccio, Ce la faccio, Ce la faccio!" si ripeté, passo dopo passo.
Ma non fu abbastanza, e così appena a metà strada ebbe un forte giramento di testa, le forze le mancarono e lei letteralmente cadde a terra come una pera cotta.
O almeno, l'avrebbe fatto se mani forti e gentili non l'avessero afferrata prontamente, impedendole la rovinosa caduta che di sicuro le avrebbe fatto molto male.

«Miss Baker, sta bene?»

Il suo cuore si fermò all'istante.
Quella voce. "Miss ...?"

«Alexandra, mi sente?» ripeté l'uomo, ma lei non trovò neanche la forza di rispondere.

Semplicemente svenne stremata, e l'ultima cosa che udì, come in un sogno, fu la voce della Signorina Eve che esclamava preoccupata avvicinandosi.

«Oh mio Dio! Alex!»

Poi ... più nulla.
Fino all'attimo del suo risveglio.
"Eve? Che ci fai nel mio sogno?"

(Continua …)
 

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Capitolo 5
*** Like a sweetest cupcake in a world full of muffins ***


Like a sweetest cupcake in a world full of muffins
 
Quella mattina Ignis Scientia uscì presto da palazzo, come al solito diretto a casa del principe, con una busta di carta marroncina stretta nel braccio destro, e contenente del pane appena sfornato dai mastri fornai al servizio del Re, e la sua borsa di pelle con i documenti che sarebbero serviti al principe per rendersi conto della situazione economica e politica del paese stretta nella sinistra.
Pioveva a dirotto, quindi oltre a ciò la mano destra stringeva l'ombrello nero, che ce la faceva a malapena a ripararlo dalla scrosciante tempesta.
Le goccioline rimbalzavano allegre e ticchettanti sull’asfalto nero della strada, andando a unirsi alle compagne che già avevano formato diverse ampie pozzanghere qua e là. Camminando spedito e impettito nel suo lungo soprabito avorio, Scientia le scansava una dopo l'altra abilmente a passo accelerato, pensando già a quando (una volta a destinazione) avrebbe dovuto darsi da fare per impedire ai vestiti già bagnati di procurargli un brutto raffreddore.
Si fermò di fronte alle strisce pedonali, guardando il semaforo per i pedoni dall'altro lato della strada affollata e aspettando che diventasse verde, quindi attraversò il rettilineo lasciandosi alle spalle il traffico e dirigendosi a sinistra del marciapiede sul quale si trovò, costeggiando prima la fermata della metro, poi un paio di palazzi e il parco.
Fu proprio lì che la vide, la ragazza dei broccoli e del caffè versato.
Era proprio a pochi metri da lui, guardava dritta di fronte a sé e stava per attraversare la strada affollata, barcollante e stordita anche più del giorno prima, quando all'improvviso sembrò letteralmente crollare, facendogli balzare in gola il cuore per lo spavento perché proprio in quel momento una macchina si apprestava ad andarle incontro a velocità sostenuta.
Agì d'istinto: Abbandonò il pane e la borsa sotto la pioggia scrosciante e si lanciò al suo salvataggio sorreggendola, col braccio sinistro ad avvolgere i fianchi, stringendola poi a sé e traendola in salvo sul marciapiede, alla giusta distanza dalla strada, mentre con l'ombrello nella destra si preoccupò di ripararla dalla pioggia dato che, purtroppo, il suo di un bel rosso vivo le era sfuggito di mano e spinto dal vento aveva attraversato la strada tra le proteste degli automobilisti e i clacson delle loro autovetture.
Una in particolare, una bella utilitaria sportiva piccola e di un rosa quasi abbagliante che stava attraversando la strada sull'ultima corsia dall'alto lato, si era fermata di colpo e da essa era scesa una elegante ed eccentrica signorina vestita con un completo nero, gonna cortissima, ampio capello a falde larghe con un nastro dello stesso colore dell'auto e tacchi a spillo.
La vide accorrere a recuperare l'ombrello ma non le diede peso, tornando ad occuparsi della ragazza.
Tremava, scottava parecchio, e gli occhi chiusi si muovevano appena, tanto che non fu proprio sicuro fosse ancora in grado di ascoltarlo, ma volle tentare.
 
« Miss Baker, sta bene? » le chiese.
 
Lei trattenne il fiato, aprendo appena gli occhi lucidi e guardandolo spaesata. No, non stava bene. Se ne accorse da come muoveva gli occhi, probabilmente non riusciva nemmeno a vederlo bene.
Come previsto infatti non ricevette risposta, e allora ritentò, stavolta meno formale e più che altro per tentare di rincuorarla.
 
« Alexandra, mi sente? »
 
Lei ce la fece solo a sorridere e annuire appena, prima di piegare la testa e svenire.
Scientia sospirò, la prese in braccio sollevandola da terra e si voltò udendo il veloce ticchettare dei tacchi avvicinarsi rapido e una voce femminile esclamare preoccupata.
 
« Oh mio Dio! Alex! »
 
Era la signorina della macchina chic, che accorse ad aiutarlo con l'ombrello.
 
« Vi conoscete? » le chiese, più per curiosità e nella speranza di trovare aiuto, dato che le sembrava una persona abbastanza affidabile nonostante tutto.
« Siamo amiche! » rispose lei, guardandola angosciata e toccandole con una mano la fronte « Oh, per l'amor del cielo! Scotta da matti! »
 
Ignis annuì grave.
 
« Ha la febbre alta. » confermò « Credo sia meglio portarla immediatamente al caldo e chiamare un medico. Sa’ per caso dove abita? Può accompagnarci lei? Io sono a piedi al momento. » domandò quindi.
 
La donna annuì sicura.
 
« Si, certo. » disse « Ma è troppo lontano. Venite, andiamo a casa mia. Vi accompagno io. » decise indicando l'auto.
« Grazie. » fece Ignis, poi si ricordò delle cose che aveva lasciato indietro e le chiese gentilmente di recuperarle mentre loro raggiungevano la macchina.
 
In viaggio -lui che stringeva ancora tra le braccia la ragazza, seduto dietro, e lei alla guida- la giovane sconosciuta si lasciò sfuggire un'imprecazione picchiando il palmo della destra sul volante foderato sempre dello stesso colore.
 
« Benedetta ragazza! » esclamò, inducendolo a guardarla allarmato « Mi deve sempre far prendere di questi colpi! »
 
Lui sospirò, facendosi serio.
 
« Vi conoscete da molto, se posso chiedere? » domandò.
 
La giovane sorrise, annuì.
 
« Certo che può. » rispose « Anzi, chiedo scusa se non mi sono presentata prima. Eve Stevenson, lavoro nel settore della moda e del make up. Io e la teppistella qui ci conosciamo da cinque anni ... >> spiegò poi, sorridendo malinconica << Da quando è venuta la prima volta a casa mia e me l'ha riconsegnata più linda di prima. Anche la mia Cannella la adora. »
 
Scientia inclinò di lato il capo, colorando appena le labbra di un sorriso incuriosito.
 
« Cannella? »
« Oh, Ally. Volevo dire Ally! » ridacchiò lei, poi tornò a spiegare allegra « Comunque si, la mia cagnetta. Hanno legato subito anche perché prima di iniziare a fare questo lavoro Alex aveva una cagnetta della stessa razza e anche dello stesso colore, Cannella appunto. Poi purtroppo è morta e lei ha deciso di voler fare la dog sitter. »
 
Scientia seguitò a sorridere, guardando la giovane che gli dormiva con la testa appoggiata sul suo petto e un sorriso stanco sulle labbra pallide e screpolate.
"Ma pensa ..." si disse. E non seppe dire perché, ma quel particolare gli toccò il cuore, inducendolo a stringerla di più.
Eve rimase in silenzio, ad osservarlo dallo specchietto retrovisore con un sorriso vittorioso appena accennato sulle labbra.
Proprio nel momento in cui lui abbassò il volto per guardarla, nel sonno Alexandra sorrise e gli si accoccolò di più sul petto, inducendolo dapprima a rabbrividire sorpreso e poi a sorridere a sua volta, inclinando il capo e accostandolo al suo.
"E brava la nostra Alex ..." ridacchiò dentro di sé, soddisfatta "Guarda un pò tra le braccia di chi sei andata a svenire. Te lo dicevo io, che prima o poi la fortuna avrebbe girato."
 
\\\
 
Il verdetto del medico fu quello che già Scientia e Miss Stevenson si aspettavano: Una bruttissima influenza da curare subito, per non provocare ulteriori danni al corpo già esausto di suo e anche abbastanza gracile di costituzione.
Prescrisse molto riposo, bevande calde e possibilmente cibi nutrienti e ricchi di vitamine, e assolutamente nessuno sbalzo di temperatura. In pratica non avrebbe potuto neanche sognarselo di tornare a lavorare se prima non si fosse rimessa del tutto, e a giudicare dalle condizioni ci sarebbero volute almeno un paio di settimane.

« Fino a che la febbre non sarà passata datele l'antibiotico. » raccomandò il dottore « E se proprio sente la necessità di uscire che sia in giornate di sole. Tanto più se mi dite che ha già avuto problemi respiratori in passato. »
« Ah, si purtroppo. » disse Eve dispiaciuta, annuendo più volte « Circa otto anni fa ha avuto una broncopolmonite anche abbastanza forte. »

L'uomo annuì grave.

« Allora non è una cosa su cui scherzare. » disse « Vi raccomando, se dovesse esserci qualche altro problema chiamatemi, sono anche un medico notturno. »
« Senz'altro. Molte grazie, Dottore. »

Per tutta la conversazione, Ignis rimase ad ascoltare in rispettoso silenzio, preoccupato e sempre più incuriosito.
Con una costituzione così gracile, di sicuro quel mestiere era l'ultimo che quella ragazza avrebbe dovuto intraprendere. Ma allora ... perché lo faceva?
Lo chiese alla signorina Eve, una volta che il medico se ne fu andato e dopo aver trascorso un pomeriggio a prendersi diligentemente cura dell'ammalata, quando infine si ritrovarono seduti attorno al tavolo con una fumante tazza di caffè caldo fatto da lei tra le mani.

« Oh, valla a capire! » rispose col solito sorriso lei, scacciando con una mano l'aria « Col cervello e la creatività che si ritrova avrebbe potuto far carriera facilmente, mi creda. Le sarebbe bastato prendere un corso di laurea in lettere, o anche in storia per esempio. Oppure diplomarsi ad una scuola alberghiera, e non staremmo qui a parlarne. Ma lei ha sempre detto che l'università costava troppo per i suoi genitori, e poi quando suo padre è morto, sette anni fa ... penso si sia rassegnata. » sospirò, scuotendo il capo e poi tornando a guardare Scientia con un'espressione esasperata in viso « Non vuole neanche andarsene a vivere da sola. Le avevo anche proposto di venire a vivere qui, non le avrei fatto pagare nulla, ma lei è troppo affezionata alla sua famiglia, alla sua casa. Teme di perderli, credo. O forse di deluderli ... »

Ignis annuì pensieroso, riflettendo sulla marea d'informazioni che aveva ricevuto. Poi sorrise appena, tornando a guardarla. Di certo la parlantina non le mancava, ed era quasi certamente sicuro che stesse tessendo le sue lodi per spronarlo a chiedere di più. Ma non voleva impicciarsi dei fatti altrui, non era nel suo carattere. Sarebbe stata Alexandra stessa ad aggiungere altro, se mai avesse voluto. E non aveva certo bisogno di essere convinto ad apprezzarla, perché lo faceva già.
Una donna simile, con una tale forza di spirito racchiusa in un involucro così fragile ... era quantomeno rara a vedersi, in una città come Insomnia e forse anche fuori, nel vasto mondo variopinto che li circondava.
Forte e perseverante come un soldato, ma con un lato dolce e nascosto nel proprio cuore, pronto a venir fuori all'occorrenza.
Si. Era decisamente encomiabile.

« Bhe, penso che per ora debba restare comunque viste le condizioni. » concluse, guardando poi l'orologio legato al polso sotto la camicia da un cinturino in pelle nera.

Quindi si alzò e accennando ad un inchino spiegò, rapido.

« Chiedo scusa, ma ora devo andare. Si è fatto molto tardi. Potrebbe pensare lei ad avvisare la famiglia? »

Eve parve ridestarsi.

« Oh, ma certo! Certo ci penso io, vada tranquillo. » esclamò alzandosi e accompagnandolo alla porta, aiutandolo a recuperare le sue cose.

Fortunatamente quasi niente si era rovinato, fatta eccezione che per il pane, ormai completamente zuppo e da buttare.
Ma ne era valsa la pena.
Ci pensò con un sorriso mentre a passo svelto si affrettava verso il palazzo. Aveva smesso di piovere, fortunatamente, e ormai era tardi per raggiungere il principe. Sperò soltanto che non avesse carbonizzato nulla nel tentativo di procurarsi del cibo decente, anche se immaginò che vista la pigrizia aveva sicuramente preferito ripiegare su qualcosa da asporto.
Quella ragazza ... Alexandra ...
Non riuscì a non pensarci, neanche quando fu l'ora di andare a dormire. Si ritrovò disteso sul letto a fissare il soffitto con le mani dietro la nuca, pensieroso.
E alla fine, dopo ore trascorse a passare in rassegna ciò che sapeva di lei, giunse alla conclusione che l'indomani sarebbe tornato a trovarla, giusto per sincerarsi che tutto procedesse bene.
In fondo Miss Baker aveva passato tutta la sua vita a prendersi cura degli altri fino al punto di ammalarsi, ora era giusto che qualcun altro lo facesse per lei, per ripagarla dell'impegno.
E forse anche per dimostrarle che c'era chi, pur non conoscendola, aveva apprezzato i suoi sforzi.
 
***
 
Il principe Noctis e Prompto Argentum, fidato compagno di banco ormai dal primo del liceo, rientrarono a casa all'imbrunire, sghignazzando, forti di un bel pomeriggio trascorso in sala giochi e decisi a continuare l'esperienza con la console di ultima generazione di casa Caelum.
Ma non appena aprirono la porta furono sorpresi dal buio e dal silenzio, e quando le luci automatiche si accesero i sorrisi sui loro volti lasciarono il posto ad espressioni preoccupate e stranite.
C'era un disordine assurdo, lo stesso che l'erede al trono aveva lasciato prima di andarsene quella mattina.
Nel lavandino stracolmo di schiuma galleggiavano ancora le tazze e i piatti usati per la colazione, più qualche pentola annerita della sera prima. Sul tavolo giacevano ancora il piatto con il pane tostato avanzato, il vasetto di marmellata col coltello sporco affondato dentro e la tazza che aveva contenuto il caffe, più un paio di fumetti e qualche libro e quaderno, anzi per essere precisi quelli che aveva tolto dallo zaino per sostituirli con quelli del giorno attuale.
Sul divano invece giacevano un paio di magliette e un pantalone, abbandonati alla rinfusa assieme alle ciabatte che ancora se ne stavano accostate vicino al mobile ad attendere il ritorno del padrone, che ora si ritrovò a guardarle quasi sconvolto, battendo più volte le palpebre come se non riuscisse a credere ai propri occhi.

« Ma ... che ...? » mormorò, guardandosi intorno.
« Mh? » fece Prompto, staccandosi da lui e iniziando a darsi un'occhiata in giro « Ignis non c'è? Non è venuto oggi? » chiese infine, voltandosi a guardarlo.

Noct scosse le spalle, sempre più attonito.

« Neanche stamattina ... » mormorò.

l'espressione sorpresa sul viso di Prompto si accentuò.

« Ma allora ... » esordì, preoccupato « Adesso che mangiamo? »

Noctis parve rianimarsi. Lo guardò, sbattendo di nuovo ripetutamente le palpebre, poi spostò la sua attenzione sulla cucina ancora incrostata di sugo e caffè e sospirò, avviandosi verso il tavolo con le mani sprofondate nelle tasche della divisa.

« Ordina qualcosa, io libero il tavolo. »

Prompto s'illuminò, ritrovando il buon umore mentre estraeva dalla tasca il cellulare e lo impugnava sollevandolo al cielo vittorioso.

« Agli ordini, vostra maestà! Hamburger in arrivo. Senza verdure per lei. » aggiunse quindi annuendo e fingendosi serio.

Il principe storse il labbro e lo guardò fingendosi offeso.

« Mphf. » bofonchiò « Molto divertente. »
« Aspetta. » ribatté il biondo sgranando gli occhi sorpreso « Mi stai forse dicendo che ... le vuoi? Sul serio, Noct? Sei sicuro? »

Caelum sorrise divertito.

« Piantala. » rispose sghignazzando « E sbrigati a ordinare, ho fame. »

Argentum tornò a concentrarsi sullo schermo del cellulare, annuendo e sghignazzando.

« Yep, yep! Capito. » disse, per poi comporre il numero giusto e attendere che la chiamata venisse accettata.

Un quarto d'ora dopo, sul tavolo giacevano vuote le confezioni di quattro hamburger, salse, due confezioni di patatine fritte e due bicchieri di plastica con cannuccia, mentre i due si sfidavano a colpi di spada in una avvincente partita che durò fino a che, vinti dal sonno, entrambi non si arresero al richiamo del letto e si salutarono, dandosi appuntamento a scuola, l'indomani.
Eppure, nonostante il piacevole epilogo della serata, Noctis non riuscì a non chiederselo, prima di addormentarsi, arrovellandosi anche un bel pò.
Come mai Iggy quel giorno non si era fatto minimamente vivo?
 
***
 
Il giorno dopo, quando Ignis Scientia si ripresentò di buon ora a casa della Signorina Eve con caffè e cornetti appena sfornati per scusarsi dell'orario (erano le nove, ma dato che non sapeva a che ora lei avesse abitudine di svegliarsi trovò corretto almeno procurare la colazione), trovò ad attenderlo una piacevolissima sorpresa.
Monica, la sorella di Alexandra, era arrivata appena qualche minuto prima preoccupata per la minore, e appena lo vide fu lieta di ringraziarlo per essere stato così gentile con lei.
Lui annuì accennando ad un inchino e un sorriso.

« È stato un piacere. » disse « In fondo non è la prima volta che c'incontriamo. »

La donna gli rivolse un'occhiata incuriosita, lo stesso fece Eve.

« Sul serio? » chiesero, quasi in coro.

Ignis abbassò per un attimo lo sguardo, sistemandosi gli occhiali sul naso con un sorriso imbarazzato.

« Mh. » disse quindi, riprendendosi e ricordando « La prima volta fu al supermercato, questa estate. Disse che doveva comperare dei cavoli per sua madre, e dato che quelli che avevo preso io erano i più ben messi fui ben felice di cederglieli. Poi c'incontrammo di sfuggita qualche altra volta, ma non avemmo mai modo di parlarci fino a due giorni fa, quando ebbe quel problema con caffè rovesciato addosso. »

Eve annuì impressionata, Monica fece lo stesso, pensierosa, poi però all'improvviso parve illuminarsi.

« Aspetta un secondo ... caffè hai ehm avete detto? »

Ignis la guardò stranito, cercando di capire.

« Si ... » disse soltanto, prima che lei mormorasse con un sorriso, annuendo più volte.
« Ora capisco, perché era così su di giri quella sera. Pensavo fosse la febbre alta, ma ... »
« Evidentemente non lo era ... » le fece eco Eve.

Scientia tossì, abbassando nuovamente gli occhi, poi tornò a sorridere.

« Dunque, come sta oggi? » chiese.
« Oh, ha dormito tutta la notte. Non si è ancora svegliata. » rispose Miss Stevenson « Stavo giusto per portarle le medicine e la colazione. Vuole pensarci lei? » ammiccò, scambiandosi uno sguardo complice con Monica che tornò a guardarlo in attesa.

Scientia sorrise dentro di sé. Certo l'entourage della giovane aveva un che di pittoresco e divertente, pensò.

« Certo, faccio io. » fu felice di assentire, consegnandole poi il prezioso pacchetto che stringeva nella mano destra coperta dal guanto da automobilista « Qui ci sono due caffè e due cornetti, per scusarmi dell'orario un pò scomodo. » spiegò.

Sui volti delle due donne apparve un altro sorriso affascinato.

« Oh, ma che gentile! » fece Eve sorridendo, e prendendo in consegna il dono « Non doveva disturbarsi, sul serio. »
« Nessun disturbo. »

Poi prese in consegna il vassoio e si diresse nella camera degli ospiti, dove ancora sonnecchiava la giovane, immersa nell'oscurità e nel silenzio.
Si avvicinò con cautela, appoggiando il vassoio sul comodino vuoto e andando a chiudere la porta prima di sederle accanto, sull'orlo del letto, ed osservarla in silenzio, sfiorandole con le dita la fronte sudata e scostandole da davanti agli occhi una ciocca di capelli.
Aveva il viso rosso, la lunga chioma castana scompigliata, e un'aria così da bambina sperduta mentre si stringeva alle coperte che la sommergevano quasi.
Senza gli occhiali poi doveva ammettere che la sua bellezza risaltava anche di più.
Sorrise, quindi prese il tovagliolo di stoffa bianca umido di acqua fredda dal vassoio e lo tamponò delicatamente sulla sua fronte, sul naso e sulle labbra, sentendola muoversi appena e poi vedendola riaprire piano gli occhi, guardandolo ancora assonnata e sorpresa.

« Salve, Miss Baker. » mormorò.

Lei sorrise, richiudendo le palpebre stanche e sospirando prima di tornare a guardarlo.

« Salve ... signor Scientia. » sussurrò con un filo di voce.

Ignis sorrise di nuovo.
In realtà non fu sicuro al cento per cento che lei si fosse davvero resa conto di quello che stava accadendo, anzi era molto probabile che credesse di star ancora sognando, ma lui doveva darle la sua medicina per farle abbassare la febbre, quindi non scongiurò quell'ipotesi.

« Le ho portato le medicine. » disse amorevole « Deve prenderle subito per far abbassare la febbre. »

Lei seguitò a sorridere, richiuse gli occhi ed annuì, sistemandosi meglio sul cuscino e aprendo la bocca.
Sorrisero entrambi, e a quel punto a lui non restò che prendere in mano la pillola e avvicinarle il bicchiere d'acqua alle labbra perché potesse mandarle giù insieme.
Lo fece con fatica. Quindi lasciò rabbrividendo che lui le accarezzasse piano la fronte e i capelli, e a quel punto non seppe dire se fu colpa della febbre o di un qualche altro inspiegabile dolore emotivo che la colse all'improvviso, ma una lacrima calda scivolò giù dai suoi occhi, attraversandole lo zigomo e ricadendo dritta sul cuscino sotto di lei.
Lo riaprì di colpo, quasi spaventata guardandolo.
Ignis sorrise, tolse un guanto e con la pelle liscia dell'indice le asciugò la guancia, scoccandole poi un occhiolino al quale lei rispose con un sorriso, per poi estrarre la mano destra da sotto le lenzuola e prendere nella sua quella, calda e morbida, che si strinse quasi subito ad afferrarla.
Lo guardò, dritto in quegli occhi verdi e intensi. Ignis rimase in attesa, serio.

« Puoi ... restare? » gli chiese, quasi implorandolo « Solo un pò. Posso chiudere gli occhi e ... sperare di ritrovarti? »

E a quel punto lui, in risposta, sorrise e incastrò le dita tra le sue, affusolate e magre come quelle di un pianista, portandosele poi accostate alle labbra, sfiorandole con un bacio che le fece tornare immediatamente il sorriso.

« Puoi chiudere gli occhi. » la rassicurò « Resterò fino a quando non ti sveglierai. » promise poi, accarezzandole di nuovo la fronte col panno bagnato e stando lì ad osservarla e stringerle la mano fino a che, spossata, lei non si addormentò di nuovo.

Anche per oggi Noctis avrebbe dovuto fare a meno di lui, ma era per una buona causa.
Quando sarebbe stato il momento avrebbe sicuramente capito, dopo le dovute spiegazioni. Sempre ammesso che fossero state davvero necessarie.
 
\\\
 
Monica osservò interessata la figura elegante del giovane uomo avviarsi verso la camera degli ospiti con tra le mani il vassoio su cui erano accomodati le medicine, il bicchiere d'acqua, la tazza fumante di the agli agrumi e una fetta di torta al cioccolato, e non appena sentì la porta richiudersi il suo primo pensiero oltrepassò il confine delle labbra.

« Eve, ma chi è? » chiese « Siamo sicuri che sia una persona seria? »

L'altra ridacchiò.

« E cosa vuoi che ne sappia io? » replicò, appoggiando la busta sull'ampio tavolo del soggiorno e tirando fuori uno ad uno il contenuto.
« Intanto è libero e ricco, che è quello che conta davvero. »

Monica la fissò contrariata.

« Mia sorella ha bisogno di una persona seria, non di un don Giovanni, ricco o no. »
« Oh, andiamo! » replicò l'altra odorando beatamente il caffè « Senti che aroma! Ti pare che un gentiluomo così sia un mascalzone? E ha preso anche i cornetti! Mhhh, che buoni! » concluse beata dando il primo morso al suo.
« Eve, potresti per un attimo lasciar stare il denaro? » le chiese allora infastidita la più grande, ma lei scosse il capo con aria saggia.
« No, mia cara. Perché è da quel mondo che provengo, e credimi quando ti dico che se non fosse davvero innamorato di lei, quel tipo non avrebbe avuto nessun altro interesse ad avvicinare Alex. In fondo non è laureata, non ha un lavoro stabile e neanche una casa propria. Lui la ama davvero, credimi. » sospirò sognante, immergendo il resto della brioche nel liquido nero « Beata lei! »

Monica sembrò irritarsi ancora di più.

« A parte che l'essere laureata non vuol dire nulla. » replicò « Ma anche se ne fosse innamorato, noi non sappiamo nulla di lui ancora, tranne che è ricco e che si comporta da gentleman. E se avesse altri tipi di problemi? Se ... chessò ... non riuscisse a controllare la rabbia? »

La signorina Stevenson le lanciò un'occhiata scettica alzando un sopracciglio.

« Quel tipo? »
« Si, quel tipo! » concluse quasi esasperata lei, annuendo convinta « Tutti abbiamo dei difetti, in fondo. Non possiamo fidarci solo perché è gentile e premuroso. Spesso sono i peggiori. »

Eve tornò a sospirare, quindi si alzò, le mise una mano sulla spalla e guardandola negli occhi le disse, seria.

« Senti Monica. Ti fa onore preoccuparti di tua sorella così bene, davvero. Avessi avuto io una sorella maggiore come te ... » quindi sorrise e annuì, decisa « Ma proprio per questo, potresti fidarti un pò di più di lei? » le chiese quindi « In fondo tu la conosci meglio e più a lungo di me. È giudiziosa, e dopo le non proprio idilliache esperienze che ha avuto non si sarebbe innamorata così facilmente se non fosse stata sicura, giusto? »

Monica ci pensò per qualche istante su, sempre meno convinta ma persuasa a seguire il consiglio della ragazza.
Infine scosse le spalle, sospirando.

« Massì! » esclamò « Ha pur sempre ventiquattro anni, dovrà pur sapere quello che fa! »

Strappando una risata anche ad Eve per poi tornarsene in santa pace a trangugiare il suo caffè e consumare il suo cornetto.
Però ... Eve aveva ragione ... erano proprio buoni!
 
***
 
Lo stratega al servizio del principe tornò da lui quella sera, verso le 20.30, dopo aver trascorso tutto il giorno a prendersi cura della ragazza.
Trovò la cucina un disastro, sul tavolo gli avanzi di una cena take away e l'erede al trono sul divano, impegnato a studiare con una matita tra i denti e la penna in mano. 
Non appena lo udì entrare alzò appena gli occhi su di lui e poi li riabbassò, tornando a concentrarsi sui compiti. 
 
« Ben tornato ... » lo accolse, mugugnando.
 
Ignis si tolse il cappotto e lo appese al gancio vicino alla porta, quindi lasciò la borsa su una sedia e iniziò a riordinare. Qualsiasi cosa Noctis avrebbe fatto per saperne di più, decise che non glielo avrebbe permesso. Alexandra era una ragazza sincera e alla mano, l'ultima cosa che voleva era metterla in imbarazzo o contribuire a farla sentire inferiore. Glieli avrebbe presentati, certo. Ma non prima di essere riuscito a rivelarle quella parte di verità su di sé, ed essere riuscito a farla sentire a proprio agio. Era convinto che se fossero arrivati a stringere quel tipo di rapporto tutto il resto sarebbe venuto da sé.
 
« Grazie. » disse quindi, allegro. 
 
Il ragazzo gli rivolse un'altra occhiata, stavolta più intensa. 
 
« Dove sei stato? » chiese.
« Ah. » fece l'altro, senza scomporsi « Purtroppo ho avuto un imprevisto che mi ha portato a dover trascorrere un pò di tempo fuori da palazzo. » spiegò a grandi linee mentre iniziava a lavare i piatti « Credo che per un pò dovrai fare da solo, purtroppo. » 
 
Caelum sospirò. "Imprevisto, eh?
 
« Quanto tempo? » lo incalzò.
 
Ignis si fermò di colpo, guardandolo dritto negli occhi. Fu un intenso duello di sguardo che si risolse con una sua scrollata di spalle. 
 
« Qualche giorno. Forse solo un paio di settimane o meno. » risolse, tirandosi meglio su le maniche della camicia e finendo di sciacquare il lavello ormai pulito e vuoto prima di passare al fornello. 
 
Noctis rimase per qualche istante in silenzio a scrutarlo, poi d'un tratto chiese, sorprendendolo. 
 
« Sei malato? » 
 
Ignis alzò di colpo nuovamente lo sguardo su di lui. 
 
« Cosa? » 
 
Il principe sospirò. 
 
« Sei ferito, allora? Hai problemi di salute? »
 
Scientia ridacchiò.
 
« Fortunatamente no. Ma grazie per averlo chiesto. » replicò scherzoso.
« E allora come mai queste due settimane? » lo incalzò però l'altro, fissandolo poi di nuovo intensamente negli occhi « Non è che per caso ... » 
 
Non fece neanche in tempo a finire la frase che Ignis lo interruppe, chiedendo con voce salda e sicura. 
 
« Vuoi un pò di caffè? » per poi aggiungere, più calmo, sostenendo il suo sguardo « Si è fatto tardi. Sbrigati a finire i compiti, o non ce la farai ad alzarti in tempo. »
 
Un altro duello di sguardi, breve ma intenso. Infine Noctis Lucis Caelum si arrese all'ostinazione del più grande che evidentemente aveva un segreto e non voleva rivelarglielo.
Sospirò, accettando con un cenno del capo l'offerta per il caffè e tornando a concentrarsi sui compiti mentre lo osservava dapprima sospirare sollevato e poi sorridere sotto i baffi, felice. 
"Tanto lo scoprirò lo stesso, Iggy." promise dentro di sé, con un ghigno. "Sono bravo in questo, se voglio."
 
***
 
Seduti uno accanto all'altro sul pavimento in marmo della sala d'addestramento, Noctis lasciò andare il fioretto e si concesse un sospiro passandosi una mano sulla fronte, mentre Gladio sorrideva tranquillo.

« Sei migliorato. Pensavo peggio. » gli disse, soddisfatto.

Il principe sospirò di nuovo, incrociando le gambe.

« Certo che sono migliorato. » disse « Non posso mica permetterti di avere sempre ragione. »

Gladio ridacchiò, buttando all'indietro la testa e le spalle, appoggiando i palmi per terra.

« Tanto ora che ci sono gli esami finali vedrai che ti rammollirai di nuovo. » lo punzecchiò.
« Mphf. » fece il Principe « Manca ancora qualche mese, se studio bene adesso non dovrai preoccuparti del mio rendimento. » ghignò, poi però si fece di nuovo serio, tornando a guardarlo « Piuttosto, Gladio ... »

Quello gli rivolse un lungo sguardo, continuando a sorridere.

« Mh? » chiese.

Caelum fece finta di pensarci un pò su, titubò, sospirò, per poi infine partire all'attacco.

« Non trovi che Ignis sia strano, ultimamente? » chiese.

Amicitia corrucciò la fronte.

« No. » scosse il capo « È sempre il solito quattrocchi. » ridacchiò, poi aggiunse serio « Perché? A cosa ti riferisci? »

Noctis sospirò di nuovo, buttò gli occhi a terra.

« È che ... » esordì, iniziando a disegnare cerchi concentrici sul pavimento con le dita « Ultimamente manca spesso. E ieri quando ho provato a chiedergli il motivo mi ha detto che ha avuto un imprevisto e dovrà farlo ancora per qualche settimana ... »

Lo guardò corrucciarsi di nuovo.

« Dici che sta male? » ipotizzò.

L'erede al trono scosse il capo.

« Non credo. » disse « No, almeno lui ha detto così. Ha persino riso quando gliel'ho chiesto. »
« Mph, allora possiamo escluderlo a priori. » si rilassò l'altro.
« Si ma ... » insistette Noctis « Resta il fatto che sia strano ... E se si fosse innamorato? » chiese quindi, guardandolo.

Gladio sorrise, scosse le spalle.

« Sarebbe anche ora. » scherzò « È un uomo adulto in fondo. »

Noctis annuì pensieroso.

« A te non ha detto nulla? » tornò a chiedere.

Amicitia scosse il capo.

« No. Ma se è così non dovremmo aspettare molto prima di saperlo, ce lo dirà lui quando sarà il momento. » replicò, riprendendo quindi in mano la sua spada e spronandolo « Forza, in piedi. »

Il principe obbedì, determinato.
"Come sospettavo." pensò "Neanche Gladio sa nulla. Allora non mi resta che passare all'azione."
Stava morendo dalla curiosità di sapere chi era la dama che finalmente era riuscita a far breccia in quel cuore dedito solo alla corona, e avrebbe fatto di tutto per scoprirlo.

 
***
 
Una carezza calma, una stretta di mano, un sogno intenso in cui i loro sguardi s'incrociavano prima che lei avesse il coraggio di richiuderli.
Alexandra Jane Baker trascorse circa quattro giorni e mezzo in quello stato semi comatoso dovuto alla febbre prima che questa iniziasse ad abbassarsi e a darle tregua, ma ce ne mise più o meno sei a rendersi conto che l'immagine del suo cavaliere che veniva a prendersi amorevolmente cura di lei non era un sogno ma splendida realtà.
L'epifania giunse una mattina, il quinto giorno d'influenza.
Si svegliò stordita, con una pace interiore e una felicità profonda nel cuore dopo aver sognato ancora una volta lui, di baciarlo e perdersi in un suo abbraccio. Sorrise, ma quasi subito il dubbio iniziò a insinuarsi nella sua mente.
Come mai lo sognava così spesso, ultimamente? C'era davvero ricascata, senza ombra di dubbio. S'era innamorata di nuovo dopo aver deciso che non ne avrebbe avuto più bisogno, e a giudicare dall'intensità con cui lo attendeva nei suoi sogni (o almeno in quegli attimi che lei credeva tali) era anche cotta come una pera.
Sospirò, stiracchiandosi un pò e allungando le braccia sulla testa fuori dalle coperte prima di riaprire gli occhi, e subito arrossire accorgendosi del suo sguardo che la scrutava con un sorriso.

« Oh, Godness! » mormorò imbarazzata, tornando a nascondersi sotto le coperte tirandosele fin sopra al naso, e restando a seguirlo solo con gli occhi.

Ignis seguitò a sorridere, inclinando curioso di lato il capo.

« Ben svegliata. » le disse cordiale
« T-tu ...? » balbettò imbarazzata lei, avvampando di più « V-voi ...? »

Scientia non perse il buon umore, e restando seduto allungò una mano a toccarle la toccare per saggiare la temperatura.
Guardandolo dall'alto della sua posizione, sentendo il tocco delicato di quella pelle così morbida. La giovane si sentì morire, si morse le labbra e rimase rigida fissarlo mordendosi le labbra coperte dalla trapunta mentre cercava di schiarirsi la vista separando le immagini del sogno da quella che era la realtà.
Ciò voleva dire ignorare il fatto che lui le fosse così vicino e si stesse prendendo cura della sua salute e soprattutto ignorare categoricamente quelle dannate labbra così perfette e rosee.

« Oh, bene. » commentò alla fine lui, annuendo soddisfatto « La temperatura si è stabilizzata almeno, sta guarendo in fretta. »

"C-che? Cosa? G-guarendo?"

« Come si sente oggi? » le chiese quindi, alzandosi e versando del caffè caldo e ancora fumante nella tazza che soggiornava sul vassoio adagiato sul comodino « Meglio? »

Jane continuò a fissarlo ingoiando a vuoto. Annuì rapida, facendosi piccola piccola e quasi accartocciandosi su sé stessa.

« S-si, grazie. »

Santo cielo, ma allora non era un sogno! Lui era davvero rimasto lì per tutto quel tempo!
Le venne quasi da piangere per la disperazione. Era felice, anzi felicissima, ma ...
"No! Perché mi ha dovuto vedere così??"
Lo spiò mentre zuccherava il caffè con un cucchiaino e poi le riempiva un bicchiere di vetro alto con quella che doveva essere un'ottima centrifuga, dal colore arancio chiaro.
Indossava il solito pantalone classico sportivo, nero con una striscia di materiale più chiaro e lucente sul lato della cucitura, mocassini a punta di pelle del medesimo colore, bretelle e una camicia bianca a sottilissime righe nere verticali.
I capelli come sempre acconciati col ciuffo all'insù, gli occhiali semi trasparenti sul naso, e al polso un costoso orologio.
Sprofondò di più nelle coperte, vergognandosi di sé stessa che invece indossava uno dei pigiami di Eve, rosa (l’unico colore che detestava con tutta se stessa), di una taglia più grande e pieno di cuoricini e fiocchetti, aveva i capelli tutti aggrovigliati, una faccia da disperata, labbra screpolate e pallide e due profonde occhiaie che le scavavano gli occhi.
"Lui è perfetto, io sono uno schifo!!" si lamentò dentro di sé, trattenendosi a stento dal lasciarsi sfuggire un rantolo disperato.

« Ottimo. » le rispose lui soddisfatto « Comunque ha ancora bisogno delle medicine. Ha fame? » le chiese quindi, tornando a guardarla.

Aveva lo stomaco in fiamme, ma per non fare brutta figura si limitò ad annuire, scostando un poco la coperta dalla bocca e rispondendo con voce tremula, schiarendosi la voce.

« Un pò ... »

Lui sorrise, annuendo comprensivo.

« Bene. » aggiunse quindi, mostrandole il vassoio con un gesto della mano « Le lascio tutto qui, allora.  Io ora devo andare, purtroppo. Ma la lascio in buone mani. » scherzò indicando con la testa la porta alle sue spalle.

Poi si voltò e fece per uscire dalla stanza, ma all'ultimo minuto si ricordò di una cosa e si voltò di nuovo a sorriderle.

« Ah, a proposito. I suoi biscotti sono eccezionali, dovrà darmi la ricetta, prima o poi. » le disse.

Lei assunse un'aria smarrita. Lasciò andare le coperte e mettendosi a sedere guardò il vassoio. Oltre il caffè, la spremuta e una rosa rossa nel pieno del suo splendore, c'era anche un piatto con dentro tre dei suoi cookies alla cannella, probabilmente quelli rimasti dalla sua ultima infornata.
Sorrise arrossendo.

« Grazie ... » rispose, rilassandosi un pò « Certamente. » acconsentì, poi però aggiunse rapida « E’ ... il minimo che posso fare per ricambiarle la gentilezza. »

Ignis seguitò a sorriderle, annuendo.

« Per ora pensi a rimettersi, e non si stressi molto. A domani. » la salutò, con un cenno della mano.

Alexandra annuì nuovamente, quasi inchinandosi, e timidamente sorrise salutandolo allo stesso modo.
Attese che fosse uscito, poi si guardò intorno e rimase a fissare la propria immagine nello specchio lungo davanti a sé, vicino all'armadio.
Sospirò, gettandosi nuovamente all'indietro sul morbido materasso, la testa sprofondata nel cuscino, chiudendo gli occhi e lasciandosi sfuggire un paio di bollenti lacrime ribelle.
"Sono anche più orrenda di ciò che mi aspettavo."
Sospirò, più volte. Infine puntò i suoi occhi contro il soffitto, per poi voltarsi a guardare la rosa sul vassoio.
Sorrise. La prese tra le mani e provò a saggiarne il profumo. Nonostante il naso chiuso, era talmente intenso da riuscire comunque ad arrivarle.
La guardò meglio. Anche i petali erano belli, vellutati.
Li sfiorò con le dita, sognante.
"È bellissima ..." pensò.
Infine si fece coraggio e tiratasi di nuovo su prese il vassoio, se lo portò davanti appoggiando le quattro gambette di legno sulle lenzuola e osservando grata e consolata il tutto. Era piacevole agli occhi guardarlo, ci sarebbe stata delle ore.
Anche e soprattutto ... perché era stato un gesto d'amore che mai nessuno era stato in grado di farle.
Prese la tazza tra le mani, annusò l'aroma del caffè e infine iniziò a bere, sorseggiando piano.
Era caldo, saporito e dolce al punto giusto, e ci stava una meraviglia coi suoi biscotti.
Si leccò i baffi, sospirando di nuovo.
"Anche il caffè è fantastico!" sorrise, appoggiando la tazza vuota e prendendo il tovagliolo per pulirsi le labbra.
Solo allora la vide, l'ultima sorpresa che le aveva riservato.
Un bigliettino con una graziosa illustrazione raffigurante una mini torta graziosamente decorata che sorrideva, e dietro di essa tanti piccoli muffin tutti ugualmente deliziosi.
Lo aprì incuriosita e dentro vi trovò due scritte.
La prima, prestampata, recitava a caratteri grandi e zuccherosi: "Sei un dolcissimo cupcake in un mondo di muffins."
E la seconda, nella sua lineare e chiara calligrafia, riportava un numero di telefono e la invitava, amabilmente: " Questo è il mio recapito, chiama pure se dovessi sentirti di nuovo giù."
Alexandra la osservò senza parole, il sorriso sulle sue labbra si accentuò trasformandosi in uno quasi incredulo, e le mani iniziarono a tremare per la felicità.
Una lacrima cadde all'improvviso a bagnare il foglio, spaventata che potesse rovinarlo si affrettò ad asciugarla col lenzuolo prima di sospirare e guardare di nuovo dritta nello specchio di fronte a sé, accorgendosi di stare piangendo sul serio staasciu, il viso rosso e gli occhi che brillavano ma di felicità.
Si asciugò la faccia con le maniche del pigiama, proprio nel momento in cui la porta si riaprì ed Eve apparve sulla soglia sorridendole entusiasta.

« Allora? » chiese andando a sedersi accanto a lei e prendendole la mano « Visto che sorpresona magnifica? »

Annuì, tirando su col naso.

« Sei stata tu ... ? » chiese « A suggerirglielo? »

La donna spalancò gli occhi e scosse sincera il capo, più volte.

« Oh, no. » rispose certa « Ha fatto tutto da solo. Stamattina si è presentato qui con quella rosa e quel biglietto, e si è pure scusato di aver potuto prepararti nulla da mangiare. » le spiegò ridacchiando e ammiccando « Abbiamo ripiegato sui biscotti che avevo conservato, così ho pure potuto farglieli assaggiare. A quanto pare anche lui se ne intende di cucina. » sghignazzò « Gli sono piaciuti. Te ne ha parlato? »

Alexandra assentì di nuovo.

« Ha detto ... che devo dargli la ricetta, quando starò meglio. » e la vide battere le mani, entusiasta.
« Che amica che hai? Eh? » esclamò emozionata, poi la guardò negli occhi e le chiese, accarezzandole piano la guancia umida « Sei felice? »

Non lasciandole altra scelta se non quella di scoppiare a piangere, abbracciandola forte e godendosi il piacevole calore delle sue affettuose carezze lungo la schiena.

« Mi sento strana ... » disse, quando il momento fu passato, tornando a guardarla con un sorriso « Mi sento ... come se fossi avvolta costantemente in un abbraccio rincuorante. Pensi che sia normale? » domandò quindi.

Eve Stevenson ridacchiò, annuendo e battendole una lieve pacca sulla spalla destra.

« Certo che lo è, cara. È l'amore, e che amore! Quello di un bel pezzo di uomo, se posso permettermi! » rispose lei, facendo quasi eco ai modi di fare educati dell'interessato.

Rise, e anche Alexandra lo fece, ritrovando il buon umore.

« Te lo meriti, tesoro. » concluse quindi la giovane donna, stringendole la mano prima di raccomandarle « Non fartelo sfuggire, okkey? Non si trova ogni giorno un uomo così. »

Alexandra sorrise, annuì più volte asciugandosi le ultime lacrime con le mani e la abbracciò di nuovo, felice.
"Sta’ tranquilla, Eve. Non ci penso nemmeno.
 
***
 
Il giorno dopo …
 
« Cosa?? » da seduto a cavalcioni sulla sedia, le mani e il mento appoggiati allo schienale, Prompto sgranò gli occhi e schizzò in piedi, trasformando il suo volto nella maschera della sorpresa « Iggy innamorato? Il nostro Ignis?? » chiese guardando il principe, che si adagiò smargiasso sulla sua seduta incrociando le braccia sul petto e guardandolo con aria sicura aspettando la fatidica domanda << Ma sei sicuro?? >>

A quel punto non restò che ghignare, cacciare fuori la matita dalla bocca e incrociando le braccia sul banco spargersi verso di lui come se stesse per confidargli un pericoloso segreto.

« Assolutamente sicuro! » affermò, guardandolo negli occhi e scuotendo il capo.

Argentum spalancò la bocca sorpreso e si voltò a fissare la lavagna ancora scarabocchiata dal prof di matematica.

« Incredibile! » mormorò scioccato.
« Mi servono solo le prove, ed ecco perché tu mi aiuterai. » continuò a quel punto Caelum, alzandosi e portandosi di fronte a lui indicandolo con un movimento dell'indice verso il suo petto.
« Che hai intenzione di fare? » si emozionò il biondo, illuminandosi.

Noctis tornò a ghignare.

« La cosa più semplice del mondo. » disse, guardandosi intorno circospetto « Lo pedineremo e scopriremo chi è la fortunata senza che lui se ne accorga. »
« Oh, siiii! » esultò a quel punto Prompto, che non stava più nella pelle, tirando all'indietro un braccio e schizzando l'altro verso il cielo « Allora se è un pedinamento dovrò portare la macchina fotografica, no? Come i veri investigatori. »

Il principe raddrizzò la schiena, assunse un'aria sicura appoggiando le mani sui fianchi e sollevando il mento.

« Ovvio che si. » rispose, sogghignando poi con aria vittoriosa « Lo incastreremo. Vedremo poi se riuscirà ancora a negare. »
« Quando iniziamo? » tornò a chiedere allora fremente il biondo, proprio nel momento in cui la campanella li avvisò della fine della ricreazione.
« Oggi stesso. » decretò il sovrano, facendo la sua felicità « Dopo la fine della scuola. »

"Vediamo di scoprire chi è la malattia di Iggy, una volta per tutte."
E prima di tornare a sedersi di fronte a lui Argentum si lasciò sfuggire un'entusiasta e sghignazzante

« Agli ordini, vostra altezza! »

Mimando il saluto delle fedeli guardie reali.
 
(Continua …)

 


 
NDA: Salve :D Buonasera a tutte dolci piccole torte ripiene di panna montata <3<3<3 :3
Come state? Io come la nostra Alex mi sto riprendendo ora da una brutta influenza, e devo dire che questa volta scrivere a contribuito davvero molto alla mia guarigione, Iggy ha confortato un poco anche me ^^ No, sul serio, sono stata davvero male e mi sono sentita davvero coccolata mentre pensavo a questa storia, quindi non ho fatto altro che riportare su carta i miei sentimenti, e spero che vi siano piaciuti e vi abbiano trasmesso un pò del mio diabet ahem di zucchero in più che con questo freddo non fa mai male ihih <3
Aspetto di conoscere i vostri pareri, ci risentiamo molto presto ora che la storia è entrata nel vivo :3
 

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Capitolo 6
*** Ambrosia (Il sapore dell'amore) ***


NDA: La canzone citata nei Lyrics è "Perfect" di Ed Sheeran, che ha ispirato l'intero capitolo assieme a "Piccola anima", di  Elisa e Ermal Meta


- Ambrosia (Il sapore dell’amore) -
 

Lo dicono tutti: L'amore è la perfetta combinazione di chimica e cuore.
Ognuno lo sa, dall'albore dei tempi. Cantanti lo hanno descritto nelle loro liriche, attori hanno dato vita ai suoi innumerevoli effetti tragici e comici e perfino gli scienziati hanno tentato di dimostrare gli effetti di questa magia arcana sul nostro essere umani.
Eppure, nonostante questo e molto altro, quale sia la ricetta giusta nessuno è mai riuscito a raccontarlo, e forse mai ci riuscirà.
È imprevedibile, inattendibile, sboccia all'improvviso e nei sentieri più inaspettati, anche dove non esiste acqua e non arriva luce.
Arriva e li illumina, li rinvigorisce.
Eppure, alla faccia di ogni legge chimica e di qualsiasi regola scritta o no, quando lo assaggi se è quello giusto te ne accorgi subito, perché è ... assolutamente perfetto.
Un piatto dal sapore angelico difficile da dimenticare e impossibile da copiare, nato dal nulla.
Ed è così che te ne accorgi, in men che non si dica, di essere fregato.
È così che t'innamori, e non puoi più farne a meno.
Hai finalmente trovato la tua ambrosia, il cibo degli dei: il piatto più difficile da riprodurre perfino per i cuochi più esperti.

 
***
 
Tre giorni dopo …
 
Il sole risplendeva già da qualche ora nel cielo di Insomnia, invadendo con la sua luce magica tutta la piccola stanza da letto in cui la giovane Alexandra si era ritrovata a trascorrere quelle quasi due settimane di malattia forzata.
Il rumore del traffico, attutito dalla distanza, si mescolava al chiacchiericcio lontano della televisione proveniente dal soggiorno, e un intenso odore di caffè e crema pasticcera la raggiunse ancor prima che riuscisse ad aprire gli occhi.
Sorrise, sospirando tranquilla.
Si stiracchiò un poco e infine lanciò uno sguardo su tutto ciò che la circondava, rischiarato dal sole del mattino.
La porta era socchiusa, sulla sedia vi era ancora la sua vecchia valigia di cuoio con qualche vestito pulito che si era fatta portare da sua sorella, l’orologio elettronico appeso sopra allo stipite della porta segnava le dieci e dodici minuti, e sul comodino vi la accolse la confortante e invitante vista del vassoio con la colazione: Caffè, cornetto alla crema, spremuta, acqua, le medicine e la solita rosa, rossa e bella come sempre.
Si tirò su, sistemandosi bene il cuscino dietro la schiena. Quindi lo prese tra le mani e lo guardò ammirata, combattuta tra la grande fame e la bellezza della composizione che quasi la induceva a non sfiorarlo nemmeno tanto era bello.
Quindi decise. Afferrò il telefono cellulare sul comodino, aprì la fotocamera, mise bene a fuoco e fece due o tre foto da diverse angolazioni.
Infine prese il cornetto alla crema e lo addentò, gustandoselo e iniziando la colazione.
“MMMH, che bontà!” pensò sollevata, mentre la crema le avvolgeva e accarezzava il palato.
Oggi era il giorno giusto per ripartire. Lo sentiva dentro di sé che lo sarebbe stato.
 
\\\
 
Mezz'ora alla fine del servizio, 34700 punti guadagnati e tre tavoli ancora da servire, un cliente ciascuno.
Bazzecole, Tsh!
Alexandra sorrise fissando lo schermo del suo tablet con aria concentrata, quindi si diede da fare: Un hamburger, un cocktail e un cupcake.
Diede le bibite a tutti e tre, poi passò ai gamberi spostandone una porzione nella pentola per la cottura a vapore e nel frattempo controllò la carne, che sfrigolava già sulla griglia. Trascinò un panino sul piano di lavoro e ce la mise dentro, poi fece lo stesso con una fetta di pomodoro e una foglia d'insalata.
Et voilà! Due clienti serviti e uno già pienamente soddisfatto.
Ora restava il cupcake: Base alla vaniglia, glassa viola e guarnizione di crema chantilly cosparsa di scagliette di cioccolato e una ciliegia sopra.
Ecco a lei, signore!
Cliente servito proprio pochi istanti prima del gong e livello superato col pieno del ristorante e dei voti, tre stelle!
Soddisfacente, ma ora era giunto il momento di finire il suo caffè, che la richiamava fumante dalla tazza col suo intenso aroma.
Chiuse l'applicazione, spense lo schermo con un sospiro, prendendo dalla ciotola in vetro di fronte a sé l'ultimo biscotto alla cannella e assaporandolo con piacere.
Il caffè era avvolgente e aromatico, il sapore della cannella intenso, e la pastafrolla del biscotto si scioglieva in bocca tanto era buona. Ovviamente, visto che l'aveva preparata lei stessa.
Quella mattina si era svegliata bene, finalmente.
Piena di voglia di creare e riposata. L'angoscia e lo stordimento dell'influenza sembravano averla abbandonata, anche se sentiva ancora un po' di peso sul petto e respirava a fatica a causa del naso chiuso.
Ma si era stancata di stare a letto, perciò si era data da fare. Prima di tutto una bella doccia, calda, lunga e profonda, col bagnoschiuma agli oli termali di Cleige e lo shampoo curativo per capelli delicati alle cinque erbe, tra cui menta e zenzero, mentre il telefono cellulare suonava la playlist delle sue preferite, una miscela di melodie pop, rock, classiche ed etniche.
Una lunga, rilassante pausa sotto il getto d'acqua corrente caldo al punto giusto, poco importava fosse appena uscita da una bella botta d'influenza.
Alla fine si asciugò bene i capelli con qualche colpo di fono, ancora avvolta nell'accappatoio blu oltremare, e poi si cambio con gli abiti che aveva tirato fuori dalla valigia, un semplice jeans blu chiaro e un dolcevita bianco e morbidissimo.
Mise ai piedi le ciabatte a scarponcini rosso cremisi che aveva appena comprato e poi con ancora l'ultima melodia nelle orecchie si diresse di nuovo in cucina dove, dopo aver acceso la tv sul canale ove trasmettevano l'imperdibile gara di cuochi, si dedico alla preparazione dei suoi succulenti biscotti, aggiungendo stavolta un pizzico di succo di limone e mandarino per dare una benefica nota fruttata al tutto.
Il loro aroma caldo, intenso e dolce avvolgeva la stanza e lei stava preparandosi ad infornare l'ultima teglia quando la porta d'ingresso in fondo al corridoio si aprì e si richiuse, talmente delicatamente che lei neanche la sentì e immediatamente dopo, nel voltarsi, il viso ormai famigliare dell'uomo che l'aveva salvata da morte quasi certa ormai, le apparve davanti.
Sobbalzò sorpresa, e senza sapere bene perché arrossì avvampando.
 
«Oh cielo!» fece, con un filo di voce «Mr. Scientia ... ehm, cioè, volevo dire ... Ignis, mi hai spaventata.»
 
Quello sorrise, la squadrò brevemente tutta e si portò una mano sul cuore, facendo un passo indietro e compiendo un piccolo inchino.
 
«Mi spiace davvero molto di averlo fatto, Alexandra.» replicò, e nel solo sentirlo chiamarla per nome la ragazza tremò per l'emozione. «Oh, vedo che ti sei rimessa bene. Eri a lavoro sui tuoi famosi biscotti alle cannella?» le chiese dando un'occhiata al forno e al vassoio con gli ultimi cerchietti di pasta marroncina.
 
Lei sorrise e annuì soddisfatta.
 
«Si.» disse «Gli ultimi li ho finiti io poco fa, e non volevo che Eve rimanesse senza ... e io con lei.» ammise ridacchiando e scuotendo le spalle.
 
Lui ridacchiò insieme a lei, annuendo.
 
«Capisco.» disse, aggiustandosi gli occhiali sul naso «È un peccato io sia venuto così tardi, avrei potuto aiutarti e magari imparare qualcosa. Ti serve una mano a infornare l'ultima?»
 
La giovane donna annuì di nuovo.
 
«Si, per favore. Dovrebbe esserci un altro paio di presine a guanto nella cassettiera accanto al forno, secondo scomparto.» replicò, aggiungendo poi mentre cercava di non perdersi troppo a spiare ogni suo gesto che, c'era da dirlo non era mai né banale né comune.
 
Aveva un modo di fare ... affascinante. Qualsiasi fosse stata la faccenda in cui era intento, nessun altro essere umano in tutta Eos aveva la stessa scioltezza, la stessa classe e la stessa sicurezza nel farlo quanto lui, anche nell'indossare un comune paio di guanti da cucina e togliere una banalissima teglia di biscotti da un comune forno.
Prince charming ...
"Basta, Alexandra! Non pensarci troppo, ti scambierà per una maniaca! "
 
«Prego.» la invitò gentilmente, con un cenno della mano.
 
Lei si riscosse, scosse il capo e sorridendo imbarazzata avanzò verso il forno inserendo l'ultima teglia.
 
«Grazie ...» bofonchiò infine lei, mentre insieme adagiavano le due teglie sull'ampia isola in marmo color crema al centro della stanza.
 
Si concessero qualche istante per dare un'occhiata al risultato.
 
«Mh. Sembrano davvero buoni.» fece Scientia, facendola di nuovo arrossire.
«Beh.» si schermì lei «Il cerchio non è proprio perfetto. Di solito li faccio col coppa pasta, ma con le dita così conciate e l'influenza ...» scosse le spalle, sorridendo «Mi veniva un pò difficile.»
 
Ignis seguitò a sorriderle, annuendo.
 
«Proprio per questo, è comunque un risultato notevole.» la lodò tranquillo «Non si dovrebbe appena sfornati ma ... posso?» chiese poi indicando i biscotti con un cenno della mano.
 
Alexandra s'illuminò, chiedendosi impaziente per quale arcaico motivo non riusciva a smettere di arrossire ad ogni domanda.
Forse colpa di quella voce, così densa e affascinante con quell'accento così sofisticatamente semplice e strano?
O magari era semplicemente lei ad essere cotta come i suoi biscotti e anche di più?
 
«Oh, si!» replicò di fretta «Si, certamente. Prego ...» assumendo poi la posizione impettita di una scolaretta di fronte al professore più temuto, per l'interrogazione a sorpresa.
 
Piedi uniti, schiena dritta, mani giunte sul ventre coperto dal grembiule bianco e fiato sospeso, gli occhi puntati su di lui che prima scelse con cura il più appetibile dell'infornata, poi lo afferrò allegro, saggiò ancora per qualche istante l'avvolgente profumo, lo spezzò e se ne mise un pezzetto in bocca, masticando bene.
Il cenno di approvazione che fece subito dopo spinse Alexandra a sorridere ancor di più, mordendosi il labbro inferiore e stringendo i pugni per trattenere un gesto di esultanza.
Non sapeva neanche perché si sentiva così felice, in fondo ... chi era lui se non un mezzo sconosciuto che si era preso cura di lei mentre stava male?
E a parte il caffè non aveva fatto nient'altro, quindi non poteva neanche essere sicura sapesse realmente cosa volesse dire cucinare, eppure ... aspettava il suo verdetto come uno dei concorrenti di quel game show, esattamente con la stessa ansia come se lui fosse il grande chef pluristellato su cui fare colpo.
E tutto questo senza rendersene neanche minimamente conto.
"Assurdo." riuscì a pensare, prima di tornare a guardarlo negli occhi ed ascoltare il suo verdetto ammirato con il cuore che batteva forte in gola.
 
«Sono perfetti. I miei complimenti, Miss Baker.» le disse, tornando poi a esaminare il resto del biscotto corrucciandosi un pò, pensieroso «C'è un retrogusto squisito che non riesco a definire. Ha usato altre spezie oltre alla cannella?» chiese quindi.
«I-io ...» bofonchiò emozionata lei, che ancora non aveva avuto modo di riprendersi dallo shock «No. Ho messo un pizzico di sale e qualche goccia di cioccolato, sia fondente che bianco, per rendere più denso il sapore. Ah, si!» esclamò quindi ricordandosi all'ultimo minuto «E poi anche succo di arancia e di mandarino.»
 
Il sorriso ammirato sul volto di Mr. Scientia si accentuò ancor di più. Annuì, finendo l'ultimo pezzo di biscotto e poi lavandosi accuratamente le mani nel lavandino.
 
«Superbi, davvero.» si complimentò tornando a guardarla «La ricetta è di sua creazione?»
 
Lei abbassò lo sguardo, scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi e arrossendo ancora prima di tornare a guardarlo negli occhi.
Era difficile non continuare a farlo.
 
«Bhe, i biscotti alla cannella sono un classico.» ammise «Io mi sono limitata ad aggiungere ... un mio tocco personale.»
Lo vide annuire affascinato e contento, sempre quel sorriso sugli occhi. Proprio in quel momento il giornale orario in tv annunciò mezzogiorno e un quarto ed entrambi si voltarono a guardare.
 
«Per la miseria!» esclamò Alex, sorpresa «È già mezzogiorno? In cucina il tempo passa velocissimo, non mi sono accorta di nulla!»
 
Ignis si avvicinò alla finestra.
 
«Fuori c'è il sole ma fa freddo.» osservò «Se ti fa piacere potrei provvedere io al pranzo, vedrò di inventarmi qualcosa di veloce e adatto.»
 
Alexandra rimase a guardarlo affascinata a sorpresa.
 
«Sicuro non sia un disturbo per te?» domandò a sua volta, curiosa.
 
Lui sorrise, annuì deciso e iniziò col togliersi la giacca e alzare fin sopra i gomiti le maniche della camicia viola scuro a fantasia leopardata.
Il cuore della giovane donna le balzò dritto in gola un paio di volte.
 
«Non è la prima volta che succede. Di solito questa è una delle mie mansioni ... a lavoro.»
 
Lo sentì spiegare, ma ad essere del tutto sincera non riuscì quasi neanche a rendersi conto di ciò che avesse realmente detto, troppo impegnata a guardarlo muoversi di fronte i fornelli come se fosse a casa sua, nel suo habitat naturale.
Prese una pentola, la riempì d'acqua e la mise sul fuoco a fiamma media. Quindi diede una controllata agli ingredienti in frigo e nei due scaffali sopra i fornelli e si chinò ad aprire il mobile sotto di essi, tirando fuori da esso una padella abbastanza larga, posizionandola sul secondo fornello acceso e lasciando cadere sul fondo in ghisa antiaderente un goccio d'olio come fosse un pittore col suo pennello e la sua tela.
E intanto Alexandra si perse a guardarlo, trattenendo il fiato ammirata.
Capelli perfettamente acconciati, abbigliamento impeccabile, modi di fare degni del miglior manuale di galateo, schiena dritta e braccia forti, scolpite come immaginava fosse anche ... tutto il resto.
Come faceva ... un uomo così ... a ...
 
«È da molto che ami cucinare?» le chiese ad un certo punto lui, dopo aver tagliato a dadini sottili l'aglio muovendo con estrema precisione e rapidità il coltello sul tagliere in legno.
 
Alexandra si riscosse d'improvviso, quasi spaventata dal non riuscire a rispondere bene e in tempo per evitare una brutta figura. Non lo fece, infatti, e prima di riorganizzare le idee dovette rifletterci un attimo tentando disperatamente di non concentrarsi troppo su ciò che i suoi occhi le trasmettevano per non perdere il filo. Ma Ignis, ancora una volta da bravo gentiluomo quale ovviamente era, fece finta di nulla e continuò a cucinare nell'attesa, concentrandosi sulla ricetta così da darle il tempo per pensare con calma.
 
«Ehm, io ...» esordì quindi la giovane, sedendosi ad uno degli sgabelli accostati all'isola di marmo visto che già le gambe iniziavano a tremare e non sapeva se fosse colpa della presenza del fascinoso gentleman o dei postumi dell'influenza.
«Mi piace da sempre, in realtà.» proseguì quindi, sciogliendosi un po’ e vedendolo sorridere appena, annuendo «Credo sia merito di mia madre e mio padre. Soprattutto di mio padre, in verità ...» ammise commossa, annuendo e abbassando per un attimo gli occhi.
«Era un ottimo cuoco anche lui, immagino.» la aiutò Scientia staccandosi un attimo dai fornelli per tirare fuori dal frigo un bicchiere pieno di spremuta e appoggiarlo proprio di fronte a lei, che lo guardò sorpresa e poi ringraziò con un sorriso e un cenno del capo.
«Si, in effetti. Amava molto le spezie e i sapori forti, e cucinava molto bene la carne e il pesce.» spiegò lei prendendo a sorseggiare la spremuta e sentendo gli occhi pizzicare, forse per gli agrumi o forse per la commozione «Da quando sono nata fino ai miei dieci anni abbiamo abitato in una piccola fattoria, a Cleige. Mio padre era un contadino e si occupava di tutto, anche delle materie prime. Avevamo carne d'allevamento biologico, uova fresche, verdure di stagione e visto che amava pescare a volte anche qualche bel pesce di lago.»
 
Si fermò, uno strano peso sul cuore.
 
«Di fronte casa nostra c'era anche una piccolo agrumeto ...» sospirò sognante, perdendosi nei ricordi mentre fissava assorta il bicchiere pieno di succo arancio chiaro «Era il posto che amavo più di tutti, ci passavo ore.»
 
Ignis l'ascoltò con interesse, senza interromperla. E non aggiunse null'altro neanche quando all'improvviso la vide sobbalzare e scuotere il capo con un sorriso.
 
«Ma è stato una vita fa, non so nemmeno perché ogni tanto farnetico di queste cose.» scherzò, scacciando l'aria di fronte a sé con una mano «Comunque ...» si riprese, tornando a guardarlo stavolta con serenità «Mia madre invece è specializzata nella pasta e nei primi, ho imparato anche a farla in casa grazie a lei.» ridacchiò «La mia prima volta in cucina risale a quattro anni, ho anche una foto mentre lavoravo un panetto di pasta fresca, tutta sporca di farina.»
 
Sorrisero insieme, allietati dal calore familiare di quel ricordo.
 
«E voi invece, Mr. Scientia?» domandò quindi a quel punto lei, ora sempre più curiosa «Siete molto abile a quanto vedo. Quando avete iniziato ad appassionarvi alla cucina?»
 
Ignis sorrise, sospirando appena e continuando a tagliere i peperoni dolci che aveva trovato, di un bel giallo e rosso vivaci.
Quante volte gli avevano fatto quella domanda! E quante volte si era ritrovato a non sapersi dare una risposta precisa.
 
«In effetti ...» esordì, per la prima volta titubante «Non lo so precisamente ... credo semplicemente sia qualcosa che mi faccia star bene.» sorprendendo sé stesso della semplicità con cui era riuscito a rispondere.
 
Non era mai facile per lui essere esaustivo, con domande così personali, perciò il più delle volte si ritrovava a chiudersi in uno stranamente cupo silenzio. Eppure ...
 
«Si, credo sia così. E ... il mio lavoro deve aver favorito il tutto.»
 
Alexandra sorrise annuendo.
«Capisco ...» disse sincera «Comunque sia, mia madre dice sempre che la cucina non riesce bene se non si ha cuore. Forse è perché ami prenderti cura degli altri, e un buon piatto fa sempre stare bene chi lo mangia. Può essere?»
 
Ignis si fermò di colpo, corrucciandosi un po’ e poi voltandosi a guardarla con un mezzo sorriso sorpreso. Talmente tanto che per un breve istante Alexandra temette di essere stata scortese, ma poi lo vide sciogliersi in un sorriso un po’ imbarazzato, aggiustandosi gli occhiali sul naso con un dito prima di rispondere annuendo.
 
«Si, può darsi.» concluse, strappandole un sorriso per poi tornare a trafficare con le sue vettovaglie.
«Anche per te è così, allora?» le chiese a sua volta.
 
Alexandra tornò a sorridere, annuì appoggiando un gomito sul marmo e la testa appena un po’ inclinata verso la mano chiusa a pugno.
 
«Io amo sperimentare.» rivelò «E il più delle volte lo faccio per prendermi cura di me, perché non mi viene molto facile sorridere ultimamente.» infine tornò a guardarlo allegra «Se poi quello che faccio piace anche agli altri allora la mia gioia si moltiplica per cento.»
 
E lui non poté che trovarsi d'accordo, pensando al momento in cui azzeccando la ricetta giusta avrebbe potuto sperimentando ancora quella stessa sensazione.
Non dovette aspettare molto, in realtà.
Appena il primo piatto fu in tavola, la ragazza si aprì in un'espressione sbalordita mentre lui glielo presentava abbastanza orgoglioso del lavoro svolto.
Schiena dritta, braccia lungo i fianchi. Portamento perfetto come il sua accento.
 
«A lei, signorina.» le disse «Pasta al sugo di mare.» poi aggiunse sedendosi al suo posto, di fronte alla sua porzione «C'erano dei frutti di mare già pronti in frigo e dei pomodori pelati, non sarà proprio il massimo del gusto come con ingredienti freschi ma spero le piaccia ugualmente.» si scusò scrutandola con attenzione.
 
Alexandra continuò a fissare il piatto, quasi sconvolta.
Era ... meravigliosamente perfetto, come chi l'aveva preparato.
La pasta al centro del piatto era stata prima arrotolata per bene con una forchetta e poi adagiata su un guazzetto di sugo, e su un trono di pomodoro rosso se ne stavano imperiose due cozze dal guscio lucido seguite da alcune vongole, che sembravano impegnate in una scalata per raggiungerle.
I colori erano stupendi, il piatto pulitissimo tutto intorno, e il profumo ...
Ah! Il profumo! Inebriante, contribuiva alla dinamicità e alla vitalità del piatto, il quale sembrava prendere corpo e vita propria: La pasta era il mare in tempesta, potente e splendido con le sue onde, che colpivano lo scoglio rosso su cui come aristocratiche sirene se ne stavano le cozze, invitanti e belle.
Avrebbero sicuramente cantato sul palato di chi le avrebbe assaggiate ahem pardon, ascoltate.
 
«È ...» balbettò Jane dopo un pò incredula, lasciandosi sfuggire poi uno sconvolto «Wow!»
 
Ignis si corrucciò, preoccupandosi.
 
«C'è qualche cosa che non va? Qualche sapore fuori posto?» chiese sistemandosi gli occhiali sul naso.
«No,no!» si affrettò a rispondere lei, arrossendo «No, davvero! Anzi ...» sorrise sognante e ammirata «Io non ho mai mangiato nulla di simile, sul serio.
Le cozze erano congelate e i pomodori in scatola, ma se non lo avessi saputo non lo avrei mai immaginato.
Sembra di avere il mare nel piatto! Sembra di esserci in mezzo!» poi soggiunse con ammirazione «Scommetto che se chiudo gli occhi riesco a sentirne perfino il rumore.»
 
Scientia abbassò con leggero imbarazzo il volto.
 
«Sono onorato di ricevere un simile giudizio.» la ringraziò «Ho fatto del mio meglio.» si schermì poi «Spero che anche il gusto possa darti simili sensazioni.»
«A questo punto credo proprio che lo farà.» rispose allegra Alexandra, guardandolo innamorata.
 
Che genere di uomo poteva essere uno che sapeva sfornare capolavori simili? Per la prima volta si ritrovò davvero a volerlo sapere, impaziente di conoscere qualche dettaglio in più.
Quello sarebbe stato il giorno giusto, forse, per farlo.
 
«Bhe ...» sorrise appunto Scientia prendendo in mano la forchetta «Allora non ci resta che iniziare. Mangiamo?»
 
E con un sorriso la giovane donna annuì, seguendolo volenterosa in quella prima escursione tra i sapori della sua alta cucina.
 
***
 
«Psssh! Psssssh! Hey, Noct!»
 
Il principe sollevò gli occhi dal compito di matematica sul quale era chino e lanciò uno sguardo di sottecchi a Prompto, seduto al banco vicino a lui.
 
«Allora?» chiese impaziente questi «A che punto siamo con l'operazione 'pulzella in pericolo'
 
Noctis sospirò guardandosi cauto intorno.
 
«Non adesso, la prof ci guarda.» lo ammonì.
 
Ma quello non ce la fece proprio a contenere l'impazienza.
 
«Non è vero.» disse dopo aver lanciato una rapida occhiata all'insegnante «Sta guardando il registro. Dai, ho aspettato tutta la notte in ansia. Dimmi qualcosa.»
 
Il principe sospirò di nuovo.
 
«Puoi aspettare ancora un'ora, no?» ribadì.
 
Il biondo scosse vigorosamente il capo.
 
«No.» rispose «Dai, ti prego. Dimmi almeno se hai trovato qualche traccia, qualche indizio.»
 
Ora fu l'erede al trono a scuotere il capo, incollando lo sguardo sul foglio e facendo finta di scrivere perché la prof aveva alzato la testa ad osservarli.
«No...» mugugnò tra i denti «Ho praticamente svuotato la borsa del quattrocchi ma non c'era niente. Neanche nel cappotto.»
«Accidenti!» replicò deluso Prompto facendo finta di battere un pugno sul banco «Gli hai chiesto qualcosa?»
«Sei pazzo?!» sbottò Noctis, sgranando gli occhi.
«Argentum, silenzio!» intervenne la prof a dividerli «Se vi sento ancora parlare durante il compito in classe annullo i vostri compiti, anche quello di vostra maestà.» li avvisò.
 
Ovviamente.
 
«Scusi, prof!» esclamò il biondo scattando in piedi e sbracciandosi e poi subito dopo, in un impeto di vergogna, tornando a sedere a volto basso, arrossendo e grattandosi la nuca come se avesse appena ricevuto un sonoro ceffone.
 
Noctis sospirò.
 
«Torna agli esercizi, ne parliamo dopo.» gli disse «Ma comunque sia ti ho già detto che Ignis non deve sapere nulla, altrimenti rischiamo di far saltare l'operazione.»
«Giusto. Okkey, scusa.» mormorò in risposta l'altro allora.
 
Quindi si rimise sul suo foglio in silenzio e tentò di finire i suoi esercizi. Ma dopo un po’ ...
 
«Psssssh! Hey Noct!»
 
Il principe sospirò di nuovo, scuotendo rassegnato il capo.
 
«Dì, hai mica risolto la settima equazione? La maledetta graffa non vuole saperne di chiudersi.»
 
Il principe ghignò.
 
«Allora levala di mezzo?» replicò con ironia.
 
Prompto guardò di nuovo il foglio, poi lui.
 
«Sai che non è male come idea?» replicò «Ma dici che una mossa valida?»
«Se continuiamo a parlare non saranno validi neanche tutti gli altri, e poi lo spieghi tu a sua altezza e al maledetto quattrocchi che il Principe di Insomnia è stato cacciato fuori dalla classe e ha preso zero in matematica.»
 
Prompto arrossì di nuovo.
 
«Ehm, okkey scusa. Hai ragione. Magari lo salto del tutto, questo.» replicò.
«Ottima idea.» decretò a quel punto grato il Principe «E sbrigati, che rimane mezz'ora sola per ricopiare.»
 
\\\
 
Finalmente, dopo un compito in classe e altre due lunghissime ore di lezione di scienza, la campanella dell'intervallo arrivò a salvarli.
Prompto si accasciò stanco sul banco allungando su di esso le braccia e lasciando penzoloni le mani fuori dai bordi, appena il professore uscì fuori dalla classe.
Noctis invece si stirò la schiena pigramente, ascoltandolo esclamare esausto.
 
«Finalmente! Ancora un'altra ora di grafici e il mio cervello sarebbe scoppiato.»
«Già ...» soggiunse il principe, lasciando correre lo sguardo sul soffitto e infilando le mani nelle tasche dei pantaloni «Ho fame ...» aggiunse quindi.
 
Prompto alzò la testa a scrutarlo.
 
«Non hai il pranzo come al solito?» chiese.
 
Noctis sospirò e scosse il capo.
 
«Iggy si è dimenticato di prepararmelo, ha detto che aveva da fare 'a palazzo'.» replicò virgolettando le ultime parole con le dita.
 
Il biondo lo guardò sconvolto spalancando occhi e bocca, e scuotendo piano il capo.
 
«Incredibile ...» mormorò scioccato «Ma allora è proprio cotto per davvero.»
 
Caelum si corrucciò.
 
«Dopo scuola raggiungiamo il palazzo, voglio proprio vedere se e quando ci torna. Può essere non sia solo.» decise.
«Dici che è una che lavora a palazzo?» domandò allora Argentum pensieroso.
«Ignis non dice bugie.» rispose annuendo il principe, incrociando le braccia sul petto e dondolandosi sulla sedia «Non è capace e non le tollera. Quindi o è una mezza verità o lo è completamente.»
«E se invece fosse solo la prima scusa che gli fosse venuta in mente.» ipotizzò a sua volta Prompto, sedendosi a cavalcioni sulla sedia e incrociando le braccia sullo schienale «Del resto dicono che l'amore può farti fare follie. Magari non vuole farla sentire a disagio dicendole che lavora per il Principe di Lucis e così a te dice che va a palazzo, e a lei che è un cittadino comune ...»
 
Noctis si voltò a guardarlo serio. Ci pensò su qualche istante.
 
«Lo sai che potresti avere ragione ...» concluse, tornando a sedersi in posizione corretta e battendo un lieve pugno sulla gamba destra «Ma certo! Ignis non mente ma questo comportamento da gentiluomini è molto da Ignis.» annuì illuminandosi.
 
Prompto sorrise.
 
«Eheh, grazie.» replicò «Non sarò uno sciupafemmine ma qualcosina penso di averla imparata pure io.»
«Questo però significherebbe che: Punto numero uno, lei non è neanche una cortigiana, ma una semplice popolana.» continuò senza ascoltarlo Noctis alzandosi in piedi e facendo sue e giù riflettendo «E punto numero due ... è davvero una cosa seria.» concluse, facendosi all'improvviso serio.
 
Anche Prompto a quella affermazione sembrò spegnersi all'improvviso, preoccupandosi.
 
«Per tutti gli dei ...» mormorò sgomento Caelum fermandosi a riflettere «Allora ... Gladio aveva ragione ...»
«Lo abbiamo perso ...» soggiunse piagnucolante Prompto, affondando il viso nelle braccia e scuotendolo più volte «Per sempre. Poveri noi, sigh, sigh! Niente più pranzetti e cene deliziose, dolcetti ripieni e lezioni sulle proprietà nutritive degli ingredienti.» iniziò a lamentarsi «Addio casa pulita, ebony e caffè caldo a qualsiasi ora del giorno e della notte!»
 
Noctis si bloccò rivolgendogli uno sguardo di rimprovero.
 
«Non è ancora detta l'ultima parola!» decretò deciso.
 
Il biondo si rianimò all'improvviso.
 
«Hai un piano malefico per dividerli?» chiese speranzoso.
 
Noctis ghignò.
 
«Prima scopriamo chi è.» rispose alzando altero il capo «Poi le diciamo la verità. Se lo ama davvero resterà, altrimenti ... mph, un cuore spezzato cucina meglio.» concluse.
«Noct ...» sussurrò inquietato Prompto osservandolo atterrito «Non ti sembra di essere un po’ troppo crudele? Del resto stiamo parlando di Ignis ...» gli fece notare.
«E anche del mio pranzo!» si ribellò testardo il principe, poi però ci pensò un istante in più e risolse, tornando a sedersi «Okkey, forse sono stato un po’ cattivo. Ma tanto più che lui non riesce a dirglielo dovremmo farlo noi. Ha pur sempre diritto di sapere quella ragazza, no?» concluse serio.
«Si, su questo hai ragione ...» concordò l'altro annuendo «Ma comunque forse dovremmo lasciare che risolvano la questione tra di loro, è un loro affare in fondo.» soggiunse.
 
Noctis gli rivolse un sguardo contrariato.
 
«Ma tu da che parte stai?» domandò infastidito.
 
Prompto sorrise e scosse le spalle, alzando le mani.
 
«Dalla tua, ovviamente.» si schermì «Ma anche da quella dell'amore.» concluse «In fondo anche un cuore innamorato cucina bene, non è detto sia un male che sia successo.»
 
Noctis sorrise sospirando e scuotendo la testa.
 
«Mph!» concluse divertito, incrociando di nuovo le braccia sul petto «Sentilo, il cupido. E va bene.» acconsentì quindi «Non ci impicciamo, ma io voglio comunque scoprire chi è. Ora sono curioso.»
 
Argentum applaudì.
 
«Concordo!» esclamò entusiasta «Scopriamo dove si nasconde questa bellezza e dopo ... facciamoci gli affari nostri!»
«Mph, Yeah!»
 
***
 
I found a love for me
[…]

Well I found a girl beautiful and sweet
I never knew you were the someone waiting for me.
 
Gli spaghetti al sugo di mare finirono quasi subito per lasciare il piatto vuoto, quasi senza che Alex stessa se ne accorgesse. Gli strascichi dell'influenza l'avevano abbastanza debilitata e lo stomaco vuoto chiedeva giustizia, ma non era solo questo. Parlare con lui era rilassante e bello, non solo di cucina ma anche di altro. Si scambiarono qualche consiglio sulla ricetta, commentarono qualche scena della gara di cucina che intanto continuava in tv.
Scoprì che, come lei, Ignis Scientia era un uomo che cercava la calma e ambiva a conoscere quante più cose possibili di quel mondo.
C'era uno chef pluristellato che continuava a sputare sentenze anche abbastanza inutili sui concorrenti soffermandosi poco sulla loro bravura e molto sulla propria opinione personale.
 
«Ah! Che antipatico!» commentò contrariata lei scuotendo il capo «È ovvio che loro possano commettere errori, non sono mica professionisti ancora. Stanno imparando.»
«Concordo.» annuì Scientia serio «Anche se si tratta di una gara, non credo che un atteggiamento simile sia corretto, soprattutto da parte di uno dei giurati.»
 
Alexandra sorrise tornando a guardarlo.
 
«Ti ci vedrei come concorrente, sai?» gli disse sincera «Secondo me potresti anche vincere.»
 
Ignis sorrise abbassando il viso per un istante e sistemandosi gli occhiali sul naso.
 
«Non è niente di speciale.» si schermì, poi scosse il capo «Comunque non credo mi piacerebbe cucinare in un ambiente simile e con un limite di tempo. Finirebbe per farlo diventare solo uno stress.»
 
La ragazza seguitò a sorridere annuendo.
 
«La penso anche io così.» ammise «Stavo anche pensando di iscrivermi alla prossima edizione, sai? Ma fino a che rimarrà tanta competizione non credo lo farò. E poi ... non è per metterti in imbarazzo, davvero. Ma dopo aver assaggiato la tua cucina credo davvero di aver ancora molto da imparare.»
 
Disse guardando il piatto del secondo, spigola arrosto con contorno di verdure grigliate e una salsina strabuona di cui non era riuscita a comprendere tutti gli ingredienti.
 
«La mia cucina è molto più casalinga di questa.» aggiunse.
«Ma è comunque squisita.» le rispose lui con un sorriso «Inoltre credo che non ci metteresti molto ad imparare, la fantasia e la passione non ti mancano.»
 
Si guardarono negli occhi.
 
«Mi servirebbe un maestro all'altezza, però ...» disse lei, sognante e diretta come non si sarebbe mai aspettata di essere.
«Possiamo rimediare anche a questo.» la risposta sicura di lui.
 
Per un interminabile istante scomparve tutto e rimasero solo loro due, avvolti nell'intensità dei loro sguardi e nella passione di quel momento che terminò  di colpo, poco prima che le loro mani potessero incontrarsi e stringersi, anche solo provare a farlo.
Fu lei a scuotere entrambi, il cuore a mille nel petto, e Ignis concordò anche nel voler passare oltre, ma sorridendo appena mentre la guardava affannarsi a prendere il dolce dal frigo.
 
«Ieri ho fatto queste ...» disse portando in tavola un piatto su cui erano sistemate delle piccole tortine glassate di bianco, decorate con fragole, more e una fogliolina di menta nel mezzo «Tortine di panna e frutti di bosco. Avevo voglia di sperimentare.» sorrise rossa in viso, concentrandosi sul portare tremante una di esse sul piatto da portata pulito.
 
Tremava vistosamente per l'emozione.
Scientia ne fu intenerito, le fermò la mano e guardandola negli occhi prese dolcemente la paletta d'argento dalle sue dita e la aiutò a terminare il lavoro, aggiungendo poi gentile.
 
«Sei ancora molto stanca. Faccio io, non ti preoccupare.» le propose.
«Grazie ...» mormorò con un sorriso lei.
 
Quindi mentre Scientia finiva di impiattare si avvicinò alla finestra, per sfogare l'imbarazzo senza essere vista.
"Dio mio, che figura!"
 
«Sembrano molto buoni, già dal loro aspetto.» osservò l'uomo soddisfatto «È il profumo della frutta è molto fragrante.»
 
Alexandra si voltò a guardarlo, incontrando un suo sorriso che durò giusto il tempo di tranquillizzarla prima di invitarla con un gesto cortese della mano ad accomodarsi.
 
«Sono ansioso di scoprirne il sapore.»
 
La giovane sospirò dentro di sé, e si decise a raggiungerlo di nuovo. In meno di qualche secondo tutto l'imbarazzo era già passato e loro si ritrovarono di nuovo a conversare amabilmente.
 
«Ci vorrebbe del caffè, come accompagnamento.» propose lei.
 
Scientia parve quasi riscuotersi.
 
«Faccio io.» risolse subito, alzandosi e tornando ai fornelli.
 
Alexandra sorrise contenta. Quasi le dispiaceva far fare tutto a lui, in fondo si era già preso cura di lei per due settimane.
 
«Il prossimo pranzo lo offro io.» risolse, quasi a volersi scusare.
«Volentieri.» annuì lui tornando a sorriderle.
 
Calò di nuovo il silenzio, per qualche istante. Non teso, ma tranquillo, familiare.
Rilassante.
Jane si voltò a guardare la luce che entrava a fasci dalla finestra.
 
«Oggi è una bellissima giornata di sole ...» osservò con un sorriso «Avrei voglia di fare una passeggiata.» propose quindi.
«Si può fare.» accettò Ignis tornando a sedersi al suo posto vicino a lei «Vuoi andare in qualche posto specifico?»
 
Lei scosse il capo.
 
«No. Potremmo raggiungere il parco del quartiere. È vicino, si potrebbe farlo benissimo a piedi.»
«Va bene.» annuì Scientia «A patto che tu ti copra bene, sei ancora molto pallida.» si raccomandò, facendola arrossire di nuovo.
«Promesso.» annuì sorridendo.
 
Quindi attesero insieme di poter consumare il dessert e il caffè e uscirono, appena qualche minuto dopo perché Alexandra potesse cambiarsi, per la prima volta mano nella mano, nell'aria fresca del pomeriggio.
Fu lui a prendere la sua tra le dita. Alexandra lo guardò sorpresa, lui le sorrise tranquillo.
 
«Puoi tenerti a me se ti senti mancare.» disse.
«Grazie ...» rispose lei, con un filo di voce, stringendosi a lui.
 
E nel momento in cui riuscirono a uscire fuori dal portone di casa Eve, di ritorno dal lavoro, li vide e si fermò a osservarli a debita distanza, abbassando gli occhiali tigrati che le coprivano gli occhi con stile. Sgranò gli occhi, ghignò e annuì soddisfatta. Poi esultò portando in alto verso il cielo le braccia e i pugni chiusi per poi applaudire felice.
 
«Brava Alex!» sussurrò su di giri «Vai così, ormai ci sei!»
 
\\\
 
Well I found a woman, stronger than anyone I know
She shares my dreams, I hope that someday I'll share her home
I found a love, to carry more than just my secrets
To carry love, to carry children of our own
 
Il sole risplendeva fulgido in cielo, anche se un po’ freddo. L'aria era fresca ma piacevole, e dopo la tempesta qualche uccellino faceva capolino tra gli alberi del parco cinguettando e svolazzando allegro.
Ignis ed Alexandra percorsero insieme sui marciapiedi alberati il breve tratto di strada che li divideva dal cancello del parco, poi Alexandra si strinse nel suo cappotto rosso e Ignis le avvolse con una mano il ventre, stringendola a sé.
 
«Hai freddo?» chiese preoccupato.
«Mi gira un po’ la testa.» ammise lei.
 
Smisero di camminare.
Scientia si guardò intorno, poi la prese per mano.
 
«Forse è meglio se ci sediamo un pò.» decise «Lì.» disse indicando una panchina vicino al bordo del viale «Vieni.»
 
La giovane obbedì.
Era un punto dal quale si poteva ammirare il cielo azzurro, e lo spettacolo di un piccolo campetto di calcio un po’ più giù, circondato da ampie gradinate su cui di solito sedevano gli spettatori.
Non c'erano partite al momento. I due si sedettero ad ammirare nel silenzio il tramonto, Ignis le avvolse le spalle con un braccio e Alexandra appoggiò la testa sulla sua spalla, rilassata.
 
«Lo sai, Signor Scientia ...» disse calma, guardando il cerchio infuocato del sole che scendeva sempre più verso i tetti dei grattacieli «Non credevo di potermi sentire mai così ...»
 
Lui abbassò lo sguardo a scrutarla.
 
«Così come?» domandò.
 
Jane sorrise di nuovo.
 
«Non lo so neanche io …» ammise «Serena ...? Felice, forse?»
 
Ignis sorrise a sua volta.
 
«È una sensazione positiva, allora.» osservò, sentendosi felice a sua volta.
«Oh, assolutamente si.» replicò divertita lei «Solo ... molto inaspettata.» aggiunse tornando seria.
«Cioè?» replicò Ignis tornando a guardare il tramonto con lei e posando una mano sulla sua.
«È che ... ormai mi ero rassegnata al fatto che nessun uomo avrebbe mai fatto caso a me. Come donna e non come tuttofare, intendo.»
 
Risero entrambi.
 
«Avevo fatto pace con l'idea di non meritare nemmeno quel tipo di attenzioni.» concluse lei quindi, tornando seria.
 
Ignis si voltò a guardarla.
 
«E perché mai non dovresti meritarle?» le chiese, con una semplicità e una sincerità disarmanti.
 
Lei seguitò a sorridere con rassegnata serenità.
 
«Non lo so neanche più, di preciso.» rispose scuotendo le spalle «È come se lo avessi sempre saputo. Fin da quando ero piccola e gracile, correvo all'ospedale ogni volta che mi saliva la febbre e per i miei denti storti i bambini a scuola mi prendevano in giro ... tre anni di apparecchio spesi più per la mia autostima che per me ...»
 
Ridacchiò, ma era più un modo per prendere fiato e impedirsi di piangere.
 
“Fighting against all odds
I know we'll be alright this time
Darling, just hold my hand
Be my girl, I'll be your man
I see my future in your eyes
 
«Ecco, sto diventando di nuovo melodrammatica.» si schermì subito dopo «Scusami, non volevo parlare troppo così.»
 
Scientia le sorrise dolcemente.
 
«Non devi scusarti.» le disse sincero «Mi fa piacere ascoltarti.»
 
Lei alzò di nuovo il viso incredula.
"Non posso crederci..." Si ripeté "Non ci credo ... non è possibile ... è un sogno."
 
«Davvero?» tornò a chiedere.
 
Si sentiva una stupida perché continuava a chiederlo nonostante lui le avesse già ampiamente dimostrato che fosse così. Continuava a chiedergli se fosse reale, semplicemente perché era troppo perfetto e simile a lei per esserlo.
Lui le sorrise di nuovo, annuendo poi deciso.
 
«Certamente.» replicò guardandola «Mi imbarazza un po’ ammetterlo, ma è dal primo momento che ti ho vista che mi sono chiesto chi fossi. Solo che non volevo sembrare troppo maleducato nel chiedertelo, così ho deciso di aspettare che fossi tu ad aprirti.»
 
“I have faith in what I see
Now I know I have met an angel in person
And she looks perfect
 
Quindi si fermò a pensare e aggiunse, un po’ in imbarazzo «Ammetto che forse messa così non suoni molto corretto neanche questo concetto ma ... il punto è che credo che tu sia troppo severa nei riguardi di te stessa.» risolse scuotendo la testa e riprendendo a guardarla come se avesse messo un punto e ricominciato da capo «I capelli, piccole imperfezioni fisiche, ferite e cicatrici. Sono tutte cose che possono essere cambiate, corrette o nascoste per sembrare meno evidenti. Quello che siamo dentro però rimane, non puoi nasconderlo e sarebbe molto difficile cambiare, se non impossibile per certe cose.»
 
Alexandra lo sentì parlarle, guardò quei meravigliosi occhi verdi e intensi che la scrutavano con dolcezza e interesse e in un secondo tutto le si fece chiaro nella testa.
Incredibile ma vero, era lui. L'uomo della sua vita.
Era arrivato finalmente, anche se forse con qualche anno di ritardo dal suo punto di vista.
Sorrise.
 
«Quindi ... quali sono i tuoi invece?»
 
Lui sorrise a sua volta.
 
«I miei difetti, dici?» domandò, e vedendola annuire divertita e in attesa si concesse qualche minuto a pensare tornando ad aggiustarsi gli occhiali sul naso.
 
Era un gesto che evidentemente lo aiutava a concentrarsi e a mitigare l'imbarazzo senza sembrare troppo inerme. Adorava anche questo, perché a volte anche a lei capitava di farlo.
 
«Mmh, in realtà non credo di averne.» scherzò Ignis, strappandole una risata «Ma qualcuno a cui tengo molto dice che sono un maniaco dell'ordine, anche se non so quanto possa valere visto il disordine cronico che lo affligge. Diciamo che mi piace tener pulito l'ambiente in cui vivo.» risolse tornando serio.
 
Ora fu lei ad incuriosirsi. Annuì.
 
«È anche normale.» soggiunse «E ... chi è questo qualcuno?» chiese poi.
 
Scientia sorrise.
 
«Mio fratello ...» replicò «O, per essere più precisi, qualcuno che si avvicina molto di più a questa definizione che a quella di amico, visto che l'ho osservato praticamente crescere.»
«Oh ...» mormorò ammirata la ragazza «È molto piccolo rispetto a te?» tornò a chiedere.
«Non molto.» le spiegò paziente lui «Ma frequenta ancora il liceo.»
 
Alexandra annuì, e il sorriso si allargò sulle sue labbra.
 
«Capisco ... e hai altri amici oltre a lui?» domandò ancora, con la paura di essere troppo invadente che scemava rapidamente ad ogni minuto che passava.
 
Ignis scosse le spalle e annuì di nuovo seguitando a sorridere.
 
«Diciamo ... di si. Siamo in quattro, molto uniti. Un nutrito gruppo di eclettici gentiluomini ... o perfetti idioti con la cravatta, se preferisci.»
 
Risero di nuovo. Anche quel sottile umorismo intelligente, pungente e mai volgare che scioglieva l'apparente ghiaccio del suo sembrare sempre così serio e impettito.
Le piaceva da matti.
Era perfetto.
Nuovamente, un silenzio calmo scese ad unirli. Restarono a guardare gli ultimi bagliori del tramonto in pace, stretti insieme in un tenero abbraccio rincuorante.
Era come sentirsi a casa.
 
«Quindi ...» mormorò ad un tratto Ignis tornando serio «Tornerai a lavoro, adesso?»
 
Alexandra sorrise triste e scosse le spalle.
 
«Ah ...» disse amara «Credo proprio di essere rimasta senza, dopo questa pausa. Sarò costretta ad accettare la proposta di Eve di andare a vivere da lei e rimettermi a cercare qualche impiego più alla mia portata ...»
 
Ignis ci pensò su per qualche istante. Era il momento perfetto quello, per iniziare ad accennarle qualcosa.
 
«Potrei ... proporti come aiuto cuoco a palazzo.» propose, aggiungendo poi, quando lei tornò a guardarlo «Io lavoro lì. Se desideri posso fare in modo che ti concedano qualche giorno di prova.»
 
Alexandra lo scrutò sorpresa dalla testa ai piedi, non più di tanto sorpresa.
Ma certo! E dove poteva lavorare uno come lui, se non ... nel castello del Re!? Sul serio?
Non lo chiese, ma i suoi occhi parlarono per lei, così come il fermacravatta di lui, d'argento puro e con lo stemma del palazzo inciso su, furono la muta e inconsapevole risposta.
 
«Sempre se te la senti, ovviamente.» tornò ad aggiungere lui vedendola titubare, distogliendo lo sguardo verso il sole e incrociando le gambe.
«Io ...» mormorò in risposta lei, insicura «Sarebbe bello, ma ... ho paura di deluderti.» rispose, con una sincera che sorprese perfino lei stessa.
 
"Cos ...? Ma cosa ...? Perché l'ho detto..?" si ritrovò a sgridarsi immaginando il peggio. Ma Scientia sorrise e tornò a guardarla, stringendola e avvicinando la bocca alla sua fronte, stampandole un tenero bacio sopra.
Arrossì avvampando, e sorridendo pensò di abbassare il capo ma non lo fece. Non voleva farlo, era troppo bello il sorriso che quell'uomo rivolgeva a lei, e troppo pregiati i due smeraldi che portava incastonati al posto degli occhi, che non poté esimersi dal guardarlo, ignorando tutto il resto.
La natura, la bellezza pacata del tramonto, le prime luci della città che come stelle accendevano il cielo lentamente sempre più scuro.
Tutto quello che fino a quel momento l'aveva resa felice, all'improvviso le apparve ... nullo, di fronte a quell'uomo che sembrava aver riassunto tutto questo e anche i suoi desideri più segreti in sé stesso.
Una strana sensazione le avvolse la testa e lo stomaco, inducendola a non voler più smettere di sorridere. Mai più, finché c'era lui.
Di nuovo si disse dentro di sé "Non è possibile ..."
Le famose farfalle nello stomaco ... pensava fosse una cazzata colossale e invece ... ora le sentiva anche lei.
Ignis invece non poté trattenersi dal tornare a sorriderle con tenerezza, accarezzarle con dolcezza il viso sotto la montatura rossa degli occhiali da vista e spostare dolcemente dietro il suo orecchio un ciuffo ribelle scivolatole lungo lo zigomo.
 
«Non te lo avrei proposto se non fossi stato sicuro ... so che hai la stoffa giusta per farcela.» la incoraggiò.
 
E allora negli occhi di lei apparve qualche lacrima commossa, celata da un sorriso grato e vero, innamorato.
Lo stesso col quale l'accolse lui quando gli chiese, rispettando quella sua composta pacatezza.
 
«Ne sarei felice. Ma ... posso abbracciarti.»
 
Ignis annuì, e allargò le braccia stringendola a sé e accarezzandole i capelli.
 
«Vengo a prenderti domani, oppure dimmi tu quando. Ci andremo insieme.» concluse.
 
Alexandra si sciolse a fatica dalla sua stretta, controvoglia. Tornò a guardarlo e scosse il capo.
 
«Va bene domani. Farò il trasloco non appena avrò ottenuto il lavoro, non prima.» decise.
 
Quindi a quel punto Ignis Scientia si alzò in piedi e le porse sorridendo la mano sinistra, infilando la destra nella tasca del cappotto color latte.
 
«È deciso allora. Rientriamo?» le chiese quindi «Sta iniziando a far freddo e non vorrei ti ammalassi di nuovo.»
 
Lei accettò di buon grado, stringendo quella mano e lasciando che lui la avvolgesse di nuovo in un abbraccio protettivo dal gelo della notte.
Quella fu senza dubbio la giornata più indimenticabile di tutte, difficile da chiudere con un semplice battito di ciglia.
Quando lui se ne fu andato, dopo cena, e lei decise che era ora di andare a dormire, rimase per molto tempo nel letto sola a guardare il soffitto e pensare e ripensare all'accaduto, guardandosi la mano, sorridendo e ridacchiando tra sé.
E infine, poco prima di addormentarsi, si voltò ad afferrare la rosa senza spine che lui le aveva portato col caffè anche quella mattina e se la portò prima alle labbra e poi al cuore, pregando.
"Non svegliatemi. Se sto sognando non svegliatemi, vi prego."
 
I don't deserve this
You look perfect tonight.
 
(Continua ...)
 
*****************************
 
(Due anni e mezzo prima)
 
Dal diario di Alexandra Jane Baker
 
«Quelle come noi non hanno bisogno di un uomo per sopravvivere, si sono sempre salvate da sole e sempre lo faranno.
Dall'insicurezza.
Dalla paura.
Da tutti i dubbi.
Da tutte quelle cose che invece è stato proprio un uomo a metterci in testa, il principe azzurro che avrebbe dovuto salvarci e invece ci ha trafitto come fossimo il drago da cui dovevano scappare.
Quelle come noi hanno vissuto questo e molto altro, da sole e uscendone vincitrici, più forti.
Noi siamo la prova che non serve un uomo al tuo fianco per essere felici e al sicuro.
Ma l'amore si, quello serve sempre. 
Anzi, a quelle come noi ne serve anche di più, e quello vero.»

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Capitolo 7
*** Orizzonti espansi ***


Canzone citata nel corso del capitolo: Eternamente ora (Francesco Gabbani)
 

- Orizzonti espansi -
 
Devi farcela da sola. Devi essere tu la tua ancora.
-Anonimo-
 
Questo racconto comincia con te
Con te seduta tra le mie parole
La luce accesa, la porta socchiusa
Mi lasci entrare che fuori piove
 
///Flashback///
 
Alexandra fermò di colpo la macchina frenando bruscamente, il colpo spinse sia lei che l'istruttore di guida che le stava accanto a sfiorare con la testa quasi il cruscotto.
L'uomo si riprese subito, guardandola e chiedendole preoccupato cosa fosse successo, lei no.
Continuò a tacere, la testa bassa sul volante, il volto nascosto dai lunghi capelli e una smorfia di dolore sulle labbra pallide.
Il rumore dei clacson degli automobilisti arrabbiati dietro di lei le giunse a renderle il tutto più difficile. Singhiozzò, senza riuscire a trattenersi dal farlo.
 
«Hey, ti senti bene?» le chiese ancora l'uomo, avvicinandosi a scrutarla.
 
Scosse in silenzio la testa e sospirò.
 
«No.» mormorò sgomenta, poi lo guardò «Chiedo scusa. Dobbiamo interrompere la lezione.»
 
Non era la sua prima volta al volante. Aveva già preso la patente con risultati eccellenti, ma dall'esame finale non aveva più voluto toccarne uno. Le faceva paura, una paura matta.
In seguito la sua psicoterapeuta, presso cui era stata in cura per due anni e tre mesi, le avrebbe spiegato che era anche per colpa della rabbia repressa e di un trauma subito nell'infanzia e sopito in un angolo della sua testa, che la facevano sentire spesso sull'orlo di esplodere.
Aveva paura di non riuscire a trattenere tutto questo visto che non vi aveva ancora fatto pace, e perciò il solo pensiero di prendere la macchina dal posto del guidatore la faceva star male al punto di avere la nausea, perché temeva di mettere in pericolo la vita altrui e la propria.
Sensazione che diventava certezza ad ogni nuovo tentativo.
Quel giorno però, decisivo per la sua crescita, lei ancora non lo sapeva.
Sentiva solo il cuore che gli batteva forte in petto, il viso caldo e rosso e gli occhi che continuavano a lacrimare.
L'istruttore annuì.
 
«Va bene.» acconsentì premuroso «Lasciami il posto di guida così torniamo indietro.»
 
La ragazza però scosse di nuovo la testa, allungò una mano sulla maniglia dello sportello e lo aprì.
 
«Vado a piedi, non si preoccupi.» risolse «Ho bisogno di prendere un pò d'aria.» mormorò sforzandosi di sorridere.
 
L'uomo la scrutò con attenzione ancora per qualche istante.
 
«Sicura di sentirti bene?»
 
No. Quello era il terzo tentativo in tre anni di superare quella sua fobia, e lo aveva miseramente fallito come tutti gli altri.
 
«Si, non si preoccupi.» rispose.
 
Quindi lo salutò con un arrivederci e un gesto della mano e richiuse lo sportello, voltandogli le spalle e allontanandosi umiliata dalla macchina e dalla strada. Sprofondò le mani ricoperte dai guanti neri in pelle da automobilista nel giubbotto nero, il naso gelato nella sciarpa di lana blu elettrico e ricominciò a piangere, le lacrime che appannavano gli occhiali e tanta rabbia in petto.
Respirando a fatica si avviò verso casa, ci mise quasi più di un'ora ad arrivare e alla fine rinunciò anche ad una doccia e un caffè per infilarsi direttamente il pigiama e nascondersi sotto le coperte, dove restò fino ad addormentarsi.
Nessuno la consolò quel giorno, tranne la musica negli auricolari. Sua madre e sua sorella erano uscite a fare la spesa e la trovarono già addormentata.
Non la disturbarono neanche per portarle la cena, e la mattina dopo ignare di tutto non le chiesero nulla, e alla domanda.
 
«Come è andata con la tua prima guida dopo tre anni?»
 
Lei rispose con uno sbrigativo.
 
«Bene.» prima di uscire a fare volantinaggio per poter trovare un pò di lavoro con cui mantenersi, visto che a ventidue anni ancora pesava sulle spalle della propria madre sperando di poter pubblicare un racconto che sapeva benissimo non sarebbe mai riuscito a vedere la luce alla fine di quel lungo tunnel.
 
Era stufa e stanca.
Non capiva bene perché, ma non voleva più ritrovarsi in quella situazione.
Voleva smettere di titubare e affrontare la vita di petto, visto che nessuno lo avrebbe fatto al posto suo né poteva aspettarsi aiuto. Doveva trovarla da sé e dentro di sé la forza.
Perciò quel giorno, sorseggiando un caffè durante la pausa tra una cassetta delle lettere e l'altra, decise che l'avrebbe fatta finita con quella storia.
Abbandonò i sogni impossibili nella pattumiera assieme al bicchiere di plastica dell'acqua, scrisse una lettera al principe azzurro in cui gli diceva di non sforzarsi a raggiungerla, perché tanto era già riuscita a liberarsi da sola sia della torre che del drago, e poi tirò fuori dalla tasca il biglietto da visita della psicologa che le aveva consigliato la sua migliore amica dell'epoca e la chiamò fissando un appuntamento per quello stesso pomeriggio.
 
«Ho qualche soldo da parte e un problema, devo risolverlo una volta per tutte. Può aiutarmi?»
«Dipende dal suo problema. Faremo del nostro meglio insieme, ma è già qualcosa di positivo sia stata lei a decidere di venire da me.»
 
Da quel giorno, la dolce e insicura Alexandra Jane Baker spaventata dalla vita e ancora troppo bambina per viverla decise di crescere, provare una volta per tutte a lasciarsi dietro dubbi e paura del passato e ricominciando da capo, lasciando il posto alla sé stessa adulta, che si sarebbe presa cura di lei meglio di quanto chiunque altro avrebbe mai potuto fare.
 
***

“Guardando il mondo da un'altra distanza
Tra i giorni all'angolo e quelli migliori
Le mani sanno cos'è la pazienza
E gli occhi imparano le stagioni”
 
Prima bugia da smascherare: Non sei bella.
Prima voce da spuntare dalla lista delle cose da fare: Rinnovo totale del look.
Non era vero che non era bella. E neanche che non aveva stile, solo che tutte quelle ore passate a sentirsi ripetere di essere un niente avevano finito per persuaderla, e visto che non aveva nessuno da impressionare e neanche ci pensava il suo stile di abbigliamento ne aveva sempre più risentito, finendo per assomigliare a un'indefinita accozzaglia di robe comode da mettere con qualche accessorio etnico o rock che poco quadrava col resto.
Anche i capelli ne avevano risentito, li aveva tagliati per essere più comoda e anche se effettivamente le stavano anche bene lei ogni tanto non faceva che pensare a quanto le sarebbe piaciuto farseli ricrescere e curarli un pò di più.
Del resto a ventidue anni sarebbe anche stato giusto essere quel tanto che bastava vanitose, non per orgoglio ma più per amor proprio nel suo caso.
Così, come prima cosa appena uscita dalla sua prima seduta di psicoterapia aveva raggiunto il parrucchiere sotto casa sua e lo aveva implorato quasi di dare una forma a quella massa che arrivava a sfiorarle le spalle, quindi si era fatta curare anche le sopracciglia e aveva chiesto consiglio per qualche cosmetico da acquistare per migliorare il suo aspetto e nascondere quel suo colorito un pò pallido.
Aveva comprato tutto il necessario e applicato i consigli, cercando di mantenere quei pochi e semplici gesti ogni giorno.
Poi, qualche mese dopo quando finalmente i primi frutti del suo volantinaggio erano iniziati ad arrivare e con essi i primi soldi come paga del suo faticoso lavoro, aveva speso quasi tutto il suo gruzzolo nei saldi di fine stagione per rinnovare il proprio guardaroba.
O per meglio dire rivoluzionarlo totalmente.
Aveva aperto l'armadio, fatto una lista delle cose che le servivano con urgenza e buttato tutto il resto, tenendo solo qualche camicia e una giacca.
E in meno di sei mesi la ragazza timida e insicura che appariva inosservata si trasformò, almeno esteriormente, in una ventiduenne decisa e curata, con uno stile tutto suo ma moderno e bello da guardare.
Romantico e chic.
Pantaloni a sigaretta a tinta unita senape, blu elettrico o semplicemente bianchi e neri misti a camicette e maglioni a collo alto morbidi e caldi, spesso con sopra disegni e stampe di orsacchiotti e cuoricini o bamboline.
Guanti, sciarpe, cappelli e qualche gonna.
Poi fu il turno delle scarpe, l'anno successivo. E nel frattempo bigiotteria carina come se piovesse.
Ma continuava a girare a piedi per la città, o accompagnata da sua sorella. Aveva paura perfino di provare il simulatore di guida.
Ben presto imparò a capirsi, prese consapevolezza del suo corpo che non era più quello di una bambina e iniziò anche ad amarsi, convincendosi sempre più che la paura e le insicurezze in cui aveva vissuto e dietro al quale si era nascosta non erano sue ma di chi malignamente e per sentirsi più importante gliele aveva messe sulle spalle.
Buttò anche quelle nel cassonetto assieme a una lattina vuota di Ebony un giorno, e si disse che ora che era cresciuta e sapeva non avrebbe mai più permesso a nessuno di abbatterla e di violentarla, di maltrattarla solo per sentirsi più grande di lei.
Solo lei sapeva cosa era meglio per sé stessa. Per questo avrebbe smesso di essere muta e cieca e avrebbe mostrato al mondo chi era veramente Jane Alexandra.
Non poteva tornare indietro e decidere di andare all'università, né rispondere per bene agli insulti dei compagni e di quel ragazzo che ... tsh, sarebbe stato meglio non conoscere.
Ma poteva dimostrare a sé stessa che erano tutte bugie ed iniziare a vivere davvero.
Con o senza macchina. Con o senza un uomo al suo fianco.
La guerriera di sé stessa era lei, perciò era ora di togliere la maschera e indossare corona ed armatura.
 
///Fine Flashback///
 
***
 
Questo mio tempo continua con te
Pace inattesa dopo tanto rumore
Sei l'acqua buona in cima alla salita
Una ringhiera a cui poggiare il cuore
 

Riaprì di colpo gli occhi, rialzando di scatto la schiena e guardandosi intorno.
Era giorno, la sveglia sul comodino segnava le nove e un quarto e il cuore le balzò dritto in gola.
"È tardissimo!" imprecò dentro di sé, rialzandosi e rivestendosi in fretta scegliendo bene dall'armadio in cui aveva riposto i suoi vestiti per evitare che si stropicciassero troppo nella valigia.
In realtà non fu affatto facile scegliere ... il primo pensiero ricadde sul solito completo da lavoro, ma pure se adeguato al suo compito le sembrò troppo scontato e scialbo. La camicia bianca che si abbinava al pallore quasi cadaverico che la affliggeva dopo la bronchite, la gonna poco comoda per destreggiarsi con piatti e scodelle.
Era vero che quasi certamente avrebbe dovuto solo lavare i piatti o cose simili, ma ...
Si fiondò in bagno e si guardò allo specchio sospirando.
 
«Cielo, sono un disastro!» piagnucolò.
 
Qualcuno bussò delicatamente alla porta facendola sobbalzare per lo spavento.
La voce di Ignis la raggiunse.
 
«Buongiorno, Alexandra. Tutto a posto? Sei pronta?» chiese gentile.
«Ehm, i-io ...» balbettò a quel punti lei nel panico.
 
"No, sono un disastro."
 
«Quasi. Ignis, per caso Eve è lì da qualche parte con te?»
 
Un istante di silenzio, poi la risposta.
 
«Si, è in cucina a bere il suo caffè. Vuoi che te la chiami?» si offri.
 
Jane sospirò sollevata.
 
«Si, per favore. Grazie.» rispose sforzandosi di sorridere e apparire il più possibile calma e gentile.
«Di nulla.» rispose lui con lo stesso tono cordiale, quindi lei udì i suoi passi allontanarsi, si sciacquò il viso con un paio di getti gelidi d'acqua, lavò bene i denti e finalmente la voce di Eve sussurrò alla porta.
«Alex, ci sei?»
 
La giovane si asciugò la bocca con un lembo dell'asciugamano rosa pastello, quindi sospirò di nuovo e annuì, fiondandosi ad aprire e lasciandola entrare velocemente senza aprire del tutto la porta.
Eve la fissò stranita.
Aveva indosso solo l'accappatoio azzurro che aveva usato per coprirsi dopo una veloce doccia e i capelli ancora avvolti nel turbante formato con l'asciugamano azzurra.
 
«Sei ancora in questo stato?» chiese sconvolta.
«Eve, tu devi aiutarmi.» decise Jane a quel punto, dopo un breve sospiro nervoso.
«Altroché se devo, ragazza!» soggiunse l'amica «Per tutti gli dei, guarda che occhiaie! Hai almeno scelto che metterti? Non dirmi gonna e camicia, sembreresti ancora più pallida di quanto tu già non sia.»
«Non ho molte alternative.» scosse il capo «Avevo pensato al completo col pantalone, e una camicia diversa magari.»
 
Eve alzò gli occhi al cielo.
 
«Eve, devo aiutare in cucina!» le fece notare nervosa.
«Ma devi anche far colpo sul belloccio che se ne sta nella mia di cucina a sorseggiare amabilmente caffè come se nulla fosse!» rispose quella.
 
Alexandra sorrise. "Credo di averlo già fatto."
Pensò.
Eve la scrutò con attenzione, corrucciandosi.
 
«Bhe! Cos'è quel sorriso da ebete sulla faccia?»
 
Sorrise sotto i baffi, Alex si morse le labbra ma subito dopo insieme esplosero in risatine divertite abbracciandosi.
 
«Hai già i vestiti?» chiese allegra Eve a quel punto.
 
Jane annuì, mostrandoglieli appoggiati sul davanzale della piccola finestra oblunga alle loro spalle.
 
«Bene, cambiati in fretta e lascia stare i capelli. A quelli ci penso io, vado a prendere i trucchi.»
 
Alex annuì, e una volta sola si rivestì in fretta stando attenta ai dettagli.
Aveva scelto un completo classico nero di giacca e pantalone, unito a una camicia rossa come i suoi occhiali su cui erano stampate in piccolo innumerevoli sagome di uccelli tropicali, disegnate in nero come con una matita dalla punta sottile.
Per le scarpe era stata indecisa fino all'ultimo, ma poi vista la bella giornata di sole aveva scelto delle comode ballerine bicolore, nere con una striscia bianca che correva lungo l'orlo superiore e finiva intrecciandosi in un delicato piccolo fiocco sulla parte anteriore destra del piede.
Non era proprio il massimo dell'eleganza forse, ma almeno era pratico e le sarebbe servito per qualsiasi cosa il suo nuovo datore di lavoro le avesse chiesto di fare.
Meno di dieci minuti più tardi, anche trucco e capelli furono perfettamente in ordine.
Alex si guardò allo specchio mentre Eve la osservava soddisfatta del lavoro svolto e si trovò ... bellissima.
Il pallore era quasi del tutto stato mascherato e anche il castano intenso dei suoi occhi e le folte ciglia ora risaltavano di più, grazie all'abile uso di ombretto e matita.
Non aveva avuto bisogno del mascara, Eve le aveva fatto notare con amichevole invidia che le sue ciglia erano già perfette così com'erano senza aver bisogno di ulteriori trucchi, e guardandosi allo specchio in quel momento ... lei fu per la prima volta veramente concorde con la sua amica.
Era bella davvero. I capelli acconciati in una coda alta sulla nuca, due ciocche sottili a sfiorarle i lati del viso e gli occhiali sul naso che le davano un'aria da intellettuale.
Il rosso della montatura e della camicia le dava colorito, e impettita nella sua divisa non era male.
Come ultimo tocco Eve le mise addosso un paio di piccoli orecchini composti da frammenti di corallo rosso pietre laviche provenienti direttamente da una delle miniere vicine al vulcano Ravatogh, e riportò in superfice sulla camicia la collana a forma di cuore con su incisa una rosa che da qualche anno a questa parte Alexandra si portava appresso come un tesoro prezioso.
Era molto importante per lei, soprattutto per le foto che conteneva al suo interno.
Le sorrise, e la vide scoppiare a piangere.
 
«Hey, Hey!» la rassicurò sorridendo e appoggiandole le mani sulle spalle «Che c'è? Dai non fare così! Va bene che è waterproof ma se continui ti si rovinerà tutto il trucco!»
 
Alexandra sorrise divertita, tornando a darsi un contegno.
 
«Scusa ...» mormorò «È che ...»
 
"Lavorare a palazzo ... avere ... Ignis al mio fianco ..."
 
«Non mi sembra vero, Eve.» si commosse «Tutto questo, io non ... non riesco neanche a crederci.»
 
Cadde letteralmente tra le braccia dell'amica ex datrice di lavoro che la strinse forte e le accarezzò la schiena con un sorriso attendendo che fosse lei a staccarsi, prima di lasciarla andare.
 
«Credici invece.» le disse «Te lo sei meritato. Ora devi solo viverlo e non avere paura. Perciò adesso vai da lui, prenditelo e non lo mollare più, capito?»
 
Alexandra sorrise, sfiorandosi arrossendo la punta del naso con un dito e annuendo con ancora gli occhi lucidi.
 
«Posso andare a dirgli che sei pronta?» le chiese ancora dolcemente l'amica.
 
Un muto sì e un ultimo abbraccio, poi Eve uscì dalla stanza lasciandola sola davanti allo specchio.
Con mani tremanti e un sorriso contento e incredulo raggiunse il ciondolo che portava sul cuore e lo aprì, guardando nello specchio il suo riflesso attuale e comparandolo con quello ritratto nelle foto, di una sé stessa bambina dolce e sorridente.
Quel sorriso ... lo aveva perso per tanto tempo, aveva permesso alle circostanze sfavorevoli della vita e alla gente cattiva di strapparglielo via, ma ora eccolo di nuovo lì, dopo tanto tempo.
Si sentì ... fiera di sé stessa. Per la prima volta completamente dopo tanto tempo.
E con quello stesso sorriso qualche minuto dopo si presentò da lui, ancora gli occhi lucidi di emozione, accennando ad un inchino e mostrandosi felice.
Ignis Scientia la guardò e la prima cosa che riuscì a dirle ammirato fu
 
«Wow!»
 
Sorrisero entrambi, arrossendo. Poi lui si alzò dalla sedia e andò ad accoglierla prendendola per mano e ammirandola volteggiargli intorno con sguardo emozionato.
 
«Come sto?» chiese imbarazzata lei, fermandosi quindi di fronte a lui «Non ho potuto esagerare, visto il tipo di lavoro ... ho preferito essere comoda oltre che elegante.» spiegò arrossendo un pò di più ritrovandosi a guardarlo negli occhi.
 
Scientia sorrise.
 
«È stata un'ottima scelta, decisamente.» rispose sicuro annuendo e sorridendole appena «Stai benissimo.»
 
Eve li guardò nella loro unità, con un sorriso soddisfatto nascosto dietro al pugno chiuso posto all'altezza del mento.
Erano entrambi vestiti di nero e con una camicia che spiccava sicuramente agli occhi. Alex portava occhiali rossi che seguivano e incorniciavano la forma delicata dei suoi occhi, Ignis indossava lenti sottili squadrate dalla montatura nera che valorizzavano il carattere del suo viso e l'intensità del suo sguardo.
Erano praticamente l'una la copia sputata dell'altro eppure così diversi, talmente tanto da sembrare fatti apposta per stringersi con amore le mani.
Alexandra sorrise contenta e si lasciò sfuggire un abbraccio in un moto di felicità al quale lui non si oppose, sorridendo con lei e stringendola forte per poi ritrovarsi a guardarla negli occhi. Innamorato alla follia come lo era lei.
 
«Andiamo allora?» le chiese dolcemente lui quindi «Abbiamo ancora un po' di tempo, possiamo fermarci a fare colazione da qualche parte se vuoi.» propose.
 
Alex annuì.
 
«D'accordo, si.» fu la risposta entusiasta di lei.
«Bene, ricordati solo di ripassare il rossetto dopo aver bevuto il caffè.» concluse Eve, per poi decidere con un mezzo sorriso sventolando in aria una mano «Ora andatevene immediatamente o rischiate di farmi commuovere. Mio dio, siete stupenti! Su, sciò sciò!»
Risero di nuovo entrambi, quindi salutarono e mano nella mano si diressero verso la porta, uscendo insieme.
Lei rimase lì ad ascoltarli allontanarsi chiacchierando amabilmente, e per un istante un velo di malinconia calò nel suo sguardo.
 
«Ah ...» disse tra sé «Goditelo Alex ... tu che puoi, prima che la favola finisca. Spero per te che non accada mai, perché non lo meritate.»
 
\\\

 
E questa notte che semina stelle
Preziosa come non lo è stato mai
Sarà un riparo per te la mia pelle
Mi perderò se ti perderai
 
Mancavano cinque minuti alle dieci quando insieme dopo una breve passeggiata giunsero nel quartiere del palazzo, fermandosi ad un grazioso bar proprio di fronte al grande cancello dell'ingresso principale.
Mentre aspettavano il loro caffè seduti a un tavolo vicino alla vetrina graziosamente allestita con piante sempre verdi da appartamento e riproduzioni in cioccolato di tazzine di caffè, cornetti e altre delizie servite nel locale, Ignis si accorse che Alexandra non riusciva a staccare gli occhi dall'edificio, osservando agitata le sue alte guglie e la sua maestosa imponenza.
Sospirò dispiaciuto.
 
«Alexandra ...» mormorò richiamandola dolcemente.
 
Lei si riscosse d'improvviso e si affrettò a dipingere un sorriso nervoso sulle labbra sottili e rosse.
 
«Mh?» domandò, mal nascondendo il panico.
«Non devi farti ingannare dalle apparenze. Vedrai che andrà bene.» le sorrise, allungando una mano sul tavolo e prendendo tra le dita le sue.
 
La ragazza rabbrividì fissandolo sorpresa, poi però si sciolse ammorbidendo il sorriso e stringendo quella mano nella sua.
 
«Hai ragione, scusami ...» iniziò scuotendo il capo «Me lo hai detto così tante volte. È che ... il palazzo reale! Se riuscirò a far bene questo vuol dire che lavorerò per sua maestà! Io?» sorrise rossa in viso per l'emozione «Davvero, non credo proprio di essere all'altezza del compito.»
 
Ignis sorrise a sua volta.
 
«Beh, se proprio dobbiamo essere precisi per il momento sarai solo l'aiuto in cucina dell'aiuto cuoco.» scherzò, strappandole un sorriso «Quindi non c'è motivo per avere così tanta paura. E poi hai detto di voler migliorare la tua abilità in cucina, non c'è modo migliore per farlo credimi. Io ho imparato molto dal cuoco di corte.» soggiunse tornando serio.
 
Alexandra sorrise annuendo. Le loro mani si strinsero e sentirlo, sentire quella vicinanza e quel calore, le diede la giusta sicurezza che le mancava. E poi quello sguardo, quegli occhi magnetici puntati amorevolmente su di lei.
Ad un tratto furono i suoi timori ad aver paura di restare.
 
«Vedrai che andrà bene.» ribadì sicuro Ignis.
 
Jane sorrise annuendo.
 
«Io ... lo so che te l'ho già detto un milione di volte, ma ... grazie. Grazie di esserci. Grazie di esistere. Ora sento che tutto ha veramente un senso, per me.»
 
Scientia la ascoltò felice, una strana calma riempì il suo cuore spingendolo a sorridere. Portò delicatamente la mano destra della giovane nella sua, vicino alla bocca, e con le labbra le sfiorò le dita con un dolce bacio, guardandola arrossire felicissima.
 
«Io credevo fosse già così per me.» le rivelò «Poi ti ho incontrata, e ... hai espanso i miei orizzonti.
Per questo e per tutto quello che verrà, grazie un milione di volte anche a te.»
 
Sorrisero insieme, emozionati. Infine, dopo qualche altro istante di silenzio avvolti nell'atmosfera quieta e accogliente del locale, la cameriera arrivò a portar loro i loro caffè sciogliendo l'attimo e restituendoli alla quotidianità.
Abbassarono lo sguardo imbarazzati, ringraziarono con un sorriso e tornarono a guardarsi, destreggiandosi con le tazzine.
Quel momento e tutti quelli a venire sarebbero stati i più belli per entrambi.
E per Alexandra Jane Baker anche un'ancora a cui aggrapparsi, quando l'oscurità sarebbero calata infine su Insomnia prima, e nei loro occhi su tutto il resto del loro mondo poi.
 
\\\
 
L'ingresso per la servitù si trovava sul fronte destro del castello, attraverso una piccola porticina sorvegliata da due kingslave che rimasero impettiti nelle loro divise non appena li videro accedere.
Alexandra avrebbe dovuto farci caso, magari notare che non facevano opposizione nel vederli passare e a trovare strano il lieve inchino che concessero loro e a cui Ignis rispose con un sorriso replicando il loro saluto.
Ma tutto era così nuovo, così stupefacente e affascinante per lei che non ebbe altro per la testa se non osservare con avida curiosità ogni cosa e rimanere quasi sconvolta da tutti quei dettagli, quei particolari che facevano di una stanza un capolavoro.
Percorsero mano nella mano i corridoi ampi e luminosi del piano inferiore, fino ad arrivare all'ampio e altrettanto luminoso ambiente della cucina, dove trovarono ad accoglierli il cuoco ed il suo staff, già indaffarati con la preparazione del pranzo per quel giorno.
Stoviglie brillanti, cucina professionale, utensili appesi perfino giù dal soffitto e un profumo delizioso che permeava tutto l'ambiente.
Alexandra si guardò intorno e il cuore le palpitò forte in gola.
 
«Oh, Ignis!» esclamò contento il cuoco, un omaccione simpatico e affabile con indosso il grembiule e il tipico cappello «Bentornato.» ridacchiò fermandosi a guardarli «E questa la ragazza di cui mi hai parlato.»
Il biondo sorrise, accennando ad un inchino.
 
«Salve, signor Abe.» rispose «Si, è lei. Alexandra Baker...» la richiamò guardandola e stringendole la mano.
 
La giovane si riscosse d'improvviso guardandolo e cercando di riportare al presente la mente. Sorrise annuendo.
 
«Questo è il signor Akinori Abe.» li presentò «Il cuoco personale di sua maestà.»
 
Lei arrossì emozionata, lasciando ricadere le braccia lungo le braccia e unendo le mani davanti al grembo, compiendo un piccolo passo avanti.
 
«Buongiorno, lieta di conoscervi signor Abe.» disse, accennando ad un inchino e abbassando il volto.
 
Il cuoco rise soddisfatto e divertiti.
 
«È davvero una bella ragazza, Iggy. Complimenti!» esclamò divertendo e imbarazzando entrambi per poi aggiungere «Ora vediamo se è anche brava. Forza, indossa il grembiule aiuta Hiroji con quelle verdure. Tu puoi andare Ignis, altrimenti me la distrai.»
 
Ridacchiò di nuovo, e i due con lui. Alexandra gli lanciò un ultimo sguardo nervoso a cui lui rispose con un sorriso calmo e un occhiolino, annuendo.
 
«Vengo a prenderti stasera dopo cena.» risolse, vedendola annuire sorridendo a sua volta per poi affrettarsi ad obbedire.
 
Ignis salutò il cuoco e i suoi assistenti, quindi sospirò contento e uscì dalla stanza diretto verso l'arena. C'era una cosa che lo impensieriva, aveva bisogno di parlarne con qualcuno più esperto di lui in questioni amorose.
E chi meglio del rampollo degli Amicitia?
 
\\\
 
«Lavorare a palazzo?»
 
Gladio gli rivolse un sorriso assieme a quella domanda incredula, e Ignis annuì confermando.
Si trovavano seduti su una panca, una delle tante ai lati della stanza rettangolare dall'alto e ampio soffitto, le pareti piene di dipinti che narravano le vicende degli antichi Re.
Amicitia ridacchiò divertito.
 
«Ahi ahi, Iggy. L'hai portata davvero qui?»
 
Lo stratega annuì di nuovo, serio.
 
«Si. Non aveva più un lavoro, mi è sembrato l'unico modo possibile per aiutarla.» disse, ma poi si scurì riflettendo «Forse non era proprio l'unico, dopotutto, ma ...» scosse il capo «Temo di aver fatto il passo più lungo della gamba.» disse.
 
Gladio alzò entrambe le sopracciglia spalancando gli occhi e annuendo ammirato.
 
«Bhe, direi che sei riuscito a farlo per bene. Se volevi prenderti il tuo tempo per dirle chi sei, ora dovrai sbrigarti prima che lo faccia qualcun'altro. Mi auguro per te che non sia Noct.» confermò.
 
Ignis si lasciò andare ad un sospiro, passandosi una mano tra i capelli.
 
«Non so come sia potuto accadere.» mormorò.
«Nemmeno io.» soggiunse con un sorriso Gladio «Ma non preoccuparti.» scherzò battendogli una pacca sulla spalla «Capita a tutti di sbagliare strategia prima o poi, soprattutto in amore.»
«Quindi ...» annuì Scientia tornando a guardarlo «Cosa mi consigli di fare, adesso?»
 
Gladio ridacchiò scuotendo le spalle.
 
«Prima di tutto, fammela conoscere.» scherzò «E poi sii te stesso e spera che se la cavi.» soggiunse «Del resto a quanto mi hai detto non mi sembra una stupida, prima o poi lo capirà da sé che non sei uno qualunque, ammesso che non lo abbia già fatto.»
 
E Scientia annuendo non poté che ritrovarsi a dargli ragione.

***
 
"C'è un posto che tengo nascosto per te
Un posto che sta qui da sempre
C'era già prima di me e c'è ancora
Si apre per noi eternamente ora ..."

 
Quando, verso le dieci di sera, Ignis tornò a prenderla come promesso, Alexandra era esausta ma soddisfatta.
Aveva sgobbato per tutto il giorno tra il calore dei fornelli e imparato quante più cose potesse, ma quando l'orologio le aveva preannunciato l'ultimo quarto d'ora aveva sperato fino all'ultimo minuto di riuscire ad avere almeno cinque minuti prima del suo arrivo per rifarsi almeno il trucco.
Non li ebbe, ovviamente, e lei non si azzardò a chiederli anche se i suoi superiori, sia il capo cuoco che i due aiutanti rimasti, avevano legato già molto bene con lei accogliendola con educazione e simpatia.
Fortunatamente però, fu Ignis stesso a concederla qualche istante dopo la fine del turno, attendendo fuori dalla porta d'ingresso che fossero passati almeno cinque minuti prima di entrare. Nel frattempo lei ne approfittò per correre in bagno e sistemarsi i capelli e il rossetto, constatando con molto sollievo che il resto del trucco non aveva ceduto poi molto.
Quando uscì finalmente dalla porta se lo trovò direttamente davanti, a metà strada con un sorriso contento e accogliente sulle labbra e una piccola borsa in mano. La riconobbe subito, era la borsa da viaggio di Eve.
 
«Buonasera.» la salutò, porgendole il braccio libero.
 
Alexandra sorrise rilassandosi e avvolgendo il braccio sinistro attorno al suo.
 
«Buonasera a lei, Mr. Scientia.» lo accolse felice.
«Come è andato il tuo primo giorno di prova?» tornò a chiedere lui mentre insieme si avviavano all'uscita.
 
Alexandra sospirò scuotendo le spalle.
 
«Non male.» ammise «Sono stati tutti gentili, e non sono stata un attimo ferma. Avevi ragione ...» soggiunse poi guardandolo negli occhi senza più timore «Non era poi così difficile, e ho imparato davvero un sacco di cose per essere solo al primo giorno.»
 
Ignis sorrise.
 
«Sono contento di sentirtelo dire.» concluse annuendo, prima di chiederle «Sarai stanca adesso, immagino. Hai fame?»
 
Alexandra ridacchiò.
 
«Molta. Non poter toccare nessuna di quelle prelibatezze stanca da morire più che prepararle.» ammise.
 
Scientia sorrise a sua volta.
 
«Lo so.» annuì «Per questo ho prenotato un tavolo nel miglior ristorante del quartiere.» la informò scaldandole il cuore «E sono passato a casa della Signorina Eve per prenderti un vestito di ricambio. Ho pensato ti avrebbe fatto piacere cambiarti con qualcosa di più adeguato.» concluse mostrandogli la borsa.
 
Alex si esibì in un'espressione sorpresa ed entusiasta.
 
«Oh, Ignis. Grazie!» disse contenta «Allora immagino che anche stasera offrirai tu.» ridacchiò poi.
 
Lui abbassò il viso sorridendo e annuì divertito.
 
«Più o meno.» soggiunse «Per questa volta mi limiterò a pagare il conto.» sorridendo poi e strappando una risatina divertita anche a lei, che felice non poté fare a meno di esporsi stampandogli un bacio sulla guancia, successivamente al quale si fermarono entrambi, guardandosi negli occhi.
 
E così, quasi del tutto inaspettatamente, di nuovo le loro labbra si avvicinarono esplodendo poi nel loro secondo, intenso e dolce bacio d'amore più bello che avessero mai dato.


\\\

Era un bellissimo locale poco lontano dal centro del quartiere, scintillante ricco. Ampie vetrate illuminate da ghirlande dorate, una hall rivestita interamente in legno con un fornitissimo piano bar e ben due sale ricevimenti ampie e spaziose, con tende in pregiato broccato alle finestre, tavoli finemente apparecchiati con stoviglie d'argento e pavimenti e soffitti in pregiato marmo e lampadari a specchio a illuminare l'ambiente.
Alexandra rimase praticamente sconvolta nell'entrare, e per qualche attimo mentre Ignis tenendola sottobraccio informava il caposala del loro arrivo si sentì un pò a disagio, ma tutto passò quando tornò a fissare il sorriso calmo del suo cavaliere.
 
«Puoi andare a cambiarti.» le disse «Io ti aspetto al tavolo, un cameriere ti indicherà dove siamo seduti.»
 
Jane annuì, e dopo averlo ringraziato si affretto con la borsa tra le mani verso il lussuoso bagno con un ampio specchio sopra il ripiano in marmo rosa che conteneva i tre lavandini, proprio di fronte alle tre porte chiuse.
Sospirò, riflettendo mentre guardava la sua immagine sconvolta allo specchio.
 
«Lo sapevo che non eri uno qualunque, Mr. Scientia. Ma adesso ...» sospirò pesantemente, cercando di mantenere il controllo delle proprie emozioni «Adesso mi chiedo: Chi sei, precisamente? Un comune servo del re non potrebbe permettersi tutto questo neanche dopo cento anni di lavoro.»
 
Comunque sia, oramai era lì e non aveva alcuna voglia di sottrarsi a una serata che si prospettava essere magnifica.
Indossò il lungo vestito nero con un delicato scollo a barca che Eve (o Ignis, a questo punto non poteva più esserne certa del tutto) aveva scelto per lei, le décolleté e infine mise in bella mostra la collana dorata sul collo liscio.
Sistemò i capelli, e si trovò stupenda.
Davvero stupenda.
Sorrise soddisfatta, quindi chiuse la divisa ben piegata nella borsa e tornò da lui.
Come promesso, un cameriere fu così gentile da accompagnarla al tavolo dove l'uomo la aspettava ascoltando la melodia suonata dalla piccola orchestra sinfonica dal vivo e sorseggiando dello champagne.
Le sorrise non appena la vide arrivare, e da vero gentiluomo si alzò a prenderla per mano accompagnandola a sedersi per poi tornare a farlo solo dopo di lei.
 
«Allora, cosa posso portarvi?» domandò il cameriere.
 
Ignis guardò in attesa Alexandra, lei arrossì.
 
«Io ... non so decidere.» ammise dando una rapida scorsa alla carta «Prendo quello che prendi tu.» acconsentì.
 
Scientia sorrise e annuì.
 
«Bene, allora scegliamo il menù di pesce. E del vino adeguato.» concluse consegnando il menù al giovane che annuì e si avviò in fretta verso la cucina.
 
Alexandra tornò a guardarsi intorno con un sorriso.
 
«Dovrà costare parecchio cenare in un posto come questo.» esordì rivolgendogli uno sguardo sincero.
 
Ignis sospirò, sistemandosi nervosamente il tovagliolo sulle gambe.
Gladio aveva ragione, ovviamente. Non era stupida. Il punto era che adesso era lui a sentirsi tale, giusto un pochino.
Come aveva fatto a cascare in una situazione simile? Proprio lui che della verità e della rettitudine morale ne faceva una questione di principio.
 
«In effetti ...» iniziò serio «Non ho mai avuto problemi di questo tipo.»
 
Quindi si schiarì la voce tossicchiando un paio di volte ed iniziò.
 
«Vedi Alexandra, c'è una cosa su di me che ancora non ti ho detto ...»
 
Ma proprio allora la ragazza lo fermò, seguitando a sorridere guardandolo dritto negli occhi e chiedendo, quasi implorante.
 
«Questa musica è bellissima. Mi inviti a ballare, Signor Scientia?»
 
Lui la guardò per un istante spaesato, battendo un paio di volte le palpebre incredulo.
Alexandra intensificò il suo sorriso.
 
«Non ho mai ballato con un vero gentiluomo su una vera pista da ballo come questa.» soggiunse indicando con un movimento del capo il centro dell'ampia sala già occupato da qualche coppia elegantemente vestita che volava su vorticosi giri di valzer «Vuoi insegnarmi mentre aspettiamo il primo?» lo incoraggiò.
 
Ignis Scientia rimase ancora per qualche istante interdetto, incapace di decidere come proseguire. Poi però si lasciò convincere, tornò a sorridere e annuì con un sospiro, alzandosi in piedi e porgendole la mano destra, il braccio sinistro dietro la schiena dritta.
 
«Benissimo.» accettò «Vuole unirsi a me, madamigella?»
 
Alex annuì sospirando grata, afferrò quella mano e si lasciò trascinare in pista appoggiandosi alle spalle forti del suo cavaliere ringraziandolo sottovoce.
Niente patemi d'animo per quel giorno. Se era una favola allora voleva solo viverla fino in fondo, dopo anni da incubo difficili da dimenticare.

 

"Oh oh oh eternamente ora "



 

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Capitolo 8
*** Dichiarazioni d'amore al cioccolato ***


- Dichiarazioni d'amore al cioccolato-
 
Due settimane dopo ...

Era domenica, una bella giornata di sole alla fine di gennaio, e visto che il suo nuovo capo le aveva dato quello come unico giorno di ferie a settimana Alexandra aveva deciso di prenderselo per rilassarsi un pò in palestra e a fare jogging fino alle quattro del pomeriggio, quando avrebbe incontrato Ignis per una cioccolata calda nel bar del parco.
La sua vita procedeva a gonfie vele, finalmente.
Le aveva dato una svolta trasferendosi totalmente a casa di Eve e il lavoro a corte la impegnava praticamente tutta la settimana per 12 ore al giorno, ma per la prima volta era un lavoro che le piaceva.
Inoltre pagavano bene, e grazie al suo nuovo stipendio ora riusciva a seguire un pò di più sé stessa e le proprie passioni.
Sospirò contenta, guardando il cielo azzurro sopra di sé e perdendosi nei propri pensieri mentre correndo ascoltava la sua playlist di brani preferiti.
Una dolce ballata d'amore le riportò alla mente quell'uomo che aveva reso possibile tutto questo e tutte le volte che, prima di conoscerlo, aveva riso in faccia a chi la rassicurava dicendogli che prima o poi sarebbe arrivato anche per lei.
Quella mattina aveva trovato un suo messaggio sul telefono, molto serio in realtà.
 
"Vediamoci oggi pomeriggio al parco, devo assolutamente finire
di dirti quella cosa che ti accennai al ristorante."
 
Lo aveva letto con un sorriso e aveva risposto semplicemente.
 
"Okkey."
 
Con le emoji di un cuoricino rosso e di un bacino affianco, immaginando la faccia che avrebbe fatto lui nel riceverli.
Sapeva già molto bene di cosa doveva parlarle.
Aveva iniziato a sospettarlo concretamente da quella sera e nei giorni successivi aveva fatto qualche domanda ai suoi colleghi per saperne di più. Ma la conferma precisa l'aveva avuta due giorni addietro, seguendolo di nascosto e incontrando poi di persona Gladiolus Amicitia, l'uomo con cui a quanto pare si vedeva molto spesso.
Il ragazzo era stato sorpreso di vedersela arrivare davanti, e per un attimo non aveva saputo come reagire.
Si erano presentati, quindi lei gli aveva chiesto di poter parlare un istante e lui non aveva potuto far altro che accettare.
Si erano seduti su una delle panche in marmo all'interno dell'arena, e lei aveva esordito tranquilla, le mani sulle gambe cercando di trovare le parole più adatte.
 
«È ... da molto che tu e Ignis vi conoscete?»
 
Gladio aveva ridacchiato, grattandosi la nuca imbarazzato.
 
«Bhe, diciamo di si. Siamo entrambi ... molto legati al palazzo.» le aveva risposto cauto.
 
Alexandra lo aveva guardato negli occhi e sospirato, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
 
«Non aver paura di parlare con me, sono venuta proprio per questo.» lo aveva dunque rassicurato «Siete cresciuti qui?» era poi tornata a chiedere.
 
Gladio le aveva rivolto uno sguardo sempre più sorpreso, si era irrigidito per qualche istante e poi aveva sospirato, sorridendo e annuendo arreso.
 
«E sia, hai vinto. Glielo avevo detto io che prima o poi ci saresti arrivata da sola.» aveva risposto.
 
Alex non aveva smesso di scrutarlo, seria.
 
«Quindi?» lo aveva incalzato.
 
Amicitia aveva alzato le mani ridacchiando.
 
«Si, si può dire che in pratica il palazzo è diventata casa nostra da quando il principe Noctis ha compiuto cinque anni.» le aveva poi spiegato «La mia famiglia è lo Scudo del Re, mio padre lo è per Regis e io dovrò esserlo per il principe, di conseguenza ho sempre vissuto qui. Ignis invece è arrivato più tardi, dopo la morte della regina. È stata un'idea del re che voleva un fratello e un amico fedele per suo figlio, qualcuno che lo seguisse per tutta la sua vita e lo supportasse aiutandolo a crescere.»
 
Alexandra aveva trattenuto il fiato, annuendo mentre ascoltava e seguiva il filo dei suoi pensieri.
 
«Il Re ...» aveva mormorato tra sé.
 
Gladio si era fatto serio.
 
«Hey, Alexandra. Ascolta ...»
«Quindi è un nobile.» lo aveva interrotto lei, tornando in sé.
 
Non si era sentita arrabbiata, né spaventata. Solo un poco intimorita, per qualche attimo.
Soprattutto quando Gladio aveva annuito.
 
«Un Conte. Anzi, futuro Conte per la precisione.» le aveva detto, annuendo con un sospiro.
 
E a quel punto, del tutto inaspettatamente, lei aveva sorriso e i suoi occhi si erano fatti lucidi.
 
«Hey, senti.» le aveva quindi aggiunto Gladio «Non avrei dovuto dirtelo io, Ignis voleva farlo in questi giorni ma voleva assicurarsi che la vostra relazione fosse solida e aveva paura che tu ti fossi sentita a disagio a saperlo prima.»
 
Il sorriso non si era spento sul suo viso, anzi.
Si era accentuato ed era perfino riuscita a sentire la gioia esplodere nel suo cuore.
Avrebbe dovuto sentirsi offesa, ingannata, e invece aveva avuto solo voglia di rivederlo ed abbracciarlo perché per la prima volta mettendosi nei suoi panni risolse che in fondo fosse stata lei probabilmente sarebbe caduta nello stesso tranello, per via della paura di perderlo.
E poi ... quella adesso stava diventando davvero una favola, sperando in un lieto fine.
E non le era servita neanche la fata turchina!
Aveva promesso a Gladio di non dire nulla all'interessato, finché il momento per farlo non sarebbe arrivato, lo aveva ringraziato ed era tornata al suo lavoro, comportandosi con lui come se nulla fosse, anzi da quel giorno in poi anche più amorevolmente degli altri.
 
«He-hey, Alexandra!»
 
Una voce di ragazzo anche piuttosto vispa la riscosse da quei pensieri. Si fermò a guardare chi le si era accostato e ritrovò il sorriso simpatico del giovane "nerd nostalgico" per cui qualche mese addietro aveva posato con la tenera Ally.
 
«Ciao ... Prompto, giusto?» esclamò contenta.
 
Quello ridacchiò arrossendo.
 
«Si, esatto.» rispose «Come stai? Anche tu a fare un pò di jogging?» le chiese quindi scrutandola.
 
Anche lei indossava una tuta grigia come la sua, con strisce nere ai lati delle maniche e dei pantaloni. Le scarpe da ginnastica e gli occhiali invece erano neri, e i capelli erano legati sulla nuca con una coda alta.
Stava alquanto bene, in effetti. E nonostante il freddo aveva due belle scocche rosse sulle guance e un sorriso sognante e felice sulle labbra rosee.
La vide annuire.
 
«Si, avevo voglia di stare un pò in mezzo alla natura e rilassarmi.» gli rispose «Pomeriggio ho un appuntamento importante e voglio essere in forma.»
«Oh, sul serio?» domandò a quel punto ingenuamente, felice di fare nuovamente conversazione con lei «Un appuntamento galante?» domandò ridacchiando.
 
Lei arrossi appena ma rise a sua volta, divertita.
Annuì sognante.
 
«Si. Sto frequentando un ragazzo da qualche mese, e ... credo proprio che sia il vero amore che aspettavo da tempo.» spiegò felice.
 
Il ragazzo s'intenerì.
 
«Oooh, ma che bello!» replicò, inclinando di lato il capo «Congratulazioni!» rise poi, allargando le braccia entusiasta.
 
Alexandra rise a sua volta, divertita.
 
«Grazie, Prompto.» replicò serena, gli occhi brillanti per l'emozione.
«E allora come si chiama il fortunato?» seguitò quindi curiosi Argentum.
 
La giovane tornò semiseria per un istante, guardando sognante il cielo e assaporando bene nella mente quel nome prima di rivelarlo, per la prima volta nella sua vita legato a sé stessa.
 
«Ignis ...» concluse poi «Si chiama Ignis Stupeo Scientia. Ed è esattamente come il principe azzurro che disegnavo da bambina su un qualsiasi foglietto di carta.»
 
\\\
 
«Noooct!!»
 
Prompto entrò in casa scapicollandosi e trovò il principe stravaccato sul divano, intento a videogiocare col proprio telefono.
 
«Noct! Noctis! Grandi nuove, l'ho trovata!» si sbracciò entusiasta il biondo, saltellando vivacemente «L'ho trovata, l'ho trovata! Si!!»
 
Ridacchiò. Noctis staccò svogliatamente gli occhi dallo schermo e lo guardò corrucciandosi.
 
«Chi è che hai trovato?» bofonchiò serio.
 
Prompto si fermò a guardarlo.
 
«La ragazza di Iggy!» annunciò «In realtà ci avevo già fatto amicizia tempo fa ma non lo sapevo.»
 
Ridacchiò di nuovo. Noctis sgranò gli occhi, si rianimò e scattò in piedi, correndo di fronte a lui.
 
«Sul serio l'hai trovata?» domandò incredulo «Dove? Quando? Come? Chi è?» iniziò ad incalzarlo.
«Non ci crederai mai.» mormorò Prompto guardandosi intorno con fare guardingo e attendendo qualche istante prima di far esplodere la notizia «Alexandra Baker! La ragazza delle foto!»
 
Noctis ci pensò un istante su, spalancando sorpreso la bocca.
 
«Ma certo ...» mormorò dopo un pò «Ecco perché era così interessato. Si conoscevano già?»
 
Prompto scosse le spalle continuando a sorridere.
 
«Non so, forse. Comunque da come me ne ha parlato deve essere diventata una cosa seria solo da poco.» aggiunse.
 
Noctis gli voltò la schiena sorridendo e scuotendo appena il capo, appoggiando le mani sui fianchi.
 
«E allora è vero. Iggy si è innamorato senza dirmi niente, mh? Ha osato farlo senza il mio permesso.»
 
Seguitò a sorridere divertito e anche un pò contento.
 
«Ora però ...» concluse voltandosi di nuove sventolando in aria il dito indice della mano destra «Voglio conoscerla anche io e farle le mie congratulazioni. Non è possibile che sia rimasto l'unico a non averla vista.»
 
Prompto si corrucciò, confuso.
 
«Veramente ci sarebbe anche Gladio.» soggiunse.
 
Il principe scosse il capo.
 
«Negativo.» concluse «Lui l'ha conosciuta ma non ha voluto dirmi né come né quando. Ha detto che aveva già parlato troppo.»
«Allora ...» propose cauto il biondo rendendosi conto solo dopo aver iniziato la frase che forse non era una buona idea.
 
Noctis lo fulminò con lo sguardo.
 
«Allora che?» insisté.
 
Argentum si grattò la nuca arrossendo e scuotendo il capo.
 
«Bhe, devono incontrarsi oggi pomeriggio, ma non mi ha detto dove. Potremmo seguirli e far loro una sorpresa.»
 
Il principe s'illuminò, entusiasmandosi. Lo guardò sgranando gli occhi e alla fine lo abbracciò correndo poi in stanza a cambiarsi.
 
«Tu sei un genio, Prompto! Un genio!» esultò.
 
Il biondo storse le labbra scompigliandosi i capelli con la mano destra.
 
«Sarà.» mormorò tra sé un pò inquieto «Ma ho come l'impressione di aver appena combinato un bel casino, stavolta.»
 
\\\

(Quel pomeriggio ...)
 
Ignis fissò attonito lo schermo, quasi incredulo e senza sapere cosa pensare precisamente.
"Okkey"?
Solo ... "okkey"?
Sospirò, riprendendo in mano la tazza di caffè caldo e bevendone un altro sorso mentre cercava di decifrare quel codice all'apparenza semplice.
Ci rimase per diversi minuti prima di venir distratto dapprima da un inconfondibile profumo di fiori di campo e oli termali, e poi da una voce tranquilla che lo chiamò, inducendolo a voltarsi.
Lei era lì davanti a lui, indossava un grazioso vestitino viola rivestito di stoffa bianca all'interno, le maniche lunghe somiglianti allo stelo di un fiore, un cappottino lungo nero stretto tra le mani assieme a una borsetta rigida dello stesso colore del vestito. Per ripararsi dalla pioggia che aveva ricominciato a battere alzava un paio di stivali di pelle nera, alti fin sotto al ginocchio e che si abbinavano bene a tutto il resto, nonostante a prima vista potesse sembrare una scelta azzardata.
E sul collo appariva sempre la stessa collana a forma di cuore, abbinata ora a un paio di graziosi orecchini di pietre viola, aderenti al lobo.
Si alzò in piedi e la accolse con un inchino e un delicato baciamano, invitandola poi a sedere al posto vuoto di fronte al suo.
Il cameriere giunse a prendere il loro ordine pochi istanti più tardi. Nel frattempo la ragazza si perse ad osservare i suoi occhi, dopo aver appeso borsetta e cappotto allo schienale della sedia, constatando con un sorriso.
 
«Sei nervoso.»
 
Lui si stupì.
 
«Si nota così tanto?»
 
Alexandra ridacchiò felice e allungò le braccia sul tavolo a stringere le sue mani.
 
«Un pochino.» replicò «Ma credimi, non hai motivo di esserlo.» scuotendo il capo.
 
Ignis si sforzò di sorridere a sua volta, ma quel peso sul cuore continuò ad aumentare e ingigantirsi. Si, era nervoso.
Tanto.
Non ce la faceva a sopportare di continuare a mentirle, soprattutto vedendola sorridergli così bella e radiosa.
Però aveva anche paura per come avrebbe reagito. Essere sotto choc sarebbe stato normale in questi casi.
Sospirò.
 
«Lo vedremo ...» mormorò un pò in tensione.
 
Alex seguitò a sorridere, scuotendo il capo. Sembrava quasi la intenerisse tutto questo. La realtà era che ... più lo conosceva, più si ritrovava ad amarlo. Con o senza titolo nobiliare.
E il fatto che lui non lo avesse usato per far colpo su di lei ora glielo rendeva ancora più amabile.
Finirono la loro cioccolata con calma, parlando della loro giornata, quindi pagarono il conto e uscirono insieme dal locale, sotto l'ombrello di lui.
Non era solo l'averle nascosto la verità a preoccuparlo, ma tutto ciò che vorticava intorno ad essa.
La loro storia da adesso in poi si sarebbe fatta un pò più complicata di quanto lo era stata fino ad ora.
Era un membro importante della corte, il suo non era un compito facile e se la situazione con Niflheim poi fosse peggiorata ...
Forse il re avrebbe concesso loro di sposarsi, ma prima Alexandra avrebbe dovuto abituarsi a tutto questo e lui non sapeva se voleva davvero cambiarle così tanto la vita, coinvolgendola in questioni davvero troppo più grandi di lei che in fondo non aveva mai fatto parte di quel mondo.
Non la stava sminuendo, solo ... non voleva cambiarla. La amava così come l'aveva conosciuta, e temeva che tutte quelle difficoltà avrebbero finito per farlo.
Ma, come al solito da quando si erano incontrati, stava affrettando tutto, finendo per ritrovarcisi dentro fino alla punta del suo famigerato ciuffo.
Il tutto mentre il Principe e il suo fidato scudiero stavano spiandoli con molta attenzione cercando il momento giusto per la loro "grande sorpresa".
 
\\\
 
Un pezzetto di legno scricchiolò spezzandosi sotto la scarpa da tennis del biondo alle sue spalle.
Noctis si voltò di colpo e lo trovò già con le mani in avanti e un sorriso imbarazzato pronto a scusarsi.
 
«Prompto!» lo ammonì sottovoce «Ti avevo detto di non fare rumore.»
«Scusa.» mormorò in risposta questi.
 
Quindi nascosti dietro uno dei tanti alberi del parco continuarono la loro osservazione in cauto silenzio.
Avevano raggiunto insieme il palazzo reale e nascosti dietro una colonna avevano atteso che Scientia uscisse per seguirlo a distanza fino al bar, in cui lo avevano visto bere qualcosa con la ragazza per poi avviarsi a piedi per una romantica passeggiata sotto la pioggia.
 
«Però è bellissima con quel vestito.» osservò con un sorriso dolce Prompto.
«Già ...» commentò distrattamente Noctis, che nel frattempo stava cercando il momento giusto e una scusa adatta per entrare in scena.
 
Li osservò rifugiarsi sotto un piccolo porticato a forma di pagoda circolare, sedersi ad osservare il lago e stringersi la mano.
Alexandra appoggiò rilassata la testa sulla sua spalla e Ignis chinò appena il capo a raggiungerla.
Li vide iniziare a parlarsi, ma erano troppo lontani per riuscire a sentire ciò che si dissero.
Rimase semplicemente a guardarli serio, nervoso per non poter ascoltare.
 
«Noct.» lo riscosse dopo un pò Prompto sussurrando «Questo mi sembra il momento adatto, no?» suggerì.
 
Il principe annuì.
 
«Si.» replicò deciso.
 
Quindi uscì allo scoperto e si avviò di corsa verso un gruppo di ragazzi che giocava a palla chiedendola in prestito per un istante.
 
«Ve la riporto subito.»
 
Assicurò loro, facendo poi segno a Prompto di seguirlo.
Questi obbedì con un sorriso, e a quel punto non restò che rovinare loro la giornata. O almeno questo credeva, se non sperava, di poter fare il Principe di Lucis.
Per lo meno per far pagare all'amico fraterno di avergli tenuto nascosto una cosa così importante fino a questo giorno.
 
\\\
 
La pioggia si era placata, per qualche attimo. Le acque placide del laghetto artificiale poco lontano riflettevano i raggi deboli del sole spuntato da poco in mezzo alla distesa di nuvoloni neri, in cui si era aperta una piccola faglia pronta a richiudersi quasi subito.
Alexandra sorrise osservandoli, e godendosi il calore familiare dovuto alla vicinanza del suo amato e alle loro mani strette l'una nell'altra.
Ignis sospirò un paio di volte, cercando di riorganizzare idee e parole. Lei lo ascoltò senza fiatare concedendogli tutto il tempo necessario.
 
«Alexandra ...» la richiamò ad un tratto, serio.
 
La ragazza alzò il viso, si scrutarono intensamente occhi negli occhi.
 
«Si...?» annuì.
 
Scientia sospirò di nuovo e aggrottò la fronte aggiustandosi gli occhiali sul naso.
 
«Io ... ho pensato molto a noi, in questi giorni ...» esordì «Al nostro futuro. C'è qualcosa di me che non sai che probabilmente potrebbe rendere tutto più difficile ...» seguitò.
 
Alexandra sorrise intenerita, prendendogli le mani.
 
«Tipo cosa?» domandò facendo finta di nulla come aveva promesso a Gladio.
 
Lui sospirò di nuovo, quindi si voltò totalmente verso di lei stringendole le mani e aprì la bocca, deciso a parlare.
Ma una voce fin troppo famigliare li interruppe, facendo crollare in un attimo tutti i preparativi da lui svolti per giungere a quel momento.
 
«Hey Iggy!» fece allegro e smargiasso Noctis, avvicinandosi con la palla arancione tra le mani «Che sorpresa trovarti qui! Non dovevi essere a palazzo?»
 
Scientia lo guardò, scrutò bene quel suo sguardo di rimprovero e sfida e riuscì solo a pensare: "Bene, addio riservatezza."
Abbassò il volto arrossendo appena.
 
«Ho concluso il mio incarico già da qualche ora, maestà!» gli su rivolse, continuando a tenere lo sguardo basso sulla panchina e approfittando dell'occasione per mettere in chiaro le loro posizioni di fronte ad Alexandra, che si alzò lentamente e mormorò, stupita, continuando in parte a fingere.
«Maestà?» domandò «Voi siete davvero ...?»
 
Noctis assunse un'aria fiera, alzando la schiena e il capo e lanciando all'indietro la palla a Prompto che la acchiappò maldestramente, colto alla sprovvista.
 
«Sono il Principe Noctis Lucis Caelum, il tredicesimo della stirpe dei Caelum.» si presentò fiero.
 
Ignis scosse il capo con rassegnazione, alzandosi.
 
«Non ti ho mai sentito parlare così fieramente del tuo rango come oggi.» lo incalzò osservando con indispettito sarcasmo.
«Tsh!» soffiò il giovane «Questo perché sto parlando ad un mio suddito. Col mio consigliere posso permettermi di essere un pò meno formale no.»
 
Ignis sospirò svuotando completamente i polmoni, scuotendo il capo con costernazione e voltandogli le spalle.
Alexandra guardò entrambi fingendo sorpresa.
 
«Consigliere?» fece, rivolgendosi ad Ignis «Aspetta, tu sei ...?»
«Ignis Stupeo Scientia, futuro consigliere personale del Re per volere di mio padre Regis.» annunciò dispettoso il Principe «Perché, non te lo aveva detto?»
 
Ignis si voltò di scatto a fulminarlo con lo sguardo. Per la prima volta Prompto ebbe paura di lui e anche un pò Noctis, pure se non lo diede a vedere.
 
«Ignis, mi meraviglio di te!» seguitò «Corteggi una ragazza così bella e le nascondi una cosa così importante.»
 
Prompto iniziò a voler scomparire dietro di lui.
 
«Stavo per farlo prima che arrivaste voi ...» preciso Scientia infastidito.
 
Poi prese Alexandra per mano e fece con lei qualche passo indietro, per poter parlare faccia a faccia.
 
«Ascolta, Alex.» iniziò «È vero tutto ciò che hai capito. Faccio parte della guardia reale e il Re in persona mi ha affidato la tutela del principe. Quando Noctis diventerà Re, dovrò essergli al fianco come suo stratega e consigliere ed è tutta una vita che mi preparo per questo. Ho cercato in tutti i modi di dirtelo, ma tu ...»
 
E allora, cogliendo tutti alla sprovvista, Alexandra che aveva ascoltato in silenzio tutta la sua spiegazione si lasciò andare ad uno slancio di passione e afferratolo per il colletto della camicia lo baciò intensamente sulle labbra, mozzandogli quasi il fiato.
Noctis e Prompto rimasero sbigottiti a guardarli, il pallone cadde dalle mani del biondo e ruzzolo in avanti, quasi raggiungendo la suola delle scarpe del principe che incredulo perse all'improvviso ogni altra malizia e parola.
Durò molto più del previsto, e quando alla fine la giovane lasciò andare il suo amore questi la fissò emozionato e confuso e la vide ridacchiare, contenta e rossa in viso.
 
«Ignis Stupeo Scientia ...» gli disse sincera «Sei un uomo bello, elegante, affascinante, dolce. Raffinato, educato e sincero. Cucini piatti da sogno, sai ballare altrettanto divinamente, conosci il galateo giusto per ogni situazione.
Non ti fermi alle apparenze e non ti arrendi mai. Sai praticamente tutto di ogni cosa e quando mi parli di ciò che conosci sei capace senza accorgertene di affascinarmi e prendermi così tanto da farmi arrossire.»
 
Lo vide tornare a sorridere con lei, abbassando gli occhi imbarazzato.
Lo fece anche lei, accarezzando innamorata una sua guancia. Quindi tornò a fissarlo negli occhi e concluse, vera.
 
«Per questo ... e solo per questo ... io ti amo da morire. Amo te, sopra qualsiasi altra convenzione sociale o carica istituzionale, amo stare con te e non temerei di starti accanto neanche fossi il Re in persona ...»
«Oh ...» mormorò Noctis, affascinato.
«Cacchio!» esclamò Prompto impressionato.
 
Ignis sorrise, si riscosse e tornò a stringerle le mani baciandola piano sulle labbra.
 
«Ti amo anch'io, Alexandra.» replicò semplicemente, commosso «E se vorrai continuare a farlo nonostante tutto, te ne sarò eternamente grato.»
 
Jane sorrise, dagli occhi lucidi una lacrima scivolò lungo la sua guancia e di nuovo seguendo la sua felicità lo abbracciò forte, lasciando che lui le avvolgesse sorridendo i fianchi e la sollevasse da terra, compiendo una mezza giravolta.
Prompto esplose in un applauso contento, guardandoli con gli occhi pieni di felicità.
Noctis rimase interdetto a fissare dapprima loro e poi l'amico, che scuotendo le spalle concluse, allegro.
 
«Dai, Noct. Su con la vita. Dopotutto non è andato poi così male il vostro primo incontro, no?»

 
 
 

NDA: Ciao a tutti coloro che sono arrivati fin qui, e soprattutto ad Alessia che con i suoi commenti e il suo sostegno è stata fondamentale per il proseguo di questa mia piccola storia d’amore con Iggy.
Che dire? E’ stata una favola bellissima, e ora che mancano solo due o tre capitoli (se contiamo il capitolo extra) alla fine posso finalmente dirlo: Non finirà qui. Era da un po’ che avevo in mente di approfondire Iggy con la mia scrittura e grazie a questa idea sono riuscita a farlo. All’inizio avevo programmato che questa storia fosse l’unica long, un racconto senza pretese per coccolare Ignis e continuare a innamorarmi di lui, ma col passare del tempo le idee si sono moltiplicate nella mia testa e ora sono contentissima di informarvi che ho in programma due seguiti per continuare a narrare le vicende di Iggy e Alex.
Saranno storie corte come questa, o meglio la seconda che posterò alla fine di questa lo sarà.
Non ho ancora un titolo ma non avrà più di due o tre capitoli e sarà ambientata durante i dieci anni di oscurità, per intenderci nella timeline di Comrades. La terza ed ultima invece sarà un what if alternative end, ed è la più vecchia. In realtà avevo iniziato a scriverla molto prima di questa, e lì la coppia protagonista doveva essere AraneaXIgnis, ma poi l’ho trasformata e ciò che ne è uscito fuori è un racconto romantico di una famiglia bellissima <3
Spero di avervi fatto felici con questo annuncio, perché io lo sono tanto e non vedo l’ora di postare anche quelle storie.
Per ora però rimanete sintonizzati per scoprire come andrà a finire questa storia dolcissima, e se avete anche solo due minuti di tempo fatemi sapere che ne pensate, sia di questa che dell’idea di avere ben due sequel ;)
A presto!
 
Sarah

 

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Capitolo 9
*** Al bivio ***


NDA: Questo capitolo è ambientato qualche mese dopo la mia one shot " pan di spagna alle rose e champagne" scritta appositamente per il compleanno di Ignis ;)
Non è necessario leggerla per capire il proseguio della storia, tuttavia vi consiglio di farlo per avere una visione più totale del pathos emotivo dei protagonisti ^^
Buona lettura :)


- Al bivio -

Un anno e qualche mese dopo ...
 
Il consiglio di Insomnia si era da pochi minuti sciolto, con davvero pessime notizie.
Re Regis, già distrutto per via del prolungato uso dell'anello che gli permetteva di tenere la barriera protettiva ancora attiva attorno al suo regno, uscì claudicante dalla sala e dopo aver chiesto a Clarus Amicitia, capo della sua guardia del corpo, un po' di privacy si diresse verso le sue stanze, zoppicando e appoggiandosi sul robusto bastone da passeggio che gli era stato fabbricato. Ad affiancarlo c’era un suo attendente, lo zio di Ignis.
Il viso stanco, l'espressione preoccupata.
Col cuore in pena ripensava a quanto aveva udito dalle voci del consiglio.
La guerra era alle porte. La situazione di Insomnia era pericolosa. Mantenere la barriera magica attorno alla città costava. Energie, mentali e fisiche. Non ce l'avrebbe mai fatta a mantenere per sempre quello stato di tregua.
E allora dalla bocca di qualcuno dei suoi consiglieri era uscito il nome di suo figlio.
Era ora che il Principe Noctis Lucis Caelum diventasse tale prendendosi le proprie responsabilità.
Come Re, Regis non poteva non dar loro ragione. Noctis era nato per questo. Lui più di tutti i precedenti Re.
Ma come padre e uomo ... il suo cuore pareva essersi fatto di gelatina, aveva preso a tremare e vibrare e ancora lo faceva.
Aveva bisogno di riposo.
Aveva bisogno di pensarci ancora qualche istante.
Si fermò di fronte ad una delle tante ampie vetrate che costeggiavano il territorio e davano una visione pressoché completa dell'est cittadino.
Nemmeno il tempo di contemplarla che uno dei consiglieri si scusò e gli espose i suoi timori su quella situazione, sincerandosi sulla sua condizione di salute.
Regis sorrise al meglio che poté, lo rassicurò e disse un mucchio di fesserie alle quali non credeva più nemmeno lui, ma che al cuore preoccupato di quell'uomo potevano sembrare oro colato.
Non si indispettì per la brusca interruzione. Li capiva.
Tutti gli abitanti di Insomnia ora ignari avrebbero presto scoperto quel tipo di paura, e il suo cuore già si struggeva per la consapevolezza di non poter essere pronto a rassicurare ognuno di loro come stava facendo con quel consigliere ora.
La sua esperienza da sovrano gli aveva insegnato tante cose, ma ancora non era riuscito a comprendere il modo per non provare quella subdola angoscia che gli stava appesantendo il cuore.
Lui e Noctis ne aveva passate tante. Ora era arrivato il momento di lasciare che suo figlio prendesse tra le sue mani la sua eredità. Poteva solo sperare di aver scelto le persone giuste per stargli accanto, quando lui non avrebbe potuto più farlo.
Il consigliere lo ringraziò del lavoro che stava facendo come sovrano, lui fece lo stesso. Si salutarono e riprendendo a camminare una di esse si materializzò davanti ai suoi occhi.
Sorrise.
 
-Ignis.- lo chiamò.
 
Il giovane uomo stava percorrendo a passo spedito il corridoio nello stesso verso, stringendo tra le braccia il taccuino sul quale appuntava ad ogni riunione il punto sulla situazione del regno, da riferire al principe, e alcune carte relative alla situazione del conflitto, chiuse in un piccolo rilegatore.
Aveva visto il sovrano da lontano, lo aveva seguito con discrezione senza riuscire a smettere di pensare agli eventi degli ultimi mesi.
La sua salute si era aggravata, L'impero di Niflheim aveva rotto la tregua. La situazione si era fatta pericolosamente preoccupante, e lui come tutti quelli che avevano il privilegio di servire a corte avevano iniziato ad avvertire la terra tremare sotto i loro piedi.
Lo sapeva, dopotutto, che la situazione avrebbe potuto vergere in quella direzione.
Era una delle tante variabili che un futuro e abile stratega avrebbe dovuto per forza di cose considerare.
Però la presenza di Alexandra stavolta lo aveva un po’ rasserenato, da un certo punto di vista.
Dopo quel giorno ormai lontano in cui anche il Principe aveva infine conosciuto quella che a tutti gli effetti poteva ora considerarsi la sua ragazza anche lei era entrata ufficiosamente a far parte del suo entourage.
Era una ragazza alla mano e schietta, matura oltre che immersa nelle sue stesse passioni.
Noctis era stato contento di avere a disposizione non uno ma ben due quattrocchi al suo servizio, e oltre a ciò aveva fatto presto ad accettarla come amica.
Si era creato un rapporto di fratellanza anche con lei, che era diventata presto l'unica sorella maggiore del gruppo, e l'unica che tra l'altro desse imperterrita ragione ad Ignis in ogni questione difendendolo a spada tratta.
Anche se solo ultimamente Ignis si era ritrovato a doverlo ammettere a sé stesso, la presenza di quella giovane donna era ormai una costante irrinunciabile nella sua vita.
Grazie a lei anche la più piccola delle cose e il più insignificante dei gesti diventavano momenti indimenticabili, come la sua ultima festa di compleanno, che per inciso avrebbe potuto tramutarsi come al solito in tragedia se non fosse intervenuta lei a risolvere la situazione.
Ora quella svolta negli eventi stava facendo vacillare tutte quelle certezze, oltre a renderlo ancora più nervoso e ad aumentare la tensione già insita nel suo lavoro da futuro consigliere del re.
Le cose con Alexandra andavano benissimo, prima di quella riunione stava pensando di chiederle di sposarlo anche se la scelta per lei sarebbe risultata ardua quantomeno per il cambio di livello sociale che l'attendeva.
Ma ora ... Tutto cambiava.
Fermò i pensieri, si riscosse bruscamente voltandosi verso sua maestà.
Accennò ad un profondo inchino rispettoso.
 
- Si, vostra altezza.- disse.
 
Il re si sforzò di sorridergli, con quel fare paterno che lo contraddistingueva.
Era da tanto che lo conosceva, dai suoi tredici anni in cui era stato presentato a Noctis come suo amico e futuro consigliere.
Non avrebbe mai più scordato le raccomandazioni con cui aveva ricevuto l'incarico, sarebbero rimaste scolpite assieme all'immagine di quel bambino che gli stringeva timidamente la mano per l'eternità.
 
"Ti chiedo di rimanere vicino a lui e porgergli una mano ... come suo amico, e suo fratello.
Per favore, abbi cura di mio figlio."
 
Erano state le parole di Regis all'epoca.
E da allora si era impegnato con tutto se stesso a mantenervi fede, e lo avrebbe fatto fino alla fine. Perché una promessa era una promessa.
 
-Come va mio figlio?- si sentì chiedere quindi ora.
 
E lui, anche se ammetterlo gli sarebbe costato molto più di quanto nessuno avesse potuto immaginare, non se la sentì di non dare una risposta sincera.
Si strinse sconsolato nelle spalle.
 
-Ha appena iniziato a preparare gli esami, ma ...- sospirò, sconfitto -il suo livello di preparazione è sconcertante.-
 
Proprio non ce la faceva a mentire al re. Noctis a volte gli sembrava un caso perso. Se solo avesse capito davvero la reale situazione del genitore e del regno ...
Eppure, per nulla sorpreso, Regis sorrise divertito. Suo figlio era sempre stato così, ma lui sentiva di dovergli dare fiducia. Era il prescelto. Ce l'avrebbe fatta. Anche se adesso forse non se ne rendeva nemmeno conto.
 
-Per quanto riguarda la sua vita fuori da palazzo ...- continuò a quel punto Ignis, col suo accurato resoconto - ... ho già espresso le mie preoccupazioni sulla sua dieta poco equilibrata ... Sfortunatamente non mi sta a sentire.- un altro sospiro.
 
Teneva molto ad ogni incarico che riceveva. Il suo senso di responsabilità lo spingeva dare sempre il massimo in ogni cosa. Tanto più se quello stesso incarico riguardava l'educazione di un principe, e gli era stato affidato dal Re in persona.
Non avrebbe potuto deluderlo, eppure si sentiva come se in piccola parte lo stesse facendo.
 
-Grazie.- gli disse comunque il sovrano, con un sorriso sincere.
 
Ignis s'inchinò di nuovo, rispettoso.
 
-Non c'è di che.- rispose.
 
Poi però non potè trattenere la sua preoccupazione, e rivolgendosi nuovamente al sovrano, continuando a tenere la schiena leggermente inclinata e il capo chino mentre osservava il bastone da passeggio che Regis stringeva nella mano destra, si sentì libero di chiedere, visto la disponibilità del Re al dialogo.
 
- La barriera l'ha indebolita così tanto, maestà? -
 
Anche allora l'uomo non si scompose.
 
-Sembrerebbe di si ...- replicò con un sorriso, poi si fece fiducioso e avanzò verso la vetrata di fronte a loro, osservando la città con determinazione mista a tristezza -Solo il re può creare la barriera e proteggere il suo popolo.
Se mi dovesse succedere qualcosa, il mio erede dovrà salire sul trono di Lucis.
Ma porrò fine a questa guerra prima che accada.-
 
Sembrava davvero sicuro di farcela, dopotutto. E mentre Scientia stava chiedendosi se fosse solo una corazza oppure un sentimento autentico fondato su basi certe, Re Regis Caelum tornò a voltarsi verso di lui e ribadì, con più solennità.
 
-Prenditi cura di Noctis.-
 
Rinnovando l'importanza dell'incarico che gli era stato affidato.
Ignis raddrizzò la schiena, mettendosi come un soldato sull'attenti.
 
-Si!- decretò, sicuro, ricevendo dal re un ultimo sorriso.
 
Ora più che mai, il re contava su di lui per proteggere la vita del suo erede e il trono di Lucis dagli usurpatori.
Amico, compagno di battaglia, fratello, consigliere. Questo avrebbe dovuto continuare ad essere per Noctis, e non aveva alcuna intenzione di fallire.
Tanto più ora che la situazione si era fatta pericolosa, e il re aveva bisogno di tutto il sostegno possibile.
 
\\\
 
Alexandra spense il telefono nervosa, e crollò sul divano quasi sull'orlo delle lacrime.
Aveva i soliti problemi che tutte le donne hanno almeno una volta ogni mese, e già questo di per sé era tremendo.
In più era stanca, febbricitante, non riusciva a trovare qualcosa che le calmasse l'ansia ed era stata risvegliata da un brutto incubo dopo che era riuscita ad addormentarsi per miracolo sopra il divano di casa di Eve, che da qualche mese a quella parte era diventata anche casa sua perché più vicina al luogo del lavoro che il suo nuovo ragazzo, un certo Ignis Scientia conosciuto per caso al supermarket e in altro centomila posti, le aveva trovato.
Faceva la cuoca a palazzo, il nuovo lavoro le piaceva da matti e da quando lo conosceva non si era mai sentita così utile, come donna e come essere umano.
Dal giorno in cui tutte le carte erano state svelate e lei aveva conosciuto anche il resto degli amici del suo fidanzato (incluso il principe Noctis Lucis Caelum) erano passati quasi due anni e mezzo, e negli ultimi tempi le cose tra lei ed Ignis si erano fatte più ... complicate. Si, non avrebbe trovato altra parola per descrivere come vedeva lei quel rapporta adesso, anche se tutti gli altri continuavano a dirgli che era semplicemente troppo ansiosa.
Era andato tutto bene all'inizio.
Lei era entrata ufficialmente a far parte della loro combriccola, con suo immenso piacere col ruolo di fidanzata, e non aveva trovato alcun problema a relazionarsi con gli altri ragazzi.
Prompto già lo conosceva, era allegro e divertente ma anche riflessivo e sapeva sia ascoltarla che metterla di buon umore. Si piacevano come amici e condividevano la passione per la fotografia, quindi era quello con cui, dopo Ignis ovviamente, passava più tempo anche fuori dalle rimpatriate, pur essendo relativamente più grande di età rispetto al biondo. Noctis non era un principe comune, odiava che qualcuno gli mostrasse rispetto per il suo ruolo e si sentiva a suo agio con chi invece lo trattava come un ragazzo normale. Per questo lo apprezzava. Il loro primo incontro non era stato dei migliori, ma presto il suo carattere deciso e la sua somiglianza con Ignis lo avevano convinto a darle una possibilità, mettendo da parte quel po’ di gelosia e rivalità che si era creata. Così facendo Alexandra aveva acquisito un fratellino “nobile” che assomigliava molto ai suoi nipoti, e Noct una spalla su cui contare quando Iggy non era disponibile. Buon per lui, in fondo.
Gladio invece era un carattere un po’ più distante da lei, ma era un esperto di problemi di cuore e conosceva bene Ignis, quindi era un perfetto consulente per rimediare ai piccoli fraintendimenti e scoprire qualcosa in più sul futuro braccio destro del Re.
Inoltre anche lui sapeva ascoltare ed era un ottimo motivatore, perciò da qualche mese la giovane aveva seguito il consiglio di Eve ed aveva cominciato ad allenarsi con lui come coach.
Erano semplici esercizi per smaltire l'adrenalina in eccesso derivata dalla depressione e dai cattivi pensieri che a volte la tormentavano senza un motivo apparente, ma sembrava funzionare quel metodo.
I suoi problemi d'insonnia erano diminuiti, e quando Ignis poi si fermava a stare da lei, ovviamente quando Eve era in viaggio o impegnata col suo lavoro, questi sparivano totalmente.
Erano rimasti più volte a parlare fino a tardi, a scambiarsi coccole e qualche carezza mischiata a sguardi intensi, sorrisi e qualche casto bacio sulla guancia.
Per i primi tempi si erano limitati a quello, aspettando senza fretta il momento in cui entrambi si sarebbero sentiti pronti.
Poi, circa un anno e quattro mesi addietro, era successo, e quella che era iniziata come una cena romantica a casa (cucinata da lei) per consolare entrambi dalle fatiche del lavoro che si erano fatte più incessanti, tra un bacio, una carezza, uno sguardo e una parola sussurrata nell'orecchio si era trasformata nella loro prima notte.
Ovviamente la verve da gentleman di Scientia non era venuta meno neanche in quell'occasione, e sentirlo dentro di lei era stata un'emozione bellissima e dolcissima.
Era stata la voce di lui ad accenderla ed iniziare tutto.
Ormai lo sapevano entrambi, bastava una sola parola detta da Scientia e lei capitolava, ma lui non ne approfittava mai. Era sempre lei ad iniziare, e lui a seguirla. Non perché non ne fosse in grado, ma per puro spirito cavalleresco.
Quella sera dopo la cena si erano ritrovati sul divano a parlare di cose completamente diverse, alcune delle quali insignificanti che lei stessa gli chiedeva.
La ricetta dell'aragosta alla termidoro, le proprietà del sale di Caem, i suoi svariati tentativi di preparare i famosi dolci di Tenebrae la cui ricetta gli era ancora segreta.
Ad ogni parola lei restava a guardarlo incantata, arrossendo un po’.
Gli piaceva quando dimostrava il suo lato da intellettuale.
Pendeva dalle sue labbra, e ad ogni nozione così ben spiegata un brivido caldo le percorreva la schiena. Era così affascinante!
Anche quando accorgendosene continuava a parlarle ma si aggiustava imbarazzato gli occhiali sul naso e arrossiva appena.
Ogni tanto le chiedeva sorpreso e dubbioso se lo stesse davvero ascoltando e lei gli sorrideva dolce e divertita, annuendo e facendogli un riassunto di quello che aveva appreso.
Ignis rimaneva sorpreso a fissarla, quasi incredulo, e ridendo di nuovo lei gli prendeva il viso tra le mani e gli sfiorava le labbra con un bacio.
Era successo esattamente così anche quella sera. Solo che poi quel bacio si era prolungato e nessuno dei due era più riuscito a fermarsi, complice forse l'ora tarda, la stanchezza o qualche bicchiere di vino bianco di troppo.
Il giorno dopo si erano svegliati insieme sotto le lenzuola, lei stretta tra le sue braccia ad ascoltare il battito del suo cuore e il calore che emanava il suo corpo.
Lui era rimasto lì a stringerla, aspettando che si svegliasse anche lei, e quando l'aveva vista sorridere mentre una lacrima le rigava la guancia si era preoccupato.
 
-Stai bene?- le aveva chiesto.
 
Anche se era difficile da credere, ma non più di tanto, era stata la prima volta per entrambi.
Lei si era mantenuta vergine perché credeva ancora, come una stupida si era sentita dire, nell'amore eterno ed unico. Lui semplicemente non aveva avuto tempo per pensarci, troppo assorto nei suoi doveri da dimenticare quasi di essere un uomo.
Alexandra a quel punto gli aveva sorriso, e aveva mormorato grata.
 
-Si ... è che non mi sembra vero.-
 
La sua prima volta.
Non le aveva fatto poi così male, lui era stato gentile dopotutto, e sorprendentemente sicuro. Ed era stata proprio come se la aspettava.
Scientia le aveva sorriso a sua volta, sollevato. E l'aveva stretta di più stampandole un bacio sulla nuca mentre la sentiva accoccolarsi nelle sue braccia.
Ce n'erano state altre, dopo quella volta.
Relativamente modiche e più o meno dilazionate nel tempo dato che loro non stavano insieme solo ed esclusivamente per quello, ma altrettanto belle e intense. Lo facevano solo quando ne avevano davvero voglia.
Solo che ... gli impegni avevano iniziato a moltiplicarsi, sia per lui che per lei, e il tempo per stare insieme aveva cominciato a scarseggiare.
Si amavano ancora tanto, il loro era un sentimento relativamente giovane, ma era arrivato il momento di affrontare la prima delle prove a cui doveva inevitabilmente essere sottoposto.
E questo ovviamente non poteva che farla soffrire.
A volte Ignis era così impegnato da non riuscire nemmeno a rispondere al telefono, e la stessa cosa accadeva a lei.
Era sempre fuori casa, rimaneva a palazzo fino a tardi e Scientia era costretto a seguire costantemente il fermento che si era creato tra i nobili che continuavano a indire riunioni, per questo non poteva più andare a trovarla.
Non riuscivano mai a trovarsi. Quando lui era impegnato lei era libera e quando lo era lui lei era così stanca che aveva solo voglia di dormire.
E quando la sera capitava che fossero entrambi liberi ... beh, allora riuscivano a stare insieme, ma avevano così tante cose da dirsi, così tanti grilli per la testa da sfogare che finivano per addormentarsi insieme, sì, ma seduti sul divano dopo aver parlato a lungo o al massimo aver guardato senza interesse un film o un documentario.
C'era di buono che almeno il loro sentimento reciproco non si era affievolito e coglievano infatti quelle occasioni per dimostrarselo con gesti di affetto e sguardi complici. Ma il massimo che riuscivano a fare era addormentarsi l'una sulla spalla dell'altro immergendo il naso nell'odore della sua camicia che profumava di pulito e di uomo.
Per questo era sconfortata. Le mancavano i primi tempi, in cui sembrava andare tutto a meraviglia. Ora continuando così non avrebbero avuto nemmeno il tempo di guardarsi negli occhi.
E poi c'era anche qualcos'altro che la inquietava, ma di questo avrebbe voluto parlarne direttamente con lui.
Se solo fosse riuscita almeno a farsi rispondere al telefono!
Lanciò l'apparecchio dall'altro lato del divano e si buttò sul cuscino in lacrime stringendo a sé sul ventre un cuscino rosso a forma di cuore.
Il calore del corpo imprigionato nella morbida peluria sintetica le calmava un po’ i crampi, e piangere sfogava i nervi.
Non seppe dire quanto tempo passò in quello stato pietoso, senza poterne fare a meno.
Dopo un po’ un rumore di chiavi si fece udire dall'ingresso, assieme al ticchettio ritmico e deciso dei tacchi delle scarpe di Eve.
Avrebbe dovuto almeno andarle incontro a salutarla, ma era talmente giù di corda e stanca che si limitò a rimanere ormeggiata sul sofà in attesa del suo arrivo.
La coinquilina andò dapprima nella sua camera a cambiarsi e struccarsi, operazione che le portò via circa tre quarti d'ora di tempo, poi tornò in soggiorno e non appena la scorse esclamò sbigottita:
 
-SANTO CIELO, ALEX! Ma che accidenti ti è successo? Sembri un relitto umano!-
 
La ragazza tornò a piagnucolare affondando la testa dentro al cuscino e scuotendola più volte. Nel frattempo la cagnolina della donna era venuta a salutare la sua padroncina scodinzolando e riempiendola di feste.
A parte il pantalone di seta blu scuro e la felpa extralarge bianca che comunque le stavano bene, immaginò la sua figura messa a confronto con quella dell'amica sempre in tiro.
I capelli arruffati, il colorito pallido e le occhiaie. Le bastava questo per capire il motivo di quella preoccupazione.
 
-Ignis non risponde al telefono...-
 
Si lamentò pietosamente, trovandosi ridicola.
Eve si corrucciò stranita, fermandosi dall’accarezzare la cagnetta.
Alexandra Jane Baker non era mai stata quel genere di ragazza appiccicosa e asfissiante, non aveva mai provato una gelosia così mordente da diventare ossessione. Certo, non era mai stata veramente fidanzata e soprattutto non era mai stata legata sentimentalmente ad un uomo per più di qualche settimana e per lo più in maniera sempre platonica. Un po’ per colpa sua, e soprattutto per colpa di loro, uno più stronzo dell’altro.
Nonostante tutte le fregature ricevute però continuava a credere che l'amore si basasse sulla fiducia, perciò era una persona che tendeva a darne tanta.
Per questo le sembrò esagerata una reazione simile per quella circostanza.
 
-Solo per questo stai così?- chiese infatti, e come risposta la vide scuotere e tornare a piangere in silenzio, singhiozzando appena.
 
Non le rispose subito. Nell'istante che seguì Eve sospirò tristemente, si sedette sul lato libero del divano e le accarezzò dolcemente la schiena, aspettando che si calmasse.
Lo fece due minuti dopo. Si voltò pancia in su, e incrociando le mani sulla pancia sospirò addolorata.
 
-No ...- replicò affranta, poi sospirò -È che ... ho qualcosa da dirgli, ma non ci riesco mai.- poi si portò le mani alle tempie e chiuse gli occhi -Non ce la faccio più a stare zitta.-
 
Sospirò di nuovo, più pesantemente.
Eve le rivolse un'occhiata preoccupata.
 
-Riguarda voi due ...?-
 
Lei scosse titubante il capo.
 
-Io ... si ... no ... Non lo so! Forse!- sbottò.
 
Eve si ritrovò ad essere ancora più confusa.
 
-Va bene. Respira e cerca di spiegare.- risolse rivolgendogli tutta la sua attenzione.
 
Alexandra fece come le era stato chiesto.
Non era facile da spiegare.
Erano solo sensazioni, ma lei si fidava di quelle sensazioni dal momento in cui l'incidente aveva cambiato la sua vita.
Aveva visto la morte in faccia, e da quel momento era come se la signora in nero l'avesse lasciata andare ma le avesse lasciato addosso il suo odore.
Lo sentiva, quando qualcosa stava per succedere.
Era una sensazione persistente che la accompagnava fino al momento in cui la sciagura si abbatteva su di loro e che le toglieva la pace e il sonno, ancora di più a causa della sua vaghezza
Non sapeva come, né perché. Solo che prima o poi sarebbe successo qualcosa, e questo presentimento la angosciava. Dalla morte di suo padre aveva imparato a credergli.
Annaspando e piagnucolando descrisse tutto ad Eve, che la ascoltò in silenzio, dispiaciuta e riflessiva.
Lei era quel genere di persona che non si era mai soffermata a riflettere sul proprio credo più di tanto, però a volte si chiedeva quanto di vero ci fosse in quelle persone, come sua grazia Lunafreya, che asserivano di esser stati scelti dagli dei.
La magia era un dato di fatto nel loro mondo, perfino i Caelum davano il merito dei loro poteri agli dei.
Ma lei non sapeva se crederci davvero, e fino a che punto.
In fin dei conti, la barriera che proteggeva la città era l'unica cosa che avesse mai potuto confermare il fatto che i governanti di Lucis fossero gli unici dotati di poteri sovrannaturali, oltre ai miracoli compiuti da Lunafreya Nox Fleurt.
Ma si era davvero sicuri che esistessero ancora, gli dei?
Nel dubbio meglio non crederci, per non vacillare e perdersi nella confusione.
Alexandra invece era di tutt'altro avviso, per questo aveva sempre avuto una tacita ammirazione per la stirpe delle sciamane.
Lei non era una di loro, ma a volte si chiedeva se quei presentimenti non appartenessero a qualche dono simile, come quello di un ... dio minore.
In fondo non erano altro che sensazioni indecifrate senza un senso, ma alla fine si trasformavano in realtà.
 
-Non lo so cosa sta accadendo, Eve ...- le disse, continuando a singhiozzare e parlando più a sé stessa che all'amica -Continuo a fare questi sogni strani, a sognare di morire o di rimanere cieca. Ho paura del buio, sento dei cani uggiolare di dolore e il verso di daemon affamati che mi circondando ...- si prese la testa tra le mani -Chiamo ma nessuno mi risponde. Cado, poi mi sveglio e penso che forse a qualcuno di voi è successo qualcosa...-
 
Eve sospirò, le porse un fazzoletto dal pacchetto che teneva nella tasca della salopette di jeans.
 
-Non ti starai semplicemente lasciando suggestionare un po’ troppo?-
 
La giovane si asciugò gli occhi e soffiò il naso.
 
-No ...- replicò sicura scuotendo il capo, poi aggiunse con voce traballante -Quando i sogni si replicano uguali non è semplice suggestione, lo so ormai.- chiarì -Prima che mio papà morisse sognavo sempre di essere divorata dai cani che mi mangiavano il cuore, di morire asfissiata, e di non riuscire più a muovermi.-
 
Di nuovo smise di parlare per riprendere fiato.
Ancora una volta la coinquilina tacque.
 
-E prima che morisse Cannella sognavo di perderla e non trovarla più, o di trovarla morta.-
 
Poi la guardò negli occhi, i suoi lucidi di lacrime.
 
-Lo so che posso sembrarti pazza, ma io ci credo.-
 
Eve si fece più seria, annuì più volte sgranando gli occhi.
 
-No, Alex. Io ti credo, non sei pazza.-
 
La giovane annuì, sospirando e riprendendosi a fatica.
Annuì più volte, scuotendo il capo come a farsi forza da sé, quindi chiese un altro fazzoletto e si asciugò bene il viso dalle lacrime.
 
-Va bene ...- annuì -Va bene così, non devi credermi per forza.-
 
Eve stava per risponderle, quando il telefono squillò.
Era Ignis. Un sorriso confortato si dipinse sul volto di Alex.
Si schiarì la voce e rispose, cercando di sembrare più tranquilla possibile.
 
-Hey ...- mormorò dolce.
 
La tristezza trasparì dalla sua voce tremante anche senza che lei lo volesse. Ma quella di Ignis non era meno gravata.
 
-Ciao. Stai bene?- le chiese subito, preoccupato.
 
Le si sciolse il cuore notando la sua premura.
Sorrise ma le lacrime ricominciarono a sgorgare. Annuì senza rispondere, nascondendosi le labbra contratte in una smorfia con l'altra mano.
 
- Tu?- chiese invece, di rimando -Hai lavorato molto oggi?-
 
Niente da fare. Per quanto si sforzasse non riusciva a non piagnucolare al telefono. Aveva il cuore troppo gravato dalla paura.
Ignis sospirò.
 
-È una situazione un po’ ... complicata. Sua maestà spera si risolva in breve tempo e in maniera diplomatica.-
 
Un colpo al cuore.
 
-Oh ...- ce la fece a dire soltanto.
 
Scientia stava guidando in quel momento, tenendo collegato il cellulare all’impianto bluetooth della macchina. Con Noctis non era andata bene. Erano entrambi nervosi e preoccupati ma lo mostravano in maniera diversa e avevano finito per litigare. Era la prima volta che lo facevano davvero, la prima che andavano a dormire avendocela a morte l'uno con l'altro.
E proprio adesso.
Non sapeva bene come sentirsi, e aveva bisogno di lei per stare bene.
Ora sentirla piangere al telefono lo destabilizzò per qualche istante.
Nonostante qualsiasi cosa facesse per convincerlo del contrario, era sicuro che lei non stesse davvero bene.
Sospirò, decidendo di cambiare strada facendo rotta verso casa sua.
All'inizio aveva deciso di invitarla fuori a cena in qualche locale chic romantico, ma adesso pensava che sarebbe stato meglio raggiungerla a casa e starle un po' vicino.
Anche perché ... guardò la piccola busta argentata col marchio di una gioielleria tra le più costose e sospirò.
Quella doveva essere una serata speciale per loro, dannazione!
Adesso però non ero più sicuro fosse la scelta giusta.
Non che non volesse. La voleva eccome nella sua vita. Ogni giorno sempre di più, e il solo fatto che ne sentisse il bisogno anche ora che le cose si facevano difficili era già una conferma in più.
Ma ... adesso si chiedeva se fosse veramente giusto legarla a sé. Se le cose fossero peggiorate, avrebbe dovuto lasciarla sola e lei ... era troppo bella, intelligente e dinamica per restare in un angolo ad attendere.
Sarebbe stata come un tesoro lasciato lì in un angolo, inutilizzato.
O almeno questo era quello che pensava.
Ma poi si dava dello stupido e il secondo più avanti tornava ad insistere.
Sospirò. Avrebbe dovuto decidere, e in fretta.
Non voleva né ferirla né perderla, ma se le condizioni del regno non fossero migliorate probabilmente avrebbe dovuto farlo.
Si corrucciò di nuovo tornando alla realtà e chiedendo preoccupato.
 
-Stai piangendo?-
 
Era strano quel suo tono di voce.
La sentì singhiozzare smorzando il pianto, poi rispondergli per nulla convinta.
 
-No. Va tutto bene, tranquillo.-
 
"No, non lo sono affatto."
Di nuovo un sospiro.
 
-Sto arrivando. Due minuti netti e sono da te.-
 
Finalmente un sorriso confortato.
 
-Va bene ... Grazie ...- sussurrò in risposta.
 
Ignis s'incupì ancora di più.
 
-Ora chiudo.- la avvisò con gentilezza -A tra poco.-
 
Alexandra sorrise di nuovo.
 
-Si. A dopo.- mormorò.
 
Poi chiuse la chiamata e si abbandonò di nuovo sul divano, la testa poggiata sulla spalla dell'amica, continuando a piangere fino a che Eve non riuscì a convincerla che sarebbe stato meglio che Ignis non l'avesse trovata così, e la aiutò a rimettersi in sesto con un po’ di trucco, i capelli raccolti in uno chignon spettinato e prima ancora una breve doccia con bagnoschiuma al latte e miele, utile per lenire e idratare la pelle, renderla morbida e lasciarle addosso un piacevole profumo dolce.
Nel frattempo Scientia tagliava velocemente la distanza che lo divideva da casa dell'amata osservando le luci dei lampioni che scorrevano veloci nel buio della notte sul parabrezza della vettura sportiva e sui marciapiedi affollati. Una volta arrivato parcheggiò la macchina proprio accanto al marciapiede e di fronte all'enorme grattacielo in cui risiedevano le due amiche e spense il motore, restando per qualche istante ancora a riflettere, osservando l'anello a tre diamanti brillare nelle sue mani, ancora adagiato nel cofanetto di velluto blu scuro che lo custodiva.
Era un passo importante.
Ed era lei quella con cui voleva farlo.
Ma ... avrebbe voluto chiedere la benedizione del Re e di suo zio, l'unico membro della sua famiglia.
Avrebbe voluto fare le cose in grande, come si conveniva a un gentleman. Portarla in un ristorante di lusso come al loro primo appuntamento, ovviamente dopo aver già sistemato tutto per l'arrivo di lei "in società", offrirle una buona cena e un po’ di champagne, e poi all'improvviso regalarle il gioiello con la sua promessa di eterno amore e fedeltà.
Poi organizzare le nozze, andare a vivere insieme e tutto ciò che ne sarebbe venuto.
Invece la situazione attuale non gli permetteva di fare piani per il futuro, per questo si chiedeva se fosse giusto impedire anche a lei di vivere. Ora lui doveva pensare solo ai suoi doveri ufficiali presso il Principe. Lei … male che fosse andata, avrebbe potuto ricominciare, trovarsi un altro lavoro e innamorarsi di un uomo che avrebbe potuto darle tutto ciò che cercava anche in termine di sentimenti, mentre ad Ignis Stupeo Scientia sarebbe toccato dividersi tra lei e la corte, tra l'amore per una donna e la fedeltà al sovrano.
Non che a Noctis dispiacesse, anzi. Era lieto di avere due quattrocchi al suo servizio. Ma era un problema del quattrocchi in questione, era Ignis a chiedersi se sarebbe riuscito a dare a entrambi il massimo.
Un concetto cavalleresco che ormai la gente comune aveva superato, ma lui no. Lui ancora non riusciva a destreggiarsi coi concetti moderni di amore e fedeltà, soprattutto intellettuale. Forse per colpa dell’istruzione e dell’educazione che aveva ricevuto fin da piccolo.
L'amore per Alexandra gli stava facendo capire che doveva imparare a farlo, se voleva imparare a vivere.
Un ultimo sospiro, poi ripose lo scrigno chiuso di nuovo nella busta e la lasciò sul sedile posteriore, scendendo e chiudendo a chiave la vettura per poi avviarsi con passo veloce verso il palazzo, percorrendo il piccolo viale di cemento illuminato dalla luce bianca dei lampioni.
Ad aprirgli fu Eve, che lo accolse con un sorriso forzatamente allegro.
 
-Oh, Ignis!- esclamò, platealmente, indicando con lo sguardo alle sue spalle, verso la luce accesa alla fine del corridoio che portava al soggiorno -È di la, sul divano.- sussurrò poi, facendosi seria.
 
Lui annuì.
 
-Grazie.- replicò, per poi avviarsi velocemente in quella direzione.
 
La trovò seduta a guardare senza alcuna voglia un film fantastico in tv. Aveva gli occhi lucidi, e un aspetto gradevole ma emaciato e stanco.
Si era comunque truccata e sistemata per non farsi trovare totalmente fuori posto.
Sorrise. Era bella anche così.
Lo guardò e gli sorrise.
 
-Sei arrivato...- disse flebilmente.
 
Sorrise a sua volta.
Le si sedette accanto e le avvolse le spalle con un braccio, sentendola sciogliersi all'istante e abbassare il capo verso la sua spalla.
 
-Va tutto bene?- tornò a chiederle.
 
E lei mentì di nuovo.
 
-Mh ...- disse semplicemente, facendo zapping senza alcuna voglia, solo per tenersi occupata.
-Hai mangiato?-
 
Quella domanda la fece sorridere.
Appoggiò una mano sul suo petto accoccolandosi di più tra le sue braccia.
 
-Un po’ di crema di verdure ...- rispose rincuorata -Con l'aggiunta di formaggio cremoso.-
 
Ignis sorrise di nuovo.
Sapeva che, quando stava male, la sua Alex tornava bambina.
Le piacevano le pappine gustose, i passati di carne e verdure, la cioccolata calda o il thè con qualche dolce gustoso.
Le piaceva sentirsi coccolata, il calore umano di un abbraccio e ridere con qualche cartone animato di quelli definiti "grandi classici".
Quando non lo facevano gli altri ci pensava da sola, ma adesso che c'era lui non ne aveva bisogno.
Prendersi cura degli altri era la sua specialità, e lo faceva stare meglio.
Ne aveva bisogno lui e ne aveva bisogno lei, quindi a quel punto non restava che agire.
La strinse di più tra le braccia e le stampò piccoli baci sulla nuca che la fecero rabbrividire e rilassare.
Quando alzò la testa per guardarlo con un sorriso lui le sorrise a sua volta. Poi le chiese.
 
-E il dolce?-
 
Lei seguitò a sorridere e scosse il capo.
 
-Sono troppo stanca per prepararne uno.-
 
Ignis si fece fiero.
Si alzò e, dopo averle sistemato sulle spalle la coperta appoggiata sulla poltrona accanto al sofà, decretò.
 
-Ci penso io.-
 
Fiondandosi in cucina.
Eve si affacciò alla soglia dal corridoio e sorrise all'amica, che arrossì rinvigorita.
"Fortunella ..." sillabò a fior di labbra.
Alexandra sghignazzò divertita.
Era inebriata. Tutta l'angoscia non era proprio sparita, ma sembrava piuttosto diventata leggera, come una nuvoletta che gravitava non più sul suo cuore adesso, ma un po’ più in là, dissipata appena dal sole dell'amore.
Qualche minuto più tardi, Ignis le portò su un vassoio una tazza di deliziosa mousse al cioccolato fondente con crema ai frutti di bosco e panna montata.
Alexandra s'illuminò nel vedere la splendida composizione.
Nella tazza bianca, un fondo spesso di cioccolata, un lago denso di crema violacea e profumata, e sopra un batuffolo di panna montata con su in cima una fragolina, una mora e un lampone stretti gli uni vicini all’altro.
La composizione era stupenda, il profumo inebriante, e tutto invitava a prendere il cucchiaio e divorare quel ben di dio.
E difatti fu quello che fece, una volta che ebbe preso tra le mani la tazza e il cucchiaio che Ignis le porgeva.

-Mancavano alcuni ingredienti ma credo di essere riuscito a cavarmela ugualmente. Spero ti piaccia.- le disse sedendosi accanto a lei.

La ragazza sorrise estasiata, quindi affondò il cucchiaio nel dessert e ne assaggiò il primo boccone.
Consistenza perfetta, il cioccolato ben compatto ma morbido le si sciolse in bocca con morbidezza mischiandosi alla panna e alla crema di frutti di bosco, inebriando anche il palato.
Trattenne il respiro. Come sempre Ignis riusciva a stupirla quando si metteva ai fornelli per lei.
Lui la fissò in ansiosa attesa, scrutando la sua reazione e rimanendo sorpreso quando, con un sorriso, lei gli rivolse la sua attenzione e prendendo un altro cucchiaino di quella bontà lo invitò ad assaggiare.
Sorrise e lo fece, imboccato dalla giovane, ritrovandosi a constatare il suo ottimo lavoro. Era migliorato con la mousse. Forse avrebbe dovuto provare a usarne nei dolci di Tenebrae per Noct?
Si guardarono negli occhi, rapiti l'uno dallo sguardo dell'altra, e senza quasi accorgersene le loro labbra si avvicinarono unendosi appena in un morbido bacio al cioccolato. Fu come se il mondo per qualche istante scomparisse.
Non si accorsero nemmeno che Eve e la sua cagnetta li stavano ancora osservando.

-Non vuoi proprio dirmi cosa c'è che ti preoccupa?- le chiese dopo un po’ Scientia, serio e dolce.

Lei tornò a sorridere, scuotendo appena la testa e le spalle.

-Non è niente di importante. Il solito scompenso ormonale, credo.-

Ignis si fece attento e la guardò per qualche istante sorpreso, scrutandola per intero.
Poi arrossì assieme a lei e sorrisero imbarazzati.

-Oh ... Capisco.-

Di nuovo ridacchiarono.

-Grazie per essere venuto, comunque.- concluse Jane Baker, accarezzandogli con dolcezza la guancia destra -Devi aver lavorato molto anche oggi.-

Ignis sorrise, le prese la mano tra le sue e le stampò sul dorso un delicato bacio.

-Solita routine. È un periodo un po’ più difficile questo, per il regno.-

Entrambi sapevano di star mentendo. Entrambi erano consapevole di star ricevendo bugie come risposta. Ma essere insieme era così dolce che preferirono crederci, piuttosto che rovinare il momento.
Perfino quando, per un attimo seria, Alex gli chiese, guardandolo negli occhi.

-Passerà?-

E lui, sospirando greve, annuì stringendole di più la mano nella sua.

-Passerà.-

Alexandra si rasserenò. Era la sua voce.
Anche la più terribile delle verità e la più velenosa delle bugie dette da lui, da quella voce calda, sicura, da quell'accento strano e sensuale, diventavano dolci e buoni come il miele.

-Allora abbracciami.- tornò a chiedere.

E prima ancora che potesse finire di dirlo Ignis le prese la tazza dalle mani, la posò sul tavolino davanti a loro e soddisfò la sua richiesta, stringendola forte a sé e immergendo il naso nella morbidezza e nella fragranza della pelle del suo collo, sentendola fare lo stesso a metà tra il riso e il pianto.
Non volevano perdersi.
Mai, mai più.
Come avrebbero potuto?
Non avrebbero più potuto essere gli stessi di quando quella storia era iniziata, neanche volendolo.
Ormai si appartenevano troppo per dividersi di nuovo.
 
 
 
***
 
Tre giorni dopo ...
 
Era domenica, fuori pioveva ma l'aria era tiepida, tipica di una giornata primaverile come quella.
Alexandra Jane si trovava a casa di sua madre e sua sorella, era intenta a preparare delle frittelle dolci da servire per colazione mentre sua madre e sua sorella chiacchieravano in salotto.
Le prime tre erano già impilate sul piatto, spalmò l'impasto per l'ultima sulla padella antiaderente già calda e attese che si cuocesse per bene per girarla dal lato opposto con la spatola.
Una volta cotta la mise con le altre e spense il fornello, stipando la padella nella lavastoviglie vuota e dedicando alla composizione del vassoio.
Mise sul primo le tre tazze e la teiera già piena di thè alla vaniglia, poi pose sul secondo il piatto con le frittelle e tre piattini di ceramica rossa uno sopra l'altro, con accanto tre forchette da dolce, lo sciroppo d'acero e infine il suo capolavoro, la mouse che le aveva insegnato a preparare Ignis.
Ne aveva preparato due bicchierini, uno per suo sorella e uno per sua madre.
Li guardò con un sorriso soddisfatto: Erano venuti proprio bene.
Quindi vi pose affianco i cucchiaini e si diede da fare, portando prima uno e poi l'altro vassoio sul tavolino di fianco al divano.
Sua madre seduta alla poltrona spalancò gli occhi e la bocca sorpresa, lo stesso fece Monica.
 
-Uao!- esclamò la seconda.
-Oh-ooooh!- disse invece la prima, sorridendo poi contenta e soddisfatta -Che colazione sfarzosa! Proprio da re, eh?-
 
Jane ridacchiò arrossendo, poi si affrettò a precisare.
 
-La mousse è una ricetta di Ignis, vorrei che assaggiaste prima quella e mi diciate cosa ne pensate.-
 
Le due non se lo fecero ripetere due volte.
Mentre continuavano a farle i complimenti presero i bicchierini e affondarono i cucchiaini, andando in estasi e schioccando la lingua.
 
-Mamma mia, che buona!- commentò Monica -Si scioglie in bocca, e non è nemmeno troppo dolce! Vero ma'?-
 
La donna annuì deliziata.
 
-Si!- rispose entusiasta
 
Alexandra la osservò contenta. Era una donna raffinata.
Nonostante l'apparenza umile e il basso livello di studio (era nata in un contesto storico che non le aveva permesso di andare oltre la quinta elementare e aveva perso giovanissima la sua mamma) era una donna dalla grande cultura e dal grande intelletto.
Amava la letteratura, la musica classica, la storia e l'archeologia. Era anche molto devota, e il palato sopraffino Alexandra credeva di averlo preso da lei.
Suo padre amava cucinare, ma era più un tipo di cucina casalinga.
Sua madre invece aveva gusto per le ricette da gourmet, e l'aveva abituata a mangiare cibo di un certo tipo preparato anche con ingredienti semplici.
Amava cantare, parlare tanto delle cose che la appassionavano, e aveva la particolare abitudine di bere il suo caffè alzando il dito mignolo della mano.
Lei e Ignis si erano subito piaciuti, quando avevano deciso di ufficializzare la loro relazione.
Anche il suo senso dell'onore lo aveva colpito.
 
-Mia figlia lo sa.- gli aveva detto seria -Non sarei stata d'accordo a conoscerti se lei non fosse stata sicura che fossi quello giusto.-
 
Lui ne era stato profondamente colpito.
Era una donna vecchio stampo, ma molto aperta a parlare di argomenti di vario genere, molto moderna. Era inusuale, o almeno a lui non era mai capitato, di trovare una mente simile in quel ceto sociale. In più, come Alexandra, sembrava non essere minimamente interessata alla sua posizione sociale e ai suoi possedimenti.
L'unica cosa che contava per lei era che fosse un bravo ragazzo e che non facesse soffrire sua figlia.
Per questo da quel giorno entrambi avevano coltivato dentro il proprio cuore un profondo rispetto reciproco.
Lei era contenta che sua figlia avesse trovato un ragazzo così a modo e Ignis era a suo agio con quella sessantenne colta e onesta.
E Alex fu contenta di avere anche la benedizione di sua madre.
 
-E poi.- seguitò la donna -C'è un retrogusto di more!-
 
Alex annuì soddisfatta.
 
-Si. È una crema.-
-È una bomba questo dolce, Jane!- commentò sua sorella.
-Ringrazia Ignis da parte nostra.- annuì sua madre.
 
La ragazza sorrise e annuì a sua volta, quindi si avvicinò al tavolino e si versò un po’ di thè, sorseggiandolo piano.
Quei sogni la tormentavano ancora, ora anche durante il riposo del pomeriggio. Aveva deciso di concentrarsi solo sulle cose belle che le accadevano, come le aveva consigliato il suo psicologo.
Quella giornata sarebbe stata tranquilla e piena di questo genere di cose, perciò meglio non perdersi in inutili patemi d'animo.
Sarebbe andato tutto bene ...
Tutto ... sarebbe continuato ad andar bene. E lei non doveva lasciarsi suggestionare.
 
***
 
Quel pomeriggio ...
 
Alexandra e Prompto si erano dati appuntamento per correre insieme, e fortunatamente non dovettero rinviarlo visto che verso mezzogiorno smise del tutto di piovere e il cielo si rasserenò.
Dato che era a metà strada, si trovarono nello stesso parco dove Ignis (o Noctis per lui) aveva svelato la sua identità.
Il Principe era stato richiamato agli allenamenti da Gladio e quindi non era con loro, mentre Scientia aveva ancora da fare a palazzo.
Erano le quattro e quarantacinque del pomeriggio e loro avevano già compiuto circa mezza dell'ora e mezza prevista.
Prompto indossava sneakers verde pastello e una tutta grigia con strisce laterali verde acqua e felpa con cappuccio, Alexandra ne aveva una quasi identica, solo che era più aderente e la felpa era dotata di cerniera, così da permetterle di togliersela quando ne sentiva il bisogno.
In quel momento infatti l'aveva legata alla vita, e aveva indosso quindi solo la maglia a giromanica che le lasciava scoperta le braccia e parte delle spalle.
Portava i capelli raccolti in una coda alta che sobbalzava ad ogni passo.
Fino a dieci minuti addietro stavano parlando del più e del meno, poi però avevano rallentato il ritmo e fatto silenzio per riprendere fiato.
 
-Lo sai ...- osservò Prompto con un sorriso, interrompendo l'ennesimo minuto di silenzio e dando inizio all'ennesima conversazione -Sei diversa da quando hai iniziato ad allenarti. Sei cambiata ancora, come dopo il fidanzamento ufficiale con Iggy.-
 
Alex gli sorrise soddisfatta e sorpresa.
 
-Credi?- gli chiese incuriosita.
 
Argentum annuì sicuro e allargò il suo sorriso.
 
-Si, fidati. Io me ne intendo di queste cose, sai ...- arrossì -Anche io ho iniziato ad allenarmi per poter essere ... all'altezza di Noct.-
 
Alexandra si fermò di colpo, voltandosi a guardarlo con un sorriso tenero.
 
-Si, insomma...- si affrettò ad aggiungere lui -È una lunga storia, ma volevo essere suo amico e non potevo farlo grasso e impacciato com'ero ...- ridacchiò, grattandosi la nuca con la mano destra e abbassando gli occhi -Dovevo essere all'altezza del principe di Lucis prima di essere suo amico, o lo avrei fatto vergognare ...-
 
Jane sorrise di più, e gli poggiò una mano sulla spalla.
Lui la guardò sorpreso.
 
-Fidati, se c'è una cosa che ho imparato è che non devi vivere per accontentare gli altri, ma per fare del bene soprattutto a te stesso.- quindi abbassò la mano e aggiunse -Sono sicura che Noctis ti avrebbe voluto come amico anche se eri grasso e impacciato, come dici tu.-
 
Prompto si fece serio e ci pensò su, poi sorrise tristemente.
 
-Dici?- fece, poco convinto.
 
Alexandra annuì sicura.
 
-Ne sono convinta.- disse -Tu sei Prompto, sei giusto così. Grasso, magro, muscoloso, gracile. Quello è solo un corpo. Chi ti vuole bene va oltre questo, ti accetta per quello che sei qui.- disse, sfiorandogli il petto con l'indice all'altezza del cuore.
 
Il ragazzo la fissò sorpreso ad occhi sgranati. Lei sorrise e gli scompigliò tenera i capelli.
Risero insieme, tranquilli.
Lui le lanciò uno sguardo e un sorriso grato.
 
-Comunque grazie per avermi detto quello che pensavi...- risolse infine la ragazza.
 
Prompto sorrise.
 
-Grazie a te. Sei una vera amica.-
 
Alexandra ridacchiò contenta.
 
-Ti va una cioccolata?- gli chiese.
 
Si trovavano di fronte al solito bar.
Argentum annuì.
 
-Perché no?-
 
E così insieme si avviarono verso il locale.
Mentre continuava a pensare alle parole gentile che gli erano state rivolte portandosi alla bocca il cucchiaino dopo averci soffiato sopra, Prompto si sentì chiamare di nuovo da lei e quando tornò a guardarla la vide farsi stranamente seria.
 
-Tu ... sai mantenerlo un segreto?-
 
Lui si bloccò, in panico.
 
-I-io ...- balbettò, lasciando ricadere il cucchiaio nella tazza -D-dipende. Che genere di segreto?- chiese sporgendosi verso di lei.
 
La vide abbassare gli occhi sorridendo triste.
 
-Io ...- iniziò.
 
Ma prima ancora che potesse parlare, un brusio nel locale li indusse in allerta, e quando si guardarono intorno videro i cittadini accalcarsi attorno alla Tv, in allarme.
Anche se erano lontani e non riuscirono a sentire bene ciò che il giornalista diceva, bastò loro una rapida scorsa alla scritta in sovra impressione del notiziario per capire.
Niflheim aveva dichiarato guerra a Insomnia, e si preparava ad attaccare.
Il Re stava cercando una soluzione diplomatica per evitare altri morti e altri scontri.
Sia Alex che Prompto sentirono i loro cuori perdere un colpo.
Si guardarono sconvolti, e all'improvviso la giovane raggelata scoppiò in silenziose lacrime, abbassando il capo e scuotendo la testa.
 
-Lo sapevo ...- mormorò sperduta -Lo sapevo ... Sapevo che sarebbe successo qualcosa.- quindi alzò lo sguardo verso il giovane che la guardava sconvolto e concluse -Era da tanto, quasi due mesi, che continuavo a sentirmi inquieta. E adesso so perché.-
 
Prompto deglutì, mentre intorno a loro iniziava a sentirsi lo sgomento crescente della folla.
Tutti erano spaventati, e non riuscivano a credere a ciò che avevano sentito.
Guerra.
Ci sarebbe stata ... una guerra? Di ... di già?
 
-T-tu ...- mormorò Argentum, sperando di riaversi e cercando di capirci qualcosa -Stai dicendo che ...-
 
Alexandra cercò di riaversi, ingoiò le lacrime e lo guardò seria negli occhi.
 
-Prima di dirtelo ... promettimi che non ne farai parola con nessuno, nemmeno con Ignis.
Io ... è un dono stupido, inutile. Non voglio far preoccupare nessuno invano. Me lo prometti, Prompto?-
 
E così il ragazzo, non potendo farne sinceramente a meno, soddisfò quella richiesta.
 
\\\
 
Quella sera, rientrato da un pezzo a casa e senza nessuno con cui parlare, visto che i suoi genitori adottivi ancora non erano rientrati, Prompto fece una lunga doccia e andò a letto senza mangiare.
Si distese con la testa sul cuscino e rimase immobile nel buio a fissare il soffitto, ripensando a ciò che era accaduto, a ciò che aveva saputo.
Lucis e Niflheim erano entrati ufficialmente in guerra, Insomnia rischiava di essere travolta col resto dei territori limitrofi.
Sperò che fosse tutto un brutto sogno, e che l'indomani svegliandosi avrebbe trovato tutto come prima di quella notizia. Perché se cosi non fosse stato ... per le loro vite sarebbe stato un disastro. Ogni cosa sarebbe stata travolta e stravolta, e Noctis ... Gladio e Ignis ...
La paura lo travolse, immobilizzandolo e gelandogli il respiro.
"Non può essere vero ..."
Gli veniva da piangere.
In più ... a questo si aggiungeva il segreto di Alexandra.
Doveva essere terribile, per lei.
Una sensitiva ... chi l'avrebbe mai detto?
Non doveva essere facile, affatto.
Soprattutto perché non c'erano altro che sensazioni e paure, senza una spiegazione.
Era come loro, in attesa di una spiegazione, solo che stava cento volte peggio.
A proposito di questo ...
Chissà se Noctis lo aveva già saputo?
Ci pensò un po’ su, poi decise e nel buio afferrò il telefono sul comodino e sbloccò lo schermo digitando il numero.
Si mise in trepidante attesa dietro la cornetta, ma dopo sei squilli a vuoto partì la segreteria.
Chiuse la chiamata sospirando pesantemente.
O lo aveva già saputo e stava mangiandosi il fegato come lui, oppure era andato a letto inconsapevole.
Ebbe la tentazione di chiamare Ignis o Gladio ma qualcosa gli disse che avrebbe ricevuto la stessa risposta.
Era inutile, ormai non restava che aspettare domani, sperando che la guerra non fosse già arrivata nel frattempo.
Così sospirò e decise di provare a dormire, ma quella notte la passò in bianco ad osservare in ansia le ombre sinistre prodotte dalle luci delle macchine sul bianco soffitto, e a sussultare ad ogni minimo rumore come se si aspettasse un invasione o un terremoto da un momento all'altro.
E le prime luci dell'alba lo trovarono ancora sveglio, gli occhi lucidi e un peso sul cuore, a pregare gli dei di proteggere quella città, il suo re e i suoi amici.
Non chiedeva altro. Solo che tutta quella rovina non accadesse, e che il mondo per come lo conoscevano loro non finisse. Né oggi e né mai.
(Continua...)

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Capitolo 10
*** Vale la pena rischiare? ***


Canzone citata: https://www.youtube.com/watch?v=tWOkRj60Ras

Vale la pena rischiare?


Poche ore prima …
 
La notizia colse tutti impreparati, ovviamente.
Tutti tranne Ignis e Gladio che, vista la frequenza con cui il consiglio si riuniva e le condizioni del re, ormai avevano finito per aspettarsela.
Quella mattina a palazzo reale si creò fermento.
Si era deciso di annunciare al popolo il pericolo imminente, per rispetto dei cittadini e per la loro protezione, ma andava anche stabilità una strategia al più presto.
Trascorsero quasi tutta la mattina in riunione, saltando anche il pranzo.
Al primo pomeriggio Ignis scese nelle cucine reali sperando di trovarvi Alexandra, ma il cuoco gli comunicò che oggi era il suo giorno libero. “Ah, già … che stupido!”.
Allora decise di approfittarne per stemperare la tensione allenandosi.
Doveva parlare con Gladio, quindi lo cercò e chiese a lui di fargli compagnia.
Per la prima parte, quella del riscaldamento muscolare, la conversazione fu incentrata sulla disperata situazione politica del regno.
Ignis lo aggiornò, nei limiti del possibili visto che molte informazioni erano riservate anche per gli altri membri della famiglia Amicitia.
Poi nel duello la loro conversazione verté su Alexandra.

-Allora ...- disse Gladio, schivando una stoccata e incrociando la lama di legno con l'amico -Cosa hai deciso di fare con lei?-

Ignis si fermò, abbassando l'arma.
Sospirò pesantemente, abbassando il viso e scuotendo il capo.

-Non lo so, in realtà ...-

Ammise.
Gladio si asciugò la fronte con il palmo di una mano.

-Non le hai ancora dato l'anello?-

Ignis scosse di nuovo il capo.

-La verità è che ... vorrei farlo, ma mi chiedo se sia la cosa più giusta per lei. Se la situazione dovesse peggiorare ci ritroveremmo divisi, e lei non lo meriterebbe...-

Gladiolus sorrise.

-Stai dicendo che ti senti troppo poco giusto per una tipa come lei?-

Scientia tornò a guardarlo corrucciandosi pensieroso. Lo stava facendo?

-Io ...- bofonchiò riflessivo -Forse ... Si.- poi tornò a concentrarsi sul sorriso divertito di Gladio -È un bene o un male?-

Lo scudo del Re scoppiò in una risata.

-Dipende.- gli rispose alla fine di quel momento di ilarità, tornando a ridersela sotto i baffi.

Non rispose subito, si limitò a guardarlo facendo una pausa e incrociando le braccia sul petto muscoloso.
Impaziente Ignis tornò a chiedere.

-Da cosa?-
-Da quello che hai deciso di fare.- si espresse allora -E da quello che provi per lei.
Se è amore, hai paura di perderla e vuoi sposarla per stare insieme tutta la vita direi che è più che normale, vuol dire che non vuoi deluderla. Mentre se non t'interessa e vuoi che la storia con lei finisca al più presto, in quel caso sono solo sensi di colpa.-

-Mh ...- fece Scientia, impensierendosi.

Incrociò le braccia sul petto e si sfiorò con una mano il mento.
Rimase qualche istante ad analizzare i propri sentimenti.

-Allora?- chiese dopo un po’ Gladio, curioso -Qual è delle due?-

Ignis sospirò, tornando a guardarlo.

-Credo ... la prima.- risolse, annuendo poi convinto -Credo di essermi davvero innamorato di lei.-

Gladio rise. Entrambi tornarono a impugnare le spade in posizione d'attacco.

-Bene, buon per te.-

Fu Ignis a sferrare il primo fendente. Si sentiva meglio, più fiducioso. Almeno ora sapeva qualcosa in più sui suoi sentimenti.
Gladio parò il colpo con rapidità, lo respinse e ne eseguì subito un altro che Ignis parò con agilità, scattando rapido.

-Quindi le darai l'anello?- gli chiese a quel punto Amicitia passando ad un'altra rapida sequenza di colpi che stavolta, più per la forza con cui erano stati impartiti che per la velocità, faticò a parare, facendocela per un pelo e schivando un. paio di volte.

Si fermarono di nuovo a prendere fiato.

-Dovrei farlo?- domandò a quel punto Ignis, più rivolto a sé stesso che a Gladio, che comunque gli rispose ugualmente lanciandogli uno sguardo dubbioso e serio.
-Non vuoi?-

Il biondo annuì con decisione.

-Si, certo che si. Ma ... questa guerra imminente ... la situazione politica del regno ...- sospirò -Dovrei?- tornò a chiedersi ad alta voce, sconfortato.

Gladio sorrise, stavolta comprensivo.

-Iggy ...- lo chiamò.

Si guardarono negli occhi. Amicitia sospirò.

-Lascia perdere la situazione del regno, per qualche attimo.
Pensa solo a questo: Se un giorno il mondo dovesse finire, se l'oscurità dovesse calare per sempre e le tue peggiori paure diventassero reali, e lei la persona che vorresti accanto fino all'ultimo istante? È lei la donna che vorresti non perdere mai, per nessun motivo al mondo? Quella che non scambieresti con nessun'altra?-

Quindi sorrise di nuovo, e tornò a colpirlo ricevendo una stoccata al fianco in risposta. Se fosse stato vero, quel colpo avrebbe potuto ferirlo gravemente.
Ignis lo guardò soddisfatto, Gladio si toccò il fianco annuendo contento. Era un piacere allenarsi con lui, era sempre una sfida.

-Se è così...- concluse, giungendo alla fine del discorso -Allora si, devi darle quell'anello prima che qualcun altro te la porti via.-

Ignis si fece di colpo serio. All'improvviso capì cos'era quel sentimento che l'aveva fatto vacillare, quello per cui non riusciva a staccarsi da lei e dal proposito di sposarla.
Paura.
La paura di perderla, di ritrovarla tra le braccia di qualcun altro che non era lui.
No, non poteva accadere. Non doveva, assolutamente no.
Lui ... l'amava.
Alexandra ... sarebbe stato contento di saperla felice, in ogni modo, ma ancora di più lo sarebbe stato nel sapere che quella felicità sarebbe derivata da lui.
Nessun altro uomo avrebbe potuto darle ciò che lui le aveva dato, nessuno avrebbe potuto essere al suo posto.
Alexandra Jane Baker ...
Lei era sua.
Si appartenevano, e fu una sensazione del tutto nuova per lui.
Sorrise.

-Ti ho convinto?- si sentì chiedere.

Ridacchiò divertito, quindi annuì.

- Decisamente si.- affermò, annuendo.

Poi si rimisero in posizione di attacco e si lanciarono un amichevole sguardo di sfida.
Erano decisamente pronti a fare sul serio.

-Non ti aspetterai che io ti lasci vincere per ringraziarti.- lo sfidò Scientia, determinato.

Gladio rise di nuovo.

-Non ho bisogno che tu mi lasci vincere.- replicò.

Quindi sorrisero entrambi, e dopo un ultimo duello di sguardi partirono all'attacco.
Dieci minuti durò quello scontro.
Inutile dirlo, rincuorato e determinato dal nuovo proposito e dal discorso dell'amico, Ignis portò a casa una trionfante vittoria, lasciando comunque Gladio soddisfatto per il buon allenamento.
Ora entrambi avevano le idee abbastanza chiare sul da farsi.
Qualsiasi cosa fosse accaduta, nessuno avrebbe tolto loro il diritto di vivere, e farlo inseguendo i propri ideali, sentimenti e sogni.
Oltre ad essere soldati e sottoposti del re erano anche uomini, ed era arrivato il momento per loro di dimostrarlo.

***

Quella sera …
 
Separatasi da Prompto, Alexandra sentì il panico montarle dentro e la mente annebbiarsi. Un senso di nausea le si legò attorno alla bocca dello stomaco e dovette uscire fuori a prendere aria.
Decise di provare a rimettersi a correre, ma dopo qualche istante si sentì mancare e dovette sedersi su una panchina.
Rimase a guardare immobile il cielo azzurro che andava scurendosi, il sole che calava sempre più all'orizzonte.
Lacrime calde e dense le riempirono gli occhi annebbiandoli. Si sentiva disperata, come se il mondo le stesse esplodendo sotto i piedi.
Ma, almeno per il momento, ancora non era accaduto.
L'aria le mancò per qualche istante di troppo. Tossì, stringendo sotto le mani il legno della seduta e chiudendo gli occhi alle lacrime.
La guerra ...
Quindi era questo che aspettava.
Una guerra, ad Insomnia.
Ci sarebbero state vittime, ovviamente. E forse avrebbero perso la loro casa. Una bomba non colpiva mai i civili con criterio.
Cosa ... Cosa sarebbe successo?
Doveva scappare? Poteva ancora sperare che ci fosse altra soluzione?
Era sicura che anche tutti gli altri cittadini si sarebbero fatti quella domanda, quella sera.
Ma questo non la faceva sentire meno disperata.
Poi all'improvviso, riaprì gli occhi e tornò a guardare il tramonto ormai inoltrato. Un sorriso si fece strada sul suo volto affranto.
Era in un pomeriggio come quello che lei ed Ignis avevano iniziato a parlarsi.
Da lì, tutto era cambiato.
Ci pensò un po’, cercando conforto in quei ricordi, ma durò poco, appena qualche istante prima di tornare a chiedersi con angoscia: E adesso?
Cosa ne sarebbe stato di loro, se Insomnia sarebbe entrata veramente in guerra?
E se il Re ... se nel peggiore dei casi Noctis avrebbe dovuto salire al trono?
Lei e Ignis ... così simili ... così lontani ...
Come sarebbe finita? Avrebbe potuto concludersi davvero con un lieto fine, oppure sarebbe caduta tristemente in tragedia?
Mentre ci pensava, ebbe bisogno di sentirlo.
Solo lui e la sua voce sempre sicura avrebbero saputo calmarla.
Estrasse il telefono dalla tasca, digitò il numero e lo fece squillare.
Con sua grande sorpresa, sentì il trillo della suoneria dell'uomo provenire da dietro le sue spalle.
Si voltò e lo vide.
Avvolto nel suo soprabito color ocra, le mani sprofondate nelle tasche.
La osservava con un sorriso triste e preoccupato.
Si alzò in piedi e gli corse incontro, abbracciandolo in lacrime.
Lui la strinse di più a sé, immergendo il naso nei suoi capelli lisci sulla schiena.

 
"Vorrei, vorrei
esaudire tutti i sogni tuoi
Vorrei, vorrei
cancellare ciò che tu non vuoi
però lo sai che io vivo attraverso gli occhi tuoi
"
 
-Ignis ...- sussurrò la giovane tra le lacrime, tornando a guardarlo mentre ancora lo stringeva.
 
Lui la guardò negli occhi.
 
-Non è ancora detta l'ultima parola.- disse sicuro, non deludendola affatto e dicendo quello di cui entrambi avevano bisogno -Il Re farà la cosa giusta. Dobbiamo avere fiducia in lui.-
 
E lei, con una bimba accoccolata tra le sue braccia in quella stretta dolce, appoggiò il capo sul suo petto e singhiozzando annuì.
 
-Ho paura, Iggy ...- mormorò.
 
Lo sentì sospirare teso.
Non disse nulla, ma si limitò ad appoggiare la labbra sulla sua testa e lasciarle un bacio sui capelli.
 
-Andrà tutto bene.- le rispose dolce, nel tentativo di tranquillizzarla.
 
Senza esserne convinto nemmeno lui.
La verità, era che in tutte le battaglia Niflheim aveva sempre vinto, da dodici anni a questa parte.
L'unica cosa che aveva impedito a Insomnia di cadere nelle loro mani era la barriera, ma adesso, dopo essersi armati di tutto punto ed essere arrivati a conquistare terreno sempre più nelle vicinanze della capitale, erano pronti a scalfire anche quella.
Il Re era vecchio, e preoccupato. Inutile non accorgersi dell'ombra che ogni tanto gli velava lo sguardo.
Era stato questo a far litigare lui e Noctis, giorni addietro.
Anche il principe stava iniziando a temere per la salute di suo padre e per quella del regno.
Alzò gli occhi a guardare il cielo pacifico, pensando agli angioni del re che nel frattempo combattevano per tenere a freno l'avanzata dell'esercito imperiale.
Anche loro ... non avrebbero resistito a lungo.
Che fine avrebbero fatto? C'erano così tante cose in gioco ...
E lui ed Alexandra ... non erano che due cittadini come tanti, le loro storie erano in pericolo come quelle di tutti gli altri intorno a loro, adesso.
L'avrebbe persa?
Il solo pensiero lo fece tremare.
Sentirla piangere lo ferì.
Allora la sciolse dall'abbraccio, la invitò ad alzare il viso verso di lui prendendole il mento con il dito indice e sollevandoglielo.
Poi, dopo aver guardato quegli occhi forti nascosti dietro gli occhiali rossi appannati, la baciò prendendole il viso tra le mani e accarezzandogli i capelli dietro la nuca.
Lei si lasciò andare, sfiorando i suoi con le dita.
Fu intenso.
Come i loro sentimenti in quel momento, e i loro timori.
E quando finì, ne iniziò un altro più breve che terminò in un abbraccio in cui lui la strinse protettivo, e lei si immerse nel suo calore.
 
-Andrà tutto bene, Alexandra ...- ripeté Scientia, ora davvero sicuro -Te lo prometto. Andrà bene per noi.-
 
E la giovane gli sorrise, accoccolandosi di più tra le sue braccia.
 
-Va bene ...- mormorò in risposta, annuendo -Voglio crederti ... Mr. Scientia ...-
 
"Vorrei, vorrei
che tu fossi felice in ogni istante
Vorrei, vorrei
stare insieme a te così per sempre,
però lo sai che io vivo attraverso gli occhi tuoi ..."
 
\\\
 
Monica spense sospirando il televisore, nel buio della notte si rigirò sull'altro lato del letto e chiuse gli occhi, per poi riaprirli due secondi dopo.
Assurdo.
Era assurdo.
Una guerra ...
Non poteva accadere.
Non poteva scoppiare una guerra, ora.
Che ne sarebbe stato di loro, delle loro case e dei loro progetti?
Ci pensò su, e si sentì opprimere il petto da un peso enorme, causato dalla mancanza di soluzioni positive.
Era sempre stata una donna pragmatica e analitica, anche troppo in realtà.
Spesso Alexandra le rimproverava di essere troppo concentrata sui propri schemi mentali.
La verità era che aveva bisogno di programmare la sua vita per non sentirsi persa, doveva farlo per essere sicura di poggiare i suoi passi su un terreno solido e non sprecare nemmeno un istante del proprio tempo.
A seguito di una operazione chirurgica piuttosto delicata i medici le avevano rimproverato di lavorare troppo, diagnosticandole una sindrome da stress da lavoro.
Era così, non poteva farci nulla. Aveva bisogno di sentirsi utile e impegnata per non crollare.
Ma adesso ... quello non era un imprevisto da poco, era un ostacolo grosso come una montagna, anzi di più.
Una guerra!
Bombe, invasioni, feriti e morti!
Sospirò di nuovo, tesa.
Poi si alzò dal letto e rassegnata scese in cucina a farsi una tripla camomilla.
Prese sonno alle quattro e quarantacinque del mattino, addormentandosi sul divano dopo svariate camomilla e tentativi vani di tornare a letto.
E alle sette si svegliò, scossa da un incubo orribile pieno di soldati, sangue e morti.
Sospirò, accorgendosi solo allora di stare piangendo.
E con l'umore a terra si alzò, si preparò un caffè e poi cercò di rimettersi in sesto per la lunga giornata di lavoro che l'attendeva.

\\\

Annemary Baker reagì molto diversamente dalle sue figlie alla notizia.
Lei non aveva paura della morte, aveva fede negli dei.
Qualsiasi cosa fosse accaduta, era sicura che loro avrebbero saputo preservare le sue figlie dal triste destino che si presagiva loro.
Aveva perso sua madre quando non aveva che cinque anni, è vero. Ma in una occasione aveva avuto modo di conoscere Sylvia Nox Fleurt, la madre della principessa Lunafreya, e di essere guarita da lei.
Da quel momento aveva smesso di chiedersi perché, e aveva iniziato a domandarsi: "Perché no?"
La fede era cresciuta velocemente in lei, alimentata da un forte senso di spiritualità e da una mente riflessiva.
Doveva esserci qualcosa di più grande in tutto questo.
E anche se non ne capiva appieno il disegno, aveva deciso di fidarsi, e fino ad oggi non era rimasta delusa.
Perciò quella sera, a letto, prima di addormentarsi come sua abitudine pregò a lungo.
Ma stavolta lo fece esclusivamente per trovare conforto, e chiedere aiuto.
Ringraziò gli dei per tutto quello che le avevano dato, li lodò per le loro gesta e la loro benevolenza.
Poi chiese di cuore clemenza per le sue ragazze.

-La mia vita è stata splendida, e piena di gioia.
Fate che anche quelle di Monica e Alexandra lo siano. Proteggetele, e fate in modo che almeno loro siano al sicuro dalla morte, per ora.
Soprattutto Alex ... lei è una ragazza forte, coraggiosa, e speciale.
E anche il suo Ignis lo è.
Fate che possano vivere la loro favola, fino alla fine. È così bello l'amore...
E Alexandra era così ansiosa di scoprirlo.
Fate che possa goderselo.
Non lasciate che le spezzino la vita proprio adesso. Vi prego ... è l'unica cosa che vi chiedo.
E ... così sia ...-

Addormentandosi infine, col cuore in pace e un sonno pieno di sogni tranquilli.
Gli dei non potevano deluderla, nemmeno adesso.
Soprattutto adesso.
 
\\\
 
Alexandra rientrò a casa verso mezzanotte. Ignis le aveva offerto una cena ed erano rimasti a parlare a lungo.
Si sentiva capita e confortata.
Altrettanto non lo era la sua amica Eve, che ritrovò a piangere sul divano, in un mare di fazzoletti.

-Eve ...- mormorò triste e dispiaciuta.

La ragazza sorrise appena, ma non riuscì a non ripiombare in singhiozzi irregolari, soffiandosi di continuo il naso e piagnucolando straziante.
Aveva paura.
Tanta paura.
Una paura folle, quasi forsennata.
Alexandra sorrise triste e intenerita, e avvicinatasi le si sedette accanto abbracciandola e accarezzandogli la schiena.
La giovane si lasciò andare dando sfogo a tutte le lacrime che aveva cercato di reprimere.
Nello stesso momento la cagnolina si avvicinò scodinzolando e leccò le mani della sua padroncina, appoggiando il muso sulle sue gambe e chiedendole coccole con i suoi occhioni dolci.
Alex sorrise.

-Dai, Eve. Ally non vuole vederti triste ...- la incoraggiò, strappandole almeno un sorriso che si affievolì rapidamente.

Jane Baker accarezzò il naso del cocker e poi strinse di più l'amica tra le braccia, sorridendo.

-È normale avere paura. Ma dobbiamo avere fiducia nel re, Ignis dice che sta facendo di tutto per evitare uno scontro qui ad Insomnia.-

La giovane sorrise amara, tornando a guardarla negli occhi.

-Non riesco a capire, Alex ...- mormorò tirando su col naso - Se sei troppo stupida o troppo innamorata, per credere a tutto quello che ti dice il tuo uomo.-

Risero entrambi, stemperando la tensione.
Alex annuì.

-Forse ...- le rispose -Entrambe le cose. Ma abbiamo altre alternative oltre il fidarci o impazzire di paura?-

Eve smise di singhiozzare e scosse il capo, asciugandosi gli occhi con l'ultimo fazzoletto e prendendo a coccolare la sua cagnolina.

-No, in effetti.- assentì -Speriamo allora che il tuo ragazzo abbia ragione ...-

Alexandra sorrise, cercando di non farsi vedere troppo impensierita.
"Già ... Speriamo ..."
Quindi si alzò e le chiese, premurosa.

-Hai mangiato?- Eve scosse il capo -No.- replicò, tirando su col naso -Non avevo fame, in realtà.-
-Ti preparo qualcosa.- decise allora, dirigendosi in cucina.

Aprì il frigo, diede un'occhiata veloce e poi tirò fuori del formaggio cremoso, una confezione di tocchetti di prosciutto cotto, cipolla e carote.
Mise la pentola con l'acqua per la pasta sul fuoco e accese il fornello.
Poi tagliò la cipolla un fette sottili e la sminuzzò col coltello.
Mentre la stava facendo soffriggere col prosciutto in padella la raggiunse Eve, che intanto si era cambiata e aveva sciacquato il viso.
Si riempì un bicchiere d'acqua dal frigo.

-Allora ... immagino che la serata sia andata bene...-

Alex sorrise.

-Si ...- rispose -Benissimo...-

Il sorriso le si allargò spropositatamente sulle labbra.
Eve la osservò compiaciuta mentre ripassava gli eventi importanti della serata spadellando con brio.
Lei e Ignis erano rimasti al parco fino a che il sole non era tramontato, poi lui le aveva proposto un giro al luna park, per dimenticare per un istante tutta la paura che entrambi provavano.
Pur non avendo gli abiti adatti, lei accettò, lasciandosi prendere la mano nella sua, morbida e calda.
L'aveva accompagnata in macchina, le aveva aperto la portiera per farla salire, poi si era seduto al posto del guidatore ed erano sfrecciati insieme verso il parco divertimenti, situato in centro città.
Quella sera, nonostante la pessima notizia, era abbastanza affollato. Sembrava che tutti avessero voglia di divertirsi a non pensare.
Fecero un giro sull'enorme ruota panoramica, godendosi la brezza e lo spettacolare panorama di quella parte di Insomnia dall'alto.
Le sue luci, il suo aspetto saldo e perfetto, i palazzi scintillanti.
Abbagliata da quella visione presto si era persa anche a guardare il volto di Ignis, illuminato dalle luci multicolore dei lampioni e dei neon del parco.
Per un attimo le era mancato il fiato.
Il profilo nobile, intellettuale, gli zigomi pronunciati, il mento quadrato e appena un pò sporgente, i capelli biondi come il grano maturo mossi dal vento. Scrutava tutto da dietro il vetro dei suoi occhiali, attento e assorto, i suoi occhi verde acqua esaminavano ogni oggetto, ogni movimento, ogni singolo dettaglio del paesaggio e in pochi istante la sua mente elaborava pensieri, concetti filosofici e pratici sulla vita e sul mondo o aneddoti di un'ironia pungente e intelligente, mai troppo offensiva. Oppure richiamava concetti appresi durante le sue lunghe sessioni di studio, pillole di storia e cultura, idee nuove da attuare in ogni campo.
La sua mente ... era una mente espansa, piena di vita, di fermento. Ricca di intelligenza. E quel corpo ne rifletteva questa sua inclinazione. Quel modo di porsi elegante, i suoi modi di fare raffinati, il suo modo calmo e sicuro di parlare e di porsi, con rispetto e umiltà.
Più volte si era chiesta come facesse a non perdere la calma. Stasera lo aveva capito.
Era il suo sapere.
Tutto quel sapere, tutta quella voglia di conoscere. Era per questo che riusciva ad essere sempre così sicuro.
Un proverbio piuttosto famoso diceva che la cultura rende liberi.
Ebbene, Ignis Scientia ne era l'esempio vivente.
Il fuoco della cultura e del sapere lo illuminava, per questo la sua mente era libera. Certo, non conosceva tutto, ma la voglia di sapere lo rendeva umile, avvicinabile e quasi invincibile al contempo.
Era consapevole che per imparare e capire avrebbe dovuto ascoltare, leggere, guardare. Questo lo rendeva vivo, come viva era la sua mente, il suo sguardo.
Era giovane, quindi inesperto. Ma non aveva fretta di crescere, perché anche quello sarebbe stato un qualcosa da imparare.
L'amore per lei ... era quanto di più straordinario avesse avuto, un sentimento che si autorigenerava ad ogni minuto che passava e che per la prima volta gli faceva sperare che non avesse mai fine.
L'amore era stata la prima cosa a stravolgere i comuni concetti del mondo imparati nei libri.
Per quanto riguardava lei invece, il solo vederlo sfolgorare di quella luce, quel fuoco intellettivo che solo i più bravi sapevano riconoscere, la stregava.
Poi bastava stare un po' in sua compagnia per sentirsi completa, capita, voluta. Era come lui. Anche lei aveva dentro quel fuoco che ardeva, che la spronava a voler conoscere, leggere, capire.
E finalmente non era più sola.
Quasi senza accorgersene si ritrovò a guardarlo rapita, a bocca aperta e col cuore che le batteva a mille mentre la mano destra continuava a stringere la sua sinistra.
Quando poi lui all'improvviso si voltò a guardarla, lei non potè fare a meno di avvicinare le labbra alle sue, perfette e invitanti, e baciarlo con trasporto.
Lo sorprese, ma dopo un attimo di brivido lui le prese il volto tra le mani e la assecondò, fino a che la ruota non tornò a terra e si fermò del tutto con un suono metallico.

 
"...E vorrei poterti amare
fino a quando tu ci sarai
Sono nato per regalarti quel che ancora tu non hai
Così se vuoi portarmi dentro al cuore pur con te
vivi ti prego e sai perché..."

Si erano guardati affannati, fronte a fronte e naso contro naso, col cuore che batteva a mille. Incapaci di staccarsi da quel momento.

-Io ti amo, Ignis Scientia.- aveva mormorato.

Lui aveva sorriso, sfiorandole appena le labbra in un altro accenno di bacio che lei aveva assecondato sorridendo a sua volta.

-Anche io, moltissimo. Alexandra Jane Baker.-

E a quel punto le aveva stretto la mano, tirando fuori dalla tasca destra del soprabito un piccolo anello scintillante che poi le aveva messo all'indice.
Di nuovo le si era mozzato il fiato in gola.
E guardandolo a bocca aperta aveva mormorato, incredula e sorpresa.

-C-che ... c-che significa?-

Ignis l'aveva guardata intensamente negli occhi, si era portato quella mano alle labbra e aveva sfiorato con le labbra il gioiello, facendola vibrare.

-Che ti amo così tanto da non voler amare nessun'altra.-

Le era girata la testa. E finalmente quelle benedette farfalle avevano preso il volo anche nel suo stomaco.
Un sorriso simile a quello che aveva adesso le si era stampato in viso.
Aveva iniziato a tremare, e gli occhi le si erano riempiti di lacrime.
Avrebbe dovuto rispondergli in qualche modo.
E dato che non riusciva a parlare lo aveva fatto baciandolo di nuovo con foga e poi abbracciandolo forte, avvolgendogli le braccia attorno al collo e sentendolo tornare a stringerla forte con quelle braccia forti.
Un coro di applausi e congratulazioni si era levato dalla folla che era rimasta a guardarli.
Finalmente riavendosi, si erano guardati intorno e avevano sorriso imbarazzati e felici, poi Ignis l'aveva presa per mano e l'aveva aiutata a scendere.
Si erano avviati insieme verso un chiosco di caramelle lì vicino, le aveva comprato dello zucchero filato dal sapore così buono che ancora le era rimasto in bocca.

-Se me lo avessi detto mi sarei vestita con qualcosa di più adeguato.- era arrossita lei, mentre aspettavano.

Non erano riusciti a staccare le loro mani dallo stringersi.
Ignis le aveva sorriso, prendendo in consegna il bastoncino su cui vorticava una soffice nuvola rosa e porgendoglielo.
Poi aveva pagato.

-Mi spiace. Ma ti avrei rovinato la sorpresa.- si era scusato, con un mezzo sorriso.

Alexandra aveva sorriso e scosso il capo, prendendo a staccare piccoli pezzettini di zucchero e portandoseli alla bocca uno alla volta.

-Non fa niente ... amore mio.- gli aveva detto, scoccandogli un occhiolino ammiccante.

Lui aveva sorriso imbarazzato, quindi le aveva avvolto un fianco con il braccio destro e stringendola a sé le aveva permesso di appoggiare la testa alla sua spalla.
Poi insieme avevano ripreso il giro del luna park, inebriati da tutto quello che era appena accaduto.
Alla fine Ignis aveva deciso di seguire il consiglio di Gladio e dargli subito quel benedetto anello, per evitare che in futuro fosse stato impossibilitato a farlo.
Ora si appartenevano, e lo avrebbero fatto per sempre.
Mentre ci pensava, Alex tornò al presente, spense il fornello e dopo aver messo il pentolino da parte si voltò completamente verso Eve le sorrise eccitata, mostrandogli la mano su cui brillava il gioiello.
All'istante gli occhi di Eve si sgranarono quasi fino ad uscire fuori dalle orbite.

-Oh mio ...- mormorò, stupefatta.

Poi le prese la mano e lo scrutò con attenzione.

-Oh per tutti gli dei, Alex! Ma è un trilogy! Sono diamanti veri! È d'argento!!- esclamò eccitata e su di giri.

Alex rise.

-Lo so!-

Batté le mani saltellando allegra.
Si abbracciarono forte, quasi commosse.

-Ah, tu! - fece dopo qualche istante Eve, stringendole le spalle -La mia piccola dog sitter ... Ne hai fatta di strada da quando la fortuna ti ha baciata.- carezzandole dolce i capelli.

Alex inclinò di lato la testa, rivolgendole un sorriso intenerito.

-Vedrai che verrà anche per te il momento.- tentò di confortarla.

Ma Eve scacciò l'aria con una mano e le pizzicò una guancia, rallegrandosi.

-E chi ti dice che non sia la “zitellagine” la mia fortuna.- scherzò strappandole una risata, per poi concludere -Ricordati di invitarmi al matrimonio, per ora.-

Quindi la lasciò sorridente ai fornelli e le raccomandò, fingendosi severa.

-E sbrigati con quella pasta che sto morendo di fame.-

Alexandra ridacchiò, tornando alla sua ricetta.

-Agli ordini!- rispose allegra.

Fu il piatto più buono che avesse mai cucinato in vita sua, si sentiva particolarmente ispirata.
E quella notte, nonostante l'incubo della guerra, lei andò a letto piena di speranza e progetti, e sognò.
Dopo interminabili anni passati a cercare di non farlo e non pensarci per non sentirsi più sola, finalmente sognò di nuovo il giorno delle sue nozze. Con la sola differenza che stavolta il suo sposo aveva un volto, ed era il più bell'uomo che avesse mai sperato d'incontrare in vita sua.
Dimostrazione vivente che, a volte, i sogni potevano avverarsi nei modi più impensabili. Ma lei questo lo sapeva già.


"Vorrei, vorrei
esaudire tutti i sogni tuoi
Vorrei, vorrei
cancellare ciò che tu non vuoi
però lo sai che io vivo attraverso gli occhi tuoi (gli occhi tuoi...)
"
 

NDA: Bene, salve! Eccoci qua, al penultimo capitolo di questa fic. Come avrete capito, questi due capitoli sono ambientati nel lasso di tempo che va dall'episodio brotherood dedicato ad Ignis a poco prima del kingslave, quindi appena qualche settimana.
Lo so, è tutto precipitato all'improvviso poveri cuccioli. Ma una guerra non aspetta nessuno, tantopiù se c'è di mezzo Ardyn (grrrrrrr).
Come già preannunciato, il prossimo capitolo chiude il ciclo narrativo di questa fiction, dopo di che ci saranno una breve raccolta di one shot (al massimo due singole) e un'altra mini long ambientata in Comrades.
Come avrete notato, nella scena del luna park c'è una descrizione di Iggy che (oltre ad avermi fatto arrossire e non poco, ghgh) mi ha riportata al significato del suo nome.
Ignis= Fuoco, Stupeo= Stupore o Meraviglia, Scientia= Conoscenza o Scienza.
E' importante che voi lo sappiate/ricordate soprattutto perchè in seguito potrei tornare su questo concetto ;)
Detto questo, attendo commenti e spero vi sia piaciuto. Ora resta da chiedersi se sti due bei "ciofani" riusciranno a sposarsi prima che scoppi il pandemonio.
Io ho già la risposta, ma non ve la dico per "non rovinarvi la sorpresa" come ha detto il nostro amato quattrocchi :D
A presto ;)

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Capitolo 11
*** Come bolle di sapone ***


-Come bolle di sapone-


-M-matrimonio??-

Il principe Noctis Lucis Caelum sgranò gli occhi sbigottito e sorpreso.
Ignis lo fissò con calma, senza aggiungere altro.
A fare più casino furono gli altri due, Gladio e Prompto, seduti sull'altro angoli del divano.
Si trovavano a casa del Principe, si erano radunati lì dopo che Ignis li aveva chiamati uno per uno per dir loro che dovevano farlo immediatamente.
Era mattina, l'odore del caffè fumante e delle frittelle dolci con panna montata e fragole si spandeva tra le stanze e nelle narici deliziate dei residenti.
Prompto era arrivato per primo, col cuore in gola per l'ansia. Viste le ultime notizie di quei giorni e l'incarico di Ignis non sapeva cosa aspettarsi.
Perciò non appena era arrivato a casa del principe lo aveva tempestato di domanda alla quale lui non aveva saputo dare nemmeno una risposta.

-Che vuoi che ne sappia io, Prompto!- aveva infatti sbottato, gettandosi sul divano -Sono il principe ma non conto niente in fondo ...- aveva mugugnato, commiserandosi.

Era strano. Per tutta la vita non aveva fatto che cercare il modo per evadere dagli obblighi reali, mentre ora invece si sentiva inutile proprio per non poter aiutare il suo vecchio.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa ... pur di rendersi utile.
Ma lo sapeva, suo padre era un re e non si tirava mai indietro dai suoi compiti.
Nemmeno quando farlo era rischioso.
Vecchio pazzo, accidenti a lui!
Prompto aveva rispettato quel momento di turbamento, e lo aveva lasciato in pace a riflettere sedendogli accanto.

-Iggy non ti ha detto proprio niente?- era stata la sua unica altra domanda.

Alla quale il Principe aveva risposto scuotendo il capo e mugugnando.

-Mh, mh.-

Non sapeva che pensare... nel dubbio avrebbe preferito cercare di essere positivo, ma in tutti i giochi di guerra che aveva imparato, scacchi in primis, era la caduta del re a far vincere la guerra.
Aveva cercato di calmarsi respirando ad occhi chiusi, continuando a ripetersi che sarebbe andato "tutto bene"
"Andrà tutto bene, è tutto a posto. Papà sa cosa fare".
Fino all'arrivo di Gladio, che aveva più o meno le  stesse sensazioni di Prompto ma era fiducioso.

-Iggy mi sembrava tranquillo al telefono. Vedrete che non sarà niente di grave.-

Niente però, nemmeno le più rosee previsioni, poteva lasciar presagire la notizia che li aveva raggiunti all'arrivo dello stratega.
Ignis era rimasto in piedi al centro del divano, con tutta l'aria di dover fare un discorso importante, e mentre tutti attendevano ansiosi che parlasse li aveva scrutati attentamente per poi rivolgersi direttamente a Noctis, senza nascondere l'emozione.

-A seguito della visita di un messo imperiale Sua maestà Re Regis Lucis Caelum vuole che tu e sua grazia, la principessa Lunafreya Nox Fleurt, convoliate a nozze entro le prossime due settimane.-

Il principe era rimasto interdetto, incredulo.

-Wow!- aveva esclamato Prompto, battendogli una pacca sulla spalla -Noct, complimenti-

Gladio aveva riso.

-Da non crederci! Il principino si sposa!-

Noctis a quel punto li aveva guardati come se lo avessero appena preso a schiaffi, battendo più volte le palpebre per poi tornare su Ignis, che continuava a scrutarlo con un sorriso sotto i baffi.

-Aspetta ... Io e Luna ... Che?!- aveva domandato cadendo dalle nuvole.

Il biondo aveva sospirato incrociando le braccia sul petto.

-Dovrete unirvi in matrimonio, Noct.- ripeté -Per suggellare un accordo di pace tra Niflheim e Lucis che tuo padre e l'imperatore firmeranno tra una settimana.-
-Ti devi sposare, zuccone!- aveva ribadito Gladio sforzandosi di rimanere serio -Con Lunafreya.-

Ancora più sconvolto, Noctis aveva trattenuto il fiato, esclamando la su citata domanda.

-M-matrimonio?? Io? Con ... Luna?-

Ma che...??
Cosa...??

-Iggy, non è divertente.- lo avvisò corrucciandosi.

Scientia sospirò di nuovo scuotendo il capo.

-Non sono mai stato così serio in vita mia, Noct. E nemmeno il Re aveva l'aria di scherzare.-

Noctis si sentì avvampare.
"Ma che assurdità è mai questa?"

-Perché Noct? Non ti piace l'idea di sposare Lunafreya?-

Domando Prompto curioso e felice.
Il viso del principe divenne paonazzo, l'espressione del più puro imbarazzo.

-No! Cioè, si!- esclamò, sbracciandosi -Ma ... è che ... insomma!-

Gladio e Ignis si scambiarono uno sguardo loquace ridendosela.

-Potrei sbagliarmi, ma sei talmente felice che non riesci nemmeno a parlare.- lo prese in giro Gladio.

Noctis lo fulminò con lo sguardo.
Volle ribattere, ma Ignis lo prevenne specificando serio.

-Fa bene ad esserlo. Questo matrimonio suggellerà la pace tra i due stati ed eviterà un notevole risparmio di soldi, armamenti, soldati e vite civili.-
-Quindi Noct e Luna si sposeranno e tutto rimarrà come prima?- chiese entusiasta e sollevato Prompto.

Era come se le sue preghiere fosse state esaudite. Però quando lo vide farsi greve e scuotere il capo con un sospiro temette il peggio.

-Purtroppo i confini di Lucis si ridurranno alla sola città di Insomnia.-

Tutti sgranarono gli occhi sorpresi.

-Quindi stiamo cedendo il regno al mostro. È una resa totale, non una pace!- esclamò indignato Gladio.

Ignis annuì.

-Capisco i tuoi sentimenti, ma purtroppo ...- guardò Noctis con aria affranta e decise di non infierire.

Sapevano già molto bene perché il re avesse deciso di fare quella scelta.
Per un istante gli occhi del principe si velarono di tristezza.
"Mio padre ha davvero toccato il fondo ..." pensò, ma non si espose.
Anche perché il suo istante di tristezza fu subito scacciato dalle parole confortanti di Ignis, che gli si rivolse in tono più informale e fraterno.

-Noct, tuo padre ha fiducia in te. E ti sta dando l'opportunità di collaborare con lui per la salvaguardia dei vostri sudditi. Sono sicuro che saprà cavarsela.-

Noctis sorrise annuendo.
Lo sperava. Lo sperava davvero tanto.
E se era Iggy a dirglielo riusciva a crederci un pò di più.
Calò un silenzio calmo tra di loro, i loro cuori si rasserenarono e finalmente gli animi si placarono confortati.
A rompere di nuovo il silenzio con una battuta e l'ennesima sorpresa fu Gladio, che si rivolse a Iggy ma guardando anche gli altri con un sorriso.

-Allora a chi devo fare per prima le congratulazioni?-

Ignis dapprima sgranò gli occhi, poi si nascose il viso con la mano sinistra abbassando il capo.
Gli altri lo fissarono sorpresi.

-Che vuol dire?- chiese Noctis.
-Hey, Iggy!- sorrise Prompto divertito -Ci devi dire qualcosa?-

Gladio rise.

-Certo che si!- esclamò.

Ignis sospirò e sorridendo alzò le mani.

-E va bene, mi arrendo.- replicò, per poi annunciare, portandosi la mano destra aperta sul petto per mostrare il gioiello che brillava sul suo dito indice -Ho chiesto ad Alexandra di sposarmi.-  annunciò, mentre gli altri lo guardarono stupefatti.

Il primo ad esultare fu Prompto, che si alzò in  piedi e battendo le mani lo abbracciò, cogliendolo di sorpresa ma poi strappandogli un sorriso.

-Evvai! Si! Congratulazioni Iggy. Hey, voglio fare il fotografo di entrambi i matrimoni, sia chiaro.- li avvisò puntando contro ciascuno di loro il dito indice.
-Ma quando la sposerai?- chiese quindi Noctis, con un sorriso.

Era contento per loro, ma la situazione era repentinamente cambiata e adesso c'era il suo matrimonio di mezzo.
Per tutti gli dei, ancora non riusciva a crederci!
Ignis scosse le spalle.

-In realtà non lo so. Ho pensato solo ...- disse guardando Gladio e scambiando con lui un sorriso -Che avrei dovuto rendere la cosa ufficiale per non perderla.- tornò a guardare il Principe -Potremmo farlo dopo il vostro matrimonio. Così magari potrete presenziare anche tu e sua grazia.-

Prompto era in visibilio.

-Sarebbe fantastico!- esclamò convinto, allargando le braccia.

Sarebbe stata una festa fantastica, piena di invitati di prestigio e leccornie! Entrambe sarebbero state feste sfarzose degne di matrimoni alla corte reale!
Si! Che bellezza.
Gladio nel frattempo sorrise.

-Dici che il Re accetterebbe di ufficiare?- domandò.

Ignis si sistemò gli occhiali sul naso, sorridendo imbarazzato.

-Non credo sia necessario scomodare sua altezza per questo ...-

Noct si fece serio.

-Scherzi?- gli chiese, quasi offeso -Certo che presenzierà. Se lo conosco bene sarebbe capace perfino di invitarvi a palazzo per il ricevimento.-

I quattro sorrisero, contenti e divertiti.
Alla fine la situazione non era volta così in peggio, dopo tutto.
Insomnia sarebbe continuata ad esistere, Re Regis aveva trovato un modo per non combattere, Noctis e Luna si sarebbero rivisti dopo dodici anni e avrebbero finito per passare il resto della vita insieme, e Ignis aveva trovato il vero amore.
Erano stati fortunati, oppure era troppo presto per cantare vittoria? In fondo, pensò Gladio con una punta di inspiegabile angoscia mentre ritornava a casa, era stato ... tutto troppo semplice.
E non sapeva se esserne preoccupato o contento.
Decise che ne avrebbe parlato con suo padre, alla prima occasione.
 
\\\
 
Quella sera …
 
Sempre seduti sulla loro panchina a guardare il tramonto, Ignis e Alexandra bevevano in silenzio la propria lattina di Ebony con uno peso leggero sul cuore.
Lui le aveva appena comunicato che il Principe si sarebbe sposato e che lui sarebbe dovuto partire per accompagnarlo, presumibilmente assieme a Gladio e Prompto, che aveva deciso di arruolarsi negli angioni per poterlo fare.
Nell'udirlo Alex aveva sorriso, ricordando le parole del ragazzo.
"Dovevo essere all'altezza di Noct, se volevo essere suo amico".
Era tenero.
Stava facendo tutto questo per stare accanto al suo migliore amico, un po' come lei con Ignis.
Anche lei, prima di conoscerlo, si era data da fare per piacere a lei stessa ma soprattutto all'uomo della sua vita, che proprio per questo avrebbe potuto riconoscerla.
Solo che adesso ...

-Quindi ...- mormorò, stranamente atona.

Non finì la frase. Non ce la fece, riuscì solo a sospirare pesantemente.
Ignis la guardò, senza ricevere uno sguardo in cambio.
Lei sembrava assorta a scrutare la sua lattina come se vi cercasse il senso della vita.

-Ci sposeremo quando tutto questo sarà finito, Alexandra.- le disse, serio e sicuro, e finalmente lei lo scrutò.

Aveva gli occhi stranamente lucidi e un'espressione stranamente triste in viso.
La vide annuire, sorridendo forzatamente per poi tornare a guardare la lattina e berne l'ultimo sorso.

-Va bene, Mr. Scientia.- gli rispose.

Lui la fissò, come se si aspettasse altre parole in aggiunta.
Invece la giovane si alzò dalla panchina e si avvicinò al cestino a mezzo metro da essa gettandovi svogliatamente la lattina.
Ignis Scientia non seppe spiegarsi quel suo umore improvvisamente triste e apatico, ma Alexandra non riusciva a non essere triste.
Quelle sensazioni c'erano ancora.
Nonostante l'annuncio della pace e quell'anello al dito, lei continuava a sentirsi inquieta. Era come avere una bestia feroce acquattata alle spalle che se ne stava mimetizzata tra le fronde alte in attesa di coglierla di sorpresa e sbranarla.
Ma non poteva dirglielo, perché non aveva altro che sensazioni ed erano troppo poco per poter essere qualcosa in cui credere, anche se lui l'amava.
Tornò a sedersi al suo fianco, appoggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi, sospirando.
Ignis lo fece a sua volta, mettendo da parte la lattina vuota e prendendole la mano destra nella sua.
Anche senza che lei gli parlasse, capiva bene come si sentiva.
Era un'angoscia che accomunava tutti a palazzo, dagli angioni al re stesso.
Nessuno credeva ad una sola parola scritta in quel trattato di pace, ma la speranza era l'unica cosa ancora in vita e, seppur con qualche precauzione, Re Regis Lucis Caelum aveva deciso di seguire quella strada.

-Ti sposerò, Alexandra.- le ripeté, appoggiandole un bacio sulla nuca e poi tornando a guardare con lei il tramonto, che aveva tinto di rosso fuoco il cielo sopra Insomnia -Lo farò perché ti amo e perché te l'ho giurato.-

Sorrisero entrambi, stringendosi di più le mani.

-Sarà una festa degna di questo nome, il giorno più bello della nostra vita. Saranno tutti presenti, da Noct a sua Grazia Lunafreya, e se saremo fortunati sua maestà celebrerà le nozze.-

Alex sorrise, perdendosi ad ascoltare quel racconto sognante e sentendo le lacrime farsi spazio tra le pupille chiuse, mentre la sua fervida fantasia da scrittrice le permetteva di viverlo già, e il suo cuore batteva forte ad ogni singola parola.
La testa le girò vorticosamente, sentì il viso ardere e soffocò un singhiozzo.
Stavolta non riuscì a capire se fosse colpa della magica voce di Ignis o dell'amore che si confondeva con la tristezza.
Lui sorrise, appoggiando la testa sulla sua. E proseguì.

-Mi hanno detto che vedere il vestito della sposa delle nozze porta sfortuna, quindi non lo immaginerò nemmeno. Ma io sarò vestito di bianco, visto che a te piace tanto ...-

Alexandra sorrise.

-Tu mi piaceresti anche vestito di stracci o con i tutti i colori dell'arcobaleno.- mormorò tra le lacrime, senza muoversi e continuando a tenere gli occhi chiusi.

Ignis ridacchiò sistemandosi gli occhiali sul naso.

-Lo so, ma non posso certo peccare in eleganza il giorno delle nostre nozze. Non trovi?- le chiese scherzoso, felice di essere riuscito a risollevarle il morale.

Alex sorrise, scosse appena il capo.

-No, non puoi.- assentì.

Ignis sbuffò divertito, quindi staccò la mano dalla sua e la trasse a sè avvolgendola in un abbraccio.
Alex si accoccolò sul suo petto, ascoltando il suo cuore e riprendendo quella mano con la sua sinistra.

-E poi?- chiese ancora.

Ignis tornò a guardare il cielo.
Sapeva quanto ascoltare la sua voce le facesse bene. Non capiva bene perché né come fosse possibile, ma non era necessario comprenderlo appieno. Era la prima persona a dipendere dalle sue parole, di solito la maggior parte delle persone (inclusi quei tre scapestrati dei suoi amici) lo trovavano noioso e dopo un po’ smettevano di ascoltarlo.
Lei no, e adesso ne aveva bisogno più di ogni altra cosa.
Perciò andò avanti a fantasticare ad alta voce raccontandole il giorno delle loro nozze mentre la ascoltava addormentarsi lentamente tra le sue braccia, come se fosse la più bella favola della buona notte.
Alexandra non se ne accorse nemmeno, cullata da quel suono così soave e sofisticato.
Quando Ignis si decise a riportarla a casa il sole era appena tramontato del tutto e iniziava a fare freddo.
Le tirò su la cerniera del cappotto rosso che indossava e il cappuccio, per evitare che prendesse freddo.
Poi la prese tra le braccia e la sollevò.
Nel dormiveglia lei gli legò le sue attorno al collo e si sistemò meglio sul suo petto.
Scientia sorrise.
Quindi la sistemò sul sedile accanto a quello del guidatore e le allacciò la cintura.
Mentre stava per risalire in macchina si sentì chiamare e voltandosi vide Gladio sopraggiungere.

-Gladio ...- gli disse, preoccupato -Tutto bene.-

L'altro guardò sia lui che la giovane addormentata sul sedile e sorrise.

-Com'è andata?- gli chiese.

Ignis sospirò.

-Come mi aspettavo. Ovviamente non sarà facile per lei aspettare.-

Amicitia si fece serio.

-Quindi ti aspetterà?- gli chiese sorpreso.

Scientia si voltò a guardarla, ringraziando il cielo di aver chiuso lo sportello.

-Si.- disse semplicemente, sospirando.

Per forza di cose. Maledetto destino!
Gladio lo scrutò assottigliando le palpebre.

-Avete litigato?- chiese.

Ignis sorrise.

-No...- rispose scuotendo il capo -Certo che no.-

Ancora più sorpreso Gladio tornò a domandare.

-Non ti ha fatto storie, scenate o cose simili?-

Ignis sorrise, il cuore pieno di gratitudine verso quella ragazza che gli dormiva in macchina.

-Niente di tutto ciò.- rispose, scuotendo il capo -È stata dispiaciuta, ovviamente. Ma credo abbia capito ...-

Gladio fissò assorto la ragazza.

-Wow ...- mormorò senza parole.

Poi tornò a guardare l'amico e concluse, serio.

-Tienitela stretta, Iggy. Una ragazza così non si incontra spesso. Sono più uniche che rare.-

Ignis sorrise.
Lo sapeva bene. Per questo non vedeva l'ora di far si che le parole di quella sua favola diventassero splendida realtà.
Sarebbe stato un giorno stupendo, e sarebbe venuto al più presto.
Lui e Gladio si separarono, salutandosi.
Quest'ultimo aveva una cena di famiglia, mentre lui salì in macchina per riaccompagnare il suo amore a casa.
Mentre era fermo ad un semaforo si concesse qualche istante per guardarla dormire.
Sorrideva.
E così piccola e accoccolata su sè stessa sembrava una bimba indifesa.
Allungò una mano a sfiorarle con una carezza il cappuccio sopra la testa.

-Non preoccuparti ... amore mio.- le disse con un sorriso, senza sapere se potesse o meno averlo sentito ma sperando che lo avesse fatto -Siamo legati adesso, saprò adempiere quella promessa. Tu fidati soltanto di me.-
 
***
 
L'annuncio delle nozze aveva scosso in positivo la vita della famiglia Baker.
Monica e mamma Mary ne erano rimaste entusiaste, avevano già iniziato a fare progetti per il futuro, e Christine, l'altra sua sorella, era venuta a trovarla da Cleige con le sue nipotine per congratularsi con lei, che ovviamente aveva dovuto raccontarle ogni cosa nei minimi dettagli.

-Parenti di un conte! Wow, Jane!- le aveva detto, guardando ammirata l'anello -Chi l'avrebbe mai detto?-

Jane aveva sorriso a quell'affermazione.

-Mai dire mai nella vita, Cris.- aveva risposto, per poi precisare -Comunque sia per ora non è ancora un conte, solo membro di una famiglia al servizio di sua maestà. Lo sarà quando Noctis diventerà Re.-
-E tu sarai la moglie del consigliere del re.- aveva riso l'altra battendo le mani -Dai Jane, inutile fare i modesti. Hai fatto centro.-

Alexandra aveva riso più per assecondarla che per darle ragione.
A differenza di Monica, Christine era più "concentrata" su certe cose. Tra loro era lei ad essere stata fin da piccola una aspirante principessa, bramando di conoscere quel mondo e invidiando quelli che ci vivevano. Mentre Alex era da sempre attratta dalle storie di donne forti e combattive, che non avevano bisogno di un principe per uscire dalla torre.
Comunque sia, anche se aveva una veduta un po' più materialistica, Alex lo sapeva che Christine non era cattiva, come dimostravano tutti i giorni passati insieme a giocare, i regali ricevuti da bambina e la lettera che le aveva scritto appena dopo sposata, dove si scusava per non poter più passare con lei molto tempo come prima.
Ma a volte dissentiva dalle sue affermazioni, come in quella circostanza
Su una cosa sola si trovò d'accordo: La vita era strana.
Christine, la ragazza delle fiabe e degli abiti principeschi, si era alla fine innamorata di un uomo di campagna ed era andata a vivere in mezzo a boschi, orti e natura.
Lei invece, l'avventuriera, la principessa con l'armatura come amava definirsi, aveva trovato l'amore della sua vita tra le mura del palazzo reale e, sperava presto, avrebbe finito probabilmente per fare quella vita che tutte le ragazze sognavano.
Tutte tranne lei, che per essere felice desiderava solo tranquillità, una casa in mezzo alla natura, e un uomo in grado di amarla davvero.
Era vero. Era strana la vita.
Ma questo era soltanto l'inizio.
Ancora non sapeva che, a breve, il fato avrebbe deciso di testare la durezza della sua armatura, in tutti i modi immaginabili.
L'avesse saputo, probabilmente non avrebbe lasciato la Regalia partire da Insomnia quel giorno, lottando con tutte le sue forze perché il suo amore non si allontanasse da lei.
 
***
 
La notizia del matrimonio reale e dell'armistizio si era sparsa in fretta, soprattutto di fra gli angioni e i sudditi al di fuori di Insomnia.
La maggior parte di loro era preoccupata, conoscendo il temperamento degli imperiali. In più c'era il forte senso di appartenenza a Lucis. Per questo molto si sentirono traditi dal Re e dati in pasto al nemico, mentre alcuni come Christine e Annemary Baker, cercavano di concentrarsi solo sulla grande festa che si sarebbe tenuta in occasione della firma del trattato.
C'era chi diceva che avrebbe presenziato anche sua grazia Lunafreya, e che quindi con un po’ di fortuna sarebbe stato possibile vederla.
Christine e suo marito stavano pensando di lasciare la loro casa e trasferirsi in città, per il bene delle bambine più che altro, anche se questa idea non piaceva molto al capofamiglia perché avrebbe comportato abbandonare la sua attività, la sua famiglia d'origine e i suoi possedimenti.
Tuttavia non sembravano esserci molte alternative, e questo stava incrinando la pace famigliare della donna, che aveva raggiunto la sua famiglia ad Insomnia da sola con le figlie, lasciando solo il marito a badare alla propria fattoria.
Che la prova del tempo stesse per raggiungere anche il loro matrimonio, appena dodicenne?
 
\\\
 
Mancavano sette giorni alla firma del trattato.
Quella sera c'era un festival degli artisti di strada nella zona del luna park, e Alexandra lo aveva raggiunto assieme alle sue sorelle e alle sue nipoti per trascorrere una serata insieme.
C'erano clown, danzatrici, giocolieri, fachiri, acrobati e mangiatori di fuoco.
Qua a la banchetti a quattro ruote distribuivano leccornie come crepes al cioccolato, pannocchie grigliate, spiedini di carne o marshmellow e altre prelibatezze street food.
Si fermarono ad uno di essi e Alex regalò alle due bambine e anche a sé stessa una saporita crepe con cioccolata e granella di nocciola, spolverata con un velo di zucchero a velo.
Poi ripresero a camminare mangiandole con gusto.
Ad un tratto una musica melodiosa e intensa dalle note malinconiche attirò la loro attenzione.
Sul lato destro della strada principale si era formato un piccolo capannello di gente che guardava incantata un clown che giocava felice con delle bolle di sapone.
Alexandra aveva sempre adorato i Clown, perché a volte si sentiva come loro.
Allegra, fanciullesca e portatrice di gioia all'esterno, soprattutto per i bambini, ma malinconica dentro, con tante di quelle cose nascoste dietro alla maschera da farla sentire ancora più oberata e sola.
La gente vedeva solo il sorriso e si accontentava solo di quello.
La maggior parte delle persone, tranne una.
Un clown che giocava con le bolle di sapone era quanto di più innocente e poetico potesse esistere, perciò decise di avvicinarsi a guardare.
Le sue sorelle e le sue nipoti la seguirono, restando incantate come lei a guardare quel pagliaccio poetico che col proprio respiro dava forma ai sogni dei bambini nelle prime file, che saltellavano gioiosi e applaudivano contenti.
Poi all'improvviso il clown si fece serio, e sognante disse qualcosa che le rimase impresso nella mente, una riflessione sui sogni e sulle preghiere, su quanto quanto questi potessero essere simili alle bolle.
Poi prese quello che da lontano sembrava un piccolo sigaro elettronico, lo strinse tra le labbra e soffiò con quello dentro il piccolo cerchio imbevuto di sapone.
Una bolla di media grandezza nacque da quel gesto. Era bianca, e al suo interno si muoveva lento il fumo profumato che aveva un odore di cannella e frutti di bosco.
Tutti i presenti si espressero in versi di meraviglia e stupore indicando la bolla che lentamente, spinta dal vento, prese a librarsi leggera nell'aria, mentre il clown la guardava sognante.
Salì appena un po’, poi cambiò direzione e si avvicinò a lei. Lentamente, eterea, lasciandola senza fiato a contemplarla fino a che, proprio a pochi centimetri dal suo naso e appena sopra la sua testa, esplose senza il minimo rumore, infrangendosi come cristallo e liberando il fumo che svanì, rapido e silente, nel buio della notte.
Alexandra si accorse solo allora di essere rimasta senza fiato. Guardò il clown, questi le sorrise, poi tornò a rivolgersi a tutti e disse, nostalgico e riflessivo.
 
-Quando sono nato, il mio sogno era semplicemente quello di crescere.
Ma sapete, bambini, qual è il sogno dei genitori?
Il loro unico sogno è quello di potervi garantire che loro ci saranno sempre, che non dovrete preoccuparvi di nient'altro se non di crescere, e ridere, giocare. Imparare ...
E allora mi sono chiesto: Cosa sognano i genitori di quei bambini nati dove gli uomini fanno le guerre?

Esattamente la stessa cosa. Come sarebbe bello se tutti i genitori del mondo potessero dire ai propri figli:" Non ti preoccupare, perché questo è un mondo nuovo. Un mondo dove non esistono soldati, carri armati, spade e pistole. Dove la magia è qualcosa di puro e può solo guarirti, non ferirti. Adesso gli aerei trasportano solo passeggeri, e nel cielo brilla solo il sole ...
Restate umani, bambini e mamme, e anche voi papà. Restiamo umani, per favore ...-
 
Quel discorso ... qualcosa in esso, nella metafora della bolla di vapore, negli occhi del clown, la scosse.
E quella sera tornata a casa non poté fare a meno di pregare perché la supplica dell'artista si avverasse.
Pregò quasi fino ad esaurire le lacrime.
Poi prese il suo diario e vi annotò la metafora sulle bolle e sui sogni, sperando che quello del suo matrimonio con Ignis non fosse uno di quelli infranti o scomparsi, svanito nell'aria come il vapore al profumo di cannella e dispero per sempre nella nebbia di un luna park.
Non poteva esserlo. Non proprio adesso che aveva deciso di ricominciare a crederci.
 
 
 
 
"Le bolle sono come i sogni. Molti svaniscono, altri ce li infrangono. Ma tra tutti qualcuno sopravvive, ed è abbastanza forte da arrivare fino in cielo e diventare una preghiera, o il sogno di una vita."
 
-Clown Fragolino-
 
***
 
La sera prima della partenza ...

Le Petit Gascon era uno dei ristoranti più chic del quartiere.
Piccolo ed elegante, le pareti dipinte di bianco, i lampadari di oro e cristallo e i battiscopa sul pavimento dipinti d'oro, era luminoso ed accogliente.
Su ogni tavolo, oltre alla candida tovaglia di lino, era posizionato come centro tavola in candelabro con la base ricoperta da una ghirlanda di rose. Al centro della sala principale vi era un pianoforte a coda nero lucido, al quale ogni sera si esibiva un artista di talento, di solito famoso o sulla via del successo.
Quella sera c'era un pianista classico, che allietava i commensali con melodie intramontabili o nuovi successi.
Alexandra e Ignis avevano deciso di scegliere quel locale per trascorrere la loro ultima sera insieme prima della partenza del ragazzo. Egli infatti avrebbe dovuto accompagnare l'indomani il Principe Noctis Lucis Caelum ad Altissa, dove si sarebbe sposato con sua Grazia la Principessa di Tenebrae, Lunafreya Nox Fleurt.
Alex lo aveva appena saputo, in realtà, mentre aspettavano il loro ordine.

-Quindi si incontreranno lì.- disse la ragazza, poi sorrise -Mia madre e Christine ne rimarranno deluse.-

Ignis le sorrise a sua volta. Entrambi si tenevano la mano, il braccio destro allungato sul tavolo.

-Come mai?- le chiese allora Scientia.
-Mamma è stata curata dalla madre di Luna, quando era piccola. E da allora è molto devota agli dei e alla Sciamana.
Christine invece adora la vita di corte, o meglio ciò che si racconta di essa. I vestiti, lo sfarzo, e tutto il resto.-

Ignis sorrise di nuovo.

-Capisco.- rispose -Quindi ti avrà invidiato molto.- scherzò lanciandole uno sguardo complice.

Risero tutti e due.

-Altroché ...- rispose Alex.

Poi però la loro allegria andò velocemente scemando. Si guardarono negli occhi in silenzio, e un'ombra di tristezza velò i loro sguardi.

-Mi spiace per tua madre. Porterò i suoi saluti a sua grazia, se vuoi.- le disse Scientia, sincero.

Alexandra sorrise appena.

-Grazie. Ne sarà felicissima.-

Sorrisero di nuovo, ma quel peso sembrò non volerli abbandonare. Non riuscivano a pensare che l'indomani avrebbero dovuto dividersi per rivedersi chissà quando.
Pensare in meglio non aiutava abbastanza.
E se fosse successo qualcosa nel frattempo?
Ignis stava cercando qualcosa che la facesse sentire meglio, ma anche lui era preda di quelle stesse preoccupazioni.
La cameriera interruppe i loro pensieri portando loro il primo.
Spaghetti allo scoglio e vino bianco per cominciare, tutti ingredienti biologici e freschi.
A detta della cameriera i frutti di mare erano appena arrivate da Caem.
Ringraziarono. Ma neppure il profumo inebriante di quel piatto riuscì a fugare l'ansia.

-Allora ...- provò a ricominciare Alex, tenendo gli occhi fissi sul piatto e la mente concentrata sul presente per evitare le lacrime -Sarà un viaggio lungo. Avrete una scorta?-

Ignis scosse il capo, ritrovandosi a fare la stessa cosa.

-No, non credo.- rispose -Saremo noi la scorta di Noctis.-
-Tu, Gladio e Prompto?- chiese allora lei, interessata.

Lui annuì.
La vide rifletterci qualche istante, poi tornare a fissare il piatto.

-Andrete con l'auto di Noct, allora...- disse atona.
-Credo di no. Il Re ha messo a disposizione la sua auto. Dato che è un incontro ufficiale ...-

Tornarono a guardarsi. Alexandra ebbe un brivido.

-Certo ...- disse -Ovviamente ...-

Sorrisero forzatamente, poi tornarono a mangiare. Per tutta la serata restarono in silenzio fino al dolce, che nessuno dei due ordinò.

-Non ho più fame.- fu la risposta di Alexandra.
-Nemmeno io ...- le fece eco Ignis, che a quel punto si alzò e la invitò a ballare porgendole una mano.

In quel momento il pianista suonava un lento.
Lei accettò, ritrovandosi ad ascoltare il cuore del suo amato stringendogli le mani e seguendo i suoi passi.

-Non staremo via molto ...- la rassicurò nel bel mezzo del valzer, mentre il mondo girava intorno a loro, avvicinando la bocca al suo orecchio.

Alexandra sorrise, ma le lacrime inumidirono i suoi occhi.
Annuì, senza aprirli né alzare il volto verso di lui.

-Il tempo di preparare il mio vestito da sposa?- gli domandò, sussurrando con voce rotta.

Ignis Scientia sorrise.

-Anche prima ...- le rispose.

Non poteva prometterglielo, ma entrambi sapevano quanto fosse di parola. Già il semplice fatto di averlo detto era una garanzia.
Il ballo finì, e anche la serata. Ignis la riaccompagno a casa a piedi, visto che non distava poi molto da lì.
Prima di lasciarla, sulla porta la trascinò in un bacio che durò a lungo, in cui la strinse a sé avvolgendole i fianchi con le braccia.
Sentì le sue mani delicate immergersi nei fili dei suoi capelli e i loro respiri confondersi.
Entrambi si chiesero come avrebbero fatto a non mancarsi.
Alla fine si staccarono, occhi negli occhi, pieni di amarezza e desiderio.

-Verrò domani a salutarti.- gli disse lei.

Lui annuì, prendendole le mani e portandosele alle labbra.

-Ti aspetterò.-

Quindi fecero per lasciarsi. Lui le diede un ultimo bacio sulla fronte accarezzandole i capelli, lei chiuse gli occhi resistendo alla tristezza.
Ma quando lo vide voltarsi per andarsene, non potè più sopportarlo.

-Ignis!- lo chiamò.

Lui si girò di colpo a guardarla, preoccupato.
Lo sguardo di lei lo rapì. Carico di tristezza e amore.

-Dovrei ...- mormorò -Dovrei avere un ultimo regalo da parte tua. Qualcosa che possa aiutarmi ad aspettarti.- sorrise -Lo fanno tutti gli innamorati.-

Si guardarono, entrambi sorrisero.

-Tipo cosa?- le chiese di rimando lui, conoscendo già la risposta -Non ho niente con me, al momento. Mi spiace.-

Lei alzò una mano, gli fece segno col dito indice di avvicinarsi e quando finalmente lo ebbe di fronte carezzò con una mano il suo petto, stringendo poi nei pugni i lembi del colletto della sua camicia.
I loro sguardi si accesero, le loro labbra si avvicinarono pericolosamente.
Un bacio sfuggente li travolse.

-Non è vero che non hai niente, Ignis Scientia.- mormorò Alex guardandola rapita in quegli occhi scintillanti come smeraldi -Non mentire ...- aggiunse, traendolo a sè e chiudendo la porta.

Al buio, quelle pietre preziose scintillarono ancora di più.
Anche quella sera Eve non era a casa. Era tornata per un weekend dalla sua famiglia, per una "noiosa rimpatriata", come lei stessa l'aveva definita.
Erano soli, perciò.
Soli per poter dirsi addio come tutti gli innamorati che si rispettano.
Lo baciò con foga, spingendolo verso il divano in salotto, lui fece lo stesso e quando arrivarono a toccarlo si fermarono affannati a guardarsi per qualche istante ancora di infuocato silenzio.

-Allora non posso certo rompere la tradizione ...- mormorò lui nel buio, sorridendo.

Alex fece lo stesso, ringraziando il buio che copriva i suoi occhi lucidi e le lacrime scese ad arderle sulle guance.
Se era l'ultima volta, l'ultima notte di Insomnia, allora voleva passarla con l'unico uomo della sua vita.

-No, non puoi ...- mormorò in risposta, iniziando a sbottonargli la camicia.

"Non puoi affatto lasciarmi qui, così. Andartene senza una promessa certa di ritorno, senza aver sentito un'ultima volta i nostri sospiri confondersi e i nostri corpi diventare una cosa sola.
Perché ci apparteniamo, e questo saprà ricordartelo. Ora e nei giorni a venire, perché tu possa ritornare da me un giorno, e mantenere la tua promessa, prima o poi.
Io sarò tua per sempre, sappilo.
Devota solo a te, non importa il tempo che dovrà passare, o tutto quello che dovrà accadere.
Sarai il mio Re, il mio sogno per la vita, la mia preghiera agli dei.
I tuoi occhi saranno sempre al centro del mio cuore e la tua voce guiderà sempre i miei passi fino alla fine dei tempi, affinché il nostro amore non svanisca come il fumo in una bolla di sapone.
Sarà eterno come la promessa per la vita che mi hai fatto.
"






NDA: Eccoci qua, al capitolo finale prima dell'epilogo. Ebbene si, questa fan fiction giunge al termine, ma non la storia di Ignis e Alex. Quella è lungi dall'essere finita, ve lo assicuro.
Prima dei dovuto ringraziamenti volevo spendere due parole sull'ispiratore di questo capitolo, il clown Fragolino, ovvero quel signore che vedete in foto. Ebbene si, esiste davvero. Ieri sono stata ad una manifestazione chiamata "festa del cioccolato", e tra i vari artisti di strada c'era anche lui, che mi ha letteralmente rapita. Perciò dopo aver visto la sua esibizione ho deciso di renderlo "partecipe" di questo capitolo, trasferendo il suo numero e la sua magia ad Insomnia, nella vita di Alex.
Tutte le parole che trovate scritte in grassetto sono quelle vere, usate da lui nel suo spettacolo. E la foto gliel'ho scattata io personalmente, quindi stavolta ho fatto di più che scegliere una fan art per concludere questa storia. Si può dire che, in più di un punto, questo capitolo è parzialmente autobiografico.
Vi invito ad andare a vedere il suo numero, è splendido e vi stregherà come ha fatto con me. Vi lascio il trailer, potete trovarlo su you tube a questo link: "
https://www.youtube.com/watch?v=qwfSz2INgkk ".
Detto questo (mi sembrava doverosissimo tributare il merito a chi mi ha permesso di sfornare questo penultimo capitolo con la giusta dose di riflessioni e magia che ci voleva) ringrazio ovviamente anche tutti quelli che hanno seguito e commentato questa storia, in modo particolare White, che mi è stata di supporto con i suoi commenti aiutandomi a trovare la motivazione per scrivere un nuovo capitolo giorno dopo giorno dando sempre il meglio di me.
E nel lasciarvi all'epilogo conclusivo di questa storia vi invito a rimanere in attesa del suo seguito, che troverete nei prossimi giorni online col titolo "Il tempo del risveglio". Sarà una mini long divisa in tre capitoli, e a questa ne succederà un'altra ambientata nei dieci anni di oscurità, nella timeline di Comrades, per intenderci.
A presto, commentate numerosi perchè sono ansiosa di conoscere le vostre sensazioni su questa storia e questa conclusione, e anche sulle vicende che verranno.
Bene, ora vi lascio al colpo di scena finale. Ci vediamo al prossimo capitolo, e grazie ancora di tutto! <3
Vi voglio bene :3

Red_Coat

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


- Epilogo -
 
 
All'alba, Alexandra si risvegliò e si accorse di essere sola.
Sul posto vuoto accanto a lei un biglietto e una rosa rossa.
Sorrise, chiedendosi dove avesse avuto il tempo di trovarla.
Prese il foglio tra le mani e lesse quel biglietto trattenendo il fiato fino alla fine per poi scoppiare a piangere, scorrendo le dita sulla sua firma.
 
"Non la dimenticherò questa notte, Alexandra.
Mai più potrò dimenticare te, i giorni passati insieme e le notti come questa.
Aspettami. Io attenderò con ansia il giorno in cui potremo dirci quel si eterno, benedetti dagli dei.
Ti amo.
 
Tuo Ignis."
 
\\\
 
Tutto era pronto. L'attrezzatura da campeggio era già stata trasportata in macchina, e i quattro ragazzi erano già montati a bordo.
L'appartamento del principe era stato pulito, ed ora erano pronti per partire. Avrebbero dovuto raggiungere un'ultima volta il palazzo reale, per salutare sua maestà. Poi il viaggio sarebbe iniziato.
Insomnia era già in festa, anche se mancavano ancora un paio di giorni alla firma del trattato.
 
-Hey Iggy ...- disse Prompto ad un tratto, esprimendo il pensiero anche degli altri due -Com'è andata la serata ieri? Sei stranamente silenzioso ...-
 
L'interessato sorrise, ma con gli occhi velati da uno strano, impercettibile dolore.
 
-Bene ...- disse soltanto -Molto bene ...-
 
Gladio, che gli sedeva affianco, lo guardò sorpreso e preoccupato.
Ma non potè esprimersi oltre, perché la vettura entrò nel chiostro del palazzo reale e si fermò proprio all'inizio del viale, dove sua maestà Re Regis già li attendeva.
 
-Concentriamoci sul presente, adesso.- disse, preoccupando anche Noctis a cui poi si rivolse -Meglio non far attendere sua altezza, Noct.-
 
Il Principe sorrise appena, sospirando.
 
-Mh, già ... Meglio non farlo attendere.-
 
***
 
Il colloquio non durò molto, giusto il tempo ... di dirsi addio.
Poi tutti risalirono in macchina e la vettura sfrecciò veloce verso le porte della città.
Guardandola partire dal marciapiede attaccato alle mura del castello, Alexandra sentì il cuore spezzarsi in due ma rimase in piedi, stringendo i pugni e fissando atona l'orizzonte.
Alla fine era rimasta nascosta a guardarli partire, senza farsi vedere.
Era giusto cosi, tanto la vita li avrebbe riuniti prima o poi.
Quindi rientrò in silenzio nelle cucine del castello, indossò nuovamente il grembiule e riprese in mano il coltello con cui stava sminuzzando con cura le verdure per il secondo piatto del pranzo di sua maestà.
Ignis ... era grazie a lui che aveva ottenuto quel lavoro, l'avrebbe reso fiero di lui così che quando sarebbe tornato lo avrebbe visto sorriderle contento e avrebbe potuto riabbracciarlo fiera di sé.
Aveva deciso. Fino al suo ritorno, avrebbe sfruttato bene quel tempo e si sarebbe impegnata a diventare la donna che lo avrebbe reso fiero di averla scelta.
 
***
 
Il giorno della firma dell'armistizio ...


Insomnia era in festa, la gente era accalcata in massa attorno alle transenne per vedere i delegati imperiali e soprattutto poter scorgere il Re, il Principe o sua Grazia Lunafreya.
C'era anche la famiglia Baker al completo, motivati dallo spirito Mary che considerava questa nuova svolta degli eventi un modo che gli dei avevano trovato per salvaguardare la pace di Insomnia e avverare le sue preghiere.
Nessuno di certo si aspettava, nel momento clou della cerimonia, quelle aereo navi piene di magitek che all'improvviso piombarono sulla popolazione generando il caos e dando inizio all'ultimo atto della conquista di Insomnia da parte dell'impero di Niflheim.
La prima ad accorgersene fu Alexandra, che capì fin da subito di non trovarsi di fronte ad una rappresentanza formale dello sfarzo imperiali.
Lei, sua madre e le sue sorelle assieme alle nipotine erano tra state le prime persone ad arrivare e quindi le prime ad accaparrarsi un posto in prima fila dietro le transenne.
Un bene se si voleva assistere alla cerimonia e al corteo, ma una  pessima circostanza allo scoppio di un qualsiasi pericolo.
La folla iniziò ad accalcarsi urlando spaventata mentre i magitek le sparavano contro uccidendo indistintamente chi tentava di fuggire superando la barriera.

-State calmi!- gridò allarmata Monica, senza essere udita.

Poi lei e Alex presero per mano le nipotine, Christine e la loro madre costringendosi a rimanere fermi in un gruppo unito.
Quella strategia funzionò permettendo loro di resistere alla calca. Ad un tratto le transenne caddero, le persone si dispersero e loro si ritrovarono insieme ad altri pochi al centro del bersaglio dei magitek rimasti.

-Scappate! Via, via!- urlò Alex tenendo per mano la nipotina più piccola e sua madre, mentre Monica faceva lo stesso con le altre due -Forza, mamma! Forza!-

Purtroppo per loro però, non fecero nemmeno due passi che si ritrovarono circondati dai magitek.
Alexandra si sentì morire, la bimba pianse lasciandole la mano e correndo da sua madre, un magitek si mosse e le sparò contro uccidendola.
Christine urlò.
Anche a lei toccò la stessa sorte, e poco dopo alla sua figlia più grande, che corse da lei urlando e ripetendo l'errore della sorella.
Rimasero sole, lei, sua madre e sua sorella.
Da sole a guardare l'orrore.
I magitek sembravano essersi fermati ma la rabbia dentro Alexandra Jane Baker divampò così tanto da spingerla a scagliarsi contro uno di essi e usare i pochi insegnamenti basilari imparati da Gladio per tentare di sopraffarli.

-Alex, no!- urlò Monica.

Quelle macchine diaboliche ricominciarono a far strage.
Mentre lei si impossessava di uno dei loro fucili e sparava senza averlo mai fatto in vita sua, Monika cercava di fuggire assieme alla loro madre, approfittando del diversivo.
Ce l'avevano quasi fatta, ma uno dei nemici si voltò e sparò.
Alexandra urlò, con tutto il fiato che aveva in gola.
Sembrava un incubo.
Un terribile incubo.
Corse piu veloce che poté, le ossa doloranti e il cuore in gola, riarsa.
Fece scudo col suo corpo e all'arrivo i proiettili le perforarono i polmoni, immobilizzandola all'istante.
La bocca spalancata, gli occhi sgranati. Sembrava essersi congelata nell'istante preciso in cui l'avevano colpita.
Cadde in ginocchio, mentre un flotto di sangue scivolò fuori dalle sue labbra.
L'ultima cosa che vide fu sua madre in lacrime e sua sorella che correva a soccorrerla, mentre i magitek la circondavano.
Poi uno di loro la colpì alla testa, non seppe dire con cosa, e tutto si fece buio.
La bolla si era infranta, il momento della verità era arrivato.
Non avrebbe mai creduto di trovarne una così crudele.

 



 
(FINE)



(CONTINUA IN "Il tempo del risveglio", presto online)

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